Debiti Personali Dell’Amministratore Di Srls: Cosa Sapere

Sei amministratore di una SRLS e hai problemi economici personali? Hai ricevuto solleciti, cartelle esattoriali o addirittura atti di pignoramento a tuo nome, e ti stai chiedendo se questi debiti possono danneggiare anche la società?

È una situazione sempre più comune: da una parte l’impresa, dall’altra la persona. Ma cosa succede quando l’amministratore ha debiti personali? La SRLS rischia qualcosa? I conti della società possono essere toccati? I fornitori possono collegare i problemi personali a quelli aziendali?

La buona notizia è che, per legge, i debiti personali dell’amministratore non ricadono automaticamente sulla società, né sui suoi beni o sui conti aziendali. La SRLS, come tutte le società di capitali, ha una sua autonomia patrimoniale, e risponde solo per i debiti propri.

Ma attenzione: ci sono casi in cui la separazione tra persona e azienda può diventare meno netta. Ad esempio:

  • Se l’amministratore usa in modo scorretto i fondi societari per fini personali;
  • Se confonde conti, fatture e disponibilità tra sé e la SRLS;
  • Se agisce in modo fraudolento o compie gravi irregolarità contabili.

In queste ipotesi, il creditore potrebbe cercare di aggredire indirettamente la società o addirittura chiedere la responsabilità personale per la cattiva gestione. E nei casi più gravi, anche l’Agenzia delle Entrate o l’INPS possono contestare responsabilità dirette per debiti fiscali o contributivi non versati.

In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, crisi d’impresa e tutela dell’amministratore – ti spiega cosa succede quando un amministratore di SRLS ha debiti personali, cosa rischia davvero la società, come proteggere correttamente i patrimoni e quali errori evitare per non creare un danno doppio: personale e aziendale.

Hai ricevuto atti a tuo nome e temi che possano riflettersi sulla tua SRLS? Vuoi capire come tutelare la società, i suoi conti e il lavoro di chi ci lavora?

Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo la tua posizione personale e societaria, valuteremo i rischi reali e costruiremo insieme una strategia legale per difendere te, la tua impresa e il tuo futuro.

Introduzione

Le società a responsabilità limitata semplificata (SRLS) condividono con le SRL ordinarie il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta: di norma i debiti sociali non ricadono sul patrimonio personale degli amministratori o dei soci. Tuttavia il legislatore e la giurisprudenza individuano numerose eccezioni. In particolare il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) ha introdotto l’obbligo per gli amministratori di predisporre un assetto organizzativo adeguato all’identificazione tempestiva della crisi e alla tutela del patrimonio sociale. Se si verificano simultaneamente insolvenza della società, insufficienza del patrimonio sociale e mancanza di adeguata struttura organizzativa, l’amministratore può essere chiamato a rispondere personalmente delle passività societarie. Ancora, in caso di condotte illecite (dolose o colpose) o violazione di norme che abbiano direttamente danneggiato creditori o soci, gli amministratori rispondono solidalmente dei danni causati. In questa guida analizziamo in dettaglio i profili civilistici, tributari e penali connessi ai debiti di una SRLS e le responsabilità dell’amministratore, citando principi normativi attuali e orientamenti giurisprudenziali al 2025.

Principi generali di responsabilità dell’amministratore

Autonomia patrimoniale e responsabilità limitata

La SRLS è una società di capitali che beneficia della separazione tra il patrimonio della società e quello dei suoi membri. In linea generale, dunque, i creditori sociali possono rivalersi solo sul patrimonio della società e non sui beni personali degli amministratori o dei soci. Il Codice Civile (art. 2476 c.c.) stabilisce che l’amministratore risponde solidalmente verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. Tale responsabilità è attenuata solo se l’amministratore dimostra di essere esente da colpa e, conoscendo l’atto illecito, ha dissenso o abbandonato la carica prima che l’atto si compia. In sostanza, il mancato adempimento dei doveri di diligenza comporta il risarcimento del danno alla società. I terzi (soci o creditori) possono agire solo se provano un danno diretto subito in conseguenza di un atto illecito dell’amministratore.

Responsabilità verso la società e i soci

L’amministratore deve gestire la SRLS sempre nell’interesse sociale e con diligenza. L’art. 2476 c.1 c.c. prevede che, nell’ipotesi di danno alla società, questa possa promuovere un’azione di responsabilità nei suoi confronti. In sede fallimentare o di liquidazione, il curatore (o i soci liquidatori) può agire anche in via diretta verso l’amministratore (ai sensi dell’art. 2476 c.6 c.c.) qualora dimostri che atti o omissioni dolosi/colposi dell’amministratore abbiano ridotto il patrimonio sociale, rendendolo incapace di soddisfare i debiti. In sintesi, la società e i suoi soci possono pretendere il risarcimento dei danni cagionati dalla cattiva gestione (mala gestio) dell’amministratore.

Responsabilità verso i creditori sociali

L’art. 2476, comma 6°, c.c. (introdotto dal D.Lgs. 14/2019) dispone che gli amministratori rispondono verso i creditori sociali qualora abbiano violato l’obbligo di preservare l’integrità del patrimonio sociale. In pratica, se la società diventa insolvente e manca la ricchezza sufficiente per pagare i debiti, i creditori possono agire nei confronti dell’amministratore (ad esempio tramite un’azione ex art. 2394 c.c., applicabile analogicamente alle SRL). Occorre però dimostrare che l’amministratore abbia concretamente causato il dissesto: condotte omissive, dolose o violate norme di legge che abbiano determinato la riduzione del patrimonio aziendale. In assenza di tale nesso causale, non sussiste responsabilità. Ad esempio, il Tribunale di Napoli (sent. 18/9/2023) ha ricordato che il mero inadempimento contrattuale della società verso un fornitore non costituisce di per sé illecito dell’amministratore: sarebbe necessario provare che la sua gestione negligente o fraudolenta abbia generato direttamente il danno al creditore.

Debiti verso Erario e INPS

Debiti tributari (Erario)

Gli amministratori hanno l’obbligo di far fronte ai debiti tributari della società utilizzando le risorse aziendali. Se l’amministratore omette di versare imposte o tributi dovuti e la società disponeva di fondi sufficienti, egli risponde personalmente dei danni pari a sanzioni, interessi e aggio che l’Agenzia delle Entrate ha accertato. Ad esempio, in presenza di liquidità societaria, l’amministratore inadempiente deve risarcire la società dell’importo dei tributi non versati e delle sanzioni fiscali irrogate. Se invece la società era già incapiente al momento dell’omissione, la responsabilità può scattare se l’amministratore ha continuato illegittimamente l’attività nonostante il dissesto, creando nuovi debiti non necessari. In tutti i casi, l’Agenzia delle Entrate può rivalersi personalmente sull’amministratore (ad es. con pignoramenti) se provvede ad accertare l’evento impositivo a carico dell’ente (art. 36 DPR 602/1973). La Cassazione ha anche stabilito che, in caso di indebito utilizzo in compensazione di crediti Iva inesistenti, tutti i soci “consapevoli” e l’amministratore sono penalmente responsabili, con conseguente sequestro dei beni personali.

Dal punto di vista penale, l’omesso versamento di imposte è un reato tributario (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000) per il quale risponde l’amministratore in carica al momento della scadenza del termine di pagamento, anche se subentrato successivamente. La Cassazione ha precisato che l’accettazione formale della carica comporta doveri di vigilanza e controllo: chi è amministratore, anche “di facciata”, deve vigilare e può essere chiamato a rispondere anche di dolo eventuale (accettazione del rischio) nel caso in cui fossero commessi reati fiscali nonostante tale vigilanza. Inoltre, in caso di condanna tributaria penale, si applica obbligatoriamente la confisca per equivalente anche sui beni personali dell’amministratore, se non è possibile recuperare direttamente dalla società.

Debiti previdenziali (INPS)

Analogamente all’Erario, gli amministratori sono tenuti a versare i contributi previdenziali INPS dovuti per i dipendenti o per se stessi come soci-amministratori. Le omissioni contributive possono essere penalmente rilevanti (artt. 2, D.Lgs. 74/2000 equiparano l’omesso versamento delle ritenute e dei contributi a reato tributario) e civilmente dannose. La Cassazione ha confermato che l’amministratore di SRL deve risarcire le sanzioni previdenziali ingiunte per il mancato versamento dei contributi, così come quelle fiscali, qualora tali omissioni derivino dal suo comportamento colposo o doloso. Nel caso esaminato (Cass. 29.10.2019 n. 27610), l’amministratore era stato condannato a pagare 330.000 € di sanzioni tributarie e previdenziali inflitte alla società per quattro anni di omesse dichiarazioni e tenuta della contabilità; la Corte ha ritenuto che queste sanzioni costituissero un danno immediatamente causato dall’azione omissiva dell’amministratore.

Debiti verso banche, fornitori e altri creditori

Debiti contrattuali verso fornitori e terzi

In linea di principio l’amministratore non è personalmente obbligato per i debiti contrattuali contratti dalla società. Tuttavia, egli può rispondere per malagestio se la sua condotta ha provocato il mancato adempimento alla società. Ad esempio, se un amministratore pone in essere azioni che violano gli obblighi di diligenza e provocano la riduzione del patrimonio sociale (per esempio trasferisce beni sociali a terzi o contrasta la riscossione di crediti), può essere chiamato a risarcire i fornitori danneggiati. La giurisprudenza sottolinea che è necessario un nesso causale diretto tra l’illecito commesso dall’amministratore e l’impossibilità di soddisfare il creditore; il semplice fallimento o insolvenza della società, senza specifiche azioni illecite, non basta a fondare la responsabilità personale.

Debiti verso istituti di credito e garanzie personali

Il rapporto con le banche è prevalentemente contrattuale: in linea di massima la banca può escutere la società ma non i beni personali dell’amministratore, salvo che questi abbia prestato fideiussioni personali o altre garanzie personali. In tali ipotesi, se la società non paga, la banca potrà rivalersi direttamente sull’amministratore garante fino a concorrenza dell’impegno assunto (indipendentemente dallo stato patrimoniale dell’ente). Inoltre, l’amministratore può incorrere in responsabilità penale se induce la banca in errore con dichiarazioni false o occultamento di elementi rilevanti (ad es. nel caso di erogazione di finanziamenti basati su informazioni mendaci).

Confusione di patrimoni

Un’ulteriore ipotesi di responsabilità personale è data dal “piercing the corporate veil” (commistione di patrimoni). Se l’amministratore utilizza indebitamente i conti o i fondi della società per fini personali (o viceversa), il giudice può considerare disapplicato il principio dell’autonomia patrimoniale e dichiararlo responsabile dei debiti sociali. Anche se non vi è espressa giurisprudenza unanime sulla SRLS, in linea di principio un’alterazione sostanziale del confine tra patrimonio sociale e personale può comportare la portata inadempienza agli obblighi sociali. In pratica, l’amministratore deve sempre separare chiaramente il patrimonio societario da quello proprio.

Condotte omissive, dolose e colpose

La responsabilità dell’amministratore dipende dalla natura della sua condotta:

  • Condotte omissive: sono omissioni di atti dovuti (ad es. mancata convocazione dell’assemblea, mancata tenuta della contabilità, inadempienza fiscale). Se tali omissioni violano i suoi doveri (diligenza, fedeltà) e causano un danno alla società o ai creditori, l’amministratore risponde civilmente. Ad esempio, l’art. 2476 c.6 c.c. impone di evitare che i debiti eccedano il patrimonio sociale: un amministratore che non prende tempestivamente misure correttive (incontro soci, liquidazione) di fronte a situazioni d’insolvenza può essere ritenuto colpevole per successivi debiti contratti dall’ente.
  • Condotte dolose: sono azioni intenzionalmente illecite, come distrazione di beni sociali, false comunicazioni contabili, movimentazioni fraudolente. In questi casi scatta anche la responsabilità penale (bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, ecc.). Civilmente l’amministratore che compie atti dolosi risponde dei danni diretti a soci o terzi (art. 2476 c.7 c.c.), e i soci compiacenti rispondono solidarmente.
  • Condotte colpose (negligenti): si hanno quando manca la normale diligenza richiesta a un buon padre di famiglia. Ad esempio, l’omessa predisposizione di controlli minimi nella contabilità o il mancato rispetto di scadenze fiscali per semplice disattenzione. In caso di bancarotta semplice documentale (art. 217 L.F.), l’elemento soggettivo può essere anche la colpa (negligenza). Allo stesso modo, per il reato di omesso versamento di tributi è sufficiente il dolo generico (cioè accettazione del rischio) e talvolta si persegue anche la colpa se esistono gli estremi di reato omissivo propri (cassazione 2020). In ambito civile, anche la condotta colposa dell’amministratore può integrare mala gestio: se la sua negligenza ha fatto aggravare il dissesto sociale, egli è tenuto a risarcire il danno.

Profili penali rilevanti

Oltre all’ambito civile, l’amministratore può incorrere in reati penali gravi correlati alla gestione societaria:

  • Bancarotta fraudolenta: il nuovo Codice della crisi (art. 322 c.c.i.) punisce con 3-10 anni di reclusione l’imprenditore (o chi abbia gestito di fatto l’impresa) che, nel fallimento, abbia distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato beni della società oppure sottratto, distrutto o falsificato le scritture contabili. Si tratta del reato complesso di bancarotta fraudolenta (art. 216 L.F.), che richiede dolo (generico o specifico). La Cassazione ha precisato che l’amministratore di diritto non meramente di fatto risponde penalmente se, con consapevolezza almeno eventuale, non ha impedito l’evento illecito procurato dall’amministratore di fatto. In pratica, il mero ruolo formale non esclude la responsabilità: nel caso di figure “prestanome”, basta che l’amministratore consapevole accetti il rischio della distrazione per essere punito. Il liquidatore della società fallita risponde anch’egli penalmente ai sensi degli artt. 223 L.F. e 2489 c.c. (che richiamano il dovere di vigilanza ex art. 2932 c.c.) se non evita o attenua atti pregiudizievoli, configurandosi una posizione di garanzia sulla conservazione del patrimonio.
  • Bancarotta semplice: punita dall’art. 217 L.F. (oggi art. 329 c.c.i.), si configura per la tenuta irregolare delle scritture contabili anche per negligenza. La Cassazione distingue la bancarotta semplice documentale, dove è sufficiente dolo generico, dalla fraudolenta, che richiede dolo specifico di lucro o danno. In ogni caso, la distrazione volontaria di beni (bancarotta patrimoniale fraudolenta) è severamente sanzionata (reclusione 3-10 anni).
  • Omesso versamento di imposte: previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000, punisce con la reclusione (da 6 mesi a 2 anni circa) chiunque, al momento della scadenza di legge, non versi tributi e contributi previdenziali pur essendo debitore. La Cassazione ha chiarito che risponde il solo amministratore di fatto o di diritto investito dell’obbligo di versamento alla scadenza, a condizione che vi sia dolo generico. Se la società è soggetta a reato omissivo tributario e l’amministratore in carica non adempie, anche l’amministratore successivo può rispondere penalmente se subentra prima della scadenza senza sanare l’omissione.
  • Indebita compensazione: l’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000 punisce con reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni chi utilizza crediti inesistenti per azzerare imposte dovute. Per questo reato tributario la Cassazione ha affermato che soci “consapevoli” e amministratore possono essere concorrenti e subire conseguenze patrimoniali (confisca). L’uso abusivo dei crediti IVA per compensare debiti non dovuti costituisce reato anche per l’amministratore che vi abbia acconsentito o facilitato.
  • Reati societari connessi: Il falso in bilancio (art. 2621 c.c.) seguito dal fallimento integra di solito la bancarotta fraudolenta impropria (art. 216 L.F.). Cass. 2025 n. 631 ha ribadito che il falso in bilancio distruttivo dei bilanci aziendali è assorbito nella bancarotta impropria, distinguendo i due reati. Anche l’appropriazione indebita di beni sociali (art. 646 c.p.) o la corruzione fra privati possono trovare applicazione se il comportamento dell’amministratore è diretto a danneggiare l’ente.

Tabelle riepilogative

Tipologia di responsabilitàRiferimenti normativiCondotta/ScopoEffetti/Sanzioni
Civile verso la societàCod. Civ. art. 2476 c.1 – art. 2392 (Spa via analogia)Violazione di doveri di legge o statuto nell’interesse della societàRisarcimento dei danni alla società; possibile revoca con deliberazione assembleare (art. 2476 c.3 c.c.).
Civile verso creditoriCod. Civ. art. 2476 cc. 6-7Gestione negligente o dolosa in insolvenza; perdita integrità patr.Azione autonoma dei creditori contro l’amministratore; risarcimento solidale dei debiti sociali non coperti (mala gestio).
TributariaDPR 602/1973 art.36; D.Lgs. 74/2000 (art.10-bis/ter/quat.)Omesso versamento imposte/IVA, compensazioni indebiteCivile: risarcimento alle Entrate di sanzioni, interessi. Penale: reclusione (6m-2a per IVA), confisca beni.
Previdenziale (INPS)T.U. previdenza art. 2/1997; D.Lgs. 74/2000 art.10-bisOmesso versamento contributi previdenzialiCivile: risarcimento sanzioni previdenziali irrogate alla società. Penale: punito come tributo omesso (reclusione, confisca).
Penale (fallimentari)Art. 322 ss. Codice Crisi (ex art.216 L.F.)Distrazione/ occultamento beni o scritture contabiliBancarotta fraudolenta: reclusione 3-10 anni (e confisca); Bancarotta semplice: reclusione o arresto (fino a 2-3 anni) per colpa.
Penale (societari)Cod. Civ. art. 2621 (falso in bilancio)Falso in bilancio, false attestazioniCasi di bancarotta impropria (art. 216-217 L.F.); in ogni caso reato collegato (pena variabile fino a 3 anni).
Scenario di rischioTipo di responsabilità coinvoltaConseguenze possibili
Società in bonis, amministratore omette pagamento tributiCivile (mala gestio) verso società/Erario; penale (omesso tributo)Risarcimento alla società di sanzioni e interessi; confisca beni personali; reclusione (art.10-ter).
Società insolvente, prosegue attività nonostante perditeCivile (gestione negligente) verso società/creditoriL’amministratore risponde dei debiti che non si sarebbero contratti se la società fosse liquidata.
Liquidazione volontaria con utili distribuitiCivile verso soci (art. 2495 c.c.)I creditori (anche fiscali) possono agire sui soci per la quota di utili distribuiti; Cass. ha esteso la responsabilità anche senza distribuzione.
Fallimento con distrazione di beni socialiPenale (bancarotta fraudolenta)Reclusione fino a 10 anni; risarcimento danni a creditori; azione di responsabilità del curatore.
Firma di fideiussioni personaliContrattualeLe banche possono aggredire direttamente il patrimonio personale dell’amministratore garante per il debito sociali.
Confusione conti personali e societariCivilePossibile applicazione del piercing the veil – l’amministratore diventa responsabile illimitatamente dei debiti sociali.

Simulazioni pratiche

  • Fallimento della SRLS: quando una SRLS è dichiarata fallita (ora liquidazione giudiziale), il curatore fallimentare può esaminare la condotta dell’amministratore. Se emergono violazioni degli obblighi di gestione (ad es. assenza di controlli, distrazioni di beni), il curatore può esercitare l’azione di responsabilità ex art. 2476 c.6 c.c. o analoga per ottenere il risarcimento dei danni subiti dai creditori. Inoltre, se sussistono indizi di bancarotta fraudolenta o omissione fiscale, l’amministratore può essere denunciato penalmente. Un’eventuale condanna penale per reati fallimentari costituisce prova dei fatti dannosi (Cass. Sez. lav. 17441/2016).
  • Liquidazione volontaria: se i soci decidono di porre in liquidazione la SRLS, alla chiusura i creditori sociali possono rivalersi sui soci (art. 2495 c.c.) soltanto per la quota di utili distribuiti e in base al bilancio finale. In passato questa regola era valida anche per l’Erario, ma la Cassazione (SS.UU. 6070/2013) ha stabilito che il socio risponde dei debiti tributari residui anche se non ha percepito utili. L’amministratore, essendo spesso socio, può essere investito di tale responsabilità in sede civilistica (ma solo per il controvalore eventuali utili).
  • Contenzioso con l’INPS: in caso di mancati versamenti previdenziali, l’INPS agisce coattivamente contro la società e, in ultima analisi, contro l’amministratore. A lui verrà richiesto di risarcire le sanzioni previdenziali come danno (Cass. 27610/2019). Inoltre, l’omesso versamento dei contributi è penalmente equiparato all’omesso versamento fiscale.
  • Accertamenti fiscali e tributi: se l’Agenzia delle Entrate accerta evasione (ad esempio per mancato versamento IVA), emette un avviso di accertamento o cartella solo nei confronti della società. L’amministratore non è obbligato a pagare direttamente il debito d’imposta; tuttavia, se non lo fa (in assenza di liquidità societaria), i creditori dello Stato possono chiedere il pagamento ai soggetti di cui all’art. 36 DPR 602/1973 (amministratori, sindaci, liquidatori) fino a concorrenza del credito tributario.

Domande e risposte frequenti

  • L’amministratore di SRLS risponde con i propri beni per i debiti della società?
    Di norma no: la SRLS tutela il patrimonio personale degli amministratori. Solo in presenza di gravi irregolarità (frodi, mala gestio in crisi) o se previsto espressamente (garanzia personale, fideiussione) l’amministratore può essere chiamato a risponderne con i suoi beni.
  • Cosa succede se l’amministratore non paga le tasse della società pur avendone la possibilità?
    Se la SRLS aveva liquidità sufficiente, l’amministratore dovrà risarcire la società degli importi non versati (sanzioni, interessi). In caso di creditore pubblico (Agenzia Entrate), si applica il regime di responsabilità tributaria: l’amministratore rischia anche una condanna penale per omesso versamento (art. 10-ter D.Lgs.74/00).
  • E se la società è già insolvente e l’amministratore continua l’attività?
    Ciò configura una condotta dolosa di aggravamento della crisi. L’amministratore inadempiente può essere civilmente obbligato a coprire le sanzioni maturate dopo l’inizio dell’insolvenza, poiché ha assunto un nuovo rischio non necessario. Inoltre, potrebbe rispondere di bancarotta fraudolenta per aver volontariamente provocato un maggiore dissesto.
  • L’amministratore può essere perseguito se la contabilità è irregolare?
    Sì. L’omessa tenuta delle scritture contabili o la falsificazione rientrano nei reati di bancarotta fraudolenta documentale. Anche civilmente, tali omissioni causano sempre un danno immediato ai creditori (pena risarcimento da parte dell’amministratore).
  • Cosa rischia l’amministratore che firma una fideiussione personale per un prestito bancario della società?
    In tale caso l’amministratore garantisce con il proprio patrimonio il debito sociale. Se la società non paga il finanziamento, la banca può escutere direttamente il garante (amministratore), pignorandogli beni personali.
  • Il curatore fallimentare può recuperare somme dal’amministratore?
    Sì. In caso di fallimento, il curatore valuta se vi siano elementi per azioni di responsabilità (ex art. 2476 c.6 c.c., 2394 c.c.) contro l’amministratore per mala gestio o atti dolosi. Una sentenza penale di bancarotta a carico dell’amministratore costituisce prova del danno verso la società (Cass. Sez. lav. 78/2014).
  • Quali garanzie ha l’amministratore in sede processuale tributaria?
    Le controversie tributarie rivolte alla società sono inopponibili al socio/amministratore in solido (Cass. 25530/2021), salvo sempre provare la frode societaria. In ogni caso l’amministratore può opporsi alle pretese tributarie sostenendo di aver agito diligentemente. Tuttavia, l’accusa può spostarsi sull’amministratore accusato di reato: lo stesso art. 10 D.Lgs. 74/2000 prevede che l’obbligo di diligenza si estende a chi aveva il dovere di versare.

Fonti normative e giurisprudenziali

Normativa vigente: Codice Civile (art. 2476 e segg., art. 2932, art. 2495, art. 2621); Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12/2019, artt. 2086, 322 e ss.); Decreto del Presidente della Repubblica 29.9.1973 n. 602 (art. 36); D.Lgs. 74/2000 (artt. 10-bis, 10-ter, 10-quater, 11); Testo Unico Previdenza (D.Lgs. 30.6.1997 n. 314, art. 2); Legge Fallimentare (R.D. 267/1942, artt. 216-217, 223, 2489); TUIR (D.P.R. 917/1986) e altre disposizioni fiscali e del lavoro pertinenti.

Giurisprudenza citata: Corte di Cassazione sez. III e sez. V (penale), nonché sez. II civili, tra cui: Cass. pen. 5 apr. 2022 n. 12841 (prestanome e bancarotta fraudolenta); Cass. pen. 29 ott. 2019 n. 27610 (responsabilità contributiva dell’amministratore di SRL); Cass. pen. 1 ott. 2020 n. 34475 (omesso versamento tributi); Cass. civ. SS.UU. 12 mar. 2013 n. 6070/6072 e Cass. 2018 n. 9672 (responsabilità dei soci al fallimento); Tribunale Napoli 18 set. 2023 n. 8483 (onere della prova per danno diretto a terzi); Cass. ord. 13 gen. 2011 n. 662 (indebita compensazione IVA); Cass. pen. diverse pronunce su reati tributari (art. 10-quater) e bancarotta semplice/fraudolenta; oltre a numerose massime e provvedimenti di merito citati nel testo.

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Conclusione

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