Sei sommerso dai debiti e ti stai chiedendo se esiste una via d’uscita prima che tutto precipiti? Hai sentito parlare del concordato minore, ma non ti è chiaro che cos’è, a cosa serve e cosa comporta davvero per chi lo richiede?
Il concordato minore è uno degli strumenti previsti dal Codice della Crisi per aiutare imprenditori sotto soglia, professionisti e piccoli lavoratori autonomi a gestire e superare una situazione di sovraindebitamento, senza dover chiudere l’attività e senza finire sotto pignoramenti o azioni esecutive.
Ma quali sono gli effetti concreti del concordato minore? E cosa cambia per chi lo presenta?
Il primo grande effetto è che, una volta ammesso alla procedura, tutte le azioni esecutive da parte dei creditori vengono sospese. Questo significa che non possono più pignorarti i conti, i beni, lo stipendio o l’auto, e che puoi affrontare il debito con una proposta sostenibile e rateizzata, senza più la pressione quotidiana.
Un altro effetto importante è che i debiti vengono ristrutturati, spesso ridotti o dilazionati, in base a ciò che puoi effettivamente pagare. E con l’approvazione del giudice e dei creditori, il piano concordato diventa vincolante per tutti, anche per chi inizialmente si opponeva.
E se qualcosa va storto? Se non riesco a rispettare il piano?
La legge prevede tutele anche in questi casi: è possibile chiedere modifiche al piano o una sospensione temporanea, in caso di eventi imprevisti. Inoltre, se il concordato viene completato correttamente, può portare alla definitiva esdebitazione, cioè alla cancellazione dei debiti residui.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in crisi da sovraindebitamento, concordati e tutela del debitore – ti spiega quali sono gli effetti pratici del concordato minore, cosa puoi aspettarti se decidi di avviare la procedura e come possiamo aiutarti a riorganizzare i tuoi debiti prima che la situazione diventi irreversibile.
Hai un’attività in difficoltà e vuoi evitare il fallimento? Cerchi un modo per bloccare i creditori e ripartire con un piano chiaro e sostenibile?
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: valuteremo insieme la tua situazione, ti diremo se il concordato minore è la strada giusta e ti accompagneremo in ogni fase della procedura per salvare la tua attività e la tua serenità.
Introduzione
Il concordato minore è una procedura di crisi da sovraindebitamento riservata ai debitori non consumatori (imprenditori individuali, professionisti, imprese familiari, start-up ecc.) che non superino certi limiti dimensionali. Introdotto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, CCII) e in vigore dal 15 luglio 2022, il concordato minore consente al debitore di proporre un piano di composizione del debito volto al soddisfacimento parziale o integrale dei creditori, anche mediante la prosecuzione dell’attività. L’obiettivo è superare la crisi (ciò che resta della “continuità aziendale”) evitando forme di liquidazione più drastiche, senza comunque pregiudicare i diritti dei creditori. In caso di esito positivo, al termine del piano il debitore ottiene l’esdebitazione, ossia l’estinzione dei debiti residui secondo i tempi fissati dal codice.
Il concordato minore si distingue dalle procedure “maggiori” (concordato preventivo, liquidazione giudiziale) per criteri di ammissione e semplificazioni procedurali. In particolare, il concordato minore è procedura volontaria e veloce: non richiede modelli rigidi né l’udienza pubblica di omologazione (la valutazione avviene in base ai soli documenti) e prevede un unico voto dei creditori per approvare il piano (majority creditizia). D’altra parte, l’adesione dei creditori non è scontata: l’approvazione richiede la maggioranza in valore dei crediti ammessi al voto, e il Tribunale verifica la regolarità formale e la fattibilità economica del piano. In capo al debitore grava l’onere di una condotta diligente (art. 80 CCII) per dimostrare realistica possibilità di rimborso secondo il piano proposto. In effetti, la giurisprudenza recente ribadisce che la prognosi di affidabilità del debitore e delle cause del sovraindebitamento è requisito essenziale per omologare il concordato minore. Ad esempio, il Tribunale di Ferrara ha rigettato un concordato minore basato solo sulla prosecuzione dell’attività quando il debitore – un’azienda semplice – vantava rilevanti debiti fiscali/previdenziali accumulati “per colpevole negligente gestione”. Il giudice ha sottolineato che un piano scarsamente dettagliato e fondato su passati inadempimenti non può soddisfare i criteri di affidabilità fissati dall’art. 80 CCII (in linea con Cass. n. 2963/2024).
Tabella 1. Requisiti soggettivi (chi può proporre il concordato minore)
Categoria di debitore (art. 2 CCII e seguenti) | Requisiti per l’accesso |
---|---|
Imprenditori individuali non fallibili | Devono avere partita IVA attiva e sovraindebitamento, senza essere consumatori. Non deve sussistere fallimento o liquidazione coatta aperta. Se l’attività è cessata con cancellazione R.I., secondo Cass. 22699/2023 l’accesso è precluso (principio valido anche per persone fisiche), sebbene qualche tribunale modifichi interpretazioni (Trib. Modena 2025). |
Professionisti (avvocati, medici, commercialisti, ecc.) | Possono accedere se esercitano un’attività con partita IVA (non consumer) e sono in stato di sovraindebitamento. Non sono ammessi se iscritti a ruoli fallimentari. |
Imprese agricole (persone fisiche o società) | Stesse condizioni generali degli imprenditori. Beneficiano di regole concorsuali analoghe (sono non fallibili, art. 31 e 76 LF). |
Persone fisiche non consumatori (ex-debitori commerciali) | Titolari di attività cessata (ad es. ex imprenditori, ex professionisti) con P.IVA possono tecnicamente accedere in concordato minore, ma come visto Cass. 2023 li esclude se cancellati dal R.I.. Devono presentare un programma di rimborso (eventualmente senza continuazione d’attività). |
Consumatore (persona fisica senza P.IVA) | Escluso (deve seguire lo specifico piano del consumatore). |
Imprenditori societari (S.r.l., S.p.A., società di persone) | Non sono ammessi al concordato minore (per loro esiste il concordato preventivo). Tuttavia i soci di società di persone illimitatamente responsabili che partecipano al concordato rispondono personalmente dei debiti non coperti se non espressamente salvati. |
Fonte: art. 2, comma 1, lett. c) e art. 33, c.4 CCII. In sostanza, il concordato minore è riservato a debitori titolari di attività economica non eccessivamente grandi, esclusi i “fallibili” (società di capitali soggette alle regole del concordato preventivo) e i consumatori. Alcune interpretazioni hanno circoscritto il divieto per «imprenditori cancellati» solo alle persone giuridiche, ma la Cassazione ha chiarito che anche per le persone fisiche ex imprenditori la scelta di cessare definitivamente l’attività (cancellazione R.I.) impedisce l’accesso al concordato (principio confermato dal correttivo CCII).
Fasi della procedura (cronologia)
Il procedimento del concordato minore si articola in fasi simili a quelle del concordato preventivo, con semplificazioni procedurali. La Tabella 5 di seguito riassume le tappe principali e la loro temporalità orientativa:
Tabella 5. Cronologia della procedura di concordato minore
Fase | Attività del Tribunale e del debitore | Effetti principali | Termine indicativo |
---|---|---|---|
Deposito domanda | Il debitore presenta al Tribunale (medio tempore Registro Imprese) domanda e piano. Aggiunge documenti (stato patrimoniale, elenco creditori, situazione debiti, prospetti). | L’iscrizione produce effetti di pubblicità. Se richiesto, può ordinare sospensione temporanea delle esecuzioni individuali (art. 78, 2 lett. d CCII). | immediato (deposito) |
Decreto di apertura | Il Giudice verifica la completezza formale e l’ammissibilità. Nomina l’OCC e, se opportuno, il commissario giudiziale (solo in caso di continuità aziendale). Emette decreto di apertura, pubblicato in R.I. | Da questo momento: il debitore può compiere solo atti di ordinaria amministrazione senza autorizzazione; serve autorizzazione del Tribunale per ogni atto straordinario (spesso chiamato “spossessamento attenuato”). La procedura di concordato produce un blocco parziale delle azioni esecutive (sospensione fino a omologa, su istanza). I crediti anteriori partecipano al concorso e gli interessi sui debiti chirografari si sospendono fino alla fine della procedura. | 1-2 mesi dal deposito (termini di fissazione). |
Raccolta voti dei creditori | I creditori noti vengono convocati dall’OCC (per iscritto) entro 30 giorni dal decreto di apertura. L’OCC stila l’elenco dei crediti ammessi al voto e delle eventuali classi (obbligatorie per i crediti garantiti da terzi). I creditori esprimono adesione, dissenso o osservazioni per iscritto (non c’è udienza) | Si verifica se è raggiunta la maggioranza in valore dei crediti ammessi al voto (oltre il 50%). Se un singolo creditore detiene oltre tale maggioranza, è necessaria anche la maggioranza per teste (limitatamente ai casi di classi). Se il concordato è in continuità si richiede l’unanimità di classi, o la ristrutturazione trasversale con c.d. cram-down in caso di classi dissenzienti. | termine di 30 giorni (fissato dal Giudice) |
Omologa o rigetto | Il Tribunale verifica: completezza documenti, regolarità del voto e fattibilità economica del piano (art. 80 CCII, c.1). Controlla in particolare l’affidabilità del debitore e la coerenza del piano con le cause del sovraindebitamento. Se tutti i requisiti formali e sostanziali sono rispettati e la maggioranza dei crediti approva, il Tribunale emette la sentenza di omologazione. | Con l’omologa il piano diventa vincolante per tutti i creditori: cessano le azioni esecutive individuali e si producono gli effetti promessi (pagamenti rateali, cessione di beni, conservazione dell’azienda, ecc.). Il debitore prosegue l’attività come previsto dal piano, e inizia il rimborso secondo le scadenze concordate. Al termine dell’esecuzione del piano e previa verifica della regolarità finale, è riconosciuta l’esdebitazione (estinzione dei debiti residui). | 1-2 mesi dall’omologa (dipende dall’esecuzione). |
Conversione o fallimento | Se l’omologa viene revocata per accertata frode del debitore o per inadempimento di fatto, o se la procedura è rigettata (piano non approvato o non sostenibile), il debitore può chiedere e il Tribunale dichiara l’apertura della liquidazione controllata. | Nel corso della liquidazione controllata – una procedura in cui un curatore vende i beni del debitore – si realizza la par condicio creditorum. Al termine di questa liquidazione, il debitore può richiedere comunque l’esdebitazione per i debiti non soddisfatti (entro 3 anni dall’apertura, art. 282 CCII). | immediata, in caso di rigetto omologa |
Le tempistiche sono indicative: complessivamente si punta a chiudere l’istruttoria e a emettere l’omologa entro pochi mesi dall’avvio. Durante l’istruttoria, il debitore rimane amministratore, ma sotto la vigilanza dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) nominato dal tribunale. L’OCC verifica la genuinità dei dati e la fattibilità del piano (compilando una relazione tecnica). Di norma il tribunale concede un termine di 30 giorni per raccogliere le adesioni, dopodiché, come detto, giudica la procedura sulla base degli articoli 79-80 CCII.
Effetti giuridici della procedura
Dalla domanda di concordato all’apertura della procedura. Dopo il deposito della domanda con il piano, il debitore deve astenersi da condotte che rechino danno ai creditori o contrastino il piano. Non può vendere beni o compiere operazioni straordinarie senza autorizzazione. Con il decreto di apertura, il tribunale autorizza la prosecuzione dell’attività in modo limitato: il debitore può solo compiere gli atti di ordinaria amministrazione senza vincoli, mentre ogni atto di straordinaria amministrazione richiede una preventiva autorizzazione del giudice. Questo meccanismo è noto come “spossessamento attenuato” (art. 78, c.5 CCII): il debitore rimane formalmente titolare dei beni, ma l’esercizio dell’impresa è soggetto a controllo.
Se il debitore effettua atti straordinari senza permesso, quei contratti risultano inefficaci rispetto ai creditori anteriori. Il tribunale, su istanza, può revocare l’ammissione al concordato in caso di frode, facendo scattare la liquidazione controllata. Infine, l’apertura della procedura non impedisce la prosecuzione dei contratti pendenti, analogamente al concordato preventivo (art. 97 CCII). In mancanza di un’interruzione richiesta, i contratti restano efficaci; se il debitore ottiene lo scioglimento, la controparte ottiene indennizzi pari ai danni da inadempimento.
Durante la procedura. Dal decreto di apertura è facoltativa la sospensione delle azioni esecutive individuali dei creditori anteriori (su istanza del debitore). Se concessa, i creditori non possono procedere in via individuale fino all’omologa definitiva (il patrimonio resta “protetto” per i pagamenti concordatari). Se non è chiesta o è negata, i creditori possono continuare le esecuzioni: in pratica ciò rende impraticabile qualsiasi accordo concordatario perché il patrimonio verrebbe disperso.
Il deposito della domanda sospende inoltre gli interessi sui crediti chirografari (non garantiti) ai fini del concorso: essi non maturano più fino alla chiusura della procedura. I crediti privilegiati (ad es. pretesa erariale privilegiata, pegno, ipoteca) continuano a produrre interessi. Ai fini del riparto finale, tutti i crediti anteriori si considerano scaduti alla data di apertura, quindi partecipano alla “massa” dei creditori.
Omologa e post-omologa. Se il Tribunale omologa il concordato, la sentenza ha effetti costitutivi: determina la chiusura della procedura e fa scattare gli effetti promessi dal piano. Tutti i creditori dissenzienti sono vincolati alla decisione maggioritaria. L’omologa libera il debitore dai debiti residui nei termini del piano: quel che non è pagato viene spazzato via con l’esdebitazione finale (prevista dal Titolo IV, cap. VIII CCII). Dal giorno dell’omologa diventano definitive le sospensioni e possono riprendere le esecuzioni limitatamente alla percentuale concordata nei confronti dei creditori che erano stati rinviati, purché il debitore rispetti gli impegni del piano.
Con l’omologa decade qualsiasi protezione e se il debitore smarrisce la sua opera (come nel caso di frode accertata), il tribunale può revocare l’omologa (art. 82 CCII) e aprire la liquidazione controllata. Ad esempio, se nel corso del piano viene scoperto che il debitore ha occultato elementi attivi significativi o mentito sulle proprie condizioni (come nell’Esempio 3 sotto), il giudice può annullare l’accordo. In caso di revoca o conversione per mala fede, all’esdebitazione residua possono opporsi i creditori fino a limitare o escludere la cancellazione dei debiti residui. Invece, se il piano viene eseguito regolarmente, il debitore potrà chiedere al tribunale l’esdebitazione al termine dell’adempimento, come previsto dall’art. 282 CCII (vale la buona fede collaborativa del debitore).
Effetti patrimoniali
Dal punto di vista del patrimonio del debitore, il concordato minore opera senza un passaggio forzoso alla liquidazione dei beni (a meno di scelta di parte). Di norma il debitore mantiene la gestione e la titolarità dei beni, seppure vincolato ai limiti del piano. In caso di continuità aziendale (il caso più comune), l’azienda continua a funzionare durante l’esecuzione del concordato secondo il piano. Se il piano prevede cessione, affitto o trasferimento di diritti dell’azienda, tali operazioni devono comunque rispettare le forme ordinarie (ad es. scritture contabili e notarili). Un’apertura al concordato non determina alcuna riscrittura delle titolarità: il debitore resta possessore dei suoi beni, salvo quanto disposto dal piano (es. impegni di vendita di cespiti strumentali o della casa).
Casa di abitazione e mutuo ipotecario. Con la recente riforma correttiva (D.Lgs. 136/2024) è stata introdotta la possibilità, per i debitori persone fisiche in concordato minore che presentino la domanda dopo il 2024, di mantenere la propria abitazione principale pur avendo mutui non estinti. Se il debitore ha già pagato tutte le rate scadute del mutuo o il giudice lo autorizza a regolarizzare i pagamenti pregressi, il concordato può prevedere semplicemente il rimborso delle rate residue alle scadenze originarie, senza estinguere l’ipoteca. L’OCC deve attestare che il credito ipotecario potrebbe essere soddisfatto integralmente con la vendita a valore di mercato dell’abitazione, e che la prosecuzione del mutuo non lede i diritti degli altri creditori. In pratica, si offre al debitore una flessibilità maggiore sulla prima casa, condizionata al fatto che il mutuo rientri nella convenienza generale del piano.
Esdebitazione (cancellazione residui). L’effetto patrimoniale più rilevante a regime è l’estinzione dei debiti residui («esdebitazione») prevista dall’art. 282 CCII. Se il concordato è favorevole ai creditori e il debitore ha cooperato onestamente, il tribunale dichiara conclusa la procedura e riconosce la liberazione del debitore dagli obblighi residui (nei limiti del piano). In concreto, ciò significa che i creditori anteri dipinti di classe chirografari non potranno più agire per ottenere le somme non pagate, mentre i creditori privilegiati (es. fiscale/INPS) vedranno definitivamente chiuso l’eventuale scoperto. L’esdebitazione, però, è condizionata al compimento regolare del piano. Se il concordato viene meno (revoca, conversione per frode, inadempimento), l’esdebitazione può essere limitata o negata (totale o parziale). Ad esempio, nel caso di frode accertata, il giudice ha facoltà di escludere quei crediti dalla cancellazione.
Tabella 2. Effetti patrimoniali del concordato minore
Fase o situazione | Beni e gestione |
---|---|
Prima del deposito | Il debitore gestisce liberamente il suo patrimonio. Non è ancora operativo l’“esdebitazione” né alcuna sospensione coatta. |
A domanda presentata (temporaneamente) | Vige un divieto di compiere atti fraudolenti. Il debitore può disporre del suo patrimonio come prima, ma deve attenersi alle previsioni del piano (es. non vendere beni necessari alla continuità). Di fatto, rimane titolare di tutto. |
Dopo apertura procedura | Il debitore perde autonomia sulle scelte straordinarie (serve autorizzazione per vendite importanti, mutamenti societari, concessione garanzie nuove). Conserva l’uso dei beni e la titolarità legale, ma l’OCC ne controlla l’amministrazione. Le eventuali uscite/situazioni patrimoniali conseguono al piano proposto (ad es. cessione concordata dell’azienda). |
Nel piano in continuità | Viene solitamente mantenuta l’attività imprenditoriale o professionale. Gli eventuali introiti futuri vengono destinati al rimborso delle rate concordate. I principali beni aziendali restano in capo al debitore (o all’eventuale cessionario concordato). |
Nel piano liquidatorio | Non si prosegue l’attività. Può invece essere previsto lo smobilizzo dei beni (liquidazione concordata) con l’apporto di capitale esterno per migliorare i pagamenti ai creditori (art. 74, c.2 CCII). Se il piano include risorse esterne, i beni del debitore possono essere alienati secondo il piano. |
Dopo omologa (esecuzione) | Il debitore esegue i pagamenti/piani concordatari. Durante questo periodo, non può essere aggredito dagli esecutori per i debiti coperti dal piano. Acquisisce efficacia anche il cram-down (concordato omologato contro il dissenso di creditori pubblici, se più conveniente, v. Tabella 3). |
Al termine (esdebitazione) | I debiti residui residui NON sono più recuperabili: gli eventuali patrimoni futuri del debitore non sono aggredibili per quei debiti spazzati via. L’esdebitazione libera il patrimonio futuro dalle passività non assolte, ristabilendo la solvibilità del debitore. |
Le voci “prima” e “dopo” illustrano che il concordato minore non determina passaggi patrimoniali coattivi se non quelli concordati: il debitore non perde immediatamente né proprietà né disponibilità dei suoi beni (salvo sospensioni concordate). L’effetto principale sui beni del debitore sarà tangibile solo con l’esecuzione del piano: pagamenti rateali, possibili cessioni concordate, e alla fine l’estinzione dei debiti residui.
Trattamento dei debiti fiscali e previdenziali
Il trattamento dei crediti tributari e previdenziali nel concordato minore segue in linea di massima le regole generali di trattamento dei crediti privilegiati. I crediti erariali (IVA, imposte) e previdenziali (contributi INPS) sono privilegiati e devono essere indicati con chiarezza nel piano. Tradizionalmente il codice fallimentare prevedeva una “transazione fiscale” obbligatoria nell’accordo in continuità (art. 182-ter L. fall.), ma il CCII non impone un iter formale analogo nel concordato minore. Cionondimeno, la dottrina e la giurisprudenza ritengono applicabili per analogia sostanziale le disposizioni di principio dell’art. 88 CCII (l’art. 88 disciplina nel concordato preventivo il trattamento dei crediti erariali e previdenziali).
In particolare, il Tribunale di Rimini (1/2025) ha affermato che nel concordato minore il debitore deve comunque rispettare il cosiddetto criterio di non deteriore del trattamento dei crediti tributari e previdenziali. Ciò significa che i crediti fiscali e previdenziali assistiti da privilegio non possono essere soddisfatti in misura inferiore a quella riservata a crediti di pari grado. Ad esempio, se parte del debito fiscale, una volta garantiti i privilegi, viene degradato a chirografo, la percentuale di soddisfo offerta a tale credito “degradato” non può risultare inferiore a quella riservata agli altri crediti privilegiati/semplici di pari rango. In altri termini, non è ammessa una graduazione di preferenza sfavorevole ai creditori pubblici rispetto agli altri allo stesso livello di privilegio.
Tale principio integra la norma di art. 75, c.2 CCII (che già prescrive lo stralcio del credito privilegiato pari al valore del bene sul quale insiste l’ipoteca), imponendo una tutela più ampia: se un credito tributario residuo viene ridotto e declassato per carenza di beni, i debiti fiscali così trattati non possono essenzialmente subire un trattamento più sfavorevole rispetto agli altri creditori chirografari o privilegiati di pari livello. Nel caso pratico commentato, il Tribunale ha rigettato un concordato perché il credito dell’Agenzia delle Entrate degradato otteneva solo il 3%, inferiore al 4% previsto ad altri privilegiati equivalenti.
Tuttavia, il debitore resta sempre libero di proporre piani che prevedano una dilazione o parziale riduzione anche delle poste tributarie/previdenziali. L’importante è che il piano sia equo, illustrando la congruità del trattamento rispetto all’alternativa liquidatoria. L’OCC e il Tribunale controlleranno che il piano non violi principi inderogabili di legge (artt. 75 e 88 CCII) e valuteranno la coerenza dei piani di pagamento ai crediti pubblici con la capacità futura del debitore. È inoltre previsto un meccanismo speciale di cram-down fiscale: se l’Agenzia delle Entrate o l’INPS partecipano al voto e rifiutano il piano, il tribunale può omologare comunque il concordato anche contro il loro dissenso, confrontando il trattamento offerto loro nel piano con ciò che otterrebbero in liquidazione controllata. Se l’offerta del piano è almeno pari (o migliore) della prospettiva liquidatoria, il rifiuto dei creditori pubblici può essere superato (analogamente al concordato preventivo).
Tabella 3. Trattamento creditori nel concordato minore
Tipo di creditore | Diritto di voto | Rilevanza nel concordato |
---|---|---|
Creditori chirografari (senza privilegio) | Sì (ammessi solo se anteriori all’apertura, art. 79) | Votano sulla proposta; la maggioranza vincola tutti. Sono soddisfatti secondo le previsioni del piano (di norma per una certa percentuale). Se alcuni non vengono interamente saldati, concorrono per l’esdebitazione finale. Gli interessi convenzionali su tali crediti sono sospesi fino alla chiusura. |
Creditori con privilegi (fiscali, previdenziali, pegni, ipoteche) | No (non votano in assemblea concordato) | Non partecipano al voto, ma il piano deve garantire loro un trattamento non peggiore dell’alternativa liquidatoria. Possono essere inseriti in classi speciali; nel concordato “in continuità” la loro classe deve votare unita (unanimity/classi) a meno di procedura di ristrutturazione trasversale. Grazie al cram-down, un discordo degli enti pubblici può essere superato se il piano li paga almeno quanto verrebbero pagati in liquidazione. |
Creditori garantiti da terzi | Sì (ammessi al voto, possono formare una classe separata se previsto dal piano) | Il piano deve specificare come faranno valere le garanzie: il creditore può essere soddisfatto con liquidazione dei beni garantiti o integrare la garanzia. Se previsto, si forma una classe a parte (obbligatoria se garanzia di terzo). |
Creditori insoddisfatti (residui) | Non votano (e vengono spazzati via dall’esdebitazione dopo l’esecuzione del piano). | Dopo l’omologa, i debiti residui non coperti dal piano non sono più esigibili. Il debitore torna libero da queste obbligazioni una volta ottenuta l’esdebitazione, a condizione di aver onorato il piano. |
Agenzia delle Entrate / INPS (creditori pubblici) | Come privilegiati (non votano) | Reagiscono come qualunque altro creditore privilegiato. Se dissentono, operano voto ostile: il Tribunale può attivare il meccanismo del cram-down (art. 80, c.3 CCII): confronta l’entità del rimborso offerto dal concordato con quello ottenibile in liquidazione e, se maggiore o equivalente, omologa comunque il piano. |
In sintesi, i creditori anteriori sono tutti vincolati dalla maggioranza dei voti (soglia di capitale); i privilegiati e pubblici hanno tutela «anzitutto» nella bontà del piano (devono ricevere almeno quanto avrebbero in liquidazione) e il dissenso degli enti pubblici può essere forzato tramite cram-down. I creditori con garanzie possono essere posti in classi autonome. A procedura conclusa, i residui debitori delle obbligazioni precedenti sono estinti, mentre eventuali nuovi debiti contratti secondo il piano rimangono post-omologa.
Vantaggi e svantaggi del concordato minore
Il concordato minore presenta specifici punti di forza e limiti rispetto ad altre soluzioni concorsuali:
- Vantaggi:
- Continuità dell’attività: consente al piccolo imprenditore o professionista di proseguire l’attività, preservando il valore aziendale e l’occupazione, pur soddisfacendo i creditori in parte.
- Minori formalità: la procedura è più snella del concordato preventivo (no bilanci certificati, voto scritto, tempi brevi).
- Sospensione azioni esecutive: se richiesta, blocca le esecuzioni individuali garantendo la serenità al debitore.
- Esdebitazione garantita: chiude definitivamente il passato debitorio, con effetto risanatore per il debitore onesto.
- Possibilità cram-down: può superare l’opposizione di agenzia o INPS se il piano è più favorevole (cosa utile quando l’entità del debito pubblico è rilevante).
- Nuove opzioni sulla prima casa: grazie al D.Lgs. 136/2024, è possibile dilazionare il mutuo residuo sulla prima casa anziché venderla, finché ciò non pregiudica i creditori.
- Svantaggi:
- Soggetti ammissibili ristretti: non tutti i debitori in difficoltà vi possono accedere (es. i grandi imprenditori o i consumatori ne sono esclusi).
- Rigorosità del giudizio: richiede un piano credibile e dettagliato; la giurisprudenza finora lo valuta con occhi severi sulla storicità del debitore. I piani vaghi o che nascondono vere cause del sovraindebitamento rischiano il rigetto.
- Condivisione dei creditori: serve l’accordo della maggioranza dei creditori (in valore); l’eventuale opposizione dei creditori pubblici, se non superata dal giudice, può far fallire l’accordo.
- Costi e procedure: rimane comunque una procedura complessa (decreto di apertura, redazione del piano, attività di OCC, eventuali udienze), con oneri burocratici e legali non indifferenti. Per piccoli debiti può risultare costoso rispetto ad altre soluzioni come accordo di composizione (nel caso di obbligato col fisco, es. definizioni tributarie semplificate).
- Nessun «sconto» obbligatorio dei tributi: i crediti pubblici, pur dilazionabili, non possono essere negoziati arbitrariamente (il principio di non-deteriorazione li protegge).
- Nessun vincolo patrimoniale leggero: il debitore resta liberamente proprietario dei beni, ma deve tradurre gli impegni presi nel piano. In caso di mancato rispetto, è revoca.
Tabella 4. Vantaggi e svantaggi del concordato minore
Vantaggi | Svantaggi |
---|---|
– Permette la ristrutturazione del debito salvaguardando l’attività economica e l’azienda. | – Accesso limitato a debitori “non grandi” (imprenditori individuali, professionisti, start-up). |
– Somiglia al concordato preventivo ma con procedure più snelle (no assemblea in aula, voto scritto). | – Richiede piano credibile e analitico; la valutazione è severa sul debitore e sulle sue prospettive. |
– Sospende le esecuzioni in corso, dando ossigeno al debitore. | – Se non ottiene il consenso dei creditori (o viene rigettato), si passa automaticamente a liquidazione. |
– Consente il cram-down contro opposizione di fisco/INPS se il piano è più vantaggioso. | – Costi procedurali e necessità di assistenza tecnica (avvocati, commercialisti, OCC). |
– Rende possibile l’esdebitazione finale dei residui (pulizia del passivo). | – I crediti pubblici non sono stralciabili senza condizioni (indisponibilità del credito tributario). |
– Con la riforma 2024 consente la prosecuzione del mutuo sulla prima casa (art. 75 II-bis). | – Il debitore deve dimostrare buona fede e trasparenza; frodi o omissioni possono portare alla revoca. |
Simulazioni pratiche di accesso alla procedura
Per chiarire il funzionamento concreto, presentiamo di seguito almeno tre esempi ipotetici di concordato minore con esiti differenti.
- Esempio 1 – *Architetto con debiti fiscali (Cram-down fiscale): Mario, architetto con P.IVA, vanta debiti per 100.000€ (principalmente IVA e imposte arretrate) verso l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, gestendo un piccolo studio professionale. Decide di proporre un concordato minore in continuità: il piano quinquennale prevede di saldare i debiti pubblici tramite ratei concordati e pagare gli altri creditori (fornitori) integralmente in tempi più lunghi. Al deposito della domanda con il piano, l’OCC convoca i creditori a votare entro 30 giorni. In assemblea scritta, i creditori pubblici (Agenzia Entrate e INPS) votano contro (ritenendo insufficienti le dilazioni), mentre i creditori chirografari (piccoli fornitori, 20%) votano a favore. Nonostante il dissenso dei pubblici, i voti favorevoli rappresentano comunque oltre il 50% dei crediti (maggioranza in valore). Il tribunale valuta quindi il cram-down: confronta ciò che i creditori pubblici otterrebbero con la liquidazione (calcolato attraverso la relazione dell’OCC sul valore realizzabile dei beni) con quanto offerto dal piano. Se il piano offre almeno quanto darebbe la liquidazione (ad es. se venderebbe l’ufficio o il computer attuale frutterebbe 40.000€, e il piano impegna a pagare almeno quella cifra), il giudice omologa il piano anche contro il dissenso dell’erario. In caso contrario, l’opposizione fiscale bloccherebbe il concordato (e si aprirebbe la liquidazione). Nella nostra simulazione ipotizziamo che il piano sia omologato con cram-down: Mario prosegue l’attività pagando le rate, gli enti pubblici ricevono periodicamente quanto concordato, e gli altri creditori vengono saldati secondo le scadenze. Al termine, le rimanenze di debito sono cancellate con l’esdebitazione.
- Esempio 2 – *Società familiare in crisi (piano rigettato per scarsa sostenibilità): La “Azienda Agricola Bianchi & Figli” (S.a.s.), con fatturato ridotto, accumula debiti IVA e imposte per 300.000€ e pochi creditori privilegiati. Propone un concordato minore liquidatorio con rimborso al 50% dei debiti fiscali in 3 anni, senza soldi extra: il piano dichiara che i soci metteranno solo 150.000€ complessivi. L’OCC esamina la proposta e segnala gravi lacune: manca la previsione dettagliata dei flussi di cassa futuri e non è spiegato come saranno pagati i creditori (cosa succede dopo i 3 anni?). Il tribunale valuta il piano: poiché non risulta realistico né sostenibile – le attività passate mostrano che i soci hanno da tempo accumulato debiti senza ridurre i costi – il giudice ritiene che manchi il requisito di affidabilità del debitore. Pertanto rigetta la domanda di omologa. Conseguentemente decade la sospensione degli esecutivi e, su istanza, viene dichiarata aperta la liquidazione controllata del patrimonio. La società perde il beneficio del concordato e un curatore liquida i beni dell’azienda. I soci (illimitatamente responsabili) rimangono obbligati a colmare i debiti residui, salvo esdebitazione successiva. In sintesi, il piano è inammissibile per assenza di sostenibilità economica e pericolosità della gestione passata, ed è più conveniente per i creditori portare avanti la liquidazione (almeno garantita dalla par condicio).
- Esempio 3 – Revoca del concordato per frode: Giovanni presenta un concordato minore pluriennale che viene omologato; il piano ammetteva un debito totale di 200.000€ da rimborsare a rate, e i creditori partecipavano. Tuttavia, due anni dopo l’omologa un creditore scopre che Giovanni aveva occultato un credito significativo nei suoi confronti (ad es. un ente pubblico rinunciatario) non dichiarato nel piano. Allora il creditore o il PM presentano ricorso per revoca ai sensi dell’art. 82 CCII. Il tribunale, constatata la frode nell’omessa dichiarazione di passività importanti, annulla l’omologa del concordato. Contestualmente, dichiara aperta la liquidazione controllata. In pratica, l’omologa decade retroattivamente come se non fosse mai avvenuta. Restano tuttavia in piedi gli atti compiuti nei primi due anni (ad es. i pagamenti già effettuati), ma il debitore non gode più del blocco delle azioni esecutive: i creditori riprendono il loro diritto di agire e, nella successiva liquidazione, potranno aggredire i beni residui del debitore. Infine, Giovanni potrà chiedere l’esdebitazione residuale, ma subisce una limitazione: i crediti dei quali si è reso fraudolento restano esclusi dalla cancellazione.
Questi esempi illustrano scenari caratteristici: un concordato approvato con cram-down (Esempio 1), uno respinto in partenza per carenze sostanziali (Esempio 2) e uno revocato per frode (Esempio 3). In ogni caso, la procedura avrebbe seguito le fasi viste in Tabella 5. In alternativa agli esempi sopra, può anche verificarsi il caso in cui un concordato minore venga omologato e quindi eseguito regolarmente (senza imprevisti), con il raggiungimento del risultato sperato (riorganizzazione o liquidazione concordata con esito positivo).
Domande frequenti (FAQ)
- Chi può proporre il concordato minore? Solo un debitorе sovraindebitato non consumatore, ossia titolari di partita IVA (imprenditori individuali, professionisti, piccoli artigiani, agricoltori in regime di impresa familiare ecc.) la cui posizione patrimoniale non rientri nelle procedure più complesse. Non possono accedere i consumatori (persone fisiche senza P.IVA) né i grandi imprenditori. In pratica: piccoli imprenditori o professionisti con debiti professionali, e anche soggetti con attività cessata se rispettano i requisiti (pur con limitazioni per i cancellati). Il legislatore ha escluso espressamente i consumatori (art. 74 c.1 CCII) e prevede soglie dimensionali (art. 2 c.1 lett. c, art.33 CCII) per distinguere dai soggetti più complessi.
- Cosa succede se il concordato fallisce (non è omologato)? Se la proposta non ottiene la maggioranza dei voti o il Tribunale ne rigetta la fattibilità (come negli esempi 2 e 3), la domanda è respinta e decade ogni sospensione concessa. A quel punto, su istanza del debitore (o, in caso di frode, anche di un creditore), il tribunale dichiara aperta la liquidazione controllata del patrimonio. A fronte di ciò, il debitore perde l’ulteriore beneficio concordatario: in liquidazione un curatore venderà i suoi beni e ripartirà il ricavato secondo la par condicio creditorum. Anche in questo caso, tuttavia, al debitore residuo (o a chi ne abbia titolo) è consentito chiedere l’esdebitazione finale per gli eventuali debiti non coperti, a condizione di aver agito con buona fede. Se invece il rigetto è dovuto a illeciti del debitore, i creditori coinvolti nelle frodi possono essere esclusi dall’esdebitazione stessa.
- Quali sono gli obblighi formali per il ricorso? Il ricorso va sottoscritto da un avvocato e corredato da documenti contabili aggiornati: stato patrimoniale, elenco creditori, dettagli analitici dei debiti, prospetto economico e patrimoniale, rapporto previsionale di cassa ecc. (art. 120-bis CCII richiede per le società un verbale notarile di delibera). È buona prassi allegare al piano una tabella riepilogativa delle entrate e uscite previste e indicazioni precise su tempi e modi di pagamento dei singoli creditori. L’OCC richiederà ogni documento utile alla sua attestazione; se mancano dati sostanziali può invitare il debitore a integrare il piano, pena la decadenza della procedura.
- Cosa comporta il requisito di “affidabilità del debitore”? Significa che il giudice valuta la storia economico-patrimoniale del debitore e le cause del suo indebitamento per prevedere la sostenibilità futura del piano. Comportamenti passati gravemente negligenti (es. accumulate sistematicamente imposte insolute pur avendo liquidità, come nel Tribunale di Ferrara citato) sono sintomo di gestione non sana e ostacolano l’omologazione. Tuttavia, il debitore ha diritto a un termine per correggere il piano se mancano solo particolari, e la prova di buona fede può essere il superamento dell’esecuzione con un piano più solido.
- Come vengono trattati i debiti tributari e previdenziali? I debiti verso fisco e INPS sono privilegiati e non votanti nel concordato. L’OCC controllerà che vengano gestiti secondo le regole inderogabili: ossia, il piano deve accantonare inizialmente le risorse interne (beni del debitore) a soddisfare per quanto possibile il credito privilegiato più alto (es. imposte garantite), stralciando le parti eccedenti. Inoltre, come visto, il tributo e i contributi non possono essere soddisfatti in percentuale inferiore a quella riservata ad altri crediti dello stesso rango (principio di “non deteriore” dell’art. 88 CCII). Può essere usato denaro esterno (finanza esterna) per pagare parzialmente i debiti pubblici, ma se l’OCC ritiene che il trattamento offerto sia iniquo, segnalerebbe il problema al giudice. In generale, nel dubbio, più si assicura ai creditori pubblici una quota congrua, più facile sarà ottenere l’omologa (in caso contrario rischiano di far valere i loro diritti in liquidazione).
- Qual è la differenza principale con il concordato preventivo? Il concordato preventivo (ex art. 67-182 L.F., ora Titolo I CCII) è riservato a imprenditori fallibili, e richiede un piano approvato dagli stessi creditori ma con assemblea pubblica. Il concordato minore è invece più snello: non c’è assemblea pubblica (si vota per iscritto), il piano è libero senza limiti formali di compatibilità (art. 74 c.3) e può prevedere qualsiasi forma di soddisfazione dei creditori. Il debitore resta sempre gestore, mentre nel preventivo solo eventualmente (se con continuità). Inoltre il minore ammette solo debitori più piccoli, ma offre l’analogo diritto all’esdebitazione finale e prevede regole di struttura del piano molto simili (partecipazione delle classi, maggioranze, ecc.). In sintesi, il concordato minore può essere visto come il “fratello piccolo” del concordato preventivo, più flessibile e pensato per situazioni meno complesse.
- Quali sono le scadenze e i limiti temporali? Non esiste un termine massimo imposto dal codice per la durata complessiva del piano: teoricamente il pagamento può essere dilazionato secondo la fattibilità (anche oltre 10 anni se sostenibile). Tuttavia, in pratica i piani oscillano spesso fra i 3 e i 7 anni. Non va dimenticato che, come regola generale del sovraindebitamento, se si conclude la liquidazione controllata il debitore non può chiedere esdebitazione prima di tre anni dall’apertura (art. 282 CCII), anche se con il concordato ottenuto esdebitazione anticipata.
Queste FAQ mirano a chiarire alcuni dubbi frequenti nell’applicazione pratica del concordato minore. Per ulteriori dettagli si rinvia alla normativa di riferimento e alla prassi giurisprudenziale aggiornata.
Fonti normative e giurisprudenziali
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) – Titolo I, Capo IV, Sezione III (artt. 74-88). In particolare, art. 74 CCII definisce il concordato minore (proposta e contenuto del piano), e artt. 75-80 CCII ne disciplinano modalità di pagamento, votazione, omologa e effetti.
- D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 – Decreto correttivo-ter (in vigore dal marzo 2025), art. 20, comma 2, che ha introdotto il nuovo comma II-bis nell’art. 75 CCII riguardante la prosecuzione del mutuo ipotecario sulla prima casa nei concordati minori.
- Cass. civ., Sez. I, 26 luglio 2023, n. 22699 – Principio sulla legittimazione dell’imprenditore cancellato: conferma l’estensione al concordato minore del divieto previgente, secondo cui chi ha cessato volontariamente l’attività (cancellazione R.I.) non può accedere al concordato.
- Cass. civ., Sez. I, 27 novembre 2024, n. 2963 – Rilevanza della diligenza e affidabilità del debitore per la fattibilità del piano (richiamata dal Tribunale di Ferrara 27/12/2024).
- Tribunale di Ferrara, 27 dicembre 2024 – Pronuncia sulle cause del sovraindebitamento e sul rigido giudizio di sostenibilità del piano.
- Tribunale di Modena, 1 maggio 2025 – (Pal. Palmiero) Esclusione dal concordato minore dell’imprenditore individuale cancellato: interpretazione favorevole al debitore.
- Tribunale di Rimini, 7 gennaio 2025 – (comm. A. Mancini) Sul trattamento “non deteriore” dei crediti fiscali e previdenziali nel concordato minore.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi e procedure da sovraindebitamento
✔️ Autore di piani di concordato minore approvati da tribunali e creditori
✔️ Difensore accreditato presso gli Organismi di Composizione della Crisi
✔️ Consulente per professionisti, imprenditori e ditte individuali in difficoltà
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
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