Hai accumulato debiti con il Fisco che non riesci più a pagare? L’Agenzia delle Entrate Riscossione ti ha notificato cartelle, solleciti o precetti e ora temi che possano procedere con pignoramenti? In certi casi, la soluzione può essere la liquidazione controllata, una procedura legale che consente di affrontare anche i debiti tributari in modo ordinato e, in molti casi, di ottenere la cancellazione del residuo non pagato.
Ma che cos’è la liquidazione controllata? Chi può richiederla? E funziona davvero anche per i debiti con l’Agenzia delle Entrate?
La liquidazione controllata è uno strumento previsto dal Codice della Crisi per chi non è in grado di pagare i propri debiti in modo completo, nemmeno con una rateizzazione o con un piano di rientro. È rivolta a privati, ex imprenditori, professionisti o piccoli imprenditori sotto soglia, e serve per vendere in modo controllato i beni disponibili e azzerare i debiti una volta chiusa la procedura.
Anche i debiti fiscali e contributivi rientrano in questa procedura. Non importa se si tratta di IRPEF, IVA, INPS o cartelle di Equitalia/Agenzia Riscossione: se il giudice ammette il ricorso, anche il Fisco è obbligato a rispettare le regole della liquidazione controllata, senza poter agire autonomamente con pignoramenti o fermi amministrativi.
E cosa succede se i beni non bastano a coprire tutto il debito? Devo pagare per forza anche la parte che resta fuori?
No. Se la procedura viene portata a termine con correttezza e collaborazione, puoi chiedere l’esdebitazione, cioè la cancellazione legale dei debiti residui, inclusi quelli verso l’erario. È proprio questo l’aspetto più importante della liquidazione controllata: ti permette di chiudere una volta per tutte con il passato, anche se non riesci a pagare tutto.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in diritto tributario, sovraindebitamento e tutela patrimoniale – ti spiega come funziona la liquidazione controllata per i debiti fiscali, chi può farne richiesta, quali vantaggi offre rispetto ad altre soluzioni e come possiamo aiutarti a usarla per difenderti legalmente dal Fisco.
Hai debiti con l’Agenzia delle Entrate che non riesci più a sostenere? Vuoi capire se puoi azzerarli legalmente, senza pignoramenti e senza compromettere il tuo futuro?
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo la tua situazione fiscale, valuteremo l’accesso alla liquidazione controllata e ti accompagneremo in ogni fase, fino alla chiusura definitiva dei tuoi debiti.
Liquidazione controllata e debiti tributari
La liquidazione controllata è un istituto del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, CCII), regolato agli artt. 268-277, concepito per i debitori non soggetti a fallimento. In sostanza, equivale alla “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012: mediante decreto del tribunale il patrimonio del sovraindebitato (persona fisica consumatore, professionista, imprenditore individuale, o società non fallibile) è affidato a un liquidatore, che realizza i beni per soddisfare i creditori, dopodiché il debitore può ottenere l’esdebitazione dei debiti residui (cancellazione) se ricorrono i requisiti di legge. La riforma CCII è stata orientata dal favor debitoris (principio di favore verso il debitore in difficoltà), finalizzato al risanamento e alla reintegrazione economica, evitando esiti puramente punitivi. Tuttavia la procedura deve garantire anche il miglior soddisfacimento dei creditori, seguendo l’ordine delle prelazioni codicistiche.
Quadro normativo
La liquidazione controllata è disciplinata dal Titolo V, Capo IX CCII (art. 268 ss.). Il D.Lgs. 14/2019 l’ha integrata nel sistema della crisi, superando la disciplina dell’ex L. 3/2012. L’art. 268 definisce l’istituto come riservato “ai soggetti non assoggettabili a liquidazione giudiziale” (e non già agli enti pubblici). La durata è ridotta a 3 anni massimo (in precedenza 4), dopo i quali il debitore può chiedere l’esdebitazione. La procedura segue il procedimento unitario del CCII, con domanda in tribunale e possibile nomina di misure protettive (blocco esecuzioni).
Il CCII è stato modificato da recenti correttivi (D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024) che hanno introdotto novità rilevanti nel sovraindebitamento. Ad esempio, art. 271 CCII ora prevede che, se i creditori chiedono la liquidazione controllata, il giudice dia tempo al debitore (fino a 60+60 giorni) per presentare un piano alternativo (concordato minore o accordo) prima di aprire la procedura. Inoltre l’OCC deve rilasciare un’attestazione di fattibilità della liquidazione già al primo udienza: se non c’è attivo da liquidare, il ricorso è improcedibile. Sono state poi allungate le scadenze per lo stato passivo (da 60 a 90 giorni, prorogabili), introdotto l’obbligo di relazioni semestrali del liquidatore (sinora irrilevante nel sovraindebitamento) e eliminato il minimo di 4 anni di durata. In sintesi, le modifiche puntano a evitare “procedure inutili” e a rafforzare la tutela sia del debitore sia dei creditori.
Soggetti ammessi
Possono accedere alla liquidazione controllata i debitori sovraindebitati che non possono essere dichiarati falliti (art. 2, lett. c ed e CCII): in particolare, persone fisiche (consumatori e imprese individuali) e imprese di persone o società di capitali di piccole dimensioni, comprese le start-up o le imprese agricole, nonché ex imprenditori cancellati da Registro Imprese (entro limiti di tempo ampliati). È ammesso anche il creditore (pubblico o privato) che istighi l’apertura, purché il debitore sia insolvente: il tribunale può infatti aprire d’ufficio LC su istanza di creditori quando il debitore “manif. insolvente” non abbia proposto altre soluzioni. In alternativa alla LC, i piccoli imprenditori possono optare per il concordato minore (se ammessi), mentre consumatori e professionisti possono ricorrere a piani di sovraindebitamento (piano del consumatore, ecc.).
Procedura
La LC si apre con ricorso motivato al tribunale (art. 268 CCII), redatto con l’assistenza di un avvocato e di un professionista OCC (commercialista o gestore della crisi). Il ricorso deve contenere gli elementi essenziali della crisi: elenco completo dei creditori con importi e titoli di privilegio, bilanci o scritture contabili degli ultimi anni, relazione OCC sullo stato di sovraindebitamento e sulle possibilità di liquidazione, nonché indicazione di eventuali procedure alternative pendenti (accordi o piani). In particolare, l’OCC deve attestare che esiste attivo sufficiente da liquidare (anche mediante azioni legali) per rimborsare almeno una parte dei debiti: se manca qualsiasi bene realizzabile, il tribunale dichiara improcedibile la domanda.
Alla prima udienza il giudice delegato verifica la documentazione e, se sussistono i presupposti (stato di insolvenza o sovraindebitamento conclamato), emette decreto di apertura. Il decreto (art. 269-271 CCII) nomina il liquidatore (spesso l’OCC già nominato), stabilisce gli effetti sui beni e fissa il termine per le insinuazioni (90 giorni). Con l’apertura, il debitore perde la disponibilità dei beni (devono essere consegnati al liquidatore) tranne quelli esenti (vitale, strumenti di lavoro indispensabili, ecc.). Anche le azioni esecutive e cautelari in corso sono sospese (art. 270, c.5 CCII): dopo l’apertura “non possono essere iniziate o proseguite” azioni individuali contro il debitore. Il liquidatore ordina l’esibizione di documenti contabili e fiscali e predispone l’inventario dei beni.
I creditori depositano le domande di ammissione al passivo entro il termine stabilito. Il liquidatore esamina le domande e redige lo stato passivo, indicando per ogni credito l’ammontare e il titolo (prededucibile, privilegiato, o chirografo). Il giudice delegato approva lo stato passivo, risolvendo contestazioni. Completata l’ammissione dei crediti, il liquidatore procede alla liquidazione dei beni del debitore: vende immobili (aste o trattative), veicoli, mobili o rami d’azienda, incassa crediti, e in genere realizza ogni patrimonio. Se il debitore ha redditi di lavoro, solo la quota permessa (ad es. 1/5 dello stipendio) confluisce nella procedura; egli mantiene il minimo vitale.
Man mano che si raccolgono somme, il liquidatore effettua riparti ai creditori secondo l’ordine stabilito dall’art. 221 CCII (richiamante l’art. 2776-2777 c.c.): prima paga le spese di procedura e i crediti prededucibili (costi dell’amministrazione, compensi OCC, ecc.), poi soddisfa i crediti privilegiati e infine i crediti chirografari. In particolare, i crediti privilegiati mobiliari (ad es. retribuzioni dei dipendenti, ritenute fiscali e contributive non versate in capo al debitore) hanno prelazione sulla massa disponibile, seguiti dai crediti garantiti da ipoteca su beni specifici. Se dal realizzo di un bene ipotecato (es. immobile) deriva una copertura insufficiente, la parte del credito non soddisfatta diventa chirografaria.
Debiti tributari nella liquidazione controllata
Tutti i debiti tributari ed erariali esigibili alla data di apertura sono ammessi al passivo della liquidazione controllata. In generale, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS (ed enti previdenziali) figurano tra i creditori abilitati a insinuare i loro crediti tributari e contributivi. Come per il fallimento, vale la regola per cui le imposte e i contributi non versati (ad es. IVA, IRPEF, IRES, contributi INPS) maturati per conto dello Stato, se non garantiti da ipoteca immobiliare, sono considerati crediti privilegiati mobiliari (ranking analogo alle ritenute su salari). Se un credito tribitario è garantito da ipoteca (per es. IMU su casa del debitore), conserva il privilegio fondiario anche nella LC: la Cassazione ha infatti esteso al procedimento del sovraindebitato il privilegio ipotecario dei creditori garantiti. I restanti tributi (crediti erariali ordinari) vengono trattati alla pari degli altri crediti senza garanzia reale (chirografari).
In alcuni casi, spese afferenti all’apertura della procedura stessa generano “crediti erariali” prededucibili. Ad esempio, in un recente verbale dello stato passivo il Tribunale di Pistoia ha ammesso in prededuzione l’imposta fissa di registro (circa 200€) dovuta per la trascrizione della sentenza di apertura della LC. Analogamente, la Corte Costituzionale con sent. 121/2024 ha equiparato la LC alla liquidazione giudiziale affermando il diritto del debitore all’assistenza legale gratuita e alla sospensione “a debito” del contributo unificato, dei bolli e delle spese notarili (come già previsto per il fallimento), a sottolineare l’equivalenza delle due procedure in termini di tutela delle parti.
Per quanto riguarda la sanzionabilità e le cartelle esattoriali, non esistono regole speciali nel CCII: le sanzioni fiscali e gli interessi tardivi formano parte del credito, e le cartelle esattoriali già iscritte alla massa concorsuale seguono l’ordine di priorità sopra illustrato. In ogni caso, la disciplina applicabile in sede di liquidazione – come nei concordati – richiede che il trattamento riservato ai crediti tributari non sia inferiore a quello dei crediti dello stesso livello: in analogia al concordato, anche nel piano del consumatore il tribunale verifica che i debiti fiscali residui non subiscano un trattamento “peggiore” di altri crediti parigrado. In pratica, nel piano del consumatore (dove non ci sono classi formali) il giudice può omologare il piano anche con debiti IVA non integralmente pagati purché ritenga congruo il trattamento riservato a quel credito rispetto agli altri creditori parigrado. Tale principio del “non deteriore” vale di massima anche per la LC: pur non essendovi votazioni dei creditori, il programma liquidatorio deve sempre rispettare le regole di prelazione (art. 221 CCII), che tengono conto delle previsioni codicistiche relative ai debiti tributari e previdenziali.
Confronto con strumenti alternativi
Oltre alla liquidazione controllata, il CCII prevede altri strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento, che si differenziano per finalità e meccanismi:
- Concordato minore (art. 74 e seguenti CCII): riservato ai debitori non fallibili di debiti di ammontare limitato (cfr. soglia art. 2 CCII). Il debitore propone ai creditori un piano di pagamento pluriennale senza vendere i beni (o vendendo pochi beni strumentali). I creditori ammessi al voto sono divisi in due classi (privilegiati e chirografari); la proposta richiede la maggioranza relativa di ciascuna classe (50%) e il 60% in valore complessivo. Se l’Agenzia Entrate o l’INPS dissente, può intervenire il cram-down (art. 80, c.3 CCII) per omologare il piano obbligatoriamente, a condizione che il dissenso sia oggettivamente ingiustificato. In sede di omologazione, i crediti prededucibili sono soddisfatti al 100% (per legge), i crediti ipotecari di solito per intero o come pattuito, i crediti privilegiati (inclusi quelli tributari mobiliari) possono ricevere una percentuale inferiore al 100% purché più conveniente della liquidazione; i crediti chirografari ricevono quanto previsto dal piano. L’omologazione vincola anche l’Erario e l’INPS assenti. Sotto il profilo fiscale, il concordato minore richiama la disciplina del concordato preventivo: l’art. 74 co.4 CCII rinvia all’art. 88 (transazione fiscale) per il trattamento dei crediti erariali e previdenziali. In particolare, come ribadito dal Tribunale di Rimini (sent. 7 gen. 2025), nel concordato minore i crediti erariali privilegiati e chirografari vanno soddisfatti «in misura non deteriore» rispetto agli altri crediti del medesimo rango.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57-64 CCII): strumenti pensati principalmente per le imprese commerciali (di qualsiasi dimensione) in stato di crisi o insolvenza. Consistono in accordi negoziali tra debitore e una parte qualificata di creditori, sottoposti poi a omologazione giudiziale. Per avere efficacia anche verso i non aderenti l’accordo deve ottenere l’adesione di creditori rappresentanti almeno il 60% dell’indebitamento complessivo (maggioranza qualificata). Gli accordi possono consentire pagamenti dilazionati o riduzioni parziali dei debiti, e sono di norma accompagnati da un piano industriale. I debiti fiscali e previdenziali possono essere compresi nell’accordo mediante una “transazione fiscale e contributiva” ex art. 63 CCII: cioè, il piano può rinegoziare anche i termini di pagamento di imposte e contributi (analogo al meccanismo già previsto per il concordato preventivo). L’omologazione dell’accordo non comporta esdebitazione: i creditori soddisfatti assumono le condizioni contrattuali previste; chi rimane insoluto si libera dai debiti residui solo se previsto da altri strumenti (ad es. con un successivo fallimento). L’accordo di ristrutturazione è quindi orientato alla continuità aziendale e al risanamento del debito, evitando la liquidazione coatta.
- Piani di sovraindebitamento: con il termine generico di “piani” si intendono le procedure collettive per debitori civili (non fallibili) previste dalla L.3/2012 e ora confluite nel CCII (Parte III). In particolare, il piano del consumatore (ora “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”, art. 66-68 CCII) è riservato ai consumatori con debiti non legati all’attività professionale. Consiste in un piano di pagamento dilazionato (fino a 10 anni) presentato al tribunale senza voto dei creditori, con cancellazione finale dei residui. Anche qui il giudice verifica la fattibilità economica e la meritevolezza del debitore, evitando trattamenti iniqui rispetto alla liquidazione fallimentare. Diversamente dalla LC, il consumatore mantiene i propri beni (nel rispetto del vitale) e non cede il patrimonio: paga le rate concordate e ottiene l’eliminazione degli altri debiti (compresi fiscali residui) alla chiusura. Un piano di liquidazione del patrimonio (art. 272 CCII, ex liquidazione fallimentare “del patrimonio” di L.3/2012) è simile alla LC ma prevedeva una gestione più leggera e senza esdebitazione automatica: ora è praticamente sovrapposto alla LC (che è più favorevole). In generale, i piani civili offrono soluzioni meno devastanti per il debitore (no vendita forzata, pagamento in più anni), ma richiedono vincoli a lungo termine e l’accettazione (o l’omologa) del giudice. In ogni caso, anche nei piani si applica l’analogo trattamento dei crediti fiscali: come nel piano consumatore il giudice valuta la congruità del trattamento riservato all’Agenzia delle Entrate, così in un ipotetico piano del debitore anche qui i tributi sarebbero inclusi tra i creditori ammessi e soddisfatti secondo l’ordine legale.
Confronto sintetico e tabelle di confronto
Di seguito una tabella comparativa tra i principali strumenti (liquidazione controllata, concordato minore, accordi di ristrutturazione, piano del consumatore). Per ciascuno si riportano destinatari tipici, debiti trattati, modalità d’azione e risultato finale.
Procedura | Destinatari | Debiti trattati | Caratteristiche principali | Esito tipico |
---|---|---|---|---|
Liquidazione controllata | Debitori sovraindebitati (persone fisiche e imprese non fallibili) | Tutti i debiti liquidi ed esigibili del debitore (inclusi tributi e contributi) | Vendita controllata dei beni del debitore; sospensione delle esecuzioni; durata max 3 anni; l’OCC attesta presenza attivo sufficiente | Esdebitazione finale dei debiti residui se soddisfatti i requisiti (assenza di dolo, piano con % minima di rimborso) |
Concordato minore | Debitori civili di modeste dimensioni (imprenditori, liberi professionisti, società piccole) | Debiti patrimoniali ordinari (compresi tributi, contributi e sanzioni, potenzialmente ristrutturabili) | Proposta di piano di pagamento pluriennale; classi dei creditori (privilegiati vs chirografari); maggioranze in udienza (50% per classe, 60% valore); possibile cram-down sui dissenzienti | Omologazione del piano con pagamento proporzionale; esdebitazione finale per il debitore (residui non pagati) alle condizioni legali (no esdebitazione per società) |
Accordo di ristrutturazione | Imprese commerciali (di ogni dimensione, incluse grosse imprese) | Debiti dell’impresa (bancari, fornitori, tributi, contributi) | Negoziazione privata con creditori selezionati; omologazione giudiziaria; maggioranza qualificata (60% del debito); transazione fiscale (art.63 CCII) per ridefinire tributi | Omologato dall’autorità giudiziaria con efficacia vincolante; nessuna esdebitazione: il piano viene eseguito fino a soddisfazione creditori |
Piano del consumatore | Persone fisiche consumatrici (debiti non professionali) | Debiti privati e pubblici non derivanti da attività d’impresa (inclusi tributi, contributi per spese personali) | Piano di pagamento parziale fino a 10 anni; nessuna vendita forzata; nessun voto dei creditori (omologa giudice); controllo sulla meritevolezza del debitore | Omologazione del piano; alla fine esdebitazione dei debiti residui (compresi fiscali) se il piano è stato eseguito e il debitore è meritevole |
Questa tabella evidenzia come la liquidazione controllata si distingua per la realizzazione immediata del patrimonio, mentre strumenti come concordato o piani puntano al risanamento mediante pagamenti dilazionati. Nel concordato minore e nel piano del consumatore i creditori fiscali sono anch’essi vincolati al piano approvato (o omologato), mentre nell’accordo di ristrutturazione il debitore può proporre piani anche su debiti tributari (con transazione fiscale). In tutti i casi vale il principio che i crediti tributari devono essere trattati almeno alla pari di quelli dello stesso rango.
Esempi pratici
Per chiarire l’applicazione degli istituti, consideriamo alcune simulazioni semplificate:
- Caso 1 (Persona fisica, liquidazione controllata): Mario Rossi è un geometra autonomo con 100.000€ di debiti (imposte IRPEF e IVA non versate, prestiti bancari) e un solo immobile (valore €50.000) più attrezzature per €10.000. Poiché non ha redditi sufficienti a rateizzare, opta per la LC. Presenta al tribunale la domanda con attestazione OCC e relazione patrimoniale. Il tribunale nomina liquidatore il professionista OCC e blocca le esecuzioni. Mario consegna la casa e le attrezzature. Nell’arco di 3 anni tali beni vengono venduti per complessivi €60.000 (al netto spese). Il liquidatore soddisfa prima spese e crediti prededucibili (per es. il suo compenso), poi i crediti privilegiati (ad esempio le ritenute fiscali IRPEF/IVA relative agli stipendi), infine i crediti chirografari (prestiti bancari). Al termine il tribunale pronuncia l’esdebitazione: Mario paga in tutto 50.000€ (40.000 ai creditori privilegiati e 10.000 a quelli chirografari), e i restanti 50.000€ di debiti vengono cancellati. In pratica, il debitore libero di future obbligazioni, riprende l’attività senza oneri passati. Questo esempio riflette il modello “fallimentare” applicato al debitore civile.
- Caso 2 (Società di capitali, concordato minore): La “Beta Tech S.r.l.”, piccola startup, ha 500.000€ di debiti (bancari, fornitori, tributi). Ha un capannone del valore di 300.000€ e macchinari per 50.000€. La società propone un concordato minore con piano quinquennale: chiede ai creditori privilegiati (banche ipotecarie, fisco con privilegio sui mobili) e chirografari di accettare pagamenti per 30% del credito riconosciuto. In assemblea i creditori privilegiati e quelli chirografari approvano il piano con le maggioranze richieste. Il tribunale omologa il concordato: i crediti prededucibili (spese procedura, compenso OCC) sono interamente soddisfatti; i crediti ipotecari e privilegiati ricevono il 30% pattuito; i chirografari pure il 30%. L’Agenzia Entrate (pur dissenziente) è vincolata al piano. Terminato il piano, Beta Tech ottiene l’esdebitazione dei residui (anche fiscali) secondo le regole del CCII (non valendo per le società l’esdebitazione “automatica”, in realtà si tratta di cancellazione concordata).
- Caso 3 (Impresa commerciale, accordo di ristrutturazione): La “Delta S.p.A.” ha 5 milioni di debiti, tra cui 500.000€ di IVA arretrata. Con il 65% dei creditori finanziari ottiene un accordo che prevede il pagamento di 40 centesimi per ogni euro di debito in tre anni. Nel piano è compresa una transazione fiscale: l’Agenzia delle Entrate concorda di ridurre gli interessi e consente un piano di pagamenti superiore a quello ordinario. L’accordo viene omologato dal tribunale (art. 57 CCII). Delta S.p.A. paga come stabilito. Al termine non ottiene esdebitazione (società), ma riporta l’impresa in bonis e i creditori incassano il dovuto. Se alcuni creditori dissentono, l’accordo soddisfa comunque i vincoli di legge (60% e garanzia dei non aderenti).
- Caso 4 (Consumatore, piano del consumatore): Paolo Bianchi ha 80.000€ di debiti privati e fiscali (mutuo casa escluso, bollette, IRPEF e multe) e uno stipendio modesto. Presenta un piano del consumatore con rate di 300€ mensili per 5 anni (totale €18.000) dedicati ai creditori chirografari. Il tribunale omologa il piano senza votazioni creditori. Durante l’esecuzione del piano, i pignoramenti restano sospesi. Una volta saldate le rate, il tribunale dispone l’esdebitazione: i restanti 62.000€ di debiti (inclusi quelli tributari residui) sono cancellati. In questo strumento il fisco è parificato agli altri creditori dello stesso livello: il giudice ha verificato che l’IVA residua fosse trattata “congruentemente”.
Domande frequenti
- Quando conviene la liquidazione controllata rispetto ad altri strumenti? Se il debitore non ha redditi futuri sufficienti e possiede alcuni beni immobili o attività vendibili, la LC è spesso preferibile perché liquidando subito quei beni permette di “tagliare i debiti” e ottenere esdebitazione. È utile anche quando i creditori non riescono a trovare un accordo condiviso: la LC è l’unica via per una soluzione ordinata. Invece, se il debitore può soddisfare parzialmente i creditori nel tempo (con continuità dell’attività), convengono piani o concordati (che evitano la vendita immediata del patrimonio).
- Che fine fanno i debiti tributari? Tutti i debiti tributari esigibili al momento dell’apertura partecipano al concorso, analogamente agli altri crediti. Le imposte e i contributi maturati per conto di terzi (IVA, ritenute, INPS) sono privilegiati e pagati in via prioritaria fino al limite di legge; gli altri tributi (crediti erariali “puri”) si collocano come chirografari se non garantiti. Il liquidatore deve includere le cartelle esattoriali accertate allo stato passivo. Qualora nei piani o concordati la disciplina fiscale preveda definizioni agevolate (art. 63, 88 CCII), anche la LC può incorporare tali meccanismi (ad es. cumuli di rate di pagamento autorizzate dall’Agenzia). È comunque garantito che il trattamento dei debiti fiscali sia almeno equivalente a quello degli altri crediti dello stesso grado.
- E se l’Agenzia delle Entrate non accetta la procedura? In LC l’Agenzia non vota: il decreto di apertura si pronuncia comunque se fattibile. In concordato minore il dissenso del fisco può essere superato con il cram-down (v. sopra). Nell’accordo di ristrutturazione l’Agenzia può negoziare la transazione fiscale (art. 63) per aderire ai patti. Se invece il debitore fallisce di diritto (liquidazione controllata aperta d’ufficio), l’Agenzia inserisce i suoi crediti in prededuzione o privilegi.
- I soci di una società rispondono dei debiti dopo la LC? La società soggetta a LC mantiene personalità giuridica fino all’eventuale cancellazione. Al termine, i soci non rispondono dei debiti residui estinti con l’esdebitazione (salvo responsabilità pregresse già accertate). Ad esempio, nel caso Beta Tech citato sopra, il tribunale liberò i soci «dai debiti societari residui (tranne eventuali responsabilità personali pregresse)». Attenzione però: l’esdebitazione vale solo per i debiti rimasti nell’ambito della procedura. Per i debiti tributari la Cassazione ha ricordato che in certi casi (es. art. 2483 c.c.), anche dopo scioglimento volontario senza debiti, il socio può rispondere di imposte ancora dovute dell’azienda. Ciò non contraddice la LC, che estingue solo i debiti dichiarati nel passivo.
- Durata della procedura e rinegoziazioni: La procedura dura tipicamente 3 anni e non è prorogabile oltre, salvo stato di insolvenza conclamato. Se il liquidatore ottiene somme durante l’esecuzione del piano (ad es. scopre ulteriori crediti o beni), quelle somme vengono ripartite secondo le stesse regole di riparto. Il debitore può proporre rate aziendali parziali solo se prevede dei flussi di cassa: in genere invece nella LC il debitore consegna il patrimonio e non si impegna a pagare ulteriori rate (salvo forzatura delle entrate future già monitorate). Questo rende la LC “chiusura definitiva”: al termine si chiude tutto, con riserva di esdebitazione.
Giurisprudenza recente
La giurisprudenza e le pronunce amministrative hanno chiarito molti aspetti della LC:
- Cass. civ. 10 mag. 2025, n. 12395: afferma che il liquidatore può sollevare incidentalmente eccezioni revocatorie (art. 2901 c.c.) nei giudizi a cui è parte. Ciò amplifica i poteri del liquidatore nel far valere i diritti della procedura, analogamente al curatore fallimentare.
- Cass. civ. 2024, n. 2963: ha confermato l’applicabilità del privilegio fondiario anche in LC. Di conseguenza, i creditori ipotecari speciali (es. banca su immobile) possono proseguire esecuzioni anche dopo l’apertura (salvo revoca), mentre gli altri atti individuali sono sospesi.
- Corte Cost. 10 lug. 2024, n. 121: ha dichiarato incostituzionale l’art. 146 del DPR 115/2002 nella parte che escludeva il patrocinio a spese dello Stato per la LC. La Consulta ha equiparato la LC alla liquidazione giudiziale, riconoscendo ai debitori sovraindebitati il diritto al gratuito patrocinio e alla sospensione “a debito” di bolli, contributi e spese notarili.
- Trib. Rimini 7 gen. 2025: ha ribadito che nel concordato minore si applicano le regole sostanziali dell’art. 88 CCII sui crediti fiscali. In assenza di normativa specifica, i crediti erariali devono ricevere nel piano trattamento non peggiorativo rispetto a crediti della stessa categoria.
- Trib. Catania 277/2022: in apertura di LC ha nominato l’OCC liquidatore, assegnando 60 giorni per le domande e ordinando la trascrizione del decreto di apertura nei pubblici registri. Ha confermato che dopo l’apertura “non possono essere proseguite azioni cautelari ed esecutive” (art. 270 c.5 CCII) e ha riconosciuto il diritto del debitore a trattenere somme per il mantenimento minimo.
In sintesi, le corti interpretano la liquidazione controllata con spirito favor debitoris (non aprendo procedure inutili), ma senza ledere i diritti dei creditori previsti dalla legge. I privilegi (fiscali o retributivi) devono essere rispettati se la legge lo consente, e l’equità del piano (possibilità di esdebitazione) resta condizionata alla buona fede del debitore.
Fonti normative e giurisprudenziali
- D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), art. 268 ss. (liquidazione controllata) e art. 221 (ordine di distribuzione).
- Modifiche legislative: D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024 (c.d. “Decreti correttivi”), con novità su durata (3 anni), attestazione fattibilità (art. 268 CCII), termini stato passivo (art. 270 CCII), relazioni periodiche (art. 275 CCII), ecc.
- DPR 115/2002 (art. 146): sospensione a debito delle imposte ipotecarie/catastali, esteso alla LC dalla Corte Cost. 121/2024.
- Cass. civ., Sez. I, 10/05/2025 n. 12395 (revocatoria incidentale in LC).
- Cass. civ., Sez. I, 2024 n. 2963 (privilegio fondiario in LC).
- Corte Cost. 121/2024 (10 luglio 2024) (gratuito patrocinio e sospensione a debito nella LC).
- Trib. Rimini 7/01/2025 (est. Miconi): concordato minore e trattamento crediti fiscali.
- Trib. Catania 277/2022 (gestione beni in LC, interdizione esecuzioni).
- Circolare Agenzia Entrate n. 2/E/2017 (interpretativa, ha confermato che i debiti tributari rientrano nelle procedure di composizione della crisi).
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✔️ Difensore accreditato presso OCC e tribunali in tutta Italia
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Conclusione
Anche i debiti con il Fisco possono essere risolti legalmente.
Con la liquidazione controllata puoi azzerare le pendenze e ripartire, tutelando ciò che è essenziale per te e la tua famiglia.
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