Quali Sono I Requisiti Per Presentare Un’Istanza Di Esdebitazione?

Hai accumulato debiti che non riesci più a pagare e stai cercando una soluzione per ripartire da zero? Hai sentito parlare di esdebitazione, ma non sai se hai i requisiti per accedervi e come funziona davvero?

L’esdebitazione è lo strumento che ti permette di liberarti legalmente dai debiti residui, quando non hai più la possibilità concreta di pagarli. Ma non tutti possono accedere a questa procedura: servono condizioni precise, e spesso serve anche una strategia legale ben costruita.

Chi può presentare istanza di esdebitazione? Solo chi ha fatto una procedura precedente? Cosa bisogna dimostrare?

Per richiedere l’esdebitazione devi aver affrontato o concluso una procedura di sovraindebitamento o liquidazione. In altre parole, non basta dire di essere in difficoltà economica: devi dimostrare di aver agito in buona fede, di non avere nascosto beni o falsificato documenti, e di essere oggettivamente incapace di far fronte ai debiti rimasti.

Inoltre, devi essere un soggetto “non fallibile”: quindi un consumatore, un ex imprenditore sotto soglia, un lavoratore autonomo, un professionista o un pensionato. Anche chi ha già pagato una parte dei debiti attraverso un piano può chiedere la cancellazione del residuo, se dimostra di aver fatto tutto il possibile.

E se non ho nulla da offrire? Posso comunque accedere all’esdebitazione?

Sì, esiste una forma chiamata “esdebitazione del debitore incapiente”, pensata per chi non ha beni, né entrate sufficienti, ma dimostra di essere in una condizione economica stabile e trasparente. In questi casi, è possibile azzerare il debito senza pagare nulla, ma è fondamentale che la richiesta sia presentata nel modo giusto e con la documentazione completa.

In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in esdebitamento, sovraindebitamento e tutela del debitore – ti spiega quali sono i requisiti per accedere all’esdebitazione, chi può fare domanda, cosa bisogna dimostrare e come possiamo aiutarti a ripartire senza più debiti.

Non riesci più a uscire dai debiti e ti chiedi se puoi davvero azzerarli? Hai paura di non avere i requisiti giusti o di commettere errori nella procedura?

Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: valuteremo insieme la tua situazione, controlleremo se hai i requisiti per accedere all’esdebitazione e ti guideremo passo dopo passo nella procedura per chiudere i tuoi debiti e tornare a vivere con serenità.

Introduzione

L’esdebitazione è il meccanismo giuridico che consente a un debitore sovraindebitato – tipicamente una persona fisica, imprenditore individuale o socio di società di persone – di ottenere la liberazione dai debiti residui non pagati al termine di una procedura concorsuale con liquidazione dei beni. In altre parole, i crediti che sono rimasti insoddisfatti nell’ambito della procedura diventano inesigibili nei confronti del debitore. Questo istituto, introdotto per la prima volta nella legge fallimentare nel 2006, incarna il principio della “seconda chance”: offre al debitore onesto ma sfortunato la possibilità di ripartire senza il fardello dei debiti pregressi, favorendone il reinserimento nell’economia e scongiurando l’esclusione finanziaria.

Nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) – D.Lgs. 14/2019, entrato in vigore definitivamente dal 15 luglio 2022 – l’esdebitazione è disciplinata agli articoli 278–283 CCII (come modificati dal D.Lgs. 83/2022 e dal D.Lgs. 136/2024). Tali norme hanno innovato e ampliato la portata dell’istituto rispetto alla previgente legge fallimentare (artt. 142–144 L.Fall.) e alla legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012), recependo anche i principi della direttiva UE 2019/1023 in materia di ristrutturazione e seconda opportunità. In particolare, il CCII prevede oggi un percorso di esdebitazione sia nell’ambito della liquidazione giudiziale (il nuovo nome del fallimento) che nella liquidazione controllata (procedura concorsuale per debitori non fallibili, ex L. 3/2012), introducendo inoltre una forma straordinaria di esdebitazione “a zero” per il debitore incapiente (privo di beni e redditi). Il punto di vista adottato in questa guida è quello del debitore richiedente: vedremo dunque quali sono i requisiti (soggettivi, oggettivi e di condotta) per presentare un’istanza di esdebitazione e ottenere il beneficio, come procedere concretamente e quali effetti produce l’esdebitazione, con un linguaggio tecnicamente accurato ma accessibile anche ai non addetti ai lavori.

Nei paragrafi che seguono esamineremo dapprima il quadro normativo aggiornato al 2025 e le condizioni richieste dalla legge per accedere al beneficio. Verranno poi descritti separatamente il procedimento di istanza di esdebitazione nel caso di liquidazione giudiziale e di liquidazione controllata, nonché la speciale procedura di esdebitazione del debitore incapiente (ex art. 283 CCII). Saranno incluse tabelle riepilogative dei requisiti a seconda della tipologia di soggetto (consumatore, imprenditore individuale, società) e simulazioni pratiche che illustrano l’applicazione della disciplina a casi concreti. In chiusura, una sezione di FAQ (domande frequenti) affronterà i dubbi interpretativi più comuni. Tutte le affermazioni nel testo sono corredate da fonti normative, dottrinali o giurisprudenziali aggiornate – elencate in una sezione finale – così da fornire un riferimento affidabile al lettore.

Quadro normativo aggiornato (giugno 2025)

La disciplina dell’esdebitazione è oggi contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, come successivamente modificato. In particolare, rilevano:

  • Articoli 278–281 CCIIEsdebitazione nella liquidazione giudiziale: introducono e regolano l’esdebitazione nell’ambito del “nuovo fallimento” (liquidazione giudiziale). L’art. 278 definisce l’oggetto e l’ambito di applicazione dell’esdebitazione; l’art. 279 stabilisce eventuali condizioni temporali di accesso; l’art. 280 elenca le condizioni soggettive per ottenere il beneficio; l’art. 281 delinea il procedimento da seguire per presentare l’istanza in sede di chiusura della liquidazione giudiziale (o decorso un certo tempo).
  • Articoli 282–283 CCIIEsdebitazione nella liquidazione controllata e debitore incapiente: disciplinano l’esdebitazione nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. In particolare, l’art. 282 riguarda l’esdebitazione conseguente a liquidazione controllata (procedura liquidatoria riservata a debitori “minori” sovraindebitati), mentre l’art. 283 CCII – introdotto in sede di riforma – prevede una procedura speciale per il debitore persona fisica incapiente, ossia privo di qualsiasi utilità da offrire ai creditori. Quest’ultima novità consente, a rigorose condizioni, l’esdebitazione anche di chi non dispone di beni da liquidare.
  • Modifiche del 2022-2024: la versione originaria del CCII è stata integrata dal D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 (attuativo della direttiva UE 2019/1023) e recentemente dal D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136. Quest’ultimo, in vigore dal 28 settembre 2024, ha tra l’altro modificato alcune rubriche e commi degli art. 278–282, rafforzando il principio del fresh start rapido per il debitore onesto. Ad esempio, è stato espunto ogni residuo riferimento al requisito di pagamento parziale dei creditori (soddisfacimento) come condizione per l’esdebitazione, in linea con l’orientamento giurisprudenziale costituzionalmente orientato. Inoltre, è ora previsto espressamente il diritto del debitore di ottenere l’esdebitazione entro 3 anni dall’apertura della procedura liquidatoria, anche se questa non è ancora terminata – attuando così l’indicazione della direttiva europea di liberare il debitore onesto “entro un periodo massimo di tre anni”.
  • Giurisprudenza rilevante: La giurisprudenza italiana, inclusa la Corte di Cassazione, ha contribuito a delineare i presupposti applicativi dell’esdebitazione sia sotto la vigenza della vecchia legge fallimentare che nel nuovo contesto normativo. Di particolare rilievo sono: la Cass. civ. Sez. Unite n. 3819/2021 (che ha chiarito la compatibilità dell’esdebitazione dei debiti IVA con il diritto UE e la generale includibilità di tutti i debiti concorsuali, tributi compresi, salvo quelli espressamente esclusi); le pronunce di Cassazione del 2024 che, anche alla luce del CCII, hanno ribadito come il criterio decisivo sia la meritevolezza del debitore e non la percentuale di soddisfacimento dei creditori; nonché le prime applicazioni pratiche delle nuove norme da parte dei Tribunali di merito (es. Trib. Torino 2025, Trib. Oristano 2024, Trib. Ferrara 2025) in tema di esdebitazione del debitore incapiente e di esdebitazione “anticipata” decorso il triennio. I riferimenti a tali pronunce saranno citati nel corso della guida, ove rilevanti, per evidenziare gli orientamenti emersi sino a giugno 2025.

In sintesi, la cornice normativa attuale dell’esdebitazione è fortemente improntata al favor debitoris: ogni debitore sovraindebitato meritevole, persona fisica, ha il diritto di essere liberato dai debiti residui attraverso l’esdebitazione al termine (o nel corso) di una procedura liquidatoria concorsuale, salvo tassative eccezioni. Nei paragrafi successivi analizzeremo nel dettaglio quali sono i requisiti per poter accedere a questo beneficio, distinguendo le diverse tipologie di soggetti e procedure coinvolte.

Presupposti e requisiti per l’esdebitazione

Per poter presentare un’istanza di esdebitazione con successo, il debitore deve soddisfare una serie di requisiti previsti dal Codice della crisi. Tali requisiti possono essere suddivisi in tre categorie: presupposti oggettivi (inerenti alla procedura concorsuale di liquidazione), requisiti soggettivi di meritevolezza (inerenti alla condotta e alla storia del debitore) e ulteriori condizioni (limitazioni temporali, frequenza, ed esclusioni di legge). Di seguito esaminiamo ciascuno di questi aspetti dal punto di vista del debitore richiedente.

Presupposti oggettivi: procedura di liquidazione e debiti concorsuali

  • Procedura concorsuale con liquidazione dei beni: L’esdebitazione può aver luogo solo all’esito (o nell’ambito) di una procedura concorsuale che preveda la liquidazione del patrimonio del debitore. In pratica, il debitore deve essere stato assoggettato a una liquidazione giudiziale (se imprenditore “fallibile”) oppure a una liquidazione controllata (se consumatore, professionista o piccolo imprenditore sovraindebitato). Non è ammessa esdebitazione al di fuori di queste procedure: ad esempio, non è prevista nell’ambito di un concordato preventivo o di un concordato minore (che hanno diversa natura), né a favore di debitori che non abbiano affrontato alcuna procedura concorsuale. L’art. 278 CCII stabilisce chiaramente che l’esdebitazione “comporta l’inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti all’esito di una procedura concorsuale con liquidazione dei beni”. Dunque il primo requisito oggettivo è che vi sia stata una liquidazione concorsuale del patrimonio.
  • Debiti ammessi al beneficio (debiti concorsuali): L’esdebitazione riguarda solo i debiti concorsuali residui, ossia quelli sorti prima dell’apertura della procedura e rimasti insoddisfatti in essa. I debiti estranei alla procedura non sono toccati (ma generalmente tutti i debiti antecedenti dovrebbero essere stati ricompresi nel concorso, salvo eccezioni di legge). Inoltre, vi sono categorie di debiti tassativamente escluse dall’esdebitazione, elencate dall’art. 278 CCII. Non possono essere cancellati in nessun caso: (a) gli obblighi di mantenimento e alimentari (es. assegni dovuti al coniuge o ai figli); (b) i debiti derivanti da risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale; (c) le sanzioni pecuniarie amministrative o penali che non siano accessorie a debiti estinti. Queste tre tipologie di crediti restano dunque esigibili anche dopo l’esdebitazione. Si tratta delle stesse esclusioni già previste dalla previgente legge fallimentare (art. 142, co.3 L.F.) e confermate dal nuovo Codice. Al contrario, tutti gli altri debiti concorsuali – inclusi quelli fiscali e contributivi verso Erario ed enti previdenziali – possono essere oggetto di esdebitazione. Su questo punto, la Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che anche i debiti IVA rientrano tra quelli cancellabili, non essendo i tributi esclusi ex lege dal beneficio. In passato vi era incertezza, poiché l’IVA è considerata “risorsa propria” dell’UE; tuttavia, la Corte di Giustizia UE e la Suprema Corte hanno confermato che la normativa italiana può estinguere i debiti IVA in sede di esdebitazione del fallito senza violare il diritto comunitario. Pertanto, un debitore meritevole può essere liberato anche da debiti tributari (IVA inclusa) e dai contributi previdenziali non versati, fatto salvo che tali crediti fossero stati insinuati nella procedura concorsuale.

Nota: L’esdebitazione non estingue le garanzie reali (es. ipoteche) sui beni eventualmente non liquidati: i creditori garantiti conservano il diritto di escutere il bene ipotecato o pignorato, se ancora esistente. Inoltre, l’esdebitazione non libera eventuali coobbligati o fideiussori del debitore: i terzi obbligati in solido restano tenuti per intero verso i creditori. L’unica eccezione riguarda i soci illimitatamente responsabili di società di persone: se la società fallita ottiene l’esdebitazione, ne beneficiano anche i soci illimitati per i debiti sociali. Torneremo oltre sul punto, in riferimento alle diverse tipologie di soggetti.

Requisiti soggettivi di meritevolezza (condotta del debitore)

Oltre al presupposto di una procedura liquidatoria concorsuale, il debitore deve dimostrarsi meritevole del beneficio, ossia aver tenuto un comportamento onesto e collaborativo sia prima che durante la procedura. Il CCII elenca in modo puntuale le condizioni soggettive che devono ricorrere affinché l’esdebitazione possa essere concessa (art. 280, co.1, per la liquidazione giudiziale, richiamato poi dall’art. 282 per la liquidazione controllata). I principali requisiti di meritevolezza sono:

  • Assenza di condanne per reati gravi legati all’insolvenza: Il debitore non deve essere stato condannato, con sentenza definitiva, per reati fallimentari (come la bancarotta fraudolenta) o per altri gravi reati commessi in connessione con l’attività d’impresa (delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, ecc.). Questa condizione mira ad escludere dal beneficio i soggetti che abbiano commesso frodi o illeciti rilevanti ai danni dei creditori o del sistema economico. Se è pendente un procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende la decisione sull’esdebitazione in attesa dell’esito. Va precisato che la legge fa salva l’ipotesi in cui il debitore abbia ottenuto la riabilitazione penale per quel reato: in tal caso la condanna non è più ostativa. Nel contesto delle procedure di sovraindebitamento, analogamente, è richiesto che il debitore non sia stato condannato per i reati previsti dall’art. 344 CCII (che include le fattispecie criminose rilevanti in ambito concorsuale). In sintesi, nessuna condanna per frodi gravi: l’esdebitazione è preclusa ai debitori che abbiano commesso frodi ai creditori, distratto beni o falsificato le proprie scritture con rilievo penale.
  • Assenza di comportamenti dolosi o gravemente colposi verso i creditori: Il debitore non deve aver tenuto condotte tali da aggravare fraudolentemente il dissesto o pregiudicare i creditori. L’art. 280 CCII specifica ad esempio che il debitore non deve aver distratto o occultato parte dell’attivo, né aver esposto passività insussistenti, né aver cagionato o aggravato il dissesto con operazioni imprudenti rendendo difficile la ricostruzione del patrimonio, né aver fatto ricorso abusivo al credito poco prima della crisi. In altri termini, non bisogna essere la causa deliberata o gravemente colposa del proprio fallimento/sovraindebitamento. Nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento, questa idea è espressa richiedendo che il debitore non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Ad esempio, un consumatore che abbia accumulato debiti per spese voluttuarie vivendo al di sopra delle proprie possibilità in modo irresponsabile potrebbe essere considerato non meritevole (colpa grave). La valutazione della meritevolezza spetta al giudice, caso per caso, ma deve basarsi su comportamenti oggettivi. La Cassazione ha osservato che anche sotto la vecchia legge fallimentare la meritevolezza (intesa come correttezza di condotta) è il presupposto decisivo per l’esdebitazione. Significativamente, persino in presenza di percentuali irrisorie di pagamento ai creditori, se il debitore ha agito onestamente e non ha colpe gravi, il beneficio va concesso (principio del favor debitoris). Lo scopo della norma è infatti premiare il debitore onesto ma sfortunato, negando invece la cancellazione dei debiti a chi abbia frodato i creditori.
  • Collaborazione con gli organi della procedura: Il debitore deve aver cooperato lealmente durante la procedura concorsuale. In particolare, non deve aver ostacolato o rallentato le operazioni di liquidazione e deve aver fornito al curatore o al liquidatore tutte le informazioni e i documenti necessari per il buon andamento della procedura. Questo implica, ad esempio, aver depositato l’elenco completo dei creditori, aver messo a disposizione i propri beni senza simulare atti di disposizione, aver partecipato agli interrogatori e fornito chiarimenti, etc. Un comportamento ostruzionistico o reticente può far perdere il diritto all’esdebitazione. Tale requisito riprende quanto già previsto in passato (la cooperazione attiva del fallito) e si collega anch’esso alla meritevolezza: un debitore trasparente e collaborativo è considerato meritevole di clemenza sui debiti residui.

In definitiva, il filo conduttore dei requisiti soggettivi è la meritevolezza del debitore. Come sintesi, possiamo affermare: niente frodi, niente reati, niente mala fede o negligenza grave, e piena collaborazione nella procedura. Se queste condizioni sono soddisfatte (e gli altri presupposti oggettivi visti sopra sono presenti), il debitore ha diritto all’esdebitazione secondo la legge. In caso contrario, l’istanza verrà rigettata dal tribunale per indegnità del debitore a godere del beneficio. Nel prosieguo, vedremo come il tribunale verifica tali condizioni e in quali casi particolari (ad esempio, debitore incapiente) sono richiesti requisiti in parte diversi o ulteriori garanzie per i creditori.

Ulteriori condizioni e limitazioni: tempi, frequenza e casi speciali

Oltre ai requisiti oggettivi e soggettivi già descritti, la normativa prevede alcune condizioni aggiuntive riguardanti i tempi e la frequenza dell’esdebitazione, nonché dei casi particolari:

  • Tempistica della richiesta – Chiusura o 3 anni dall’apertura: Tradizionalmente, l’esdebitazione veniva concessa dopo la chiusura del fallimento. Il CCII oggi prevede invece espressamente che il debitore possa ottenere l’esdebitazione entro 3 anni dall’apertura della procedura, anche se questa non è ancora conclusa. In pratica, vi sono due momenti possibili per l’istanza: (a) alla chiusura della procedura di liquidazione (ossia quando il tribunale emette il decreto di chiusura per completata liquidazione/distribuzione); (b) decorso il termine di 3 anni dall’apertura della procedura, se questa si protrae più a lungo (c.d. esdebitazione anticipata). L’art. 281 CCII stabilisce che il tribunale, su istanza del debitore, contestualmente al decreto di chiusura dichiara l’inesigibilità dei debiti residui. Allo stesso modo, su istanza, può provvedere una volta trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione giudiziale. Similmente, per la liquidazione controllata l’art. 282 prevede che l’esdebitazione opera di diritto al momento della chiusura o dopo tre anni dall’apertura. Questa novità tutela il debitore da procedure troppo lunghe: trascorsi 3 anni, egli ha diritto al fresh start (salvo, ovviamente, il rispetto degli altri requisiti di legge). Da notare che se la procedura si chiude prima dei 3 anni, l’esdebitazione interviene subito alla chiusura; se invece dura oltre, al terzo anno si può ottenere l’esdebitazione pur in presenza di attività ancora in corso (in tal caso il procedimento concorsuale proseguirà solo per distribuire eventuali sopravvenienze ai creditori, ma senza più la responsabilità personale del debitore).
  • Limiti alla reiterazione del beneficio: L’esdebitazione non può essere concessa troppe volte allo stesso soggetto. In particolare, non è ammessa se il debitore ha già beneficiato di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. Inoltre, la legge pone un tetto massimo: non più di due esdebitazioni nell’arco della vita del debitore. Queste clausole anti-abuso (già presenti nella legge fallimentare) impediscono al debitore di ottenere cancellazioni dei debiti in serie. Dunque, un soggetto che abbia ottenuto l’esdebitazione dovrà attendere almeno 5 anni per poterne chiedere un’altra in caso di nuova insolvenza, e in ogni caso dopo due esdebitazioni riuscite non avrà accesso a una terza. Va precisato che queste limitazioni si riferiscono al beneficio ottenuto: se un debitore presenta istanza ma gli viene negata per indegnità, ciò non dovrebbe contare come “beneficio goduto” ai fini del divieto (potrebbe riprovare se in futuro ricorressero i presupposti, ferma restando la nuova procedura concorsuale).
  • Casi di esclusione o revoca del beneficio: Oltre alle esclusioni oggettive di taluni debiti (già viste) e alle preclusioni per indegnità o per esdebitazioni pregresse, vi sono situazioni in cui l’esdebitazione può essere negata o revocata d’ufficio. In particolare, se emergono dopo la chiusura della procedura elementi che avrebbero impedito la concessione (es. il debitore aveva occultato beni, o viene condannato per un reato ostativo), il tribunale può revocare l’esdebitazione già accordata. Si tratta tuttavia di ipotesi eccezionali: di norma, una volta ottenuto, il beneficio è definitivo e irrevocabile, a tutela dell’affidamento del debitore “liberato”. Ad esempio, se dopo l’esdebitazione si scopre che il debitore aveva dolosamente nascosto un immobile per sottrarlo ai creditori, il provvedimento potrà essere annullato e quei crediti torneranno esigibili (si configura un dolo del debitore rilevante ai fini della revoca). Su questo fronte, l’art. 144 L.Fall. previgente prevedeva la revoca entro un anno dal decreto in caso di atti in frode o di migliorata condizione economica non comunicata. Il CCII ha presumibilmente mantenuto una disciplina analoga (verosimilmente nell’ambito dell’art. 279 o 282 CCII, pur se non esplicitata nei commi citati): in ogni caso, dottrina e prassi confermano che dolo o frode scoperti a posteriori sono causa di revoca del beneficio. Al di fuori di ciò, l’esdebitazione concessa produce effetti definitivi.

I requisiti sopra elencati rappresentano il filtro di meritevolezza e ammissibilità disegnato dal legislatore. Solo se tutti sono soddisfatti il debitore può legittimamente aspirare alla cancellazione dei debiti. Nel prossimo capitolo, descriveremo come e quando il debitore può presentare l’istanza di esdebitazione in pratica, distinguendo i due scenari principali: liquidazione giudiziale ed liquidazione controllata. Successivamente, tratteremo a parte l’iter particolare dell’esdebitazione del debitore incapiente, che pur condividendo molti requisiti, presenta alcune peculiarità procedurali e aggiuntive garanzie per i creditori.

Procedimento per presentare l’istanza di esdebitazione

Dal punto di vista pratico, le modalità di richiesta e concessione dell’esdebitazione differiscono leggermente a seconda del tipo di procedura concorsuale da cui originano. Analizziamo separatamente: (A) il procedimento nell’ambito di una liquidazione giudiziale (ex fallimento); (B) il procedimento nell’ambito di una liquidazione controllata da sovraindebitamento; (C) la procedura speciale per il debitore incapiente. In ciascun caso, adotteremo il punto di vista del debitore che intende presentare l’istanza, evidenziando i passi da compiere, il ruolo degli organi della procedura e l’esito atteso.

A. Istanza di esdebitazione nella Liquidazione Giudiziale

Contesto: la liquidazione giudiziale è la procedura concorsuale prevista per gli imprenditori insolventi assoggettabili a fallimento (ovvero sopra le soglie di non fallibilità) e, più in generale, per i soggetti indicati all’art. 121 CCII. In essa opera un curatore e vi è un tribunale fallimentare competente. Al termine della liquidazione dell’attivo, il tribunale emette un decreto di chiusura della procedura. È in tale sede – o decorso il triennio, se prima della chiusura – che matura il diritto all’esdebitazione.

Presentazione dell’istanza: Il debitore persona fisica (sia esso un imprenditore individuale o un socio illimitatamente responsabile di società fallita) può presentare istanza di esdebitazione al tribunale prima della chiusura della liquidazione giudiziale. Di norma, l’istanza si propone contestualmente all’udienza di chiusura: l’art. 281 comma 1 CCII dispone infatti che il tribunale, su istanza del debitore, contestualmente al decreto di chiusura della procedura dichiara l’inesigibilità dei debiti non soddisfatti, previa verifica dei requisiti. In pratica, quando il curatore deposita il conto finale e piano di riparto finale, il debitore può contestualmente depositare la propria istanza di esdebitazione, dichiarando di voler accedere al beneficio e attestando (anche mediante autocertificazione e documenti allegati) la sussistenza delle condizioni di legge. Non esiste un modello nazionale unico, ma molti tribunali forniscono fac-simili: in genere l’istanza contiene l’indicazione della procedura, le generalità del debitore e una dichiarazione dettagliata sul possesso dei requisiti (assenza di condanne, condotta tenuta, assenza di precedenti esdebitazioni, ecc.), eventualmente corredata da documenti (casellario giudiziale, certificati penali, relazione del curatore).

Ruolo del curatore e dei creditori: Una volta depositata, l’istanza del debitore deve essere comunicata dal curatore a tutti i creditori ammessi al passivo, i quali hanno la possibilità di presentare osservazioni entro 15 giorni. Il curatore stesso svolge un ruolo attivo: nel suo rapporto riepilogativo finale egli deve dare atto dei fatti rilevanti per la concessione o il diniego del beneficio. In pratica il curatore relaziona al tribunale sul comportamento del debitore durante la procedura (cooperazione, trasparenza) e su eventuali circostanze ostative (es. se ha scoperto atti in frode, somme distratte, ecc.). Anche il comitato dei creditori o il giudice delegato possono esprimere pareri. I creditori dal canto loro, pur non avendo un vero potere di veto, possono segnalare al tribunale elementi contrari (ad esempio, contestare la meritevolezza del debitore portando prove di sue scorrettezze). Trascorso il termine per le osservazioni, l’istanza è pronta per la decisione.

Decisione del tribunale: Il tribunale (di regola in composizione collegiale, sezione fallimentare) procede alla verifica dei presupposti. Deve “sentire gli organi della procedura” (curatore e comitato) e verificare la sussistenza delle condizioni di cui agli artt. 278, 279, 280 CCII – in sostanza, i requisiti oggettivi e soggettivi esaminati sopra. Se tutti i presupposti sono soddisfatti, il tribunale emette il decreto di esdebitazione, contestualmente al decreto di chiusura (se a fine procedura) oppure con separato decreto qualora siano trascorsi 3 anni dall’apertura. Questo decreto dichiara inesigibili nei confronti del debitore tutti i debiti concorsuali residui. Attenzione: nell’ipotesi di esdebitazione anticipata (ante chiusura, dopo 3 anni), la legge prevede che la procedura di liquidazione giudiziale possa comunque proseguire per le operazioni non ancora concluse (ad es. cause pendenti, riparti supplementari) e che l’esdebitazione non incida su tali operazioni. In pratica, il debitore viene liberato personalamente, ma se emergono sopravvenienze attive queste andranno comunque ai creditori: il decreto stabilisce infatti che l’esdebitazione avrà effetto solo per la parte di debito definitivamente non soddisfatta all’esito di eventuali ulteriori riparti. Si tratta di una tutela per i creditori qualora dopo il “fresh start” del debitore vengano recuperate ulteriori somme dalla liquidazione.

Il decreto di accoglimento viene comunicato al debitore, al curatore e ai creditori ammessi al passivo. Esso viene inoltre iscritto dal cancelliere al Registro delle Imprese (per pubblicità notizia). Dal momento della comunicazione, decorre un termine di 30 giorni per eventuale reclamo: sia il debitore che i creditori possono proporre reclamo alla Corte d’Appello se ritengono il provvedimento viziato. Ad esempio, un creditore potrebbe reclamare contro l’esdebitazione concessa sostenendo che il debitore in realtà aveva frodato i creditori; viceversa, il debitore potrebbe reclamare contro un decreto di diniego (anche se in tal caso il provvedimento di diniego verrebbe emesso similmente con le stesse forme). Decorsi 30 giorni senza reclami, il decreto diventa definitivo.

Diniego dell’esdebitazione: Se il tribunale ravvisa cause ostative (es: accerta che il debitore non è meritevole, oppure che manca qualche condizione), emetterà un provvedimento di diniego, motivato con l’indicazione delle preclusioni (ex art. 280 co.1 e co.2 CCII). Anche tale provvedimento va comunicato alle parti e soggiace a reclamo nei 30 giorni. In caso di rigetto definitivo, il debitore resta obbligato verso tutti i debiti residui. Potrà eventualmente tentare in futuro una nuova esdebitazione solo se interviene una nuova procedura concorsuale (ipotesi ovviamente estrema, che il legislatore cerca di evitare anche tramite le limitazioni sulle reiterazioni viste sopra).

Sintesi operativa (esdebitazione in liquidazione giudiziale): Il debitore persona fisica fallito deve: i) attendere la fase finale (chiusura) o il terzo anno della procedura; ii) depositare istanza al tribunale fallimentare dichiarando i requisiti di legge; iii) cooperare con il curatore che trasmette l’istanza ai creditori; iv) comparire all’udienza di chiusura e rispondere ad eventuali quesiti del giudice; v) ottenere dal tribunale il decreto di esdebitazione se meritevole. Da quel momento cessa ogni sua responsabilità residua per i debiti anteriori (salvo quelli non cancellabili). L’intero procedimento è in buona parte endoprocedurale (si svolge dentro il fallimento stesso, con la stessa numerazione di ruolo). Non sono dovuti contributi unificati ulteriori e, data la natura di diritto del debitore onesto, il tribunale non può rifiutare il beneficio se tutte le condizioni di legge ricorrono.

È importante notare infine che il CCII, nell’ottica di semplificazione, ha introdotto in origine il concetto di esdebitazione di diritto. In base al testo attuale, nella liquidazione controllata (vedi oltre) l’esdebitazione interviene automaticamente a certe condizioni, senza necessità di specifica istanza del debitore. Nel caso della liquidazione giudiziale, però, permane la necessità dell’istanza (non c’è automatismo puro), sebbene il tribunale possa/dovrebbe informare d’ufficio il debitore prossimo alla chiusura della possibilità di presentare domanda. Alcuni tribunali già allegano ai decreti di chiusura un avviso circa il diritto all’esdebitazione entro 30 giorni. In ogni caso è buona prassi per il debitore fallito attivarsi per tempo, magari tramite il proprio avvocato, per non perdere questa opportunità al momento della chiusura del fallimento.

B. Istanza di esdebitazione nella Liquidazione Controllata (sovraindebitamento)

Passiamo ora al caso del debitore sovraindebitato (consumatore, piccolo imprenditore sotto soglia, professionista, start-up innovativa non fallibile, ente non commerciale, etc.) che accede alla liquidazione controllata del suo patrimonio ai sensi degli artt. 268 ss. CCII (procedura che ha sostituito la “liquidazione del patrimonio” della L. 3/2012). In tale procedura opera un liquidatore nominato dal tribunale (spesso scelto tra i Gestori della crisi OCC) e vi è un giudice delegato. L’esdebitazione in questo contesto presenta dinamiche in parte analoghe a quelle viste per la liquidazione giudiziale, ma con qualche differenza rilevante, dovuta anche alla volontà del legislatore di automatizzare il fresh start per i sovraindebitati meritevoli.

Richiesta e automatismo: L’art. 282 CCII (come mod. D.Lgs 136/2024) prevede che “per le procedure di liquidazione controllata, l’esdebitazione opera a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre anni dalla sua apertura”, ed è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del debitore o su segnalazione del liquidatore. Ciò significa che, diversamente dal fallimento, non è indispensabile un’istanza formale del debitore: decorsi tre anni dall’apertura della liquidazione controllata, di diritto scatta la possibilità di esdebitazione, e il liquidatore stesso è tenuto a segnalarlo al tribunale, dando conto dei fatti rilevanti per concedere o negare il beneficio. In pratica, si crea un meccanismo semi-automatico: se dopo 3 anni la procedura è ancora aperta, il liquidatore informerà il tribunale sulla situazione del debitore e sulla sua meritevolezza, affinché il tribunale valuti l’esdebitazione anticipata; se la procedura invece si chiude prima, l’esdebitazione interviene contestualmente alla chiusura, sempre su impulso del liquidatore o su istanza del debitore. Questo sistema è coerente con l’obiettivo di rendere più celere e accessibile il fresh start per i consumatori sovraindebitati.

Procedura pratica: Dal punto di vista pratico, un debitore sovraindebitato in liquidazione controllata può certamente presentare istanza di esdebitazione volontaria, similmente al fallito, al termine o al terzo anno della procedura. Molti debitori depositano istanza scritta (anche qui, dichiarando i requisiti di legge). Tuttavia, anche in assenza di istanza, il liquidatore giudiziale ha l’obbligo di agire: se sono trascorsi 3 anni dall’apertura, deve trasmettere al tribunale una segnalazione evidenziando se il debitore possieda i requisiti (o le cause ostative) per l’esdebitazione. Ad esempio, il liquidatore attesterà se il soggetto è meritevole, se ha collaborato, se risultano condanne ostative, ecc., analogamente alla relazione del curatore nella liquidazione giudiziale. Tale segnalazione supplisce l’istanza del debitore e attiva il procedimento d’ufficio. Il cancelliere dà comunicazione dell’istanza (o segnalazione) ai creditori ammessi, i quali possono depositare osservazioni entro 15 giorni (il termine breve è lo stesso già visto). Non è prevista la comunicazione al Pubblico Ministero (nella versione originaria era contemplata, ma la riforma 2024 l’ha eliminata).

Decisione del tribunale: Il collegio tribunale (o il giudice delegato, a seconda dell’organizzazione locale) verifica la presenza delle condizioni di legge, in primis quelle di meritevolezza. L’art. 282 comma 2 stabilisce che l’esdebitazione opera se: “ricorrono le condizioni di cui all’art. 280, se il debitore non è stato condannato per i reati di cui all’art. 344 e se non ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode”. In altri termini, i criteri di merito sono gli stessi già visti: onestà, assenza di reati fallimentari e assenza di frode o colpa grave nell’indebitarsi. Se tutto risulta a posto, il tribunale emette il decreto motivato di esdebitazione, liberando il debitore da tutti i debiti concorsuali insoddisfatti. Il decreto viene pubblicato in apposita area web del tribunale o Ministero (come forma di pubblicità per i creditori), e comunicato a debitore e creditori. Anche qui, debitore e creditori hanno 30 giorni per proporre reclamo ex art. 124 CCII. In mancanza di reclami, il decreto diviene definitivo.

Differenze rispetto al fallimento: In sintesi, l’iter nella liquidazione controllata ricalca quello nella liquidazione giudiziale, con due differenze notevoli: (1) la possibile attivazione d’ufficio ad opera del liquidatore dopo 3 anni (quindi il debitore sovraindebitato può ottenere il beneficio anche se non espressamente richiesto, purché sia meritevole); (2) l’esdebitazione qui è concepita come un effetto “di diritto” a certe condizioni, rendendo il ruolo del tribunale più notarile che discrezionale – anche se, in pratica, il giudice verifica sempre la meritevolezza e può negare il beneficio se emergono cause ostative. Questa lieve differenza di filosofia (automatismo vs istanza) è giustificata dal diverso tipo di debitori coinvolti: spesso consumatori inesperti, che potrebbero non conoscere i loro diritti; la legge quindi affida al liquidatore il compito di tutelare l’interesse del debitore onesto a ripulirsi dai debiti.

Chiusura della procedura e atti successivi: Analogamente a quanto visto per la liquidazione giudiziale, anche nella liquidazione controllata l’esdebitazione non interrompe le operazioni ancora in corso. Ad esempio, se vi sono giudizi pendenti o beni ancora da liquidare, questi proseguiranno; eventuali somme recuperate verranno distribuite ai creditori, ma senza riaccendere la responsabilità personale del debitore oltre quanto definitivamente non pagato. Al termine ultimo, il debitore risulterà comunque libero da ogni obbligo residuo (salvi i debiti esclusi ex lege).

Esempio pratico: Tizio, consumatore sovraindebitato, ha avviato nel 2023 una liquidazione controllata del suo patrimonio. Nel 2025 (trascorsi 2 anni) la procedura non è ancora chiusa perché è in corso una causa per revocatoria. Tizio, che è disoccupato e nullatenente, chiede al liquidatore se potrà ottenere l’esdebitazione. Il liquidatore lo informa che dopo il primo trimestre 2026 scatteranno i tre anni dall’apertura e lui segnalerà al tribunale la possibilità di esdebitazione anticipata. Tizio nel frattempo fornisce al liquidatore il proprio casellario giudiziale (pulito) e documenti sui suoi tentativi di pagamento prima della crisi, per dimostrare la meritevolezza. Nel maggio 2026 il liquidatore invia la segnalazione al giudice, attestando che Tizio non ha colpa grave nella sua insolvenza (era dovuta alla perdita del lavoro e a spese mediche) e che ha collaborato. I creditori vengono avvisati ma non si oppongono formalmente. Il tribunale, riscontrati i requisiti, emette decreto di esdebitazione a giugno 2026, liberando Tizio da circa €100.000 di debiti residui. La liquidazione controllata però prosegue per altri sei mesi per concludere la causa revocatoria: quando questa si chiude positivamente recuperando €5.000, il liquidatore li distribuisce ai creditori (che quindi ottengono un piccolo riparto tardivo). Tizio, tuttavia, non deve più nulla oltre quelle somme: il decreto di esdebitazione aveva previsto che il beneficio opera per l’eventuale parte di debito non soddisfatta nemmeno da quegli ultimi recuperi. In definitiva Tizio ha ottenuto la cancellazione di tutto il restante. Questo scenario mostra come l’automatismo triennale funzioni a vantaggio del debitore meritevole, senza penalizzare i creditori per le sopravvenienze.

Negato accesso al beneficio: Anche in liquidazione controllata, se emergono situazioni di indegnità (es. Caio, debitore sovraindebitato, viene scoperto aver nascosto del denaro all’estero), il tribunale nega l’esdebitazione con decreto motivato ex art. 282 co.2. Caio rimane obbligato verso tutti i creditori per i debiti non soddisfatti e non potrà ripresentare un’istanza a breve (dovrebbe eventualmente aprire una nuova procedura di liquidazione molti anni dopo, scenario teorico). Si noti che negli ultimi anni i tribunali dell’esecuzione hanno sviluppato prassi per intercettare i casi di malafede: ad esempio il Tribunale di Milano richiede una relazione analitica dell’OCC sulla completezza della documentazione e sulle cause dell’indebitamento; altri tribunali, come Torino e Rimini, hanno elaborato parametri per misurare l’“incapienza” e la diligenza del debitore. Tali accorgimenti rafforzano il filtro di meritevolezza anche nelle procedure sovraindebitamento, evitando abusi.

C. Procedura speciale: Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII)

Una delle novità più significative introdotte dal Codice della Crisi è la possibilità di esdebitare una sola volta il debitore persona fisica incapiente, cioè colui che non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, né immediata né futura. Si tratta di un meccanismo di fresh start “a costo zero”, pensato per chi versa in condizioni di insolvenza talmente grave da non avere né beni liquidabili né redditi pignorabili da mettere a disposizione nella liquidazione controllata. In passato, un soggetto completamente privo di patrimonio non poteva accedere ad alcuna procedura utile (la L.3/2012 richiedeva comunque di offrire qualcosa, pena l’inammissibilità). Oggi invece, grazie all’art. 283 CCII, anche l’incapiente meritevole può ottenere la cancellazione dei debiti, purché rispetti rigorose condizioni e obblighi successivi.

Ecco in sintesi chi può accedere e come funziona questa speciale esdebitazione:

  • Soggetti ammessi: solo persone fisiche sovraindebitate che non possiedono beni né redditi aggredibili. L’art. 283, co.1 definisce il debitore incapiente come colui che “non è in grado di offrire ai creditori nessuna utilità, diretta o indiretta” nell’ambito di una procedura liquidatoria. In pratica: nessun immobile, nessun veicolo di valore, nessun conto con saldo rilevante, nessun stipendio o pensione sopra la soglia di impignorabilità. È un requisito molto stringente: il debitore deve provare di essere totalmente privo di risorse utili ai creditori. Ad esempio, se percepisce solo un modestissimo reddito da lavoro che serve a malapena al mantenimento suo e della famiglia, può considerarsi incapiente. Una modesta eccedenza di reddito, invece, potrebbe dover essere offerta. Indicativamente, la giurisprudenza ha preso come parametro l’assegno sociale: se il reddito supera le minime esigenze vitali, c’è “capacità” di offrire qualcosa e dunque niente procedura incapienti. Da qui l’importanza dell’assoluta incapienza.
  • Presupposti di meritevolezza: anche l’incapiente deve essere meritevole. Non è un condono generalizzato dei debiti: il debitore deve aver mantenuto un comportamento onesto. In particolare, la legge richiede (art. 283, co. 2) che ricorrano tutte le condizioni soggettive dell’art. 280 CCII (nessuna condanna per reati, nessun atto in frode, cooperazione, ecc.) e che il debitore non abbia fatto ricorso al beneficio nei precedenti 5 anni. Inoltre, l’accesso è precluso a chi dispone comunque di patrimoni liquidabili: la normativa nasce “per chi è incapiente” e non si applica a chi possiede beni, anche se in crisi. Di nuovo, il concetto è: solo il debitore onestissimo ma sfortunatissimo, che non ha letteralmente nulla, può aspirare a questa esdebitazione straordinaria.
  • Procedura di richiesta: L’istanza di esdebitazione dell’incapiente non avviene a fine procedura, bensì è essa stessa la procedura. Cioè il debitore incapiente non deve aprire una liquidazione controllata (non avendo beni da liquidare), ma presenta direttamente ricorso ai sensi dell’art. 283 CCII. Si tratta dunque di un procedimento autonomo davanti al tribunale competente (lo stesso delle procedure di sovraindebitamento). Il debitore deve depositare, con l’ausilio obbligatorio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), un ricorso contenente: l’elenco completo dei creditori, l’indicazione della propria totale incapienza patrimoniale, la dichiarazione di possesso dei requisiti soggettivi (meritevolezza) e l’impegno a rispettare gli obblighi imposti dalla norma. In allegato vanno prodotti i documenti attestanti la situazione economica (dichiarazioni dei redditi, stato di famiglia, estratti conto, ecc.) e una relazione dell’OCC che attesti la veridicità di quanto dichiarato e l’assenza di atti revocabili compiuti prima. In particolare, eventuali atti in frode ai creditori compiuti nei 5 anni precedenti vanno espressamente segnalati sia dal debitore (nel ricorso) che dall’OCC (nella relazione), pena la sanzione penale. Questo per assicurarsi che il debitore non abbia cercato di sottrarre beni prima di chiedere il beneficio.
  • Decisione ed effetti: Dopo la camera di consiglio (cui partecipano il debitore e l’OCC), se il tribunale ritiene sussistenti tutte le condizioni, emette un decreto di esdebitazione dell’incapiente che cancella tutti i debiti chirografari del debitore. Da quel momento, il debitore è liberato da ogni obbligazione precedente (salvo le solite esclusioni: alimenti, risarcimenti e sanzioni rimangono comunque dovuti). Tuttavia, il beneficio è concesso sub condicione: per i 4 anni successivi, il debitore ha l’obbligo di comunicare al tribunale (e di destinare ai creditori) le sopravvenienze utili rilevanti eventualmente conseguite. In pratica, se l’incapiente dovesse “risollevarsi” economicamente entro quattro anni dall’esdebitazione – ad esempio ricevendo un’eredità, vincendo alla lotteria, ottenendo un aumento di reddito consistente – dovrà mettere tali utilità a disposizione, fino a concorrenza dei debiti cancellati. La legge prevede un monitoraggio: il debitore ogni anno per 4 anni deve presentare un resoconto (ad es. il modello redditi) da cui risulti la sua situazione, dichiarando eventuali miglioramenti. Se emergono utilità sopravvenute, il tribunale può disporre che siano in parte attribuite ai creditori soddisfatti solo in minima parte nel decreto di esdebitazione. Questo meccanismo tutela i creditori da possibili “colpi di fortuna” del debitore immediatamente successivi alla cancellazione del debito: evita che un incapiente assolto dai debiti si arricchisca poco dopo lasciando i creditori a bocca asciutta. Decorso il quadriennio di vigilanza, l’effetto esdebitatorio diviene definitivo e irretrattabile, salvo si scopra un dolo iniziale (es. aveva mentito sui beni posseduti, nel qual caso il decreto può essere revocato).
  • Confronto con l’esdebitazione ordinaria: L’istituto dell’incapiente è complementare a quello ordinario. Chi ha anche minime utilità da offrire ai creditori non può usare l’art. 283, ma deve fare la liquidazione controllata normale. La chance dell’incapiente è “one-shot” e per definizione rivolta agli insolventi assoluti. In dottrina la si è definita un “esdebitazione a costo zero” che bilancia l’assenza di attivo con condizioni molto stringenti di accesso e di follow-up. Le prime applicazioni giurisprudenziali sono incoraggianti: ad esempio, il Tribunale di Foggia con decreto del 15.02.2023 ha concesso l’esdebitazione a un piccolo imprenditore incapiente, imponendogli poi di versare ai creditori il 50% di qualsiasi reddito eccedente l’assegno sociale nei 4 anni successivi. Il Tribunale di Oristano (decr. 29.07.2024) ha assolto una madre di famiglia oberata da debiti verso il fisco e le banche, rilevando la sua assoluta buona fede e l’assenza di patrimonio, nonostante i debiti tributari fossero ingenti (oltre 300 mila euro). Simili provvedimenti sono stati emessi dai Tribunali di Ravenna (2023), Torino (2025) e Ferrara (2025), confermando che la meritevolezza prevale sull’entità del debito: anche la presenza di debiti IVA molto elevati non impedisce l’esdebitazione dell’incapiente, se il sovraindebitamento non è frutto di frode ma di sventura. In tutti i casi, i giudici hanno sottolineato il ruolo centrale dell’OCC nel verificare la veridicità della situazione patrimoniale del debitore e nell’attestare che non vi fossero atti in frode nei periodi precedenti.

Conclusione su art. 283: Il debitore incapiente ha dunque una strada aperta per voltare pagina, ma deve essere onesto e… restare povero ancora per un po’. Se la sua situazione migliora sensibilmente entro quattro anni, i creditori avranno diritto a beneficiare in parte di tale miglioramento. Superato quel periodo, la persona sarà completamente riabilitata economicamente, e potrà ripartire senza debiti, proprio come chi ha completato una liquidazione normale. Va ricordato che questa procedura può essere utilizzata una sola volta nella vita (il CCII lo implica escludendo incapienti non meritevoli o recidivi), quindi è una sorta di “grazia” civile da giocarsi bene.


Di seguito, per maggiore chiarezza, presentiamo tabelle riepilogative dei requisiti e delle caratteristiche dell’esdebitazione a seconda della tipologia di soggetto. Successivamente, proporremo alcune simulazioni pratiche per esemplificare l’applicazione concreta della disciplina. Infine, affronteremo le FAQ più comuni in materia di esdebitazione.

Tabelle riepilogative dei requisiti per tipologia di soggetto

L’accesso all’esdebitazione è consentito al debitore persona fisica, sia che operi come privato consumatore sia come imprenditore (individuale o socio illimitato), mentre non rileva per le società di capitali in quanto entità giuridiche distinte. La seguente tabella comparativa sintetizza i requisiti principali e le condizioni di esdebitabilità a seconda della tipologia di soggetto:

N.B.: La tabella sopra distingue tra consumatore e imprenditore individuale per evidenziare sfumature nei requisiti, ma entrambi rientrano nella categoria di persona fisica. In ogni caso, i criteri di base di meritevolezza (onestà, nessuna frode, cooperazione) sono comuni. Le società di capitali sono incluse per completezza, pur non essendo destinatarie dell’esdebitazione. Per le società di persone (S.n.c., S.a.s.), l’esdebitazione viene di regola richiesta dalla società stessa in liquidazione giudiziale, ma serve in realtà a liberare i patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili dai debiti sociali residui.

Oltre ai requisiti, è utile riassumere anche gli effetti principali dell’esdebitazione e i debiti che rimangono esclusi, poiché ciò incide in modo identico su tutte le tipologie di soggetti ammessi. La seguente tabella fornisce un quadro di tali effetti:

Queste tabelle confermano in forma schematica i punti chiave della disciplina. In particolare, si evidenzia che la meritevolezza del debitore è il fulcro: i tribunali tendono a interpretare in senso favorevole al debitore onesto tutti gli elementi dubbi (ad es., considerare “parte del debito pagata” anche percentuali minime, pur di non negare l’esdebitazione), mentre sono inflessibili di fronte a comportamenti fraudolenti o gravemente scorretti.

Passiamo ora a degli esempi pratici, che aiuteranno a capire come questi requisiti operino in situazioni reali e quale sia il percorso concreto che porta un debitore dall’insolvenza all’esdebitazione.

Esempi pratici di applicazione (casi concreti)

Di seguito presentiamo alcune simulazioni pratiche che illustrano diverse casistiche di richiesta di esdebitazione, evidenziando l’applicazione dei requisiti e l’esito in ciascun caso.

Esempio 1: Imprenditore individuale meritevole ottiene l’esdebitazione

Scenario: Mario è un piccolo imprenditore commerciale (ditta individuale) che nel 2023 viene dichiarato insolvente. Il suo fallimento (liquidazione giudiziale) si chiude nel 2025 dopo la vendita dei beni aziendali, soddisfacendo i creditori soltanto in minima parte (pagato circa il 5% dei debiti). Mario, pur avendo causato il dissesto per la crisi economica, ha tenuto una condotta regolare: non ha distratto beni, ha consegnato tutti i documenti contabili al curatore e non ha commesso reati. Non ha precedenti esdebitazioni.

Azione: Su consiglio del suo avvocato, Mario presenta istanza di esdebitazione al tribunale fallimentare in sede di chiusura. Nell’istanza dichiara: di non aver subito condanne penali, di aver collaborato e di non aver agito con malafede; allega il casellario giudiziale pulito e una relazione del curatore che conferma la sua correttezza. I creditori vengono informati ma, vista l’irrisorietà del patrimonio, nessuno si oppone.

Esito: Il tribunale verifica i requisiti (ex art. 280 CCII) e, malgrado la bassa percentuale di soddisfacimento dei crediti, concede l’esdebitazione a Mario, ritenendolo meritevole. Nel decreto di chiusura della liquidazione giudiziale, viene contestualmente dichiarato inesigibile il restante 95% di debiti. Mario viene liberato da circa €200.000 di debiti residui (bancari, fornitori, fiscali) e cessa lo status di fallito. Può tornare a fare impresa senza il peso dei debiti pregressi. I creditori chirografari non soddisfatti non potranno più perseguirlo per quelle somme. Questo esempio riflette un caso tipico: un piccolo fallimento “onesto” in cui l’esdebitazione viene accordata anche se i creditori hanno recuperato pochissimo (in passato c’erano dubbi su casi del genere, ma Cassazione 2024 ha confermato che va concessa salvo zero assoluto).

Esempio 2: Diniego del beneficio per comportamento fraudolento del debitore

Scenario: Carlo, socio accomandatario di una S.a.s., vede la società fallire nel 2024 con un passivo di €500.000. Durante il fallimento emergono gravi irregolarità: Carlo aveva sottratto macchinari dall’azienda prima del fallimento e li aveva venduti “in nero”, occultando il ricavato all’estero. Inoltre, aveva falsificato le scritture contabili. Il curatore scopre queste frodi e lo segnala al tribunale; intanto Carlo viene rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta.

Azione: Carlo presenta comunque istanza di esdebitazione sperando di liberarsi dei debiti personali. Dichiara di aver avuto difficoltà economiche, ma omette le distrazioni compiute. I creditori però si oppongono vigorosamente, producendo le prove delle vendite occulte. Il curatore comunica che il debitore ha ostacolato la procedura e che c’è un processo penale in corso.

Esito: Il tribunale nega l’esdebitazione a Carlo. Motiva che ricorre la causa ostativa dell’art. 280 co.1 lett. b (distrazione dell’attivo) e che è pendente procedimento penale per bancarotta. In base alla legge, in presenza di tali elementi il beneficio non può essere concesso. Pertanto Carlo rimarrà responsabile in solido con la società per tutti i debiti rimasti insoluti. I creditori potranno aggredire in futuro eventuali beni personali di Carlo (come la casa o altri cespiti che dovessero emergere) per recuperare i loro crediti. Questo esempio mostra chiaramente come l’esdebitazione sia preclusa ai debitori fraudolenti: il sistema non perdona chi ha aggravato dolosamente il dissesto o violato la legge (oltretutto Carlo rischia una condanna penale, che lo escluderebbe comunque dal beneficio). Anche in caso di ricorso in appello (reclamo), è altamente improbabile che un soggetto con condotta così scorretta ottenga mai l’esdebitazione.

Esempio 3: Debitore sovraindebitato incapiente ottiene la cancellazione dei debiti (art. 283)

Scenario: Anna è una madre divorziata con tre figli piccoli. A causa di una serie di eventi sfortunati – separazione, malattia di un figlio, perdita del lavoro durante la pandemia – ha accumulato debiti per oltre €150.000 (mutuo casa in sofferenza, carte di credito, bollette arretrate, e anche cartelle esattoriali per contributi non versati quando aveva una piccola attività). Nel 2025 Anna si trova senza lavoro stabile, vive in affitto e il suo unico reddito è un sussidio pubblico; non possiede auto né altri beni di valore. Tutti i creditori la stanno perseguitando, ma lei è oggettivamente incapiente.

Azione: Con l’aiuto di un OCC, Anna decide di chiedere l’esdebitazione da incapiente ex art. 283 CCII, non avendo senso avviare una liquidazione controllata (non c’è nulla da liquidare). Presenta quindi un ricorso al tribunale con l’assistenza del Gestore della crisi, dichiarando di essere priva di beni e allegando i documenti (conto in banca a zero, ISEE molto basso, ecc.). Nel ricorso, Anna espone la sua storia sottolineando di non aver fatto spese frivole ma di essersi indebitata per far fronte ai bisogni della famiglia. L’OCC predispone una relazione che conferma la totale assenza di patrimonio e il fatto che Anna non ha compiuto atti in frode (nessuna donazione sospetta, nessuna alienazione di beni negli ultimi anni).

Esito: Il tribunale accerta che Anna soddisfa i requisiti: persona fisica insolvente, meritevole (nessuna colpa grave: anzi la sua crisi è dovuta a cause sfortunate), zero beni. Emette quindi un decreto di esdebitazione incapiente cancellando tutti i suoi debiti chirografari. Anna viene così liberata dall’intero fardello di €150.000 senza dover versare nulla ai creditori (poiché nulla poteva oggettivamente dare). Nel decreto, però, il giudice specifica che per i prossimi 4 anni Anna dovrà comunicare annualmente la sua situazione reddituale e versare ai creditori il 50% di qualsiasi reddito annuo eccedente €7.000 (circa la soglia di sopravvivenza). Questo perché, se Anna dovesse trovare un lavoro ben retribuito entro 4 anni, una parte degli utili andrà ai vecchi creditori a titolo di “sopravvenienza utile”. Poniamo che due anni dopo Anna trovi finalmente un buon impiego come dipendente: guadagna €20.000 l’anno, quindi circa €13.000 eccedono la soglia stabilita; in base al decreto, dovrà destinare €6.500 (il 50% dell’eccedenza) ai creditori, ripartiti proporzionalmente tra loro. Una volta trascorsi i 4 anni dal decreto iniziale, cesserà anche questo obbligo e Anna potrà tenere per sé ogni guadagno. Nel frattempo, comunque, i creditori non potranno mai più pretenderle il pagamento integrale dei vecchi €150.000: al più riceveranno quei contributi sulle eventuali migliorìe economiche nei 4 anni. Se invece Anna fosse rimasta disoccupata o con reddito minimo, non avrebbe dovuto versare nulla (come effettivamente è successo nei primi due anni). Questo caso dimostra come l’istituto del debitore incapiente offra una “via d’uscita” anche a chi non ha nulla, bilanciando però l’esigenza di giustizia verso i creditori con la clausola delle sopravvenienze. Anna, senza questa norma, sarebbe rimasta tecnicamente debitrice a vita di somme impagabili; ora invece può ricominciare da capo, con la sola condizione di condividere eventuali miglioramenti di fortuna nel breve periodo successivo.

Esempio 4: Esdebitazione di società di persone e soci illimitatamente responsabili

Scenario: La Alfa SNC (società di persone) fallisce nel 2022 con €1 milione di debiti. I soci A e B sono illimitatamente responsabili e vengono travolti dal fallimento (estensione ai soci). Dopo la chiusura della liquidazione giudiziale nel 2025, rimangono insoluti €700.000 di debiti chirografari. I soci, in quanto coobbligati, sarebbero tenuti a pagare questo importo personalmente, ma non ne hanno i mezzi.

Azione: Su impulso del curatore, la società Alfa SNC (ancora in bonis come soggetto giuridico fino a chiusura definitiva) presenta istanza di esdebitazione ai sensi dell’art. 280 CCII. I soci A e B figurano come beneficiari sostanziali, in quanto il beneficio richiesto è di fatto la liberazione dei debiti sociali residui che li coinvolgono. La società non ha commesso atti di frode e i soci hanno collaborato pienamente durante la procedura, quindi i requisiti di meritevolezza sono rispettati (nessuna bancarotta fraudolenta, nessuna irregolarità grave).

Esito: Il tribunale concede l’esdebitazione alla società Alfa SNC, dichiarando inesigibili i €700.000 residui. Poiché la società di persone, chiusa la procedura, verrà comunque cancellata dal Registro Imprese, l’effetto pratico è liberare i patrimoni personali dei soci A e B: essi non potranno più essere perseguiti dai creditori sociali per quei debiti. Se la richiesta fosse stata fatta dai singoli soci separatamente, il risultato sarebbe stato uguale, ma il CCII ha preferito la via dell’istanza unica presentata dalla società, con efficacia “propagata” ai soci illimitati. D’ora in avanti, A e B potranno dedicarsi a nuove attività senza quell’enorme peso debitorio. I creditori rimasti insoddisfatti (es. fornitori per €500k, banche per €200k) non avranno ulteriori rimedi, se non rivalersi su eventuali fideiussori esterni (ma in questo caso non ce n’erano) o su eventuali garanti reali. Questo esempio evidenzia la logica dell’estensione ai soci illimitati: l’esdebitazione, pur non prevista per le società di capitali, è di fatto riconosciuta alle società di persone come mezzo per dare ai soci una seconda chance.

Questi quattro scenari coprono alcune tra le situazioni più frequenti: il debitore onesto che riparte pulito, il debitore disonesto che viene bloccato, il consumatore disperato ma meritevole a cui è data clemenza, e il caso particolare dei soci illimitati. In tutte le simulazioni, si può notare come l’elemento decisivo sia la condotta del debitore. Infatti, anche laddove i numeri sono molto sfavorevoli per i creditori (percentuali bassissime di recupero, debiti ingenti), i giudici tendono a privilegiare la liberazione se il debitore non ha colpe morali. Ad esempio, nel caso di Anna (ingenti debiti fiscali), il tribunale ha sottolineato le sue difficoltà personali e l’assenza di intento fraudolento per giustificare l’esdebitazione, nonostante l’Erario dovrà rinunciare a gran parte del credito. Viceversa, nel caso di Carlo, pur essendoci magari qualche attivo recuperato, le malefatte hanno reso impossibile il beneficio. Questo riflette il principio sottolineato anche dalla Corte di Cassazione: “il beneficio va di regola concesso al ricorrere del requisito della meritevolezza, a meno che i creditori non siano stati soddisfatti neppure in minima parte” – e anche in tal caso, aggiunge la Corte, conta valutare se quella minima parte è di fatto inesistente o simbolica.

Domande frequenti (FAQ) sull’esdebitazione ex art. 282 e ss. CCII

D.1: È vero che per ottenere l’esdebitazione bisogna aver pagato almeno una parte dei debiti ai creditori?
R: No, non necessariamente. In passato la legge fallimentare richiedeva che i creditori fossero stati soddisfatti “in parte” (art. 142, co.2 L.F.) e vi è stata discussione su cosa significasse “in parte”. La Corte di Cassazione ha chiarito che basta anche una quota non simbolica di pagamento perché il requisito sia soddisfatto, e che comunque il criterio fondamentale resta la meritevolezza. Nel Codice della Crisi attuale, questo requisito oggettivo di parziale soddisfacimento è stato eliminato. Conta solo la condotta del debitore. Dunque, anche se i creditori non hanno ricevuto nulla (o quasi nulla) dalla liquidazione, l’esdebitazione può essere concessa, purché il debitore abbia agito onestamente e senza colpa grave. L’unica eccezione: se proprio nessun creditore ha ricevuto zero assoluto (0%), alcuni giudici potrebbero valutare quello “0%” come indicativo di mancanza di qualsivoglia utilità e quindi negare il beneficio – ma con l’entrata in vigore dell’art. 283 per incapienti, anche il caso zero è stato in realtà contemplato dal legislatore (consentendo l’esdebitazione dell’incapiente). In generale oggi non esiste una soglia minima di pagamento ai creditori per poter accedere all’esdebitazione.

D.2: Quali debiti vengono cancellati con l’esdebitazione? Anche i debiti verso lo Stato (es. fiscali e multe) o solo quelli verso privati?
R: L’esdebitazione cancella tutti i debiti concorsuali rimasti insoddisfatti, salvo alcune categorie escluse espressamente. Tra le esclusioni non figurano i debiti fiscali e contributivi. Ciò significa che anche i debiti verso l’Erario (imposte, IVA, IRPEF, ecc.) e verso gli enti previdenziali (es. INPS) sono inclusi nel beneficio, esattamente come i debiti verso banche, fornitori o altri creditori ordinari. Ad esempio, se Tizio viene esdebitato, si libererà anche del debito IVA non pagato emerso nel fallimento. Questo è stato confermato dalla Cassazione (sent. n. 18124/2022) che ha stabilito che l’esdebitazione del fallito riguarda anche l’IVA, non essendovi divieti nel diritto UE a riguardo. Restano invece fuori dal beneficio: le sanzioni amministrative (es. multe stradali, sanzioni per violazioni fiscali) e le ammende penali. Quelle, anche dopo l’esdebitazione, dovrai pagarle (sono debiti “punitive” che la legge non condona). Ugualmente, restano dovuti gli assegni di mantenimento e i debiti per risarcimenti di danni da fatto illecito (ad es. se devi dei soldi per aver provocato un incidente stradale). A parte queste eccezioni, tutti gli altri debiti anteriori alla procedura vengono cancellati. Quindi si, anche i debiti verso lo Stato (tributi, contributi) vengono cancellati, a condizione che fossero stati inclusi nella procedura concorsuale.

D.3: L’esdebitazione copre anche i fideiussori o coobbligati? Ad esempio, se io vengo esdebitato, la banca può ancora chiedere i soldi al mio garante?
R: L’esdebitazione copre solo il debitore principale. Non libera i coobbligati, i fideiussori o gli obbligati in via di regresso. Quindi, nel tuo esempio: se tu vieni esdebitato dal tuo debito verso la banca, ma c’era un fideiussore (un amico o un familiare) che aveva garantito, la banca potrà comunque chiedere a lui l’intero importo dovuto. La liberazione è personale e non si estende ai terzi. Allo stesso modo, se due persone hanno contratto insieme un debito (es. due co-firmatari di un mutuo) e solo uno ottiene l’esdebitazione, l’altro rimane obbligato per l’intero. C’è un’unica eccezione: i soci illimitatamente responsabili di società di persone possono beneficiare indirettamente dell’esdebitazione ottenuta dalla società. In tal caso, essendo l’obbligazione “la stessa” (debito sociale), la liberazione della società comporta la liberazione dei soci. Ma fuori da questo caso particolare, tutti i garanti e co-debitori restano legati dal debito. Questo è importante da ricordare: se hai fatto da garante a qualcuno, la sua esdebitazione non ti protegge; e viceversa se qualcuno ha garantito per te, la tua esdebitazione non lo protegge.

D.4: Quante volte nella vita si può ottenere l’esdebitazione?
R: La legge consente al massimo due esdebitazioni. Inoltre, richiede che trascorrano almeno 5 anni tra una e l’altra. Quindi, se ad esempio hai ottenuto una prima esdebitazione oggi, e sfortunatamente dopo qualche anno ricadi in insolvenza e fai un’altra procedura concorsuale, potrai chiedere una seconda esdebitazione solo se sono passati 5 anni dalla precedente. Dopo la seconda, però, stop: una terza non è più consentita. L’idea è che il fresh start è un beneficio straordinario per chi ha imparato la lezione e non va abusato. In realtà casi di “seconda esdebitazione” saranno probabilmente rari, ma è bene sapere che c’è questo limite. Nota bene: se presenti istanza e ti viene rifiutata (diniego), ciò non conta come “beneficio ottenuto”. Però dovrai comunque aspettare una nuova procedura concorsuale per riprovarci (non puoi ripresentare l’istanza nello stesso fallimento, se ti è stata negata se non modificando la situazione con un reclamo).

D.5: Cosa succede se dopo essere stato esdebitato eredito dei soldi o comunque divento ricco? I creditori possono rifarsi?
R: Dipende dal quando e come diventi ricco. Se ciò avviene durante la procedura concorsuale o prima della chiusura, quei soldi finiranno nella procedura e andranno ai creditori (quindi in un certo senso “si rifanno” automaticamente). Se invece avviene dopo che sei stato esdebitato, in linea generale i creditori non possono più agire contro di te – con due eccezioni:

  1. Nel caso di esdebitazione del debitore incapiente (art. 283): per 4 anni dopo il decreto, sei obbligato per legge a segnalare ai creditori/trafila qualsiasi sopravvenienza attiva rilevante e a destinarla in parte a loro. Quindi se entro 4 anni erediti dei soldi o ti arriva una grossa vincita, dovrai dare ai vecchi creditori quanto stabilito nel decreto (in genere l’eccedenza sopra una soglia). Se non lo fai, rischi la revoca del beneficio e possibili sanzioni. Dopo 4 anni, quel vincolo cessa.
  2. Revoca per dolo/frode: se diventi ricco perché si scopre che avevi nascosto ricchezze o diritti all’epoca della procedura, allora i creditori possono agire per far revocare l’esdebitazione (il tribunale la annullerebbe) e a quel punto potrebbero colpirti sui beni. Ma qui si parla di scoperta di un dolo pregresso. Se invece la tua nuova ricchezza viene da circostanze sopravvenute del tutto nuove (es. una promozione lavorativa, un regalo, la classica vincita), e non sei nel regime dei 4 anni incapiente, allora i creditori non possono fare nulla: la tua esdebitazione resta valida. Quindi, semplificando: dopo l’esdebitazione ordinaria, quel che guadagni è tuo e i vecchi creditori non hanno più alcun diritto; dopo l’esdebitazione incapiente, nei primi 4 anni devi dare l’eventuale extra ai creditori, poi sei libero totalmente.

D.6: Devo pagare qualcosa per ottenere l’esdebitazione? Ci sono costi o importi da versare?
R: Non devi pagare alcuna somma ai creditori oltre a quanto già eventualmente ricavato nella liquidazione. L’esdebitazione non prevede concordati o percentuali da offrire (non è come un piano di ristrutturazione). È un beneficio a titolo gratuito per il debitore meritevole. Gli unici costi che potresti avere sono: l’eventuale compenso del professionista (avvocato o OCC) che ti assiste nel presentare l’istanza; e in caso di debitore incapiente, un piccolo contributo alle spese dell’OCC può essere richiesto (ma spesso è tutto a carico dello Stato tramite il fondo OCC per i non abbienti). Non c’è un “minimo da pagare” ai creditori per legge (vedi D.1). Naturalmente, se durante la procedura spunta attivo, quello va ai creditori, ma se non ce n’è, non devi tirare fuori soldi tuoi per avere l’esdebitazione. Attenzione solo a non confondere: nell’ambito di un piano del consumatore o concordato minore, lì sì che devi offrire una certa percentuale ai creditori; ma quelle sono procedure diverse. L’esdebitazione, invece, arriva dopo (o durante) la liquidazione dei beni, non richiede pagamenti ulteriori da parte tua (a parte il dovere morale di cooperare).

D.7: Se il tribunale nega l’esdebitazione, posso fare appello?
R: Puoi presentare reclamo alla Corte d’Appello competente entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento di diniego. Il reclamo (previsto dall’art. 124 CCII) è lo strumento per impugnare sia il decreto che concede sia quello che nega l’esdebitazione. Quindi, se te lo negano e ritieni sia ingiusto (ad es. perché secondo te il giudice ha valutato male la tua situazione), puoi rivolgerti alla Corte d’Appello. L’appello riesaminerà il caso e potrà confermare il diniego oppure ribaltarlo concedendoti il beneficio. È un procedimento a contraddittorio scritto, abbastanza rapido. Se anche la Corte d’Appello conferma il diniego, resta solo il ricorso per Cassazione (entro 30 giorni dalla notifica della decisione di appello), ma su profili di legittimità. In pratica, hai due gradi per contestare un eventuale rifiuto. Tieni presente però che i giudici di merito hanno un certo margine di apprezzamento sulla meritevolezza: la Cassazione interviene solo per correggere principi di diritto (ad es. se un tribunale negasse il beneficio solo perché i creditori non sono stati pagati affatto, la Cassazione direbbe che è sbagliato perché conta la meritevolezza). Dunque conviene presentare la migliore istanza possibile sin dal primo grado, con tutta la documentazione a tuo favore, per evitare il diniego iniziale.

D.8: Durante la procedura concorsuale ho avuto un comportamento un po’ passivo (non ho consegnato spontaneamente alcuni documenti, che però il curatore ha trovato da sé). Questo può farmi negare l’esdebitazione per “mancata collaborazione”?
R: Dipende dalla gravità. La legge richiede che tu non abbia ostacolato o rallentato lo svolgimento della procedura e che abbia fornito tutte le informazioni e documenti utili. Se ti sei dimenticato qualcosa in buona fede, o sei stato inizialmente reticente ma poi il curatore ha recuperato comunque i documenti senza danno, probabilmente non ti verrà preclusa l’esdebitazione. I giudici guardano al complesso della condotta. Se però hai tenuto un comportamento davvero ostruzionistico – ad esempio, non ti sei mai presentato agli incontri, hai ignorato le richieste del curatore, hai fornito dati falsi – allora sì, rischi che venga considerata mancata collaborazione e dunque indegnità. Nel tuo caso, sembra una mancanza minore, sanata dal fatto che il curatore ha rimediato. È buona norma, se presenti istanza, scusarti o giustificare quell’omissione nell’istanza, mostrando che non era tua intenzione nascondere nulla. In genere per negare l’esdebitazione devono emergere comportamenti gravi. Un po’ di disordine o passività, specie se senza conseguenze, di solito non basta a bollarti come non meritevole. Comunque, più sei trasparente e cooperativo, meglio è per la tua istanza.

D.9: Sono un ex imprenditore e mi hanno condannato (patteggiando) per bancarotta semplice, che è un reato fallimentare ma di lieve entità. Questa condanna mi impedisce l’esdebitazione?
R: La bancarotta semplice (colposa) di solito non rientra tra i reati ostativi tassativi elencati (che sono bancarotta fraudolenta e reati dolosi gravi legati all’impresa). La legge parla di condanne per bancarotta fraudolenta o reati contro l’economia, etc. La bancarotta semplice è una fattispecie meno grave (colposa). Inoltre, se hai patteggiato una pena sospesa, può darsi che tu abbia anche ottenuto la riabilitazione penale dopo 3 anni dal patteggiamento. In tal caso, la condanna non costituisce più ostacolo (la norma dice “salvo che sia intervenuta riabilitazione”). Se invece la condanna è ancora “viva” e non c’è riabilitazione, potrebbe non essere in assoluto ostativa, ma potrebbe far sorgere dubbi sulla tua meritevolezza a discrezione del giudice (perché comunque indica negligenza grave). In pratica: formalmente una condanna per bancarotta semplice non ti sbarra automaticamente la strada come farebbe una per bancarotta fraudolenta. Ma dovrai convincere il tribunale che, nonostante quell’errore, sei degno del beneficio. Magari sottolineando che hai già espiato la pena, che il reato era di natura colposa e non fraudolenta, e che hai collaborato in tutto. Ci sono precedenti di esdebitazioni concesse a falliti con condanne minori (dipende molto dal caso).

D.10: Dopo l’esdebitazione, il mio nome comparirà da qualche parte? Cioè, come sanno i nuovi creditori o le banche che io ho avuto un’esdebitazione (e quindi ero insolvente)?
R: L’esdebitazione viene resa pubblica con alcuni strumenti: per le liquidazioni giudiziali va iscritta nel Registro delle Imprese (che è consultabile), inoltre il decreto viene pubblicato sul sito web del tribunale o del Ministero della Giustizia. Ciò serve per dare informazione e trasparenza. Quindi, per un certo periodo, il fatto che hai avuto un’esdebitazione può essere visibile a chi fa ricerche approfondite (ad esempio una banca tramite centrali rischi, o un potenziale socio diligente che controlli i registri pubblici). Tuttavia, non esiste un “albo dei beneficiari di esdebitazione” facilmente consultabile dal pubblico generale. In più, trascorso del tempo, questi dati diventano meno accessibili (dopo alcuni anni l’annotazione potrebbe essere cancellata dal Registro Imprese, anche se dipende dalle norme sulla pubblicità). Ricorda però che se chiedi nuovo credito, molte finanziarie/banche potrebbero chiederti “hai mai dichiarato fallimento?” a cui dovrai rispondere sì se sei stato insolvente (anche se poi esdebitato). L’esdebitazione toglie i debiti, ma la storia creditizia di un fallimento potrebbe incidere sulla fiducia dei nuovi creditori. Detto ciò, legalmente sei riabilitato: non hai più lo status di fallito e puoi dire di non avere debiti in sospeso. Quindi, a parte la traccia storica nei registri, nulla ti vieta di ripresentarti sul mercato. Anzi, lo scopo della norma è proprio permetterti di ricominciare senza stigma e senza pesi economici.


Fonti

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e succ. mod.), in particolare artt. 278–283 CCII (esdebitazione nella liquidazione giudiziale, liquidazione controllata e debitore incapiente).
  • D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136, riforma del CCII 2024, con modifiche agli artt. 278–282 CCII in vigore dal 28/09/2024.
  • Relazione illustrativa al D.Lgs. 14/2019 (Relazione governativa al Codice della Crisi) – principi generali su fresh start e attuazione direttiva UE 2019/1023.
  • Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 24/02/2021 n. 3819: esdebitazione del fallito estesa a debiti IVA, compatibilità con diritto UE (richiamata in).
  • Cassazione Civ. Sez. I, 24/10/2024 n. 27562: principio di prevalenza della meritevolezza e interpretazione “costituzionalmente orientata” di “soddisfatti in parte” (in esdebitazione ex art.142 L.Fall.).
  • Cassazione Civ. Sez. I, 06/06/2022 n. 18124: conferma che l’esdebitazione riguarda anche debiti tributari (IVA), in assenza di esclusione legale.
  • Tribunale di Torino, decreto 20/04/2025: esdebitazione del debitore incapiente con ingenti debiti IVA, accordata valorizzando la meritevolezza (cfr. nota in).
  • Tribunale di Oristano, decreto 29/07/2024: primo caso di esdebitazione “a costo zero” ex art. 283 CCII – debitore incapiente liberato da ~€300k debiti (in ).
  • Tribunale di Ferrara, decreto 10/03/2025: criteri sul “minimo vitale” per definire incapienza ex art. 283 co.2 CCII.

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