Hai ricevuto un’intimazione di pagamento per un vecchio debito e ti stai chiedendo se è ancora valida? È passato tanto tempo e ti domandi: può essere già prescritto? Devo davvero ancora pagare?
Non tutti sanno che anche le intimazioni di pagamento – così come i debiti – non valgono per sempre. Esistono dei termini entro i quali il creditore deve far valere le sue ragioni. Se li supera senza agire, scatta la prescrizione, e non può più pretendere legalmente il pagamento.
Ma ogni quanto si prescrivono? Vale lo stesso per tutti i tipi di debito? E da quando si inizia a contare il termine?
La prescrizione varia in base alla natura del credito: ad esempio, un prestito bancario o una fattura commerciale si prescrive in 10 anni, mentre alcune bollette o crediti professionali si prescrivono in 5 o anche solo 3 anni. Il termine decorre dal momento in cui il credito è esigibile – cioè da quando avresti dovuto pagare – ma può essere interrotto da atti come solleciti, raccomandate, decreti ingiuntivi o intimazioni.
Quindi sì, anche un’intimazione di pagamento può arrivare fuori tempo massimo. Ma attenzione: non basta il tempo trascorso, serve una verifica tecnica, perché basta un singolo atto interruttivo per far ripartire il termine da capo.
In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in diritto del credito, prescrizione e difesa del debitore – ti spiega quando si prescrive un’intimazione di pagamento, come capire se è ancora valida, e cosa possiamo fare per aiutarti a contestarla se è illegittima.
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Introduzione
L’“intimazione di pagamento” è l’atto con cui l’amministrazione finanziaria o i suoi concessionari (come l’ex Equitalia, oggi Agenzia Entrate-Riscossione) esigono ufficialmente il saldo di tributi o sanzioni non versati. A differenza della semplice richiesta di pagamento, l’intimazione ha valore di titolo esecutivo (es.: cartella esattoriale, avviso di accertamento esecutivo, ingiunzione fiscale, decreto ingiuntivo, ecc.) e può dar luogo a misure coattive (pignoramento, fermo). La prescrizione, cioè l’estinzione del debito per mancato esercizio del diritto di esazione entro il termine stabilito, varia molto a seconda della natura del credito sottostante e del tipo di intimazione.
Prescrizione e decadenza: definizioni e differenze
In primo luogo, è utile chiarire i concetti di prescrizione e decadenza, spesso confusi. La decadenza è un termine perentorio entro cui l’ente pubblico deve compiere un atto specifico (ad es. notificare un avviso di accertamento): se l’atto non viene emesso o notificato entro il termine decadenziale, l’amministrazione perde il diritto di agire (il debito decade automaticamente). La prescrizione, invece, riguarda la scadenza del diritto di credito già costituito: decorre dal momento in cui il credito è sorto o è divenuto certo (ad es. dall’iscrizione a ruolo) e può essere interrotta da atti del creditore (riconoscimento del debito o notifiche di intimazione o atti esecutivi). In sintesi, mentre il termine decadenziale è “one-shot” e non si può sospendere, la prescrizione è rinnovabile: ogni atto legittimo di riscossione azzera il conteggio e lo fa ricominciare. Come spiegato dalla dottrina e dalla prassi: «Decadenza e prescrizione stabiliscono limiti temporali diversi: la decadenza non può essere interrotta e, una volta scaduta, il diritto si perde; la prescrizione può invece essere azzerata da nuovi atti del creditore».
Nel diritto civile italiano, salvo diversa disciplina speciale, i termini di prescrizione sono fissati dagli articoli 2946 e 2948 del Codice Civile. In particolare l’art. 2946 c.c. stabilisce il termine ordinario decennale per l’azione di riscossione di crediti, mentre l’art. 2948 c.c. elenca casi di prescrizione brevi. Di rilievo per i tributi è il n. 4 dell’art. 2948, che prevede quinquennio per le obbligazioni che «devono pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi». La Cassazione ha qualificato tributi quali IMU, TARI, TASI e simili come obbligazioni periodiche ai sensi di questo comma, applicando quindi ad essi la prescrizione quinquennale. Per contro, crediti erariali annuali (es. IRPEF, IVA, IRES) non sono considerati prestazioni periodiche e seguono il termine ordinario decennale. Ulteriori termini speciali (ad es. contributi INPS, tributi doganali, ecc.) sono stabiliti da leggi particolari (contributi 7 anni, etc.), ma non verranno qui analizzati in dettaglio.
È importante distinguere anche il momento da cui decorre il termine prescrizionale. In linea generale, nei tributi e nelle cartelle esattoriali la prescrizione decorre dal giorno in cui il credito fiscale è definitivamente iscritto a ruolo ovvero dalla notifica del titolo esecutivo (cartella, avviso di accertamento esecutivo, ingiunzione fiscale). Ad esempio, Cass. 7 novembre 2011 n.20600 ha affermato che la prescrizione di una cartella contenente sanzioni decorre dall’iscrizione a ruolo. Analogamente, con l’introduzione dell’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo (dopo il 2020) la Cassazione ricorda che, una volta notificato questo atto esecutivo, decorre la prescrizione ordinaria a partire da tale notifica.
Prescrizione delle cartelle esattoriali
La cartella esattoriale è l’atto tipico con cui il concessionario della riscossione (oggi Agenzia Entrate-Riscossione) intima il pagamento coattivo di tributi accertati e definitivi. Il suo regime prescrizionale è influenzato dal tipo di tributo e dalla fase in cui il debito è diventato definitivo.
- Tributi erariali (imposte nazionali). In assenza di una norma speciale, valgono le regole generali: i crediti per imposte dirette (IRPEF, IRES) o indirette (IVA) hanno prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c.. Recentissima giurisprudenza di legittimità (Cass. 4385/2025) ha infatti ribadito che i crediti erariali vanno prescritti secondo il termine decennale, escludendo l’applicazione del quinquennio previsto dal comma 4 dell’art. 2948 c.c. (che si applica solo alle prestazioni periodiche). In pratica, una cartella Equitalia per imposte statali notificata anche dopo 5 anni dalla formazione del ruolo può ancora essere valida, perché il termine decennale non è decorso. L’unica eccezione è in presenza di un titolo giudiziale definitivo (sentenza passata in giudicato): in tal caso opera l’actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 c.c., che fa decorrere la prescrizione dal giorno della pronuncia definitiva. In altre parole, se il debito fiscale viene confermato da una sentenza irrevocabile, da quel momento si ha un nuovo termine di prescrizione decennale.
- Tributi locali e periodici (IMU, TARI, etc.). Diversamente, i tributi comunali di natura continuativa (es. IMU/TASI sul possesso, TARI sui rifiuti) sono qualificati come obbligazioni periodiche. Pertanto si prescrivono in 5 anni dal momento in cui il tributo è dovuto o dall’iscrizione a ruolo, secondo l’art. 2948, n.4 c.c.. Cass. 23 febbraio 2010 n.4283 ha chiarito che l’ICI (oggi IMU) rientra nell’art. 2948, n.4, con prescrizione quinquennale. Anche la TARSU/TARI è stata considerata periodo e prescrivibile in 5 anni. In sintesi: una cartella emessa per tributi locali va impugnata entro 5 anni dalla sua definitiva “nascita” (altrimenti il credito si estingue).
- Tempi di decadenza e prescrizione. Fino al 2019, i tributi locali erano soggetti anche a termini decadenziali (art. 1 co. 161-163 L. 296/2006): avviso di accertamento entro 5 anni dall’anno di imposta e titolo esecutivo entro 3 anni dalla definitività dell’accertamento. La Cassazione (n.21810/2022) ha confermato che tali termini sono decadenziali. Dal 2020 invece, con l’avviso di accertamento esecutivo (L.160/2019, c.792), il termine triennale non si applica più: l’accertamento stesso diventa titolo esecutivo senza necessità di cartella, e da quel momento decorre solo la prescrizione ordinaria.
- Cartelle per sanzioni amministrative tributarie. Spesso la cartella contiene anche sanzioni tributarie (ad es. sanzioni per omessa dichiarazione, accertamenti). Per queste, l’art. 20 D.Lgs. 472/1997 fissa una prescrizione specifica di 5 anni (comma 3). La Cassazione ha confermato che il diritto alla riscossione delle sanzioni tributarie irrogate (non confermate da sentenza) si prescrive in 5 anni dall’iscrizione a ruolo. Anche gli interessi legali o penali applicati al tributo sono considerati periodici e seguono il quinquennio. Solo quando le sanzioni sono consolidate in un titolo giudiziale definitivo (sentenza irrevocabile) valgono nuovamente i 10 anni dell’art. 2953 c.c. (Cass. SU 25790/2009).
- Cartelle per sanzioni amministrative non tributarie. Se la cartella riguarda sanzioni pecuniarie non tributarie (ad esempio multe stradali, TOSAP, ecc.) e tali debiti sono poi affidati a un concessionario, l’orientamento è assimilare la prescrizione all’art. 2948 c.c. n.4: quindi 5 anni dalla violazione o dal sorgere dell’obbligo. Ad esempio, la Cassazione ha più volte rimarcato che anche le multe urbane si prescrivono in 5 anni, in quanto rientranti nelle prestazioni periodiche continuative.
In sintesi, i termini di prescrizione variano: per i tributi erariali l’ordinario decennale, per i tributi locali e le sanzioni tributarie il quinquennale. Si veda la tabella qui sotto per un riepilogo per tipologie di entrata:
Tipo di credito/atto | Termine di prescrizione |
---|---|
Crediti erariali (IRPEF, IVA, IRES, etc.) | 10 anni (art. 2946 c.c.) |
Crediti da sentenza definitiva (tributi o sanzioni) | 10 anni (art. 2953 c.c., actio iudicati) |
Tributi locali periodici (IMU, TARI, ecc.) | 5 anni (art. 2948, comma 4 c.c.) |
Contributi previdenziali (INPS, ex Inpdap, etc.) | 5 anni (art. 3 L.335/95) o termine speciale |
Interessi legali/penali su tributi | 5 anni (art. 2948 n.4 c.c., considerati periodici) |
Sanzioni tributarie amministrative | 5 anni (art. 20 D.Lgs.472/97) |
Sanzioni tributarie da sentenza passata in giudicato | 10 anni (art. 2953 c.c.) |
Sanzioni amministrative non tributarie (multe, ecc.) | 5 anni (art. 2948 n.4 c.c., salvo norma specifica) |
Decreti ingiuntivi o sentenze esecutive (titolo giudiziario) | 10 anni (art. 2953 c.c.) |
Tutte queste scadenze possono essere sospese solo in presenza di cause eccezionali (casi di forza maggiore o norme speciali, v. oltre), mentre sono interrompibili da atti del creditore. In pratica, l’Agenzia e i concessionari interrompono regolarmente la prescrizione inviando regolari atti di riscossione (cartelle, preavvisi di fermo, solleciti o ipoteche), che fanno ripartire il termine dall’inizio. Anche il semplice riconoscimento del debito da parte del contribuente interrompe e riavvia la prescrizione (art. 2944 c.c.). Senza interruzioni, occorre quindi verificare l’eventuale decorso del termine, tenendo conto anche delle normative speciali di sospensione (ad es. i periodi di emergenza Covid).
Avvisi di accertamento esecutivi (avviso di pagamento)
Dal 2020 l’avviso di accertamento può assumere validità di titolo esecutivo se il contribuente omette di pagare entro i termini stabiliti. In base all’art. 1, comma 792, della Legge n. 160/2019, decorsi i 60 giorni per il versamento, l’avviso di accertamento stesso diventa esecutivo per i tributi locali (e analogamente per alcuni tributi statali), consentendo di attivare immediatamente procedure coattive senza bisogno di cartella o ingiunzione fiscale.
Ciò ha implicazioni prescrizionali rilevanti. Innanzitutto è venuto meno il termine di decadenza triennale previsto dall’art. 1 co. 163 L.296/2006 per la notifica del titolo esecutivo: con l’accertamento esecutivo non occorre più notificare una cartella/ingiunzione entro 3 anni, dato che l’avviso è già titolo esecutivo. Dalla notifica dell’avviso di accertamento esecutivo, invece, decorre direttamente il termine di prescrizione del credito. In altre parole, una volta perfezionata la notifica dell’atto esecutivo (dopo il pagamento omesso), si applicano i normali termini prescrizionali qui indicati: ad es. 5 anni per i tributi locali, 10 anni per gli erariali, ecc. Come sottolinea la prassi, «dalla data della notifica dell’avviso esecutivo decorre il termine di prescrizione, che estingue il credito in mancanza di atti interruttivi dell’Amministrazione».
Allo stesso modo, per gli avvisi di accertamento divenuti definitivi (per mancata impugnazione) si applica il quinquennio di decadenza (art. 1 co. 161 L.296/06) per la loro notifica. Se l’avviso definitivo giunge dopo la scadenza del quinto anno, decade e il debito non è più esigibile.
Ingiunzioni fiscali e decreti ingiuntivi
- Ingiunzione fiscale (enti locali). Per i tributi locali (ex ICI/IMU) gli enti locali possono emettere un’apposita ingiunzione fiscale (prevista dal R.D. 639/1910 e successive norme locali). Tale ingiunzione è un titolo amministrativo equivalente alla cartella per i comuni. La sua prescrizione segue quindi il regime del tributo sottostante: in assenza di impugnazione, il credito si prescrive in 5 anni (come la cartella dei tributi locali). Se, dopo impugnazione, la pretesa locale viene confermata da sentenza passata in giudicato, allora valgono i 10 anni (art. 2953 c.c.).
- Decreto ingiuntivo tributario (titolo giudiziario). Talvolta il concessionario della riscossione (o l’ente impositore) può ottenere un decreto ingiuntivo da un giudice ordinario per un credito tributario. Il decreto ingiuntivo non opposto costituisce titolo giudiziario ex art. 2953 c.c., il cui termine di prescrizione ordinario è decennale. Infatti, come ricordato dalla Cassazione, i titoli esecutivi di natura giudiziaria (sentenze, decreti ingiuntivi) «godono di prescrizione decennale» decorrente dal passaggio in giudicato. Non si applicano a essi le speciali norme tributarie sui brevi termini (salvo eventuali eccezioni di legge).
Interruzione e sospensione della prescrizione
Gli atti di riscossione interrompono la prescrizione del debito tributario. In particolare, la notifica di una cartella o di un sollecito interrompe la decorrenza del termine prescrizionale: il conteggio ricomincia da zero dal giorno di notifica di ciascun atto valido. L’Agenzia e i concessionari, infatti, adottano spesso pratiche di «pulizia» dei ruoli, inviando solleciti di pagamento, preavvisi di fermo amministrativo, atti cautelari o ipoteche proprio per interrompere la prescrizione. In assenza di tali atti, la prescrizione continua a decorrere secondo i termini sopra indicati.
È inoltre intervenuta di recente una sospensione legislativa: con i decreti emergenziali legati alla pandemia (D.L. “Cura Italia” e susseguenti) la prescrizione e la decadenza dei tributi sono state sospese dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021. Ciò significa che quel periodo (circa 1 anno e mezzo) non conta ai fini della decorrenza dei termini. In pratica, un’intimazione notificata nel 2025 per una cartella del 2015 potrebbe non essere prescritta, perché l’ordinario termine decennale verrebbe «scongelato» e calcolato senza l’anno e mezzo di lockdown.
Prassi amministrative e orientamenti recenti
Le prassi interne all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e le circolari ministeriali confermano i principi giurisprudenziali. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione consiglia di verificare sempre se la cartella o l’intimazione rientrino in termini prescrizionali o decadenziali. Se emerge che il termine è decorso, occorre impugnare subito l’atto (spesso per decadenza o prescrizione). Nei manuali operativi interni si segnala l’uso sistematico di atti interruttivi (soprattutto lettere e preavvisi) per bloccare i termini prescrizionali sui debiti più rilevanti. Il Ministero dell’Economia e Finanze, nelle sue circolari di bilancio e gestionali, ha ribadito l’opportunità di stabilire criteri chiari di sollecito e controllo delle scadenze. Anche la Corte dei Conti nelle relazioni sul rendiconto dello Stato ha talvolta evidenziato la necessità di monitorare i tempi di riscossione e di cancellare i debiti ormai prescritti ai fini di una corretta gestione dei bilanci pubblici.
Tabella riepilogativa dei termini di prescrizione
Di seguito si riporta una tabella di sintesi dei principali termini di prescrizione relativi alle intimazioni di pagamento:
Categoria | Termine di prescrizione | Riferimenti |
---|---|---|
Crediti fiscali erariali (IRPEF, IVA, IRES, IRAP, ecc.) | 10 anni (art. 2946 c.c.) | Cass. 2025 n.4385 |
Tributi locali periodici (IMU, TARI, TASI, TARSU) | 5 anni (art. 2948, n.4 c.c.) | Cass. 2010 n.4283; 2023 n.31260 |
Contributi previdenziali | 7 o 5 anni a seconda della norma (art. 3 L.335/95 = 7 anni; art. 2946/2948 c.c.) | Norme speciali; Cass. su contributi |
Sanzioni tributarie amministrative | 5 anni (art. 20 D.Lgs.472/97) | Cass. 2011 n.20600; SU 2009 n.25790 |
Interessi di mora sul tributo | 5 anni (art. 2948, n.4 c.c., considerati periodici) | Cass. SU 2009 n.25790 |
Sanzioni tributarie da sentenza definitiva | 10 anni (art. 2953 c.c.) | Cass. SU 2009 n.25790 |
Multe e sanzioni non tributarie | 5 anni (art. 2948, n.4 c.c.) | Cass. 2010 n.4283 (TARSU); Cass. Civ.3/7/2014 n.15765 |
Titoli giudiziari (sentenze, decreti ing.) | 10 anni (art. 2953 c.c.) | Cass. 10/7/2014 n.15765 |
Cartella/ingiunzione fiscale (tributo) | come il tributo sottostante (10 o 5 anni) | Cass. 2015 n.20213; Cass. 2020 n.13683 |
Domande frequenti (FAQ)
- D. Cos’è un’intimazione di pagamento?
R. È l’atto con cui si ingiunge al contribuente di versare una somma dovuta a titolo fiscale o sanzionatorio. Esempi tipici sono la cartella esattoriale (per tributi non versati iscritti a ruolo), l’avviso di accertamento esecutivo, l’ingiunzione fiscale emessa da un ente locale e i decreti ingiuntivi giudiziali. Questi atti hanno valore di titolo esecutivo e possono dar luogo a riscossione coatta. - D. Prescrizione o decadenza: qual è la differenza?
R. La decadenza è un termine perentorio entro cui l’amministrazione deve compiere un atto, altrimenti perde il diritto di agire (ad es. il termine per notificare un avviso di accertamento). La prescrizione è invece il termine entro cui il credito deve essere riscosso: se decorre senza interruzioni, il debito si estingue. Il termine decadenziale non si può sospendere o interrompere, mentre la prescrizione può essere interrotta da nuovi atti (notifiche, solleciti) e ricomincia da capo. - D. Quando decade un debito fiscale?
R. Se l’amministrazione non notifica entro i termini di legge gli atti prescritti (avvisi, cartelle, ecc.), il debito decade automaticamente. Ad esempio l’art. 1, c. 161 L.296/2006 impone la notifica dell’avviso di accertamento di tributi locali entro 5 anni dall’anno di riferimento; se questo termine scade, il credito non può più essere richiesto. Tuttavia, se la notifica viene comunque effettuata oltre il termine decadenziale, può essere impugnata e annullata. Importante: se l’atto (es. cartella) è già stato notificato entro il termine, non decade automaticamente il debito; si aprono invece i termini prescrizionali (ovvero il contribuente potrà eccepire prescrizione, non decadenza). - D. Quando si prescrive una cartella esattoriale?
R. Dipende dal tributo e dalla natura del credito: i tributi statali si prescrivono in 10 anni, mentre quelli locali in 5 anni. In concreto, una cartella Equitalia relativa a IRPEF, IVA, IRES, ecc., notificata anche dopo 5 anni non è automaticamente prescritta, perché il termine ordinario rimane 10 anni. Al contrario, una cartella per IMU o TARI si prescrive dopo 5 anni dall’iscrizione a ruolo (ad es. tributi 2019 prescritti fine 2024). Le sanzioni tributarie nella cartella hanno prescrizione quinquennale (art. 20, DLgs 472/97), salvo che non siano confermate da sentenza (allora 10 anni). Ad esempio, se nel 2019 è stata emessa una cartella Equitalia di IRPEF, questa potrà essere eseguita fino al 2029 (10 anni), mentre per IMU 2019 il termine cadrebbe nel 2024 (5 anni), fatte salve sospensioni e interruzioni. - D. L’intimazione può interrompere la prescrizione?
R. Sì. Gli atti formali di riscossione (cartelle, solleciti di pagamento, preavvisi di fermo o ipoteca, ecc.) interrompono la prescrizione del debito. Ogni nuova notifica valida azzera il termine. Anche il riconoscimento del debito da parte del contribuente interrompe la prescrizione (art. 2944 c.c.). Quindi, se in sei anni di tempo non è stato notificato alcun atto interruttivo, è possibile che il debito sia prescritto; ma spesso l’agente dimostrerà di avere inviato almeno lettere sollecitarie o atti come il fermo, i quali hanno spezzato il decorso. - D. Cosa succede se ricevo un’intimazione dopo molti anni?
R. Bisogna subito verificare se il debito fosse già prescritto o se siano decorsi i termini decadenziali. Ad esempio, se si tratta di tributi locali accertati, occorre controllare la scadenza del termine quinquennale di impugnazione/azione (o, dal 2020, se l’avviso esecutivo è stato notificato oltre i limiti di legge). Se il contribuente ritiene che il termine sia trascorso, è opportuno impugnare subito l’intimazione dinanzi alla Commissione tributaria, proponendo eccezioni di prescrizione. La Cassazione ha infatti stabilito che il contribuente deve agire tempestivamente: se non impugna l’intimazione nel termine di 60 giorni e attende il pignoramento, in genere gli verrà precluso di far valere la prescrizione nei successivi giudizi di esecuzione. Perciò, l’assistenza legale sconsiglia di “aspettare il pignoramento” – conviene contestare immediatamente l’atto tardivo. Se viceversa il termine non è decorso o è stato interrotto, l’intimazione resta valida e il debito è ancora esigibile. - D. Quali sono i termini decadenziali e prescrizionali da ricordare?
R. In sintesi: per imposte statali IRPEF, IVA ecc. l’accertamento va notificato entro 5 anni dal termine di presentazione della dichiarazione (decadenza) e il credito si prescrive in 10 anni. Per tributi locali (IMU, TARI, ecc.) l’avviso di accertamento doveva essere notificato entro 5 anni (decadenza, L.296/06) e, fino al 2019 il titolo esecutivo entro 3 anni, dopodiché il credito si prescrive in 5 anni. Le sanzioni tributarie si prescrivono in 5 anni (art. 20, D.Lgs. 472/97). L’avviso di accertamento esecutivo dal 2020 non comporta decadenza, ma da esso parte direttamente il computo prescrizionale quinquennale (o decennale) secondo la natura del debito. Abbiamo riportato i casi più frequenti nella tabella precedente. - D. Cosa fare in pratica se si sospetta la prescrizione?
R. Occorre innanzitutto controllare le date (scadenza del tributo, iscrizione a ruolo, notifica delle cartelle, ecc.) e la presenza di atti interruttivi. Se emerge che i termini sono decorso, si può chiedere l’annullamento dell’intimazione in autotutela oppure presentare ricorso tributario entro 60 giorni dall’atto, facendo valere la prescrizione o la decadenza (come visto, decadenza se l’atto è tardivo, prescrizione se scaduto il termine dal titolo definitivo). Se la controversia si sposta in sede esecutiva, le eccezioni dovranno essere sollevate immediatamente con l’opposizione all’esecuzione. In ogni caso, è fondamentale muoversi entro i termini: come sottolineato da recente giurisprudenza, impugnare subito l’atto di intimazione permette di sollevare la questione prescrizionale senza dover attendere il pignoramento.
Casi pratici
- Cartella Equitalia di IRPEF notificata 6 anni fa. Supponiamo un contribuente riceva nel 2025 una cartella Equitalia per IRPEF relativa al 2018. Anche se sono passati 6 anni, il tributo erariale è soggetto a prescrizione decennale. La cartella, se correttamente notificata a suo tempo, rimane quindi valida e il debito non si è estinto, a meno che non ci siano stati atti interruttivi o condoni straordinari. Con l’eccezione delle misure di sospensione Covid (che hanno “scongelato” circa 1,5 anni), la prescrizione scadrebbe solo nel 2028/2029. Il contribuente potrà tuttavia verificare eventuali definizioni agevolate (leggi “rottamazioni” 2017, 2021, 2022) o «stralci» di ruoli che potrebbero aver cancellato il debito, non potendolo più pagare. In assenza di tali cause favorevoli, l’unica difesa è verificare se in 6 anni vi siano stati solleciti o precetti (atti interruttivi): se mancano, si potrebbe ipotizzare la prescrizione (anche se il termine ordinario non è ancora scaduto).
- Accertamento IMU del 2015 impugnato nel 2017. Prima delle modifiche 2020, l’avviso di accertamento di tributi locali doveva essere notificato entro 5 anni dalla fine dell’anno di riferimento (qui entro il 31/12/2020). Se la notifica era datata 2019, l’atto era in tempo. Se però il contribuente ha impugnato con sentenza passata in giudicato (ad es. 2017), i termini decadenziali del 296/06 non si applicano più e dalla pronuncia definitiva scatta il termine decennale di prescrizione del credito fiscale. In altre parole, dopo un contenzioso concluso con sentenza definitiva a favore del fisco, la riscossione potrebbe essere avviata entro 10 anni dalla sentenza.
- Avviso di pagamento esecutivo 2021 per Tari. In base alla L.160/2019, un avviso di accertamento Tari del 2021 che diventa esecutivo diventa titolo valido per l’espropriazione. Non essendo più necessaria la cartella, non esiste un termine decadenziale specifico per l’“atti di titolo”. Dal momento della notifica dell’avviso di pagamento esecutivo, il credito Tari si prescrive in 5 anni. Pertanto, se nel 2021 non si è pagato e non sono stati fatti atti interruttivi, il Comune o l’Agenzia dovrà esigere il pagamento entro il 2026, altrimenti il credito si estingue.
- Sanzioni stradali P.R. 2019 non pagate. Se in passato un Comune affidava le sanzioni del Codice della Strada a Equitalia, la cartella di pagamento avrebbe seguito i termini prescrizionali civilistici: essendo le multe “oneri periodici” la prescrizione quinquennale ex art. 2948, comma 4, si applica anche alle multe. Quindi una multa del 2019 sarebbe prescritta a fine 2024, fermo restando eventuali atti interruttivi. In assenza di atti, al 2025 l’intimazione sarebbe già inefficace per prescrizione quinquennale.
Fonti normative e giurisprudenziali
- Codice Civile (R.D. 16 marzo 1942, n. 262): artt. 2934 e ss. (prescrizione estintiva dei crediti), art. 2946 (termine ordinario decennale), art. 2948 n.4 (prescrizione quinquennale per obbligazioni periodiche), art. 2953 (decorrenza decennale dall’atto giudiziale definitivo).
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’accertamento e la riscossione delle imposte sui redditi e sulla ricchezza”): art. 25 c.1 lett. c (termini per la notifica delle cartelle), art. 29 (irrevocabilità del ruolo per 5 anni), art. 50 (prescrizione nell’espropriazione), etc.
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (sanzioni tributarie): art. 20 (prescrizione della riscossione delle sanzioni in 5 anni).
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007): art. 1 commi 161-163 (decadenze per tributi locali: 5 anni per avvisi, 3 anni per esecutivo).
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019): comma 195 (sospensione termini sosp. emergenza Covid).
- Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020): art. 1 c. 792-796 (introduzione dell’avviso di accertamento esecutivo).
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197: art. 1 (stralcio ruoli coattivi per importi fino a €1.000 anni 2000-2015).
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228: art. 1 (stralcio ruoli fino a €1.000 anni 2000-2010, fino a €2.000 anni 2011-2015).
- R.D. 24 gennaio 1910, n. 639 (Testo Unico leggi enti locali): prevede l’ingiunzione fiscale per tributi comunali.
- Cassazione Civile, Sez. Un., n. 23397/2016 (30 luglio 2016) – Principio che i crediti tributari erariali seguono il termine decennale e non quello quinquennale in assenza di sentenza passata in giudicato.
- Cassazione Civile, Sez. Un., n. 25790/2009 (10 dicembre 2009) – Prescrizione decennale per sanzioni tributarie consolidate in sentenza; quinquennale in via ordinaria.
- Cassazione Civile, Sez. V, n. 4283/2010 (23 febbraio 2010) – Tributi locali (ICI) rientrano nell’art. 2948 n.4 c.c.; prescrizione quinquennale.
- Cassazione Civile, Sez. VI, ord. n. 20213/2015 (19 ottobre 2015) – Cartelle emesse senza accertamento preventivo (es. TARSU) seguono prescrizione del tributo, ritenuto obbligazione periodica.
- Cassazione Civile, Sez. VI, n. 40543/2021 (21 dicembre 2021) – Conferma efficacia della scissione soggettiva dell’atto di notifica per il computo dei termini.
- Cassazione Civile, Sez. V, n. 13683/2020 (3 luglio 2020) – Conferma prescrizione quinquennale per tributi quali ICI, TARSU, ecc.
- Cassazione Civile, Sez. V, ord. n. 31260/2023 (6 novembre 2023) – Ribadisce prescrizione quinquennale per tributi locali, confermando i principi 2020.
- Cassazione Civile, Sez. V, ord. n. 4385/2025 (19 febbraio 2025) – Conferma prescrizione decennale per crediti erariali e smentisce i termini brevi in mancanza di giudicato.
- Cassazione Civile, Sez. I, n. 19282/2014 (18 settembre 2014) – Il contribuente deve impugnare subito l’intimazione o perde la possibilità di sollevare eccezioni di prescrizione nei successivi procedimenti esecutivi.
- Tribunali Amministrativi e Corte dei Conti – varie pronunce confermano la distinzione tra prescrizione tributaria e prescrizione ordinaria e sottolineano l’esigenza di rispettare i termini procedurali di leggi speciali.
- Linee guida Agenzia Entrate-Riscossione – (documentazione interna e guide pubblicate) sono richiamate nella prassi per l’applicazione dei termini di prescrizione negli atti di riscossione.
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