Hai troppi debiti e stai pensando di ricorrere all’esdebitamento, ma ti frena un dubbio molto concreto: quanto costa avviare una pratica del genere? Me lo posso permettere?
È una domanda legittima. Quando ci si trova sommersi dai debiti, ogni euro conta. L’idea di affrontare una procedura legale può far paura, soprattutto se non si conoscono i costi e i passaggi da affrontare. Ma la verità è che l’esdebitamento non è riservato a chi ha soldi, anzi: è pensato proprio per chi non ce la fa più.
Quanto costa davvero? Si paga tutto subito? Cosa incide sul prezzo finale?
Il costo di una procedura di esdebitamento dipende da diversi fattori: la situazione economica della persona, il tipo di procedura scelta (liquidazione del patrimonio, ristrutturazione dei debiti o piano del consumatore), il numero dei creditori e la complessità del caso. Ma in molti casi, i costi possono essere dilazionati, coperti dal ricavato della procedura stessa o persino ridotti per chi ha redditi molto bassi.
In altre parole: non devi essere ricco per liberarti dai debiti. Devi solo essere guidato da un professionista serio, che sappia costruire un percorso su misura e sostenibile.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in esdebitamento, sovraindebitamento e procedure per privati e piccoli imprenditori – ti spiega quanto costa davvero una pratica di esdebitamento, come si calcola, quando puoi accedere a condizioni agevolate e cosa possiamo fare per aiutarti a ripartire senza essere schiacciato dai costi.
Temi che la procedura costi troppo e di non potertela permettere? Vuoi capire se ci sono soluzioni compatibili con il tuo reddito attuale?
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo gratuitamente la tua situazione economica, valuteremo la strada migliore per uscire dai debiti e costruiremo insieme un piano sostenibile, sia legalmente che economicamente.
Introduzione
L’esdebitamento è il processo legale che consente a un debitore in difficoltà di ottenere la cancellazione dei debiti residui, dopo aver messo a disposizione il proprio patrimonio ai creditori secondo determinate procedure. In Italia questo istituto, pensato per offrire una “seconda opportunità” al debitore meritevole, è stato introdotto inizialmente per le procedure fallimentari delle imprese (esdebitazione post-fallimento, art. 142 legge fallimentare) e solo successivamente esteso ai debitori civili e piccoli imprenditori con laLegge 3/2012 sul sovraindebitamento. Oggi la disciplina dell’esdebitamento è organicamente contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022), che prevede diverse procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento per consumatori, professionisti e imprese minori. In questa guida analizziamo quanto costa avviare e portare a termine una pratica di esdebitamento nel 2025, con riferimento esclusivo alla normativa italiana vigente, includendo tutte le procedure previste, esempi concreti e gli oneri economici da sostenere.
Procedure di esdebitamento previste dal Codice della Crisi (aggiornate al 2025)
Il Codice della Crisi disciplina quattro principali procedure rivolte ai debitori “non fallibili” (consumatori, imprenditori sotto soglia, professionisti, start-up, enti non commerciali, ecc.) per risolvere situazioni di sovraindebitamento ed ottenere la liberazione dai debiti residui. Tali strumenti, introdotti in sostituzione di quelli della Legge 3/2012, sono: (1) la ristrutturazione dei debiti del consumatore (il “piano del consumatore”), (2) il concordato minore (ex “accordo con i creditori” per soggetti diversi dal consumatore), (3) la liquidazione controllata del sovraindebitato (analoga alla liquidazione del patrimonio/”piccolo fallimento”) e (4) la speciale esdebitazione del sovraindebitato incapiente (art. 283 CCII) per il debitore persona fisica privo di qualunque risorsa. Di seguito esaminiamo nel dettaglio ciascuna procedura, soffermandoci sul funzionamento generale e, soprattutto, sui costi connessi per il debitore.
Ristrutturazione dei debiti del consumatore (Piano del consumatore)
Questa procedura (disciplinata dagli artt. 67-73 CCII) è riservata ai debitori consumatori, ossia persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. In sostanza, il consumatore sovraindebitato – con l’ausilio obbligatorio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) – predispone un piano di ristrutturazione dei propri debiti, che può prevedere qualsiasi forma di soddisfacimento (pagamenti parziali, dilazionati, rinegoziazioni, cessioni di beni, ecc.) purché sia garantito ai creditori un trattamento non inferiore a quello ottenibile in caso di liquidazione. Non è richiesto il voto dei creditori: il piano viene sottoposto direttamente al Tribunale competente per l’omologazione, previo giudizio di meritevolezza (assenza di frode o colpa grave nella genesi dell’indebitamento) e di fattibilità economica. In caso di omologazione, il piano diventa vincolante per tutti i creditori; il debitore eseguirà i pagamenti secondo le modalità e tempistiche previste e, al termine, otterrà l’esdebitazione per l’eventuale debito residuo.
Dal punto di vista dei costi, il piano del consumatore comporta alcune spese iniziali fisse di giustizia e dei compensi professionali variabili. All’atto di deposito della proposta è dovuto un contributo unificato ridotto (trattandosi di volontaria giurisdizione) di €98, oltre a una marca da bollo da €27 per diritti forfettari di cancelleria. Tali importi coprono le spese di registrazione a ruolo della procedura (e non variano con l’ammontare del debito). Se il debitore ha i requisiti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (condizione di reddito sotto soglia e non manifesta infondatezza del ricorso), è esonerato dal pagamento del contributo unificato e delle marche. Non vi sono ulteriori “tasse” procedurali. In particolare, la quota di debiti che viene cancellata con l’esdebitazione non genera un reddito imponibile per il debitore: la legge qualifica infatti i debiti perdonati come sopravvenienze attive non tassabili (art. 88 comma 4-ter TUIR), evitando l’assurdo di dover pagare imposte sulle somme di cui ci si è liberati.
Il costo principale a carico del debitore nel piano del consumatore riguarda i compensi dei professionisti coinvolti, in primis l’OCC (o gestore della crisi) nominato. I compensi dell’OCC sono stabiliti dal giudice secondo i criteri normativi (D.M. 24/09/2014 n.202, che rinvia alle tabelle del D.M. 25/01/2012 n.30) e dipendono dall’entità del debito e dell’eventuale attivo. In pratica, all’OCC spetta: una percentuale significativa sull’attivo realizzato (circa il 5-7% del valore dei beni o delle somme messe a disposizione) e una percentuale molto contenuta sul passivo (dell’ordine dello 0,5% dell’ammontare dei debiti), oltre a un rimborso spese forfettario (10-15% del compenso). Su tali parametri di base, il regolamento prevede una riduzione per le procedure di sovraindebitamento (spesso dal 15% al 40% in meno rispetto ai compensi di un fallimento equivalente). Esempio indicativo: con €100.000 di debiti e €10.000 di attivo offerto nel piano, il compenso OCC potrebbe aggirarsi sui €2.500-3.000 (principalmente determinato dall’attivo). Va aggiunto che molti OCC applicano compensi minimi predeterminati: ad esempio, alcuni organismi forensi o camerali prevedono un minimo di €2.000 oltre oneri per una procedura di composizione, anche se i calcoli percentuali darebbero importi inferiori. In ogni caso, l’OCC concorda con il debitore un preventivo iniziale e spesso chiede il versamento di un fondo spese anticipato. Tipicamente, rivolgendosi direttamente a un OCC, è richiesto un acconto iniziale dell’ordine di qualche centinaio di euro (solitamente tra €200 e €600 + IVA, a seconda dell’Organismo). Questo copre le attività preliminari di studio della pratica e redazione della relazione particolareggiata da allegare al ricorso. Se invece la nomina dell’OCC avviene tramite il Tribunale (ipotesi ormai residuale, possibile in assenza di OCC attivi nel circondario), le spese iniziali si limitano al solo contributo unificato di €98 e marca da €27. I compensi finali dell’OCC verranno poi liquidati dal giudice a omologazione avvenuta; essi possono essere pagati con le somme stanziate nel piano stesso (riducendo la quota distribuita ai creditori) oppure con risorse aggiuntive del debitore, secondo quanto concordato in sede di preventivo. Dal lato del debitore, dunque, il costo complessivo per l’OCC in un piano del consumatore standard può variare da poche migliaia di euro fino a cifre più elevate per masse attive/passive molto consistenti (con tetto massimo pari al 5% di quanto destinato ai creditori). In genere, per sovraindebitamenti di entità modesta (es. €50-100 mila di debiti) il compenso totale dell’OCC si attesta tra €2.000 e €6.000.
Un altro attore professionale chiave è l’avvocato del debitore. Sebbene la legge non preveda formalmente l’obbligo di assistenza legale tecnica nelle procedure di sovraindebitamento (non si tratta di un giudizio contenzioso tradizionale), è altamente consigliabile avvalersi di un legale di fiducia per interfacciarsi con l’OCC, predisporre gli atti e rappresentare il debitore in udienza. Il compenso dell’avvocato viene solitamente concordato forfettariamente all’inizio, tenendo conto del lavoro da svolgere e dell’entità del passivo. I parametri forensi (D.M. 55/2014) indicano per l’assistenza in procedure concorsuali che si deve avere riguardo proprio all’ammontare del debito del cliente, con possibilità di adeguare il compenso in base alla difficoltà, urgenza e pregio dell’attività svolta. Ad esempio, per un piano del consumatore con €100.000 di debiti, il compenso legale potrebbe orientativamente collocarsi nell’ordine di €3.000-5.000, ma importi maggiori sono possibili in situazioni molto complesse. Anche l’onorario dell’avvocato può essere coperto nell’ambito del piano stesso (cioè considerato tra le spese prededotte, pagate prima dei creditori chirografari) oppure pagato a parte dal debitore. Qualora il debitore abbia diritto al gratuito patrocinio, le spese legali vengono sostenute dallo Stato secondo le tariffe ministeriali, sollevando il debitore dal pagarle.
Riassumendo i principali costi di una procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore:
Voce di costo | Importo | Note |
---|---|---|
Contributo unificato (iscrizione a ruolo) | €98 | Importo fisso per sovraindebitamento (vol. giurisdizione). Esente se ammesso a patrocinio gratuito. |
Marca da bollo diritti forfettari | €27 | Marca da €27 per diritti di cancelleria. Esente se in gratuito patrocinio. |
Compenso Organismo di Composizione della Crisi (OCC) | Variabile, p.es. 5-7% dell’attivo + 0,5% del passivo (min. €2.000) | Liquidato dal Tribunale ex D.M. 202/2014 e D.M. 30/2012. Ridotto del 15-40% rispetto alle proc. fallimentari. Comprende spese generali 15%. Possibile acconto iniziale €200-600 + IVA all’OCC. |
Compenso avvocato del debitore | Variabile (es. €3.000+ per €100k debito) | Da concordare; parametri forensi ex D.M. 55/2014 art. 21 su base passivo. Gratuito patrocinio se ammesso (avvocato pagato dallo Stato). |
Altre spese vive (postali, notifiche, accesso banche dati) | €100–300 circa | Spese per visure, PEC, notifiche ai creditori, copie, ecc. In parte forfettizzate nell’attività OCC; lo Stato copre eventuali notifica/affissione se occorre (artt. 192-196 TUSG). |
Nota: Le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento non comportano imposte indirette specifiche. Gli atti giudiziari relativi sono esenti dall’imposta di registro; inoltre, l’omologazione del piano non richiede pubblicità sui registri immobiliari o altre formalità costose. Se il piano prevede la vendita di un immobile o altri beni, le spese notarili ed eventuali imposte (es. imposta di registro o IVA sulla vendita) saranno pagate con il ricavato della vendita stessa – quindi indirettamente a carico dei creditori – e non dal debitore separatamente.
Concordato minore
Il concordato minore (artt. 74-83 CCII) è la procedura analoga al piano del consumatore, riservata però ai debitori non consumatori. Può accedervi, ad esempio, l’imprenditore individuale sotto le soglie di fallibilità, il professionista, l’imprenditore agricolo, la start-up innovativa, nonché le società di persone sovraindebitate (in quest’ultimo caso su deliberazione degli amministratori con verbale notarile). Rimane escluso il consumatore “puro”, che deve utilizzare la procedura specifica vista sopra. Il concordato minore ha natura negoziale/di ristrutturazione (non liquidatoria): il debitore, con l’ausilio dell’OCC, elabora una proposta di concordato consistente in un piano di risanamento dei debiti, eventualmente con continuazione dell’attività d’impresa. La proposta ha contenuto libero e può prevedere qualsiasi forma di soddisfacimento parziale dei crediti, anche tramite apporti di finanza esterna o garanzie di terzi. A differenza del piano del consumatore, qui è prevista la partecipazione attiva dei creditori: il concordato minore diventa efficace solo se ottiene l’approvazione della maggioranza dei crediti ammessi al voto (maggioranza calcolata per valore; non conta la testa dei creditori) e successiva omologazione del Tribunale. In pratica, si forma una sorta di “accordo” fra debitore e creditori: se i creditori votanti che rappresentano oltre il 50% dei crediti aderenti accettano il piano, questo vincola anche gli eventuali dissenzienti. La legge prevede meccanismi semplificati di voto (anche senza assemblea fisica, con espressione del consenso per iscritto entro termini stabiliti dal giudice). Se il concordato viene omologato, il debitore eseguirà le obbligazioni concordate; gli effetti dell’esdebitazione sono simili a quelli del piano del consumatore, estinguendo i debiti residui una volta adempiuto il concordato.
Dal punto di vista dei costi procedurali, il concordato minore è molto simile al piano del consumatore. Anche qui il deposito del ricorso richiede il versamento del contributo unificato fisso di €98 e della marca da €27 per diritti, salvi i casi di gratuito patrocinio. Le spese di OCC e legali seguono le stesse logiche già descritte: l’OCC percepirà un compenso percentuale su attivo/passivo (con minimi analoghi, tipicamente €2.000) e può richiedere un fondo spese iniziale. Poiché il concordato minore può coinvolgere situazioni imprenditoriali più complesse (ad esempio gestione di dipendenti, contratti pendenti da eventualmente continuare, ecc.), i costi professionali possono risultare superiori rispetto a un caso di consumatore puro. L’OCC infatti deve, oltre a redigere la relazione iniziale, gestire le comunicazioni ai creditori, raccogliere le votazioni ed eventualmente sovraintendere all’esecuzione del piano per tutta la sua durata. È un lavoro assimilabile a quello di un commissario/curatore nelle procedure maggiori, ma con portata ridotta (da cui il termine “minore”). Indicativamente, per masse debitorie rilevanti (es. €500.000) il compenso dell’OCC potrebbe raggiungere alcune decine di migliaia di euro (ad es. 5% su attivo di €200.000 = €10.000, più quota sul passivo e spese) – ma in tal caso il piano stesso di solito prevede tali costi e li copre. Anche qui, comunque, vige il tetto normativo per cui la somma di compenso OCC e spese generali non può superare il 5% di quanto effettivamente destinato ai creditori, a garanzia che la procedura non divori risorse eccessive. Il compenso dell’avvocato del debitore in un concordato minore, data la maggiore articolazione della procedura (e la necessità di interagire con i creditori, predisporre eventuali classi di voto, ecc.), può essere più elevato rispetto a un piano del consumatore di pari importo. Spesso le imprese minori sovraindebitate hanno debiti anche verso erario e previdenza: la predisposizione del piano richiede calcoli e trattamenti differenziati (ad esempio rispettare l’ordine delle cause di prelazione e assicurare ai creditori privilegiati almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione) – compiti per i quali l’assistenza di un legale e di un commercialista è fondamentale. I parametri forensi per le procedure concorsuali di valore elevato (oltre €500.000 di debiti) ammettono compensi anche superiori a €10.000 per l’intera procedura, ma molto dipende dal singolo caso. È comunque opportuno concordare per iscritto il compenso ad inizio incarico, definendo se eventuali success fee (es. premio in caso di omologa) o rimborsi spese particolari debbano applicarsi.
Riassunto costi e oneri nel concordato minore:
- Spese di giustizia: contributo unificato €98 + marca €27 (uniche spese fisse, come per il piano). Se più membri della stessa famiglia presentano un concordato congiunto (è possibile ex art. 66 CCII, per economie procedurali), si paga un unico contributo.
- Compenso OCC: determinato su attivo/passivo, con criteri identici al piano. Può essere leggermente più alto in valore assoluto (caso di imprese con attivo liquidatorio maggiore). Anche qui previsto anticipo spese iniziale (spesso €500-600 + IVA).
- Compenso professionisti vari: oltre all’avvocato, può essere coinvolto un commercialista se serve attestare dati contabili o un notaio per atti societari (es. deliberare il ricorso in caso di società). Tali ulteriori costi vanno considerati (esempio: delibera notarile di Srl circa €1.000).
- Imposte e oneri fiscali: l’omologazione del concordato minore, come il piano, non genera imposte di registro. I debiti fiscali inclusi nel concordato, se parzialmente rimessi, non sono tassati (vale la regola delle sopravvenienze attive non imponibili). Le eventuali trascrizioni della sentenza di omologa (es. su registri immobiliari per cancellare pignoramenti o ipoteche residue su beni non liquidati) sono esenti dall’imposta di registro ipotecaria e catastale in quanto atti giudiziari esecutivi della procedura concorsuale.
Liquidazione controllata del sovraindebitato
La liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII) è la procedura che prevede la liquidazione integrale del patrimonio del debitore sovraindebitato, in modo simile a un fallimento (ora “liquidazione giudiziale”) ma su scala ridotta e con modalità semplificate. Può accedervi qualsiasi debitore sovraindebitato, sia esso consumatore che imprenditore minore, quando si trovi in conclamata insolvenza e non sia praticabile o conveniente una ristrutturazione dei debiti. A differenza delle altre procedure, la liquidazione controllata può essere avviata anche su iniziativa di un creditore o di un pubblico ministero (in casi specifici), oltre che su ricorso volontario del debitore. In pratica, se un debitore non paga e non propone alcun piano, un creditore insoddisfatto può chiederne la liquidazione dei beni (purché il debitore non sia soggetto a fallimento, altrimenti vi sarebbe il fallimento ordinario). La liquidazione controllata apre una procedura concorsuale in cui il tribunale nomina un liquidatore (generalmente lo stesso OCC che ha istruito l’istanza, oppure un professionista iscritto in apposito albo) e dispone il blocco delle azioni esecutive individuali. Tutto il patrimonio del debitore (beni mobili, immobili, crediti, ecc. ad eccezione di quelli impignorabili) viene acquisito alla procedura e liquidato (venduto o fatto fruttare) sotto la supervisione del giudice e con il controllo dei creditori. Entro 4 anni dalla domanda, anche parte dei redditi futuri del debitore può essere inclusa nella liquidazione, limitatamente alla parte eccedente quanto occorre al sostentamento suo e della famiglia (il codice specifica che la liquidazione resta aperta fino a 4 anni per intercettare eventuali sopravvenienze attive). Al termine, il giudice approva il riparto finale e il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione dei debiti rimasti insoddisfatti, a condizione di aver cooperato lealmente e non aver commesso atti in frode ai creditori.
In termini di costi, anche la liquidazione controllata comporta inizialmente il pagamento del contributo unificato €98 e marca €27 (quando la domanda è presentata dal debitore). Se invece l’istanza è proposta da un creditore, il contributo potrebbe variare in base al valore del credito o della procedura (ma in genere i tribunali equiparano anche il ricorso del creditore a volontaria giurisdizione con contributo fisso). Le spese di procedura (compenso del liquidatore/OCC, spese di giustizia per vendite etc.) vengono prelevate dall’attivo ricavato: ciò significa che, idealmente, il debitore non deve anticipare nulla di significativo, poiché i costi si pagano con i beni liquidati. In un caso di liquidazione con patrimonio sufficiente, il liquidatore soddisfa prima i costi procedurali in prededuzione (ad es. spese di cancellazione ipoteche, compenso professionisti, contributi dovuti allo Stato) e ripartisce il resto ai creditori. Se però il patrimonio è insufficiente o mancante, un tempo ciò creava problemi perché il compenso del liquidatore (OCC) rimaneva scoperto, inducendo talvolta il professionista a chiedere al debitore un fondo spese anticipato per accettare l’incarico. Oggi, grazie alle riforme recenti, questa criticità è attenuata: da un lato, il codice prevede che se il ricavato è insufficiente il liquidatore chiude ugualmente la procedura e parte del suo compenso rimane non pagato (come avveniva per i curatori fallimentari nelle procedure “deserte”, con eventuale intervento minimale dello Stato solo per le spese vive); dall’altro lato, per i casi più gravi di nullatenenza del debitore, è stata introdotta la possibilità di accedere all’esdebitazione diretta senza liquidazione (vedi prossimo paragrafo). Inoltre, il legislatore ha creato un fondo di sostegno (descritto oltre) per coprire i costi nei procedimenti di sovraindebitamento di incapienti. Pertanto, se il debitore non ha beni da liquidare, è generalmente preferibile attivare la procedura di esdebitazione dell’incapiente ex art. 283 (costo zero), anziché aprire una liquidazione controllata senza attivo: i tribunali hanno infatti chiarito che una liquidazione con attivo nullo è inammissibile, dovendosi piuttosto utilizzare lo strumento dell’esdebitazione “a costo zero”. Diversamente, se un minimo attivo c’è (anche qualche migliaio di euro), la liquidazione può avere luogo e i costi trovano capienza in quell’attivo.
Come ordine di grandezza dei costi nella liquidazione controllata: il compenso del liquidatore/OCC segue anch’esso le percentuali di legge (circa 5-9% dell’attivo, decrescente al crescere dei valori, più 0,5% del passivo), ma il Codice stesso incoraggia riduzioni. Alcune linee guida di Organismi OCC prevedono compensi dimezzati rispetto alle tariffe standard in caso di attivo esiguo. Ad esempio, l’OCC della CCIAA di Modena fissa il compenso minimo per la liquidazione in €2.000 (oltre oneri) e applica una riduzione del 70% sui compensi calcolati se l’attivo presunto è molto basso. Dunque, in una liquidazione dove si prevede di recuperare solo €5.000 di beni, il liquidatore potrà ottenere un compenso ridotto (diciamo qualche centinaio di euro), mentre in una con €100.000 di attivo realizza circa €5-6.000. Il compenso dell’avvocato del debitore, in questa procedura, è opzionale: spesso il debitore che chiede la liquidazione nominativa in proprio l’OCC non si avvale di un legale, lasciando al solo OCC gestore il compito di depositare la relazione e seguire la procedura. Tuttavia, avvalersi di un avvocato anche in liquidazione è prudente (specie per vigilare sulla corretta chiusura e poi presentare l’istanza di esdebitazione finale). Se c’è un avvocato, i costi rientrano nel discorso fatto sopra (parametri su base passivo, ecc.), ma è più frequente che in liquidazione l’assistenza legale sia limitata o fornita dall’OCC stesso se trattasi di avvocato. In ogni caso, qualora il debitore sia senza disponibilità, oggi può chiedere il gratuito patrocinio per farsi assistere gratis anche in questa fase, e se l’attivo manca del tutto sarà più opportuno richiedere l’esdebitazione da incapiente (dove i costi OCC sono coperti dal fondo statale, vedi oltre).
Tabella – Costi tipici nella Liquidazione Controllata:
Voce | Costo/Determinazione | Note |
---|---|---|
Contributo unificato + bolli | €98 + €27 | Come per le altre procedure. Se liquidazione avviata d’ufficio o da creditore, il contributo può essere caricato a chi la richiede (creditore) salvo ripetizione. Esente con gratuito patrocinio. |
Compenso Liquidatore (OCC) | % su attivo/passivo liquidati (ca. 5-7% attivo) – min. €2.000 | Pagato in prededuzione sul ricavato. Se attivo nullo/insufficiente, compenso eventualmente ridotto o non liquidato interamente (OCC può avvalersi del Fondo Incapienti se ricorrono i requisiti). |
Spese di procedura | Variano in base alle operazioni | Comprendono: spese di custodia beni, perizia di stima immobili (se necessaria), spese di pubblicità avvisi di vendita, compenso delegato alle vendite (se tribunale affida a professionista), ecc. Anch’esse prelevate dall’attivo prima di pagare i creditori (spese in prededuzione). In caso di procedura “poverissima”, lo Stato anticipa solo le spese vive indispensabili (es. notifiche). |
Compenso avvocato debitore (se nominato) | Variabile (spesso non nominato) | Se il debitore si avvale di un legale, costo come da parametri concorsuali su valore del passivo. In assenza di attivo, possibile gratuito patrocinio. |
Esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII)
Si tratta di una procedura innovativa, introdotta dal Codice della Crisi (su delega della L. 155/2017) e attuata con il correttivo del 2020, pensata per il caso estremo in cui il debitore persona fisica non dispone di alcuna risorsa da offrire ai creditori, neanche in prospettiva futura. In altre parole, l’incapiente è colui che si trova in totale stato di indigenza economica: privo di beni pignorabili, senza redditi attuali né prevedibili utilizzabili per pagare i creditori, ma che al contempo risulta meritevole (cioè non ha colpe gravi o frodi nella formazione dei debiti). Prima del 2021 un tale soggetto non avrebbe avuto strumenti per liberarsi dai debiti (la liquidazione avrebbe richiesto comunque di aprire un procedimento senza nulla da liquidare). Ora invece l’art. 283 CCII prevede che il debitore sovraindebitato incapiente meritevole può ottenere l’esdebitazione senza dare alcun ritorno ai creditori – quello che viene definito anche fresh start o esdebitazione a “costo zero” per il ceto creditorio. Condizioni chiave: l’accesso è permesso solo una volta nella vita per ciascun debitore e resta “sospensivamente condizionato” per 4 anni: significa che, ottenuto il decreto di esdebitazione, il debitore sarà definitivamente liberato dai debiti fatti salvi gli obblighi di pagamento che dovessero emergere nei successivi 4 anni se sopravvengono utilità rilevanti tali da consentire di pagare i creditori almeno il 10%. In pratica, se entro quattro anni l’incapiente “fortunato” riceve entrate importanti (es. una nuova elevata capacità di reddito, un’eredità sostanziosa, una vincita, ecc.), dovrà usarle – fino a concorrenza dell’importo dei debiti – per soddisfare almeno in parte (minimo 10%) i vecchi creditori; diversamente, in assenza di sopravvenienze significative, la cancellazione dei debiti diventa definitiva trascorsi i quattro anni. Durante questo periodo il debitore esdebitato è tenuto a comunicare tempestivamente al liquidatore (o OCC) e al tribunale l’eventuale arrivo di utilità sopravvenute, a pena di revoca del beneficio in caso di occultamento doloso.
Procedura: per ottenere l’esdebitazione dell’incapiente, il debitore deve presentare un’istanza al tribunale, allegando una relazione dell’OCC che documenti la propria assoluta incapienza e le ragioni di meritevolezza (cause dell’indebitamento, buona fede, ecc.). L’apertura di questa procedura non richiede il voto dei creditori (i quali comunque possono opporsi entro 30 giorni dal deposito del ricorso, se ritengono insussistenti i presupposti). Il giudice, verificato che il debitore “non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva” e che non vi siano atti in frode, può emettere decreto di accoglimento esdebitando il debitore incapiente. Questa procedura è stata sinora poco applicata (essendo nuova) ma sono già intervenute importanti pronunce di merito: ad esempio, il Tribunale di Milano nel 2021 ha concesso la prima esdebitazione dell’incapiente evidenziando il carattere eccezionale di deroga al principio di soddisfazione dei creditori, ma pur sempre finalizzato al recupero economico-sociale del debitore onesto; più di recente, la Corte d’Appello di Torino (decreto 7/3/2025) ha confermato un’esdebitazione concessa a un soggetto con ingenti debiti fiscali, ribadendo che anche un grosso debito verso l’Erario può essere cancellato se il debitore è meritevole (assenza di frodi). Questo segna un cambiamento culturale notevole rispetto al passato, verso una maggior inclinazione al “secondo fine” anche per chi è incorso in situazioni debitorie estreme.
Sul fronte costi, la procedura per il debitore incapiente è stata congegnata per essere la più leggera possibile. Già la legge prevede che non è dovuto alcun contributo unificato specifico per l’istanza di esdebitazione in sé (si paga solo l’iscrizione a ruolo iniziale come per le altre procedure se l’OCC è nominato dal tribunale, ma l’incapiente può farsi nominare l’OCC via giudice con soli €98+27, e se in gratuito patrocinio neppure quelli). Il vero problema era il compenso dell’OCC: anche per preparare il ricorso di un incapiente completamente privo di beni, l’OCC doveva essere remunerato per il lavoro svolto, e fino al 2022 molti debitori indigenti rinunciavano a chiedere l’esdebitazione perché non in grado di pagare neppure l’anticipo spese al gestore. Per ovviare a ciò, con le riforme recenti il legislatore ha introdotto importanti novità di sostegno: in particolare la Legge di Bilancio 2025 (L. 29 dicembre 2024, n. …) ha istituito presso il Ministero della Giustizia un Fondo nazionale per l’esdebitazione dei debitori incapienti, con dotazione iniziale di €500.000 per il 2025, destinato proprio a coprire le spese procedurali e i compensi dovuti all’OCC nei procedimenti ex art. 283. Contestualmente, è previsto per legge che in tali casi l’OCC ha diritto solo al 50% del compenso ordinario (compenso “ridotto”). In sostanza, dal 2025 il debitore totalmente nullatenente può accedere all’esdebitazione senza alcun esborso, poiché: (a) non deve pagare contributi unificati se ammesso al patrocinio gratuito, (b) il compenso (dimezzato) del gestore e le spese vive saranno liquidati e pagati attingendo alle risorse del Fondo statale. Questa evoluzione normativa mira a rimuovere ogni barriera economica all’uso dell’istituto, riconoscendo che chi non ha mezzi non deve essere escluso dalla possibilità di ripartire senza debiti. In attesa dei decreti attuativi che regolino nel dettaglio l’accesso al Fondo (previsti entro metà 2025), molti tribunali già oggi, in sede di nomina OCC per incapienti, azzerano o riducono drasticamente le richieste di acconto, confidando nella copertura pubblica. Resta inteso che il debitore incapiente deve comunque farsi carico della corretta presentazione della domanda, con tutta la documentazione necessaria: la cura nella preparazione (storia del sovraindebitamento, elenco dettagliato debiti, indicazione delle cause di insolvenza, attestazioni di meritevolezza) incide sull’esito e non può essere trascurata, ma l’OCC e l’eventuale avvocato accompagneranno il debitore in questo percorso a fronte di un impegno economico ormai minimo.
Costi riassuntivi esdebitazione incapiente:
- Contributo unificato: €98 + €27 iniziali, di regola anticipati dallo Stato se l’incapiente ha i requisiti di reddito (gratuito patrocinio). Spesso il giudice nomina direttamente un professionista OCC su ricorso senza far pagare marche al debitore.
- Compenso OCC: ridotto del 50% rispetto al calcolo ordinario, con minimo normativo €1.000 (in alcuni tariffari). Pagato dal Fondo statale incapienti istituito dal 2025. In pratica il debitore non lo paga, salvo eventualmente un piccolo acconto se richiesto (ma con rimborso a esdebitazione avvenuta).
- Compenso legale: se il debitore è assistito da un avvocato, questi può essere ammesso a gratuito patrocinio (quindi compenso a carico dello Stato). Molti debitori incapienti si rivolgono a servizi di consulenza sul sovraindebitamento offerti da associazioni o enti locali a titolo gratuito, con l’ausilio di praticanti avvocati e OCC volontari.
In conclusione, la procedura ex art. 283 CCII è pensata per essere priva di oneri diretti sul debitore. L’“unico costo” vero per il debitore incapiente, in senso lato, è aver dovuto affrontare il percorso di crisi economica e sottostare ai vincoli previsti (divulgazione completa della propria situazione finanziaria, impegno morale e giuridico a condividere coi creditori futuri colpi di fortuna sopra una soglia minima, ecc.). Lo Stato, riconoscendo la funzione sociale dell’esdebitazione, si fa carico delle spese, trasformando davvero l’ultima chance in una chance accessibile a tutti.
Simulazioni pratiche di costi e risultati
Di seguito presentiamo alcuni esempi concreti, con dati semplificati ma realistici, per illustrare i possibili costi che un debitore deve sostenere e l’esito economico delle diverse procedure di esdebitamento.
Esempio 1 – Piano del consumatore di un privato: Giulia è una dipendente con stipendio netto di €1.500/mese, che ha accumulato €50.000 di debiti (prestiti personali e carte di credito) a causa di spese mediche familiari impreviste. Non possiede immobili; ha un’auto utilitaria. La situazione è divenuta insostenibile e Giulia, per evitare pignoramenti, si rivolge all’OCC. Con l’aiuto del gestore elabora un piano del consumatore in cui si impegna a versare €300 al mese per 5 anni ai creditori utilizzando parte dello stipendio (per un totale di €18.000, pari al 36% del debito). Il tribunale omologa il piano, ritenendo Giulia meritevole (i debiti sono dovuti a causa di forza maggiore, non a spese voluttuarie) e i creditori non ottengono di più dalla liquidazione (Giulia in liquidazione offrirebbe solo l’auto da €4.000). Giulia esegue i pagamenti mensili concordati. Costi: ha anticipato €500 + IVA all’OCC come fondo spese iniziale; ha concordato €3.000 di compenso con il suo avvocato (dilazionato durante la procedura) e ha pagato €125 per contributo unificato e bolli. A fine procedura, l’OCC viene liquidato dal giudice con un compenso totale di €2.500 (in parte coperto dalle somme versate nel piano) e Giulia ottiene la cancellazione dei debiti residui (€32.000). In definitiva Giulia ha sborsato €18.000 ai creditori + circa €4.000 di costi (OCC, avvocato, spese), liberandosi però di €50.000 di esposizioni pregresse. Ha inoltre mantenuto l’auto e il suo stipendio, risolvendo la crisi senza perdere i beni essenziali.
Esempio 2 – Concordato minore di un imprenditore individuale: Marco gestisce una piccola attività artigiana (falegnameria) in crisi e ha €200.000 di debiti, di cui €50.000 verso fornitori, €80.000 di mutuo residuo su un capannone artigianale (ipotecato) e €70.000 tra debiti fiscali e contributivi. L’attività è però potenzialmente redditizia se alleggerita dai debiti. Marco opta per un concordato minore per evitare il fallimento: propone di continuare l’attività, vendere il capannone (che vale €100.000) e pagare così la banca ipotecaria (che recupererà €80k su 80k, 100%) e parte dei chirografari. Inoltre, un parente conferisce €20.000 di finanza esterna per incentivare l’accordo. In totale il piano offre €120.000: soddisfa interamente la banca (creditore privilegiato con ipoteca) e destina i restanti €40.000 ai creditori chirografari e al fisco, pari a circa 40% di quei crediti. I creditori votano la proposta: il 75% dei crediti chirografari è favorevole, per cui la maggioranza richiesta (50%+1) è raggiunta. Il tribunale omologa. Costi: il capannone viene venduto comportando circa €5.000 di spese (notaio, imposte sulla vendita, compenso delegato); tali costi sono detratti dal ricavato prima di pagare i creditori. Marco ha anticipato €600 + IVA all’OCC e pagato €98 + 27 di contributo e marca. L’OCC viene compensato dal giudice con €6.000 (pari a 5% di €120k attivo), prelevati dalle somme versate. L’avvocato di Marco concorda un onorario di €5.000 per l’intera procedura. In totale, dei €120.000 raccolti, circa €11.000 sono serviti a coprire costi (OCC, legale, spese vendita), lasciando €109.000 ai creditori. Marco grazie al concordato ha evitato il fallimento, ha potuto continuare l’attività (spostandosi in un capannone in affitto) e si è liberato di circa €80.000 di debiti residui non pagati. Anche il fisco, pur avendo avuto solo metà del dovuto, non potrà più pretendere il resto (debiti fiscali compresi nell’esdebitazione, non essendoci stato dolo fiscale).
Esempio 3 – Liquidazione controllata con parziale realizzo: Luisa è una ex commerciante che ha chiuso l’attività ed è piena di debiti. Ha €150.000 di debiti, inclusi €50.000 bancari, €30.000 verso fornitori e €70.000 tra Equitalia (ora Agenzia Entrate-Riscossione) e INPS. I beni di Luisa consistono nella nuda proprietà della casa di famiglia (casa gravata da usufrutto della madre anziana) e un conto con pochi risparmi. Non riuscendo a proporre un accordo sostenibile, Luisa ricorre alla liquidazione controllata. Il liquidatore nominato dal tribunale accerta che la nuda proprietà della casa può essere venduta a un investitore per €60.000 (tenuto conto dell’età dell’usufruttuaria), e che sul conto c’erano €5.000. Incassa queste somme e, dopo aver pagato €3.000 di spese (perizia di stima, compenso avvocato per la vendita, bolli), distribuisce circa €62.000 ai creditori (che ottengono così il 41% medio: ad es. la banca €20k su 50k; l’erario €28k su 70k, ecc., proporzionalmente). Costi per Luisa: ha pagato solo €125 iniziali per il ricorso. L’OCC aveva richiesto un anticipo di €500, che però il giudice ha autorizzato a prelevare dai €5.000 del conto di Luisa all’avvio. Il compenso finale liquidato all’OCC è di €4.000 (circa 6% dell’attivo) e anch’esso è stato prelevato dall’attivo prima di soddisfare i creditori. Luisa non ha sostenuto altri costi di tasca propria. A fine liquidazione, Luisa chiede l’esdebitazione e il tribunale gliela concede, liberandola dai €88.000 rimasti insoluti. Gli unici beni perduti per Luisa sono stati la nuda proprietà della casa (che comunque non poteva utilizzare) e i risparmi; ma ha evitato pignoramenti sullo stipendio che nel frattempo ha trovato come dipendente (lo stipendio non è stato toccato, essendo modesto e necessario al suo mantenimento). Trascorsi 4 anni, Luisa potrà ricostruirsi un patrimonio senza quell’ombra di debiti pregressi.
Esempio 4 – Esdebitazione dell’incapiente: Antonio è un ex piccolo imprenditore edile, 55enne, la cui ditta è fallita lasciandogli €100.000 di debiti personali (fideiussioni escusse dalle banche e debiti residui post-fallimento verso fornitori non soddisfatti). Antonio, dopo il fallimento, è rimasto con nulla: non ha beni né redditi da lavoro (vive ospite da un parente e svolge solo lavoretti saltuari in nero). La sua situazione rientra perfettamente nella categoria del debitore incapiente. Con l’aiuto di un OCC (designato dall’Ordine dei Commercialisti locale), Antonio presenta nel 2023 una richiesta di esdebitazione incapiente al tribunale. Il giudice verifica che Antonio è meritevole (la sua impresa è fallita per la crisi del settore, non per frode) e che non ha effettivamente alcuna possibilità di pagamento, quindi emette decreto di esdebitazione ex art. 283 CCII. Tutti i €100.000 di debiti sono immediatamente annullati, ad eccezione di quelli eventualmente non esdebitabili per legge (nel suo caso c’erano €5.000 di multe stradali che restano a suo carico e dovrà pagare se e quando ne avrà i mezzi). Costi per Antonio: l’OCC ha lavorato pro bono attendendo l’entrata in vigore del nuovo Fondo statale; nel 2025 Antonio ripresenta istanza per farsi liquidare il compenso OCC a carico del Fondo incapienti (circa €1.000). Antonio non ha pagato contributo unificato né avvocato perché è stato ammesso al patrocinio gratuito. Entro i 4 anni successivi al decreto, Antonio trova un impiego a tempo pieno: inizia a guadagnare €1.300/mese. Questa nuova utilità tuttavia non attiva l’obbligo dei pagamenti perché è ritenuta appena sufficiente al suo mantenimento (la legge considera “rilevanti” solo le sopravvenienze che permetterebbero di pagare almeno il 10% dei debiti, cioè €10.000, e il suo modesto reddito in 4 anni non genera tale eccedenza). Antonio quindi non dovrà versare nulla ai vecchi creditori, e dal quinto anno potrà considerarsi definitivamente libero. Se invece, poniamo, entro i 4 anni avesse ricevuto un’eredità di €50.000, sarebbe tenuto a destinarne €10.000 ai creditori (il minimo per soddisfarli al 10%) e potrebbe trattenere il resto.
Domande frequenti (FAQ) sull’esdebitazione
D: Chi può accedere alle procedure di esdebitamento?
R: Le procedure di cui alla Crisi da sovraindebitamento sono rivolte a debitori civili e imprese non fallibili, cioè coloro che non possono essere assoggettati alle normali procedure concorsuali maggiori (fallimento/liquidazione giudiziale e concordato preventivo). In particolare vi rientrano: consumatori (persone fisiche non imprenditori), imprenditori individuali sotto le soglie di legge (art. 2, co.1, lett. d CCII), professionisti, startup innovative, imprenditori agricoli, enti non profit, e soci illimitatamente responsabili di società fallite (per i debiti personali). Le società di capitali e gli altri soggetti “fallibili” invece non possono accedere a queste procedure – per loro, se insolventi, vi sono fallimento o concordato preventivo. Le società di persone (snc, sas) pur essendo fallibili, possono però utilizzare il concordato minore se i soci optano per questa via. Importante: solo le persone fisiche possono ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti). Una società non può “esdebitarsi”: se una società viene liquidata, i debiti insoddisfatti si estinguono con essa (non c’è bisogno di esdebitazione). Invece l’esdebitazione serve a riabilitare la persona fisica (consumatore o imprenditore individuale) sovraindebitata. Infine, vanno notati due punti: (1) anche gli eredi di un debitore defunto possono proseguire la procedura e ottenerne l’esdebitazione in nome del de cuius, rinunciando al beneficio d’inventario; (2) l’esdebitazione non si estende a coobbligati e garanti del debitore – ciascuno deve attivare la propria procedura se vuole liberarsi dal debito.
D: I debiti fiscali e con l’erario si possono cancellare?
R: Sì, salvo eccezioni. Uno degli equivoci più comuni è credere che i debiti verso lo Stato (Agenzia Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione ex Equitalia, INPS, Comuni per tributi locali, ecc.) non possano essere toccati dall’esdebitazione. Invece, la normativa italiana consente di includere anche i debiti fiscali nelle procedure di sovraindebitamento e di cancellarli in sede di esdebitazione, purché il fisco sia stato messo in condizione di partecipare alla procedura e in assenza di comportamenti fraudolenti del debitore. La Corte di Cassazione ha chiarito già nel 2014 che IVA, IRPEF e altri tributi rientrano nell’esdebitazione (non essendovi esclusioni nella legge). In passato vi era un dubbio sulla compatibilità di ciò col diritto UE, dato che l’IVA è imposta armonizzata: la Corte di Giustizia UE nel 2017 (causa C-493/15) ha confermato che si può cancellare l’IVA se c’è una procedura concorsuale con controllo giudiziario. Pertanto, anche i debiti verso il Fisco sono normalmente soggetti a esdebitazione. Eccezioni: la legge esclude solo i debiti fiscali derivanti da condanne penali per reati tributari gravi (es. frode fiscale): se il debitore è stato condannato con sentenza definitiva per quei reati, i relativi debiti tributari non saranno cancellati. Al di fuori di questi casi di frodi fiscali conclamate, anche importi fiscali elevati (compresa l’IVA) possono essere azzerati, come riconosciuto sia dalla Cassazione che dalla recente giurisprudenza di merito. Ovviamente, durante la procedura l’Erario ha diritto a un trattamento conforme alle sue cause di prelazione: ad esempio, se in un concordato minore il debitore offre il 30% ai chirografari, l’IVA (che è chirografa privilegiata) va equiparata almeno al 30% o più se il piano lo consente. Ma se alla fine parte del debito fiscale resta insoluto, l’esdebitazione (salvo frodi) lo estinguerà.
D: Quali altri debiti non si cancellano con l’esdebitazione?
R: La regola generale è che tutti i debiti concorsuali anteriori rientrano nell’esdebitazione, tranne alcune categorie escluse espressamente dalla legge o dalla giurisprudenza consolidata. Ecco i principali debiti non esdebitabili:
- Obblighi di mantenimento e alimenti: debiti per assegni di mantenimento al coniuge separato, alimenti ai parenti, arretrati per figli minori, ecc., stabiliti da sentenze o accordi omologati, non vengono meno. Il debitore dovrà continuare a pagarli integralmente anche dopo l’esdebitazione (sono crediti di natura strettamente personale e indisponibile). Esempio: arretrati di €10.000 per mantenimento figli resteranno dovuti.
- Risarcimenti dovuti per fatti illeciti dolosi: se il debitore ha l’obbligo di risarcire danni causati da un illecito doloso (ad es. lesioni personali volontarie, truffa, diffamazione, ecc.), quel debito non viene cancellato. La ratio è tutelare la vittima: chi ha causato intenzionalmente un danno non può liberarsi dal risarcimento. Nota: se il fatto illecito fu solo colposo (es. incidente stradale per distrazione), allora rientra nell’esdebitazione – l’esclusione vale per dolo o colpa grave.
- Multe, ammende e sanzioni penali/amministrative punitive: tutte le sanzioni pecuniarie penali (multe, ammende) e amministrative di natura punitiva (es. sanzioni Antitrust, sanzioni per violazioni finanziarie) restano dovute. Lo Stato non rinuncia al potere punitivo tramite l’esdebitazione, che agisce solo sul versante civile. Esempio: contravvenzioni stradali non pagate: anche se altri debiti sono cancellati, le multe stradali restano esigibili. (Eccezione rara: sanzioni accessorie a un tributo condonato nel concordato potrebbero decadere insieme al tributo, ma in generale le multe non si esdebitano).
- Debiti per reati finanziari o di matrice dolosa verso creditori: la legge prevede che se il debitore ha contratto debiti con dolo o malafede verso i creditori (ad es. ottenendo credito con false informazioni, o accumulando debiti deliberatamente per poi fare fallire la società), tali debiti possano essere esclusi dall’esdebitazione. In realtà, condotte così fraudolente tipicamente fanno perdere del tutto la meritevolezza, portando al rigetto dell’istanza di esdebitazione in toto. Ma in teoria il giudice potrebbe escludere specifici debiti nati da frode, se limitata a quelli, e liberare dagli altri.
- Debiti di lavoro verso dipendenti: non c’è un’esclusione automatica in legge, ma la giurisprudenza è molto rigorosa nel valutare stipendi non pagati, TFR e contributi omessi verso i lavoratori. Se l’imprenditore ha colpa grave nell’aver lasciato quel monte salari insoluto, il giudice talvolta nega l’esdebitazione su quei debiti specifici per ragioni di equità sociale. Tuttavia, se l’insolvenza è avvenuta in buona fede e senza intenzione di sfruttare i dipendenti, anche tali debiti possono essere compresi (spesso interviene il Fondo di Garanzia INPS a pagarli, surrogandosi come creditore pubblico).
- Obblighi di confisca o indennizzi a fondi pubblici: obblighi derivanti da confische penali (es. confisca di somme da reato) non sono toccati dall’esdebitazione, trattandosi di misure pubblicistiche sanzionatorie. Inoltre, alcuni orientamenti escludono dall’esdebitazione i debiti verso certi Fondi di garanzia pubblici (es. Fondo vittime della strada, Fondo antiusura) che hanno pagato al posto del debitore: l’idea è che, avendo beneficiato di un intervento di solidarietà pubblica, il debitore non dovrebbe poi cancellare il debito di rimborso verso il Fondo (anche se non è previsione di legge espressa, ma prassi in evoluzione).
- Debiti successivi all’apertura della procedura: solo i debiti anteriori all’avvio della procedura concorsuale vengono esdebitati. I nuovi debiti contratti dopo (ad esempio durante il concordato o il fallimento) restano sempre a carico del debitore. Questo in realtà non è un’eccezione, ma la normale delimitazione temporale: l’esdebitazione copre i debiti concorsuali (pregressi), non le obbligazioni che il debitore assume in seguito. Chi si indebita di nuovo dopo la procedura, non è protetto e quei debiti dovrà pagarli (salvo poter, eventualmente, accedere a una nuova procedura in futuro, nei limiti del consentito).
D: Posso ottenere l’esdebitazione più di una volta?
R: L’esdebitazione è pensata come un beneficio straordinario, non ripetibile a piacimento. La legge pone espressamente alcuni vincoli: ad esempio la procedura incapienti ex art. 283 è concessa una sola volta per ciascun debitore. Inoltre, per l’esdebitazione fallimentare (post-fallimento) l’art. 281 CCII stabilisce che, se anche fosse necessario un fallimento bis, occorre aspettare almeno 3 anni dall’apertura della precedente liquidazione per chiedere l’esdebitazione, e comunque la si può chiedere solo alla chiusura della procedura. In passato (L.3/2012) vi era un divieto di accedere a una procedura di sovraindebitamento se se ne era già usufruito nei 5 anni precedenti. Oggi per piani del consumatore, concordati minori e liquidazioni controllate il Codice non ripropone un limite temporale esplicito, ma è implicito che un soggetto già esdebitato difficilmente possa essere considerato meritevole di nuova esdebitazione a breve termine, specie se i nuovi debiti derivano da comportamenti analoghi ai precedenti. In pratica, una seconda esdebitazione potrà avvenire solo in casi eccezionali, di norma dopo molti anni e per crisi del tutto indipendenti dalla prima (ad es. pensiamo a un consumatore esdebitato nel 2020 che, nel 2030, abbia accumulato per la prima volta altri debiti per ragioni imprevedibili: potrebbe chiedere un nuovo piano). Ma se uno dovesse abusare ripetutamente dello strumento, incontrerebbe ostacoli: la meritevolezza verrebbe meno (il giudice potrebbe rigettare la domanda vedendo un comportamento recidivo). Quindi, salvo casi fortuiti, possiamo dire che l’esdebitazione “una tantum” è la regola: chi ha avuto la cancellazione dei debiti dovrebbe poi mantenere una condotta finanziaria prudente, perché un bis non è affatto garantito.
D: È obbligatorio farsi assistere da un avvocato?
R: Formalmente no (non è un processo contenzioso dove la legge impone il ministero di un legale), ma nella sostanza sì è altamente raccomandato. Le norme sul sovraindebitamento non prescrivono l’assistenza tecnica obbligatoria di un avvocato; teoricamente il debitore potrebbe presentare la domanda tramite il solo OCC e comparire da solo davanti al giudice. Tuttavia le questioni giuridiche e documentali sono complesse: redigere un piano conforme alla legge, valutare le conseguenze su eventuali garanzie, interloquire con i creditori, richiede competenze che solo un avvocato (spesso in team con un commercialista) può offrire. Inoltre, in alcune fasi è opportuno svolgere attività difensiva – ad esempio se un creditore propone opposizione o se bisogna discutere in udienza sulla meritevolezza. Un avvocato esperto di crisi da sovraindebitamento saprà affrontare queste situazioni, aumentando le chance di successo e riducendo i tempi. Considerando poi che oggi è possibile usufruire del gratuito patrocinio anche in queste procedure (se il reddito è entro ~€11.700 annui e la causa non è manifestamente infondata), non c’è motivo per rinunciare all’assistenza legale. In sintesi: non è obbligatorio ma è fortemente consigliato incaricare un legale di fiducia sin dall’inizio della pratica di esdebitamento.
D: Cosa succede se dopo l’omologazione del piano/concordato il debitore non riesce a rispettarlo?
R: Se il debitore non adempie agli obblighi previsti dal piano del consumatore o dal concordato minore omologati, le conseguenze possono essere serie. In genere, il mancato pagamento di quanto promesso porta alla risoluzione della procedura: il tribunale, su istanza dei creditori o dell’OCC, dichiara la risoluzione e vengono meno gli effetti dell’omologazione. Ciò significa che i creditori riacquistano il diritto di agire per l’intero importo dei loro crediti (detratto magari quanto hanno ricevuto prima della risoluzione) – in altre parole, l’esdebitazione non si perfeziona e i debiti non sono più considerati cancellati. Il debitore dunque torna esposto alle azioni di recupero. Tuttavia, non tutto è perduto: il Codice della Crisi prevede che, in caso di fallimento di un piano o concordato per inadempimento, il debitore possa accedere alla liquidazione controllata per cercare comunque l’esdebitazione tramite quella via. Questo è in linea con l’idea del “paracadute”: ad esempio, se un piano del consumatore omologato non viene eseguito per sopravvenute difficoltà, il debitore può chiedere al giudice di aprire una liquidazione (mettendo a disposizione i beni residui) e alla fine di essa ottenere comunque l’esdebitazione. Ovviamente è una situazione da evitare se possibile, perché allunga i tempi e comporta la perdita di beni che magari nel piano potevano essere conservati. È sempre consigliabile, se emergono problemi durante l’esecuzione del piano, informare subito l’OCC e valutare soluzioni (ad es. una modifica del piano, se la legge lo consente, o accordi con i creditori per dilazioni ulteriori) prima di arrivare alla risoluzione giudiziale.
D: Le procedure di sovraindebitamento diventano pubbliche? Finirò in qualche registro di cattivi pagatori?
R: Le procedure sono gestite dal Tribunale e annotate sul registro delle procedure concorsuali (SIECIC). Esse non comportano pubblicazione su quotidiani o registri immobiliari a meno che non vi siano beni da vendere (in tal caso gli avvisi d’asta possono essere pubblicati, ma senza enfatizzare i dati personali del debitore). In passato, le procedure ex L.3/2012 erano relativamente riservate; oggi con il Codice alcune informazioni confluiscono nel registro informatizzato accessibile agli operatori di giustizia. Tuttavia, non esiste un registro pubblico online consultabile da chiunque come per i protesti. I creditori vengono a conoscenza della procedura tramite le comunicazioni dell’OCC. Quanto alla centrale rischi e banche dati creditizie (CRIF, Experian, etc.), il fatto di aver ottenuto un’esdebitazione potrebbe risultare indirettamente (ad esempio, debiti cancellati potrebbero apparire come “saldo e stralcio” o cessati). In ogni caso il debitore esdebitato parte con una fedina finanziaria “pulita” dal punto di vista legale – i suoi debiti non esistono più giuridicamente. Questo non significa che avrà facile accesso al credito: le banche potrebbero esitare a finanziare chi ha avuto una storia di insolvenza, ma col tempo (e magari dimostrando redditi stabili e assenza di nuovi inciampi) la situazione migliora. Vale la pena ricordare che l’esdebitazione rimuove anche alcune preclusioni legali: ad esempio, un fallito esdebitato riacquista la capacità di fare impresa, assumere cariche societarie, partecipare ad appalti pubblici, senza le limitazioni che avrebbe un insolvente non esdebitato.
Fonti normative e giurisprudenziali utilizzate
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n.14, in vigore dal 15/07/2022, artt. 65-83 (ristrutturazione debiti consumatore e concordato minore), 268-277 (liquidazione controllata), 278-283 (esdebitazione sovraindebitato).
- D.Lgs. 26 ottobre 2020, n.147 (c.d. “Decreto Correttivo” al Codice della Crisi) – Ha introdotto la sezione sull’“Esdebitazione del sovraindebitato incapiente” sostituendo la rubrica dell’art. 283.
- Legge 27 gennaio 2012, n.3 (sovraindebitamento) e successive modifiche (in particolare L. 18 dicembre 2020, n.176) – Previgente disciplina da cui derivano le attuali procedure. Importante per giurisprudenza pregressa (es. introduzione art.14-quaterdecies L.3/2012 sull’incapiente nel 2020).
- Direttiva (UE) 2019/1023 sulla ristrutturazione e sull’insolvency – influente nell’abbassare barriere (es. no soglia minima pagamenti) recepita con D.Lgs. 17 giugno 2022, n.83.
- Decreto Ministeriale 25 gennaio 2012, n.30 – Regolamento compensi curatori fallimentari, esteso per calcolo compensi OCC (art. 1 con percentuali su attivo/passivo).
- Decreto Ministeriale 24 settembre 2014, n.202 – Regolamento OCC ex L.3/2012: artt. 14-16 su criteri compenso OCC (rinvio a DM 30/2012 con riduzioni).
- D.M. 10 marzo 2014, n.55 – Parametri forensi, art. 21 e art. 19: criterio del valore del passivo per compensi avvocato nelle concorsuali.
- Testo Unico delle Spese di Giustizia (D.P.R. 115/2002), artt. 192 e 196 – Contributo unificato e anticipazioni forfettarie (fissato €98 + €27 per sovraindebitamento). V. anche tabella contrib. Tribunale Tivoli 2023.
- Legge 30 dicembre 2024, n. … (Legge di Bilancio 2025) – art. 1 co. …: Istituzione del Fondo nazionale per l’esdebitazione dei debitori incapienti (dotazione €500.000 anno 2025) e riduzione 50% compensi OCC in procedure incapienti. Emendamento a firma On. L. Giorgianni, approvato il 28/12/2024.
- Cassazione Civile, Sez. VI-1, ord. 23129/2014 – Conferma inclusione debiti tributari (IVA) nell’esdebitazione ex art.142 l.fall., rigettando ricorso dell’AdE.
- Cassazione Civ., Sez. I, sent. 124/2017 – Ordinanza interlocutoria con rinvio pregiudiziale alla CGUE su esdebitabilità IVA; successiva CGUE, sent. 16/03/2017 (C-493/15) dichiara compatibile l’esdebitazione IVA; AdE recepisce con Circolare 23/07/2018 n.16/E.
- Cassazione Civ., Sez. I, sent. 15359/2023 (31/05/2023) – Principio di tassatività dei requisiti di meritevolezza: il giudice non può introdurre condizioni ulteriori (es. percentuale minima di pagamento) per concedere l’esdebitazione. Influenzata da Dir. UE “second chance” e D.Lgs.83/2022. Ribadito che nessuna soglia minima di soddisfacimento è richiesta se il debitore è meritevole.
- Cassazione Civ., Sez. I, sent. 22890/2023 (27/07/2023) – Criteri di meritevolezza nel piano del consumatore ex art. 69 CCII: indebitamento imprudente ma non doloso non preclude l’accesso. Linea più permissiva introdotta da L.176/2020 e confermata dal CCII.
- Cassazione Civ., Sez. I, sent. 27562/2024 – Ulteriore conferma (su caso ante-CCII) dell’approccio che solo la meritevolezza conta, indipendentemente dalla % pagata ai creditori.
- Tribunale di Milano, sez. Fall., decreto 15/04/2021 – Primo provvedimento di esdebitazione incapiente ex art.14-quaterdecies L.3/2012 (ora art.283): concessa a debitore privo di beni né redditi, sottolineando la finalità “rieducativa” dell’istituto e imponendo obbligo di dichiarare sopravvenienze (morale di condividere futuri colpi di fortuna).
- Tribunale di Palermo, Sez. IV civ., decreto 30/09/2022 – Caso di debitore totalmente incapiente: dichiarata inammissibile la liquidazione controllata (ex art.14-terdecies L.3/2012) richiesta, in quanto priva di attivo; va utilizzata invece la procedura di esdebitazione incapiente ex art.283 CCII.
- Corte d’Appello di Torino (decr. 07/03/2025) – Conferma esdebitazione concessa a debitore incapiente con elevati debiti fiscali, respingendo opposizione creditori: ribadito che anche debiti IVA/Erario ingenti non impediscono l’esdebitazione se il debitore è in buona fede (assenza di frode). Valorizzato il principio della seconda chance anche verso il Fisco.
- Cassazione Penale, Sez. V, sent. 338/2022 – Chiarito che l’esdebitazione attiene al piano civile e non estingue reati né pene eventualmente connessi all’insolvenza. L’ottenimento o il diniego dell’esdebitazione è irrilevante in sede penale (es. il fallito esdebitato risponde comunque di bancarotta, e viceversa il fallito non esdebitato non subisce “pene” ulteriori se non ottiene il beneficio).
- Linee guida e prassi applicative: Linee guida OCC Tribunale di Spoleto 2023 (es. su liquidazione controllata con sola finanza esterna); Tariffari OCC (es. Ord. Avvocati Modena) con compenso min incapienti €1.000; Circolare Agenzia Entrate 23/07/2018 n.16/E (presa d’atto esdebitazione debiti IVA post-CGUE); Orientamenti trib. merito sul requisito “nessuna utilità nemmeno futura” per incapienti (rigoroso ma realistico: redditi modesti destinati al mantenimento non contano come utilità per i creditori).
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✍️ Coordina l’intera procedura insieme all’Organismo di Composizione della Crisi
🔁 Ti assiste fino all’omologa e alla liberazione definitiva dai debiti residui
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in esdebitamento e crisi da sovraindebitamento
✔️ Difensore accreditato presso gli OCC e i tribunali civili
✔️ Consulente legale per famiglie, piccoli imprenditori e lavoratori autonomi
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Liberarsi dai debiti è possibile anche per chi ha poche risorse.
Con un’assistenza seria e personalizzata puoi avviare la procedura con costi certi e alla tua portata.
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