Hai troppi debiti e non riesci più a farvi fronte? Hai già affrontato una procedura di sovraindebitamento, o ti sei trovato senza reddito e patrimonio sufficiente per pagare tutto? In questi casi puoi chiedere l’esdebitazione, cioè la cancellazione legale dei debiti residui, e ripartire da zero.
Ma come si fa domanda di esdebitazione? Quali documenti servono? Chi può aiutarti a presentarla in modo corretto davanti al giudice?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, esdebitazione e difesa dei debitori – ti spiega cos’è l’esdebitazione, chi può chiederla, quali sono i requisiti e come si presenta correttamente la domanda per liberarti legalmente dai debiti una volta per tutte.
Hai troppi debiti, hai concluso una procedura o non hai più nulla da offrire ai creditori?
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Introduzione
L’esdebitazione è un istituto fondamentale introdotto nell’ordinamento italiano per offrire ai debitori sovraindebitati una “seconda chance” economica. In sostanza, si tratta di una procedura legale che permette la liberazione dai debiti residui non pagati al termine di una procedura concorsuale, rendendo quei debiti inesigibili nei confronti del debitore. Ciò consente alla persona onesta ma sfortunata di ripartire da zero, senza il fardello delle obbligazioni pregresse, favorendo il suo reinserimento nell’economia e prevenendo l’esclusione finanziaria.
Questa guida avanzata, aggiornata a giugno 2025, fornisce un quadro completo sulla normativa italiana in materia di esdebitazione (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, CCII). Attraverso un formato domanda/risposta, verranno esaminati tutti i tipi di esdebitazione previsti dal CCII (comprese le novità normative più recenti), i requisiti soggettivi e oggettivi per accedervi, la procedura da seguire, i limiti e le esclusioni, gli effetti dell’esdebitazione, la documentazione necessaria, i ruoli dei vari attori coinvolti, la durata e i costi. Il tutto sarà arricchito da esempi pratici, tabelle riepilogative, casi concreti e richiami alle sentenze più rilevanti della giurisprudenza italiana (Corte di Cassazione e Tribunali) aggiornate al 2025.
Cos’è l’esdebitazione e a cosa serve?
Domanda: Che cos’è esattamente l’esdebitazione e qual è il suo scopo?
Risposta: L’esdebitazione è la procedura attraverso cui un debitore sovraindebitato ottiene la cancellazione legale e definitiva dei debiti che non è riuscito a pagare integralmene nel corso di una procedura concorsuale di liquidazione. In pratica, al termine della procedura (ad esempio un fallimento, ora liquidazione giudiziale, o una liquidazione controllata da sovraindebitamento) i crediti rimasti insoddisfatti diventano inesigibili nei confronti di quel debitore. Ciò significa che i creditori non possono più pretendere il pagamento di quelle somme e devono considerarle perdute (possono al più dedurle fiscalmente come credito inesigibile).
Oltre a liberare il debitore dalle obbligazioni passate, l’esdebitazione fa venir meno anche gli eventuali effetti negativi legati alla precedente insolvenza. Ad esempio, decadono le cause di ineleggibilità o di decadenza da cariche connesse all’apertura del fallimento (liquidazione). In altri termini, il debitore riacquista la piena capacità civile e imprenditoriale: può tornare a gestire attività economiche, accedere al credito (compatibilmente con le politiche degli istituti finanziari) e partecipare alla vita societaria senza le preclusioni derivanti dallo status di fallito. L’esdebitazione realizza quindi l’obiettivo di politica economica e sociale del fresh start, evitando che un insuccesso passato condanni il soggetto a una perpetua esclusione dal circuito produttivo.
Esempio pratico: Tizio, piccolo imprenditore, accumula 200.000 € di debiti e viene sottoposto a liquidazione giudiziale (ex fallimento). Dalla liquidazione dei suoi beni i creditori ottengono solo 50.000 € (25% di soddisfazione) e restano 150.000 € di debiti insoluti. Se Tizio è meritevole (non ha commesso frodi o violazioni gravi) può richiedere l’esdebitazione. Il Tribunale, al termine della procedura, dichiarerà inesigibili i 150.000 € residui. Da quel momento i creditori non potranno più perseguitarlo per quei debiti e Tizio potrà ripartire senza questo fardello.
Quali tipi di esdebitazione prevede la legge italiana?
Domanda: L’esdebitazione è uguale in tutti i casi? Quali tipi o forme di esdebitazione sono previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza?
Risposta: Il CCII contempla diverse tipologie di esdebitazione, a seconda della procedura concorsuale utilizzata e della situazione del debitore. In generale, possiamo distinguere:
- Esdebitazione nella liquidazione giudiziale – riguarda gli imprenditori (e in genere i soggetti assoggettabili a fallimento) sottoposti a liquidazione giudiziale (la procedura che ha sostituito il fallimento). In tal caso l’esdebitazione (liberazione dai debiti residui) interviene al momento della chiusura della procedura, oppure dopo un certo periodo dalla sua apertura. È una forma di esdebitazione “classica”, già prevista dalla vecchia Legge Fallimentare (art. 142 legge fall.) e ora disciplinata dagli artt. 278–281 CCII. È concessa dal Tribunale con decreto, su istanza del debitore o d’ufficio al termine della liquidazione, una volta verificate le condizioni di legge.
- Esdebitazione nella liquidazione controllata (sovraindebitamento) – riguarda le persone fisiche (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, start-up innovative, ecc.) e gli altri soggetti non fallibili che accedono a una procedura di sovraindebitamento con finalità liquidatoria (la cosiddetta liquidazione controllata del debitore prevista dal CCII, che ha sostituito la liquidazione dei beni della legge 3/2012). In questo caso l’esdebitazione opera di diritto all’emissione del provvedimento di chiusura della liquidazione controllata o anche prima, trascorsi tre anni dall’apertura della procedura. In altre parole, per i sovraindebitati l’esdebitazione è integrata nella procedura: decorso il termine di tre anni (se la procedura è ancora in corso) o al termine anticipato della liquidazione, il Tribunale dichiara l’inefficacia dei debiti residui mediante decreto motivato. Questa forma di esdebitazione “automatica” è subordinata all’assenza di condotte aggravanti o dolose da parte del debitore (analoga alla meritevolezza richiesta nel fallimento). La norma di riferimento è l’art. 282 CCII (esdebitazione di diritto). Va notato che nelle procedure di composizione negoziata o concordataria dei debiti (ad es. piano del consumatore, concordato minore, accordo di ristrutturazione dei debiti), l’effetto liberatorio per il debitore è intrinseco all’omologazione e alla regolare esecuzione del piano: in quei casi non si parla di “esdebitazione” in senso stretto poiché i debiti sono già falcidiati o cancellati in forza dell’accordo raggiunto con i creditori. L’esdebitazione formale interviene invece nelle procedure liquidatorie dove residuano debiti non pagati.
- Esdebitazione del debitore incapiente (c.d. esdebitazione a “zero” o senza utilità) – è una procedura straordinaria e una tantum introdotta di recente (dal 2020) per i debitori persona fisica che si trovino in condizione di insolvenza gravissima, privi di beni o redditi da offrire ai creditori. In questi casi, se il debitore è meritevole ma nullatenente, può chiedere comunque di essere liberato dai debiti pur non pagando nulla ai creditori (fresh start “puro”). Si tratta di un istituto innovativo previsto dall’art. 283 CCII, applicabile solo una volta nella vita del debitore. La richiesta avviene tramite un’apposita procedura di sovraindebitamento (distinta dalla liquidazione controllata perché qui non c’è alcun attivo da liquidare) avviata avanti al Tribunale con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). Se il giudice accerta che il soggetto non è colpevole e davvero non possiede risorse, concede l’esdebitazione “a costo zero” con decreto. Rimane però un obbligo condizionato: per i 4 anni successivi, se al debitore sopraggiungono utilità patrimoniali significative, dovrà destinarne parte (almeno il 10% dei debiti originari) ai vecchi creditori, a pena di revoca del beneficio. Questa forma di esdebitazione – definita anche “esdebitazione di diritto” del sovraindebitato incapiente – mira a dare una via d’uscita a chi è totalmente schiacciato dai debiti, pur prevedendo una tutela minima dei creditori in caso di future entrate rilevanti.
Tabella riepilogativa – Tipologie di esdebitazione nel CCII:
Tipo di esdebitazione | Ambito | Quando opera | Norme |
---|---|---|---|
Liquidazione giudiziale (ex fallimento) | Debitori fallibili (imprenditori assoggettabili a fallimento) | – Alla chiusura della procedura (esdebitazione “contestuale”)– Dopo 3 anni dall’apertura, anche se la liquidazione non è terminata (su istanza del debitore) | Art. 279 CCII (tempistiche)Art. 280 CCII (condizioni)Art. 281 CCII (procedimento) |
Liquidazione controllata (sovraindebitamento) | Debitori non fallibili (consumatori, professionisti, piccole imprese sotto soglie fallimento, start-up innovative, enti no-profit, ecc.) | – Alla chiusura della liquidazione controllata– Dopo 3 anni dall’apertura, se la procedura è ancora in corso(operatività “di diritto”: il tribunale dichiara l’esdebitazione salvo cause ostative) | Art. 282 CCII (esdebitazione di diritto) |
Debitore incapiente (“senza utilità”) | Persona fisica nullatenente (priva di beni o redditi aggredibili) | – Procedura autonoma su istanza del debitore tramite OCC, senza necessità di liquidare attivo (debitore già privo di beni)– Il tribunale concede l’esdebitazione con decreto, se sussistono i requisiti, anche immediatamente (non c’è attesa di 3 anni perché la procedura non prevede riparti) | Art. 283 CCII (procedura del debitore incapiente)Introdotta dall’art. 14-quaterdecies L.3/2012 inserito dalla L.176/2020, confluita nel CCII |
Nota: Altre procedure concorsuali concordatarie (come il concordato preventivo o il piano di ristrutturazione del consumatore) non richiedono un’esdebitazione ad hoc, poiché i debiti vengono estinti o ridotti in base all’accordo omologato. In tali casi, adempiendo al piano concordato il debitore è automaticamente libero dai debiti residui conformemente a quanto stabilito nell’accordo. L’esdebitazione in senso tecnico, oggetto di questa guida, interviene invece nelle procedure liquidatorie (fallimento/liquidazione giudiziale, liquidazione controllata) in cui, esaurito l’attivo, rimangono passività impagate.
Chi può ottenere l’esdebitazione?
Domanda: Quali debitori possono richiedere ed ottenere l’esdebitazione? Ci sono differenze tra imprenditori, consumatori e altri soggetti?
Risposta: Possono aspirare all’esdebitazione:
- gli imprenditori commerciali fallibili sottoposti a liquidazione giudiziale (i “falliti” secondo la terminologia previgente);
- le persone fisiche sovraindebitate (consumatori, piccoli imprenditori non fallibili, professionisti, start-up innovative, imprenditori agricoli, enti non commerciali) che abbiano concluso una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (ad es. un piano del consumatore eseguito o una liquidazione controllata chiusa);
- in generale, qualsiasi debitore persona fisica che, pur trovandosi in insolvenza, abbia svolto o concluso una procedura concorsuale liquidatoria dei propri beni. Anche il socio illimitatamente responsabile di una società fallita può chiedere la propria esdebitazione personale in estensione;
- infine, come visto, anche il debitore persona fisica totalmente incapiente (privo di beni) può accedere all’esdebitazione speciale di cui all’art. 283 CCII.
Restano invece esclusi dall’istituto i soggetti diversi dalla persona fisica. Una società fallita, ad esempio, non può essere esdebitata: la società, una volta chiusa la liquidazione, si estingue e i debiti insoddisfatti decadono naturalmente insieme al soggetto giuridico. L’esdebitazione opera dunque in funzione pro-candidato alla “riabilitazione” economica della persona: tipicamente l’imprenditore individuale o il consumatore sovraindebitato. Per lo stesso motivo, l’esdebitazione non è necessaria per i debiti di enti pubblici o di soggetti la cui insolvenza è gestita con strumenti diversi (es. amministrazione straordinaria delle grandi imprese, crisi degli enti locali, ecc., che hanno regole proprie).
In sintesi, i destinatari tipici dell’esdebitazione sono il debitore civile o imprenditore individuale oberato dai debiti, che abbia messo a disposizione il suo patrimonio nella procedura concorsuale e soddisfi le condizioni di legge (onestà, cooperazione, assenza di frodi, ecc. – v. oltre). Anche gli eredi di un debitore deceduto durante la procedura possono proseguirla e ottenere l’esdebitazione per il defunto, rinunciando al beneficio d’inventario (questo aspetto, già previsto in passato, rientra tuttavia in casi particolari della legge). Restano invece esclusi i coobbligati e i garanti del debitore: l’esdebitazione ha effetto solo sul debitore istante, e non si estende ai terzi obbligati in solido, i quali potranno ancora essere chiamati a pagare l’eventuale debito (salvo rivalersi verso il debitore esdebitato nei limiti di quanto questi sarebbe stato tenuto a pagare). In altri termini, l’esdebitazione incide sul rapporto creditore-debitore esdebitato (impedendo definitivamente azioni di recupero contro di lui), ma non cancella il debito in sé né tocca le posizioni degli eventuali fideiussori o condebitori, né pregiudica i diritti degli eventuali creditori privilegiati sui beni del debitore (che hanno già escusso le garanzie).
Quali requisiti di meritevolezza e condizioni servono per ottenere l’esdebitazione?
Domanda: Quali sono le condizioni previste dalla legge per poter beneficiare dell’esdebitazione? Cosa si intende per “debitore meritevole” e quali comportamenti lo possono escludere?
Risposta: L’esdebitazione non è automatica: è un beneficio concesso solo a chi rispetta determinati requisiti soggettivi di meritevolezza e alcune condizioni oggettive. Le norme (art. 280 CCII per la liquidazione giudiziale, art. 282 co.2 CCII per la liquidazione controllata, art. 283 CCII per l’incapiente) prevedono in particolare che il debitore:
- abbia collaborato con le autorità della procedura, fornendo tutte le informazioni e i documenti richiesti, senza ostacolare o rallentare lo svolgimento delle operazioni. In pratica deve aver tenuto un comportamento trasparente e collaborativo con il curatore (o gestore/OCC nel sovraindebitamento) e con il Tribunale, agevolando la ricostruzione del patrimonio e delle cause del dissesto;
- non abbia compiuto atti in frode ai creditori, ossia non abbia distratto o sottratto beni ai creditori, né simulato passività inesistenti, né effettuato operazioni dolose che abbiano aggravato la situazione finanziaria. Ad esempio, vendere o donare beni sottocosto prima di fallire, oppure contrarre debiti poco prima della procedura sapendo di non poterli pagare, sono condotte fraudolente che precludono l’esdebitazione;
- non sia stato condannato con sentenza definitiva per reati gravi di natura economica (in particolare reati fallimentari come la bancarotta fraudolenta, reati tributari gravi, delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, ecc.), a meno che non sia intervenuta la riabilitazione penale. In presenza di procedimenti penali in corso per tali reati, il Tribunale sospende la decisione sull’esdebitazione fino all’esito del procedimento. Ciò significa che un debitore inquisito per bancarotta fraudolenta, ad esempio, dovrà prima essere assolto o riabilitato per poter ottenere l’esdebitazione;
- abbia agito con buona fede e diligenza, senza aggravare volontariamente la propria insolvenza per colpa grave o dolo. Questo criterio riassuntivo (spesso definito come requisito della “meritevolezza”) implica che la causa dell’indebitamento non dev’essere frutto di comportamenti gravemente imprudenti o in malafede. Ad esempio, il sovraindebitamento dovuto a una sfortunata serie di eventi (crisi economica, malattia, garanzie escusse, ecc.) è compatibile con la meritevolezza; viceversa, chi ha abusato del credito (es. contraendo prestiti sproporzionati alle proprie possibilità, con l’intento di non restituirli) potrebbe essere considerato non meritevole. Il confine non è sempre netto e spetta al giudice valutare caso per caso la storia debitoria;
- (per i privati consumatori): aver quantomeno tentato di onorare parte dei debiti, ad esempio vendendo beni di lusso non essenziali o cercando soluzioni per rimborsare i creditori, anche se in minima parte. Sebbene la legge non richieda più una soglia minima di pagamento ai creditori (in passato la legge fallimentare prevedeva un pagamento almeno parziale, poi eliminato), dimostrare di aver fatto tutto il possibile per ridurre il danno ai creditori può essere rilevante nel giudizio di meritevolezza.
In aggiunta a questi requisiti principali, vi sono limitazioni oggettive relative a precedenti esdebitazioni: la legge stabilisce che il debitore non deve aver già beneficiato di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti la nuova domanda, e comunque non più di due volte in totale nell’arco della vita. In pratica, l’esdebitazione può essere concessa al massimo due volte, e con almeno cinque anni di distanza tra l’una e l’altra. Questo per evitare abusi del meccanismo di fresh start. Ad esempio, Caio che abbia ottenuto un’esdebitazione nel 2020 non potrà chiederne un’altra prima del 2025, e in ogni caso non potrà averne una terza oltre la seconda.
Va sottolineato che i presupposti sopra elencati sono tassativi: il giudice non può inventare condizioni ulteriori non previste dalla legge per negare il beneficio. Ad esempio, non è richiesto per legge che i creditori siano stati soddisfatti in misura minima (0% di recupero non impedisce l’esdebitazione, come chiarito anche dalla Cassazione). La Corte di Cassazione ha infatti affermato la tassatività delle cause di esclusione della meritevolezza: se il debitore soddisfa le condizioni normative (niente frodi, buona fede, nessuna condanna rilevante, cooperazione), l’esdebitazione non può essergli negata adducendo ragioni extralegali come, ad esempio, “non ha pagato nulla ai creditori”. Questo orientamento è in linea con la Direttiva UE 2019/1023 (cd. Direttiva “Insolvency”) che impone agli Stati membri di consentire l’esdebitazione dell’imprenditore onesto entro 3 anni senza richiedere soglie minime di pagamento ai creditori.
Caso concreto: Un consumatore sovraindebitato accumula debiti con banche e fisco per 100.000 €. Ha sempre pagato regolarmente fino a quando ha perso il lavoro e, per mantenere la famiglia, ha utilizzato carte di credito e prestiti finché non è più riuscito a sostenere le rate. Non possiede immobili né beni di valore. Decide di liquidare quel poco che ha (l’auto usata, qualche risparmio) e ricavare 5.000 € con cui pagare in parte i creditori. Il restante debito (95.000 €) rimane insoluto. È evidente che questo debitore ha agito in buona fede, cercando di onorare il possibile. Non risultano frodi né condanne a suo carico. In una successiva procedura di liquidazione controllata, potrà ottenere l’esdebitazione: il giudice verificherà la meritevolezza (collaborazione, assenza di dolo o colpa grave) e concederà la liberazione dai 95.000 € residui.
Al contrario, un imprenditore che abbia scientemente sottratto beni ai creditori (ad esempio dirottando capitali all’estero prima del fallimento, o falsificando le scritture contabili per nascondere attivo) verrà presumibilmente dichiarato non meritevole: in tal caso l’esdebitazione sarà negata, perché ricorre una delle cause ostative specifiche (atti in frode, bancarotta fraudolenta, ecc.). Anche un debitore che abbia già beneficiato due volte di esdebitazione non potrà accedervi nuovamente.
In sintesi, la meritevolezza è la pietra angolare: l’esdebitazione è riservata al debitore onesto e sfortunato, non a chi ha colpevolmente abusato del credito o ha frodato i creditori. Come recita la legge, il giudice valuta sempre la condotta del debitore e può negare il beneficio se emerge dolo, colpa grave o frode nella formazione dell’indebitamento. Questo filtro garantisce che l’esdebitazione sia un istituto equo, evitando che diventi una “scappatoia” per debitori disonesti.
Quali debiti vengono cancellati con l’esdebitazione?
Domanda: L’esdebitazione libera da tutti i debiti? Ci sono debiti che rimangono comunque da pagare?
Risposta: L’esdebitazione cancella la responsabilità personale del debitore per la maggior parte dei debiti insoddisfatti oggetto della procedura, ma non copre proprio tutti i tipi di debito. La legge e la giurisprudenza individuano alcune categorie di crediti escluse dall’esdebitazione, per ragioni di giustizia sostanziale o di ordine pubblico. In pratica, anche dopo l’esdebitazione, il debitore rimane obbligato verso questi crediti particolari (che il creditore potrà ancora pretendere). Le principali esclusioni riguardano:
- Obblighi alimentari e di mantenimento – I debiti derivanti da assegni di mantenimento, alimenti, contributi al coniuge, figli o altri familiari, stabiliti da sentenze o accordi omologati, non sono esdebitabili. Si tratta di crediti legati al diritto al sostentamento, considerati indisponibili: anche se il debitore ottiene l’esdebitazione, dovrà continuare a pagarli integralmente. Esempio: se Caio aveva 10.000 € di arretrati per il mantenimento dei figli, quel debito resterà dovuto nonostante l’esdebitazione.
- Risarcimenti da fatti illeciti extracontrattuali – I debiti derivanti da danni provocati dal debitore con fatti illeciti dolosi (es. lesioni personali volontarie, omicidio stradale con condotta gravemente colposa o dolosa, reati vari con obbligo di risarcimento danni) sono esclusi dall’esdebitazione. La legge tutela in questo caso la vittima del reato o del fatto illecito: chi ha causato intenzionalmente un danno non può liberarsi dal relativo debito risarcitorio. Nota: se il fatto illecito è stato commesso solo con colpa lieve, il debito di risarcimento invece rientra nell’esdebitazione (es. incidente stradale causato da distrazione non grave). Ma in caso di dolo o colpa grave, il risarcimento resta dovuto.
- Multe, ammende e sanzioni penali/amministrative – Tutte le pene pecuniarie inflitte per reato (multe, ammende) e le sanzioni amministrative di natura punitiva (es. sanzioni Antitrust, sanzioni erariali) non possono essere esdebitate. Lo Stato mantiene il diritto di riscuoterle anche dopo. Fa eccezione il caso in cui tali sanzioni siano accessorie a debiti estinti: ad esempio, interessi o soprattasse collegati a un tributo condonato nel concordato potrebbero decadere, ma la regola generale è che le multe restano dovute. Esempio: Tizio aveva 3.000 € di contravvenzioni stradali non pagate: anche se ottiene l’esdebitazione per gli altri debiti, quelle multe restano esigibili (non vengono cancellate).
- Debiti fiscali da condanna per reati tributari – Le imposte e tasse in genere sono esdebitabili (non c’è un’esclusione generale per i debiti verso l’Erario). Tuttavia, la legge prevede che se il debitore è stato condannato in via definitiva per reati tributari gravi (es. dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture false, occultamento di contabilità), i relativi debiti tributari non sono cancellati. Si vuole evitare che chi ha commesso frodi fiscali possa farla franca con un colpo di spugna sui tributi evasi. Importante: la condanna deve essere definitiva (passata in giudicato); se il procedimento è in corso, l’esdebitazione rimane sospesa in attesa del suo esito. La Corte di Cassazione ha confermato che, al di fuori di queste ipotesi di frode conclamata, tutti i debiti tributari (IVA compresa) possono rientrare nell’esdebitazione, in quanto la normativa italiana è compatibile col diritto UE purché vi sia un controllo giudiziario e il fisco abbia potuto partecipare alla procedura. Dunque, un debito IVA o IRPEF residuo può essere cancellato, salvo appunto i casi di frode fiscale accertata.
- Debiti contratti con dolo o malafede verso i creditori – Se emerge che il debitore ha contratto volutamente obbligazioni senza la volontà di adempierle, ad esempio ottenendo credito con false informazioni o accumulando debiti con l’intenzione di dichiarare fallimento, quei debiti possono essere esclusi dal beneficio. In realtà, una condotta così fraudolenta rientra già tra le cause di inammissibilità (non meritevolezza) e normalmente porterebbe al rigetto totale dell’esdebitazione. Ma qualora fosse limitata a specifiche obbligazioni, il giudice potrebbe negare il rilievo solo a quelle (sottraendole dal perimetro dei debiti esdebitati). Si tratta comunque di ipotesi estreme: nella prassi, se si prova malafede o dolo nel contrarre debiti, l’intera esdebitazione viene di regola negata.
- Debiti di lavoro (stipendi, contributi) – I debiti verso dipendenti per retribuzioni non pagate, TFR, contributi previdenziali omessi, possono in taluni casi essere esclusi dall’esdebitazione. La legge non lo afferma espressamente, ma la giurisprudenza tende a valutare con rigore questi debiti per tutelare i lavoratori. Se ad esempio un datore di lavoro fallisce lasciando mesi di stipendi non pagati, e si accerta che ciò è dipeso da comportamento gravemente colposo o doloso, il giudice potrebbe negare l’esdebitazione su tali somme (o in toto). Diversamente, se l’impresa è fallita per cause oggettive e senza colpa, anche quei debiti rientrano (tanto più che spesso interviene il Fondo di garanzia INPS a tutela dei dipendenti, surrogandosi come creditore).
- Debiti da sanzioni accessorie a reati finanziari – Un caso particolare: le sanzioni pecuniarie inflitte per reati finanziari (ad es. pene pecuniarie per aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, etc.) rimangono dovute. Rientrano concettualmente nelle sanzioni penali non esdebitabili già menzionate. Similmente, eventuali obblighi di confisca di somme derivanti da reato non sono toccati dall’esdebitazione, in quanto hanno natura pubblicistica.
- Debiti verso fondi di garanzia pubblici – Talora esclusi dall’esdebitazione sono i debiti verso enti come il Fondo di garanzia per le vittime della strada o il Fondo di prevenzione usura, che intervengono per risarcire terzi al posto del responsabile. L’idea è che essendo strumenti di solidarietà pubblica, il debitore che ne ha usufruito non dovrebbe poi cancellare il suo debito verso tali fondi. Anche qui, però, la legge non lo prevede espressamente; si tratta di orientamenti giurisprudenziali in evoluzione.
- Debiti sorti dopo l’apertura della procedura – Solo i debiti esistenti prima dell’apertura della procedura concorsuale rientrano nell’esdebitazione. Eventuali nuovi debiti contratti dopo (ad esempio, durante il fallimento) restano a carico del debitore in ogni caso. Questa non è tanto un’eccezione, quanto la normale delimitazione temporale: l’esdebitazione copre i “debiti concorsuali” anteriori, non le obbligazioni successive.
La tabella seguente riassume i debiti non esdebitabili:
Tipo di debito | Esdebitabile? | Note |
---|---|---|
Obblighi alimentari (mantenimento) | ❌ No | Verso coniuge, figli o parenti beneficiari di alimenti |
Risarcimenti da fatto illecito doloso | ❌ No | Danni civili per illecito doloso (lesioni, omicidio, ecc.); se colposo lieve invece sì |
Multe, ammende, sanzioni penali/amministrative | ❌ No | Pene pecuniarie, contravvenzioni, sanzioni punitive (es. Antitrust) |
Debiti fiscali da reati tributari (condanna) | ❌ No | Se c’è sentenza definitiva per reato fiscale (evasione fraudolenta, ecc.) |
Debiti contratti con dolo o frode (malafede) | ❌ No | Prestiti ottenuti fraudolentemente, atti in frode ai creditori |
Retribuzioni e contributi di lavoro non pagati | ❌ Di regola no | Tutele per dipendenti, specie se inadempimento dovuto a colpa grave del datore |
Danni da responsabilità professionale grave | ❌ Di regola no | Esempio: professionista condannato per dolo o colpa grave (se solo colpa lieve, sì) |
Debiti verso fondi pubblici di indennizzo | ❌ No | Fondo vittime strada, Fondo antiusura, ecc. (tutela finalità pubblica) |
Debiti sorti dopo l’apertura della procedura | ❌ No | Non rientrano per definizione (non “concorsuali”) |
Sopravvenienze attive post-esdebitazione | ❌ Parziale | Solo per incapiente: se nei 4 anni successivi riceve utilità rilevanti, deve pagarne il 10% ai creditori |
Come si nota, molte di queste esclusioni riflettono l’idea che l’esdebitazione non deve premiare il debitore disonesto o sottrarlo a obblighi di legge “morali” (mantenimento, risarcimento danni a vittime, sanzioni per reati). In ogni caso concreto, il giudice nel concedere l’esdebitazione individua espressamente quali debiti restano esclusi, richiamando le categorie di legge applicabili. Ad esempio, il decreto che concede l’esdebitazione potrebbe dichiarare inesigibili tutti i debiti salvo “obblighi di mantenimento e alimentari, sanzioni pecuniarie e risarcimenti per fatti dolosi” a carico del debitore.
Importante: l’esdebitazione opera limitatamente al debitore. Quindi, se un debito non è esdebitato (perché rientra tra le esclusioni sopra), il creditore potrà riprenderne l’esazione contro il debitore stesso; se invece un debito è esdebitato, il creditore non può più agire contro quel debitore, ma potrà comunque escutere eventuali coobbligati o garanti rimasti obbligati in solido (come detto prima). Inoltre, l’esdebitazione non cancella garanzie reali di terzi: se un terzo aveva ipotecato un proprio immobile a garanzia di un debito poi esdebitato al debitore principale, il creditore potrà ancora soddisfarsi su quell’ipoteca (anche se non più sul patrimonio personale del debitore principale).
Come e quando presentare domanda di esdebitazione?
Domanda: Qual è la procedura da seguire per richiedere l’esdebitazione? Si deve presentare un’apposita domanda al giudice? In che momento?
Risposta: La procedura per ottenere l’esdebitazione varia leggermente a seconda del contesto (fallimento/liquidazione giudiziale, sovraindebitamento, debitore incapiente). In tutti i casi, tuttavia, è necessario un provvedimento del Tribunale che conceda il beneficio, emanato al termine (o in corso) della procedura concorsuale. Vediamo le modalità:
- Nel fallimento/liquidazione giudiziale: Il CCII ha semplificato l’iter rispetto al passato. Oggi, di regola, il Tribunale provvede d’ufficio al momento della chiusura della procedura. Ciò significa che quando viene emesso il decreto di chiusura della liquidazione giudiziale (ossia terminata la fase di liquidazione e riparto dell’attivo), il giudice contestaulmente dichiara l’inesigibilità dei debiti concorsuali residui, verificati i requisiti di legge. Il debitore quindi ottiene l’esdebitazione in automatico, senza dover presentare un’istanza separata, purché abbia soddisfatto le condizioni di meritevolezza (il Tribunale infatti “sentiti gli organi della procedura” – il curatore – verifica se sussistono le condizioni degli artt. 278-280 CCII prima di concederla). Tuttavia, se la liquidazione giudiziale dovesse protrarsi a lungo, la legge consente al debitore di anticipare i tempi: trascorsi 3 anni dall’apertura della procedura, può presentare un’istanza di esdebitazione senza attendere la chiusura. In tal caso il tribunale, valutata l’istanza e sentito il curatore, può emettere un decreto che libera il debitore dai debiti residui anche se alcune operazioni liquidatorie proseguono (ad es. cause pendenti per recuperare crediti o azioni revocatorie in corso). Questa possibilità innovativa garantisce che il debitore meritevole non rimanga “sospeso” per troppi anni: dopo 3 anni dall’inizio del fallimento, se ha collaborato e non ha pendenze penali ostative, può già voltare pagina. Esempio: un fallimento dichiarato nel 2022, ancora aperto nel 2025 per cause in corso, potrebbe vedere l’imprenditore esdebitato già a fine 2025, senza attendere la conclusione (che magari avverrà nel 2026 o 2027). La richiesta formale in questo caso va rivolta al Tribunale fallimentare competente, allegando la documentazione utile a dimostrare il rispetto dei requisiti (il curatore normalmente inserisce nei suoi rapporti finali le informazioni sulla condotta del debitore ai fini dell’esdebitazione). Procedura pratica: Nel fallimento, quindi, si distinguono due situazioni:
- Esdebitazione contestuale alla chiusura: il decreto di chiusura del fallimento conterrà già la dichiarazione di esdebitazione. Non occorre istanza del debitore se non per assicurarsi di aver depositato tutto il necessario; ma è buona prassi che il suo legale presenti una memoria finale al giudice delegato chiedendo espressamente il beneficio e sottolineando il rispetto delle condizioni.
- Esdebitazione anticipata dopo 3 anni: il debitore (tramite il suo avvocato) deve depositare un’istanza al Tribunale decorsi 3 anni dall’apertura, indicando la volontà di ottenere l’esdebitazione parziale. Il Tribunale, ricevuta l’istanza, convoca il curatore e acquisisce un parere sul comportamento del debitore. Se tutto è in regola, emette un decreto di esdebitazione parziale. Questo decreto va poi comunicato a tutti i creditori e al pubblico ministero; i creditori insoddisfatti hanno 30 giorni per proporre reclamo (una sorta di appello interno) se ritengono che i presupposti non c’erano. Decorso tale termine senza opposizioni (o in caso di rigetto delle stesse), l’esdebitazione diventa definitiva.
- Nella liquidazione controllata da sovraindebitamento: qui l’esdebitazione è integrata nel meccanismo della procedura stessa. Al momento del decreto di chiusura della liquidazione controllata, il Tribunale dichiara l’esdebitazione di diritto del debitore, salvo che emerga qualche causa ostativa (che in pratica coincide con gli stessi requisiti di meritevolezza e assenza di frodi previsti per il fallimento). Se la procedura di liquidazione controllata dura più di 3 anni, anche qui scatta l’automatismo: dopo 3 anni dall’apertura, il tribunale deve pronunciarsi sull’esdebitazione, anche se la liquidazione non è terminata. La differenza rispetto al fallimento è che nel sovraindebitamento la legge parla di esdebitazione “di diritto”: in teoria non serve nemmeno un’istanza del debitore, il giudice è tenuto ex lege a dichiarare l’inesigibilità dei debiti decorsi i termini, purché non vi siano evidenti motivi ostativi. In pratica comunque è opportuno che il debitore, per tramite dell’OCC che lo assiste, solleciti il tribunale al compimento di tale adempimento, presentando magari una breve istanza o memoria conclusiva. Procedura pratica: al termine della liquidazione controllata (o dopo 3 anni), il Giudice delegato emette un decreto motivato che dichiara esdebitato il debitore. Questo decreto va comunicato al debitore, ai creditori e al Pubblico Ministero, i quali possono proporre reclamo entro 30 giorni (analogamente a quanto visto per il fallimento). In mancanza di reclami, l’esdebitazione diviene definitiva. Se invece il giudice ritiene che vi siano cause ostative (ad esempio scopre che il debitore ha frodato i creditori o non era meritevole), emette un decreto di diniego dell’esdebitazione; anche questo è comunicato alle parti e può essere impugnato in reclamo dal debitore entro 30 giorni. In caso di rigetto definitivo, purtroppo il debitore rimarrà obbligato ai debiti residui. In ogni caso, il provvedimento del tribunale (sia esso concessivo o di diniego) viene pubblicato e reso noto – ad esempio, se il debitore è un imprenditore o professionista, può esserne data notizia sul sito web istituzionale del Tribunale o sul Registro imprese. Nota: Nelle procedure minori di sovraindebitamento diverse dalla liquidazione controllata (es. concordato minore, piano del consumatore), come detto, non occorre una domanda specifica di esdebitazione. Il debitore ottiene l’effetto esdebitatorio semplicemente adempiendo al piano omologato: i debiti stralciati o cancellati nel piano non saranno più dovuti. Se però, malauguratamente, il piano omologato non viene eseguito correttamente e si risolve, il debitore potrà eventualmente accedere a una liquidazione controllata e ottenere l’esdebitazione in quella sede.
- Nel caso di esdebitazione del debitore incapiente: qui la domanda di esdebitazione è il fulcro stesso della procedura. Il debitore nullatenente deve infatti presentare ricorso al Tribunale (competente per la crisi da sovraindebitamento, in genere il Tribunale del luogo di residenza) tramite un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). L’OCC svolge una funzione chiave di ausilio: verifica la situazione economica del debitore, prepara la relazione particolareggiata e lo supporta nella raccolta della documentazione. La domanda va corredata di una serie di documenti indicati dalla legge, tra cui:
- l’elenco completo di tutti i creditori con l’importo dei rispettivi crediti;
- l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi 5 anni dal debitore (es. vendite di immobili, donazioni, transazioni rilevanti);
- le dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni;
- l’indicazione di stipendi, pensioni, salari o altre entrate percepite dal debitore e dal suo nucleo familiare.
- le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore nel contrarre i debiti;
- le ragioni della sua totale incapacità di adempimento;
- l’indicazione di eventuali atti in frode (es. atti già impugnati dai creditori);
- una valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione fornita dal debitore;
- un giudizio sull’eventuale merito creditizio accordato al debitore dai finanziatori: l’OCC deve segnalare se chi gli aveva prestato denaro avesse tenuto conto del suo reddito e di quanto gli serviva per vivere dignitosamente. Questa analisi serve a evidenziare se magari la banca ha concesso prestiti imprudenti (elemento che comunque non incide sul diritto all’esdebitazione ma costituisce informazione per il giudice).
Riepilogo tempistiche: Per imprenditori fallibili, la domanda (se necessaria) si presenta dopo 3 anni dall’inizio del fallimento se questo è ancora in corso, altrimenti se ne occupa il tribunale al momento della chiusura d’ufficio. Per sovraindebitati in liquidazione controllata, l’esdebitazione scatta a chiusura o d’ufficio dopo 3 anni. Per incapienti, la domanda può essere presentata in qualsiasi momento una volta accertata l’incapienza totale (anche senza attendere anni), essendo una procedura specifica a sé stante.
Quali sono gli effetti dell’esdebitazione per il debitore e per i creditori?
Domanda: Cosa cambia, concretamente, dopo che l’esdebitazione è stata concessa? Quali effetti produce sul debitore e sui suoi ex creditori?
Risposta: L’effetto principale è la liberazione del debitore dai debiti residui non pagati nella procedura concorsuale: quei debiti diventano inesigibili per sempre nei suoi confronti. In pratica:
- Il debitore esdebitato non è più legalmente tenuto a pagare i debiti oggetto del decreto. Se un creditore tentasse comunque di esigere il credito (ad es. con un atto di precetto), il debitore potrebbe eccepire l’intervenuta esdebitazione e rendere nullo quel tentativo. L’esdebitazione funge da scudo permanente contro azioni di recupero relative a quei debiti pregressi.
- I creditori concorsuali insoddisfatti devono spuntare i loro crediti: contabilmente li considereranno perdite. Come chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate, il credito non incassato a seguito di esdebitazione viene stornato (ad esempio, se era una banca creditrice, registrerà una perdita su crediti). Dal punto di vista fiscale, tali perdite sono in genere deducibili per il creditore, specialmente se derivanti da procedure concorsuali, quindi il Fisco consente ai creditori di avere un minimo sollievo fiscale (questo però esula dalla posizione del debitore).
- L’esdebitazione non estingue il debito in senso tecnico, ma lo rende permanentemente inesigibile verso quel debitore. Ciò significa, come detto, che eventuali coobbligati o fideiussori rimangono obbligati in solido. Ad esempio, se un debitore principale è esdebitato ma un suo garante aveva garantito quel debito, il creditore potrà rivalersi integralmente sul garante (il quale poi non potrà rifarsi sull’esdebitato se non per la parte pagata nella procedura, in quanto il resto è inesigibile). Questa regola discende dal principio generale per cui le obbligazioni solidali dei terzi non sono toccate dalle vicende soggettive del debitore principale, a meno che il garante stesso sia coinvolto (se il garante fosse anch’egli fallito ed esdebitato, allora anch’egli sarebbe liberato per la sua parte).
- L’esdebitazione non pregiudica eventuali cause o operazioni pendenti della procedura liquidatoria. Ad esempio, se dopo la chiusura del fallimento restava in piedi un giudizio per un risarcimento a favore della massa, e quel giudizio produce un’ulteriore riparto ai creditori, il beneficio dell’esdebitazione si ridimensiona: il debitore resterà liberato solo per la parte di debito che risulta definitivamente non pagata anche all’esito di quelle cause. In altri termini, se emergono sopravvenienze attive post-chiusura destinate ai creditori (ad esempio, un immobile del fallito inizialmente non venduto viene venduto dopo la chiusura mediante curatore “aggiunto”), i creditori riceveranno un ulteriore dividendo e il debito del debitore verso di loro si riduce di conseguenza. Questo meccanismo si riflette nel comma 6 dell’art. 281 CCII.
- L’esdebitazione non incide sugli obblighi dichiarativi o fiscali passati del debitore. Ad esempio, se il debitore non aveva presentato dichiarazioni dei redditi in passato, dovrà comunque regolarizzare quella posizione (anche se magari le imposte relative sono state annullate dall’esdebitazione, resta l’obbligo formale dichiarativo). Inoltre, come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate, il debitore non subisce tassazione sulle somme non pagate ai creditori: la parte di debito annullata non costituisce per lui un reddito imponibile (viene infatti qualificata come sopravvenienza attiva non tassabile ai sensi dell’art. 88, comma 4-ter TUIR). Questo evita che il debitore esdebitato si trovi paradossalmente a pagare tasse sui debiti cancellati.
- Sul piano civile e commerciale, il debitore riacquista piena affidabilità giuridica: cessano gli effetti personali del fallimento. Per un ex fallito, questo significa poter di nuovo costituire società, assumere cariche (prima gli era vietato finché la riabilitazione non avveniva), partecipare a gare pubbliche, ecc. L’esdebitazione, come detto, fa venire meno cause di ineleggibilità o decadenza legate all’insolvenza. Ciò non toglie che la sua storia creditizia rimarrà segnata dalle pregresse vicende: ad esempio, le centrali rischi finanziarie conserveranno per un certo numero di anni la notizia del default. Tuttavia, giuridicamente, egli è “pulito” da quei debiti.
- Dal punto di vista psicologico e sociale, l’effetto è spesso descritto come una vera e propria “liberazione”: il debitore non vive più sotto la minaccia costante di pignoramenti o solleciti. Questo impatto umano è uno degli scopi della normativa, che mira a favorire il reinserimento del debitore nell’economia produttiva. Ovviamente l’accesso al credito futuro dipenderà dalla prudenza degli istituti finanziari (molti ex falliti riescono nuovamente ad ottenere prestiti solo dopo alcuni anni e con tassi più alti, ma in linea di principio nulla vieta a un esdebitato di contrarre nuovi debiti – si spera con maggior cautela).
Caso pratico – Effetti per i creditori: La società Alfa vanta un credito di €50.000 verso Tizio, che è stato esdebitato. Alfa aveva già dedotto fiscalmente la perdita. Un anno dopo, Alfa scopre che Tizio ha ereditato una casa. Può Alfa fare qualcosa? No, perché quel credito è inesigibile nei confronti di Tizio: l’eredità di Tizio non è aggredibile da Alfa per il vecchio debito (salvo che emerga una frode o che Tizio avesse nascosto l’eredità durante la procedura, ma in tal caso si parlerebbe di revoca del beneficio – vedi oltre). Il fatto che Tizio sia diventato proprietario di un immobile dopo l’esdebitazione non “riattiva” il debito nei suoi confronti (eccetto l’ipotesi dell’incapiente nei 4 anni: ma nel nostro esempio Tizio era un fallito, non un incapiente). Quindi Alfa non potrà far altro che prendere atto della perdita definitiva.
Caso pratico – Effetti per il debitore: Caio, piccolo imprenditore esdebitato, aveva ancora €200.000 di debiti cancellati. Due anni dopo l’esdebitazione, avvia una nuova attività e chiede un fido bancario. La banca vede che Caio ha avuto un fallimento, ma anche che è stato esdebitato. Questo significa che legalmente Caio non ha più quei debiti pendenti. La banca valuterà il rischio di credito attuale di Caio (che riparte da zero, magari senza patrimoni ma anche senza debiti pregressi). Se Caio avesse ancora quei €200.000 sul groppone, probabilmente nessuno gli darebbe credito; con l’esdebitazione, invece, c’è la possibilità di un nuovo inizio. La banca potrebbe comunque applicare condizioni più onerose (spread maggiori) per cautelarsi, ma in principio Caio non è interdetto dal credito.
Si può perdere o vedersi revocare l’esdebitazione?
Domanda: Una volta ottenuta, l’esdebitazione è definitiva? Ci sono casi in cui può essere revocata o in cui il debitore perde il beneficio?
Risposta: In linea generale, una volta divenuta definitiva, l’esdebitazione non è revocabile. Se però emergono irregolarità o malafede prima che il provvedimento diventi definitivo, il debitore può vedersi negare o revocare il beneficio. Ecco le ipotesi principali:
- Opposizione/reclamo dei creditori entro 30 giorni: come visto, dopo il decreto di esdebitazione vi è un termine di 30 giorni in cui i creditori (o il PM) possono fare reclamo. Se durante tale fase emergono elementi che il giudice non conosceva (es. il debitore aveva occultato beni, o aveva violato qualche condizione), il Tribunale in sede di reclamo può revocare il decreto iniziale e negare l’esdebitazione. Una volta trascorso il termine senza reclami, il decreto si consolida e non potrà più essere messo in discussione dai creditori.
- False attestazioni o documenti inattendibili: se si scopre che il debitore ha ottenuto l’esdebitazione fornendo documenti falsi o omettendo informazioni rilevanti, vi possono essere conseguenze. In sede civile, se la scoperta avviene tardivamente (oltre i termini di impugnazione), il provvedimento rimane in teoria valido; ma potrebbero configurarsi reati (es. falso, frode processuale) con conseguenze penali per il debitore, e in alcuni casi il creditore lesionato potrebbe tentare un’azione di revocazione straordinaria del decreto per dolo del debitore (un rimedio processuale eccezionale e difficile da praticare). In ogni caso, la meritevolezza è come una nuvola che accompagna il debitore anche dopo: se salta fuori una frode pesante, di fatto il debitore rischia altre sanzioni (ma non il ripristino dei debiti, se non tramite i rimedi processuali indicati).
- Mancato adempimento delle condizioni post-esdebitazione (caso incapiente): per il debitore incapiente, l’esdebitazione viene concessa con l’obbligo di dichiarare le sopravvenienze nei 4 anni successivi. Se il debitore non presenta la dichiarazione annuale delle eventuali sopravvenienze, oppure nasconde scientemente di aver ricevuto un’eredità, una vincita o altri beni significativi, il giudice – informato dall’OCC – può revocare il beneficio. La revoca, in questo caso, comporta che tutti i debiti originari “resuscitano” e tornano esigibili per intero (a meno che la revoca sia parziale e riguardi solo la parte non comunicata, ma in genere la norma parla di revoca totale se non si adempie). Inoltre, se entro 4 anni sopraggiungono utilità tali da consentire di pagare almeno il 10% ai creditori, il debitore è tenuto a versare quelle somme: se non lo fa spontaneamente, i creditori potranno agire sui beni sopravvenuti per recuperare fino a quel 10% complessivo. In caso di inadempimento, anche qui il beneficio può essere messo in discussione. Dunque, per l’incapiente l’esdebitazione è condizionata risolutivamente: resta ferma se il debitore rispetta gli obblighi nei 4 anni successivi, altrimenti può essere revocata.
- Scoperta postuma di reati non noti prima: ipotesi non regolata espressamente, ma da valutare: se dopo l’esdebitazione dovesse emergere che il debitore aveva commesso un reato fallimentare grave (ad es. viene scoperto 2 anni dopo, con indagini, che aveva distratto attivo), in teoria l’esdebitazione è già stata concessa. La legge prevedeva di sospendere la decisione in pendenza di procedimento penale, ma se il procedimento penale inizia dopo, a esdebitazione avvenuta, non c’è un meccanismo automatico di revoca. Tuttavia, una condanna penale per bancarotta fraudolenta potrebbe far scattare la revoca della beneficenza su iniziativa del Pubblico Ministero in sede esecutiva, o comunque segnalare all’erario la non applicabilità per quei debiti (questioni delicate e rare). In sostanza: è essenziale che eventuali pendenze penali rilevanti siano note al momento della decisione, altrimenti c’è un vulnus. La prassi cerca di evitarlo con attente verifiche.
- Errore o dolo del debitore accertati in giudizio civile: un creditore potrebbe, in teoria, tentare la via della revocazione (art. 395 c.p.c.) del decreto di esdebitazione, entro 30 giorni dalla scoperta di un eventuale dolo del debitore decisivo o di documenti prima ignoti. È uno scenario estremo e da manuale, finora poco esplorato, ma giuridicamente possibile: se il debitore ha architettato una frode processuale così ben congegnata da emergere solo dopo, il creditore potrebbe chiedere la revocazione del provvedimento per “dolo di una parte in danno dell’altra” (art. 395 n.1 c.p.c.). Anche qui, sono ipotesi accademiche poco frequenti nella realtà.
In sintesi, dopo 30 giorni senza reclami, l’esdebitazione si consolida e il debitore può stare ragionevolmente tranquillo, salvo il dover rispettare eventuali obblighi imposti (come nel caso dell’incapiente). La migliore garanzia per non rischiare revoche è agire con onestà fin dall’inizio: presentare tutti i documenti, dichiarare tutto il dichiarabile, non nascondere nulla. Se la procedura si svolge in modo trasparente, difficilmente in seguito qualcuno avrà appigli per contestare il beneficio. Del resto, la legge stessa ricorda che l’esdebitazione è un beneficio e non un diritto assoluto: chi “bara” rischia di perderlo.
Quali sono i costi e la durata della procedura di esdebitazione?
Domanda: Quanto tempo ci vuole per essere esdebitati e quali costi bisogna affrontare? Ci sono novità in aiuto dei debitori in tal senso?
Risposta: La durata dipende dal tipo di procedura:
- Nel fallimento/liquidazione giudiziale, l’esdebitazione può avvenire alla chiusura (che mediamente avviene in 2-5 anni dalla dichiarazione di liquidazione, a seconda della complessità) oppure dopo 3 anni se la procedura si protrae oltre. Quindi un debitore fallito può ottenere la liberazione in un termine compreso tra 3 e 5 anni circa dall’inizio della procedura, salvo casi eccezionali. Va considerato che prima di poter chiedere l’esdebitazione deve appunto essere stato aperto il fallimento e svolta la liquidazione: non è uno strumento utilizzabile a freddo, occorre passare per la procedura concorsuale.
- Nella liquidazione controllata da sovraindebitamento, il termine è simile: entro 3 anni dall’apertura della liquidazione il giudice deve comunque pronunciarsi, ma spesso la liquidazione stessa potrebbe chiudersi prima di tale scadenza se l’attivo è esiguo. Quindi possiamo dire che un consumatore sovraindebitato può ottenere esdebitazione in un arco tipico di 1-3 anni dall’avvio della procedura.
- Nell’esdebitazione del debitore incapiente, paradossalmente, la liberazione può essere molto rapida, perché non essendoci beni da liquidare la procedura è essenzialmente giudiziaria: tempi di alcuni mesi per preparare la domanda con l’OCC e ottenere il decreto (possono variare da Tribunale a Tribunale, indicativamente 6-12 mesi). Anche qui poi vi è il periodo di 30 giorni per eventuali opposizioni, ma se non vi sono intoppi il debitore incapiente può essere esdebitato entro un anno circa dalla presentazione dell’istanza. È la via più veloce, ma ovviamente riservata a chi non ha proprio nulla da offrire.
Riguardo ai costi, bisogna distinguere:
- Nel fallimento, i costi della procedura (compensi del curatore, spese legali, ecc.) sono coperti dall’attivo della liquidazione. Se l’attivo è insufficiente, parte di questi costi rimane non pagata (lo Stato anticipa qualcosa per le spese vive). Al debitore, formalmente, non è richiesto di pagare nulla per chiedere l’esdebitazione: non ci sono contributi unificati specifici da versare per l’istanza di esdebitazione. Deve però considerare il costo del proprio legale di fiducia se ne ha nominato uno. In molte situazioni di fallimento personale, il debitore fallito non nomina un avvocato per l’esdebitazione (affidandosi magari al curatore per segnalare la sua condotta), ma è consigliabile farsi assistere almeno in fase di istanza post 3 anni. Se il debitore ha i requisiti di reddito per il gratuito patrocinio, può usufruirne per farsi assistere a spese dello Stato.
- Nella liquidazione controllata, anche qui i costi della procedura (compenso dell’OCC, spese di giustizia) vengono prelevati dall’eventuale attivo ricavato. Se l’attivo manca o è esiguo, in passato era un problema perché l’OCC andava comunque pagato e talvolta chiedeva un fondo spese al debitore. Oggi il legislatore ha introdotto strumenti per ovviare a ciò (vedi infra Fondo incapienti). In ogni caso, avviare una procedura di sovraindebitamento comporta il pagamento di un contributo unificato ridotto (di solito 98 €) e marche per diritti forfettari (attorno a 27 €), salvo esenzione se si è ammessi al patrocinio a spese dello Stato. Il compenso dell’OCC viene poi liquidato dal giudice e può essere di qualche migliaio di euro, coperto preferibilmente dall’attivo.
- Nell’esdebitazione incapiente, il debitore non avendo risorse potrebbe trovarsi in difficoltà a pagare l’OCC e le spese. Fortunatamente, dal 2023-2024 sono state introdotte importanti novità: è stato creato un Fondo nazionale per l’esdebitazione degli incapienti (istituito presso il Ministero della Giustizia) con dotazione iniziale di 500.000 € per il 2025. Questo fondo ha lo scopo di coprire le spese procedurali e i compensi dell’OCC nei procedimenti di sovraindebitamento di debitori incapienti. In sostanza, il debitore nullatenente può accedere al Fondo per far fronte ai costi che altrimenti sarebbero un ostacolo (molti rinunciavano a chiedere l’esdebitazione perché non potevano permettersi neanche l’anticipo spese all’OCC). Con il Fondo, d’ora in poi le spese vive, i costi processuali e il compenso ridotto dell’OCC (ricordiamo che per legge l’OCC in questi casi prende la metà del compenso ordinario) saranno sostenuti dallo Stato. Ciò rende l’accesso all’esdebitazione a “zero” davvero gratuito o quasi per il debitore. Si tratta di una novità introdotta con la Legge di Bilancio 2023-2024, che ha modificato il CCII in tal senso. Al giugno 2025, il Fondo è in fase di implementazione operativa: i decreti attuativi dovranno stabilire le modalità di richiesta, ma l’obiettivo dichiarato è rimuovere le barriere economiche all’istituto.
In generale, possiamo affermare che l’esdebitazione non comporta costi aggiuntivi rilevanti per il debitore oltre a quelli già propri della procedura concorsuale che lo riguarda. Non c’è una “tassa” per essere esdebitati. Il vero “costo” per il debitore è aver dovuto sottoporsi a una procedura liquidatoria, con la perdita di (quasi) tutto il patrimonio disponibile a favore dei creditori. L’esdebitazione è il coronamento di questo percorso di espiazione economica, non un ulteriore peso. Anzi, come visto, il sistema si sta evolvendo per fornire supporto finanziario ai debitori incapienti, riconoscendo che l’assenza di mezzi non deve impedire di cercare sollievo dai debiti.
Durata e costi in sintesi:
- Tempistiche: 1-3 anni (sovraindebitamento), circa 3-5 anni (fallimento) per il provvedimento; immediata (entro 1 anno) per incapienti.
- Costi diretti: contributo unificato ridotto per sovraindebitamento; nessuno specifico per fallimento (coperto dall’attivo); compensi OCC o curatore liquidati in procedura (non a carico del singolo debitore post-esdebitazione).
- Novità: Fondo statale copri-costi per incapienti, riduzione del 50% dei compensi OCC nei casi incapienti, gratuito patrocinio esteso ai sovraindebitati meritevoli se in condizioni di reddito basso.
Casi pratici e giurisprudenza rilevante
Domanda: Ci sono sentenze importanti o esempi concreti che aiutano a capire come viene applicata l’esdebitazione dai tribunali?
Risposta: Sì, la giurisprudenza italiana – specie di legittimità (Cassazione) – ha affrontato vari aspetti dell’esdebitazione, fornendo chiarimenti fondamentali. Ecco alcuni casi e pronunce significative (aggiornati al 2025) che illustrano i principi applicati:
- Cassazione Civile, Sez. VI-1, ord. n. 23129/2014: ha stabilito che anche i debiti tributari (IVA, IRPEF, ecc.) rientrano nell’esdebitazione, non essendo esclusi ex lege, purché non vi sia frode fiscale. In quel caso la Suprema Corte rigettò il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che pretendeva il pagamento dell’IVA post-esdebitazione: il fallito, esdebitato ex art. 142 l.fall., non era più tenuto a pagare quei tributi. Questa decisione, poi confermata da altre, è stata avvalorata anche dalla Corte di Giustizia UE (sentenza 16 marzo 2017, causa C-493/15), che ha ritenuto compatibile col diritto UE la normativa italiana che consente di esdebitare l’IVA, in presenza di controllo giudiziario e diritto di opposizione del Fisco.
- Cassazione Civile, Sez. I, sent. n. 124/2017: in realtà questa fu un’ordinanza interlocutoria con cui la Cassazione rimise alla Corte di Giustizia UE la questione della legittimità dell’esdebitazione dell’IVA. Come detto, la CGUE ha poi risposto positivamente, e successivamente l’Agenzia delle Entrate con Circolare 16/E del 23.07.2018 ha preso atto che anche i debiti IVA possono essere oggetto di esdebitazione. Questa vicenda giurisprudenziale ha sgombrato il campo dal dubbio sull’IVA, spesso uno dei debiti maggiori per gli ex imprenditori.
- Cassazione Civile, Sez. I, sent. n. 15359/2023 (depositata il 31/05/2023): ha sancito che i presupposti di meritevolezza sono tassativi e il giudice non può richiederne di ulteriori (con riferimento all’art. 142 l.f. previgente, ma con principi applicabili al CCII). In particolare, la Corte ha chiarito che non serve alcuna soglia minima di soddisfacimento dei creditori per concedere l’esdebitazione, superando definitivamente il vecchio dubbio se servisse aver pagato almeno qualcosa. Questo allineamento è anche frutto dell’influenza della Direttiva UE sulla seconda chance, recepita col D.Lgs. 83/2022. La stessa Cassazione ha affermato che la mancata soddisfazione parziale dei creditori non è motivo ostativo se il debitore è meritevole. Questo orientamento è stato poi ribadito da Cass. Sez. I, sent. n. 27562/2024, la quale (pur riferendosi a una procedura ante CCII) ha evidenziato come la meritevolezza sia presupposto imprescindibile e unico, indipendentemente dalla percentuale di riparto ai creditori.
- Cassazione Civile, Sez. I, sent. n. 22890/2023 (27/07/2023): riferita a un caso di sovraindebitamento del consumatore, ha fornito indicazioni su come valutare la meritevolezza del consumatore alla luce del nuovo criterio dell’art. 69 CCII (che disciplina l’accesso al piano del consumatore). In sostanza, la Corte ha detto che anche per i consumatori sovraindebitati va esclusa un’interpretazione troppo rigorosa della malafede: un indebitamento derivante da condotta imprudente ma non dolosa non preclude l’accesso. Questa pronuncia va letta in combinato con l’evoluzione normativa: la L.176/2020 aveva già attenuato il concetto di meritevolezza nel sovraindebitamento, e il CCII ha recepito un approccio più benevolo verso il debitore onesto benché magari “imprudentemente ottimista” sulle proprie capacità restitutive.
- Tribunale di Milano, decreto 15/04/2021: uno dei primi provvedimenti applicativi dell’esdebitazione dell’incapiente (ex art. 14-quaterdecies L.3/2012, ora art. 283 CCII). In tale occasione, il Tribunale ha concesso l’esdebitazione a una persona fisica senza beni né redditi, evidenziando come la nuova norma introduca una eccezionale deroga al principio della soddisfazione dei creditori, giustificata dalla volontà di dare una chance ai debitori civili meritevoli. Il decreto ha imposto al debitore di attenersi rigorosamente all’obbligo di dichiarare eventuali sopravvenienze, richiamando la finalità rieducativa dell’istituto: il debitore ricomincia da zero, ma con l’impegno morale e giuridico di condividere con i vecchi creditori parte di eventuali futuri colpi di fortuna (eredità, lotterie, ecc.).
- Tribunale di Torino, decreto 07/03/2025 (Corte d’Appello di Torino in funzione di reclamo): questo provvedimento di merito recente (cfr. riferimenti in Dottrina) ha confermato un’esdebitazione concessa a un debitore incapiente, respingendo l’opposizione di alcuni creditori che lamentavano la presenza di ingenti debiti tributari. La Corte d’Appello ha sottolineato che anche un debito verso l’Erario, per quanto cospicuo, può essere incluso se il debitore è esente da frode e ha agito in buona fede. Ciò “valorizza il principio ispiratore della procedura di sovraindebitamento”, ovvero il recupero sociale ed economico del debitore meritevole. In altri termini, neppure un elevato importo dovuto al Fisco impedisce l’esdebitazione, se il contribuente non ha colpe gravi: si tratta di un cambio di prospettiva notevole rispetto al passato, segno di un orientamento culturale più incline al second chance.
- Cassazione Penale, Sez. V, sent. n. 338/2022: merita un cenno una decisione in ambito penale in cui la Cassazione ha affermato che il comportamento del fallito durante la procedura, ai fini dell’esdebitazione, non ha incidenza sul piano penale. Il fallito non meritevole può vedersi negare l’esdebitazione, ma ciò non costituisce sanzione penale né tantomeno lo esime dalle eventuali responsabilità penali per reati commessi. Al contrario, se ottiene l’esdebitazione, questo non cancella i reati eventualmente commessi (ad esempio, un esdebitato che avesse commesso bancarotta semplice sarà comunque perseguibile e punibile). Pare ovvio, ma è bene ricordare che l’esdebitazione agisce sul piano civile dei rapporti obbligatori, non estingue reati né pene.
Oltre a queste pronunce, la dottrina specialistica e le prassi dei Tribunali hanno prodotto linee guida e orientamenti, tra cui:
- Linee guida OCC e Tribunali che spesso sottolineano l’importanza della completezza documentale: molti ricorsi di esdebitazione incapiente vengono rigettati per carenze documentali o perché il debitore non dimostra adeguatamente la propria incapienza o le cause del dissesto.
- Giurisprudenza di merito sulla procedura incapienti ha chiarito che la valutazione della “nessuna utilità nemmeno futura” deve essere rigorosa ma realistica: non basta avere un piccolo stipendio per dire che c’è utilità (se serve a malapena al mantenimento dignitoso, quella non è utilità da offrire ai creditori). In pratica, la presenza di un reddito modesto destinato al sostentamento non preclude l’esdebitazione incapiente.
- Cassazione 19 luglio 2024 n. 19964 (inserita in banca dati giuridiche) – ha affrontato un caso ancora sotto la vecchia legge fallimentare, chiedendosi se il socio illimitatamente responsabile di una SNC fallita potesse essere esdebitato pur avendo pagato in sede di riparto meno del 10% ai chirografari. La Cassazione ha dato risposta positiva, coerentemente con l’eliminazione del requisito quantitativo, e ha precisato che l’esdebitazione spetta anche al socio fallito in estensione, purché personalmente meritevole, senza soglie minime di pagamento.
- Corte di Giustizia UE, causa C-20/23 (8 maggio 2024) – ha ribadito che gli Stati possono escludere alcune categorie di debiti dall’esdebitazione (come alimenti, risarcimenti da dolo, ecc., previste dalla direttiva), ma non altre eccedenti quelle indicate senza violare la direttiva. Ciò è un monito: eventuali future leggi nazionali che volessero escludere ulteriori tipi di debiti (diversi da quelli già menzionati) potrebbero essere bocciate a livello europeo.
In conclusione, la giurisprudenza sia nazionale che europea sta consolidando un impianto in cui l’esdebitazione viene vista favorevolmente come strumento di politica economica (favorire il rientro dei debitori onesti nel circuito produttivo). Le sentenze chiave mostrano tendenzialmente un’apertura: la Cassazione ha rimosso vecchie incertezze (IVA, percentuali minime, tassatività requisiti), mentre le Corti di merito applicano l’istituto anche a situazioni un tempo considerate “impensabili” (debiti erariali milionari cancellati, ecc.), sempre però mantenendo fermo il filtro della meritevolezza. Chi ha tentato di abusare dell’istituto è stato sanzionato col diniego: ad esempio, Tribunale di Nola, 25/03/2025 (decreto in rassegna) ha negato l’esdebitazione a un soggetto ritenuto in colpa grave perché aveva continuato a indebitarsi pur sapendo di essere insolvente, configurando una malafede. Dunque l’equilibrio è rispettato: seconda opportunità sì, ma non per chi agisce slealmente.
Fonti normative e giurisprudenziali (agg. 06/2025)
Normativa:
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), in vigore dal 15/07/2022 (come modificato dai decreti correttivi D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 83/2023 e D.Lgs. 136/2024). Rilevanti: artt. 278-284 CCII (Disciplina dell’esdebitazione). In particolare: art. 278 (definizione e ambito); art. 279 (tempistiche: diritto dopo 3 anni); art. 280 (condizioni soggettive di meritevolezza); art. 281 (procedimento in liquidazione giudiziale: esdebitazione contestuale alla chiusura o su istanza dopo 3 anni); art. 282 (esdebitazione di diritto nella liquidazione controllata: automatismo a 3 anni/chiusura, salvo eccezioni); art. 283 (esdebitazione del sovraindebitato incapiente: requisiti, procedura tramite OCC, obblighi quadriennali).
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3 e L. 18 dicembre 2020 n. 176 – normativa previgente sul sovraindebitamento. Introdusse l’art. 14-quaterdecies L.3/2012 (esdebitazione del debitore incapiente), confluito poi nel CCII art. 283.
- R.D. 16 marzo 1942 n. 267 – Vecchia Legge Fallimentare (abrogata dal 2022, ma rilevante per la giurisprudenza pregressa). Art. 142 l.fall. prevedeva l’esdebitazione del fallito (introdotta dal 2006), con condizioni analoghe (assenza reati fraudolenti, collaborazione, etc.) e con originariamente un requisito di pagamento del 25% ai chirografari poi ridotto al 10% e infine eliminato. Art. 143 l.fall. disciplinava effetti (analogo all’art. 278 CCII).
- Direttiva (UE) 2019/1023 del 20/06/2019 – cosiddetta Direttiva sulla ristrutturazione e insolvenza. Ha imposto agli Stati membri di prevedere per gli imprenditori onesti l’esdebitazione entro 3 anni al massimo, e ha elencato tassativamente i debiti escludibili (alimenti, risarcimenti da torti gravi, sanzioni pecuniarie) in conformità all’ordine pubblico. Attuata in Italia con D.Lgs. 83/2022 e decreti successivi.
- Legge 30 dicembre 2022 n. 197 (Legge di Bilancio 2023) – ha istituito il Fondo nazionale per l’esdebitazione dei debitori incapienti, con dotazione 500.000 € dal 2025, per coprire spese procedurali e compensi OCC nei procedimenti ex art. 283 CCII.
- D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 173 – (cenno) norma fiscale che obbliga l’Agente della Riscossione a cessare l’esecuzione in presenza di provvedimento di esdebitazione (in combinato con circolari Entrate 2018).
- D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (TUIR), art. 88 co. 4-ter – prevede che le sopravvenienze attive derivanti da riduzione di debiti accordata nell’ambito di procedure concorsuali non sono imponibili. Norma rilevante per confermare che il debitore esdebitato non ha imposizione fiscale sulle somme condonate.
Giurisprudenza:
- Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 31/05/2023 n. 15359: Pres. Cristiano, Rel. Vella. Massima: tassatività delle ipotesi ostative (art. 142 l.f.) per la meritevolezza; non richiesta soglia minima di soddisfacimento creditori. Uniforma la pratica ai principi UE.
- Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 27/07/2023 n. 22890: Pres. Di Marzio, Rel. Dolmetta. Chiarisce criteri di meritevolezza del consumatore ex art. 69 CCII, escludendo interpretazioni restrittive della “colpa grave” in presenza di sovraindebitamento derivante da fattori contingenti.
- Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 19/07/2024 n. 19964: affronta esdebitazione di socio fallito in estensione sotto vecchia legge fall., affermando concedibilità beneficio anche in caso di soddisfacimento parziale irrisorio, se meritevole. Rilevante per confermare continuità principi nel passaggio L.Fall. – CCII.
- Corte di Cassazione, Sez. VI-T, 30/10/2014 n. 23129: ord. interlocutoria, poi confluita in Cass. Sez. V 08/05/2018 n. 11564. Stabilisce che obbligazioni tributarie (anche IVA) non escluse dall’esdebitazione ex art. 142 l.fall..
- Corte di Giustizia UE, 16/03/2017 (C-493/15): caso “Madiran / Agenzia Entrate” – conferma compatibilità art.142 l.f. con obbligo riscossione IVA, dato che l’esdebitazione italiana prevede controllo giudiziario e opposizione Fisco.
- Corte di Giustizia UE, 08/05/2024 (C-20/23): su art. 23(4) Direttiva 2019/1023 – ribadisce limite alle esclusioni nazionali ulteriori rispetto a quelle consentite (caso riferito a debiti tributari e previdenziali).
- Corte di Cassazione, Sez. I Civ., 14/02/2023 n. 4613: (ordinanza) – interviene su decorrenza normativa CCII vs. L.Fall. per istanze di esdebitazione pendenti, affermando applicabilità immediata dei termini più favorevoli (3 anni) anche a procedure aperte prima, in virtù di norma transitoria (art. 281 CCII).
- Corte di Cassazione, Sez. Unite Civ., 08/05/2020 n. 8500: (tematica collegata) – ha sancito che l’esdebitazione può essere concessa anche al fallito che non ha soddisfatto alcuni creditori privilegiati rimasti fuori dal concorso per causa a lui non imputabile (ad es. creditore tardivo): purché la percentuale non soddisfatta non ecceda quella dei chirografari, integrando l’art. 142 co.2 l.f. (principio ora recepito in art. 278 co.2 CCII).
- Tribunale di Latina, 23/09/2021: primo esempio di applicazione art. 14-quaterdecies L.3/2012 (incapiente). Ha concesso esdebitazione a debitrice nullatenente con €150.000 di debiti, fissando monitoraggio annuale OCC sulle sopravvenienze. Sottolineata la natura “una tantum” del beneficio e la necessità di rigorosa verifica della meritevolezza e dell’effettiva incapienza duratura.
- Corte d’Appello di Torino, decreto 07/03/2025 (NRG 390/2024): conferma decreto Tribunale Cuneo di esdebitazione incapiente. Ribadita meritevolezza del debitore nonostante la presenza di debiti fiscali elevati; valorizzato il fatto che il debitore aveva perso il lavoro e contratto debiti per far fronte a spese mediche, senza frode. I giudici di merito sottolineano l’intento della legge di dare sollievo a famiglie in povertà, evitando che restino schiacciate dai debiti a vita.
- Tribunale di Nola, decreto 25/03/2025: esempio di diniego: debitore ex art. 283 CCII ritenuto non meritevole perché aveva aggravato volontariamente l’indebitamento (nuovi finanziamenti “a vuoto” poco prima di attivare la procedura). Il tribunale ha negato l’accesso al beneficio, evidenziando come la malafede sia incompatibile col fine dell’istituto.
- Tribunale di Mantova, decreto 09/02/2023; Tribunale di Verona, 02/12/2022; Tribunale di Torino, 17/03/2023: (citate in dottrina) – pronunce di merito che hanno anticipato la Cassazione 15359/2023 applicando subito le norme CCII a fallimenti pendenti e eliminando il requisito del pagamento parziale minimo previsto dalla vecchia legge. Segnalano l’orientamento uniforme dei tribunali nel ritenere la legge sopravvenuta più favorevole immediatamente operante sulle istanze in corso (favor debitoris).
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