Chi È Tenuto A Pagare Le Spese Legali Per Un Decreto Ingiuntivo?

Hai ricevuto un decreto ingiuntivo e, oltre alla somma richiesta, ti sei trovato davanti anche a una lunga lista di spese legali, compensi e costi accessori? Ti stai chiedendo se davvero devi pagare tutto tu?

Quando si riceve un decreto ingiuntivo, l’effetto immediato non è solo la richiesta di pagamento del presunto debito, ma anche l’aggiunta di spese processuali e onorari dell’avvocato della controparte. Ma la domanda è: chi è davvero obbligato a pagare queste spese? E in quali casi possono essere ridotte, contestate o addirittura evitate?

La regola generale è che chi perde la causa paga le spese. Quindi, se non ti opponi al decreto nei termini previsti o se l’opposizione viene rigettata, sarai tu a dover coprire tutte le spese legali, comprese quelle sostenute dalla parte che ti ha fatto causa. Tuttavia, se presenti opposizione e hai ragione, sarà la controparte a doverle rimborsare, incluse le spese del tuo avvocato.

Le spese indicate nel decreto sono sempre corrette? No, non sempre. Spesso vengono calcolate in modo standardizzato, ma possono essere contestate se sproporzionate o se il procedimento presenta irregolarità. Anche per questo è fondamentale farsi assistere da un legale fin da subito.

In questa guida, lo Studio Monardo – avvocati esperti in decreti ingiuntivi, opposizioni e contenzioso civile – ti spiega come funziona il meccanismo delle spese legali, chi paga cosa e quando, e quali possibilità hai per ridurre i costi o farli ricadere su chi ha promosso il procedimento.

Ti è stato notificato un decreto con spese che ti sembrano eccessive? Hai già pagato tutto ma ora scopri che potevi opporti?

Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo il contenuto del decreto, valuteremo la legittimità delle spese richieste e ti aiuteremo a far valere i tuoi diritti, risparmiando tempo, denaro e inutili preoccupazioni.

1. Introduzione al decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo è un provvedimento del giudice civile, emesso a seguito di procedimento monitorio disciplinato dagli artt. 633 e ss. c.p.c. Essenzialmente, consente al creditore di ottenere rapidamente un ordine di pagamento verso il debitore, sulla base di prove documentali certe. L’art. 633 c.p.c. elenca le condizioni di ammissibilità (titolo esecutivo, prova scritta del credito o tariffe professionali, ecc.). Se tali condizioni sussistono, il giudice «ingiuge» al debitore di pagare entro 40 giorni o consegnare la cosa richiesta.

Un aspetto fondamentale del decreto ingiuntivo riguarda la ripartizione delle spese legali. Il principio generale del processo civile (art. 91 c.p.c.) stabilisce che «il giudice, con la sentenza che chiude il processo, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese». Ciò significa che, in linea di massima, paga le spese chi perde la causa. Tuttavia, il procedimento monitorio presenta alcune peculiarità che influenzano l’attribuzione dei costi: in particolare, il decreto ingiuntivo è un provvedimento di tipo ibrido (non una sentenza) e l’effettiva definizione della lite avviene solo al termine dell’eventuale giudizio di opposizione (art. 645 c.p.c.). Anche per questo, la giurisprudenza ha chiarito che la fase monitoria e la fase di opposizione costituiscono un unico processo, e le spese complessive vanno valutate nell’esito finale.

2. Il procedimento per ingiunzione di pagamento

Il procedimento monitorio si articola nelle seguenti fasi principali:

  • Ricorso monitorio: il creditore presenta al giudice un ricorso con le prove scritte del credito (fatture, contratti, notule, titoli di credito, ecc.). Il giudice verifica l’ammissibilità (art. 633 c.p.c.) e, se ritiene fondata la domanda, emette il decreto ingiuntivo.
  • Decreto ingiuntivo (fase monitoria): con decreto motivato (art. 641 c.p.c.) il giudice liquida le spese legali e «ne ingiunge il pagamento». Il decreto ingiunge al debitore di pagare la somma o di adempiere entro 40 giorni, avvertendolo che, in caso di mancata opposizione, potrà eseguire forzatamente la decisione. La definizione «provvisoriamente esecutivo» attribuisce al decreto valore immediatamente esecutivo (salvo dimostrare inconsistenza dell’istanza) entro i limiti dell’ingiunzione stessa (cfr. art. 642-644 c.p.c.).
  • Notifica al debitore: l’originale del ricorso e del decreto sono depositati in cancelleria e poi notificati al debitore. Con la notifica si apre la pendenza del giudizio e si avvia il termine di 40 giorni per l’opposizione.
  • Ingiunzione provvisoria ed esecutiva: il decreto è provvisoriamente esecutivo di diritto. Se il debitore non propone opposizione nel termine, il decreto diventa definitivo ed è titolo esecutivo dopo 60 giorni (art. 648 c.p.c.). Da allora il creditore può eseguirlo (pignoramenti, esproprio).
  • Opposizione del debitore: il debitore o un terzo interessato può impugnare il decreto entro 40 giorni (o 50/60 se notificato all’estero) mediante atto di citazione (art. 645 c.p.c.), dando inizio a un normale giudizio civile. L’opposizione sospende l’efficacia esecutiva del decreto.

È importante sottolineare che il procedimento monitorio e quello di opposizione sono fasi di un unico giudizio: il ricorso per ingiunzione funge da atto introduttivo di un processo unitario. Come afferma la Cassazione: «il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto di ingiunzione non costituisce un processo autonomo rispetto a quello aperto dall’opposizione, ma dà luogo a una fase di un unico giudizio». Ne deriva che anche le spese sostenute in entrambe le fasi devono essere valutate e attribuite in base all’esito complessivo del giudizio di opposizione.

3. Il decreto ingiuntivo non opposto: obblighi di pagamento

Se il debitore non propone opposizione entro il termine, il decreto ingiuntivo diventa definitivo ed è titolo esecutivo. In questa ipotesi:

  • Pagamenti dovuti dal debitore: il debitore è tenuto a pagare la somma ingiunta dal decreto (capitale, interessi e rivalutazioni). Insieme alla somma principale, deve anche corrispondere le spese legali liquidate nel decreto stesso. In altri termini, il giudice ha già quantificato e ordinato il pagamento delle spese di giudizio, per cui il debitore deve versare all’avvocato del creditore (o al creditore, se questi ha anticipato gli onorari) l’importo di tali spese.
  • Recupero delle spese: se il creditore è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato (gratuito patrocinio), le spese sostenute dallo Stato sono comunque gravate sul debitore. Il decreto ingiuntivo dovrà infatti disporre che «le spese prenotate ed anticipate dallo Stato siano pagate dal debitore ingiunto allo Stato stesso», e in caso di mancato pagamento scatta l’esproprio ai sensi del DPR 115/2002 (art. 133 ss.).
  • Decorrenza degli interessi: sulla somma ingiunta decorrono gli interessi di mora dal giorno dell’inefficacia del decreto o dalla costituzione in mora. L’ingiunzione stesso equivale ad atto di messa in mora (c.d. constitutio in mora) fino alla liquidazione giudiziale (cfr. Cass. 112/2015 e segg.). Ciò comporta che il debitore, oltre al capitale, deve versare anche gli interessi maturati fino al pagamento.
  • Effetti pratici: il decreto ingiuntivo acquisisce efficacia di titolo esecutivo. Se il debitore non esegue volontariamente l’ordine, il creditore potrà chiedere l’esecuzione forzata (pignoramenti, vendite). Il debitore che subisce l’esecuzione è obbligato a corrispondere non solo il credito principale, ma anche le spese dell’esecuzione (cancelleria, ufficiale giudiziario), sempre a carico del debitore vittorioso nel processo monitorio.

In sintesi, in assenza di opposizione le spese legali sono poste a carico del debitore ingiunto. Il decreto ingiuntivo, a pena di nullità, deve contenere la liquidazione delle spese: un’omissione sarebbe comunque sanabile (ad esempio con la correzione di errori materiali da parte del giudice). Non è possibile opporre direttamente al decreto ingiuntivo l’assenza di condanna alle spese (art. 287 c.p.c.) o riproporre un nuovo ricorso prima della sua decadenza, perché il decreto ormai è definitivo e le spese vi sono liquidate.

4. L’opposizione al decreto ingiuntivo e i relativi effetti sulle spese

Quando il debitore oppone il decreto (entro 40 giorni con atto di citazione davanti allo stesso giudice che ha emesso l’ingiunzione), il procedimento prosegue come giudizio ordinario di cognizione. Le possibili soluzioni sono essenzialmente tre:

  1. Opposizione integralmente rigettata: il giudice conferma il decreto ingiuntivo e, di solito, aumenta la somma dovuta dal debitore (interessi maturati fino alla sentenza di opposizione). L’opponente (debitore) rimane soci-combente prevalente e sarà condannato a rimborsare le spese processuali dell’intero giudizio (fase di opposizione e – in base all’esito – anche le spese della fase monitoria).
  2. Opposizione integralmente accolta: il giudice revoca il decreto ingiuntivo, azzerando la pretesa iniziale. In questa ipotesi il creditore opposto è soci-ccombente: è come se avesse perso la lite. Generalmente il creditore dovrà restituire quanto eventualmente riscosso (con gli interessi), e potrà essere condannato al pagamento delle spese processuali complessive. Tuttavia, come vedremo, anche in questo scenario può accadere che il creditore non venga qualificato formalmente “socio-ccombente” (Cass. 9587/2015).
  3. Opposizione parzialmente accolta: il giudice riduce l’importo originariamente ingiunto, riconoscendo una parte minore del credito (ad es. il debito dovuto era inferiore a quanto rivendicato). In questo caso si verifica una cosiddetta soccombenza reciproca: nessuna parte ha vinto completamente. La legge affida al giudice di merito la valutazione discrezionale di chi abbia avuto la posizione di soccombente prevalente e come compensare le spese. In altri termini, il giudice può decidere che l’opponente (debitore) paghi una parte delle spese, che siano compensate, o addirittura che il creditore paghi qualcosa, a seconda di chi ha ottenuto il risultato migliore.

Giurisprudenza di legittimità sulla soccombenza

La Cassazione ha chiarito numerosi profili sulla ripartizione delle spese nel procedimento monitorio:

  • Unicità del giudizio: come accennato, la fase monitoria (ricorso + decreto) non è un processo a sé stante, ma un primo momento di un unico giudizio definito dall’opposizione. Il giudice che decide l’opposizione deve pronunciare sul rimborso di tutte le spese sostenute lungo l’intero procedimento, considerando l’esito finale. In particolare la Corte ha affermato che il giudice può anche “lasciare le spese della fase monitoria a carico della parte ingiunta” quando la revoca del decreto derivi dal pagamento della somma ingiunta durante il giudizio di opposizione. Allo stesso modo, la mera revoca del decreto (senza un giudizio sulle questioni di merito) non rende automaticamente “irripetibili” dal creditore le spese di monitorio: occorre valutare la soccombenza complessiva in relazione al risultato finale.
  • Esito finale e valutazione della soccombenza: ai fini della condanna alle spese si guarda al termine del giudizio, non a ciò che era accaduto nel decreto iniziale. Cassazione sez. III n. 9587/2015 ha stabilito che “la valutazione di soccombenza, ai fini della condanna alle spese, va rapportata all’esito finale della lite anche nell’ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo”. Pertanto, se il creditore opposto ottiene – alla fine – il riconoscimento, anche parziale, del proprio credito (magari con rivalsa su quanto già riscosso), non è considerato soccombente pienamente. In quel caso, non può essere automaticamente condannato alle spese dell’appello: il suo risultato parziale configura una soccombenza virtuale, non integrale. In altre parole, il solo fatto di vedere ridotta l’ingiunzione non implica di per sé condanna alle spese al creditore, a meno che non venga definito totalmente perdente.
  • Soccombenza reciproca: quando nessuna parte vince completamente, la Cassazione ha riconosciuto che il giudice di merito ha ampia discrezionalità nella ripartizione delle spese. Ad esempio, in Cass. 3595/2012 la Cassazione osservò che, in presenza di soccombenza reciproca, è legittimo condannare parzialmente l’opponente (o compensare) in ragione della soccombenza prevalente di una parte. Pertanto, in un’opposizione parzialmente accolta, il giudice potrà ordinare che l’opponente (debitore) paghi una parte delle spese legali, oppure compensarle, oppure persino lasciare le spese all’opposto (creditore) se questi ha ottenuto un risultato sostanzialmente migliore. La decisione di merito è vincolante in Cassazione a meno di violazioni di legge.

Chi paga, in concreto?

Dai principi giuridici si ricava dunque questo schema generale:

  • Ingiunzione non opposta: il debitore ingiunto paga tutte le spese indicate nel decreto (capitale del credito + spese legali liquidate).
  • Opposizione respinta (creditore soccombente unico): il debitore potenziale (ora opponente) rimane soccombente, e paga le spese complessive (monitoria e opposizione).
  • Opposizione accolta integralmente (debitore soccombente): il creditore soccombe e paga le spese complessive del giudizio di opposizione. Resta fermo il principio che il creditore ha diritto al rimborso di quanto correttamente percepito (saldo credito), ma su di lui grava la condanna alle spese del giudizio di opposizione. Solo se il creditore ha ottenuto qualche accoglimento parziale, come visto, può essere escluso dalla condanna (Cass. 9587/2015).
  • Opposizione parziale (soccombenza reciproca): il giudice di merito valuta caso per caso. Può assegnare le spese in proporzione alla soccombenza prevalente o compensarle. In pratica non esiste una regola fissa: è questione di equità giudiziale. Cassazione 3595/2012 conferma che l’allocazione delle spese in questa ipotesi è discrezionale.

Il principio di fondo, però, resta che chi ha perso la lite paga le spese. Il carattere provvisoriamente esecutivo del decreto ingiuntivo non fa eccezioni: se al termine della fase di cognizione emergono vizi tali da revocarlo, il debitore non deve contribuire a pagare le spese legali (a meno che non abbia ottenuto alcunché). Se invece la revoca deriva dal fatto che il debitore abbia già pagato spontaneamente, il giudice può comunque lasciar gravare su di lui le spese del monitorio (cfr. infra).

5. Spese specifiche e situazioni particolari

  • Spese della fase monitoria: nel giudizio di opposizione il debitore può chiedere il rimborso delle spese sostenute per ottenere il decreto (ad esempio il contributo unificato, le notifiche, gli onorari anticipati). Il giudice può escludere dal rimborso le spese affrontate dal creditore in fase monitoria se giudica infondata l’ingiunzione (mancate condizioni di ammissibilità). Viceversa, il giudice non viola alcuna norma se lascia tali spese a carico del socio-ccombente finale, anche se inizialmente sono state sopportate dal creditore. La Cassazione ha sottolineato che è possibile “lasciare le spese della fase monitoria a carico della parte ingiunta, allorquando la revoca del decreto ingiuntivo sia dipesa dal pagamento della somma recata dal decreto monitorio nel corso del giudizio di opposizione”. In ogni caso, non esiste di norma l’irripetibilità delle spese di monitorio: esse seguono la sorte complessiva del processo.
  • Compensazione delle spese: se il giudice reputa che non vi siano controparti soccombenti (ad es. entrambe le parti hanno vinto e perso qualcosa), può anche disporre la compensazione tota­lità o parziale delle spese tra le parti (art. 92 c.p.c.). Questo avviene spesso quando l’ingiunzione è valida ma di importo eccessivo, o quando si voglia evitare un carico ingiusto dopo esito incerto del giudizio.
  • Spese del procuratore dello Stato (patrocinio a spese dello Stato): se il creditore risulta ammesso al gratuito patrocinio, lo Stato anticipa le sue spese legali. Il decreto ingiuntivo deve specificare che queste spese saranno a carico del debitore (ex art. 133 DPR 115/2002). In mancanza, l’ufficio giudiziario provvede direttamente al recupero. L’art. 91 c.p.c. prevede però che, per effetto del patrocinio, il difensore dello Stato percepisce onorari ridotti (normalmente la metà). Le spese legali anticipati dallo Stato, in definitiva, rimangono a carico del debitore, con la procedura di recupero ordinaria.
  • Clause cost (esonero del cliente): in genere l’avvocato che assume l’incarico pone in preventivo il compenso e lo anticipa, salvo recuperarlo dal debitore al soddisfarsi del decreto. L’art. 641 c.p.c. infatti contempla la liquidazione delle spese e onorari del legale e di chi ha contribuito al credito (art. 633, co. 2, lett. c), fra cui il professionista). Ciò significa che l’onorario contrattuale dell’avvocato può essere chiesto in monitorio e pagato dal debitore dopo l’ingiunzione, con il meccanismo degli scaglioni tariffari ridotti (tariffa minima)**. Eventuali integrazioni di compenso (per esempio, per il lavoro svolto in opposizione) andranno liquidate in quella sede e normalmente gravano sul soccombente (debitore se perde).
  • Soggetti pubblici: il procedimento per ingiunzione si applica anche quando una Pubblica Amministrazione (PA) è parte. Se la PA è creditrice (ad es. aggio su debiti tributari o su canoni), potrà ottenere un decreto ingiuntivo come qualsiasi privato, e il debitore privato ingiunto dovrà pagare anche le spese legali. Se invece la PA è debitrice e subisce ingiunzione ingiusta (senza opposizione), anch’essa sarà obbligata ad adempiere con soldi pubblici. Tuttavia, esiste la possibilità di impugnazione nel foro competente e competenze specifiche per le controversie con PA (art. 133 c.p.c. etc.). In ogni caso, in mancanza di opposizione la PA è tenuta a pagare le spese come qualsiasi altro debitore, salvo che non intervenga speciale diligenza dell’ufficio legale dello Stato (v. rimborso spese dello Stato).
  • Condominio e persone giuridiche: un caso peculiare è il condominio. La Cassazione ha stabilito che è legittimo per l’assemblea condominiale deliberare di porre a carico del condomino moroso tutte le spese legali liquidate nel decreto ingiuntivo emesso in favore del condominio. In pratica, le spese di giudizio (liquidate nel decreto) vengono ripartite e richieste integralmente al condomino inadempiente, considerandole spese condominiali. Ciò rientra nella natura dichiarativa della delibera: l’assemblea riconosce un titolo giudiziale e ne disciplina l’esecuzione interna.
  • Consumatori: il legislatore e la giurisprudenza hanno introdotto tutele specifiche in favore del consumatore-debitore. Il Codice del Consumo (d.lgs. 206/2005) impone regole speciali: nell’ingiunzione devono essere indicate le cifre di rate non pagate, gli interessi contrattuali, e un avvertimento (art. 33 c.c.) sulla decadenza da eventuali eccezioni e sulla possibilità di opposizione tardiva (art. 34 c.c.). La Cassazione a Sezioni Unite 9479/2023 ha espressamente affermato che un decreto ingiuntivo nei confronti di consumatori deve contenere l’avvertimento di legge: in mancanza di opposizione, il debitore-consumatore non potrà poi sollevare l’illegittimità di clausole vessatorie. In sede esecutiva, inoltre, se emergono clausole abusive l’esecutato può proporre opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. entro 40 giorni dall’atto di pignoramento. In termini di spese, se il consumatore soccombe (per mancata opposizione o opposizione respinta), dovrà pagare le spese legali come ogni debitore. Se vince, il creditore pagherà. In linea di massima non esistono agevolazioni particolari delle spese per il consumatore vinto (il foro consumatori non esonera dalla condanna al pagamento delle spese, come stabilito dalla Cassazione, ma disciplina specifiche modalità di opposizione e informazione).

6. Esempi pratici e simulazioni

Per chiarire i concetti esposti, consideriamo alcuni esempi concreti nel contesto italiano:

  • Esempio 1: Decreto ingiuntivo non opposto (creditore vs privato)
    Un artigiano (creditore) vanta un credito di 10.000 € verso un cliente. Deposita ricorso per decreto ingiuntivo e ottiene il provvedimento, che liquida le spese legali in 800 €. Il debitore non si oppone nei termini. Dopo 60 giorni, il decreto diventa esecutivo. Il cliente dovrà quindi pagare € 10.800 (10.000 € + 800 € di spese), oltre eventuali interessi maturati. In questo caso il debitore è interamente soccombente e gli oneri gli sono addebitati dal decreto stesso. Una tabella schematica: Importo credito iniziale Spese legali liquidate Chi paga Totale dovuto € 10.000 € 800 Debitore € 10.800
  • Esempio 2: Opposizione vinta dal debitore (revoca integrale)
    Una banca (creditore) chiede 50.000 € con ingiunzione ad un consumatore. Il consumatore oppone, sostenendo che il contratto era invalido. Il giudice accoglie l’opposizione e revoca completamente il decreto. Di fatto, il creditore non ha più diritto a nulla e deve restituire quanto percepito (se era già stato pagato). Inoltre, il creditore (bank) è considerato soccombente. Pertanto il creditore pagherà le spese processuali, sia quelle del procedimento monitorio sia quelle del giudizio di opposizione. In questo caso il debitore si è difeso con successo e non deve nulla al creditore (tranne eventuale rimborso di somme versate), mentre il creditore sostiene tutti i costi. Se il creditore avesse ottenuto almeno un piccolo riconoscimento del credito, Cass. 9587/2015 afferma che non sarebbe considerato pienamente soccombente e potrebbe non essere condannato alle spese.
  • Esempio 3: Opposizione vinta dal creditore (revoca solo parziale)
    Un professionista (creditore) ottiene un decreto ingiuntivo per € 5.000 + € 500 di spese. Il debitore (cliente) oppone, riuscendo a dimostrare che doveva 3.000 € soltanto. Il giudice, quindi, revoca il decreto ingiuntivo e accoglie l’opposizione limitatamente a € 2.000 (rimettendo il professionista nella posizione di credito da 3.000 € meno gli 1.000 € già ricevuti). In pratica, il creditore ottiene alla fine € 3.000 (invece di € 5.000) e restituisce € 1.000 di quanto riscosso. In questa situazione si determina soccombenza reciproca: il creditore ha ottenuto qualcosa (3.000 €), ma ha subìto una riduzione (non ha recuperato 2.000 € chiesti). Il giudice di merito decide che l’opponente (debitore) debba pagare una parte delle spese legali dell’opposizione, ma potrebbe anche compensare parzialmente. Secondo Cass. 9587/2015, comunque, il creditore non è considerato totalmente soccombente (ha ottenuto riconoscimento parziale del suo credito) e pertanto non sarà condannato automaticamente a pagare tutte le spese dell’appello. Sarà valutato caso per caso dal giudice in base a quanto ciascuno ha ottenuto e subìto.
  • Esempio 4: Spese in condominio
    Il condominio di un palazzo ingiunge € 6.000 a un condomino per spese condominiali non pagate, liquidando € 800 di onorari legali. Il condomino non si oppone. Diventa definitivo, e il condomino versa € 6.800. Successivamente, l’assemblea condominiale, come delibera interna, addebita a quel condomino moroso tutte le spese legali sostenute nel giudizio (800 €). Questo è legittimo: il Condominio può porre i costi giudiziali sul membro moroso come «onere condominiale», considerandolo titolo riconosciuto dall’assemblea. In pratica, se il condomino non avesse pagato, il condominio (a mezzo dell’amministratore) lo addebiterà nelle tabelle millesimali.

Questi esempi illustrano che il soggetto tenuto al pagamento delle spese legali dipende dall’esito complessivo del procedimento: in linea di massima, paga chi rimane soccombente, con eventuale intervento equitativo del giudice in caso di esiti parziali.

7. Differenze per consumatori, imprese e soggetti pubblici

  • Consumatori: come già accennato, i debitori consumatori sono protetti da specifiche norme (Codice del Consumo). Oltre all’avvertimento obbligatorio nel decreto, il consumatore può proporre opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. entro 40 giorni dall’atto esecutivo se emergono clausole vessatorie. Le spese seguono il principio della soccombenza. Se il consumatore non si difende con opposizione e paga il decreto, dovrà saldare anche le spese legali come qualsiasi debitore. Se vince (anche tardivamente), il creditore pagherà le spese. Non sono previsti oneri inferiori rispetto alle regole ordinarie per il consumatore che perde; tuttavia l’avvocato del consumatore può essere parzialmente rimborsato dallo Stato se spese legali rientrano nel gratuito patrocinio, e il debitore-consumatore difficilmente sopporta anticipi, poiché solitamente non anticipa spese legali del creditore.
  • Imprese: quando sia creditore sia debitore sono imprenditori, il procedimento si svolge come sempre. L’unica differenza pratica può derivare da una rappresentanza difensiva obbligatoria (se il valore supera una certa soglia, serve avvocato). Le imprese non godono di agevolazioni particolari; in caso di soccombenza pagheranno le spese secondo il principio generale. Alcune controversie commerciali possono richiedere una procedura di mediazione obbligatoria prima dell’opposizione, ma ciò non incide direttamente sulla ripartizione delle spese di giudizio.
  • Enti pubblici: se un ente pubblico (es. Amministrazione Locale, Azienda Sanitaria, Stato) è creditore, il suo procedimento di ingiunzione segue le stesse regole. Tuttavia, essendo una p.a., spesso le spese legali non vengono anticipate da un professionista privato, ma dall’avvocatura dello Stato o dal patrocinio dell’Ente. Le stesse norme sull’esecuzione coatta prevedono procedure diverse (p.es. si notifica l’ingiunzione alla tesoreria). Se un ente pubblico è debitore e perde il decreto ingiuntivo (e non si oppone), dovrà pagare l’intero importo e le spese come un comune debitore. Un’unica annotazione: a volte i debitori pubblici godono di termini leggermente diversi o di blocchi all’esecuzione (c.d. prerogative sull’espropriazione forzata, vedi artt. 102 c.p.c.). Ma per quanto riguarda il pagamento delle spese, valgono le regole ordinarie.

In conclusione, non esistono categorie generali (ad es. “solo le imprese pagano” o “i consumatori no”), ma solo il confronto tra le posizioni di soccombenza finale. Le pronunce sopra citate non fanno distinzioni per tipologia di soggetto: valgono per tutti i soggetti civili (privati, giuridici, pubblici). L’unica attenuante è data dallo stato di patrocinio gratuito o da altre cause di esonero dall’anticipazione delle spese (che tuttavia non tolgono l’obbligo di rimborso previsto dall’art. 91 c.p.c.).

8. Sintesi: chi paga in base agli esiti del procedimento

IpotesiParte tenuta alle speseNota
Nessuna opposizione (decreto definitivo)Debitore ingiuntoSpese legali liquidate dal decreto; per l’avvocato del creditore (o creditore stesso).
Opposizione respinta (decreto confermato)Debitore opponenteSoccombente prevalente: paga tutte le spese (monitorio + opposizione).
Opposizione accolta integralmenteCreditore oppostoSoccombente: paga tutte le spese di opposizione. Se creditore ha ottenuto riconoscimento parziale, Cass. 9587/2015 esclude la condanna.
Opposizione accolta parzialmente (soccombenza reciproca)Discrezionale (giudice di merito)Il giudice valuta chi ha avuto vantaggio prevalente e può condannare una parte (o compensare). (Cass. 3595/2012).

9. Domande frequenti (FAQ)

  • D: Il decreto ingiuntivo liquida sempre le spese?
    R: Sì, per quanto l’art. 641 c.p.c. imponga al giudice di liquidare le spese e ingiungerle nel decreto. Se tale pronuncia risultasse omessa per errore, il soggetto interessato può chiedere la correzione di errore materiale (art. 287 c.p.c.) perché l’ingiunzione deve contenere la condanna alle spese (Cass. SS.UU. 8053/2014, applicabile analogicamente).
  • D: Chi paga se pago volontariamente dopo il decreto?
    R: Se il debitore adempie spontaneamente alla ingiunzione (anche parzialmente) e poi ottiene l’opposizione, il giudice valuta il risultato finale. Ad esempio, se ha pagato tutta la somma ingiunta, ma poi il decreto viene revocato (ad es. usura o clausole abusive), vige il principio della “restituzione dell’indebito”: il creditore dovrà restituire quanto percepito. Relativamente alle spese, come già detto, è l’esito finale che conta. Se il creditore ha ottenuto un riconoscimento del credito anche minimo, non sarà considerato pienamente soccombente; viceversa, altrimenti, il creditore potrebbe dover restituire anche le spese pagate.
  • D: L’opposizione si paga?
    R: Le spese del giudizio di opposizione (contributo unificato, notificazioni, onorari difensori) sono, in generale, a carico della parte soccombente finale. Un debitore che propone opposizione e perde (totale o in parte) sarà condannato a pagare le spese dell’opposizione, oltre eventualmente a una quota di quelle di monitorio. Se invece ha successo (anche parziale), potrà recuperare almeno le proprie spese in misura maggiore, sempre valutando complessivamente l’esito.
  • D: Se il creditore ottiene meno di quanto richiesto (es. credito ridotto da 10.000 € a 3.000 €), paga spese?
    R: Non automaticamente. La Cassazione ha chiarito che un creditore che ottiene un soddisfacimento anche parziale del suo credito non è considerato soccombente. Ad esempio, nella fattispecie di Cass. 9587/2015, il creditore aveva ottenuto il riconoscimento di parte del credito ed il decreto era poi revocato; la Cassazione ha escluso che egli dovesse pagare le spese del grado di appello. Pertanto, se il creditore ottiene un risultato positivo, anche minimo, difficilmente sarà condannato a pagare spese.
  • D: Cosa succede se si concorda un pagamento parziale durante l’opposizione?
    R: Ogni patteggiamento tra le parti (transazione) interrompe il giudizio. Le spese seguono l’accordo: normalmente chi ottiene un indennizzo o una parte di credito può chiedere che il debitore gli rimborsi le spese anticipate o ne condivida l’importo. In mancanza di diverso accordo, si applica sempre il principio di soccombenza. Se si formalizza con una sentenza di definizione, il giudice condannerà la parte soccombente (o disporrà compensazione). Non esiste un trattamento speciale: se il debitore paga una somma minore senza opposizione, di fatto ha perso, e il giudice di solito lo considera soccombente per spese.
  • D: Chi paga se il decreto ingiuntivo viene annullato per motivi formali (nullità della notificazione)?
    R: Qualora il decreto venga dichiarato nullo (es. mancata notifica entro 60 giorni dal provvedimento), il ricorso monitorio perde efficacia e si può riproporre nuova domanda dopo la scadenza del termine. In tal caso non vi è stata nemmeno una vera causa con condanna finale: di norma la questione si riapre ex novo e il giudice formerà ex novo le spese processuali, valutando dal nuovo inizio. Se il creditore chiede un nuovo decreto con le stesse spese, il giudice può disporre che il debitore paghi comunque i costi sostenuti inutilmente (poiché la causa si è conclusa per un vizio). Più correttamente, però, la procedura di annullamento solitamente comporta un nuovo equo trattamento delle spese nel nuovo giudizio, senza condannare automaticamente al pagamento di quelle passate, salvo evidente mala fede del creditore.
  • D: In caso di opposizione parziale, possono compensare le spese?
    R: Sì. Se entrambe le parti hanno ottenuto risultati positivi e negativi (ad es. credito riconosciuto ma ridotto, spese richieste in parte liquidate), il giudice può compensare le spese ai sensi dell’art. 92 c.p.c. e non assegnare nulla a nessuno. Ciò accade quando la soccombenza reciproca è tale da rendere ingiusto che una sola parte sostenga i costi. In pratica, il giudice stabilisce se condannare l’opponente, il creditore o compensare tutto, valutando come si è concluso il contenzioso.

10. Fonti normative e giurisprudenziali

  • Normativa: Codice di Procedura Civile (artt. 633, 641, 645-648, 650, 90-92 c.p.c.); Codice Civile (art. 63 disp. att., 64 disp. att., etc. per il condominio); D.P.R. 115/2002 (art. 133 ss. per il patrocinio a spese dello Stato); Codice del Consumo (d.lgs. 206/2005, artt. 33-34).
  • Giurisprudenza di legittimità: Cass. civ. Sez. III, 12/05/2015 n. 9587 (soccombenza e opposizione a ingiunzione); Cass. civ. Sez. II, 09/08/2022 n. 24482 (procedimento monitorio e riparto delle spese); Cass. civ. Sez. VI, 18/01/2016 n. 751 (condominio e oneri di spese legali in ingiunzione); Cass. civ. Sez. II, 09/02/2012 n. 3595 (opposizione in parte e condanna alle spese); Cass. civ. Sez. Lav., 01/02/2007 n. 2217; Cass. civ. Sez. Lav., 23/07/2010 n. 75; Cass. SS.UU., 06/04/2023 n. 9479 (clausole abusive e ingiunzione nei confronti del consumatore).
  • Giurisprudenza di merito: Tribunali e Corti d’Appello hanno affrontato casi analoghi (es. Trib. Napoli Nord 12/07/2022 n. 1927 richiamante Cass. 9587/2015; CA L’Aquila 31/07/2021 sulla riduzione del credito; ecc.). In ogni caso, le pronunce di merito devono uniformarsi ai principi di Cassazione sopra enunciati.

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