La Composizione Negoziata Delle Imprese Sotto-soglia: Guida

Hai una microimpresa, una ditta individuale o una piccola società che si trova in difficoltà economica, ma non sai se puoi accedere agli strumenti previsti dal Codice della Crisi d’Impresa?

La Composizione Negoziata per le imprese sotto-soglia è la procedura pensata proprio per le realtà di piccole dimensioni, che non superano determinati parametri economici, ma che vogliono evitare la chiusura e trovare una soluzione sostenibile ai debiti.

In questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, ristrutturazione del debito e procedure di risanamento – scoprirai come funziona la Composizione Negoziata per le imprese sotto-soglia, chi può accedervi, quali vantaggi offre e cosa puoi fare per attivarla con l’aiuto di un legale esperto.

Hai una microimpresa o una ditta in crisi e vuoi sapere se puoi accedere alla Composizione Negoziata sotto-soglia?

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Introduzione

L’istituto nasce dalla volontà del legislatore di offrire uno strumento di allerta precoce e composizione stragiudiziale delle crisi, in linea con le normative europee, per ridurre il numero di fallimenti e preservare la continuità aziendale. Introdotta in un periodo di forte difficoltà economica generale (all’indomani della pandemia Covid-19), la composizione negoziata punta a intervenire tempestivamente sulle situazioni di squilibrio prima che degenerino, favorendo soluzioni concordate che coinvolgano creditori, banche ed Erario. La presente guida esamina dettagliatamente come funziona questo strumento e come sia stato adattato alle esigenze delle imprese minori.

La composizione negoziata della crisi d’impresa è una procedura volontaria e stragiudiziale introdotta dal legislatore italiano nel 2021, con l’obiettivo di consentire all’imprenditore in difficoltà di trovare soluzioni concordate con i creditori e di evitare, se possibile, l’accesso a procedure concorsuali più gravose.
Questa guida, aggiornata a giugno 2025, si focalizza sulle imprese sotto-soglia, ossia quelle di dimensioni minori che presentano congiuntamente i requisiti di cui all’art. 1, comma 2, della legge fallimentare (R.D. 267/1942) e oggi dell’art. 2, lett. d) del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCII”).

Verranno esaminati in dettaglio i presupposti di accesso, le fasi procedurali, gli strumenti di tutela (come le misure protettive) e gli esiti possibili della composizione negoziata per le imprese sotto-soglia, con particolare attenzione alle differenze rispetto alla composizione ordinaria per imprese di maggiori dimensioni. Saranno inoltre evidenziate le novità normative intervenute nel periodo gennaio 2024 – giugno 2025, incluse le modifiche apportate dal terzo correttivo (D.Lgs. 136/2024) e le misure di incentivo e semplificazione introdotte a beneficio delle PMI. La guida comprende tabelle riepilogative, una sezione di domande e risposte sui dubbi più comuni, simulazioni pratiche riferite al contesto italiano (ad esempio il caso di un’impresa individuale nel commercio o di una S.r.l. nel settore servizi), nonché modelli e formulari utili per presentare l’istanza di accesso e gestire i momenti chiave della procedura. Tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate saranno elencate in una sezione conclusiva, aggiornate alla data della guida (giugno 2025).

Da notare che la composizione negoziata ha di fatto sostituito le procedure di allerta esterna inizialmente previste dal Codice della Crisi (i c.d. OCRI – Organismi di Composizione della Crisi d’Impresa): questi organismi, che dovevano ricevere segnalazioni obbligatorie di crisi da parte di creditori pubblici e organi di controllo, sono stati accantonati dal legislatore prima della loro entrata in vigore, puntando invece su un approccio volontario come la composizione negoziata.

Quadro normativo e definizioni chiave

La disciplina della composizione negoziata è contenuta principalmente nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019), in particolare agli artt. 12-25-octies (Titolo II, Capo I del CCII). Tale istituto è stato introdotto nel nostro ordinamento con il D.L. 118/2021 (convertito con modificazioni dalla L. 147/2021), in attuazione delle indicazioni della direttiva UE 2019/1023, ed è entrato in vigore il 15 novembre 2021. Successivamente, importanti modifiche e chiarimenti sono stati apportati da decreti correttivi, in particolare dal D.Lgs. 83/2022 (adeguamento alla direttiva insolvency) e dal D.Lgs. 136/2024, entrato in vigore il 28 settembre 2024. Quest’ultimo terzo correttivo ha stabilizzato la disciplina, intervenendo su vari aspetti: presupposti di accesso (chiarendo che l’accesso è possibile anche in situazione di mera crisi o squilibrio, non solo di insolvenza), documentazione iniziale semplificata per le PMI, rafforzamento del ruolo dell’esperto e miglioramento dei rapporti con il ceto bancario e il Fisco.

Imprese sotto-soglia: definizione

Per imprese sotto-soglia (dette anche imprese minori nel CCII) si intendono gli imprenditori commerciali o agricoli che non superano determinate soglie dimensionali. In base all’art. 2, lett. d) CCII, un’impresa è “minore” se presenta congiuntamente i seguenti requisiti:

  • un attivo patrimoniale annuo non superiore a €300.000 nei tre esercizi antecedenti la data della domanda (o dall’inizio dell’attività se questa ha durata inferiore a tre anni);
  • ricavi lordi annui non superiori a €200.000 nello stesso periodo;
  • un debito totale (anche non scaduto) non superiore a €500.000.

Questi parametri riprendono i requisiti di non fallibilità già previsti dall’art. 1, comma 2, R.D. 267/1942 (vecchia legge fallimentare). Le imprese che soddisfano tali limiti dimensionali non sono assoggettabili alla liquidazione giudiziale (il nuovo fallimento), come espressamente previsto dagli artt. 49 e 121 CCII; in caso di insolvenza, per esse si applica invece la liquidazione controllata dei beni (procedura semplificata disciplinata dall’art. 268 CCII). Allo stesso modo, gli altri strumenti concorsuali tradizionali (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione) sono sostituiti, per i soggetti sotto-soglia, da procedure analoghe dedicate: ad esempio il concordato minore in luogo del concordato preventivo ordinario. Pertanto, la qualifica di impresa sotto-soglia incide sugli strumenti utilizzabili per regolare la crisi o l’insolvenza, ma non preclude l’accesso alla composizione negoziata: anche un’impresa minore può attivare la procedura de qua al pari di un’impresa maggiore.

Nel prosieguo, faremo riferimento ai termini “imprenditore sotto-soglia” o “imprenditore minore” per indicare il debitore che possiede i requisiti sopra elencati, tipicamente una piccola impresa individuale o una società di piccole dimensioni. È importante notare che la composizione negoziata è aperta sia agli imprenditori commerciali sia agli imprenditori agricoli (categorie entrambe incluse tra i soggetti ammessi), purché iscritti al Registro delle Imprese.

Composizione ordinaria vs sotto-soglia: differenze principali

La procedura di composizione negoziata segue, in linea generale, un modello comune sia per le imprese di maggiori dimensioni sia per quelle sotto-soglia. L’imprenditore minore ha infatti accesso all’istituto alle medesime condizioni di principio. Tuttavia, la legge prevede alcune deviazioni e semplificazioni per adattare la composizione negoziata alle realtà più piccole. Di seguito sintetizziamo le principali differenze tra la composizione negoziata “ordinaria” (per imprese sopra-soglia) e quella “sotto-soglia”, così come risultano alla luce delle modifiche in vigore nel 2025:

ProfiloImprese sopra-soglia (ordinarie)Imprese sotto-soglia (minori)
Documentazione inizialeAmpio set di documenti: ultimi 3 bilanci approvati (o progetti di bilancio) e, se disponibili, una situazione patrimoniale aggiornata; elenco dettagliato dei creditori suddivisi per tipologie; un piano di risanamento o almeno un progetto di piano; relazione sulle cause della crisi; certificato dei debiti fiscali (Agenzia Entrate) e contributivi (INPS/INAIL); estratto della Centrale Rischi della Banca d’Italia, ecc..Set ridotto di documenti: per le imprese minori occorre allegare solo alcuni documenti essenziali (es. dichiarazione su eventuali ricorsi pendenti per fallimento o insolvenza; certificato unico dei debiti tributari; situazione debitoria complessiva verso l’Agenzia Entrate-Riscossione; certificato DURC o documento unico contributivo; estratto Centrale Rischi aggiornato). Non è richiesto allegare un piano completo di risanamento iniziale né i bilanci, sebbene sia consigliabile predisporre almeno una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata.
Presentazione dell’istanzaTramite piattaforma telematica nazionale gestita da Unioncamere, con compilazione di un modulo online. L’istanza viene esaminata dal Segretario Generale della CCIAA competente, che può chiedere integrazioni; la Commissione regionale procede alla nomina dell’esperto entro 5 giorni.Doppia modalità: l’imprenditore sottosoglia può scegliere di presentare l’istanza o tramite piattaforma CCIAA (come le imprese maggiori) oppure rivolgersi a un OCC (Organismo di composizione della crisi) territorialmente competente. In entrambi i casi la nomina dell’esperto avviene rapidamente, ma la legge ha unificato i criteri di liquidazione del compenso (ora sempre a cura del Segretario Generale CCIAA, eliminando la precedente competenza alternativa del responsabile OCC).
Nomina dell’espertoEffettuata da una Commissione istituita presso la Camera di Commercio del capoluogo di Regione, entro 5 giorni dall’istanza. La Commissione seleziona l’esperto da un elenco tenendo conto dell’esperienza professionale e – novità dal 2024 – anche degli esiti delle composizioni da lui in precedenza seguite.Per le imprese minori la competenza a nominare l’esperto è attribuita in via alternativa al Segretario Generale della CCIAA (tramite piattaforma) o all’OCC adito. In pratica, se l’istanza è presentata via portale camerale, decide la Commissione regionale; se tramite OCC, l’esperto è designato dall’Organismo. Il D.Lgs. 136/2024 ha comunque allineato gli esiti e i poteri dell’esperto sottosoglia a quelli ordinari.
Ruolo dell’espertoFacilitatore delle trattative: affianca l’imprenditore ma senza poteri gestori. Verifica la situazione aziendale, propone soluzioni, invita le parti a rinegoziare i contratti squilibrati. Può chiedere autorizzazioni al tribunale per atti straordinari (es. nuovi finanziamenti prededucibili).Analogo. Una differenza segnalata dalla dottrina iniziale era che nelle imprese minori l’esperto finiva per avere un ruolo più attivo nell’elaborare un piano di risanamento completo, data la limitata struttura organizzativa del debitore. Di fatto, però, l’esperto sottosoglia gode degli stessi poteri e doveri di indipendenza, terzietà e diligenza previsti in generale (artt. 16-17 CCII).
Misure protettivePossibilità per l’imprenditore di richiederle al Tribunale per sospendere o impedire azioni esecutive individuali e iniziative cautelari dei creditori durante le trattative. Se concesse, sono pubblicate nel Registro delle Imprese e durano inizialmente fino a 120 giorni (prorogabili) salvo revoca.Identico diritto per l’imprenditore sottosoglia (art. 25-quater, co. 2 CCII richiama art. 18 CCII). Non vi sono differenze sostanziali: anche la PMI può ottenere la sospensione di pignoramenti, sequestri ecc., alle medesime condizioni. Come chiarito dalla giurisprudenza, però, tali misure non bloccano un’eventuale istanza di liquidazione giudiziale già pendente: il giudice fallimentare non è obbligato a rinviare l’udienza solo perché c’è una composizione in corso.
Esiti possibiliSe le trattative hanno esito positivo: l’imprenditore può concludere contratti o accordi con i creditori per il risanamento (es. accordi di ristrutturazione ex art. 57 CCII, concordato preventivo in continuità o liquidatorio, transazione fiscale sui debiti erariali). Se il negoziato fallisce: possibile ricorso al concordato preventivo o alla liquidazione giudiziale (fallimento). Inoltre, introdotto nel 2021, lo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII) presentabile senza voto dei creditori entro 60 giorni dall’archiviazione delle trattative.Allineati dal 2024: anche l’imprenditore sotto-soglia, a esito delle trattative, può accedere agli stessi istituti di regolazione previsti per le imprese maggiori. In particolare, può proporre un concordato minore (procedura concorsuale minore equivalente al concordato preventivo), la liquidazione controllata (in luogo del fallimento) o il concordato semplificato liquidatorio ex art. 25-sexies CCII. È prevista espressamente anche per le PMI la transazione fiscale sui debiti tributari, prima limitata ai debitori maggiori.

Presupposti di accesso e condizioni per l’attivazione

Per attivare la composizione negoziata, l’imprenditore – sia esso sotto-soglia o meno – deve trovarsi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria tale da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, ma al contempo deve esistere una prospettiva ragionevole di risanamento. In altri termini, la legge richiede:

  • uno squilibrio patrimoniale o economico-finanziario attuale dell’impresa, indicatore di un progressivo deterioramento (ad es. perdite rilevanti, carenza di liquidità, esposizioni scadute) che prefigura uno stato di crisi o insolvenza futuro;
  • la ragionevole perseguibilità del risanamento, ovvero la presenza di margini concreti per ristrutturare i debiti o riequilibrare l’azienda, ad esempio attraverso accordi con i creditori, nuovi finanziamenti, riorganizzazioni aziendali, ecc. Se non vi è alcuna prospettiva di salvataggio (impresa ormai decotta), l’accesso allo strumento è precluso.

Questi presupposti sono identici per le PMI e per le imprese maggiori. Il terzo correttivo del 2024 ha espressamente chiarito che l’accesso è consentito non solo in situazioni di insolvenza imminente ma anche in mera crisi o addirittura in fase di semplice squilibrio iniziale. Ciò riflette la finalità di emersione tempestiva delle difficoltà aziendali, incoraggiando l’imprenditore ad attivarsi prima che la situazione degeneri in insolvenza conclamata. A tal riguardo, il Codice della Crisi impone anche agli organi societari (amministratori, sindaci, revisori) doveri di attivazione tempestiva: essi devono valutare costantemente la presenza di segnali di allerta (indici di crisi) e, se del caso, promuovere l’uso di strumenti come la composizione negoziata per correggere la rotta. Un imprenditore che si attiva per tempo tramite la composizione, dunque, adempie anche agli obblighi di adeguato assetto organizzativo e di gestione prudente del rischio previsti dalla legge.

Soggetti legittimati

Può presentare istanza di composizione negoziata solo l’imprenditore (trattandosi di procedura volontaria): non è ammessa l’iniziativa dei creditori o di altri soggetti. Sono ammessi gli imprenditori collettivi (società di capitali, di persone, cooperative) e gli imprenditori individuali, inclusi i piccoli imprenditori agricoli e commerciali. Come visto, l’elemento dimensionale incide sulle procedure concorsuali eventualmente attivabili in seguito, ma non limita l’accesso alla composizione negoziata: anche una ditta individuale o una startup può attivarla, purché iscritta al Registro Imprese. Sono invece esclusi i soggetti non imprenditori (es. consumatori, professionisti non organizzati in forma d’impresa): costoro, in caso di sovraindebitamento, devono utilizzare gli strumenti ad hoc (piano del consumatore, ristrutturazione dei debiti del consumatore, ecc.) previsti dal CCII fuori dal perimetro della composizione negoziata. Parimenti, non possono accedere gli enti pubblici o altri soggetti espressamente esclusi dalla normativa.

Condizioni ostative

La legge prevede alcune cause di inammissibilità: in particolare l’art. 25-quinquies CCII (già art. 7 D.L. 118/2021) stabilisce che non si può presentare domanda di composizione negoziata se è già pendente un ricorso per l’apertura di una procedura concorsuale di regolazione della crisi o dell’insolvenza (ad es. un’istanza di liquidazione giudiziale/fallimento). Su questo punto, il correttivo 2024 ha chiarito che il divieto si riferisce solo a procedure già aperte o in corso, non a qualunque istanza di fallimento presentata: in particolare, se pende un ricorso per fallimento ma ancora non è stata pronunciata l’apertura della procedura, l’imprenditore può comunque domandare la composizione negoziata, limitandosi ad allegare una dichiarazione circa la pendenza di tale ricorso. Resta fermo, naturalmente, che se l’insolvenza è già stata accertata dal tribunale con sentenza di liquidazione giudiziale, non vi è più spazio per la composizione negoziata. Altra condizione ostativa è l’assenza di concrete prospettive di risanamento: se dalla situazione iniziale emerge chiaramente l’impraticabilità di qualsiasi soluzione (ad esempio debiti enormi a fronte di un’attività cessata), l’istanza verrà dichiarata inammissibile dall’organo competente.

Iter procedurale: fasi della composizione negoziata

Di seguito descriviamo passo dopo passo lo svolgimento tipico della composizione negoziata dal lato del debitore. Salvo dove diversamente specificato, il percorso vale sia per imprese maggiori sia per imprese sotto-soglia.

1. Autodiagnosi e preparazione

È opportuno che l’imprenditore, prima di presentare l’istanza, effettui una sorta di check-up aziendale (autodiagnosi) per valutare il reale stato di crisi e le possibilità di risanamento. A tal fine è disponibile sulla piattaforma telematica un questionario di autovalutazione basato su indicatori finanziari, che aiuta a rilevare la gravità dello squilibrio e l’eventuale sostenibilità del risanamento. Questo strumento consente all’impresa di effettuare un’autodiagnosi precoce anche senza presentare subito l’istanza, fornendo all’imprenditore un’indicazione sullo stato di salute dell’azienda. Parallelamente, l’imprenditore deve raccogliere la documentazione richiesta (v. tabella sopra) e redigere almeno una bozza di piano di risanamento o un piano industriale semplificato, specie se non dispone di bilanci recenti. Nel caso di piccole imprese sotto-soglia, la mole documentale è ridotta, ma è comunque raccomandabile predisporre un prospetto aggiornato della situazione debitoria e finanziaria, da condividere poi con l’esperto.

2. Presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto

Quando l’imprenditore decide di avviare la procedura, presenta un’istanza telematica per la nomina di un esperto indipendente. L’istanza si compila sulla piattaforma nazionale www.composizionenegoziata.camcom.it predisposta da Unioncamere, accessibile dall’interessato previa autenticazione (es. tramite SPID o CNS). Nel modulo online vanno inseriti i dati dell’impresa e allegati i documenti previsti dalla norma (indicati in precedenza). In alternativa, per le imprese minori è ammesso depositare l’istanza presso un OCC (Organismo di composizione della crisi) territorialmente competente, inviando i medesimi documenti. L’istanza deve contenere, oltre ai dati anagrafici e descrittivi dell’azienda, una breve descrizione della situazione di crisi e le prime indicazioni sulle strategie di risanamento prospettate (anche solo a grandi linee), nonché la dichiarazione di veridicità dei dati e di non aver già richiesto altri strumenti di regolazione della crisi. È possibile contestualmente richiedere le misure protettive, flaggando l’apposita opzione nel modulo e successivamente depositando il ricorso in tribunale (vedi oltre la sezione sulle misure protettive).

Fac-simile di istanza (schematizzato)

Oggetto: Istanza di nomina dell’esperto per la composizione negoziata ex art. 17 CCII

Il sottoscritto [Nome Cognome], nato a … il …, residente in …, in qualità di titolare/legale rappresentante della [Denominazione impresa] (C.F./P.IVA …), con sede legale in …, iscritta al Registro delle Imprese di … al n. …,

premesso che la suddetta impresa si trova in condizioni di squilibrio economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o insolvenza, ma risulta ragionevolmente perseguibile il suo risanamento,

CHIEDE  
la nomina di un esperto indipendente ai sensi degli artt. 17 e 25-quater del D.Lgs. 14/2019, per l’avvio della procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa.

A tal fine dichiara:  
- che nei propri confronti non pendono ricorsi per liquidazione giudiziale o altre procedure concorsuali (ovvero, in caso contrario, indicare il tribunale e il numero di R.G. del procedimento);  
- di non aver già fatto ricorso agli strumenti di regolazione della crisi previsti dal CCII negli ultimi [x] anni;  
- che i dati e le informazioni fornite, e i documenti allegati, sono veritieri e aggiornati.

Si allegano i seguenti documenti a corredo dell’istanza:  
1. [Elenco documenti richiesti dalla legge – es: bilanci/progetti di bilancio; certificato debiti tributari; DURC; elenco creditori; situazione debitoria verso AE-R; estratto Centrale Rischi, ecc.]

Luogo, data  
Firma dell’imprenditore

3. Nomina dell’esperto e avvio delle trattative

Una volta inviata l’istanza, essa viene esaminata dall’ufficio camerale competente. Il Segretario Generale della Camera di Commercio verifica la completezza della domanda e della documentazione, potendo richiedere eventuali integrazioni. Se tutto è in ordine, entro un termine molto breve (massimo 5 giorni dalla presentazione) viene designato un esperto indipendente. Nel caso di istanza via piattaforma, la nomina è effettuata dalla Commissione regionale presso la CCIAA del capoluogo di regione; nel caso di istanza presentata a un OCC, sarà quest’ultimo a designare l’esperto dall’elenco dei propri gestori della crisi. I criteri di scelta dell’esperto, fissati dall’art. 13 CCII, privilegiano l’esperienza e la competenza nella ristrutturazione aziendale: la Commissione tiene conto del curriculum professionale e – novità introdotta nel 2024 – anche dei risultati delle precedenti composizioni seguite dal candidato (quante andate a buon fine). L’esperto designato, verificata l’assenza di conflitti di interesse, accetta la nomina mediante dichiarazione di indipendenza e assume l’incarico.

L’esperto può essere scelto tra commercialisti, avvocati o consulenti del lavoro, purché iscritti ai relativi albi professionali da almeno 5 anni e in possesso di specifiche competenze in materia di ristrutturazioni e gestione della crisi d’impresa. Deve inoltre aver frequentato corsi di formazione ad hoc organizzati da Unioncamere e risultare iscritto nell’elenco degli esperti presso le Camere di Commercio. Sono previste rigorose regole di indipendenza: non può essere nominato chi ha avuto rapporti professionali o di lavoro con l’impresa o con i creditori negli ultimi 3 anni (pena l’incompatibilità). L’esperto, una volta nominato, è tenuto a svolgere l’incarico con professionalità, imparzialità e riservatezza, e a mantenere l’obiettività nelle valutazioni (non può favorire una parte a danno di altre). L’imprenditore, dal canto suo, ha l’obbligo di collaborare lealmente con l’esperto, fornendo tutte le informazioni e i documenti necessari: un comportamento reticente o in malafede può portare l’esperto a interrompere la composizione segnalando l’esito negativo. Eventuali violazioni dei doveri dell’esperto possono comportare la sua sostituzione e responsabilità anche risarcitorie o disciplinari.

Contestualmente alla nomina, l’esperto prende visione delle informazioni già caricate in piattaforma dall’imprenditore (bilanci, elenco creditori, ecc.) e può accedere a banche dati pubbliche per completare il quadro, grazie a protocolli di interoperabilità: ad esempio, può ottenere direttamente i dati dell’Agenzia delle Entrate, dell’INPS, dell’agente della riscossione e della Centrale Rischi Banca d’Italia. Questa facoltà, introdotta dal correttivo 2024, consente all’esperto di disporre rapidamente di un inventario completo dell’esposizione debitoria fiscale, previdenziale e finanziaria dell’impresa. Entro pochi giorni dall’accettazione, l’esperto convoca l’imprenditore per un primo incontro, nel quale verifica in contraddittorio la situazione aziendale e la praticabilità del risanamento. Dopodiché viene stilato un calendario delle trattative con i principali creditori, avviando formalmente la fase negoziale.

Schema temporale tipico di una composizione negoziata:

FaseTempistiche indicative
Presentazione istanza e verifica documentiGiorno 0 (istanza) – entro 2-5 giorni il Segretario Generale valuta la completezza e nomina l’esperto.
Accettazione dell’incarico da parte dell’espertoGiorno 5-7 – l’esperto accetta la nomina dichiarando indipendenza.
Primo incontro e analisi inizialeEntro 10 giorni dall’accettazione – l’esperto incontra l’imprenditore, esamina dati e convoca i creditori principali.
Eventuale richiesta misure protettiveIn qualsiasi momento (anche contestuale all’istanza iniziale) – se richieste, il Tribunale decide normalmente entro 5-15 giorni, con effetto immediato alla pubblicazione.
Svolgimento delle trattativeGiorni 15-180 – l’esperto tiene incontri periodici con i creditori; l’imprenditore gestisce l’impresa e può chiedere autorizzazioni per atti urgenti (Tribunale provvede su ricorsi ex art. 19 CCII). L’esperto carica eventuali proroghe o relazioni intermedie sulla piattaforma.
(Eventuale) Proroga dell’incaricoVerso il giorno 180 – se vi sono prospettive concrete, il Tribunale può concedere una proroga di ulteriori 180 giorni su richiesta dell’imprenditore (o di una parte in trattativa) previo consenso dell’esperto.
Conclusione delle trattativeEntro il giorno 180 (o 360 se proroga) – l’esperto redige la relazione finale con l’indicazione dell’esito e delle condizioni concordate, e la comunica all’imprenditore e al Registro Imprese.
Esiti successiviEntro 60 giorni dalla relazione finale, l’imprenditore può depositare eventuale concordato semplificato (se trattative fallite) oppure procede all’esecuzione dell’accordo raggiunto (se trattative riuscite, anche richiedendo omologazione quando necessario).

4. Svolgimento delle trattative e gestione dell’impresa

La composizione negoziata è caratterizzata dalla continuità gestionale in capo all’imprenditore: durante le trattative, il debitore mantiene la gestione ordinaria dell’azienda, senza spossessamento né nomina di organi commissariali. L’esperto, infatti, agisce da facilitatore e consulente, ma non ha poteri di amministrazione: l’imprenditore rimane libero di compiere gli atti di gestione corrente. Sono però posti alcuni obblighi di comportamento: l’imprenditore deve condurre l’attività nell’ottica di salvaguardare le possibilità di risanamento e astenersi da atti pregiudizievoli per i creditori (ad esempio, non deve aggravare l’esposizione indebitandosi ulteriormente senza motivo o dissipare beni aziendali). Inoltre, egli è tenuto a partecipare personalmente agli incontri con l’esperto e i creditori (non può delegare completamente a terzi) e a mantenere l’esperto informato su eventuali trattative parallele intraprese con singoli creditori.

Le trattative si svolgono in forma riservata. Dopo il confronto iniziale con l’imprenditore, l’esperto convoca i creditori o gruppi di creditori ritenuti più rilevanti, fissando incontri (in presenza oppure da remoto) per discutere le possibili soluzioni. Egli agevola il dialogo tra le parti, suggerisce ipotesi di accordo e stimola i creditori a rinegoziare le condizioni contrattuali divenute insostenibili per l’impresa (riduzione tassi di interesse, proroga di scadenze, rinegoziazione canoni, ecc.). È previsto che l’esperto inviti le parti a trovare un punto d’incontro e possa mettere a punto egli stesso una bozza di piano o di accordo da sottoporre ai creditori. Per le imprese di piccole dimensioni, spesso l’esperto fornisce un contributo sostanziale nell’elaborare il piano di risanamento, vista la limitata capacità organizzativa interna.

Durante questo periodo, l’imprenditore conserva la piena titolarità dell’impresa e continua la sua attività ordinaria. Se necessita di compiere atti di straordinaria amministrazione (ad es. vendere un immobile aziendale, ottenere un nuovo finanziamento garantito, pagare crediti pregressi strategici), può farlo previa autorizzazione del Tribunale ex art. 19 CCII. Tali atti, se autorizzati, sono esenti da revocatoria fallimentare in caso di successivo fallimento. Un caso tipico è la richiesta di finanziamenti prededucibili: l’imprenditore può ottenerli per sostenere la continuità aziendale durante le trattative, purché un giudice ne autorizzi la prededucibilità (cioè il diritto a essere rimborsati con priorità) in vista di un eventuale concordato. Anche la cessione dell’azienda o di rami d’azienda è consentita in pendenza della composizione, se funzionale a evitare il fallimento e preservare il valore aziendale, purché autorizzata dal tribunale.

5. Misure protettive e cautelari (opzionali)

Uno strumento fondamentale a tutela del patrimonio del debitore in crisi è costituito dalle misure protettive, che l’imprenditore può richiedere quando deposita l’istanza di composizione (o anche successivamente) al fine di bloccare temporaneamente le azioni esecutive o cautelari dei creditori. In pratica, a seguito di ricorso al Tribunale competente, è possibile ottenere un decreto che sospende tutti i procedimenti di esecuzione forzata in corso (pignoramenti, espropriazioni) e inibisce ai creditori di iniziarne di nuovi durante le trattative. Il Tribunale valuta la richiesta in camera di consiglio, verificando che la situazione dell’impresa e il piano prospettato giustifichino una tutela provvisoria (occorre dimostrare che la prosecuzione delle azioni dei creditori pregiudicherebbe il risanamento in corso). Se concede le misure protettive, queste vengono pubblicate nel Registro delle Imprese e comunicate ai creditori, e da quel momento sono efficaci erga omnes. La durata iniziale è di max 120 giorni, prorogabili una sola volta di ulteriori 120 giorni (per un totale massimo di 240 giorni). Durante tale periodo, i creditori interessati non possono iscrivere ipoteche giudiziali né proseguire nei pignoramenti di beni del debitore.

Le misure protettive non sono tuttavia onnicomprensive: come evidenziato dalla giurisprudenza, non è possibile ad esempio impedire ai creditori di notificare atti di citazione o decreti ingiuntivi (azioni monitorie) né impedire alle banche di effettuare segnalazioni alla Centrale Rischi, in quanto tali iniziative non sottraggono immediatamente risorse dal patrimonio e un divieto assoluto sarebbe sproporzionato. Ciò che si mira a congelare sono le iniziative che porterebbero a esecuzioni o vincoli sui beni dell’impresa, compromettendo la continuità aziendale. Inoltre, come già accennato, se al momento della domanda di composizione era già fissata un’udienza per la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) su istanza di terzi, la pendenza della composizione negoziata non obbliga il tribunale fallimentare a rinviare l’udienza: l’eventuale procedimento pre-fallimentare può proseguire, salvo che il giudice decida discrezionalmente di attendere l’esito delle trattative. Dunque, le misure protettive non costituiscono un “ombrello” assoluto contro ogni azione, ma offrono una moratoria mirata.

Accanto alle misure protettive, il tribunale può emettere anche provvedimenti cautelari specifici (art. 18, co. 3 CCII) a salvaguardia del patrimonio o della negoziazione. Ad esempio, potrebbe nominare un custode per gestire determinati beni, imporre obblighi informativi aggiuntivi al debitore, o sospendere determinate azioni non esecutive che comunque pregiudichino le trattative. In generale, però, l’intervento del giudice è limitato allo stretto necessario: la composizione negoziata rimane un percorso volontario e flessibile, in cui l’autorità giudiziaria entra in gioco solo per fornire quelle tutele indispensabili a creare uno spazio negoziale protetto.

Misure di salvaguardia dei rapporti bancari

Il correttivo 2024 ha introdotto un’importante tutela a favore dell’impresa in composizione: è stato stabilito il divieto per le banche di sospendere o revocare gli affidamenti concessi al debitore per il solo fatto dell’avvio della composizione negoziata, così come il divieto di declassare a sofferenza il credito soltanto in ragione di tale evento. In altri termini, l’accesso alla procedura non può, di per sé, essere considerato un inadempimento contrattuale né un fatto che giustifichi il ritiro del credito bancario. Resta salva la possibilità per la banca di ridurre o revocare i fidi se ciò è imposto dalla disciplina prudenziale di vigilanza (ad es. significativo peggioramento degli indicatori di rischio secondo le norme di Banca d’Italia), ma in tal caso l’istituto deve darne comunicazione all’esperto e all’imprenditore, motivando la decisione. Questa misura mira a evitare che l’impresa venga “punita” dalle banche solo per aver tentato di risolvere la crisi in via negoziata: mantenere le linee di credito è spesso essenziale per proseguire l’attività durante le trattative.

6. Durata dell’incarico e proroghe

L’esperto ha un incarico di durata predefinita: la composizione negoziata deve svolgersi di regola entro 180 giorni dall’accettazione dell’esperto. È comunque possibile che la procedura termini anche prima di tale scadenza, se l’esperto ritiene esaurite le chance di accordo: ad esempio, qualora verifichi sin dalle prime battute che non vi sono soluzioni percorribili o che il debitore non presta la necessaria collaborazione, egli potrà redigere anticipatamente la relazione finale e archiviare la composizione. In passato la proroga dei 180 giorni richiedeva il consenso unanime di tutte le parti in trattativa, rendendo difficile l’estensione del termine. Il legislatore è intervenuto semplificando il meccanismo: oggi la proroga può essere concessa dal Tribunale su richiesta dell’imprenditore (o di una parte coinvolta nelle trattative), con il parere favorevole dell’esperto, quando sussistono concrete prospettive di risanamento. Inoltre sono previste circostanze specifiche che giustificano la proroga: ad esempio, se sono pendenti ricorsi per misure protettive o autorizzazioni ex art. 19 CCII, oppure se le misure protettive concesse sono tuttora in corso, o ancora se occorre dare esecuzione a provvedimenti autorizzativi già ottenuti. In sostanza, la durata delle trattative può estendersi oltre i 6 mesi iniziali quando vi è reale necessità e utilità nel proseguire, evitando di troncare percorsi promettenti a causa di un mero limite temporale. In ogni caso, l’esperto deve comunicare e pubblicare l’avvenuta proroga tramite la piattaforma informatica e darne notizia al Tribunale competente, in modo da assicurarne la dovuta pubblicità.

7. Conclusione: esito positivo, accordi e soluzioni

Al termine del periodo di composizione negoziata (sia esso di 180 giorni o prorogato), l’esperto redige una relazione finale dettagliando l’esito delle trattative. Si possono presentare due scenari generali:

  • Esito positivo (raggiunto accordo): Se le trattative hanno avuto successo e si è individuata una soluzione idonea a regolare la crisi, l’imprenditore e i creditori formalizzano tale soluzione. Può trattarsi di un semplice accordo stragiudiziale (contratto privato) se tutti i creditori rilevanti vi aderiscono, oppure di una convenzione moratoria (accordo con cui i creditori concordano una moratoria temporanea) o di un accordo di ristrutturazione dei debiti da sottoporre ad omologazione giudiziale (che richiede l’adesione di almeno il 60% dei crediti e l’approvazione del Tribunale). In ogni caso, l’esperto controfirma l’accordo raggiunto, certificando che è frutto della composizione negoziata e assicurando che tutela l’equilibrio dell’impresa. Un accordo firmato dall’esperto produce effetti premiali: ad esempio, rende applicabili le esenzioni da revocatoria ex art. 67, co. 3, lett. d) L.F. (ora art. 25-bis, co. 5 CCII) per gli atti compiuti in esecuzione dell’accordo. Inoltre, se l’accordo coinvolge creditori pubblici, si può inserire al suo interno una transazione fiscale ex art. 23, co. 2-bis CCII per stralciare sanzioni e interessi sui debiti tributari.
  • Esito negativo (mancato accordo): Se non è stato possibile trovare un accordo con i creditori entro la fine delle trattative, la procedura viene archiviata. L’esperto nella relazione finale ne dà atto e indica sinteticamente le ragioni del mancato accordo. A questo punto l’imprenditore dovrà valutare altre opzioni: in alcuni casi potrà accedere a uno degli strumenti concorsuali previsti dalla legge. Per le imprese sotto-soglia insolventi, ad esempio, si potrà presentare domanda di concordato minore (procedura analoga al concordato preventivo ma dedicata ai piccoli imprenditori) ovvero di liquidazione controllata dei beni (liquidazione concorsuale semplificata). Se invece si tratta di impresa maggiore, potrà essere proposto un concordato preventivo ordinario o richiesta l’apertura della liquidazione giudiziale. Una novità di grande rilievo introdotta nel 2021 e confermata nel CCII è la possibilità, in caso di esito negativo, di accedere a un particolare tipo di concordato liquidatorio senza voto dei creditori, il cosiddetto concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Questo strumento può essere richiesto dall’imprenditore entro 60 giorni dall’archiviazione delle trattative e consente di ottenere l’omologazione di un piano liquidatorio (ad esempio la vendita dell’azienda o di beni aziendali) senza dover passare dal voto dei creditori, pur garantendo a questi ultimi un risultato non inferiore a quello ipotizzabile in caso di fallimento. Il concordato semplificato è un’opportunità residuale, da utilizzare solo se non vi sono alternative, ma rappresenta un’importante valvola di sicurezza per evitare soluzioni traumatiche.

Esempi pratici

Di seguito presentiamo tre brevi simulazioni pratiche per illustrare l’applicazione concreta della composizione negoziata in contesti tipici di imprese sotto-soglia.

Caso 1: Ditta individuale (commercio al dettaglio)

Scenario: Mario Rossi è titolare di una piccola impresa individuale (negozio di abbigliamento) con 3 dipendenti. Negli ultimi due anni, a causa del calo delle vendite e delle restrizioni pandemiche, ha accumulato debiti per circa €350.000 (fornitori €200.000, banca €100.000, debiti fiscali €50.000). Il suo attivo patrimoniale è modesto (magazzino e arredi per €150.000) e i ricavi annui si sono ridotti a €180.000. Mario rientra quindi nella categoria delle imprese sotto-soglia (attivo e ricavi al di sotto dei limiti, debiti totali sotto €500.000). Si trova in crisi di liquidità: fatica a pagare i fornitori e la banca minaccia di revocare il fido.

Soluzione tramite composizione negoziata: Mario, con l’aiuto del suo commercialista, effettua l’autodiagnosi sulla piattaforma camerale, dalla quale emerge una condizione di squilibrio severo ma recuperabile. Decide quindi, a febbraio 2025, di presentare istanza di composizione negoziata. Allegando i documenti richiesti (in particolare il certificato dei debiti fiscali e il DURC, non avendo bilanci formali), ottiene in pochi giorni la nomina di un esperto indipendente (un commercialista iscritto nell’elenco). L’esperto, dopo aver analizzato la situazione, convoca Mario e alcuni dei principali fornitori per un incontro. Grazie anche alle misure protettive ottenute dal Tribunale (che sospendono un pignoramento avviato da un fornitore e impediscono alla banca di escutere una garanzia personale), si crea lo spazio per negoziare. L’esperto, valutate le cause della crisi (costi fissi elevati e calo di ricavi), suggerisce alcune azioni: la rinegoziazione del contratto di affitto per ridurre il canone del negozio, la temporanea riduzione dell’orario dei dipendenti per contenere il costo del personale, e soprattutto l’elaborazione di un piano di rientro dilazionato dei debiti: i fornitori accettano un pagamento dell’80% dei crediti in 24 mesi, la banca concorda una moratoria di 6 mesi sulle rate del mutuo, l’Agenzia delle Entrate consente una rateazione del debito fiscale aderendo alla transazione fiscale con riduzione delle sanzioni del 50%. Nel giro di tre mesi, Mario raggiunge un accordo stragiudiziale con tutti i principali creditori, che viene formalizzato per iscritto e sottoscritto anche dall’esperto. L’accordo prevede la continuità aziendale del negozio e viene attuato nei mesi successivi. L’esperto redige relazione finale positiva e la composizione negoziata si chiude con successo, evitando a Mario il fallimento e permettendogli di risanare la propria attività.

Caso 2: S.r.l. nel settore servizi (agenzia di eventi)

Scenario: Alfa Eventi S.r.l. è un’azienda di organizzazione eventi con sede a Milano, costituita da 5 anni. A seguito di alcuni investimenti errati e dell’insolvenza di un cliente importante, Alfa ha accumulato perdite significative. I suoi ultimi bilanci (non ancora approvati) mostrano un patrimonio netto quasi azzerato. I debiti ammontano a €600.000 (oltre la soglia di fallibilità), ma Alfa ha avviato la vendita di un ramo d’azienda che ridurrà l’attivo di €100.000. Alfa tecnicamente supererebbe le soglie di non fallibilità, ma confidando nella vendita imminente si considera comunque in grado di accedere alla composizione negoziata. Nel 2024 i soci hanno rilevato i segnali di crisi e nominato consulenti per valutare le opzioni.

Soluzione tramite composizione negoziata: Nel gennaio 2025, Alfa S.r.l. presenta istanza di composizione negoziata tramite la piattaforma. Trattandosi formalmente di impresa non sottosoglia (debiti leggermente oltre €500.000), segue il percorso ordinario: allega gli ultimi 3 bilanci e un abbozzo di piano di risanamento, oltre ai certificati fiscali e contributivi. La Commissione della CCIAA nomina un esperto (un avvocato d’affari con esperienza in ristrutturazioni). Durante le trattative – protette da misure concesse dal Tribunale che hanno congelato i decreti ingiuntivi notificati ad Alfa – emergono due possibili soluzioni: (1) un investitore esterno è disposto a ricapitalizzare Alfa con €200.000, a condizione di acquisirne la maggioranza; (2) in alternativa, c’è la possibilità di cedere l’intera azienda a una società concorrente. L’esperto facilita il confronto tra i soci di Alfa e l’investitore, ottenendo anche il consenso di massima di alcuni creditori alla conversione parziale dei loro crediti in quote societarie. Tuttavia, le trattative si protraggono oltre 6 mesi; fortunatamente viene accordata una proroga dell’incarico di ulteriori 3 mesi, su istanza di Alfa e con parere positivo dell’esperto (vista la trattativa avanzata). Alla fine, si giunge a un accordo complessivo: l’investitore immette nuova finanza, Alfa cede un ramo d’azienda per fare cassa, i creditori chirografari accettano uno stralcio del 30%. Tale accordo viene omologato dal Tribunale come accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII, poiché coinvolge anche crediti erariali e previdenziali (per i quali si ottiene l’omologazione della transazione fiscale inclusa nel piano). L’esperto chiude la procedura con esito positivo. Se invece le trattative fossero fallite (ad esempio perché i soci non trovavano l’accordo con l’investitore), Alfa S.r.l. avrebbe potuto ripiegare su un concordato preventivo o, vista l’insolvenza, i creditori avrebbero potuto chiederne la liquidazione giudiziale; in extremis, essendo stata comunque avviata la composizione negoziata, Alfa avrebbe avuto la chance di proporre un concordato semplificato liquidatorio per vendere rapidamente gli asset residui e chiudere la vicenda.

Caso 3: S.r.l. artigiana (esito negativo e concordato semplificato)

Scenario: Beta Mobili S.r.l. è una piccola azienda artigiana produttrice di mobili su misura. Ha 8 dipendenti e un capannone di proprietà. Negli ultimi anni accumula debiti per oltre €800.000 (fornitori, banca, fisco) a causa di investimenti sbagliati e calo di commesse. Pur essendo tecnicamente sopra-soglia per dimensione dei debiti, la società è insolvente e rischia un’istanza di fallimento da parte di un creditore. Nel tentativo estremo di evitare la liquidazione giudiziale, i soci decidono di tentare la composizione negoziata. Presentano istanza a dicembre 2024 (la società è fallibile ma ciò non preclude l’accesso alla composizione). Ottengono l’apertura della procedura e le misure protettive, che bloccano provvisoriamente l’azione esecutiva di un fornitore e la vendita all’asta di un macchinario pignorato.

Evoluzione: Durante i 4 mesi successivi, l’esperto nominato convoca varie riunioni con i principali creditori per trovare un accordo di ristrutturazione. Purtroppo la situazione finanziaria di Beta è troppo compromessa: l’attività è in perdita e nessun investitore è interessato a rilevarla. I creditori finanziari (banca) si dichiarano non disponibili a concessioni, se non a fronte di un pagamento immediato che la società non può offrire. Anche la proposta di vendere il capannone per pagare parte dei debiti non basta a soddisfare tutti. Dopo un’estenuante negoziazione, l’esperto prende atto che non c’è fattibilità di un accordo globale – alcuni creditori chiave sono irremovibili. Egli redige quindi una relazione finale negativa, attestando l’esito infruttuoso della composizione. La procedura viene archiviata a maggio 2025.

Concordato semplificato: Entro poche settimane, Beta S.r.l., assistita dal proprio legale, deposita presso il Tribunale una proposta di concordato semplificato liquidatorio ex art. 25-sexies CCII. Non essendo stato possibile trovare un accordo stragiudiziale, questa è l’ultima carta per evitare il fallimento. Nella proposta, la società offre di liquidare tutto il patrimonio (vendere il capannone, i macchinari e le rimanenze) e distribuire il ricavato ai creditori. Secondo le stime, i creditori chirografari riceveranno circa il 10% dei loro crediti – una percentuale inferiore al 20% che sarebbe richiesta in un concordato preventivo ordinario, ma ammissibile nel concordato minore e nel concordato semplificato. La proposta di concordato semplificato viene discussa in udienza: i creditori possono esporre le loro osservazioni ma non votano. Il Tribunale, verificati i requisiti, omologa il piano ritenendo che la liquidazione proposta sia più vantaggiosa per i creditori rispetto a un fallimento (in cui i tempi sarebbero più lunghi e i costi maggiori). Entro fine 2025, Beta S.r.l. viene così posta in liquidazione secondo il piano semplificato: l’attivo è liquidato sotto la supervisione di un liquidatore nominato dal giudice e il ricavato ripartito secondo le priorità di legge. I creditori, pur non integralmente soddisfatti, hanno comunque ottenuto il massimo possibile, e la società evita la procedura fallimentare classica (con relative conseguenze come interdizioni, azioni di responsabilità aggravate, ecc.). Questo caso mostra come, grazie alla composizione negoziata, si sia potuto accedere a una soluzione più snella di concordato liquidatorio, giungendo a una chiusura relativamente rapida della vicenda.

Domande frequenti (FAQ)

D: Chi può accedere alla composizione negoziata?
R: Possono accedere tutti gli imprenditori iscritti al Registro delle Imprese (società, ditte individuali, imprese agricole) che si trovino in condizioni di squilibrio economico-finanziario tali da renderne probabile la crisi o l’insolvenza, purché vi sia una ragionevole prospettiva di risanamento. Non sono ammessi soggetti non imprenditori (consumatori, professionisti privi di forma imprenditoriale) né imprese già assoggettate a liquidazione giudiziale.

D: La mia impresa è molto piccola, posso utilizzare lo strumento sotto-soglia?
R: Sì. La composizione negoziata sotto-soglia è pensata proprio per le micro e piccole imprese (attivo ≤ 300.000 €, ricavi ≤ 200.000 €, debiti ≤ 500.000 €). In tal caso l’onere documentale iniziale è ridotto e si può presentare l’istanza anche tramite un Organismo di Composizione della Crisi (oltre che via camera di commercio). Le tutele e i benefici (ad es. misure protettive, transazione fiscale) sono comunque analoghi a quelli previsti per le imprese più grandi.

D: Che differenze ci sono tra la composizione negoziata e il concordato preventivo?
R: Diversamente dal concordato preventivo, la composizione negoziata non è una procedura concorsuale: l’imprenditore non perde la gestione dell’azienda, non c’è un commissario né il voto dei creditori. È un percorso libero e stragiudiziale (anche se, come visto, può intervenire il Tribunale per misure protettive o autorizzazioni particolari). Il concordato preventivo è invece una procedura giudiziale vera e propria, con formalità rigide e l’intervento del giudice sin dall’inizio. La composizione negoziata può sfociare in un concordato (minore o preventivo) se le trattative non portano a soluzioni extra-giudiziali, ma mira a evitarlo trovando possibili accordi privati attorno a un tavolo anziché in tribunale.

D: Cosa costa la composizione negoziata?
R: La procedura in sé non comporta costi elevati: non vi sono contributi unificati o spese di giustizia rilevanti (a meno di ricorsi per misure protettive). I principali costi sono quelli per eventuali consulenze (es. il commercialista o legale che assiste l’impresa) e il compenso dell’esperto nominato. L’esperto viene pagato a conclusione dell’incarico secondo parametri fissati dal decreto dirigenziale 28/09/2021. Il compenso, a carico dell’imprenditore, è liquidato dal Segretario Generale della CCIAA competente. Se la negoziazione si conclude con successo (un contratto, convenzione o accordo grazie all’opera dell’esperto), è previsto un bonus pari al raddoppio del compenso base. Inoltre, sono stati introdotti incentivi pubblici: ad esempio un credito d’imposta o contributo per rimborsare parte dei costi dell’esperto alle PMI (misura finanziata dal Fondo per la prevenzione della crisi d’impresa, istituito dal D.L. 118/2021).

D: I creditori sono obbligati a partecipare e a rispettare l’esito?
R: No, la composizione negoziata si basa sulla volontarietà. I creditori vengono invitati dall’esperto alle trattative ma restano liberi di aderire o meno. Non c’è coazione giuridica: se uno o più creditori rifiutano ogni proposta, l’accordo non potrà coinvolgerli se non consensualmente. Diverso è il caso in cui si sfoci in una procedura concorsuale (es. concordato minore): lì vi sono regole di maggioranza che possono rendere l’accordo vincolante anche per i dissenzienti, ma ciò avviene solo qualora si passi a quella fase formale.

D: Quali benefici concreti offre la composizione negoziata all’imprenditore in crisi?
R: Numerosi. In sintesi:

  • Guadagnare tempo grazie alle misure protettive (blocco dei pignoramenti) per lavorare al risanamento;
  • Mantenere il controllo dell’azienda evitando l’ingerenza di curatori o commissari;
  • Usufruire di incentivi fiscali (riduzione di sanzioni e interessi sui debiti tributari in caso di esito positivo);
  • Proteggere gli atti e i finanziamenti autorizzati (che sono prededucibili e non soggetti a revocatoria);
  • Avvalersi dell’assistenza di un esperto qualificato che facilita le trattative.

In definitiva, è un percorso meno traumatico e meno costoso rispetto al fallimento, che può salvare l’impresa e preservare posti di lavoro.

D: Cosa succede se la composizione negoziata fallisce?
R: Se non si raggiunge alcun accordo, la procedura viene chiusa con esito negativo (archiviazione). L’imprenditore può comunque tentare altre strade: ad esempio proporre un concordato semplificato per liquidare il patrimonio senza votazione dei creditori, oppure accedere alle procedure concorsuali ordinarie (concordato minore o liquidazione controllata per le PMI, concordato preventivo o liquidazione giudiziale per imprese maggiori). Se nemmeno ciò è percorribile, i creditori potranno agire individualmente (pignoramenti) o chiedere il fallimento (liquidazione giudiziale). Va però notato che l’intera documentazione raccolta e l’analisi svolta durante la composizione costituiranno un patrimonio informativo prezioso nella successiva gestione della crisi, aiutando a comprenderne le cause e a valutare eventuali responsabilità degli amministratori.

D: Un fornitore può interrompere le forniture o recedere dal contratto perché ho avviato la composizione negoziata?
R: No, l’avvio della composizione negoziata di per sé non costituisce causa di risoluzione dei contratti in essere. Eventuali clausole contrattuali che prevedano la risoluzione automatica o la decadenza dal termine al semplice avvio della procedura sono nulle. Il fornitore, quindi, non può interrompere forniture essenziali invocando la crisi se il debitore continua ad adempiere le obbligazioni correnti. Ciò non obbliga tuttavia il fornitore a concedere nuova merce a credito: l’impresa in composizione dovrà pagare i consumi correnti, altrimenti il fornitore potrà sospendere la prestazione per inadempimento. Esiste tuttavia una norma (art. 19, co. 3 CCII) che consente all’imprenditore di chiedere al Tribunale l’autorizzazione a pagare fornitori strategici per assicurarsi la continuità delle forniture (ad es. materie prime indispensabili), anche se tali pagamenti avverrebbero in deroga alla par condicio. In tal modo si evitano interruzioni brusche dell’attività durante le trattative.

D: La composizione negoziata è riservata? La mia situazione diventa di pubblico dominio?
R: La fase di composizione negoziata è tendenzialmente confidenziale. L’accesso alla piattaforma e le trattative con i creditori non sono pubblici: solo le parti coinvolte (imprenditore, esperto e creditori invitati) ne sono a conoscenza. Non vi è una pubblicità legale iniziale come invece avviene per un concordato (che viene iscritto nel Registro delle Imprese). Tuttavia, esistono delle eccezioni: se l’imprenditore richiede le misure protettive, il decreto del Tribunale che le concede viene pubblicato nel Registro delle Imprese, rendendo nota l’esistenza della procedura ai terzi. Inoltre, se si arriva a depositare un accordo in tribunale per l’omologazione (ad es. un accordo di ristrutturazione o un concordato minore), quell’atto diventa pubblico. In sintesi, la composizione negoziata nasce come percorso riservato, ma può divenire conoscibile in parte durante il suo svolgimento se si ricorre a strumenti che richiedono l’intervento del giudice.

D: E se ho già utilizzato una procedura di composizione o un concordato in passato?
R: La legge scoraggia l’uso ripetuto degli strumenti concorsuali in tempi ravvicinati. In particolare, il Codice prevede che non è ammesso accedere alla composizione negoziata (o al concordato minore) se l’imprenditore ha già fatto ricorso a una procedura di regolazione della crisi nei 5 anni precedenti. Ad esempio, se un imprenditore ha beneficiato di un concordato minore omologato tre anni fa, non potrà attivare una nuova composizione negoziata ora; dovrà invece gestire la crisi con strumenti ordinari. Lo stesso vale se negli ultimi cinque anni l’imprenditore ha subìto, per cause a lui imputabili, la revoca o la risoluzione di un concordato per inadempimento: in tal caso, non è ammessa una nuova procedura in tempi brevi. L’obiettivo è evitare l’abuso degli strumenti di risanamento e imporre all’impresa di trovare soluzioni durature.

Novità normative 2024-2025

Le modifiche normative intervenute tra il 2024 e il 2025 hanno affinato e potenziato la composizione negoziata, rendendola più accessibile ed efficace. In sintesi, le principali novità introdotte (soprattutto dal D.Lgs. 136/2024) sono:

  • Soglia di accesso più ampia: confermato che l’istituto è attivabile anche in situazioni di mera crisi incipiente, non solo di insolvenza imminente. Ciò grazie a una modifica all’art. 12 CCII che elimina ogni dubbio sul fatto che basta uno squilibrio per poter accedere.
  • Documentazione ridotta: semplificato il corredo documentale iniziale, specie per le imprese minori. Ora è sufficiente allegare i bilanci approvati (o le ultime situazioni contabili, se i bilanci non sono disponibili) e le certificazioni dei debiti fiscali e contributivi, senza obbligo di ulteriori relazioni professionali nella fase di avvio.
  • Criteri di nomina migliorati: la Commissione di designazione dell’esperto deve tenere conto anche degli esiti delle precedenti composizioni seguite dal candidato esperto (non solo dei titoli e dell’esperienza). Ciò incentiva la qualità delle nomine, premiando i professionisti con un track record di successo.
  • Rafforzamento indipendenza esperto: chiarito (art. 16 CCII) che eventuali incarichi che l’esperto ha svolto in passate composizioni per lo stesso imprenditore non costituiscono incompatibilità per nuovi incarichi; ribadito l’obbligo di riservatezza e neutralità dell’esperto in tutte le fasi.
  • Sostituzione dell’esperto facilitata: come visto, è ora possibile sostituire l’esperto su iniziativa non solo dell’imprenditore ma anche di una minoranza qualificata di creditori, evitando situazioni di stallo con esperti poco collaborativi.
  • Tutela rapporti bancari: introdotto il divieto per le banche di revocare fidi e finanziamenti per il solo fatto che l’impresa ha avviato la composizione negoziata, e il divieto di classificare a sofferenza il credito per tale ragione. La banca potrà revocare per motivi oggettivi (es. imposizioni delle norme di vigilanza prudenziale), ma dovrà comunicarlo all’esperto e all’impresa motivandolo.
  • Misure protettive calibrate: pur confermando la possibilità di ampio congelamento delle azioni esecutive (art. 18 CCII), le prassi giudiziarie nel 2024-25 hanno escluso la copertura di atti monitori e segnalazioni a Centrale Rischi (come da decreto Trib. Nola 2025), rendendo le misure più proporzionate agli interessi in gioco.
  • Proroga semplificata: prorogare la durata della procedura è ora più semplice: basta la richiesta dell’imprenditore o di una parte in trattativa con il placet dell’esperto, senza più l’unanimità delle parti; inoltre vi sono casi oggettivi (pendenza di ricorsi o misure) in cui la proroga è automatica.
  • Transazione fiscale: inserita ex novo nel CCII (art. 23, comma 2-bis) la possibilità per l’imprenditore di proporre un accordo sui debiti fiscali all’Erario nell’ambito delle trattative. Sono richieste attestazioni di convenienza da parte di professionisti indipendenti, ma la misura consente di ridurre o dilazionare il debito fiscale se ciò è più conveniente della liquidazione fallimentare. (Rimangono esclusi i debiti previdenziali, lacuna su cui si auspica un intervento).
  • Finanza esterna prededucibile: chiarito che i finanziamenti erogati durante la composizione (anche tramite riattivazione di linee di credito sospese) godono della prededuzione e tale privilegio resta fermo qualunque sia l’esito finale della CNC, anche in caso di successiva liquidazione giudiziale. Questo per incentivare banche e terzi a supportare finanziariamente l’azienda in crisi senza timore di perdere il rango privilegiato.
  • Allineamento esiti per PMI: uniformati gli strumenti attivabili a fine procedura: anche le imprese sotto-soglia possono ora accedere alla transazione fiscale e a un ventaglio di soluzioni (concordato minore, accordi, liquidazione controllata) analoghe a quelle delle imprese maggiori.
  • Massimari e prassi unificate: pubblicate linee guida e massimari di giurisprudenza (Unioncamere, 2023-2024) che forniscono orientamenti applicativi, aumentando la prevedibilità delle decisioni (es. criteri per concedere misure protettive, modalità di calcolo delle soglie, ecc.).

Conclusioni

La composizione negoziata sotto-soglia si è ormai affermata come uno strumento centrale nella gestione anticipata della crisi d’impresa in Italia. Pur presentando alcune complessità operative e richiedendo la collaborazione attiva di tutte le parti, essa offre all’imprenditore in difficoltà una chance concreta di evitare soluzioni distruttive e di salvaguardare il valore aziendale. Questa guida ha evidenziato come la procedura, in origine concepita come misura emergenziale, sia stata perfezionata dal legislatore nel biennio 2024-2025 per rispondere meglio alle esigenze delle PMI: documentazione snellita, maggiori tutele (sia per il debitore sia per i creditori) e un raccordo più efficiente con gli strumenti concorsuali tradizionali.

Per avvocati e professionisti del settore, la composizione negoziata rappresenta oggi un terreno di lavoro strategico: richiede competenze interdisciplinari (giuridiche, economico-finanziarie, negoziali) e la capacità di dialogare con molteplici stakeholder (imprenditori, banche, Fisco, fornitori). Accompagnare un’impresa sotto-soglia in questo percorso significa svolgere un ruolo chiave di advisor nella prevenzione dell’insolvenza, spesso riuscendo a conciliare interessi contrapposti in una soluzione sostenibile. Già oggi i dati mostrano un progressivo aumento del ricorso a questo strumento, segno che sta entrando nella prassi: la sfida per i professionisti è di consolidarne i meccanismi applicativi e diffondere la cultura del risanamento anticipato nelle piccole imprese.

Dal punto di vista dell’imprenditore, attivarsi tempestivamente – senza attendere il punto di non ritorno – è fondamentale. L’esperienza applicativa mostra che chi ricorre alla composizione negoziata con un timing adeguato e una buona preparazione (dati contabili chiari, un piano realistico, l’assistenza di professionisti qualificati) ha probabilità sensibilmente maggiori di successo. Al contrario, situazioni ormai compromesse o tentativi tardivi finiscono spesso per convergere verso procedure liquidatorie, come anche i casi pratici hanno dimostrato.

In conclusione, la composizione negoziata delle imprese minori è oggi un pilastro del nuovo diritto concorsuale italiano: un istituto che, affiancandosi alle procedure giudiziali, ne condivide gli obiettivi di regolazione della crisi ma persegue un approccio negoziale e privatistico, in linea con l’idea che molte crisi d’impresa possano essere meglio risolte attorno a un tavolo anziché in aula di tribunale. Saperlo utilizzare al meglio – conoscendone meccanismi, opportunità e limiti – costituisce un valore aggiunto tanto per i professionisti quanto per gli imprenditori stessi, nella prospettiva di un sistema economico più resiliente e capace di affrontare le avversità senza disperdere il tessuto imprenditoriale.

Fonti normative e giurisprudenziali

Normativa:

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (in vigore dal 15/07/2022), artt. 12-25-octies (composizione negoziata) e artt. 65-73 (concordato minore), con successive modifiche introdotte dal D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024.
  • D.L. 24 agosto 2021 n. 118 (conv. L. 147/2021) – “Decreto Crisi d’impresa” che ha introdotto nell’ordinamento italiano la nuova procedura di composizione negoziata.
  • R.D. 16 marzo 1942 n. 267 – Regio Decreto Legge Fallimentare, art. 1 comma 2 (definizione di piccolo imprenditore non fallibile).
  • Legge 27 gennaio 2012 n. 3 – Disciplina del sovraindebitamento (procedure per debitori civili e imprese minori, introdotta nel 2012). Le procedure di questa legge (accordo di composizione, piano del consumatore, liquidazione del patrimonio) sono state abrogate e sostituite, a decorrere dal 15 luglio 2022, dalle analoghe procedure previste nel CCII (concordato minore, ristrutturazione dei debiti del consumatore, liquidazione controllata dei beni).
  • D.M. 28 settembre 2021 (Ministero Giustizia) – Decreto dirigenziale attuativo art. 3 DL 118/2021, contenente il regolamento della piattaforma telematica e i modelli di istanza online, nonché i criteri per la determinazione del compenso dell’esperto.
  • Direttiva (UE) 2019/1023 – Direttiva europea su ristrutturazioni e insolvenza, recepita con il D.Lgs. 83/2022, che ha influenzato la disciplina introducendo istituti come la transazione fiscale e i piani di ristrutturazione soggetti a omologazione.

Giurisprudenza:

  • Cass. civ. Sez. I, 10 ottobre 2022 n. 29472 – Conferma i criteri di calcolo del requisito di indebitamento (€500.000) per la fallibilità di un’impresa, rilevanti per distinguere l’impresa minore da quella maggiore.
  • Tribunale di Nola, Sez. II civ., decreto 15 maggio 2025 – Concede parzialmente le misure protettive richieste nell’ambito di una composizione negoziata; ribadisce la necessità di valutare l’attualità e proporzionalità delle tutele in base al piano e al parere dell’esperto, confermando le misure tipiche ex art. 18 CCII e escludendo il divieto di iniziare azioni monitorie o segnalazioni a Centrale Rischi (per difetto di periculum e sproporzione). Centrale il ruolo dell’esperto nel verificare la coerenza e sostenibilità del piano e nell’orientare il giudice verso la tutela dell’interesse pubblico al risanamento.
  • Tribunale di Milano, sez. fall., 2023 (segnalazioni) – La giurisprudenza di merito ha precisato che la pendenza di una composizione negoziata non impone automaticamente la sospensione di un’udienza prefallimentare già fissata, salvo decisione discrezionale del giudice (in linea con un orientamento di Cassazione).
  • Cass. civ. Sez. I, 26 settembre 2022 n. 28013 – In tema di sovraindebitamento, afferma che non può essere omologato un piano del consumatore che preveda il pagamento di una percentuale simbolica (3,82%) ai creditori, poiché contraria ai principi di ragionevolezza e meritevolezza. Tale indicazione sulla soglia minima di soddisfazione dei creditori è stata richiamata come criterio orientativo anche per valutare la congruità delle proposte formulate in composizione negoziata (concordati minori).

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