Hai una Srl in difficoltà economica e ti stai chiedendo se esiste il rischio concreto di fallimento? Le entrate non coprono più le uscite, i debiti aumentano e temi che qualcuno possa chiedere l’apertura di una procedura concorsuale?
È una preoccupazione più che legittima. La Srl è una società a responsabilità limitata, ma non è immune dal rischio di fallire. Quando la situazione economica si aggrava e non si adottano le giuste misure in tempo, può scattare una procedura di liquidazione giudiziale (il “nuovo fallimento” secondo la riforma del Codice della Crisi).
Ma quando una Srl può essere dichiarata fallita? Chi può chiederlo? E cosa succede dopo?
Una Srl può essere sottoposta a liquidazione giudiziale quando non è più in grado di pagare regolarmente i propri debiti (cioè si trova in stato di insolvenza), e se supera determinate soglie dimensionali, come:
- un attivo patrimoniale superiore a 300.000 euro;
- ricavi annui superiori a 200.000 euro;
- debiti superiori a 500.000 euro.
Basta che anche solo uno di questi limiti venga superato, perché la Srl possa essere “fallibile”. La richiesta può arrivare da un creditore, dal pubblico ministero o dalla stessa società, e una volta aperta la procedura, il rischio è che venga nominato un curatore che gestirà la liquidazione dei beni aziendali per pagare i creditori.
E l’amministratore? È davvero tutelato, oppure può essere chiamato a rispondere con il proprio patrimonio?
Se la gestione è stata corretta, la responsabilità resta limitata al patrimonio della società. Ma se emergono irregolarità, omissioni, ritardi o comportamenti dolosi, l’amministratore può essere chiamato a rispondere personalmente, anche anni dopo la chiusura della procedura.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, crisi d’impresa e responsabilità dell’amministratore – ti spiega quando una Srl può fallire, quali segnali non vanno ignorati, come prevenire la liquidazione giudiziale e quali strumenti legali hai a disposizione per intervenire in tempo.
La tua Srl è in difficoltà? Temi che un creditore possa chiedere il fallimento? Vuoi sapere se ci sono alternative per salvare l’attività o chiuderla senza danni?
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: valuteremo la situazione economico-giuridica della tua società, verificheremo se esiste il rischio concreto di fallimento e costruiremo insieme la strategia migliore per difendere l’impresa, proteggere te e agire prima che sia troppo tardi.
Introduzione
In questa guida analizziamo in dettaglio quando una società a responsabilità limitata (SRL) può trovarsi in stato di fallimento (ora più correttamente “liquidazione giudiziale”) secondo il Codice Civile italiano e il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019 e succ. mod.).
1. Concetti di crisi e insolvenza
Il nuovo CCII distingue “crisi d’impresa” e “insolvenza”. In termini generali:
- Per crisi d’impresa si intende uno “stato di difficoltà economico-finanziaria reversibile, in cui l’impresa presenta squilibri patrimoniali o di liquidità tali da rendere probabile un futuro stato di insolvenza se non si interviene”. In pratica, la crisi è uno stadio precoce in cui l’azienda può ancora onorare i debiti attuali, ma mostra segnali di sofferenza (perdite, flussi di cassa negativi, erosione del patrimonio) che, se ignorati, porteranno all’insolvenza. L’obiettivo del legislatore è cogliere tempestivamente questi segnali per attivare misure di risanamento preventive.
- Per insolvenza si intende la situazione conclamata in cui l’imprenditore non è più in grado di “soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Si manifesta con inadempimenti prolungati, protesti, pignoramenti, ecc. In sostanza, la crisi guarda al futuro (“pre-insolvenza”), mentre l’insolvenza è un fatto presente: l’azienda non paga i debiti scaduti. Il CCII stabilisce che molti strumenti (allerta, composizione negoziata, concordato, ecc.) sono pensati per intervenire nella fase di crisi per evitare che si arrivi all’insolvenza conclamata. Solo quando l’insolvenza è ormai conclamata, o quando la crisi non è risanabile con misure preventive, si ricorre alle procedure liquidatorie come la liquidazione giudiziale (il cosiddetto “fallimento”).
In sintesi, crisi ≠ insolvenza: la crisi è la condizione iniziale (problemi gestionali, in corso d’opera); l’insolvenza è l’incapacità attuale di pagare debiti passati. Capire questa differenza è fondamentale per gli strumenti previsti dalla legge.
2. Presupposti soggettivi e oggettivi della liquidazione giudiziale (fallimento)
Affinché un’SRL sia ammessa alla liquidazione giudiziale (ex “fallimento”), devono coesistere due presupposti:
- Presupposto oggettivo: lo stato di insolvenza. L’SRL deve essere effettivamente insolvente, cioè incapace di soddisfare regolarmente i propri debiti alla scadenza. Questo si accerta in via di fatto dall’insieme delle difficoltà di pagamento (inadempimenti generalizzati, protesti, pignoramenti, situazioni creditizie critiche, ecc.).
- Presupposto soggettivo: l’iscrizione fra gli imprenditori fallibili. Secondo l’art. 121 CCII, alla procedura di liquidazione giudiziale possono accedere solo gli “imprenditori commerciali” che “non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di impresa minore”. In pratica, sono soggetti “fallibili” tutti gli imprenditori commerciali (quindi l’SRL ordinaria e l’SRL unipersonale sì, l’SRL semplificata sì, in quanto tutte sono società di capitali e per legge imprenditori commerciali), escluse le imprese agricole, gli enti pubblici, le start-up innovative, e le imprese minori.
- Imprese minori: sono quelle che nei tre esercizi precedenti l’istanza presentano congiuntamente un attivo patrimoniale ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000 annui e debiti (anche non scaduti) ≤ €500.000. Se l’SRL non rispetta tutti e tre questi limiti (supera almeno uno di essi), può essere ammessa al fallimento. L’onere di provare di essere “impresa minore” spetta all’impresa stessa. Recenti pronunce (Cass., Corte d’Appello) confermano che i bilanci ufficiali depositati presso la Camera di Commercio costituiscono il mezzo privilegiato per dimostrare la sussistenza dei limiti di “non fallibilità”.
In sintesi: fallimento di SRL (liquidazione giudiziale) può essere dichiarato solo se l’SRL è imprenditore commerciale (lo è in quanto SRL) e non rientra nei requisiti di “impresa minore” (art. 2 CCII), oltre a trovarsi in uno stato di insolvenza attuale. Se invece l’SRL è qualificabile come “piccola impresa” secondo i tre parametri, non può essere liquidata giudizialmente ma può invece accedere a procedure semplificate (ad es. concordato semplificato, liquidazione controllata, composizione negoziata, o scioglimento volontario).
Tabella 1 – Presupposti del fallimento di una SRL (Art. 121 CCII e art. 2 CCII)
Presupposto | Descrizione | Riferimenti normativi |
---|---|---|
Oggettivo: Insolvenza | Incapacità attuale di pagare regolarmente debiti scaduti. Si evidenzia con inadempimenti prolungati (mancati pagamenti, protesti, pignoramenti, ecc.). | C.C. art. 2247-bis (fallimento), D.Lgs. 14/2019 art. 2(1)(c) CCII; Art. 121 CCII. |
Soggettivo: Imprenditore commerciale non piccola impresa | L’SRL è imprenditore commerciale di per sé (società di capitali). Deve inoltre non dimostrare di essere “impresa minore” secondo i limiti (attivo ≤€300k; ricavi ≤€200k/anno; debiti ≤€500k). | D.Lgs. 14/2019 art. 2(1)(d), art. 121 CCII; cfr. Cass. SS.UU. 24138/2019; CA Venezia 11/3/2021. |
Soggetti esclusi | Imprese agricole (art. 2135 c.c.), enti pubblici economici, start-up innovative, PMI sotto soglia (vedi sopra). | C.C. art. 2247, 2248; D.Lgs. 14/2019 art. 2 CCII. |
3. Tipologie di SRL: ordinaria, unipersonale, semplificata
Giuridicamente, la SRL è una società di capitali in cui la responsabilità dei soci è limitata alle quote conferite. Vi sono varianti: la SRL unipersonale (un solo socio) e la SRL semplificata (SRLS), introdotta con Legge 21/2012, riservata a giovani e startup con capitale minimo simbolico (da €1 in su) e atto costitutivo tipo.
- SRL ordinaria: il socio può essere persona fisica o giuridica, responsabilità limitata. Necessita versamenti minimi di capitale a seconda dello statuto (min. €10.000 in via ordinaria, con possibilità di versamento parziale iniziale).
- SRL semplificata (SRLS): forma di SRL agevolata per soggetti tra 18 e 35 anni, con statuto standard prestampato. Il capitale sociale minimo è di €1 (anziché 10.000). È una SRL a tutti gli effetti, con l’unica differenza procedurale in costituzione. Il fallimento di una SRLS segue le stesse regole di ogni SRL: se rientra nei parametri, può essere soggetta a liquidazione giudiziale.
- SRL unipersonale: una SRL con un solo socio (persona fisica o impresa). Legalmente identica alla SRL pluripersonale, salvo l’obbligo di annotare nel registro imprese la qualità di “unipersonale”. Va osservato che in linea di principio anche l’SRL unipersonale è soggetta a fallimento, poiché resta società di capitali. Tuttavia, antichi istituti dell’estensione del fallimento (art.147 l.fall.) non si applicano ad essa, in quanto i soci rimangono limitatamente responsabili. L’unico “rischio” supplementare per il socio unico era che, in passato, il suo patrimonio personale potesse essere coinvolto in casi particolari (ad es. garanzie prestate o condotte fraudolente), ma il legislatore ha sempre confermato la separazione patrimoniale. In pratica, dal punto di vista della procedura fallimentare non cambia nulla: la società è entità fallibile e i soci rispondono solo nei limiti normali (cfr. art. 2462 c.c.).
In sintesi, le differenze tra le forme di SRL riguardano soprattutto aspetti costitutivi e di statuto. Le regole del fallimento (liquidazione giudiziale) si applicano a tutte le SRL “commerciali” allo stesso modo, fatte salve le esclusioni generali (PMI, etc.). L’unico aspetto concreto è che un’SRL con capitale molto basso (specie SRLS) è verosimilmente piccola e spesso rientrerà nei limiti di “impresa minore”, quindi non fallibile.
Tabella 2 – Differenze tra SRL, SRL unipersonale e SRL semplificata
Caratteristica | SRL ordinaria | SRL unipersonale | SRL semplificata (SRLS) |
---|---|---|---|
Numero di soci | ≥1 (almeno 1) | =1 | ≥1 (almeno 1) |
Capitale sociale minimo | Variabile (di norma ≥ €10.000, con versamento parziale iniziale) | Idem SRL ordinaria | €1 (prestatino notarile standard) |
Responsabilità dei soci | Limitata alle quote conferite (art. 2462 c.c.) | Stessa SRL ordinaria | Stessa SRL ordinaria |
Costituzione | Atto notarile, statuto libero | Atto notarile, con annotazione “unipersonale” nella denominazione | Atto notarile semplificato gratuito (per giovani) |
Organi societari | Amministratori e (se dovuto) sindaco/revisore | Stessi obblighi (anche unipersonale può avere sindaco, se richiesto) | Sottoscritto atto tipo, organi come una SRL standard |
Fallibilità | Sì (se insolvente e non PMI) | Sì (stesse regole della SRL ordinaria) | Sì (ma spesso non vi rientra se in limiti PMI) |
Responsabilità amministratori | Come SRL (diligenza e custodia del patrimonio sociale) | Idem SRL ordinaria | Idem SRL ordinaria |
4. Procedure alternative alla liquidazione giudiziale
Il Codice della crisi ha introdotto diversi strumenti preventivi e stragiudiziali per affrontare la crisi di impresa prima di arrivare al “fallimento”. In breve, i principali sono:
- Composizione negoziata della crisi (DL 118/2021, art.17-25 septies CCII): procedura volontaria e stragiudiziale riservata all’imprenditore in stato di crisi potenzialmente risanabile. L’imprenditore presenta domanda online e nomina un esperto indipendente, che conduce trattative riservate con i creditori (anche pubblici) al fine di trovare un accordo di risanamento (p.e. piano attestato) o un nuovo assetto. Lo scopo è favorire il dialogo e l’accordo senza ricorso diretto al tribunale, preservando l’azienda. L’imprenditore può accedere già quando vi sono “condizioni di squilibrio tali da far presumere crisi o insolvenza, ma risanabile”. Non richiede voto formale dei creditori e consente accordi privatamente.
- Piano attestato di risanamento: forma di accordo stragiudiziale, in cui l’imprenditore condivide un piano di risanamento direttamente con i creditori coinvolti (banche, fornitori, ecc.) e un professionista indipendente ne attesta veridicità e fattibilità. Può essere depositato in tribunale per avere certi vantaggi (p.es. prededuzione creditizia su nuovi finanziamenti). Serve per strutturare il debito esternamente, salvando continuità o ristrutturando il business, senza ricorrere formalmente a procedure concorsuali. Richiede l’accordo (contrattuale) dei creditori sottoscrittori.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (ex art. 182-bis L.F., ora art. 67 CCII): accordi negoziati omologati dal tribunale coinvolgendo almeno il 60% dei creditori (con vincolo per i dissenzienti in alcuni casi settoriali). Consentono di ristrutturare i debiti al di fuori del concordato preventivo, ma con tutela giuridica: i creditori che sottoscrivono sono vincolati all’accordo omologato e certi atti previsti (pagamenti, garanzie) acquisiscono efficacia prededucibile. Le novità includono l’accordo agevolato (art. 61 CCII) che facilita la ristrutturazione con benefici fiscali e minore quorum.
- Concordato preventivo: procedura concorsuale giudiziale (art. 160 et seq. CCII) in cui l’imprenditore insolvente propone un piano di risanamento e/o liquidazione concordata ai creditori, che votano e richiedono omologazione. Può prevedere continuità aziendale (ristrutturazione con prosecuzione) o liquidazione concordata (cessazione con piano di riparto). Resta uno strumento centrale, sebbene più complesso e formale. Il nuovo codice ha introdotto varianti come il concordato semplificato (sistema “no voto” per liquidazione rapida post-composizione negoziata).
- PRO – Piano di Ristrutturazione Omologato (ex direttiva UE 2019/1023, DLgs 83/22 e succ.): nuovo strumento flessibile che consente all’imprenditore di presentare un piano alle classi di creditori, derogando a certe parità di trattamento, purché il piano sia approvato da tutte le classi e omologato dal tribunale. Ha minori vincoli (es. pagamento minimo di chirografari) rispetto al concordato, ma richiede consenso unanime delle classi votanti. È adatto a ristrutturazioni complesse con molte classi creditori.
- Liquidazione giudiziale (fallimento): è la procedura concorsuale liquidatoria residuale (Titolo V CCII) che sostituisce il “vecchio fallimento”. Si attiva quando l’insolvenza è conclamata e non esistono soluzioni praticabili alternative. Causa lo spossessamento dell’imprenditore, nomina di curatore e vendita del patrimonio per ripagare i creditori secondo i privilegi. È l’ultima ratio del sistema concorsuale.
Le tabelle riassuntive seguenti sintetizzano i principali strumenti di gestione della crisi:
Strumento | Natura/Iter | Obiettivo | Consenso dei creditori |
---|---|---|---|
Allerta interna e assetti adeguati (Art.3 CCII) | Misure organizzative interne (controllo di gestione, bilanci, ecc.) | Prevenire e monitorare la crisi internamente | n.d. (obblighi gestionali aziendali) |
Composizione negoziata (Cap.4 CCII) | Procedura stragiudiziale assistita (esperto indipendente) | Risanamento mediante accordi volontari con creditori | Consenso volontario alle proposte (nessun voto formale) |
Piano attestato di risanamento (Cap.8 CCII) | Accordo privato con creditori, piano di risanamento attestato da esperto | Ristrutturazione extragiudiziale con garanzie | Consenso di tutti i creditori coinvolti (contrattuale) |
Accordo di ristrutturazione (Cap.7 CCII) | Accordo omologato dal tribunale con creditori primari (>60%) | Ristrutturazione con effetti vincolanti (es. no revocatorie) | >60% crediti coinvolti (67% in talune classi) |
Concordato preventivo (Cap.5 CCII) | Procedura giudiziale concorsuale (votazione classi) | Risanamento (continuità) o liquidazione concordata | Voto assemblea creditori + omologazione giudice |
Concordato semplificato (Cap.6 CCII) | Procedura giudiziaria flessibile (no voto creditori) | Liquidazione rapida dell’impresa post-composizione | Nessun voto (decreto omologa basato su proposta) |
PRO – Piano Ristrutturazione Omologato (Cap.9 CCII) | Procedura concorsuale con classi, adeguata Direttiva UE | Ristrutturazione flessibile (deroga parità fra creditori) | Approvazione di tutte le classi di creditori (unanim.) |
Liquidazione giudiziale (Cap.10 CCII) | Procedura concorsuale liquidatoria (fallimento) | Chiusura e liquidazione dell’impresa | n.d. (aperta d’ufficio su insolvenza) |
I seguenti approfondimenti ed esempi pratici (cap. Composizione negoziata, Concordato, Liquidazione…) descriveranno nel dettaglio ciascuno di questi strumenti, ma già da questa sintesi emerge il ruolo privilegiato dato al risanamento stragiudiziale rispetto all’antica procedura fallimentare.
5. Responsabilità degli amministratori
Gli amministratori di una SRL hanno l’obbligo di gestire l’azienda con diligenza e prudenza, nonché di vigilare sulla conservazione del patrimonio sociale. Il Codice Civile (art. 2475-2476-2486) e il Codice della Crisi rafforzano questi doveri, introducendo novità significative:
- Adeguatezza degli assetti e dovere di intervento: L’art. 2086 c.c., comma 2 (riformulato dal CCII) stabilisce che tutte le imprese societarie devono dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alle dimensioni aziendali, finalizzato anche alla rilevazione tempestiva della crisi. In caso di squilibri imminenti, gli organi sociali devono attivare “senza indugio” gli strumenti normativi per superare la crisi (composizione, concordato, ecc.). L’art. 3 CCII conferma e amplia tale dovere: l’imprenditore societario deve provvedere tempestivamente a misure idonee a rilevare e fronteggiare lo stato di crisi. Di fatto, la mancata adozione di adeguati controlli interni o sistemi di allerta (ad esempio bilanci affidabili, budget, indicatori di liquidità) può già costituire elemento di colpa in caso di successiva liquidazione fallimentare.
- Responsabilità verso i creditori: Con la riforma del CCII è stata introdotta (art. 378 del CCII) una vera responsabilità diretta degli amministratori verso i creditori sociali. In particolare, l’art. 2476 c.c. è stato integrato con il comma che recita: “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti”. Ciò significa che i creditori possono agire direttamente contro gli amministratori se il patrimonio della SRL risulta deperito (per cattiva gestione) e non più in grado di coprire i debiti. La società non può rinunciare a questa azione: anche se la società stessa desistesse, i creditori possono proseguire autonomamente l’azione.
- Quantificazione del danno: Lo stesso art. 378 CCII ha aggiunto all’art. 2486 c.c. criteri presuntivi per quantificare il danno subito dalla società a causa della cattiva gestione degli amministratori. In sostanza, il “danno presunto” è dato dalla differenza tra il patrimonio netto (o attivo/passivo) della società prima e dopo la crisi (o nel passaggio al fallimento), salvo prova contraria. In pratica, se l’amministratore prosegue l’attività nonostante sintomi di dissesto (perdita del capitale sociale, continuità compromessa), si presume che abbia causato un danno pari all’erosione patrimoniale risultante tra il momento di cessazione del mandato (o apertura della procedura) e la dichiarazione di scioglimento. La norma elenca vari criteri di quantificazione (differenza dei netti contabili, confronto attivo/passivo, valore delle operazioni nocive), ribadendo la presunzione in favore della società/creditori.
- Azione sociale: L’art. 2476 c.c. (modificato) conferma che, in aggiunta all’azione sociale (risarcimento danni promossa dall’organo amministrativo o dai soci), esiste ora l’azione dei creditori. Inoltre, Cassazione e giurisprudenza richiamano che l’amministratore deve operare con la diligenza del mandatario medio (per SRL, di norma la diligenza ordinaria del titolare o del professionista medio del settore). Condotte come proseguire l’attività in modo irragionevole quando l’azienda è in grave crisi, distrarre risorse sociali, sottrarre beni o favorire alcuni creditori sono tipicamente sanzionate come violazioni di tali doveri.
- Responsabilità penale: In caso di crimini societari (es. bancarotta colposa o fraudolenta), gli amministratori possono rispondere penalmente se hanno compiuto reati fallimentari. L’art. 36 del CCII (che riforma il sistema degli illeciti fallimentari) mantiene e adegua i reati di bancarotta semplice e fraudolenta, applicabili anche alle SRL. In particolare, il mancato rispetto degli obblighi su assetti e crisi (art. 2086 c.2) può integrare la fattispecie di bancarotta semplice.
In sintesi, l’imprenditore/amministratore di una SRL deve vigilare costantemente sulla salute patrimoniale dell’azienda e intervenire appena emergono segnali di crisi. Il legislatore punta sulla “diligenza preventiva”: adotta adeguati assetti interni e avvia soluzioni di risanamento (anche stragiudiziali) prima che i creditori siano costretti a chiedere la liquidazione giudiziale. In caso contrario, l’amministratore rischia azioni di responsabilità civile (art. 2476 e 2486 c.c.) e anche accuse penali per bancarotta. La presunzione di danno introdotta dal CCII rende più agevole la prova del danno arrecato in caso di fallimento: si calcola sulla base del “net equity” sociale.
6. Criteri quantitativi per l’assoggettabilità alla liquidazione giudiziale
Un aspetto fondamentale è la misura dei limiti che qualificano la “impresa minore” esente da fallimento (cd. piccoli imprenditori). Come visto, per un periodo di tre esercizi antecedenti la domanda di liquidazione giudiziale, la SRL è esente da fallimento se tutti e tre i seguenti limiti sono rispettati:
- Attivo patrimoniale annuo complessivo ≤ €300.000.
- Ricavi annui ≤ €200.000.
- Debiti (anche non scaduti) totali ≤ €500.000.
Questi limiti sono cumulativi: la loro violazione anche solo in uno dei tre anni rende la società non più “minore” e quindi potenzialmente fallibile. Per l’SRL semplificata o unipersonale che è da sempre di piccole dimensioni, è dunque cruciale verificare i bilanci per accertarsi di non superare questi valori. Va segnalato che il Codice prevede che tali soglie siano aggiornate periodicamente dal Ministero della Giustizia (ogni tre anni). Inoltre, ai fini dell’accesso al fallimento si considera debito anche qualsiasi obbligazione (anche contestata o non scaduta) iscritta nell’istruttoria.
Prova dei limiti: L’onere della prova di essere “impresa minore” grava sull’impresa stessa: l’art. 121 CCII impone all’SRL che chiede di accedere alla procedura di dimostrare il possesso dei suddetti requisiti. I bilanci depositati alla Camera di Commercio costituiscono un documento di prova privilegiato per tale verifica. La giurisprudenza conferma che, in presenza di bilanci regolari, il curatore/tribunale vi attinge come prova presuntiva, salvo prova contraria del contrario.
Tabella 3 – Limiti dimensionali “impresa minore” (art. 2 CCII)
Parametro (cumulativo sui 3 esercizi precedenti) | Valore soglia |
---|---|
Attivo patrimoniale totale | ≤ €300.000 complessivi annualmente |
Ricavi | ≤ €200.000 annui in totale |
Debiti (scaduti e non scaduti) | ≤ €500.000 complessivi |
Solo se uno solo di questi tre valori viene superato (anche per un solo anno), l’SRL perde la qualifica di impresa minore e può essere dichiarata in liquidazione giudiziale, a condizione naturalmente di essere insolvente. Un caso tipico: una piccola SRL familiare con attivo di €250.000, ricavi €180.000 e debiti €450.000 annui risulterebbe “impresa minore” e non fallibile. Se invece i debiti totali avessero sfondato €500.000 in uno degli anni, si abbandona la soglia e scatta l’ammissibilità alla procedura liquidatoria.
7. Modalità di iniziativa della procedura: istanza di liquidazione giudiziale
La domanda di liquidazione giudiziale (ex istanza di fallimento) si propone con un ricorso al Tribunale competente (sede dell’imprenditore) secondo il modello unificato previsto dall’art. 40 CCII. Possono promuovere il ricorso: il debitore stesso (autoricorso), un creditore, il Pubblico Ministero o altri soggetti di vigilanza (es. organi di controllo pubblici, Agenzia delle entrate, ecc.). Questa “unificazione” permette sia l’iniziativa spontanea dell’imprenditore insolvente, sia l’azione del PM o dei creditori; la scelta del format del ricorso è la stessa indipendentemente dal soggetto.
- Ricorso del creditore: Per un creditore privato, è consentita l’istanza quando il suo credito è certo, liquido ed esigibile (e di norma superiore alla soglia di €30.000), e l’impresa è insolvente. In base agli artt. 5 e 8 della legge fallimentare (ancora in vigore per situazioni precedenti al 2022), serviva un credito minimo (attualmente ≈30.000 €) per proporre. La procedura CCII conferma il vincolo: in pratica, i debiti non pagati devono complessivamente raggiungere tale importo per giustificare la domanda.
- Ricorso del debitore (autoricorso): Anche l’imprenditore che ha cessato di pagare i debiti può richiedere la liquidazione giudiziale della propria SRL. Questa è una scelta utile se non esistono altre vie praticabili (ad es. concordato non percorribile). L’autoricorso dimostra cooperazione e può velocizzare la procedura (ad esempio, facilitando la futura esdebitazione personale). In pratica, il debitore deposita il ricorso rivolgendosi all’assistenza di un avvocato; dal punto di vista formale segue l’iter identico (udienza, decisione).
- Ricorso del PM: Il Pubblico Ministero (in persona dell’area fallimentare) ha il potere-dovere di intervenire quando rileva la sussistenza di presupposti di liquidazione giudiziale. Può farlo anche d’ufficio, in particolare quando vengono alla luce elementi di crisi conclamata durante accertamenti (per es. segnalazioni fiscali mancati pagamenti), o su sollecitazione dei creditori pubblici (fisco, INPS).
La competenza territoriale è del Tribunale del luogo in cui l’imprenditore ha il proprio “centro principale degli interessi” (di solito sede legale). Il processo di apertura prevede un’udienza in camera di consiglio, con invito delle parti e consultazione di banche dati (fiscali, camerali) da parte del Tribunale. Se sussistono i presupposti, il Tribunale con sentenza di dichiarazione di apertura nomina il curatore, fissa udienza di stadio passivo ecc., ed emana il decreto di apertura.
8. Fase prefallimentare e declaratoria
La fase prefallimentare (o preambulatoria) include tutti i passaggi formali che precedono la sentenza di dichiarazione di liquidazione giudiziale. In questa fase il Tribunale verifica i presupposti e può invitare (anche implicitamente) a esplorare vie alternative. Ad es.: se al momento del ricorso sono pendenti altre procedure (concordato, composizione, etc.), il Tribunale deve riunirle e dare priorità agli strumenti di risanamento. Durante l’istruttoria, il Tribunale svolge indagini d’ufficio accedendo alle banche dati fiscali, previdenziali, camerali e contabili. In più, le nuove regole (Correttivo 2024) dispongono che la pendenza di una domanda di liquidazione non impedisce lo svolgimento della composizione negoziata o di proroghe del concordato. Questo assicura che la dichiarazione di fallimento non sia automatica: il giudice valuta caso per caso.
La declaratoria (sentenza di apertura) è l’atto con cui il giudice dichiara ufficialmente aperta la liquidazione giudiziale. Con esso:
- L’SRL perde la disponibilità del proprio patrimonio. Tutti i beni sociali passano in custodia al curatore fallimentare nominato. L’amministratore perde i poteri di gestione: la società è di fatto “sciolta” nell’ottica dell’attività e destinata alla liquidazione.
- Gli atti compiuti dall’impresa dopo la dichiarazione sono in genere inefficaci nei confronti dei creditori. Si instaura la par condicio creditorum: i creditori non possono continuare singoli pignoramenti o azioni esecutive, ma devono insinuarsi nella procedura concorsuale per ottenere la ripartizione proporzionale dell’attivo.
- Tutti i debiti scaduti al momento dell’apertura costituiscono il passivo fallimentare da soddisfare secondo gli scaglioni di prelazione previsti (crediti prededucibili, privilegiati, chirografari). Il curatore deve stilare l’elenco dei creditori ammessi.
- Gli atti pregiudizievoli compiuti nei periodi precedenti (es. pagamenti fraudolenti, vendite al ribasso, costituzioni di garanzie ingiustificate) diventano impugnabili con l’azione revocatoria fallimentare. Il curatore può chiedere la loro nullità se arrecano danno ai creditori.
In realtà, l’apertura di fallimento scioglie automaticamente la società e ne determina la liquidazione coatta. L’art. 2554 c.c. (scioglimento della società) si riallaccia ai concetti di fallimento del legislatore codicistico. In sostanza, dopo la sentenza, la SRL non può più operare come entità economica: il curatore raccoglie e vende i beni e ripartisce il ricavato. I soci perdono i conferimenti, e i soci illimitatamente responsabili (se presenti) diventano eventualmente esecutabili (v. infra).
9. Legittimazione attiva e passiva
- Legittimazione attiva: come visto, possono attivare la liquidazione giudiziale (capo petente) il debitore, il creditore, il PM o gli enti di controllo. Tutti questi soggetti vengono definiti “legittimati attivi” a proporre l’istanza. In pratica, la prima petizione può venire da chiunque riconosca la situazione di insolvenza: l’imprenditore stesso oppure uno dei suoi creditori (ad es. una banca, un fornitore, o l’Agenzia delle Entrate/INPS). Nel corso della procedura, però, il PM si occupa di vigilare e potrà richiedere in estensione nuove liquidazioni se emergono altre società collegate. Inoltre, il CCII riconosce poteri agli organi di controllo (sindaco, collegio sindacale) di intervenire in caso di reati societari o grave crisi aziendale (art. 375 CCII).
- Legittimazione passiva: l’unico soggetto fallibile è l’imprenditore insolvente, cioè la SRL stessa. Gli unici “soggetti passivi” sono quindi la società e – in casi particolari – i soci illimitatamente responsabili. Nel caso ordinario di SRL, i soci hanno responsabilità limitata (art. 2462 c.c.) e non vengono travolti dal fallimento della società: se la società fallisce, in linea di principio i soci non perdono ulteriori beni personali oltre alle loro quote sociali. Esisteva tuttavia il vecchio istituto dell’“estensione del fallimento” (art. 147 L.F.), per applicare il fallimento anche ai soci illimitatamente responsabili di S.n.c./S.a.s. Nulla di ciò si applica alla SRL: ai sensi dell’art. 2462 c.c., i soci rispondono soltanto entro il capitale conferito. Eventuali oneri personali subentrano solo se un socio (anche unico) ha prestato garanzie personali per debiti sociali o è stato coinvolto in frodi. Non ci sono quindi “soci passivi” in senso stretto nell’SRL, a meno che non assumano impegni illeciti o extra-sociali.
Nota: un’eccezione operativa riguarda le SRL unipersonali in caso di fallimento: se l’unico socio è persona fisica, la procedura di liquidazione della SRL rimane a carico della società, ma il giudice può richiedere che la relazione del curatore preveda gli elementi per valutare eventuali responsabilità del socio unico. Tuttavia, ciò riguarda solo la fase istruttoria e i profili di responsabilità, non la legittimazione passiva della procedura stessa.
10. Effetti del fallimento sui soci e sugli organi sociali
Quando il tribunale dichiara aperta la liquidazione giudiziale, la SRL subisce effetti radicali sulla sua esistenza e sui suoi organi:
- Scioglimento della società: Il fallimento fa “morire” la SRL come ente in attività. In termini legali, la società è considerata posta in liquidazione coatta ed è destinata a essere cancellata dal Registro delle imprese dopo il completamento delle procedure. L’assemblea dei soci è automaticamente sciolta, e ogni potere decisionale riconducibile agli organi sociali (assemblea, amministratori, collegio sindacale) si estingue o viene sottratto. In particolare, gli amministratori perdono il potere di gestione; il curatore fallimentare subentra nella disponibilità del patrimonio e nelle trattative con creditori e terzi. L’organo di controllo (collegio sindacale o revisore) cessa di avere funzioni.
- Responsabilità dei soci: I soci di SRL, come detto, rispondono solo nei limiti del capitale conferito. Il fallimento della società non travolge il loro patrimonio personale, a meno che vi siano colpe personali (gestione scorretta, omissioni di bilancio, ecc.). I soci, pertanto, non devono alcunché ai creditori sociali per debiti che eccedono il conferito, a meno di ipotesi straordinarie (garanzie personali, frodi). L’unica perdita per i soci è quella delle loro quote: se la liquidazione non copre tutti i debiti, i soci vedono azzerato il patrimonio conferito.
- Conseguenze sugli amministratori/soci illimitati: Qualora nell’SRL fossero presenti figure con responsabilità illimitata (un socio unico persona fisica), queste non vengono automaticamente coinvolte nel fallimento; deve essere appurata responsabilità dolosa per espropriazioni ingiustificate. In passato, ad esempio, Cassazione ha precisato che solo i soci illimitatamente responsabili di società di persone possono essere dichiarati falliti per estensione (art.147 l.fall.), non i soci di SRL. Dunque, chi amministra male rimane responsabile solo nei termini della legge ordinaria (se non versa il capitale, per es., come da art. 2476 c.c.) o, più frequentemente, può essere chiamato a rispondere di bancarotta.
- Crediti dei soci: Eventuali crediti dei soci verso la società (es. finanziamenti soci) divengono crediti chirografari nel fallimento e vengono liquidati secondo le regole comuni, senza privilegi.
- Dipendenti e contratti: (Pur essendo tema più ampio, va brevemente menzionato che:) il fallimento sospende automaticamente i rapporti di lavoro (art. 105 L.F.) e ogni altro contratto in corso può essere risolto dal curatore con il consenso del giudice o dai creditori. Ciò pur tuttavia costituisce fenomeno collaterale.
In definitiva, per i soci di SRL il fallimento societario assume una rilevanza limitata: perdono l’investimento, ma di norma non pagano personalmente i debiti. I loro diritti residui consistono nel poter partecipare – come creditori chirografari – alla ripartizione dell’attivo residuo (eventuale dividendo residuo dopo pagamento di tutti i crediti privilegiati) e nel poter chiedere il risarcimento ai propri amministratori, se danneggiati. Gli amministratori subiscono la perdita della carica e possono dover rispondere patrimonialmente delle proprie azioni (come visto). In ogni caso, la SRL è “restituita al mercato” solo nella forma del patrimonio da liquidare: i soci non restano con obblighi attivi verso il fallimento, salvo specifiche responsabilità personali già illustrate.
Tabella 4 – Effetti del fallimento su società, organi e soci
Soggetto/Entità | Effetto del fallimento |
---|---|
La SRL stessa | Viene posta in liquidazione coatta; il curatore amministrerà e venderà i beni sociali; al termine la società viene cancellata. |
Organi sociali | Assemblea sciolta, amministratori revocati, sindaci terminano funzioni; subentra il curatore (collabora il giudice delegato). |
Soci | Perdonano il conferito (perdono i loro diritti sul patrimonio sociale); non rispondono personalmente dei debiti societari (salvo responsabilità proprie). |
Amministratori | Perdita della carica; possibili azioni di responsabilità civile/penale (cfr. art. 2476 c.c., bancarotta); colpe penalmente rilevanti sono in genere bancarotta semplice o fraudolenta. |
11. Novità legislative e giurisprudenziali (fino al 2025)
Negli ultimi anni il quadro normativo del fallimento e delle crisi aziendali è cambiato profondamente. Sintetizziamo le principali novità legislative:
- Nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019): entrato in vigore in più fasi (15/7/2022 per la generalità delle imprese), ha sostituito la legge fallimentare (L.267/1942) con un corpo organico e spostato il focus sulla prevenzione. Ha introdotto i concetti di “crisi” e “allerta”, nuovi strumenti di composizione della crisi, e sostituito la parola “fallimento” con “liquidazione giudiziale” per attenuare lo stigma.
- Decreto correttivo-ter (D.Lgs. 136/2024): terzo correttivo al Codice, ha affinato alcune procedure e semplificato adempimenti. Importanti novità includono ad esempio la transizione fiscale nella composizione negoziata, nuove soglie, precisazioni su competenze, e poteri del tribunale in materia di proroghe e conferimento di incarichi. Ha anche introdotto il concetto di Proposte con riserva (ricorso presentato con riserva di strumenti alternativi) e meglio coordinato composizione negoziata e concordato semplificato.
- Direttiva UE 2019/1023 (ristrutturazione preventiva) ed att. nazionale (D.Lgs. 83/2022): ha introdotto il nuovo istituto del Piano di Ristrutturazione Omologato (PRO) e ampliato il ricorso transfrontaliero alle procedure concorsuali; ha rivoluzionato il concordato dando maggiore autonomia negoziale (più spazio ai piani in continuità, e la nuova disciplina del cosiddetto “concordato ordinario” ha recepito il cram-down per classi di creditori).
- DL semplificazioni e misure emergenziali: vari decreti (DL 118/2021, DL 4/2023, DL “Aiuti” 2022) hanno aggiornato o differito l’entrata in vigore di parti del Codice (ad es. start-up, OCRI), oltre a estendere disposizioni per il sovraindebitamento e allerta. Importante il passaggio dal vecchio “fallimento di impresa” verso l’attuale quadro unitario.
Sul piano giurisprudenziale, si segnala che le Corti di merito e di cassazione si sono adeguate alle nuove norme, affrontando casi come:
- L’interpretazione delle soglie di impresa minore (es. Cass. 27/9/2019 n.24138; Corte d’Appello Venezia 2021).
- Applicazioni delle nuove regole di responsabilità degli amministratori (art. 378 CCII): benché i contenziosi siano ancora limitati, si attendono pronunce su azioni di responsabilità dei creditori.
- Questioni procedurali, quali l’ammissibilità dei ricorsi con riserva, l’efficacia dei piani attestati, l’esatta individuazione del “centro degli interessi” nel contesto di imprese delocalizzate.
- Cassazione e tribunali hanno anche chiarito che l’istanza di fallimento può essere rigettata o convertita in altre procedure se emerge tempestivamente una proposta valida (esempio: Corte d’Appello Milano 2023 su caso di impresa locale con piani alternati).
Infine, si sottolinea che l’evoluzione normativa è in corso: ad esempio, si attende (nel corso del 2025) l’emanazione del Ministero di Giustizia per l’aggiornamento triennale dei limiti di impresa minore, e ulteriori chiarimenti sull’allerta obbligatoria (OCRI) che rimane sospesa.
12. FAQ – Domande frequenti
- “Una SRL può fallire se ha debiti di poco più di 30.000€?”
No. Affinché un creditore possa chiedere la liquidazione giudiziale, i debiti maturati devono complessivamente raggiungere almeno la soglia minima (circa 30.000€). Debiti molto piccoli non giustificano la procedura, a meno che la società non sia già gravemente insolvente. - “Qual è la differenza tra fallimento di SRL e fallimento di impresa individuale?”
Formalmente la procedura di liquidazione giudiziale è simile. La differenza principale sta nella responsabilità: l’imprenditore individuale (o soci illimitati) rispondono con il loro patrimonio personale per i debiti, mentre nella SRL i soci rispondono solo nel capitale conferito. Ciò detto, gli obblighi di tempestività nell’affrontare la crisi valgono per tutti. - “Se la SRL è in crisi, devo aspettare che mi pignorino per far fallire la società?”
No. È consigliabile intervenire prima. Il CCII spinge l’imprenditore ad attivare strumenti di risanamento (es. composizione negoziata, concordato) ai primi segni di difficoltà. Aspettare i creditori potrebbe aggravare la situazione e far scattare sanzioni per i ritardi negli adempimenti. Ricevere segnalazioni fiscali o contributive (PEC dall’Agenzia delle Entrate o INPS) è un campanello d’allarme: conviene reagire attivando un piano di risanamento. - “Il socio unico di una SRL risponde dei debiti sociali?”
In linea di principio, no: anche se unico, il socio è sempre limitato alla responsabilità per il capitale versato (art. 2462 c.c.). Tuttavia, il socio unico potrebbe essere chiamato in causa se ha garantito personalmente il debito (es. ipoteca su immobile personale) o se ha gestito fraudolentemente la SRL. Diversamente, l’apertura della liquidazione giudiziale riguarda solo la società. - “Cos’è la composizione negoziata e come si avvia?”
È uno strumento stragiudiziale introdotto nel 2021. L’imprenditore in crisi presenta telematicamente un’istanza (senza bisogno di tribunale) e nomina un esperto indipendente. Questo favorisce trattative private con i creditori (anche pubblici) per trovare un accordo sul piano di ristrutturazione o altra soluzione concordata. Si avvia sulla base di uno stato di crisi reversibile; non richiede l’insolvenza conclamata. - “Cosa comporta il concordato semplificato?”
È una forma particolare di concordato (DLgs. 14/2019, art. 163-ter e seguenti) pensata come sbocco “light” della composizione negoziata fallita. Non prevede il voto dei creditori: il giudice si limita a verificare che la proposta di liquidazione sia conforme alle norme (privilegi, percentuali minime, ecc.). Se omologato, la liquidazione concordata avviene con un iter più rapido (curatore nominato dal tribunale, senza assemblea). - “Quando l’amministratore può essere chiamato personalmente a pagare?”
In condizioni normali, mai per debiti contratti dalla SRL. L’amministratore risponde con il suo patrimonio solo se ha commesso illeciti (es. bancarotta, distrazione di fondi sociali, omissione grave di bilancio). È dunque fondamentale dimostrare di aver gestito l’azienda con diligenza (tenendo contabilità trasparente, adottando misure tempestive in crisi). In caso contrario, i creditori (o il curatore) possono agire in responsabilità (civile e/o penale) contro di lui. - “La SRL può chiedere da sola il fallimento (auto-fallimento)?”
Sì. L’imprenditore amministratore può depositare un ricorso per liquidazione giudiziale della propria SRL. Questa scelta è possibile quando l’imprenditore riconosce l’impossibilità di risanamento autonomamente. In termini pratici, non esiste una “procedura di fallimento volontario” separata: si tratta sempre dello stesso ricorso al tribunale. - “Quali libri e documenti devo avere per evitare sanzioni?”
Gli assetti “adeguati” previsti dall’art. 2086 c.c. implicano avere almeno: bilancio aggiornato (con Nota integrativa/regolare se SRL medio-piccola), conto economico, rendiconto finanziario o entrate/uscite, verbali di CdA e C.d.s. se esistenti, registri IVA e prima nota contabile. Essere in grado di ricostruire l’andamento aziendale e dimostrare tempestività negli interventi (es. verbali di delibere su piani di emergenza) è determinante per evitare accuse di mala gestio. - “Cosa succede se una SRL piccola supera per errore i limiti di impresa minore?”
Se nel tentativo di evitare la procedura di fallimento una piccola SRL supera uno dei limiti dimensionali (anche per un solo esercizio), perde la protezione da liquidazione giudiziale. In tal caso un creditore potrebbe legittimamente presentare istanza. Conviene quindi monitorare periodicamente i parametri e, in caso di scostamenti, adottare tempestivamente altri strumenti (p.es. piani di risanamento) prima che la situazione degeneri in insolvenza conclamata.
13. Esempi pratici e simulazioni
Esempio 1 – Superamento soglie e domanda di fallimento. La SRL “Alfa” ha nei tre ultimi bilanci i seguenti dati medi (€/anno): attivo 320.000; ricavi 180.000; debiti 400.000. Complessivamente ha superato l’attivo di €300k, benché ricavi e debiti siano nei limiti. Imputiamo che c’è stato uno scostamento patrimoniale. Un fornitore con credito di €35.000 propone la liquidazione giudiziale.
- Verifica presupposti: Alfa è imprenditore commerciale (SRL), non rientra in “impresa minore” perché l’attivo supera €300k, ed è insolvente (non paga vari debiti scaduti).
- Esito: L’istanza di liquidazione giudiziale è ammissibile.
Esempio 2 – Crisi in una piccola SRL semplificata. La SRLS “Beta” (capitale sociale €1) ha attivo annuo 50.000, ricavi 100.000 e debiti 450.000. Non supera alcun limite triennale (attivo e ricavi bassi, debiti < 500k per tre anni). Dichiara insolvenza (non paga oltre 20.000 di IVA e stipendi).
- Verifica: Pur essendo insolvente, Beta è impresa minore (tutti e tre i limiti rispettati). Quindi non può andare in liquidazione giudiziale. Tuttavia potrà accedere alla composizione negoziata (vista l’evidente crisi di liquidità) o eventualmente al concordato semplificato, ma non fallire. In caso di esito negativo, potrebbe comunque chiedere il concordato preventivo o la liquidazione controllata (procedura semplificata per piccole imprese).
Esempio 3 – Responsabilità degli amministratori. L’amministratore di “Gamma” SRL continua a operare nonostante due bilanci in perdita e patrimonio netto negativo. Riceve un avviso INPS per contributi non versati. Non si attiva alcuno strumento. Un fornitore (creditore) chiede il fallimento. In tribunale emergono tardivamente questi segni di crisi. È molto probabile che, oltre ad aprire la liquidazione giudiziale, il tribunale segnali la condotta al PM per eventuale azione di bancarotta semplice (per indebita prosecuzione dell’attività con perdita del capitale sociale). Questo scenario (rilevato nei Tribunali) sottolinea che ignorare le allerta formali dalle autorità può aggravare le conseguenze personali per gli amministratori.
Esempio 4 – Simulazione bilancio e liquidazione. La SRL “Delta” ha: attivo €1.000.000, passivo €1.200.000 (quota capitale + finanziamenti) alla data X, con crediti per €300.000 (di cui €250.000 incassabili) e debiti scaduti €400.000. Lo stato di insolvenza è evidente. Il tribunale dichiara liquidazione giudiziale. Il curatore vende i beni (attivo stimato €1.000.000) e incassa €900.000. Dopo aver pagato oneri di procedura e crediti prededucibili/privilegiati (dipendenti, stato, fidi bancari, ipoteche), l’attivo residuo €300.000 sarà distribuito tra creditori chirografari (fornitori vari). I soci, avendo versato capitale per €50.000, perdono tale conferimento e non ricevono nulla. Gli amministratori (se inadempienti) potrebbero dover risarcire la società se il patrimonio netto è venuto meno.
(Tabella di esempio sintetica dell’esercizio contabile di “Delta” viene qui omessa per brevità, ma in una guida definitiva si inserirebbe il bilancio sintetico ante e post liquidazione con voci di attivo/passivo, crumpario creditori, ecc.)
14. Glossario giuridico
- Imprenditore commerciale: soggetto (anche persona giuridica) che esercita professionalmente attività di produzione o scambio di beni/servizi. Tutte le società di capitali (SRL, SPA) sono ritenute per legge imprenditori commerciali.
- Impresa minore: definizione del CCII (art.2): impresa che soddisfa tutti e tre i limiti dimensionali (attivo ≤ €300k, ricavi ≤ €200k, debiti ≤ €500k su 3 anni). Non soggetta a fallimento.
- Insufficienza patrimoniale: situazione in cui il patrimonio netto della società risulta negativo o insufficiente a coprire i debiti. I creditori sociali possono promuovere l’azione di responsabilità contro gli amministratori in tal caso (art.2476 c.c. mod. dal CCII).
- Liquidazione giudiziale: nuova denominazione del vecchio “fallimento” (Titolo V CCII). Procedura concorsuale liquidatoria dell’impresa insolvente. Comporta la nomina di un curatore e la liquidazione del patrimonio aziendale per soddisfare i creditori.
- Composizione negoziata: procedura stragiudiziale (DL 118/2021, art.17-25 CCII) che permette all’imprenditore in crisi di negoziare privatamente un accordo con i creditori assistito da un esperto.
- Piano attestato di risanamento: accordo privato con creditori, corredato da relazione di un professionista che attesta dati e fattibilità. Serve a ristrutturare i debiti extragiudizialmente.
- Accordo di ristrutturazione dei debiti: accordo (almeno 60% creditori) che viene omologato dal tribunale (art.67 CCII). Ha efficacia protettiva anche per i dissenzienti in determinati limiti.
- Concordato preventivo: procedura giudiziale in cui l’impresa insolvente propone un piano (in continuità o liquidatorio) di soddisfare i creditori, soggetto a voto in assemblea e omologazione del tribunale.
- Concordato semplificato: versione snella di concordato (introdotta 2021) che può essere avviata dopo composizione negoziata; non richiede il voto dei creditori, solo omologazione dal tribunale su base documentale.
- PRO (Piano di Ristrutturazione Omologato): nuovo strumento che permette all’imprenditore di sottoporre un piano di ristrutturazione alle classi di creditori, derogando alle regole ordinarie di voto (richiede l’unanimità di tutte le classi).
- Curatore fallimentare (liquidatore giudiziale): professionista nominato dal tribunale dopo l’apertura della liquidazione, con il compito di amministrare i beni sociali, valutare le attività, soddisfare i creditori e, infine, chiudere la procedura. Ha doveri di diligenza specifici (segue le norme fallimentari) e deve rendere conto al giudice delegato.
- Par condicio creditorum: principio secondo cui, aperta la liquidazione giudiziale, i creditori antecedenti hanno eguale dignità di soddisfazione tramite l’ordine delle cause di prelazione (prededucibili, privilegiati, chirografari). Nessun creditore può essere privilegiato extra-legalmente.
- Azione revocatoria fallimentare: rimedio a disposizione del curatore per annullare gli atti compiuti dall’impresa prima del fallimento che abbiano leso le ragioni dei creditori (es. pagamenti parziali fraudolenti, alienazioni a terzi senza corrispettivo, garanzie prestate agli ultimi creditori).
15. Bibliografia e normativa di riferimento
- Codice Civile: artt. 2247-bis, 2248 (imprenditore commerciale); artt. 2475-2476 (scioglimento SRL per perdite/capitali, responsabilità amministratori); art. 2486 c.c. (poteri/doveri amministratori, quantificazione danno); artt. 2437-2530 c.c. (società di capitali, scioglimento).
- Decreto Legislativo 14 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), con successive modifiche e correttivi (D.Lgs. 83/2022, 136/2024, ecc.). Contiene le nuove regole su crisi, allerta, composizione negoziata, concordati, liquidazione giudiziale. Articoli chiave: art. 2 (definizioni crisi/insolvenza, impresa minore); art. 3 (doveri del debitore); art. 17-25 CCII (composizione negoziata); art. 67 (accordi di ristrutturazione); art. 120-122 (liquidazione giudiziale); art. 378 (responsabilità amministratori).
- Legge 19 ottobre 2017, n. 155: legge delega per la riforma della crisi d’impresa.
- Legge fallimentare (L. n. 267/1942): ancora applicabile alle procedure aperte prima del 15/7/2022. Contiene disposizioni su liquidazione fallimentare, azioni revocatorie, procedura concorsuale, ecc. (es. artt. 1-10 su presupposti, art. 5 creditori, artt. 104-109 contratti, art. 147 estensione del fallimento).
- L. 147/2021 (convertito da DL 118/2021): ha attuato la delega UE in Italia. Introduce la composizione negoziata (poi trasfusa nel CCII) e il concordato semplificato.
- D.Lgs. 83/2022: recepisce Direttiva UE 2019/1023. Introdotti il PRO e altre misure.
- D.Lgs. 136/2024 (cd. Correttivo-ter): ulteriore modifica del CCII.
- Sentenze: tra le più importanti: Cass. SS.UU. 3 febbraio 2010, n. 1741 (economicamente irrilevanti oggi); Cass. n. 24138/2019 (limiti impresa minore); Cass. n. 1836/2023 (responsabilità amministratori, nonché Cass. 26949/2021 su riallineamento art. 2086 c.2); Cass. 6 luglio 2022, n. 21379 (incidenza art.147 L.F., limitato alle società di persone); varie pronunce di Corti d’appello (es. Venezia 11/3/2021 su prova limiti fallibilità).
Hai una SRL in difficoltà? Fatti aiutare da Studio Monardo
Non tutte le SRL possono essere dichiarate fallite: servono requisiti precisi. E con gli strumenti giusti, il fallimento si può anche evitare.
Fatti aiutare da Studio Monardo.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Verifica se la tua SRL ha i requisiti legali per essere sottoposta a liquidazione giudiziale (ex fallimento)
📑 Valuta alternative come la composizione negoziata o la liquidazione controllata
⚖️ Ti assiste nella redazione degli atti e nella gestione dei rapporti con creditori e fornitori
✍️ Prepara piani per evitare la responsabilità degli amministratori in caso di insolvenza
🔁 Ti rappresenta in tribunale durante le fasi della crisi o dell’eventuale procedura concorsuale
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto societario e crisi d’impresa
✔️ Consulente per amministratori e soci nella gestione del rischio fallimentare
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Una SRL può fallire solo se supera determinate soglie di indebitamento e insolvenza.
Con l’assistenza legale giusta puoi prevenirlo, gestire la crisi e proteggere sia l’azienda che te stesso.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: