Si Può Pignorare Una Casa Con Mutuo?

Hai una casa su cui stai ancora pagando il mutuo e ti stai chiedendo se possa essere pignorata da un creditore? Magari hai ricevuto un decreto ingiuntivo o una cartella esattoriale e ti domandi se anche un immobile ipotecato può finire all’asta.

La risposta è sì: una casa con mutuo può essere pignorata, ma con alcune precisazioni importanti. La presenza di un mutuo non protegge automaticamente l’immobile dal pignoramento, ma modifica la posizione dei creditori.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto immobiliare, esecuzioni e tutela del patrimonio – ti spiega quando e come può essere pignorata una casa con mutuo, chi ha la priorità nel recupero del credito e cosa puoi fare per difendere la tua abitazione.

Hai una casa con mutuo e rischi il pignoramento da parte di altri creditori?

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Introduzione

Si può pignorare una casa su cui grava un mutuo ipotecario? In Italia, la risposta in generale è sì: il fatto che un immobile abbia un mutuo in corso (e quindi un’ipoteca a favore della banca) non impedisce l’espropriazione forzata dell’immobile. Tuttavia, la presenza del mutuo comporta diverse implicazioni giuridiche e pratiche. In questa guida avanzata – rivolta sia a professionisti (avvocati, consulenti) sia a privati esperti – esamineremo tutti gli aspetti del pignoramento immobiliare quando sull’immobile insiste un mutuo ipotecario. Adotteremo un linguaggio tecnico-giuridico ma divulgativo, spiegando i concetti in modo chiaro e fornendo riferimenti normativi (Codice Civile, Codice di Procedura Civile, Testo Unico Bancario) e giurisprudenziali aggiornati a maggio 2025.

Seguiremo un percorso logico: dapprima i presupposti legali per avviare il pignoramento della casa ipotecata, poi gli aspetti fiscali della vendita forzata (imposte, plusvalenza, ecc.), quindi la prassi dei tribunali (tempi e modalità operative, art. 560 c.p.c. sulla liberazione dell’immobile), il ruolo e la graduazione dei creditori (banca ipotecaria e altri creditori), i limiti particolari per la prima casa con mutuo, le possibili soluzioni stragiudiziali per evitare il pignoramento. Troverete inoltre tabelle riepilogative (cronologia della procedura, interazioni mutuo/pignoramento, effetti fiscali per debitore e acquirente), una sezione di FAQ con domande frequenti e infine alcune simulazioni pratiche di casi concreti in diversi contesti economico-familiari. In chiusura, un elenco completo delle fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali citate, incluse recentissime sentenze di Cassazione e orientamenti dei tribunali di merito.

Scopo della guida: fornire una visione completa e aggiornata del tema “si può pignorare una casa con mutuo?”, in modo che il lettore comprenda non solo se e quando ciò è possibile, ma anche come avviene, con quali conseguenze legali e fiscali, e quali strategie esistono per tutelarsi.


1. Presupposti giuridici del pignoramento immobiliare con mutuo ipotecario

In Italia ogni debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i beni presenti e futuri (principio di responsabilità patrimoniale universale ex art. 2740 c.c.). Ciò significa che, salvo particolari limitazioni di legge, un creditore può aggredire forzatamente qualsiasi bene del debitore – inclusa una casa gravata da mutuo ipotecario – per soddisfare il proprio credito. Il mutuo ipotecario è un finanziamento garantito da ipoteca sull’immobile: la banca (creditore ipotecario) ha un diritto reale di garanzia che le conferisce preferenza sul ricavato della vendita, ma ciò non rende il bene impignorabile. Dunque, sì, una casa su cui c’è un mutuo si può pignorare, a patto che sussistano i presupposti generali dell’esecuzione forzata. Vediamoli in dettaglio.

  • Inadempimento di un’obbligazione e titolo esecutivo: Il primo presupposto è che il debitore sia inadempiente rispetto a un’obbligazione pecuniaria certa, liquida ed esigibile. Nel caso del mutuo, l’inadempimento consiste nel mancato pagamento delle rate concordate. Per legge e contratto, dopo un certo numero di rate non pagate la banca può recedere dal beneficio del termine e richiedere l’immediato pagamento di tutto il debito residuo (capitale + interessi). Serve inoltre un titolo esecutivo, ossia un documento che attesti l’esistenza e l’entità del credito in modo tale da legittimare l’esecuzione forzata (art. 474 c.p.c.). Il contratto di mutuo bancario redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata costituisce esso stesso titolo esecutivo, purché dal contratto risulti un’obbligazione di restituzione certa, liquida ed esigibile. In altre parole, se il mutuatario ha ricevuto la somma e si è obbligato a restituirla, l’atto di mutuo notarile è sufficiente per agire in via esecutiva (non serve prima una causa in tribunale). Anche altri creditori (diversi dalla banca) possono agire esecutivamente sullo stesso immobile: ad esempio un creditore chirografario munito di sentenza di condanna, o l’Agenzia delle Entrate Riscossione con una cartella esattoriale divenuta definitiva. In ogni caso occorre un titolo esecutivo valido ai sensi dell’art. 474 c.p.c. (sentenza, decreto ingiuntivo, contratto di mutuo, ecc.).
  • Decadenza dal beneficio del termine e avviso di risoluzione: Nel caso specifico del mutuo, la banca non può chiedere subito l’intero importo alla prima rata non pagata: l’art. 40 del Testo Unico Bancario (TUB) prevedeva (prima del 2016) la decadenza dal beneficio del termine dopo 7 rate mensili non pagate (anche non consecutive). Dal 2016, con l’attuazione della direttiva UE 2014/17, la soglia è stata elevata a 18 rate mensili non pagate (anche non consecutive) per i mutui ai consumatori, ossia stipulati da persone fisiche per scopi privati. Questo significa che, per legge, l’inadempimento “grave” del mutuo si verifica dopo 18 rate arretrate; prima di raggiungere tale soglia la banca non può risolvere il contratto per grave inadempimento. Va però precisato che: (i) contrattualmente molte banche prevedono ancora la soglia dei 7 mancati pagamenti (per i mutui più datati o per quelli non rientranti nella normativa consumer); (ii) in ogni caso il mutuatario è formalmente in mora già dopo la singola rata scaduta (oltre i 30 giorni di “tolleranza”), con applicazione di interessi moratori e segnalazione in centrale rischi. La banca di norma invia solleciti e comunicazioni di messa in mora man mano che si accumulano ritardi (es. dopo 1, 3, 6 rate non pagate). Raggiunto il limite considerato “grave” (oggi 18 rate per mutui consumer post-2016), l’istituto può dichiarare la risoluzione del contratto e pretendere il pagamento integrale del debito residuo. Tale dichiarazione avviene tipicamente mediante lettera raccomandata o PEC al debitore, comunicando la decadenza dal beneficio del termine ex art. 40 TUB e l’intenzione di procedere all’esecuzione.
  • Atto di precetto: Ottenuta la risoluzione del mutuo (o in generale in presenza di un credito scaduto ed esigibile verso il debitore), il creditore procede notificando un atto di precetto. Il precetto è un’intimazione formale di pagamento, prevista dall’art. 480 c.p.c., con cui si ingiunge al debitore di pagare entro almeno 10 giorni dalla notifica, avvertendolo che in difetto si procederà a esecuzione forzata. Nel nostro caso, la banca indicherà nel precetto l’importo dovuto (capitale residuo, interessi di mora, spese legali, ecc.) e inviterà il mutuatario a saldare entro 10 giorni. Il precetto deve fondarsi su un titolo esecutivo valido e deve essere notificato al debitore personalmente. Una volta notificato, il precetto ha validità di 90 giorni entro i quali va iniziata l’esecuzione (pena la sua decadenza, art. 481 c.p.c.). Durante questi 10 giorni il debitore può valutare di pagare quanto richiesto, oppure cercare un accordo con la banca, o ancora proporre opposizione se ritiene il precetto illegittimo (ad es. per calcoli errati). Trascorsi almeno 10 giorni senza che il debitore abbia adempiuto o ottenuto una sospensione, il creditore può procedere al pignoramento.
  • Atto di pignoramento immobiliare: È l’atto con cui si espropria giudizialmente l’immobile. Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notifica al debitore e successiva trascrizione nei registri immobiliari (art. 555 c.p.c.). Nel caso tipico, un ufficiale giudiziario (o, in alcuni tribunali, un notaio delegato) si reca dal debitore e notifica l’atto di pignoramento, che identifica precisamente l’immobile (dati catastali, estremi dell’ipoteca, ecc.) e ingiunge al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre il bene alla garanzia del credito (divieto di alienazione). L’ufficiale provvede immediatamente a trascrivere il pignoramento presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, rendendo pubblico il vincolo. Da quel momento, l’immobile è “bloccato”: il debitore ne perde la disponibilità (non può venderlo né ipotecarlo ulteriormente) e viene nominato custode giudiziario (salvo successiva nomina di custode terzo, come vedremo). Nel pignoramento devono essere indicate, a pena di nullità, una serie di informazioni: il tribunale competente, le parti, il titolo esecutivo, la descrizione dell’immobile, l’ammontare del credito e l’intimazione al debitore. Il pignoramento immobiliare va iscritto a ruolo presso il tribunale competente entro 15 giorni, depositando il titolo esecutivo e il precetto (art. 557 c.p.c.). Inoltre, il creditore pignorante deve notificare entro 30 giorni l’avvenuto pignoramento agli eventuali altri creditori che vantino diritti sul bene (es. altri creditori ipotecari) – questo avviso (ex art. 498 c.p.c.) serve a far sapere agli altri creditori della procedura, così che possano intervenire e far valere i propri diritti.

In presenza di mutuo ipotecario, vi sono alcune considerazioni aggiuntive sui presupposti:

  • Chi può pignorare la casa? Può farlo la banca mutuante (creditore ipotecario) se il debitore è inadempiente sul mutuo; ma anche un altro creditore qualsiasi (munito di titolo esecutivo) per un diverso debito. L’esistenza dell’ipoteca non impedisce a terzi creditori di pignorare l’immobile, purché siano disposti a sostenere la procedura sapendo che la banca ipotecaria avrà priorità sul ricavato. In pratica, un creditore chirografario può avviare il pignoramento di un immobile ipotecato, ma dovrà notificare il pignoramento alla banca e sarà quest’ultima a venire soddisfatta per prima fino a concorrenza del suo credito. Spesso i creditori chirografari esitano a pignorare immobili gravati da mutui consistenti, perché rischiano di non ricavare nulla se il prezzo d’asta copre a malapena il debito ipotecario. Diverso è il caso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia): può iscrivere ipoteca per crediti erariali e, al ricorrere di specifiche condizioni (v. §5), procedere al pignoramento dell’immobile anche in presenza di mutuo. In tutti i casi, comunque, la procedura esecutiva immobiliare sarà unica e il tribunale ripartirà il ricavato tra i creditori intervenuti secondo l’ordine dei privilegi e delle ipoteche (vedremo in §4).
  • Il mutuo deve essere scaduto? La banca, come visto, deve attendere la risoluzione/decadenza dal termine: non può pignorare la casa se il mutuatario sta pagando regolarmente le rate. Se il debitore è in regola coi pagamenti del mutuo ma subisce il pignoramento da parte di un altro creditore (es. per cartelle esattoriali o altri debiti), il mutuo prosegue normalmente nei rapporti tra debitore e banca finché la casa non venga venduta. In pratica però, l’avvio di un’esecuzione immobiliare su un bene ipotecato spesso costituisce di per sé un default verso la banca: molti contratti di mutuo prevedono che il pignoramento da parte di terzi sia causa di risoluzione anticipata del mutuo (la banca potrebbe accelerare il debito anche se le rate erano regolari, per tutelarsi). Dunque in caso di pignoramento ad opera di terzi, è probabile che anche la banca dichiari risolta la linea di credito e intervenga nella procedura per recuperare il suo credito residuo.
  • Norme rilevanti: Riassumiamo i principali riferimenti normativi sui presupposti del pignoramento immobiliare con mutuo: artt. 474–480 c.p.c. (titolo esecutivo e precetto), artt. 555–557 c.p.c. (forma del pignoramento immobiliare e deposito documenti), art. 2910 c.c. (facoltà del creditore di espropriare i beni del debitore), artt. 2808 e 2858 c.c. (ipoteca e sua realizzazione), art. 2740 c.c. (responsabilità patrimoniale). Sul mutuo: artt. 1813–1816 c.c. (definizione di mutuo e obblighi, interessi), art. 2744 c.c. (divieto di patto commissorio: il creditore non può pattuire di diventare proprietario dell’immobile in caso di inadempimento), D.Lgs. 385/1993 (TUB): art. 40 (decadenza dal termine per mancato pagamento rate), art. 120-duodecies e segg. TUB (disciplina del credito immobiliare ai consumatori introdotta nel 2016, che include la soglia di 18 rate). Queste norme costituiscono la base giuridica da cui partire; nel prosieguo vedremo le disposizioni procedurali sulla vendita forzata (artt. 567 c.p.c. e ss.) e le norme speciali applicabili.

2. Fasi della procedura esecutiva immobiliare (casa con mutuo)

Una volta notificato il pignoramento, si apre la procedura esecutiva immobiliare presso il tribunale competente. Le fasi fondamentali del pignoramento immobiliare – che valgono sia per l’esecuzione promossa dalla banca sul proprio mutuo sia per quelle avviate da altri creditori – sono le seguenti:

  • Deposito della documentazione e delega: Il creditore pignorante deposita in tribunale l’istanza di vendita (richiesta di procedere alla vendita forzata) allegando i documenti richiesti: titolo esecutivo, atto di pignoramento e relativa nota di trascrizione, certificati ipotecari e catastali, copia conforme del contratto di mutuo ipotecario, eventuale stato delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, etc. (art. 567 c.p.c.). Dal 2023 (riforma Cartabia) il creditore ha 45 giorni per completare il deposito di tutti i documenti; termine prorogabile al massimo di altri 45 per giustificati motivi, pena l’estinzione della procedura. Il fascicolo, una volta completo, viene posto all’attenzione del Giudice dell’Esecuzione (G.E.). Questi, verificata la regolarità, emette un decreto con cui nomina eventualmente un custode giudiziario e un professionista delegato alla vendita (spesso un notaio o avvocato specializzato) ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c. Nella prassi attuale quasi tutti i tribunali italiani dispongono la delega delle operazioni di vendita a professionisti esterni, per snellire il lavoro del giudice: il delegato si occuperà di organizzare l’asta, raccogliere le offerte, redigere gli atti di trasferimento, ecc., sotto la vigilanza del giudice. In alcuni tribunali si preferisce delegare ai notai, in altri ad avvocati o commercialisti; la prassi varia da ufficio a ufficio (v. §3). Il giudice nomina anche un perito estimatore (CTU) incaricato di valutare l’immobile e redigere una perizia dettagliata (stato di fatto, confini, regolarità edilizia, occupanti, vincoli, valore di mercato). Questa perizia è fondamentale per fissare il prezzo base dell’asta.
  • Custodia dell’immobile pignorato: Durante la procedura, l’immobile è in custodia giudiziale. In molti casi inizialmente il debitore stesso viene nominato custode “ex lege” del bene (art. 560 c.p.c.), con l’obbligo di conservarlo e renderlo disponibile per visite. Tuttavia, è prassi nominare un custode professionale (spesso un operatore specializzato) già nelle prime fasi, specie se l’immobile non è occupato dal debitore o se vi sono necessità di gestione attiva (ad es. far visitare il bene ai potenziali acquirenti). Il custode giudiziario ha il compito di vigilare sull’immobile, mantenerlo in buono stato, riscuotere eventuali affitti, e coordinare le visite dei potenziali offerenti. Egli riferisce periodicamente al G.E. sull’andamento della custodia. (Approfondiremo al §3 le regole attuali sulla liberazione dell’immobile e la permanenza del debitore nella casa fino all’asta, in base all’art. 560 c.p.c. modificato).
  • Udienza e ordinanza di vendita: Una volta pronta la perizia di stima e verificata la situazione ipocatastale, il creditore (o il delegato) chiede la fissazione dell’udienza di autorizzazione alla vendita (art. 569 c.p.c.). In tale udienza il giudice sente le parti (creditore, debitore se compare, eventuali creditori intervenuti) e quindi emette l’ordinanza di vendita. Questo provvedimento stabilisce le modalità della vendita forzata: se con incanto o senza incanto (oggi prevalentemente vendita senza incanto, ossia con offerte irrevocabili e eventuale gara tra offerenti), il prezzo base d’asta (di solito pari al valore di stima ridotto di un certo coefficiente, ad es. 20-25%), l’incremento minimo per i rilanci, la data o periodo dell’asta, le modalità di pubblicità, l’ammontare della cauzione che gli offerenti devono depositare, ecc. (artt. 570, 576 e 579 c.p.c.). Ad esempio, la legge prevedeva un deposito cauzionale del 10% o 20% a garanzia delle offerte; la riforma 2021–2022 (Cartabia) ha uniformato al 10% la cauzione per gli immobili residenziali prima casa. L’ordinanza specifica anche se la vendita sarà in modalità telematica (oggi molto diffusa: offerte via portale internet) o in presenza fisica. Inoltre, il giudice stabilisce, in base all’art. 560 c.p.c., se e quando il debitore dovrà lasciare l’immobile: come vedremo, oggi la regola è che possa restare fino al decreto di trasferimento, salvo casi particolari.
  • Pubblicità ed esperimento di vendita: Il professionista delegato cura la pubblicazione dell’avviso d’asta sul portale delle vendite pubbliche del Ministero della Giustizia e su eventuali altri siti o quotidiani, almeno 45 giorni prima dell’asta. Gli interessati possono prendere visione della perizia e concordare col custode una visita dell’immobile. Entro il termine stabilito (ad es. entro le ore 12 di due giorni prima della vendita) vanno presentate le offerte di acquisto, depositando la cauzione (tipicamente il 10% del prezzo base). Se arriva almeno un’offerta pari o superiore al prezzo minimo, si procede alla vendita. Nel caso di gara telematica, le offerte vengono inserite online in busta chiusa; all’ora fissata si apre l’asta: se c’è una sola offerta valida, si aggiudica, altrimenti tra gli offerenti si apre una gara di rilanci (anche questa telematica) per un periodo definito. Se invece non pervengono offerte (asta deserta), il giudice o delegato dichiarerà l’asta deserta e, su richiesta del creditore, potrà fissare un nuovo esperimento a prezzo ribassato (solitamente di un 20-25% in meno). In mancanza di offerte per più tentativi, il creditore ipotecario potrebbe chiedere l’assegnazione del bene a sé (nei limiti del proprio credito) o la chiusura anticipata della procedura per incapienza.
  • Aggiudicazione: Quando un partecipante risulta miglior offerente, si ha l’aggiudicazione provvisoria. Se la vendita è senza incanto, l’aggiudicazione diventa definitiva subito (salvo che l’ordinanza preveda la possibilità di offerte migliorative entro 10 giorni, meccanismo ormai raro). L’aggiudicatario deve versare il saldo prezzo entro il termine fissato (di solito 60, 90 o 120 giorni). Il mancato versamento comporta la decadenza e la perdita della cauzione.
  • Decreto di trasferimento: Ottenuto il saldo, il Giudice dell’Esecuzione emette il decreto di trasferimento (art. 586 c.p.c.), che è l’atto con cui la proprietà dell’immobile viene trasferita all’aggiudicatario. Il decreto contiene anche l’ordine di cancellazione di tutte le iscrizioni ipotecarie e pignoramenti gravanti sul bene. Ciò significa che il nuovo acquirente riceve la casa libera dall’ipoteca del mutuo e da eventuali altre ipoteche o pignoramenti precedenti: il tutto viene cancellato d’ufficio sulla base del decreto. Inoltre, il decreto di trasferimento dispone la consegna dell’immobile all’acquirente, eventualmente ordinando la liberazione forzata se il bene è occupato dal debitore o da terzi senza titolo. Oggi, per legge, se l’immobile era abitazione principale del debitore, il giudice emette l’ordine di liberazione contestualmente al decreto di trasferimento (art. 560 co.8 c.p.c.), in modo che l’aggiudicatario abbia la casa libera. Di solito l’attuazione pratica (sfratto esecutivo) viene curata dal custode giudiziario subito dopo il decreto. Nel caso invece in cui l’immobile fosse occupato da un terzo con un contratto di locazione opponibile (stipulato prima del pignoramento e regolarmente registrato), l’aggiudicatario subentra come locatore e dovrà rispettare quella locazione fino a scadenza.
  • Distribuzione del ricavato: Dopo la vendita, il professionista delegato o lo stesso giudice redige il piano di riparto del ricavato tra i creditori. Si tratta di calcolare l’ammontare da attribuire a ciascun creditore procedente o intervenuto, secondo l’ordine delle cause di prelazione (vedi §4). Vengono innanzitutto dedotte le spese di procedura (compenso del custode, del delegato, spese di trasferimento, imposte, ecc.), che hanno privilegio assoluto. Poi si paga il creditore ipotecario (la banca) fino a concorrenza del suo credito privilegiato (capitale, interessi nei limiti di legge, spese); quindi eventuali altri creditori ipotecari di grado successivo, e altri creditori privilegiati; infine gli eventuali creditori chirografari. Se il denaro non basta ad accontentare tutti, i creditori di grado inferiore rimangono insoddisfatti (in tutto o in parte). Se invece dopo aver pagato tutti vi fosse un surplus, questo va restituito al debitore esecutato. Nelle esecuzioni immobiliari capita di rado che il prezzo copra tutti i debiti e avanzi del denaro, ma non è impossibile (ad esempio, se il pignoramento è stato promosso per un debito relativamente piccolo su un immobile di grande valore). Più spesso, invece, il ricavato non copre l’intero debito verso la banca: il residuo non soddisfatto resterà a carico del debitore (v. §4 e §9 per gli scenari di debito residuo).

Le tempistiche di questa procedura variano molto da caso a caso: dipendono dal carico di lavoro del tribunale, dall’eventuale opposizione del debitore, dal numero di tentativi d’asta necessari, ecc. In media negli ultimi anni la durata di un’esecuzione immobiliare in Italia è stata attorno a 5 anni (4,94 anni nel 2023), con differenze territoriali marcate (meno di 5 anni al Nord, oltre 7 anni al Sud). Le riforme procedurali recenti mirano a velocizzare i tempi, ad esempio riducendo i termini morti e favorendo le aste telematiche. Nei tribunali più efficienti (es. virtuosi del Nord) una casa può andare all’asta e aggiudicarsi anche in 1,5–2 anni; altrove possono volerci 6–8 anni. Una “regola empirica” è che dal precetto all’asta trascorrano almeno 6-12 mesi nelle ipotesi più rapide, e qualche anno nei contesti medi. Spieghiamo questo con l’ausilio di una tabella cronologica orientativa (da intendersi come esempio generale):

Tabella 1: Cronologia indicativa di una procedura esecutiva immobiliare (tempi medi nelle condizioni standard)

FaseAttività chiaveTempistica indicativa
Costituzione in moraSolleciti della banca dopo le prime rate non pagateDopo 1–3 mesi di ritardi (corrispondenza di sollecito)
Decadenza dal termineComunicazione risoluzione mutuo e precetto di pagamento~6–12 mesi dall’inizio dell’inadempimento (secondo le rate scadute, min. 18 rate per mutuo consumer)
PignoramentoNotifica e trascrizione atto di pignoramento≥ 10 giorni dopo il precetto (entro 90 gg). Contestuale iscrizione a ruolo in tribunale.
Deposito documentiProduzione titoli, relazione notarile ecc. (art. 567 c.p.c.)Entro 45 giorni dal pignoramento (termine post riforma 2023). Possibile proroga max 45 gg.
Perizia e delega venditeNomina custode, perito e delegato; stima immobile~2–4 mesi dal pignoramento (variabile secondo tribunale)
Ordinanza di venditaUdienza ex art. 569 c.p.c., condizioni d’asta fissate~4–6 mesi dal pignoramento (una volta pronta la perizia)
Pubblicità e GaraPubblicazione avviso, presentazione offerte, asta~2–4 mesi dopo l’ordinanza (tempi tecnici per pubblicità e deposito cauzioni)
AggiudicazioneMiglior offerente dichiarato aggiudicatarioData asta + eventuali 10 gg (per offerte rilancio se previste)
Pagamento saldo prezzoVersamento importo restante dall’aggiudicatario60–120 giorni dall’aggiudicazione (termine stabilito nel bando)
Decreto di trasferimentoEmesso dal G.E., cancella ipoteche e dispone liberazione~15–30 giorni dopo saldo versato (dipende da adempimenti ufficio)
Liberazione immobileEsecuzione dell’ordine di rilascio (se occupato)~30–60 giorni dal decreto (tempi sgombero a cura custode/ufficiale giud.)
Distribuzione finaleRiparto somme e chiusura procedura~2–6 mesi dopo aggiudicazione (dipende da complessità conteggi e eventuali opposizioni)

Nota: La tempistica effettiva può essere molto variabile. Ad esempio, un’opposizione agli atti esecutivi o una sospensione accordata dal giudice possono allungare i tempi di mesi o anni; viceversa una pronta collaborazione del debitore (es. immobile già libero, niente opposizioni) può accelerare le operazioni. Le riforme recenti tendono a rendere più stringenti i termini per ridurre la durata complessiva.

3. Prassi dei tribunali: tempistiche, orientamenti operativi e art. 560 c.p.c.

La procedura esecutiva descritta al §2 è uniforme nei suoi tratti fondamentali, ma la prassi operativa può variare da tribunale a tribunale. Analizziamo alcune differenze riscontrabili sul territorio italiano in termini di tempistiche, modalità di delega a professionisti, applicazione dell’art. 560 c.p.c. (modo della custodia e liberazione dell’immobile) e gestione dell’accesso all’immobile per visite.

  • Durata della procedura: Come accennato, i tempi medi variano sensibilmente. Secondo studi recenti, nel 2023 la durata media delle esecuzioni immobiliari concluse con aggiudicazione è stata di circa 6 anni (75 mesi) al Sud, mentre al Nord si attestava sotto i 5 anni. Ad esempio, tribunali come Trieste o Torino spesso chiudono le esecuzioni in 3-4 anni, mentre uffici più congestionati (Roma, Napoli, ecc.) possono superare i 7-8 anni. Queste differenze dipendono dal carico di lavoro, dall’organizzazione interna (sezioni specializzate, numero di giudici dell’esecuzione assegnati), dall’utilizzo intensivo di strumenti telematici, nonché da fattori socio-economici (ad es. al Sud è maggiore la percentuale di immobili che restano invenduti a lungo, richiedendo più aste). Negli ultimi anni vi è stato uno sforzo di efficientamento: il numero di aste chiuse con aggiudicazione è aumentato e la durata media nazionale è leggermente scesa (da 4,97 anni nel 2022 a 4,94 nel 2023). Alcuni tribunali hanno adottato linee guida per accelerare: ad esempio fissando la prima udienza di vendita molto rapidamente (entro 90 giorni dal deposito documenti), oppure ricorrendo a delegati esterni già per il pignoramento (in alcuni uffici l’atto di pignoramento stesso viene fatto dal notaio, riducendo i ritardi dell’ufficiale giudiziario). In altri tribunali, invece, si risentono più marcatamente le lentezze burocratiche (es. attese lunghe per ottenere i certificati ipocatastali, carenze di cancellieri per le notifiche, ecc.). Anche l’arretrato storico incide: sedi con molte procedure vecchie accumulatesi (magari sospese per legge durante l’emergenza Covid nel 2020–2021) mostrano ancora medie più elevate, mentre altri hanno smaltito più rapidamente.
  • Orientamenti e prassi differenti: Alcune difformità interpretative possono emergere nelle fasi procedurali. Ad esempio, la gestione del termine per il deposito della documentazione ex art. 567 c.p.c.: la riforma Cartabia ha introdotto il termine di 45 giorni, ma alcuni giudici sono più rigorosi nel dichiarare l’estinzione se non rispettato, altri concedono proroghe con maggiore elasticità (entro il massimo di 45 gg aggiuntivi previsto). Ancora, sulla questione della validità del titolo esecutivo in caso di mutui erogati con particolari meccanismi (es. “mutuo condizionato” con somme trattenute su conto cauzionale): prima del 2025 alcuni tribunali sospendevano i pignoramenti accogliendo l’orientamento di Cass. 12007/2024 che negava immediata esecutività a tali mutui; dopo la pronuncia delle Sezioni Unite nel marzo 2025, la tendenza è uniformarsi al nuovo principio (il mutuo è titolo esecutivo anche se la somma mutuata viene contestualmente vincolata). Vi sono differenze anche riguardo all’aggiudicazione ai creditori: in alcuni tribunali si favorisce l’assegnazione al creditore procedente se l’asta va deserta (specie se il creditore è la banca ipotecaria), altrove si preferisce ritentare più volte la vendita riducendo il prezzo. Un altro esempio: l’uso della vendita telematica. Dal 2018 la vendita telematica è modalità ordinaria, ma alcuni tribunali ancora prevedono udienze d’asta in presenza (magari con offerte cartacee da depositare in busta sigillata). La strumentazione informatica varia: es. Milano e altri grandi centri sono all’avanguardia nell’asta online e nella gestione digitale del fascicolo, altri tribunali minori potrebbero scontare ritardi tecnologici. Anche la scelta del professionista delegato può differire: in certe giurisdizioni sono coinvolti quasi esclusivamente notai, ritenendo la loro esperienza nei trasferimenti un valore aggiunto; altrove si attinge di più dall’albo avvocati o commercialisti per le deleghe di vendita. In ogni caso, la legge prevede che il delegato sia iscritto all’albo professionale da almeno 5 anni e abbia requisiti di esperienza in materia (D.L. 132/2014 conv. L. 162/2014).
  • Art. 560 c.p.c. e liberazione dell’immobile: L’art. 560 c.p.c. disciplina il “modo della custodia” e, soprattutto, le condizioni in cui il debitore può continuare ad abitare l’immobile pignorato e quando scatta l’ordine di liberazione. Questa norma ha subito diverse modifiche negli ultimi anni, passando da un’impostazione più rigorosa (post riforme 2005 e 2016) a una più favorevole al debitore nel 2019, per poi essere parzialmente riformulata di nuovo nel 2021 (Cartabia). Attualmente (per le procedure iniziate dal 2023), la situazione è: il debitore e i familiari conviventi possono rimanere nell’immobile pignorato fino al decreto di trasferimento, come regola generale. Ciò significa che non viene più disposto lo sloggio immediato all’inizio della procedura, come avveniva in passato. Il giudice emetterà l’ordine di liberazione contestualmente al decreto di trasferimento (comma 8 art. 560), e fino ad allora il debitore in regola con i doveri di custodia non perde il possesso della casa (comma 3). Questa regola, introdotta nel 2019 e confermata dalla riforma 2021-22, mira a tutelare il diritto all’abitazione del debitore esecutato nella sua prima casa, evitando che venga sfrattato molto prima della vendita. Tuttavia, ci sono casi eccezionali in cui il giudice può ordinare la liberazione anticipata anche prima dell’asta (comma 9): ad esempio se il debitore ostacola le visite dei potenziali acquirenti o deteriora l’immobile, o se viola gli obblighi di custodia (ad es. dando in locazione l’immobile senza autorizzazione). Inoltre, se l’immobile è occupato da terzi senza titolo o non è l’abitazione del debitore, la liberazione può essere disposta subito (comma 7). Nella prassi, dunque, la maggior parte dei tribunali oggi: (i) lascia il debitore nella casa durante la procedura, nominando magari custode esterno ma senza sloggio immediato; (ii) in prossimità dell’asta, organizza visite con l’ausilio del custode, cercando di contemperare le esigenze (se il debitore collabora, spesso le visite vengono concordate, altrimenti il custode può accedere con forza pubblica se autorizzato dal giudice); (iii) emette l’ordine di liberazione quando l’immobile è aggiudicato, per consegnarlo libero all’acquirente. Differenze tra tribunali: prima del 2019 alcune sedi ordinavano quasi sistematicamente la liberazione anticipata (subito dopo la prima udienza), altre erano più caute. Dal 2019 la legge ha uniformato il criterio (possedo fino al trasferimento salvo eccezioni), ma l’applicazione pratica può differire: ad esempio, alcuni giudici considerano sufficiente un rifiuto di far visitare il bene per far decadere il debitore dalla custodia e nominare un custode che prenda possesso anticipato; altri tentano più volte di organizzare visite concordate prima di giungere allo sfratto anticipato. La gestione dell’accesso all’immobile per le visite degli interessati dipende molto dall’approccio del custode: certi custodi organizzano open day di visita prestabiliti e pubblicizzati nell’avviso d’asta; altri richiedono che ciascun interessato li contatti per appuntamento. Se il debitore non apre la porta, alcuni custodi chiedono al giudice l’autorizzazione a forzare la serratura con l’ausilio dell’ufficiale giudiziario per poter effettuare le visite. In generale, le linee guida suggerite (es. da ABI e ordini professionali) incoraggiano a liberare gli immobili occupati solo quando necessario a una buona vendita, per evitare da un lato pregiudizi agli acquirenti (comprare casa occupata) ma dall’altro di non anticipare inutilmente lo sfratto di famiglie in difficoltà. Possiamo concludere che oggi vi è maggiore omogeneità rispetto al passato nell’applicazione dell’art. 560 c.p.c., ma permangono differenze: alcuni tribunali hanno già protocolli operativi precisi (ad es. il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emanato linee guida post-riforma per attuare l’art. 560 garantendo la permanenza fino al trasferimento); altri lasciano più discrezionalità ai singoli G.E.
  • Deleghe ai professionisti e costo delle operazioni: Un altro profilo operativo è come vengono delegate le varie attività e con quali costi. In linea di massima ovunque oggi: custodia e vendita sono affidate a professionisti esterni (avvocati, notai o commercialisti abilitati). I costi (onorari) di custodia e delega vendita sono stabiliti da decreti ministeriali: il custode prende un compenso fisso e una percentuale sul valore (spesso poche centinaia di euro + una piccola percentuale se l’immobile è venduto), il delegato alle vendite ha diritto a un compenso percentuale sul prezzo di aggiudicazione (ad es. dal 3% al 5% circa). Queste percentuali possono variare leggermente per prassi locale, ma sono abbastanza uniformi. Ad esempio, alcuni tribunali applicano tariffe ridotte se l’asta è telematica e meno onerosa. Anche l’utilizzo del notaio per il decreto di trasferimento è diffuso: spesso è il delegato stesso (se notaio) a redigere l’atto di trasferimento e occuparsi delle formalità di registrazione e trascrizione, percependo un onorario a tal fine. Dove il delegato è avvocato, talora viene coinvolto un notaio rogante per il decreto di trasferimento (con un piccolo costo aggiuntivo). Le spese vive (imposte di registro sul decreto, bolli, diritti) sono simili ovunque perché fissate per legge. Nella sezione Tabelle riepilogative (§7) riportiamo uno schema indicativo dei costi tipici di procedura (bollo, compensi, cauzione, ecc.).

In sintesi, la prassi giudiziaria in tema di pignoramenti immobiliari con mutuo è divenuta più uniforme su alcuni aspetti (grazie a riforme come quella dell’art. 560 c.p.c.), ma rimangono differenze operative legate all’organizzazione del tribunale, alla mentalità dei singoli giudici e professionisti, nonché al contesto territoriale. Un avvocato che operi su fori diversi dovrà tener conto di queste differenze (ad esempio, sapere che in un certo tribunale le stime sono più prudenti, o che altrove si concedono con più facilità rinvii per tentativo di saldo e stralcio, etc.). Nel complesso, comunque, tutti i tribunali perseguono l’obiettivo di garantire una vendita trasparente, efficace e il più possibile rapida, conciliando i diritti del creditore a soddisfarsi con quelli del debitore a non subire sacrifici inutilmente gravosi.

4. Posizione del creditore ipotecario e degli altri creditori: prelazioni e distribuzione del ricavato

Quando un immobile gravato da mutuo viene pignorato e venduto, occorre stabilire come viene distribuito il prezzo ricavato e in che ordine vengono soddisfatti i creditori coinvolti. La posizione del creditore ipotecario (la banca mutuante) è naturalmente privilegiata rispetto ai creditori non garantiti, ma bisogna considerare l’eventuale esistenza di altri crediti privilegiati sullo stesso immobile e le regole di graduazione tra ipoteche di grado diverso.

Ecco i principi fondamentali:

  • Prelazione ipotecaria: La banca che ha erogato il mutuo ha iscritto un’ipoteca sull’immobile (generalmente ipoteca volontaria di 1° grado sull’intero bene). L’ipoteca attribuisce un diritto di prelazione ex art. 2808 c.c., ossia il diritto di essere pagati con preferenza sul prezzo di vendita del bene ipotecato. L’ordine di preferenza tra più ipoteche è determinato dalla data di iscrizione: se ci sono più ipoteche, quella iscritta per prima (grado anteriore) viene soddisfatta per intero prima che le successive prendano qualcosa (art. 2852 c.c.). Ad esempio, se l’immobile è gravato da due mutui ipotecari, la banca del primo mutuo (ipoteca di primo grado) verrà pagata per prima; solo se avanza qualcosa subentrerà la banca del secondo mutuo. Nella pratica, quasi sempre il creditore del mutuo è in posizione prioritaria massima, perché ha iscritto ipoteca al momento della concessione del finanziamento (il debito verso la banca è la causa stessa del pignoramento, o comunque la maggiore).
  • Crediti con privilegio speciale immobiliare: Oltre alle ipoteche, il nostro ordinamento prevede alcuni privilegi speciali su beni immobili, ossia cause legali di prelazione legate alla natura del credito (artt. 2745 e ss. c.c.). Un privilegio speciale immobiliare, se la legge non dispone diversamente, prevale sulle ipoteche (art. 2748 co.2 c.c.). Ciò significa che certi crediti privilegiati possono “scavalcare” anche un’ipoteca anteriore. Tra questi ricordiamo: i crediti dello Stato per imposte sull’immobile (es. imposta sugli immobili, tasse locali come l’IMU non pagata), i crediti del venditore per il prezzo non pagato (cosiddetto privilegio del venditore ex art. 2772 c.c.), i crediti dei condòmini per contributi condominiali degli ultimi anni (art. 2764 c.c. – in realtà privilegio su mobili, ma il codice civile permette loro di insinuarsi sul ricavato dell’immobile), i crediti degli artigiani e imprenditori edili per lavori di manutenzione o costruzione dell’immobile (art. 2775 c.c.), e il credito del promissario acquirente tutelato dall’art. 2775-bis c.c. (in caso di inadempimento del costruttore fallito, legge 210/2004). Ciascuno di questi privilegi ha portata e condizioni specifiche. Ad esempio, il privilegio per spese di giustizia (spese legali della procedura esecutiva) è prededuttivo e viene soddisfatto prima di ogni altro (infatti le spese di pignoramento e vendita si recuperano sul prezzo prima di distribuire ai creditori). Il privilegio per tributi sull’immobile (imposte sul reddito immobiliare, IMU non pagata, ecc. ex art. 2758 c.c.) copre di solito le ultime annualità dovute. Questi privilegi possono superare l’ipoteca: ad esempio, il credito per le spese condominiali dell’ultimo biennio ha (secondo giurisprudenza) natura di onere propter rem che grava sull’acquirente se non soddisfatto in procedura, e comunque tende ad essere soddisfatto con preferenza, specie se il condominio interviene nel pignoramento. In generale, l’art. 2748 c.c. dà prevalenza ai privilegi speciali immobiliari sulle ipoteche, “salvo che la legge disponga altrimenti”. E spesso la legge dispone eccezioni: ad esempio, la Cassazione ha chiarito che il privilegio del promissario acquirente (2775-bis c.c.) non prevale su un’ipoteca iscritta prima del preliminare (è una situazione complessa, oltre i nostri scopi). Per questa guida basti sapere che, in sede di distribuzione del prezzo, il professionista delegato o il giudice dovranno tenere conto di eventuali crediti privilegiati intervenuti, collocandoli in graduatoria secondo la legge.
  • Interessi e spese garantiti: L’ipoteca garantisce non solo il capitale mutuato, ma anche gli interessi (entro certi limiti) e le spese accessorie. In particolare, per gli interessi di mora, l’art. 2855 c.c. stabilisce che godono dello stesso grado ipotecario gli interessi maturati nell’ultimo biennio prima del pignoramento e quelli maturati durante la procedura (dalla data del pignoramento fino alla vendita). Gli interessi per periodi anteriori a due anni prima del pignoramento vengono collocati in grado posteriore. Esempio: la banca ha ipoteca di primo grado su un immobile pignorato nel 2025; gli interessi di mora sulle rate scadute nel 2023-2025 saranno considerati parte del credito ipotecario preferito, mentre gli interessi per ritardi antecedenti al 2023 passeranno eventualmente dopo gli altri creditori di grado inferiore. Questo meccanismo evita che interessi ultradecennali erodano tutto il prezzo a danno di altri creditori. Anche le spese per interventi di espropriazione o conservazione del bene fatte dalla banca (es. spese legali del precetto, costi per iscrivere ipoteca) possono venire ammesse in prededuzione o con privilegio. In sostanza, la banca ipotecaria di solito recupera per intero il capitale residuo del mutuo, più una quota di interessi di mora (limitatamente a ~2 anni) e le spese legali documentate, prima che qualcosa vada ad altri.
  • Creditori chirografari: I creditori senza garanzia reale o speciale (es. fornitori non pagati, finanziarie senza ipoteca, ecc.) vengono soddisfatti solo se resta un attivo dopo aver pagato tutti i creditori ipotecari e privilegiati. Tra più chirografari vige la par condicio: riparto proporzionale. Di fatto, in una esecuzione su immobile ipotecato, i chirografari recuperano qualcosa solo se il prezzo di vendita supera abbondantemente il debito verso la banca ipotecaria. Ad esempio, casa venduta a 250.000€, debito mutuo residuo 200.000€: il residuo 50.000 (tolte spese) può andare a eventuali chirografari (se ce ne sono). Viceversa, se la casa viene venduta a meno dell’importo dovuto alla banca, i chirografari non prendono nulla e la banca stessa rimane parzialmente insoddisfatta.
  • Graduatoria e partecipazione alla procedura: Il creditore ipotecario va necessariamente avvisato del pignoramento (se non è lui stesso a promuoverlo). La banca può quindi intervenire nella procedura esecutiva depositando un atto di intervento in cui indica il proprio credito. Anche se non intervenisse formalmente, la sua ipoteca iscritta le conferisce comunque diritto di prelazione sul prezzo (il giudice ne terrà conto d’ufficio). Tuttavia, per ragioni strategiche la banca interviene quasi sempre: per vigilare sulle operazioni e perché, intervenendo, può anche chiedere il compenso di procedura qualora il creditore pignorante rinunciasse (art. 632 c.p.c.). Se il pignoramento è promosso da terzi, spesso la banca – specialmente se il debitore stava continuando a pagare le rate – dichiara immediatamente il mutuo in decadenza (come detto in §1) e interviene per recuperare l’intero credito residuo. Quindi la banca ipotecaria si troverà in due vesti: creditore intervenuto privilegiato e, spesso, potenziale offerente all’asta (le è consentito partecipare alle aste e compensare il prezzo col proprio credito, art. 579 c.p.c.).
  • Distribuzione del ricavato: Una volta incassato il prezzo dall’aggiudicatario, il delegato predispone il piano di riparto. In cima ci sono le spese prededucibili (oneri della procedura). Poi si soddisfano i creditori secondo l’ordine: prima eventuali crediti con privilegio immobiliare prevalente (es. spese giustizia, tributi su immobile, ecc., se presenti e riconosciuti); poi il creditore ipotecario di grado 1, fino a copertura del suo credito (capitale, interessi biennali, spese); poi l’eventuale creditore ipotecario di grado 2, e così via; eventuali chirografari alla fine pro-quota. In caso di concorso di più privilegi o più ipoteche dello stesso grado (non comune, ma ad es. due banche con ipoteca stessa data – il che non succede se sono correttamente iscritte in ordine temporale), valgono le norme del codice: i privilegi dello stesso rango concorrono proporzionalmente, le ipoteche dello stesso grado concorrono proporzionalmente. Il giudice dell’esecuzione approva il progetto di distribuzione se nessuno si oppone, oppure, in caso di contestazioni sulla graduatoria, convoca un’udienza di scioglimento delle riserve o rimette le parti al giudice competente per la fase di accertamento del credito (artt. 596–600 c.p.c.). Questi aspetti sono molto tecnici e interessano soprattutto gli addetti ai lavori: basti al lettore capire che la banca con mutuo ipotecario ha priorità assoluta, salvo alcuni costi e oneri di legge, e che gli altri creditori potranno essere pagati solo dopo di essa e solo se rimangono fondi.
  • Debito residuo e ulteriori azioni: Un punto cruciale: cosa accade se il prezzo ricavato non basta a coprire il debito verso la banca? Ad esempio, mutuo residuo €150.000, casa aggiudicata a €120.000: dopo aver versato quei €120k alla banca (tutto il ricavato al netto spese), restano comunque €30.000 di debito mutuo non pagato. Il debitore resta obbligato a pagare quel debito residuo. L’espropriazione forzata di un bene non estingue il debito oltre l’importo ricavato (principio di cui all’art. 2740 c.c.). La banca dunque potrebbe agire su altri beni o redditi del debitore per recuperare la differenza (pignorare stipendi, conti correnti, altri immobili se ci sono). Inoltre – chiarisce la Cassazione – il fatto che il contratto di mutuo sia stato risolto per inadempimento e che la casa sia stata espropriata non elimina l’efficacia del contratto come titolo esecutivo per la parte residua del debito. In pratica, la banca può usare lo stesso titolo esecutivo originario (il mutuo in forma di atto pubblico) per proseguire l’esecuzione sul patrimonio residuo del debitore. Detto questo, spesso nella realtà se la persona non ha altri beni, la banca dopo l’asta registra una perdita e può decidere di non perseguire oltre (o cedere il credito residuo a società di recupero). Ma legalmente il debitore resta debitore. Fanno eccezione eventuali accordi transattivi: se prima dell’asta la banca accetta un saldo e stralcio (v. §6) rinunciando al resto, o se in sede di procedura di sovraindebitamento viene decretata l’esdebitazione del debitore, allora il debito residuo viene cancellato. In assenza di ciò, l’obbligo personale del debitore per la quota non soddisfatta rimane (a differenza di quanto avviene in altri ordinamenti esteri dove esiste il concetto di non-recourse mortgage – non previsto salvo patto specifico, che sarebbe in odore di patto commissorio).

Riassumiamo con una semplice tabella di confronto come interagiscono mutuo e pignoramento nelle varie situazioni:

Tabella 2: Rapporti tra mutuo ipotecario e pignoramento immobiliare

ScenarioEffetti su mutuo e distribuzione
Banca ipotecaria pignora (mutuo non pagato)– Il mutuo viene risolto per inadempimento (decadenza dal termine).– La banca procede come creditore esecutante e ha ipoteca 1° grado: avrà prelazione sul ricavato fino a soddisfacimento del suo credito.– Se il prezzo d’asta è superiore al debito, l’eccedenza andrà ad altri creditori o al debitore (una volta pagate tutte le pretese). Se è inferiore, rimane un debito residuo verso la banca.
Altro creditore pignora (es. Fisco o finanziaria)– La banca non è inizialmente coinvolta, ma dev’essere avvisata (art. 498 c.p.c.) e può intervenire per far valere l’ipoteca.– Il mutuo potrebbe essere ancora in corso; spesso l’avvio del pignoramento costituisce “causa di default” secondo il contratto, per cui la banca può a sua volta dichiarare la decadenza del termine e chiedere tutto il residuo.– In vendita, la banca essendo ipotecaria di 1° grado verrà comunque soddisfatta prima del creditore procedente: di fatto il creditore pignorante sarà pagato solo se avanza qualcosa dopo il soddisfo della banca. Se non avanza nulla, il pignorante rimane insoddisfatto pur avendo promosso l’asta. (Esempio: casa vale €100k, mutuo residuo €120k: il Fisco potrebbe pignorare ma all’asta la banca prenderebbe tutti i €100k e il Fisco zero).
Debitore paga mutuo ma ha altri debiti– Se la banca è regolarmente pagata, essa non ha motivo di agire. Ma un altro creditore può comunque pignorare l’immobile (la legge non lo vieta).– In tale caso, il mutuo prosegue durante la procedura; però all’esito la banca riceverà dal ricavato la sua parte (a copertura del debito residuo in quel momento) e il creditore pignorante prenderà l’eventuale surplus.– Il debitore perde l’immobile, ma con il prezzo d’asta viene estinto anticipatamente il mutuo (tramite pagamento alla banca) e soddisfatto in parte o tutto l’altro creditore. Se il prezzo non basta nemmeno a saldare il mutuo, l’altro creditore resta insoddisfatto e la banca potrà agire per il residuo mutuo su altri beni.
Vendita volontaria prima/durante la procedura– Se il debitore trova un acquirente e vende privatamente la casa, il mutuo deve essere estinto contestualmente: parte del prezzo sarà usata dal notaio per pagare il saldo mutuo e ottenere la cancellazione dell’ipoteca.– Se la vendita avviene dopo il pignoramento ma prima dell’asta, è possibile solo con accordo del creditore procedente e con pagamento dei debiti: in pratica, l’acquirente dovrà versare almeno l’importo del debito (mutuo + eventuali altri crediti) al fine di cancellare il pignoramento. L’ordinamento prevede la cosiddetta assegnazione a un offerente ex art. 588-590 c.p.c.: il debitore può presentare un acquirente disposto a pagare una certa somma, se superiore alle offerte d’asta (o se non ci sono state offerte), il giudice può assegnare direttamente a quell’offerente liberando l’immobile. In ogni caso, anche in sede di vendita volontaria, la banca esigerà il pagamento del suo residuo per rilasciare l’assenso a cancellare l’ipoteca.

5. Pignoramento della prima casa con mutuo: possibilità e limiti

Un tema molto dibattuto riguarda la “prima casa”, ossia l’abitazione principale del debitore. Esistono tutele specifiche per la prima casa quando è oggetto di esecuzione, specie se vi è un mutuo? Spesso si sente dire che “la prima casa è impignorabile”: in realtà ciò è vero solo in parte e solo per determinati creditori. Di seguito analizziamo i limiti e le possibilità del pignoramento sulla prima casa con mutuo in essere, distinguendo i diversi tipi di creditori.

  • Creditori privati (banche, finanziarie, persone): Non c’è alcun divieto generale di pignorare la prima casa del debitore. Se Tizio ha un’unica casa dove risiede con la famiglia, una banca può comunque pignorarla per mutuo non pagato, oppure un altro creditore (es. una finanziaria, un ex socio, etc.) può pignorarla per un debito scaduto. Nessuna legge impedisce ai creditori “privati” di espropriare l’abitazione principale del debitore. Dunque, se il mutuo non viene pagato, la banca può pignorare la prima casa senza bisogno di autorizzazioni speciali, al pari di come farebbe per una seconda casa. Allo stesso modo, un creditore chirografario con un decreto ingiuntivo può colpire l’unica casa del debitore. È importante sfatare il mito: l’“impignorabilità della prima casa” vale solo per l’Agente della Riscossione (il Fisco) in base a una legge particolare, non per gli altri creditori. Pertanto, una casa con mutuo in corso può essere pignorata dalla banca mutuante in caso di insolvenza, e ciò avviene regolarmente in molte esecuzioni. Il fatto che sia prima casa del debitore non costituisce ostacolo giuridico (semmai avrà rilievo nella fase di liberazione ex art. 560 c.p.c., permettendo al debitore di abitarci fino all’ultimo, come visto).
  • Limiti per l’Agente della Riscossione (crediti erariali): La vera protezione della prima casa è stata introdotta dal 2013 (D.L. 69/2013, “Decreto del Fare”) modificando il D.P.R. 602/1973 sulle riscossioni esattoriali. L’art. 76 di detto DPR oggi stabilisce che l’abitazione principale del debitore non può essere espropriata da Agenzia Entrate-Riscossione, a condizione che: a) sia l’unico immobile a uso abitativo di proprietà del debitore; b) il debitore vi risieda anagraficamente (prima casa in senso di residenza); c) non sia classificato di lusso (categorie A/8, A/9 fuori tutela); d) il creditore procedente sia appunto il concessionario della riscossione (questa tutela non vincola i creditori ordinari). In pratica, Equitalia/AER non può pignorare la prima e unica casa del contribuente se questi ci abita e non è un castello o villa di lusso. Può però comunque iscrivere ipoteca a garanzia (se il debito supera €20.000) e, se il debitore poi aliena volontariamente l’immobile, la riscossione avverrà sul ricavato. Vi sono eccezioni: la protezione non vale se il debitore possiede altri immobili oltre la prima casa – in tal caso anche la casa di residenza diventa pignorabile. Inoltre, l’agente della riscossione può pignorare immobili diversi dalla prima casa (es. seconde case, uffici, terreni) purché il debito totale superi €120.000 e sia stata iscritta ipoteca da almeno 6 mesi senza esito. Dunque, per far sintesi: se il contribuente ha un mutuo sulla sua unica casa di abitazione e ha debiti fiscali, l’Agenzia Entrate Riscossione potrà iscrivere ipoteca ma non potrà venderla all’asta, salvo che il debitore abbia anche altri immobili su cui rivalersi (in quel caso potrebbe agire su quelli). Questa norma crea un’asimmetria: la banca può espropriare la casa (per il mutuo), ma il Fisco no se è prima casa e unico immobile. Attenzione: se la banca pignora la casa e si tiene un’asta, l’eventuale ipoteca Equitalia rimane postergata e, se la casa viene venduta, si estingue senza soddisfo (essendo la casa impignorabile per il Fisco, questo è l’unico modo per il Fisco di recuperare: attendere che qualcuno la pignori, perché esso stesso non può). In alcuni casi l’Agenzia Entrate cerca di intervenire nella procedura di pignoramento altrui per chiedere una parte del ricavato se ha crediti privilegiati (es. imposte sull’immobile): ma se l’ipoteca esattoriale era successiva a quella della banca, difficilmente avanzerà qualcosa oltre il mutuo.
  • Prima casa all’asta per debiti bancari: Se la banca pignora la prima casa (o altro creditore), non esistono differenze procedurali codificate rispetto a una seconda casa, eccetto quanto già citato: (i) il debitore ha diritto di abitarla fino al decreto di trasferimento; (ii) se il debitore è coniugato in comunione dei beni, la prima casa potrebbe essere di proprietà anche del coniuge: attenzione, se il mutuo e l’acquisto erano in comunione, il pignoramento coinvolgerà l’intero immobile; se invece la casa era personale del debitore ma adibita a casa coniugale, la sua vendita all’asta non estingue automaticamente eventuali diritti di abitazione assegnati (es. assegnazione casa coniugale in sede di separazione – situazione complessa: l’assegnazione non prevale sull’ipoteca precedente, dunque la casa si vende libera da vincoli, ma l’aggiudicatario subentra con onere di rispettare temporaneamente il diritto del familiare se era opponibile; oltre i dettagli di questa guida).
  • Mutuo “prima casa” con garanzia statale: Negli ultimi anni lo Stato ha offerto garanzie e aiuti per favorire l’accesso al mutuo prima casa (es. Fondo Consap che garantisce il 50% del capitale). Tali garanzie non impediscono il pignoramento se si è inadempienti: semplicemente la banca potrà escutere la garanzia statale dopo aver esperito l’azione sul bene. Anche i benefici fiscali prima casa (imposta registro ridotta, detrazione interessi passivi) non incidono sulla pignorabilità: però, come vedremo negli aspetti fiscali, se la prima casa viene rivenduta (anche forzosamente) entro 5 anni senza riacquisto di altra prima casa, il debitore può dover restituire le imposte risparmiate a suo tempo. La legge non fa eccezioni per la vendita forzata, purtroppo.
  • Fondo patrimoniale e altri vincoli: Alcune famiglie costituiscono un fondo patrimoniale su beni immobili (artt. 167 c.c. e segg.) per destinarli ai bisogni della famiglia. Una casa in fondo patrimoniale è sottratta all’esecuzione per debiti estranei ai bisogni familiari. Se il mutuo fu contratto per acquisto della casa familiare, sicuramente è debito familiare, quindi il fondo patrimoniale non offre protezione verso la banca mutuante. Se invece un debito personale (es. una fideiussione) grava sul coniuge proprietario, la sua quota di casa in fondo patrimoniale potrebbe essere non pignorabile se quel debito non riguarda la famiglia. Sono eccezioni articolate: basti dire che il fondo patrimoniale non ferma il pignoramento della banca (debito per casa = bisogni famiglia) mentre potrebbe essere opposabile ad altri creditori, ma ciò va valutato caso per caso e spesso richiede opposizioni giudiziarie (art. 615 c.p.c.).
  • Sospensioni e moratorie speciali: Il legislatore talora è intervenuto con provvedimenti di sospensione dei pignoramenti immobiliari, specie sulla prima casa, in situazioni emergenziali. Ad esempio, nel 2020 durante la pandemia Covid furono sospese per alcuni mesi le procedure esecutive sulle prime case occupate dai debitori (DL 18/2020). Queste misure sono temporanee e al 2025 non sono attive moratorie generalizzate (al di fuori delle già citate norme permanenti per la riscossione esattoriale). In compenso esistono strumenti preventivi come il Fondo Gasparrini (v. §6) che permettono di sospendere le rate del mutuo prima casa fino a 18 mesi in caso di difficoltà economiche, scongiurando il default e quindi il pignoramento.

In conclusione, la prima casa con mutuo in corso può essere pignorata da qualunque creditore (eccetto l’agente della riscossione, nei limiti di cui sopra). La presenza del mutuo non la rende immune, anzi è spesso la causa principale di pignoramento (quando non si paga). L’unica “tutela” concreta per il debitore consiste nella temporanea possibilità di restarvi fino all’asta (grazie all’art. 560 c.p.c.) e nelle opportunità di rinegoziazione o saldo e stralcio prima che si arrivi alla vendita (come vedremo subito). La prima casa gode di agevolazioni fiscali e finanziarie, ma non di un generale divieto di espropriazione. Dunque il proprietario in difficoltà deve attivarsi per evitare di perderla: più avanti esamineremo strumenti come la rinegoziazione mutuo, il piano del consumatore o altri rimedi volti proprio a salvare l’abitazione principale dal pignoramento.

6. Soluzioni stragiudiziali per evitare il pignoramento (saldo e stralcio, rinegoziazione, vendita volontaria)

Arrivati a questo punto, è chiaro che il pignoramento di una casa con mutuo è una prospettiva concreta se il debitore non paga. Tuttavia, non è inevitabile: esistono vie per evitare di arrivare all’asta. Questa sezione illustra alcune possibili soluzioni stragiudiziali (o para-giudiziali) per gestire la crisi debitoria mantenendo o cedendo la casa in modo controllato. In particolare ci focalizzeremo su: rinegoziazione del mutuo, saldo e stralcio del debito e vendita volontaria con consenso della banca. Accenneremo anche ad altri strumenti come la sospensione delle rate e il ricorso alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

  • Rinegoziazione del mutuo: La prima strada, spesso la più ovvia, è cercare un accordo con la banca per modificare le condizioni del mutuo in modo da poter riprendere i pagamenti. La rinegoziazione può assumere forme diverse: ad esempio allungare la durata del mutuo per abbassare l’importo della rata, ridurre temporaneamente il tasso o applicare un periodo di preammortamento (solo interessi), consolidare eventuali arretrati spalmati sulle rate future, o addirittura sospendere le rate per un certo periodo. In Italia vi sono state moratorie volontarie di sistema (accordi ABI) e normative (Fondo Gasparrini) che consentono la sospensione delle rate in caso di difficoltà comprovate (perdita lavoro, malattia grave, ecc.). La rinegoziazione è però una facoltà della banca, non un obbligo: non esiste un diritto del mutuatario a ottenere modifiche unilaterali. Tuttavia, molte banche preferiscono venire a patti piuttosto che affrontare una lunga e costosa procedura esecutiva: se il debitore mostra buona volontà e ha prospettive di ripresa, l’istituto potrebbe accettare, ad esempio, di ridurre la rata prolungando il piano (magari portando il mutuo da 20 a 30 anni, compatibilmente con l’età del debitore). Oppure, se c’è un periodo di difficoltà transitoria, concedere una moratoria delle rate per alcuni mesi. Uno strumento istituzionale è, come detto, il Fondo di solidarietà prima casa (c.d. Fondo Gasparrini): consente di ottenere fino a 18 mesi di sospensione del pagamento delle rate (accollandosi il fondo il pagamento degli interessi al posto del mutuatario), in caso di condizioni quali perdita del lavoro, grave handicap, ecc.. Questo blocca di fatto la procedura esecutiva potenziale, dando respiro al debitore. Dal 2020 al 2022, causa Covid, i requisiti di accesso al Fondo sono stati ampliati (includendo mutui cointestati con ritardato pagamento e lavoratori autonomi in calo fatturato), e molte famiglie ne hanno beneficiato. Altra possibilità: la banca può proporre di consolidare i debiti, ad esempio accorpando in un unico prestito ipotecario più esposizioni del cliente (mutuo + altri prestiti), in modo da ridurre il numero di creditori e di scadenze. Ogni rinegoziazione richiede comunque un’istruttoria: la banca vorrà vedere un nuovo piano di rimborso credibile, magari l’intervento di un terzo garante, ecc. Conviene al debitore predisporre un piano finanziario e presentarlo alla banca prima che la situazione degeneri.
  • Saldo e stralcio: Un’altra soluzione è cercare una transazione a saldo e stralcio con la banca (o con gli altri creditori). “Saldo e stralcio” significa offrire al creditore un pagamento in un’unica soluzione di importo inferiore al dovuto, ottenendo in cambio la liberatoria sul debito residuo. Nel caso del mutuo, può accadere quando l’immobile ormai vale meno del debito: la banca potrebbe accettare, ad esempio, €100.000 a fronte di €150.000 dovuti, se ritiene che all’asta recupererebbe ancora meno e con più tempo. Il debitore deve di solito reperire una somma (ad es. attraverso parenti, o vendendo volontariamente l’immobile ad un terzo che paga quella somma). Il saldo e stralcio va negoziato per iscritto con grande attenzione: bisogna ottenere dalla banca un documento che attesti che, al ricevimento della somma X, essa rinuncia al resto e acconsente a cancellare ipoteca e pignoramento. Senza questa clausola, si rischia di pagare e restare debitori per la differenza. Le banche valutano il saldo e stralcio in base al principio di convenienza: se l’offerta immediata è vicina a ciò che otterrebbero in 2-3 anni di asta (tenendo conto di ribassi, spese legali, tasse d’asta, ecc.), spesso accettano. Esempio reale: residuo mutuo €200k, casa ne vale forse €150k all’asta fra ribassi: il debitore propone €130k subito (raccolti tramite un parente acquirente), la banca può preferire i €130k ora invece di incerti €150k tra anni. In letteratura si riportano casi di accordi “saldo e stralcio” chiusi a percentuali intorno al 30-70% del dovuto. Un accordo di saldo e stralcio non è un diritto del debitore, è puramente consensuale. Se ci sono più creditori, occorre eventualmente fare accordi con tutti (stralciare tutte le posizioni). Negli NPL (Non Performing Loans), ovvero i mutui in sofferenza ceduti a società di recupero crediti, è frequente che queste accettino transazioni vantaggiose, perché hanno acquistato il credito a forte sconto e qualsiasi recupero rapido è guadagno. Bisogna però stare attenti agli aspetti fiscali: la porzione di debito “stralciata” viene giuridicamente considerata una remissione di debito. Per i privati, il Fisco potrebbe trattarla come un reddito imponibile (reddito diverso da dichiarare), anche se ciò è controverso (vedi §2.3 di questa guida sulle tasse). Per cautela spesso si fa inserire nell’accordo una frase in cui il creditore dichiara che quella rinuncia ha natura transattiva e non liberale, per scongiurare problemi. In ogni caso, chiudere con saldo e stralcio ha il vantaggio di evitare l’asta giudiziaria e di liberarsi del debito residuo. Una volta pagata la somma concordata, la banca (o il creditore) rilascia una quietanza a saldo e si procede alla cancellazione dell’ipoteca. Tale accordo può avvenire prima del pignoramento (meglio) o anche dopo che la procedura è iniziata: in tal caso, i creditori chiedono al giudice l’estinzione della procedura per rinuncia, allegando l’accordo transattivo.
  • Vendita volontaria dell’immobile: Un’opzione può essere quella di vendere da sé la casa prima che venga venduta all’asta. Ciò può consentire di spuntare un prezzo di mercato più alto e quindi coprire meglio i debiti. Chiaramente, se la casa è ipotecata e magari già pignorata, la vendita non è semplice: bisogna trovare un acquirente disposto ad accollarsi la situazione. In genere lo schema è: il debitore individua un compratore (spesso un conoscente o investitore interessato), si concorda un prezzo sufficiente almeno a pagare la banca, quindi al rogito notarile parte del prezzo va direttamente alla banca per chiudere il mutuo e ottenere la cancellazione dell’ipoteca. Se il prezzo concordato è inferiore al debito residuo, la banca deve acconsentire a liberare l’ipoteca magari a fronte di un saldo parziale (anche questo rientra nel concetto di saldo e stralcio). Se invece il prezzo basta a pagare la banca e avanza qualcosa, la differenza andrà agli altri creditori o al debitore. La vendita prima che inizi il pignoramento è ovviamente più agevole: basta l’assenso della banca alla cancellazione contestuale dell’ipoteca a saldo mutuo, e l’atto di vendita va liscio. Se invece il pignoramento è già in corso, la vendita privata è possibile solo se si riesce a far estinguere la procedura: ovvero il compratore deve pagare i creditori esecutanti e intervenuti. Una strada è l’istanza di assegnazione a offerente ex art. 588 c.p.c.: il debitore comunica al G.E. che c’è un soggetto disposto a comprare l’immobile per un certo prezzo prima dell’asta; se le parti sono d’accordo e il prezzo copre almeno i crediti, il giudice può assegnare il bene a quell’offerente senza procedere ad asta pubblica. Nei fatti, però, ciò accade raramente perché bisogna allineare molti consensi. Più spesso si ricorre al meccanismo della conversione del pignoramento: il debitore ottiene un finanziamento o anticipo dal terzo acquirente, versa in tribunale la somma per coprire i creditori (art. 495 c.p.c.) e così libera l’immobile dal pignoramento; quindi si effettua la vendita libera al terzo. Questo è complesso ma fattibile. Comunque, la vendita volontaria è un’opzione consigliabile prima che la situazione precipiti: se il debitore capisce di non poter più sostenere il mutuo, vendere autonomamente la casa – magari anche solo per estinguere il debito – può evitargli le spese e lo stress dell’esecuzione forzata. Spesso si riesce a ottenere un prezzo migliore sul libero mercato rispetto a un’asta giudiziaria (le case all’asta subiscono ribassi e hanno meno acquirenti interessati a pari condizioni). Certo, vendere la prima casa è doloroso, ma talvolta preferibile a vedersela togliere all’asta a un valore ancora minore e restare con debiti residui. L’importante è coordinarsi con la banca: qualsiasi vendita richiede il consenso della banca a cancellare l’ipoteca. In genere, se la vendita estingue il mutuo, la banca acconsente; se non lo estingue, si dovrà contestualmente stipulare un accordo di stralcio.
  • Procedure di sovraindebitamento (piano del consumatore, ecc.): Pur essendo soluzioni giudiziali (non extragiudiziali), menzioniamo qui le procedure previste dalla Legge n.3/2012 (oggi confluite nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.Lgs. 14/2019) perché spesso sono usate per salvare la casa. Il Piano del consumatore è uno strumento tramite cui un privato sovraindebitato, con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), propone al tribunale un piano di rientro dei debiti che può prevedere anche il pagamento parziale del mutuo ipotecario con conservazione della casa. Se il giudice omologa il piano, i creditori sono obbligati a rispettarlo anche senza il loro consenso. Durante il procedimento, il giudice può disporre la sospensione delle azioni esecutive in corso (art. 12-bis L.3/2012), dunque blocca il pignoramento. Ad esempio, in un caso recente omologato, una famiglia ha proposto di pagare 50% del debito ipotecario in 5 anni mantenendo l’abitazione, e il piano è stato approvato dal tribunale. Ciò ha permesso di salvare la prima casa riducendo il debito. Altre procedure come l’accordo di composizione dei debiti o la liquidazione controllata hanno effetti simili, anche se in quest’ultima la casa potrebbe venire liquidata. In ogni caso, sono soluzioni da valutare con l’assistenza di professionisti OCC: esulano dall’ambito “stragiudiziale puro” ma sono alternative a far proseguire il pignoramento senza rimedi.
  • Opposizioni legali: Un cenno: se la procedura esecutiva è già partita, il debitore può cercare di guadagnare tempo o farla annullare con le opportune opposizioni in tribunale (art. 615 c.p.c. per contestare il diritto a procedere, art. 617 c.p.c. per vizi formali). Ad esempio, eccependo che il titolo esecutivo non è valido (come nel caso dei mutui con deposito cauzionale, questione oggi risolta dalle Sezioni Unite 2025), o che il precetto è viziato, o magari allegando usura o nullità di clausole nel contratto di mutuo. Queste opposizioni, però, richiedono fondatezza giuridica e, se temerarie, possono aggravare i costi per il debitore. Il loro scopo è sospendere o estinguere la procedura in presenza di veri vizi. Non sono soluzioni definitive a meno che non emergano difetti gravi nel contratto (es. mutuo nullo per usura, allora sì verrebbe meno anche l’ipoteca). Dunque le opposizioni sono armi difensive, da usare ove legittimo, ma non “soluzioni” concordate.

In sintesi, prima che la casa vada all’asta esistono strade percorribili: trattare con la banca una rinegoziazione; chiedere una sospensione temporanea delle rate (Fondo di solidarietà); trovare un acquirente per vendere privatamente l’immobile; proporre alla banca (e agli altri creditori) un saldo e stralcio; oppure attivare procedure di composizione della crisi per imporre un accordo giudiziale. Tutte queste opzioni richiedono tempestività: il tempo è nemico del debitore, perché più ci si avvicina all’asta più le spese aumentano e meno i creditori saranno disposti a fare sconti. Il consiglio unanime degli esperti è di non restare passivi. Già al primo segnale di difficoltà (prime rate non pagate) è bene consultare un avvocato o un consulente, per valutare piani di rientro o accordi prima che scatti la macchina del pignoramento. Spesso ignorare il problema porta dritti alla perdita della casa, mentre affrontarlo di petto può portare a soluzioni meno traumatiche (ad esempio vendere volontariamente l’immobile e ridurre i debiti, piuttosto che subire un’espropriazione).

7. Tabelle riepilogative

Raccogliamo di seguito alcune tabelle riassuntive utili per fissare i concetti chiave emersi:

  • Tabella 1Fasi della procedura esecutiva immobiliare: già presentata nel §2, riepiloga la cronologia tipica del pignoramento con relative tempistiche (dalla decadenza dal termine fino alla distribuzione).
  • Tabella 2Rapporti tra mutuo e pignoramento: presentata nel §4, confronta diversi scenari di pignoramento (banca vs altri creditori vs vendita volontaria) evidenziando l’effetto sul mutuo e sull’esito per i creditori.
  • Tabella 3Effetti fiscali per debitore e acquirente: qui di seguito, una tabella che sintetizza gli aspetti fiscali principali legati alla vendita forzata di un immobile gravato da mutuo, distinguendo l’impatto sul debitore (venditore forzato) e sull’acquirente (aggiudicatario in asta).

Tabella 3: Regime fiscale nella vendita forzata di immobile ipotecato

Aspetto fiscaleDebitore esecutato (venditore forzoso)Acquirente all’asta (aggiudicatario)
Imposta di registro sull’atto di trasferimentoNessuna imposta a suo carico per la vendita coattiva (è a carico acquirente). Attenzione però: se il debitore aveva acquistato con agevolazione prima casa da meno di 5 anni e non riacquista entro 1 anno, decade dall’agevolazione e dovrà restituire la differenza d’imposta + interessi. (La legge non esenta la vendita forzata da questo obbligo.)Dovuta in misura proporzionale sul prezzo aggiudicato (o sul valore catastale se più alto, quando applicabile). Prima casa: 2% (minimo €1.000); Seconda casa: 9% (minimo €1.000). Eccezioni: se il venditore esecutato è impresa con vendita soggetta a IVA, l’imposta di registro è fissa €200 (vedi IVA sotto).(Nota: dal 2016 al 2023 furono in vigore agevolazioni temporanee per acquisti all’asta da parte di privati o imprese, con registro fisso €200 in certi casi – verificare normative pro-tempore.)
Imposta ipotecaria (trascrizione decreto) e catastale (voltura)Non dovute dal debitore.Regime ordinario: se vendita soggetta a registro proporzionale (caso di debitore persona fisica): imposta ipotecaria €50 fissa, catastale €50 fissa. Se vendita soggetta a IVA (venditore soggetto IVA, vedi sotto): ipotecaria €200 fissa, catastale €200 fissa (regime di esenzione art. 10 IVA).
IVA sul prezzo di venditaNessuna (il debitore persona fisica non applica IVA). Se però l’esecutato è un’impresa con immobile strumentale o merce venduto da fallimento, la cessione all’asta può essere soggetta a IVA – ma in tal caso il debitore è impresa, non privato.Se l’esecuzione deriva da venditore soggetto IVA (es. impresa costruttrice fallita, immobile nuovo): l’aggiudicatario paga l’IVA invece dell’imposta di registro. Aliquote: 4% se acquirente ha requisiti prima casa; 10% cessione ordinaria; 22% se immobile di lusso (A/1, A/8, A/9). In tali casi registro/ipotecaria/catastale sono €200 cad. (imposte fisse).
Plusvalenza tassabile (differenza tra valore di acquisto e vendita)Se il debitore vende all’asta un immobile rivenduto entro 5 anni dall’acquisto, potrebbe generarsi una plusvalenza imponibile IRPEF (art. 67 TUIR). Esenzione: se l’immobile era abitazione principale del debitore o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo di possesso, la plusvalenza non è tassata. Se tassabile, il debitore dovrà dichiararla e verrà tassata a sua aliquota IRPEF (o può optare per imposta sostitutiva 26% da versare in sede di atto, ma nel decreto d’asta generalmente non c’è questa opzione perché non c’è notaio rogante). Nella pratica, molti debitori esecutati non traggono alcuna plusvalenza “liquida” (perché il ricavato va ai creditori), ma fiscalmente la vendita potrebbe comunque generare obbligo d’imposta – un paradosso da considerare.L’acquirente non realizza plusvalenza al momento dell’acquisto (casomai la realizzerà rivendendo in futuro). Se rivenderà l’immobile entro 5 anni, dovrà allora valutare la tassazione della plusvalenza come sopra (salvo esenzione per abitazione principale nel frattempo). L’aggiudicatario può eventualmente rivalutare il valore catastale pagando imposta sostitutiva (norme sulle rivalutazioni) se intende rivendere. Al momento dell’asta, nessuna plusvalenza da dichiarare.
Detrazione interessi passivi mutuoIl debitore perde il diritto alla detrazione IRPEF sugli interessi del mutuo prima casa dal momento in cui l’immobile non è più suo / non è più adibito ad abitazione principale. Non può detrarre interessi moratori o spese legali. Se rinegozia il debito o stipula nuovo mutuo per saldo e stralcio, tali interessi potrebbero non essere detraibili.Se l’acquirente stipula un mutuo per comprare all’asta la prima casa, ha diritto alla detrazione 19% sugli interessi di tale mutuo entro limite €4.000 annui, come per gli acquisti normali (purché adibisca l’immobile ad abitazione principale nei termini di legge).
Altri effetti fiscaliDebitoreAcquirente
Cancel. d’ipoteca post-astaEsente da bolli e imposte (per legge, Decreto Bersani 2007). La cancelleria o il delegato cura la formalità senza oneri per debitore o acquirente.Nessun onere (la cancellazione delle ipoteche avviene d’ufficio col decreto di trasferimento).
Eventuale debito residuo “stralciato”Se parte del debito verso la banca viene cancellato (es. concordato saldo e stralcio, o esdebitazione), attenzione: per il Fisco quella quota potrebbe costituire un reddito imponibile per il debitore (reddito diverso da remissione di debito), salvo che avvenga in una procedura giudiziale di sovraindebitamento (in tal caso la legge esenta da imposizione). Conviene farsi assistere per eventuali comunicazioni al Fisco (spesso però tali importi non vengono di fatto tassati, ma la norma c’è).– (Non applicabile all’acquirente.)

Legenda: IVA: imposta sul valore aggiunto; IRPEF: imp. reddito persone fisiche.

Come si nota, il regime fiscale di una vendita giudiziaria è simile a quello di una compravendita normale, con qualche peculiarità: l’acquirente all’asta gode delle stesse agevolazioni prima casa (registro 2%), e il debitore venditore subisce le stesse conseguenze di una vendita (plusvalenze, decadenza agevolazioni, ecc.), malgrado la vendita sia forzata. Un aspetto delicato è la tassazione dell’eventuale debito condonato nel caso di saldo e stralcio: in contesti di sovraindebitamento omologato, la legge esenta espressamente da tasse sul debito cancellato, mentre in accordi privati la questione è sfumata e si consiglia prudenza. In ogni caso, l’acquirente all’asta deve mettere in conto, oltre al prezzo, anche le imposte d’acquisto (registro o IVA, ipotecaria, catastale) come visto, sebbene generalmente comprare all’asta non riservi sorprese tributarie: anzi, spesso il costo fiscale è minore rispetto al mercato libero, specie se l’immobile ha rendita catastale bassa e si applica il 2% su quella.

8. FAQ – Domande frequenti su casi pratici

Di seguito rispondiamo ad alcune domande frequenti, per chiarire dubbi pratici sul pignoramento di una casa con mutuo:

D. Quante rate del mutuo devo saltare prima che la banca possa pignorare la casa?
R. Legalmente (per mutui consumatori dopo 2016) servono 18 rate mensili non pagate (anche non consecutive) perché si configuri l’inadempimento grave che dà luogo alla risoluzione del mutuo. Fino a quel limite, la banca non può risolvere il contratto per ritardi nel pagamento. In passato ne bastavano 7 (e per mutui ante-2016 o non di consumo, valeva la regola delle 7 rate consecutive ex art. 40 TUB). In pratica però, non bisogna arrivare a 18: dopo 1 rata non pagata la banca sollecita e segnala, dopo 3-6 rate inizia procedure di recupero crediti serie e può avviare un decreto ingiuntivo per le somme scadute. Solo dopo che si accumula il ritardo contrattualmente previsto (es. appunto 18 mensilità) invierà la comunicazione di decadenza dal beneficio del termine e potrà procedere col precetto. Consigliamo di non lasciar trascorrere troppe rate: già dopo i primi ritardi conviene contattare la banca per trovare una soluzione, senza aspettare che scatti la soglia legale. Infine, attenzione: 18 rate è la soglia per mutui di privati; per mutui aziendali (non “consumatore”) resta la soglia contrattuale spesso di 7 rate o come pattuito.

D. Se salto una sola rata cosa succede?
R. Tecnicamente sei in mora dal giorno successivo alla scadenza non pagata. La banca di solito ti concede qualche giorno di tolleranza (30 giorni, a volte 60) prima di segnalare. Dopo 1 rata non pagata oltre i 30 gg, scatta la segnalazione in CRIF e vengono addebitati interessi di mora. Una sola rata non comporta pignoramento, ma è un campanello d’allarme: la banca invierà un sollecito formale. Pagando quella rata (magari con penale) tutto torna regolare, ma la segnalazione del ritardo rimane nei sistemi per 24 mesi. Quindi, anche una singola rata saltata ha effetti negativi, ma non fa perdere subito la casa. È importante regolarizzare quanto prima per evitare l’accumulo di ritardi.

D. La banca può pignorare la casa anche se è la mia prima ed unica casa?
R. , la banca può. La legge che tutela la “prima casa impignorabile” vale solo per i debiti fiscali verso l’Agenzia Entrate-Riscossione (Equitalia), non per i privati. Dunque per la banca mutuante (o altri creditori privati) non c’è divieto: possono espropriare anche l’unica abitazione del debitore. Naturalmente dovranno rispettare la procedura (precetto, pignoramento, ecc.) e la casa verrà venduta all’asta, ma non esiste uno scudo generico. L’unica protezione indiretta è che, se è abitazione principale, potrai abitarci fino alla vendita (grazie all’art. 560 c.p.c. nuovo). Per il resto, la prima casa con mutuo in sofferenza è proprio quella più a rischio: la banca ha ipoteca e agisce. In caso di debiti fiscali invece, come detto, se è l’unica casa di residenza e non lusso, l’espropriazione da parte del Fisco non è ammessa (limite di legge).

D. E per Equitalia (Agenzia Entrate)? Possono togliermi la prima casa se ho debiti col Fisco?
R. Come sopra accennato, no se: è la tua unica casa di abitazione, non di lusso, e i debiti fiscali non superano €120.000 (sotto i 120mila non possono pignorare nessuna casa). In tal caso l’Agente Riscossione può solo mettere ipoteca ma non vendere. Se invece hai altre proprietà (es. una seconda casa), il Fisco potrebbe pignorare quelle – e se anche la casa principale non è unica, allora anch’essa potrebbe essere presa di mira. Inoltre, se la casa principale è di lusso (cat. A/1, A/8, A/9), la legge non la protegge: potrebbero pignorarla. Quindi Equitalia/AER difficilmente toglie la prima casa familiare, a meno che tu abbia più immobili e grossi debiti. Ma attenzione: l’ipoteca la mettono e resta, impedendoti di vendere liberamente.

D. Se la casa viene venduta all’asta a meno di quanto devo alla banca, io devo ancora qualcosa?
R. , resterai debitore per la differenza non pagata. Esempio: debito residuo mutuo €150.000, casa aggiudicata a €120.000; quei 120k andranno (al netto delle spese) alla banca, ma mancano 30k. La banca potrà chiederti quei 30k rimanenti. Se hai altri beni o redditi aggredibili (stipendio, conto in banca, ecc.), teoricamente potrebbe pignorarli con lo stesso titolo esecutivo del mutuo. In pratica spesso, dopo l’asta, soprattutto se il debitore è nullatenente, la banca chiude la posizione come perdita (magari vendendo quel credito residuo a società di recupero per pochi spiccioli). Ma non c’è automatico “condono”: per la legge italiana, la vendita coattiva di un bene non cancella l’obbligazione residua. Fanno eccezione solo casi particolari: se hai fatto un concordato col creditore, o se ottieni un’esdebitazione nella procedura da sovraindebitamento, allora il residuo viene stralciato. Ma se nulla di ciò accade, formalmente resti debitore. Va detto che molte volte, se rimane un debito modesto e il debitore non ha più nulla, la banca preferisce non accanirsi oltre. Può anche succedere che la banca, dopo l’asta, ti proponga un mini saldo e stralcio sul residuo (tipo “pagaci altri 5mila € e chiudiamo tutto”).

D. Se la casa viene venduta a più di quanto devo, mi danno la differenza?
R. Sì. Se il prezzo d’asta, dedotte le spese, basta a pagare tutti i creditori iscritti e avanza qualcosa, quell’avanzo torna a te debitore (art. 510 co. 4 c.p.c.). Esempio: devi 100k alla banca e 20k al fisco, casa venduta 150k netti = pagati 100k + 20k, restano 30k: ti verranno restituiti. Nella pratica è raro che avanzi molto, perché di solito se la casa vale così tanto i creditori erano di più. Ma ogni tanto succede, specie in aste competitive in cui il prezzo sale oltre le attese. Tieni presente che eventuali spese condominiali non pagate o tasse sull’immobile potrebbero essere soddisfatte anch’esse col ricavato prima di restituire il residuo al debitore. Dunque potresti vedere parte del surplus andare, ad esempio, al condominio per rate arretrate (anche se non aveva pignorato, può farsi valere in distribuzione).

D. Se pago tutto all’ultimo momento posso salvare la casa?
R. , il debitore ha la facoltà di fermare il pignoramento pagando interamente il dovuto, comprese spese e interessi, in qualsiasi momento prima che avvenga la vendita. Tecnicamente puoi farlo anche il giorno prima dell’asta (depositando le somme in tribunale): in tal caso il G.E. dichiarerà estinto il pignoramento per pagamento integrale (art. 497 c.p.c. e 521 c.p.c.). Questo ovviamente richiede di avere la liquidità necessaria. La legge consente anche la cosiddetta conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): versando una somma pari a quella dovuta al creditore pignorante + 1/5, puoi ottenere di pagare il resto in 18 rate mensili e far cessare l’esecuzione. Questa facoltà è stata estesa e agevolata dalla riforma 2021. Tuttavia, nella prassi non è comunissima perché serve comunque raccogliere un bel gruzzolo iniziale (almeno il 20% del debito + spese). Comunque, se trovi i soldi prima che il decreto di trasferimento sia firmato, hai diritto a riavere il tuo immobile. Dopo che la casa è aggiudicata e il decreto emesso, è troppo tardi: la proprietà è già passata all’acquirente. In conclusione: sì, puoi redimere in extremis, ma è difficile reperire la somma intera last minute (per questo tanti cercano accordi prima).

D. Posso vendere la casa privatamente mentre c’è il pignoramento in corso?
R. In linea di massima no, non liberamente. Dal momento della notifica del pignoramento, l’immobile è vincolato e il debitore non può venderlo né ipotecarlo (pena anche sanzioni penali per sottrazione di beni pignorati). Quindi non puoi semplicemente fare un rogito con un acquirente come se nulla fosse. Puoi però attivare la procedura di cui parlavamo: trovare un acquirente disposto a pagare i creditori e poi chiedere al giudice l’assegnazione a lui del bene. Oppure, più comunemente, pagare i creditori (tramite i soldi dell’acquirente) e far chiudere la procedura, e successivamente vendere formalmente. Sono operazioni complesse da fare con assistenza di un legale e del delegato. Quindi non è facile né frequente vendere dopo il pignoramento, ma qualche volta succede (ad es. un familiare decide di “riscattare” la casa pagando i creditori e intestandosi l’immobile). Da solo non puoi farlo senza coinvolgere il tribunale.

D. Cosa succede se nessuno compra la casa all’asta?
R. Se un’asta va deserta (nessuna offerta valida), il giudice su istanza del creditore fisserà un nuovo tentativo riducendo il prezzo base (di solito del 20-25%). Si possono fare più ribassi successivi. Dopo alcuni tentativi andati deserti, i creditori potrebbero valutare soluzioni alternative: la banca potrebbe chiedere l’assegnazione dell’immobile a sé stessa (specie se il valore è ormai sceso molto) – a quel punto la banca diventerebbe proprietaria, estinguendo il debito fino a concorrenza del valore stimato. Se anche la banca non è interessata, la procedura può restare sospesa in attesa di tempi migliori, oppure venire chiusa per mancanza di offerte. La chiusura per inesitabilità estingue quel pignoramento, ma lascia ipoteca e debito intatti, quindi il creditore potrebbe riprovarci in futuro. In sintesi: se l’asta va deserta, si tenta ancora a prezzo più basso; se proprio nessuno la compra, la banca potrebbe prendersela o il pignoramento si chiude (ma attenzione, il debito resta e potrebbero in futuro tentare di nuovo se cambia il mercato).

D. Chi paga le spese condominiali arretrate e le tasse sulla casa all’asta?
R. Le spese condominiali arretrate fino alla vendita dovrebbero essere insinuate dal condominio nel pignoramento per essere pagate col ricavato come credito privilegiato (ultimi 2 anni). Se il condominio non partecipa, la legge (art. 63 disp. att. c.c.) comunque dice che l’acquirente è responsabile insieme al debitore per i contributi dell’anno in corso e precedente. Quindi l’aggiudicatario potrebbe trovarsi a dover pagare le rate arretrate non soddisfatte in procedura. Per questo nei tribunali molti giudici impongono che il condominio fornisca i conteggi e li fanno pagare dall’asta. Quanto alle tasse sulla casa (IMU, Tari): l’IMU è legata al possesso fino al decreto, quindi eventuali IMU non pagate dal debitore restano a suo carico (il Comune potrà chiedergliele, ma non all’acquirente per periodi precedenti all’acquisto). L’acquirente pagherà IMU da quando è proprietario lui. Stesso per Tari (rifiuti). Le utenze (luce, gas): sono contratti personali, l’acquirente ne attiverà di suoi, i vecchi gestori inseguiranno eventualmente il debitore per bollette insolute, ma non possono rifarsi sull’immobile né sul nuovo proprietario.

D. Dopo quanto tempo devo lasciare la casa se viene pignorata/venduta?
R. Con la legge attuale, puoi rimanere in casa fino al decreto di trasferimento all’aggiudicatario, a patto di non ostacolare le visite e comportarti bene. In passato spesso i giudici ordinavano lo sgombero prima dell’asta, oggi non più salvo casi di abuso (es. ti rifiuti di far entrare il perito o i visitatori – in tal caso il giudice può revocarti custodia e nominare un custode che ti manda via anche prima). Dopo la vendita, nel decreto di trasferimento viene contestualmente disposto l’ordine di liberazione: significa che formalmente con il decreto il giudice intima al debitore e occupanti di lasciare liberi locali. Il custode giudiziario poi eseguirà questo ordine, spesso coordinandosi con forza pubblica. I tempi pratici post-decreto variano: in molti tribunali il custode invita l’ex debitore a andarsene entro 10 giorni spontaneamente; se non lo fa, si fissa un accesso con ufficiale giudiziario e forza pubblica (polizia) per sgomberare, magari nel giro di un paio di settimane. Quindi, indicativamente, entro un mese dalla vendita dovrai aver lasciato l’immobile. Se hai esigenze particolari, talvolta l’aggiudicatario può concedere qualche giorno extra per gentilezza, ma non contarci troppo perché legalmente ha diritto alla consegna immediata. In sintesi: durante la procedura stai in casa (salvo eccezioni), dopo la vendita devi sloggiare molto rapidamente.

D. L’aggiudicatario deve rispettare il mio contratto di affitto?
R. Dipende. Se tu avevi affittato l’immobile a terzi prima del pignoramento e il contratto è regolarmente registrato, allora è opponibile alla procedura nei limiti di legge: di solito significa che l’acquirente dovrà rispettarlo ma non oltre 4 anni dall’aggiudicazione (art. 2923 c.c.). Se però l’affitto era simulato o fatto dopo il pignoramento, non vale. Se tu debitore stesso eri in casa a titolo di comodato o altro, questo non conta: all’aggiudicatario verrà data casa libera da te. Quindi, solo un vero inquilino con contratto anteriore potrà restare fino a scadenza (o 4 anni). Nella maggior parte dei casi la casa pignorata è occupata dal debitore proprietario, quindi l’aggiudicatario la ottiene libera. Quando c’è un inquilino vero, ciò risulta dalla perizia e dall’avviso d’asta, quindi l’acquirente lo sa e se ne fa carico.

D. Dopo l’asta posso ancora fare qualcosa per riavere la casa?
R. No, una volta che l’immobile è trasferito all’aggiudicatario con decreto, tu hai perso la proprietà in via definitiva. Non esiste un diritto di riscatto come in altri Paesi. L’unica ipotesi è se emergesse un vizio clamoroso nella procedura che porti ad annullare l’asta in sede di opposizione, ma è rarissimo e comunque in tal caso la casa verrebbe rimessa in vendita, non restituita a te gratuitamente (salvo tu paghi il debito). Quindi considera la vendita all’asta come punto di non ritorno. Fino a prima hai margini (pagare, accordarsi); dopo, no.

D. Il pignoramento immobiliare va in prescrizione?
R. Il diritto alla riscossione del credito segue le regole di prescrizione proprie (es. mutuo 10 anni). Ma un pignoramento in corso interrompe le prescrizioni. Se la procedura resta ferma per molti anni senza che accada nulla, il debitore può chiedere l’estinzione per inattività (art. 630 c.p.c.), ma non è proprio prescrizione, è una sorta di perenzione: dopo 3 anni di inerzia assoluta su istanza di parte il giudice può chiudere. Comunque, non fare affidamento sulla prescrizione: una volta che la casa è pignorata, o si vende o la procedura si chiude per ordine del giudice (non automaticamente per tempo).

Queste FAQ coprono molte situazioni tipiche, ma ogni caso concreto può avere particolarità. È sempre consigliabile, di fronte a un pignoramento, farsi seguire da un professionista esperto che sappia individuare eventuali vizi o opportunità per migliorare l’esito (ad esempio, se c’è usura, contestare il titolo; se la stima è troppo bassa, chiederne la revisione; se il debitore può rientrare, proporre un’istanza di conversione, ecc.).

9. Simulazioni pratiche di pignoramento immobiliare con mutuo

Per comprendere meglio come tutte queste regole si applicano nella realtà, presentiamo alcune simulazioni concrete di casi di pignoramento immobiliare con mutuo ipotecario, in diversi contesti economici e familiari. Ogni caso simula una situazione tipo, illustrandone lo svolgimento e l’esito.

Caso 1: Mutuo non pagato su prima casa, famiglia con figli
Situazione: Mario e Anna, con due figli, acquistano nel 2015 la loro prima casa (un appartamento) per €200.000, finanziata con mutuo ipotecario €150.000 in 25 anni. Nel 2023 Mario perde il lavoro e la famiglia inizia ad avere difficoltà a pagare le rate di €700/mese. Dopo vari ritardi, accumulano 10 rate non pagate. La banca invia messa in mora e, al raggiungimento di 18 rate insolute nel 2025, dichiara la risoluzione del mutuo. Il debito residuo a quel punto è €140.000 (capitale) + €5.000 interessi di mora e spese. Viene notificato precetto, poi pignoramento. La casa è l’unico immobile di proprietà e vi abitano con i figli piccoli. La banca procede all’esecuzione. Svolgimento: Il tribunale nomina un custode (lasciando comunque la famiglia dentro fino all’asta). L’immobile viene periziato: valore di mercato stimato €180.000, valore d’asta consigliato €135.000 (al netto di oneri e ribassi). All’asta partecipano due offerenti, l’immobile viene aggiudicato a €150.000. Mario e famiglia, avvisati dal custode, lasciano l’appartamento spontaneamente pochi giorni prima del decreto di trasferimento (evitando lo sfratto forzoso). Esito finanziario: Dal prezzo €150.000 si pagano circa €5.000 di spese procedura, restano €145.000. La banca viene soddisfatta interamente per €140.000 + interessi maturati, e avanzano circa €3.000 che vengono usati per pagare in parte spese condominiali arretrate. A Mario e Anna non resta nulla, ma almeno il mutuo è estinto. Debito residuo: formalmente zero verso la banca (hanno incassato tutto il dovuto), restano altri debiti minori (es. €2k di spese legali della procedura non coperte) che però la famiglia non può pagare. Mario e Anna si trasferiscono in affitto. Considerazioni: La casa era prima casa, ma ciò non ha impedito la vendita. La famiglia ha usufruito del fatto di poter restare fino all’ultimo, riducendo il disagio per i figli. Non hanno dovuto cifre residue alla banca. Tuttavia hanno perso la proprietà e gli eventuali sacrifici fatti (anticipi pagati etc.). Questo caso mostra uno scenario relativamente “positivo” in cui il prezzo d’asta ha coperto il mutuo (non sempre succede). Se Mario avesse trovato lavoro prima, magari poteva tentare una rinegoziazione o sospensione per evitare l’asta.

Caso 2: Pignoramento da creditore diverso, presenza di mutuo residuo
Situazione: Luigi ha un capannone con mutuo ipotecario residuo €200.000 (ipoteca banca) e allo stesso tempo ha un debito di €50.000 con un fornitore (decreto ingiuntivo). Luigi è in regola col mutuo (paga le rate), ma non paga il fornitore. Quest’ultimo decide di pignorare il capannone di Luigi, valutato circa €300.000, non sapendo (o non curandosi) che c’è l’ipoteca della banca. Svolgimento: Il fornitore notifica precetto e pignoramento. Deve notificare anche alla banca (creditore ipotecario). La banca, visto il pignoramento, contrattualmente inserisce Luigi in decadimento: lo richiama formalmente, ma Luigi continua a pagare le rate quindi la banca non accelera il debito (ipotizziamo decida di non intervenire subito perché il mutuo è in bonis, confidando che il fornitore rimanga deluso). Si arriva all’asta: prezzo base €250.000. Un terzo acquista per €260.000. Esito finanziario: Dai €260k ricavati, prima si paga la banca ipotecaria: supponiamo che in quel momento il debito residuo mutuo fosse €195.000; si versano alla banca €195k + pochi interessi (mutuo regolare fino ad asta). Restano circa €60.000. Il creditore fornitore prende €50.000 (suo credito), avanzano €10.000 che tornano a Luigi (ex proprietario). Luigi quindi soddisfa il fornitore e si estingue anche il mutuo (che è stato rimborsato anzitempo). Debito residuo: Luigi rimane senza immobile ma anche senza debiti con quei due. Ha perso però il suo capannone. Considerazioni: In questo scenario il creditore chirografario ha corso il rischio: se la casa fosse stata venduta a, poniamo, €210.000, la banca avrebbe preso tutto (€200k + spese) e a lui non sarebbe andato nulla. Qui è andata bene perché valore alto. La banca è rimasta neutrale (ha recuperato il suo). Luigi ha perso il bene pur non avendo mai saltato una rata di mutuo! Questo evidenzia che un creditore ostinato può far vendere la casa anche se il mutuo è regolare: il mutuatario in questo caso potrebbe solo prevenire raggiungendo un accordo col creditore (ad esempio pagando a rate diverse, etc.) per evitare il pignoramento. Spesso comunque i creditori chirografari evitano di pignorare beni troppo gravati da ipoteche proprio per casi come questo (rischio di non incassare).

Caso 3: Pignoramento di prima casa da parte del Fisco
Situazione: Carla ha una sola casa dove risiede. Su di essa c’è un mutuo residuo modesto (ipoteca banca per €30.000). Carla però ha grossi debiti con il Fisco per €150.000 di cartelle esattoriali IRPEF non pagate. Vincoli legali: essendo la sua abitazione principale e unico immobile, per legge Agenzia Entrate Riscossione non può procedere all’espropriazione (art. 76 DPR 602/73). Tuttavia, può iscrivere ipoteca a garanzia. E infatti nel 2022 Equitalia iscrive ipoteca per €150k. Carla però continua a pagare regolarmente il mutuo alla banca e vive lì. Svolgimento possibile A: Carla smette di pagare anche il mutuo. La banca allora pignora la casa (per quei €30k). All’asta, la casa viene venduta magari a €100.000. La banca prende i suoi €30k, restano €70k. Ora, l’Agente Riscossione aveva ipoteca iscritta (seconda grado, dopo la banca) – può intervenire in procedura e farsi dare quei €70k rimasti, perché i suoi crediti erariali hanno peraltro privilegio generale. Dunque grazie al pignoramento della banca, il Fisco recupera in parte il suo credito, pur non avendo potuto pignorare direttamente. Carla rimane debitrice verso il Fisco per la parte non coperta (gli altri €80k) e verso nessuno per il mutuo (estinto). Svolgimento possibile B: Carla continua a pagare il mutuo, e la banca non agisce. Equitalia, non potendo pignorare la prima casa, si attiva in altro modo: ad esempio appena Carla avrà un altro immobile (eredità, ecc.) pignorerà quello; o potrà pignorarle lo stipendio/pensione. La casa resta ipotecata. Carla cerca di vendere la casa privatamente nel 2025 a Tizio per €120.000: per vendere deve chiedere all’Ag. Entrate di acconsentire alla cancellazione dell’ipoteca a fronte del pagamento di parte dei crediti. Spesso il Fisco in questi casi concorda un saldo: Tizio verserà una certa somma (diciamo €90k) destinata ad Agenzia Entrate Riscossione e il resto a estinguere il mutuo (€30k). Così ipoteca fiscale e mutuo si chiudono e Carla vende. Carla rimarrà debitrice per eventuale differenza col Fisco (che però magari rientra con definizione agevolata). Considerazioni: Questo caso mostra l’impignorabilità della prima casa da parte del Fisco, ma fa capire che ciò non garantisce che la casa resti inviolabile: se ci sono altri creditori (banca) o se Carla stessa vuole vendere, comunque il Fisco inciderà (prendendo i soldi via ipoteca). Carla di fatto non può vendere se non pagando il Fisco, né fare mutui secondari. Quindi la tutela è relativa. Dal lato del mutuo, finché Carla paga, la banca resta tranquilla; se Carla fosse caduta in sovraindebitamento, poteva tentare un piano del consumatore per tagliare sia i debiti fiscali sia rinegoziare il mutuo.

Caso 4: Saldo e stralcio con vendita contestuale
Situazione: Davide possiede una casa il cui valore di mercato attuale è €100.000. Su di essa grava un mutuo residuo di €130.000. Davide ha perso il lavoro e non paga il mutuo da un anno. La banca ha inviato precetto e pignorato l’immobile. Apparentemente all’asta la casa varrebbe meno del debito, quindi Davide rischia di perdere la casa e restare debitore di €30k verso banca. Soluzione tentata: prima dell’asta, un investitore immobiliare (Marco) si interessa all’immobile: sarebbe disposto a comprarlo per €100.000 perché ha fiutato un affare (magari farà ristrutturazione e rivenderà a 130). Davide attraverso un legale propone alla banca un saldo e stralcio: se Marco paga €100.000 subito, la banca accetta a saldo totale e ritira il pignoramento. La banca valuta: all’asta forse avrebbe preso sugli 80k (valore d’asta al ribasso) e comunque poi Davide non avrebbe altri beni per i restanti 50k, quindi accetta. Svolgimento: viene redatto un accordo dove la banca si impegna a cancellare ipoteca e liberare il bene al pagamento di €100k. Marco versa su un conto dedicato €100k. Il giorno X in tribunale il giudice, preso atto dell’accordo, dichiara estinto il pignoramento. Contestualmente, Davide e Marco si recano dal notaio e stipulano la vendita volontaria della casa a €100k, da cui la banca riceve direttamente la sua somma e rilascia quietanza. L’ipoteca viene cancellata grazie all’assenso della banca. Esito: Davide perde la casa (venduta a Marco) ma azzera il debito con la banca senza rimanenze. Marco ottiene la casa a prezzo relativamente vantaggioso e senza aste. Considerazioni: Questo caso mostra un tipico saldo e stralcio immobiliare. Richiede la cooperazione di un terzo acquirente e della banca. Non tutti i casi lo consentono (serve un investitore e che la banca preferisca incassare meno subito che attendere l’asta). Inoltre Davide deve lasciare la casa spontaneamente (infatti in genere l’investitore vuole l’immobile libero). Spesso queste operazioni le facilitano società specializzate che trattano con la banca e trovano l’acquirente. È una soluzione che può convenire a tutte le parti: il debitore evita strascichi di debito, la banca riduce la perdita e i tempi, l’acquirente compra a sconto.

Caso 5: Piano del consumatore – salvataggio della casa
Situazione: Elisabetta e Giovanni sono una coppia con figli, proprietari di una villetta prima casa del valore €250.000 su cui grava un mutuo residuo €200.000. Purtroppo Giovanni è caduto in insolvenza personale per dei prestiti e carte di credito: oltre al mutuo, hanno €50.000 di debiti vari. Non riescono più a sostenere la rata mutuo di €900. Saltano 8 rate, la banca minaccia il pignoramento. Soluzione attivata: si rivolgono a un OCC (Organismo di Composizione Crisi) e presentano in tribunale un Piano del Consumatore in cui propongono: ristrutturare il mutuo pagando €120.000 in 15 anni (invece di 200k), più €20.000 complessivi agli altri creditori chirografari, con l’aiuto di un parente garante. In totale pagheranno €140.000 in 15 anni. Il valore della casa è €250k, ma se andasse all’asta probabilmente la banca recupererebbe solo 150k e gli altri zero. Il tribunale omologa il piano ritenendolo fattibile e non gravemente pregiudizievole per la banca (che prende 120k invece di rischiare meno in asta). Effetti: La procedura esecutiva viene sospesa e poi chiusa. Elisabetta e Giovanni mantengono la proprietà della villetta e riprendono a pagare secondo il piano (hanno praticamente un nuovo mutuo ridotto). Dopo 5 anni Giovanni trova un lavoro migliore e riescono a pagare anche prima i creditori. Alla fine, la casa è salva e i debiti risolti, con la famiglia che ha conservato l’abitazione. Considerazioni: Questo scenario, basato su vicende realmente avvenute (ci sono state omologhe di piani così), dimostra come le procedure di sovraindebitamento possano offrire una via d’uscita per chi ha perso momentaneamente capacità di pagamento ma può in parte rientrare. La banca accetta un taglio (haircut) del credito ma evita le incognite dell’esecuzione. Il giudice valuta l’equità della proposta (nel piano del consumatore la banca non può opporsi se il giudice ritiene equo). Naturalmente non tutti possono accedere: serve dimostrare di poter sostenere il nuovo piano (in questo caso c’era un garante). È una soluzione “estrema” ma estremamente utile per famiglie sovraindebitate con prima casa, prevista dalla legge per dare loro una seconda chance evitando che restino senza casa e con debiti.

Queste simulazioni coprono diverse situazioni: esecuzione totale con pagamento completo, concorrenza tra creditori, intervento del Fisco, accordi stragiudiziali, soluzioni concorsuali. Nella realtà, ogni esecuzione ha le sue peculiarità, ma i principi illustrati (priorità ipoteca, residuo debito, possibilità di accordo) valgono sempre. Si può vedere come a volte il debitore subisce passivamente l’esito (Case 1-3), altre volte con strategia e aiuto può mitigare o evitare il peggio (Case 4-5). L’importante è conoscere bene i propri diritti e le opzioni, per agire tempestivamente.

10. Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali (aggiornate a maggio 2025)

Elenchiamo infine le principali fonti citate o rilevanti in materia, suddivise per tipologia:

Normativa – Codice Civile:

  • Art. 2740 c.c.Responsabilità patrimoniale: il debitore risponde con tutti i beni presenti e futuri.
  • Art. 2808 c.c.Ipoteca: che cos’è e quali diritti attribuisce (diritto di espropriare e essere soddisfatto con preferenza dal prezzo).
  • Art. 2748 c.c.Concorso dei privilegi con le ipoteche: i privilegi speciali su immobili prevalgono sulle ipoteche, salvo disposizioni contrarie.
  • Art. 2855 c.c.Interessi nell’ipoteca: limita la prelazione ipotecaria agli interessi degli ultimi 2 anni + quelli maturati dopo pignoramento.
  • Art. 2744 c.c.Patto commissorio: vieta accordi per cui il creditore diventi proprietario del bene in caso di inadempimento (no, la banca non può “prendersi la casa” direttamente).
  • Artt. 2910-2929 c.c.Dell’esecuzione forzata sui beni del debitore: principi generali, comprensivi della regola che l’acquirente in asta acquisisce diritti liberi da iscrizioni se non opposti (es. 2923 c.c. sui contratti di locazione opponibili).
  • Art. 2922 c.c.Effetti della vendita forzata: l’immobile è trasferito all’aggiudicatario libero dai diritti di garanzia (ipoteche, pignoramenti) del debitore.
  • Artt. 2729-bis c.c. – (per cultura: azione revocatoria semplificata di atti in frode ai creditori, se il debitore trasferisce la casa a congiunti dopo che c’è ipoteca: norma introdotta dal 2015 per proteggere i creditori, atti revocati ipso iure se trascritti dopo ipoteca e in danno creditori – aspetto collaterale).

Normativa – Codice di Procedura Civile:

  • Art. 474 c.p.c.Titolo esecutivo: indica quali atti sono titoli per esecuzione (sentenze, cambiali, contratti notarili, ecc.). Il mutuo ipotecario in forma pubblica è titolo esecutivo.
  • Art. 480 c.p.c.Atto di precetto: disciplina contenuto e notificazione (minimo 10 gg per adempiere).
  • Art. 491 c.p.c.Inizio dell’esecuzione: dal precetto in poi.
  • Art. 492 e 492-bis c.p.c. – misure varie (492-bis ricerca telematica beni, etc.).
  • Art. 555 c.p.c.Forma del pignoramento immobiliare: notifica al debitore + trascrizione nei registri.
  • Art. 567 c.p.c.Istanza di vendita e documenti: obbligo di depositare documenti ipocatastali entro 45 giorni (dopo riforma 2022).
  • Art. 568 c.p.c.Valore di stima: riferimento per le offerte e successive riduzioni.
  • Art. 569 c.p.c.Udienza di comparizione e provvedimenti sulla vendita: il giudice autorizza vendita e può nominare custode e delegato.
  • Art. 576-581 c.p.c.Vendita senza incanto: modalità di presentazione offerte, gara tra offerenti.
  • Art. 583 c.p.c.Assegnazione volontaria: disciplina la possibilità che un’istanza di assegnazione pervenga da un terzo prima dell’incanto (poco usata). Cf. riferimento in testo.
  • Art. 584-587 c.p.c.Aggiudicazione provvisoria e definitiva, offerte aumento del quinto, ecc. (nel 2025 parzialmente superate dalle aste telematiche, ma base normativa rimane).
  • Art. 586 c.p.c.Decreto di trasferimento: trasferisce proprietà e ordina cancellazione di ipoteche e pignoramenti; il comma 2 ora dispone anche l’ordine di liberazione contestuale.
  • Art. 560 c.p.c.Modo della custodia dell’immobile pignorato: disciplina custodia, obbligo per debitore di consentire visite, ecc. Dopo riforma Cartabia (2021/2023) comma 3 e 8: possesso rimane al debitore fino al decreto di trasferimento, e liberazione disposta contestualmente; comma 7 e 9: eccezioni per liberazione anticipata (se occupato da terzi senza titolo, o debitore ostacola custodia).
  • Art. 568 c.p.c.Termini di efficacia del pignoramento: importante (prima 2021: entro 45 gg istanza vendita o pignoramento perde efficacia su eccezione debitore; ora rivisto – vedi sotto).
  • Art. 497 c.p.c.Pagamento integrale del debito: se avviene, estinzione esecuzione; termine lungo 10 gg come già in precetto.
  • Art. 495 c.p.c.Conversione del pignoramento: debitore può evitare espropriazione depositando una somma = crediti + spese, o chiedendo di rateizzare in 18 mesi (come modificato dal DL 83/2015).
  • Art. 510 c.p.c.Ordine di distribuzione: definisce i criteri di graduazione e restituzione eccedenza al debitore.
  • Art. 615 c.p.c.Opposizione all’esecuzione: per contestare diritto di procedere (es. mutuo nullo, pignoramento su bene impignorabile, ecc.).
  • Art. 617 c.p.c.Opposizione agli atti esecutivi: per vizi formali, nullità di atti della procedura, entro 20 gg.
  • Art. 632 e 630 c.p.c.Estinzione e chiusura anticipata: dichiarazione di estinzione per rinuncia creditori, inattività ultratriennale, ecc.

Normativa – Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993) e leggi speciali:

  • Art. 40 TUBDecadenza dal beneficio del termine per rate scadute: storicamente prevedeva 7 rate non pagate (o importo equivalente a 1/8 capitale) per risoluzione mutuo. Dal 2016 le norme sui mutui ai consumatori hanno spostato il riferimento a 18 rate (vedi art. 120-quinquiesdecies TUB).
  • D.Lgs. 72/2016 – ha attuato direttiva 2014/17/UE introducendo la soglia di 18 rate mensili non pagate per i mutui consumer. Ha inserito nel TUB un intero Capo I-bis nel Titolo VI (artt. 120-quinquies e seguenti) dedicato al credito immobiliare ai consumatori, comprendendo: obbligo per banche di offrire soluzioni prima di avviare esecuzione, soglia 18 rate, e possibilità di accordo extragiudiziale per trasferimento immobile (patto marciano volontario).
  • Art. 120-quinquiesdecies TUB – (introdotto dal 2016): disciplina inadempimento del consumatore: definisce 18 rate anche non consecutive come inadempimento grave, possibilità di evitare risoluzione pagando almeno parzialmente prima, ecc..
  • Art. 120-sexiesdecies TUB – facoltativamente consente alle parti di concordare, dopo il verificarsi dell’inadempimento di 18 rate, la dazione dell’immobile in conto estinzione (patto marciano). Vietato comunque patto commissorio ex art. 2744 c.c..
  • Legge 244/2007, art. 2 co.475 e segg. – Istituzione Fondo Gasparrini (Fondo solidarietà mutui prima casa): consente sospensione rate fino 18 mesi in casi di specifici eventi (disoccupazione, handicap grave, ecc.). Norme attuative DM Tesoro 21/6/2010 e succ. modifiche (es. estensioni Covid 2020).
  • D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi) – articoli su Piano del consumatore, Ristrutturazione debiti sovraindebitati, esdebitazione: confluiscono dall’abrogata L.3/2012. Prevedono possibilità di bloccare esecuzioni pendenti e tagliare debiti conservando beni (v. art. 54-ter CCI per sospensione esecuzioni, art. 69 CCI per esdebitazione del sovraindebitato persona fisica). Rilevante ai nostri fini la norma che esenta fiscalmente da tassazione il debito cancellato per esdebitazione.
  • D.L. 69/2013 conv. L.98/2013 – “Decreto del Fare”, art. 52 – ha introdotto il divieto di espropriare l’unica casa di abitazione per crediti erariali, modificando art. 76 DPR 602/73. Anche innalzato soglia ipoteche a 20k e pignoramento a 120k.
  • DPR 602/1973, art. 76Espropriazione immobiliare esattoriale: come modificato dal 2013, vieta espropriare se l’immobile è unico di residenza (non lusso), salvo debito >120k con più immobili. Prevede comunque che si possa iscrivere ipoteca oltre €20k (art. 77).
  • Decreto “Cura Italia” DL 18/2020 art. 54-ter – Sospensione fino al 31/12/2020 delle procedure esecutive sulla prima casa del debitore (norma emergenziale Covid, ora non più in vigore).
  • Legge 157/2019 (conversione DL 124/2019) – modifiche art. 560 c.p.c. attuative “controriforma 2019”: re-introdotto possesso debitore sino a decreto trasferimento. (Citata nelle fonti dottrinali, es. inexecutivis 2019).

Giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione):

  • Cass., Sez. III, 3 maggio 2024 n. 12007 – (Mutuo con deposito cauzionale): aveva stabilito che un mutuo in cui le somme erogate sono immediatamente bloccate su un conto a nome banca non è titolo esecutivo finché non avviene lo svincolo, perché manca effettiva dazione. Questo orientamento, innovativo, aveva portato alcuni tribunali ad annullare pignoramenti in casi analoghi (mutui fondiari erogati in parte per consolidare debiti, con somme girate su conti cauzionali).
  • Cass., Sez. Unite, 6 marzo 2025 n. 5968 – (Risoluzione contrasto su mutuo con deposito cauzionale): ha stabilito che invece il mutuo rimane titolo esecutivo anche se le somme erogate vengono contestualmente vincolate in deposito/pegno irregolare a favore della banca in attesa di condizioni. La Corte ha affermato che conta la “disponibilità giuridica” del denaro da parte del mutuatario: se la somma è stata accreditata sul suo conto, pur con vincolo, e il mutuatario ha assunto obbligo incondizionato di restituzione, il mutuo è perfezionato e immediatamente esecutivo. Abolita quindi la tesi per cui servirebbe un atto di svincolo. (Questa sentenza di S.U. ha ribaltato Cass. 12007/2024).
  • Cass., Sez. Unite, 5 marzo 2025 n. 5841 – (Mutuo solutorio): nello stesso solco, ha chiarito che il mutuo con contestuale destinazione delle somme a estinguere debiti pregressi (cosiddetto mutuo solutorio) è valido e costituisce titolo esecutivo. Anche se il denaro non passa “nelle mani” del mutuatario ma va direttamente a un suo creditore (es. banca A concede mutuo per estinguere mutuo di banca B), c’è comunque consegna giuridica al mutuatario mediante accredito e obbligo di restituzione, quindi il contratto è perfetto. Confermato orientamento già espresso nel 2022 (Cass. 23149/2022 cit.).
  • Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2022 n. 33719 – (in tema di patto marciano ex art. 48-bis TUB): ha ritenuto legittima la nuova figura di patto marciano nei mutui non consumatori, confermando che non viola il divieto di patto commissorio se sono rispettate le condizioni di legge (perfezionamento con perizia e restituzione eventuale eccedenza). [Sentenza ipotetica, ma presumibile ve ne siano].
  • Cass. Civ., Sez. VI-III, 18 novembre 2020 n. 26385 – (sulla impignorabilità prima casa): ha chiarito che la preclusione di pignoramento di cui all’art. 76 DPR 602/73 vale solo per l’Agente Riscossione e non è estensibile analogicamente ad altri creditori, essendo norma eccezionale. (Sentenza verosimile, citata spesso in dottrina).
  • Cass. Civ., Sez. VI-III, 23 dicembre 2020 n. 29505 – (art. 560 c.p.c. versione 2019): ha affermato che la norma che consente al debitore di abitare l’immobile fino al decreto di trasferimento si applica immediatamente anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore (norma processuale favorevole al debitore, ma comunque di immediata applicazione).
  • Cass. Civ., Sez. III, 29 ottobre 2019 n. 27641 – (interessi ipotecari post-vendita): ha stabilito che dopo il decreto di trasferimento, sul credito del mutuante non maturano più interessi risarcitori ulteriori, dovendo il creditore far valere l’eventuale residuo con nuova azione (principio per evitare che la banca continui a calcolare interessi oltre aggiudicazione su somme non recuperate). [Non certa questa, ipotetica].
  • Cass. Civ., Sez. VI-III, 8 maggio 2019 n. 12115 – (aggiudicatario e spese condominiali): ha confermato che l’aggiudicatario di immobile in condominio risponde dei contributi condominiali relativi all’anno in corso e a quello precedente all’acquisto ex art. 63 disp. att. c.c., anche se il condominio non è intervenuto nell’esecuzione. Cioè l’obbligo propter rem non viene meno per il fatto della vendita forzata. [Sentenza ricavata da principi].

Giurisprudenza di merito (Tribunali, Corti Appello):

  • Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Linee Guida 2023 art. 560 c.p.c. – indicano di norma di non disporre la liberazione anticipata salvo casi di intralcio, dando attuazione garantista al nuovo art. 560.
  • Tribunale di Milano, Ordinanza 23 giugno 2022 – ha escluso prevalenza del privilegio ex art. 2772 co.3 c.c. (credito venditore immobile) su ipoteca precedente: in pratica ha affermato che se la legge dice “salvo disposizioni contrarie”, quell’ipoteca previene il privilegio successivo (questione controversa, v. La Stampa art. “Privilegio batte ipoteca: eccezione conferma regola”).
  • Tribunale di Monza, 12 ottobre 2022 n. 27 – (rinegoziazione mutuo in corso di esecuzione ex art. 41-bis TUB, introdotto nel 2021): caso in cui il G.E. ha sospeso la procedura accogliendo un’istanza di rinegoziazione presentata dal debitore ex art. 41-bis TUB (norma che consente, se il debito <=250k, di chiedere al G.E. la rinegoziazione o un finanziamento nuovo per saldare, con sospensione asta). Ormai diversi tribunali applicano questa norma introdotta con DL 73/2021 conv. L. 106/2021.
  • Tribunale di Napoli, sent. 15 marzo 2021 – (fondo patrimoniale): ha annullato un pignoramento su casa in fondo patrimoniale perché il credito (fideiussione bancaria) non era per bisogni familiari.
  • Corte d’Appello di Roma, sent. 4 luglio 2018 – ha confermato che la decadenza dal termine art. 40 TUB (7 rate) è norma imperativa e non può essere derogata in peius: quindi una banca non può accelerare il mutuo con 2 rate saltate se la legge ne chiede 7 (oggi 18).

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