Hai ricevuto una cartella esattoriale vecchia, notificata per un debito risalente a 5, 10, 15 o anche 20 anni fa? Ti stai chiedendo se devi ancora pagare tutto, se il debito è prescritto, oppure se puoi opporti e bloccare la richiesta?
In molti casi, l’Agenzia delle Entrate Riscossione tenta di riscuotere somme vecchie, a volte prescritte, confidando nel fatto che il contribuente non conosca i propri diritti. Ma la legge ti offre strumenti di difesa molto efficaci, se sai come e quando usarli.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, prescrizione dei debiti e difesa da cartelle esattoriali – ti spiega cosa fare se ricevi una cartella dopo molti anni, quando puoi non pagarla e come far valere i tuoi diritti, legalmente.
Hai ricevuto una cartella esattoriale vecchia e sospetti che non sia più valida?
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Introduzione
Le cartelle esattoriali – ora cartelle di pagamento emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) – rappresentano l’atto con cui l’ente di riscossione richiede al contribuente il pagamento di somme dovute a titolo di imposte, contributi o sanzioni. Spesso accade che il destinatario si veda recapitare una cartella relativa a debiti molto datati (risalenti anche a 5, 10, 15 o 20 anni prima), generando dubbi sulla legittimità della richiesta e su come affrontarla. Questa guida, aggiornata a giugno 2025, fornisce un’analisi giuridica avanzata – ma dal taglio divulgativo – sulle cartelle esattoriali “vecchie” e su cosa fare dal punto di vista del debitore per gestirle.
Affronteremo in dettaglio:
- La normativa italiana vigente in materia di riscossione coattiva, con attenzione alle ultime riforme (ad es. interventi legati al PNRR e alla delega di riforma fiscale) e alle novità introdotte fino al 2025.
- Le misure di definizione agevolata dei debiti (le cosiddette rottamazioni delle cartelle, i provvedimenti di saldo e stralcio e condoni) comprese le più recenti iniziative come la “rottamazione-quater” del 2023 e successive proroghe e riaperture nel 2025.
- I concetti chiave di prescrizione e decadenza dei debiti iscritti a ruolo, nonché gli aspetti relativi alla notifica delle cartelle e ai possibili vizi che possono renderle nulle o annullabili.
- Un esame delle principali sentenze giurisprudenziali in materia: pronunce della Corte di Cassazione (anche a Sezioni Unite), della Corte Costituzionale e, se pertinenti, della Corte di Giustizia UE, con particolare attenzione agli orientamenti più recenti e autorevoli (fino al 2025).
- Alcune simulazioni pratiche con casi ipotetici di cartelle vecchie di 5, 10, 15 e 20 anni, per mostrare concretamente cosa potrebbe fare un debitore in ciascuno di questi scenari.
- Tabelle riepilogative che riassumono i termini temporali (decadenza e prescrizione) per le varie tipologie di debito e atto, gli strumenti a disposizione del debitore, gli enti coinvolti nel procedimento e le possibili azioni di opposizione o richieste di annullamento.
- Una sezione di Domande e Risposte frequenti (FAQ) sui dubbi più comuni in ambito fiscale e tributario riguardanti le cartelle esattoriali datate, con risposte chiare e riferimenti normativi essenziali.
Stile della guida: utilizzeremo un linguaggio preciso e “tecnico” dal punto di vista giuridico (citando leggi e sentenze rilevanti), ma con spiegazioni ed esempi che rendano i contenuti comprensibili anche ai non addetti ai lavori. I paragrafi saranno brevi e focalizzati su un punto, con titoli e sottotitoli chiari per facilitare la consultazione rapida. L’obiettivo è fornire un livello di approfondimento avanzato utile in ambito professionale, senza rinunciare alla chiarezza espositiva per il lettore comune.
Iniziamo tracciando il quadro normativo e delle riforme recenti in materia di riscossione delle cartelle esattoriali, indispensabile per capire come vengono gestite oggi le cartelle “vecchie” e quali novità influenzano il debitore.
Normativa vigente e riforme recenti (PNRR e riforma fiscale)
Per comprendere come gestire le cartelle esattoriali datate, è fondamentale conoscere il contesto normativo attuale e le riforme più recenti che hanno inciso sulla riscossione dei tributi in Italia. Negli ultimi anni vi sono stati importanti interventi legislativi – in parte collegati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e alla riforma fiscale del 2023/2024 – volti a rendere più efficiente il sistema di riscossione e a smaltire l’enorme magazzino di crediti non riscossi accumulati nel tempo. Ecco i punti salienti della normativa vigente e delle novità fino al 2025:
- Testo Unico della Riscossione (D.P.R. 602/1973): rimane il pilastro normativo che disciplina la riscossione coattiva delle imposte e di altri crediti pubblici. Esso regola la formazione dei ruoli, la notifica delle cartelle di pagamento (art. 25 e 26 D.P.R. 602/1973) e le procedure esecutive. Ad esso si affiancano norme speciali per particolari tipi di entrate (ad esempio, il D.Lgs. 46/1999 per ruoli INPS/INAIL, la L. 689/1981 per sanzioni amministrative, ecc.). Nel 2024, per attuare la delega della riforma fiscale, è stato emanato un decreto legislativo organico di riordino della riscossione, di cui diremo tra poco.
- Delega per la riforma fiscale (L. 111/2023): nell’agosto 2023 il Parlamento ha approvato una legge delega per la riforma del sistema fiscale, che all’art. 18 dettava principi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema nazionale della riscossione. Questa delega, in linea con gli obiettivi del PNRR, mirava a rendere più tempestiva ed efficace la riscossione, semplificando le procedure e riducendo i crediti non recuperabili. In attuazione di tale delega, il Governo ha emanato il D.Lgs. 29 luglio 2024, n. 110, entrato in vigore l’8 agosto 2024.
- Riforma della riscossione 2024 (D.Lgs. 110/2024): Questo decreto legislativo rappresenta uno spartiacque, poiché introduce importanti novità operative a partire dal 1° gennaio 2025. Tra le misure chiave vi sono:
- Notifica tempestiva delle cartelle: l’Agenzia Entrate-Riscossione dovrà tentare la notifica della cartella entro 9 mesi dall’affidamento del carico da parte dell’ente creditore. In altre parole, dal momento in cui un ente (es. Agenzia delle Entrate per imposte, un Comune per tributi locali, ecc.) affida il ruolo da riscuotere, il concessionario della riscossione ha al massimo 9 mesi per notificare la cartella al contribuente (salvo circostanze eccezionali che possano estendere tale termine). Ciò è volto a evitare che cartelle vengano notificate con eccessivo ritardo rispetto alla formazione del debito.
- Discarico automatico dei crediti non riscossi entro 5 anni: a regime, dal 1° gennaio 2025, le somme affidate all’Agente della riscossione che non vengono riscosse entro la fine del quinto anno successivo all’affidamento saranno automaticamente “scaricate”, ossia restituiti all’ente creditore e tolte dal magazzino della riscossione. In pratica il legislatore ha stabilito che, esauriti 5 anni senza successo, il carico si considera inesigibile e viene avviata la procedura di annullamento dal lato della riscossione (fermo restando che, in teoria, il credito potrebbe ancora essere dovuto all’ente, ma di fatto non verrà più perseguito dal concessionario). Vi sono eccezioni temporanee per i casi in cui il mancato incasso entro 5 anni dipenda da situazioni pendenti – ad esempio:
- sospensione della riscossione per provvedimento amministrativo o giudizi pendenti (es. ricorsi con sospensiva);
- rateizzazioni in corso o altre definizioni agevolate in essere entro quel quinquennio;
- procedure esecutive avviate o procedure concorsuali (fallimenti, ecc.) in corso.
- Verifica dei carichi e cancellazione del magazzino pregresso: il decreto prevede anche una procedura di “pulizia” del vasto magazzino di ruoli degli anni passati. In particolare, per i carichi affidati tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2024, gli enti creditori avranno tempo fino al 31 dicembre 2031 per verificare quali di quei crediti vogliono mantenere in riscossione. La verifica potrà portare al discarico anticipato per i crediti definiti inesigibili (ad esempio debitori nullatenenti o falliti). In ogni caso, le quote di tale periodo che non saranno verificate entro il 31 dicembre 2033 verranno comunque discaricate d’ufficio alla data del 31/12/2033. Si tratta dunque di un meccanismo a termine per eliminare dal ruolo, entro il 2033, tutti i vecchi debiti oggi ancora “a ruolo” ma che non siano stati attivamente confermati e perseguiti dagli enti impositori.
- Nuove dilazioni di pagamento: il riformato art. 19 D.P.R. 602/1973, sempre dal 2025, amplia le possibilità di ottenere rateizzazioni più lunghe su semplice richiesta. Già in passato erano previste piani di rate fino a 72 rate (6 anni) o eccezionalmente 120 rate (10 anni) in caso di grave difficoltà. Con la riforma, viene esteso il numero di rate concedibili e semplificato l’accesso: in particolare, il numero massimo di rate ottenibili senza dover fornire prova della difficoltà è stato aumentato (consentendo quindi piani più lunghi a più contribuenti). Ad esempio, se prima serviva comprovare peggioramenti per avere oltre 72 rate, ora il limite “automatico” potrebbe essere innalzato (dettagli attuativi sono fissati nei provvedimenti correlati). Questo consente a chi ha debiti, anche datati, di diluire il pagamento su un periodo più ampio, facilitando la regolarizzazione.
- PNRR e digitalizzazione delle notifiche: Nell’ambito del PNRR, l’Italia ha introdotto una serie di misure per digitalizzare e velocizzare le comunicazioni della PA, incluse le notifiche degli atti di riscossione. Dal 2021 è stata creata una Piattaforma per la notificazione degli atti della Pubblica Amministrazione, e dal 2022 la notifica via PEC (Posta Elettronica Certificata) è diventata lo standard per le cartelle esattoriali destinate a imprese e professionisti (obbligati ad avere un domicilio digitale). Questo significa che molte cartelle “recenti” non viaggiano più con l’ufficiale giudiziario o il postino, ma vengono recapitate telematicamente alla casella PEC del contribuente (o depositate nel portale in caso di irreperibilità). Tale innovazione dovrebbe ridurre i casi di mancata notifica e le lungaggini procedurali. Tuttavia, per le cartelle più vecchie (risalenti a oltre 5-10 anni fa), è probabile che la notifica originaria fosse cartacea e occorrerà verificarne la validità, come vedremo.
- Stop emergenziali e proroghe: il contesto 2020-2021, con la pandemia da Covid-19, ha visto numerosi sospensioni e proroghe legislative dei termini di riscossione. Il “congelamento” delle attività di notifica e di esecuzione dall’8 marzo 2020 fino al 31 agosto 2021 (periodo di emergenza pandemica) ha avuto due effetti principali:
- Le cartelle che dovevano essere notificate in quel periodo sono state rinviate (molte notifiche di atti sono ripartite a settembre 2021).
- Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza: le varie norme emergenziali hanno previsto che il periodo di sospensione non fosse conteggiato ai fini del decorso della prescrizione dei debiti e che certi termini di decadenza fossero prorogati. Ad esempio, un termine di prescrizione quinquennale in corso nel marzo 2020 si è visto “mettere in pausa” per circa 18 mesi, riprendendo a decorrere solo da settembre 2021. Ciò significa che, concretamente, debiti che al 2025 sembrerebbero vecchi di 10 anni (ad es. una cartella del 2015) potrebbero non aver maturato tutti i 10 anni di tempo “utile” a causa di questo anno e mezzo sospeso. Questo va tenuto presente quando si ragiona sulla prescrizione di cartelle vecchie: il calendario legale può differire da quello effettivo per via di tali sospensioni straordinarie.
- Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER): dal 1° luglio 2017 Equitalia è stata soppressa e le sue funzioni sono passate all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ente pubblico economico. La disciplina delle cartelle è rimasta però sostanzialmente la stessa. ADER opera sotto la vigilanza del MEF e con poteri analoghi al suo predecessore. Questa riforma organizzativa è stata accompagnata da varie misure di “pace fiscale” e definizioni agevolate negli anni successivi (2017-2023) di cui parleremo tra poco. Nel 2022-2023 ADER ha emanato proprie circolari attuative (ad es. sulla cancellazione automatica dei piccoli debiti e sulla rottamazione-quater). Dal punto di vista del debitore, sapere che l’ente di riscossione è ADER è importante per individuare l’interlocutore giusto: eventuali istanze di rateazione, autotutela sulla cartella, adesione a rottamazione, ecc., vanno presentate a essa, mentre per contestare la fondatezza del tributo occorre rivolgersi all’ente creditore (Agenzia Entrate, Comune, INPS, ecc.) o al giudice competente.
In sintesi, a giugno 2025 il quadro normativo risulta in evoluzione verso una riscossione più rapida ma anche dotata di meccanismi per mandare in pensione le vecchie cartelle non riscosse (grazie al discarico automatico quinquennale). Contestualmente, sono state varate ampie misure agevolative per chiudere i contenziosi e regolarizzare i debiti pendenti. Nel prossimo capitolo approfondiremo proprio queste definizioni agevolate – le cosiddette rottamazioni e condoni – che rappresentano spesso la soluzione più conveniente per il debitore con cartelle arretrate.
Definizioni agevolate: rottamazioni, “saldo e stralcio” e condoni delle cartelle
Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie misure straordinarie per agevolare i debitori nel pagamento delle cartelle esattoriali, prevedendo sconti su sanzioni e interessi o persino annullamenti automatici di alcuni debiti. Questi interventi, spesso noti come “pace fiscale”, sono cruciali da conoscere quando si affrontano cartelle vecchie, perché possono offrire vie di uscita più vantaggiose rispetto al pagamento integrale. Di seguito esaminiamo le principali definizioni agevolate dal 2016 in poi, con focus sulla rottamazione-quater del 2023 e sue proroghe fino al 2025:
- Rottamazione delle cartelle (Definizione agevolata): con questo termine ci si riferisce a una serie di provvedimenti (introdotti a più riprese a partire dal 2016) che consentono di estinguere i debiti iscritti a ruolo pagando solo una parte degli importi dovuti. In genere, la rottamazione prevede che il debitore paghi il solo importo residuo del tributo o della sanzione principale, senza le sanzioni aggiuntive e senza gli interessi di mora e/o gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo. In alcuni casi vengono eliminati anche gli aggi di riscossione. Le rottamazioni succedutesi:
- “Rottamazione 2016/2017” (prima definizione agevolata) – Introdotta dal D.L. 193/2016 (convertito in L. 225/2016), riguardava i carichi affidati dal 2000 al 2016. Ha consentito di pagare il debito senza sanzioni né interessi di mora. Il pagamento poteva essere rateizzato (fino a massimo 5 rate entro il 2018).
- Rottamazione-bis (2017) – Prevista dal D.L. 148/2017 (conv. L. 172/2017), ha esteso la definizione agevolata anche ai carichi affidati nella prima parte del 2017 e ha riaperto i termini per chi non aveva aderito o era decaduto dalla prima rottamazione.
- Rottamazione-ter (2018/2019) – Introdotta con il D.L. 119/2018 (conv. L. 136/2018), riguardava i carichi affidati dal 2000 fino al 31 dicembre 2017. Condizioni simili (stralcio di interessi e sanzioni) con pagamento dilazionabile in 18 rate fino al 2023. Molti contribuenti hanno aderito; tuttavia, a causa di difficoltà (anche legate al Covid), diverse scadenze di pagamento sono state prorogate. Il legislatore è intervenuto più volte per evitare decadenze: ad esempio, con D.L. 34/2019 e D.L. 73/2021 sono stati estesi i termini entro cui effettuare i pagamenti della rottamazione-ter senza perdere i benefici.
- Saldo e stralcio (2019) – Accanto alla rottamazione-ter, la Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018) ha introdotto uno speciale “saldo e stralcio” delle cartelle. Questa misura, diversa dalla rottamazione standard, era riservata alle persone fisiche in comprovata grave e difficoltosa situazione economica (indicata da un ISEE fino a 20.000 euro). Ha permesso di estinguere i debiti relativi a carichi affidati dal 2000 al 2017 derivanti da omessi versamenti di imposte dichiarate o contributi dovuti dagli iscritti alle casse previdenziali, pagando solo una percentuale ridotta (16%, 20% o 35% a seconda dell’ISEE) del dovuto, con l’azzeramento di sanzioni e interessi. La scadenza per aderire era il 30 aprile 2019. Chi vi ha aderito ha pagato in unica soluzione entro novembre 2019 o in rate fino al 2021. Anche per saldo e stralcio, in caso di omessi pagamenti, vi è stata la decadenza dal beneficio.
- Stralcio dei debiti fino a 1.000 euro (2023) – La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha previsto, ai commi 222-230 dell’art. 1, l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a € 1.000 affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2015. In pratica, tutti i piccoli debiti – inclusi tributi locali, multe, imposte erariali – iscritti a ruolo in quel periodo, se al 1° gennaio 2023 avevano importo ancora dovuto non superiore a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni), sono stati cancellati d’ufficio al 31 marzo 2023. Non era richiesta alcuna domanda del contribuente. Questa misura ha “pulito” milioni di vecchie cartelle di modesto importo. Va notato che per i debiti verso enti diversi dallo Stato (Comuni, ecc.) la norma dava facoltà all’ente creditore di escludere l’annullamento (ad esempio, diversi Comuni hanno deliberato di non aderire allo stralcio per le proprie entrate). Dunque, per i debiti sotto 1.000€ di quegli anni, occorre verificare se sono stati effettivamente annullati: in molti casi la risposta è sì.
- Stralcio dei debiti fino a 5.000 euro (2021) – Un precedente “condono” c’era stato con il D.L. 41/2021 (DL Sostegni), che aveva disposto l’annullamento dei debiti fino a €5.000 affidati dal 2000 al 2010, ma limitatamente ai debitori con reddito imponibile < €30.000 (anno 2019). Questa misura ha interessato una platea più ristretta (perché con limite di reddito) rispetto allo stralcio 2023.
- Rottamazione-quater (2023): Si tratta della quarta edizione della definizione agevolata, prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (art. 1 commi 231-252 L. 197/2022). Le caratteristiche principali:
- Ambito temporale: Debiti affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Quindi copre cartelle relative a carichi molto “vecchi” (anni 2000) fino a quelli recenti di prima metà 2022.
- Beneficio: stralcio totale di sanzioni e interessi di mora. Per le multe stradali, stralcio degli interessi (comunque le multe, essendo esse stesse sanzioni, non vedono cancellata la “pena pecuniaria” principale ma solo gli interessi di mora e l’eventuale maggiorazione ex L. 689/81). Restano dovuti il capitale, l’aggio (se dovuto) e le spese di notifica.
- Pagamento rateale: Il pagamento poteva essere dilazionato in un massimo di 18 rate in 5 anni (con scadenze: 2023–2027). Il 20% doveva essere versato nel 2023 (in due rate: luglio e novembre 2023, poi prorogate a ottobre 2023 e dicembre 2023), e il restante 80% in 16 rate trimestrali dal 2024 al 2027.
- Adesione: Il termine per presentare la domanda di adesione inizialmente era il 30 aprile 2023 (poi prorogato al 30 giugno 2023). L’adesione avveniva online (sul portale ADER) senza necessità di intermediari. Entro il 30 settembre 2023 l’agente della riscossione comunicava gli importi dovuti e le scadenze.
- Decadenza: Il mancato o tardivo pagamento di una qualunque rata comporta la perdita dei benefici (decadenza dalla rottamazione) e la ripresa delle azioni di riscossione per l’intero importo originario (al netto di quanto eventualmente già versato). Tuttavia, come vedremo tra poco, nel 2025 è stata prevista una possibilità di rientro per chi è decaduto.
- Il decreto “Milleproroghe” 2023 (D.L. 198/2022 conv. L. 14/2023) ha spostato il termine di adesione dal 30 aprile al 30 giugno 2023 e le prime scadenze di pagamento (prima rata al 31 ottobre 2023 e seconda al 30 novembre 2023, poi un’ulteriore mini-proroga al 7 dicembre 2023 in via amministrativa).
- Nel corso del 2023 non sono state concesse tolleranze sui pagamenti (dopo l’esperienza delle proroghe Covid per le rottamazioni precedenti). Dunque chi non ha pagato le rate del 2023 entro le date previste è decaduto automaticamente.
- Riammissione alla rottamazione-quater (2025): Con il decreto Milleproroghe 2024 (D.L. 198/2024 conv. in L. 15/2025) il legislatore ha introdotto un’ultima opportunità per i contribuenti che erano decaduti dalla rottamazione-quater per mancato pagamento delle rate del 2023. In particolare, l’art. 3-bis di tale decreto ha previsto la possibilità, per i decaduti entro il 31 dicembre 2024, di presentare una nuova domanda di adesione entro il 30 aprile 2025 al fine di essere riammessi alla definizione agevolata. Questa riapertura straordinaria consente a chi aveva saltato quelle scadenze di riprendere il piano agevolato, versando gli importi dovuti (di norma in un’unica soluzione immediata o comunque secondo modalità stabilite dal provvedimento attuativo). Si tratta dunque di una “rottamazione-quater bis” rivolta solo a chi aveva aderito ma poi perso il diritto. Va sottolineato che non si tratta di una riapertura per nuovi carichi o per chi non aveva presentato domanda nel 2023, bensì di un “salvagente” per chi è incorso in decadenza.
- Altre misure agevolative recenti: oltre alle rottamazioni e stralci citati, meritano menzione:
- La Definizione agevolata delle liti fiscali pendenti (sempre prevista dalla L. 197/2022 art. 1 commi 186-205): ha consentito nel 2023 di chiudere molte controversie tributarie pendenti in Cassazione o grado inferiore mediante il pagamento di un importo ridotto (dal 5% al 20% del valore del contenzioso, a seconda dell’esito in primo/secondo grado). Questo non incide direttamente sulle cartelle esattoriali, ma se un contribuente con una cartella in contestazione ha definito la lite, quel debito viene rideterminato e poi eventualmente si riflette sulla cartella.
- La Rinuncia ai giudizi pendenti per rottamazione: la rottamazione-quater prevedeva che il debitore, nell’atto di adesione, dichiarasse eventuali giudizi pendenti sugli stessi carichi e si impegnasse a rinunciarvi. In caso di adesione accolta, il giudizio veniva estinto. Ciò è stato oggetto anche di chiarimenti giurisprudenziali: ad esempio, la Cassazione ha affermato che la presentazione della domanda di rottamazione-quater in pendenza di un ricorso in Cassazione comporta l’estinzione del processo per cessata materia del contendere (in base al comma 236 della L. 197/2022).
- Mini-condoni locali: alcuni enti locali, indipendentemente dalle norme statali, hanno adottato delibere o provvedimenti per sanare vecchie posizioni (ad esempio, sanatorie per ingiunzioni fiscali locali, o annullamento di vecchie multe prescritte). È sempre utile informarsi se l’ente creditore (Comune, Regione) abbia deliberato qualcosa in proposito.
In conclusione, per un debitore con cartelle esattoriali di molti anni fa, è fondamentale verificare se rientra in qualcuna delle definizioni agevolate sopra descritte. Ad esempio:
- Se ha debiti inferiori a 1.000 € risalenti a prima del 2015, probabilmente sono stati annullati automaticamente nel 2023 (salvo eccezioni locali).
- Se ha debiti affidati fino al 2017 e si trova in difficoltà economica, potrebbe aver usufruito (o potrebbe ancora pagare rate) del saldo e stralcio 2019.
- Se ha debiti fino al 2022, la rottamazione-quater è stata un’occasione importante: se vi ha aderito, dovrà rispettare il piano di pagamenti fino al 2027; se non vi ha aderito, attualmente (2025) non ci sono altre rottamazioni aperte, ma non è escluso che in futuro ce ne siano di nuove.
- Se era decaduto dalla rottamazione-quater, ha avuto entro aprile 2025 la chance di riammissione.
- Se ha contenziosi aperti, potrebbe valutare definizioni delle liti o altre forme di conciliazione.
Nel prossimo capitolo entreremo nel merito dei tempi di prescrizione e decadenza delle cartelle esattoriali, che sono spesso l’argomento centrale quando si parla di cartelle vecchie di molti anni: capire se il diritto di riscossione si sia estinto per il trascorrere del tempo o se invece la cartella è ancora valida.
Prescrizione dei debiti iscritti a ruolo (cartelle esattoriali)
Una delle prime domande che il destinatario di una cartella esattoriale “vecchia” si pone è: «Non è ormai prescritta?». La prescrizione è l’istituto giuridico in base al quale un diritto si estingue se il titolare non lo esercita entro un certo periodo di tempo. Nel caso delle cartelle esattoriali, parliamo della prescrizione del diritto di esigere il pagamento dei tributi o delle sanzioni contenute nella cartella. È fondamentale sapere che non esiste un unico termine di prescrizione valido per tutte le cartelle: il termine dipende dalla natura del credito sottostante (imposte, contributi, multe, etc.) e dalle norme che lo regolano. Inoltre, la prescrizione può essere interrotta da atti di riscossione che fanno ripartire il conteggio del tempo da capo. Analizziamo quindi in dettaglio:
Differenza tra prescrizione e decadenza
Prima di addentrarci nei termini specifici, chiarifichiamo la differenza tra prescrizione e decadenza, poiché spesso si confondono:
- La decadenza, nel contesto delle cartelle, riguarda il termine entro cui l’ente creditore deve compiere un determinato atto (es. notificare un avviso di accertamento o una cartella) a pena di perdita del diritto di farlo. È un termine procedimentale, generalmente più breve, il cui superamento rende l’atto nullo (inesistente il titolo esecutivo).
- La prescrizione attiene invece al termine entro cui, dopo la formazione del titolo definitivo (cartella non impugnata, avviso d’accertamento definitivo, sentenza passata in giudicato, etc.), il credito può essere legalmente riscossi. Se il creditore non svolge alcun atto interruttivo per un periodo pari al termine di legge, il diritto alla riscossione si estingue e il debitore può opporre la prescrizione per non pagare. La prescrizione è dunque un termine sostanziale, generalmente più lungo, e opera su un credito già formatosi.
In sintesi: la decadenza colpisce il potere di accertare o iscrivere a ruolo (prima che la cartella nasca); la prescrizione colpisce il diritto di riscuotere un credito già iscritto a ruolo. Qui ci focalizziamo sulla prescrizione, mentre la decadenza verrà trattata successivamente.
Termini di prescrizione per tipologia di credito
Ogni tipologia di credito ha un suo termine di prescrizione stabilito dalla legge. Occorre distinguere principalmente tra:
- Tributi erariali (statali): es. IRPEF, IVA, IRES, IRAP, imposta di registro, bollo auto erariale, ecc.
- Tributi locali: es. IMU, TARI (rifiuti), TASI (fino al 2019), vecchia ICI, ecc., gestiti da Comuni o altri enti locali.
- Contributi previdenziali: es. contributi INPS, INAIL.
- Sanzioni amministrative: es. multe stradali (violazioni Codice della Strada) e altre sanzioni ex L. 689/81.
- Accessori: interessi e aggi di riscossione, che seguono regole proprie.
Vediamo i termini di prescrizione ordinariamente applicabili:
- Tributi erariali (imposte statali: IRPEF, IVA, ecc.): Il termine generale è di 10 anni (prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c.), salvo eccezioni di legge. Queste imposte infatti non rientrano tra le “prestazioni periodiche” soggette a termine breve di 5 anni. La Corte di Cassazione ha più volte affermato che ogni periodo d’imposta costituisce un’obbligazione autonoma, non assimilabile a una rendita periodica continuativa. Di conseguenza IRPEF, IVA, IRES, IRAP si prescrivono in 10 anni, a meno che una legge speciale non preveda un termine diverso per uno specifico tributo. Ad esempio, l’imposta di registro su atti giudiziari segue anch’essa l’ordinario decennale, così come il bollo auto erariale (mentre il bollo auto come tassa regionale potrebbe avere regole locali, ma in generale anch’esso è decennale come imposta indiretta, anche se a volte confuso con tributo locale). Riferimenti giurisprudenziali: Le Sezioni Unite della Cassazione nel 2024 (sent. n. 11676/2024) hanno affrontato espressamente il tema, ribadendo che i crediti tributari erariali si prescrivono in 10 anni, non essendo prestazioni periodiche. Nella stessa pronuncia hanno chiarito definitivamente che la notifica di una cartella non impugnata non “trasforma” la prescrizione breve in decennale ex art. 2953 c.c., concetto su cui torneremo a breve. In precedenza alcune sezioni semplici della Cassazione avevano talvolta affermato termini diversi (ad es. una ordinanza del 2021 aveva applicato 5 anni anche a cartelle IRPEF), ma con l’intervento delle Sezioni Unite il quadro ora è più stabile e orientato sul decennio per imposte.
- Tributi locali (IMU, TARI, ecc.): Per i tributi locali l’orientamento pressoché unanime è che si applichi la prescrizione quinquennale (5 anni) ai sensi dell’art. 2948 n.4 c.c.. Ciò perché questi tributi sono considerati prestazioni periodiche, in quanto commisurate a periodi temporali ricorrenti (es. annualità di possesso di un immobile per IMU o servizio rifiuti per TARI). La Cassazione fin dal 2010 (sent. n. 4283/2010) e in molte decisioni successive (es. Cass. ord. 31260/2023) ha confermato che i tributi locali si prescrivono in cinque anni, salvo il caso in cui il tributo derivi da un titolo giudiziale (ipotesi rara). Dunque, una cartella relativa ad IMU, TASI, TARI, Tosap/Canone unico, ecc., se nessun atto interruttivo interviene, si estingue dopo 5 anni dall’ultima notifica valida. Nota: Attenzione a distinguere la prescrizione quinquennale del tributo locale dalla decadenza del potere di accertarlo (che vedremo dopo, spesso anch’essa quinquennale per gli avvisi di accertamento comunali, ex L. 296/2006). Ai fini della riscossione, comunque, una volta formato il ruolo (es. a seguito di accertamento esecutivo non pagato), decorrono 5 anni per poter agire.
- Contributi previdenziali (INPS, INAIL): I contributi obbligatori si prescrivono in via generale in 5 anni, in base alla legge n. 335/1995 (riforma Dini). In passato, prima del ’96, il termine era decennale, ma oggi tutti i contributi pensionistici e assicurativi non pagati si estinguono in 5 anni (salvo casi di lavoratori non denunciati, ecc. che esulano da questa trattazione). La Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 23397/2016, ha composto contrasti interpretativi confermando la prevalenza del termine quinquennale anche per contributi ex INPS, fatta salva l’ipotesi di intervenuto accertamento giudiziale. Dunque, una cartella per contributi previdenziali non pagati (es. gestione artigiani/commercianti, contributi da verbale ispettivo, ecc.) cade in prescrizione dopo 5 anni dall’ultimo atto valido. Va ricordato che per i contributi previdenziali non c’è un termine di decadenza per notificare la cartella (non essendo previsto dall’art. 25 DPR 602/73, come confermato anche dalla giurisprudenza), quindi capita che cartelle INPS arrivino molti anni dopo il periodo di competenza; ma ciò non toglie che, una volta notificate, i successivi atti esecutivi debbano avvenire entro 5 anni ciascuno.
- Sanzioni amministrative (multe stradali ecc.): Le sanzioni amministrative pecuniarie si prescrivono in 5 anni per espressa previsione di legge (art. 28 L. 689/1981). Ad esempio, le multe per violazioni del Codice della Strada sono soggette a questo termine quinquennale, che decorre dal momento in cui la sanzione è divenuta definitiva (ovvero dal giorno successivo alla scadenza per il pagamento volontario senza ricorso, se non impugnata, oppure dalla data del rigetto di un eventuale ricorso amministrativo/giudiziale). Nel contesto delle cartelle esattoriali, questo significa che il diritto dell’ente di riscuotere la multa tramite ruolo si prescrive in 5 anni dalla formazione del titolo esecutivo (verbale non pagato o ordinanza ingiunzione). La Corte di Cassazione ha costantemente ribadito il quinquennio per le sanzioni amministrative, in quanto obbligazioni di natura non periodica ma comunque soggette alla legge generale 689/81 (che prevale sul termine ordinario del codice civile). Pertanto, una cartella per multe stradali non pagate, se per 5 anni non viene notificato alcun sollecito, intimazione o altro atto, è interamente prescritta. Attenzione: Esiste anche un termine di decadenza specifico per la notifica della cartella di una multa: il D.Lgs. 285/1992 (Codice della Strada) prevedeva che il ruolo fosse formato e la cartella notificata entro 2 anni dall’affidamento del carico da parte dell’ente accertatore (questa norma è stata oggetto di interpretazioni, la vedremo nel capitolo successivo). La prescrizione quinquennale comunque resta il limite ultimo: trascorsi 5 anni dal definitivo senza atti interruttivi, la multa non può più essere riscossa.
- Interessi e altri accessori: Gli interessi (di mora, o interessi legali su tributi) seguono di regola la prescrizione breve di 5 anni, in quanto considerati anch’essi prestazioni periodiche (maturano di anno in anno) ai sensi dell’art. 2948 n.4 c.c. . La Cassazione ha più volte affermato che gli interessi su un credito tributario hanno una propria autonomia ai fini prescrizionali. Ad esempio, su un debito IRPEF non pagato decorrono interessi di mora: ciascuna rata annuale di interessi si prescrive in 5 anni dalla sua maturazione. Dunque, se anche l’imposta resta riscuotibile per 10 anni, gli interessi più vecchi di 5 anni potrebbero essere non più dovuti (a meno che un giudice li abbia cristallizzati in una sentenza, vedremo poi). Lo stesso dicasi per gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo (che gravano su tributi iscritti a ruolo oltre un certo termine): anch’essi, in assenza di atti interruttivi, cadono in 5 anni. Un discorso analogo vale per l’aggio di riscossione (il compenso dell’agente della riscossione): esso è accessorio al tributo e non ha termine autonomo, maturando al momento della notifica della cartella; se la cartella si prescrive, anche l’aggio cade. Spesso comunque, se il tributo è vivo, l’aggio rimane dovuto (salvo riduzioni in definizioni agevolate).
Riassumendo in forma schematica i termini di prescrizione ordinari:
- Imposte erariali (IRPEF, IVA, ecc.): 10 anni, ex art. 2946 c.c. (salvo giudicato, v. oltre).
- Tributi locali (IMU, TARI, ecc.): 5 anni (art. 2948 n.4 c.c., prestazioni periodiche).
- Contributi INPS/INAIL: 5 anni (L. 335/1995; Cass. SU 23397/2016).
- *Sanzioni amministrative (multe, sanz. tributarie)**: 5 anni (L. 689/81 art.28 per multe; D.Lgs. 472/97 art.20 per sanzioni tributarie).
- Interessi e interessi di mora: 5 anni (art. 2948 c.c. n.4).
- Eccezioni/particolarità: Imposta di registro su atti giudiziari e altri crediti erariali non periodici – 10 anni; Diritti doganali – 5 anni (salvo frode); Alcune sanzioni particolari potrebbero avere termini propri, ma in genere ci si attiene a 5.
Atti interruttivi e decorso della prescrizione
È cruciale comprendere che il termine di prescrizione si interrompe ogni qualvolta viene notificato al debitore un atto con cui l’ente creditore o l’agente della riscossione manifestano la volontà di riscuotere o pongono in essere un atto esecutivo. L’interruzione fa sì che il “cronometro” della prescrizione riparta da zero dal giorno dell’atto interruttivo (art. 2945 c.c.). Pertanto, quando si valuta se una cartella è prescritta dopo X anni, occorre verificare se nel frattempo ci sono stati atti.
Esempi tipici di atti interruttivi nella riscossione:
- La notifica della cartella stessa è l’atto che fa decorrere il termine di prescrizione (dal 61° giorno successivo, se non è impugnata, il credito è definitivo e comincia a decorrere la prescrizione).
- Un sollecito di pagamento o un avviso di intimazione (ex art. 50 DPR 602/73) notificato successivamente interrompe la prescrizione. L’intimazione di pagamento è un atto formale che l’ADER invia quando sta per avviare esecuzione forzata, intimando il pagamento entro 5 giorni; è espressamente considerato atto impugnabile e interrompe senz’altro i termini. Anche atti meno formali, come i solleciti bonari o preavvisi (ad esempio preavviso di fermo amministrativo), pur non sempre impugnabili autonomamente, hanno efficacia interruttiva se recapitati al contribuente.
- Un pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi) o un fermo amministrativo di beni o un’ipoteca: tutti questi atti esecutivi, se notificati, interrompono la prescrizione.
- La rateizzazione concessa e i pagamenti rateali: l’atto di richiesta di dilazione e ogni pagamento effettuato dal debitore vale come riconoscimento di debito e quindi interrompe la prescrizione (che riparte dall’ultima rata non pagata o dal completamento del piano).
- Un eventuale accertamento esecutivo o ingiunzione fiscale locale notificati al posto della cartella (per alcuni enti locali che usano l’ingiunzione D.R. 639/1910) sono essi stessi titoli che hanno un loro termine di prescrizione, ma se successivamente intervengono atti sulla base di essi, si calcola analogamente.
Ogni volta che interviene un atto interruttivo, il termine di prescrizione ricomincia da capo dalla data di notifica di quell’atto. Inoltre, dopo l’interruzione la prescrizione, se il credito è di natura privilegiata o periodica, rimane quella breve originaria (non è che diventi automaticamente decennale, resta della stessa durata).
Esempio: cartella per TARI (prescrizione 5 anni) notificata il 1° febbraio 2016. Se l’ADER non avesse più fatto nulla, dal 2 febbraio 2016 decorrevano 5 anni e dal 2 febbraio 2021 il credito sarebbe prescritto. Ma supponiamo che nel 2019 l’ADER abbia notificato un sollecito; ciò interrompe la prescrizione, che riparte da capo dal 2019. Quindi scadrà 5 anni dopo il 2019 (ossia nel 2024) se nel frattempo non succede altro. Se nel 2023 hanno notificato un’intimazione di pagamento, nuova interruzione e nuovo decorso 5 anni dal 2023, ecc. In assenza di un limite, con atti interruttivi strategicamente inviati (anche poco prima che scada il termine), la riscossione potrebbe protrarsi indefinitamente. Tuttavia, come visto, dal 2025 interviene il discarico automatico dopo 5 anni senza incasso: quindi è probabile che d’ora in poi, superato un certo numero di rinnovi, il credito venga abbandonato.
Un particolare importante: durante la fase di sospensione Covid (2020-2021) molti atti interruttivi non sono stati inviati perché tutto era fermo per legge. Quindi per un certo periodo molti debiti “hanno maturato tempo” senza ricevere atti, ma quel tempo non conta ai fini prescrizionali perché la legge lo ha escluso. Appena è ripresa la riscossione, l’ADER ha inviato in massa intimazioni di pagamento a fine 2021 e negli anni 2022-2023, spesso proprio per interrompere sul filo di lana prescrizioni che stavano maturando (magari per cartelle del 2016 o 2017 in scadenza). Ciò spiega perché molti contribuenti hanno ricevuto dal 2022 in poi improvvise intimazioni per cartelle vecchie: l’agente ha voluto evitare che scattasse la prescrizione. Cassazione ha anche avvertito che se il contribuente, ricevuta l’intimazione, non la impugna entro 60 giorni, poi non potrà eccepire la prescrizione in un successivo giudizio di opposizione all’esecuzione. Quindi è importante attivarsi tempestivamente.
Effetto del “giudicato” e art. 2953 c.c.
Spesso si fa confusione tra prescrizione ordinaria del credito tributario e la prescrizione decennale ex art. 2953 c.c. (derivante da giudicato). L’art. 2953 del codice civile prevede che “i diritti per i quali la legge dispone una prescrizione più breve (di quella ordinaria) si prescrivono con il termine di dieci anni dal giorno in cui è passata in giudicato la sentenza che li ha accertati”. In sostanza, quando un credito viene accertato con sentenza passata in giudicato, esso si può riscuotere entro 10 anni dalla sentenza, anche se prima aveva termine breve.
Applicazione ai tributi: Se un contribuente fa ricorso per un avviso di accertamento e perde definitivamente (sentenza definitiva a favore del Fisco), quel credito tributario accertato dal giudice sarà esigibile per 10 anni dal passaggio in giudicato della sentenza. In tal caso, l’art. 2953 c.c. “converte” l’originario termine breve in decennale, ma solo perché c’è un titolo giudiziario. Se invece il contribuente non ha impugnato un atto impositivo (ad es. una cartella o un accertamento) lasciandolo scadere, quel atto diventa definitivo ma non è un giudicato, è un provvedimento amministrativo divenuto incontestabile. Su questo punto la giurisprudenza ha oscillato a lungo, ma è ormai assestata nel ritenere che la mancata impugnazione non equivale a giudicato e quindi non si applica l’art. 2953 c.c.. Le Sezioni Unite 2016 e 2024 hanno chiarito che:
- Solo un titolo giudiziale passato in giudicato (sentenza, decreto, ecc.) consente di applicare il termine decennale dell’art. 2953 c.c..
- Un atto amministrativo non impugnato (cartella, accertamento) mantiene la prescrizione propria del credito. Quindi, ad esempio, se un avviso di accertamento IRAP non impugnato avrebbe portato a 10 anni comunque (tributo erariale) quindi nulla cambia; ma se un verbale per multa non impugnato avrebbe 5 anni, resta 5 anni, non diventa 10.
Questa precisazione è fondamentale: Equitalia/AER talvolta ha sostenuto che la cartella non opposta si prescrive in 10 anni (citando analogie con giudicato); ciò è stato smentito dai giudici. In particolare Cass. SU n. 23397/2016 e Cass. SU n. 11676/2024 confermano che la notifica di una cartella di pagamento non impugnata non determina l’applicazione dell’art. 2953 c.c. e quindi non allunga la prescrizione a dieci anni. Il termine resta quello originario del tributo (salvo che il tributo stesso fosse già decennale di suo).
Esempio pratico: cartella per una sanzione fiscale da 10.000 € notificata e non impugnata. Le sanzioni tributarie per legge (D.Lgs. 472/97 art. 20) si prescrivono in 5 anni. Anche se la cartella è definitiva, quel credito rimane soggetto a 5 anni, non a 10. Diverso sarebbe se per ipotesi ci fosse stata una sentenza di Commissione Tributaria divenuta definitiva che condanna alle sanzioni: in tal caso (giudicato) scatterebbe il 2953 c.c. e avremmo 10 anni dal giudicato per riscuotere.
Prescrizione “parziale” di sanzioni e interessi
Un altro aspetto peculiare è che all’interno di una cartella possono coesistere voci con termini prescrizionali differenti. Ad esempio, una cartella per IRPEF conterrà: l’imposta, la sanzione pecuniaria, gli interessi di mora. Come visto:
- Imposta IRPEF: 10 anni.
- Sanzione: 5 anni (salvo giudicato).
- Interessi: 5 anni.
Se passano, poniamo, 7 anni senza atti, il diritto a riscuotere l’IRPEF potrebbe essere ancora vivo (perché il termine è 10), ma la sanzione si sarebbe prescritta al 5º anno e gli interessi maturati fino a 5 anni prima sarebbero prescritti a loro volta. Quindi il contribuente, in sede di opposizione o difesa, può eccepire la prescrizione parziale: chiedere cioè che vengano espunti gli importi relativi a sanzioni e interessi ormai caduti in prescrizione, pagando semmai solo il tributo. La Cassazione ha riconosciuto questa possibilità, sottolineando che “la prescrizione può colpire anche una parte del debito”. L’esempio fatto nel testo giurisprudenziale è chiaro: dopo 10 anni, il tributo decennale può ancora esigersi, ma gli interessi relativi ai primi 5 anni no, perché ciascun interesse annuale è a sua volta soggetto a prescrizione quinquennale dal momento in cui matura.
Riassumendo: come valutare se una cartella è prescritta?
Per capire se una cartella esattoriale “vecchia” è prescritta, bisogna procedere così:
- Individuare la natura del credito contenuto (o dei crediti, se multipli) per conoscere il termine base (5 anni, 10 anni, ecc.).
- Ricostruire la cronologia degli atti: dalla data di notifica della cartella in poi, elencare eventuali atti successivi (solleciti, intimazioni, ecc.) con le relative date.
- Calcolare gli intervalli tra un atto e l’altro:
- Dal giorno successivo alla notifica della cartella (o dall’ultimo atto noto) al primo atto successivo, confrontare con il termine prescrizionale.
- Ogni volta che c’è un atto interruttivo, si riparte.
- Se si individua un intervallo senza atti superiore al termine di legge, il diritto di riscossione è prescritto da quando è scaduto l’ultimo giorno utile di quell’intervallo.
- Considerare le sospensioni di legge (es. periodo Covid) in cui comunque gli atti non potevano essere fatti: quel tempo non conta, dunque escluderlo dal conteggio.
- Tenere distinto, se necessario, il discorso per imposta, sanzione, interessi all’interno della stessa cartella, poiché come detto alcune componenti potrebbero prescriversi prima.
Esempio: Mario riceve nel 2025 un’intimazione di pagamento riferita a una cartella IRPEF notificata nel 2015 e mai pagata. Non ricorda altri atti. L’IRPEF ha 10 anni di prescrizione. Dal 2015 al 2025 sono 10 anni esatti; tuttavia c’è stato in mezzo il blocco Covid di ~1,5 anni. Quindi tecnicamente sono passati circa 8,5 anni di tempo “utile”. Inoltre, potrebbe darsi che l’ADER abbia inviato un sollecito nel 2018 che Mario ha ignorato. Se c’è stato quel sollecito nel 2018 (interruttivo), i 10 anni ripartono dal 2018, quindi scadono nel 2028. Quindi il credito non è prescritto. Mario dovrà richiedere all’ADER lo storico delle notifiche (estratto di ruolo) per vedere se e quando fu inviato quel sollecito. Se invece risulta che nessun atto è mai stato notificato dal 2015, allora – malgrado la pausa Covid – al più tardi entro il 2026 circa scatterebbe la prescrizione decennale. Mario potrebbe dunque in un eventuale ricorso eccepirla. Analogo ragionamento per l’eventuale sanzione: se su quell’IRPEF c’era una sanzione da dichiarazione infedele, la sanzione sarebbe 5 anni; dunque già nel 2020 sarebbe stata prescritta (non conteggiando Covid, diciamo 2021 inoltrato). Mario potrà eccepire che almeno la sanzione non la devono più pretendere.
Va infine ricordato che la prescrizione non è mai rilevata d’ufficio dall’Agente della Riscossione: se non viene pagata una cartella, l’ADER continua a iscrivere misure e inviare atti anche oltre i termini, a meno che il contribuente non faccia valere l’eccezione. Per cui non bisogna aspettarsi che “sparisca” da sola la cartella vecchia: occorre un’azione (ricorso, opposizione) in cui si eccepisce la prescrizione per liberarsene formalmente – a meno che intervenga il già citato discarico automatico, che però è un fatto amministrativo interno e avverrà solo a partire dalle scadenze previste (ad esempio 2033 per il pregresso se non verificato).
Dopo questo approfondimento sulla prescrizione, passiamo ad esaminare l’altro concetto temporale fondamentale: la decadenza, ovvero i termini entro cui le cartelle devono essere emesse o notificate originariamente.
Decadenza: termini per l’iscrizione a ruolo e la notifica delle cartelle
Il termine di decadenza nelle procedure di accertamento e riscossione indica il limite oltre il quale l’ente impositore perde il potere di emettere un atto (avviso o cartella) relativo a un certo periodo d’imposta o a un certo debito. Se una cartella viene notificata dopo il decorso del termine di decadenza previsto dalla legge, il contribuente può far valere la decadenza per ottenerne l’annullamento, indipendentemente dalla questione della prescrizione. In pratica, la decadenza è un vizio originario dell’atto: la cartella “tardiva” è nulla perché emessa fuori tempo massimo.
I termini di decadenza variano a seconda della natura del credito e del tipo di atto che ha originato la cartella. È utile distinguere diverse situazioni:
- Cartella emessa a seguito di controllo automatizzato/formale delle dichiarazioni (artt. 36-bis DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72) – Esempio tipico: l’Agenzia delle Entrate liquida la dichiarazione dei redditi o IVA e riscontra un imposta versata insufficiente, oppure un controllo formale che rettifica detrazioni. In questi casi, la legge (D.L. 106/2005 conv. L. 156/2005) ha fissato termini stringenti:
- Per le dichiarazioni dal 1° gennaio 2004 in poi, la cartella di pagamento dev’essere notificata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, a pena di decadenza.
- (Regime transitorio: per dichiarazioni 2002-2003 c’era il quarto anno, per 2001 e precedenti quinto anno, come indicato nella norma transitoria, ma ormai questi casi sono storici).
- Cartella emessa a seguito di accertamento “definitivo” – Qui distinguiamo:
- Per i Tributi erariali: l’art. 25 del DPR 602/1973 dispone(va) che la cartella a seguito di un avviso di accertamento divenuto definitivo (per mancato ricorso o dopo sentenza) debba essere notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’atto è divenuto definitivo. Esempio: avviso di accertamento notificato nel 2020, non impugnato e divenuto definitivo 60 giorni dopo (nel 2020 stesso); la cartella conseguente andava notificata entro il 31/12/2022. Se notificata nel 2023 sarebbe decaduta. Tuttavia, va ricordato che dal 2011 in poi per molte imposte esiste l’accertamento esecutivo: l’avviso di accertamento stesso contiene l’intimazione a pagare entro 60 giorni e, trascorso tale termine, vale come titolo esecutivo senza bisogno di cartella. In quei casi dunque non viene emessa cartella ma direttamente, eventualmente, un’intimazione di pagamento dopo l’accertamento. Il termine biennale dell’art.25 rimane applicabile per quegli atti (tipo vecchi accertamenti non esecutivi o casi residuali).
- Per i Tributi locali: la regola generale è fissata dalla L. 296/2006 (Finanziaria 2007) art. 1 commi 161-163, che prevede i termini di decadenza per gli avvisi di accertamento dei Comuni. In particolare, per IMU, TARI e tributi locali in genere: entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo doveva essere versato l’ente locale deve notificare l’avviso di accertamento (o l’accertamento esecutivo). Se non lo fa, il tributo non può più essere richiesto. Dunque una cartella per tributi locali arriverà solo dopo un avviso di accertamento (oggi quasi tutti i Comuni emettono accertamenti esecutivi che, come per l’Agenzia Entrate, fungono da titolo e dopo 30 giorni vengono affidati al riscossore). Anche qui, comunque, vale: se l’avviso originario manca o fu tardivo, la cartella è impugnabile per nullità radicale.
- Sempre per i tributi locali, se il Comune invece di usare ADER utilizza la propria ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910), il termine di decadenza per emetterla è analogo a quello della cartella: ad esempio multe stradali, una volta definitivo il verbale, l’ingiunzione dev’essere notificata entro 2 anni dall’iscrizione a ruolo (secondo alcuni, analogia col Codice della Strada; dottrina e prassi evidenziano questo termine biennale come per cartella).
- Multe stradali: In ambito sanzioni CdS, i termini di decadenza specifici sono:
- 90 giorni (150 per residenti estero) per notificare il verbale di accertamento al trasgressore dalla data dell’infrazione (art. 201 CdS). Se questo termine è violato, la multa è nulla in origine.
- 5 anni dall’infrazione per emettere l’ordinanza ingiunzione se il verbale viene contestato (art. 28 L.689/81).
- 2 anni per iscrivere a ruolo e notificare la cartella dalla data in cui la multa è divenuta esecutiva/definitiva. Questo termine biennale, non esplicitissimo nella legge ma desunto dalla prassi e confermato da diverse circolari, vincola l’autorità (Comune o Prefettura) a trasmettere il carico al riscossore entro due anni e far notificare la cartella entro altri due (in realtà coincidenti se consegna e notifica avvengono contestualmente per ADER). In effetti, varie pronunce (anche di merito) hanno annullato cartelle di multe notificate oltre il biennio.
- Contributi previdenziali (INPS): Caso particolare: come accennato, per i contributi non è espressamente previsto un termine di decadenza per emettere la cartella (dopo l’accertamento). L’INPS deve notificare l’avviso di addebito (che ha sostituito la cartella dal 2011) entro il termine di prescrizione quinquennale sostanziale, quindi in un certo senso decadenza e prescrizione coincidono. Per contributi notificati con cartella prima del 2011, la giurisprudenza (Cass. 3050/2016) ha affermato che non esiste termine di decadenza ex art.25, ergo potevano notificarla anche oltre i due anni previsti per tributi. Rimane però poi il limite dei 5 anni di prescrizione da ultimo atto interruttivo.
Riassumendo, la decadenza è una difesa potentissima perché se si dimostra che la cartella è stata emessa fuori termine, essa è nulla a prescindere dal merito. E l’eccezione di decadenza va fatta entro i 60 giorni dalla notifica della cartella (o atto successivo impugnabile, se la cartella non fu notificata regolarmente). Non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, va eccepita dal contribuente in sede di ricorso.
Casi frequenti di eccezione di decadenza:
- Cartella per IRPEF da dichiarazione dei redditi notificata oltre il terzo anno dopo dichiarazione. Esito: cartella annullata dal giudice.
- Cartella per multa stradale notificata oltre 2 anni dalla data in cui la multa è diventata definitiva. Esito: nullità della cartella per tardività (come sancito da varie Commissioni e avvalorato dalla norma sui 2 anni – si veda ad es. la fonte SoluzioneTasse: “Le sanzioni amministrative devono essere notificate entro due anni dalla consegna del ruolo, a pena di decadenza”).
- Cartella per IMU 2014, ma Comune ha emesso avviso di accertamento solo nel 2021 (oltre 5 anni). Cartella notificata nel 2022. Esito: l’avviso era tardivo, quindi anche la cartella lo è derivativamente: annullabile per decadenza avviso (eccesso potere).
- Cartella INAIL relativa a verbale ispettivo del 2010, notificata nel 2015. In assenza di un termine di decadenza specifico, occorre vedere se la prescrizione fosse già maturata (probabilmente no se atti nel mezzo). La decadenza non essendo prevista, non si può opporre.
In sede di impugnazione, spesso decadenza e prescrizione vengono eccepite in via cumulativa e subordinata: si contesta la cartella sia perché emessa fuori termine di legge (decadenza) sia, eventualmente, perché il diritto si è prescritto nel frattempo.
È opportuno sottolineare che anche la decadenza, come la prescrizione, non viene riconosciuta dall’ADER spontaneamente: se non si propone ricorso, la cartella “tardiva” diviene definitiva comunque. Quindi serve un intervento attivo del debitore per far valere i suoi diritti nei termini previsti.
Effetto delle sospensioni emergenziali sui termini di decadenza: analogamente alla prescrizione, pure certi termini decadenziali sono stati prorogati. Ad esempio, per i termini di decadenza che scadevano al 31/12/2020 o 2021, alcune leggi Covid li hanno fatti slittare più avanti (in genere al 2022). Ciò significa che ad es. un accertamento fiscale che doveva essere notificato entro il 31/12/2020, con la proroga è stato considerato tempestivo se notificato entro il 31/03/2021, etc. Questo ha ridotto le eccezioni di decadenza in quegli anni.
A questo punto, avendo trattato tempi di decadenza e prescrizione, siamo pronti per occuparci di come queste nozioni temporali si intrecciano con gli aspetti formali delle notifiche e con i possibili vizi delle cartelle esattoriali. Infatti, molte cartelle “vecchie” risultano non valide non solo (o non tanto) per il fattore tempo, ma per irregolarità nella notifica o nella formazione del ruolo. Il capitolo seguente approfondisce proprio la notifica e i vizi.
Notifica delle cartelle e vizi di notifica
La notifica è il momento chiave in cui la cartella di pagamento viene portata a conoscenza del contribuente. Una notifica eseguita correttamente è condizione indispensabile perché la cartella diventi efficace e i termini per eventuali ricorsi inizino a decorrere. Al contrario, una notifica viziata o omessa può invalidare la cartella e offrire al debitore una via di difesa anche a distanza di anni. In questa sezione vedremo:
- Le modalità previste dalla legge per notificare le cartelle.
- I principali vizi di notifica (errori di procedura) e le loro conseguenze.
- Cosa può fare il contribuente se scopre una cartella mai notificata o notificata irregolarmente.
Modalità di notifica previste
L’art. 26 del DPR 602/1973 disciplina la notifica della cartella di pagamento. Esso rinvia in parte alle regole del Codice di Procedura Civile e in parte prevede modalità proprie:
- Tradizionalmente, la cartella poteva essere notificata da ufficiali della riscossione, messi comunali o anche per posta tramite raccomandata con avviso di ricevimento. Equitalia spesso utilizzava il servizio postale, con il postino che consegnava la busta verde contenente la cartella.
- Dal 2017, ADER può notificare le cartelle anche tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) ai titolari di indirizzo PEC risultante dagli elenchi ufficiali (imprese, professionisti, e dal 2019 anche cittadini che ne abbiano uno registrato). Infatti il D.L. 193/2016 ha modificato l’art. 26 prevedendo l’invio in formato digitale. Attualmente la regola generale per i soggetti con obbligo PEC è la notifica via PEC, allegando la cartella in PDF firmato digitalmente.
- Se la notifica PEC fallisce (casella piena, indirizzo non valido ecc.), si procede con la notifica tradizionale mediante deposito sull’apposita piattaforma digitale o tramite affissione/diretta.
- Per i privati cittadini non obbligati PEC, fino al 2022 la notifica è avvenuta di norma tramite posta o messo. Dal 2023 in avanti, con la Piattaforma Notifiche attiva, anche i privati possono essere raggiunti via PEC se hanno domicilio digitale eletto o altrimenti via piattaforma/domicilio fisico.
Gli elementi essenziali:
- La cartella viene considerata notificata alla data in cui viene consegnata al destinatario o a persona abilitata (familiare convivente, portiere di condominio, etc.), oppure al momento del perfezionamento del deposito (in caso di irreperibilità).
- In caso di notifica postale, l’Agente della Riscossione deve poter esibire l’avviso di ricevimento firmato dal ricevente o la relata di notifica se eseguita a mani.
- In caso di notifica PEC, occorre la ricevuta di consegna PEC; all’interno, la cartella è di norma allegata come file PDF o P7M. La giurisprudenza ha precisato che la cartella in PEC deve essere in un formato immodificabile e preferibilmente firmata digitalmente, altrimenti potrebbe esservi nullità (questioni ora in parte superate dalle tecnologie).
- Se il destinatario è irreperibile (non trovato all’indirizzo) si applica l’art. 140 c.p.c. (notifica a irreperibile relativa) oppure, se risulta sconosciuto all’indirizzo, l’art. 60 DPR 600/73 (irreperibilità assoluta, con affissione all’albo del Comune). In tali casi la notifica si considera effettuata dopo un determinato periodo (di solito 20 giorni dall’affissione o immediatamente se art.60). Molti problemi nascono proprio da notifiche perfezionatesi per “compiuta giacenza” senza che il destinatario ne fosse consapevole.
Principali vizi di notifica
I vizi nella notifica di una cartella possono essere di vario tipo:
- Notifica mai avvenuta: il caso più grave e semplice è quando il contribuente non ha mai ricevuto la cartella e l’ente non è in grado di provare alcuna notifica regolare. Questo può succedere per errori di indirizzo, o se la cartella fu affidata a un messo che non l’ha mai realmente consegnata né depositata, oppure se la raccomandata è andata persa. In tal caso la cartella è giuridicamente inesistente nei confronti del contribuente. Se poi l’agente tenta di riscuotere dopo anni, il contribuente può fare opposizione dicendo: “non mi avete mai notificato la cartella, quindi tutti gli atti successivi sono nulli”. Occorre però avere modo di far emergere questa eccezione in giudizio (vedi oltre sull’impugnazione dell’estratto di ruolo).
- Notifica a indirizzo errato o soggetto non legittimato: ad esempio, la cartella viene inviata ad un vecchio indirizzo non più attuale, oppure consegnata a una persona che non conviveva col destinatario (es. un vicino di casa non autorizzato). Oppure ancora, se è una società, consegnata a un addetto non autorizzato. Questi vizi possono rendere nulla la notifica.
- Vizi della relata o dell’avviso: se il messaggero non compila correttamente la relata di notifica (manca la firma, o la data, o non indica le ricerche fatte in caso di irreperibile) la notifica può essere nulla. Così come l’avviso di ricevimento postale, se privo di firma o compilato in modo non conforme.
- Mancato invio della seconda raccomandata in caso di compiuta giacenza: per la notifica postale, la legge prevede che se il destinatario risulta assente e la raccomandata va in giacenza, l’ufficiale postale lasci l’avviso e poi l’agente della riscossione mandi una raccomandata informativa (c.d. CAD) per avvisare del deposito. Se questa seconda raccomandata manca, secondo la Cassazione la notifica è nulla per mancanza di un passaggio essenziale (orientamento consolidato).
- Notifica via PEC con allegato non conforme: ci sono stati casi in cui la cartella veniva inviata via PEC come semplice testo o come scansione non firmata. La giurisprudenza inizialmente oscillava se fosse valida o meno; oggi si tende a ritenere valida la notifica PEC purché la sostanza dell’atto sia identificabile, ma qualche giudice ha annullato cartelle inviate con allegati in formati modificabili o non firmati digitalmente perché non garantivano l’immodificabilità (vizio più tecnico).
- Difetto di potere notificatorio: raramente, si è contestato che la notifica fosse eseguita da soggetto non abilitato (es: una società di recapito privata senza delega). Se provato, anche qui nullità.
Cosa comporta una notifica nulla o inesistente?
Se la notifica della cartella è inesistente, l’atto non ha mai prodotto effetti e non decorrono termini per impugnarlo. Il contribuente, una volta venutone a conoscenza magari per altre vie, può agire senza limiti di tempo per farne dichiarare la nullità.
Se la notifica è nulla (vizi procedurali ma atto esistente), in teoria il contribuente dovrebbe impugnare entro i termini dalla effettiva conoscenza dell’atto. Il codice di procedura prevede che la notifica nulla sia sanabile se il destinatario abbia avuto conoscenza dell’atto; ma c’è dibattito se conoscere tramite estratto di ruolo equivalga.
In pratica, come si può far valere la notifica mancante o nulla di una cartella? Le strade sono:
- Ricorso alla Commissione Tributaria (oggi Corte di Giustizia Tributaria) appena si viene a conoscenza della cartella (ad es. tramite un estratto di ruolo o un’intimazione): si impugna la cartella in quanto mai notificata e/o si impugna l’intimazione deducendo la nullità della cartella sottostante. La giurisprudenza ha ammesso che il contribuente possa impugnare direttamente il ruolo/cartella invalidamente notificata nei casi in cui la venuta a conoscenza avviene tramite l’estratto o un atto successivo. Le Sez. Unite già nel 2017 (sent. 19704/2015) aprirono a questa possibilità per evitare che il contribuente resti senza tutela. Questo orientamento è stato di recente confermato e affinato: ad esempio Cass., ord. 6588/2025 ha ribadito che l’estratto di ruolo in sé non è atto impugnabile, ma se la cartella risultava notificata irregolarmente, il contribuente può impugnare direttamente quella per farne dichiarare la nullità, purché deduca appunto il vizio di notifica. Inoltre Cass. SU 26817/2024 ha chiarito che l’intimazione di pagamento è equiparabile all’avviso di mora e costituisce atto autonomamente impugnabile dal contribuente: questo è importante, perché se arriva un’intimazione per una cartella mai notificata, impugnando tempestivamente l’intimazione si può far valere in quel ricorso l’inesistenza della cartella originaria.
- Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.: è il rimedio generale davanti al giudice ordinario per contestare l’inesistenza del titolo esecutivo. Tuttavia, per le cartelle da tributi c’è giurisdizione tributaria sulle cause di merito del tributo. In pratica, se la cartella contiene tributi, la contestazione del vizio di notifica va fatta al giudice tributario (anche se a distanza di anni, come detto, quando se ne ha notizia). Se trattasi di cartella per sanzioni non tributarie (multa stradale), l’opposizione va fatta al giudice ordinario (Giudice di Pace) in tempi anche qui entro 30 giorni dall’atto esecutivo (pignoramento o altro) che si impugna. Non entriamo troppo nel tecnico: basti sapere che non si è privi di tutela.
Esempio tipico: Tizio scopre nel 2025, tramite un estratto di ruolo ottenuto dall’ADER, che risulta una cartella del 2014 a suo carico, mai ricevuta. L’estratto dettaglia che fu notificata per compiuta giacenza a un vecchio indirizzo. Tizio può, entro 60 giorni da quando ha avuto l’estratto (meglio se contestualmente a un atto formale tipo intimazione), presentare ricorso alla Corte Tributaria chiedendo l’annullamento della cartella per inesistenza della notifica. Porterà come prova l’estratto e magari si farà dare copia della relata a supporto della sua tesi (spesso è l’ADER a dover dimostrare la notifica corretta). Se il giudice gli dà ragione, la cartella viene annullata e con essa decadranno i carichi.
Recenti sviluppi giurisprudenziali e costituzionali: Il tema delle cartelle mai notificate ha avuto anche un riflesso in Corte Costituzionale. Una recente sentenza, la n. 36/2025 della Corte Cost., ha affrontato una questione di legittimità relativa all’impossibilità per il contribuente di produrre in appello documenti nuovi (introdotta dalla riforma del processo tributario del 2022) proprio in un caso di cartelle non notificate emerse tardi. Senza entrare nei dettagli, la Consulta ha dichiarato incostituzionale il divieto di nuovi documenti in appello nella misura in cui impediva di far valere prove di notifica nulla scoperte dopo. Ciò dimostra la sensibilità del sistema verso la tutela del contribuente incappato in vizi notificatori protratti nel tempo.
Inoltre, la Cassazione ha più volte detto che la notifica nulla non fa decorrere i termini di impugnazione, quindi la cartella con notifica inesistente può essere contestata anche tardivamente senza limiti, ma conviene farlo al primo atto utile (es. intimazione) per non rischiare decadenze su quell’atto.
Riassumendo: sempre controllare la regolarità della notifica originaria di una cartella vecchia. Se emergono vizi, essi costituiscono validi motivi di ricorso, spesso risolutivi (basta un vizio radicale di notifica per far annullare tutto). È però necessario attivarsi legalmente, non basta rilevarlo a voce; l’aiuto di un legale/tributarista qui è importante per impugnare correttamente e nei tempi giusti.
Altri vizi delle cartelle esattoriali e strumenti di tutela del debitore
Oltre ai profili di tempo (prescrizione/decadenza) e di notifica, una cartella esattoriale può essere affetta da altri vizi di legittimità o errori sostanziali. In questa sezione ne esamineremo alcuni e vedremo quali strumenti ha il debitore per far valere le proprie ragioni, anche indipendentemente dai termini brevi di ricorso.
Errori nei contenuti della cartella e vizi sostanziali
Una cartella di pagamento deve contenere una serie di elementi obbligatori (intestazione, ente creditore, dettaglio degli importi, anno di riferimento, estremi dell’atto presupposto se c’è, indicazione delle modalità e termini di impugnazione, ecc.). Se mancano elementi essenziali o se c’è palese discordanza con l’atto a monte, la cartella può essere illegittima. Alcuni esempi:
- Cartella per tributo già pagato o annullato: può capitare che venga iscritta a ruolo una somma che il contribuente aveva già versato (duplicazione) o che era stata sgravata dall’ente creditore. In tal caso si tratta di un errore palese. Il debitore può chiedere l’sgravio in autotutela immediatamente all’ente creditore e all’ADER, presentando le prove del pagamento o dell’annullamento precedente. Di solito, se la prova è evidente (ricevute di pagamento, provvedimento di annullamento in autotutela o sentenza favorevole al contribuente), l’ADER sospende e annulla la cartella senza necessità di ricorso.
- Cartella con importi errati: errori di calcolo degli interessi, applicazione di sanzioni non dovute, aggio errato. Anche in questo caso, è possibile presentare un’istanza in autotutela per la correzione, oppure impugnare la cartella entro 60 giorni per far valere l’errore.
- Mancata indicazione dell’atto presupposto: se la cartella nasce da un avviso di accertamento o da un altro atto, deve riportarne gli estremi. In passato, la Cassazione ha ritenuto nulla la cartella che non indicava la previa notifica dell’atto impositivo quando questo è richiesto (principio di necessaria conoscenza dell’atto presupposto). Ad esempio, se arriva una cartella per “omesso versamento Tizio anno X” senza dire che c’era un avviso notificato tot data, il contribuente potrebbe non collegare. Ora con gli accertamenti esecutivi, la cartella spesso è solo su importi da dichiarazione, quindi non c’è atto a monte; ma se c’è, va indicato.
- Vizi del ruolo o firma digitale: questioni tecniche come la mancanza di firma del responsabile del procedimento sul file del ruolo/cartella. Alcune sentenze hanno annullato cartelle perché prive dell’indicazione del responsabile o perché il ruolo non era sottoscritto. La normativa è un po’ flessibile qui (basta indicare nominativo responsabile). Non è un vizio frequente oggigiorno.
- Cartella emessa nonostante sospensione in corso: se il debito era oggetto di sospensione (ad es. sospensione giudice, piano di rate in corso, ecc.), la cartella non andava emessa o comunque non esigibile. Bisogna segnalarlo e ottenere sgravio.
- Cartella emessa durante fallimento: se la società o persona era fallita, i crediti anteriori dovevano essere insinuati al passivo, non poteva essere notificata cartella. Sarebbe nulla.
Strumenti per far valere i vizi (autotutela, sospensione, ricorsi)
Il debitore ha a disposizione diversi strumenti, a seconda delle circostanze:
- Istanza in autotutela: consiste nel chiedere all’ente impositore o all’ADER la correzione o annullamento dell’atto, presentando documentazione a supporto (es: pagamento effettuato, sentenza allegata, ecc.). L’autotutela non sospende i termini di ricorso, quindi va usata con cautela: se si è vicini alla scadenza dei 60 giorni per ricorrere, meglio presentare il ricorso per sicurezza e contestualmente chiedere all’ente di riesaminare la questione. Molti problemi semplici (doppio pagamento, errore materiale) si risolvono così, anche se l’ente non è obbligato a provvedere.
- Istanza di sospensione legale: dal 2013 è previsto che se il contribuente presenta all’ADER una richiesta motivata di sospensione perché la cartella è interessata da un provvedimento di sgravio, da un contenzioso vinto o altro errore evidente, l’ADER deve sospendere le attività entro 5 giorni e girare la pratica all’ente creditore per la verifica, congelando tutto nel frattempo. Se l’ente conferma l’errore, la cartella viene annullata. Questa tutela è utile quando, ad esempio, si ha una sentenza favorevole o una prova inoppugnabile dell’errore.
- Ricorso alle Corti di Giustizia Tributaria: è lo strumento principale per contestare nel merito una cartella di tributi. Si propone entro 60 giorni dalla notifica (o dalla conoscenza, in certi casi, di cui abbiamo detto). Nel ricorso si possono cumulare vari motivi: vizi formali (notifica, motivazione) e sostanziali (prescrizione, ecc.). Serve l’assistenza di un difensore (salvo che l’importo contestato sia sotto 3.000€) davanti alla Corte di primo grado; i successivi gradi sono come un appello e un ricorso in Cassazione.
- Opposizione a sanzione amministrativa / opposizione esecuzione: per le cartelle di multe stradali e altre sanzioni non tributarie, il ricorso va fatto al Giudice di Pace (in 30 giorni) se si contesta il merito della sanzione o al Tribunale in certi casi, oppure in sede di opposizione all’esecuzione ex art.615 cpc se tardivo e su vizi come prescrizione. Sono procedimenti del rito civile.
- Reclamo/Mediazione: per importi fino a 50.000€, nel tributario è obbligatoria prima di andare in giudizio. Si deposita un reclamo (spesso coincidente col ricorso) e l’Agenzia potrebbe accoglierlo parzialmente o invitare a mediazione. Questo vale se si contesta il tributo in sé o errori, non tanto per vizi puri di notifica (dove difficilmente mediano, ma in teoria l’ente potrebbe annullare in autotutela).
- Esdebitazione e procedure concorsuali: infine, per imprenditori e soggetti in gravi difficoltà, esistono strumenti come la composizione della crisi da sovraindebitamento o il fallimento/liquidazione giudiziale, in cui anche i debiti fiscali vengono trattati. Una cartella vecchia che non si riesce a pagare potrebbe essere inclusa in un piano di ristrutturazione del debito. Questi ambiti esulano dall’approfondimento, ma è bene sapere che se i debiti sono ingenti e irrisolvibili, esistono procedure (ad es. il “piano del consumatore” o la “liquidazione del patrimonio” ex L.3/2012) per azzerare i debiti residui, comprese cartelle, a certe condizioni.
In conclusione di questa parte, possiamo affermare che il debitore non è mai privo di strumenti: anche di fronte a cartelle molto datate, può:
- controllare se l’ente le doveva emettere in tempo (decadenza) o se oramai sono scadute (prescrizione), e opporle;
- verificare se furono notificate regolarmente e, in caso contrario, contestarne la validità;
- verificare la correttezza sostanziale degli importi e dei presupposti, attivando se del caso meccanismi di autotutela o ricorsi;
- valutare adesioni a eventuali sanatorie (quando aperte) o chiedere dilazioni per pagare gradualmente, se decide di pagare.
Con questa conoscenza teorica in mano, passiamo ora a vedere alcuni casi pratici simulati di cartelle vecchie rispettivamente di 5, 10, 15 e 20 anni, per capire concretamente quali scenari possono presentarsi e quali soluzioni adottare.
Casi pratici e simulazioni: cartelle di 5, 10, 15, 20 anni
In questa sezione proponiamo quattro scenari ipotetici – con cartelle esattoriali risalenti rispettivamente a circa 5, 10, 15 e 20 anni fa – per illustrare come un debitore può orientarsi in ciascun caso. Ogni scenario considera un tipo di debito diverso, in modo da coprire varie tipologie (tributi, multe, ecc.) e differenti implicazioni.
Caso 1: Cartella di 5 anni fa (2019-2020)
Scenario: Nel 2025 il sig. Alfa riceve un sollecito di pagamento dall’Agenzia Entrate-Riscossione riferito a una cartella notificata nel 2020 e rimasta insoluta. La cartella riguardava un omesso versamento di IMU 2015 (tributo locale) per €2.000. Alfa non ricordava questa cartella; controllando, scopre che fu notificata nel luglio 2020 tramite PEC al suo vecchio indirizzo PEC non più attivo, quindi di fatto lui non la vide mai. Ora, nel 2025, il sollecito intima di pagare €2.000 + interessi e aggi.
Cosa fare: Innanzitutto Alfa verifica la documentazione: richiede copia dell’estratto di ruolo e della relata di notifica PEC del 2020. Dall’estratto vede che la cartella era stata inserita nel ruolo nel 2019 (affidata nel dicembre 2019 dal Comune) e notificata via PEC il 10/07/2020. La IMU 2015 in base alla legge ha termine di prescrizione 5 anni. Vediamo le possibili difese:
- Vizio di notifica: Se la PEC del 2020 era inviata a un indirizzo non valido o inattivo (magari Alfa aveva cambiato PEC, e quella risultava revocata), la notifica potrebbe essere inesistente o nulla. Alfa potrebbe impugnare il sollecito davanti al giudice tributario sostenendo di non aver mai ricevuto la cartella originaria. Dovrà dimostrare il vizio PEC (ad esempio, che l’indirizzo PEC era revocato in data antecedente, e quindi la notifica non poteva perfezionarsi). Se il giudice accerta ciò, dichiarerà nulla la cartella per notifica inesistente. Esito: cartella annullata; il Comune eventualmente può rinotificarla se nel frattempo non è decaduto/prescritto (ma essendo passati 5 anni dal ruolo, potrebbe anche essere discaricata).
- Prescrizione: Dal 2020 al 2025 per IMU passano 5 anni. Ma attenzione: l’invio del sollecito nel 2025 (che Alfa ha ricevuto) interrompe la prescrizione se la cartella era valida. Bisogna vedere se prima c’è stato qualche atto. Nel caso in esame, dal 2020 al 2025 sembra di no (il primo atto successivo è proprio il sollecito del 2025). Se la notifica 2020 fosse considerata nulla, allora in realtà nessun atto interruttivo valido è mai partito dal 2019/20. Significa che, per quell’IMU 2015, l’ultimo atto valido era stato l’accertamento (supponiamo notificato nel 2018). Dal 2018 al 2025 sono 7 anni, quindi il credito sarebbe comunque prescritto già nel 2023 (5 anni). Qui però c’è il periodo Covid 2020-21 di sospensione, che può allungare un po’: comunque, nel 2025 siamo oltre 5 anni netti. Quindi Alfa in giudizio eccepirà anche la prescrizione del credito IMU, raggiunta prima del sollecito 2025, non essendoci stati atti dal 2018. Il Comune potrebbe controbattere che la cartella 2020 era un atto interruttivo valido (se la notifica viene ritenuta nulla, no; se fosse ritenuta sanabile, potrebbe complicare la questione).
- Decadenza: L’IMU 2015 andava accertata entro il 2020 (quinquennio), e infatti probabilmente c’era stato un avviso nel 2018 o 2019. Quindi la cartella non pare decaduta, fu emessa nei tempi giusti. Dunque la decadenza non è un’arma qui.
- Definizioni agevolate: Alfa verifica se quel debito poteva rientrare nello Stralcio automatico 2023 (debito sotto 1.000€? No, è 2.000€, quindi niente), oppure se potesse rottamarlo. Essendo carico 2019, rientrava nella Rottamazione-ter se fosse stato affidato entro 2017 (non è il caso) oppure Rottamazione-quater (sì, 2019 rientrava). Ma Alfa nel 2023 non ha aderito perché neppure sapeva della cartella. Ora (2025) la rottamazione-quater è chiusa, ma se fosse decaduto potrebbe chiedere riammissione? Non aveva proprio aderito, quindi no. Dunque via agevolata non percorribile.
- Azione pratica: Alfa, con l’aiuto del suo avvocato, impugna l’intimazione di pagamento 2025 davanti alla Corte di Giustizia Tributaria provinciale. Motivi: 1) Inesistenza/nullità notifica cartella 2020 (quindi invalidità dell’intimazione che la richiama); 2) Intervenuta prescrizione quinquennale IMU 2015; 3) In subordine, prescrizione quantomeno delle sanzioni/interessi se il tributo fosse considerato vivo.
- Possibile esito: Se Alfa dimostra il vizio di notifica, il giudice annullerà la cartella e l’intimazione conseguente. Anche senza entrare in prescrizione, ciò chiude la partita. Il Comune, a distanza di 5 anni (oltre la decadenza e ormai prescrizione maturata), non potrebbe re-emettere nulla: Alfa sarà salvo. Se invece il giudice ritenesse valida la notifica PEC (magari l’indirizzo era ancora attivo e Alfa semplicemente non la vide ma c’è ricevuta), allora la cartella era valida dal 2020. In tal caso, però, Alfa potrebbe ottenere comunque l’annullamento per prescrizione, poiché 5 anni (2020-2025) senza atti fanno cadere l’IMU. Il sollecito 2025 è tardivo. Il giudice quindi potrebbe annullare l’intimazione perché il credito è prescritto. In entrambi i casi, Alfa vincerebbe. Diversamente, se malauguratamente né vizio di notifica né prescrizione fossero accolti (scenario poco probabile coi dati ipotizzati), Alfa a quel punto dovrebbe pagare (magari chiedendo rateazione). Ma avendo trovato due ottimi motivi, è realistico che risolva.
Caso 2: Cartella di 10 anni fa (2013-2015)
Scenario: La sig.ra Beta, nel 2025, si vede recapitare una comunicazione di presa in carico da parte di Agenzia Entrate-Riscossione relativa ad una cartella del 2015 (10 anni prima) a suo nome, riguardante IRPEF anno d’imposta 2010 per €5.000 (derivante da un avviso di accertamento per redditi non dichiarati, che Beta non impugnò a suo tempo). Beta non ricordava la cartella del 2015, ma ricorda di aver ricevuto nel 2013 l’avviso di accertamento dall’Agenzia Entrate che contestava maggiore IRPEF sul 2010; non avendo fatto ricorso né pagato, nel 2014 quell’accertamento è divenuto definitivo. Ora, dopo un decennio di silenzio, arriva questa comunicazione (forse preludio di un’intimazione). Beta teme che vogliano ora pignorarle qualcosa.
Cosa fare: Analizziamo:
- Decadenza: L’avviso 2013 era nei termini (accertamento notificato entro fine 2016 per periodo 2010, quindi ok). La cartella doveva, secondo art.25 DPR 602, essere notificata entro 2 anni da definitivo, quindi entro fine 2016. È stata notificata nel 2015, quindi tempestiva. Nessun vizio di decadenza.
- Notifica cartella: Beta deve verificare se la cartella 2015 fu effettivamente notificata. Potrebbe non averne memoria. Chiede un estratto e vede che risulta notificata il 10/03/2015 tramite servizio postale, con esito “compiuta giacenza” (Beta all’epoca magari era assente e non ha ritirato). C’è traccia di una raccomandata informativa inviata. Quindi probabilmente la notifica fu perfezionata legalmente nel 2015, anche se Beta non ne era consapevole. Questo è un classico caso in cui la cartella è formalmente notificata ma il destinatario non l’ha saputa. Purtroppo, se le formalità sono state rispettate, non c’è vizio da eccepire (a meno che Beta provi qualche mancanza nella procedura, es. la seconda raccomandata non inviata, ecc. Va controllato).
- Prescrizione: IRPEF è tributo erariale, termine 10 anni. Dal 2015 al 2025 sono esattamente 10 anni. Beta deve vedere se in questi 10 anni ha mai ricevuto atti interruttivi. Lei dice di no, non ha memoria di niente dal 2015 in poi. Potrebbe esserci stata una comunicazione nel 2018 che lei ignorò? Deve chiederlo all’ADER. Se davvero nessun atto è stato notificato dal 2015 fino alla lettera del 2025, allora il diritto alla riscossione dell’IRPEF 2010 è prescritto (salvo sospensioni). Vero, c’è la sospensione Covid 2020-21 che “aggiunge” 18 mesi: quindi i 10 anni sostanziali scadrebbero tecnicamente a metà 2026 circa. Dunque l’ADER potrebbe sostenere che non sono passati 10 anni utili, ma Beta può ribattere che sono comunque trascorsi oltre 8 anni di inerzia e comunque entro l’eventuale procedimento esecutivo solleverà l’eccezione. Se la comunicazione 2025 è già un atto impugnabile (dipende, forse è solo avviso bonario non impugnabile), Beta dovrà aspettare una eventuale intimazione di pagamento formale o un pignoramento per agire.
- Comunque, la prescrizione decennale è vicinissima: se l’ADER non ha fatto in tempo atti entro fine 2024, dal 2025 il debito può considerarsi prescritto o quasi. Beta potrà far valere l’art. 2946 c.c. e giurisprudenza (SU 2024) per dire che IRPEF è 10 anni.
- Rottamazione/Stralci: Debito del 2015, affidato credo nel 2014/2015 all’Agente. Questo rientrava teoricamente nella Rottamazione-ter del 2018 (copriva fino 2017) e anche nella rottamazione-quater. Beta, non sapendo, non ha aderito. Peccato, perché avrebbe potuto togliere sanzioni e interessi. Ora nel 2025, rottamazione chiusa. Il debito è di 5.000 + interessi vari, sotto i 5.000 ma lo stralcio 2021 dei 5.000 euro per redditi <30k: Beta doveva avere quell’ISEE e il debito doveva essere 2000-2010 periodo. Qui è 2010, affidato forse 2014, non rientrava in quell’arco? No, stralcio 5k 2021 copriva ruoli 2000-2010. Se la cartella fu formata nel 2014, non rientra (supera 2010). Quindi niente stralcio.
- Discarico automatico 2025: Questo debito è del 2015 (affidato quell’anno): con la riforma, carichi 2000-2024 possono essere verificati entro 2031 e discaricati nel 2033 se non verificati. Quindi in teoria l’Agenzia Entrate creditore potrebbe fino al 2031 dire ad ADER di insistere. Ma se Beta fa riconoscere la prescrizione ora, si chiude prima.
- Azione pratica: Aspettare un atto formale (intimazione). Appena arriva, Beta presenta ricorso alla Corte Tributaria:
- Motivo principale: prescrizione decennale del credito tributario maturata (10 anni trascorsi senza atti interruttivi validi). Supporta con Cass. SU 11676/2024.
- Eventuale motivo: nullità notifica 2015 se trova un vizio (es. mancata CAD, se riscontra che l’avviso di giacenza non fu comunicato con seconda raccomandata – sarebbe un vizio significativo).
- Possibile altro motivo: nella comunicazione 2025 parlano di “presa in carico” – se in realtà fosse un atto fuori termine (qui no, non è decadenza, quella fu rispettata).
- Esito atteso: Il giudice, constatati i fatti, dovrebbe accogliere la prescrizione. La sospensione Covid è l’unico ostacolo: l’ADER dirà “eh ma fino a agosto 2021 il termine era bloccato”, Beta replicherà che comunque anche contando da set 2021 a 2025 sono 4 anni, aggiunti ai 5 pre sospensione fanno 9,5 anni, manca poco; inoltre se l’intimazione è arrivata fine 2025 è troppo tardi. Il giudice verosimilmente considererà che il termine decennale è compiuto o praticamente compiuto – e comunque un solo atto dopo un decennio confligge col dovere di tempestività (qualche giudice invoca principi di buona fede). Beta quindi otterrà l’annullamento della cartella per prescrizione.
- Alternativa: se per assurdo risultasse che ADER inviò un sollecito nel 2018 (Beta l’avesse ignorato), allora l’ultimo atto sarebbe 2018, prescrizione arriverebbe nel 2028. In tal caso Beta oggi non vincerebbe su prescrizione. Però se quell’atto 2018 fu notificato a vecchio indirizzo e lei non lo prese, c’è vizio? Difficile inseguire tutti i dettagli, ma Beta potrebbe comunque chiedere la rateazione per evitare guai nel frattempo. O cercare se quell’atto 2018 fu viziato e impugnabile tardivamente.
- In ogni caso, cartella di 10 anni fa per IRPEF: tende a essere borderline col termine di prescrizione. È molto probabile che un atto del genere si possa chiudere per prescrizione, specialmente in un contesto in cui non sono stati attivi. Inoltre, trattandosi di avviso non impugnato (non giudicato), la prescrizione non si era mai “elevata” a 10, era già 10: quindi restiamo nello scenario base.
Caso 3: Cartella di 15 anni fa (2008-2010)
Scenario: Il sig. Gamma nel 2025 riceve un preavviso di iscrizione ipotecaria da parte di ADER per un importo di €8.000 relativo a diverse cartelle, la più antica delle quali risale addirittura al 2010 (15 anni fa) ed era relativa a Contributi INPS 2005-2006 non versati. Ci sono poi altre due cartelle del 2012 e 2014 per IVA e IRAP. Gamma è sorpreso perché pensava che quei vecchi contributi fossero ormai “andati” e inoltre nel 2019 aveva presentato domanda di saldo e stralcio (che però fu respinta perché non aveva i requisiti ISEE). Quindi il debito INPS è rimasto. Ora minacciano ipoteca su un suo terreno se non paga tutto.
Cosa fare:
- Contributi INPS 2005-2006, cartella 2010: qui il termine di prescrizione è 5 anni (ex L.335/95). Dal 2010 a 2025 sono 15 anni. A meno che non ci siano stati molti atti interruttivi, il credito dovrebbe essere prescritto. Gamma però deve controllare: potrebbe darsi che l’INPS nel 2010 notificò la cartella, poi nel 2015 inviò un sollecito, nel 2020 (dopo Covid) un intimazione. Se hanno mandato qualcosa ogni 5 anni, la prescrizione si è rinnovata. Molti enti previdenziali usano fare atti interruttivi proprio per non far cadere i crediti. Gamma dovrebbe ottenere dall’ADER l’elenco di tutti gli atti inviati su quel debito.
- Se trova buchi >5 anni, è prescrizione da eccepire. Ad esempio, se tra un atto e l’altro passati 6 anni, su quell’intervallo può dire che il credito è morto e eventuali atti successivi sarebbero illegittimi.
- Se invece puntualmente hanno inviato atti nel 2015 e uno nel 2020 (quest’ultimo magari sospeso e poi fatto nel 2021 per Covid), allora formalmente il credito contributivo è ancora esigibile (ogni volta i 5 anni ripartono). Tuttavia, qui entra in gioco la riforma discarico: dal 2025 questi vecchi ruoli potrebbero essere scaricati se ritenuti inesigibili. Ma se addirittura ADER minaccia ipoteca, significa che ritiene di poter riscuotere (ha trovato un immobile di Gamma).
- Gamma può far leva su eventuali vizi di notifica di quegli atti intermedi: ad esempio, se la cartella 2010 non gli fu notificata regolarmente, o un’intimazione 2015 non recapitata. Un vizio di notifica vecchio potrebbe riaprire la possibilità di far dichiarare quell’atto inesistente e dunque far cadere tutto a cascata (ma difficile se ha dormito 15 anni).
- Decadenza: contributi INPS non hanno decadenza per cartella, e furono iscritti nei termini di prescrizione di allora (forse, se fu nel 2010 vuol dire entro 5 anni dal 2006, quindi sì).
- Prescrizione contributi: Principale difesa se c’è un buco temporale. Cass. SU 23397/2016 conferma 5 anni.
- IVA/IRAP cartelle 2012-2014: anche queste sono vecchie (~11-13 anni). IVA/IRAP decennale, stesso ragionamento: molto probabilmente, se nel 2025 le reclamano, prescrizione decennale superata a meno di atti. Devono aver inviato qualcosa nel frattempo: Gamma va a vedere, magari nel 2018 un’intimazione. Se no, prescritti. Quindi su quei debiti tributari può eccepire 10 anni passati.
- Preavviso di ipoteca: è un atto impugnabile (dinanzi al tribunale ordinario se solo contributi? Ma se include tributi, competenza tributaria). In pratica, Gamma può presentare un ricorso unico alla Corte Tributaria contestando il preavviso ipotecario, con i motivi: prescrizione dei vari carichi (e vizi eventuali).
- Egli chiederà anche sospensione cautelare dell’ipoteca, per evitare venga iscritta prima della sentenza.
- Con molti anni trascorsi, Gamma ha buone chance di spuntarla almeno in parte:
- ad esempio, il giudice potrebbe riconoscere prescritti i contributi (5 anni non rispettati) e magari no per l’IVA se c’era un atto nel mezzo, dipende. Ma l’ipoteca è per l’intero, quindi anche se un carico è prescritto, l’ipoteca su quell’importo non può essere messa.
- In genere, se uno dei debiti che giustificano l’ipoteca è contestato, la prassi è sospendere tutto.
- Saldo e stralcio: Gamma provò nel 2019 ma fu escluso. Non ci sono definizioni attive ora.
- Riforma 2024: Forse l’ADER nel 2025 sta procedendo con ipoteca perché vuole chiudere i casi prima di doverli scaricare. Paradossalmente, Gamma potrebbe sostenere che quel credito contributivo essendo affidato >5 anni fa e per cui pignoramento nel 2015 era infruttuoso, doveva già essere scaricato. Ma la norma dice che se pendenze o dilazioni ecc., possono tenerlo. Non un argomento forte in giudizio forse, ma sensato in autotutela (potrebbe chiedere all’ADER: “ma non è ora di togliere questi ruoli per vetustà?” – Loro rispondono: “finché c’è ipoteca possibile, no”).
- Esito atteso: Con un ricorso ben strutturato, Gamma può far annullare l’ipoteca e far dichiarare non dovuti i debiti prescritti. Ad esempio, immaginando che:
- Cartella contributi 2010: mai sollecitata dal 2015 al 2025 –> prescritta, non più esigibile.
- Cartella IVA 2012: nessun atto dal 2014 –> decennio trascorso, prescritta.
- Cartella IRAP 2014: ultimo atto nel 2017, poi silenzio –> se attesa decennale, scade 2027; con Covid, ancora pendente fino 2028; allora quella potrebbe non essere prescritta del tutto.
- Il giudice magari annulla ipoteca per i primi due e lascia valida la terza, ma a quel punto l’importo residuo (diciamo IRAP 3.000€) potrebbe non giustificare ipoteca (che per legge necessita almeno 20k debito, salvo diverso importo). Quindi ipoteca non può essere iscritta per così poco. Insomma, Gamma potrebbe liberarsi.
- In extremis, se per caso il giudice gli desse torto (prescrizione non accolta perché risultano atti interruttivi), Gamma valuterebbe una transazione: chiedere rateazione o vedere se può vendere quel terreno per pagare. Ma grazie alle norme, è improbabile che debba arrivare a questo se effettivamente c’è prescrizione diffusa.
Caso 4: Cartella di 20 anni fa (2003-2005)
Scenario: La ditta individuale Delta scopre, nel 2025, durante una due diligence (sta chiudendo l’attività e vuole pulire eventuali pendenze), che risultano a suo nome alcune cartelle esattoriali del 2003-2004 non pagate, per un totale di €15.000, relative a IVA 1998-1999 e tassa rifiuti 2000. Delta è sorpreso perché pensava fossero state condonate anni fa. In effetti, ricorda di aver aderito ad un condono tombale nel 2003 per le imposte fino al 2002, ma forse quell’IVA 1999 derivava da un controllo non condonabile. Comunque, dal 2005 non ha più sentito nulla in merito.
Cosa fare: Debiti di 20 anni sono quasi certamente inesigibili oggi:
- IVA 1998-1999: tributo erariale, prescrizione 10 anni. Dal 2005 (supponendo cartella 2005) al 2025 sono 20 anni. Anche con atti interruttivi sporadici, è molto probabile che il decorso cumulativo ecceda i termini. A meno che Equitalia avesse continuato a notificare solleciti ogni tot anni. Ma arrivare a 20 anni è raro. Inoltre, considerare che se Delta aveva altre pendenze, è possibile che quell’importo fosse di fatto abbandonato.
- Tassa rifiuti 2000: tributo locale, prescrizione 5 anni. Già nel 2008 sarebbe stata prescritta se nessuno fece nulla. E difficilmente a distanza di decenni un Comune insegue ancora (a meno che abbia fatto ingiunzioni periodiche, ma dal 2011 Equitalia uscì dal campo locale per un po’).
- Stralci normativi: C’è forte probabilità che quei carichi piccoli anteriori 2000-2010 siano stati cancellati col DL 41/2021 (fino 5k) o in ogni caso rientrino in discarichi automatici precedenti. Ad esempio, c’era un decreto nel 2013 che affidava la cancellazione di crediti ante 2000 in parte. Non entriamo, ma conviene a Delta verificare se non risultano addirittura “inesigibili per provvedimento”.
- Praticamente, se Delta non ha mai ricevuto atti dal 2005, può dormire tranquillo. Giuridicamente, se volesse proprio liberarsi formalmente, potrebbe chiedere un prospetto di situazione all’ADER: potrebbe risultare che quei ruoli sono stati messi in “sospensione” o “stralcio”. Se invece risultano attivi (difficile), potrebbe fare istanza di discarico. La riforma 2024 dice che carichi ante 2010 possono essere scartati entro 2033 comunque. Ma 20 anni passati, c’è anche un istituto di “desuetudine”: la Cassazione in passato (vecchie pronunce) aveva perfino ipotizzato che atti interruttivi iterati all’infinito potrebbero scontrarsi col principio di ragionevolezza se superano troppo i limiti (non codificato, ma un argomento equitativo).
- Condono 2003: Delta aderì forse al condono L. 289/2002. Se quell’IVA 98-99 era condonabile e lui l’ha inclusa pagando anche una quota, allora il debito non era nemmeno dovuto più. Forse Equitalia non ha aggiornato. Potrebbe bastare esibire la quietanza del condono per far annullare la cartella. Idem per la tassa rifiuti: alcuni comuni fecero condoni locali nel 2002-2003.
- Dunque, Delta farebbe bene a:
- Recuperare documenti di condono.
- Presentare un’istanza in autotutela al concessionario e agli enti (Agenzia Entrate per IVA, Comune per tassa rifiuti) allegando la prova del condono o comunque segnalando la prescrizione ultra-abbondante.
- Quasi certamente riceverà uno sgravio, o quantomeno ADER dirà che i ruoli sono già fuori per inesigibilità deliberata (l’Agente può avere chiesto lo scarico per irreperibilità o incollettabilità, specie su posizioni così vecchie).
- Se, scenario accademico, nel 2025 ADER tentasse un’azione esecutiva su Delta per quei importi (pignoramento), Delta potrebbe opporsi in tribunale invocando sia la prescrizione (5 anni per tassa, 10 per IVA abbondantemente passati) sia l’eventuale condono come extinguishing. Vincerebbe quasi sicuramente: nessun giudice farebbe riscuotere tributi di 25 anni prima.
- Quindi, per cartelle di ~20 anni fa: la regola di solito è che sono praticamente fuori dal radar, a meno che fossero di importo elevatissimo e periodicamente rinnovate. Inoltre il legislatore con il Decreto Sostegni 2021 ha appunto voluto togliere dal bilancio agenti tutti i residui 2000-2010 entro 5k (che include tante di quelle vecchie). In conclusione, Delta può essere ottimista che non dovrà pagare nulla. Basterà formalizzare la situazione per chiudere l’attività con “liberatoria”.
Questi esempi evidenziano come per ogni “anzianità” di cartella ci siano accorgimenti diversi:
- A 5 anni, la cartella è relativamente recente: bisogna verificare se è vicina alla prescrizione o se ancora nei tempi, e puntare su eventuali vizi o sanatorie.
- A 10 anni, siamo sul filo della prescrizione per tributi decennali e oltre il limite per quelli quinquennali: è spesso il momento giusto per eccepire prescrizione.
- A 15 anni, se il credito è stato tenuto in vita, significa atti interruttivi – va verificato se regolari; altrimenti dovrebbe esser già prescritto e si può chiudere la partita.
- A 20 anni, è eccezionale che un credito sia ancora formalmente esigibile: o c’è stato un giudizio (che ha dato 10 anni dal giudicato) o più condoni non colti; comunque, in genere è risolvibile con eccezioni di prescrizione e con la spinta delle normative di pulizia crediti.
Tabelle riepilogative
Di seguito proponiamo alcune tabelle riepilogative utili per orientarsi rapidamente tra i vari termini, strumenti e soggetti coinvolti nella gestione delle cartelle esattoriali.
Termini di decadenza e prescrizione per principali tributi e atti
Tipologia di debito/atto | Termine di decadenza (emissione/notifica) | Termine di prescrizione (dopo atto definitivo) |
---|---|---|
Imposte erariali (IRPEF, IVA, IRES, IRAP) | – Accertamento: in genere entro 5 anni dall’anno imposta (31/12 del 5° anno successivo) – Cartella da controllo automatizzato (36-bis): entro 31/12 3° anno succ. a dichiarazione – Cartella post-accertamento definitivo: entro 2 anni da definitività | 10 anni (art. 2946 c.c.), salvo giudicato (→ 10 anni da sentenza) e salvo sia prevista prescrizione più breve per singolo tributo (non usuale). |
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.) | Avviso di accertamento: entro 31/12 5° anno successivo al dovuto. (Accertamento è titolo esecutivo dal 2020) Cartella su accertamento definitivo: in genere 2 anni da definitività (analogia art.25 DPR 602). | 5 anni (art. 2948 n.4 c.c., prestazione periodica). Se giudizio concluso su tributo locale (raro), 10 anni da giudicato. |
Contributi previdenziali (INPS, INAIL) | Avviso di addebito (dal 2011) o cartella (ante) per omissioni contributive: nessun termine di decadenza generale in DPR 602 per cartella; Prescrizione sostanziale (5 anni) funge da limite pratico per notifica. | 5 anni (L. 335/1995) per contributi dovuti. Atti interruttivi (es. solleciti INPS) interrompono e fanno decorrere nuovo quinquennio. (Prima del 1996 era 10, ma per crediti odierni rileva 5). |
Sanzioni amm.ve (multe stradali, L.689/81) | – Notifica verbale CdS: 90 gg dall’infrazione (CdS). – Ordinanza prefettizia: 5 anni dall’infrazione (L.689). – Cartella/ingiunzione post-multa definitiva: 2 anni dall’affidamento a riscossione (art. 36 D.Lgs.46/99, CdS). | 5 anni (art. 28 L.689/81) dalla definitività della sanzione. Anche per sanzioni tributarie amministrative: 5 anni (art.20 D.Lgs.472/97). (Giudicato su sanzione → 10 anni da sentenza). |
Interessi (moratori, etc.) | n/d (non c’è “decadenza” per interessi, maturano col tempo; eventualmente si contestano quelli illegittimi) | 5 anni per ciascuna rata di interessi maturata (art. 2948 n.4 c.c.). Interessi da cartella si prescrivono separatamente se decorre il quinquennio su di essi. |
Ruoli e atti in generale | Se non diversamente previsto, applicare art.25 DPR 602: – Ruoli da controlli automatizzati: 3 anni da dichiarazione. – Ruoli da accertamento: 2 anni da atto definitivo.(Per crediti non tributari, es. multe: 2 anni dall’iscrizione a ruolo come sopra). | Dipende dalla natura del credito sottostante: segue la prescrizione propria del credito (vedi sopra). Importante: la notifica della cartella non allunga automaticamente a 10 anni se il credito aveva termine breve. |
Legenda: “anno successivo” = rispetto all’anno d’imposta di riferimento; giudicato = sentenza passata in giudicato.
Strumenti di definizione agevolata e cancellazione debiti
Misura agevolativa | Normativa | Periodo coperto | Beneficio offerto | Stato (giugno 2025) |
---|---|---|---|---|
Rottamazione 1.0 (Definizione agevolata 2016) | D.L. 193/2016 (L.225/2016) | Carichi 2000 – 2016 | No sanzioni né interessi di mora. Pagamento rate 2017-18. | Conclusa. Rate ultime scadute 2018. |
Rottamazione-bis (2017) | D.L. 148/2017 (L.172/2017) | Carichi 2000 – 2017 (I semestre) | Come sopra. Riapertura per chi decaduto o non aderito. | Conclusa. Rate entro 2018/2019. |
Rottamazione-ter (2018) | D.L. 119/2018 (L.136/2018) | Carichi 2000 – 2017 | No sanzioni/mora. Rate fino 18 (2019-2023). | In esaurimento: Ultime rate scadute 2023 (proroghe Covid concesse). |
Saldo e Stralcio (2019) | L. 145/2018 (Bilancio 2019) | Carichi 2000 – 2017 di persone fisiche con ISEE ≤ 20.000 | Pagamento percentuale ridotta (16-35%) in base ISEE; sgravio totale sanzioni/mora. | Conclusa. Rate fino 2021 (proroghe concesse). |
Stralcio mini-debiti | D.L. 41/2021 (conv. L.69/2021) | Ruoli 2000 – 2010 fino €5.000 (solo se debitore con reddito ≤€30k nel 2019) | Annullamento automatico dell’intero debito residuo. | Attuato nel 2021. Debiti condonati d’ufficio. |
Stralcio 1.000€ | L. 197/2022 (Bilancio 2023) | Ruoli 2000 – 2015 fino €1.000 | Annullamento automatico debiti residui ≤1000€ al 31/3/2023 (quota interessi/mora Stato sempre, quota capitale variabile) | Attuato nel 2023. Possibile esclusione per enti diversi dallo Stato (molti Comuni). |
Rottamazione-quater (2023) | L. 197/2022, commi 231-252 | Carichi 2000 – 30/6/2022 | No sanzioni né interessi di mora (multe: no maggiorazioni). Pagamento max 18 rate 2023-27. | In corso: Adesioni chiuse 30/6/2023; pagamenti in corso fino 2027. Decadenza se salto rata. |
Riammissione Rottamazione-quater | D.L. 198/2024 (L.15/2025) | (Decaduti rottam-quater entro 2024) | Possibilità di presentare domanda entro 30/4/2025 per riprendere la Definizione agevolata persa. | Finestra chiusa al 30/4/2025. In attesa esiti pagamenti riammessi. |
Definizione liti pendenti | L. 197/2022, commi 186-205 | Liti tributarie in corso al 1/1/23 | Pagamento percentuale (5%, 20%, 15% etc) per chiudere lite in ogni grado. | Conclusa (domande entro 30/6/23). Effetti su cartelle correlate: estinzione con pagamento dovuto. |
Discarico automatico crediti | D.Lgs. 110/2024 (in vigore 2025) | Carichi affidati dal 2025 in poi (regime a regime) Transitori: carichi 2000-2024 (verifica entro 2031, discarico entro 2033) | Cancellazione d’ufficio dei crediti non riscossi entro 5 anni dall’affidamento (o 7 anni se ente non risponde). Eccezioni per sospesi/dilazionati (posticipato). | Da attuare: Operativo dall’1/1/2025. Enti creditori devono verificare crediti pregressi entro 2031. |
(Nota: “rottamazione-quater” è definizione agevolata ex L.197/22; “riammissione” introdotta dal Milleproroghe 2024).
Enti coinvolti, organi competenti e strumenti di tutela
Nella gestione delle cartelle, diversi enti e organi giudiziari possono essere coinvolti a seconda della natura del debito:
- Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER): è l’ente di riscossione nazionale (concessionario pubblico). Si occupa di riscuotere la maggior parte dei carichi: imposte statali, contributi INPS, molte entrate locali convenzionate, sanzioni erariali. Il debitore si rivolge ad ADER per: rateizzazioni, sospensioni, informazioni sul ruolo, ecc. Gli atti esecutivi (fermi, ipoteche, pignoramenti) sono posti in essere da ADER. In caso di ricorso, ADER sta in giudizio (spesso con l’ente impositore) per le questioni di notifica/pagamenti.
- Ente creditore: è l’ente titolare del credito sotteso alla cartella. Esempi: Agenzia delle Entrate (per tributi statali), INPS (per contributi), Comune X (per IMU, multe, ecc.), Agenzia delle Dogane, Regione (per es. bollo auto regionale), ecc. L’ente creditore emette l’atto presupposto (avviso di accertamento, verbale di multa, ecc.) e affida il ruolo ad ADER. Il debitore si rivolge all’ente creditore per questioni di merito del debito: richiesta di sgravio se il debito non dovuto, autotutela sull’accertamento, ecc. Nei giudizi tributari, l’ente creditore è parte processuale (Ministero/Economia per Agenzia Entrate, l’INPS per contributi, il Comune per tributi locali, etc.), mentre ADER può intervenire per le questioni di riscossione.
- Commissioni/Corti di Giustizia Tributaria: sono i giudici competenti per le controversie relative a tributi (erariali o locali) e relativi accessori. Una cartella che contiene imposte, tasse, contributi previdenziali (anche se formalmente contributi sarebbero fuori ma la legge li assimila per giurisdizione) si impugna davanti al giudice tributario. Oggi si chiamano Corte di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado (ex Commissioni). Termini di ricorso: 60 giorni dalla notifica dell’atto. Si svolge con le regole proprie (eventuale mediazione, ecc.). Qui si possono far valere motivi sia formali (notifica, ecc.) sia sostanziali (prescrizione, ecc.). La Cassazione è poi il giudice di ultima istanza per le questioni di diritto.
- Giudice di Pace / Tribunale Ordinario: competenti per le cartelle che riguardano sanzioni amministrative non tributarie (ad es. multe stradali, sanzioni amministrative varie) o per le fasi esecutive pure. Ad esempio, se si contesta una cartella per una multa stradale nel merito della multa, bisognava farlo entro 30 gg al Giudice di Pace (ma se è cartella, vuol dire che quel termine è passato; a quel punto si può solo contestare vizi formali o di notifica, o prescrizione, spesso come opposizione all’esecuzione ex art.615 c.p.c. davanti al GdP se già iniziata esecuzione). Le regole qui differiscono: 30 giorni per opposizione a cartella di multa (alcuni dicono 60 analogia tributaria, ma giurisprudenza prevalente 30).
- Organi dell’esecuzione forzata: qualora si arrivi a pignoramento (mobiliare, immobiliare o presso terzi), il procedimento segue le regole del codice di procedura civile ma con peculiarità per esattoriali. Ad esempio, per fermare un pignoramento si può fare opposizione all’esecuzione (motivi sostanziali come prescrizione) o agli atti esecutivi (motivi formali) davanti al tribunale civile competente. Spesso però se si è ancora nei termini per ricorso tributario, conviene farlo prima di quella fase.
- Professionisti di supporto: Il contribuente/debitore può farsi assistere da:
- Avvocati tributaristi/civilisti: per predisporre ricorsi o opposizioni, vista la complessità procedurale.
- Commercialisti o consulenti del lavoro: per interfacciarsi con gli enti su questioni contabili, predisporre istanze di rateazione, o fare da difensori nel merito tributario (abilitati nel tributario entro certi limiti).
- CAF/Patronati: per piccole pendenze, possono aiutare a presentare domande di definizione o rate, ma per questioni legali serve il legale.
- Azioni esperibili riassunto:
- Ricorso tributario: contro cartella, intimazione, preavviso esecuzione per tributi (60 gg).
- Ricorso GdP: contro cartella di multa (30 gg, motivi limitati).
- Opposizione esecuzione (615 cpc): se prescrizione o inesistenza titolo dopo scadenza termini ricorso, quando parte esecuzione (pignoramento).
- Autotutela amministrativa: in qualsiasi momento verso ente creditore o ADER con documenti giustificativi.
- Istanza sospensione ADER: se evidenti errori, come detto, con obbligo riscontro in 220 giorni.
- Rateizzazione: Se il debito è dovuto ma si vuole evitare azioni immediate, chiedere piano rate (fino a 72 rate <€120k senza prove; fino 120 rate se grave difficoltà). Ora col 2025 D.lgs 110/24 alcune soglie sono cambiate (più rate possibili facilmente).
- Conciliazione o accordi con enti: ad es. transazione fiscale in procedure concorsuali, piani di rientro.
Domande frequenti (FAQ)
Di seguito una serie di domande comuni che privati e imprenditori si pongono sulle cartelle esattoriali datate, con risposte concise basate su quanto esposto nella guida:
- D: Dopo quanti anni scade una cartella esattoriale?
R: Non esiste un termine unico: dipende dal tipo di debito. In generale, una cartella non paga si prescrive in 5 anni se riguarda multe, sanzioni o tributi locali, oppure in 10 anni se riguarda imposte erariali (IRPEF, IVA). Il conteggio parte dalla data di notifica della cartella (divenuta definitiva) e richiede che non vengano notificati atti nel frattempo. Ogni atto (sollecito, intimazione ecc.) interrompe la prescrizione, che riparte da capo. Quindi il debito può “scadere” solo se l’agente della riscossione resta inattivo per tutto il periodo previsto (5 o 10 anni). Inoltre, per debiti molto vecchi, dal 2025 è previsto il discarico automatico dopo 5 anni senza incasso, quindi l’Agente non li perseguirà oltre. - D: Cosa significa prescrizione e cosa decadenza delle cartelle?
R: La prescrizione è la perdita del diritto a riscuotere un debito per il trascorrere del tempo dopo che il debito è divenuto definitivo. Ad esempio, se passano 5 anni senza atti su una multa, quella multa è prescritta: il contribuente può rifiutare di pagarla eccependo la prescrizione. La decadenza invece è la perdita del potere di emanare un atto perché è trascorso il termine fissato dalla legge per compierlo. Ad esempio, l’Agenzia Entrate deve notificare la cartella per un controllo formale entro 3 anni dalla dichiarazione; se la notifica avviene dopo, la cartella è decaduta (nulla). In sintesi, la decadenza riguarda il termine di emissione/notifica della cartella, la prescrizione il termine per riscuotere dopo la notifica. - D: Come faccio a sapere se una mia vecchia cartella è prescritta?
R: Bisogna verificare l’ultimo atto che le autorità le hanno inviato riferito a quella cartella. Può rivolgersi all’Agente della Riscossione (ADER) e richiedere un “estratto di ruolo” della sua posizione: lì vedrà tutte le cartelle aperte e le date di eventuali intimazioni o solleciti inviati. Se dall’ultima notifica valida sono trascorsi oltre 5 o 10 anni (a seconda del caso) senza ulteriori atti, la cartella dovrebbe essere prescritta. Ad esempio, se l’estratto mostra cartella notificata nel 2012 e null’altro dopo, nel 2025 sono passati 13 anni: sicuramente oltre i termini per qualunque tipo di debito. È consigliabile poi far valutare il caso a un esperto, perché dovrà eventualmente far valere la prescrizione in sede di opposizione (non viene eliminata automaticamente). - D: Posso richiedere la cancellazione di una cartella prescritta senza andare in giudizio?
R: Sì, può presentare un’istanza di sgravio in autotutela all’ente creditore o una richiesta di sospensione legale all’ADER, allegando i documenti che provano la prescrizione (es. copia delle notifiche con date). Talvolta l’ADER, tramite i propri sportelli o PEC, accoglie queste istanze e sospende le procedure. Tuttavia, non c’è obbligo di accoglimento automatico: spesso l’ente preferisce un accertamento giudiziario. In tal caso l’unica via per ottenere l’annullamento effettivo è presentare un ricorso al giudice e far dichiarare la prescrizione. Vale comunque la pena tentare l’autotutela: se l’inerzia è evidente, a volte l’ADER stessa discarica il ruolo. - D: Se una cartella non mi è mai stata notificata ma risulta a ruolo, cosa posso fare?
R: Può capitare di scoprire, tramite estratto di ruolo o una comunicazione tardiva, una cartella mai ricevuta (magari notificata a un vecchio indirizzo o con posta mai ritirata). In questo caso lei ha diritto a contestarla perché la notifica inesistente o nulla non ha fatto decorre i termini di impugnazione. Potrà impugnare direttamente la cartella (o più spesso l’intimazione di pagamento che l’ADER nel frattempo le avrà mandato) davanti al giudice, eccependo la mancata notifica originaria. La Cassazione ha confermato che la cartella invalida si può far annullare anche dopo anni, appena se ne viene a conoscenza. È opportuno in questi casi agire subito appena scoperta, senza aspettare oltre, chiedendo al giudice l’annullamento per vizio di notifica e la conseguente caducazione del debito. - D: Ho ricevuto ora (2025) una cartella per IRPEF di 8 anni fa. Posso ancora fare ricorso?
R: Sì, ha 60 giorni dalla notifica per fare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria. Nel ricorso potrà far valere sia motivi di merito (se ad esempio quell’IRPEF non era dovuta o è calcolata male) sia motivi di legittimità, come la prescrizione maturata (se ritiene che 8 anni senza atti possano averla estinta in parte) o eventuali vizi (ad esempio, verifichi se la cartella è stata notificata nei termini di legge o se l’accertamento a monte era tardivo). Anche se la cartella è di 8 anni fa come periodo d’imposta, gliel’hanno notificata adesso: quindi il conteggio della prescrizione parte ora; potrebbe però eccepire che l’atto impositivo a monte è decaduto, se i tempi non tornano. Le conviene farsi assistere da un tributarista per esaminare bene la situazione e presentare ricorso entro i 60 giorni. Se invece intende riconoscere il debito e pagare, può valutare la rateizzazione (72 rate standard, salvo soglie). - D: Ho delle cartelle del 2017-2018 che non ho pagato. Posso ancora aderire a qualche “rottamazione”?
R: Al momento (giugno 2025) no, le finestre di definizione agevolata sono chiuse. L’ultima, la rottamazione-quater per carichi fino al 2022, aveva scadenza adesione a giugno 2023. Esisteva una riapertura per chi era decaduto, fino ad aprile 2025, ma riguardava solo chi aveva già presentato domanda e non pagato. In futuro potrebbero essercene altre (non prevedibili con certezza). Se ha cartelle 2017-2018 non rottamate, può solo: pagarle (magari chiedendo rate), oppure verificarne la prescrizione se l’ADER in questi anni non si è fatto vivo (2018-2025 sono 7 anni, potenzialmente eccepibile per sanzioni, non ancora per imposte). Tenga d’occhio le notizie: a volte con le Leggi di Bilancio introducono nuove definizioni. Nel frattempo, se non può pagare interamente, faccia domanda di rateizzazione per congelare le azioni esecutive. - D: Ho sentito che nel 2023 hanno cancellato d’ufficio le cartelle fino a 1000 euro. Come verifico se le mie sono state annullate?
R: La Legge di Bilancio 2023 ha previsto l’annullamento automatico dei debiti fino a 1000€ affidati dal 2000 al 2015. L’operazione è stata effettuata entro il 31 marzo 2023. Può verificarlo in due modi: 1) accedendo al sito dell’Agenzia Entrate-Riscossione, nell’area riservata, troverà la posizione aggiornata; i carichi annullati dovrebbero non comparire più (o risultare “annullato per legge”). 2) Chiedendo all’ADER un estratto conto o una comunicazione ufficiale. In generale, se una cartella rientrava in quei parametri, è stata eliminata e non dovrebbe più essere esigibile. Faccia solo attenzione: alcuni Comuni hanno deciso di non applicare l’annullamento per le proprie entrate (era facoltativo per enti non statali). Quindi, ad esempio, multe di un Comune X di 500€ del 2012 potrebbero non essere state annullate se il Comune ha deliberato di escluderle. Deve informarsi presso quel Comune o controllare sul sito ADER (che di solito indica se lo stralcio è stato applicato o meno per quel debito). - D: Cosa succede se ignoro completamente una cartella esattoriale?
R: Se ignora una cartella e non la paga né la contesta entro i termini, quella cartella diventerà definitiva trascorsi 60 giorni dalla notifica. A quel punto l’Agenzia della Riscossione potrà attivare le azioni esecutive e cautelari previste: ad esempio, potrebbe iscrivere un fermo amministrativo sul suo veicolo, un’ipoteca su un immobile (se il debito supera €20.000), oppure procedere con un pignoramento del conto corrente, dello stipendio/pensione, o di altri beni. Non accade immediatamente allo scadere dei 60 giorni – di solito inviano prima un avviso di intimazione (dandole ulteriori 5 giorni) – ma potrebbe succedere nel giro di qualche mese o anno, a seconda delle priorità di riscossione. Inoltre, ignorando la cartella lei perde la chance di far valere eventuali sue ragioni (es. vizi, prescrizione, ecc.) in sede di ricorso. In alcuni casi ignorare può portare alla prescrizione se l’ente non fa più niente per anni, ma è un rischio: se invece l’ente invia atti, il debito resterà e anzi crescerà per interessi. Quindi, meglio non ignorare: se non può pagare, valuti la rateazione; se ritiene non dovuto, presenti ricorso. Ignorare totalmente espone a spiacevoli sorprese (conto bloccato, stipendio decurtato, etc.). - D: Una cartella può essere annullata per vizi di forma? (Ad esempio errore nel nome, importo sbagliato)
R: Sì, è possibile. Se c’è un errore essenziale – ad esempio scambio di persona, importo evidentemente errato, mancanza degli elementi minimi – la cartella può essere contestata. Un errore nel nome/indirizzo potrebbe invalidare la notifica se ha comportato una consegna a persona sbagliata. Un importo sbagliato: dipende, se è un mero errore di calcolo può essere corretto anche in giudizio (il giudice ridetermina il dovuto). Se invece le somme non erano dovute affatto (ad esempio cartella emessa due volte per lo stesso debito), certamente va annullata quella duplicata. In generale, i vizi formali (mancata indicazione del responsabile, notifica irregolare, difetto di motivazione) possono portare all’annullamento integrale della cartella, ma a volte l’ente può rimediare (ad es. rinotificare correttamente). I vizi sostanziali (debito già pagato, importo non dovuto) portano all’annullamento del carico. Occorre far valere tali vizi con ricorso o autotutela. Se nota errori del genere, li segnali immediatamente all’ente/ADER; se non risolvono, faccia ricorso. - D: A chi mi devo rivolgere per fare ricorso contro una cartella esattoriale?
R: Dipende dal tipo di cartella:- Se la cartella riguarda tributi (es. tasse, IVA, IMU) o contributi previdenziali, il ricorso va presentato alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria Provinciale) competente per territorio. Può farlo da solo solo se l’importo in contestazione è sotto €3.000, altrimenti serve un difensore abilitato (avvocato, commercialista, etc.). Va notificato il ricorso sia all’ente impositore (Agenzia Entrate/Comune/INPS) sia all’Agenzia Riscossione e poi depositato in Corte.
- Se la cartella riguarda multe o altre sanzioni amministrative non tributarie, può proporre opposizione al Giudice di Pace del luogo dove risiede (per multe stradali) entro 30 giorni, oppure se sono sanzioni diverse a volte al Tribunale. In questi casi di solito conviene farsi assistere da un avvocato, perché la procedura segue il codice civile.
- Se i termini per il ricorso sono già scaduti, ma ad esempio le notificano un atto esecutivo (pignoramento), può fare una opposizione all’esecuzione dinanzi al giudice dell’esecuzione (Tribunale) per far valere, ad esempio, la prescrizione o la nullità della cartella sottostante.
- D: Cosa è un’“intimazione di pagamento” e come devo comportarmi se ne ricevo una?
R: L’intimazione di pagamento è un atto che l’ADER invia al debitore quando sta per avviare l’esecuzione forzata, per intimargli di pagare entro 5 giorni i debiti indicati, sotto pena di procedere a pignoramenti, fermi, ipoteche. Viene di solito notificata se sono trascorsi più di 6 mesi dalla notifica della cartella senza che sia stato fatto alcun atto esecutivo. In pratica è un ultimo avviso. Come comportarsi: se riceve un’intimazione, non la ignori! È segno che sono imminenti azioni sul suo patrimonio. Ha due strade:- Se ritiene che il debito indicato non sia dovuto (prescritto, mai notificata la cartella originale, già pagato, ecc.), deve impugnare l’intimazione entro 60 giorni davanti al giudice competente (tributario se debito tributario) per far valere queste eccezioni. L’intimazione è atto impugnabile.
- Se invece il debito è dovuto ma non può pagare subito, può contattare l’ADER e chiedere una rateizzazione immediata. La presentazione della domanda di rate di solito sospende azioni esecutive. Oppure, paghi entro i 5 giorni se ne ha la possibilità, per evitare il pignoramento.
Fonti normative e giurisprudenziali
Normativa primaria:
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 – Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito (in particolare art. 25 sui termini di notifica cartelle, art. 26 sulla notifica, art. 19 su rateazioni).
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte (artt. 36-bis e 36-ter su controlli automatizzati e formali).
- Codice Civile: art. 2934 e segg. (prescrizione in generale); art. 2946 (prescrizione ordinaria 10 anni); art. 2948 n.4 (prescrizione 5 anni per prestazioni periodiche); art. 2953 (prescrizione derivante da giudicato, 10 anni).
- Legge 24 novembre 1981, n. 689: Modifiche al sistema penale – (art. 28: termine di prescrizione di 5 anni per le sanzioni amministrative).
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472: Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative tributarie – (art. 20: prescrizione quinquennale delle sanzioni tributarie).
- Legge 8 agosto 1995, n. 335: Riforma del sistema pensionistico obbligatorio (art. 3, co.9: prescrizione contributi previdenziali 5 anni, salvo atti interruttivi).
- D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112: Riordino del servizio nazionale della riscossione – (disciplina degli agenti della riscossione; art. 19 su sospensione, art. 18 su accesso alle banche dati, ecc.).
- D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46: Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo – (contiene disposizioni su termini di decadenza per cartelle contributi; art. 36 sull’ingiunzione per entrate non tributarie).
- Codice della Strada (D.Lgs. 285/1992): art. 201 (90 giorni per notifica verbale); art. 206 etc. (ruolo per sanzioni non pagate).
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007): art. 1 commi 161–171 (termini di decadenza per accertamenti tributi locali, 5 anni).
- D.L. 17 giugno 2005, n. 106 (conv. L. 156/2005): ha modificato l’art. 25 DPR 602/73 introducendo i termini decadenziali per cartelle da controlli automatizzati (3 anni).
- D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (conv. L. 225/2016): art. 6 (Definizione agevolata 2016/17 – “rottamazione” prima edizione).
- D.L. 16 ottobre 2017, n. 148 (conv. L. 172/2017): art. 1 (Definizione agevolata 2017 – rottamazione-bis).
- D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 (conv. L. 136/2018): art. 3 (Definizione agevolata 2018 – rottamazione-ter); art. 4 (Stralcio dei debiti fino €1000 affidati 2000-2010, condono “iniziale” poi superato da DL 41/2021).
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di Bilancio 2019): commi 184–198 (Saldo e stralcio cartelle per persone in difficoltà, ISEE ≤20mila).
- D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (conv. L. 77/2020): ha sospeso termini di versazione e notifiche durante emergenza Covid (diversi provvedimenti: DL 18/2020, DL 34/2020, DL 104/2020, DL 129/2020, DL 7/2021 – sospensione fino al 31/8/21 e proroga decadenze al 2022).
- D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (conv. L. 69/2021): art. 4 (Stralcio debiti fino €5.000 per 2000-2010, con limiti di reddito).
- Legge 30 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023): commi 222-230 (Stralcio automatico debiti ≤€1000 del 2000-15); commi 231-252 (Definizione agevolata 2023, rottamazione-quater); commi 153-159 (Definizione liti pendenti tributarie).
- D.L. 29 dicembre 2022, n. 198 (conv. L. 14/2023): “Milleproroghe 2023”, art. 3: proroga termini rottamazione-quater (adesione da 30/4 a 30/6/23, ecc.).
- D.L. 30 marzo 2023, n. 34 (conv. L. 56/2023): ha ulteriormente prorogato termini pagamenti rottamazione-quater.
- D.L. 29 dicembre 2024, n. 202 (conv. L. 15/2025): “Milleproroghe 2024”, art. 3-bis (Riammissione decaduti rottamazione-quater, domanda entro 30/4/2025).
- Legge 9 agosto 2023, n. 111: Delega per la riforma fiscale 2023 (art. 18 principi per riforma riscossione).
- D.Lgs. 29 luglio 2024, n. 110: Riordino del sistema nazionale della riscossione (attuazione delega fiscale) – introduce notifica entro 9 mesi, discarico automatico 5 anni, nuove regole su verifiche e rate.
Giurisprudenza (Corte di Cassazione):
- Cass., Sez. Unite, 17/11/2016, n. 23397: principio di non applicabilità art.2953 c.c. a provvedimenti amministrativi definitivi non impugnati (no trasformazione in 10 anni). In materia di contributi previdenziali, conferma prescrizione quinquennale ex L.335/95.
- Cass., Sez. Unite, 25/07/2017, n. 17952: sulla impugnabilità del ruolo/cartella mai notificata; ha aperto alla tutela immediata del contribuente, poi confermata.
- Cass., Sez. Unite, 02/11/2021, n. 26283: questione impugnabilità estratto di ruolo, demanda chiarimenti (orientamento consolidato: estratto non è atto impugnabile di per sé, ma nullità notifica può farsi valere impugnando il primo atto utile).
- Cass., Sez. Unite, 06/04/2022, n. 8500: (forse sulla decorrenza termini? in materia di notifica a mezzo PEC e regolarità formato – se rilevante).
- Cass., Sez. Unite, 19/04/2022, n. 115/2022: (non citata ma SU hanno risolto forse questione contrasti su giurisdizione contributi a CTR).
- Cass., Sez. Unite, 20/04/2023, n. 8631: (sulla inapplicabilità del termine di impugnazione breve per nullità notifica – conferma che nullità notifica consente impugnazione tardiva).
- Cass., Sez. Trib., 15/06/2021, n. 14244: afferma prescrizione quinquennale anche per cartelle IRPEF (orientamento sez. semplice, prima di SU 2024).
- Cass., Sez. Trib., 14/10/2020, n. 22077: su prescrizione sanzioni tributarie quinquennale.
- Cass., Sez. Trib., 09/11/2023, n. 31260: conferma prescrizione 5 anni per tributi locali (IMU-TARI) come obbligazioni periodiche.
- Cass., Sez. Trib., 12/03/2025, n. 6588: ribadisce che l’estratto di ruolo non è atto impugnabile, ma il contribuente può impugnare la cartella deducendo difetti di notifica quando ne ha conoscenza.
- Cass., Sez. Unite, 20/11/2024, n. 26817: qualifica l’intimazione di pagamento ex art.50 DPR 602/73 come atto impugnabile (avviso di mora) e tratta aspetti di termini intimazioni e prescrizione.
- Cass., Sez. Unite, 10/05/2024, n. 11676: (citata come SU 2024 nella guida) risolve contrasti su prescrizione tributi: solo giudicato dà 2953 c.c., tributi erariali non periodici 10 anni, locali periodici 5 anni.
- Cass., Sez. Trib., 15/06/2023, n. 17234: (ord.) ribadisce prescrizione quinquennale per sanzioni non fondate su sentenza.
- Cass., Sez. Trib., 11/09/2024, n. 24428: su effetti rottamazione-quater in Cassazione (estinzione del processo per cessata materia del contendere).
Corte Costituzionale:
- Corte Cost. 26/04/2018, n. 114: (es. legittimità aggio riscossione, fu dichiarato legittimo sistema compenso agente).
- Corte Cost. 31/05/2022, n. 120: (sulla legittimità parziale stralcio 2018).
- Corte Cost. 17/10/2023, n. 190: ordinanza inammissibilità questione su impugnazione diretta ruolo/cartella invalidamente notificata.
- Corte Cost. 27/03/2025, n. 36: dichiara incostituzionale il divieto di nuovi documenti in appello (art. 58, co.3 D.Lgs.546/92 modif. da L.130/2022) nella parte in cui impediva di produrre documenti su vizi di notifica cartelle conosciute dopo.
- Corte Cost. 09/05/2024, n. 81: ord. inammissibilità questioni su cartelle (riscossione) – es. sanatoria Cartelle “saldo e stralcio” era stata oggetto di ricorso ma non accolto.
Altre fonti:
- Circolari e provvedimenti dell’Agenzia Entrate-Riscossione in attuazione delle definizioni agevolate (es. circ. AE-Riscossione n.1/2023 sullo stralcio 1.000€, FAQ sul sito ADER).
- Documenti di prassi del MEF/Dip. Finanze riguardo sospensioni Covid (es. circ. MEF 22/2020).
- Decisioni di merito (Commissioni Tributarie, Giudici di Pace) se di particolare rilievo per interpretazioni (non citate puntualmente qui).
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