Accordo Transattivo Dopo Decreto Ingiuntivo: La Guida

Hai ricevuto un decreto ingiuntivo e ti stai chiedendo se è ancora possibile trovare un accordo con il creditore per evitare un pignoramento? Ti domandi cosa succede se firmi un accordo dopo la notifica e se puoi rateizzare l’importo o ottenere uno sconto sul debito?

La risposta è sì: anche dopo un decreto ingiuntivo, è possibile raggiungere un accordo transattivo che blocchi l’esecuzione forzata, eviti ulteriori spese e ti permetta di chiudere il debito in modo sostenibile e concordato.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso civile, esecuzioni e accordi transattivi – ti spiega cosa puoi fare dopo un decreto ingiuntivo, come funziona un accordo, quali vantaggi offre e quando è utile farti assistere da un legale per proteggerti e negoziare in sicurezza.

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Introduzione

Il procedimento monitorio (decreto ingiuntivo) è previsto dagli artt. 633 ss. c.p.c. ed è utilizzato per ottenere con rapidità somme di denaro o beni fungibili dovuti da un’altra parte. Esso si applica ogni volta che si vanti un credito certo, liquido ed esigibile, fondato su documenti scritti. Con questo rito possono perciò essere recuperati debiti di vario genere: obbligazioni contrattuali tra privati o imprese (pagamenti di beni o servizi, prestiti, ecc.), crediti commerciali (fatture, somministrazioni), crediti professionali (onorari di avvocati, notai o altri professionisti con tariffe legali), crediti di lavoro (stipendi arretrati, TFR, contributi previdenziali) e altri crediti civilistici liquidi. Ad esempio, gli avvocati e i notai possono chiedere ingiunzione per i propri compensi secondo le tariffe approvate dalla legge. In generale, non è possibile ottenere con ingiunzione obblighi di fare o somme indeterminate (art. 633 c.p.c. e ss.): il decreto ingiuntivo può ordinare al debitore di pagare una somma di denaro liquida, di consegnare una data quantità di cose fungibili o un bene mobile determinato, e ciò richiede che il credito sia specificato in documento (fattura, contratto, atto notarile, ecc.).

Fattispecie tipiche: il decreto ingiuntivo è frequentemente utilizzato nel campo locatizio (per riscuotere canoni e spese condominiali non versati): ad esempio un proprietario può agire per ingiunzione anche senza preventiva diffida, come confermato dalle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 13/01/2022 n. 927). Analogamente, l’amministratore condominiale può ottenere ingiunzioni sui contributi dovuti dai condomini morosi (anche oltre 6 mesi di insoluti, senza bisogno di approvazione assembleare). In tutti questi casi, se il credito richiesto rispetta i requisiti (certezza, liquidità, prova scritta), il giudice è tenuto ad emettere il decreto ingiuntivo.

Iter del procedimento monitorio: dal ricorso all’esecuzione

Il procedimento monitorio si svolge in due fasi principali.

  1. Fase monitoria (prima fase, inaudita altera parte): il creditore apre il giudizio depositando il ricorso per ingiunzione (art. 633 ss. c.p.c.) presso il tribunale competente. Il ricorso deve indicare il credito vantato (con documenti a sostegno) e il giudice effettua un esame sommario inaudita altera parte. Se le condizioni di legge sono soddisfatte (credito certo, ecc.), entro 30 giorni dal deposito il giudice emette decreto ingiuntivo motivato. Tale decreto ingiunge al debitore il pagamento della somma dovuta o la consegna del bene in 40 giorni dalla notifica, avvertendo che nello stesso termine il debitore potrà opporsi. In alcuni casi di legge (cambiali, assegni, atti notarili, pericolo di grave pregiudizio) il giudice concede automaticamente l’esecuzione provvisoria (art. 642 c.p.c.), cioè il decreto può essere eseguito subito dopo 10 giorni (anziché attendere 40+10).
  2. Notifica e termine di opposizione: il decreto viene notificato al debitore (oggi per via telematica/PEC) e da quel momento inizia il termine di 40 giorni (art. 648 c.p.c.) per proporre opposizione. Trascorso inutilmente il termine senza opposizione, il decreto si definisce: in tal caso diventa titolo esecutivo definitivo, con efficacia equiparabile al giudicato secondo la giurisprudenza. Il creditore può così notificare atto di precetto (attendendo 10 giorni) e avviare l’esecuzione forzata (pignoramenti di denaro, mobili, immobili, ecc.).
  3. Opposizione (seconda fase, cognizione piena): se il debitore presenta opposizione (atto di citazione entro 40 giorni ex art. 645 c.p.c.), si instaura un vero e proprio processo ordinario (ritualizzato) con termini abbreviati. Durante l’opposizione, le prove vengono discusse in contraddittorio e il giudice decide con sentenza di merito. Al termine del giudizio, il giudice dell’opposizione emette sentenza che può rigettare o accogliere l’opposizione. Se rigetta l’opposizione (per esempio perché conferma l’esistenza del credito del ricorrente), il decreto ingiuntivo – se ancora privo di efficacia esecutiva – acquista titolo esecutivo definitivo (art. 653 c.p.c.). Se invece l’opposizione è accolta totalmente, la sentenza sostituisce integralmente il decreto ingiuntivo, che perde ogni efficacia esecutiva (in tal caso la sentenza regolerà i rapporti tra le parti). In sintesi: senza opposizione il decreto diventa esecutivo in 40+10 giorni; con opposizione, la fase ordinaria può confermare o cancellare il decreto. In caso di accoglimento parziale, il titolo esecutivo diventa la sentenza nei limiti confermati.
  4. Fase esecutiva forzata: terminato il giudizio di opposizione con decreto ingiuntivo definitivo o con sentenza favorevole al creditore, inizia l’espropriazione forzata. Il creditore notifica l’atto di precetto (dopo 10 giorni da atto stesso si può procedere al pignoramento) e procede a sequestri e vendita dei beni. Anche in fase esecutiva il giudice può essere chiamato: ad esempio l’art. 709-ter c.p.c. autorizza il giudice a disporre iscrizione di ipoteca giudiziale sul patrimonio del debitore (per ipoteca spese, un terzo del valore del credito) una volta emesso il decreto definitivo o la sentenza.

Nelle fasi intermedie sono possibili varie estinzioni del giudizio: ad esempio il giudizio di opposizione si estingue automaticamente in caso di rinuncia agli atti da parte del creditore o di inattività delle parti (art. 306 c.p.c.). Ciò avviene concretamente quando, ad esempio, il creditore ritira il ricorso monitorio o deposita rinuncia all’esecuzione: in tal caso il processo si interrompe senza decisione di merito.

Accordo transattivo nelle diverse fasi

Le parti possono definire la lite transattivamente in qualsiasi momento prima che il titolo esecutivo diventi definitivo. Ecco le principali possibilità operative:

  • Prima dell’emissione del decreto o subito dopo: ancora in fase monitoria le parti possono avviare trattative bonarie. Se si giunge a un accordo ancor prima che il giudice emetta il decreto, il creditore può semplicemente non depositare (o ritirare) il ricorso, definendo la controversia. Se invece il decreto è già stato emesso (ma non è ancora stato eseguito), il debitore può proporre un pagamento parziale negoziato (es. saldo e stralcio). In tal caso si redige un accordo in cui il creditore rinuncia a eseguire o proseguire con il decreto: di solito il creditore deposita presso la cancelleria del tribunale un atto di rinuncia al ricorso o all’azione (art. 306 c.p.c.), e il procedimento monitorio si estingue senza sentenza. L’accordo transattivo può sostituire formalmente il decreto (il creditore dà quietanza per la somma ricevuta e rinuncia al resto).
  • In pendenza di opposizione: anche durante il giudizio di opposizione è sempre possibile transigere. Le parti possono raggiungere un’intesa ancor prima dell’udienza finale. In tal caso si stipula un contratto di transazione in cui si definisce ogni questione controversa e si fissa l’effettivo adempimento (a somme o prestazioni). Tale accordo può essere presentato in udienza al giudice: il giudice lo può omologare in un’ordinanza che dichiara estinto il processo per avvenuta conciliazione (art. 306 c.p.c.). Spesso l’accordo viene redatto come scrittura privata e allegato all’istanza, o verbalizzato in udienza. Da quel momento la controversia è chiusa e non si prosegue oltre.
  • In fase esecutiva: anche dopo che il decreto ingiuntivo è divenuto titolo esecutivo (senza opposizione) è possibile trovare un accordo. In questa fase il creditore ha iniziato la fase di pignoramento o vendita. Le parti possono tuttavia concordare la sospensione dell’esecuzione (art. 708 c.p.c. prevede la sospensione facoltativa dell’esecuzione per un anno, eventualmente rinnovabile, per favorire una definizione bonaria). L’accordo, ad esempio, potrebbe prevedere che il debitore versi una somma ridotta entro un termine e il creditore ritiri il pignoramento. In tal caso, una volta effettuato il pagamento previsto dall’accordo e rilasciata quietanza liberatoria, il creditore cessa le azioni esecutive (per esempio revoca l’atto di pignoramento) e definisce il credito. Se l’accordo è formalizzato, il debitore cessa di essere esecutato e il procedimento esecutivo si conclude (anche attraverso un’ordinanza di estinzione ai sensi dell’art. 306 c.p.c.).

In sintesi, a ogni stadio del procedimento il creditore e il debitore possono transigere: nel linguaggio si parla di definizione della lite tramite transazione, che consente di evitare ulteriori spese e tempi processuali. L’accordo transattivo raggiunto interrompe il giudizio in corso (rinunciando alle fasi residue) e crea effetti vincolanti per le parti, come illustrato nei punti successivi.

Formalizzazione e validità dell’accordo transattivo

L’accordo tra le parti viene qualificato come contratto di transazione (art. 1965 c.c.) e rientra nella disciplina generale dei contratti (artt. 1321-1372 c.c.). Per sua natura esso dev’essere stipulato con scrittura privata o atto pubblico, così da essere provabilmente documentato. L’art. 1967 c.c. stabilisce che la transazione richiede forma scritta ad probationem (cioè per provarne l’esistenza), salvo che riguardi atti soggetti a forma ad substantiam (art. 1350 c.c.). Ciò significa che, se l’accordo verte su diritti reali immobiliari o altri negozi a forma solenne, deve essere stipulato in forma pubblica. Nella prassi giudiziaria, tuttavia, è sufficiente dimostrare inequivocabilmente la conclusione dell’accordo (ad es. con email o comportamenti delle parti), purché risulti chiaro l’oggetto e le prestazioni reciprocal🎲. Ad ogni modo, è fortemente consigliato redigere sempre la transazione per iscritto: un documento firmato dalle parti evita contestazioni sull’oggetto e sulla volontà.

Il contenuto dell’accordo deve comprendere le concessioni reciproche: tipicamente vi si indicano l’ammontare del debito originario, l’importo definitivo concordato (eventuale “saldo”), le modalità e i termini di pagamento, nonché la rinuncia del creditore a ogni altra pretesa. In esso si dichiara che, una volta assolto quanto pattuito, nessuna delle parti potrà rivendicare altro. Se l’accordo definisce un procedimento giudiziale in corso, spesso le parti allegano l’impegno formale del creditore a depositare la rinuncia all’azione (ad esempio, rinuncia all’opposizione o al prosieguo dell’esecuzione) presso l’ufficio giudiziario coinvolto, così da estinguere il processo (ex art. 306 c.p.c.).

Effetti giuridici: l’accordo transattivo svolge effetto di novazione o remissione dell’obbligazione originaria. Se infatti le parti intendono che con il nuovo patto l’obbligo precedente venga integralmente sostituito, si parla di transazione novativa: in tal caso la vecchia obbligazione è definitivamente spazzata via. L’art. 1976 c.c. sancisce che una volta conclusa una transazione novativa essa è inappellabilmente vincolante e “irrisolubile” per inadempimento. Invece, se l’accordo è conservativo (es. un mero perdono di parte del debito, come nel classico saldo e stralcio), all’inadempienza dell’accordo transattivo non corrisponde l’estinzione del debito originario, ma la ri-emersione del debito residuo precedente. In concreto, ciò significa che se il debitore non rispetta l’accordo, il creditore può riprendere l’azione sul credito originario secondo gli accordi originari; se invece l’accordo è novativo, il debitore adempie la nuova obbligazione, ed il creditore non potrà rimettere in discussione il rimborso concordato.

L’accordo transattivo impegna definitivamente le parti: una volta raggiunto, non si può revocarlo unilateralm🎲ente. Se però le parti prevedono un meccanismo di garanzia o pena (ad es. caparra confirmatoria), la sua inadempienza potrebbe giustificare la risoluzione, fatti salvi i limiti di legge.

Effetti giuridici e fiscali della transazione

Sul piano giuridico, l’accordo transattivo estingue i rapporti determinati: il debitore che paga quanto pattuito è liberato dall’obbligo iniziale, e il creditore che riceve il pagamento rinuncia a ogni ulteriore esecuzione. Se l’accordo è corretto (senza vizi di forma o dolo), esso produrrà effetti erga omnes come qualsiasi contratto – è ammessa l’azione di adempimento o inadempimento in caso di violazione. Inoltre, la transazione chiude definitivamente ogni controversia già sorta o potenziale: in linea di massima nessuna delle parti potrà in futuro richiedere somme o prestazioni diverse da quelle accordate.

Dal punto di vista fiscale, gli effetti dipendono dalla natura della prestazione. L’Agenzia delle Entrate ha più volte chiarito (es. risposta 401/2021) che le somme corrisposte in un accordo transattivo costituiscono corrispettivo di una prestazione di servizi (la rinuncia alle liti) e vanno quindi assoggettate a IVA nelle ordinarie modalità. Ciò vale ad esempio quando la transazione si forma tra professionisti o imprese: sul saldo o stralcio concordato si applica l’IVA come se fosse compenso. Nel caso di transazioni relative a rapporti di lavoro, l’AE (circolare 326/E/1997) considera imponibili le somme erogate al lavoratore come reddito di lavoro dipendente. Sul piano della tassazione dei redditi di impresa, la parte di credito “saldato” dal debitore può configurare una perdita su crediti per il creditore (deducibile ai fini IRES, entro limiti di legge); analogamente, per il debitore può costituire un risparmio d’imposta o un recupero di capienza.

Il ruolo del Processo Civile Telematico (PCT)

Dal 2014 tutte le fasi del procedimento monitorio si svolgono nel Processo Civile Telematico (PCT). Il ricorso per ingiunzione e le opposizioni devono essere depositati esclusivamente via PEC nel fascicolo monitorio digitale del giudice. Il decreto ingiuntivo stesso viene emesso “a video” e trasmesso al difensore del creditore. In questo ambito, il decreto ingiuntivo è tra le procedure giudiziarie completamente digitalizzate. Con l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, la giurisprudenza ritiene persino che una fattura elettronica provi adeguatamente il credito nel monitorio telematico.

In pratica, il difensore compila il ricorso (procura alle liti digitale, documenti in PDF/A) e lo deposita sul portale dei servizi telematici. Vengono contestualmente pagati telematicamente contributo unificato e diritti di copia. Tutti i documenti di prova (fatture, contratti, note spese) devono rispettare le specifiche tecniche (formato PDF/A-1 o A-3, dimensioni, ecc.). Una volta emesso, il decreto ingiuntivo viene notificato telematicamente al debitore (serve un avviso di deposito notificato via PEC al difensore del debitore). Se il debitore opone, anche la citazione di opposizione (la comparsa di risposta) va depositata telematicamente, unitamente all’avviso della notifica eseguita.

In sintesi, l’intero iter – iscrizione a ruolo, iscrizione nel fascicolo monitorio, emissione del decreto, notifiche, opposizione, sentenza, esecuzione – avviene tramite piattaforme informatiche. Il fascicolo telematico resta accessibile alle parti e agli uffici giudiziari in forma digitale, con conseguente maggiore efficienza e rapidità degli atti processuali.

Schemi di atti e simulazioni pratiche

  • Esempio di ricorso per decreto ingiuntivo (art. 633 c.p.c.): il creditore espone dati personali e domicilio, descrive il credito vantato (es. “nota spese per prestazioni professionali del valore di € 5.000”), allega le prove scritte (fattura, contratto, parcella), e domanda al giudice di ingiungere al debitore il pagamento di € 5.000 oltre interessi e spese processuali. In calce il procuratore firma digitalmente il ricorso (sul PCT).
  • Fac-simile di accordo transattivo a saldo e stralcio:
Il Sig. A (creditore) e il Sig. B (debitore), premesso che:
- Con decreto ingiuntivo n. 123/2024 del Tribunale di Firenze il Sig. A ha ingiunto al Sig. B il pagamento di € 10.000, riferito a somministrazioni di beni da marzo 2024;
- Le parti intendono definire bonariamente la controversia senza ulteriori oneri,
convengono quanto segue:
1. Il Sig. B riconosce di dovere al Sig. A l’importo di € 6.000 (**saldo** del credito originario di € 10.000).
2. Il Sig. B si impegna a versare € 6.000 al Sig. A entro 30 giorni dalla sottoscrizione del presente accordo, mediante bonifico bancario sul conto corrente n. ... intestato al Sig. A.
3. Al ricevimento dell’intera somma, il Sig. A rilascerà quietanza liberatoria e rinuncerà espressamente a qualsiasi ulteriore pretesa nei confronti del Sig. B connessa al credito di cui sopra.
4. Il Sig. A si impegna contestualmente a depositare presso la cancelleria del Tribunale di Firenze atto di rinuncia agli atti del procedimento monitorio (estinguendo così il decreto ingiuntivo n. 123/2024).
Letto, confermato e sottoscritto.
**Firenze, ___/___/2024**  
Il Creditore (A)              Il Debitore (B)  
Firma: _______________        Firma: _______________

Questo esempio illustra una transazione “saldo e stralcio”: il debitore paga meno del dovuto (€6.000 invece di €10.000) ma ottiene la estinzione definitiva del debito, mentre il creditore riceve subito l’importo ridotto e rinuncia al residuo. Una volta firmato l’accordo, le parti ottemperano a quanto convenuto e depositano gli atti necessari per chiudere il giudizio.

  • Fac-simile di istanza di sospensione dell’esecuzione (art. 708 c.p.c.): se le parti concordano di sospendere la vendita forzata di un immobile per tentare una transazione, possono presentare al giudice dell’esecuzione un’istanza congiunta: “Sulle conclusioni comuni dei creditore Sig. A e debitore Sig. B, si chiede di sospendere l’esecuzione per 6 mesi ai fini della definizione della vertenza, ai sensi dell’art. 708 c.p.c.” Segue la dichiarazione che entro il termine ci si impegna a definire l’accordo. L’istanza va depositata in cancelleria.

Domande frequenti

  • D: Posso chiudere la causa con un saldo e stralcio anche dopo aver ricevuto il decreto ingiuntivo?
    R: Sì. Anche dopo l’emanazione del decreto ingiuntivo (prima che diventi titolo esecutivo definitivo) le parti possono accordarsi. Di solito il debitore offre un pagamento ridotto (saldo) e il creditore accetta (stralcio), sottoscrivendo un accordo. In tal caso il creditore deposita una rinuncia formale al procedimento (art. 306 c.p.c.), estinguendo la causa senza necessità di opposizione.
  • D: L’accordo transattivo deve essere fatto per forza da un notaio?
    R: No, di norma l’accordo di transazione è un contratto che può essere formato con scrittura privata (firmata dalle parti) e non richiede necessariamente un notaio, a meno che non riguardi diritti soggetti a forma pubblica (es. trasferimenti immobiliari). In ogni caso, è consigliato redigerlo per iscritto e firmarlo da entrambe le parti, per evitare contestazioni future.
  • D: Quali sono gli effetti fiscali di un accordo a saldo e stralcio?
    R: Le somme pagate al creditore in esecuzione di un accordo transattivo sono normalmente trattate come compenso per la rinuncia alle liti, quindi assoggettabili a IVA (applicando l’aliquota ordinaria). Nell’ambito lavorativo, le indennità concordate in transazione di causa di lavoro costituiscono reddito imponibile ai fini IRPEF (circ. AE 326/1997). Dal lato del creditore, l’importo del credito originario cancellato configura di solito una perdita su crediti, con effetti sul bilancio.
  • D: Che succede se pago il decreto ingiuntivo parzialmente e poi faccio opposizione?
    R: Se il debitore effettua un pagamento parziale del debito dopo l’ingiunzione, in generale non può poi presentare opposizione per i residui, perché l’effetto del pagamento con quietanza liberatoria sarebbe di estinguere la sua obbligazione (cioè mancherebbe il quid iuris per l’opposizione). In pratica, il debitore dovrebbe accordarsi prima di pagare, non dopo.
  • D: Posso sospendere l’esecuzione coattiva per cercare un accordo?
    R: Sì, le parti possono chiedere la sospensione facoltativa dell’esecuzione (art. 708 c.p.c.), presentando congiuntamente al giudice un’istanza motivata. La sospensione può durare fino a 1 anno, rinnovabile, per consentire negoziazioni bonarie. Durante la sospensione non vengono compiuti atti esecutivi, ma le procedure già iniziate restano fermi. Se l’accordo si perfeziona, il creditore poi chiede la chiusura definitiva dell’esecuzione dietro pagamento concordato.

Tabelle riepilogative

Fase del procedimentoAtti/tempi principaliAccordo transattivoEffetti giuridici
Ricorso e decreto ingiuntivoPresentazione ricorso (art. 633 c.p.c.), esame in 30 gg; emissione decreto ingiuntivo motivato (pagamento entro 40 gg).Possibile trattativa prima della pronuncia: il creditore può ritirare il ricorso o concordare un pagamento parziale. Dopo l’ingiunzione, il creditore può definire tutto mediante transazione, depositando rinuncia al giudizio (art. 306 c.p.c.).Se non c’è opposizione, il decreto diventa definitivo (efficacia di giudicato) e può essere eseguito; se è già provv. esecutivo (art. 642), si può procedere subito al precetto.
Notifica ed opposizioneNotifica del decreto al debitore; termine di opposizione 40 gg. Opposizione con comparsa (art. 645 c.p.c.), udienza in termini ridotti.Le parti possono transigere in qualsiasi momento prima della sentenza: deposito congiunto dell’accordo al giudice (con estinzione del processo per definizione bonaria, art. 306 c.p.c.).Se opposizione rigettata, il decreto (ormai definitivo) rimane titolo esecutivo (art. 653). Se opposizione accolta totalmente, viene emanata sentenza che sostituisce il decreto (equesto perde efficacia).
Fase esecutivaNotifica atto di precetto, inizio pignoramenti (art. 482 c.p.c.): 10 gg dopo precetto si può eseguire. Vendite mobiliari/immobiliari.Pur dopo l’inizio dell’esecuzione, le parti possono definire il debito transattivamente. Si può chiedere al giudice dell’esecuzione di sospendere la vendita (art. 708 c.p.c.) e versare la somma concordata, con ritiro degli atti esecutivi.Il decreto (o la sentenza) già acquisito può essere revocato se il creditore rilascia quietanza e deposita rinuncia all’esecuzione. Il debitore riceve il rilascio dei beni pignorati.

Fonti normative e giurisprudenziali (aggiornate al 2025)

  • Codice di procedura civile: artt. 633-639 (procedimento per ingiunzione); art. 642 (esecuzione provvisoria); artt. 645-648 (opposizione al decreto ingiuntivo); art. 653 (efficacia esecutiva del decreto); art. 306 (rinuncia e estinzione del giudizio); artt. 482-492 (attuazione dell’esecuzione, precetto); artt. 709-ter (ipoteca giudiziale).
  • Codice civile: artt. 1965-1977 (contratto di transazione, in particolare artt. 1967 [prova della transazione] e 1976 [irrisolubilità della transazione novativa]); artt. 134-136 e 1350 (forme dei contratti); artt. 1173-1189 (novazione e remissione del debito).
  • Codice Civile – disposizioni di attuazione: art. 63 (regolamentazione del riscaldamento e dei servizi condominiali).
  • Normativa di settore: DPR 115/2002 (spese di giustizia, art. 13 bis riduzioni contributo per processi di lavoro e ingiunzione); D.Lgs. 150/2011 (processo civile telematico), D.M. 18/12/2014 (specifiche tecniche PCT); D.M. 30/09/2014 (versamento contributo unificato); L. 89/2001 (codice delle locazioni, artt. 5 e ss. rito locatizio).
  • Normativa fiscale e amministrativa: art. 10 D.P.R. 633/1972 (non soggezione IVA nel saldo e stralcio salvo integrazione); circolari Agenzia Entrate 326/1997 (definizioni conciliative di lavoro) e 401/2021 (transazioni e IVA); TUIR (artt. 88 e 108 su perdite su crediti).
  • Giurisprudenza di legittimità: Cass. civ. n. 24377/2006 (transazione novativa – art. 1976 c.c.), n. 22395/2006 (forma della transazione), n. 927/2022 (Sez. Un., opposizione al decreto in materia locativa), n. 33174/2023 (opp. a provvisoria esec. e restituzione somme), n. 20233/2018 e n. 23668/2018 (transazione e IVA), tra le altre.

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