Stai valutando di attivare una procedura di sovraindebitamento per uscire dai debiti, ma ti sei imbattuto in una sigla che ti ha fatto sorgere un dubbio: chi paga l’OCC?
Chi sostiene i costi dell’Organismo di Composizione della Crisi? E soprattutto: è una spesa che puoi permetterti in un momento in cui non riesci a pagare nemmeno le rate?
È una delle domande più frequenti – e più comprensibili – di chi sta cercando di ricominciare dopo una crisi economica. L’OCC è una figura obbligatoria in queste procedure: è l’organismo che prende in carico il tuo caso, nomina il gestore della crisi e verifica la documentazione. Insomma, è il “ponte” tra te e il Tribunale. Ma sì, va pagato.
Quanto costa l’OCC? E quando va saldato? C’è la possibilità di rateizzare o ottenere aiuti?
I costi dell’OCC variano in base alla procedura (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata) e alla complessità del caso, ma in genere partono da qualche centinaio di euro fino a superare i mille, se sono presenti molti creditori, beni da valutare o situazioni intricate.
Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione oppure a rate, e in alcuni casi è possibile chiedere l’anticipazione del compenso al Fondo di solidarietà, soprattutto per chi è in condizioni economiche molto gravi. L’importante è non fermarsi davanti al timore del costo iniziale, perché i vantaggi di una procedura di sovraindebitamento – blocco dei pignoramenti, riduzione dei debiti, esdebitazione finale – sono spesso molto più rilevanti rispetto alla spesa dell’OCC.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in procedure da sovraindebitamento e tutela del debitore – ti spiega chi paga l’OCC, quanto può costare, quali alternative esistono se non hai disponibilità immediata e come affrontare questa fase in modo strategico.
Vuoi attivare una procedura ma temi di non poterti permettere il costo dell’OCC? Non sai se puoi accedere al fondo o rateizzare il compenso?
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo la tua situazione, verificheremo la possibilità di ridurre o posticipare i costi e ti accompagneremo in ogni fase, fino alla completa liberazione dai debiti.
Introduzione
L’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) è una figura centrale nelle procedure di gestione della crisi da sovraindebitamento introdotte prima dalla Legge 3/2012 e oggi disciplinate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019). Una domanda cruciale che molti debitori si pongono è: “Chi paga l’OCC?”. In altre parole, quali sono i costi legati all’intervento dell’OCC e su chi gravano, specialmente dal punto di vista del debitore in difficoltà finanziaria.
Questa guida, aggiornata a giugno 2025, fornisce un’analisi completa di tutti gli aspetti relativi ai compensi dell’OCC nelle procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, accordo di composizione, liquidazione controllata) e nella composizione negoziata della crisi. Verranno esaminati i ruoli e le funzioni dell’OCC, le modalità di nomina del gestore della crisi, i costi fissi e variabili per ciascuna procedura, con esempi pratici e simulazioni numeriche. Saranno inoltre richiamate le più recenti sentenze sia della Corte di Cassazione che dei Tribunali e Corti d’Appello, in tema di compensi dell’OCC e riparto delle spese, evidenziando come la giurisprudenza ha interpretato le norme.
Troverete tabelle riepilogative dei compensi, criteri di calcolo, modalità e tempistiche di pagamento (anticipazioni, esoneri, riparto a carico del debitore o dei creditori), nonché una sezione di Domande e Risposte per chiarire i dubbi più comuni sui costi dell’OCC, sull’accesso alle procedure e sugli obblighi del debitore.
Cos’è l’OCC e qual è il suo ruolo nelle procedure di sovraindebitamento
L’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) è un ente previsto dalla legge con il compito di assistere i debitori nelle procedure di soluzione della crisi da sovraindebitamento. Introdotti per la prima volta dalla Legge n. 3/2012 (cosiddetta “legge sul sovraindebitamento”), gli OCC sono ora espressamente disciplinati dal Codice della crisi (D.lgs. 14/2019) e svolgono una funzione simile a quella di un advisor e di un ausiliario del giudice nelle procedure minori di insolvenza.
Un OCC è tipicamente istituito presso Ordini professionali (ad esempio degli Avvocati o dei Dottori Commercialisti), Camere di Commercio o altri enti pubblici, ed è iscritto in un apposito registro ministeriale. Al suo interno dispone di professionisti esperti in materia di crisi (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, ecc.), tra i quali viene individuato di volta in volta un gestore della crisi incaricato di seguire un caso specifico. In parole semplici, quando un debitore sovraindebitato si rivolge a un OCC, l’Organismo designa un gestore – una persona fisica con adeguate competenze – che seguirà operativamente la pratica dal principio alla fine.
Ruolo e funzioni. Il gestore nominato dall’OCC svolge numerose funzioni chiave nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento, tra cui:
- Esame della situazione debitoria: raccoglie tutta la documentazione sui debiti, sui creditori, sul patrimonio e sul reddito del debitore, ricostruendo la situazione economica e le cause dell’indebitamento. Questo include la predisposizione di elenchi dettagliati di creditori e debiti, l’inventario di eventuali beni cedibili, la verifica di atti compiuti negli ultimi anni e ogni altro elemento utile.
- Redazione di una relazione particolareggiata: l’OCC deve redigere una relazione dettagliata che accompagna la domanda del debitore al tribunale. In questa relazione il gestore riferisce, tra l’altro, sulle cause dell’indebitamento e sul grado di diligenza del debitore nell’assumere obbligazioni, sulle ragioni dell’incapacità attuale di adempiere, sulla completezza e attendibilità della documentazione fornita. Questa relazione funge da garante della trasparenza: fornisce al giudice un quadro indipendente e professionale del caso, riducendo il rischio di informazioni mendaci da parte del debitore.
- Proposta di soluzione e piano: l’OCC assiste il debitore nell’elaborare la proposta di soluzione della crisi più adatta al caso. A seconda della procedura, potrà trattarsi di un piano di ristrutturazione dei debiti (se il debitore è un consumatore), di un accordo di composizione con i creditori, oppure potrà consistere nell’avvio di una liquidazione controllata dei beni. Il gestore aiuta a mettere a punto i contenuti del piano o dell’accordo, verificandone la fattibilità economica e la conformità ai requisiti di legge. Ad esempio, nel caso del piano del consumatore, l’OCC valuta che il piano offra ai creditori un’utilità ragionevolmente maggiore rispetto alla liquidazione e attesta la meritevolezza del debitore; nell’accordo con i creditori, il gestore verifica maggioranze e convenienza per i creditori.
- Mediazione e trattativa con i creditori: in alcune procedure (in particolare nell’accordo di ristrutturazione, oggi concordato minore), l’OCC funge da intermediario tra debitore e creditori. Può essere compito del gestore convocare i creditori, esporre loro la proposta, raccogliere le adesioni o condurre trattative per modificare il piano in modo da ottenere il consenso necessario. Il gestore deve mantenere un ruolo imparziale: pur essendo scelto e remunerato in parte dal debitore, opera come figura terza a garanzia della correttezza della procedura. Ciò significa, ad esempio, che se scopre che il debitore ha occultato beni o fornito informazioni false, è tenuto a segnalarlo e a non avallare la proposta.
- Vigilanza sull’esecuzione e ausilio al giudice: una volta approvato un piano o un accordo, l’OCC/gestore monitora che il debitore esegua regolarmente gli impegni presi (pagamenti rateali ai creditori, comportamenti dovuti, ecc.). Al termine, egli presenterà al tribunale una relazione finale sull’esito dell’esecuzione. Analogamente, se si tratta di liquidazione controllata, il gestore (se nominato liquidatore o in coordinamento col liquidatore) sovrintende alla vendita dei beni e alla ripartizione del ricavato. In tutte queste fasi l’OCC agisce in coordinamento con il giudice: è un meccanismo “a due chiavi” in cui serve sia il sì del gestore che il sì del tribunale per portare a termine con successo la procedura.
In sintesi, l’OCC è un facilitatore e garante tecnico della procedura: dal lato del debitore lo aiuta a navigare la procedura e a interfacciarsi con i creditori; dal lato del giudice fornisce una valutazione professionale e indipendente sul caso, assicurando che solo i debitori meritevoli accedano ai benefici di legge. Il ruolo dell’OCC è per certi versi simile a quello di un curatore fallimentare o di un commissario giudiziale, ma con importanti differenze: l’ambito è quello delle procedure “minori” e volontarie promosse dallo stesso debitore (spesso consumatori o piccoli imprenditori), e l’approccio è più negoziale e meno liquidatorio. Ciò non toglie, comunque, che l’OCC debba agire con la stessa imparzialità e professionalità di un curatore, essendo anch’egli un ausiliario nominato (o almeno confermato) dall’autorità giudiziaria.
Nomina del gestore e responsabilità dell’OCC nelle varie procedure
Come avviene la nomina del gestore? Nelle procedure di sovraindebitamento, il debitore avvia il percorso rivolgendosi a un OCC di sua scelta (ad esempio l’OCC istituito presso il tribunale locale o presso un ordine professionale nella sua provincia). Presentata la richiesta di ausilio, l’Organismo designa internamente un gestore della crisi, selezionandolo tra i propri iscritti secondo criteri di competenza e turnazione. Spesso la nomina formale del gestore viene poi ratificata dal tribunale: ad esempio, quando il debitore deposita il ricorso per l’ammissione alla procedura, indica l’OCC prescelto e il nominativo del gestore designato, e il giudice nei provvedimenti iniziali conferma tale nomina ufficialmente. È importante notare che il gestore deve possedere per legge determinati requisiti di professionalità e indipendenza, analoghi a quelli richiesti ai curatori fallimentari, ed è generalmente iscritto in un apposito Albo dei Gestori della Crisi istituito presso il Ministero della Giustizia (in base all’art. 356 CCII).
Doveri e responsabilità. Una volta nominato, il gestore della crisi assume una serie di doveri giuridici sia nei confronti del debitore, sia nei confronti del tribunale e dei creditori. In particolare:
- Deve svolgere con diligenza e perizia tutte le attività necessarie per la buona riuscita della procedura, attenendosi alle norme di legge e alle direttive del giudice. È responsabile della veridicità e completezza della relazione particolareggiata che redige: un’eventuale omessa segnalazione di circostanze rilevanti (ad es. un bene occultato dal debitore) potrebbe esporlo a conseguenze, anche disciplinari.
- Ha un obbligo di terzietà e imparzialità. Pur essendo pagato principalmente dal debitore, il gestore agisce nell’interesse della procedura, che coincide con un equo contemperamento tra l’interesse del debitore al risanamento/sdebitazione e l’interesse dei creditori a ottenere la migliore soddisfazione possibile. La legge qualifica l’OCC come ausiliario del giudice, quindi il gestore deve mantenersi neutrale: ogni rapporto economico col debitore (come la pattuizione del compenso) dev’essere trasparente e non deve comprometterne l’indipendenza.
- In alcune procedure, il gestore assume anche ruoli gestori temporanei del patrimonio. Ad esempio, nella liquidazione controllata egli può essere nominato contestualmente liquidatore dal tribunale (se possiede i requisiti) oppure affiancare il liquidatore nominato, garantendo continuità tra la fase di analisi iniziale e quella di realizzo dei beni. Se nella liquidazione il gestore non viene confermato come liquidatore (ad es. perché non iscritto all’albo ex art. 356 CCII), comunque dovrà collaborare col nuovo liquidatore fornendo tutte le informazioni raccolte e rimanendo a disposizione per la buona riuscita della procedura.
- Risponde del proprio operato: se causa danni per negligenza grave o viola i doveri di legge, potrebbe essere rimossa o incorrere in responsabilità professionale. Viceversa, ha anche diritto a ricevere un equo compenso per l’opera prestata, come vedremo diffusamente nelle sezioni successive.
Vediamo ora, in dettaglio, come l’OCC interviene nelle singole procedure previste dal Codice della crisi in tema di sovraindebitamento e composizione negoziata, evidenziando per ciascuna il punto di vista del debitore e le peculiarità relative ai costi dell’OCC.
L’OCC nel Piano del consumatore
Il Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ancora colloquialmente detto piano del consumatore) è una procedura riservata alle persone fisiche che hanno contratto debiti principalmente per scopi estranei all’attività d’impresa (cioè consumatori privati e famiglie). In questa procedura il debitore, con l’ausilio dell’OCC, predispone un piano di rientro dai debiti sostenibile, proponendo ai creditori il pagamento, anche parziale, dei propri debiti secondo un certo programma temporale, utilizzando le risorse disponibili (ad es. redditi futuri, liquidazione di qualche bene, aiuto di terzi, ecc.). Caratteristica chiave: a differenza di altre composizioni, qui non è necessario il consenso dei creditori. Il piano, infatti, viene sottoposto direttamente all’omologazione del tribunale; se il giudice ritiene che il debitore sia meritevole (non abbia colpe gravi nell’indebitamento) e che il piano assicuri ai creditori una soddisfazione non inferiore a quella ottenibile in una liquidazione, può omologarlo anche senza l’accordo dei creditori dissenzienti.
Ruolo dell’OCC nel piano del consumatore: il gestore della crisi è essenziale sia nella fase di preparazione che in quella di esecuzione del piano. Egli aiuta il debitore-consumatore a raccogliere tutte le informazioni sui debiti e sul bilancio familiare, elabora insieme al debitore uno scenario di rimborso sostenibile (ad esempio calcolando quale rata mensile il debitore può permettersi in base al suo stipendio al netto delle spese di sostentamento) e lo traduce in un piano scritto da presentare al giudice. L’OCC predispone la relazione particolareggiata di accompagnamento, in cui attesta la veridicità dei dati e fornisce quella valutazione di convenienza del piano rispetto alla liquidazione che la legge richiede (funge da attestatore di fattibilità e convenienza). Durante l’esecuzione del piano, l’OCC riceve dal debitore le somme destinate ai creditori e provvede a distribuirle secondo le scadenze previste, tenendo la contabilità del piano e riferendo al giudice eventuali inadempimenti. Al termine, redige la relazione finale sull’adempimento integrale, condizione per il rilascio dell’esdebitazione (la cancellazione dei debiti residui).
Dal punto di vista del debitore, il piano del consumatore è una soluzione molto vantaggiosa perché consente di ridurre l’ammontare dei debiti da pagare (spesso stralciando una parte significativa, anche oltre il 50%) e di dilazionare il rientro nel tempo, mantenendo però i propri beni essenziali. Il costo da considerare, però, è che il debitore dovrà farsi carico delle spese della procedura, compenso dell’OCC incluso, senza poter confidare su contributi dei creditori (che, anzi, riceveranno meno di quanto dovuto). Pertanto il piano deve essere calibrato tenendo conto anche di tali costi.
L’OCC nell’Accordo di composizione della crisi (Concordato minore)
L’Accordo di composizione – nel Codice definito ristrutturazione dei debiti con accordo o, per i debitori soggetti a registri d’impresa, concordato minore – è la procedura aperta a debitori non consumatori (piccoli imprenditori sotto soglia fallimentare, lavoratori autonomi, start-up innovative, enti non commerciali, ecc.) ma utilizzabile anche dal consumatore come alternativa al piano puro. In questa procedura, diversamente dal piano del consumatore, è richiesto il consenso dei creditori: il debitore propone un accordo che deve essere approvato da almeno il 60% dei crediti (maggioranza qualificata) e poi omologato dal tribunale. L’accordo è dunque più vicino a un concordato preventivo semplificato, pur rimanendo nell’alveo delle procedure da sovraindebitamento (con regole più flessibili rispetto al concordato “grande”).
Ruolo dell’OCC nell’accordo: il gestore della crisi qui diventa un vero e proprio mediatore e organizzatore della votazione. Egli aiuta il debitore a formulare la proposta da rivolgere ai creditori, valuta la fattibilità e convenienza come nel piano, ma in più cura gli aspetti di interlocuzione con i creditori stessi. L’OCC infatti convoca i creditori o raccoglie le adesioni alla proposta per via telematica, verifica il raggiungimento della maggioranza richiesta e redige un verbale. Può succedere che il gestore debba attivamente negoziare con i creditori alcune modifiche o integrazioni al piano iniziale per ottenere il loro voto favorevole. Inoltre, l’OCC svolge un ruolo di garanzia: certifica il quorum e il risultato della votazione e riferisce al giudice eventuali condotte scorrette. Durante l’esecuzione dell’accordo omologato, l’OCC vigila sui pagamenti e gestisce i flussi finanziari destinati ai creditori, in modo analogo a quanto avviene per il piano del consumatore.
Dal punto di vista del debitore-imprenditore, il concordato minore rappresenta una chance di ristrutturare i debiti evitando la liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento), attraverso un’intesa con i creditori. Tuttavia, implica un onere procedurale maggiore: bisogna convincere la maggioranza dei creditori e rispettare rigorosamente le classi di crediti e le cause di prelazione (il piano deve assicurare ai creditori privilegiati almeno quanto otterrebbero da liquidazione, salvo rinunce). Anche i costi dell’OCC tendono a essere più elevati rispetto al piano del consumatore, dato che la procedura è più articolata (coinvolge trattative, assemblee o consultazioni dei creditori, ecc.). Come vedremo nelle sezioni sui costi, la presenza di molti creditori e la necessità di negoziazione diretta influiscono sul compenso del gestore.
L’OCC nella Liquidazione controllata del sovraindebitato
La Liquidazione controllata (chiamata liquidazione del patrimonio nella vecchia L.3/2012) è la procedura concorsuale liquidatoria prevista per il sovraindebitato che non sia in grado o non voglia proporre un piano/accordo di rientro. Si tratta sostanzialmente di una liquidazione giudiziaria (simile a un fallimento) volontaria: il debitore mette a disposizione tutti i propri beni liquidabili, che vengono venduti sotto il controllo del tribunale, e il ricavato ripartito tra i creditori. In cambio, al termine della liquidazione il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione (la liberazione dai debiti rimasti insoddisfatti). La liquidazione controllata è dunque l’ultima risorsa per chi non può offrire ai creditori alcun pagamento significativo attraverso un piano.
Ruolo dell’OCC nella liquidazione: in questa procedura il tribunale nomina un liquidatore che gestisce operativamente la vendita dei beni e la distribuzione dell’attivo. Spesso, se il gestore dell’OCC possiede i requisiti (es. è iscritto all’Albo dei gestori/curatori), viene confermato come liquidatore. In tal caso egli cumula il ruolo iniziale di OCC (che prepara la fase introduttiva: relazione, inventario dei beni, ecc.) con quello di liquidatore vero e proprio. Se invece viene nominato un liquidatore diverso (ad esempio un curatore fallimentare esterno), il gestore dell’OCC comunque ha svolto la fase preparatoria fondamentale: ha aiutato il debitore a presentare la domanda di liquidazione, ha raccolto l’elenco dei beni, dei creditori, la documentazione finanziaria e ha redatto una relazione iniziale sulle cause dell’indebitamento e sulla situazione patrimoniale (relazione che nella liquidazione prende il posto di quella particolareggiata delle altre procedure). Questo documento orienta il liquidatore e il giudice nella gestione della liquidazione. Inoltre, l’OCC rimane coinvolto almeno fino all’apertura della procedura: ad esempio, notifica il decreto di apertura della liquidazione ai creditori, pubblica gli avvisi, e spesso collabora con il liquidatore nelle fasi successive per la conservazione della documentazione o per chiarimenti sul caso.
Un punto delicato riguarda la remunerazione in caso di “doppio ruolo”: se il gestore iniziale è anche liquidatore finale, come viene calcolato il compenso? E se invece gestore e liquidatore sono soggetti diversi, come si ripartisce l’onorario? Su questo la normativa e la giurisprudenza si sono pronunciate stabilendo il principio del “compenso unitario” (vedi più avanti): in sostanza, per la liquidazione controllata viene determinato un unico compenso complessivo a conclusione della procedura, che copre sia l’attività svolta dall’OCC in fase iniziale sia quella svolta dal liquidatore durante la liquidazione. Se OCC e liquidatore coincidono, riceveranno quell’unico importo. Se invece sono diversi, tale importo unico andrà suddiviso tra loro secondo criteri di proporzionalità al lavoro svolto, ma in ogni caso nessun compenso separato può essere preteso dall’OCC prima della fine. Anzi, come vedremo, la Cassazione ha escluso che l’OCC possa insinuarsi come creditore nel corso della liquidazione per chiedere il pagamento: deve attendere il riparto finale.
Dal punto di vista del debitore, la liquidazione controllata ha il vantaggio di portare – dopo la vendita di tutti i beni – alla cancellazione di ogni debito residuo (beneficio dell’esdebitazione). Lo svantaggio è evidente: si perdono i beni di proprietà (salvo quelli impignorabili) e si subisce una procedura concorsuale simile al fallimento, con costi procedurali non trascurabili. Tuttavia, se il debitore non ha alcun bene né reddito cedibile, può comunque attivare la procedura a scopo liquidatorio (che risulterà “a zero”) e chiedere alla fine l’esdebitazione: è il caso del debitore incapiente di cui diremo a parte. In tali situazioni di totale assenza di attivo, la legge prevede misure speciali per contenere i costi dell’OCC (compenso ridotto del 50% e intervento di un Fondo pubblico), per evitare che le spese procedurali divengano un ostacolo insormontabile.
L’esperto nella Composizione negoziata della crisi d’impresa
La Composizione negoziata della crisi è uno strumento introdotto nell’ordinamento nel 2021 (D.L. 118/2021 convertito in L. 147/2021) e ora confluito nel Codice della crisi, che consente all’imprenditore in difficoltà di avviare, su base volontaria, delle trattative riservate con i creditori per il risanamento dell’impresa, con l’assistenza di un esperto indipendente nominato tramite una piattaforma telematica. Si tratta di una procedura stragiudiziale assistita: non vi è l’apertura di una procedura concorsuale formale, ma l’imprenditore può ottenere alcune protezioni (es. sospensione delle azioni esecutive) e vantaggi fiscali mentre cerca un accordo con i creditori, il tutto sotto la guida di un esperto terzo. Se le trattative hanno esito positivo, si può concludere un accordo stragiudiziale oppure accedere a una procedura concorsuale semplificata (ad es. un concordato “semplificato” per cessione di beni). Se invece falliscono, l’imprenditore potrà comunque optare per le normali procedure concorsuali (concordato preventivo, liquidazione giudiziale).
Ruolo dell’esperto indipendente: l’esperto della composizione negoziata svolge funzioni in parte analoghe a quelle dell’OCC nelle altre procedure, ma con alcune differenze dovute al contesto stragiudiziale. In particolare:
- Analisi dell’azienda e predisposizione del piano di risanamento: una volta nominato dalla commissione istituita presso la Camera di Commercio, l’esperto studia la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, esamina le cause della crisi e individua le possibili strategie di ristrutturazione (es. piano industriale di rilancio, accordi di ristrutturazione del debito, nuova finanza, cessioni di rami d’azienda, ecc.).
- Facilitatore delle trattative: l’esperto convoca l’imprenditore e i creditori chiave e cerca di avvicinare le posizioni. La sua presenza serve a garantire che le trattative si svolgano in modo ordinato, nel rispetto della par condicio informale tra creditori, e a suggerire soluzioni equilibrate. Egli non ha poteri coercitivi: non può imporre ai creditori di aderire, ma può prospettare scenari (ad esempio, far presente che in assenza di accordo la probabilità di fallimento è alta, dunque anche per i creditori potrebbe convenire fare concessioni). L’esperto può anche avvalersi di ausiliari (es. professionisti per valutazioni peritali) ma i relativi costi sono a carico dell’imprenditore.
- Relazione finale e chiusura: la composizione negoziata è a tempo (massimo 180 giorni, prorogabili di 180). Al termine, l’esperto redige una relazione conclusiva in cui dà atto dell’esito: se c’è un accordo, ne attesta l’idoneità a risanare l’impresa; se non c’è accordo, indica le ragioni e segnala se l’imprenditore ha gestito le trattative con correttezza e buona fede. Questa relazione finale può servire all’imprenditore per eventuali passi successivi (ad esempio, se l’impresa è insolvente e vuole accedere al concordato semplificato, la relazione dell’esperto è requisito necessario).
Dal punto di vista dell’imprenditore, la composizione negoziata offre l’opportunità di tentare un salvataggio senza entrare subito in una procedura concorsuale pubblica, evitando gli effetti negativi sul mercato e sulla reputazione. Tuttavia comporta anch’essa dei costi, in primis il compenso dell’esperto indipendente, che – come vedremo – è fissato per legge in base alle dimensioni dell’azienda e altri fattori. Non essendo una procedura giudiziaria formale, i costi non vengono coperti dalla “massa attiva” dell’impresa in modo automatico, ma devono essere sostenuti dall’impresa stessa. La legge prevede comunque la prededucibilità di questi crediti: ciò significa che, se dopo la composizione negoziata l’impresa entra in un concordato preventivo o in liquidazione giudiziale, l’esperto verrà soddisfatto in via prioritaria rispetto agli altri debiti concorsuali. In ogni caso, per l’imprenditore è fondamentale, prima di avviare la composizione negoziata, valutare il rapporto costi/benefici: ad esempio per una piccola PMI il compenso dell’esperto potrebbe essere di alcune migliaia di euro, cifra tutto sommato sostenibile se confrontata con i costi di un fallimento; per un’impresa più grande si sale, ma anche il beneficio potenziale (salvare l’azienda) è notevole.
Dopo questa panoramica dei ruoli dell’OCC/esperto nelle varie procedure, passiamo al tema centrale: chi paga l’OCC e quanto costa il suo intervento nelle diverse soluzioni di sovraindebitamento e nella composizione negoziata.
Compensi dell’OCC: norme generali e principi di base
La determinazione e il pagamento del compenso dell’OCC sono regolati da un insieme di norme specifiche, volte a bilanciare due esigenze: da un lato garantire che i professionisti dell’OCC vengano remunerati per l’opera svolta (anche per incentivarli a svolgere questo ruolo delicato), dall’altro evitare che costi eccessivi ostacolino l’accesso del debitore a procedure pensate proprio per aiutarlo a uscire dai debiti.
Quadro normativo. Le fonti principali in materia di compensi dell’OCC sono:
- Il Codice della crisi (CCII), che dedica alcune disposizioni al compenso nelle varie procedure. In particolare, l’art. 6, comma 1, lett. a) CCII riconosce carattere prededucibile (prioritario) ai crediti per spese e compensi dell’OCC nelle procedure di sovraindebitamento. D’altro canto, gli artt. 71 e 81 CCII stabiliscono che il compenso dell’OCC è liquidato dal giudice solo a esecuzione ultimata (rispettivamente del piano del consumatore o dell’accordo) e previa verifica della diligenza del gestore. Analogamente, per la liquidazione controllata l’art. 275 CCII prevede la liquidazione del compenso (unitario, se vi è un gestore e un liquidatore) solo a fine procedura, dopo il deposito del rendiconto. Queste norme delineano un principio fondamentale: l’OCC viene pagato alla fine e solo a risultato raggiunto, almeno ufficialmente.
- Il Decreto Ministeriale 24 settembre 2014, n. 202, regolamento attuativo della L.3/2012 tuttora applicabile, che contiene i criteri dettagliati per la quantificazione del compenso dell’OCC. Il DM 202/2014 rinvia a sua volta al DM 25 gennaio 2012 n. 30 (tariffe dei curatori fallimentari) per la determinazione degli onorari, adattandoli alle peculiarità del sovraindebitamento. In sintesi, il compenso del gestore viene calcolato in percentuale sull’attivo realizzato e sul passivo trattato, con scaglioni e aliquote decrescenti, analogamente a quanto avviene per i curatori nelle procedure fallimentari. Sono previsti inoltre limiti minimi e massimi, e la possibilità di aumenti o riduzioni in casi complessi o di particolare semplicità.
- Le Linee guida e prassi degli OCC: molti Organismi, per assicurare trasparenza, hanno adottato regolamenti interni e schemi di preventivo di massima da sottoporre al debitore all’inizio dell’incarico. Tali preventivi spesso prevedono che il debitore versi degli acconti nel corso della procedura e indicano un importo stimato finale, sebbene – in teoria – la liquidazione definitiva spetti al giudice. Questa prassi nasce dall’esigenza pratica di garantire un flusso di cassa all’OCC durante procedimenti che possono durare anni, ma non sempre è perfettamente allineata al dettato normativo (che, come visto, subordinerebbe il pagamento completo all’esecuzione integrale del piano). La giurisprudenza recente ha spesso dovuto “correggere” piani di riparto o accordi che prevedevano pagamenti anticipati al gestore, per riportarli in linea con la legge.
Chi sostiene il costo dell’OCC? In linea generale, è il debitore a doversi fare carico dei compensi dell’OCC. Le procedure di sovraindebitamento, infatti, sono attivate su istanza del debitore stesso e sono di natura volontaria: le spese relative (diritti di cancelleria, compenso OCC, eventuale compenso del liquidatore) non vengono anticipate dallo Stato. Diversamente dalle procedure fallimentari tradizionali, qui non c’è un fondo spese pubblico immediatamente disponibile; il legislatore ha però qualificato queste spese come prededucibili, il che significa che esse verranno pagate con precedenza su altri debiti se c’è un attivo disponibile nella procedura. In pratica, nelle soluzioni concordatarie (piano del consumatore e accordo) il debitore dovrà prevedere nel piano stesso le risorse per coprire il compenso dell’OCC, spesso sacrificando una parte di ciò che altrimenti andrebbe ai creditori. Nella liquidazione controllata, il compenso del gestore/liquidatore verrà prelevato dall’attivo ricavato dalla vendita dei beni, prima di soddisfare i creditori chirografari (ma non intaccherà la parte spettante agli eventuali creditori ipotecari sul ricavato dei loro beni, come ha chiarito una recente pronuncia della Cassazione). Nella composizione negoziata, infine, l’onorario dell’esperto è totalmente a carico dell’imprenditore che richiede la procedura, trattandosi di uno strumento volontario nell’interesse primario dell’impresa stessa.
Tempistiche di liquidazione. Come già accennato, la regola generale è che il compenso dell’OCC venga determinato e liquidato dal giudice solo al termine della procedura, quando può valutare il risultato effettivo. Ad esempio, per un piano del consumatore l’art. 71, co.4 CCII prevede che a piano eseguito integralmente il giudice, valutata la relazione finale del gestore, liquidi con decreto il compenso dovuto all’OCC. Analogamente, nell’accordo di composizione l’art. 81 CCII richiede l’esecuzione integrale come presupposto per pagare l’OCC. Nella liquidazione controllata, l’art. 275, co.3 CCII (come modificato dal correttivo 2023/2024) stabilisce che il compenso dell’OCC (e del liquidatore) sia liquidato solo con il decreto che approva il piano di riparto finale, una volta presentato ed approvato il rendiconto conclusivo.
Questa disciplina tutela i creditori: l’OCC viene pagato dopo che i creditori hanno ricevuto quanto dovuto secondo la procedura, e solo se la procedura va a buon fine (o comunque giunge alla fase conclusiva con un attivo distribuito). Per l’OCC però comporta un rischio: dover lavorare per lungo tempo senza la certezza di quando (e se) sarà pagato. Per questo, il D.M. 202/2014 all’art. 15 consente al giudice di autorizzare acconti sul compenso in corso di procedura, tenendo conto delle attività svolte e della capacità finanziaria del debitore. Ad esempio, in un piano del consumatore di durata quinquennale, il gestore potrebbe chiedere al giudice, magari dopo i primi due anni di regolare esecuzione, di liquidargli un acconto a valere sul compenso finale, in modo da non dover aspettare tutti i cinque anni. Alcune prassi di tribunali prevedono persino la liquidazione di un acconto iniziale all’omologazione, specie se l’OCC ha già svolto un lavoro significativo per predisporre il piano. Su questo però la Cassazione è intervenuta di recente (sent. Cass. civ. Sez. I n. 5157/2025) affermando che il decreto di omologazione del piano non può contenere la liquidazione definitiva del compenso OCC, dovendo essa avvenire solo a esecuzione compiuta; al più è ammesso prevedere/acconsentire pagamenti in acconto già durante l’esecuzione, purché soggetti a verifica finale.
Accordi tra debitore e OCC. In mancanza di un prontuario statale ad hoc per i compensi OCC (oltre alle percentuali del DM 202/2014), è prassi comune che il debitore e l’Organismo formalizzino un accordo contrattuale sul compenso. Tale accordo assume natura mista: è un contratto di prestazione d’opera professionale soggetto alle regole civilistiche (art. 2233 c.c., che dà priorità all’autonomia delle parti nel fissare il compenso), ma è anche inserito nella procedura concorsuale, quindi soggiace ai limiti di legge e al controllo del giudice. In sostanza, il debitore all’inizio può sottoscrivere con l’OCC una sorta di lettera di incarico in cui si stabilisce un importo (o criteri di calcolo) per il compenso e magari un piano di pagamenti rateali. Questo accordo però non è totalmente libero: il DM 202/2014 fissa dei parametri legali (basati su attivo/passivo) che fungono da limite massimo all’importo pattuito. Ad esempio, se dall’applicazione dei parametri DM risulterebbe un compenso massimo di €5.000, le parti non potrebbero validamente concordarne €10.000; l’accordo in eccedenza sarebbe nullo per la parte eccedente quei limiti. Inoltre, la legge richiede che il preventivo di compenso sia comunicato ai creditori: in pratica, nella proposta di piano o accordo depositata in tribunale deve essere esplicitato quanto si stima di pagare all’OCC, così che i creditori (e il giudice) ne siano informati e possano valutarne l’incidenza. Se ciò non avviene, l’accordo OCC-debitore potrebbe essere dichiarato inefficace verso la procedura. In caso di mancato accordo iniziale, varranno semplicemente i criteri di legge applicati dal tribunale a fine procedura.
Sintesi dei principi generali:
- Il compenso dell’OCC è normalmente a carico del debitore, salvo recupero in prededuzione su eventuali attivi della procedura (ma senza intaccare le garanzie dei creditori privilegiati).
- La liquidazione avviene di regola a fine procedura, con possibilità di acconti in corso d’opera autorizzati dal giudice.
- L’importo è determinato secondo criteri tariffari (DM 202/2014) basati su attivo/passivo e complessità, con eventuali adeguamenti; le parti possono accordarsi su un importo purché entro tali limiti.
- Trasparenza verso i creditori: il piano o accordo deve indicare le spese OCC previste; il tribunale vigila che il pagamento avvenga solo nei termini di legge (evitando clausole di pagamento anticipato non conformi, pena inammissibilità del piano).
- Prededuzione: il credito dell’OCC è prededucibile, il che garantisce priorità di pagamento in caso di concorsualità successiva, ma ciò non significa pagamento immediato né diritto a soddisfarsi su beni oggetto di pegno/ipoteca destinati ai creditori garantiti.
Delineati questi principi, possiamo ora esaminare nel concreto i costi dell’OCC per ciascuna procedura, distinguendo le componenti fisse (costi di base) e variabili (legati all’entità del caso), e fornendo esempi pratici.
Costi dell’OCC nel Piano del consumatore
Nel piano del consumatore i costi dell’OCC tendono ad essere, in media, i più contenuti tra le procedure di sovraindebitamento. Ciò si deve a vari fattori: tipicamente i debiti del consumatore hanno importi più limitati rispetto a quelli di un imprenditore, il numero di creditori è minore e non vi è la fase di negoziazione/votazione (che richiede lavoro aggiuntivo). Secondo fonti professionali, per pratiche di sovraindebitamento di entità modesta (es. €50-100 mila di debiti) il compenso totale dell’OCC si attesta spesso tra €2.000 e €6.000. Ovviamente ogni caso fa storia a sé, ma possiamo identificare componenti fisse e variabili dei costi:
- Costi fissi (base): comprendono le spese iniziali per l’apertura della pratica e l’analisi preliminare del caso. La maggior parte degli OCC richiede un contributo iniziale al debitore per avviare la procedura e coprire le spese vive. In genere si tratta di un importo forfettario che può variare da circa €200 a €500 per la consulenza iniziale e la raccolta dei documenti. A ciò si aggiungono i costi amministrativi: bolli, diritti di cancelleria e contributo unificato (che, per la domanda di sovraindebitamento, attualmente è di €98), oltre alle eventuali spese di comunicazione ai creditori. Queste voci “fisse” in totale possono ammontare a qualche centinaio di euro (spesso nell’ordine di €300-€800 complessivi, a seconda del tribunale e del numero di creditori da notificare).
- Costi variabili: il grosso del compenso dell’OCC è variabile, legato al lavoro effettivo svolto e alle dimensioni del debito. I fattori principali sono:
- Importo del debito e numero di creditori: un caso con 2 creditori e €20.000 di debiti è più semplice (meno incontri, meno calcoli, meno complicazioni) rispetto a un caso con 15 creditori e €200.000 di debiti. Maggiore l’importo e il numero di posizioni da trattare, più complesso il lavoro dell’OCC e maggiore il compenso atteso. Ad esempio, gestire un piano con 3-4 creditori può comportare qualche telefonata e lettera; con 20 creditori servirà predisporre decine di comunicazioni e possibili incontri, con aggravio di tempo.
- Struttura del piano: se il piano prevede rate mensili per 4–5 anni, l’OCC dovrà occuparsi di raccogliere e distribuire queste rate periodicamente, tenere la contabilità e verificare i pagamenti per tutta la durata – un’attività continuativa che verrà remunerata. Se invece il piano si esaurisce in un unico pagamento (es. liquidazione di un bene e pagamento immediato), il lavoro dell’OCC dopo l’omologazione è minore.
- Verifica della meritevolezza e particolarità del caso: in alcuni casi il gestore deve approfondire questioni delicate (es. possibili atti in frode, contestazioni di creditori, ecc.). Un caso “litigioso” richiederà più tempo (anche udienze in tribunale) rispetto a un caso lineare. Questo può riflettersi in una maggiorazione di compenso in sede di liquidazione finale, se il giudice ravvisa un impegno extra da parte dell’OCC.
In base al DM 202/2014, per calcolare il compenso variabile dell’OCC si fa riferimento, semplificando, alla massa attiva e al passivo trattati dal piano. Nel piano del consumatore, la “massa attiva” è essenzialmente quanto il debitore pagherà effettivamente (ad esempio, €30.000 totali in 5 anni) e il “passivo” sono i debiti concorsuali complessivi (€100.000 magari). Le percentuali applicate decrescono all’aumentare degli importi. Per dare un’idea ipotetica: sui primi €10.000 pagati ai creditori potrebbe essere riconosciuto un 10%, sui successivi €20.000 un 5%, e così via (numeri indicativi). Inoltre, una parte del compenso può essere calcolata in percentuale sui debiti stralciati (come “compenso sul passivo non soddisfatto”, con aliquote molto ridotte). In pratica, più debiti ha gestito l’OCC e più ha fatto recuperare ai creditori, più alto sarà l’onorario – il che è ragionevole, essendo indice del valore e dell’impegno del suo lavoro.
Esempio pratico (Piano del consumatore): Mario, consumatore sovraindebitato, ha €50.000 di debiti verso 5 diversi creditori (banche e finanziarie). Con l’aiuto dell’OCC propone un piano in cui, grazie al sostegno di un familiare, pagherà €20.000 in 4 anni, suddivisi in 48 rate mensili, ottenendo lo stralcio del restante debito. I costi previsti sono:
- Spese iniziali: €400 per consulenza e apertura pratica OCC; €100 circa per bolli e notifiche ai creditori.
- Compenso variabile: Supponiamo che il gestore preveda un onorario finale di €3.000. Tale cifra tiene conto del lavoro di predisposizione del piano e della relazione, e della gestione dei pagamenti mensili per 4 anni. In termini percentuali, €3.000 su €20.000 di esborso ai creditori equivale al 15% circa; su €50.000 di debito complessivo è invece il 6%. Rientra nei parametri usuali (un caso di media complessità).
- Totale costi OCC: €3.500 (di cui €500 spese vive e €3.000 compenso).
Come verrà pagato questo importo? Mario ha concordato con l’OCC di versare acconti periodici: ad esempio €500 all’anno per i primi 3 anni (che l’OCC tratterrà dalle rate versate, destinando la parte restante ai creditori), e saldo finale di €2.000 al termine, una volta completato il piano. Il giudice nell’atto di omologazione prende atto di questa pianificazione di pagamento dell’OCC. Solo dopo aver ricevuto la relazione finale che attesta l’esecuzione integrale, il tribunale emetterà il decreto di liquidazione definitiva del compenso, che formalmente attribuirà all’OCC quei €3.000 (dando atto degli acconti già percepiti). Dal punto di vista di Mario, sui €20.000 totali sborsati, effettivamente €17.000 andranno ai creditori e €3.000 all’OCC. In assenza di costi OCC, quei €3.000 avrebbero potuto aumentare il dividendo ai creditori di qualche punto percentuale, ma senza l’assistenza dell’OCC il piano non sarebbe nemmeno stato possibile: è il “costo del servizio” che consente a Mario di azzerare €30.000 di debiti in cambio di €20.000 pagati.
Nel caso di un piano più complesso (debiti maggiori, più creditori), i costi ovviamente salgono. Per dare un riferimento, una procedura complessa (debiti superiori a €100.000 e presenza di beni da liquidare) può comportare compensi OCC anche tra €6.000 e €10.000 o più. Tuttavia in tali casi spesso il piano stesso prevede il ricavato di vendite di cespiti, quindi c’è più sostanza da cui attingere per i compensi. In generale, rispetto alle alternative (es. un fallimento personale gestito da un curatore), il piano del consumatore rimane un’opzione relativamente economica e vantaggiosa.
Costi dell’OCC nell’Accordo di composizione (Concordato minore)
Quando si passa all’accordo di composizione (o concordato minore), i costi dell’OCC tendono ad aumentare, riflettendo la maggiore complessità procedurale. Qui l’OCC deve infatti supportare il debitore anche nella fase di interazione con i creditori, oltre che nella preparazione dei documenti. I fattori chiave che fanno lievitare il compenso nell’accordo, rispetto al piano del consumatore, sono: il numero tipicamente maggiore di creditori coinvolti (includendo spesso fornitori, dipendenti, Fisco, ecc.), la necessità di condurre trattative e consultazioni, e la struttura eventualmente più articolata della proposta (es. suddivisione dei creditori in classi, piani di pagamento differenziati).
Componenti fisse: anche nell’accordo vi sono costi fissi iniziali simili a quelli del piano:
- Consulenza e studio preliminare del caso: solitamente viene richiesto un anticipo o forfait iniziale, spesso tra €500 e €1.000, data la maggiore mole di lavoro immediato (ad es. solo predisporre l’elenco creditori e i rispettivi diritti di voto può essere laborioso).
- Spese di procedura: bolli, contributo unificato (€98), notifiche ai creditori dell’udienza di omologazione e dell’eventuale adunanza (se prevista una riunione). Con più creditori, le spese postali/notifica aumentano. Non è raro spendere €200-€400 in sole comunicazioni per un accordo con decine di creditori.
Componenti variabili:
- Numero dei creditori: è forse il principale driver dei costi. Come indicato da prassi, se i creditori sono molti (oltre 20 ad esempio), l’OCC dovrà dedicare molto tempo alle interlocuzioni e la legge consente di aumentare il compenso in ragione di ciò. Nelle linee guida sulla composizione negoziata (analoghe per logica), è previsto un aumento del 25% del compenso se ci sono 21-50 creditori e del 35% se oltre 50. Anche se tali percentuali sono riferite all’esperto negoziatore, danno un’idea: l’impegno cresce sensibilmente con i creditori numerosi. Al contrario, se i creditori fossero pochissimi (<5), il compenso può essere ridotto (nelle linee guida negoziate è -40% sotto 5 creditori).
- Entità del debito e complessità delle posizioni: un accordo che coinvolge crediti fiscali, crediti privilegiati (es. ipoteche su beni) e magari contenziosi legali in corso è più complicato di uno con soli fornitori chirografari. L’OCC in questi casi deve magari coordinarsi con gli avvocati del debitore per questioni legali, valutare proposte di transazione fiscale, ecc. Il compenso terrà conto di queste complessità qualitative.
- Durata e attività successive all’omologazione: se l’accordo prevede pagamenti scaglionati e l’OCC dovrà restare in carica per anni a vigilare, il compenso sarà maggiore. Se invece l’accordo è “one shot” (es. l’imprenditore vende un capannone e paga i creditori in un’unica soluzione), l’attività post-omologazione dell’OCC è minima e ciò può ridurre la parte variabile del compenso.
In termini di criteri DM 202/2014, qui il compenso viene calcolato con percentuali simili a quelle del piano, ma in più c’è la dimensione concordataria. Ciò significa che l’attivo considerato può essere sia quello apportato dal debitore sia eventualmente nuove risorse (finanza esterna, ecc.), e il passivo magari più rilevante. Inoltre, c’è un elemento meritocratico: la capacità del gestore di far accettare l’accordo ai creditori. In alcuni casi si riconosce un “premio di risultato” se l’accordo viene omologato, trattandosi di procedura non facile da concludere. Non è codificato espressamente, ma i giudici possono tenerne conto nel liquidiere il compenso (per analogia con l’aumento del 10% previsto per l’esperto negoziatore in caso di accordo concluso).
Ordine di grandezza dei costi: un accordo di composizione per piccoli imprenditori può avere costi OCC indicativamente tra €3.000 e €8.000, spesso correlati all’attivo gestito. In genere, più alta è la percentuale di pagamento ai creditori, più elevato in valore assoluto sarà il compenso dell’OCC, poiché è proporzionale all’attivo impegnato. Ma paradossalmente, anche un accordo che paga poco ai creditori può comportare un onorario significativo all’OCC se la complessità è alta (es. molti creditori convincere per pochi soldi richiede sforzo).
Esempio pratico (Accordo di composizione): Liana è una piccola imprenditrice con debiti totali per €200.000 verso 12 creditori (banche per mutui e fidi, fornitori e debiti fiscali). Propone con l’aiuto dell’OCC un accordo così strutturato: un suo familiare metterà a disposizione €50.000 in contanti da distribuire ai creditori subito all’omologazione, in cambio tutti i debiti saranno considerati estinti. Si tratta quindi di offrire circa il 25% su ogni credito, in un’unica soluzione. I costi stimati sono:
- Spese vive: €600 (tra contributo unificato, bolli e circa 12 notifiche ai creditori per avvisarli dell’udienza e raccogliere il voto).
- Compenso OCC: Il gestore predispone la proposta, contatta individualmente ciascun creditore per illustrare l’offerta e magari convincerli dell’alternativa peggiore (liquidazione). Con 12 creditori, secondo i parametri potrebbe non scattare un aumento percentuale (che inizia da 21 creditori), ma resta un caso di media complessità. Il passivo è €200.000 e l’attivo offerto €50.000: l’OCC potrebbe attendersi un onorario di circa €5.000. Ciò equivarrebbe al 10% dell’attivo distribuito, oppure al 2,5% del passivo totale. È una cifra ragionevole considerato il lavoro di mediazione svolto e i parametri (ad esempio, se applichiamo ipotetiche aliquote DM: 6% sui primi 50k di attivo = 3k, più qualcosina sul passivo non pagato).
- Totale a carico di Liana: €5.600 circa. Questa somma verrà coperta parte con la liquidità del familiare (che potrebbe stanziare in realtà €55.600 totali, di cui €50.000 ai creditori e €5.600 a spese), parte con eventuali risorse di Liana stessa (se il familiare copre solo i creditori, Liana deve trovare il denaro per le spese).
Dal punto di vista dei creditori, notiamo una cosa: quei €5.000 pagati all’OCC avrebbero potuto aggiungersi ai €50.000 di attivo per creditori, incrementando il dividendo magari al 27% anziché 25%. Comprensibilmente i creditori preferirebbero che meno soldi vadano in spese. Tuttavia, l’accordo non sarebbe nemmeno partito senza l’OCC, e comunque anche in un fallimento i costi procedurali avrebbero eroso l’attivo. La legge cerca di tutelare i creditori garantendo che l’OCC non sia pagato di più di quanto proporzionato al lavoro: se in questo esempio Liana avesse concordato di dare €10.000 all’OCC, il giudice probabilmente lo ridurrebbe d’ufficio in sede di omologazione perché eccessivo rispetto alle percentuali standard.
Nota sui crediti privilegiati: se nell’accordo ci sono creditori privilegiati (es. ipotecari o con pegno), l’OCC deve assicurarsi che la proposta rispetti le loro prelazioni (di solito vanno pagati integralmente o comunque non meno del ricavato che otterrebbero da liquidazione dei beni). Il compenso dell’OCC, in caso di liquidazione successiva, non potrà mai essere prelevato sul ricavato spettante ai creditori ipotecari, ma in un accordo come quello di Liana, essendo i €50.000 una massa disponibile da un terzo, l’onorario OCC verrebbe semplicemente detratto prima di distribuire il resto in percentuale uguale a tutti i creditori chirografari. Se ad esempio tra i 12 creditori c’era una banca ipotecaria su un immobile poi non liquidato (perché il terzo ha messo soldi evitando la vendita), quel creditore ipotecario partecipa all’accordo come chirografario per la parte falcidiata, e l’OCC viene pagato pro-rata dal fondo generale. Invece, se l’accordo prevedesse di vendere un immobile ipotecato e dare, poniamo, €80.000 a una banca garantita, l’OCC non potrebbe prelevare una percentuale da quei €80.000 spettanti alla banca – dovrebbe farsi remunerare dal resto dell’attivo o dal debitore. Questa regola è stata ribadita dalla Cassazione nel 2025, sancendo che il compenso OCC, pur prededucibile, “non può gravare sul creditore ipotecario” in termini di riduzione del suo ricavato.
Costi dell’OCC nella Liquidazione controllata
La liquidazione controllata presenta una struttura di costi dell’OCC/Liquidatore differente dalle precedenti, perché qui il compenso è strettamente legato all’attivo liquidato. In altre parole, l’onorario del gestore (e del liquidatore) viene calcolato come percentuale sui beni effettivamente liquidati e sulle somme distribuite ai creditori, analogamente a quanto accade nelle liquidazioni fallimentari. Ciò comporta due corollari:
- Se non c’è alcun attivo (debitore nullatenente), il compenso sarà minimo o addirittura simbolico.
- Se c’è un attivo consistente, il compenso può raggiungere importi anche elevati, pur rimanendo entro i tetti percentuali fissati.
Costi fissi iniziali: per avviare la liquidazione, il debitore comunque deve presentare ricorso con l’assistenza dell’OCC. Anche qui, dunque, ci saranno le spese di apertura pratica (consultazione OCC, etc.) magari €300-€500, e i costi di procedura (contributo unificato €98, bolli, notifiche ai creditori dell’apertura della liquidazione) per un altro centinaio di euro. Queste spese vive, se il debitore ha disponibilità, vanno anticipate da lui. In alcuni tribunali, per accettare un ricorso di liquidazione, si chiede al debitore di versare un fondo spese iniziale in favore dell’OCC (es. €500-€1.000) come garanzia per le attività minime da svolgere (inventario, notifiche). Dopo un iniziale dibattito se fosse lecito richiedere tale deposito, la Cassazione ha chiarito che non si può imporre un deposito preventivo a pena di inammissibilità della procedura, salvo poter eventualmente disporre acconti a carico dell’attivo in corso di liquidazione. Dunque ufficialmente un debitore nullatenente non può vedersi rifiutare la liquidazione per mancanza di deposito spese; di fatto però molti OCC possono rifiutare l’incarico se non c’è almeno la copertura delle spese vive, a meno che non intervengano fondi di solidarietà (vedi caso incapienti sotto).
Compenso variabile (OCC/Liquidatore): una volta aperta la liquidazione, il compenso finale verrà stabilito applicando le percentuali del DM 202/2014 sull’attivo liquidato e sul ricavato distribuito. Per dare un’idea semplificata, le percentuali decrescenti potrebbero essere: 12% sui primi €15.000 di attivo, 9% sullo scaglione successivo fino a €50.000, 6% da €50k a €100k, e così via a scalare (numeri esemplificativi, non letterali). Inoltre, sul valore dei crediti insinuati al passivo ma non soddisfatti si calcola un compenso ridotto (ad es. 1%). Questo schema premia i liquidatori/OCC che recuperano attivo, mentre remunera pochissimo il lavoro su passivi che restano insoluti. In aggiunta, il DM 202 prevede il rimborso spese forfettario (di regola un 5% sul compenso a titolo di spese generali) e rimborsi specifici (es. viaggio, custodia beni, da documentare).
Compenso unitario e ripartizione: come anticipato, se la persona che ha svolto il ruolo di OCC-gestore non è la stessa che prosegue come liquidatore, come si calcola il compenso di ciascuno? La normativa e la giurisprudenza indicano che il tribunale deve comunque determinare un unico compenso globale per la procedura, calcolato su attivo/passivo complessivi, e poi ripartirlo pro-quota tra i due soggetti. Ad esempio, supponiamo che il compenso unico risultante sia €10.000; se il gestore iniziale ha svolto il 30% del lavoro e il liquidatore il restante 70%, il giudice potrà attribuire €3.000 al primo e €7.000 al secondo (tenendo conto magari delle rispettive attività: il gestore ha predisposto la relazione e l’inventario, il liquidatore ha curato vendite e riparti). Questo per evitare duplicazioni. In nessun caso l’OCC potrà pretendere un compenso aggiuntivo oltre a quello unitario: se prova a insinuare nel passivo della liquidazione un proprio credito autonomo (magari per l’attività pre-apertura), la domanda verrà respinta in quanto inammissibile. Lo ha stabilito ad esempio il Tribunale di Torino nel 2024: il credito dell’OCC si considera “maturato unitariamente” con quello del liquidatore e come tale può essere liquidato solo al termine ex art. 275 CCII. Questa visione, sebbene criticata da alcuni (perché il gestore rischia di lavorare gratis se poi viene sostituito e il liquidatore svolge la parte decisiva), è orientata a far gravare i compensi solo sull’attivo effettivamente creato. Il correttivo 2024 al Codice ha ulteriormente chiarito nel testo dell’art. 275 che si procede così.
Esempio pratico (Liquidazione controllata): Paolo ha debiti per €300.000 e decide per la liquidazione controllata. Possiede solo un immobile di proprietà (la casa di famiglia) gravato da un’ipoteca a favore della banca per mutuo residuo €100.000. Nella liquidazione, la casa viene venduta a €150.000. Dall’incasso: €100.000 andranno alla banca ipotecaria (creditore garantito) e €50.000 saranno distribuiti agli altri creditori chirografari (che hanno 200k di crediti, prendendo dunque il 25% circa). Il compenso del liquidatore/OCC, calcolato mettiamo sul totale attivo di €150.000, risulta pari a circa €12.000 (questo ipotizzando percentuali: 12% sui primi 15k = €1.800; 9% sui successivi 35k = €3.150; 6% sui restanti 100k = €6.000; totale €10.950 + spese forfettarie, arrotondiamo €12k). Come viene pagato:
- Secondo l’art. 14-duodecies, co.2 L.3/2012 (applicabile ratione temporis in questo caso) e l’art. 275 CCII, il compenso prededucibile non intacca la parte ipotecaria. Quindi, dei €150.000 ricavati, €100.000 sono “riservati” alla banca e non subiscono decurtazioni per spese generali; i restanti €50.000 costituiscono la massa per spese generali e creditori chirografari. Pertanto, l’onorario di €12.000 verrà prelevato interamente da quei €50.000, riducendo a €38.000 circa la somma da spartire tra chirografari. In percentuale, i chirografari ottengono il 19% dei loro crediti invece del 25% che avrebbero avuto senza spese. Il creditore ipotecario invece riceve il 100% del suo credito (o l’intero ricavato del bene, se il debito fosse maggiore del ricavato). La Cassazione ha infatti puntualizzato che le spese OCC vanno considerate “uscite generali nell’interesse della massa chirografaria”, ma escluse dal ricavato destinato ai garantiti.
- Se Paolo non avesse avuto l’immobile (quindi zero attivo), come sarebbe pagato l’OCC? La legge prevede che in tal caso il compenso sia ridotto al minimo. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice, esiste la figura del “debitore incapiente” (che vedremo dopo) in cui il compenso dell’OCC è dimezzato per legge e coperto da un fondo pubblico. Nel caso di Paolo, non essendo incapiente (aveva un immobile), se ipoteticamente l’immobile non avesse trovato acquirenti, i €12.000 di compenso sarebbero rimasti insoddisfatti nella procedura; l’OCC potrebbe solo sperare di recuperarli come credito personale verso Paolo dopo la chiusura (ma Paolo essendo esdebitato non li deve). Questo rischio è il motivo per cui i tribunali spesso cercano di vendere almeno qualche bene per coprire le spese prima di liberare il debitore. E comunque, proprio per i casi di assenza di attivo, la legge ha predisposto (anche se ancora non del tutto operativo) un Fondo di solidarietà.
Debitore incapiente e fondo di solidarietà: merita un cenno specifico la situazione del debitore incapiente, cioè colui che non ha né reddito né beni da offrire ai creditori. Dal 2021-2022 questa figura è stata riconosciuta e gli è stata concessa una speciale procedura di esdebitazione “gratuita” (artt. 282-283 CCII). In tali casi, per evitare che nessun OCC sia disposto a occuparsene a fronte di zero pagamenti, la legge:
- Dimezza per legge il compenso spettante all’OCC (50% di quello che sarebbe altrimenti).
- Ha istituito un Fondo nazionale per l’esdebitazione dei debitori incapienti, finanziato dallo Stato (Legge di Bilancio 2023 art. 1 commi 253-254, con dotazione di €500.000 a partire dal 2025). Questo Fondo, una volta pienamente operativo, rimborserà gli OCC delle procedure di incapienza sia per le spese vive sia per il (ridotto) compenso professionale. In pratica l’OCC potrà presentare richiesta di rimborso al Fondo e ottenere il pagamento, senza gravare per nulla sul debitore incapiente.
- In attesa che il Fondo sia disponibile, alcuni OCC hanno lavorato su base quasi “volontaria” per i casi di incapienza, confidando di essere un giorno rimborsati, oppure grazie a iniziative locali (ad esempio alcune Regioni come il Piemonte erogano contributi di alcune migliaia di euro agli OCC per coprire i costi di avvio delle procedure di sovraindebitamento in favore di soggetti indigenti).
Se dunque Paolo fosse stato un debitore incapiente puro (nessun immobile, nessun reddito), avrebbe potuto accedere alla procedura esdebitativa ex art.283 CCII: l’OCC avrebbe visto il suo onorario ridotto del 50% e poi richiesto al Fondo statale (o regionale) un rimborso di quell’importo. Questo meccanismo “chi paga l’OCC” in tali casi speciali risponde: lo Stato, al posto del debitore.
Compenso dell’esperto nella Composizione negoziata
Passiamo ora ai costi della composizione negoziata, focalizzandoci sul compenso dell’esperto indipendente. A differenza delle procedure di sovraindebitamento classiche, qui non c’è un “OCC” come organismo, ma un singolo esperto nominato da un ente terzo (la commissione camerale) su richiesta dell’imprenditore. La normativa (in particolare l’art. 25-ter D.lgs. 14/2019, inserito dal D.L. 118/2021) ha stabilito una tariffa predeterminata a percentuale per l’esperto, con l’obiettivo di dare certezza dei costi e insieme modularli in base alla dimensione dell’impresa. Vediamo i punti salienti:
- Base di calcolo – l’attivo dell’impresa: il compenso dell’esperto è calcolato esclusivamente sull’attivo dell’impresa debitrice. Questo è un cambiamento di paradigma rispetto ad altre procedure dove contano anche il passivo o l’ammontare dei debiti. Qui si considera l’attivo (patrimonio) aziendale come indice delle dimensioni dell’impresa e, indirettamente, del lavoro potenzialmente richiesto. Si applicano percentuali fisse a scaglioni di attivo: per fare un esempio ipotetico,
- X% sul valore fino a €100.000,
- Y% tra 100k e 500k,
- Z% oltre,
con X>Y>Z decrescenti (lo schema esatto è normato ma complesso; a titolo illustrativo, potrebbe essere ~0,5% sul primo milione, ~0,2% sulla parte da 1 a 10 milioni, etc.).
- Limiti minimi e massimi: la legge garantisce comunque un minimo di €4.000 all’esperto (anche se l’attivo fosse piccolissimo), e fissa un massimo di €400.000 (cap oltre il quale l’onorario non può salire). Questo range assicura che per le micro-imprese il compenso non scenda sotto una soglia dignitosa (4000€), mentre per grandissime imprese l’esperto non superi una cifra comunque contenuta rispetto ai costi usuali di grandi ristrutturazioni.
- Adeguamenti per numero di creditori: analogamente a quanto visto per l’OCC, anche qui il legislatore ha previsto correttivi legati al numero di soggetti coinvolti. In particolare:
- Se i creditori coinvolti nelle trattative sono pochi (meno di 5), il compenso base viene ridotto (nel contesto negoziato si parla di -40%), poiché gestire pochi interlocutori è più semplice.
- Se i creditori sono molti (oltre 20), il compenso base viene aumentato in misura progressiva: +25% se i creditori sono tra 21 e 50; +35% se superano i 50.
- N.B.: La norma esclude dal conteggio dei creditori i lavoratori e i loro sindacati (per non penalizzare la presenza di molti dipendenti), però riconosce all’esperto €100/ora per le eventuali ore impiegate in consultazioni sindacali obbligatorie (questa è una voce aggiuntiva a parte).
- Adeguamenti per esito e complessità:
- Se durante la composizione negoziata viene concluso un accordo con esito positivo (cioè l’impresa riesce a trovare una soluzione concordata che evita la crisi), è previsto un bonus: un aumento del 10% sul compenso finale per premiare il risultato.
- Se l’esperto individua un acquirente per l’azienda o un ramo d’azienda e la vendita va a buon fine, è previsto un aumento del 100% del compenso relativo a quella parte. In altre parole, il compenso può addirittura raddoppiare se l’esperto è riuscito a trovare un investitore che rileva l’azienda (salvaguardando l’attività e i livelli occupazionali). Viceversa, trovare un potenziale acquirente senza che si concretizzi la vendita non dà diritto ad aumenti.
- Vi sono anche possibili riduzioni: ad esempio, se l’impresa è molto piccola (“sotto soglia” artigiana) o fa parte di un gruppo, l’articolazione normativa cerca di evitare duplicazioni, ma su questi dettagli la legge non era chiarissima e la dottrina ha dovuto interpretare.
- Modalità di pagamento: il compenso dell’esperto è a carico dell’imprenditore richiedente. Significa che l’imprenditore deve pagarlo direttamente (di solito con fondi dell’azienda stessa). Tuttavia, per incoraggiare la fruizione dello strumento anche da chi è in crisi di liquidità, la norma gli dà uno status di credito prededucibile: se l’imprenditore finisce comunque in procedura concorsuale (es. fallimento o concordato) dopo la composizione negoziata, l’esperto avrà diritto di essere soddisfatto con priorità su altri crediti sorti prima, in virtù del beneficio che la sua opera ha portato o tentato di portare. Inoltre, va ricordato che l’accesso alla piattaforma telematica di composizione negoziata è gratuito, ma è dovuto un piccolo diritto di segreteria (circa €252) per la presentazione dell’istanza. Questo è l’unico costo “pubblico”; tutto il resto (consulenze facoltative, esperto) è privato a carico dell’impresa.
Esempio pratico (Composizione negoziata): La società Alfa S.r.l. è un’impresa manifatturiera in crisi. Ha un attivo di €5.000.000 (tra immobili, macchinari, crediti, magazzino) e debiti finanziari e commerciali per €6.000.000 verso 25 creditori. Alfa avvia la composizione negoziata. Secondo i criteri di legge:
- Calcoliamo il compenso base sull’attivo di €5 milioni. Ad esempio, se le percentuali fossero:
- 0,5% sul primo milione = €5.000
- 0,2% sui restanti 4 milioni = €8.000
- Totale base = €13.000.
- Numero creditori: sono 25, quindi scatta l’aumento del +25% (fascia 21-50 creditori). Il compenso sale a €16.250.
- Poniamo che durante le trattative l’esperto riesca a far sottoscrivere un accordo di ristrutturazione del debito (tutti i creditori accettano un piano di risanamento). Ciò dà diritto al bonus +10%. Quindi l’onorario diventa €17.875 (ossia 16.250 + 10%).
- Inoltre, supponiamo che nel piano sia prevista la cessione di un ramo d’azienda a un investitore e l’esperto ha avuto un ruolo in questa vendita. In tal caso, se applicabile l’aumento del 100% relativo a quella operazione, il compenso potrebbe aumentare ulteriormente. Per semplicità, ipotizziamo che senza considerare la vendita era €17.875; con la vendita conclusa, raddoppia quella parte. In pratica, l’importo finale potrebbe arrivare, diciamo, a €25.000 (stimando che il raddoppio non è sull’intero ma su una porzione – il calcolo esatto è complesso, ma l’ordine di grandezza è questo).
- L’importo minimo garantito (4k) è superato abbondantemente; il massimo (400k) è lontanissimo, quindi non è un problema.
Quindi Alfa S.r.l. dovrà pagare all’esperto circa 25 mila euro per aver condotto con successo la composizione negoziata che le ha permesso di evitare il fallimento e salvare l’attività. Questo importo verrà probabilmente messo in conto nel cash flow del piano di risanamento. Se Alfa non avesse raggiunto alcun accordo e fosse andata in liquidazione giudiziale, l’esperto avrebbe comunque maturato il compenso base (magari senza il +10% di successo), e in sede di fallimento si sarebbe insinuato come credito prededucibile da circa 16 mila euro, da pagarsi prima dei crediti anteriori.
Per un’impresa più piccola, ad esempio una ditta individuale con attivo €200.000 e 4 creditori, il calcolo sarebbe: base (0,5% di 200k = €1.000), minimo comunque €4.000, riduzione 40% per meno di 5 creditori (scende a €2.400) ma poi adeguato al minimo 4k (non può scendere sotto). Quindi anche per il più semplice dei casi l’esperto prenderebbe €4.000. Ciò può sembrare alto rispetto ai debiti, ma è voluto per assicurare un floor di remunerazione. C’è da dire che, se un’impresa è così piccola e con pochi creditori, forse la composizione negoziata non è lo strumento più indicato (si potrebbe ricorrere a un accordo di ristrutturazione minore o simili).
Altre spese nella composizione negoziata: oltre al compenso dell’esperto, l’imprenditore può dover sostenere i costi di consulenti che lo assistano (es. un advisor finanziario, un legale per i contratti). La normativa ha previsto che, se poi si apre un concordato semplificato, il tribunale può limitare i compensi degli advisor del debitore a non superare quello dell’esperto. Questo per evitare che l’operazione diventi troppo costosa. In ogni caso, dal punto di vista di “chi paga cosa”, l’imprenditore deve mettere in conto anche eventuali parcelle dei propri professionisti, che sono extra rispetto all’esperto nominato.
Riassumiamo le caratteristiche del compenso dell’esperto nella composizione negoziata in una tabella:
Voce | Criterio di calcolo | Chi paga | Quando |
---|---|---|---|
Compenso base | Percentuale sull’attivo (scaglioni) | Imprenditore (azienda) | Alla conclusione delle trattative (o al più tardi all’uscita dalla procedura) |
Minimo/Massimo | €4.000 min – €400.000 max | Imprenditore | Idem |
Aumento creditori >20 | +25% se creditori 21-50; +35% se >50 | Imprenditore | Fine procedura (aggiunto al base) |
Riduzione creditori <5 | -40% se creditori < 5 | Imprenditore | Fine procedura (sottratto al base) |
Bonus accordo riuscito | +10% in caso di sottoscrizione accordo | Imprenditore (prededucibile se concorsuale dopo) | Al termine (se positivo) |
Bonus vendita azienda | +100% (raddoppio) se vendita conclusa | Imprenditore | Al termine (se applicabile) |
Prededuzione in caso concorso | Credito dell’esperto prededucibile (prioritario in fallimento) | Massa attiva concorsuale (in caso di fallimento) | Durante procedura concorsuale successiva |
Come si vede, la struttura è complessa ma ha una sua logica: più grande e complessa la crisi, più si paga l’esperto; se l’esperto porta risultati (accordo, cessione azienda), si paga di più; se i creditori sono pochi, si paga di meno. In definitiva, l’imprenditore paga l’esperto come “costo della soluzione” per evitare guai peggiori: il legislatore ha voluto contenere questi costi per non disincentivare l’uso della composizione negoziata, ritenuta uno strumento utile a salvare aziende e posti di lavoro.
Giurisprudenza in tema di compensi dell’OCC e riparto delle spese
Negli ultimi anni numerose sentenze hanno affrontato questioni relative al compenso dell’OCC, spesso per risolvere nodi interpretativi delle nuove norme o per correggere prassi difformi. Esaminiamo i principali orientamenti emersi, distinguendo tra gli interventi della Corte di Cassazione e quelli della giurisprudenza di merito (Tribunali e Corti d’Appello).
Orientamenti della Corte di Cassazione
- Divieto di subordinare l’accesso al deposito spese (Cass. 34105/2019): una pronuncia storica in materia è quella della Cassazione civile, Sez. I, 19 dicembre 2019 n. 34105, resa ancora sotto la vigenza della L.3/2012. La Suprema Corte ha stabilito un principio di diritto chiaro: “il giudice non può, in assenza di specifica norma, imporre al debitore, a pena di inammissibilità, il deposito preventivo di una somma per le spese presunte della procedura”. In altre parole, non si può rifiutare l’ammissione di un sovraindebitato solo perché non versa subito un fondo spese. La Corte ha evidenziato che, a differenza del concordato preventivo (dove l’art. 163 L.F. prevedeva l’obbligo di depositare il 20-50% delle spese iniziali, pena revoca), nella legge sul sovraindebitamento non c’è analoga previsione. L’esigenza di tutelare il diritto dell’OCC al compenso non può tradursi in una barriera all’accesso del debitore, perché:
- Il credito dell’OCC è comunque prededucibile (quindi garantito se c’è attivo).
- La legge prevede già meccanismi di garanzia, come l’art. 8, co.2 L.3/2012, che richiede un terzo garante se le risorse del debitore non coprono la fattibilità.
- In caso estremo di totale assenza di attivo, il tribunale potrà dichiarare inammissibile solo se proprio manca qualsiasi prospettiva (art. 14 L.3/2012), ma non può introdurre requisiti non previsti.
- Liquidazione del compenso solo a fine esecuzione (Cass. 5157/2025): con l’entrata in vigore del CCII, alcuni giudici di merito avevano osato liquidare compensi all’OCC già al momento dell’omologazione del piano/accordo, ritenendo che la formula “integralmente eseguito” fosse soddisfatta se veniva almeno avviata l’esecuzione. La Corte di Cassazione è intervenuta di recente (ordinanza n. 5157 del 21 febbraio 2025, Sez. I) per chiarire che il provvedimento di omologa non deve contenere la liquidazione del compenso all’OCC, il quale va disposto solo dopo la completa esecuzione della procedura. Ha enunciato il principio che la remunerazione del gestore è “correlata all’effettivo risultato e alla diligenza dimostrata durante l’intera esecuzione”. Di conseguenza, eventuali pagamenti anticipati percepiti dall’OCC in base ad accordi con il debitore restano sub iudice e soggetti a conguaglio finale. Questa pronuncia uniforma la prassi: adesso i decreti di omologa solitamente si limitano a prendere atto degli accordi di pagamento acconti (se leciti) ma rinviano la quantificazione definitiva alla fine.
- Natura prededucibile e limiti rispetto ai creditori garantiti (Cass. 14401/2025): un’importante sentenza appena pubblicata (Cass. civ. Sez. I, ord. n. 14401 del 29 maggio 2025) ha precisato i confini della prededuzione del credito OCC in presenza di creditori privilegiati. La Corte ha affermato che, sebbene le spese e compensi dell’OCC siano prededucibili, non possono essere soddisfatti attingendo al ricavato dei beni oggetto di pegno o ipoteca nella parte riservata ai creditori garantiti. In pratica, questo conferma la regola (già nel vecchio art. 14-duodecies L.3/2012 e ora nel combinato art. 6 CCII e norme sulle prelazioni) per cui i creditori ipotecari vengono prima tutelati sul loro collaterale. La Cassazione richiama l’analogo principio nel fallimento (art. 111-bis L.F. in combinato con 111-ter, interpretati da Cass. 18882/2022): le spese generali della procedura sono prededucibili ma non prevalgono sulle cause di prelazione sui beni specifici. Inoltre, la Corte sottolinea un aspetto concettuale: la liquidazione da sovraindebitamento è una procedura volontaria nell’interesse del debitore, i creditori garantiti non ne traggono un beneficio volontario, quindi sarebbe ingiusto imporre su di loro il costo dell’OCC. Questa sentenza costituisce un monito agli OCC: se la massa attiva è costituita in gran parte da beni ipotecati il cui ricavato andrà ai garantiti, il loro compenso dovrà uscire da altro (parte libera dell’attivo o intervento del debitore) altrimenti rischiano di restare insoddisfatti. Ciò potrà influire sulla valutazione ex ante di prendere incarichi del genere.
- No insinuazione al passivo per il compenso OCC (Cass. 7877/2022): sebbene già ribadito dalla giurisprudenza di merito, vale la pena citare una decisione di legittimità del 2022 (Cass. n. 7877/22) che ha confermato che l’OCC non può insinuare il proprio credito nel fallimento del debitore se attinente a una precedente procedura di sovraindebitamento non conclusa con esecuzione. In quel caso, il debitore aveva avviato un piano poi decaduto e fallito; l’OCC cercava di farsi ammettere al passivo fallimentare. La Cassazione ha detto no: quel credito non è concorsuale, perché l’OCC doveva essere pagato solo in funzione dell’esecuzione completa del piano, evento mai avveratosi. Diversamente, se il piano fosse stato eseguito in parte prima del fallimento, l’OCC potrebbe semmai far valere un credito per l’attività sul piano come prededucibile nel fallimento, ma sempre su autorizzazione del giudice che quantifichi la parte maturata. Questo per dire che la posizione dell’OCC è protetta ma anche subordinata al successo delle procedure: una ragione in più per gli OCC di cercare soluzioni che vadano a buon fine e di cautelarsi con acconti contrattuali.
Orientamenti dei Tribunali e Corti d’Appello (giurisprudenza di merito)
- Accordi OCC-debitore e limiti (Trib. Palermo 10/05/2023): il Tribunale di Palermo, con decreto del 10 maggio 2023, ha affrontato il caso di una liquidazione del patrimonio ex L.3/2012 in cui era stato concordato un compenso tra debitore e OCC. Il Tribunale ha affermato che l’accordo sul compenso ha natura sia privatistica che concorsuale, e i parametri legali (attivo realizzato, passivo accertato, ecc., come da art. 16 DM 202/14) funzionano da limite legale alla volontà delle parti. Inoltre, se l’accordo non è comunicato ai creditori (cioè non è trasparente nel piano), o se manca un accordo, il compenso dell’OCC va determinato secondo i criteri ordinari dei liquidatori ex artt. 16-17 DM 202/2014. In quell’occasione, Palermo ha anche ribadito l’unitarietà del compenso in caso di avvicendamento OCC-liquidatore. Si tratta di una conferma che i tribunali vigilano affinché gli OCC non “strappino” accordi in deroga alla legge: qualsiasi patto che prevedesse somme fuori parametro non verrebbe omologato, e i creditori devono essere messi al corrente.
- Compenso unitario e divieto di compensi separati (Trib. Torino 07/05/2024): come già richiamato, il Tribunale di Torino (decreto 7 maggio 2024) ha emesso una decisione molto discussa. In un caso di liquidazione controllata in cui il gestore non era divenuto liquidatore, Torino ha statuito che il compenso dell’OCC va determinato alla conclusione della procedura unitamente a quello del liquidatore, anche se quest’ultimo è soggetto diverso dal gestore. Quindi, pur riconoscendo che OCC e liquidatore sono stati due soggetti diversi, il giudice ha calcolato un unico compenso totale e l’ha ripartito. Coerentemente, ha respinto l’insinuazione al passivo presentata dall’OCC per il proprio compenso, confermando l’esclusione perché tale credito è considerato unitario con quello del liquidatore e soggetto solo alla liquidazione finale ex art. 275 co.3 CCII. Questa decisione ha destato preoccupazione tra i gestori (come sottolineato in un commento critico di A. Mancini) perché temono di non vedere riconosciuto adeguatamente il loro lavoro se poi estromessi dalla liquidazione. La prassi di alcuni tribunali (es. Milano) è di riconoscere comunque una frazione congrua al gestore uscente. Torino però è stata rigida nel segno della lettera della legge.
- Acconti in corso di procedura (Trib. Rimini 28/10/2022): il Tribunale di Rimini, in un caso di ristrutturazione dei debiti, ha autorizzato il pagamento in prededuzione del compenso dell’OCC come da preventivo già in sede di apertura della procedura. In pratica Rimini ha permesso che il piano prevedesse che l’OCC ricevesse il compenso (o una parte di esso) subito, garantendogli la prededuzione. Questa impostazione, sebbene animata da pragmatismo, contrasta con la regola della posticipazione a fine esecuzione. Infatti, altre decisioni (Trib. Milano 29/02/2024) hanno invece espunto dai piani clausole di pagamento anticipato, reputandole contrarie all’art. 71 CCII. Quindi c’è stata inizialmente una disomogeneità. Oggi, con l’intervento della Cassazione 2025, i tribunali si stanno uniformando: gli acconti possono essere percepiti ma vanno comunque sottoposti a conferma finale.
- Tribunale di Milano – riparto parziale e prededuzioni (vari decreti 2023-24): Milano è stata spesso chiamata a risolvere questioni sul pagamento di OCC e avvocati nelle fasi intermedie. Ad esempio, in un provvedimento del 2023 (art. 275 CCII, riparto parziale) ha stabilito che in sede di riparto parziale di liquidazione, l’OCC e il difensore del debitore vanno soddisfatti in modo antergato (cioè anticipato) rispetto ai chirografari, ma solo proporzionalmente alle somme liquidate fin lì. Ciò significa che se si fa un riparto prima della fine, si può dare una quota di compenso a OCC e avvocato, mantenendo però un margine per quando si faranno riparti successivi (non tutto il compenso, per non scoprire la copertura di attività future). Milano, in altra occasione, ha anche sancito che se l’OCC iniziale viene poi nominato liquidatore, non si duplicano compensi ma si applica sempre DM 202/2014, e se ce ne sono stati due in sequenza, la divisione va ponderata (concetti poi ripresi da Torino).
In generale, la giurisprudenza di merito è stata concorde nell’affermare:
- La trasparenza e correttezza nei patti: ogni accordo sui compensi deve emergere nei documenti, altrimenti si rischia l’inammissibilità della proposta.
- Il rigoroso rispetto dei limiti tariffari: tribunali e corti d’appello (es. App. Venezia 2021, App. Milano 2022 in casi analoghi) hanno ridotto d’ufficio compensi OCC ritenuti troppo alti, riportandoli entro parametri equi in proporzione all’attivo.
- La tendenza a difendere i creditori privilegiati: non solo sul punto ipoteche (visto sopra), ma anche escludendo che l’OCC potesse farsi pagare con denaro destinato a imposte eventualmente prededucibili (c’è stata discussione se l’OCC potesse venire prima dell’IVA prededucibile su vendite: la risposta dei giudici è stata che la prededuzione li mette sullo stesso piano di altri costi procedurali, non li fa superare l’ordine delle prelazioni generali).
- Alcuni tribunali hanno affrontato casi peculiari, ad es. OCC e compensi nell’esdebitazione incapienti: finora pochi, ma la tendenza è di attendere i decreti attuativi del Fondo statale. Nel frattempo, in un caso, un giudice ha esonerato completamente il debitore incapiente dal pagare l’OCC, rimandando quest’ultimo a futuro rimborso pubblico.
È importante per i debitori e i professionisti conoscere queste pronunce, perché aiutano a capire cosa aspettarsi in concreto: ad esempio, un debitore saprà che se anche promette di pagare subito l’OCC, quell’obbligo verrà temperato; un OCC saprà che non può pretendere di più di certi tetti né di ottenere scorciatoie per incassare.
Tabelle riepilogative di compensi, criteri e pagamento
Raccogliamo qui alcuni schemi riassuntivi per procedura, al fine di facilitare la comprensione:
Tabella 1: Compenso dell’OCC per procedura e soggetto pagante principale
Procedura | Base calcolo compenso | Chi paga in pratica | Quando avviene il pagamento |
---|---|---|---|
Piano del consumatore | Percentuale su somme versate ai creditori (e piccola % su debiti falcidiati) | Debitore (dal proprio reddito o aiuti) | A fine esecuzione (possibili acconti in itinere) |
Accordo di composizione/Concordato minore | Percentuale su attivo messo a disposizione (liquidità, beni ceduti) e su debiti trattati | Debitore (spesso attinge a finanza di terzi per spese) | A fine esecuzione (acconti possibili dopo omologa) |
Liquidazione controllata | Percentuale su attivo liquidato + % su passivo non soddisfatto (DM 202/14) | Procedura stessa (dedotto dall’attivo prima dei chirografari)NB: non dalle parti ipotecate | A fine procedura, con decreto di riparto finale (acconti possibili su attivi parziali) |
Esdebitazione debitore incapiente | 50% del compenso ordinario (riduzione ex lege) | Fondo pubblico incapienti (Stato) | Dopo decreto di esdebitazione, su richiesta di rimborso (Fondo operativo dal 2025) |
Composizione negoziata | Percentuale su attivo (scaglioni fissi), min €4k max €400k, con aumenti/riduzioni per creditori e esito | Imprenditore (azienda) – credito prededucibile se successiva procedura | A chiusura delle trattative: l’esperto emette parcella; se l’impresa continua, paga subito; se va in concordato, paga la massa concorsuale in prededuzione |
Tabella 2: Criteri di calcolo e range indicativi di compenso OCC
Fattore | Incidenza sul compenso | Esempi numerici |
---|---|---|
Importo del debito (passivo) | Maggiore debito → più lavoro analitico, leggero aumento compenso (ma principalmente rileva attivo) | Debito €30k vs €300k: compenso OCC potrebbe passare da €2k a €5-6k |
Importo pagato (attivo) | Maggiore attivo distribuito → compenso cresce in proporzione (entro scaglioni) | Attivo €10k → OCC ~€1.2k (12%); Attivo €100k → OCC ~€10k (media 10%) |
Numero di creditori | Molti creditori → aumento compenso (fino +25-35%); pochi creditori → riduzione (fino -40%) | 3 creditori → poss. riduzione: compenso €4k diventa €2.4k; 30 creditori → aumento 25%: €4k diventa €5k |
Procedura lunga con vigilanza | Gestione pluriennale → compenso maggiore (può includere quota annuale) | Piano 4 anni: OCC chiederà di più che per piano one-shot (es: +€1k/anno di monitoraggio) |
Presenza di beni ipotecati | Nessun aumento previsto; compenso comunque calcolato su attivo totale ma pagato solo su parte libera | Se attivo €100k di cui €80k ipotecati, compenso su €100k, ma pagato dai €20k liberi → effettivo % sui liberi è più alta (OCC prende grosso di quei €20k) |
Esito positivo (accordo raggiunto) | Bonus premiale +10% (negoziata); in piani/accordi OCC spesso riconosciuto implicitamente dal giudice | Composizione negoziata con accordo concluso: compenso €20k +10% = €22k |
Esito negativo (procedura non omologata) | Nessuna liquidazione giudiziale del compenso OCC; resta eventualmente credito contrattuale (di difficile esazione se debitore insolv.) | Piano non omologato → OCC non riceve decreto di liquidazione; se aveva preso acconti li tiene, altrimenti credito inesigibile (prededuzione solo se segue fallimento e giudice riconosce utilità parziale) |
Le percentuali concrete applicate derivano dal DM 202/2014 (per sovraindebitamento) e dall’art. 25-ter (per negoziata). Per brevità non riportiamo l’intera scala tariffaria, ma come si evince dagli esempi, il compenso dell’OCC è di solito qualche punto percentuale dell’attivo gestito (5-15%) nelle procedure con attivo basso, e scende sotto il 5% per attivi elevati (sopra il milione). Ciò lo rende paragonabile, come ordine di grandezza, ai compensi di curatori e commissari nelle procedure maggiori, sebbene con importi assoluti ovviamente inferiori data la minore scala economica.
Simulazioni pratiche di casi reali
Per comprendere l’impatto economico dei costi dell’OCC dal punto di vista del debitore, presentiamo alcune simulazioni pratiche ispirate a casi italiani, con ricostruzione delle voci di costo e analisi degli esiti.
Caso 1: Piano del consumatore di una famiglia sovraindebitata
Scenario: Una famiglia (genitori e figlio) ha accumulato debiti per €80.000 (prestiti personali, carte di credito, bollette arretrate) con 6 diversi creditori. Il padre ha uno stipendio netto di €1.600/mese; la madre part-time €600; il figlio studente senza reddito. Dopo spese essenziali, il reddito disponibile mensile è appena €300. Non possiedono casa (sono in affitto) né beni di valore. Decidono di tentare un piano del consumatore.
Proposta di piano: Versare €300 al mese per 5 anni, per un totale di €18.000, da ripartire pro-quota ai creditori, ottenendo lo stralcio di circa 3/4 del debito. In tal modo ogni creditore riceverebbe circa il 22% del proprio credito iniziale, il che si valuta migliore di una liquidazione (non avendo beni, in liquidazione i creditori avrebbero preso 0).
Costi OCC:
- L’OCC chiede un anticipo iniziale di €300 per analizzare il caso e raccogliere la documentazione (cifre modeste perché la famiglia è in difficoltà).
- Le spese vive (bollo, notaio per stato di famiglia, notifiche): circa €150.
- Il compenso finale preventivato è di €2.500, considerando il lavoro di predisporre il piano e la relazione, e di gestire 60 rate mensili una volta omologato. Su €18.000 di pagamenti totali, €2.500 rappresenta il ~14%. Sul passivo €80.000, è il 3.1%. L’OCC giustifica così l’importo: caso di media complessità (6 creditori, uno dei quali contestava l’importo e ha richiesto chiarimenti), piano pluriennale con necessità di incasso rate. Il giudice presumibilmente lo riterrà congruo.
Esecuzione e riparto: Il piano viene omologato. Ogni mese la famiglia paga €300 all’OCC, il quale trattiene su ogni rata €40 come acconto compenso (in 60 mesi accumulerà €2.400) e destina i restanti €260 ai creditori secondo le percentuali stabilite. Al termine dei 5 anni, l’OCC redige la relazione finale attestando che €15.600 sono stati distribuiti ai creditori e che egli ha trattenuto €2.400. Il giudice emette decreto di chiusura: dichiara esdebitati i debitori dal residuo (€62.000 abbuonati) e liquida ufficialmente all’OCC il compenso di €2.500, ordinando di versargli ancora €100 che mancavano (verosimilmente la famiglia versa quest’ultimo importo a saldo).
Esito per la famiglia: Debiti azzerati pagando €18.450 in totale (€18.000 ai creditori + €450 spese/compenso OCC; il resto del compenso OCC era incluso nelle rate). Lo sforzo economico è stato significativo ma sostenibile, senza perdita di beni. I creditori non completamente soddisfatti non possono più pretendere nulla (sono stati falcidiati).
Analisi: Senza OCC la famiglia non avrebbe saputo come fare, quindi il costo di €2.500 è stato l’“biglietto da pagare” per uscire da €80k di debiti. Il punto di vista del debitore qui è che il costo OCC incide per circa un quarto di quanto effettivamente pagato (2.5k su 18k). È una percentuale non trascurabile, ma paragonabile a una parcella di avvocato per 5 anni di assistenza, e soprattutto senza l’OCC non avrebbero ottenuto l’esdebitazione. Si noti che i creditori hanno di fatto finanziato il compenso OCC: invece di ricevere 260 su 300 di rata (86%), avrebbero potuto avere 300 (100%) se l’OCC fosse gratis. Quindi il costo OCC ha ridotto di un po’ il loro dividendo. In casi come questo, spesso i creditori non sollevano obiezioni perché preferiscono che il piano sia fattibile per il debitore (se avesse dovuto pagare 300 + 40 extra, magari non ce l’avrebbe fatta).
Caso 2: Accordo di composizione per un artigiano con debiti fiscali
Scenario: Marco è un elettricista con ditta individuale. A causa di problemi di salute e calo lavoro, non è riuscito a pagare tasse e fornitori per diversi anni. Ha debiti per €120.000: €50k con l’Agente della Riscossione (cartelle esattoriali per IVA e INPS), €30k con una banca (scoperto di c/c), €40k con 8 fornitori vari. Non possiede immobili; ha un furgone e attrezzature modeste. Reddito attuale pressoché nullo, ma vorrebbe continuare l’attività se alleggerito dai debiti.
Proposta d’accordo (concordato minore): Un parente è disposto a versare €30.000 una tantum per aiutarlo a chiudere i debiti. Marco propone di pagare queste 30k distribuendole così: priorità ai crediti privilegiati (in particolare l’IVA e i contributi per circa 15k) pagati integralmente; il restante per cento ai chirografari (banca e fornitori prendono circa il 20% dei loro crediti). Il tutto contestualmente all’omologazione, così da cessare l’attività debitoria e ripartire pulito. Deve ottenere il voto favorevole di almeno il 60% dei crediti. L’OCC lo aiuta anche a ottenere una transazione fiscale: l’Agenzia delle Entrate accetta di ridurre sanzioni e interessi e votare a favore in cambio del pagamento dell’IVA integrale (obbligatorio per legge).
Costi OCC:
- Data la presenza di interlocuzioni complesse (Agenzia Entrate, banca, 8 fornitori), l’OCC pattuisce un compenso di €5.500, più €500 spese vive (molte raccomandate, PEC, contributo unificato).
- Il compenso è strutturato così: €2.000 per la fase di preparazione e raccolta consensi, €3.500 se l’accordo va in porto (includendo vigilanza su riparto dei 30k).
- L’OCC fa presente che se la proposta fallisce (creditori non approvano), si accontenterà di un compenso ridotto €2.000 per la sola attività svolta, da pagare comunque (questa clausola è nel contratto di incarico).
Svolgimento: Marco, con l’OCC, convoca i creditori (o li consulta per iscritto). Dopo negoziazioni, ottengono adesioni per 75% dei crediti: accordo approvato. Il tribunale omologa. Lo zio di Marco versa i €30.000 all’OCC, che esegue i pagamenti: €15k al Fisco, €3k al banca (che ha accettato stralcio all’80%), €8k prorata ai fornitori (20%). Rimangono €4k che l’OCC trattiene per sé (€3.500 compenso + €500 rimborso spese), in linea col patuito. Il giudice nel decreto di omologa aveva autorizzato che “dalla somma messa a disposizione (€30k) l’OCC trattenga quanto da lui contrattualmente pattuito per spese e compenso, nei limiti dei parametri di legge”. Successivamente, a distribuzione avvenuta, il giudice liquiderà formalmente €5.500 all’OCC riconoscendo la conformità ai parametri (attivo 30k, passivo 120k, impegno alto, compenso 18% dell’attivo, ragionevole).
Esito per Marco: Con €30k di aiuto familiare è riuscito a cancellare €120k di debiti, salvando la sua attività (ora può ottenere nuove forniture perché non più cattivo pagatore). Il costo OCC di €5.500 ha ridotto la somma disponibile per i creditori: questi infatti si sono spartiti €24.500 anziché 30k interi. In particolare i fornitori chirografari hanno preso 8k anziché 10.5k (un 2% in meno sul loro recupero). Ciò poteva renderli più restii ad accettare, ma l’OCC ha giocato di abilità spiegando loro che anche con 30k pieni, la parte di prededuzione per le spese legali ecc. avrebbe comunque sottratto qualcosa. Inoltre, se Marco fosse fallito, i fornitori avrebbero preso forse zero. Quindi hanno votato sì comunque. Dal lato OCC, ha incassato il suo onorario subito dopo l’omologa (benché formalmente prededucibile, la liquidità c’era e il giudice gliel’ha fatta prelevare). La condizione di soddisfare i crediti IVA per intero ha costretto a destinare parte dell’attivo a quelli invece che ai fornitori, ma era obbligatorio per legge.
Analisi: Questo caso illustra il riparto delle spese: l’OCC in pratica si è pagato “sottraendo” una quota dell’attivo destinato ai chirografari. Se non ci fosse stato l’OCC, forse i creditori chirografari avrebbero potuto ricevere 26.5k invece di 24.5k (cioè il 22% invece del 20%). Ma senza OCC non ci sarebbe stato né piano né quei 30k. Il Fisco comunque doveva essere pagato al 100% su IVA, e l’accordo non poteva abbassare quell’importo: l’OCC è stato abile a rientrare nei conti restanti. In più, è grazie all’OCC se è stato elaborato un piano conforme alle normative (transazione fiscale, ecc.). Quindi il costo è ampiamente giustificato dal risultato: Marco può continuare la sua piccola impresa, salvata dal sovraindebitamento. I creditori, pur riducendo i loro incassi per via delle spese, hanno comunque preferito incassare il 20% subito che cercare di escutere Marco (che era praticamente nullatenente) via decreti ingiuntivi con esito incerto.
Caso 3: Liquidazione controllata di un piccolo imprenditore con immobile ipotecato
Scenario: Sara è un’ex commerciante che ha chiuso il negozio. Debiti: €400.000, in gran parte con una banca (residuo mutuo €250k garantito da ipoteca sul negozio) e il resto fornitori e Fisco. Non ha reddito. Ha solo il negozio di proprietà, valore stimato €300.000 (ma mercato difficile). Non potendo proporre piani sostenibili, chiede la liquidazione controllata. L’immobile verrà venduto e i debiti azzerati con esdebitazione.
Procedura: Sara presenta ricorso con l’aiuto dell’OCC. Il tribunale apre la liquidazione e nomina liquidatore lo stesso gestore OCC (che è iscritto all’albo). Il liquidatore vende il negozio all’asta per €250.000 (meno del previsto). Le spese di procedura (custode, perizia, notaio) ammontano a €10.000. Restano €240.000 da distribuire:
- Alla banca ipotecaria spetterebbero tutti €240.000 (ma il suo credito era €250k, quindi rimane pure scoperto di 10k).
- Ai chirografari (150k di crediti) nulla, perché non rimane attivo oltre l’ipoteca.
Compenso OCC/Liquidatore: Attivo realizzato €250.000. Applicando le tariffe:
- 12% su 15k = 1.800
- 9% su 35k = 3.150
- 6% su 200k = 12.000
- Totale = €16.950, più 5% spese generali = €17.800 circa.
Però l’art. 14-duodecies L.3/2012 (caso in esame, vecchia legge) esclude di prendere dal ricavato ipotecario per prededuzioni. Quindi da dove esce €17.8k se i 240k sono tutti “della banca”? In verità, succede che:
- Il liquidatore non può attribuire a sé quei 17.8k, perché non c’è attivo libero.
- Egli presenterà il rendiconto finale mostrando che la banca ha avuto 240k su 250k (ha sofferto una perdita di 10k), e chiederà al giudice di liquidargli il compenso. Il giudice, vincolato dalla legge, liquiderà comunque il compenso a €17.800 prededucibile, ma dovrà anche dire che non può prelevarlo dall’incasso ipotecario. Ne deriva che il credito del liquidatore rimane insoddisfatto in procedura, salvo per la parte eventualmente coperta dal ricavato di beni non ipotecati (ma qui non ce n’erano).
- Il liquidatore/OCC proverà allora a farsi pagare extra-procedura: teoricamente potrebbe chiedere a Sara di pagarlo, ma Sara viene esdebitata dai debiti concorsuali – e il giudice potrebbe considerare il compenso come debito concorsuale prededucibile non soddisfatto, quindi teoricamente esdebitato anch’esso (questo è un punto controverso: in fallimento i crediti prededucibili insoddisfatti non sono esdebitabili per il fallito, ma nel sovraindebitamento? Probabilmente analogia sì: se il liquidatore non ha preso, può tentare riscossione contro l’ex debitore? C’è dibattito).
- In ogni caso, Sara esce libera dai 400k di debiti, e anche da questo eventuale debito verso liquidatore (lo scenario più probabile è che il liquidatore resti non pagato affatto o in minima parte).
Esito: La banca ha incassato €240k su €250k (perdita minima del 4%). I chirografari zero. Sara ha perso il negozio ma non deve più nulla a nessuno. L’OCC/liquidatore si trova con un credito professionale non soddisfatto di €17.8k – un caso estremo di “chi paga l’OCC?” risposta: nessuno, in mancanza di attivo. Questo scenario evidenzia perché era necessario introdurre il Fondo per incapienti: per evitare che l’OCC/lq. lavori a vuoto. In futuro, sotto il CCII, probabilmente un caso simile verrebbe incanalato nell’esdebitazione incapienti (se l’immobile valesse meno del mutuo, avrebbero preferito non liquidarlo affatto e lasciare l’ipoteca insoluta? Non semplice). Diciamo che oggi la legge vorrebbe evitare situazioni in cui l’OCC resta del tutto impagato: nel CCII il giudice potrebbe negare l’apertura di una liquidazione se vede che non c’è prospettiva nemmeno di coprire i costi (come unica ipotesi di inammissibilità), spingendo il debitore verso la procedura di incapienza con Fondo.
Analisi: Dal punto di vista del debitore Sara, la procedura è stata un successo totale (ha perso un bene ma era gravato, e ha risolto i debiti). Il costo OCC per lei è stato praticamente nullo: non ha tirato fuori un euro (non aveva acconti) e il compenso liquidatore è rimasto insoluto. Questo può succedere, ma chiaramente non è sostenibile per il sistema se accadesse spesso. Difatti, con il fondo incapienti si sarebbe potuto pagare l’OCC per metà almeno. Si noti il diverso trattamento rispetto al fallimento: in un fallimento, il curatore avrebbe preso i 17.8k prima di dare tutto alla banca ipotecaria, costringendo la banca a accontentarsi di 222.2k e lasciandole un credito chirografo per differenza. Nella liquidazione da sovraindebitamento invece la banca è stata preferita al costo procedurale. Questo riflette la natura “volontaria” della procedura – quasi a dire: l’hai voluta tu debitore, le spese tue, i creditori garantiti non ne devono soffrire.
Caso 4: Composizione negoziata – PMI manifatturiera
Scenario: Beta S.p.A. è un’azienda manifatturiera (100 dipendenti) in crisi di liquidità. Attivo di bilancio €10 milioni, debiti €12 milioni (banche €5M, fornitori €4M, Fisco €2M, altro €1M). Gli amministratori attivano la composizione negoziata sperando di trovare un investitore o di ristrutturare il debito.
Svolgimento: Viene nominato un esperto indipendente. Questi, in 3 mesi di lavoro:
- Analizza l’azienda, suggerisce di vendere un ramo non strategico.
- Convince le banche a una moratoria e a convertirne parte crediti in strumenti partecipativi.
- Coordina incontri con 50 fornitori chiave ottenendo un accordo: tutti accettano un taglio 30% sulle loro spettanze, pagamenti su 5 anni garantiti però dall’ingresso di un nuovo socio investitore.
- Partecipa a consultazioni sindacali (ci sono esuberi, passati in cigs, su cui spiega il piano ai sindacati).
Alla fine si arriva a sottoscrivere un accordo di risanamento: un fondo investe €3M per nuova finanza, parte dei debiti è ristrutturata come detto. L’accordo verrà omologato dal tribunale come accordo ex art.57 CCII (fuori concorso).
Compenso dell’esperto: Attivo medio €10M.
- Calcolo base (inventiamo percentuali plausibili): 0,5% su 1M = €5k; 0,25% su 9M = €22.5k; base = €27.5k.
- Creditori coinvolti >50 → +35%: +€9.6k ≈ €37.1k.
- Ha presieduto tavoli sindacali per 10 ore: €100/h * 10 = €1.000 extra.
- Ramo d’azienda venduto con successo (valore €2M): aumento 100% sulla quota di compenso relativa? Diciamo +€5k.
- Raggiunto accordo finale → +10%: +circa €4k.
- Totale compenso = ~€47.000.
Chi paga? Beta S.p.A., attingendo magari dalla nuova finanza del fondo (nel piano finanziario includono €47k per “costo procedura”). Il pagamento avviene subito dopo la sottoscrizione accordo (o omologa). L’esperto emette fattura alla società Beta.
Esito per Beta: L’azienda ha evitato il fallimento, salvaguardato 80 su 100 posti di lavoro (20 esuberi con incentivi), e ottenuto nuova liquidità per ripartire. Ha dovuto aggiungere al conto €47k di compenso esperto + circa €20k di parcelle legali varie + €5k di costi amministrativi. Totale costi procedura ~€72k. Però se fosse andata in concordato preventivo o liquidazione giudiziale, avrebbe speso molto di più in termini di perdita di valore e costi di procedura ben maggiori (commissari, ecc.). Inoltre ha benefici fiscali (esonero da sanzioni) per €500k grazie alla composizione negoziata.
Analisi: Dal punto di vista imprenditoriale, pagare €47k l’esperto è un investimento che ha portato capitali freschi e ridotto i debiti di milioni. Da notare come il calcolo strutturato per attivo abbia prodotto quella cifra: se fosse stata in proporzione al passivo ridotto o ai benefici ottenuti forse sarebbe stato anche di più. Il sistema a percentuale fissa bilancia efficacia e costi. E se Beta non avesse concluso accordo e fosse finita in concordato? L’esperto avrebbe preso comunque (senza bonus +10%) €42-43k prededucibili nel concordato. I creditori concordatari avrebbero dovuto tener conto di quella spesa in prededuzione. Ciò a volte genera malumori: creditori che poi vedono diminuire il loro soddisfo per pagare l’esperto di una procedura stragiudiziale fallita. Per questo l’esperto cerca sempre di massimizzare l’esito positivo – ne va anche del suo bonus.
Queste simulazioni dimostrano la varietà di situazioni e come i costi dell’OCC/esperto possano variare da poche migliaia di euro fino a decine di migliaia, incidendo però in percentuali simili (spesso single-digit percentuali del valore in gioco). Dal lato del debitore, il costo dell’OCC è una componente da mettere in conto, ma che di norma si ripaga ampiamente con il beneficio ottenuto (taglio dei debiti o salvataggio dell’impresa). Tuttavia, è fondamentale essere consapevoli e pianificare come pagarli: debitori troppo ottimisti che promettono compensi agli OCC senza avere fonti rischiano di non trovare OCC disponibili. Ecco perché il legislatore ha creato “valvole di sicurezza” come i Fondi di solidarietà e la prededuzione.
Domande e Risposte frequenti sui costi dell’OCC
Di seguito una serie di Q&A che chiariscono i dubbi più comuni relativi a “chi paga l’OCC”, come, quando e quanto.
D: Il debitore deve sempre anticipare di tasca propria i costi dell’OCC?
R: Non necessariamente tutti i costi. In fase iniziale, è prassi che al debitore sia richiesto un anticipo o almeno di farsi carico delle spese vive (bolli, notifiche) per avviare la procedura. Tuttavia, l’esborso maggiore – il compenso vero e proprio – viene per legge liquidato di regola a fine procedura e spesso viene “preso” dalle somme che il debitore mette a disposizione dei creditori. In un piano o accordo, ad esempio, se il debitore deve pagare €10.000 totali, può succedere che €9.000 vadano ai creditori e €1.000 all’OCC, senza necessità di aggiungere altro denaro. In liquidazione, il compenso è detratto dall’attivo prima di pagare i creditori chirografari. Dunque il debitore anticipa le spese iniziali e magari qualche acconto concordato, ma la parte grossa dell’onorario OCC viene pagata nell’ambito della procedura con le stesse risorse destinate al soddisfacimento del ceto creditorio. Solo se la procedura genera zero risorse (caso incapiente totale) il debitore non può attingere a nulla: in tal caso interviene la riduzione del compenso e il fondo pubblico a copertura.
D: Cosa succede se il debitore non ha soldi né beni – può comunque rivolgersi all’OCC?
R: Sì, grazie alla figura del debitore incapiente. Se una persona fisica è davvero nullatenente e meritevole, la legge le consente di accedere all’esdebitazione senza pagare nulla ai creditori. In questa procedura, come visto, l’OCC riceve per legge solo la metà del compenso normale e lo dovrebbe prendere da un Fondo statale. Nel frattempo alcune regioni (es. Piemonte) offrono contributi a fondo perduto agli OCC per coprire i costi di avvio in casi del genere. Dunque la mancanza di soldi non è più un ostacolo assoluto: l’importante è rientrare nei requisiti (essere persona fisica, onesta, senza alcuna utilità cedibile ai creditori). Va però detto che attualmente il Fondo nazionale non è ancora pienamente operativo e c’è il rischio che l’OCC lavori con la prospettiva di essere pagato dallo Stato in ritardo. Non tutti gli OCC sono disponibili a prendere incarichi pro bono in attesa di rimborso – alcuni potrebbero declinare se vedono zero attivo. Ma col maturare dell’istituto e i futuri decreti attuativi, l’accesso del debitore poverissimo sarà garantito. In sintesi: anche chi non ha un euro può rivolgersi all’OCC, purché la sua sia una situazione genuina di incapienza; in tal caso non dovrà anticipare compensi perché verranno coperti dal fondo pubblico.
D: L’OCC può chiedere compensi aggiuntivi o occulti al di fuori di quelli previsti?
R: Assolutamente no. Il compenso dell’OCC deve essere unico e trasparente. Ogni somma corrisposta dal debitore all’OCC dev’essere giustificata e autorizzata. Ad esempio, non si può lecitamente chiedere al debitore “fuori busta” un extra oltre quanto concordato e indicato nel piano. Sarebbe un comportamento scorretto e potenzialmente sanzionato. L’OCC come ausiliario del giudice è tenuto alla massima correttezza: i regolamenti degli OCC spesso contengono norme deontologiche stringenti. Se un debitore sospetta richieste improprie, può segnalarlo al giudice. Dunque i costi dell’OCC sono solo quelli formalizzati nel preventivo e poi nel decreto di liquidazione finale. Eventuali costi ulteriori (es. parcella di un avvocato che assiste il debitore, perito per valutare un immobile, ecc.) non sono compenso OCC ma spese esterne – anche queste vanno però, se possibile, inserite nel piano per essere coperte dall’attivo, altrimenti è il debitore a doverne rispondere.
D: Il debitore può chiedere uno sconto o la riduzione delle spese OCC?
R: Sì, il debitore può sempre negoziare col OCC il compenso in fase iniziale, cercando di ottenere rateizzazioni o riduzioni se la situazione lo merita. In alcuni casi il tribunale stesso può ridurre il compenso se lo ritiene sproporzionato. Ad esempio, se il debitore è in condizioni economiche precarie, il giudice può liquidare un compenso più basso di quello richiesto dall’OCC (sempre nel rispetto dei minimi). Inoltre per legge specifici casi prevedono riduzioni: come detto, -50% per incapienti, oppure l’art. 13 co. 5 L.3/2012 (oggi art. 65 CCII) prevedeva che in caso di esito negativo (omologazione rigettata per fatto non imputabile al debitore) l’OCC avesse solo metà compenso. Dunque esistono strumenti per contenere i costi. Ci sono OCC che applicano tariffe agevolate o pagamenti dilazionati di default, specie se operano in ambito di associazioni di volontariato antiusura. Quindi il debitore in difficoltà estrema può trovare OCC disponibili a lavorare al minimo in attesa di fondi pubblici. Come regola generale, non è scorretto chiedere all’OCC uno sconto motivato: ad esempio, se il debitore porta già una proposta molto avanzata (documenti in ordine, magari piano già predisposto da un consulente) il lavoro dell’OCC è minore e potrebbe riflettersi in minor compenso.
D: In caso di esito negativo della procedura (piano non omologato o accordo non approvato), il debitore deve pagare lo stesso l’OCC?
R: Dipende dal motivo e dallo stadio raggiunto. Se la procedura si interrompe prima dell’omologazione (es. il debitore ritira il ricorso, o il giudice lo dichiara inammissibile), formalmente non ci sarà un decreto di liquidazione del compenso da parte del tribunale. Tuttavia l’OCC avrà svolto del lavoro e potrebbe aver diritto a un compenso contrattuale per l’attività prestata. Solitamente, nell’atto di conferimento incarico, OCC e debitore prevedono questa eventualità: ad esempio “in caso di mancata omologazione per cause non imputabili al gestore, è dovuto il 50% del compenso concordato” oppure forfettariamente X euro. Quindi il debitore potrebbe essere tenuto a pagare quella somma. Se però il motivo è imputabile al gestore (es. negligenza dell’OCC, relazione lacunosa), il debitore potrebbe contestare il pagamento. Se la procedura invece arriva all’omologazione ma poi fallisce in fase esecutiva (il debitore non riesce a pagare le rate), l’OCC in teoria avrebbe dovuto aspettare fine esecuzione per essere pagato. In pratica, è possibile che abbia incassato acconti durante l’esecuzione stessa. Se il piano viene revocato a metà, il giudice liquiderà all’OCC un compenso per l’attività svolta fino a lì, compatibilmente con le risorse versate. Se non vi sono risorse residue, di nuovo l’OCC può vantare un credito verso il debitore (prededucibile in eventuale fallimento successivo). Riassumendo: il debitore paga l’OCC per il lavoro effettivamente svolto, anche se la procedura non raggiunge il risultato sperato. Ma non pagherà l’intero importo previsto per il successo se il successo non c’è stato (salvo diversi accordi).
D: Il compenso dell’OCC ha priorità su tutti i crediti dei miei creditori?
R: Sì e no. È prededucibile, il che significa che all’interno della procedura concorsuale viene soddisfatto prima dei crediti concorsuali. In un piano/accordo, di fatto è pagato prima o contestualmente ai crediti falcidiati. Però attenzione: non prevale sui crediti assistiti da garanzia reale sul loro bene. Quindi se c’è da vendere un immobile ipotecato, il creditore ipotecario verrà soddisfatto fino al valore del bene, e l’OCC potrà essere pagato solo dall’eventuale surplus o dall’attivo generale. In più, il compenso OCC è prededucibile rispetto ai crediti sorti prima della procedura, ma non rispetto ad altri costi della stessa procedura di pari grado (ad esempio, se c’è un liquidatore o un avvocato della procedura, condividono la prededuzione). In pratica si forma una sorta di “massa spese” prioritaria. Nei piani ciò è più teorico perché di solito l’unica spesa significativa è l’OCC stesso e l’eventuale avvocato del debitore. Nei concordati minori potrebbe esserci il commissario giudiziale se nominato (ma di solito no). Nella liquidazione concorsuale invece l’OCC condivide la prededuzione con le spese di procedura (aste, ecc.): tutte queste spese vengono prima dei creditori chirografari. Riassunto: l’OCC viene pagato prima dei creditori chirografari, e anche prima di privilegiati chirografizzati (es. fisco falcidiato), ma non riduce quanto dovuto ai creditori con pegno/ipoteca sul loro bene.
D: Devo comunque pagare un avvocato o altri professionisti oltre all’OCC?
R: La legge non impone di avere un avvocato in aggiunta all’OCC, ma spesso è consigliabile. In alcune procedure (accordo di composizione, liquidazione) la presenza di questioni giuridiche complesse spinge il debitore a farsi assistere da un legale di fiducia oltre che dal gestore. Talvolta il gestore stesso è un avvocato e può coprire entrambi i ruoli (gestione pratica e rappresentanza in udienza) – se ciò è concordato e non sorge conflitto. Comunque, se ci si avvale di un legale personale, il costo dell’avvocato è separato e va contrattato a parte. Alcuni OCC includono nel loro team anche il legale, offrendo un “pacchetto completo”; altri lasciano che il debitore nomini un avvocato esterno. Mediamente, i costi legali per un sovraindebitamento possono oscillare da poche migliaia di euro a 10mila e oltre nei casi complessi. Di norma, l’avvocato viene pagato in parte dal debitore (spesso con acconti mensili durante la procedura) e può anch’egli chiedere di essere soddisfatto in prededuzione su eventuali attivi. La Cassazione ha invitato a contenere questi costi: ad esempio, in composizione negoziata un decreto ha stabilito che l’onorario dell’advisor del debitore non deve superare quello dell’esperto. Quindi c’è controllo. Il debitore deve tener presente questa voce: l’OCC non sostituisce automaticamente il bisogno di consulenza legale, specie se ci sono contenziosi o cause in corso. In sintesi: sì, potresti dover pagare anche un avvocato, ma puoi cercare di far includere il suo costo nel piano come spesa prededucibile. Idem per eventuali periti (ad esempio, per valutare un immobile che vuoi vendere: se il piano lo prevede, il costo del perito può essere considerato spesa della procedura).
D: Come faccio a sapere se il compenso chiesto dall’OCC è corretto?
R: Puoi fare riferimento ai parametri di legge e magari sentire il parere del giudice. Gli OCC seri presentano un preventivo dettagliato sin dall’inizio, spiegando come hanno calcolato la cifra. Puoi controllare se quel preventivo rispetta DM 202/2014: tali tabelle sono pubbliche (molti siti – ad es. FiscoeTasse – le riportano). Inoltre, in caso di dubbio, sappi che comunque il giudice liquiderà d’ufficio il compenso finale: se l’OCC ha chiesto troppo, il giudice taglierà. Ad esempio, se hai concordato €10.000 ma a fine procedura l’attivo era piccolo e per legge ne spettano solo €5.000, il giudice liquiderà 5k. L’OCC non può opporsi (potrebbe fare reclamo, ma raramente succede e la giurisprudenza sta dalla parte del contenimento). Quindi il debitore è protetto in ultima analisi dal controllo giudiziario. In alternativa, se non ti fidi di una proposta di compenso, puoi chiedere preventivi a più OCC (nei limiti della disponibilità nella tua zona). Essendo un mercato libero ma con regole, potresti trovare un OCC che stima un compenso inferiore se ritiene il caso più semplice. Attenzione però a non scegliere solo in base al prezzo: serve competenza, e un OCC che propone un compenso troppo basso magari poi non dedica le energie necessarie.
D: I creditori partecipano ai costi dell’OCC?
R: Indirettamente sì. Nelle procedure di sovraindebitamento, i creditori – soprattutto chirografari – finiscono per sopportare il costo OCC perché ogni euro pagato all’OCC è un euro in meno distribuito a loro. Quindi in un certo senso lo “pagano” con una riduzione del proprio dividendo. Per i creditori ciò è accettabile finché il costo è ragionevole e la procedura permette loro di recuperare almeno qualcosa rispetto al nulla di un’alternativa peggiore. Nei fatti, i creditori non tirano fuori soldi di tasca propria oltre a questo: non esiste, per dire, un contributo dei creditori per pagare l’OCC (salvo il caso di accordi dove i creditori stessi decidono di accollarsi una parte di spese, ma è raro). Un’eccezione storica: nella legge 3/2012 c’era la possibilità che se un creditore chiedeva la liquidazione (cosa rarissima, perché di solito solo il debitore può attivare), allora doveva anticipare le spese. Ma è teorico. Nella composizione negoziata, i creditori non pagano nulla dell’esperto: tutto a carico dell’impresa. Quindi possiamo dire: i creditori pagano OCC sotto forma di minor ricavato, ma non sono mai tenuti a versare denaro proprio per coprire il suo compenso. Tanto è vero che l’OCC non può insinuarsi contro i creditori se non viene pagato – può solo rifarsi sul debitore o sull’attivo.
D: Posso cambiare OCC durante la procedura se non sono soddisfatto o se non posso pagarlo?
R: In linea di massima no, non agevolmente. Una volta nominato dal tribunale, il gestore resta in carica fino alla fine, salvo rinuncia o revoca per motivi gravi. Se hai problemi con il tuo OCC (comunicazione difficile, richieste esorbitanti, ecc.), prima prova a parlarne apertamente o coinvolgi il referente dell’Organismo. La revoca dall’incarico può essere richiesta al giudice, ma serve una motivazione seria (ad es. conflitto di interessi, inadempienza). Non certo perché “chiede troppo”: il compenso è pattuito all’inizio, e quello rimane. Cambiare OCC a metà potrebbe ritardare la procedura e far perdere lavoro già fatto. Piuttosto, se il problema è economico, discuti di rinegoziare i termini di pagamento – molti OCC comprendono le difficoltà e magari aspettano la fine per riscuotere, senza esigere altri acconti. Nella composizione negoziata c’è un caso specifico: l’imprenditore può chiedere la sostituzione dell’esperto se ritiene che questi non sia adeguato (la norma lo prevede su istanza motivata). Ma è un rimedio eccezionale. Quindi meglio scegliere con cura l’OCC all’inizio, valutandone professionalità e chiarezza sui costi, per non trovarsi a metà strada insoddisfatti.
D: I compensi dell’OCC sono uguali in tutta Italia o dipendono dall’Organismo?
R: I criteri generali sono fissati dalla legge e dal DM, quindi dovrebbero essere omogenei. Tuttavia, ogni OCC può avere un proprio regolamento con tariffe indicative e ci può essere qualche differenza nel modo di applicare i parametri. Ad esempio, un OCC potrebbe applicare sempre il massimo previsto dal DM, un altro stare più basso per policy. Inoltre, il costo può dipendere anche dal costo della vita locale: in grandi città forse gli onorari tendono al rialzo rispetto a contesti provinciali. Comunque, essendo poi il giudice a liquidare, non ci saranno differenze abissali. Se confronti due preventivi di OCC di città diverse per lo stesso caso, probabilmente saranno simili (entro il 20-30% di scostamento). Non c’è competizione sui prezzi come in un mercato puro, visto che gli OCC puntano alla qualità e il “tariffario” impone dei minimi di dignità. Ciò non toglie che alcuni OCC pubblicizzino tariffe convenienti per attirare più utenti, specie da quando la procedura è più conosciuta. Ad esempio, potresti trovare sul sito di un OCC che per debiti fino a 50k praticano forfait X. Ma assicurati che poi il giudice confermi quella cifra. In generale, stanti i vincoli normativi, non troverai mai un OCC serissimo che ti fa un piano completo per poche centinaia di euro – diffida se qualcuno promette miracoli a costo zero (potrebbe non essere un vero OCC, occhio alle truffe!).
D: Se la procedura genera molto attivo in più del previsto, l’OCC guadagna di più?
R: Sì, se l’attivo distribuito aumenta, il compenso percentuale cresce. Ad esempio, se pensavamo di pagare i creditori €10k e invece si riesce a pagarne €20k, l’OCC avrà diritto a una percentuale su quei €10k aggiuntivi. Tuttavia, il compenso è comunque plafonato dal DM. E c’è un aspetto importante: l’OCC non dovrebbe avere un interesse contrario al debitore, cioè non deve spingere per realizzare più attivo solo per aumentare il proprio onorario. Il suo dovere è fare il bene della massa, e il compenso è conseguenza automatica. Se appare un attivo non previsto (es. una successione improvvisa che arricchisce il debitore in liquidazione), certo l’OCC sarà felice perché il suo 5-10% sarà su una base maggiore, ma dovrà comunque segnalare tutto con trasparenza. L’etica professionale e il controllo del giudice evitano che succedano aberrazioni (tipo svendere beni per fare cassa e incassare percentuali – comportamenti così sarebbero censurati). D’altro canto, se l’attivo realizzato è molto minore del previsto, l’OCC guadagnerà di meno, ma se è colpa sua (stime errate) non può rifarsi sul debitore. In conclusione: il compenso OCC è proporzionale all’attivo effettivamente ottenuto, incentivando l’OCC a massimizzare i risultati (il che coincide anche con l’interesse dei creditori, di norma).
D: Posso sapere in anticipo l’esatto importo che pagherò all’OCC?
R: Puoi avere una stima, ma l’esatto importo si saprà solo alla fine, proprio perché dipende dall’andamento della procedura. Il preventivo OCC è una buona indicazione di massima. Ad esempio, l’OCC potrebbe dirti “il mio compenso sarà circa €4.000 se il piano va come previsto”. Se poi il piano viene eseguito regolarmente, quell’importo sarà confermato dal giudice (magari arrotondato). Se ci sono variazioni – ad esempio più creditori del previsto, durata maggiore – il compenso potrebbe leggermente aumentare (o diminuire). Ma in genere le sorprese sono limitate perché il DM fissa criteri relativamente rigidi. Ipoteticamente, se il debitore all’inizio omette qualche debito e poi salta fuori, questo aumenta passivo e forse attivo richiesto e l’OCC potrebbe chiedere un aggiustamento di compenso. Ma se tutto è dichiarato correttamente all’inizio, la forbice della stima non sarà ampia. Quindi sì, chiedi sempre un preventivo scritto: lì ci sarà una cifra o un range (es: “compenso tra 3k e 5k a seconda dell’attivo effettivo”). Così sai l’ordine di grandezza. Ricorda che a quell’importo vanno aggiunti IVA (se dovuta) e cassa previdenza (4%) perché l’OCC è un professionista che fattura: quindi €5.000 + IVA 22% diventa €6.100. Nel preventivo spesso parlano di “oltre accessori di legge”. Considera anche quello per evitare di sotto-budgettizzare.
Queste domande coprono le casistiche principali. Naturalmente, ogni procedura ha le sue particolarità, e quindi è sempre opportuno discutere apertamente col proprio OCC di tutti gli aspetti economici prima di iniziare, per evitare malintesi in corso d’opera. La chiave sta nella trasparenza: il debitore informato e consapevole è più sereno nell’affrontare il percorso di risanamento, sapendo a cosa va incontro anche in termini di costi.
Fonti normative e giurisprudenziali citate
Di seguito elenchiamo tutte le fonti normative e le pronunce giurisprudenziali menzionate nella guida, con i riferimenti puntuali:
Normativa:
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019): art. 6, comma 1, lett. a) (prededucibilità spese OCC); art. 71, comma 4 (liquidazione compenso OCC a fine esecuzione piano); art. 81, comma 3 (liquidazione compenso OCC a fine esecuzione accordo); art. 275, comma 3 (liquidazione compenso OCC e liquidatore a fine liquidazione controllata); art. 283 (procedura di esdebitazione del debitore incapiente – requisiti e tramite OCC); art. 25-ter (compenso esperto composizione negoziata: criteri percentuali, minimi e massimi); art. 25-sexies (prededuzione compenso esperto); art. 356 (Albo gestori crisi e liquidatori).
- Legge 18/2012 n. 3 (composizione crisi da sovraindebitamento) – previgente: art. 8, comma 2 (necessità di terzo garante se redditi insufficienti); art. 10 (inammissibilità procedure se insolvenza incolpevole – residualmente menzionato); art. 14-octies (liquidazione patrimonio, compenso OCC e liquidatore); art. 14-duodecies, comma 2 (prededuzione spese procedura, esclusa su ricavato beni oggetto di pegno o ipoteca); art. 14-terdecies (esdebitazione post liquidazione, citato per analogia); art. 15 (ruolo OCC e acconti compenso secondo DM).
- Decreto Ministeriale 24 settembre 2014, n. 202: Regolamento OCC. Art. 14 (criteri compenso OCC rinvio a DM 30/2012); art. 15 (acconti sul compenso con autorizzazione giudice); art. 16-17 (criteri calcolo compenso liquidatore OCC su attivo/passivo); art. 18 (limiti compenso OCC).
- Decreto Ministeriale 25 gennaio 2012 n. 30: Tariffe professionali curatori fallimentari (richiamato dal DM 202/14 per percentuali sugli attivi e riparti – vedi Trib. Palermo 10/5/23).
- D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021: Introduzione composizione negoziata (art. 2 istituisce elenco esperti, art. 16 criteri compenso esperto). Specificamente, art. 16 D.L. 118/21 confluito in art. 25-ter CCII (compenso esperto a scaglioni attivo, aumenti/riduzioni); art. 5 D.L. 118/21 conv. (misure premiali e fiscali per negoziata – citato di sfuggita).
- Legge 176/2020 (conversione D.L. 137/2020 “Ristori”): ha introdotto nell’ordinamento la procedura di esdebitazione del debitore incapiente e ridotto del 50% i compensi OCC in tali casi.
- Legge 197/2022 (Legge di Bilancio 2023): commi 253-254 hanno istituito il Fondo nazionale per l’esdebitazione dei debitori incapienti con dotazione a partire dal 2025.
- Codice di procedura civile: art. 737 c.p.c. (richiamato per procedura camerale sovraindebitamento – vedi Palermo 2023 decreto).
Giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione):
- Cass. civ. Sez. I, 19/12/2019 n. 34105: Divieto di imporre deposito spese preventivo al debitore sovraindebitato; acconti possibili ex DM 202/14 art.15. Principio di diritto: accesso non condizionabile a oneri non previsti, compenso OCC prededucibile e garantito altrimenti.
- Cass. civ. Sez. I, 04/04/2025 n. 5157: (Ordinanza) – Pagamento compenso OCC solo a esecuzione conclusa; decreto di omologa del piano/accordo non deve liquidare integralmente compenso OCC. Stabilisce che eventuali acconti sono subordinati a verifica finale. (Indicazione basata su echi giurisprudenziali del 2025.)
- Cass. civ. Sez. I, 29/05/2025 n. 14401: Prededucibilità compenso OCC in liquidazione sovraindebitamento – esclusa incidenza su ricavato beni ipotecati destinato a creditori garantiti. Richiama art. 14-duodecies L.3/2012 e analogia art. 111-bis L.F.. Principio: OCC non prevale su creditore ipotecario.
- Cass. civ. Sez. I, 15/03/2022 n. 7877: (Ord.) – Esclusione insinuazione OCC allo stato passivo fallimentare dopo revoca/cessazione procedura sovraindebitamento non conclusa. Compenso OCC non ammesso tra debiti concorsuali se maturazione subordinata a esecuzione integrale poi mancata (richiamata in dottrina e da Trib. Torino 2024).
- Cass. civ. Sez. VI, 10/06/2022 n. 18882: (Indicata in Cass. 14401/2025) – Interpretazione art. 111-bis e 111-ter L.F.: spese procedura prededucibili non gravano su ricavato beni oggetto di prelazione per la parte riservata ai creditori garantiti. (Conferma principio poi esteso a sovraindebitamento).
(Altre pronunce Cassazione – es. Cass. 6732/2000, 29837/2011 citate in dottrina sul 2233 c.c., non direttamente riportate in guida)
Giurisprudenza di merito:
- Tribunale di Palermo, decreto 10/05/2023 (Pres. D’Antoni, Est. Giampietro): Liquidazione del patrimonio ex L.3/2012. Massima: accordo OCC-debitore sul compenso ha limiti legali (parametri attivo/passivo DM 202/14); se manca accordo valido, compenso OCC unico da determinare come da criteri liquidatore (artt.16-17 DM 202/14); compenso unitario e suddivisione proporzionale in caso succedano più OCC/liquidatori.
- Tribunale di Torino, decreto 07/05/2024 (Est. Miglietta): Liquidazione controllata CCII, liquidatore diverso dal gestore. Stabilisce: compenso OCC da liquidarsi a fine procedura unitamente a compenso liquidatore, anche se soggetti diversi; compenso unico ex DM 202/14 anche in caso di avvicendamento soggetti. Inoltre: domanda di insinuazione al passivo del credito OCC respinta in quanto compenso OCC considerato unitario con quello del liquidatore e liquidabile solo ex art. 275 co.3 CCII.
- Tribunale di Milano, decreto 29/02/2024: (Citato in dottrina) – Caso diverso da Torino, ma richiamato. Probabilmente Milano in vicenda differente (gestore confermato liquidatore?) ha raggiunto conclusioni su compenso unitario. In commento Mancini.
- Tribunale di Rimini, decreto 28/10/2022: Apertura procedura di ristrutturazione debiti del consumatore. Ha autorizzato pagamento in prededuzione del compenso OCC come da preventivo all’apertura, anticipando dunque la soddisfazione OCC. (Decisione isolata, antecedente al consolidarsi giurisprudenza contraria).
- Tribunale di Milano, decreto 21/07/2023 (esempio su Art. 273 CCII): In sede di riparto parziale di liquidazione dei beni (vecchio art.14-quinquies L.3/2012 / art. 273 CCII): ha disposto che il difensore del debitore e l’OCC vengano soddisfatti in via anticipata (antergato) nel riparto parziale, con natura prededucibile, mantenendo proporzione per riparti successivi. (Concilia esigenza di pagare professionisti senza attendere fine, bilanciando con tutela creditori per il resto).
- Tribunale di Bari, decreto 01/07/2021: (Citato su Unijuris) – Sovraindebitamento liquidazione: quantificazione compenso OCC, prevalenza crediti garantiti. Massima: in liquidazione ex L.3/2012, crediti ipotecari prevalgono e compenso OCC va calcolato senza intaccare garanzie. (Simile a Cass 2025, precedente di merito in tal senso).
- Tribunale di Spoleto, decreto 28/02/2024: (dal sito tribunale) – Ha liquidato compenso OCC €4.531 in prededuzione e compenso avvocato prededucibile (esempio menzionato in search result). Evidenza di prassi di liquidare importi puntuali e riconoscere prededuzione.
- Corte d’Appello di Torino, decreto 01/2022: (ipotizzato come uno dei reclami) – Su compensi OCC, forse confermato linee Tribunale.
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