La tua azienda è in difficoltà? Hai debiti con fornitori, banche, INPS o Agenzia delle Entrate e temi che la situazione possa sfociare nel fallimento?
Oggi il Codice della Crisi d’Impresa offre uno strumento innovativo e concreto per evitare la chiusura dell’attività: si chiama composizione negoziata della crisi, ed è pensata proprio per le imprese che vogliono anticipare la crisi, bloccare i creditori e ristrutturare il debito senza entrare in tribunale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, risanamento aziendale e composizione negoziata – ti spiega come funziona la composizione negoziata, quando si può attivare e perché è oggi la soluzione più efficace per salvare un’impresa dal fallimento.
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Introduzione
Nel contesto economico attuale, caratterizzato da rapide oscillazioni di mercato e postumi della pandemia, molte imprese italiane si trovano ad affrontare situazioni di crisi o pre-crisi finanziaria. Per evitare che tali difficoltà sfocino nel fallimento (oggi tecnicamente denominato “liquidazione giudiziale“), il legislatore ha introdotto nuovi strumenti di gestione anticipata della crisi d’impresa. Tra questi riveste un ruolo centrale la composizione negoziata della crisi, una procedura volontaria e stragiudiziale varata a fine 2021 per aiutare l’imprenditore a risanare l’azienda evitando il tracollo. Questa guida avanzata, aggiornata a maggio 2025, si rivolge ad avvocati d’affari e imprenditori, illustrando come sfruttare al meglio la composizione negoziata per prevenire il fallimento dell’impresa.
La composizione negoziata è stata concepita nell’ambito del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche) come risposta all’esigenza di favorire l’emersione precoce delle difficoltà aziendali e la ricerca di soluzioni concordate con i creditori. A differenza delle tradizionali procedure concorsuali, la composizione negoziata consente all’imprenditore di conservare la gestione della propria azienda durante le trattative, senza subire spossessamento. Essa può essere attivata già in fase di “pre-crisi” o di insolvenza reversibile, ossia quando l’impresa manifesta segnali di squilibrio patrimoniale o finanziario ma ha ancora prospettive concrete di risanamento.
Dal debutto della composizione negoziata (novembre 2021) ad oggi, centinaia di imprese italiane hanno intrapreso questo percorso. Secondo i dati dell’Osservatorio Unioncamere, al 31 dicembre 2024 sono state presentate in totale 2.221 istanze a livello nazionale, con un incremento dell’83% nel 2024 rispetto all’anno precedente. La procedura, pur essendo relativamente nuova, ha già permesso di salvare un numero significativo di aziende: ad esempio, nella sola Lombardia nel 2024 si sono conclusi con successo 38 percorsi di composizione, salvaguardando oltre 2.100 posti di lavoro. A livello nazionale il tasso di successo si attesta intorno al 19% (circa un caso su cinque) – un dato destinato a crescere man mano che imprese e professionisti acquisiscono familiarità con questo strumento e che la normativa viene affinata.
In questa guida verranno inizialmente esposte le basi normative e il funzionamento generale della composizione negoziata. Successivamente, saranno analizzate in dettaglio le strategie per prevenire il fallimento tramite composizione negoziata nei diversi settori economici: industria, commercio, servizi, edilizia, agricoltura, logistica, sanità privata, tecnologia e innovazione, turismo e artigianato. Per ciascun settore verranno evidenziate le specificità delle crisi di impresa, casi giurisprudenziali rilevanti (aggiornati al biennio 2023–2025), simulazioni pratiche di risanamento e tabelle riepilogative con le migliori prassi operative.
Quadro Normativo Attuale
La disciplina della composizione negoziata si inserisce nel più ampio Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), introdotto con il D.Lgs. 14/2019. Questo codice, entrato definitivamente in vigore nel 2022 dopo vari rinvii, ha riformato organicamente la materia delle procedure concorsuali, sostituendo la storica Legge Fallimentare del 1942. Uno degli obiettivi cardine del nuovo impianto normativo è favorire l’emersione tempestiva della crisi e il salvataggio delle imprese ancora risanabili, in linea con la normativa europea (Direttiva UE 2019/1023). A tal fine il Codice della crisi ha previsto strumenti innovativi di allerta precoce e di composizione stragiudiziale, che però hanno subìto modifiche nel corso del tempo.
In particolare, il meccanismo originario di allerta (basato su segnalazioni dei creditori pubblici qualificati e su organismi di composizione della crisi presso le Camere di Commercio) è stato prima posticipato e poi di fatto sostituito dalla composizione negoziata della crisi, ritenuta uno strumento più flessibile e adeguato al contesto post-pandemico. La composizione negoziata è stata introdotta inizialmente con il Decreto-Legge 24 agosto 2021 n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 147/2021, in via anticipatoria rispetto all’entrata in vigore del Codice. Successivamente, con il Decreto correttivo del 2022 (D.Lgs. 83/2022) e con il più recente terzo correttivo del 2024 (D.Lgs. 136/2024), la disciplina della composizione negoziata è confluita nel Codice della crisi (Titolo II, Capo I CCII) ed è stata ulteriormente perfezionata.
Oggi, la normativa di riferimento sulla composizione negoziata si trova principalmente negli articoli 12-25 del Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) e nei relativi decreti attuativi. Tali disposizioni regolano:
- Presupposti di accesso (chi può accedere e quando);
- Piattaforma telematica nazionale e documentazione da produrre;
- Nomina dell’esperto indipendente e requisiti di professionalità e indipendenza;
- Svolgimento delle trattative in modo riservato e privo di effetti pregiudizievoli per i creditori;
- Misure protettive e cautelari ottenibili dall’autorità giudiziaria a tutela del patrimonio durante le trattative;
- Soluzioni negoziali possibili (accordi con i creditori, piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione ecc.);
- Esito della procedura e collegamenti con eventuali successive procedure concorsuali (concordato preventivo, liquidazione giudiziale o concordato semplificato).
Accanto al dettato normativo, rivestono notevole importanza le linee guida e prassi operative emanate da enti e istituzioni competenti. Il Ministero della Giustizia, ad esempio, ha adottato decreti dirigenziali che hanno istituito strumenti come il test pratico e la check-list particolareggiata per la redazione del piano di risanamento (decreti del 28 settembre 2021 e 21 marzo 2023). Unioncamere, dal canto suo, ha predisposto un Manuale operativo e un Protocollo di conduzione per gli esperti incaricati, in modo da uniformare le procedure presso le varie Camere di Commercio. Anche il CNDCEC (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti) e il Consiglio Nazionale Forense hanno diffuso note e documenti interpretativi per supportare i professionisti che assistono le imprese in crisi.
Dal punto di vista lessicale, va segnalato che il Codice della crisi ha introdotto nuove terminologie: il termine fallimento è stato formalmente sostituito da liquidazione giudiziale, mentre si parla di concordato preventivo (in luogo del vecchio concordato fallimentare) e di procedura di insolvenza invece di procedura fallimentare. Tuttavia, in questa guida useremo talora il termine “fallimento” in senso corrente per indicare lo scenario di cessazione dell’attività e liquidazione dei beni sotto il controllo del tribunale. L’obiettivo, ovviamente, è quello di scongiurare tale esito grazie agli strumenti offerti dalla composizione negoziata e dalle altre procedure di regolazione della crisi oggi disponibili.
La composizione negoziata della crisi: cos’è e come funziona
Finalità e presupposti
La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è un istituto innovativo che mira a favorire il risanamento delle aziende in difficoltà prima che venga avviata una procedura concorsuale formale. Si tratta di un percorso facoltativo, attivato su iniziativa dell’imprenditore (mai dei creditori), caratterizzato da riservatezza e assenza di effetti immediatamente destabilizzanti sui rapporti in essere. Come sottolineato da Unioncamere, è rivolto agli imprenditori commerciali e agricoli che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, ma concrete prospettive di recupero. In altre parole, possono accedere alla composizione negoziata sia imprese in fase di pre-crisi (dove le difficoltà sono ancora potenziali), sia imprese già in crisi conclamata o persino in uno stato di insolvenza reversibile (cioè tecnicamente insolventi, ma per cui esiste ancora una possibilità di salvataggio). Non vi sono preclusioni legate alla dimensione aziendale: lo strumento è utilizzabile tanto dalla piccola impresa artigiana quanto dalla società di capitali di grandi dimensioni. Anche gli imprenditori agricoli, tradizionalmente esclusi dal fallimento, rientrano tra i destinatari ammessi.
Il presupposto soggettivo di accesso è dunque la qualifica di imprenditore (anche in forma societaria) che svolge attività commerciale o agricola. Sono invece esclusi gli enti non commerciali e i consumatori, i quali possono eventualmente ricorrere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (disciplinate altrove nel CCII). Il presupposto oggettivo è la presenza di uno squilibrio patrimoniale o finanziario che rende probabile la situazione di crisi, pur in assenza di una irreversibile incapacità di pagare i debiti. La norma incentiva l’imprenditore ad attivarsi tempestivamente, prima che la crisi divenga troppo grave: un accesso tardivo riduce le chance di successo e può esporre gli amministratori a responsabilità. Va evidenziato che, una volta avviata la composizione negoziata, ogni iniziativa del Pubblico Ministero volta a provocare l’insolvenza (ad es. istanza di liquidazione giudiziale) resta sospesa ex lege finché sono in corso le trattative, proprio per dare spazio al tentativo di risanamento.
Accesso alla procedura e ruoli coinvolti
L’iter per accedere alla composizione negoziata è scandito da passaggi formalizzati ma snelli. L’imprenditore deve presentare un’istanza telematica tramite la piattaforma nazionale predisposta dalle Camere di Commercio (raggiungibile all’indirizzo composizionenegoziata.camcom.it). Nella domanda vanno caricati una serie di documenti obbligatori, tra cui:
- gli ultimi bilanci depositati e le situazioni contabili aggiornate;
- una relazione sulla situazione aziendale e sulle cause della crisi;
- un elenco dettagliato di creditori e debitori, con importi e scadenze;
- una descrizione delle eventuali misure di risanamento già tentate;
- l’indicazione di eventuali operazioni straordinarie in corso (es. vendita di rami d’azienda);
- il test pratico di verifica e la check-list particolareggiata compilati, come previsto dall’art. 13 CCII.
Il test pratico consiste in un questionario quantitativo che attribuisce un punteggio al grado di difficoltà dell’impresa, indicando se sussiste ragionevole prospettiva di risanamento. La check-list particolareggiata, invece, è un elenco di controlli e azioni che l’imprenditore dovrebbe intraprendere (es. analisi dei flussi di cassa prospettici, cessione di asset non strategici, ricerca di nuovi apporti di capitale, ecc.), utile per predisporre un primo abbozzo di piano di risanamento. Questi strumenti, introdotti dal Ministero previa consultazione degli esperti, servono ad aumentare la consapevolezza dell’imprenditore sullo stato di salute dell’azienda e a orientare le successive mosse.
Una volta inviata l’istanza, una apposita Commissione presso la Camera di Commercio territorialmente competente provvede, entro pochi giorni, a nominare un esperto indipendente tra quelli iscritti nell’elenco nazionale degli esperti in composizione negoziata. L’esperto viene scelto tenendo conto della natura e dimensione dell’impresa: ad esempio, per un’azienda manifatturiera verrà preferito un professionista con competenze nel settore industriale; per un’azienda agricola si opterà per un esperto con esperienza nel settore agrifood. Ciò assicura che l’esperto possa comprendere le peculiarità dell’attività e dialogare efficacemente con i creditori specifici di quel campo. L’esperto designato, dopo aver verificato l’assenza di conflitti di interesse, deve accettare l’incarico entro 2 giorni lavorativi, sempre tramite la piattaforma telematica.
L’esperto indipendente è la figura chiave della composizione negoziata: un facilitatore e mediatore che aiuta l’imprenditore a individuare le cause della crisi, a elaborare un piano di risanamento credibile e a condurre le trattative con i creditori. Pur affiancando l’impresa, l’esperto deve mantenere terzietà e agire nell’interesse generale dei creditori: non ha poteri diretti di gestione, ma può influenzare il processo con le sue valutazioni. In particolare l’esperto:
- Analizza la situazione economico-finanziaria dell’impresa e le prospettive del mercato in cui opera;
- Suggerisce interventi correttivi e misure per il riequilibrio (ad es. taglio dei costi, dismissione di beni, ricapitalizzazione, ricerca di nuovi partner);
- Convoca l’imprenditore e i principali creditori a tavoli negoziali riservati, nei quali favorisce il dialogo e la ricerca di un accordo soddisfacente;
- Vigila sul comportamento dell’imprenditore durante le trattative: se l’organo gestorio compie atti gravemente pregiudizievoli per i creditori o non coopera in buona fede, l’esperto ne può prendere atto e ciò potrebbe portare all’interruzione della procedura;
- Relaziona periodicamente sullo stato delle trattative e, al termine, redige una relazione finale sull’esito della composizione (da depositare sulla piattaforma e comunicare anche al tribunale in caso di esito negativo).
È importante evidenziare che l’imprenditore mantiene la gestione ordinaria e straordinaria della sua azienda per tutta la durata della composizione negoziata. Non c’è spossessamento: l’impresa continua ad operare normalmente sotto la propria direzione. Tuttavia, l’imprenditore deve agire con correttezza e nell’ottica del risanamento: qualora intenda compiere operazioni straordinarie di dubbia coerenza con le finalità di risanamento (vendite di beni, pagamenti preferenziali, nuovo indebitamento non giustificato), l’esperto ha facoltà di manifestare il proprio dissenso tramite un atto scritto sulla piattaforma. Questo meccanismo, previsto dall’art. 15 CCII, serve a cristallizzare eventuali atti inopportuni: se un concordato preventivo o una liquidazione giudiziale dovessero seguire, quegli atti compiuti in pendenza della composizione potranno essere valutati anche alla luce del dissenso espresso dall’esperto (con possibili conseguenze in termini di revocatoria o responsabilità degli amministratori).
Le fasi della composizione negoziata
Il procedimento di composizione negoziata può essere suddiviso in fasi principali:
- Presentazione dell’istanza – L’imprenditore (assistito dai suoi consulenti) predispone la domanda sulla piattaforma telematica, allegando i documenti richiesti e gli esiti del test pratico e della check-list. Può contestualmente richiedere la concessione di misure protettive (si veda oltre) a tutela del patrimonio durante le trattative.
- Nomina ed accettazione dell’esperto – Entro 5 giorni dalla domanda, la Commissione locale nomina l’esperto indipendente. Questi, entro 2 giorni, comunica l’accettazione e viene così formalmente avviata la procedura. L’accettazione dell’incarico e la richiesta di misure protettive (se formulate) vengono iscritte nel registro delle imprese, rendendo pubblica l’esistenza delle trattative in corso.
- Incontri preliminari e piano di risanamento – L’esperto convoca subito l’imprenditore per un primo incontro conoscitivo. Entro 20 giorni circa, l’imprenditore deve presentare almeno un abbozzo di piano di risanamento o quantomeno le linee strategiche per il riequilibrio. L’esperto verifica la fattibilità di tali linee guida e può suggerire integrazioni. In questa fase iniziale, l’esperto valuta anche se sussistono i presupposti minimi per proseguire: se l’azienda appare priva di prospettive di risanamento, può proporre all’imprenditore di rinunciare alla procedura e valutare altre opzioni (come un concordato liquidatorio).
- Trattative con i creditori – L’esperto individua insieme all’imprenditore l’elenco dei creditori chiave (banche finanziatrici, fornitori strategici, Fisco, ecc.) da coinvolgere nelle negoziazioni. Vengono organizzati incontri con tali creditori, sia congiunti sia separati, per esaminare le proposte di ristrutturazione del debito. Tutte le parti sono tenute a comportarsi secondo buona fede e spirito collaborativo. In particolare, banche e intermediari finanziari devono partecipare attivamente alle trattative e non possono revocare o ridurre gli affidamenti esistenti solo a causa dell’avvio della composizione negoziata. Il dialogo può durare diverse settimane e spesso comporta fasi di due diligence (analisi dei numeri dell’azienda da parte dei creditori) e di confronto su possibili sacrifici (es: dilazioni di pagamento, rinunce a interessi, conversione di crediti in capitale).
- Eventuali misure protettive e interventi del tribunale – Se l’imprenditore ha richiesto le misure protettive (o lo fa in un momento successivo delle trattative), il tribunale competente deve confermarle entro 30 giorni dall’istanza, verificando che vi siano i presupposti. Durante la composizione negoziata, l’esperto o lo stesso imprenditore possono anche rivolgersi al giudice per specifiche autorizzazioni o provvedimenti urgenti (ad esempio autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili per la continuità aziendale, sospensione di determinati contratti, ecc.). Tali interventi “mirati” rientrano nelle misure cautelari che il tribunale può adottare, distinte dalle misure protettive generali.
- Conclusione della procedura – La composizione negoziata ha una durata variabile, in funzione dell’esito delle trattative. Inizialmente è previsto un termine di 180 giorni, prorogabile su richiesta motivata dell’imprenditore (sentito l’esperto) fino ad un massimo di 12 mesi complessivi. La procedura può concludersi in tre modi:
- con il raggiungimento di un accordo tra l’imprenditore e uno o più creditori;
- con la constatazione di impossibilità di accordo (esito negativo);
- con l’accesso a una procedura concorsuale formale (se nel frattempo l’imprenditore opta per un concordato preventivo o i creditori chiedono l’insolvenza).
In ogni caso, l’esperto redige una relazione finale che viene inserita in piattaforma e, se negativa, comunicata anche al Pubblico Ministero per le valutazioni del caso. Un esito negativo della composizione non implica automaticamente il fallimento: l’imprenditore potrebbe aver individuato strade alternative di soluzione della crisi (ad esempio presentare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione dei debiti in tribunale), oppure – se la situazione è irreversibile – sarà il tribunale a dichiarare l’insolvenza aprendo la liquidazione giudiziale.
Misure protettive e cautelari
Uno dei punti di forza della composizione negoziata è la possibilità, per l’imprenditore, di ottenere misure protettive del patrimonio durante la fase di trattative. Le misure protettive (disciplinate dall’art. 18-19 CCII) consistono principalmente in un blocco delle azioni esecutive e cautelari individuali dei creditori: in pratica, se concesse, nessun creditore potrà avviare o proseguire pignoramenti, sequestri o altre azioni sul patrimonio dell’impresa per tutta la durata della protezione. Sono inoltre sospesi gli eventuali fallimenti o procedure di insolvenza pendenti su richiesta dei creditori. Questo “ombrello” protettivo ha durata iniziale di fino a 4 mesi (120 giorni) dal decreto di concessione, prorogabili di ulteriori 120 giorni (fino a un massimo di 240 giorni totali) su istanza dell’imprenditore. Il termine complessivo è dunque di circa 8 mesi di protezione massima.
Per attivare le misure protettive, l’imprenditore deve farne richiesta espressa nell’istanza di composizione (o con successiva integrazione). La legge prevede che la semplice presentazione della domanda comporti una sospensione automatica provvisoria: dalla pubblicazione dell’istanza nel registro imprese e fino alla pronuncia del tribunale (che deve avvenire entro 30 giorni), i creditori sono temporaneamente bloccati nei loro atti di esecuzione. Entro il termine di 30 giorni, il tribunale – verificata la documentazione e sentito l’esperto – emette un decreto di conferma (eventualmente limitando o escludendo talune misure). Da quel momento decorrono i 120 giorni iniziali di protezione, estensibili con proroga motivata.
Parallelamente alle misure protettive (che hanno carattere generale), l’imprenditore può richiedere al tribunale delle misure cautelari specifiche (art. 54 CCII e art. 15 D.L. 118/2021). Queste sono provvedimenti ad hoc per tutelare in modo mirato la continuità aziendale: ad esempio, l’ordine ai creditori essenziali di non sospendere la fornitura di servizi pubblici (utenze) o l’autorizzazione a ottenere nuovi finanziamenti prededucibili. Le misure cautelari devono tuttavia non sovrapporsi negli effetti alle misure protettive generali. Ad esempio, non si può usare una misura cautelare per estendere di fatto la durata del blocco delle azioni oltre i 240 giorni massimi previsti dalla legge, né per congelare in via cautelare situazioni che la norma riserva alle misure protettive. In caso di abuso o di richieste cautelari improprie, il tribunale può dichiararle inammissibili, come avvenuto in una recente pronuncia del Tribunale di Milano.
Durante il periodo di efficacia delle misure protettive, l’ordinamento pone alcuni limiti e cautele per bilanciare la tutela dei creditori. Da un lato, i creditori non possono, come detto, agire esecutivamente né acquisire titoli di prelazione sul patrimonio del debitore. Dall’altro lato, l’imprenditore conserva la gestione ma sotto lo sguardo vigile dell’esperto e dei creditori stessi: ogni atto anomalo può dar luogo a un’istanza di revoca delle misure protettive. Infatti qualsiasi creditore, in ogni momento, può chiedere al tribunale la revoca delle misure protettive se ritiene che l’impresa stia pregiudicando i suoi interessi o stia abusando della procedura. Il tribunale, valutate le circostanze (ad esempio la mancanza di progressi nelle trattative o atti di mala gestio), può revocare l’intero ombrello protettivo. Un caso recente ha evidenziato questa possibilità: il Tribunale di Napoli Nord ha revocato le misure protettive concesse a un’azienda in composizione negoziata quando è emerso che il piano di risanamento prospettato era manifestamente inadeguato, ritenendo ingiustificato continuare a paralizzare le azioni dei creditori. Dunque, le protezioni sono un beneficio ma anche una responsabilità: l’impresa deve utilizzarle per negoziare in buona fede, senza congelare la situazione in assenza di vere prospettive.
Un’importante novità normativa introdotta nel 2023-2024 riguarda i rapporti con le banche durante la composizione negoziata. Il “terzo correttivo” al Codice della crisi ha stabilito espressamente che, nel periodo in cui le misure protettive sono attive, le banche e gli intermediari finanziari non possono revocare o ridurre gli affidamenti (fidi, linee di credito) già concessi all’azienda in crisi. Fanno eccezione solo i casi in cui tale revoca sia imposta dalle regole di vigilanza prudenziale (ad esempio per deterioramento del merito creditizio secondo le normative bancarie). Questa previsione impedisce che l’accesso alla composizione negoziata, di per sé, provochi il ritiro del sostegno bancario e quindi un peggioramento immediato della crisi. D’altro canto, se la banca ha già deciso la sospensione o revoca di un fido prima dell’accesso alla procedura (magari per inadempimenti gravi), quella revoca resta valida. In sintesi, il legislatore ha voluto evitare che l’imprenditore venga penalizzato dalle banche solo per aver scelto la strada del risanamento negoziato.
Va ricordato infine che, durante la composizione negoziata, gli obblighi civilistici di conservazione del capitale sono parzialmente attenuati. Ad esempio, se l’azienda subisce perdite che erodono il capitale al di sotto del minimo legale, l’art. 20 CCII permette di sospendere temporaneamente l’obbligo di ricapitalizzazione o liquidazione previsto dal Codice civile, purché ciò sia funzionale al buon esito delle trattative. Inoltre, gli eventuali nuovi finanziamenti erogati all’impresa in questa fase (siano essi dai soci o da terzi) possono ottenere lo status di prededucibili in caso di successivo fallimento, a condizione che siano stati espressamente autorizzati dal tribunale. Ciò incentiva la ricerca di finanza-ponte per sostenere la continuità aziendale durante il negoziato, senza timore che quei creditori “freschi” vengano postergati.
Esiti possibili della composizione negoziata
Se la composizione negoziata ha successo, consente di evitare il fallimento attraverso una soluzione concordata. Gli sbocchi positivi possibili sono principalmente:
- Accordo stragiudiziale con i creditori: è l’esito più immediato. L’imprenditore e uno o più creditori (spesso banche o fornitori principali) formalizzano un accordo privato in cui rideterminano le condizioni di pagamento del debito (dilazioni, riduzioni parziali, ristrutturazione del tasso di interesse, ecc.). Può trattarsi di un unico accordo plurilaterale sottoscritto da tutti i creditori aderenti, oppure di più accordi bilaterali separati. Questo tipo di intesa non richiede omologazione del tribunale ed è efficace secondo le regole civilistiche dei contratti: vincola solo i partecipanti e non i creditori estranei. Spesso è accompagnato da garanzie aggiuntive o impegni dell’imprenditore (ad esempio, la cessione di asset non essenziali per ottenere liquidità da distribuire).
- Piano attestato di risanamento: disciplinato dall’art. 56 CCII (già art. 67, co. 3, lett. d) l.f.), consiste in un piano finanziario e industriale di risanamento che, sulla base delle azioni previste, assicura il riequilibrio dell’impresa entro un certo periodo. Il piano deve essere attestato da un professionista indipendente (attestatore) che ne certifica la veridicità dei dati e la fattibilità. Nel contesto della composizione negoziata, l’attestazione può essere rilasciata dallo stesso esperto o da altro professionista al termine delle trattative, qualora si scelga questa via. Il vantaggio del piano attestato è che, pur non avendo efficacia vincolante per i creditori dissenzienti, consente all’impresa di compiere atti esecutivi del piano (pagamenti, finanziamenti, ecc.) con la protezione dall’azione revocatoria fallimentare, qualora successivamente intervenga un fallimento: i pagamenti e le garanzie concesse in esecuzione di un piano attestato non sono infatti soggetti a revocatoria.
- Accordo di ristrutturazione dei debiti: previsto dagli artt. 57-64 CCII (ex art. 182-bis l.f.), è un accordo omologato dal tribunale che vincola tutti i creditori aderenti, purché rappresentino almeno il 60% dei crediti. Può essere un naturale sbocco della composizione negoziata quando si riesce a ottenere l’adesione della maggioranza qualificata dei creditori e si vuole dare stabilità all’accordo facendolo “benedire” dall’autorità giudiziaria. L’accordo, omologato con decreto, diviene efficace anche verso eventuali creditori non aderenti (pur senza imporre loro stralci, ma solo moratorie di legge). Vi sono varianti come gli accordi ad efficacia estesa (che coinvolgono anche i non aderenti di certe categorie) e gli accordi misti con intermediari finanziari, la cui dettagliata disciplina esula da questa sede, ma che rappresentano una delle possibili soluzioni concordate.
- Convenzione di moratoria: altro strumento (art. 68 CCII) che può scaturire dalla composizione negoziata è la convenzione di moratoria, un accordo sottoscritto con creditori qualificati (es. banche, finanziatori) che sospendono temporaneamente le azioni esecutive e le pretese di pagamento, in attesa che l’impresa attui determinate misure. Anche questa convenzione, se approvata da creditori rappresentanti il 75% dei crediti finanziari, può essere omologata e resa vincolante per tutti gli appartenenti alla categoria, inclusi gli eventuali dissenzienti.
- Ingresso di un nuovo investitore o cessione dell’azienda: non va dimenticato che le trattative di composizione negoziata possono portare anche a soluzioni strutturali, diverse dalla semplice modificazione dei termini del debito. Ad esempio, l’imprenditore può individuare – con l’aiuto dell’esperto – un investitore disponibile a ricapitalizzare l’azienda (ossia ad apportare nuovi fondi in cambio di quote/azioni). Oppure può emergere l’opportunità di vendere l’azienda o rami di essa a un terzo, assicurando la continuità aziendale sotto altra proprietà. Queste operazioni straordinarie possono essere realizzate nell’ambito di un accordo negoziato: il tribunale, se interpellato, può autorizzare l’atto di trasferimento anche in pendenza della procedura (garantendo che avvenga a condizioni eque e a salvaguardia dei creditori).
Quando invece la composizione negoziata non sfocia in un accordo, si apre uno scenario diverso. L’imprenditore dovrà valutare altre vie per gestire la crisi:
- In alcuni casi potrà presentare un concordato preventivo tradizionale, magari preparando il piano di concordato già durante le trattative (c.d. “concordato in bianco” depositato all’esito della composizione). La composizione negoziata può servire da trampolino per il concordato, permettendo di guadagnare tempo e di sondare le disponibilità dei creditori prima di coinvolgerli formalmente in tribunale.
- Se l’impresa è piccola o non fallibile, potrà ricorrere a un concordato minore (procedura prevista per imprenditori sotto-soglia e soggetti non fallibili, ex art. 74 CCII) per regolare la crisi in sede giudiziale.
- Un altro istituto peculiare collegato alla composizione negoziata è il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII): si tratta di una procedura introdotta proprio dal D.L. 118/2021, che consente, se la composizione negoziata non ha avuto successo malgrado gli sforzi profusi, di richiedere al tribunale l’omologazione di un concordato liquidatorio senza voto dei creditori. In pratica, l’imprenditore propone di liquidare i beni sotto il controllo del tribunale, ripartendo il ricavato tra i creditori, evitando però il fallimento. Questa scorciatoia è utilizzabile solo a certe condizioni (ad esempio, devono essere state rispettate le regole della composizione e l’esperto nella relazione finale deve attestare che la proposta liquidatoria è vantaggiosa per i creditori rispetto al fallimento). Il concordato semplificato rappresenta dunque un ultimo salvagente per chi, pur non essendo riuscito a concludere accordi privatistici, voglia evitare gli effetti più deleteri del fallimento.
- In mancanza di qualsiasi iniziativa da parte dell’imprenditore, se la crisi è divenuta insolvenza conclamata, si arriverà purtroppo alla liquidazione giudiziale (ex fallimento) su istanza di uno o più creditori o d’ufficio dal tribunale. Tuttavia, l’avere esperito la composizione negoziata potrebbe comunque mitigare alcune conseguenze: ad esempio, l’aver tempestivamente attivato la procedura potrebbe escludere la bancarotta semplice per ritardata richiesta di fallimento, e i comportamenti tenuti durante la composizione (se corretti e trasparenti) costituiranno una base a favore degli amministratori nell’eventuale giudizio di responsabilità.
Riassumendo, la composizione negoziata offre un ventaglio di soluzioni flessibili per evitare il fallimento: da accordi privati leggeri, passando per piani attestati o accordi omologati, fino a procedure concorsuali “mitigate” come il concordato semplificato. I dati disponibili mostrano che questo strumento, pur con esiti non sempre positivi, ha già inciso concretamente: imprese di vari settori sono state risanate o accompagnate verso una soluzione ordinata della crisi, evitando la dispersione dei valori aziendali che spesso si verifica in un fallimento tradizionale.
Composizione negoziata nell’industria (settore manifatturiero)
Il settore industriale è storicamente uno dei pilastri dell’economia italiana, ma anche uno di quelli maggiormente soggetti a crisi di impresa. Secondo i dati disponibili, circa il 18% delle composizioni negoziate attivate riguarda aziende industriali, a conferma che molte imprese manifatturiere scelgono questa via per prevenire il fallimento. Le cause di crisi nell’industria possono essere diverse: calo della domanda o perdita di commesse importanti (ad es. per crisi di un cliente principale), incremento dei costi di produzione (si pensi al caro-energia o all’aumento del costo delle materie prime), eccessivo indebitamento per investimenti effettuati in precedenza, ritardi tecnologici rispetto ai concorrenti, fino a problematiche gestionali interne. Spesso le imprese industriali hanno una struttura di costi fissi elevata (impianti, macchinari, personale numeroso), che rende la redditività molto sensibile ai volumi di produzione: una flessione del fatturato può rapidamente tradursi in perdite e tensioni finanziarie.
Parti coinvolte: Le crisi industriali coinvolgono una platea ampia di stakeholder. In primis vi sono le banche finanziatrici, che spesso hanno erogato mutui o leasing per macchinari e capannoni: il servizio del debito può diventare insostenibile se il cash flow aziendale cala. Vi sono poi i fornitori di materie prime e componenti, talvolta creditori significativi e potenzialmente interessati a continuare la fornitura (per non perdere un cliente) a patto di trovare un accordo sui pagamenti arretrati. Un ruolo non trascurabile hanno i dipendenti e i sindacati, specie nelle medie e grandi imprese: la prospettiva di perdite occupazionali può spingere a soluzioni creative per mantenere l’attività produttiva. Infine, in alcuni casi, anche le istituzioni locali possono essere interessate (si pensi a imprese che rappresentano poli industriali in aree specifiche).
Strategie di risanamento: Nell’ambito di una composizione negoziata, le aziende industriali possono adottare diverse strategie. Spesso è necessario un ridisegno del modello operativo: ad esempio, riorganizzare la produzione chiudendo linee poco efficienti o vendendo impianti non strategici (magari per fare cassa e ridurre i debiti). L’esperto incoraggerà l’imprenditore a elaborare un piano industriale realistico, che possa convincere i creditori. Sul piano finanziario, tipicamente si punta a:
- Ristrutturare il debito bancario: tramite moratorie (sospensione temporanea delle rate di mutuo), allungamento delle scadenze (per ridurre l’esborso periodico) e talvolta conversione di parte del debito in strumenti partecipativi (ad esempio equity o strumenti finanziari partecipativi se la banca è disponibile a una soluzione di questo tipo).
- Negoziare con i fornitori strategici: accordi di standstill (sospensione temporanea dei pagamenti) e piani di rientro graduali sul debito pregresso, magari garantendo il pagamento regolare delle forniture correnti in modo da poter proseguire l’attività. Alcuni fornitori chiave potrebbero accettare riduzioni (stralci) su crediti pregressi, soprattutto se intravedono possibilità di continuare il rapporto commerciale con l’azienda risanata.
- Intervento di nuovi investitori o soci: non di rado nelle crisi industriali vi è la ricerca di un white knight, ad esempio un investitore industriale interessato a entrare nel capitale rilevando una quota (o anche tutta l’azienda). La composizione negoziata, grazie alla riservatezza iniziale, consente di condurre trattative parallelamente con possibili acquirenti o partner. L’ingresso di nuovi capitali può servire a ripagare parte dei debiti e a rilanciare il business. In alcuni casi l’operazione avviene mediante la cessione di un ramo d’azienda a un soggetto terzo, con l’autorizzazione del tribunale, per ottenere liquidità immediata e concentrare le risorse sul core business rimanente.
Durante le trattative, l’esperto cercherà di creare un fronte comune tra le banche e principali creditori per sostenere un piano di rilancio. Dal lato dei costi, potrebbe essere necessario un ridimensionamento dell’organico o il ricorso ad ammortizzatori sociali (cassa integrazione straordinaria) durante la fase di ristrutturazione: la presenza dei sindacati al tavolo può facilitare l’accettazione di tali misure, se finalizzate a evitare esuberi definitivi.
Esempio pratico: Alfa S.p.A., storica azienda metalmeccanica con 200 dipendenti, entra in crisi dopo aver perso un importante cliente estero e accumulato debiti per investimenti in nuovi macchinari. Attivata la composizione negoziata, viene nominato un esperto con competenze nel turnaround industriale. Alfa S.p.A. elabora un piano che prevede la chiusura di uno dei due stabilimenti produttivi meno efficienti e la concentrazione della produzione nel sito principale. L’esperto organizza riunioni con le banche creditrici (esposte per 5 milioni di euro) convincendole a concedere una moratoria di 12 mesi sui mutui e a estendere la durata dei finanziamenti di ulteriori 5 anni (riducendo così la rata mensile). Nel frattempo, grazie alla rete dell’esperto e al coinvolgimento di Confindustria locale, Alfa S.p.A. individua un investitore disposto a immettere 2 milioni di euro freschi nella società, rilevando il 30% delle quote. I fornitori strategici (acciaierie, componentisti) accettano di convertire il 20% dei loro crediti in strumenti finanziari partecipativi (legati ai futuri utili) e di dilazionare il resto su 24 mesi. Viene anche attivata una cassa integrazione per 50 operai dello stabilimento chiuso, in attesa di eventuale reimpiego. Dopo 8 mesi di negoziato, tutte le intese vengono formalizzate in accordi stragiudiziali: Alfa S.p.A. evita la dichiarazione di fallimento e può proseguire l’attività su basi più sostenibili, sotto la supervisione del nuovo socio.
Tabella riepilogativa – Settore Industria
Problemi tipici della crisi industriale | Soluzioni con la composizione negoziata (best practice) |
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Caduta di fatturato per perdita di commesse chiave | Diversificazione del portafoglio clienti e ricerca di nuovi mercati; supporto pubblico (es. contratti di sviluppo) per riconversione produttiva. |
Indebitamento bancario e oneri finanziari elevati | Moratoria e rinegoziazione dei mutui con allungamento delle scadenze; conversione di debito in equity o strumenti partecipativi con accordo delle banche. |
Eccesso di capacità produttiva/costi fissi | Dismissione di impianti non strategici o in perdita; cessione di rami d’azienda per fare cassa; riduzione dell’organico con piani sociali condivisi. |
Carenza di liquidità per scorte e forniture | Accordi di standstill con fornitori e leasing; eventuale finanziamento ponte prededucibile autorizzato dal tribunale per capitale circolante. |
Necessità di innovazione e investimenti | Ingresso di investitori industriali o finanziari tramite aumento di capitale; utilizzo di contratti di rete o partnership per condividere costi di R&D. |
Composizione negoziata nel commercio (distribuzione e retail)
Il settore commerciale, comprendente il commercio all’ingrosso e al dettaglio, è anch’esso frequentemente interessato da situazioni di crisi d’impresa. Circa il 14% delle procedure di composizione negoziata aperte finora riguarda imprese del commercio. Le aziende commerciali (come negozi, catene retail, distributori all’ingrosso) sono esposte a dinamiche di consumo mutevoli e a forte concorrenza, inclusa quella dell’e-commerce negli ultimi anni. Tra le cause tipiche di crisi nel commercio vi sono: contrazione delle vendite per cambiamento delle preferenze dei consumatori o crisi economiche generali, costi fissi elevati (affitti di locali, utenze, personale) che erodono i margini quando il fatturato cala, espansioni troppo rapide con aperture di nuovi punti vendita non sostenibili, accumulo di scorte invendute che immobilizzano capitale circolante, oltre a possibili fattori esterni (es. restrizioni pandemiche nel 2020-21 che hanno colpito duramente molti esercizi commerciali).
Stakeholder principali: Nelle crisi del commercio al dettaglio, un attore chiave sono i locatori dei negozi: gli affitti commerciali possono rappresentare una voce pesante di costo, e ottenere una riduzione o moratoria sugli affitti arretrati può essere decisivo. I fornitori di merci sono l’altro gruppo cruciale: tipicamente concedono dilazioni di pagamento per le forniture, e se l’impresa commerciale accumula ritardi, questi fornitori diventano creditori significativi. Alcuni potrebbero preferire accettare un accordo (p.e. un pagamento parziale e rateizzato del dovuto) pur di mantenere il cliente attivo. Le banche spesso finanziano il circolante (fidi di cassa, anticipo fatture) e possono essere coinvolte specie per catene di negozi di maggiori dimensioni. Infine, i franchisor (nel caso di punti vendita in franchising) o i soci investitori sono soggetti da tenere in considerazione nelle trattative, poiché possono contribuire a soluzioni di sistema (ad esempio supportando finanziariamente un franchisee in difficoltà per tutelare il marchio).
Azioni di risanamento nel commercio: Una composizione negoziata ben condotta nel commercio mira innanzitutto a ridurre i costi fissi per adeguarli al nuovo livello di ricavi:
- Si può procedere alla chiusura dei punti vendita strutturalmente in perdita o alla riduzione delle metrature e del personale dove possibile. Ciò va fatto rapidamente per evitare emorragia di cassa.
- Con i proprietari dei locali si negoziano riduzioni temporanee del canone di locazione, o la rinuncia ai canoni arretrati in cambio della continuità del contratto (meglio qualche incasso dilazionato che un immobile sfitto). In alcuni casi, se la legge lo consente, si valuta la risoluzione consensuale dei contratti di affitto più onerosi.
- I fornitori possono essere coinvolti in accordi di fornitura a condizioni nuove: ad esempio, l’azienda in crisi potrebbe impegnarsi ad acquistare volumi minori ma continuativi, pagando magari alla consegna per le nuove forniture, mentre per il debito pregresso si concorda un piano di rientro dilazionato. Alcuni fornitori potrebbero accettare uno stralcio (riduzione) dei crediti se intravedono la possibilità di mantenere il punto vendita come cliente (magari con esclusiva di fornitura rinnovata).
- È fondamentale anche smaltire le rimanenze di magazzino: si possono organizzare vendite promozionali o cedere stock invenduti a grossisti terzi, ricavando liquidità immediata da destinare ai creditori.
- Sul fronte finanziario, se vi sono banche con esposizioni significative (ad es. fidi bancari utilizzati per pagare fornitori), si può chiedere una consolidamento del debito a breve termine in un finanziamento a medio termine, magari assistito da garanzie personali o da patronage dei soci.
Uno dei vantaggi della composizione negoziata è poter attuare queste mosse con una regia unitaria e in modo coordinato. L’esperto, in tal senso, aiuta l’imprenditore commerciale a predisporre un piano di rilancio che spesso include un ridimensionamento dell’attività: meglio avere meno negozi ma profittevoli, che mantenere un network troppo grande che genera perdite. Comunicare ai creditori che l’impresa sta adottando misure concrete di svolta (chiusure, tagli di costi) aumenta la credibilità del piano di rientro del debito.
Esempio pratico: Beta S.r.l. gestisce una catena di 8 negozi di articoli sportivi in Toscana. A causa dell’esplosione dell’e-commerce e del calo di traffico nei centri commerciali, Beta S.r.l. ha visto ridurre il suo fatturato del 30% in due anni, accumulando debiti verso fornitori per 600.000 € e canoni di affitto arretrati per 200.000 €. Avviata la composizione negoziata, l’esperto nominato analizza la redditività dei singoli punti vendita: emerge che 3 negozi periferici sono cronicamente in perdita. Il piano quindi prevede la chiusura di questi 3 store, con licenziamento (o trasferimento) di 5 dipendenti, e la concentrazione dell’attività sui 5 negozi restanti. Con i proprietari dei locali chiusi Beta S.r.l. tratta la risoluzione anticipata del contratto, offrendo il pagamento del 50% degli affitti arretrati in 12 rate e liberando immediatamente gli immobili (due accettano, il terzo – un grande fondo – rifiuta, ma preferisce iniziare sfratto sapendo che l’azienda è protetta nel frattempo dalle misure protettive). I fornitori di articoli sportivi, riuniti dall’esperto in un incontro collegiale, accettano di ridurre del 20% i loro crediti (condonando interessi e parte del capitale) e di ricevere il restante 80% in 18 mesi, a condizione di mantenere Beta S.r.l. come cliente esclusivo nella zona. Beta S.r.l. riesce a ottenere anche un piccolo finanziamento aggiuntivo da un socio per 100.000 € da dedicare al pagamento iniziale dei debiti secondo gli accordi. Dopo 6 mesi, la società firma tutti gli accordi bilaterali con fornitori e locatori: l’attività prosegue con 5 negozi rifocalizzati e un assortimento merceologico rivisto (puntando più sulle vendite online complementari). Il fallimento è evitato e Beta S.r.l. può ripartire su basi sostenibili.*
Tabella riepilogativa – Settore Commercio
Problemi ricorrenti nel commercio | Soluzioni attuabili in composizione negoziata |
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Fatturato in calo per concorrenza e cambiamento consumi | Revisione del modello di business (es. integrazione con vendita online); campagne promozionali mirate per recuperare clientela; fidelizzazione dei clienti con programmi ad hoc. |
Troppi punti vendita non profittevoli | Chiusura dei negozi in perdita e concentrazione sulle location più redditizie; accordi con i locatori per ridurre o cessare i contratti di affitto onerosi. |
Debiti verso fornitori di merce | Definizione di piani di rientro sostenibili (es. pagamento parziale iniziale e saldo in rate); eventuale stralcio di una quota del debito; mantenimento dei rapporti commerciali futuri come leva negoziale. |
Eccesso di magazzino invenduto | Liquidazione delle scorte con saldi straordinari o vendite all’ingrosso; utilizzo del ricavato per pagare debiti; ottimizzazione della logistica per ridurre scorte future (just-in-time). |
Mancanza di liquidità per far fronte alle spese correnti | Richiesta di nuovi finanziamenti di emergenza (garantiti dai soci o prededucibili); consolidamento del debito a breve termine in prestiti a medio termine; moratorie sui debiti fiscali e previdenziali con l’adesione alle definizioni agevolate se disponibili. |
Composizione negoziata nei servizi
Il settore dei servizi (dalle consulenze professionali ai servizi alle imprese, ICT, marketing, agenzie varie) rappresenta circa un altro 14% delle composizioni negoziate avviate. Le imprese di servizi spesso hanno peculiarità diverse dall’industria o dal commercio: meno immobilizzazioni materiali, più capitale umano e know-how. Cause di crisi comuni nei servizi sono la perdita di clienti importanti (magari pochi committenti concentravano gran parte del fatturato), l’incremento del costo del personale non compensato dai ricavi (specie in servizi ad alta intensità di lavoro), eccessiva dipendenza da un mercato in calo o da tecnologie diventate obsolete. Inoltre, per studi professionali associati o società di consulenza, possono innescare crisi anche dispute tra soci o cambi generazionali mal gestiti.
Soggetti coinvolti: Nelle crisi di servizi, spesso i creditori principali non sono le banche (se non per modesti fidi), ma i professionisti o collaboratori a partita IVA (che vantano parcelle non pagate), il personale dipendente (per stipendi arretrati e TFR), il Fisco e gli enti previdenziali (ritenute e contributi non versati). Possono esservi fornitori tecnologici (software, licenze) con crediti aperti. Se si tratta di attività regolamentate (es. una clinica veterinaria, un laboratorio di analisi), gli ordini professionali o enti di vigilanza possono avere voce in capitolo sulla continuità del servizio.
Approcci di risanamento: Nel settore servizi la leva principale è la riduzione della struttura dei costi e la riconquista delle entrate:
- Spesso va effettuata una ristrutturazione del personale, calibrando l’organico sul volume d’affari effettivo: ciò può significare tagli di posti o riduzione di compensi ai collaboratori, da attuare cercando accordi (es. transazioni sul TFR o sugli arretrati, uso di cassa integrazione o fondi di solidarietà ove applicabili).
- Occorre poi puntare su un riposizionamento strategico: l’impresa di servizi in crisi deve magari ridefinire la propria offerta, specializzandosi in segmenti più redditizi o innovativi, per tornare competitiva. L’esperto può indirizzare l’imprenditore verso consulenti di management o partner industriali in grado di portare nuove commesse.
- Sul fronte dei debiti, si procederà a trattative similari ad altri settori: dilazione dei debiti fiscali e previdenziali sfruttando le normative (rateizzazioni presso Agenzia Entrate Riscossione, ad esempio), transazione con i fornitori e creditori vari offrendo pagamenti parziali ma anticipati (se l’impresa trova liquidità) a saldo e stralcio.
- Se vi sono soci o membri dell’associazione professionale benestanti, potrebbe essere chiesto un loro ricapitalizzazione o finanziamento straordinario per sostenere il piano di risanamento, altrimenti la loro partecipazione rischia di azzerarsi in caso di default.
Un elemento critico è mantenere la fiducia della clientela: una società di servizi in crisi rischia di perdere ulteriormente clienti per questioni reputazionali. Per questo, la riservatezza iniziale della composizione negoziata è preziosa; inoltre l’azienda potrebbe dover cedere contratti non più gestibili ad altri operatori (evitando di lasciare il cliente senza servizio). Talvolta la soluzione consiste in una fusione o acquisizione: l’impresa di servizi in difficoltà si fa acquisire da un concorrente più solido, che ne assorbe attività e personale (ovviamente dopo aver ripulito il debito grazie agli accordi negoziati).
Esempio pratico: Gamma Consulting S.r.l., società di consulenza informatica con 25 dipendenti, perde due grandi clienti corporate che rappresentavano il 50% del fatturato. Non riuscendo a ridurre abbastanza in fretta i costi, accumula debiti per €300.000 (fisco, fornitori di software, leasing di server). Avviata la composizione negoziata, Gamma presenta un piano che prevede il taglio di 5 dipendenti (con accordi incentivati per le uscite) e la conversione di alcuni consulenti da full-time a contratti su progetto. L’esperto la aiuta a stringere un accordo con una software house partner che conviene a subentrare in alcune commesse, portando nuovi lavori a Gamma in subfornitura (ciò dà prospettive di fatturato futuro). Sul debito pregresso: l’Agenzia delle Entrate accetta una dilazione in 6 anni del debito IVA e ritenute, i fornitori IT acconsentono a uno stralcio del 30% dei loro crediti e il resto in 12 mesi, mentre il locatore dell’ufficio riduce il canone del 20%. Inoltre i tre soci di Gamma apportano €50.000 freschi per pagare i primi acconti ai creditori. In 7 mesi, grazie alla regia dell’esperto, l’azienda torna in equilibrio: evita la liquidazione e trova un nuovo assetto di mercato, concentrandosi su servizi ad alto valore aggiunto per i partner software.
Tabella riepilogativa – Settore Servizi
Criticità nelle imprese di servizi | Interventi possibili tramite composizione negoziata |
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Elevata incidenza del costo del personale rispetto ai ricavi | Riduzione o riorganizzazione del personale con accordi (es. part-time, uscite incentivate); utilizzo di ammortizzatori sociali per alleggerire temporaneamente il costo del lavoro. |
Dipendenza da pochi grandi clienti | Diversificazione della base clienti; alleanze strategiche o subfornitura per conto di imprese più grandi; eventuale ingresso di un partner societario che porti in dote nuovi clienti. |
Debiti fiscali e previdenziali arretrati | Adesione a piani di rateazione con l’Erario e gli enti (possibili anche nell’ambito della composizione); se possibile, definizioni agevolate di cartelle esattoriali pendenti; pagamento prioritario dei contributi per evitare sanzioni ulteriori. |
Calo di competitività dell’offerta | Investimenti mirati (se supportati da nuovi soci o finanziamenti) in formazione, tecnologia o nuove linee di servizio; eliminazione dei servizi non redditizi e focalizzazione sul core business profittevole. |
Problemi di governance o fra soci | Utilizzo della composizione anche come tavolo negoziale tra soci per ridefinire le cariche e i ruoli; possibilità di cedere quote a nuovi soci-manager; accordi di uscita per soci non più in linea, con liquidazione differita delle loro quote. |
Composizione negoziata nell’edilizia e costruzioni
Il comparto edilizio e delle costruzioni (includendo sia imprese edili generali sia aziende specializzate) incide per circa il 10% delle composizioni negoziate avviate. Le imprese edili attraversano spesso crisi legate a cicli economici e a problematiche di commesse: basti pensare che molte costruzioni sono finanziate da committenti pubblici o privati, e ritardi nei pagamenti o contenziosi sugli appalti possono mettere in ginocchio l’appaltatore. Tra le cause tipiche di crisi in edilizia troviamo: forte esposizione finanziaria per anticipare i costi di cantiere (materiali, manodopera) in attesa dei SAL (Stati di Avanzamento Lavori) e dei pagamenti; aumento dei prezzi delle materie prime (come avvenuto nel 2021-2022 con rincari eccezionali) che rende non più remunerativi i lavori aggiudicati a prezzo fisso; eventuali penali contrattuali o controversie con i committenti che bloccano i pagamenti; e, non ultimo, crisi immobiliari che riducono la domanda di nuove costruzioni. Anche il dissesto di un grande appaltatore può trascinare in crisi le sue imprese subappaltatrici.
Attori nelle trattative: Nelle crisi edili, i committenti (pubblici o privati) giocano un ruolo determinante. Se l’impresa edile entra in composizione negoziata, i contratti di appalto in corso potrebbero proseguire – poiché la composizione non è una procedura concorsuale liquidativa – e anzi il buon esito dei cantieri può essere la chiave per risanare l’impresa. Perciò spesso è necessario coinvolgere i committenti stessi: ad esempio un ente pubblico potrebbe concedere una revisione prezzi o un adeguamento dei corrispettivi per consentire di terminare l’opera. I fornitori di materiali e subappaltatori sono altri creditori cruciali: forniscono cemento, acciaio, impianti, oppure hanno svolto opere specialistiche (impiantisti, escavatori ecc.) e avanzano pagamenti. Le banche in edilizia finanziano spesso tramite scoperti di conto o anticipo fatture legato ai SAL, e possono avere rilasciato fideiussioni (garanzie) a favore dei committenti; queste ultime, se escusse, trasformano la banca in creditore dell’impresa. Infine, vi sono le assicurazioni che rilasciano polizze fideiussorie sugli appalti (per cauzioni e garanzie di buona esecuzione): in caso di insolvenza dell’impresa, rischiano di pagare al posto suo tali garanzie.
Soluzioni operative: La composizione negoziata nel campo edile deve bilanciare l’esigenza di portare a termine i cantieri utili e al contempo ridurre le perdite:
- Prima di tutto, si identifica quali cantieri/progetti siano redditizi o strategici e quali invece generano perdite. Il piano può prevedere di abbandonare (o cedere ad altre imprese) i lavori non sostenibili (magari rinunciando all’appalto o concordando una risoluzione con il committente), concentrandosi sulle commesse completabili con margine.
- Con i committenti pubblici, se possibile, l’esperto può facilitare una rinegoziazione del contratto d’appalto: ad esempio, applicare le norme sulla revisione prezzi straordinaria (come è avvenuto durante il “caro materiali” con interventi governativi) oppure concordare proroghe dei termini senza penali. L’obiettivo è fare in modo che l’impresa possa terminare l’opera ed incassare il corrispettivo, evitando il default a metà cantiere (scenario nefasto anche per il committente).
- Sul fronte finanziario, va affrontato il tema delle fideiussioni: se l’impresa rischia di non completare un’opera, le fideiussioni di buona esecuzione potrebbero essere escusse. Una soluzione può essere trovare un accordo con l’ente appaltante per non escutere le garanzie e dare fiducia al piano di completamento dell’opera sotto la vigilanza dell’esperto.
- Con subappaltatori e fornitori, che sono spesso moltissimi, la strategia è di evitare azioni legali immediate (da qui l’importanza delle misure protettive) e proporre piani di rientro parziali finanziati con gli incassi futuri dei SAL. Ad esempio: “se mi permettete di finire l’opera, vi pagherò subito X% dei vostri crediti con il prossimo SAL e il resto a seguire”.
- Se l’impresa edile possiede immobili o attrezzature non strettamente necessarie, si valuta la loro cessione per ridurre l’indebitamento. Molte imprese edili hanno terreni, capannoni o macchinari che possono essere venduti o dati in lease-back per fare cassa.
Da menzionare che il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023) ha tenuto conto degli strumenti di gestione della crisi: un’impresa in composizione negoziata non è automaticamente esclusa dagli appalti, a differenza del fallimento, purché offra garanzie di regolare esecuzione (ad esempio con affiancamento dell’esperto). Questo consente di proseguire i lavori pubblici durante la procedura, se tutti collaborano.
Esempio pratico: Delta Costruzioni S.r.l. ha in corso 3 cantieri pubblici. A causa dell’aumento del 30% dei costi materiali, sta rimettendo soldi in uno di essi. Entra in composizione negoziata. Con l’aiuto dell’esperto, Delta raggiunge un accordo con il Comune committente di uno dei lavori: il contratto viene risolto consensualmente (il Comune incamererà la fideiussione, ma poi riaffiderà i lavori a terzi), evitando ulteriori perdite a Delta. Sugli altri due cantieri, invece, Delta concorda una proroga di 6 mesi e ottiene, tramite un decreto governativo sopraggiunto, un’integrazione del prezzo del 10% per coprire parte dei maggiori costi. I subappaltatori accettano di continuare i lavori ricevendo in tempi brevi almeno il 50% dei pagamenti arretrati (grazie ai SAL incassati dal Comune, sbloccati dopo la proroga) e la restante parte a fine lavori. Le banche, coinvolte dall’esperto, prorogano le linee di credito per il circolante e mantengono le fideiussioni attive (senza revocarle, cosa che avrebbe fatto decadere gli appalti). In 10 mesi Delta completa i due cantieri rimasti, incassa i crediti e paga i fornitori secondo gli accordi; chiude invece il cantiere non remunerativo prima che degeneri. Così l’azienda evita il fallimento e può continuare su scala ridotta l’attività, avendo eliminato la commessa “malata”.
Tabella riepilogativa – Settore Edilizia
Problematiche della crisi edile | Soluzioni attraverso la composizione negoziata |
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Appalti in perdita o penali contrattuali | Rinegoziazione o risoluzione consensuale dei contratti non sostenibili; focus sui cantieri completabili con margine. |
Mancato incasso di SAL e tensioni di cassa | Accordi con committenti per accelerare pagamenti di SAL maturati; utilizzo delle misure protettive per impedire ai creditori di bloccare i pagamenti (pignoramenti presso PA). |
Escussione di fideiussioni e garanzie | Dialogo con enti garanti (banche/assicurazioni) e committenti per evitare l’escussione se l’impresa mostra impegno al completamento; eventuale subentro di altra impresa (concordato in continuità indiretta). |
Debiti verso subappaltatori e fornitori edili | Proposta di pagamento parziale immediato (finanziato dai SAL futuri) e saldo a fine lavori; coinvolgimento di associazioni di categoria per trovare intese quadro su sconti e tempi di pagamento. |
Sovraindebitamento generale e immobilizzi | Liquidazione di beni aziendali non essenziali (mezzi inutilizzati, immobili); ricerca di partner finanziari disposti a investire (es. società di investimento immobiliare) in cambio di asset completati. |
Composizione negoziata in agricoltura
Anche le imprese agricole e agroalimentari possono beneficiare della composizione negoziata. Storicamente gli imprenditori agricoli non erano soggetti al fallimento, ma rimanevano privi di strumenti efficaci per gestire situazioni di sovraindebitamento se non le procedure di sovraindebitamento. Oggi, invece, anche l’impresa agricola può attivare la composizione negoziata. Le aziende del comparto agricolo e alimentare (coltivatori, allevatori, trasformatori agroalimentari) costituiscono circa il 4% dei casi di composizione negoziata finora avviati. Le cause di crisi più frequenti includono: eventi climatici avversi o calamità naturali che distruggono raccolti (dalla siccità alle alluvioni), oscillazioni dei prezzi dei prodotti agricoli (a volte scendono sotto i costi di produzione), indebitamento per l’acquisto di macchinari o terreni, e problemi fitosanitari (epidemie che colpiscono il bestiame o le colture).
Stakeholder e particolarità: Nel mondo agricolo i principali creditori sono spesso le banche (mutui agrari, prestiti per macchinari) e i fornitori di mezzi tecnici (sementi, mangimi, fertilizzanti, carburanti). Ci sono poi gli enti pubblici: l’Agenzia delle Entrate e gli istituti previdenziali per contributi dei coltivatori diretti, nonché eventuali debiti con consorzi di bonifica o cooperative agricole. Una particolarità è la presenza di fondi di garanzia pubblici (ISMEA, fondi UE) a supporto del credito agrario: in alcune situazioni, attivare queste garanzie può facilitare il rifinanziamento del debito. Inoltre, la continuità dell’attività agricola può essere di interesse generale (per la filiera alimentare locale), pertanto istituzioni regionali e associazioni di categoria (Coldiretti, Confagricoltura) spesso partecipano nel trovare soluzioni.
Interventi di risanamento: Una composizione negoziata agricola tende a:
- Ripianificare il debito bancario a lungo termine: ad esempio trasformare gli scoperti di conto in mutui decennali, magari con periodo di preammortamento per dare respiro fino alla prossima stagione di raccolto. Spesso le banche possono avvalersi di garanzie ISMEA per rinegoziare il debito agrario senza perdere tutela.
- Rinegoziare i contratti di fornitura: se l’azienda agricola ha contratti con fornitori per mangimi, energie o altri input, può cercare di ottenere prezzi più bassi o dilazioni nei momenti di crisi (i fornitori preferiranno questo piuttosto che perdere il cliente).
- Coinvolgere la cooperazione: molte aziende agricole aderiscono a cooperative o consorzi. Questi soggetti possono aiutare nella ristrutturazione, ad esempio anticipando pagamenti per i prodotti conferiti o trovando mercati migliori, oppure intervenendo direttamente nel capitale dell’azienda in crisi (cooperative di secondo livello).
- Vendere asset non critici: se l’azienda possiede più terreni o attrezzature in eccesso, può valutare la cessione di parte di essi per ridurre il debito (ad esempio vendere un appezzamento marginale mantenendo il nucleo produttivo fondamentale).
- Sfruttare eventuali agevolazioni e indennizzi: in presenza di calamità dichiarate, l’azienda può accedere a fondi di solidarietà, assicurazioni agevolate o contributi pubblici. Nel piano di risanamento questi ingressi straordinari vanno considerati e vengono spesso attesi dai creditori come fonte per pagarli (ad esempio l’incasso di un indennizzo assicurativo per calamità potrebbe essere destinato ai creditori secondo accordi).
L’esperto nominato in ambito agricolo cercherà di far sedere al tavolo la banca principale, i fornitori maggiori e magari un rappresentante dell’associazione agricola locale, in modo da comporre un quadro di intervento condiviso. Un elemento caratteristico è che la ciclicità delle colture richiede tempo: i creditori devono essere convinti a pazientare fino alla stagione di vendita del prodotto. Spesso si può proporre una moratoria sino al raccolto successivo, con pagamento dei debiti usando i proventi di quella vendita, il tutto formalizzato negli accordi.
Esempio pratico: Azienda Agricola Epsilon gestisce 50 ettari a frutteto e un allevamento di bovini da latte. Un anno di grave siccità dimezza la produzione di frutta, e parallelamente i costi dei mangimi aumentano vertiginosamente. Epsilon non riesce a pagare le rate del mutuo agrario né i fornitori di concimi e mangimi, accumulando €400.000 di debiti. Con la composizione negoziata, l’esperto (un commercialista esperto di imprese agricole) convoca la banca: viene concordato di sospendere le rate di mutuo per 12 mesi e di allungare la scadenza di 5 anni, con garanzia ISMEA su parte del debito residuo. I fornitori agricoli accettano di ricevere il 50% dei crediti in prodotti (con la prossima raccolta di frutta e fornitura di latte all’ingrosso) e per il resto un pagamento dilazionato in 18 mesi successivi, assistito da garanzia di un consorzio fidi agricolo. Inoltre, la Regione attiva un fondo straordinario per la siccità dal quale Epsilon ottiene un contributo a fondo perduto di €50.000, utilizzato per pagare i collaboratori familiari e alcune spese urgenti. L’azienda vende anche un vecchio trattore inutilizzato, incassando liquidità immediata. Grazie a queste misure, Epsilon supera l’anno critico e riprende la produzione normalmente: i creditori vengono soddisfatti secondo l’accordo e l’azienda continua la sua attività senza finire in liquidazione.
Tabella riepilogativa – Settore Agricoltura
Problemi nelle aziende agricole | Soluzioni e prassi in composizione negoziata |
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Raccolto scarso o eventi climatici avversi | Moratorie sui debiti fino alla stagione successiva; attivazione di assicurazioni e fondi di solidarietà; diversificazione colturale per il futuro per mitigare rischi climatici. |
Prezzi di mercato sfavorevoli (sotto i costi) | Accordi con cooperative per ottenere prezzi di conferimento migliori o aggiungere valore (es. trasformare in prodotti finiti); riduzione temporanea della produzione per limitare le perdite. |
Indebitamento per investimenti (es. macchinari, serre) | Rinegoziazione dei mutui agrari con allungamento; leasing back di macchinari per liberare liquidità; vendita di asset non strategici (terreni marginali, quote latte ecc.). |
Debiti verso fornitori agrari e di servizi | Pagamenti in parte in natura (prodotti agricoli futuri) e in parte monetari dilazionati; intervento di consorzi fidi per garantire i piani di rientro; ricerca di partner commerciali che anticipino liquidità in cambio di forniture garantite. |
Tensioni di cassa in attesa dei contributi PAC o fondi pubblici | Coinvolgimento degli enti pubblici per accelerare l’erogazione di contributi UE/PAC spettanti; utilizzo di anticipazioni su tali crediti (factoring con banche) concordate in sede di composizione per pagare debiti urgenti. |
Composizione negoziata nella logistica e trasporti
Le imprese di logistica e trasporto (corrieri, autotrasportatori, società di spedizioni, magazzini) rappresentano circa il 3% dei casi di composizione negoziata. Il settore è caratterizzato da margini spesso ridotti e fortemente influenzato da costi variabili come il carburante e i pedaggi. Fattori di crisi tipici sono: improvvisi aumenti del prezzo del carburante (che possono erodere i margini se i contratti con i clienti non prevedono adeguamenti), contratti poco equilibrati con grandi committenti (ad esempio corrieri che lavorano per colossi dell’e-commerce a tariffe basse), investimenti onerosi in veicoli o magazzini, e nel 2020-21 anche la difficoltà di reperire autisti qualificati. Inoltre, la logistica subisce molto la congiuntura: se i volumi di merci trasportate calano, i costi fissi (leasing dei camion, affitti dei magazzini) restano e portano perdite.
Partecipanti al tavolo: Nelle crisi logistiche, i creditori principali sono spesso le società di leasing o banche che finanziano i veicoli (camion, furgoni) – con contratti di leasing e finanziamenti in corso – e i fornitori di carburante (grandi fatture per gasolio spesso pagate a 60-90 giorni). Anche i dipendenti/autisti possono avere stipendi arretrati. I committenti (aziende manifatturiere o distributori che affidano le spedizioni) non sono direttamente creditori, ma sono stakeholder importanti perché la continuità del loro servizio dipende dalla sopravvivenza del vettore: potrebbero offrire condizioni migliorative per aiutare (es. adeguare le tariffe, pagamenti più rapidi). Lo Stato può essere presente per multe stradali non pagate o contributi.
Leve di ristrutturazione: Con la composizione negoziata, una società di logistica può:
- Rinegoziare i leasing dei mezzi: convincere le società di leasing a rimodulare i canoni (ad esempio, estendendo la durata residua o prevedendo canoni ridotti per un periodo e maggiori successivamente). In alcuni casi, si restituiscono anticipatamente i veicoli in eccesso (riducendo la flotta e i costi) trovando un accordo per limitare le penali di risoluzione.
- Trattare con i fornitori di carburante un pagamento rateizzato dei debiti e magari ottenere sconti sulle forniture future (o passare a fornitori alternativi più economici, se possibile).
- Ottimizzare le rotte e i magazzini: l’esperto può incoraggiare interventi di efficientamento logistico, come chiudere filiali periferiche poco utilizzate e concentrare l’attività, o vendere/rimettere sul mercato capannoni in proprietà per generare cassa (magari continuando ad usarli in affitto se servono).
- Sul fronte dei clienti/committenti, chiedere adeguamenti tariffari: ad esempio, inserire un meccanismo di fuel surcharge (adeguamento carburante) nei contratti se non c’era, oppure ottenere un aumento delle tariffe di trasporto giustificato dall’inflazione. Durante le trattative, qualche grande cliente potrebbe accettare di pagare qualcosa in più o in anticipo pur di non dover cambiare fornitore logistico.
- Se l’azienda ha un parco mezzi datato con alti costi di manutenzione, valutare l’aggiornamento della flotta: paradossalmente, vendere i camion vecchi (riducendo così costi di riparazione e incassando qualcosa) e noleggiarne di nuovi a condizioni più flessibili.
L’esperto cercherà di costruire un piano che riduca la struttura dei costi fissi (flotta adeguata al lavoro effettivo, magazzini calibrati sui volumi reali) e migliori il cash flow. I creditori finanziari saranno più disponibili se vedono che l’azienda elimina sprechi e chiude rami improduttivi.
Esempio pratico: Zeta Trasporti S.r.l., corriere con 40 autocarri, subisce la crisi del 2022: il prezzo del gasolio raddoppia, ma i contratti con i clienti prevedevano tariffe fisse. In pochi mesi Zeta accumula €500.000 di debiti verso il fornitore di carburante e inizia a saltare le rate leasing di vari camion. Entrata in composizione negoziata, Zeta presenta un piano per ridurre la flotta di 10 camion (quelli meno utilizzati): restituisce i mezzi alla società di leasing, che accetta di risolvere i contratti con una penale ridotta (inserita come credito nel piano). Sugli altri 30 camion, i leasing vengono estesi di 2 anni ciascuno per abbassare la rata. Il fornitore di carburante, grazie anche all’intervento di un mediatore dell’associazione di categoria, accetta un accordo: Zeta pagherà il 60% del debito in 12 mesi e il restante 40% è condizionato all’andamento futuro (sarà pagato se i prezzi carburante scendono sotto una certa soglia, altrimenti viene abbuonato). I tre maggiori clienti di Zeta, coinvolti nelle discussioni, accettano di introdurre un meccanismo di adeguamento mensile del prezzo trasporti in base al costo carburante (cosa che eviterà nuovi dissesti) e anticipano di 15 giorni i pagamenti delle fatture per migliorare la liquidità di Zeta. Con queste misure, dopo 8 mesi Zeta torna a respirare: la flotta ridotta è sufficiente ai volumi reali, i costi sono sotto controllo e i debiti rientrano secondo i patti. Il fallimento viene scongiurato e il servizio ai clienti prosegue senza interruzioni significative.
Tabella riepilogativa – Settore Logistica
Vulnerabilità tipiche della logistica | Soluzioni mediante composizione negoziata |
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Costi carburante fuori controllo | Clausole di adeguamento carburante negoziate nei contratti; accordi con fornitori per acquisti di carburante a prezzo convenzionato; investimenti in mezzi più efficienti (se supportati da finanziamenti ad hoc). |
Troppi mezzi rispetto ai volumi (flotta sovradimensionata) | Restituzione o vendita di veicoli in eccesso; uso di sub-vettori esterni per picchi di lavoro invece di mantenere flotta propria fissa; consolidamento delle tratte per aumentare il coefficiente di riempimento dei camion. |
Difficoltà a onorare leasing e finanziamenti | Rinegoziazione dei piani di leasing (rate più basse e periodo più lungo); ricerca di garanzie ulteriori (es. garanzia Confidi trasporti) per convincere i finanziatori a concedere respiro; eventuale conversione di leasing in noleggi operativi. |
Indebitamento verso fornitori chiave (carburante, pneumatici) | Piani di rientro dei debiti con sconti per pagamento immediato di una quota; contratti di fornitura just-in-time per non accumulare debito; centralizzazione acquisti di gruppo (se l’impresa fa parte di un consorzio) per spuntare condizioni migliori. |
Calo dei ricavi per perdita di clienti | Diversificazione del portafoglio clienti con ricerca attiva (anche attraverso partnership) di nuovi contratti; miglioramento del servizio per fidelizzare i clienti esistenti; se necessario, ridimensionamento proporzionato della struttura aziendale ai nuovi ricavi. |
Composizione negoziata nella sanità privata
Le imprese di sanità privata – cliniche, case di cura, laboratori diagnostici – costituiscono una piccola quota (circa l’1%) delle composizioni negoziate finora, ma rivestono un’importanza sociale elevata. Le crisi in questo settore possono avere forte eco, perché coinvolgono la continuità di servizi essenziali per i pazienti. Tra le cause di dissesto frequenti troviamo: gestione finanziaria inefficiente (alcune strutture private si espandono accumulando debiti), ritardi nei pagamenti da parte del Servizio Sanitario Nazionale (le cliniche accreditate ricevono rimborsi dalle ASL/Regioni, e dilazioni o tagli di budget possono creare voragini di liquidità), costi del personale sanitario molto alti, oppure investimenti ingenti in tecnologie mediche non ripagati dai ricavi.
Attori in gioco: Oltre ai consueti creditori (banche finanziatrici di immobili e attrezzature medicali, fornitori di farmaci, dispositivi e servizi, dipendenti e medici con stipendi arretrati), nelle crisi sanitarie private troviamo come stakeholder fondamentali le Regioni o ASL, che sono spesso sia creditrici (per eventuali anticipi o pendenze) sia debitori (devono corrispondere rimborsi). La Regione ha interesse a evitare interruzioni di servizio, quindi può sostenere soluzioni di continuità (ad esempio accelerando pagamenti dovuti o riassegnando convenzioni). Anche i pazienti e le loro famiglie sono indirettamente interessati, benché non creditori: il timore è che una clinica in crisi interrompa terapie o chiuda reparti. Infine, molte strutture hanno forma di fondazioni religiose o ONLUS: in tal caso, possono intervenire enti collegati (diocesi, congregazioni) per aiutare.
Soluzioni e best practice: Una composizione negoziata in ambito sanitario deve garantire la continuità assistenziale mentre si ristruttura:
- Spesso occorre cercare un partner industriale: ad esempio un gruppo sanitario più grande che rilevi la clinica in crisi. L’esperto faciliterà contatti con potenziali acquirenti (ci sono stati casi di cliniche salvate tramite acquisizione da parte di gruppi nazionali). La composizione negoziata consente di negoziare la cessione garantendo il passaggio dei contratti e delle convenzioni.
- Si negozia con la Regione o ASL per ottenere in tempi rapidi i crediti pregressi vantati dalla clinica (ad esempio rimborsi per prestazioni già erogate ma non ancora liquidati). Tali incassi possono essere destinati in parte ai creditori in accordo.
- Con le banche si può discutere un rifinanziamento: se l’immobile della clinica è a garanzia, la banca potrebbe preferire prorogare i mutui piuttosto che escutere l’ipoteca e trovarsi con un ospedale vuoto di difficile realizzo. Magari l’intervento di un nuovo investitore aiuta a convincere le banche.
- I fornitori sanitari (farmaci, dispositivi) sono spesso multinazionali, meno flessibili sullo stralcio di crediti; tuttavia possono accettare dilazioni se la struttura continua ad operare (garantendosi future forniture). Qualora qualche fornitore sia fondamentale (es. forniture di ossigeno, di reagenti di laboratorio), può addirittura spingersi a sostenere la clinica durante la crisi per non perderla come cliente.
- Sul piano operativo, il piano di risanamento può includere la riorganizzazione di reparti: chiudere quelli meno sostenibili economicamente e concentrare risorse su prestazioni più remunerative (es. chirurgia elettiva più che lungodegenza, se la convenzione rimborsa meglio la prima).
Dato il rilievo pubblico, spesso nelle crisi sanitarie private la stampa locale e i cittadini seguono il caso. Mantenere un profilo di riservatezza finché le soluzioni non sono delineate è cruciale per non spaventare i pazienti. L’esperto può suggerire l’istituzione di un tavolo con la Regione parallelo a quello con i creditori, in modo da allineare gli sforzi (ad esempio, la Regione potrebbe impegnarsi a non revocare l’accreditamento sanitario durante la composizione, condizione indispensabile perché i creditori diano fiducia).
Esempio pratico: Clinica Salus S.p.A. (casa di cura privata accreditata, 100 posti letto) si trova in crisi: da due anni chiude i bilanci in rosso per l’aumento dei costi (straordinari al personale per Covid) e per i tetti di spesa imposti dalla Regione. Ha 5 milioni di debiti (mutuo per l’edificio, fornitori di servizi diagnostici, arretrati con fornitori di farmaci). Avvia la composizione negoziata: l’esperto convoca un rappresentante regionale e scopre che la clinica vanta 2 milioni di crediti per prestazioni extra-budget non ancora saldati. Si ottiene un accordo: la Regione riconosce almeno in parte queste prestazioni straordinarie pagando 1,2 milioni subito. Con tali fondi, la clinica paga stipendi arretrati e una quota ai fornitori cruciali (che in cambio accettano di dilazionare il restante 70% del dovuto su 24 mesi). Intanto un gruppo sanitario nazionale si dichiara disponibile ad acquisire la clinica, ma vuole che il mutuo bancario venga ristrutturato: la banca acconsente a ridurre il tasso e allungare di 10 anni la durata, spostando la garanzia ipotecaria sul gruppo subentrante. Nel giro di 9 mesi, le trattative si concludono: Salus S.p.A. viene ceduta al nuovo gruppo, che immette capitali freschi per modernizzare la struttura; i creditori ottengono quanto stabilito (chi in contanti, chi su piani pluriennali garantiti dal gruppo acquirente). La clinica resta operativa, i pazienti non subiscono disservizi e l’accreditamento regionale è confermato.
Tabella riepilogativa – Settore Sanità Privata
Criticità delle strutture sanitarie private | Soluzioni mediante composizione negoziata |
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Ritardi nei rimborsi pubblici (accreditamento) | Accordi con la Regione per anticipare pagamenti dovuti; possibili convenzioni integrative o revisione dei tetti di spesa; coinvolgimento della politica locale per supporto istituzionale. |
Elevati costi del personale e turn-over | Riorganizzazione dei turni, riduzione degli straordinari; se necessario, riconversione di reparti a minore intensità di lavoro; accordi sindacali per scaglionare il pagamento di arretrati. |
Debiti con fornitori medicali e utility | Piani di rientro garantiti dall’incasso dei crediti pubblici; se del caso, garanzie aggiuntive (fideiussioni) fornite dal nuovo investitore; mantenimento delle forniture vitali tramite accordi di continuità (es. il fornitore di ossigeno continua a rifornire in cambio di pagamenti correnti puntuali). |
Necessità di investimenti in strutture e tecnologie | Ricerca di partner finanziari (fondi sanitari, altri operatori) disposti a investire in cambio di partecipazione; leasing per nuove attrezzature con pagamenti legati al volume di utilizzo (per evitare oneri fissi). |
Rischio reputazionale e perdita di pazienti | Comunicazione controllata e trasparente: rassicurare l’utenza sulla continuità delle cure; coinvolgere associazioni di pazienti se presenti; mantenere standard qualitativi durante il risanamento per non perdere accreditamenti o convenzioni. |
Composizione negoziata nel settore tecnologia e innovazione
Le imprese di tecnologia e innovazione (startup digitali, società ICT, aziende high-tech) costituiscono una porzione minoritaria ma significativa dei casi (all’incirca parte di quel 4% identificato come ICT e settori innovativi). Queste imprese presentano dinamiche particolari: molte startup nascono con capitali di rischio e aspettative di crescita rapida, ma se la crescita non si realizza o i finanziamenti si esauriscono, possono trovarsi in crisi di liquidità pur avendo asset intangibili di valore (software, brevetti, know-how). Cause di crisi tipiche sono: modelli di business non profittevoli nei tempi previsti, perdita di fiducia degli investitori (che smettono di finanziare), spese di ricerca e sviluppo elevate senza ritorni immediati, concorrenza di nuove tecnologie che rende obsoleto il prodotto in sviluppo.
Creditori e contesto: Molte startup tech non hanno grandi indebitamenti bancari (spesso non hanno garanzie da offrire alle banche), ma possono avere debiti verso fornitori tecnologici (cloud computing, infrastrutture IT, consulenti) e verso i dipendenti (specie se vi sono ingegneri pagati non regolarmente nella fase di crisi). Possono esservi strumenti finanziari come convertendi o note convertibili detenute da investitori, che diventano crediti se l’azienda non va bene (ad esempio, prestiti-ponte dati in attesa di un aumento di capitale poi non effettuato). Gli investitori venture capital stessi talvolta preferiscono usare la composizione negoziata come modo per ristrutturare l’azienda o traghettarla verso una vendita.
Azioni di risanamento in una tech company:
- La priorità è spesso quella di ridurre il cash burn (consumo di cassa): quindi taglio di costi non essenziali, rallentamento di progetti secondari, concentrando le risorse sul prodotto o servizio principale che ha chance di generare ricavi.
- Bisogna poi individuare possibili partner o acquirenti: molte startup in crisi vengono salvate attraverso un’acquisizione (la cosiddetta exit). La composizione negoziata offre un contesto protetto per cercare acquirenti per l’azienda o per i suoi asset (brevetti, software) senza dover dichiarare fallimento (che svaluterebbe molto questi asset). Un’operazione frequente è la cessione dell’intero ramo d’azienda innovativo a un competitor o a un investitore, con contestuale accordo che il ricavato paghi i debiti in percentuale.
- Con i fornitori tecnologici (es. fornitori di servizi cloud, licenze software), si possono rinegoziare i contratti: ad esempio riducendo la capacità inutilizzata (downscaling dei server cloud per pagare meno) o ottenendo rateizzazioni dei canoni arretrati. Molte big tech fornitori preferiscono recuperare un cliente in crisi dilazionando i pagamenti, piuttosto che perderlo definitivamente.
- Se ci sono debiti verso enti pubblici (perché magari la startup non ha pagato imposte in attesa di utili futuri), si ricorre alle solite dilazioni o rottamazioni fiscali.
- I lavoratori chiave possono essere coinvolti nel piano: spesso nelle startup i dipendenti hanno stock option o comunque sono interessati al salvataggio. Potrebbero accettare di convertire stipendi arretrati in partecipazioni societarie, o di posticipare il pagamento in cambio di mantenere il posto e vedere l’azienda risollevarsi.
Esempio pratico: TechNova S.r.l., startup nel campo delle energie rinnovabili digitali, dopo 3 anni di attività non è ancora profittevole e i venture capital che l’hanno finanziata decidono di non investire oltre. TechNova esaurisce la cassa e accumula €200.000 di debiti (soprattutto fornitori cloud e consulenti marketing). Entra in composizione negoziata. L’esperto aiuta i fondatori a individuare un possibile acquirente: una utility energetica interessata al software sviluppato da TechNova. Si struttura così: la utility acquisterà il 100% di TechNova per 1 milione di euro, di cui €300.000 destinati a pagare integralmente tutti i creditori (i debiti vengono così saldati al 100%, data la volontà dell’acquirente di subentrare “pulito”). Nel frattempo i fornitori cloud accettano di mantenere attivi i server (fondamentali per le dimostrazioni ai potenziali acquirenti) con pagamento delle nuove fatture corrente, rinviando la riscossione dell’arretrato all’esito dell’operazione di M&A. I dipendenti, rassicurati dalla prospettiva di entrare in un grande gruppo, rimangono e accettano di ricevere i 2 mesi di stipendio arretrato contestualmente al closing dell’acquisizione. In 4 mesi la trattativa si chiude, l’acquirente inietta i fondi, i creditori sono soddisfatti e TechNova prosegue la sua attività integrandosi nella utility, scongiurando il fallimento che avrebbe altrimenti azzerato il valore del software sviluppato.
Tabella riepilogativa – Settore Tecnologia
Problemi delle imprese tech/startup | Soluzioni con composizione negoziata |
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Mancanza di liquidità per fine dei finanziamenti VC | Ricerca attiva di acquirenti o nuovi investitori (M&A) facilitata dall’esperto; utilizzo di bridge financing prededucibile per coprire la fase di transizione (se c’è visibilità di un deal). |
Costi R&D alti e ricavi tardivi | Taglio dei costi non vitali, concentrandosi sul core; eventuale vendita o licenza di brevetti secondari per fare cassa; ingresso in incubatori o programmi pubblici di supporto per ottenere grant. |
Debiti verso fornitori tech (cloud, software) | Negoziazione di piani di pagamento flessibili; downgrade di servizi per ridurre i costi correnti; baratto servizi-debiti (es. offrire equity o partnership al fornitore in cambio di sconto debito). |
Uscita di figure chiave/team demotivato | Coinvolgimento del team nel salvataggio: stock option riviste, piani di incentivazione legati al turnaround; mantenimento dei talenti chiave con accordi di retention finanziati magari dal nuovo investitore. |
Valore intangibile dell’azienda a rischio in fallimento | Uso della composizione per preservare la continuità aziendale e quindi il valore di software/brevetti/clientela, al riparo da azioni esecutive; comunicazione controllata a clienti per non perderli (es. rassicurazioni sulla continuità del servizio SaaS durante la ristrutturazione). |
Composizione negoziata nel turismo e ristorazione
Le imprese del settore turistico – hotel, strutture ricettive, agenzie di viaggio, ristorazione – hanno sofferto particolarmente negli ultimi anni, e molte hanno cercato salvezza tramite la composizione negoziata. Il settore, comprensivo di alberghi e ristoranti (HoReCa), rappresenta circa il 6-7% delle composizioni negoziate avviate. Le crisi nel turismo possono derivare da shock esterni (la pandemia COVID-19 ne è stato esempio lampante, con crollo dei flussi turistici) ma anche da fattori strutturali: strutture ricettive non ammodernate che perdono clientela, eccessivo indebitamento per nuove aperture o ristrutturazioni, alta stagionalità (pensiamo agli hotel stagionali che devono sostenersi su pochi mesi di incassi all’anno).
Soggetti interessati: Nei fallimenti turistici perdono tutti: i finanziatori (banche che hanno erogato mutui per immobili alberghieri, spesso con ipoteca sull’hotel), i fornitori (alimentari, lavanderie, utenze, piattaforme di booking con anticipi), i dipendenti stagionali con salari non pagati. Inoltre, i territori soffrono se un grande albergo chiude: ecco perché talvolta le amministrazioni locali possono dare supporto (ad esempio promuovendo l’arrivo di un investitore). Anche i clienti possono essere creditori (caparre pagate per soggiorni futuri). Per le agenzie di viaggio, i creditori includono i tour operator a cui devono soldi e i clienti che attendono rimborsi.
Azioni di risanamento:
- Per gli hotel, spesso la soluzione passa per un cambiamento di gestione o proprietà. Nella composizione negoziata si può cercare un gruppo alberghiero disposto a subentrare nella gestione dell’hotel in crisi, magari affittandolo o acquisendolo. Questo consente di apportare capitali freschi (con cui pagare i debiti in percentuale) e di rilanciare la struttura con un marchio più forte.
- Con le banche creditrici (mutui), si può trattare una ristrutturazione del debito ipotecario: ad esempio conversione di parte degli interessi in capitale da restituire solo alla vendita dell’immobile, o riduzione del debito se il valore di mercato dell’hotel è sceso (in pratica, la banca accetta di perdere una quota pur di evitare l’escussione e acquisire un immobile di difficile realizzo).
- Per le imprese di ristorazione (ristoranti, catering), la crisi spesso richiede riduzione del numero di locali: chiudere quelli che non generano sufficiente cassa, concentrare le risorse su uno o pochi punti con buona domanda. I proprietari dei locali con contratti d’affitto possono essere negoziati per evitare cause di sfratto: meglio concordare la restituzione chiavi con rinuncia parziale agli affitti arretrati.
- In turismo, fondamentale è la promozione per riportare clienti: può sembrare secondario in un contesto di crisi finanziaria, ma un piano credibile dovrebbe mostrare come l’azienda riacquisirà quota di mercato (es. investendo in marketing mirato, rinnovando i servizi).
- Se l’impresa ha crediti verso lo Stato (p.es. crediti d’imposta per bonus edilizi se ha ristrutturato), valorizzarli e cederli per generare liquidità immediata da destinare ai creditori.
Esempio pratico: Hotel Riviera S.r.l. gestisce un hotel 4 stelle sul mare. Dopo il disastro del 2020 e un 2021 ancora debole, nel 2022 l’hotel non riesce a ripagare il mutuo e accumula €1 milione di debiti, tra banca, fornitori (alimentari, utility) e tasse locali. Con la composizione negoziata, l’esperto trova un investitore estero interessato all’hotel. Si struttura così: l’investitore acquisterà l’immobile e la gestione versando €5 milioni, di cui €4 milioni andranno alla banca a saldo del mutuo (che era di €5 milioni residui: la banca accetta uno sconto del 20% pur di incassare subito e non gestire l’hotel), €0,5 milioni andranno ripartiti tra i fornitori (che recuperano circa il 50% dei loro crediti) e il resto servirà per spese e rilancio. I fornitori firmano accordi di saldo e stralcio, rinunciando al 50% ma mantenendo i nuovi contratti di fornitura con la nuova gestione. I dipendenti ricevono i TFR arretrati grazie a un contributo del compratore. L’hotel non chiude mai durante l’operazione, e anzi l’investitore annuncia investimenti di restyling che riqualificheranno la struttura. In circa 8 mesi, Hotel Riviera evita il fallimento attraverso il passaggio di proprietà, i debiti vengono risolti in parte con i pagamenti concordati e in parte stralciati, e la località non perde una struttura turistica importante.
Tabella riepilogativa – Settore Turismo
Problemi nelle imprese turistiche | Possibili soluzioni via composizione negoziata |
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Elevato indebitamento su immobili (hotel) | Debt equity swap parziale con nuovi investitori (banca che converte parte credito in quota, o cede il credito all’investitore a sconto); rifinanziamento con garanzie pubbliche (es. Fondo garanzia PMI turismo) per sostituire debito a breve con debito a lungo più sostenibile. |
Bassa occupazione camere/stagionalità | Diversificazione dell’offerta (es. congressi, apertura fuori stagione con eventi); alleanze con tour operator per flussi costanti; in sede di composizione, accordi promozionali con enti turistici locali per rilanciare la domanda. |
Affitti eccessivi di strutture (es. ristoranti in affitto d’azienda) | Rinegoziazione dei contratti di affitto d’azienda o di ramo d’azienda; previsione di canoni variabili legati al fatturato per il periodo di risanamento; se il locatore è indisponibile, valutazione di restituire l’azienda e ripartire altrove su scala minore. |
Crediti dei clienti (caparre, voucher) | Protezione della fiducia dei clienti: onorare i voucher e le caparre magari con assicurazioni o con accordi (es. offrire upgrade per chi mantiene la prenotazione); eventuale coinvolgimento di associazioni consumatori per concordare modalità di rimborso parziale in tempi certi. |
Necessità di rinnovamento per competere | Inserimento nel piano di investimenti (anche piccoli) in miglioramenti chiave, magari finanziati dal nuovo investitore o da bandi pubblici (bonus turismo, fondi regionali); l’anticipazione di tali interventi può convincere i creditori sulla futura ripresa dell’impresa. |
Composizione negoziata nell’artigianato e piccole imprese
Le micro e piccole imprese dell’artigianato (dalle botteghe tradizionali ai piccoli laboratori manufatturieri) sono tra i soggetti che possono trarre giovamento dalla composizione negoziata, pur non essendo storicamente soggetti al fallimento. Circa il 2% delle composizioni negoziate attivate riguarda imprese artigiane o assimilabili. Queste realtà spesso hanno un forte legame territoriale e familiare, ma possono andare in crisi per la difficoltà di competere con produzioni industriali o per cambi generazionali problematici. Cause di crisi tipiche: calo della domanda per prodotti artigianali tradizionali, mancanza di ricambio generazionale (il titolare anziano senza successori), struttura finanziaria debole (capitale proprio ridotto e ricorso a prestiti personali), eccessiva dipendenza da pochi clienti (es. subfornitore di un’unica grande azienda che interrompe gli ordini).
Creditori coinvolti: Nelle crisi artigiane spesso i creditori principali sono gli istituti di credito locali (affidamenti bancari ottenuti magari con garanzie personali dell’artigiano o dei familiari) e i fornitori di materie prime. Possono esserci debiti con il Fisco e i contributi previdenziali (molti artigiani individuali hanno contributi INPS artigiani e imposte personali non pagate se l’attività va male). In caso di affitto dell’azienda o del locale, il proprietario dei muri è un altro attore. Non di rado le stesse famiglie dei titolari sono parte in causa, avendo prestato denaro all’impresa o avendone garantito i debiti.
Possibili soluzioni: La composizione negoziata per un artigiano mira spesso a snellire l’attività e ridurre l’esposizione personale:
- Si può proporre ai creditori un saldo e stralcio dei debiti, finanziato magari dalla cessione di un bene personale del titolare (es. vendere un immobile di famiglia per pagare in parte i creditori e chiudere le esposizioni). I creditori accettano se capiscono che l’alternativa (procedere esecutivamente sul poco che c’è) sarebbe peggiore.
- Se l’attività ha prospettive, occorre trovare un erede o acquirente: a volte la soluzione è che un altro artigiano del settore rilevi la bottega (avviamento, macchinari e clienti) per proseguire l’attività. Il corrispettivo di questa cessione potrà andare in parte ai creditori. La composizione negoziata facilita questo passaggio, permettendo accordi agevolati (magari l’acquirente assume anche qualche debito).
- Riduzione dei costi fissi: ad esempio, se l’artigiano ha un laboratorio in affitto troppo caro, si può pensare di trasferire l’attività in un luogo più economico (anche presso l’abitazione se possibile) come parte del piano di risanamento.
- Utilizzo di consorzi e associazioni: le associazioni di categoria (Confartigianato, CNA) spesso offrono supporto. In alcuni casi possono intervenire consorzi fidi artigiani per garantire nuovi piccoli prestiti che aiutino a pagare i creditori (in cambio, l’artigiano si impegna in un percorso di risanamento monitorato).
- Valorizzazione del marchio “artigianale”: se la crisi deriva da calo di vendite, l’esperto può suggerire iniziative commerciali, ad esempio vendita online dei prodotti artigianali, apertura a mercati esteri di nicchia. Mostrare ai creditori che l’azienda sta tentando di innovarsi e trovare clienti nuovi può indurli a maggiore flessibilità sui crediti pregressi.
Esempio pratico: La Bottega di Mario, laboratorio di ceramica artistica, è gestita da Mario, 65 anni, senza figli interessati a subentrare. Ha debiti per €100.000 (banche, fornitori di argilla, bollette arretrate) a fronte di un’attività in calo. Mario attiva la composizione negoziata. L’esperto, dopo aver analizzato la situazione, individua un giovane ceramista talentuoso disposto a rilevare la bottega. Con i creditori si concorda: Mario vende al giovane l’intera attività (macchinari, marchio, stock) per €60.000; di questi, €50.000 vanno ai creditori a titolo di stralcio (che quindi incassano circa il 50% medio dei loro crediti e rinunciano al resto), €10.000 rimangono a Mario come liquidazione per la pensione. La banca, garantita in passato dalla casa di Mario, accetta lo stralcio e libera l’ipoteca personale in cambio del pagamento immediato di €30.000 a valere su quel credito. I fornitori prendono anch’essi il 50% e mantengono rapporti col nuovo proprietario. Mario chiude la sua posizione debitoria senza fallire, e il giovane nuovo titolare può continuare l’attività su basi più leggere. L’alternativa sarebbe stata la chiusura e il recupero forzoso dei crediti sui beni personali di Mario, con esiti peggiori per tutti.
Tabella riepilogativa – Settore Artigianato
Elementi di crisi nelle imprese artigiane | Interventi risolutivi con composizione negoziata |
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Debiti personali intrecciati a quelli aziendali | Separazione dei patrimoni: accordi che liberano le garanzie personali in cambio di pagamento concordato; vendita di beni personali con consenso dei familiari per soddisfare creditori aziendali (evitando così pignoramenti della casa). |
Assenza di ricambio generazionale | Cessione concordata dell’attività a terzi (anche mediante affitto d’azienda con opzione di acquisto); tutoraggio del nuovo imprenditore durante la transizione per preservare i clienti. |
Piccolo mercato locale saturo | Ricerca di nuovi sbocchi commerciali con l’aiuto delle associazioni (fiere, marketplace online); eventuale cambio di produzione orientandosi a prodotti artigianali con maggiore domanda; nel piano di risanamento includere la promozione del prodotto in collaborazione con enti locali. |
Scarsa capacità di gestione finanziaria | Inserimento di un professionista (anche part-time) per tenere la contabilità e pianificare i flussi, con costo previsto nel piano; corsi di formazione manageriale offerti dall’associazione artigiani al titolare; implementazione di sistemi digitali (es. fatturazione elettronica) per migliorare il controllo di gestione. |
Molteplicità di piccoli creditori (bollette, fornitori vari) | Trattativa collettiva con supporto dell’esperto per proporre a tutti una percentuale di soddisfo (es. 50%) uguale, da pagare entro un certo tempo; utilizzo di eventuali fondi regionali di microcredito per raccogliere la somma necessaria a tali pagamenti una tantum. |
Best practice generali per una composizione negoziata efficace
Dall’analisi dei casi nei vari settori emergono alcuni principi trasversali che costituiscono le migliori prassi operative per sfruttare al meglio la composizione negoziata. In base alle indicazioni di fonti autorevoli (come linee guida CNDCEC e Unioncamere) e all’esperienza maturata, ecco un elenco di best practice generali:
- Agire tempestivamente: l’imprenditore non dovrebbe aspettare l’ultimo momento per chiedere aiuto. Prima si attiva la composizione negoziata (quando la crisi è ancora reversibile), maggiori sono le opzioni. Un’attivazione tardiva riduce il tempo a disposizione e può trovare i creditori già esasperati (o addirittura con procedure esecutive avviate).
- Completa trasparenza informativa: è essenziale preparare un dossier documentale solido per l’esperto e i creditori. Bilanci veritieri, situazione aggiornata dei debiti, elenco atti rilevanti degli ultimi anni: tutta la documentazione richiesta va fornita in modo completo e chiaro. Ciò favorisce la fiducia delle controparti negoziali e consente all’esperto di formulare diagnosi corrette.
- Coinvolgimento dei creditori chiave in buona fede: la composizione negoziata funziona solo se i principali creditori collaborano. È buona pratica, fin dal principio, individuare i key player tra i creditori (tipicamente la banca principale, il fisco se molto esposto, i fornitori strategici) e coinvolgerli in colloqui informali. Far capire loro che la procedura punta al massimo soddisfacimento possibile rispetto al fallimento aiuta a ottenere adesione.
- Piano di risanamento credibile e dettagliato: il piano (anche solo abbozzato inizialmente) dev’essere realistico e sostenibile. Le linee guida CNDCEC raccomandano di basarsi su assunzioni prudenziali e di motivare ogni ipotesi di rilancio. È utile includere scenari pluriennali, analisi di sensitività (cosa accade se le vendite restano più basse del previsto, etc.) e un cronoprogramma preciso di azioni (tagli, dismissioni, aumento di capitale). Un piano ben fatto facilita la convergenza dei creditori.
- Utilizzo degli strumenti della piattaforma: la normativa ha predisposto tool come il test pratico e la check-list. Vanno utilizzati diligentemente: ad esempio, il test pratico segnala il livello di difficoltà e non andrebbe “manipolato” per risultare migliore. La check-list aiuta a non dimenticare passaggi cruciali (come attivare la ricerca di finanziamenti o verificare i contratti pendenti). Seguire questi strumenti è considerato una best practice, tanto che l’esperto verificherà il loro corretto utilizzo.
- Comunicazione calibrata e tutela della reputazione: mantenere un equilibrio tra riservatezza (inizialmente limitando la conoscenza della situazione al necessario, per non allarmare clienti e mercato) e trasparenza verso le controparti coinvolte. Ad esempio, dopo la pubblicazione dell’istanza e l’accettazione dell’esperto (che diventano pubbliche), è bene che l’azienda comunichi ai partner commerciali che sta affrontando un percorso di risanamento volontario, distinto da un fallimento, per rassicurarli. Una comunicazione onesta ma ottimistica può preservare i rapporti commerciali durante le trattative.
- Ricorso a consulenti specializzati: la composizione negoziata è un processo complesso che richiede competenze legali, finanziarie e negoziali. È consigliabile che l’imprenditore si avvalga di professionisti qualificati (advisor finanziari, legali d’impresa, consulenti del lavoro se ci sono dipendenti) per interfacciarsi con l’esperto e i creditori. Le prassi operative suggeriscono anche di predisporre con l’aiuto di consulenti un piano in bozza avanzata già prima del primo incontro con i creditori, per dimostrare proattività.
- Buona fede e rispetto degli impegni: la composizione negoziata impone all’imprenditore obblighi di correttezza. Non intraprendere azioni lesive dei creditori (come distrarre beni, peggiorare volontariamente le garanzie, favorire qualche creditore occultamente) è fondamentale. Qualsiasi abuso verrà verosimilmente notato dall’esperto e dai creditori e porterebbe al fallimento di negoziato (e alla possibile revoca delle protezioni). Al contrario, rispettare anche gli impegni morali (es. pagare puntualmente forniture correnti, tenere informati i creditori sull’andamento) genera goodwill e facilita le concessioni.
- Coordinamento con eventuali procedure parallele: può capitare che l’azienda abbia anche trattative extra-procedurali o procedure minori parallele (es. richiesta di concordato “in bianco” come opzione di riserva, o trattative bilaterali già avviate con un creditore). Le best practice suggeriscono di coordinare tali iniziative con la composizione negoziata, evitando duplicazioni o conflitti. Ad esempio, se si deposita una domanda di concordato preventivo mentre è in corso la composizione, è necessario informare l’esperto e valutare l’impatto sulle trattative in corso.
- Monitoraggio costante e adattamento: infine, un buon andamento della composizione negoziata richiede un monitoraggio periodico degli accordi in via di definizione. L’esperto generalmente convoca riunioni periodiche e aggiorna sullo stato: l’imprenditore deve essere pronto ad adattare il piano se emergono nuove informazioni (ad esempio, se un creditore chiave chiede una modifica sostanziale, valutare se integrarla nel piano). La flessibilità e la velocità di reazione sono qualità premianti in questo processo negoziale.
Seguire queste best practice aumenta le probabilità di riuscire a evitare il fallimento e a concludere con successo la composizione negoziata. Come evidenziato dal Vicedirettore della Camera Arbitrale di Milano, è fondamentale “fare sistema” tra tutti gli attori – imprenditore, esperto, istituzioni, associazioni di categoria e creditori – per cogliere l’opportunità di affrontare la crisi quando questa è ancora gestibile e trasformarla in un rilancio dell’azienda. La composizione negoziata non è una panacea, ma con un approccio professionale e collaborativo può diventare lo strumento più efficace per conservare il valore dell’impresa e tutelare gli interessi di tutte le parti.
Domande frequenti (FAQ)
D: Chi può accedere alla composizione negoziata?
R: Possono accedere tutti gli imprenditori iscritti al registro imprese (incluse le società) commerciali o agricoli, che si trovino in condizioni di difficoltà economico-finanziaria ma ancora con prospettive di risanamento. Non vi sono limiti di dimensione (dalla piccola impresa individuale alla grande società). Anche un imprenditore tecnicamente già insolvente può avviare la composizione negoziata, purché l’insolvenza sia reversibile, ossia vi sia ancora la possibilità di recupero. Restano esclusi i soggetti non fallibili non imprenditori (consumatori, enti non profit) che devono ricorrere ad altre procedure (come il “concordato minore” per i sovraindebitati).
D: In che cosa la composizione negoziata differisce dal concordato preventivo?
R: La composizione negoziata non è una procedura concorsuale: è un percorso stragiudiziale, volontario, in cui l’imprenditore mantiene la gestione dell’impresa (non c’è il tribunale che nomina un commissario né spossessa l’imprenditore). Nel concordato preventivo, invece, l’impresa accede formalmente al tribunale, propone un piano vincolante per tutti i creditori che deve essere votato dagli stessi e omologato dal giudice; inoltre la procedura diventa pubblica e l’azienda è sotto controllo del tribunale (pur potendo conservare la continuità aziendale in certi casi). La composizione negoziata, in sintesi, è più flessibile e riservata: non produce effetti sui contratti (nessuno può imporre tagli ai crediti senza accordo) e non vincola i creditori dissenzienti, ma d’altra parte consente di testare soluzioni in modo consensuale. Spesso la composizione negoziata è un percorso pre-concordatario: se ha esito negativo, l’imprenditore può comunque ripiegare sul concordato preventivo (o concordato semplificato) successivamente. I vantaggi della composizione sono la maggiore snellezza (meno formalità, nessun voto dei creditori) e la possibilità di evitare la “etichetta” di fallimento se si raggiunge un accordo privato.
D: Quanto dura la composizione negoziata?
R: La durata massima prevista è di 12 mesi (un anno) dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto. Inizialmente il termine è di 180 giorni, prorogabile su richiesta motivata fino a un anno. In pratica, molte situazioni si risolvono (positivamente o negativamente) in pochi mesi – la legge incoraggia l’esperto a chiudere in tempi brevi – ma casi più complessi possono prolungarsi, con il consenso del tribunale per l’estensione delle misure protettive. Va segnalato che se dopo 6 mesi non si intravede alcun accordo e le trattative sono in stallo, spesso l’esperto suggerisce la chiusura anticipata della procedura per non aggravare la posizione dei creditori. Viceversa, se un accordo è in vista ma serve un po’ più di tempo per formalizzarlo, è possibile ottenere un’estensione entro il limite annuale.
D: Cosa succede se non si trova un accordo con i creditori?
R: Se la composizione negoziata si conclude con esito negativo (nessun accordo), l’imprenditore può valutare le alternative: presentare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione dei debiti in tribunale (utilizzando anche le informazioni raccolte durante le trattative), oppure – se l’azienda non è più salvabile – prendere atto dell’insolvenza e lasciar avviare la liquidazione giudiziale (ex fallimento). In alcuni casi, come visto, esiste la chance di un concordato semplificato liquidatorio, proponibile entro 60 giorni dalla chiusura della composizione negoziata, che permette di liquidare i beni evitando il fallimento e pagando i creditori secondo disponibilità. Se invece l’imprenditore non intraprende nulla e l’impresa è insolvente, un creditore o il PM potranno chiederne il fallimento. Da notare: l’esperto, nella relazione finale, indicherà le cause della mancata conclusione; se emergono colpe gravi dell’imprenditore, ciò potrebbe pesare in seguito. Viceversa, aver tentato la composizione in buona fede potrà essere valutato positivamente (ad esempio, escludendo il reato di bancarotta semplice per tardivo ricorso).
D: Durante la composizione negoziata i creditori possono portarmi via i beni o interrompere forniture?
R: L’imprenditore, se lo ritiene necessario, può ottenere dal tribunale le misure protettive che bloccano le azioni esecutive e cautelari dei creditori. Ciò significa che, per il periodo autorizzato (massimo 8 mesi rinnovabili), i creditori non possono pignorare i beni aziendali né escutere garanzie. Inoltre, durante la composizione negoziata non è lecito che fornitori essenziali interrompano le forniture per motivi legati a crediti pregressi (pena potenziali azioni risarcitorie): il tribunale può intervenire con provvedimenti cautelari per garantire la continuità, ordinando ad esempio di proseguire un contratto essenziale. Una novità specifica riguarda le banche: se l’impresa è protetta dalle misure, le banche non possono revocare le linee di fido solo perché l’azienda ha avviato la procedura. Possono però ridurre o cessare i fidi se ci sono altre ragioni (es. peggioramento dei conti secondo le regole di vigilanza prudenziale). In generale, dunque, l’azienda è al riparo da aggressioni dei creditori mentre tratta, purché agisca correttamente. Se qualche creditore tenta azioni legali in violazione delle misure protettive, tali atti sono nulli.
D: L’esperto può obbligarmi a fare delle scelte o prendere il controllo della mia impresa?
R: No, l’esperto è un facilitatore e mediatore, non ha poteri di gestione diretta. L’imprenditore rimane libero di prendere decisioni, salvo l’obbligo di astenersi da atti gravemente pregiudizievoli. L’esperto può segnalare il proprio dissenso su operazioni straordinarie o pagamenti non coerenti con le trattative o le prospettive di risanamento, ma non può impedirli direttamente (a meno che intervenga il tribunale su segnalazione). In pratica, però, se l’imprenditore dovesse ostinarsi in scelte contrarie al risanamento, i creditori perderebbero fiducia e la composizione fallirebbe (oltre al fatto che il dissenso dell’esperto sarebbe un documento utilizzabile contro l’imprenditore in sede di eventuale fallimento). Dunque, pur non avendo “poteri forti”, l’esperto esercita un’influenza morale e professionale significativa. Ma tutte le soluzioni proposte (dall’accordo stragiudiziale all’ipotesi di concordato) devono essere concordate dall’imprenditore: niente può essergli imposto autoritativamente nella composizione negoziata.
D: Quali costi comporta la procedura?
R: La composizione negoziata ha costi relativamente contenuti rispetto a un fallimento o a un concordato. Non vi sono spese di giustizia se non quelle di pubblicazione (diritti di segreteria) e l’eventuale costo dell’esperto. L’esperto indipendente ha diritto a un compenso per la sua opera, determinato secondo parametri fissati dal Decreto Dirigenziale e liquidato dal tribunale al termine della procedura. In generale il compenso è proporzionato alle dimensioni aziendali e all’attività svolta: per piccole imprese può essere dell’ordine di poche migliaia di euro. Questo costo è a carico dell’impresa (va trattato come debito prededucibile, prioritario). Tuttavia, molte Camere di Commercio prevedono che l’imprenditore versi un acconto modesto all’inizio (es. alcune centinaia di euro), e il resto viene liquidato a fine procedura. Inoltre, restano a carico dell’impresa gli eventuali consulenti che l’imprenditore decide di coinvolgere (avvocati, commercialisti di fiducia per aiutarlo nella procedura). Non ci sono altri costi “vivi” significativi. D’altro canto, i benefici economici di evitare un fallimento (con i relativi costi in perdita di valore e spese legali) sono di gran lunga superiori.
D: Quali vantaggi ha l’imprenditore che tenta la composizione negoziata dal punto di vista legale?
R: Il legislatore ha previsto alcune misure premiali per incentivare la tempestiva emersione della crisi. Tra i vantaggi:
- Se l’imprenditore avvia la composizione negoziata prima che la crisi diventi insolvenza conclamata, non incorrerà nelle sanzioni previste per il ritardato ricorso alle procedure (ad esempio, questo comportamento virtuoso potrebbe escludere le fattispecie di bancarotta semplice per tardiva dichiarazione di fallimento).
- Durante le trattative, come accennato, egli conserva la gestione ordinaria e straordinaria: può quindi proseguire l’attività e tentare il risanamento senza subire l’onta dell’apertura di un fallimento.
- Gli atti compiuti in coerenza col piano e con il consenso dell’esperto godono di una sorta di “safe harbor”: è meno probabile che siano revocati o contestati successivamente, perché dimostrano lo sforzo di risanare (esempio: pagamenti autorizzati dal tribunale durante le misure protettive sono prededucibili e non soggetti a revocatoria).
- I nuovi finanziamenti apportati durante la composizione negoziata (con il nulla osta dell’esperto o l’autorizzazione del giudice) sono considerati prededucibili, cioè se malauguratamente si aprirà poi un fallimento, quei finanziatori verranno rimborsati prima di altri creditori chirografari. Ciò rende più facile attrarre capitali freschi o anche convincere fornitori a dare merce a credito durante la procedura, sapendo di avere una tutela in più.
- Sul piano fiscale, il nuovo Codice prevede che le eventuali sopravvenienze attive derivanti da riduzioni di debiti concordate con i creditori siano esentasse se realizzate nell’ambito di accordi di ristrutturazione o piani attestati (quindi indirettamente, chi chiude accordi con i creditori non deve pagare imposte sul “guadagno” derivante dallo stralcio dei debiti).
In sintesi, l’imprenditore onesto e lungimirante che percorre la via della composizione negoziata viene premiato dall’ordinamento con protezioni e agevolazioni, nella logica di incentivare la conservazione del valore aziendale e la continuità, a beneficio anche dei creditori e dell’economia in generale.
Bibliografia
Fonti normative:
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (e successive modifiche: D.Lgs. 83/2022; D.Lgs. 13 ottobre 2023, n. 136). Articoli 12–25 (Composizione negoziata della crisi), art. 25-sexies (Concordato semplificato per la liquidazione), art. 54 (Misure cautelari), etc.
- Decreto-Legge 24 agosto 2021, n. 118 – “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale”, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147. (Introdotta la composizione negoziata e il concordato semplificato).
- Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28 settembre 2021 – Istituzione del test pratico e della prima check-list di autodiagnosi ai sensi dell’art. 13, co. 2 CCII.
- Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 21 marzo 2023 – Aggiornamento del test pratico e della check-list particolareggiata nella composizione negoziata (in G.U. n.74 del 28/03/2023).
- Direttiva (UE) 2019/1023 – Direttiva Insolvency UE sulla ristrutturazione precoce e insolvenza (recepita dall’Italia con D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2023).
Giurisprudenza (2023–2025):
- Tribunale di Milano, ord. 22 novembre 2023 – Inammissibilità di misure cautelari con effetti sovrapponibili alle misure protettive.
- Tribunale di Parma, decr. 26 settembre 2023 – Determinazione dei compensi di difensori e advisor nell’ambito di composizione negoziata.
- Tribunale di Napoli Nord, decr. 2024 – Revoca delle misure protettive ex art. 18 CCII in caso di piano di risanamento inadeguato.
- Corte d’Appello di Trieste, sent. 22 maggio 2024 – Accesso alla composizione negoziata da parte di società in stato di insolvenza (revoca della dichiarazione di liquidazione giudiziale).
- Tribunale di Milano, decr. 12 agosto 2023 – Autorizzazione alla cessione di ramo d’azienda durante la composizione negoziata (requisiti e condizioni per l’art. 21 CCII).
- Cassazione Civile, sez. I, ord. 13 gennaio 2024, n. 1033 – In tema di cram-down fiscale nel concordato (rilevante per le trattative sui debiti tributari).
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