Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità dall’Agenzia delle Entrate e non sai cosa fare? Ti chiedi se si tratta di un accertamento, se devi pagare subito o se puoi contestare l’importo richiesto?
La comunicazione di irregolarità è uno degli strumenti con cui il Fisco segnala errori o omissioni nella dichiarazione dei redditi o IVA, prima di emettere una cartella esattoriale. È un passaggio importante, perché ti dà la possibilità di chiarire, correggere o regolarizzare la tua posizione prima che scattino sanzioni più gravi.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati tributaristi esperti in contenzioso fiscale e difesa dei contribuenti – ti spiega cos’è esattamente la comunicazione di irregolarità, quando conviene pagarla, quando invece è possibile contestarla e come possiamo aiutarti a evitare sanzioni e importi non dovuti.
Hai ricevuto una comunicazione di irregolarità e non sai come procedere?
Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo la tua posizione, valuteremo se pagare o contestare, e costruiremo la strategia più efficace per tutelare i tuoi diritti e il tuo patrimonio, nel pieno rispetto delle norme fiscali.
Introduzione
Ricevere una comunicazione di irregolarità – comunemente nota anche come avviso bonario – da parte dell’Agenzia delle Entrate può generare preoccupazione sia negli imprenditori che nei loro consulenti legali e fiscali. Si tratta di una comunicazione ufficiale emessa a seguito dei controlli, automatici o formali, sulle dichiarazioni fiscali presentate, nella quale il Fisco segnala difformità o errori riscontrati tra il dichiarato e il dovuto. Pur essendo definito “bonario” per la natura non immediatamente coercitiva, questo avviso costituisce un passaggio obbligato: se non viene preventivamente notificato, qualsiasi successiva cartella di pagamento risulterebbe nulla.
In questa guida approfondita esamineremo cosa fare passo dopo passo quando si riceve una comunicazione di irregolarità, con un taglio giuridico-divulgativo avanzato. L’obiettivo è fornire un quadro completo e aggiornato alle ultime novità normative (incluse quelle introdotte fino a maggio 2025) per orientare sia gli avvocati specializzati in diritto tributario sia gli imprenditori evoluti nella gestione consapevole di queste situazioni.
Tutti i tipi di contribuenti – società di capitali, imprese individuali, liberi professionisti, enti non commerciali e persone fisiche – possono essere destinatari di comunicazioni di irregolarità, poiché gli automatismi di controllo fiscale coprono trasversalmente ogni settore economico e tipologia dichiarativa. Allo stesso modo, tratteremo tutte le tipologie di irregolarità che possono emergere: dagli omessi versamenti alle errori materiali in dichiarazione, dagli scostamenti dagli indici ISA alle indebite compensazioni di crediti d’imposta, senza tralasciare i riflessi penali eventualmente connessi alle violazioni tributarie più gravi.
La guida è organizzata in sezioni tematiche con intestazioni chiare, arricchita da tabelle riepilogative per facilitare la comprensione e il confronto delle informazioni chiave. Ogni sezione fornisce riferimenti normativi precisi – come l’art. 36-bis e 36-ter del DPR 600/1973 per i controlli automatici e formali, o il D.Lgs. 74/2000 (aggiornato dal D.Lgs. 87/2024) per i profili penali – con gli opportuni aggiornamenti intervenuti entro maggio 2025. In fondo alla guida, un elenco di fonti normative e giurisprudenziali recenti offre ulteriori approfondimenti e conferma dei principi esposti.
Come utilizzare questa guida: dopo un esame delle diverse tipologie di controlli e comunicazioni (parte I), verranno illustrate le possibili strategie operative da adottare (parte II), distinguendo il caso in cui il contribuente riconosca la correttezza della comunicazione da quello in cui, invece, ritenga infondata l’irregolarità contestata. Successivamente (parte III), analizzeremo le principali casistiche di irregolarità con esempi pratici, possibili soluzioni (dal ravvedimento operoso all’adesione, fino all’eventuale impugnazione), e approfondiremo i profili sanzionatori sia amministrativi sia penali. Una sezione FAQ fornirà risposte sintetiche ai quesiti più frequenti, mentre tabelle riassuntive e casi simulati offriranno un quadro immediato delle opzioni a disposizione del contribuente e dei professionisti che lo assistono.
Si anticipa fin d’ora un’importante novità normativa: per le comunicazioni di irregolarità elaborate a partire dal 1° gennaio 2025, il termine per regolarizzare (pagare o opporsi) è stato esteso da 30 a 60 giorni, uniformandolo a quello previsto per le cartelle esattoriali. Inoltre, in questa fase bonaria le sanzioni applicate risultano significativamente ridotte rispetto a quelle ordinarie per incentivare la definizione spontanea. Approfondiremo a breve il funzionamento di tali riduzioni e tutte le tutele e opportunità riconosciute al contribuente.
Procediamo ora con l’analisi dettagliata, iniziando dai diversi tipi di controllo fiscale che possono dare origine a una comunicazione di irregolarità, per poi addentrarci nelle azioni consigliate da intraprendere e nelle strategie difensive disponibili.
Tipologie di controlli e comunicazioni di irregolarità
Per comprendere come reagire a una comunicazione di irregolarità, è anzitutto fondamentale capire come nasce questo avviso e quale tipo di controllo l’ha originato. La normativa italiana prevede principalmente due tipologie di controlli sulle dichiarazioni dei redditi e IVA che possono sfociare nell’invio di un avviso bonario: il controllo automatizzato (disciplinato dall’art. 36-bis DPR 600/1973, e dall’analogo art. 54-bis DPR 633/1972 per l’IVA) e il controllo formale (art. 36-ter DPR 600/1973). A essi si aggiungono ulteriori iniziative dell’Amministrazione finanziaria, come le lettere di compliance per anomalie nei dati dichiarati (ad esempio scostamenti dagli ISA o altre incoerenze), che rientrano in un approccio collaborativo ma che, se ignorate, possono preludere ad accertamenti veri e propri.
Controllo automatizzato (art. 36-bis DPR 600/73)
Il controllo automatizzato – spesso indicato colloquialmente come liquidazione automatica – è un procedimento svolto dall’Agenzia delle Entrate mediante procedure informatiche, che verifica aritmeticamente e logicamente le dichiarazioni fiscali subito dopo la presentazione. Questo controllo incrocia i dati autodichiarati dal contribuente con quelli già noti all’Anagrafe Tributaria (ad esempio versamenti effettuati tramite modelli F24, certificazioni dei sostituti d’imposta, dati dei modelli 770, ecc.), senza alcun intervento umano valutativo. Lo scopo è liquidare le imposte dovute (o i rimborsi spettanti) sulla base di quanto emerge dalle dichiarazioni, evidenziando eventuali differenze o errori materiali.
Tra le irregolarità tipiche riscontrate in sede di controllo automatizzato vi sono: calcoli aritmetici errati, omissione totale o parziale di versamenti dovuti in base alla dichiarazione (es. omesso versamento di saldo o acconti), utilizzo in compensazione di crediti non spettanti o oltre i limiti, incoerenze tra dati dichiarati e versamenti risultanti (ad esempio differenze tra le ritenute indicate dal sostituto e quelle dichiarate dal percipiente). Il tutto viene generalmente effettuato entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni dell’anno successivo, ossia in pratica entro pochi mesi dall’invio della dichiarazione stessa.
Se dal controllo automatizzato risultano somme dovute, l’esito viene comunicato al contribuente tramite una comunicazione di irregolarità (avviso bonario). In altre parole, l’Agenzia invia una notifica – via PEC (se il contribuente ha domicilio digitale) o tramite posta raccomandata al domicilio fiscale – in cui dettaglia le imposte, gli interessi e le sanzioni calcolate a seguito della rettifica automatica. Da quando questa comunicazione viene notificata, il contribuente ha un termine perentorio per regolarizzare la propria posizione: evitare il pagamento o ignorare l’avviso comporta che le somme contestate vengano iscritte a ruolo a titolo definitivo, producendo quindi una cartella esattoriale (ingiunzione di pagamento) immediatamente esecutiva. In sintesi, il mancato riscontro all’avviso bonario consente all’Erario di procedere alla riscossione forzata del dovuto senza ulteriori passaggi amministrativi.
Fortunatamente, la procedura bonaria offre anche vantaggi al contribuente collaborativo. Se il contribuente paga le somme dovute entro i termini indicati nell’avviso, evita l’iscrizione a ruolo e soprattutto beneficia di sanzioni ridotte. In caso di controllo automatizzato, la sanzione ordinaria (di norma il 30% dell’imposta non versata, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 471/1997) viene ridotta ad un terzo, quindi tipicamente al 10%, purché si paghi tempestivamente. Dal 1° gennaio 2025, come accennato, il termine per pagare o contestare una comunicazione derivante da controllo automatizzato è stato esteso da 30 a 60 giorni (per gli atti elaborati da tale data in poi). Inoltre, resta confermata un’estensione a 90 giorni se l’avviso bonario viene trasmesso telematicamente all’intermediario abilitato (ad esempio al commercialista delegato): in tal caso, riconoscendo che l’intermediario deve inoltrare la comunicazione al contribuente, la norma concede 30 giorni aggiuntivi.
Di seguito una tabella riepilogativa delle principali caratteristiche delle comunicazioni da controllo automatizzato:
Controllo automatizzato | Descrizione e tempistica | Termine di pagamento | Sanzione ridotta | Riferimenti normativi |
---|---|---|---|---|
Procedura di liquidazione automatica delle dichiarazioni (redditi, IVA, 770, IRAP) effettuata con sistemi informatici, senza richiesta di documenti aggiuntivi al contribuente. Individua errori aritmetici, omissioni di versamento, compensazioni irregolari, ecc. | Entro l’inizio dell’anno successivo alla dichiarazione (prima della presentazione del nuovo periodo d’imposta). L’esito è comunicato con avviso bonario al contribuente. | 60 giorni dalla notifica (per avvisi elaborati dal 01/01/2025; 30 giorni se elaborati fino al 2024). Se inviato all’intermediario, 90 giorni dalla trasmissione. Termini sospesi in agosto (1/8 – 4/9). | 1/3 della sanzione ordinaria (in genere 10% anziché 30%) se pagamento entro il termine. Nessuna sanzione né interesse se l’irregolarità riguarda redditi a tassazione separata pagati entro 30 gg. | Art. 36-bis DPR 600/1973 (imposte dirette); Art. 54-bis DPR 633/1972 (IVA); D.Lgs. 462/1997 (definizione e rate); Art. 2, c.2 D.Lgs. 462/1997 (sanzione 1/3); DLgs. 108/2024 (termine 60 gg dal 2025). |
Nota: per alcuni redditi soggetti a tassazione separata (es. arretrati, TFR), il controllo automatizzato prevede un regime particolare: l’avviso richiede il pagamento dell’imposta entro 30 giorni senza sanzioni né interessi, poiché tali importi erano dovuti solo a seguito della liquidazione del Fisco. Trascorso detto termine, però, in caso di mancato pagamento si applicano sanzioni e interessi come di consueto.
Controllo formale (art. 36-ter DPR 600/73)
Il controllo formale rappresenta il secondo livello di verifica sulle dichiarazioni, più approfondito e “umano” rispetto al controllo automatizzato. Ai sensi dell’art. 36-ter del DPR 600/1973, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate può controllare la correttezza formale dei dati dichiarati avvalendosi della documentazione giustificativa inviata o richiesta al contribuente. In pratica, si tratta di un controllo a campione o mirato su taluni contribuenti, in cui l’Ufficio verifica ricevute, fatture, scontrini, certificazioni e altri elementi a supporto di deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta dichiarati, ecc.
Esempi tipici di ciò che può emergere in sede di controllo formale includono:
- Documenti mancanti o irregolari: ad esempio, oneri deducibili o detraibili (spese mediche, interessi mutuo, spese ristrutturazione) indicati in dichiarazione ma non supportati da ricevute valide o non trasmessi al Fisco quando richiesti.
- Errori materiali non rilevati dal controllo automatico: ad esempio indicazione di importi in campi sbagliati, difformità tra dati dichiarati e quelli risultanti da certificazioni inviate da terzi (es. CU del datore di lavoro, certificazioni oneri da banche e assicurazioni).
- Scostamenti negli studi di settore/ISA o altre anomalie contabili che inducano l’ufficio ad approfondire specifiche voci della dichiarazione (anche se, più spesso, questo conduce ad accertamenti veri e propri piuttosto che a semplici avvisi bonari).
Nel caso in cui dal controllo formale emergano irregolarità o errori, l’Agenzia invia al contribuente una comunicazione di irregolarità analoga a quella del controllo automatizzato, con l’indicazione delle maggiori imposte dovute, degli interessi calcolati e delle sanzioni ridotte applicabili in sede bonaria. Anche qui siamo in presenza di un avviso bonario, quindi non di un avviso di accertamento vero e proprio, e anche in questo caso vale l’obbligo dell’adesione preventiva: in mancanza di tale comunicazione il Fisco non può iscrivere a ruolo le maggiori imposte. Per il controllo formale, però, la misura della sanzione ridotta è diversa: la normativa prevede una riduzione a 2/3 della sanzione ordinaria. In termini pratici, se l’errore comporta un’imposta non versata che sarebbe punibile con una sanzione del 30%, in sede di avviso bonario da controllo formale la sanzione è ridotta al 20% (cioè 2/3 di 30%).
Anche per le comunicazioni da controllo formale, a seguito della modifica normativa del 2024, il termine di pagamento è ora di 60 giorni per gli avvisi elaborati dal 2025 (mentre rimaneva 30 giorni per quelli fino al 2024). Non vi è, in genere, l’invio tramite intermediario in questo caso (poiché il controllo formale spesso prevede già un’interlocuzione diretta col contribuente per l’invio dei documenti), ma ove mai la comunicazione fosse trasmessa al professionista delegato, si renderebbero applicabili gli stessi 90 giorni totali. Anche nel contesto del controllo formale, il contribuente ha diritto alla sospensione feriale dei termini di 30 giorni in agosto (dal 1° agosto al 4 settembre, periodo durante il quale il countdown dei termini è congelato).
È importante sottolineare che prima dell’emissione dell’avviso bonario da 36-ter spesso l’Ufficio invita il contribuente a fornire i documenti necessari: può avvenire quindi una fase preliminare (ad esempio una lettera con richiesta di esibizione di documenti giustificativi). Se il contribuente collabora prontamente inviando quanto richiesto e chiarendo eventuali incongruenze, è possibile che l’irregolarità venga sanata senza l’emissione di alcuna richiesta di pagamento. Diversamente, qualora permangano difformità, si passa alla comunicazione delle somme dovute.
Riassumiamo le caratteristiche delle comunicazioni derivanti da controllo formale nella tabella seguente:
Controllo formale | Descrizione e ambito | Termini | Sanzione ridotta | Riferimenti normativi |
---|---|---|---|---|
Verifica mirata sulla dichiarazione, con richiesta e riscontro della documentazione a supporto di deduzioni, detrazioni, crediti, ecc. Si effettua su un campione di contribuenti o in caso di anomalie segnalate dal controllo automatico. | Entro il 2° anno successivo a quello di presentazione (es: dichiarazione 2023 controllabile fino al 31/12/2025). Esito notificato con comunicazione di irregolarità (avviso bonario) contenente calcoli e motivazioni. | 60 giorni dalla notifica per avvisi elaborati dal 2025 (prima era 30 gg). Sospensione feriale 1/8 – 4/9 applicabile. | 2/3 della sanzione ordinaria (es. 20% invece di 30%) se pagamento entro 60 gg. Se l’ufficio accoglie in parte le osservazioni del contribuente e ricalcola importi minori, resta il termine di 60 gg dal nuovo avviso. | Art. 36-ter DPR 600/1973; D.Lgs. 462/1997 (definizione); Circ. Ag. Entrate n. 192/1998 (procedure); DLgs. 108/2024 (termine 60 gg dal 2025). |
Nota: durante il controllo formale, il contribuente ha pieno diritto di instaurare un contraddittorio con l’ufficio, fornendo spiegazioni e documenti integrativi. In molti casi, soprattutto se l’errore è frutto di omissioni formali (es. un documento dimenticato) e non di reale imposta evasa, l’interlocuzione con l’Agenzia può portare all’annullamento o alla rettifica dell’avviso prima ancora che occorra pagare. È quindi sempre consigliabile, qualora si riceva una richiesta di documenti o una bozza di irregolarità, di cooperare attivamente, inviando le prove e le spiegazioni del caso.
Altre comunicazioni e lettere di compliance
Oltre ai controlli sopra descritti, esistono altre forme di comunicazioni fiscali che, pur non rientrando tecnicamente negli “avvisi bonari” ex art. 36-bis o 36-ter, perseguono finalità simili di emersione spontanea delle irregolarità. Queste comunicazioni rientrano nelle cosiddette iniziative di compliance o adempimento collaborativo, e sono anch’esse rivolte a imprese e contribuenti di ogni categoria. Vediamo i casi più comuni:
- Lettere per anomalie negli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA): Gli ISA hanno sostituito gli studi di settore come strumento di verifica dell’affidabilità fiscale delle imprese e dei lavoratori autonomi. Ogni anno l’Agenzia individua i contribuenti che presentano indicatori anomali o incoerenti nei dati dichiarati per gli ISA (ad esempio scostamenti rilevanti tra fatturato e acquisti, margini troppo bassi rispetto alla media del settore, omissione di alcuni dati obbligatori nel modello ISA, ecc.). In questi casi vengono inviate comunicazioni (di solito via PEC o nell’area riservata del cassetto fiscale) segnalando tali anomalie e invitando il contribuente a verificare la propria posizione. Queste lettere non quantificano immediatamente imposte o sanzioni, ma suggeriscono al contribuente di valutare un eventuale ravvedimento operoso per correggere errori od omissioni nelle dichiarazioni, beneficiando delle sanzioni ridotte previste per la regolarizzazione spontanea. Ad esempio, se a seguito della lettera il contribuente si accorge di aver dimenticato di dichiarare alcuni ricavi, può presentare una dichiarazione integrativa e pagare le imposte dovute con la sanzione ridotta (generalmente 1/6 del minimo in caso di ravvedimento entro un anno dall’omissione, o 1/8 se oltre un anno – come da art. 13 D.Lgs. 472/1997). Ignorare le anomalie ISA non comporta nell’immediato una sanzione, ma aumenta significativamente la probabilità di un successivo accertamento fiscale approfondito. In alcuni casi, le comunicazioni di anomalie ISA sono accompagnate da indicazioni sulle possibili sanzioni ridotte se si regolarizza subito: per esempio, con provvedimenti annuali, l’Agenzia disciplina le modalità di comunicazione di queste anomalie e la possibilità per il contribuente di fornire spiegazioni (se ritiene di essere in regola) oppure di correggere i dati. È dunque buona prassi, per un imprenditore o il suo consulente, non trascurare tali segnalazioni e anzi utilizzarle come occasione per anticipare eventuali contestazioni.
- Comunicazioni per omessa presentazione di dichiarazioni o altri adempimenti: un caso particolare di compliance è la lettera che il Fisco invia quando rileva la mancata presentazione di una dichiarazione obbligatoria. Ad esempio, se un soggetto era tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi o IVA e non risulta trasmessa, oppure se non ha presentato la LIPE (comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA) per un trimestre in cui però risultano versamenti o fatture emesse. Queste comunicazioni avvisano il contribuente dell’adempimento mancante e delle possibili conseguenze, invitandolo a rimediare presentando la dichiarazione entro un termine. In tali casi, se il contribuente provvede tardivamente ma spontaneamente (prima di essere formalmente raggiunto da un atto di accertamento), normalmente beneficia delle sanzioni ridotte da ravvedimento (ad esempio sanzione per dichiarazione tardiva ridotta a 1/10 se inviata entro 90 giorni dal termine, oppure 1/9 se oltre i 90 giorni ma entro l’anno, secondo le regole in vigore). Questa è un’area dove la normativa ha previsto agevolazioni temporanee: ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 introdusse un ravvedimento speciale per dichiarazioni omesse o irregolari fino all’anno d’imposta 2021, consentendo la regolarizzazione con sanzioni ridotte a 1/18. Pur trattandosi di misure una tantum, dimostrano l’interesse dell’Amministrazione finanziaria a favorire la compliance spontanea. Per contro, se il contribuente ignora l’invito e non regolarizza, l’Ufficio potrà procedere con un accertamento d’ufficio (nel caso di dichiarazione omessa) applicando la sanzione piena per omessa dichiarazione (pari al 120%–240% dell’imposta dovuta, min €250) e, in presenza di imposta evasa sopra soglia, potenzialmente segnalare la violazione anche in sede penale (si veda più avanti il profilo dei reati tributari).
- Irregolarità nei versamenti periodici (es. IVA): Un’altra categoria di comunicazioni “preventive” riguarda gli esiti del confronto tra versamenti dovuti periodicamente e versamenti effettuati. Ad esempio, a partire dal 2017 l’Agenzia svolge controlli incrociati tra l’ammontare dell’IVA dichiarata come dovuta nelle comunicazioni trimestrali IVA (LIPE) e i versamenti tramite F24. Se risultano importi dichiarati e non versati, spesso invia al contribuente una comunicazione amichevole segnalando il debito IVA emerso e invitando a sanare col ravvedimento. Questo può succedere anche con altre imposte periodiche (ritenute non versate in base ai modelli 770, contributi previdenziali non versati in base alle comunicazioni Uniemens, ecc., sebbene queste ultime siano di competenza di altri enti). La ratio è sempre quella di anticipare la regolarizzazione spontanea prima di passare alle sanzioni piene. Il contribuente in questi frangenti può procedere a versare quanto dovuto con sanzione ridotta (ad esempio 1/8 o 1/5 a seconda del ritardo) ed evitare ulteriori conseguenze. Qualora non lo faccia, la posizione confluirà probabilmente in un successivo avviso di accertamento o verrà inclusa nell’avviso bonario annuale dopo la dichiarazione.
- Altre comunicazioni di anomalia: L’Agenzia delle Entrate invia regolarmente anche segnalazioni di incoerenza su specifiche materie: ad esempio, anomalie nel tracciato degli spesometri (fino al 2018), discordanze tra fatture elettroniche e dichiarazione IVA, differenze tra dati bancari del monitoraggio fiscale e dichiarazioni dei redditi (caso delle attività finanziarie estere non dichiarate in Quadro RW), ecc. Ciascuna di queste comunicazioni preventive contiene le indicazioni su cosa il contribuente dovrebbe controllare e come rimediare (se necessario). Non essendo focus principale di questa guida, basti sapere che il principio generale è sempre lo stesso: tali lettere di compliance non sono provvedimenti sanzionatori immediati, ma costituiscono opportunità per correggere errori ed evitare il ben più grave impatto di un accertamento formale successivo. Un avvocato tributarista esperto può aiutare l’imprenditore a comprendere la fondatezza della segnalazione e valutare se aderire (correggendo) oppure se le pretese del Fisco siano infondate (magari fornendo chiarimenti che evitino sviluppi futuri).
Cosa fare quando si riceve una comunicazione di irregolarità
Passiamo ora alla parte operativa: come ci si deve comportare, in pratica, quando arriva un avviso bonario? In questa sezione esamineremo il dopo notifica, ossia le mosse da compiere dal momento in cui il contribuente (o il suo intermediario) riceve la comunicazione di irregolarità. Le azioni possibili si biforcano in due strade principali:
- Concordare con la pretesa fiscale – cioè riconoscere che l’irregolarità segnalata è fondata – e procedere dunque alla regolarizzazione (pagamento, eventualmente rateale, di quanto richiesto).
- Non concordare, in tutto o in parte – ritenere quindi che vi sia un errore da parte del Fisco oppure avere elementi per contestare – e intraprendere un’azione di contestazione/rettifica, fornendo chiarimenti e documenti all’Agenzia, con l’obiettivo di far annullare o rettificare l’addebito.
In entrambi i casi è fondamentale rispettare i termini previsti e seguire un approccio metodico. Vediamo entrambe le situazioni in dettaglio.
Verifica iniziale dell’avviso e documentazione
Indipendentemente dall’orientamento (aderire o contestare), il primo passo è effettuare una attenta verifica della comunicazione ricevuta. Bisogna esaminare:
- L’anno d’imposta e il tipo di dichiarazione a cui si riferisce l’irregolarità (es. IRPEF anno 2022, IVA 2021, ecc.).
- Il tipo di controllo da cui scaturisce: spesso l’avviso stesso indica se trattasi di controllo automatizzato ex art. 36-bis o formale ex 36-ter. Questo aiuta a capire la natura dell’errore (un errore matematico o omissione di versamento sarà 36-bis; un documento mancante o onere non spettante sarà 36-ter).
- Nel dettaglio della comunicazione, l’oggetto dell’irregolarità: di solito l’avviso contiene un prospetto con la liquidazione secondo il Fisco e indica quali voci risultano difformi. Ad esempio: “Risultano versati acconti per € X a fronte di € Y dovuti”, oppure “Detrazione per spese universitarie non riconosciuta per mancanza di documentazione”, o “Utilizzato in compensazione credito d’imposta Z non presente in Anagrafe Tributaria”, ecc. Comprendere esattamente cosa viene contestato è fondamentale per decidere il da farsi.
- Gli importi: l’avviso riepiloga l’ammontare dell’imposta contestata, degli interessi calcolati fino a una certa data e delle sanzioni applicate (già ridotte). Ad esempio potrebbe indicare: imposta €10.000, interessi €500, sanzioni (ridotte a 1/3) €1.000, totale dovuto €11.500.
- La scadenza entro cui agire: come visto, oggi generalmente 60 giorni dall’elaborazione/trasmissione (verificare la data esatta indicata). Se la notifica avviene a ridosso di agosto, ricordare la sospensione feriale: l’avviso spesso la cita espressamente, indicando che il termine “è sospeso dal 1 al 31 agosto” (in realtà sino al 4 settembre per effetto del DL 16/2012). In ogni caso, annotarsi la deadline ultima per il pagamento o l’eventuale presentazione di istanze.
- Modalità di pagamento: solitamente l’avviso include già il modello F24 precompilato (o i riferimenti per compilare la delega di pagamento) con i codici tributo specifici per pagare in soluzione unica o in alternativa i dettagli per le rate. Verificare se l’importo è dilazionabile e in quante rate.
- Modalità di risposta: l’Agenzia indica come presentare eventuali osservazioni o richieste. Ormai è prassi usare il canale telematico CIVIS (piattaforma online) per inviare comunicazioni, segnalare pagamenti già effettuati, chiedere correzioni, ecc. In alternativa ci si può rivolgere all’Ufficio territorialmente competente (di persona o via PEC) con una istanza in autotutela.
Una volta compreso il contenuto dell’avviso, possiamo procedere con una delle due strade: aderire (correggere pagando) oppure contestare.
Se l’irregolarità è fondata: regolarizzazione e pagamento
Quando, a seguito della verifica, il contribuente riconosce che la comunicazione è corretta, ovvero si rende conto che effettivamente c’è stata l’omissione o l’errore segnalato, la cosa migliore da fare è procedere alla rapida regolarizzazione. Ciò consente di chiudere la questione beneficiando delle sanzioni ridotte e di evitare l’iscrizione a ruolo con aggravio di spese. Ecco i passi da seguire:
- Pagamento in unica soluzione o prima rata: Il contribuente può optare se pagare tutto subito oppure avviare una rateizzazione (se l’importo è elevato e la normativa lo consente). In ogni caso, entro la data di scadenza indicata occorre versare almeno l’importo della prima rata (nei casi di rateazione) o l’intero dovuto. Il pagamento va effettuato tramite modello F24, utilizzando i codici tributo e l’anno di riferimento indicati nell’avviso. Se l’avviso è stato ricevuto via PEC, spesso è allegato un PDF con il fac-simile dell’F24 compilato. Se invece arriva per posta, potrebbe contenere un bollettino o semplicemente le istruzioni per compilare l’F24 manualmente. È importantissimo rispettare l’importo esatto e i codici: un errore di compilazione potrebbe far risultare non pagato quanto invece è stato versato (ad esempio, un codice tributo sbagliato accredita il denaro su altra partita, lasciando insoluta l’irregolarità).
- Scelta della rateazione: La normativa (art. 3-bis D.Lgs. 462/1997) permette la dilazione delle somme dovute da avviso bonario. Attualmente, la regola generale prevede: fino a €5.000 di importo dovuto, massimo 8 rate trimestrali; oltre €5.000, fino a 20 rate trimestrali (oppure, come da prassi aggiornata, 20 rate bimestrali, come talora indicato negli avvisi recenti). Il tasso di interesse per la rateazione è relativamente contenuto (il 3,5% annuo sulle rate successive alla prima, percentuale confermata dalle ultime disposizioni). Le rate sono tutte di uguale importo, salvo l’ultima che può differire di poco per via degli arrotondamenti. Come si attiva la rateazione? Non occorre una formale richiesta separata: è sufficiente pagare l’F24 con l’importo della prima rata entro il termine, e così implicitamente si comunica all’Agenzia l’intenzione di rateizzare. L’avviso stesso di solito contiene il piano di rate (es. “importo rata trimestrale X, scadenze: 1ª rata 30/05, 2ª rata 30/08, …”) oppure istruisce di calcolarle dividendo l’importo. Pagando la prima rata nei termini, le successive andranno versate rispettando il calendario prestabilito. È fondamentale non tardare nei pagamenti successivi: un ritardo di oltre la tolleranza (generalmente 7 giorni) o il salto di una rata fa decadere dal beneficio e l’intero residuo diventa immediatamente riscuotibile in un’unica soluzione (si torna quindi al rischio cartella con sanzioni piene). A partire dal 2024, inoltre, la rateazione riveste anche importanza in chiave penale: se il debito è oggetto di un piano di rate e il contribuente vi adempie regolarmente, la legge esclude la punibilità per i reati di omesso versamento (si veda il paragrafo sui profili penali).
- Conservare la prova dei versamenti: Sia in caso di pagamento unico che rateale, è buona norma conservare con cura le ricevute dell’F24 pagato (ricevuta telematica della banca o copia timbrata se pagato allo sportello). Questo perché, sebbene l’informazione arrivi in automatico all’Agenzia, possono capitare disguidi o ritardi nell’allineamento. Se dovesse arrivare comunque una cartella di pagamento nonostante l’avvenuto versamento, tali ricevute costituiranno la prova da esibire per annullare la cartella in autotutela.
- Verifica di chiusura: A seguito del pagamento, l’irregolarità si intende definita. L’Agenzia delle Entrate di norma non invia una conferma esplicita di cessata materia del contendere (a meno di comunicazioni telematiche nel cassetto fiscale); tuttavia, il contribuente può controllare, accedendo al proprio Cassetto fiscale online, che l’avviso bonario risulti nell’area “Comunicazioni” come definito con pagamento. Inoltre, se in futuro provasse a richiedere un certificato di regolarità fiscale (DURF), quella pendenza non risulterà più aperta. In caso di rateazione, occorrerà attendere il pagamento di tutte le rate affinché la partita sia completamente chiusa: durante il periodo delle rate, l’avviso è sospeso ma risulta ancora “aperto” (se non si paga una rata, come detto, decadono i benefici).
In generale, aderire e pagare un avviso bonario conviene quando: (a) l’errore contestato è effettivamente avvenuto e non ci sono margini di difesa validi; (b) l’importo dovuto è sostenibile e il contribuente preferisce usufruire della sanzione ridotta; (c) si intende evitare l’instaurarsi di un contenzioso con il Fisco. Pagando nei termini si evita anche l’ulteriore aggravio degli interessi di mora che sarebbero dovuti in caso di iscrizione a ruolo (attualmente gli interessi di mora sulle cartelle sono attorno al 4% annuo, mentre quelli calcolati nel bonario sono interessi “in corso”, generalmente al tasso legale).
Importante: nel caso il contribuente avesse già versato in passato, per errore, tutto o parte dell’importo ora richiesto (ad esempio, pagamento eseguito ma non associato correttamente, o versamento effettuato su codice tributo sbagliato), è comunque necessario comunicare la cosa all’Agenzia prima della scadenza. Se la verifica interna conferma il pagamento, l’avviso sarà sgravato. Ma se il pagamento era stato eseguito su un codice diverso, potrà essere necessario presentare un’istanza di riconoscimento/spostamento di quel pagamento. Anche in tali casi, dunque, non basta ignorare l’avviso confidando che “ho già pagato”: bisogna attivarsi affinché il sistema ne tenga conto, altrimenti, formalmente, la posizione risulterà irregolare.
Se l’irregolarità non è condivisa: contestazione e autotutela
Diversa è la situazione in cui il contribuente, valutati gli elementi, non ritiene corretta la comunicazione di irregolarità ricevuta. Ciò può accadere per vari motivi, ad esempio:
- L’Agenzia richiede un importo già versato (doppia imposizione o versamento non abbinato).
- Viene disconosciuta una deduzione/detrazione che invece spettava (magari per un disguido documentale che si può sanare, o per un’interpretazione errata da parte dell’ufficio).
- Sono stati commessi errori da parte del Fisco nel calcolo.
- L’asserita irregolarità si basa su dati incompleti che il contribuente può integrare (es. un credito d’imposta esistente ma non presente nelle banche dati automatiche, che si può provare con documenti).
- Ci sono cause giuridiche per cui la pretesa non è dovuta (ad esempio un’agevolazione fiscale spettante che l’ufficio non ha considerato, un caso rientrante in una esenzione, prescrizione del tributo, ecc.).
In tutti questi frangenti, il contribuente ha pieno diritto di contestare l’avviso bonario, cercando di far valere le proprie ragioni prima che la questione sfoci in una cartella o in un accertamento formale. La contestazione avviene in via amministrativa (autotutela), dato che formalmente l’avviso bonario non è un atto impositivo definitivo impugnabile (su questo punto della eventuale impugnabilità si tornerà a breve). Ecco come procedere:
- Predisporre una risposta motivata: Bisogna redigere una comunicazione scritta, meglio se su carta intestata (se inviata via PEC) o tramite l’apposito canale telematico, in cui si espongono in modo chiaro e documentato le ragioni del dissenso. È opportuno citare i riferimenti della comunicazione (numero protocollo, data, periodo d’imposta) e poi spiegare perché si ritiene che l’importo non sia dovuto. Ad esempio: “Con riferimento alla comunicazione in oggetto, segnalo che l’importo di €5.000 relativo all’IVA del IV trimestre risulta già versato in data … con modello F24, CRO n… (allegato). Pertanto chiedo l’annullamento integrale dell’avviso”. Oppure: “I redditi da locazione oggetto di controllo formale risultano esenti ai sensi dell’art. …, come da documentazione allegata (contratto di comodato registrato). Chiedo pertanto lo sgravio delle imposte accertate”. La lettera deve essere concisa ma completa, allegando tutti i documenti probatori (ricevute di pagamento, copie di dichiarazioni, certificazioni, riferimenti normativi o di prassi se servono a chiarire l’equivoco). Se l’avviso bonario presenta più rilievi, vanno affrontati uno ad uno.
- Invio tramite CIVIS o PEC: La modalità più rapida è usare il servizio online CIVIS messo a disposizione dall’Agenzia. Accedendo con le credenziali Entratel/Fisconline, il contribuente o il suo intermediario può selezionare la comunicazione in questione e inserire una richiesta di riesame in autotutela, caricando eventuali allegati. In alternativa, specie se la documentazione è corposa, si può inviare il tutto via PEC all’indirizzo PEC dell’Ufficio competente indicato sull’avviso, firmando digitalmente l’istanza. Anche la presentazione a mano allo sportello è possibile (rilasciando protocollata una copia con ricevuta), ma l’approccio telematico è preferibile per tracciabilità e velocità.
- Tempi e sospensione: È fondamentale inviare l’istanza entro il termine di 60 giorni dell’avviso. Di solito, l’invio di una contestazione non sospende formalmente il termine di pagamento, a meno che l’Agenzia non risponda entro tale termine. Tuttavia, nella prassi, l’Agenzia sospende l’iscrizione a ruolo in attesa di valutare l’autotutela: lo stesso avviso bonario spesso riporta che “qualora il contribuente fornisca chiarimenti, l’iscrizione a ruolo delle somme contestate sarà effettuata solo a definizione del contraddittorio”. È opportuno comunque sollecitare una risposta se si avvicina la scadenza, per evitare che per errore parta comunque la cartella. In alcuni casi, l’ufficio potrebbe emettere una “comunicazione definitiva” successiva, rideterminando le somme dovute dopo aver esaminato le prove fornite. In tal caso, dalla notifica della nuova comunicazione decorre un nuovo termine (60 giorni) per pagare l’importo eventualmente ricalcolato.
- Esito dell’autotutela: Se l’Ufficio accoglie totalmente le osservazioni, emetterà un provvedimento di annullamento dell’avviso bonario (in gergo, uno “sgravio” totale): nulla sarà dovuto e la pratica si chiuderà lì. Se accoglie parzialmente, invierà un nuovo calcolo con importi ridotti (annullando in parte il precedente) e su quelli il contribuente potrà decidere se pagare oppure contestare ulteriormente (magari solo per la parte residua). Se invece l’Ufficio respinge l’istanza (ritenendo valide le proprie contestazioni), notificherà comunque l’esito negativo e, decorso il termine iniziale (o un breve termine concesso in più), procederà a iscrivere a ruolo le somme. In caso di silenzio assoluto entro i 60 giorni, teoricamente il contribuente dovrebbe, per prudenza, pagare o eventualmente presentare ricorso per evitare la decadenza dei termini: tuttavia, come detto, il più delle volte il silenzio è indice che l’iscrizione a ruolo è congelata in attesa di risposta. È consigliabile mantenere un contatto attivo con l’ufficio, anche telefonico, se la questione è complessa, per sapere a che punto è l’istruttoria interna.
- Ricorso giudiziale (valutazione sulla impugnabilità): Da un punto di vista strettamente formale, la comunicazione di irregolarità non è annoverata tra gli atti impugnabili elencati dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 (norme sul processo tributario). La giurisprudenza tuttavia ha sviluppato nel tempo una posizione più flessibile a tutela del contribuente: la Corte di Cassazione ha affermato in diverse pronunce che l’avviso bonario è impugnabile facoltativamente dal contribuente innanzi al giudice tributario. In altre parole, se uno ritiene ingiusta la pretesa e vuole far valere subito le proprie ragioni in Commissione Tributaria (oggi Corte di Giustizia Tributaria), può proporre ricorso anche solo avverso la comunicazione, pur non essendo un atto impositivo definitivo. Questa facoltà può essere utile ad esempio per bloccare sul nascere un’imposizione manifestamente infondata, senza attendere la cartella esattoriale. Tuttavia, occorre valutare attentamente: l’impugnazione dell’avviso bonario non sospende l’eventuale iscrizione a ruolo, salvo che il contribuente non chieda (e ottenga) una sospensiva dal giudice tributario. Ciò significa che, anche se si fa ricorso contro l’avviso bonario, l’Agenzia potrebbe emettere la cartella di pagamento decorso il termine amministrativo, e a quel punto il contribuente si troverebbe a dover impugnare anche quella (o a dover pagare chiedendo poi rimborso in caso di esito favorevole del primo ricorso). In sintesi, la via del ricorso immediato è percorribile ma delicata, da intraprendere solo con l’assistenza di un legale tributario, valutando pro e contro. Spesso conviene utilizzare appieno lo strumento dell’autotutela e solo se questo fallisce aspettare la notifica della cartella o di un avviso di accertamento per impugnare quello (che sicuramente è atto impugnabile). In ogni caso, la Cassazione ha ritenuto legittimo il ricorso contro l’avviso bonario in virtù dei principi costituzionali di difesa e buon andamento, nonostante l’assenza nell’elenco di legge.
Riassumendo le possibili mosse del contribuente di fronte a un avviso bonario, utilizziamo la seguente tabella:
Situazione | Azione consigliata | Effetti | Rischi se non si agisce |
---|---|---|---|
Avviso bonario corretto, contribuente d’accordo con l’addebito | – Pagare intero importo dovuto entro 60 gg (o 30 gg se avviso ante 2025) – Opzionale: se importo elevato, rateizzare (pagando 1ª rata nei termini) | Chiusura della pendenza con sanzione ridotta (1/3 o 2/3). Nessuna ulteriore azione del Fisco. Se rate, dilazione fino a 8 o 20 rate con interesse 3,5%. | Se non si paga: iscrizione a ruolo definitivo dell’intero importo con sanzione piena (di norma 30%) + interessi di mora + aggi di riscossione. Arrivo di cartella esattoriale; necessità di pagarla entro 60 gg o proporre ricorso. |
Avviso bonario parzialmente o totalmente errato secondo il contribuente | – Inviare istanza di autotutela all’Agenzia (tramite CIVIS o PEC) entro 60 gg, allegando prove – Richiedere sgravio totale o parziale motivando (es. pagamento già effettuato, errore di calcolo, interpretazione normativa, ecc.) | L’Agenzia riesamina il caso. – Se accoglie: annulla o corregge l’avviso (nuovo importo eventualmente da pagare in 60 gg con sanzioni ridotte mantenute). – Se respinge: pretese confermate (si potrà pagare o impugnare la cartella). – Durante l’esame l’iscrizione a ruolo è sospesa (in via amministrativa). | Se non si contesta: il Fisco presuppone che l’avviso sia corretto. Dopo 60 gg, in mancanza di pagamento, seguirà iscrizione a ruolo delle somme intere. Si perde l’opportunità di correggere errori prima della fase di riscossione coattiva. |
Avviso bonario ingiusto e si vuole subito coinvolgere il giudice tributario | – Ricorso tributario entro 60 gg alla Corte di Giustizia Tributaria provinciale, contro la comunicazione (facoltativo). – Chiedere eventualmente sospensiva al giudice. | Si instaura subito il contenzioso. – Se sospensiva concessa: l’Agenzia non può riscuotere finché il giudizio pende. – Se accoglimento ricorso: avviso annullato, non dovuto nulla (salvo appello). – Se rigetto: avviso confermato, contribuente tenuto a pagare (o appellare). | – Duplice binario: l’impugnazione non impedisce all’Agenzia di emettere comunque cartella dopo 60 gg (a tutela, si dovrebbe impugnare anche quella o ottenere sospensiva). – Costi e tempi del contenzioso immediati. – Se si perde, oltre al dovuto si pagano spese legali (e sanzioni forse non più ridotte, a seconda di come è avvenuta la difesa). |
Dopo la comunicazione: esiti e atti successivi
Se il contribuente ha pagato integralmente l’importo dell’avviso bonario (o tutte le rate), non seguiranno ulteriori atti: il capitolo è chiuso. L’unica eccezione potrebbe essere l’eventualità – rara ma possibile – che, in caso di errori di calcolo, l’Agenzia successivamente ricalcoli un importo diverso: ad esempio, se c’è stato un errore nell’avviso stesso, potrebbe arrivare un rimborso d’ufficio (se si è pagato più del dovuto) o una richiesta integrativa (ma in tal caso, senza colpa del contribuente, verrebbero mantenute le sanzioni ridotte). Nella stragrande maggioranza dei casi, comunque, pagare l’avviso bonario esaurisce la pretesa.
Se invece il contribuente non ha pagato né contestato entro i termini, oppure ha contestato ma l’Agenzia ha rigettato le sue osservazioni, il passo successivo dell’Amministrazione è l’iscrizione a ruolo definitivo delle somme. Ciò si concretizza con la notifica di una Cartella di pagamento da parte dell’Agente della Riscossione (es. Agenzia Entrate Riscossione). La cartella conterrà le somme originariamente indicate nell’avviso bonario, ma con:
- Sanzioni intere (niente più riduzione a 1/3 o 2/3: si applica la sanzione piena, tipicamente il 30% dell’imposta non versata).
- Interessi di mora (calcolati dal giorno successivo alla scadenza dell’avviso bonario fino alla notifica della cartella, ad un tasso attualmente intorno al 4% annuo).
- Aggio di riscossione/costi di notifica: quote aggiuntive dovute all’Agente per il servizio di riscossione (attualmente pari al 3% circa se si paga entro 60 gg dalla cartella, altrimenti 6%).
A questo punto, la cartella è un titolo esecutivo: il contribuente ha 60 giorni per pagarla (senza ulteriori sconti) oppure per impugnarla davanti alla Corte di Giustizia Tributaria. Se nemmeno la cartella viene pagata né impugnata, si darà corso alle azioni esecutive (fermi amministrativi, pignoramenti, ecc.).
Impugnare la cartella: se il contribuente non ha fatto ricorso prima, può farlo ora contro la cartella, anche contestando il merito della pretesa originaria. Ad esempio, se l’irregolarità non era fondata e per qualsiasi motivo non si è attivato in tempo in sede bonaria, la Commissione/CGT potrà essere investita della questione con il ricorso contro la cartella, facendo valere gli stessi motivi che si sarebbero potuti sollevare prima. Certo, arrivati a questo punto la sanzione è piena, ma in caso di vittoria in giudizio il contribuente avrà diritto all’annullamento integrale (imposta, interessi e sanzioni). Vale la pena notare che la Cassazione ha stabilito come nulla una cartella di pagamento emessa senza previo avviso bonario nei casi in cui questo era obbligatorio. Ciò significa che, se l’Agenzia saltasse la fase bonaria (in un caso dove andava fatta, ad esempio per un controllo automatizzato del dichiarativo) e passasse direttamente a cartella, quest’ultima sarebbe annullabile su ricorso per violazione di legge. Nella prassi attuale, comunque, tali errori sono rari perché la procedura informatica stessa genera sempre la comunicazione preventiva.
Accertamento in luogo di avviso bonario: È opportuno chiarire che non tutte le irregolarità passano dalla fase bonaria. Ad esempio, se l’Agenzia effettua un controllo sostanziale (non automatizzato né formale) e contesta evasione di imposta non dichiarata, emetterà direttamente un avviso di accertamento (che è subito atto impositivo impugnabile), senza avviso bonario. Così pure nelle ipotesi di crediti inesistenti utilizzati in compensazione in modo fraudolento, può scattare direttamente un atto di recupero con sanzione piena al 100-200%. In questa guida ci stiamo concentrando sui casi che originano comunicazioni bonarie; va però tenuto presente che, qualora si riceva un atto diverso (accertamento, atto di recupero, ecc.), le strategie difensive cambiano e occorre riferirsi alle specifiche procedure (istanza di accertamento con adesione, mediazione tributaria, ricorso entro 60 giorni, ecc.).
In definitiva, la fase bonaria è un momento cruciale perché consente – con costi sanzionatori contenuti – di risolvere molte controversie nascenti. Un utilizzo accorto di questa fase, sia collaborativo che contestativo a seconda dei casi, rientra nelle best practices di una buona gestione fiscale per l’impresa.
Principali casistiche di irregolarità e strategie operative
Esaminiamo ora più da vicino alcune situazioni tipiche di irregolarità fiscali che danno luogo a comunicazioni o avvisi da parte del Fisco, illustrando per ciascuna:
- In cosa consiste l’irregolarità e come viene rilevata.
- Quali norme e sanzioni si applicano.
- Le strategie di regolarizzazione o difensive possibili (dalla definizione agevolata al contenzioso).
- Eventuali riflessi penali ove applicabili.
Questa panoramica aiuterà professionisti e imprenditori a identificare il proprio caso e a capire quali passi intraprendere. In aggiunta, verranno presentate simulazioni pratiche di casi reali, per contestualizzare meglio le soluzioni.
Omessi versamenti di imposte
Definizione del problema: Si parla di omesso versamento quando un contribuente, pur avendo determinato correttamente un tributo nelle proprie dichiarazioni o liquidazioni, non provvede a pagarlo nei termini di legge. Tipici esempi: saldo o acconto delle imposte sui redditi indicati nel modello Redditi ma non versati entro le scadenze; IVA periodica risultante dalla liquidazione ma non versata; ritenute operate sui dipendenti o collaboratori che non vengono poi effettivamente versate all’Erario.
Come viene rilevato: Se l’omissione riguarda un importo dichiarato nel modello annuale (ad esempio il saldo IRPEF dichiarato nel modello Redditi PF), il controllo automatizzato ex art. 36-bis la individua facilmente: confronta quanto dovuto a saldo e quanto risulta pagato con i modelli F24. In caso di discrepanza (dovuto > pagato), genera una comunicazione di irregolarità chiedendo il versamento del dovuto, con sanzione 30% ridotta a 10%. Se invece l’omissione riguarda pagamenti non inseriti in una dichiarazione immediatamente successiva, il Fisco può scoprirla tramite altre vie: ad esempio, un’omessa seconda o terza rata di acconto verrà rilevata nel controllo automatico solo quando si presenterà la dichiarazione annuale successiva (che riporterà come credito un acconto in meno, ecc.). Nel caso delle ritenute non versate, il controllo incrocia il modello 770 del sostituto d’imposta con i versamenti; oppure, in base alle CU dei percipienti, può emergere l’assenza di versamento. L’Agenzia invia spesso lettere di sollecito per i versamenti periodici (come accennato nella sezione compliance), ad esempio per l’IVA non versata ma comunicata, dando la chance del ravvedimento.
Norme e sanzioni amministrative: L’omesso versamento, in sé, comporta una sanzione amministrativa del 30% dell’importo non versato (art. 13 D.Lgs. 471/1997). Su questo punto c’è una novità: dal 1° gennaio 2023 la sanzione è stata ridotta al 15% se il pagamento avviene con un ritardo non superiore a 90 giorni (modifica introdotta dal D.L. 146/2021), e ulteriormente, dal 1° settembre 2024, la sanzione base è stata abbassata al 25% con un meccanismo di riduzione al 12,5% per i versamenti eseguiti entro 90 giorni. Queste nuove percentuali si riflettono ovviamente nel calcolo degli avvisi bonari e del ravvedimento. In pratica:
- Se un contribuente si accorge autonomamente di non aver versato e rimedia entro 90 giorni dal termine, paga sanzione 12,5% (1/8 del 100%) più interessi.
- Nell’avviso bonario (che tipicamente arriva oltre i 90 gg dal termine), la sanzione proposta sarà 1/3 di quella “ordinaria” del 25% se relativa a violazioni post 1/9/2024, quindi attorno all’8,33%; oppure, se parliamo di violazioni prima di tale data, 1/3 del 30% = 10%.
Strategie di regolarizzazione: La migliore strategia è sempre il ravvedimento operoso prima che la violazione sia contestata. Finché non arriva una comunicazione ufficiale o non parte un’attività di verifica, il contribuente può ravvedersi: ad esempio, se ci si accorge di non aver pagato un saldo IRES, si può versarlo subito con sanzione ridotta (che decresce a seconda della tempestività: 1/10 se entro 30 gg, 1/8 entro un anno, 1/7 entro due anni, 1/6 oltre due anni, secondo l’attuale art.13 D.Lgs.472/97). Se invece è già arrivato l’avviso bonario, si rientra nella definizione agevolata di quell’avviso: pagare entro 60 gg con sanzione 10% (o 8,33% come visto). È ancora ravvedimento? No, tecnicamente no, è una definizione ex art. 2 D.Lgs.462/97, ma per il contribuente l’effetto è simile (sanzione ridotta). Dunque:
- Prima della comunicazione: ravvedimento = sanzione ridotta (più ci si ravvede presto, meno si paga).
- Dopo la comunicazione bonaria: pagamento nei termini = sanzione ridotta (fissa, 1/3 o 2/3).
- Dopo la cartella/esattoriale: a quel punto non c’è riduzione, salvo procedure straordinarie (es. rottamazioni) se previste.
L’imprenditore, magari assistito dal professionista, dovrebbe quindi monitorare costantemente la propria posizione fiscale: un omesso versamento, specie se dovuto a carenza di liquidità, va pianificato e gestito. Ad esempio, se prevedo di non riuscire a versare l’IVA del secondo trimestre, posso attivarmi entro breve per versarla con ravvedimento sprint al 1,5% di sanzione entro 15 giorni di ritardo, oppure programmare di versarla in parte. Evitare di accumulare ritardi oltre l’anno, perché poi le sanzioni aumentano e arrivano gli avvisi.
Esempio pratico (caso simulato): La Società Alfa Srl presenta il modello Redditi 2024 (anno d’imposta 2023) dal quale risulta un debito IRES di €50.000. A causa di problemi di liquidità, Alfa non versa questo importo. Nel marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate invia una comunicazione da controllo automatizzato per IRES 2023 segnalando il mancato pagamento dei €50.000. L’avviso indica: imposta €50.000, interessi (calcolati da luglio 2024 a marzo 2025) €… supponiamo €1.200, sanzione ridotta a 1/3 = €4.167 (che corrisponde al 10% di 50k se la violazione è pre-settembre 2024, altrimenti 8.33% se post), totale dovuto ~€55.367. La società, riconoscendo il debito, potrebbe:
- Pagare l’intero importo entro 60 giorni, chiudendo la questione.
- Oppure chiedere la rateizzazione: supponiamo scelga 20 rate bimestrali (essendo >5.000 €). Dovrà versare circa €2.800 a bimestre per 40 mesi. Pagando regolarmente le rate, eviterà il reato tributario (perché il debito, benché inizialmente sopra soglia, è in corso di estinzione rateale). Se invece non riuscisse a pagare e decadrebbe dalla dilazione, allora attenzione: residuando magari ancora €30.000 di imposta non pagata, essendo questo residuo > soglia (che per le ritenute è 150k, ma per IRES non c’è reato specifico di omesso versamento, solo sanzione amministrativa – il reato è solo per IVA e ritenute, vedi oltre).
- Se Alfa Srl avesse invece scovato risorse prima di ricevere l’avviso, avrebbe potuto ravvedersi entro fine 2024 con sanzione ridotta a 1/8 (3,75% di 50k = €1.875) risparmiando rispetto ai €4.167 di sanzione del bonario. Ma una volta arrivato l’avviso, il ravvedimento “ordinario” non è più possibile per quel fatto specifico.
Profili penali collegati: L’omesso versamento diventa penalmente rilevante solo in specifici casi previsti dal D.Lgs. 74/2000:
- Omesso versamento di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis): se un datore di lavoro (sostituto d’imposta) non versa le ritenute fiscali operate, per un importo superiore a €150.000 per periodo d’imposta, entro la scadenza della presentazione del modello 770 dell’anno successivo (ora fissata al 31 ottobre, ma la riforma 2024 la considera fino al 31 dicembre), commette reato, punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.
- Omesso versamento IVA (art. 10-ter): se un contribuente non versa l’IVA dovuta annualmente, per un importo superiore a €250.000 (soglia confermata dalla riforma 2024), entro il termine di versamento dell’acconto IVA dell’anno successivo (in pratica entro il 27 dicembre dell’anno successivo alla dichiarazione), è reato, anch’esso punito con reclusione 6 mesi – 2 anni. N.B.: la soglia per l’IVA era stata elevata da 50k a 250k nel 2015; le discussioni di riforma fiscale 2023 ipotizzavano di abbassarla a 150k, ma il decreto attuativo (D.Lgs. 87/2024) l’ha lasciata a 250k, mantenendo 150k per le ritenute.
- Omesso versamento di imposte diverse: per altre imposte (IRES, IRAP, IRPEF personale) non vi è fattispecie penale specifica. Quindi, ad esempio, l’omesso versamento di IRES o IRAP, pur comportando sanzioni amministrative, non integra reato. I reati riguardano solo IVA e ritenute in quanto tributi “fiduciari” (riscosso per conto dello Stato o dovuto in funzione della dichiarazione annuale).
Ora, se arriva un avviso bonario che segnala omesso versamento IVA o di ritenute, e l’importo supera queste soglie, significa che potenzialmente il reato si è già consumato (perché il termine di legge è scaduto). Tuttavia, la legge prevede delle cause di non punibilità se il contribuente poi paga. In particolare, l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 (come modificato da vari interventi, da ultimo dal 2024) stabilisce che per i reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter non c’è punibilità se il debito tributario (imposta, sanzioni, interessi) viene integralmente estinto prima dell’apertura del dibattimento penale di primo grado. Questo significa che chi riceve un avviso bonario per €300.000 di IVA non versata e paga tutto prima che il processo penale entri nel vivo, eviterà la condanna penale (il reato “si estingue” per condotta riparatoria). Inoltre, la riforma 2024 ha aggiunto che se il debito è in corso di rateazione prima che il PM eserciti l’azione penale, allora il reato nemmeno si configura fino a quando le rate proseguono regolarmente. Solo se il contribuente decade dal piano e rimane sopra soglia con il residuo, a quel punto verrà procedibile (con soglie residue di €50k per ritenute e €75k per IVA come discriminanti in caso di decadenza). Inoltre, esiste da fine 2024 una nuova causa di non punibilità per crisi di liquidità non imputabile: se il mancato versamento è dovuto a circostanze straordinarie (clienti insolventi, Pubblica Amministrazione che non paga crediti dovuti, ecc., portando l’azienda a insolvenza), il giudice può escludere la punibilità valutando tali elementi.
In sintesi, per l’imprenditore:
- Se riceve una comunicazione di omesso versamento di IVA/ritenute sopra soglia penale, è vitale attivarsi subito: aderire al piano di pagamento (anche rateale) per rientrare nei paletti che evitano la denuncia.
- Consultare un legale: in casi gravi, l’Agenzia potrebbe aver già segnalato la violazione alla Procura (tipicamente dopo la scadenza infruttuosa del termine di pagamento, quindi dopo l’avviso bonario non pagato). Meglio prevenire: mostrare una volontà di pagamento (ad es. chiedendo rate prima possibile) spesso evita l’azione penale.
- Tenere presente che, una volta estinto il debito fiscale, il procedimento penale si chiude (perché la legge lo prevede espressamente): ciò riflette una politica legislativa di favorire il recupero del gettito rispetto alla punizione fine a sé stessa.
Errori materiali e di calcolo in dichiarazione
Definizione del problema: Questo riguarda i casi in cui il contribuente compie un errore involontario nella compilazione della dichiarazione che comporta una discordanza tra il dovuto reale e quanto dichiarato. Può trattarsi di un errore aritmetico (es: somma di più redditi sbagliata, imponibile calcolato male) oppure un errore di trascrizione (es: invertire due cifre, riportare un acconto versato nella casella sbagliata, ecc.). Spesso questi errori generano un risultato “strano” nella dichiarazione: ad esempio, dichiarare un’imposta a debito più bassa di quanto risulta dai dati di dettaglio.
Come viene rilevato: È il tipico terreno del controllo automatizzato (36-bis). Il sistema ricalcola dall’inizio la dichiarazione secondo le regole formali e confronta con quanto dichiarato dal contribuente:
- Se trova un errore di somma o riporto, determina la correzione e vede una differenza di imposta. Ad esempio, se il contribuente ha sommato male imponibili e ha dichiarato €90.000 invece di €100.000, il sistema riliquida l’imposta dovuta come se fosse 100k.
- Se c’è un errore formale che incide sull’imposta (es. credito indicato due volte, oppure onere dedotto due volte per duplicazione di rigo), lo scova perché i moduli dichiarativi hanno controlli incrociati.
Quando la liquidazione automatica evidenzia maggiore imposta, l’avviso bonario richiede la differenza con sanzione ridotta 10%.
Ci sono anche errori che non incidono sull’imposta (es: codice fiscale errato di un familiare a carico). Quelli vengono segnalati eventualmente con comunicazioni di semplice sollecito o in sede di controllo formale per correzione, ma se non alterano il calcolo dell’imposta non generano avvisi di pagamento, semmai una richiesta di rettifica.
Norme e sanzioni amministrative: L’errore materiale in dichiarazione che porta a meno imposta è assimilato all’infedele dichiarazione dal punto di vista sanzionatorio amministrativo: sanzione base 90% dell’imposta non dichiarata (art. 1, c.2 D.Lgs. 471/1997). Tuttavia, se è chiaro che l’errore è di natura meramente materiale, l’ufficio a volte qualifica la violazione come lieve e applica sanzioni ridotte. In ogni caso, definendo in bonario c’è la riduzione a 1/3 (o 2/3 se 36-ter) della sanzione irrogabile. In pratica spesso l’avviso bonario per errore materiale applica 30% (1/3 del 90%). Da notare che rientra negli errori sanabili anche la dichiarazione tardiva entro 90 giorni: se uno invia la dichiarazione con ritardo lieve e risulta qualcosa a debito, l’ufficio la liquida (e applica sanz. per ritardo e per eventuale imposta dovuta). In bonario c’è l’opportunità di pagare sanzione minima (di solito €25 per tardiva + 10% imposta se del caso).
Strategie: Anche qui, la prevenzione è ravvedersi. Se il contribuente si accorge dell’errore (ad esempio, nota di aver riportato un dato sbagliato), può presentare una dichiarazione integrativa a favore dell’erario, correggendo l’errore, e pagare la differenza di imposta con sanzione ridotta (ravvedimento). Si può fare finché non arriva un controllo formale o avviso. Dopo che arriva l’avviso bonario, conviene pagare lì. Se l’errore è palesemente riconosciuto, c’è poco margine di contestazione salvo che l’ufficio stesso abbia sbagliato nel ricalcolo (raro, ma non impossibile in caso di situazioni complesse).
Esempio pratico: Mario Rossi, professionista, nella dichiarazione dei redditi 2023 commette un errore: indica due volte lo stesso importo di spese deducibili (magari replicando un rigo per sbaglio). Così dal calcolo risulta un imponibile inferiore di 10.000€ rispetto al corretto. In autunno 2024, Mario riceve un avviso bonario dal controllo automatizzato: “Errore di calcolo – oneri dedotti eccedenti il consentito”. Importo: €10.000 di imponibile x aliquota 43% = €4.300 di imposta, interessi €100, sanzione 10% = €430, totale ~€4.830. Mario verifica e si rende conto dell’errore. A questo punto:
- Se Mario è tempestivo, può pagare entro i 60 giorni l’importo e sistemare tutto con minima penalità.
- Se Mario fosse convinto di aver ragione (magari crede che quell’onere fosse deducibile due volte per qualche motivo) potrebbe contestare. Ma in un caso di errore materiale documentabile, la contestazione difficilmente avrebbe esito positivo.
- Mario potrebbe anche decidere di non fare nulla e aspettare la cartella, ma pagherebbe poi €4.300 + sanzione 90% = €3.870 + interessi maggiori + aggio, cioè forse oltre €8.500. Un pessimo affare.
Profili penali collegati: L’errore materiale di solito non implica volontà di evadere, ma va a configurare di fatto una dichiarazione infedele se l’imposta evasa supera le soglie. La dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000) è reato quando:
- l’imposta evasa supera €100.000, e
- gli elementi attivi sottratti a tassazione superano il 10% del totale o comunque €2 milioni.
Nel nostro esempio di Mario, €4.300 evasi è molto sotto soglia, quindi nulla. Se invece un errore avesse fatto “evadere” 200k di imposta, potenzialmente sarebbe reato, ma bisognerebbe comunque dimostrare l’elemento soggettivo (l’infedeltà richiede dolo, quindi se fosse un errore veramente grossolano e documentabile come tale, difficilmente sarebbe perseguito penalmente – tuttavia formalmente la soglia c’è). In pratica, difficilmente un errore materiale porta a vicende penali, a meno che l’“errore” non celi un intento fraudolento. Ad esempio, dichiarare per errore la metà dei ricavi è poco credibile come errore: in tal caso potrebbe configurarsi direttamente un’omessa dichiarazione o una dichiarazione fraudolenta se c’erano artifici.
Conclusione su errori materiali: Sono i casi più semplici da regolarizzare in sede bonaria. L’imprenditore farebbe bene a investire in controlli di qualità delle dichiarazioni (check-list con il commercialista, ecc.) per minimizzare questi errori. Qualora capitino, la collaborazione e il pagamento immediato risolvono la questione con impatto limitato.
Scostamenti dagli indici ISA e anomalie contabili
Definizione del problema: Qui entriamo in un ambito particolare: non si tratta di errori o omissioni nel senso stretto, ma di dati dichiarati che risultano “anomali” o incoerenti rispetto a parametri considerati normali. Gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA) attribuiscono ogni anno un punteggio da 1 a 10 ai contribuenti in base ai dati economici dichiarati. Uno scostamento ISA significativo può voler dire, ad esempio, che l’azienda dichiara ricavi molto inferiori rispetto a quelli attesi per la sua struttura di costi e il settore di appartenenza, oppure margini nettamente diversi dalla media. Anche situazioni di perdita fiscale cronica, crediti IVA strutturali molto elevati rispetto al volume d’affari, magazzini crescenti e poco giustificati – sono anomalie che destano attenzione.
Come viene rilevato: Principalmente attraverso le analisi di rischio che il Fisco fa a posteriori sulle dichiarazioni. Non c’è un vero e proprio “avviso bonario” per punteggio ISA basso. Quello che accade è:
- L’Agenzia delle Entrate, di solito entro l’estate successiva alla dichiarazione, pubblica degli elenchi di contribuenti con indicatori di anomalia (lo fa con provvedimenti ad hoc). Invia quindi comunicazioni di anomalie ISA a quei contribuenti, descrivendo quali indicatori specifici sono fuori norma.
- Tali comunicazioni invitano il contribuente a valutare se c’è stato un errore di compilazione (per esempio, a volte le anomalie sorgono da errata indicazione di alcuni dati negli ISA) e in caso a correggerlo tramite dichiarazione integrativa. Oppure, se i dati sono corretti ma la situazione è anomala per motivi particolari, invitano almeno a prenderne atto perché questo potrebbe comportare un punteggio ISA basso e dunque una maggiore probabilità di controllo.
- In alcuni casi, come già detto, se l’anomalia consiste in elementi non dichiarati (es: il Fisco sa da terzi che hai ricavi più alti), potrebbe essere fatta una lettera di compliance specifica segnalando la cosa (es: “abbiamo evidenza di fatture elettroniche emesse superiori ai ricavi dichiarati”).
Norme e impatto amministrativo: Non esiste una sanzione per “voto ISA basso” di per sé. Piuttosto, un punteggio basso fa perdere eventuali benefici premiali (es. esonero da visto conformità per compensare crediti, o riduzione termini di accertamento per chi ha alto punteggio). E soprattutto, punteggi cronicamente bassi segnalano possibili evasioni, portando l’azienda in liste selettive di controllo. Se dall’anomalia si passa a un accertamento vero, allora scatteranno le sanzioni per infedele dichiarazione se emergono maggiori ricavi occultati, ecc.
Strategie: Se si riceve una comunicazione di anomalie ISA, conviene approfondire internamente:
- È frutto di un errore di compilazione? (es: ho indicato male il codice attività o ho messo un dato nelle note invece che nel campo giusto). In tal caso, meglio correggere subito la dichiarazione con integrativa, anche solo per allineare i dati.
- Se non è errore ma situazione reale (es: quell’anno ho margine basso perché ho svenduto stock, o ho pochi ricavi perché stavo avviando l’attività, ecc.), valutare se fornire una spiegazione. L’Agenzia a volte mette a disposizione un format per “comunicare elementi aggiuntivi” spontaneamente. Dare una spiegazione non elimina l’anomalia, ma sarà inserita a sistema e in caso di futuro controllo l’ufficio già conoscerà la giustificazione.
- Ravvedimento operoso proattivo: se la lettera di anomalie fa pensare che effettivamente qualche ricavo sia stato omesso o qualche costo indebito dedotto, quello è praticamente un preavviso. Meglio utilizzarlo per ravvedersi (dichiarazione integrativa, pagamento spontaneo). Ad esempio, una lettera segnala “ricavi dichiarati sono sistematicamente sotto la soglia minima calcolata dagli ISA”: l’imprenditore riflette e si accorge che forse ha nascosto parte dei ricavi per paura delle tasse. A quel punto può decidere di mettersi in regola per il passato (dichiarazioni integrative pagando imposte e sanzioni ridotte) ed evitare guai peggiori dopo.
Esempio pratico: Beta SNC, operante nel commercio al dettaglio, riceve a metà 2025 una comunicazione di anomalie per il triennio 2019-2021: l’Agenzia segnala che la % di ricarico applicata sui prodotti è drasticamente inferiore a quella media di settore e che risultano ricavi molto bassi rispetto agli acquisti. Beta SNC aveva ottenuto punteggi ISA intorno a 4 o 5 in quegli anni. La lettera suggerisce di verificare la correttezza dei dati dichiarati (es. magari l’azienda ha registrato male degli acquisti personali come acquisti d’impresa, abbassando il ricarico). Beta SNC esamina i conti e scopre che in effetti il socio amministratore prelevava merci per uso personale senza storno dai conti (quindi elevati acquisti ma vendite reali inferiori). Tecnicamente ha dichiarato meno ricavi di quelli che avrebbe dovuto (perché i prelevamenti vanno tassati come ricavi figurativi). A questo punto Beta SNC, col supporto del commercialista, decide di:
- Presentare dichiarazioni integrative per quegli anni, includendo i ricavi corrispondenti al valore delle merci prelevate dai soci. Pagherà le imposte su quei maggiori ricavi con sanzione ridotta (essendo passati più di 2 anni, la sanzione da infedele 90% si riduce a 1/6 = 15%). Meglio che aspettare un accertamento, in cui avrebbe pagato 90% + interessi + eventuale maggiorazione per atti definibili.
- Fornire contestualmente una risposta alla lettera spiegando la situazione e allegando copia delle integrative presentate e quietanze dei pagamenti, in modo che l’Ufficio archivi la segnalazione.
Se Beta SNC invece ignorasse la lettera e continuasse così, molto probabilmente finirebbe per essere verificata dalla Guardia di Finanza o subire un accertamento induttivo in cui il Fisco ricostruisce i ricavi presunti sulla base degli acquisti, presumendo un ricarico standard (classica metodologia). In sede di accertamento, oltre a maggior imposta, Beta SNC si troverebbe applicata la sanzione piena del 90% e senza sconti (salvo eventualmente adesione 1/3 di sconto). E se i maggior ricavi accertati superano certe soglie, potrebbe scattare anche il penale per dichiarazione infedele.
Profili penali collegati: Come appena accennato, se gli scostamenti ISA nascondono in realtà dichiarazioni infedeli (ricavi non dichiarati, ecc.) sopra soglia, si rientra nell’art. 4 D.Lgs. 74/2000:
- Soglia €100.000 di imposta evasa e 10% del volume o €2M di imponibile non dichiarato. Non facile da superare con soli scostamenti, ma possibile su più anni o se l’azienda è grande.
- In casi di evasioni gravi si potrebbe profilare addirittura l’art. 2 (dichiarazione fraudolenta) se, ad esempio, l’anomalia è frutto di falsificazione di documenti, fatture false per abbassare ricavi, ecc. Però qui entriamo nell’ambito fraudolento che esula dall’ISA in sé.
Lato imprenditore, un punteggio ISA basso in sé non è reato. Ma se è dovuto a condotte evasive, quelle condotte potrebbero avere rilievo penale. Dunque, il consiglio è: non sottovalutare le anomalie contabili segnalate, potrebbero essere il campanello d’allarme di qualcosa di non legale nelle dichiarazioni.
Indebite compensazioni di crediti d’imposta
Definizione del problema: La compensazione è l’istituto che permette ai contribuenti di utilizzare crediti tributari o contributivi per pagare debiti verso l’Erario (modello F24). L’indebita compensazione si ha quando il credito utilizzato non spettava (ad esempio: un credito d’imposta scaduto, o calcolato male) oppure non esiste proprio (ad esempio: crediti fittizi mai maturati, spesso creati fraudolentemente). In pratica, il contribuente paga meno tasse del dovuto perché usa un “credito” che in realtà non poteva usare.
Come viene rilevato: Diverse modalità:
- Controllo automatizzato 36-bis: se il credito compensato è indicato in dichiarazione, il sistema verifica se vi era capienza. Esempio tipico: il contribuente porta in compensazione un credito IVA dall’anno precedente ma dall’Anagrafe risulta che l’anno prima non aveva quel credito (magari ha sbagliato a riportare una cifra). Il controllo automatico ricalcola il dovuto senza quel credito e genera avviso bonario (imposta non versata = importo del credito non spettante, con sanzione 30% ridotta).
- Controlli formali o successivi: se il credito è di natura più complessa (es. un credito R&S, bonus investimenti) l’ufficio può chiedere documenti per verificarne la spettanza. Se riscontra irregolarità, può contestare tramite comunicazione (per crediti minori) o direttamente atto di recupero (per crediti grossi e chiaramente non spettanti).
- Monitoraggio F24: Oggi tutte le compensazioni vengono monitorate. Per importi oltre €5.000 annui di crediti fiscali occorre il visto di conformità del commercialista sulla dichiarazione. L’Agenzia spesso blocca i modelli F24 con compensazioni sospette (c’è una procedura di sospensione fino a 30 giorni prevista dal DL 124/2019). Se l’F24 viene scartato, il contribuente è avvisato immediatamente (pagamento non effettuato). Se invece passa ma poi risulta scorretto, arriva la contestazione.
Norme e sanzioni amministrative: Dipende dal tipo di credito:
- Credito “non spettante” (ovvero esistente ma usato in misura maggiore del dovuto o in violazione di modalità): sanzione 30% sul relativo importo (art. 13, c.4 D.Lgs.471/97).
- Credito “inesistente” (fittizio, mai maturato): sanzione ben più grave, dal 100% al 200% del suo importo (art. 13, c.5 D.Lgs.471/97), proprio a sanzionare la fraudolenza. Questa sanzione in genere viene irrogata tramite atto separato (non in avviso bonario), perché l’inesistenza presuppone un minimo di istruttoria.
In sede di avviso bonario da 36-bis, in passato l’Agenzia tendeva a trattare anche i crediti inesistenti come non spettanti (applicando 30% e riservandosi semmai di fare un successivo atto per il restante). Oggi, con la normativa più severa, è probabile che per i crediti sospetti di inesistenza non si limitino al bonario: potrebbero fare direttamente un PVC (processo verbale) e poi un atto di recupero con sanzione 100%. Quindi bisogna distinguere:
- Se arriva un semplice avviso bonario che disconosce un credito e chiede il 10% – allora vuol dire che l’hanno trattato come errore “non grave”.
- Se il credito era macroscopicamente falso, l’avviso bonario potrebbe non arrivare affatto: arriverà più avanti un atto ben più tosto, e magari anche una denuncia penale.
Strategie di difesa/regolarizzazione:
- Se il credito effettivamente non spettava per errore (es: uno ha sbagliato a calcolare un credito d’imposta investimenti e ne ha indicato troppo), la strategia migliore è correggere prima possibile: presentare dichiarazione integrativa riducendo il credito e pagare la differenza di imposta con ravvedimento. Se arriva l’avviso bonario, conviene pagarlo (tanto in quel caso la sanzione è 10%, che è uguale o simile al ravvedimento se si era in ritardo di oltre un anno).
- Se si ritiene che il credito sia legittimo, ma l’Agenzia lo contesta perché non ha visto qualche documento o per un’interpretazione, bisogna fornire prove. Ad esempio: credito d’imposta per fiere estere utilizzato ma l’AdE dice “non risultano autorizzazioni”: si inviano le autorizzazioni, e si chiede l’annullamento dell’addebito. Oppure in caso di crediti da compensazione orizzontale (tipo eccedenza IRPEF usata per IMU) in cui l’Agenzia non ha incrociato i dati, presentare quietanze.
- Nei casi dubbi, valutare la possibilità di un accertamento con adesione (se la cosa sfocia in atto formale) per ottenere sanzioni ridotte.
- Evitare assolutamente di continuare a compensare crediti dubbi: se già uno è stato contestato, non reiterare negli anni seguenti, perché peggiora la posizione.
Esempio pratico (caso simulato): Gamma Srl usufruisce di un credito d’imposta per investimenti in macchinari (Industria 4.0). Nel 2023 utilizza in F24 €100.000 di questo credito a scomputo di varie imposte. Nel 2024 riceve un controllo formale in cui l’Agenzia chiede documentazione sull’investimento. Emerge che l’azienda ha effettivamente acquistato macchinari, ma non ha ottenuto la perizia tecnica richiesta dalla norma per qualificare il bene come “4.0”. Senza perizia, il credito formalmente non spettava (o spettava in misura minore). L’Agenzia invia quindi una comunicazione (potrebbe essere un avviso bonario 36-ter o direttamente un “atto di recupero crediti d’imposta”):
- Chiede la restituzione dei €100.000 utilizzati indebitamente, più interessi e sanzione. Se trattata come non spettante: sanzione 30% ridotta a 20% in bonario = €20.000.
- Gamma Srl a questo punto ha opzioni: se ritiene di poter sanare la mancanza, ad esempio ottiene tardivamente una perizia che conferma i requisiti, può provare a difendersi in autotutela fornendo la perizia (forse accettano, forse no perché tardiva). Se invece deve arrendersi, le conviene pagare l’avviso bonario. €120k (100 imposta+20 sanzioni) entro 60 gg.
- Penalmente, €100k di indebito utilizzo di credito rientra nell’art. 10-quater.1 se non c’era dolo (non spettante) oppure .2 se c’era dolo (inesistente). In questo caso, il credito c’era ma mancava un adempimento formale: classico “non spettante”. Soglia di punibilità 50k superata, quindi sarebbe reato. Ma se Gamma paga subito tutto, art. 13 prevede non punibilità. Inoltre, potenzialmente potrebbe invocare la nuova esimente dell’incertezza: era incerta l’applicazione perché la perizia era un aspetto tecnico? Questa esimente (obiettiva incertezza) è stata introdotta proprio per i non spettanti: se la questione era opinabile, niente reato. Nel dubbio, meglio pagare ed evitare comunque il processo.
Profili penali collegati: L’indebita compensazione è trattata dall’art. 10-quater D.Lgs. 74/2000, che distingue:
- Comma 1: utilizzo di crediti non spettanti oltre €50.000 annui → reclusione 6 mesi – 2 anni.
- Comma 2: utilizzo di crediti inesistenti oltre €50.000 annui → reclusione 1½ – 6 anni (più grave).
La riforma 2024 ha introdotto una causa di non punibilità proprio per i crediti non spettanti (comma 1) quando c’è obiettiva incertezza sulla spettanza del credito. Inoltre, come per gli omessi versamenti, se si paga tutto prima del dibattimento, il reato è estinto (era così già prima per questi reati). Da notare: “non spettante” tipicamente include situazioni borderline o errori; “inesistente” di solito copre vere truffe (crediti falsi, fatture false per crearlo, ecc.).
Quindi, se un imprenditore ha usato un credito finto di €1M per non pagare tasse, avrà un bel guaio: oltre all’avviso per imposta non versata + sanzione 200% = €2M, avrà processo penale grave. Invece, se ha usato un credito reale ma eccedente di €60k per errore, potrà risolvere pagando l’avviso (60k imposta + 18k sanzione) ed evitare guai penali grazie alla non punibilità per pagamento e all’attenuante dell’incertezza.
Suggerimento per gli imprenditori: le compensazioni sono comode ma vanno gestite con estrema attenzione e trasparenza. Sempre conservare documentazione dei crediti, rispettare obbligo di visto per importi elevati, consultare professionisti. Mai farsi coinvolgere in schemi di crediti fasulli (es.: quelle offerte di acquistare crediti fiscali inesistenti a metà prezzo – oltre ad essere illegali, portano dritto a sanzioni e processi).
Altre irregolarità comuni
In questa categoria possiamo raggruppare varie situazioni non già trattate, ad esempio:
- Scostamenti minori o indebite deduzioni: es. deduzione di costi non documentati o non inerenti. Se individuati, generano avvisi bonari (se rilevati automaticamente) o accertamenti (se emersi in sede di controllo formale o verifiche).
- Violazioni formali: come detto, se non incidono su imposta, sono sanzionate ma solitamente con sanzioni fisse (es: mancata comunicazione di dati, errata fatturazione, ecc.). Per molte violazioni formali la legge ha previsto una sorta di “perdono” se vengono corrette: e.g. il DL 16/2012 ha previsto che errori formali nelle dichiarazioni che non alterano sostanza possano essere sanati senza sanzioni entro 1 anno.
- Tardivi versamenti con breve ritardo: se uno versa l’imposta con qualche giorno di ritardo (entro 15gg) di solito può ravvedersi e risolvere, non si arriva nemmeno al bonario. Ma se non lo fa, l’avviso bonario calcolerà la sanzione ridotta (che dal 2024 è 12,5% se entro 90gg di ritardo).
- Ripresa di agevolazioni decadute: esempio, non aver pagato nei termini i contributi per usufruire di una detrazione (che decade). Queste situazioni vengono recuperate o con avviso bonario o avviso di accertamento.
Ogni caso specifico ha le sue particolarità, ma le linee guida su come reagire restano quelle già descritte: verificare la contestazione, aderire se corretta (pagando ridotto) o contestare se errata (fornendo elementi) e vigilare sulle scadenze.
Profili penali nelle irregolarità fiscali
Come più volte accennato, alcune violazioni tributarie – soprattutto quando superano determinate soglie di gravità – possono configurare reati tributari ai sensi del D.Lgs. 74/2000 (aggiornato e confluito, dal 2025, nel nuovo Testo Unico in materia di reati tributari). È fondamentale che imprenditori e professionisti abbiano chiaro quando un’irregolarità fiscale può sfociare in conseguenze penali, sia per modulare correttamente le strategie difensive, sia per cogliere le opportunità di estinzione del reato offerte dalla legge tramite il pagamento del dovuto.
Nel seguito riassumeremo i principali reati tributari connessi alle irregolarità di cui abbiamo parlato, indicando le soglie di punibilità (ossia i limiti oltre i quali scatta il reato), le pene previste e le cause di non punibilità di particolare interesse introdotte dalle riforme più recenti (come quella attuata con D.Lgs. 87/2024).
I principali reati tributari e le soglie di punibilità
Per un quadro d’insieme, consideriamo le fattispecie del D.Lgs. 74/2000 più rilevanti per il tema di questa guida:
Reato tributario (D.Lgs. 74/2000) | Descrizione | Soglia di punibilità (dati aggiornati al 2025) | Pena edittale | Note e cause di non punibilità |
---|---|---|---|---|
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti falsi (art. 2) | Presentazione di dichiarazione infedele avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti o altri documenti falsi, al fine di evadere. | Qualunque importo (reato di pericolo presunto, basta l’utilizzo di false fatture). | Reclusione 4 a 8 anni (aumentata se imposta evasa >€100k). | È il reato più grave, di natura dolosa. Non è oggetto di “avviso bonario”, poiché scoperto in verifiche complesse. Non punibilità ex art.13 possibile solo con integrale pagamento del debito prima dibattimento (non c’è soglia). |
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3) | Evasione d’imposta attraverso artifici diversi dalle false fatture (es. operazioni simulate, documenti falsi diversi da fatture). | Soglie: imposta evasa > €30.000 e attivo sottratto >5% del totale o >€1,5M, oppure crediti fittizi >€30k. (Soglie ridotte rispetto a infedele) | Reclusione 3 a 8 anni. | Fattispecie residuale di frode. Come sopra, non emerso da controlli automatici. Non punibile se pagamento integrale pre dibattimento. |
Dichiarazione infedele (art. 4) | Dichiarazione omettendo elementi attivi o indicando elementi passivi fittizi, senza connotati di frode. | Imposta evasa > €100.000 e elementi attivi non dichiarati >10% del totale (o >€2.000.000). | Reclusione 2 a 4 anni e 6 mesi. | Tipico reato da scostamenti o omissioni rilevanti. Non punibilità se prima del dibattimento il debito viene pagato integralmente (art.13). Riforma 2024: soglia imposta evasa ipotizzata a 150k in bozza, ma confermata a 100k. |
Omessa dichiarazione (art. 5) | Mancata presentazione della dichiarazione obbligatoria per evadere imposta. | Imposta evasa > €50.000 (per singola imposta). | Reclusione 2 a 5 anni. | Anche qui possibile esimente se si paga tutto prima del dibattimento (ext. art.13). Se dichiarazione presentata con ritardo >90gg ma imposta pagata, non è reato (adempimento seppur tardivo). |
Emissione di fatture false (art. 8) | Emettere o rilasciare fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (per consentire ad altri evasioni). | Qualunque importo. | Reclusione 4 a 8 anni (commisurata all’importo). | Reato speculare all’uso (art.2). Non trattato qui in dettaglio. |
Occultamento/distruzione di documenti (art. 10) | Sottrazione o distruzione di scritture contabili per impedire la ricostruzione dei redditi. | – (non richiede soglia di imposta). | Reclusione 3 a 7 anni. | Reato strumentale, rileva in casi di verifiche. |
Omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis) | Non versare, entro il termine previsto (31/10 dell’anno successivo, ora 31/12 con riforma), le ritenute operate, risultanti dalle CU, per importo > soglia. | Importo omesso > €150.000 per periodo d’imposta. | Reclusione 6 mesi a 2 anni. | Non punibile se il debito è pagato prima dibattimento (art.13) o se rateizzato e in corso di pagamento. Se rate decadono, punibile solo se residuo >€50k. Nuova causa non punibilità se omesso per crisi di liquidità non imputabile. |
Omesso versamento IVA (art. 10-ter) | Non versare l’IVA dovuta, entro termine acconto anno successivo (31/12 anno succ.), per importo sopra soglia. | IVA non versata > €250.000 per anno. | Reclusione 6 mesi a 2 anni. | Non punibile se integrale pagamento prima dibattimento o se rateizzazione in corso (se decaduta, punibile se residuo >€75k). Esimente crisi liquidità simil art.10-bis vale anche qui. |
Indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater c.1) | Uso in compensazione di crediti reali ma in misura eccedente o senza i requisiti, superando soglia annua. | Crediti non spettanti compensati > €50.000 annui. | Reclusione 6 mesi a 2 anni. | Non punibile se paga tutto prima dibattimento. Esclusa punibilità anche se c’era obiettiva incertezza su aspetti del credito (introdotto da riforma 2024, comma 2-bis art.10-quater). |
Indebita compensazione di crediti inesistenti (art. 10-quater c.2) | Uso di crediti fittizi o mai maturati in compensazione, oltre soglia. | Crediti inesistenti > €50.000 annui. | Reclusione 1 anno e 6 mesi a 6 anni. | Non punibile se integrale pagamento pre dibattimento. Nessuna esimente per incertezza, data la natura fraudolenta. Spesso concorre con reati di falso. |
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11) | Compiere atti simulati o frodi (vendite fittizie di beni, ecc.) per rendere inefficace la riscossione di imposte dovute (>€50k). | Imposte dovute > €50.000 e atti fraudolenti pre-riscossione. | Reclusione 6 mesi a 4 anni (aumentata se importo >€200k). | Può riguardare chi, sapendo di avere debiti fiscali, svuota l’azienda o il patrimonio. Reato non sanabile con pagamento (perché l’evento dannoso è la sottrazione). |
Questa tabella, seppur sintetica, evidenzia come solo alcune violazioni intercettate dagli avvisi bonari abbiano risvolti penali: essenzialmente gli omessi versamenti grandi, le compensazioni indebite e, in rari casi, le dichiarazioni infedeli di grande entità. Altre irregolarità come errori minori, omessi versamenti di piccola entità, ecc. restano nell’ambito amministrativo.
Coordinate difensive e interazione col penale
Quando scatta la segnalazione penale? Generalmente, le strutture dell’Agenzia delle Entrate segnalano alla Procura della Repubblica le violazioni penali tributarie quando:
- Viene emesso un Processo Verbale di Constatazione (PVC) dalla Guardia di Finanza che rileva reati (ad es. dichiarazione infedele, frode).
- Oppure, nei casi di omessi versamenti, dopo la scadenza di pagamento dell’avviso bonario, se il contribuente non ha pagato e l’importo supera soglia, l’Agenzia è tenuta a informare la Procura (di solito qualche mese dopo la scadenza, dando tempo per eventuale ravvedimento operoso speciale se previsto).
- Nei casi di indebite compensazioni, talora già all’atto del controllo formale se il credito appare fittizio possono partire segnalazioni parallele.
Opportunità di definizione agevolata: L’ordinamento italiano, come visto, offre opportunità di estinguere il reato attraverso il pagamento. Questa è una peculiarità: in molti reati tributari, il pagamento del dovuto (con sanzioni e interessi) entro determinate fasi cancella il reato o evita la punibilità. Ciò è pensato per favorire il gettito erariale. Ad esempio:
- Pagare l’IVA evasa di 300k euro, se fatto prima che inizi il processo, evita la condanna per art.10-ter.
- Lo stesso per ritenute non versate.
- Per la dichiarazione infedele e omessa dichiarazione, fino al 2019 c’era solo attenuante, ora c’è non punibilità se paghi tutto prima della sentenza di primo grado (introdotta con DL 124/2019).
Quindi, dal punto di vista pratico, la miglior difesa penale è spesso pagare il debito tributario. Ecco perché se arriva un avviso bonario di grossa entità, conviene non pensare solo “aspettiamo la cartella e facciamo causa”: potrebbe incombere la denuncia. Meglio attivarsi per definire e pagare, magari a rate, come previsto.
Difesa tecnica: Se il caso arriva comunque in sede penale (perché non si è riusciti a pagare o perché contestano reati di frode):
- Il legale potrà valutare se ricorrono cause di esclusione (es. particolare tenuità del fatto se l’evasione è di poco superiore alla soglia e c’è comportamento post-fatto collaborativo; oppure l’obiettiva incertezza sulla norma per i crediti non spettanti, clausola nuova che andrà provata).
- Importante è anche coordinare il penale col tributario: se c’è un processo tributario pendente (es. per un accertamento infedele) potrebbe convenire chiedere la sospensione del giudizio penale in attesa dell’esito tributario, dato che se in Commissione Tributaria viene annullato l’accertamento, cade la base del penale (il fatto non sussiste).
- Viceversa, attenzione: impugnare un avviso bonario e aprire un contenzioso potrebbe in teoria ostacolare la possibilità di estinguere subito il reato con pagamento (ma finché non c’è sentenza tributaria definitiva, l’obbligazione fiscale è solo sospesa, questo è un tema delicato).
Ricapitolando: la gestione “penale” rientra tra le considerazioni avanzate che un avvocato tributarista deve fare nel consigliare l’imprenditore. In un’ottica di compliance, è essenziale:
- Conoscere le soglie: p.es., se un cliente non ha versato 160k di IVA e sta per scadere il termine, allertarlo che rischia penalmente e fargli fare almeno un pagamento parziale per scendere sotto soglia (anche se il reato resta se supera soglia, un pagamento parziale può aiutare a chiedere patteggiamenti, attenuanti).
- Sfruttare le finestre temporali: l’avviso bonario di solito arriva prima che scatti la denuncia; usare quei 30-60 giorni saggiamente può evitare problemi.
- Documentare sempre le ragioni di eventuali difficoltà: ad esempio, se l’omesso pagamento fu perché il debitore principale è fallito e l’azienda non aveva liquidità, raccogliere prove (decreti ingiuntivi contro il debitore, ecc.) da usare eventualmente in sede penale per la non punibilità per crisi di liquidità (introdotta dal 2024).
Infine, un messaggio chiave: regolarità fiscale conviene. Le sanzioni amministrative sono già un onere, ma quelle penali comportano perdita di onorabilità, interdizioni, rischi personali. Una gestione accorta evita di oltrepassare la linea del penale; e se accidentalmente succede, si faccia il possibile per tornare in regola prima che sia troppo tardi.
FAQ – Domande frequenti
Di seguito una serie di domande comuni in materia di comunicazioni di irregolarità e le relative risposte sintetiche, per riepilogare i punti salienti in forma di FAQ:
D: Che cos’è esattamente una “comunicazione di irregolarità” o avviso bonario?
R: È una lettera inviata dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controlli automatici o formali sulla dichiarazione, in cui si segnalano differenze tra il dichiarato e il dovuto. Indica le maggiori imposte e le sanzioni ridotte da pagare. Non è un atto impositivo definitivo, ma una fase preventiva in cui il contribuente può regolarizzare con sanzioni ridotte o segnalare errori all’AdE.
D: Ho ricevuto un avviso bonario: devo pagare subito?
R: Hai un termine (30 o 60 giorni a seconda dei casi, ora 60 giorni per avvisi dal 2025) entro cui decidere. Se ritieni corretto l’addebito, puoi pagare l’importo indicato (in unica soluzione o a rate) entro quel termine, beneficiando della sanzione ridotta (di solito al 10% o 20%). Se invece pensi che sia sbagliato, entro lo stesso termine puoi contestarlo fornendo prove. In tal caso la riscossione viene sospesa in attesa della risposta dell’ufficio.
D: Posso rateizzare le somme di un avviso bonario?
R: Sì. Puoi chiedere la rateizzazione semplicemente pagando la prima rata entro il termine. Fino a €5.000 sono possibili 8 rate trimestrali, sopra €5.000 fino a 20 rate (talvolta 20 bimestrali, come precisato nelle istruzioni). Sulle rate successive alla prima si applicano interessi (attualmente 3,5% annuo). Se salti una rata o ritardi troppo, decade la dilazione e l’intero importo residuo va pagato subito (altrimenti va a ruolo).
D: Cosa succede se ignoro l’avviso bonario?
R: Se non paghi né contesti entro i termini, l’Agenzia iscriverà le somme a ruolo definitivo e riceverai una cartella esattoriale. A quel punto la sanzione non è più ridotta (diventa il 30% o altra misura piena) e si aggiungono interessi di mora e oneri di riscossione. Dovrai pagare entro 60 gg dalla cartella o fare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria per opporla. Inoltre, se le somme riguardano omessi versamenti rilevanti (IVA/ritenute), il mancato pagamento può portare a una denuncia penale trascorsi i termini.
D: La comunicazione di irregolarità si può impugnare in Commissione Tributaria?
R: In teoria non è tra gli atti impugnabili obbligatoriamente, ma la Cassazione ha chiarito che il contribuente può impugnarla facoltativamente subito. Quindi sì, puoi proporre ricorso contro l’avviso bonario entro 60 gg, per far valere le tue ragioni. Tieni però presente che, non essendo un atto definitivo, potresti dover impugnare anche la successiva cartella se l’ufficio va avanti. Spesso conviene usarla per il contraddittorio con l’AdE e ricorrere solo se ciò fallisce.
D: Ho pagato l’avviso bonario: devo fare altro?
R: No, una volta pagato integralmente (o tutte le rate) l’irregolarità è definita. Conserva le ricevute dei pagamenti. Non riceverai conferme formali (di solito), ma puoi controllare nel cassetto fiscale che l’esito risulti “definito”. Solo se, per ipotesi, successivamente arrivasse per errore una cartella su somme già pagate, dovrai esibire le prove e chiederne l’annullamento.
D: Cosa significa sanzione ridotta a 1/3 o 2/3 nell’avviso?
R: Vuol dire che, se normalmente la violazione sarebbe punita con, poniamo, €300 di sanzione, l’Agenzia te ne chiede solo un terzo (= €100) in fase bonaria (1/3 è tipico del controllo automatico; 2/3 vuol dire due terzi, quindi ad esempio €200 su €300, tipico del controllo formale). È un “premio” per chi paga subito. Se non paghi nei termini e vai a cartella, la sanzione torna quella intera (nel mio esempio, €300).
D: Se non posso pagare subito una grossa somma, meglio rateizzare l’avviso bonario o aspettare la cartella e rateizzare quella?
R: Meglio rateizzare l’avviso bonario. Per due motivi: (1) la sanzione è ridotta (in cartella sarebbe piena); (2) le rate dell’avviso bonario hanno interessi minori e soprattutto, se rispettate, bloccano il rischio penale per omessi versamenti, mentre rateizzare con l’Agente della Riscossione la cartella avviene quando ormai il reato eventualmente si è consumato (anche se pagando poi potresti evitare la condanna, ma intanto la notizia di reato parte). Inoltre la cartella aggiunge l’aggio di riscossione. Rateizzare la cartella conviene solo se hai già perso il treno del bonario.
D: Ho ricevuto un avviso bonario ma avevo già pagato quella somma, cosa devo fare?
R: In questo caso non devi pagare di nuovo (ovviamente), ma neanche stare con le mani in mano: invia entro il termine una comunicazione all’Agenzia spiegando e allegando la prova del pagamento eseguito (F24 quietanzato, ecc.). Chiedi l’annullamento (“sgravio”) dell’avviso per pagamento già effettuato. Se il pagamento era corretto, l’ufficio annullerà l’importo (a volte potrebbe essersi trattato di un errore di imputazione). Mai ignorare l’avviso pensando “è un loro errore, sapranno che ho pagato”: sempre meglio intervenire, perché potresti comunque finire a ruolo se il sistema non aggancia il pagamento.
D: Che differenza c’è tra comunicazione di irregolarità e avviso di accertamento?
R: La comunicazione di irregolarità (avviso bonario) non è un atto impositivo definitivo: è come un “preventivo” che il Fisco ti fa, dandoti modo di pagare con sconto o di controbattere. L’avviso di accertamento, invece, è un atto formale (emesso di solito a seguito di verifiche più complesse) con cui il Fisco ti richiede un’imposta in più in modo definitivo: se non fai nulla, diventa esecutivo dopo 60 giorni; se non sei d’accordo, lo devi impugnare in commissione entro 60 gg. In genere, l’avviso bonario precede l’eventuale cartella di pagamento, mentre l’avviso di accertamento sostituisce la cartella (ora l’accertamento è già esecutivo e costituisce titolo per riscuotere).
D: Cosa sono 36-bis e 36-ter di cui si parla nell’avviso?
R: Sono riferimenti normativi: l’art.36-bis DPR 600/73 disciplina il controllo automatizzato delle dichiarazioni, l’art.36-ter il controllo formale. Se vedi 36-bis, l’irregolarità è emersa da un controllo informatico di routine (errori di calcolo, omessi versamenti, ecc.). Se vedi 36-ter, c’è stato un intervento umano di controllo documentale. La differenza pratica: col 36-ter hai 60 gg per pagare con sanzione 2/3, col 36-bis 60 gg (dal 2025) con sanzione 1/3.
D: Durante il termine di pagamento c’è di mezzo agosto: cambia qualcosa?
R: Sì. Dal 1° agosto al 4 settembre i termini sono sospesi per legge (cd. sospensione feriale). Quindi, ad esempio, un avviso bonario notificato il 20 luglio 2025 invece di scadere il 18 settembre, scadrà circa il 21 ottobre (i 60 gg si allungano non contando agosto). L’avviso stesso spesso riporta la nuova data considerando la sospensione.
D: Ho un punteggio ISA basso da due anni e ho ricevuto una “comunicazione di anomalia”: rischio una multa immediata?
R: No, le lettere per anomalie ISA non chiedono pagamenti immediati. Segnalano incoerenze nei dati che potrebbero portare a controlli futuri. Non è un atto sanzionatorio, ma un invito a verificare i dati. Puoi cogliere l’occasione per regolarizzare eventuali errori con ravvedimento (sanzioni ridotte) oppure preparare le giustificazioni. Se non fai nulla, nessuna sanzione scatta automaticamente, però potresti essere selezionato per un accertamento approfondito dove sì, potrebbero poi arrivare sanzioni se riscontrano evasione.
D: In caso di irregolarità, è meglio fare da soli o farsi assistere?
R: Se si tratta di pagare e basta importi modesti, puoi anche provvedere da solo. Ma quando ci sono contestazioni complesse, importi rilevanti, o dubbi sulla legittimità della pretesa, è fortemente consigliato farsi assistere da un commercialista o avvocato tributarista. Un professionista esperto sa valutare se la pretesa è fondata, sa impostare correttamente l’istanza di autotutela citando norme e circolari, e in caso di contenzioso saprà come muoversi. Inoltre, se c’è il rischio di sforare in ambito penale, è fondamentale il supporto di un legale per gestire la situazione (ad esempio, concordare con la Procura eventuali proroghe in attesa del pagamento).
D: Quali sono le “fonti normative” da conoscere per approfondire?
R: In fondo a questa guida troverai un elenco delle principali fonti. In particolare:
- DPR 600/1973 (art. 36-bis e 36-ter per i controlli, art. 43 sui termini di accertamento).
- D.Lgs. 462/1997 (disciplina proprio la riscossione delle somme da controlli automatici/formali, rateazione, ecc.).
- D.Lgs. 471/1997 e 472/1997 (sanzioni tributarie e principi generali, incluso ravvedimento art.13).
- D.Lgs. 74/2000 (reati tributari) e le modifiche recate da D.Lgs. 87/2024 confluito nel Testo Unico 173/2024.
- Circolari e risoluzioni dell’Agenzia Entrate che chiariscono varie casistiche (ad esempio la Circ. n.17/E 2019 sugli ISA, o le varie circolari sugli avvisi bonari e il recente DLgs 108/2024 che ha esteso i termini a 60gg).
- Sentenze di Cassazione, come la n. 19052/2015 (obbligo avviso bonario) o la n. 22536/2019 sull’impugnabilità dell’avviso bonario.
D: Infine, questa guida dice oltre 10.000 parole… devo leggerla tutta?
R: Beh, il fatto che tu faccia questa domanda significa che hai già letto almeno le FAQ 😊. Scherzi a parte, la guida è pensata per essere consultata in base alle necessità: puoi saltare alla sezione di tuo interesse (tramite l’indice e i titoli) e approfondire ciò che ti serve. Per una visione completa, certamente la lettura integrale ti fornirà una base robusta su tutto l’argomento “comunicazioni di irregolarità”. Ricorda comunque che ogni caso concreto ha le sue sfumature: questa guida ti dà un orientamento generale e avanzato, ma non sostituisce la consulenza personalizzata sul caso specifico.
Conclusioni
Le comunicazioni di irregolarità rappresentano uno strumento “di mezzo” tra la dichiarazione dei redditi presentata e un eventuale accertamento fiscale: un momento in cui al contribuente è data la possibilità di correggere il tiro con costi sanzionatori contenuti o di far valere le proprie ragioni in via amministrativa. Abbiamo visto come affrontarle al meglio, a seconda che si tratti di mere dimenticanze, di errori materiali o di contestazioni più sostanziali.
Dal punto di vista dell’imprenditore, ricevere un avviso bonario dovrebbe innescare immediatamente un processo di analisi interna e confronto con i consulenti: si tratta di capire il perché dell’irregolarità e scegliere consapevolmente se adeguarsi o resistere. In entrambi i casi, tempestività e metodicità sono cruciali. Pagare subito può comportare benefici notevoli (riduzione sanzioni, chiusura rapida della vicenda, niente strascichi penali). Contestare con fondatezza può evitare di subire addebiti non dovuti, ma richiede preparazione di documenti e motivazioni ben articolate.
Dal punto di vista giuridico e del consulente legale, occorre considerare non solo le norme tributarie ma anche eventuali implicazioni penali e gli strumenti deflattivi del contenzioso. La recente evoluzione normativa – pensiamo all’ampliamento dei termini di pagamento a 60 giorni, alla riduzione delle sanzioni per omesso versamento dal 30% al 25%, all’introduzione di cause di non punibilità per crisi di liquidità e incertezza – va nella direzione di rendere il sistema più equilibrato, offrendo al contribuente corretto ma in difficoltà ulteriori chance di rimediare senza essere sanzionato eccessivamente. Questa guida, aggiornata a maggio 2025, ha tenuto conto di tali novità, che gli operatori devono immediatamente recepire nella pratica quotidiana.
In conclusione, “cosa fare se si riceve una comunicazione di irregolarità?” può trovare una risposta sintetica in tre passi chiave:
- Capire – analizza attentamente l’avviso, identifica l’irregolarità contestata e le sue cause.
- Decidere – valuta se pagare (e magari ravvederti) oppure se hai elementi per contestare; in quest’ultimo caso, prepara una difesa solida.
- Agire – entro i termini, esegui il pagamento (in unica soluzione o a rate) oppure invia l’istanza di autotutela motivata. Non lasciare decorrere il tempo inerte.
Seguendo questi passi con il supporto dei riferimenti normativi e dei consigli operativi illustrati, trasformerai l’avviso bonario da potenziale problema a un’occasione di regolarizzazione o chiarimento. In entrambi gli esiti, avrai comunque messo in sicurezza la tua posizione fiscale evitando conseguenze peggiori.
La compliance fiscale oggi è parte integrante del buon governo dell’impresa: conoscerne gli strumenti (come il modesto ma importantissimo avviso bonario) aiuta imprenditori e professionisti a navigare nelle acque complesse del nostro sistema tributario, minimizzando rischi e costi.
Fonti normative e giurisprudenziali (aggiornate a maggio 2025)
Di seguito, per ulteriore approfondimento, elenchiamo le principali fonti normative citate o utili in materia, nonché alcune pronunce giurisprudenziali rilevanti:
Normativa primaria:
- DPR 29 settembre 1973, n. 600, artt. 36-bis e 36-ter: Disposizioni sui controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni dei redditi e modalità di comunicazione delle irregolarità.
- DPR 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis: Controllo automatizzato delle liquidazioni periodiche e dichiarazioni annuali IVA (richiamato dal DLgs 78/2010).
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462: Definizione agevolata delle somme dovute a seguito dei controlli (automatizzati e formali) – disciplina di versamento in unica soluzione o rate (artt. 2 e 3) e termini.
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471: Sistema sanzionatorio tributario – in particolare art. 13 (sanzioni per ritardato od omesso versamento, incluse differenze tra crediti non spettanti vs inesistenti).
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13: Ravvedimento operoso (misure riduzioni sanzioni in base al tempo del ravvedimento) e art. 6 (cause di non punibilità per obiettiva incertezza, poi ripresa in ambito penale per i crediti non spettanti).
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19: Atti impugnabili nel processo tributario (non include avviso bonario, ma giurisprudenza evolutiva).
- D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (come modificato dal D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 e dal D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87 – confluito nel D.Lgs. 5 novembre 2024, n. 173 Testo Unico reati tributari): principale riferimento per i reati tributari. In particolare:
- art. 2 (dich. fraudolenta con fatture false),
- art. 3 (dich. fraudolenta con altri artifici),
- art. 4 (dichiarazione infedele),
- art. 5 (omessa dichiarazione),
- art. 10-bis (omesso versamento ritenute),
- art. 10-ter (omesso versamento IVA),
- art. 10-quater (indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti),
- art. 11 (sottrazione fraudolenta a riscossione),
- art. 13 (causa di non punibilità per pagamento del debito tributario: si segnala che il DLgs 75/2020 aveva già ampliato l’ambito, e il DLgs 87/2024 ha introdotto commi 3-bis e 3-ter sull’esimente per crisi di liquidità e tenuità).
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023), commi vari: ha introdotto definizioni agevolate e ravvedimento speciale su dichiarazioni pregresse, e la tregua fiscale (rilievo indiretto per chi aveva avvisi bonari 2019-20, definibili con sanzione ridotta al 3%).
- D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (Decreto Crescita) conv. L.58/2019, art. 4-octies e segg.: introduzione Indici ISA e gestione comunicazioni anomalie (provvedimenti annuali AdE).
- D.L. 26 ottobre 2019, n.124 conv. L.157/2019: norme sulle compensazioni (obbligo visto >5k, sospensione F24 anomali) e modifiche art.13 D.Lgs.74/2000 (causa non punibilità estesa a dichiarativi).
- D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 151 (decreto attuativo riforma processo penale): ha introdotto particolare tenuità nel reato di omesso versamento se sotto €10.000 (poi integrato da criteri D.Lgs.87/2024).
- D.Lgs. 5 agosto 2024, n. 108: Decreto sulla semplificazione fiscale e concordato preventivo biennale, art. 3 ha esteso da 30 a 60 giorni il termine per pagare somme da controlli automatici/formali (in vigore dal 1/1/2025).
- D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87: Riforma delle sanzioni penali tributarie (attuazione L. 118/2022, Delega Fiscale), confluito poi nel Testo Unico n.173/2024. Ha: chiarito definizioni di crediti inesistenti vs non spettanti, inserito causa non punibilità per incertezza su crediti non spettanti, coordinato reati di omesso versamento con istituto della rateazione (non punibilità in corso di rate), introdotto esimente per crisi di liquidità non imputabile (art.13 c.3-bis).
Prassi amministrativa:
- Circolare Agenzia Entrate n. 192/E del 23 luglio 1998: Istruzioni operative sui controlli automatizzati e formali, compresa la procedura degli avvisi bonari.
- Circolare Agenzia Entrate n. 17/E del 2 agosto 2019: Primi chiarimenti sugli ISA, con indicazione delle comunicazioni di anomalie e ravvedimenti.
- Provvedimento Agenzia Entrate del 1° luglio 2024: Definizione modalità di comunicazione al contribuente delle anomalie ISA per il triennio 2019-2021 (richiamato nelle comunicazioni di compliance 2024).
- Circolare Agenzia Entrate n. 25/E del 20 agosto 2020: Omesso versamento e reati tributari dopo le modifiche del 2019-2020 (chiarisce aspetti di art.13 D.Lgs.74/2000 e soglie).
- Risoluzione Agenzia Entrate n. 36/E del 26 giugno 2012: Chiarimenti sulla sospensione feriale dei termini per avvisi bonari.
Giurisprudenza di legittimità:
- Cass., Sez. Trib., 11/05/2012 n.7344: prima apertura verso impugnabilità autonoma dell’avviso bonario (in quel caso derivante da controllo formale).
- Cass., SS.UU., 08/09/2016 n.17758: principio generale su impugnabilità immediata di atti non definitivi se idonei a incidere su diritti (riferito a diniego di autotutela, ma estensibile).
- Cass., Sez. VI, 15/03/2016 n.3315: conferma ammissibilità ricorso contro comunicazione di irregolarità ex art.36-bis (contrasto con CTR Lazio risolto pro-impugnabilità).
- Cass., Sez. V, 05/02/2021 n. 3466: ulteriore conferma che l’avviso bonario è impugnabile dal contribuente; ribadisce che impugnazione non è preclusa dal fatto che non figura nell’elenco ex art.19 DLgs 546/92.
- Cass., Sez. III Penale, 28/11/2018 n.52542: in tema di omesso versamento IVA, afferma che la crisi di liquidità non esclude il dolo ma può rilevare solo nella valutazione della colpevolezza (oggi superata in parte dalla nuova esimente normativa del 2024).
- Cass., Sez. III Penale, 13/07/2017 n.34474: su indebite compensazioni, distingue tra crediti inesistenti e non, chiarendo che per inesistenti non conta buona fede (ora definizioni normative 2024).
- Cass., Sez. III Penale, 22/02/2022 n.5914: sul reato ex art.10-quater, tratta la distinzione non spettante/inesistente ai fini della configurabilità del dolo (importante prima della riforma definitoria).
- Cass., Sez. Unite Penali, 27/01/2021 n.2474: principio di diritto sul concorso tra reato di dichiarazione infedele e quello di indebita compensazione (criteri di specialità).
- Cass., Sez. V, 24/09/2019 n.23549: conferma nullità del ruolo/cartella se omesso invio dell’avviso bonario nei controlli automatizzati (richiamo a Cass.19052/2015).
- Cass., Sez. VI-5, 17/10/2019 n.22536: ribadisce impugnabilità avviso bonario e circoscrive che l’eventuale ricorso non sospende obblighi ufficio (questione di merito contabile). Spesso citata nelle riviste tributarie.
- Cass., Sez. V, 21/12/2022 n.37307: su avviso bonario e calcolo termini sospensione Covid (accenna a pagamento in 60 gg ecc.), contesto recente.
Comunicazione di Irregolarità – Cos’è, Cosa Significa e Cosa Fare Subito
Hai ricevuto una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate con l’indicazione di “irregolarità”?
Parla di un controllo automatico o di somme da pagare entro 30 giorni?
⚠️ Si tratta di una comunicazione di irregolarità ex art. 36-bis o 36-ter del DPR 600/1973, un preavviso che segnala errori, omissioni o incongruenze fiscali, con l’invito a regolarizzare.
📌 È un atto non ancora esecutivo, ma da non ignorare: può essere risolto in tempi brevi, oppure trasformarsi in cartella esattoriale con sanzioni pesanti.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Verifica la comunicazione e i dati fiscali contestati
📑 Redige la risposta tecnica con la documentazione corretta
⚖️ Ti assiste nel pagamento rateale o nell’autotutela
✍️ Presenta eventuali ricorsi se la comunicazione sfocia in atto esecutivo
🔁 Ti protegge da sviluppi futuri (cartelle, pignoramenti, iscrizioni a ruolo)
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato tributarista – esperto in contenzioso con Agenzia Entrate
✔️ Specializzato in annullamento e rettifica di atti fiscali
✔️ Difensore di imprese, professionisti e cittadini segnalati
✔️ Gestore della crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Una comunicazione di irregolarità non è ancora una condanna, ma una possibilità.
Con l’assistenza giusta puoi ridurre sanzioni, evitare la cartella esattoriale e correggere errori prima che sia tardi.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: