Come Togliere Un Protesto Di Un Assegno

Hai scoperto di avere un protesto per un assegno non pagato e ti stai chiedendo come si può cancellare? Temi che questa segnalazione stia danneggiando la tua reputazione creditizia e ti impedisca di ottenere finanziamenti, aprire conti o accedere a servizi bancari?

Il protesto è una pubblicazione ufficiale che attesta il mancato pagamento di un assegno (o di una cambiale), registrata nei registri della Camera di Commercio. Tuttavia, in molti casi è possibile ottenere la cancellazione del protesto e ripulire la propria posizione, ma servono tempi, documenti e una procedura precisa.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto bancario, protesti e riabilitazione creditizia – ti spiega come funziona il protesto per assegno, come fare per cancellarlo legalmente, quali documenti servono e cosa possiamo fare per aiutarti a chiudere definitivamente questa segnalazione.

Hai un protesto per assegno e vuoi cancellarlo per tornare a essere affidabile agli occhi di banche e fornitori?

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Introduzione

Un protesto su assegno bancario è l’atto formale con cui un pubblico ufficiale constata il mancato pagamento di un assegno alla presentazione. Questo atto viene redatto da un soggetto abilitato (tipicamente un notaio, ufficiale giudiziario o segretario comunale) e contiene i dati del titolo (importo, data emissione, banca, luogo di pagamento), del debitore e la dichiarazione che il pagamento non è avvenuto. Subire il protesto di un assegno significa dunque vedersi iscritti nell’elenco ufficiale dei protesti per mancato pagamento di titoli di credito. In questa guida completa – aggiornata a maggio 2025 – vedremo in modo approfondito come cancellare un protesto di assegno, esaminando la normativa italiana vigente, la giurisprudenza chiave e la prassi operativa di Camere di Commercio e Tribunali. L’obiettivo è offrire a imprenditori e privati con buona cultura legale una risorsa chiara e avanzata, ma dal taglio divulgativo, su come ottenere la cancellazione di un protesto (anche detto “togliere un protesto”) legato a un assegno bancario.

Struttura della guida: Dopo una panoramica sugli effetti del protesto e sulle ragioni per cui conviene attivarsi per cancellarlo, illustreremo nel dettaglio le varie procedure previste dalla legge italiana, distinguendo i diversi casi: la cancellazione “ordinaria” (quando applicabile, principalmente per cambiali), la riabilitazione giudiziale del protestato (trascorsi almeno 12 mesi dal protesto), la cancellazione automatica d’ufficio dopo il quinquennio e la cancellazione per errore o illegittimità del protesto. Verranno fornite tabelle riepilogative per facilitare la consultazione, oltre a fac-simile di atti pratici: dal ricorso in Tribunale per ottenere la riabilitazione, all’istanza di cancellazione presso la Camera di Commercio, fino alla dichiarazione liberatoria di avvenuto pagamento (quietanza) da parte del creditore. Infine, una sezione di FAQ (domande frequenti) risponderà ai quesiti più comuni (ad esempio: Posso cancellare il protesto se pago subito l’assegno?, Serve un avvocato?, Che succede se il protesto è illegittimo? ecc.), e concluderemo con l’elenco di tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate, per chi volesse approfondire ulteriormente.

Cos’è un protesto di assegno e quali sono gli effetti

Un assegno “protestato” è un assegno bancario (o postale) per il quale, alla presentazione all’incasso, non è stato pagato l’importo dovuto e un pubblico ufficiale ha levato formale protesto. Il protesto è dunque l’atto che pubblicizza l’inadempimento di un titolo di credito formale (assegno, cambiale, vaglia cambiario, tratta accettata ecc.), distinguendolo da un semplice mancato pagamento qualsiasi. Ad esempio, il mancato pagamento di una fattura non dà luogo a protesto (potrà semmai comportare solleciti, azioni legali o segnalazioni creditizie), mentre il mancato pagamento di un assegno , in quanto l’assegno è un titolo di credito formale e astratto, soggetto alla speciale procedura del protesto.

Pubblicazione nel Registro Informatico dei Protesti (RIP)

Una volta levato il protesto, la notizia viene trasmessa dal pubblico ufficiale alla Camera di Commercio competente per territorio, per la pubblicazione nel Registro Informatico dei Protesti (RIP). Il Registro Informatico dei Protesti – istituito dall’art. 3-bis del D.L. 381/1995 convertito in L. 480/1995 – è una banca dati pubblica, gestita dalle Camere di Commercio, contenente l’elenco ufficiale di tutti i protesti levati sul territorio nazionale. La finalità è tutelare la “pubblica fede” commerciale, fornendo informazioni tempestive sull’affidabilità finanziaria di persone e imprese. L’iscrizione di un protesto nel Registro ha una durata di cinque anni, salvo cancellazione anticipata: ogni protesto resta conservato nel database per 5 anni dalla data di registrazione, dopodiché viene automaticamente eliminato d’ufficio. Ciò significa che, se non si intraprende alcuna azione, trascorso il quinquennio il nominativo del protestato viene cancellato d’ufficio e non risulterà più nelle visure protesti (come vedremo, però, cinque anni sono lunghi e normalmente chi viene protestato ha interesse a rimuovere prima questa “macchia”). Il Registro è pubblico e chiunque – banche, fornitori, privati – può effettuare una ricerca nominativa (anche online tramite servizi dedicati) per verificare se un soggetto ha subito protesti negli ultimi cinque anni. L’iscrizione nel Registro ha effetto di pubblicità dichiarativa, segnalando a tutti una situazione di inadempienza finanziaria riferita a quel soggetto.

Di conseguenza, gli effetti pratici del protesto di un assegno sono molto rilevanti per il debitore protestato, sia persona fisica sia impresa. In sintesi, le principali conseguenze sono:

  • Deterioramento del merito creditizio e della reputazione finanziaria: la presenza del proprio nome nel Registro Protesti incide negativamente sul rating creditizio. Banche e finanziarie consultano regolarmente le banche dati dei protesti (incluse nei report creditizi) e tendono a negare affidamenti, scoperti di conto, mutui o finanziamenti a chi risulta protestato. Anche fornitori e partner commerciali, venendo a conoscenza del protesto, potrebbero rifiutare pagamenti con assegno o pretendere pagamenti anticipati, temendo inaffidabilità. In breve, un protesto mina gravemente la fiducia dei terzi nella solvibilità del debitore protestato.
  • Iscrizione nelle banche dati finanziarie e pubbliche: come detto, il nome finisce nel Registro Protesti accessibile a tutti. Inoltre, specificamente per gli assegni, scatta l’iscrizione del soggetto anche nella Centrale d’Allarme Interbancaria (CAI) presso la Banca d’Italia, con conseguenze amministrative (approfondite nel paragrafo seguente). Eventuali sistemi di informazione creditizia privati (CRIF, Cerved ecc.) includeranno il protesto nei loro archivi, segnalando la negatività ai rispettivi utenti.
  • Limitazioni legali sull’utilizzo di assegni: un emittente di assegni senza provvista può subire il cosiddetto “blocco degli assegni”. In pratica, la legge – L. 386/1990 come mod. dal D.Lgs. 507/1999 – prevede che chi ha emesso un assegno poi protestato, se non provvede a pagare entro termini brevi, venga sanzionato dal Prefetto con una interdizione ad emettere altri assegni per 6 mesi (estesa a 2 anni in caso di recidiva) e con una sanzione pecuniaria amministrativa. Tale provvedimento si accompagna all’iscrizione del nominativo nella CAI, che impone a tutte le banche di revocare eventuali altre autorizzazioni a emettere assegni (revoca di sistema). È importante notare che questo profilo sanzionatorio amministrativo è distinto dal protesto: anche se il debitore paga successivamente l’assegno e sconta la sanzione amministrativa, il protesto rimane pubblicato nel Registro finché non venga cancellato per via di legge.

In definitiva, subire un protesto comporta un marchio d’inaffidabilità finanziaria che può ostacolare l’operatività di un’azienda o la vita economica di un privato. Ecco perché il protestato ha tutto l’interesse a ottenere la cancellazione del protesto il prima possibile: eliminando il proprio nominativo dal Registro Protesti, si potrà ottenere un certificato con esito “nulla” (nessun protesto a carico), ripristinando la reputazione creditizia e normalizzando i rapporti con banche e partner commerciali. La legge italiana, come vedremo, offre diverse procedure per “togliere” un protesto in tempi anche relativamente brevi, a condizione però che siano soddisfatti determinati requisiti (principalmente: aver pagato quanto dovuto). Approfondiamo dunque le varie soluzioni disponibili.

Procedure per la cancellazione del protesto di un assegno

La normativa distingue diverse ipotesi in cui è possibile ottenere la cancellazione di un protesto dal Registro Informatico dei Protesti. Di seguito esamineremo le procedure previste in base alla situazione:

  1. Cancellazione per avvenuto pagamento entro un certo termine (procedura “ordinaria”) – applicabile solo ad alcuni titoli come le cambiali pagate entro 12 mesi dal protesto. (Nota: per gli assegni, come vedremo, la legge non consente questa cancellazione immediata, ma solo un’annotazione di pagamento).
  2. Riabilitazione del protestato (procedura giudiziale o notarile) – trascorso almeno un anno dal protesto, se il debitore ha adempiuto all’obbligazione e non ha subito altri protesti, può ottenere un provvedimento di riabilitazione ex art. 17 L.108/1996 e quindi la cancellazione definitiva dal Registro.
  3. Cancellazione per illegittimità o erroneità del protesto – in caso di protesto levato per errore (scambio di persona, assegno protestato nonostante pagamento, firma falsificata ecc.) esiste una procedura di cancellazione per tutelare il soggetto ingiustamente protestato.
  4. Cancellazione automatica d’ufficio dopo 5 anni – decorso il quinquennio previsto, la Camera di Commercio elimina la registrazione senza bisogno di istanza (ma chiaramente questa è una “soluzione” meramente temporale, da attendere passivamente).

Nella tabella seguente riportiamo un riepilogo delle tipologie di cancellazione del protesto, con requisiti, autorità competente e riferimenti normativi principali, distinguendo il caso degli assegni da quello delle cambiali:

Tipo di cancellazioneRequisiti / CondizioniA chi rivolgersiEsito e tempiRiferimenti normativi
Pagamento entro 12 mesi (cancellazione “ordinaria”) (solo per cambiali)– Titolo di credito protestato pagato integralmente entro 12 mesi dalla levata del protesto (inclusi interessi di mora e spese di protesto/eventuale esecuzione).– Titoli equiparati al pagamento: remissione del debito da parte del creditore, oppure accordo di ristrutturazione omologato ex art. 182-bis L. Fall., purché entro 12 mesi.Presidente della Camera di Commercio competente (Ufficio Protesti): presentazione di istanza di cancellazione in bollo, allegando originale del titolo protestato con atto di protesto e quietanza/quietanzato.– Se l’istanza non viene accolta entro 20 giorni o è rifiutata, è possibile ricorrere al Giudice di Pace della residenza del debitore.Provvedimento dirigenziale entro 20 gg dall’istanza. Se accolta, la cancellazione è eseguita entro i 5 gg successivi: il protesto viene eliminato dal Registro e “si considera, a tutti gli effetti, come mai avvenuto”.– Se diniego, possibilità di opposizione in sede giudiziaria (GdP) entro 30 gg.– R.D. 1669/1933 (Legge Cambiaria) art. 45 e L. 77/1955 art. 4, comma 1 (come mod. da L. 235/2000 art. 1).– L. 235/2000 (art. 2) ha introdotto questa facoltà di cancellazione per pagamento tempestivo di cambiali.
Pagamento di assegno entro 12 mesi (nota: non dà luogo a cancellazione)– Assegno protestato pagato successivamente (anche subito dopo il protesto).– N.B.: Contrariamente alle cambiali, per gli assegni la legge NON consente la cancellazione dal Registro per il solo fatto dell’avvenuto pagamento entro 12 mesi. La differenza di trattamento è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale (sent. 70/2003) in ragione della maggiore severità necessaria a contrastare l’uso disinvolto degli assegni.– Non è prevista un’istanza di cancellazione immediata. Tuttavia:• Il debitore può chiedere alla Camera di Commercio un’annotazione di avvenuto pagamento dell’assegno sul Registro Protesti, allegando quietanza del portatore.• Inoltre, pagando l’assegno entro 60 giorni, si evitano le sanzioni amministrative (iscrizione CAI e interdizione) pur mantenendosi il protesto.Annotazione nel Registro: viene aggiunta una nota che indica che l’assegno protestato è stato poi pagato, ma il protesto resta visibile fino a riabilitazione o scadenza 5 anni. L’annotazione ha lo scopo di segnalare ai terzi che il debitore ha comunque saldato il dovuto, in attesa di poter ottenere la cancellazione completa trascorso l’anno.– Sanzioni assegni: se pagamento entro 60 gg, niente CAI; oltre 60 gg scatta interdizione 6 mesi (comunque conclusa ben prima dell’anno).– L. 77/1955 art. 4, comma 1 (come interpretata: esclude assegni da canc. per pagamento).– D.M. 316/2000 art. 5 (Regolamento attuativo Registro Protesti) per l’annotazione pagamento assegni.– L. 386/1990 e D.Lgs. 507/1999 per sanzioni amministrative assegni (CAI, revoca).
Riabilitazione del protestato (“cancellazione a seguito di riabilitazione”, per assegni o cambiali pagati oltre 12 mesi)Trascorso almeno 1 anno dalla data di levata del protesto.– Obbligazione pagata integralmente: il debitore ha adempiuto al pagamento dell’assegno protestato (in qualsiasi momento, anche dopo 12 mesi) e di tutti gli altri eventuali titoli protestati di cui chiede la riabilitazione.– Nessun ulteriore protesto negli ultimi 12 mesi precedenti la richiesta (il beneficio è concesso solo se nell’anno successivo al protesto in questione non vi sono stati nuovi protesti a carico del debitore).– (Facoltativo) Possono essere inclusi nella stessa istanza più protesti levati nell’arco di 3 anni, purché tutti pagati e rispettate le condizioni (1 anno dall’ultimo, nessun nuovo protesto in mezzo).Presidente del Tribunale del luogo di residenza del protestato: presentazione di ricorso per riabilitazione ex art. 17 L.108/1996, con allegati i documenti richiesti (quietanze, titoli, visura protesti, ecc.). Procedimento di volontaria giurisdizione (non contenzioso).– Alternativa: Notaio autorizzato: dall’ottobre 2022 la legge consente di ottenere la riabilitazione anche tramite un atto notarile, su istanza del debitore e al ricorrere dei medesimi presupposti. Il notaio rogante, verificate le condizioni, redige l’atto di riabilitazione.Decreto di riabilitazione del Presidente Tribunale oppure Atto di riabilitazione notarile: entrambi producono gli stessi effetti giuridici. L’atto/notifica viene pubblicato nel Bollettino Ufficiale dei Protesti cambiari a cura della Camera di Commercio, ed è soggetto a eventuale opposizione entro 30 giorni da parte di chiunque vi abbia interesse (es: un creditore).– Cancellazione dal Registro Protesti: ottenuta la riabilitazione, il debitore presenta istanza alla Camera di Commercio allegando copia del decreto/atto. Il dirigente camerale deve disporre la cancellazione dei dati entro 20 giorni, rendendo il protesto come mai avvenuto. La cancellazione ha carattere definitivo (salvo revoca se il provvedimento di riabilitazione fosse impugnato con successo).– L. 108/1996 art. 17 commi 1 e 6-bis: diritto alla riabilitazione dopo 1 anno e diritto alla cancellazione dal Registro informatico dopo riabilitazione.– L. 108/1996 art. 17 comma 2 (mod. da D.Lgs. 149/2022 art.35): riabilitazione accordata con decreto Tribunale o atto notarile.– L. 108/1996 art. 17 comma 6-ter (introdotto da L. 235/2000 art.1): possibile istanza unica per più protesti entro 3 anni.– D.Lgs. 116/2017 (non ancora efficace, vedi oltre): trasferirà competenza ai Giudici di Pace dal 31/10/2025.
Cancellazione per protesto illegittimo o erroneo– Protesto avvenuto per errore o irregolarità formale: es. persona protestata per omonimia; protesto di assegno emesso con firma falsa; protesto levato nonostante il pagamento fosse già stato eseguito nei termini (protesto indebito); altre irregolarità procedurali nella levata del protesto.– In generale, si richiede la prova rigorosa dell’illegittimità: es. dichiarazione della banca che attesta pagamento tempestivo non rilevato; perizia grafologica su firma falsa; sentenza penale di falso; ecc. (la valutazione dell’“errore” non è discrezionale ma va provata in giudizio in modo certo).Presidente della Camera di Commercio: presentazione di istanza di cancellazione per erronea/illegittima levata del protesto, con allegata documentazione probatoria. (Spesso l’istanza viene attivata dallo stesso pubblico ufficiale levatore o dalla banca che riconoscono l’errore, ma può presentarla anche il protestato direttamente, purché fornisca prove).– Se l’istanza non è accolta entro 20 giorni o viene respinta, il debitore può proporre ricorso al Giudice di Pace competente, in via di opposizione al diniego di cancellazione (procedimento contenzioso). In tale giudizio vanno citati la Camera di Commercio ed è opportuno coinvolgere il pubblico ufficiale che levò il protesto, quale litisconsorte necessario, così che l’eventuale annullamento dell’atto di protesto possa avvenire con piena cognizione.Provvedimento dirigenziale Camera di Commercio: se l’istanza è accolta (ritenendo provato l’errore), dispone la cancellazione immediata dal Registro del protesto illegittimo. Il protesto viene eliminato come se non fosse mai esistito, analogamente al caso di riabilitazione.– Opposizione in sede giudiziale: se la Camera rifiuta o non decide, il Giudice di Pace, con giudizio di merito, può accertare l’illegittimità del protesto e ordinarne la cancellazione. La decisione del giudice viene poi notificata alla Camera di Commercio, che esegue la cancellazione. (È anche possibile chiedere, in caso di urgenza, un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per sospendere/levare subito gli effetti del protesto, se vi è un grave pregiudizio imminente).– L. 77/1955 art. 4 comma 2 e 3: prevede la cancellazione in caso di protesto levato illegittimamente o per errore (previa verifica della fondatezza).– Cass. Sez. Unite 8487/2007 e 7885/2007: il pubblico ufficiale levatore va citato nel giudizio di opposizione su protesto illegittimo.– Cass. SU 4464/2009: il diritto alla cancellazione sussiste se vi sono i requisiti di legge e la giurisdizione sulle controversie in materia di protesti è del giudice ordinario (GdP), con onere della prova rigoroso a carico del protestato.
Cancellazione d’ufficio (dopo 5 anni)Decorsi 5 anni dalla data di iscrizione del protesto nel Registro. Il termine quinquennale decorre per ciascun singolo protesto dalla propria data di levata (se un soggetto ha protesti in date diverse, ciascuno verrà eliminato al compimento del proprio quinquennio, non attendendo l’ultimo).– Nessuna azione richiesta da parte del debitore; la cancellazione è automatica e indipendente dal pagamento (anche un protesto non pagato verrà comunque eliminato dopo cinque anni).Camera di Commercio competente (Ufficio Protesti): provvede automaticamente allo scadere del termine di 5 anni a rimuovere d’ufficio dal Registro i dati relativi al protesto. Non è necessario presentare istanza né pagare alcunché.Eliminazione automatica dei dati: il nominativo del protestato viene cancellato dal Registro Protesti e non risulterà più nelle visure a partire dal giorno successivo al compimento del quinquennio. Questa cancellazione non riabilita il debitore agli effetti di legge (ad es. se non ha pagato, il debito verso il creditore rimane, semplicemente il protesto non è più pubblicizzato).– Attenzione: la cancellazione d’ufficio non rimuove eventuali banche dati private o pregiudizi diversi dal Registro Protesti; inoltre non impedisce che un creditore possa tener conto del vecchio protesto (se ne ha avuto conoscenza) in valutazioni di affidamento.– L. 480/1995 (conversione D.L. 381/95) art. 3-bis: istituzione Registro Informatico Protesti e conservazione dei dati per 5 anni, poi cancellazione.– D.M. 316/2000 (Reg. attuazione) art. 8: modalità di cancellazione decorsi 5 anni.

Come si nota, per gli assegni bancari la procedura principale per ottenere la cancellazione anticipata del protesto è la riabilitazione trascorso un anno. La legge non consente, infatti, la cancellazione “ordinaria” nei 12 mesi per un assegno pagato (una scelta di rigore motivata dal legislatore per dissuadere abusi nell’uso degli assegni, come confermato anche dalla Corte Costituzionale). Dunque, se siete stati protestati per un assegno, dovrete necessariamente passare attraverso la riabilitazione (a meno che il protesto sia stato levato per errore, nel qual caso potete tentare la strada della cancellazione per illegittimità). Approfondiamo ora singolarmente le procedure sopra elencate, con particolare riguardo al caso degli assegni.

Cancellazione per pagamento entro 12 mesi: differenze tra cambiali e assegni

La procedura di cancellazione per avvenuto pagamento entro 12 mesi dalla levata del protesto è prevista espressamente dalla legge per i titoli cambiari (pagherò cambiari, tratte accettate) e vaglia, ma non per gli assegni bancari. Questa disparità normativa risale alla Legge n.77/1955 (successivamente modificata), che all’art. 4 distingueva tra:

  • Cambiali: se il debitore paga la cambiale protestata entro 12 mesi dall’evento, ha diritto alla cancellazione del protesto.
  • Assegni: nessuna cancellazione anticipata è prevista solo per aver pagato l’assegno, indipendentemente dal tempo.

La ratio storica di tale differenza è che un assegno bancario, a differenza di una cambiale, è uno strumento di pagamento a vista che dovrebbe avere provvista immediata; consentire la cancellazione rapida del protesto di un assegno solo perché pagato dopo qualche mese poteva essere visto come un eccessivo favor debitoris, indebolendo la funzione deterrente del protesto. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 70/2003, è stata chiamata a valutare se questa disparità di trattamento fosse incostituzionale (questione sollevata da un Giudice di Pace) e ha stabilito che la norma è legittima: la severità verso gli assegni (niente cancellazione breve nemmeno se pagati entro un anno) è giustificata dall’esigenza di tutela della sicurezza delle transazioni.

In pratica, quindi, se un assegno viene protestato, pagarlo entro 12 mesi evita le sanzioni amministrative più gravi (interdizione e multa, come già detto, se il pagamento avviene nei 60 giorni dalla notificazione del preavviso di revoca) ma non elimina il protesto dal Registro. L’unico sollievo disponibile nell’immediato è chiedere alla Camera di Commercio l’annotazione di avvenuto pagamento accanto al protesto registrato. L’annotazione segnalerà a chi consulta le visure che quel dato assegno protestato è stato successivamente pagato, ma il nominativo resterà comunque presente nell’elenco dei protesti fino a quando non si otterrà la riabilitazione o finché non decorreranno i cinque anni. Si tratta quindi di un rimedio parziale, utile a livello informativo ma non risolutivo in termini di reputazione, poiché agli occhi di molti istituti un protesto resta un fattore negativo anche se risultante “pagato”.

Per le cambiali (e titoli equiparati), invece, la Legge 18 agosto 2000 n. 235 ha innovato la disciplina introducendo la possibilità di cancellare il protesto in tempi brevi: se il debitore paga entro 12 mesi, può presentare direttamente istanza al Presidente della Camera di Commercio per togliere il protesto. La Camera di Commercio verifica l’istanza (che va corredata dal titolo quietanzato: ovvero la cambiale originale con il timbro o la dichiarazione di avvenuto pagamento da parte del creditore) e, se tutto regolare, ordina la cancellazione entro 20 giorni. Tecnicamente, tale procedura anticipata non è una “riabilitazione”, ma una cancellazione amministrativa disposta dall’ufficio protesti, resa possibile dalla modifica dell’art. 4 L.77/1955 operata con la L.235/2000. Per gli assegni, lo ribadiamo, la L.235/2000 non ha esteso questa facoltà – anzi, la Corte Costituzionale nel 2003 ha avallato questa scelta di differenziazione.

Esempio pratico (cambiale vs assegno): Tizio e Caio sono due imprenditori. Tizio emette una cambiale da €5.000 a favore di Alfa S.p.A. con scadenza 30/06/2024, ma non la paga alla scadenza: la cambiale viene protestata il 1° luglio 2024. Caio emette un assegno di €5.000 a favore di Beta S.r.l., versato il 30/06/2024, ma che risulta scoperto e viene protestato il 5 luglio 2024. Entrambi, rendendosi conto del problema, pagano i rispettivi creditori a settembre 2024, quindi entro 3 mesi dal protesto. A questo punto:

  • Tizio (cambiale) potrà immediatamente presentare istanza alla Camera di Commercio per far cancellare il protesto della cambiale, allegando l’originale della cambiale con quietanza di Alfa S.p.A. e pagando bolli e diritti di segreteria. La Camera, verificati i documenti, disporrà la cancellazione dal Registro Protesti (entro max 20 gg). Entro ottobre/novembre 2024 Tizio otterrà una visura protesti pulita, come se il protesto non fosse mai esistito.
  • Caio (assegno) non potrà richiedere la cancellazione del protesto fino a che non sia trascorso almeno un anno. Nel frattempo potrà domandare un’annotazione che l’assegno è stato pagato, ma resterà comunque protestato per tutti i fini pratici. Caio inoltre subirà l’iscrizione in CAI e la sanzione di interdizione ad emettere assegni per 6 mesi dal prefetto (a meno che abbia pagato entro 60 giorni, cosa che però nel nostro esempio non è avvenuta). Anche se Caio a settembre 2024 ha saldato Beta S.r.l. e la banca lo riabilita internamente dopo 6 mesi, il suo nome rimarrà nel Registro Protesti almeno fino a luglio 2025. Solo dopo tale data Caio potrà avviare la procedura di riabilitazione (vedi oltre) per farsi cancellare definitivamente il protesto dal Registro. In altre parole, Caio dovrà convivere con la nomea di “protestato” per circa un anno, mentre Tizio se l’è cavata in pochi mesi grazie alla diversa disciplina delle cambiali.

Questo esempio chiarisce perché la riabilitazione (dopo un anno) è la strada obbligata per chi subisce protesti di assegni, mentre per le cambiali vi è uno “sconto di pena” se pagate entro un anno. Chi emette assegni, infatti, è tenuto dalla legge a un comportamento estremamente diligente: la sanzione reputazionale del protesto rimane anche se l’assegno viene pagato tardivamente, proprio per rimarcare la serietà dell’obbligo di provvista immediata. Chi invece onora una cambiale in ritardo (entro l’anno) ha dalla legge una seconda chance di pulire la propria posizione più rapidamente.

Riabilitazione del protestato ex art. 17 L.108/1996 (assegni e cambiali)

La riabilitazione è la procedura chiave per ottenere la cancellazione di un protesto di assegno. Prevista dall’art. 17 della Legge 108/1996 (legge antiusura), essa offre al debitore protestato una via di “redenzione” a patto che dimostri di aver pagato i propri debiti e mantenuto una condotta regolare per un certo periodo. In termini semplici, trascorso almeno un anno dal protesto, se il debitore ha pagato l’assegno protestato e non ha collezionato altri protesti nel frattempo, può chiedere al giudice la riabilitazione e, una volta ottenutala, far cancellare il protesto dal Registro informatico. Questa procedura si applica sia ai protesti di assegni sia a quelli di cambiali (quando il pagamento è avvenuto oltre il termine annuale, o comunque quando si è persa la chance della cancellazione amministrativa entro l’anno). La riabilitazione è disciplinata in dettaglio dall’art. 17 L.108/1996 e successive modifiche: vediamo i punti principali.

Condizioni per la riabilitazione: L’art. 17 comma 1 stabilisce che “Il debitore protestato che abbia adempiuto all’obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subito ulteriore protesto ha diritto ad ottenere, trascorso un anno dal levato protesto, la riabilitazione”. Quindi i requisiti sono tre:

  1. Pagamento dell’obbligazione: bisogna aver pagato integralmente quanto dovuto per l’assegno protestato. In pratica occorre fornire prova dell’avvenuto pagamento al portatore dell’assegno (es. quietanza liberatoria firmata dal creditore per l’importo facciale più eventuali interessi e spese). Se si hanno più protesti da riabilitare, vanno pagati tutti i titoli in questione.
  2. Nessun nuovo protesto nell’ultimo anno: dal giorno successivo alla levata del protesto oggetto di riabilitazione, per almeno 12 mesi il debitore non deve essere incorso in ulteriori protesti. Una “fedina” immacolata per un anno è condizione imprescindibile. Se durante quell’anno si subisce un altro protesto, il conteggio riparte dall’ultimo evento.
  3. Decorso di un anno dalla levata del protesto: bisogna attendere almeno 1 anno pieno. Ad esempio, per un protesto avvenuto il 1° febbraio 2024, si potrà presentare istanza di riabilitazione solo a partire dal 2 febbraio 2025 (sempre che siano soddisfatti gli altri requisiti).

Se queste condizioni sono soddisfatte, la legge configura la riabilitazione come un diritto soggettivo del protestato: in altre parole, il giudice non decide discrezionalmente se “concedere” o meno, ma deve limitarsi a verificare la sussistenza dei requisiti. Se ci sono, deve emanare il provvedimento di riabilitazione; se manca qualcosa (ad es. un pagamento non provato adeguatamente, o un altro protesto emerso nel periodo), rigetterà la richiesta. La natura vincolata e non discrezionale del procedimento è stata rimarcata anche dalla Corte di Cassazione (Sez. Unite 4464/2009).

Competenza: giudice o notaio? Evoluzione recente: Tradizionalmente la riabilitazione era di esclusiva competenza del Presidente del Tribunale territorialmente competente (di solito il tribunale del luogo di residenza del protestato). Il Presidente decideva con decreto in sede di volontaria giurisdizione (procedimento non contenzioso, su istanza di parte). Dal 2023, in attuazione della riforma “Cartabia” del processo civile, la legge prevede una alternativa: la riabilitazione può essere accordata anche con atto di un notaio, su istanza dell’interessato. L’art. 17 L.108/96, comma 2, recita infatti (nella versione aggiornata): “La riabilitazione è accordata con decreto del presidente del tribunale o con atto notarile su istanza dell’interessato corredata dai documenti giustificativi.”. Dunque oggi il debitore ha due opzioni:

  • Ricorso per riabilitazione in Tribunale: resta la via più comune. Si presenta un ricorso al Presidente del Tribunale in cui si chiede la riabilitazione ex art.17, allegando i documenti. Non è obbligatorio farsi assistere da un avvocato (trattandosi di volontaria giurisdizione, l’istanza può essere proposta anche personalmente dal richiedente), anche se è spesso consigliabile farsi aiutare da un legale per predisporre tutto correttamente. Dopo il deposito, il fascicolo viene esaminato dal magistrato, il quale – se ritiene tutto in ordine – emette un decreto di accoglimento che dichiara riabilitato il protestato. In alcuni tribunali la procedura è molto rapida e si conclude in poche settimane, in altri può richiedere qualche mese a seconda del carico di lavoro. Normalmente non è prevista un’udienza né un contraddittorio, salvo problematiche (ad esempio se manca qualche documento il giudice potrebbe chiedere integrazioni).
  • Istanza di riabilitazione per atto notarile: questa è una novità tesa ad alleggerire i tribunali. In alternativa al ricorso al Presidente del Tribunale, il debitore può rivolgersi a un notaio abilitato, presentandogli la documentazione che attesti il possesso dei requisiti. Il notaio verifica il tutto e, se ritiene la richiesta fondata, forma un atto notarile di riabilitazione. Tale atto ha la stessa efficacia del decreto del tribunale. La differenza sta nei tempi e nei costi: il notaio in genere può redigere l’atto in tempi brevi (anche pochi giorni, ottenuti i documenti) ma chiederà un onorario professionale; il tribunale è teoricamente gratuito (fatte salve le spese vive di bollo/contributo unificato) ma può essere più lento. Dal punto di vista giuridico, entrambi i procedimenti portano allo stesso risultato.

Nota: secondo una riforma del 2017 (D.Lgs. 116/2017), la competenza per le istanze di riabilitazione sarebbe dovuta passare dai Tribunali ai Giudici di Pace, ma tale cambiamento (inizialmente previsto per il 2021) è stato posticipato e non sarà operativo fino al 31 ottobre 2025. Pertanto, alla data di questo aggiornamento (maggio 2025), continua ad essere competente il Presidente del Tribunale (o il notaio su scelta dell’interessato). Dopo ottobre 2025, presumibilmente, le nuove richieste andranno presentate al Giudice di Pace territorialmente competente, ma con modalità in gran parte analoghe.

Documenti necessari per la riabilitazione: Che si scelga la via del Tribunale o quella notarile, il richiedente dovrà predisporre un set di documenti a supporto dell’istanza. In base alla normativa vigente e alla prassi uniforme dei tribunali, i principali documenti richiesti sono:

  • Elenco dei protesti da riabilitare: bisogna indicare in ricorso i dettagli dei protesti per i quali si chiede riabilitazione (data, tipo di titolo – assegno o cambiale – importo, luogo e data di levata, pubblico ufficiale levatore). Spesso è utile allegare una visura protesti aggiornata rilasciata dalla Camera di Commercio, così da avere evidenza ufficiale dei protesti a carico del soggetto. Alcuni tribunali richiedono espressamente una visura camerale ad uso riabilitazione, recente (es. aggiornata agli ultimi 30 giorni).
  • Titoli originali protestati: ove disponibili, vanno allegati gli originali degli assegni o delle cambiali protestate, in originale, completi del relativo atto di protesto (timbrato dal notaio/ufficiale protesti). Questo serve a dimostrare l’esistenza del titolo e a consentire eventualmente al giudice di apporvi un visto di “riabilitato” o restituirlo annullato. Qualora non si disponga dell’originale (ad es. perché smarrito), si potrà allegare copia conforme o altro documento che attesti il protesto (ad esempio copia dell’atto di protesto o della levata).
  • Quietanze di pagamento: fondamentale è provare che ogni titolo protestato è stato pagato integralmente. La prova privilegiata è una dichiarazione liberatoria (quietanza) firmata dal portatore/creditore dell’assegno, in cui questi attesti di aver ricevuto il pagamento e di nulla più avere a pretendere. Idealmente tale dichiarazione dovrebbe riportare i dati dell’assegno (numero, importo, data protesto) ed essere con firma autenticata da un notaio, così da garantirne la provenienza. In mancanza di quietanza, può essere utile allegare ricevute bancarie di bonifici, assegni circolari dati a saldo o altri riscontri documentali del pagamento. La Cassazione ha chiarito che la prova del pagamento dev’essere rigorosa: non sono ammessi testi o presunzioni, servono documenti chiari. È consigliabile far autenticare le quietanze e allegare copia del documento d’identità del creditore firmatario.
  • Documenti anagrafici: copia di un documento d’identità valido del debitore protestato (o, se si tratta di società, del legale rappresentante che firma l’istanza); codice fiscale. In caso di società, spesso viene richiesta copia della visura camerale della società stessa.
  • Marca da bollo e contributo unificato (per ricorso in Tribunale): il procedimento di riabilitazione in Tribunale richiede il pagamento di un contributo unificato, che attualmente è di €98 (importo forfettario per i procedimenti di volontaria giurisdizione di questo tipo), salvo esenzioni particolari. Inoltre si applicano marche da bollo (una marca da bollo da €16 ogni 4 pagine di ricorso + una marca da €27 per diritti forfettari di cancelleria, secondo le prassi attuali). È bene verificare presso la cancelleria competente l’importo esatto e l’eventuale esenzione: in alcuni circondari infatti i ricorsi ex art. 17 L.108/96 vengono considerati esenti da contributo unificato in quanto volti alla cancellazione di un atto pregiudizievole, ma la maggioranza richiede il contributo (come conferma la prassi citata).
  • Pagamento onorario notarile (per atto notarile): se si opta per la via del notaio, si dovrà corrispondere al professionista il suo compenso. L’onorario varia ma in genere per un atto di riabilitazione può ammontare a qualche centinaio di euro (indicativamente €300-500, dipende dal notaio e dalla complessità). È un costo superiore alle poche decine di euro di marche in Tribunale, ma a fronte di una potenziale velocità maggiore e minore burocrazia giudiziaria.

Procedimento e tempi: Una volta presentata l’istanza (o stipulato l’atto notarile), occorre attendere l’emissione del provvedimento:

  • In Tribunale, se tutto è in ordine, il Presidente (o un giudice delegato) emana un decreto di riabilitazione. Il decreto viene comunicato al richiedente. È opportuno richiederne più copie autentiche, perché ne servirà almeno una da depositare alla Camera di Commercio per la cancellazione dal Registro. I tempi variano: in alcuni Tribunali virtuosi bastano 20-30 giorni, altrove possono essere 2-3 mesi. Se la pratica presenta problemi (es. mancano documenti o emergono dubbi), il giudice può fissare un’udienza di comparizione per chiarimenti o disporre un’integrazione probatoria. Questo però è raro in procedimenti lineari. Se l’istanza viene rigettata (ad esempio perché è emerso che il soggetto aveva un altro protesto più recente non dichiarato, o perché la quietanza non era ritenuta valida), il protestato può proporre opposizione in via reclamo: attualmente l’opposizione a un diniego del Presidente del Tribunale va presentata alla Corte d’Appello competente entro 30 giorni dalla comunicazione del rigetto. Il reclamo sarà trattato in camera di consiglio e deciso con decreto dalla Corte d’Appello. Le statistiche mostrano che i dinieghi sono rari se si presenta tutto correttamente; più spesso capita che il giudice sospenda in attesa di integrazioni, evitando il rigetto formale.
  • Dal Notaio, il procedimento è di solito più snello: verificati i documenti, il notaio redige l’atto pubblico notarile contenente la dichiarazione di riabilitazione del debitore con l’indicazione dei protesti riabilitati. L’atto viene inserito nel repertorio notarile e ne vengono rilasciate copie (in formato analogico o digitale). Anche l’atto notarile, come il decreto, dev’essere pubblicato nel Bollettino dei protesti cambiari a cura della Camera di Commercio. In pratica il notaio trasmette l’estratto dell’atto all’Ufficio Protesti perché venga pubblicato (rendendo pubblica la riabilitazione e dando modo a eventuali interessati di proporre opposizione, analoga a quella contro il decreto).

Pubblicazione e opposizione di terzi: Sia il decreto di riabilitazione che l’atto notarile di riabilitazione vengono pubblicati nel Bollettino Ufficiale dei Protesti (bollettino mensile curato dalle Camere di Commercio). Da tale pubblicazione decorre il termine di 30 giorni entro cui “chiunque vi abbia interesse” può proporre opposizione (art. 17 co. 4 L.108/96 e art. 13 D.Lgs. 150/2011). In pratica, se ad esempio un creditore ritiene che la riabilitazione sia stata concessa indebitamente (magari perché scopre che il debitore in realtà non aveva pagato tutti i titoli, o contesta la validità di una quietanza), può depositare opposizione presso il Tribunale (rito del lavoro) chiedendo la revoca della riabilitazione. L’opposizione va proposta, a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla pubblicazione nel bollettino. Se nessuno si oppone nei 30 giorni, la riabilitazione diviene definitiva. Le opposizioni di terzi sono comunque evenienze eccezionali; nella gran parte dei casi nessuno ha interesse a contestare una riabilitazione (i creditori di solito sono quelli che hanno già ricevuto il pagamento, quindi non hanno motivo). Tuttavia è importante sapere che, teoricamente, una riabilitazione può essere revocata se l’opposizione di un interessato viene accolta dal giudice. In tal caso, gli effetti del decreto/atto cessano e la riabilitazione viene annullata, con conseguente ripristino del protesto nel Registro (la CCIAA dovrà reiscriverlo). È un’ipotesi limite, ma conferma che finché non scadono i 30 giorni un minimo di provvisorietà sussiste.

Cancellazione dal Registro Informatico dei Protesti a seguito di riabilitazione: Una volta ottenuto il decreto del Tribunale o l’atto notarile che concede la riabilitazione, il protestato deve attivarsi per far cancellare effettivamente i propri dati dal Registro Protesti. La Camera di Commercio, infatti, non cancella automaticamente i protesti riabilitati (non può saperlo finché non glielo si comunica). Bisogna presentare un’istanza di cancellazione per avvenuta riabilitazione all’Ufficio Protesti della CCIAA dove il protesto è stato pubblicato, allegando copia autentica del decreto di riabilitazione (o atto notarile). La domanda va in bollo (€16) e si paga un diritto di segreteria (generalmente €8 per ogni protesto da cancellare). La Camera di Commercio, ricevuta l’istanza, deve provvedere entro 20 giorni a emettere il provvedimento dirigenziale di cancellazione. Trattandosi di un atto dovuto – visto che si allega un provvedimento giudiziario/notarile esecutivo – la CCIAA effettuerà semplicemente un controllo formale e poi procederà a eliminare dal Registro i dati del protesto riabilitato. L’effetto, per espressa previsione di legge, è che “il protesto si considera, a tutti gli effetti, come mai avvenuto”. In pratica la visura protesti, dopo la cancellazione, risulterà “pulita” e non vi sarà traccia del precedente evento.

Se per caso la Camera di Commercio non provvede entro il termine (eventualità rara) o sorgessero intoppi burocratici, la legge prevede che l’interessato possa fare ricorso al Giudice di Pace contro l’inerzia o il diniego dell’ufficio protesti, per ottenere un ordine giudiziale di cancellazione. Ma onestamente, in caso di riabilitazione, le Camere di Commercio eseguono in tempi rapidi e senza ostacoli (sono ben consapevoli che il riabilitato ha un diritto soggettivo alla cancellazione).

Riepilogando la riabilitazione (assegno): il flusso è:

  1. Aspettare almeno 1 anno dal protesto, senza nuovi protesti.
  2. Pagare l’assegno protestato (se non già fatto) e procurarsi quietanza del creditore.
  3. Presentare ricorso in tribunale (o istanza al notaio) con tutti i documenti.
  4. Ottenere il decreto di riabilitazione del Presidente Tribunale (o atto notarile).
  5. Presentare istanza alla Camera di Commercio con copia del decreto/atto.
  6. La Camera cancella il protesto dal Registro entro 20 giorni; dopo la cancellazione, il nominativo non appare più su visure e certificati.

Dopo aver ottenuto la cancellazione, il soggetto riabilitato può considerarsi pienamente “ripulito”: sia la legge che la prassi bancaria lo trattano come se non avesse mai avuto protesti. Va sottolineato infatti che la riabilitazione incide solo sul Registro protesti e sugli effetti del protesto, ma non revoca eventuali sanzioni amministrative già subite sull’assegno (quelle però, come visto, durano 6 mesi e saranno comunque già esaurite allo scadere dell’anno). In pratica, quando si giunge a ottenere la riabilitazione, le misure della CAI sono un ricordo: se il protestato era stato iscritto in CAI per 6 mesi, quel periodo sarà già trascorso da tempo, e il soggetto potrà tornare a emettere assegni (sempre che la banca acconsenta di nuovo a rilasciargli un carnet). L’eliminazione del protesto dal Registro farà sì che anche le banche dati creditizie non segnalino più nulla: una visura protesti aggiornata darà esito “nulla”, permettendo al riabilitato di attestare la propria ritrovata affidabilità.

È interessante notare che la riabilitazione ha effetti retroattivi sul protesto: ex lege “il protesto si considera come mai avvenuto”. Ciò vale sul piano pubblicistico (Registro) ma non significa, ad esempio, che vengano meno le eventuali azioni esecutive già fatte o i diritti sorti dal protesto in passato. Ad ogni modo, da quel momento nessuno potrà più ufficialmente sapere di quel protesto, se non andando a cercare vecchi bollettini cartacei o memorie storiche (ma decorso il quinquennio nemmeno quelli contano più).

Cancellazione per protesto illegittimo o per errore

Esaminiamo ora la procedura da seguire quando il protesto dell’assegno non avrebbe dovuto proprio esserci, cioè quando è frutto di un errore o è giuridicamente invalido. Questa ipotesi riguarda situazioni come:

  • Errore di persona (omonimia): ad esempio il protesto viene iscritto a nome della persona sbagliata, magari perché omonima del vero traente. Oppure l’assegno era di una società ma viene protestato a nome del legale rappresentante personalmente per errore.
  • Assegno falsificato: il caso tipico è l’assegno rubato o contraffatto con firma di traenza falsa. Il titolare del conto si vede protestare un titolo che in realtà non ha emesso lui.
  • Pagamento effettuato nei termini ma protesto ugualmente levato: può succedere che l’assegno sia stato pagato entro la fine del giorno di presentazione (ad es. grazie a un versamento sul conto in extremis, o tramite clearing) ma, per un disguido, il pubblico ufficiale ha comunque levato protesto. Oppure c’è stato un difetto formale (ad es. assegno presentato oltre i termini legali di incasso ma erroneamente protestato lo stesso).
  • Vizi formali del protesto: se l’atto di protesto è radicalmente nullo per mancanza di requisiti essenziali previsti dalla legge (cosa rara ma possibile), il protesto potrebbe considerarsi illegittimo.

In questi casi, a differenza della riabilitazione (che richiede comunque pagamento e un anno di attesa), la legge consente di agire tempestivamente per far eliminare dal Registro un protesto che non doveva essere levato. La norma di riferimento è ancora l’art. 4 della L.77/1955 (come novellato dalla L.235/2000), commi 2 e seguenti. In sintesi:

  • Il soggetto interessato (o direttamente il pubblico ufficiale che ha levato il protesto, resosi conto dell’errore) può presentare una domanda di cancellazione per protesto illegittimo/erroneo al Dirigente dell’Ufficio Protesti della Camera di Commercio competente. Nell’istanza occorre spiegare i motivi per cui la levata del protesto è errata e allegare la documentazione probatoria a supporto. Ad esempio, nel caso di firma falsa, si potrebbe allegare una denuncia e magari una perizia; nel caso di pagamento effettuato, la prova del pagamento in data anteriore al protesto; per omonimia, documenti che attestino lo scambio di identità (il protesto originario spesso riporta elementi identificativi insufficienti, e la persona ingiustamente colpita deve dimostrare che non era lei il traente dell’assegno).
  • La Camera di Commercio ha 20 giorni per decidere. Se riconosce l’errore, il Dirigente adotta un provvedimento di accoglimento e dispone la cancellazione immediata del protesto dal Registro. L’annotazione viene eliminata come se non fosse mai esistita. Contestualmente, il protesto in questione viene anche rimosso dal Bollettino ufficiale, con apposita pubblicazione della cancellazione.
  • Se la Camera nega la cancellazione o non risponde entro 20 giorni, l’interessato può proporre un’azione di opposizione davanti al Giudice di Pace (del luogo di residenza del protestato). Si tratta di un vero e proprio giudizio contenzioso, instaurato con ricorso ex art. 4 L.77/55 comma 4, finalizzato a far dichiarare l’illegittimità del protesto e ordinarne la cancellazione. In questo giudizio vanno citati come parti la Camera di Commercio (che ha negato la cancellazione) e il pubblico ufficiale levatore del protesto (notaio, ufficiale giudiziario o funzionario). La Cassazione a Sezioni Unite nel 2007 ha chiarito che il pubblico ufficiale è litisconsorte necessario, cioè deve partecipare al giudizio, anche se spesso rimane solo destinatario “per conoscenza” (in pratica, se il protesto viene annullato, si annulla un suo atto, quindi è giusto che ne sia messo a parte e possa eventualmente difendere la regolarità del suo operato). Il Giudice di Pace, con rito semplificato, valuterà le prove e deciderà se il protesto fu effettivamente erroneo/illegittimo.
  • Se il Giudice di Pace accoglie l’opposizione, emette una sentenza (o un decreto motivato) che dichiara l’illegittimità del protesto in questione e ordina alla Camera di Commercio di cancellarlo dal Registro. Tale provvedimento, una volta notificato alla Camera, viene eseguito con la rimozione definitiva dei dati. Spesso inoltre il giudice condanna la Camera di Commercio alle spese e dispone la pubblicazione della sentenza nel Bollettino Protesti (per dare pubblicità all’avvenuta cancellazione). Va osservato che il giudice non “cancella” direttamente – compito che resta amministrativo – ma ordina alla CCIAA di farlo.
  • Se invece l’opposizione viene respinta, il protesto rimane dov’è (salvo appello, che andrà proposto al Tribunale in composizione collegiale, ma qui entriamo nel processuale). In tal caso l’ultima risorsa, in realtà, sarebbe attendere la cancellazione automatica dopo 5 anni.

Prova rigorosa richiesta: Data la natura particolare di questa procedura, le prove a supporto devono essere molto solide. La giurisprudenza ha evidenziato che per ottenere la cancellazione di un protesto per illegittimità, il protestato deve fornire evidenze chiare e incontrovertibili, visto che si sta agendo contra factum (ossia contro un atto pubblico ufficiale già eseguito). La Cassazione Sez. Unite n. 4464/2009 ha definito la posizione del protestato in questi casi come titolare di un diritto soggettivo condizionato alla cancellazione, soggetto però a “requisiti probatori stringenti” – in pratica bisogna fornire documenti che non lascino margine di dubbio. Ad esempio, nel caso di pagamento già avvenuto ma protesto eseguito lo stesso: servirà magari l’estratto conto con valuta antecedente, la lettera della banca che certifica l’errata mancata segnalazione, ecc. Nel caso di firma falsa su un assegno: allegare la denuncia per furto o clonazione dell’assegno, la perizia calligrafica che attesta la difformità di firma, ecc. Nel caso di omonimia: fornire copia dei documenti di identità, codice fiscale, ogni elemento che distingua il ricorrente dal vero debitore protestato (ad esempio luogo e data di nascita diversi) – utile ricordare che proprio per evitare omonimie la L. 273/2002 ha introdotto l’obbligo di indicare il codice fiscale o data nascita del debitore sulle cambiali a pena di nullità del protesto; per gli assegni invece la banca di solito fornisce già questi dati all’ufficiale levatore, ma errori sono sempre possibili.

Rapporto con il pagamento: Da notare che la cancellazione per illegittimità non richiede la prova del pagamento dell’assegno – perché, in teoria, l’assegno non doveva neppure essere protestato. Anzi, a seconda dei casi il pagamento potrebbe essere irrilevante (es. se la firma era falsa, il vero correntista non deve nulla). Oppure può darsi che il protestato abbia pagato comunque in seguito per evitare guai: ciò non preclude la cancellazione per errore, anzi rafforza semmai la buona fede. Ad esempio, Tribunale di Trani, sentenza 4/3/2005 n.207 (confermata poi in Cassazione) ha affermato che la disciplina della L.77/55 sulla cancellazione per protesto illegittimo si applica anche agli assegni protestati erroneamente, ordinando la cancellazione di un protesto su assegno a firma falsificata. Dunque, se siete vittima di un protesto ingiusto su assegno, non aspettate un anno: attivatevi subito con la Camera di Commercio e, se serve, in sede giudiziaria.

Attenzione alle tempistiche e al quinquennio: Anche qui, c’è il “timer” dei 5 anni. Se per qualche motivo vi accorgete tardi dell’errore (magari scoprite dopo 4 anni di essere stati protestati erroneamente), fate comunque l’istanza: la cancellazione d’ufficio a 5 anni è un traguardo vicino ma la procedura di illegittimità potrebbe comunque valere la pena, ad esempio per togliere anche solo qualche mese prima il vostro nome dal Registro (specie se siete nel bel mezzo di una trattativa creditizia). D’altro canto, se mancano pochi mesi ai 5 anni e non avete esigenze impellenti, valutate costi/benefici di una causa giudiziaria. In linea di massima, però, chi subisce un protesto ingiusto tende ad agire subito (spesso è una questione di principio oltre che di necessità pratica).

Effetti risarcitori: Una nota importante: ottenere la cancellazione del protesto illegittimo è la priorità, ma resta poi il tema dei danni subiti. Se il protesto era indebito, il protestato può chiedere il risarcimento dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) a chi ne è responsabile. Tipicamente i convenuti potrebbero essere il pubblico ufficiale (se ha commesso un errore), la banca (se ha dato informazioni errate) o altri soggetti la cui condotta colposa abbia causato il protesto ingiusto. La Cassazione (es. sent. n. 16808/2015, Cass. 15216/2014) ha riconosciuto che il protestato illegittimamente può ottenere ristoro per la lesione della reputazione economica subita. Tuttavia, questa è materia di cause civili separate. Ai fini della guida, basti sapere che se avete subìto danni rilevanti da un protesto che poi è stato annullato, potete consultare un legale per valutare un’azione risarcitoria.

La cancellazione automatica dopo 5 anni

Come già accennato, trascorsi cinque anni dalla data di iscrizione del protesto, la relativa notizia viene automaticamente eliminata dal Registro Informatico dei Protesti. Ciò avviene senza bisogno di alcuna richiesta: le Camere di Commercio hanno l’obbligo di mantenere aggiornato il registro ed espungere i nominativi alla scadenza del termine legale di conservazione (quinquennio). In pratica, il Registro Protesti funziona con una sorta di “rolling window” di 5 anni: ogni giorno che passa, vengono cancellati i protesti che hanno compiuto cinque anni esatti quel giorno.

Facciamo un esempio concreto per capire: Caio è stato protestato il 1° marzo 2020. Se non ha mai ottenuto la cancellazione prima, il suo nominativo resterà visibile in visura protesti fino al 1° marzo 2025. Il 2 marzo 2025, la Camera di Commercio competente dovrà rimuovere d’ufficio quel protesto. Dall’alba del 2 marzo 2025 in avanti, chi farà una ricerca su Caio non troverà più nulla relativo al protesto del 2020. Se Caio nel frattempo avesse avuto anche altri protesti (poniamo uno nel 2021 e uno nel 2022), questi verranno a loro volta eliminati rispettivamente nel 2026 e nel 2027: ogni protesto “scade” individualmente a 5 anni dalla sua registrazione. Non è cioè che l’ultimo protesto fa da riferimento per tutti: ciascuno fa storia a sé.

Dal punto di vista pratico, la cancellazione decorsi i 5 anni non richiede alcuna pratica né spesa. È un meccanismo automatico previsto dalla legge (L. 480/1995 art. 3-bis) e dal regolamento attuativo (D.M. 316/2000). Il soggetto interessato non deve fare nulla, se non eventualmente verificare che la Camera di Commercio abbia effettivamente aggiornato la propria posizione (gli uffici di solito lo fanno regolarmente tramite i sistemi informatici centralizzati, quindi è raro che “dimentichino” protesti scaduti). Se mai succedesse che un protesto più vecchio di 5 anni risultasse ancora in elenco, basterebbe segnalarlo alla Camera che provvederà immediatamente alla correzione.

Limiti della cancellazione d’ufficio: È importante sottolineare che la cancellazione automatica non equivale a una riabilitazione in senso stretto. Essa infatti avviene allo scadere del tempo massimo di pubblicità consentito, indipendentemente dal fatto che il debitore abbia pagato o meno il dovuto. Quindi è possibile (anzi comune) che scadano 5 anni con protesti ancora impagati: il nominativo viene tolto dal Registro Protesti, ma ciò non significa che il debito sia stato estinto, né cancella eventuali pregiudizi diversi. Ad esempio, se Caio aveva un assegno protestato e mai pagato, dopo 5 anni non risulterà più protestato, però il creditore potrebbe aver agito giudizialmente e magari aver iscritto un pignoramento o un’ipoteca: quelle informazioni risulteranno altrove (nei registri immobiliari, nei bilanci, nelle banche dati pregiudizievoli). In sostanza, la cancellazione d’ufficio rimuove solo la segnalazione nel Registro Protesti; non “perdona” il debitore né incide sui rapporti sottostanti.

Dal punto di vista reputazionale, comunque, dopo cinque anni il soggetto torna “nuovo” per il Registro Protesti. Le banche in genere nelle loro analisi tengono conto degli ultimi 24-36 mesi per gli eventi negativi, quindi un evento vecchio di 5 anni spesso perde rilevanza (anche perché ufficialmente non appare più). Resta il fatto che affidarsi alla cancellazione d’ufficio significa accettare per 5 anni tutte le conseguenze negative di cui abbiamo parlato – il che per un imprenditore può essere devastante. Pertanto, tale opzione si considera una sorta di extrema ratio: la utilizza chi proprio non ha potuto (o voluto) intraprendere alcuna azione, magari perché non ha pagato i titoli protestati o perché ignora le procedure, o casi in cui il protestato ormai non svolge più attività economica e attende semplicemente il decorso del tempo.

Conclusione sulle procedure: abbiamo visto tutte le strade possibili per far togliere un protesto dal vostro record pubblico. Nella maggior parte delle situazioni pratiche relative ad assegni, la soluzione sarà la riabilitazione dopo 1 anno, perché implica che avete pagato il dovuto e intendete recuperare la vostra affidabilità. Se il protesto è dovuto a un errore, si potrà tentare la cancellazione immediata per illegittimità, che idealmente risolve il problema in tempi brevi. Se invece purtroppo non siete in grado di pagare affatto il debito dell’assegno, l’unica cosa da fare è attendere il quinquennio (a meno di riuscire in qualche modo a dimostrare un vizio del protesto stesso).

Nei prossimi paragrafi forniremo alcune indicazioni pratiche su come preparare le istanze e i ricorsi, con modelli esemplificativi, e infine risponderemo ad alcune domande comuni in materia.

Guida pratica: modelli di atti per cancellare un protesto

Di seguito presentiamo alcuni fac-simile di atti utili nelle procedure descritte. Si tratta di simulazioni a scopo illustrativo: andranno ovviamente adattate al caso concreto, ma possono servire da traccia.

Fac-simile di ricorso al Tribunale per riabilitazione da protesto (assegno)

(Da presentare alla Cancelleria Volontaria Giurisdizione del Tribunale competente)

Al Signor Presidente 
del Tribunale di _______________

Ricorso ex art. 17 L.108/1996 per Riabilitazione da Protesto

Il/La sottoscritto/a _______________________, nato/a a __________ (__), il __/__/____, cod. fisc. __________________, residente in __________, via __________ n.__, in qualità di debitore protestato,

espone quanto segue:

- In data __/__/____ veniva levato protesto a suo carico relativamente a n. __(1)__ assegno/i bancario/i emesso/i in data __/__/____ sul conto n. _________ presso ________ (banca), filiale di ________, per l’importo di € __________ cadauno, a favore di __________ (creditore), come da elenco dettagliato sottostante:
  1. Assegno bancario n. ________ di € ________, emesso il __/__/____, protestato il __/__/____ per mancato pagamento presso ________ (luogo protesto, banca);
  *(eventuali ulteriori titoli protestati da riabilitare, elencare analogamente)*

- Il protesto suddetto è stato pubblicato nel Registro Informatico dei Protesti tenuto dalla Camera di Commercio di _________ in data __/__/____ (come da visura protesti allegata).

- Il ricorrente ha **integralmente adempiuto** all’obbligazione per la quale il protesto fu levato, avendo provveduto al pagamento di tutti i titoli sopra indicati. In particolare, il pagamento dell’assegno n. ________ è avvenuto in data __/__/____, come da quietanza liberatoria firmata dal portatore (doc. allegato); *(se più assegni, indicare data e prova di pagamento di ciascuno)*.

- Dalla data dell’ultimo protesto (__/__/____) è decorso oltre **un anno** e il ricorrente **non ha subito ulteriori protesti** nel frattempo, come risulta dalla visura protesti in data odierna (doc. allegato).

Tutto ciò premesso, il sottoscritto **chiede** che l’Ecc.mo Presidente del Tribunale voglia, ai sensi dell’art. 17 L. 7/3/1996 n.108, dichiarare la riabilitazione del ricorrente in relazione ai protesti sopra specificati, avendo egli adempiuto alle relative obbligazioni e non avendo riportato ulteriori protesti nell’ultimo anno.

Allega i seguenti documenti a supporto:
1. Copia documento d’identità e codice fiscale del ricorrente;
2. Visura dei protesti rilasciata dalla Camera di Commercio di _________ in data __/__/____, attestante i protesti oggetto di ricorso e l’assenza di protesti successivi;
3. Copia/i originale/i dell’assegno/i protestato/i con atto di protesto (ove disponibile/i);
4. Dichiarazione/i liberatoria/e (quietanza/e) rilasciata/e dal/i creditore/i, con firma autenticata, comprovante il pagamento di ciascun titolo protestato;
5. *(Altri documenti rilevanti, es. attestazione di avvenuto pagamento spese protesto, ecc., se disponibili)*;
6. N. __ marche da bollo da €16 apposte sul ricorso;
7. Attestazione di versamento del contributo unificato di €98 (o indicazione dell’esenzione, se applicabile).

Si dichiara che sui fatti esposti non pende altro procedimento di riabilitazione. 
Luogo, data 

Firmato: ______________________ (Ricorrente)

Note: Il ricorso può essere redatto in carta semplice con marca da bollo e va depositato in Cancelleria. Non serve il coinvolgimento di controparte. In caso di società, il ricorso sarà presentato dal legale rappresentante pro tempore dell’ente (indicando ragione sociale e sede, oltre ai dati personali del rappresentante). Dopo il deposito, attendere il decreto del Presidente che verrà emesso se tutto è regolare.

Fac-simile di istanza di cancellazione dal Registro Protesti a seguito di riabilitazione

(Da presentare all’Ufficio Protesti della Camera di Commercio competente, ovvero della provincia in cui il protesto era stato pubblicato – tipicamente la CCIAA del luogo di residenza per assegni, o dove è avvenuto il protesto)

Alla Spett.le 
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di __________
Ufficio Protesti

Istanza di cancellazione di protesto a seguito di riabilitazione

Il/La sottoscritto/a _____________________, nato/a __________ il __/__/____, residente in _________, via _________ n.__, cod. fisc. _________________, 
**in qualità di** soggetto protestato (oppure: legale rappresentante della Società _________ Srl, cod.fisc./P.IVA ________, con sede in ______, protestata in data __/__/____),

**premesso che**:
- In data __/__/____ è stato levato protesto di assegno bancario n. ___ dell’importo di € ______ a carico del sottoscritto (o: della Società ________), protesto pubblicato nel Registro Informatico dei Protesti di codesta CCIAA in data __/__/____;
- In data __/__/____ il Presidente del Tribunale di ________ ha emesso decreto di **riabilitazione** del sottoscritto ai sensi dell’art.17 L.108/1996, provvedimento divenuto definitivo e relativo anche al protesto sopra indicato;
- Si allega copia autentica del suddetto decreto di riabilitazione (ovvero: atto notarile di riabilitazione repertorio n. ___/____, rogato dal Dr. Notaio ______ in data __/__/____, anch’esso pubblicato nel Bollettino dei Protesti),

**tutto ciò premesso, chiede**:
la cancellazione definitiva dal Registro Informatico dei Protesti della Camera di Commercio di _________ dei dati relativi al protesto sopra descritto, ai sensi dell’art. 17 comma 6-bis della L.108/1996:contentReference[oaicite:127]{index=127}, essendo intervenuta formale riabilitazione del debitore protestato.

Si allegano:
1. Copia conforme del Decreto di Riabilitazione del Tribunale di _________ emesso in data __/__/____ (o estratto autentico dell’atto notarile di riabilitazione);
2. Copia documento d’identità del richiedente;
3. Ricevuta del versamento dei diritti di segreteria (€8) per la presente istanza;
4. Marca da bollo da €16 (assolta sull’originale della presente istanza).

Luogo, data
Firma del richiedente ________________

*(eventuale firma del presentatore incaricato, se diverso dal richiedente)*

Note: La Camera di Commercio normalmente mette a disposizione moduli precompilati per l’istanza di cancellazione a seguito di riabilitazione. Il fac-simile sopra riportato contiene gli elementi essenziali: va presentato in bollo e con allegati il decreto e un documento. È possibile presentare l’istanza anche tramite PEC inviando tutta la documentazione in copia conforme digitale (la normativa recente lo consente, con attestazione di conformità a cura di avvocato o notaio). Dopo la presentazione, attendere conferma dall’ufficio (spesso l’esito viene comunicato via PEC o raccomandata entro poche settimane).

Fac-simile di dichiarazione liberatoria del creditore (quietanza di pagamento)

(Da richiedere al beneficiario/portatore dell’assegno protestato una volta pagato l’importo dovuto; far autenticare la firma preferibilmente)

Dichiarazione liberatoria di avvenuto pagamento

Il/La sottoscritto/a ______________________, nato/a a _________ il __/__/____, residente in _________, via __________ n.__, cod. fisc. __________________, **in qualità di** beneficiario/portatore dell’assegno bancario di seguito identificato,

**dichiara** quanto segue:
- di aver ricevuto in pagamento dal sig. _________________ (cod.fisc. ___________) la somma di € ________, relativa all’**assegno bancario n. ______** tratto sulla Banca ____________ Agenzia ___ di ________, dell’importo facciale di € ________, emesso in data __/__/____ e protestato in _________ il __/__/____;
- che tale pagamento è stato ricevuto in data __/__/____ mediante ________________ (descrivere: es. contanti/assegno circolare n.___/bonifico bancario CRO ______ del __/__/____ accredito su c/c ______);
- che conseguentemente **nulla più è dovuto** dal suddetto traente sig. ______________ in relazione al predetto assegno, avendo egli integralmente adempiuto al proprio obbligo;
- si rilascia pertanto la presente **quietanza liberatoria** ai sensi degli art. 17 L.108/1996 e art. 4 L.77/1955, anche ai fini dell’eventuale cancellazione del protesto.

Luogo, data ___________

Firma del dichiarante (creditore): ______________________

*(Autenticazione di firma: 
Il ____/__/____, avanti a me Dott. _________, Notaio in ________, si è presentato il Sig. ______________, documento ___, il quale ha sottoscritto la sovrastante dichiarazione, la cui identità personale io Notaio ho accertato. 
F.to Notaio ________________ Timbro)* 

Note: Questa dichiarazione va compilata dal creditore (la persona o azienda a cui l’assegno era intestato, o eventualmente giratario ultimo). È fondamentale che contenga i dati dell’assegno e del protesto, una chiara attestazione che il pagamento è avvenuto e che il debitore è liberato da ogni obbligo residuo. La firma autenticata non è obbligatoria per legge, ma fortemente consigliata: molte Camere di Commercio la pretendono per accettare la quietanza come valida, e anche i Tribunali preferiscono documenti con firma autentica (evita contestazioni sull’autenticità della quietanza stessa). In alternativa all’autentica notarile, può andare bene anche la firma digitale (se il creditore sottoscrive digitalmente la dichiarazione) o una PEC inviata dal creditore alla Camera di Commercio contenente la medesima dichiarazione (le Camere di Commercio la considerano equipollente, purché da PEC identificabile). Nella pratica, se il creditore è un’azienda, la quietanza dovrebbe essere su carta intestata e firmata dal legale rappresentante, con allegato documento d’identità.

Ricordatevi di farvi rilasciare questa quietanza appena pagate il debitore: è molto più difficile ottenerla dopo, magari a distanza di mesi o anni. Senza quietanza, come visto, la strada della riabilitazione/cancellazione diventa in salita.

Domande frequenti (FAQ) sulla cancellazione dei protesti di assegni

D: Ho pagato l’assegno protestato pochi giorni dopo il protesto. Posso ottenere subito la cancellazione dal Registro?
R: Purtroppo no, non immediatamente per un assegno. A differenza delle cambiali (per cui esiste la cancellazione entro 12 mesi dall’art. 4 L.77/55), per gli assegni la legge non prevede la cancellazione anticipata solo per avvenuto pagamento. Dovrai comunque attendere almeno un anno e seguire la procedura di riabilitazione. Ciò che puoi fare subito è chiedere alla Camera di Commercio l’annotazione di avvenuto pagamento sul Registro Protesti, la quale però non elimina la segnalazione ma indica semplicemente che hai poi pagato il titolo. Inoltre, pagando entro 60 giorni dalla scadenza, eviterai l’iscrizione in CAI e la sanzione amministrativa, ma il protesto rimarrà pubblico fino a riabilitazione o 5 anni.

D: Ho davvero bisogno di un avvocato per fare il ricorso di riabilitazione?
R: In teoria no, non è obbligatorio. La riabilitazione è una procedura di volontaria giurisdizione e la legge non richiede la firma di un avvocato: puoi presentare l’istanza personalmente. Molte persone fisiche fanno da sé. Tuttavia, farsi assistere da un legale può essere utile per assicurarsi che la pratica sia completa (soprattutto se ci sono più protesti, o qualche complicazione) e per seguire eventuali intoppi. Se hai già tutta la documentazione in ordine (titoli, quietanze, visure) puoi provare a presentarla anche senza avvocato. Considera che i costi legali in questi casi non dovrebbero essere elevatissimi, ma comunque incidono. Un compromesso può essere chiedere solo una consulenza per preparare i documenti, ma depositare tu stesso il ricorso. Diverso è se devi fare un’opposizione giudiziaria (es. protesto illegittimo): lì è molto consigliato avere un avvocato, perché si tratta di una causa civile vera e propria.

D: Ho saputo che posso andare anche da un notaio invece che in Tribunale. È consigliabile?
R: La via del notaio per la riabilitazione è una novità del 2022-2023. Può essere una buona soluzione se hai fretta e sei disposto a sostenere un costo maggiore. I notai in genere riescono ad emettere l’atto di riabilitazione in tempi più rapidi rispetto ai tribunali (magari in una o due settimane, dipende dal notaio). Però dovrai pagare il loro onorario, che può essere qualche centinaio di euro. In Tribunale il costo è intorno ai 100€ di marche e contributo, quindi molto inferiore, ma potresti aspettare di più (qualche mese nei casi lenti). In pratica, se hai urgenza (ad es. devi partecipare a una gara e vuoi risultare senza protesti il prima possibile) e qualche soldo da investire, il notaio è una via efficiente. Tieni presente che l’atto notarile ha la stessa efficacia del decreto e dovrai comunque fare l’istanza in Camera di Commercio per la cancellazione finale. Un’ultima valutazione: alcuni ritengono che coinvolgere un notaio possa dare un’immagine “più formale”, ma ai fini legali non cambia nulla. Quindi valuta su tempistiche e costi.

D: Posso inserire più protesti in una sola istanza di riabilitazione?
R: Sì. La legge prevede espressamente (all’art.17 comma 6-ter L.108/96) che se sussistono le condizioni (pagamento e un anno senza nuovi protesti), si può presentare un’unica istanza di riabilitazione riferita a più protesti occorsi entro un arco temporale di 3 anni. Quindi, ad esempio, se hai due protesti: uno di 2 anni fa e uno di 1 anno fa, puoi aspettare che l’ultimo compia un anno e poi chiedere riabilitazione per entrambi insieme. L’importante è che tra il primo e l’ultimo non passino più di 3 anni. Se i protesti sono molto distanti nel tempo (oltre 3 anni), dovrai fare istanze separate. Ricorda anche che non devi avere protesti negli ultimi 12 mesi da quando fai domanda: quindi se hai protesti “a catena” ravvicinati, devi aspettare un anno dall’ultimo. Dopo la riabilitazione, i protesti per cui è concessa saranno tutti cancellati insieme.

D: La Camera di Commercio mi ha rifiutato l’istanza di cancellazione per protesto illegittimo. Posso fare causa?
R: Sì. In caso di diniego o silenzio oltre 20 giorni, puoi rivolgerti al Giudice di Pace competente. Tecnicamente devi proporre un “ricorso in opposizione” ex art. 4 L.77/55 comma 4. Nel ricorso indicherai la Camera di Commercio come parte resistente e, seguendo la giurisprudenza, coinvolgerai anche il pubblico ufficiale che levò il protesto (specie se il suo operato è in discussione). Ad esempio: se un notaio ti protestò erroneamente un assegno già pagato, tu farai ricorso contro la CCIAA che non ha cancellato e metterai in copia il notaio, visto che un eventuale annullamento del suo operato lo riguarda direttamente (Cass. Sez. Unite n. 8487/2007). Dovrai dimostrare l’illegittimità del protesto con prove documentali solide. Se vinci, la sentenza sarà trasmessa alla Camera di Commercio che eseguirà la cancellazione. Considera i tempi: un giudizio ordinario può durare qualche mese (se non complicato) o oltre un anno se sorgono perizie ecc. In casi di particolare urgenza, è stato riconosciuto che puoi anche chiedere un provvedimento d’urgenza (art.700 c.p.c.) per sospendere subito gli effetti del protesto, qualora il perdurare dell’iscrizione ti provochi un danno imminente e irreparabile (Cass. civ. n.4320/2018 lo conferma).

D: Dopo la riabilitazione, la banca cancellerà anche la mia segnalazione CAI e potrò avere di nuovo il libretto di assegni?
R: La segnalazione in CAI (Centrale Allarme Interbancaria) per un assegno senza provvista dura 6 mesi (salvo recidive). Quindi, indipendentemente dalla riabilitazione, dopo 6 mesi dalla levata del protesto la tua iscrizione CAI decade automaticamente e sei nuovamente “abilitato” a emettere assegni (in realtà, dopo 6 mesi la banca può ridarti il carnet, ma può anche scegliere prudentemente di aspettare di vederti riabilitato sul Registro Protesti prima di fidarsi di nuovo). Se tu hai pagato l’assegno entro 60 giorni, addirittura non vieni iscritto affatto in CAI (evitando il blocco). In ogni caso, la riabilitazione non incide direttamente sulle misure amministrative relative agli assegni (che sono gestite da Prefettura/Banca d’Italia), però nella pratica quando arrivi al punto di ottenere la riabilitazione, quelle misure sono già esaurite. Quindi sì, potrai tornare ad emettere assegni: se eri stato iscritto in CAI, quel periodo sarà passato; se avevi pagato subito ed evitato CAI, eri già abilitato comunque (ma eri protestato “reputazionalmente”). Ricorda solo che dovrai eventualmente richiedere alla tua banca di nuovo il libretto assegni, e la banca valuterà la tua affidabilità complessiva: presentare il decreto di riabilitazione e la visura protesti pulita aiuterà senz’altro, ma la banca potrebbe considerare anche altre tue posizioni. Tuttavia, legalmente non c’è più alcun ostacolo.

D: Cosa succede se ottengo la riabilitazione e poi vengo protestato di nuovo dopo poco?
R: Una volta riabilitato, il protesto precedente è cancellato ed “inesistente”. Tuttavia, se purtroppo incorri in un nuovo protesto successivamente, questo nuovo protesto sarà iscritto regolarmente e darà luogo a una nuova segnalazione. La riabilitazione precedente non ti protegge da futuri errori o inadempimenti: non c’è un “patentino” per cui non vieni più protestato. Anzi, alcune Camere di Commercio tengono nota se un soggetto viene riabilitato e poi protesta di nuovo, per segnalare eventualmente la recidiva al giudice. In pratica, se dopo la riabilitazione fai altri protesti, dovrai nuovamente aspettare un anno senza ulteriori protesti e chiedere un’altra riabilitazione. Va detto che il giudice potrebbe guardare con minore benevolenza un soggetto recidivo, ma se rispetti di nuovo i requisiti la legge ti dà diritto anche a una seconda (o terza…) riabilitazione. Nota però: se i nuovi protesti avvengono entro 3 anni dalla riabilitazione precedente, non puoi cumularli nella vecchia istanza (che è già chiusa) ma dovrai presentare una nuova istanza. In più, è come se la tua “fedina protestuale” ripartisse da zero dopo la prima riabilitazione, quindi un protesto successivo è visto dal sistema come fosse il primo (anche se moralmente recidivo). Insomma, il consiglio è: una volta riabilitato, cerca di non fare altri passi falsi, perché comunque passerà tempo prima di poter sistemare di nuovo.

D: Dopo la cancellazione, nelle visure e nei certificati risulterà qualcosa?
R: No, una volta che la Camera di Commercio cancella il protesto dal Registro, il nominativo non compare più in alcuna visura protesti (la visura è la ricerca che chiunque può fare a tuo nome). Inoltre puoi richiedere alla Camera un certificato di inesistenza di protesti: questo è un documento ufficiale che attesta che, alla data della ricerca, non risultano protesti a tuo nome negli ultimi 5 anni. Dopo la cancellazione anticipata, quel protesto è come se non fosse mai esistito (agli effetti legali). Attenzione: il certificato/visura attesta lo stato attuale. Se un ente volesse essere particolarmente pignolo, potrebbe recuperare i vecchi bollettini cartacei (o archivi storici) e vedere che c’era stato un protesto poi cancellato (perché nel bollettino mensile l’annotazione comparirà come “cancellato per riabilitazione” ad esempio). Ma questo succede solo in casi eccezionali e comunque, essendo cancellato, non potrebbe utilizzarlo legittimamente contro di te. Per la maggior parte degli scopi pratici (richiesta fido, gara d’appalto, iscrizione albo fornitori, ecc.) potrai dichiarare di non essere protestato, e l’eventuale controllo in CCIAA confermerà la tua dichiarazione. In conclusione, la cancellazione ridà verginità protestuale, per così dire.

D: Ho un protesto di assegno di 6 anni fa non pagato. Risulto ancora protestato?
R: Formalmente no. Come spiegato, i protesti restano nel Registro al massimo 5 anni. Se sono passati 6 anni, la Camera di Commercio deve averlo già eliminato d’ufficio (puoi comunque fare una visura di controllo per scrupolo). Quindi su una visura attuale non compari più. Tuttavia, se il protesto non è mai stato pagato, il debito verso il creditore rimane (il protesto è solo la “pubblicità” del mancato pagamento). Il creditore potrebbe averti citato in giudizio a suo tempo, o magari essersi rassegnato. In ogni caso, ai fini del Registro sei pulito ora. Attenzione però ad un dettaglio: la Centrale Rischi o altre banche dati finanziarie interne potrebbero conservare la notizia anche oltre 5 anni se sei rimasto inadempiente. Ad esempio, le banche quando fanno richiesta di affidamento a volte chiedono info integrative, e un creditore con memoria potrebbe segnalarti “a sistema” come ex protestato. Ma ufficialmente, non risultando più, non dovrebbero esserci segnalazioni oltre il lustro. Quindi direi che dopo 6 anni puoi considerare che quel protesto non pesa più sul tuo record pubblico, salvo eventualmente la solvibilità: se chiedi un prestito ti chiederanno come mai non pagasti quell’assegno (se lo scoprono). Comunque, per fugare ogni dubbio, potresti valutare di pagare anche tardivamente quel vecchio assegno, ottenere quietanza e, se opportuno, chiedere al giudice un accertamento che l’obbligazione è estinta. Ma ai soli fini del Registro Protesti, non serve: sei già fuori.

D: Quanto costa in totale togliere un protesto?
R: Dipende dalla procedura:

  • Riabilitazione (Tribunale): contributo unificato ~€98 (salvo esenzione che però raramente applicano per protesti); marca da bollo €16 ogni 4 pagine e marca diritti €27 circa. Se fai da solo, basta questo. Se ti affidi a un avvocato, aggiungi la sua parcella (può variare, ipoteticamente qualche centinaio di euro per seguire la pratica base). Dopo aver ottenuto il decreto, presentare l’istanza in Camera di Commercio ti costa €16 di bollo + €8 di diritti per ogni protesto da cancellare.
  • Riabilitazione (Notaio): onorario notarile (varia, diciamo €300-500 o più a seconda dei protesti); più comunque la fase successiva in Camera di Commercio (bollo €16 + diritti €8 a protesto). Non paghi contributo unificato perché non vai in tribunale, e il notaio potrebbe includere nel prezzo anche la gestione dell’istanza camerale.
  • Cancellazione per cambiale pagata entro 12 mesi: solo fase Camera di Commercio, quindi €16 bollo + €8 per ogni titolo. Se fai più cambiali insieme, ogni una €8. Niente avvocato di solito (moduli facili) a meno di difficoltà.
  • Cancellazione per protesto illegittimo: qui se la Camera accoglie subito, hai speso solo €16 + €8 a titolo. Se invece devi fare causa al Giudice di Pace, paghi contributo unificato (valore indeterminabile, credo €98 come volontaria, o se trattata come causa di valore potrebbe dipendere dall’importo assegno; ma molte volte considerano €98 forfettari) e marche, più l’avvocato che è quasi indispensabile (i costi qui possono salire, dipende dalla complessità: anche €1000 o più, se c’è da fare perizie ecc.). Se vinci, spesso le spese vengono rimborsate (poste a carico della CCIAA).
  • Cancellazione dopo 5 anni: nessun costo, è automatica.

In sintesi, togliere un protesto di assegno pagato tramite riabilitazione può costare veramente poco (se fai da te, magari sotto €150 totali tra tribunale e CCIAA) oppure qualche centinaio di euro se coinvolgi professionisti. Considerando i benefici (riavere accesso al credito, ecc.), sono cifre modeste. Il consiglio è di non badare troppo a risparmiare su marche o piccole spese: assicurati piuttosto di presentare tutto correttamente per non dover rifare o perdere tempo.

D: La riabilitazione vale anche per eventuali segnalazioni in CRIF o simili?
R: Indirettamente sì. CRIF (e altre SIC) registrano i protesti perché li importano dal Registro Protesti pubblico. Una volta che il protesto è cancellato dal Registro, anche le SIC dovrebbero aggiornare la posizione e rimuoverlo dalle loro banche dati. In pratica, quando la Camera di Commercio cancella, trasmette l’aggiornamento anche a chi gestisce i dati (ad esempio Innformazioni protesti, etc.). Qualche traccia interna potrebbe persistere per un po’, ma non è consultabile senza violare la legge (non potrebbero dirti “avevi un protesto ma è cancellato”: ufficialmente, devono considerare la tua posizione pulita). Se vuoi essere certo, dopo la cancellazione protesta puoi fare un accesso ai tuoi dati CRIF/Cerved ecc. per vedere se risulta qualcosa. In genere però, la cancellazione “centrale” risolve tutto. Ricordiamo che la Centrale Rischi della Banca d’Italia non c’entra nulla con i protesti: quella registra solo crediti bancari sopra certe soglie e non indica se uno è protestato o meno.

D: Ho subito un protesto per un assegno su cui la mia firma è stata falsificata. Devo comunque aspettare la riabilitazione?
R: No, questo è proprio il caso di protesto illegittimo in cui puoi agire subito. Se hai evidenza che la firma era falsa (es. perizia grafica, denuncia sporta il giorno stesso in cui l’assegno fu perso/falsificato, ecc.), puoi fare istanza di cancellazione per errore alla Camera di Commercio allegando queste prove. Con un po’ di fortuna, la Camera potrebbe cancellare d’ufficio relativamente in fretta (soprattutto se magari lo stesso notaio che ha protestato scopre l’inghippo e fa una segnalazione). Se la Camera non si muove, puoi andare dal Giudice di Pace come spiegato. Non serve aver pagato l’assegno (anzi, non devi pagarlo se non l’hai emesso tu!). L’importante è provare oltre ogni dubbio che tu sei estraneo a quell’assegno. Una volta ottenuta la cancellazione, valuta di attivarti anche in sede penale (denuncia per falsificazione) se già non l’hai fatto, e per risarcimento danni se ne hai subiti (es. conto bloccato, nome discreditato ingiustamente).

D: In conclusione, qual è il percorso consigliato per un imprenditore protestato su assegno?
R: Riassumendo tutto:

  1. Pagare quanto prima il titolo protestato (anche se ormai protestato, serve a dimostrare la buona volontà e a preparare terreno per la riabilitazione).
  2. Raccogliere la quietanza liberatoria dal creditore.
  3. Se è il primo protesto e credi sia un caso isolato, mantenere un comportamento finanziario corretto per almeno 12 mesi (evitare altri incidenti).
  4. Trascorso 1 anno, presentare ricorso di riabilitazione (da solo o con avvocato). In parallelo, puoi pensare se preferisci passare da notaio.
  5. Depositare decreto in Camera di Commercio per la cancellazione.
  6. Ottenuto l’esito, richiedere una visura protesti: vedrai il tuo nome pulito.
  7. Eventualmente comunicare a banche e fornitori di fiducia che sei stato riabilitato, presentando il certificato di non esistenza protesti, così da ristabilire la fiducia.

Se invece ritieni ingiusto il protesto (perché viziato), non aspettare: vai subito in Camera di Commercio e poi dal Giudice di Pace per farlo annullare. In quel caso salti la parte della riabilitazione e risolvi (si spera) prima.

E soprattutto, fai tesoro dell’esperienza: evitare protesti è sempre meglio che curarli dopo. Ma una volta accaduto, almeno saper come toglierlo è fondamentale per ripartire.

Fonti normative e giurisprudenziali

Di seguito si elencano le principali fonti normative e pronunce giurisprudenziali citate o richiamate nella guida, utili per eventuali approfondimenti:

Normativa:

  • R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669 – Approvazione del testo unico delle leggi in materia di cambiale e vaglia cambiario (Legge Cambiaria del 1933, disciplina formale di cambiali e protesti).
  • R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 – Disposizioni sull’assegno bancario (Legge Assegni, disciplina dell’assegno bancario e circolare).
  • Legge 12 febbraio 1955, n. 77 – Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari. (Art. 1 e 3: istituzione degli elenchi ufficiali dei protesti e trasmissione delle informazioni; Art. 4: cancellazione dei protesti di cambiali pagate entro 12 mesi e cancellazione per illegittimità. Norme modificate da leggi successive, in particolare L.235/2000)*.
  • Legge 12 giugno 1973, n. 349 – Modifiche alle norme sui protesti delle cambiali e degli assegni bancari (riforma anni ’70, che tra l’altro ha introdotto la possibilità di opporsi al protesto e altre procedure).
  • D.P.R. 3 giugno 1975, n. 290 – Regolamento di esecuzione della L.349/1973 sui protesti (contiene modalità operative, ad es. moduli e tempistiche).
  • D.L. 18 settembre 1995, n. 381, art. 3-bis (convertito con modificazioni dalla Legge 15 novembre 1995, n. 480) – Istituzione del Registro Informatico dei Protesti e disciplina della pubblicazione informatica (stabilisce che i protesti sono resi pubblici tramite registro telematico, accessibile al pubblico, e che “la notizia di ciascun protesto levato è conservata per cinque anni dalla data di registrazione, salvo cancellazione”).
  • Legge 7 marzo 1996, n. 108, art. 17Riabilitazione del debitore protestato. (Introdotta dalla legge antiusura 108/1996; successivamente modificata da L.235/2000, D.Lgs. 150/2011, D.Lgs. 116/2017 e D.Lgs. 149/2022). Stabilisce: diritto alla riabilitazione trascorso un anno se pagato il titolo e senza nuovi protesti; competenza del Presidente Tribunale (oggi anche notaio); effetti della riabilitazione (protesto considerato mai avvenuto, diritto a cancellazione dal Registro protesti entro 20 giorni dalla richiesta).
  • Legge 18 agosto 2000, n. 235 – Nuove norme in materia di cancellazione dei protesti cambiari. (Ha modificato la L.77/1955, in particolare l’art. 3 e 4, introducendo la possibilità di cancellare i protesti di cambiali pagate entro 12 mesi e ridefinendo la procedura per protesti illegittimi; inoltre ha inserito i commi 6-bis e 6-ter in L.108/1996 art.17 relativi alla cancellazione dal registro informatico e all’istanza unica per più protesti).
  • Legge 12 dicembre 2002, n. 273, art. 45 – Disposizioni sui protesti (ha introdotto l’obbligo di indicare il codice fiscale del debitore sulle cambiali dal 29/12/2002, per evitare omonimie, rendendo nulle le cambiali senza tali dati; ha confermato la competenza del dirigente CCIAA per le istanze di cancellazione e la possibilità di ricorso al GdP in caso di diniego).
  • D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, artt. 12-13Attuazione legge 69/2009, semplificazione procedimenti civili. Riforma i procedimenti in materia di protesti:
    • art. 12 riguarda l’opposizione ai provvedimenti della Camera di Commercio in materia di cancellazione protesti (attribuendo tali cause alla competenza del tribunale in composizione monocratica, poi passata a GdP con riforme successive);
    • art. 13 riguarda l’opposizione al diniego di riabilitazione o ai decreti/atti di riabilitazione (rito lavoro, competenza tribunale, termine 30 giorni dalla comunicazione/pubblicazione).
      (In sintesi, D.Lgs.150/2011 ha confermato che le controversie su protesti sono di giurisdizione del giudice ordinario e ne ha regolato tempi e modalità di ricorso).
  • D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 27 c.4 e art. 32 – Riforma del Giudice di Pace: trasferisce al Giudice di Pace la competenza sulle istanze di riabilitazione dei protesti (in luogo del Presidente Tribunale), ma tale modifica entrerà in vigore solo il 31 ottobre 2025 (termine prorogato).
  • D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (Riforma Cartabia del processo civile), art. 35 – Conferma la competenza dei notai a ricevere atti di riabilitazione dei protestati su istanza dell’interessato, affiancando la competenza giudiziaria (norma in vigore dal 30 giugno 2023). Introduce inoltre disposizioni per la gestione telematica dei procedimenti di volontaria giurisdizione, compresi quelli di riabilitazione.
  • Legge 15 dicembre 1990, n. 386 – Disciplina sanzionatoria degli assegni bancari (assegni a vuoto). E D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 – Depenalizzazione di reati minori in materia di assegni. (Queste norme, pur non riguardando la cancellazione del protesto, stabiliscono le sanzioni amministrative per chi emette assegni senza autorizzazione o senza provvista: iscrizione in CAI, revoca per 6 mesi, multe, competenza del Prefetto. Sono citate per contestualizzare gli effetti collaterali di un protesto di assegno).

Giurisprudenza:

  • Corte Costituzionale, sentenza 12-14 marzo 2003, n. 70 – Ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 L.77/1955 sollevata nella parte in cui non consente la cancellazione del protesto di assegni pagati entro 12 mesi, ritenendo la differenza di trattamento tra assegni e cambiali giustificata e coerente con la finalità di tutela della circolazione degli assegni.
  • Cassazione Civile, Sezioni Unite, 25 febbraio 2009, n. 4464 – Sentenza fondamentale sui protesti: afferma la natura di diritto soggettivo del protestato a ottenere la cancellazione se i requisiti di legge sono soddisfatti; conferma che le controversie in materia (es. diniego di cancellazione da parte della CCIAA) rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (Giudice di Pace, per le opposizioni); sottolinea il rigore probatorio richiesto: per provare il pagamento servono titoli quietanzati, non sono ammesse prove testimoniali sul pagamento.
  • Cassazione Civile, Sezioni Unite, 30 marzo 2007, n. 7885 – Ha stabilito che nei giudizi di opposizione per ottenere la cancellazione di un protesto illegittimo, il pubblico ufficiale levatore del protesto (notaio, ufficiale giudiziario, ecc.) deve essere citato in giudizio quale litisconsorte necessario. Ciò per garantire il contraddittorio, poiché si mette in discussione la validità di un suo atto (il protesto). In mancanza, il giudizio sarebbe nullo.
  • Cassazione Civile, Sezioni Unite, 18 aprile 2007, n. 8487 – Sempre sul tema del litisconsorzio necessario del levatore nelle cause di protesto: questa pronuncia, in linea con la n.7885/2007, chiarisce che il pubblico ufficiale va coinvolto nel giudizio di cancellazione per protesto nullo, pena l’incompletezza del contraddittorio. (Le due SU del 2007 hanno uniformato la prassi in tal senso).
  • Cassazione Civile, sez. II, 21 febbraio 2018, n. 4320 – Ha affermato che la cancellazione urgente di un protesto illegittimo può essere ottenuta anche in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c., qualora ricorrano i presupposti di un pregiudizio imminente e irreparabile nella permanenza del protesto. In altre parole, il protestato può chiedere misure cautelari per sospendere subito gli effetti pubblici del protesto se ciò gli sta causando danni gravi (ad es. blocco attività).
  • Cassazione Civile, sez. I, 3 luglio 2014, n. 15216 – In tema di risarcimento danni da protesto illegittimo: riconosce che il protestato ingiustamente può chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione della sua reputazione economica e onorabilità commerciale. È una conferma della tutela risarcitoria per i danni morali derivanti dall’illecita iscrizione.
  • Cassazione Civile, sez. I, 7 luglio 2015, n. 16808 – Anche questa ribadisce principi simili: il Registro Protesti risponde a un interesse pubblico ma non oltre i 5 anni, e chi subisce un protesto illegittimo ha diritto al risarcimento dei danni (queste massime avvalorano eventuali azioni di responsabilità contro errori di protesto).
  • Tribunale di Trani, sentenza 4 marzo 2005 n. 207 (confermata in appello e Cassazione) – Caso paradigmatico di protesto assegno con firma falsa: il Tribunale ha affermato espressamente che la disciplina della cancellazione ex L.77/55 si applica anche agli assegni in caso di protesto illegittimo, nonostante l’art. 4 menzioni solo cambiali. Ha quindi ordinato alla CCIAA la cancellazione di un protesto di assegno firmato apocrifo. Questa sentenza, confermata, chiarisce che anche per assegni si può ottenere tutela immediata se il protesto è nullamente levato.
  • Corte d’Appello di Milano, decreto 17 gennaio 2019 – Decreto in sede di reclamo contro un rigetto di riabilitazione: la Corte ha accolto il reclamo, ribadendo che per avere la riabilitazione il protestato deve aver pagato tutti i titoli e non deve aver subìto protesti successivi; un protesto successivo entro l’anno blocca la possibilità di riabilitare quelli precedenti (bisogna aspettare un anno dall’ultimo). Questo decreto esemplifica l’applicazione rigorosa dei requisiti, richiamando il fatto che un protesto “sopravvenuto” fa venir meno la condizione per gli altri.
  • Giudice di Pace di Pistoia, sentenza 19 maggio 2001 – Caso particolare in cui un GdP ha ammesso la procedura d’urgenza per protesto erroneo (uno dei primi esempi in dottrina di tutela cautelare nel campo dei protesti). Viene spesso citata come precedente per dire che il rimedio d’urgenza può coesistere con la procedura ordinaria.

Come Togliere un Protesto di un Assegno? Fatti Aiutare da Studio Monardo

Hai avuto un assegno impagato e ora sei protestato?
Ti hanno segnalato al Registro Informatico dei Protesti e in banca ti bloccano tutto?

⚠️ Il protesto è una macchia pubblica sul tuo nome: limita l’accesso al credito, blocca i conti e compromette la reputazione finanziaria.

📌 Ma esiste una procedura legale per ottenere la cancellazione, e tornare “puliti” anche in tempi rapidi.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Verifica se il protesto è regolare o contestabile
📑 Redige e presenta l’istanza alla Camera di Commercio
⚖️ Richiede l’autorizzazione al Tribunale, se necessaria
✍️ Ti assiste nella raccolta delle prove di pagamento
🔁 Coordina anche la cancellazione CRIF/CAI se connessa

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e segnalazioni negative
✔️ Consulente legale per imprenditori, liberi professionisti e cittadini protestati
✔️ Gestore della crisi – iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Un protesto non deve segnarti per sempre.
Con le procedure corrette puoi ottenere la cancellazione e tornare affidabile sul piano bancario e commerciale.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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