Hai ricevuto una richiesta di pagamento dall’INPS per contributi non versati, magari risalenti a diversi anni fa? Ti stai chiedendo se questo debito è ancora valido o se, con il tempo, sia caduto in prescrizione?
È una domanda più che legittima, soprattutto quando si tratta di importi elevati e notifiche che arrivano molto tempo dopo i fatti. La buona notizia è che anche i debiti verso l’INPS non durano per sempre: la legge prevede termini precisi entro cui l’ente deve attivarsi, altrimenti perde il diritto a riscuotere.
Ma dopo quanti anni si prescrivono i debiti con l’INPS? Vale per tutti i tipi di contributi? E come si fa a sapere se il termine è davvero scaduto?
In linea generale, i contributi previdenziali si prescrivono in 5 anni, sia per le aziende sia per i lavoratori autonomi. Tuttavia, questo termine può interrompersi se nel frattempo ricevi atti come solleciti, avvisi bonari, cartelle o accertamenti. In questi casi, la prescrizione riparte da zero, e quindi è fondamentale analizzare ogni singolo atto ricevuto per capire se è stato notificato correttamente e in tempo.
Non basta sapere quanti anni sono passati: serve verificare la documentazione. In molte situazioni, i debiti che sembrano ancora esigibili sono in realtà prescritti o annullabili, ma senza assistenza legale è difficile accorgersene in tempo.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso previdenziale, prescrizione e difesa del contribuente – ti spiega quando i debiti con l’INPS si prescrivono, come calcolare i termini, quali atti possono interromperli e come possiamo aiutarti a cancellare richieste illegittime.
Hai ricevuto un avviso da parte dell’INPS per contributi che non ricordi nemmeno? Vuoi capire se sei ancora obbligato a pagare o se puoi far valere la prescrizione?
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Introduzione
La prescrizione dei contributi INPS è un istituto di estrema rilevanza per debitori (aziende, professionisti, lavoratori autonomi) e creditori (INPS), perché stabilisce il termine entro il quale l’Istituto può richiedere somme dovute, tutelando il debitore dal rischiare pretese “spaziate nel passato”. La legge di riferimento principale è l’art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995 (riforma Dini), che – insieme alla giurisprudenza – disciplina in modo uniforme la durata della prescrizione dei crediti previdenziali. In base a tale norma, il termine ordinario di prescrizione è di 5 anni per i contributi previdenziali (ex Art.3, co.9, L.335/1995). Solo in particolari situazioni – ad es. se il lavoratore o suoi superstiti denunciano l’omesso versamento – il termine si estende a 10 anni (sempreché l’INPS emetta l’atto interruttivo del proprio diritto).
Di seguito si esaminano i termini di prescrizione per ciascun tipo di contribuzione, gli effetti degli avvisi di addebito e delle cartelle esattoriali, le modalità di riscossione coattiva (fermi amministrativi, pignoramenti, ipoteche), le regole generali di calcolo (termini, interruzioni, sospensioni), la più recente giurisprudenza (Cassazione e corti), nonché le possibili strategie di difesa (giudiziali e amministrative). Verranno inoltre fornite tabelle riepilogative (scadenze, atti interruttivi, decorrenze), FAQ su casi frequenti, esempi pratici con calcolo dei termini e un glossario dei termini tecnici.
Fonti normative (Leggi, Decreti, Codice Civile) e giurisprudenza (sentenze Cassazione e giurisdizioni di merito) rilevanti vengono tutte citate con riferimento alle pagine web aperte.
Prescrizione per categorie di contribuzione INPS
La prescrizione quinquennale si applica a tutte le forme di contribuzione previdenziale obbligatoria, con alcune peculiarità a seconda della gestione contributiva:
- Lavoratori dipendenti (gestione ordinaria IVS, ex-FPLD, ex-INPDAP, etc.). In generale, per i contributi dovuti dai datori di lavoro sui redditi di lavoro subordinato (pubblico e privato), il termine è di 5 anni. Prima del 1996 era di 10 anni, ma la legge 335/1995 ha ridotto a 5 anni per i periodi dal 1° gennaio 1996 in poi. Tuttavia, la stessa legge stabilisce che il termine diventa decennale in presenza di una “denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti”, a condizione che l’INPS emetta poi l’atto di interruzione. In pratica, se un lavoratore segnala all’INPS l’omesso versamento contributivo (o il decesso fa subentrare gli eredi), il creditore ha 10 anni anziché 5 per recuperare quelle somme, purché emetta l’atto interruttivo previsto (ad es. accertamento, cartella). Questa regola trova conferma costante in giurisprudenza: la Corte ha ribadito che, di norma, i contributi si prescrivono in 5 anni, salvo l’ipotesi della denuncia del lavoratore (o superstite), che allunga a 10 anni se l’ente previdenziale agisce.
- Gestione Separata INPS. Si tratta dei liberi professionisti senza cassa previdenziale e dei collaboratori coordinati/continuativi (co.co.co, co.co.pro) privi di altro regime pensionistico. Per i contributi Gestione Separata la prescrizione è anch’essa quinquennale. Di recente la Cassazione ha confermato che, anche per la Gestione Separata, la prescrizione decorre dalla scadenza del termine di pagamento dei contributi, e non dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. Ad esempio, per i professionisti che versano i contributi di gestione separata entro i termini dell’IRPEF (tipicamente 30 giugno o 30 luglio dell’anno successivo), il dies a quo della prescrizione è la data di scadenza del versamento – e non la mera trasmissione della dichiarazione fiscale. La Cassazione n.28594/2024 ha chiarito che la mancata compilazione del quadro RR del modello fiscale (che indica i redditi professionali) non determina automaticamente un dolo tale da sospendere la prescrizione. In pratica, la prescrizione separata è di 5 anni a partire dalla scadenza di versamento, salvo casi di fattispecie speciali (ad es. “occultamento doloso” del reddito) non dimostrati dal fisco.
- Contributi Artigiani e Commercianti. In questi casi (imprenditori in gestione artigiani e commercianti) la regola è sempre quella del quinquennio stabilito da L.335/1995. Tuttavia, per la quota di contribuzione calcolata sul reddito eccedente il minimale – cui si applica la cosiddetta “aliquota percentuale” – il punto di partenza della prescrizione può essere differente. Come indicato dalla Circolare INPS n.104/1996, poiché il reddito produttivo è noto all’ente solo tramite comunicazione fiscale, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui l’Amministrazione finanziaria comunica il reddito del contribuente all’INPS. In sostanza, finché all’INPS non è pervenuto il dato reddituale dall’Agenzia delle Entrate, il credito contributivo non è contestabile. Una volta notificata all’INPS la nuova base imponibile, decorrono i 5 anni di prescrizione. Sulle quote contributive minime (fisse) o sui contributi soggettivi periodici (ante-1996) vige il medesimo principio quinquennale.
- Gestione Agricola. I contributi previdenziali agricoli (es. per coltivatori diretti, mezzadri, coloni, e agricoli autonomi) seguono anch’essi il quinquennio. Fino a epoche recenti la disciplina era complessa, ma attualmente – dopo l’entrata in vigore della L.335/1995 – anche per l’industria agricola e gli autonomi agricoli vale l’art.3 L.335/95. Non esistono norme speciali che distanzino i dipendenti da agricoltura dagli altri lavoratori subordinati ai fini della prescrizione. (Per onorabilità, si segnala che la Circolare INPS 152/2021 ha precisato che per i contributi pagati “indebitamente” si applica il termine ordinario decennale di restituzione, ma questo riguarda rimborso di versamenti errati, non il termine di prescrizione delle somme dovute). In pratica, salvo rare eccezioni – ad esempio crediti particolari o differenti periodi pre-1996 – valgono 5 anni anche per l’agricoltura.
- Contribuzione volontaria. Anche il versamento volontario di contributi (per colmare periodi assicurativi) rientra nella categoria dei crediti previdenziali obbligatori agli effetti della prescrizione. Ciò significa che, se un contribuente ritardasse il versamento di contributi volontari, il termine di prescrizione è anch’esso 5 anni (art.3 L.335/1995), decorrenti dalla scadenza ordinaria di pagamento (di norma il 16 del mese di maggio dell’anno successivo per i versamenti volontari corrente). Non esistono regole agevolative: se non si versa tempestivamente la rata volontaria e decorrono 5 anni senza atti interruttivi, il diritto a quel contributo si estingue.
In sintesi, dopo il 1996 il termine ordinario di 5 anni si applica a tutte queste tipologie di contributi IVS. Solo in caso di “denuncia” da parte del lavoratore (o di sue fattispecie analoghe, come azioni giudiziarie promosse) può scattare il raddoppio del termine a 10 anni. Tale circostanza si verifica, ad esempio, se un lavoratore dipendente propone causa contro il datore di lavoro per mancati versamenti; l’INPS ne deve tenere conto come atto interruttivo al fine di applicare il decennio. Viceversa, se il lavoratore non interviene e l’INPS agisce autonomamente, rimane ferma la prescrizione a 5 anni.
Avvisi di addebito e cartelle esattoriali: effetti sulla prescrizione
La fase di accertamento contributivo presso l’INPS si concretizza solitamente in un avviso di addebito (nella qualifica di atto motivato con cui l’INPS formalizza il credito contributivo richiesto) o, successivamente, in cartelle esattoriali notificate da Agenzia delle Entrate-Riscossione (l’ex-Equitalia) per il recupero coattivo. Sul piano della prescrizione, gli elementi salienti sono:
- Avviso di addebito INPS. Si tratta di un atto amministrativo emesso dall’INPS che indica la cifra dovuta a titolo contributivo (più interessi e sanzioni) per omessi versamenti riscontrati. Pur non avendo efficacia di titolo esecutivo di per sé, l’avviso di addebito ha il pregio di interrompere la prescrizione. In generale, ai sensi dell’art. 2943 c.c., ogni atto che manifesti l’intenzione del creditore a esigere il proprio diritto è atto interruttivo. In particolare, il D.lgs. 46/1999 (art.24 co.2) conferma che anche un avviso bonario di pagamento dell’ente previdenziale costituisce un valido atto interruttivo. Per estensione, altre comunicazioni formali (avviso di addebito) con indicazione del debito, riferimenti normativi e istruzioni di pagamento interrompono i termini prescrizionali, a condizione che siano in grado di individuare chiaramente il soggetto obbligato e la richiesta di pagamento. La giurisprudenza richiama tali principi: ad es. il Tribunale di Roma (ott.2024) ha riconosciuto l’efficacia interruttiva di un avviso bonario notificato nel 2023 ai fini del quinquennio, osservando che esso conteneva tutti gli elementi necessari (identità del debitore, importi, norme applicate) per ricondurlo a un atto di costituzione in mora. In pratica, la comunicazione scritta di credito da parte dell’INPS (avviso bonario o addebito) azzera il decorso della prescrizione e fa ripartire il conteggio dal giorno di notifica.
- Cartella esattoriale INPS. Quando l’INPS affida la riscossione coattiva ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, viene emessa una cartella di pagamento, atto formale di esazione. Anche la cartella può essere un atto interruttivo (poiché notificata al debitore), ma la giurisprudenza chiarisce che da sola non allunga i termini prescrizionali, se non seguita da azioni esecutive. Le Sezioni Unite della Cassazione (sent. 23397/2016) hanno statuito che la notifica della cartella – se non impugnata – produce soltanto l’irretrattabilità del credito (cioè non può più essere cambiato), ma non trasforma il termine di prescrizione da 5 a 10 anni. In altre parole, l’inerzia del contribuente (non avversare la cartella entro il termine) non prolunga automaticamente i termini di prescrizione: se entro 5 anni dall’avviso/cartella non interviene un atto interruttivo successivo, il credito si estingue. Cassazione n.31010/2019 ha ulteriormente confermato che «se nell’arco di cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato alcun atto interruttivo, il credito si prescrive». Ciò significa, ad esempio, che se un contribuente riceve una cartella relativa a un debito contributivo e nei successivi 5 anni non viene avviata un’esecuzione forzata (fermo/pignoramento) né notificato alcun nuovo atto, il debito cade in prescrizione. La giurisprudenza segnala inoltre che, per far valere la prescrizione di un credito contributivo, è possibile eccepire tale estinzione anche all’interno di un’opposizione all’esecuzione forzata (art. 615 c.p.c.), equivalente a contestare il fondo del titolo esecutivo per “fatto estintivo sopravvenuto”.
- Effetti processuali. Dal lato del contribuente, sia l’avviso di addebito sia la cartella possono essere impugnati in giudizio. La prassi consolidata (e la Corte di Cassazione) individua la giurisdizione competente nel Tribunale ordinario, Sezione Lavoro. Ciò vale tanto per i contributi dei lavoratori dipendenti quanto per quelli da gestione separata (giudizio del lavoro). L’imposizione tributaria generale (Iva, Irpef) invece spetta alle Commissioni Tributarie, ma i crediti INPS – pur incisi su accertamenti fiscali – sono considerati materie di diritto del lavoro/previdenza. L’art. 9 del D.lgs. 23/2015, ad esempio, ha disposto che le controversie relative ai contributi previdenziali si decidono in via ordinaria (Trib. Lav.), e l’avviso addebito INPS è notificato con clausola che indica il giudice del lavoro come foro. Inoltre, come ricordato nell’“istruttoria” Zanoni, l’opposizione al fermo amministrativo rientra nella disciplina del giudizio di esecuzione (art.615 c.p.c.) e non ha termini di decadenza particolari, il che permette di sollevare in qualsiasi momento (anche oltre 5 anni) questioni di prescrizione sopravvenuta.
In sintesi, avvisi di addebito, cartelle e atti analoghi interrompono la prescrizione (ricominciando il conteggio da capo) solo quando sono notificati e idonei a manifestare la volontà del creditore di far valere il diritto. Se tali atti restano astratti (non seguiti da esecuzione) oltre 5 anni, il credito è estinto. Il contribuente può far valere la prescrizione proponendo opposizione esecuzione davanti al Tribunale del Lavoro (anche a difesa contro fermi o pignoramenti).
Riscossione coattiva (Agenzia Entrate-Riscossione): fermi, pignoramenti, ipoteche
Quando l’INPS affida la riscossione forzata dei crediti contributivi all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia), entrano in gioco misure esecutive dirette a realizzare il credito: fermi amministrativi, pignoramenti, iscrizioni ipotecarie, ecc. Anche per queste azioni coattive vanno considerati gli effetti sulla prescrizione:
- Preavviso di fermo amministrativo (su beni mobili registrati, es. auto). Si tratta di un atto con cui l’Agente della Riscossione avverte il contribuente che, in assenza di pagamento entro un termine (40 giorni), verrà iscritto un fermo del suo veicolo. Il fermo in sé non interrompe la prescrizione: è un atto “monco”, cioè di intimazione, non di esecuzione del credito. Invero, la giurisprudenza equipara l’opposizione al preavviso di fermo all’opposizione esecuzione (art.615 c.p.c.). Ciò significa che un contribuente può impugnare il fermo presso il Tribunale del Lavoro, facendo valere il fatto estintivo della prescrizione sopravvenuta. Se infatti il preavviso viene notificato oltre il 5° anno dalla cartella non opposta, esso è considerato illegittimo perché il credito si è ormai prescritto. In altri termini, il fermo è valido solo se il credito è ancora oggetto di escussione; in caso contrario si subordina alla regolarità del titolo esecutivo su cui si fonda (e la prescrizione ne è un vizio che può essere eccepito senza termine di decadenza).
- Pignoramento. Il pignoramento (di beni mobili, crediti presso terzi, o stipendi) è un atto decisivo: esso dà avvio formale a un giudizio esecutivo. La Cassazione ha da tempo chiarito che un pignoramento regolarmente notificato al debitore ha efficacia interruttiva e sospensiva della prescrizione, poiché equivale a iniziare un giudizio di esecuzione. In altre parole, la notifica del pignoramento porta ad azzerare i termini prescrizionali (ai sensi del 2943 c.c. e dell’art.2945 c.c. sulla sospensione) a decorrere dalla data di notificazione. L’art. 48 del DPR 602/1973 prevede l’iscrizione di ruolo per il recupero e poi la notifica di precetto e pignoramento: secondo la Cassazione, è proprio il pignoramento a innescare l’interruzione «con conseguente introduzione del giudizio di esecuzione». I casi citati (Cass. 8219/2002, 3741/2017) confermano che, salvo irregolarità, un pignoramento valido ripristina il termine di prescrizione fin lì decorso. Anche l’atto di precetto (notifica di intimazione di pagamento) ha un effetto interruttivo immediato, anche se più limitato – interrompe unicamente il termine, senza sospenderlo.
- Iscrizione ipotecaria. L’iscrizione di ipoteca sugli immobili del debitore è spesso adottata per garantire somme elevate (es. contributi INPS non pagati). Tuttavia, da sola l’ipoteca non produce effetti di interruzione della prescrizione. La Cassazione (ordinanza 18305/2020) ha chiarito che l’ipoteca – contrariamente al pignoramento – non può essere considerata né atto introduttivo di un giudizio né atto di esecuzione vero e proprio; è piuttosto un atto amministrativo con funzione conservativa. Pertanto, una semplice iscrizione ipotecaria non sospende né interrompe il termine prescrizionale dei contributi INPS, quando il recupero è affidato all’Agente della Riscossione. Unica eccezione: se l’atto di iscrizione ipotecaria sia redatto come vera “costituzione in mora” (ossia se contiene esplicita richiesta di pagamento al debitore e indicazioni chiare sul credito), potrebbe avere efficacia interruttiva “istantanea” ex art.2943 c.c.. Ma questa evenienza richiede che l’ipoteca sia notificata al debitore come atto di richiesta esplicita (un atto stragiudiziale anziché un mero vincolo formale). In pratica, la prassi è che l’ipoteca è un segnale di allarme: essa non ‘rimetterà a nuovo’ i termini, a meno che non sia accompagnata da una forma scritta di costituzione in mora.
Le misure di riscossione coattiva vanno impugnate anch’esse in via giurisdizionale secondo i meccanismi dell’esecuzione forzata. In particolare, come osservato da giuristi, l’opposizione agli atti esecutivi (fermo, pignoramento) è svolta innanzi al Tribunale del Lavoro ai sensi dell’art.615 c.p.c.. Non sussiste un termine decadenziale, per cui il debitore può far valere fatti estintivi sopravvenuti (come la prescrizione del credito) in qualsiasi momento della procedura esecutiva. In pratica, se l’INPS ha vinto la sua partita con la semplice iscrizione al ruolo ma poi trascorrono anni senza agire, il contribuente potrà contestare il diritto di esecuzione in sede di opposizione esecuzione invocando la prescrizione sopravvenuta.
Termini, interruzione e sospensione della prescrizione
Per calcolare correttamente la prescrizione dei contributi INPS, è necessario tener conto di tutte le regole legislative sul decorso temporale, sull’interruzione e sulla sospensione del termine.
- Termine ordinario: come detto, 5 anni dal giorno in cui può essere fatto valere il diritto. Secondo l’art. 2946 c.c., per le obbligazioni annuali come i contributi previdenziali il dies a quo è in linea di massima l’ultimo giorno utile di pagamento (o, in analogia, quando il contributo diviene esigibile). Nel caso dei contributi INPS, per i dipendenti la scadenza ordinaria coincideva in passato con la fine dell’anno di riferimento o con le proroghe fiscali annuali; per i contributi della Gestione Separata o dei professionisti, coincide con i termini di versamento delle imposte sui redditi (ad es. 30 giugno o 30 luglio successivi). La Cassazione conferma che la prescrizione decorre dalla data di scadenza del versamento dei contributi. Ad esempio, nel caso discusso dal Tribunale di Roma del 2024, i contributi 2016 di Gestione Separata erano dovuti – per legge – entro il 17 luglio 2017 (dopo proroga), e la Corte ha preso il 20 luglio 2017 come dies a quo per i 5 anni.
- Interruzione della prescrizione: secondo l’art. 2943 c.c., è interrotta dal debitore “la prescrizione è interrotta da qualsiasi atto che valga a costituire in mora il debitore”. In ambito previdenziale, ciò si traduce in ogni atto con cui l’INPS esercita il proprio diritto di credito – e talvolta anche l’iniziativa del lavoratore – che venga correttamente notificato al debitore. Tali atti interruttivi possono essere:
- Avvisi di accertamento (cartelle, atti di liquidazione) e avvisi bonari: notifiche che informano l’obbligato dell’esistenza del credito contrib. (art.24 DLgs 46/99). Sono interruttivi.
- Opposizione del lavoratore (o sue denuncia): quando il lavoratore promuove giudizio contro il datore per contributi non versati, ciò costituisce segnalazione all’ente; se l’INPS emette a sua volta un atto, può determinare 10 anni.
- Atti di esecuzione forzata (pignoramenti, precetti): di norma interruttivi come atto introduttivo del giudizio esecutivo.
- Pagamenti parziali (art. 2944 c.c.): la mera effettuazione di un pagamento del debito interruppe la prescrizione relativa alla parte pagata e sospende l’altra (c.p.c., infatti pagare anche un’unica rata di una dilazione interrompe la prescrizione su quella rata).
- Pace contributiva o dilazione accordata dall’ente: eventuali istanze di rateazione/richiesta di soluzioni stragiudiziali, se ammesse dall’INPS, producono analoghi effetti ai pagamenti parziali.
- Sospensione della prescrizione: l’art. 2945 c.c. stabilisce che eventi straordinari (guerre, calamità, provvedimenti governativi) possono sospendere il decorso. Negli ultimi anni sono intervenute specifiche norme emergenziali che sospendono i termini di prescrizione dei contributi:
- COVID-19: l’art. 37 c.2 del D.L. 18/2020 (convertito dalla L.27/2020) ha sospeso i termini dal 23 febbraio 2020 al 30 giugno 2020 (129 giorni); l’art. 11 c.9 del D.L. 183/2020 (L.21/2021) ha sospeso i termini dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 (182 giorni). In totale 311 giorni di sospensione forzata, che nel calcolo della prescrizione si traducono in un ritardo di quasi un anno intero. Ad es., come evidenziato dalla giurisprudenza, un termine che sarebbe scaduto a luglio 2022 è stato prorogato a maggio 2023. Tali sospensioni “eccezionali” agiscono in modo continuativo: il dies a quo originale viene posticipato al termine della sospensione se cade dentro di essa.
- Emergenze sanitarie e proroghe normali: oltre al COVID, altre leggi di proroga (p.e. vari DL “milleproroghe”) hanno fissato moratorie sui termini di prescrizione in particolari settori (per es. contributi PA). Recentissima è la legge di Bilancio e Milleproroghe 2025 (DL 2024/2024 n.202, convertito), che ha disposto la sospensione dei termini fino al 31 dicembre 2025 per i contributi dovuti dalle pubbliche amministrazioni relativi a periodi di paga fino al 31/12/2020. In altri termini, fino a fine 2025 le PA possono versare contributi arretrati sino al 2020 senza rischio di prescrizione. Tali novità legislative si combinano alle misure precedenti (DL 4/2019, 162/2019, 22/2021, 198/2022, 215/2023, ecc.) rendendo molto più ampio il periodo in cui i contributi PA possono essere richiesti. L’INPS ha fornito istruzioni (Mess.87/2025) per l’applicazione di queste proroghe.
- Altre cause di sospensione: la decorrenza può fermarsi anche in caso di eventi specifici, come una serie di cause giudiziali pendenti, amministrazione in stato di dissesto, etc. In mancanza di norme speciali, valgono le disposizioni generali del codice civile.
Riassumendo, il calcolo del termine di prescrizione richiede di stabilire il dies a quo (data di esigibilità del contributo), aggiungere gli anni della prescrizione (normalmente 5 anni), sottrarre i giorni di sospensione (311 giorni per il COVID 2020-21, ulteriori giorni per la sospensione PA 2023-25), e verificare se in quel lasso intervengono atti interruttivi (riavvio del conteggio).
Giurisprudenza significativa (Cassazione e giudici di merito)
Negli ultimi anni la Corte di Cassazione e le corti di merito hanno consolidato alcuni principi chiave sulla prescrizione dei contributi INPS. Fra le pronunce più rilevanti fino a giugno 2025 ricordiamo:
- Cass. SS.UU. 17.11.2016 n. 23397. Sentenza fondamentale che ha sancito il principio secondo cui, anche dopo la notifica di una cartella esattoriale non impugnata, il termine di prescrizione rimane quinquennale. La Corte affermò che lo scadere del termine per proporre opposizione a cartella produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non determina la conversione della prescrizione quinquennale in quella ordinaria decennale (art.2953 c.c.), poiché la cartella (come l’avviso di addebito) è atto amministrativo e non acquista efficacia di giudicato. Tale orientamento si è ormai imposto come prassi unitaria: in caso di mancata contestazione delle cartelle INPS si resta sul quinquennio – anche alla luce delle successive sentenze Cass. 21704/2018, 31010/2019, etc..
- Cass. ord. 31010/2019. Conferma di quanto sopra: la cartella si prescrive in 5 anni se non si procede alla riscossione coattiva entro tale termine. Precisamente, la Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’INPS ribadendo che “se nei cinque anni successivi alla notifica della cartella l’Istituto Nazionale di Previdenza non procede alla riscossione coattiva … il relativo diritto cade in prescrizione”. Questa ordinanza chiarisce che la mancata impugnativa della cartella non salva il credito se negli anni successivi non si procede, e che l’eventuale opposizione all’esecuzione può far valere la prescrizione sopravvenuta.
- Cass. ord. 18305/2020. Ipoteca e prescrizione. Con questa pronuncia la Cassazione ha stabilito che l’iscrizione ipotecaria per debiti INPS non interrompe la prescrizione degli obblighi contributivi, in quanto atto non costituisce né inizio di giudizio esecutivo né atto di esecuzione. La causa riguardava l’iscrizione ipotecaria da parte dell’Agente della Riscossione, senza altri atti interruttivi, su contributi omessi: l’INPS si era vista la posizione estinta per prescrizione. La Corte ha precisato che l’effetto interruttivo spetta solo agli atti processuali tipici (ricorso, citazione, richiesta esecuzione). Solo se l’ipoteca integra di per sé una chiara “comunicazione scritta di esercizio del diritto” (atto di costituzione in mora) può interrompere, e tale onere spetta al creditore dimostrare tale carattere. In sintesi, l’ipoteca pura non basta; occorre un atto scritto diretto al debitore.
- Cass. ord. 28594/2024. Gestione Separata, decorrenza prescrizione e onere della prova. Questa recente ordinanza ha confermato l’orientamento consolidato che nei contributi gestione separata il dies a quo è la scadenza di pagamento. La vicenda era un ricorso INPS contro sentenza della Corte d’Appello di Trento; il lavoratore era stato assolto perché l’accertamento contestava contributi 2016 notificati dopo 5 anni dallo scaduto (dichiarazione trasmessa nel 2017 con termine spostato al 20/7/2017). La Cassazione ha cassato la sentenza di appello, affermando che spetta all’INPS dimostrare un occultamento doloso del credito oltre la mancata dichiarazione (quadri RR), poiché di per sé la mancata compilazione non prova dolo. La Corte ha ribadito la regola che il termine di prescrizione parte dalla data di effettiva scadenza del versamento contributivo, come originariamente imputata. Questo conferma come non si possa far decorrere la prescrizione dalla data della dichiarazione, ma da quella del versamento.
- Trib. Roma, sez. Lavoro, 22.10.2024 n. 10527/2024. Pur non essendo cassazione, questa sentenza è stata commentata dalla stampa come significativa. Ha chiarito che nei contributi Gestione Separata il termine di versamento (originariamente il 30/6, poi prorogato al 20/7/2017) costituisce il dies a quo per il quinquennio. Si è anche occupata degli effetti delle sospensioni COVID sui termini (311 giorni totali) e dell’avviso bonario del 2023 come atto interruttivo. In pratica, ha confermato che l’aliquota contributiva separata segue lo stesso regime 5+emergenza di ogni altro obbligo contributivo.
- Cass. ord. 15140/2021 (richiamata in commenti sul Trib. Roma). Conferma che l’avviso bonario notificato ex art.24 DLgs 46/1999 contiene i requisiti per interrompere la prescrizione se reca tutti i dati necessari (debitore, importo, norma).
- Cass. (plurime) 2025. Anche nel 2025 è previsto lo stop dei termini di prescrizione per la PA: il DL 2024/2024 ha sospeso la prescrizione fino al 2025 (commi 16-17). Questa previsione normativa chiude il cerchio legale sull’applicazione del quinquennio in ambito pubblico.
Oltre alla Cassazione, diverse pronunce di merito hanno ribadito i principi sopra elencati o illustrato casi concreti (ad es. Trib. Torino 2022: parte del debito agricolo prescritta per mancanza di atto interruttivo; T.A.R. Lazio circa competenza giurisdizionale; ecc.). In generale la tendenza è chiara: la prescrizione dei contributi INPS resta di norma quinquennale, e per farla valere il debitore deve segnalare il fatto nell’eventuale opposizione, il giudice dovrà verificare la decorrenza – tenendo conto di interruzioni/sospensioni – e, se accertata la prescrizione, dichiarare estinto il credito.
Strategia difensiva
Nella difesa di controversie sui debiti contributivi INPS si possono individuare sia passi giudiziali sia amministrativi:
- Sede giudiziale (Tribunale del Lavoro): Come detto, la competenza è del Tribunale ordinario sezione Lavoro (art. 409 c.p.c.). Vi rientrano ricorsi avverso avvisi di addebito INPS, opposizioni a cartelle esattoriali e a fermi amministrativi o pignoramenti. La strategia più comune è allegare come motivo di opposizione (nel ricorso introduttivo) la prescrizione del credito. Bisogna quindi calcolare con precisione le date: si evidenzia quando è sorto il debito (dies a quo), si contano 5 anni, si applicano eventuali sospensioni e si dimostra che nessun atto interruttivo è intervenuto entro tale termine. Eventuali proroghe legislative (covid, PA) vanno annotate. Se emerge che il termine è già decaduto, il giudice dichiarerà estinto il credito. Esempio pratico: in un’opposizione a cartella INPS, il difensore può dire: «i contributi relativi all’anno 2017 sono prescritti, in quanto la scadenza di versamento era il 30/6/2018 (proroga Covid) e sono trascorsi oltre 5 anni, dato che tra il 2020 e il 2021 si sono applicati 311 giorni di sospensione»; così dimostrando la prescrizione maturata. Il debitore può altresì esperire opposizione all’esecuzione (art.615 c.p.c.) al verificarsi di atti esecutivi (fermo, pignoramento). Come ricordato, per tale opposizione non c’è termine di decadenza, perciò anche dopo anni è possibile sollevare la prescrizione come motivo di non legittimità del provvedimento esecutivo. È consigliabile aggregare ogni prova di mancato atto interruttivo (es. nessuna cartella tra date X e Y) e calcoli giustificativi. In ogni caso, è necessario distinguere: la Commissione Tributaria è incompetente per i tributi contributivi INPS (a differenza dei tributi erariali). Pertanto, i reclami volti a far valere la prescrizione contributiva vanno indirizzati al Tribunale del Lavoro, mentre le contestazioni di rilievi fiscali possono andare in Commissione.
- Sede amministrativa (INPS): Prima di ricorrere in giudizio, il contribuente può tentare vie interne. Ad esempio:
- Istanza di annullamento in autotutela: con la nuova regolamentazione sull’autotutela INPS (Circolare 47/2023), è possibile chiedere all’INPS l’annullamento d’ufficio dell’avviso di addebito o della cartella in presenza di vizi di legittimità (anche la prescrizione pendente configura motivo di illegittimità dell’atto). L’INPS deve rispondere entro certi termini interni; se nega la richiesta, il contribuente potrà passare al giudizio. In ogni istanza vanno argomentate le ragioni (calcolo dei termini, norme applicabili).
- Rateazione e dilazione: Qualora sia possibile (in base a leggi o circolari INPS), si può chiedere la rateazione del debito; anche questo atto compie l’INPS e di fatto interrompe la prescrizione sul residuo residuo.
- Pace contributiva / condono: Dal 2023 (L.197/2022 e successive) è disponibile una “pace contributiva” facoltativa che consente di sanare debiti da contributi in ragione di un’aliquota fissa, con rateizzazione. Presentando domanda, il debitore interrompe i termini e ottiene la definizione dell’esposizione. In tale contesto le considerazioni sui termini prescrizionali vanno fatte prima della definizione (poiché successivamente il debito viene “annullato” parzialmente).
- Istanza di riesame: Sugli avvisi di accertamento (cartelle) si può chiedere al MEF/Agenzia delle Entrate la revisione di eventuali aspetti fiscali collegati, ma i contributi restano questione previdenziale.
- Comunicazioni preventive: inviare comunicazioni scritte all’INPS (ad es. diffide) contromarcate può aiutare a creare un ulteriore elemento di interruzione (utile in dubbio).
In generale, ogni tentativo amministrativo dovrebbe essere fatto entro il quinquennio se si intende evitare la prescrizione. L’avvocato o consulente previdenziale può assistere il contribuente nella predisposizione delle istanze e nella corretta motivazione dei termini.
Tabelle riepilogative
Tabella 1. Termini di prescrizione per tipologia di contribuzione
Tipologia contribuente | Termine prescrizione | Decorrenza (dies a quo) | Note principali |
---|---|---|---|
Dipendenti (IVS) | 5 anni (10 anni su denuncia) | Giorno in cui il contributo è esigibile (fine anno, o scadenza versamenti) | 10 anni se lavoratore o eredi denuncia l’omesso versamento. Decorso sospeso da eventi d’emergenza COVID (311 gg). |
Gestione Separata (professionisti/co.co.co) | 5 anni (idem) | Termine di versamento IRPEF per anno fiscale (30/6-30/7 successivo, salvo proroghe) | Prescrizione decorre dalla scadenza del versamento (non dalla dichiarazione). 10 anni su denuncia del contrib. |
Artigiani e Commercianti | 5 anni (10 anni su denuncia) | Giorno di comunicazione redditi fiscali all’INPS (per quota oltre minimale); oppure fine anno/immediata se contributo imponibile minimo. | Particolare: contributi su quota eccedente minimo cominciano da comunicazione A.E. (Circ.104/96). Minimi quinquennali invariati. |
Contribuenti Agricoli | 5 anni (10 anni su denuncia) | Analogo ai dipendenti: fine anno di competenza contributiva | In generale segue L.335/95 come gli altri. Eventuali specialità dipendono da abrogazioni e norme pregresse (Circol. Inps 152/2021 sulla restituzione indebito applica 10 anni). |
Contribuzione volontaria | 5 anni | Scadenza del pagamento (tipicamente 16/5 dell’anno successivo) | Si applica art.3 L.335/95. Rilevano sospensioni emergenziali. |
Tabella 2. Atti interruttivi e decorrenza
Evento / Atto | Effetto sulla prescrizione | Normativa / Riferimento principale |
---|---|---|
Pagamento di somme contributive (anche parziale) | Interrompe la prescrizione (art. 2944 c.c.) per l’importo estinto; su importo residuo procedura normale | CC 2944; Cass. 4731/2000. |
Denuncia del lavoratore / ricorso lavorista | Raddoppio termine a 10 anni se l’INPS emette proprio atto (art.3 L.335/95) | L. 335/1995 art.3 c.9; INPS Circ. 69/2005. |
Avviso bonario / Addebito INPS | Atto interruttivo (interrompe e fa ripartire quinquennio) | D.lgs. 46/1999 art.24; CC 2943. |
Cartella esattoriale (notifica) | Atto di riscossione: interrompe se seguito da esecuzione; in assenza di successivi atti la prescrizione scatta al termine dei 5 anni | Cass. SS.UU. 23397/2016; Cass. 31010/2019. |
Opposizione esecuzione (art.615 cpc) | Impugnazione che interrompe ex art.2943 c.c. (introduce giudizio) | CC 2943; Cass. 12685/1999 (SU); D.Lgs. 23/2015 s.m. |
Fermo amministrativo (preavviso) | Non interrompe per sé; impugnabile con opposizione esecuz. (Trib. Lav.). Se notificato dopo 5 anni dalla cartella, credito già prescritto. | Cass. 11087/2010 (SU); Circolare MEF 9/2013; Cass. 22088/2011. |
Pignoramento notificato regolare | Atto interruttivo di presc. e sospensivo (introduce espropriazione) | Cass. 8219/2002; 3741/2017; CC 2943-2945. |
Iscrizione ipotecaria (solo) | Non interrompe (Cass. 18305/2020), salvo se configurata come atto di costituzione in mora | Cass. 18305/2020. |
Notifica precetto esecutivo | Interrompe solo istantaneamente (riparte nuova prescrizione) | Cass. 19738/2014; 7737/2007; CC 2943. |
Sospensione legale (es. emergenze) | Sospende il termine di decorso; al termine della sospensione riprende (311 gg per COVID 2020-21, fino a 31/12/2025 per PA) | D.L. 18/2020 art.37; D.L.183/2020 art.11; L.197/2022; L.182/2022; L.2024/2024; CC 2945. |
(Le tabelle raccolgono in sintesi i dati normativi e giurisprudenziali citati nel testo).
Domande frequenti (FAQ)
1. Quando si prescrivono i contributi INPS non pagati?
I contributi previdenziali si prescrivono in 5 anni ai sensi dell’art.3 L.335/1995. Il conteggio parte dal giorno in cui il contributo è esigibile (di solito la scadenza di pagamento dell’anno di riferimento, come l’ultimo giorno utile dell’anno o la data di versamento dell’imposta sui redditi correlata). Il periodo può essere fermo/sospeso per eventi straordinari (es. COVID 2020-21). Se entro 5 anni non viene notificato alcun atto interruttivo, il credito si estingue. Invece, se il lavoratore o i suoi eredi denunciano l’omesso versamento, il termine è di 10 anni.
2. Ho ricevuto un avviso di addebito INPS tardivamente: posso eccepirne la prescrizione?
Sì. L’avviso di addebito è un atto interruttivo, ma se è stato notificato oltre il quinquennio di decorrenza, il credito sottostante è ormai prescritto. Ad esempio, se i contributi 2015 scadevano il 31/12/2016 (conclusi i pagamenti) e nel 2023 arriva un avviso di addebito relativo a quei periodi, è già passato più di 5 anni: il contribuente può far valere l’intervenuta prescrizione. Il giudice del lavoro, se confermato che non ci furono atti interruttivi nel frattempo, dichiarerà estinti i debiti.
3. La cartella esattoriale INPS di 7 anni fa è prescritta?
Se non era stata opposta né seguita da alcuna azione esecutiva (fermo o pignoramento) entro 5 anni dalla notifica, sì, il credito si è prescritto. Cassazione 31010/2019 ha ribadito che senza riscossione coatta entro 5 anni dalla cartella, “il credito si prescrive”. Attenzione però: la prescrizione va calcolata dal momento di notifica della cartella. Quindi se ad es. la cartella 2017 è stata notificata nel 2018 e nel 5 anni successivi (fino al 2023) l’Agenzia non ha eseguito fermi/pignoramenti o notificato altri atti, il contribuente può invocare la prescrizione. In ogni caso, l’opposizione esecuzione (art.615 c.p.c.) è lo strumento idoneo per far valere il vizio di prescrizione sopravvenuta.
4. Cosa fa correre nuovamente la prescrizione?
Ogni atto formale di INPS o dell’Agente riscossore notificato al debitore, che contenga la richiesta di pagamento, ricomincia la prescrizione. Ad es.: notifica di un nuovo avviso di pagamento, di una cartella, di un pignoramento, o opposizione del lavoratore in giudizio. Anche il pagamento di una rata dello stesso debito interrompe la prescrizione di quella parte. In pratica, se INPS notifica qualcosa nel periodo quinquennale, da quella data si rifanno 5 nuovi anni (o 10 se denuncia). È quindi fondamentale controllare l’eventuale presenza di tali atti nel corso del tempo.
5. Il fermo amministrativo di un’auto estingue la prescrizione?
No. Il fermo (preavviso di fermo) non interrompe la prescrizione perché non è atto di esecuzione, ma un’intimazione preventiva. Se il fermo è stato notificato dopo che il credito era prescritto, è annullabile. Il debitore dovrà opporsi al fermo ( Tribunale del Lavoro, art.615 c.p.c.) indicando la prescrizione sopravvenuta. In generale, per annullare un fermo basta dimostrare che l’agente non aveva più titolo ad agire (il debito era prescritto).
6. Cosa accade se ho compilato male la dichiarazione dei redditi (ad es. dimenticando il quadro RR)?
Secondo Cass. 28594/2024, la sola mancata compilazione del quadro RR (relativo ai redditi di lavoro autonomo) non prova in automatico il dolo di occultamento del credito; quindi non sospende la prescrizione di per sé. L’INPS deve dimostrare elementi concreti di occultamento. Di conseguenza, il termine prescrizionale decorre dalla scadenza dei contributi (come sopra) e non viene legittimamente interrotto solo per un errore dichiarativo.
7. Esistono casi particolari da considerare?
Sì, ad esempio:
- Contributi dovuti dalle Pubbliche Amministrazioni: per un lungo periodo i termini di prescrizione dei contributi versati dalle P.A. (Gestione Dip. Pubblici e Gestione Separata) erano sospesi per decisione legislativa. Oggi, grazie alle misure “milleproroghe”, la prescrizione è sostanzialmente inibita fino al 31/12/2025 per le PA (DL 2024/2024 commi 16-17). Di fatto, gli enti pubblici hanno tempo fino alla fine del 2025 per regolarizzare contributi anche antecedenti il 2020.
- Pace contributiva: se il debitore aderisce alla “pace contributiva” INPS (legge 197/2022 e circolari), l’atto di definizione fa decadere la prescrizione sul residuo residuo. Analogamente, accettando una dilazione per dilazioni straordinarie si interrompe la prescrizione.
- Sentenze di condanna passate in giudicato: se, in via giurisdizionale, viene emessa una sentenza di condanna a carico del datore di lavoro per versare contributi, e questa sentenza è divenuta definitiva, allora si apre un nuovo conto prescrizionale di 10 anni (art.2953 c.c.). Attenzione quindi: un titolo giudiziale può allungare i termini su quel credito.
Le risposte qui fornite sono indicative. Per situazioni specifiche è sempre consigliabile effettuare un’analisi dettagliata delle date e dei documenti, eventualmente con l’ausilio di un consulente legale o del lavoro.
Simulazioni pratiche
- Contributi Gestione Separata 2016. Un lavoratore autonomo con contribuzione gest. sep. doveva pagare i contributi per l’anno 2016 entro il 16 giugno 2017. A causa di una proroga straordinaria (DPCM agosto 2017) il termine effettivo fu spostato al 20 luglio 2017. Pertanto, il decorso prescrizionale di 5 anni sarebbe scaduto il 20 luglio 2022. Tuttavia, con le sospensioni emergenziali (COVID), da quel lasso vanno sottratti 311 giorni, spostando la scadenza al 6 maggio 2023. Se nel frattempo (es. 12 gennaio 2023) l’INPS notifichi un avviso bonario per quei contributi, quel giorno interrompe e fa ripartire la prescrizione: si contano altri 5 anni dalla notifica (fino al gennaio 2028), più eventuali sospensioni successive. Se invece l’avviso non fosse giunto, i contributi sarebbero prescritti in piena emergenza (maggio 2023).
- Cartella INPS 2015 non opposta. Una S.a.s. riceve nel 2023 una cartella di pagamento INPS relativa a contributi 2015. Se la cartella non è stata opposta nel frattempo, bisogna valutare la prescrizione: i contributi 2015 erano dovuti entro l’anno 2016; quindi, in assenza di sospensioni, sarebbero prescritti al 31/12/2020 (5 anni). Le sospensioni COVID aggiungono altri 311 giorni, quindi spostano la scadenza al novembre 2021. Pertanto nel 2023 il credito è certamente prescritto. In sede di opposizione all’esecuzione (art.615 c.p.c.) i soci possono eccepire la prescrizione sopravvenuta. Anche Cassazione riconosce che, trascorsi 5 anni dall’atto, “il credito si prescrive”.
- Imprenditore artigiano omette quota reddito. Supponiamo un artigiano non compili correttamente la dichiarazione IVA, così l’Agenzia delle Entrate invia i dati del reddito incompleto all’INPS solo nel 2020 per i redditi 2018. Secondo la circolare Inps 69/2005, la prescrizione di quei contributi 2018 decorre dal giorno di ricezione dei redditi da parte di INPS, non dal termine di versamento originario. Quindi, pur essendo i contributi 2018 “maturi” nel 2019, il conteggio di 5 anni inizia quando l’INPS è messo in grado di esigere (ricezione comunicazione). Se ad esempio la notifica di avviso di addebito avviene il 15.6.2020, il termine cadrebbe il 15.6.2025 (sospensioni escluse). Se nel frattempo sono passati sospensioni (covid) o atti interruttivi, vanno calcolati come sopra.
- Denuncia del lavoratore. Un dipendente di datore insolvente denuncia all’INPS l’omesso versamento dei contributi dal 2010 al 2014. L’INPS emette un proprio atto di interruzione entro pochi mesi. In questo caso, grazie alla denuncia del lavoratore, il termine è decennale. Se l’atto interruttivo è stato del 2015, il credito si prescriverebbe nel 2025. Il datore (o l’INPS) non può invocare il quinquennio breve, perché la denuncia ha allungato i termini.
I calcoli pratici devono sempre tenere conto delle leggi sopravvenute (quali proroghe dei termini di accertamento e sospensioni emergenziali) e dei singoli eventi interruttivi. Questi esempi indicano come impostare la simulazione: individuare il dies a quo, aggiungere il termine legale, sottrarre le sospensioni, verificare atti in corso.
Glossario
- Prescrizione: estinzione automatica di un diritto per mancato esercizio entro il termine stabilito dalla legge (art.2903 e seguenti cod. civile). Nella previdenza, termine ordinario di 5 anni (art. 3, c.9 L.335/95).
- Gestione Separata: regime previdenziale INPS per professionisti senza cassa e collaboratori coordinati/continuativi (introdotto dal 2009). I contributi dovuti sono soggetti alla prescrizione quinquennale.
- Artigiani/Commercianti: settori che pagano contributi proporzionali al reddito (oltre ad aliquote fisse). La prescrizione è 5 anni per le quote dovute sul reddito (art.3 L.335/95 e circ.104/96).
- Contribuzione volontaria: contributi versati facoltativamente dal soggetto assicurato (ad es. disoccupati o sospesi) per accreditare periodi. Anche questa segue il quinquennio di prescrizione (art.3 L.335/95).
- Avviso di addebito: atto amministrativo INPS con cui si reclama il pagamento di contributi previdenziali omessi. Atto interruttivo di prescrizione se notificato correttamente.
- Cartella esattoriale: notifica di ruolo eseguita dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) per debiti previdenziali. Se non seguita entro 5 anni da pignoramento, il credito si prescrive.
- Fermo amministrativo: misura cautelare sull’autovettura o altri beni mobili registrati del debitore, anticipata da apposito preavviso. Non interrompe la prescrizione e si impugna con opposizione all’esecuzione (art.615 c.p.c.).
- Pignoramento: atto esecutivo (moltiplo di quote stipendio, conto corrente, beni mobili) notificato al debitore. Introduttivo di un giudizio esecutivo, interrompe/sospende la prescrizione (Cass. 8219/2002).
- Iscrizione ipotecaria: trascrizione di vincolo immobiliare per garantire un debito tributario o previdenziale. Non interrompe la prescrizione se effettuata da Agenzia Riscossione (Cass. 18305/2020), a meno che non sia un “atto di messa in mora” (cioè vera richiesta scritta).
- Autotutela INPS: procedura amministrativa interna che consente all’INPS di annullare o rettificare i propri atti (avvisi, cartelle) quando vi siano errori evidenti. Dal 2023 regolamentata (Circ. 47/2023).
- Opposizione all’esecuzione (art.615 c.p.c.): rimedio giurisdizionale per contestare l’esecuzione forzata (fermo, pignoramento) in corso. Permette di opporre vizi del titolo esecutivo, inclusa la prescrizione sopravvenuta. Non è soggetta a termine di decadenza.
- Interruzione e sospensione: l’interruzione della prescrizione (art. 2943 c.c.) comporta l’azzeramento del decorso e nuovo termine; la sospensione (art. 2945 c.c.) ne arresta l’effetto temporaneamente, prolungando il termine finale. Le norme emergenziali del 2020-2024 hanno sospeso in vari periodi i termini contributivi.
Fonti normative
- Legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 9 (Riforma Dini – disciplina prescrizione contributi IVS).
- Codice Civile: art. 2943 c.c. (interruzione prescrizione), art. 2945 c.c. (sospensione in caso di guerre/calamità), art. 2946 c.c. (termini prescrizionali).
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 (ipoteca amministrativa su immobili per crediti contributivi).
- D.Lgs. 9 luglio 1999, n. 46, art. 24 (atti interruttivi: avviso bonario).
- Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, art. 37, comma 2 (sospensione termini prescrizione contributi 23.2.2020–30.6.2020).
- Decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, art. 11, comma 9 (sospensione prescrizione contributi 31.12.2020–30.6.2021).
- Legge 24 aprile 2020, n. 27 (conversione DL 18/2020) e Legge 26 febbraio 2021, n. 21 (conversione DL 183/2020).
- Decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202 (Milleproroghe 2025), commi 16-17 (sospensione prescrizione contributi PA fino al 31/12/2025).
- Legge 15 dicembre 2022, n. 197 (conversione DL “Pace contributiva” 2022) – disciplina la definizione agevolata dei debiti previdenziali.
- Codice di Procedura Civile, art. 615 (opposizione all’esecuzione).
Fonti giurisprudenziali
- Cass. SS.UU. 17 novembre 2016, n. 23397 – principio prescrizione quinquennale dei crediti INPS e irretrattabilità post-cartella.
- Cass. 5 dicembre 2019, n. 31010 – cartella INPS prescritta in 5 anni se nessun atto successivo.
- Cass. 3 settembre 2020, n. 18305 – iscrizione ipotecaria non interrompe prescrizione contributi.
- Cass. ord. 6 novembre 2024, n. 28594 – decorrenza prescrizione Gestione Separata dalla scadenza di versamento (non dalla dichiarazione).
- Tribunale di Roma, sez. Lavoro, 22 ottobre 2024, n. 10527/2024 – decorrenza quinquennio e sospensioni emergenziali nei contributi Gestione Separata.
- Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ord. 16 novembre 1999, n. 12685 (e altre SS.UU. 2010, 2011) – opposizione al fermo/cartella come opposizione ex art.615 c.p.c. senza termine decadenza.
- Cass. 19738/2014; Cass. 7737/2007 – precetto come atto interruttivo istantaneo della prescrizione.
- Cass. 8219/2002; Cass. 3741/2017 – pignoramento regolarmente notificato come atto interruttivo della prescrizione.
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Conclusione
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