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Introduzione
L’esdebitazione è un istituto fondamentale del diritto concorsuale italiano, pensato per offrire al debitore sovraindebitato una “seconda chance” economica. In sostanza, si tratta della liberazione dai debiti residui non pagati al termine di una procedura concorsuale (ad esempio un fallimento – oggi chiamato liquidazione giudiziale – o una procedura di sovraindebitamento). Attraverso l’esdebitazione, i crediti insoddisfatti diventano inesigibili nei confronti del debitore: i creditori non potranno più pretenderne il pagamento. Ciò consente al debitore onesto ma sfortunato di ripartire senza il “fardello” dei debiti pregressi, favorendone il reinserimento nel tessuto economico e prevenendo l’esclusione finanziaria.
Questa guida avanzata, aggiornata a maggio 2025, fornisce un quadro completo della disciplina attuale dell’esdebitazione nell’ambito della liquidazione giudiziale in Italia, alla luce del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCII”) e delle più recenti riforme e pronunce giurisprudenziali. L’obiettivo è offrire uno strumento chiaro ma tecnicamente accurato, adatto a professionisti del diritto, imprenditori e privati interessati, esaminando tutti gli aspetti rilevanti: condizioni soggettive e oggettive per ottenere l’esdebitazione, procedura da seguire, effetti del provvedimento, cause di esclusione o revoca, paragoni con la previgente disciplina (artt. 142-144 Legge Fallimentare), commenti a normativa e giurisprudenza recente (di merito e di legittimità, incluse le prassi dei Tribunali italiani), esempi pratici, fac-simili di atti e una sezione di FAQ tecniche.
Nota terminologica: Nel corso della guida useremo i nuovi termini introdotti dal CCII: liquidazione giudiziale corrisponde al “fallimento” della vecchia legge fallimentare (R.D. 267/1942), mentre liquidazione controllata indica la procedura liquidatoria per i soggetti sovraindebitati (prima regolata dalla legge 3/2012). Il focus principale sarà sull’esdebitazione all’esito di una liquidazione giudiziale, ma verranno evidenziati anche gli adattamenti per le procedure da sovraindebitamento (in particolare l’innovativa esdebitazione del debitore incapiente).
Quadro Normativo Aggiornato al 2025
L’istituto dell’esdebitazione è relativamente recente nel panorama giuridico italiano. Esso è stato introdotto con la riforma del 2006 della legge fallimentare (D.Lgs. 5/2006 e D.Lgs. 169/2007, che inserirono gli artt. 142–144 nel R.D. 16 marzo 1942 n. 267). Per la prima volta, al fallito persona fisica veniva concessa la possibilità di essere liberato dai debiti concorsuali residui dopo la chiusura del fallimento, a determinate condizioni. Successivamente, la legge 3/2012 ha esteso una forma di esdebitazione anche ai debitori non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti), nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. Questa evoluzione rispondeva all’esigenza di allineare l’Italia ai principi internazionali del fresh start, evitando che chi fosse travolto dai debiti rimanesse indebitato a vita e incoraggiando il ritorno all’attività economica.
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), adottato con D.Lgs. 14/2019, ha riordinato integralmente la materia, unificando in un testo unico sia la disciplina del fallimento (rinominato liquidazione giudiziale) sia quella del sovraindebitamento. Dopo vari rinvii, il Codice è entrato in vigore il 15 luglio 2022, introducendo importanti novità. Esso recepisce anche i principi della Direttiva (UE) 2019/1023 in materia di ristrutturazione e seconde possibilità, in particolare garantendo al debitore persona fisica meritevole la possibilità di ottenere l’esdebitazione entro un termine ragionevole (individuato in tre anni dall’apertura della liquidazione per le procedure di sovraindebitamento). Successivamente, sono intervenuti tre decreti correttivi (D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024, quest’ultimo detto “Correttivo-ter”) che hanno perfezionato la disciplina, risolvendo dubbi applicativi e introducendo alcune modifiche rilevanti.
Di seguito riassumiamo le principali novità normative in vigore a maggio 2025 riguardanti l’esdebitazione, specie in liquidazione giudiziale, mettendole a confronto con la previgente disciplina della Legge Fallimentare (art. 142 L.F.):
- Eliminazione del requisito di pagamento parziale dei creditori: sotto la vecchia Legge Fallimentare, l’esdebitazione non poteva essere concessa se il fallito non avesse soddisfatto almeno in parte i creditori concorsuali. Era necessario cioè che vi fosse stato un pagamento, seppur parziale, ai creditori, pena il rigetto della domanda (ciò escludeva i casi di totale incapienza). Il CCII ha eliminato tale condizione: oggi il beneficio è ottenibile anche se i creditori non hanno ricevuto nulla (evenienza frequente nei fallimenti senza attivo sufficiente). Questa modifica – confermata dalla giurisprudenza di merito – rappresenta un cambio di paradigma a favore del debitore meritevole totalmente incapiente. In altre parole, il previgente requisito oggettivo del soddisfacimento parziale è stato espunto: conta solo la condotta del debitore (meritevolezza), non la percentuale pagata ai creditori.
- Riduzione dei tempi per il “fresh start”: il CCII introduce meccanismi per accelerare la liberazione dai debiti. Nella liquidazione controllata (sovraindebitamento), l’esdebitazione opera automaticamente dopo 3 anni dall’apertura della procedura, senza dover attendere la chiusura definitiva. Anche nelle liquidazioni giudiziali ordinarie, il legislatore ha previsto la possibilità di un’esdebitazione ante chiusura (“esdebitazione anticipata”), decorsi tre anni dall’apertura della procedura. In pratica, il tribunale può pronunciarsi sulla liberazione dai debiti già a partire dal terzo anno, pur se la liquidazione non è ancora conclusa. In ogni caso, al termine della procedura (sia giudiziale sia controllata) il tribunale deve pronunciarsi sull’esdebitazione del debitore. Questo garantisce ai debitori persone fisiche un orizzonte temporale certo (massimo 3 anni nelle procedure “minori”, durata variabile ma tendenzialmente contenuta in quelle maggiori) per ottenere la liberazione dai debiti, in linea con la normativa UE. Nota: nella liquidazione giudiziale – rivolta a imprese e imprenditori “maggiori” – il CCII non fissa espressamente un termine di 3 anni, presumendo che la durata possa variare; tuttavia è prevista, come detto, la possibilità di esdebitazione anticipata decorsi tre anni. Le recenti modifiche del 2024 hanno ulteriormente chiarito questo punto, eliminando la necessità di un’istanza ad hoc per l’esdebitazione anticipata e prevedendo che, trascorsi tre anni dall’apertura, il tribunale proceda d’ufficio a valutare il beneficio (anche in assenza di chiusura formale). Questo evita che il debitore resti indefinitamente in attesa se la procedura si protrae oltre un triennio.
- Estensione dell’esdebitazione a società ed enti collettivi: diversamente dal passato, in cui solo le persone fisiche fallite potevano essere “esdebitate”, il Codice della crisi consente ora la liberazione dai debiti residui anche alle società (di persone e di capitali) ed agli altri enti sottoposti a liquidazione giudiziale. Si tratta di una novità di portata storica. In concreto, l’esdebitazione della società produce effetti principalmente a favore dei soci illimitatamente responsabili di società di persone, i quali beneficiano della liberazione dei debiti sociali insoddisfatti. L’art. 278 comma 4 CCII dispone infatti che i soci di S.n.c., S.a.s. e società analoghe, essendo obbligati in via illimitata per i debiti sociali, vengano liberati qualora la società abbia ottenuto l’esdebitazione. Ciò riconosce che anche nell’impresa collettiva può essere utile una “clean slate” formale, pur se l’ente viene di regola estinto al termine della procedura concorsuale. L’estensione non opera invece a favore di garanti esterni o coobbligati estranei alla compagine sociale (su ciò, v. oltre). In sintesi, oggi anche le società fallite possono conseguire un’esdebitazione dei debiti concorsuali residui, superando il tradizionale principio secondo cui l’istituto riguardava solo l’imprenditore individuale.
- Introduzione dell’esdebitazione del debitore incapiente: il Codice della crisi ha introdotto all’art. 283 CCII una procedura speciale a favore del debitore persona fisica totalmente incapiente, ossia privo di beni o redditi aggredibili da offrire ai creditori. In presenza di rigorose condizioni di meritevolezza, il tribunale può concedere a tale soggetto la cancellazione di tutti i debiti senza aprire alcuna procedura di liquidazione del patrimonio (in pratica, una soluzione “a costo zero”). Si tratta di una misura eccezionale, ispirata a finalità sociali: si riconosce che in casi di assoluta indigenza tenere aperta una procedura concorsuale sarebbe inutile e costoso, per cui è preferibile liberare il debitore onesto dalla condanna a una povertà permanente. L’esdebitazione dell’incapiente è però circoscritta a condizioni stringenti, a tutela dei creditori: ad esempio, il debitore incapiente deve dichiarare e versare ai creditori, nei quattro anni successivi, l’eventuale sopravvenienza di utilità rilevanti (miglioramenti della propria situazione economica). In pratica, se entro 4 anni dal provvedimento il debitore riceve nuove risorse sufficienti a soddisfare almeno il 10% dei crediti originari, egli ha l’obbligo di informare il tribunale e i creditori, e questi ultimi potranno beneficiare di tali somme (pena la revoca del beneficio). Approfondiremo oltre questa procedura innovativa.
- Altre modifiche introdotte dai decreti correttivi (2020-2024): i provvedimenti integrativi hanno, inter alia, ridotto da 10 a 5 anni l’intervallo minimo tra un’esdebitazione e l’altra (un debitore può ottenere un nuovo esdebitamento solo se sono trascorsi almeno 5 anni dal precedente); hanno chiarito che il beneficio non può mai essere concesso più di due volte alla stessa persona; e hanno razionalizzato il regime transitorio. In particolare, è stato stabilito che le nuove regole di meritevolezza del CCII si applicano anche alle istanze di esdebitazione presentate dopo il 15 luglio 2022 relative a fallimenti disciplinati dalla vecchia legge. Ciò significa che un fallimento aperto prima del 2022 ma chiuso successivamente, vedrà applicati i nuovi criteri più favorevoli (ad es. niente requisito di pagamento parziale) se la domanda di esdebitazione è proposta in vigenza del CCII. Inoltre, è stata confermata l’esclusione di determinate categorie di debiti dall’esdebitazione – ossia i debiti che per legge non possono essere cancellati – tra cui: obblighi alimentari e di mantenimento, debiti da risarcimento danni da fatto illecito e sanzioni pecuniarie (amministrative o penali). Su tali esclusioni si dirà più avanti nel dettaglio, ma anticipiamo che esse erano già previste dalla legge previgente e sono rimaste immutate (mentre, viceversa, non sono esclusi i debiti fiscali e contributivi, inclusa l’IVA, come chiarito dalla giurisprudenza).
In sintesi, a maggio 2025 l’esdebitazione in Italia è regolata principalmente dal Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) – come modificato ed integrato dai correttivi – e, per quanto non diversamente previsto, dai principi generali ereditati dalla legge fallimentare e dalla legge sul sovraindebitamento. Nel prosieguo analizzeremo nel dettaglio i presupposti soggettivi e oggettivi richiesti per l’esdebitazione (distinguendo le varie fattispecie: persona fisica imprenditore, società, debitore incapiente), il procedimento da seguire, gli effetti del provvedimento (inclusi i debiti esclusi e le cause di eventuale revoca), fornendo nel contempo paragoni con la disciplina previgente e riferimenti a casi pratici, prassi e giurisprudenza recente.
Cos’è l’Esdebitazione e Quali Effetti Produce
Dal punto di vista giuridico, l’esdebitazione è la dichiarazione giudiziale di inesigibilità dei crediti rimasti insoddisfatti al termine di una procedura concorsuale. In altri termini, mediante l’esdebitazione il tribunale dichiara che il debitore non è più tenuto a pagare le somme dovute ai creditori concorsuali che non abbiano trovato integrale soddisfacimento nella liquidazione del patrimonio. Come sancisce l’art. 278, comma 1, CCII, l’esdebitazione “comporta l’inesigibilità nei confronti del debitore dei crediti rimasti insoddisfatti” all’esito di una liquidazione giudiziale o controllata. Si tratta dunque di un provvedimento costitutivo, emanato dal tribunale, che estingue l’obbligo giuridico del debitore di pagare i debiti concorsuali residui.
Dal punto di vista pratico, l’effetto principale dell’esdebitazione è che il debitore viene “liberato” dai suoi debiti pregressi e può riprendere le attività economiche senza il peso delle vecchie passività. I creditori concorsuali, dal canto loro, perdono definitivamente il diritto di agire verso il debitore per la parte di credito rimasta insoluta. Ad esempio, se un creditore chirografario ha ricevuto il 10% del proprio credito nell’ambito della procedura e rimane un 90% impagato, dopo l’esdebitazione non potrà più pretendere quel 90% residuo. In assenza di esdebitazione, invece, la chiusura del fallimento (liquidazione giudiziale) comporterebbe la riacquisizione da parte dei creditori del diritto di agire individualmente contro il debitore per la parte non soddisfatta – con tutte le note conseguenze negative: il debitore verrebbe nuovamente inseguito dai creditori, rischiando pignoramenti sui nuovi redditi o beni e rimanendo sostanzialmente invischiato nei debiti pregressi per un tempo indefinito.
Oltre alla liberazione dai debiti, l’esdebitazione produce anche altri effetti positivi per il debitore. In particolare, vengono meno le cause di ineleggibilità, decadenza o altri impedimenti legali legati allo status di fallito. Infatti, finché una persona è dichiarata fallita (ora: assoggettata a liquidazione giudiziale), la legge gli preclude o limita l’accesso a determinate cariche o attività (ad esempio, non può esercitare l’impresa commerciale, non può assumere cariche societarie, vi sono limitazioni nei diritti politici, ecc., salvo autorizzazioni). Con l’esdebitazione queste preclusioni cessano: il soggetto viene “riabilitato” nella sua capacità civile e imprenditoriale. L’art. 278, comma 2, CCII conferma che con l’esdebitazione si rimuovono gli effetti pregiudizievoli collegati all’apertura della liquidazione giudiziale (come appunto le cause di ineleggibilità o decadenza da uffici). In sostanza, il debitore torna ad essere un cittadino e operatore economico a pieno titolo, senza l’ombra del fallimento.
Va però subito chiarito che l’esdebitazione produce effetti solo nei confronti del debitore che la ottiene. Non libera invece eventuali coobbligati o garanti dal debito. Questo è un principio importante: la legge (art. 278, comma 6, CCII) stabilisce espressamente che i creditori conservano intatti i loro diritti verso eventuali fideiussori, obbligati in via di regresso o altri coobbligati solidali del debitore. Dunque, se Tizio viene esdebitato, i suoi garanti o coobbligati (ad es. un fideiussore personale, un condebitore, un socio illimitatamente responsabile di debiti personali di Tizio, ecc.) rimangono responsabili per intero verso i creditori. Un esempio tipico: la banca che ha erogato un mutuo alla ditta individuale di Tizio con fideiussione del coniuge, potrà – dopo l’esdebitazione di Tizio – chiedere alla moglie fideiussore il pagamento dell’intero importo residuo (nei limiti della garanzia prestata). Allo stesso modo, se due soci hanno contratto insieme un debito solidale e solo uno di essi ottiene l’esdebitazione, l’altro resta obbligato per intero. Eccezione: fanno parziale eccezione i soci illimitatamente responsabili di società di persone, nel caso in cui sia stata esdebitata la società fallita. Come anticipato, in tale ipotesi l’art. 278 co.4 CCII estende gli effetti liberatori ai soci illimitatamente responsabili. Fuori da questo caso mirato, l’esdebitazione non si estende mai a soggetti diversi dal debitore principale.
Infine, è fondamentale ricordare che non tutti i debiti possono essere esdebitati. La legge esclude dal beneficio determinate categorie di crediti, considerati per loro natura inesdebitabili. In pratica, anche dopo l’esdebitazione il debitore resta comunque obbligato a pagare tali debiti particolari. Vediamo quali sono:
- Obblighi di mantenimento e alimentari: ad esempio gli assegni di mantenimento al coniuge separato o i contributi per il sostentamento dei figli. Questi crediti (che tutelano diritti fondamentali della famiglia) restano dovuti e non possono essere spazzati via dall’esdebitazione.
- Debiti per risarcimento di danni da fatto illecito extracontrattuale: se il debitore era tenuto a risarcire un danno causato da un illecito (ad es. danni fisici per un incidente stradale causato, o danni da reato), tale obbligazione non viene cancellata. Il danneggiato potrà dunque continuare a pretendere il risarcimento dal debitore anche dopo l’esdebitazione. (Nota: la norma parla in generale di danni da fatto illecito, quindi include sia quelli derivanti da reato sia quelli derivanti da illeciti civili).
- Sanzioni pecuniarie (amministrative o penali): ad esempio multe, ammende, sanzioni amministrative e ammende penali. Tali debiti di natura punitiva non sono esdebitabili. Il debitore quindi rimane obbligato a pagarli, anche dopo la liberazione dagli altri debiti “civili”.
A parte queste tre categorie (alimentari, risarcimenti da illecito, sanzioni), tutti gli altri debiti concorsuali possono essere esdebitati. Importante è sottolineare che i debiti tributari e contributivi (Erario, INPS, ecc.) non sono esclusi dal beneficio, nemmeno se si tratta di IVA. In passato su questo punto vi erano dubbi interpretativi, in particolare riguardo all’IVA (considerata risorsa UE): per anni si è ritenuto che l’IVA non potesse essere falcidiata o condonata, ma la giurisprudenza ha radicalmente cambiato approccio (come vedremo meglio più avanti). Oggi è pacifico che anche i debiti fiscali possono essere oggetto di esdebitazione, purché naturalmente il debitore sia meritevole e soddisfi le condizioni di legge. La Cassazione a Sezioni Unite ha affermato con chiarezza che tutte le obbligazioni inerenti all’esercizio dell’impresa, inclusi i debiti tributari e le relative sanzioni, rientrano nell’ambito dell’esdebitazione, non essendo i tributi inclusi tra le esclusioni previste dalla norma. Quindi, ad esempio, un fallito liberato dai debiti residui sarà libero anche dal debito IVA non pagato nella procedura. Analogamente, i contributi previdenziali non versati all’INPS rientrano nei debiti concorsuali cancellabili (sempre che il tribunale conceda il beneficio). In definitiva, le uniche eccezioni sono quelle espressamente previste: alimenti, risarcimenti e sanzioni.
Riassumiamo gli effetti principali dell’esdebitazione e le esclusioni in una tabella riepilogativa:
Effetti dell’esdebitazione | Debiti esclusi dall’esdebitazione |
---|---|
– Inesigibilità dei crediti concorsuali residui: i creditori non possono più agire per la parte di credito rimasta insoddisfatta. | – Obblighi di mantenimento e alimentari (es.: assegni a coniuge, figli) restano dovuti per intero. |
– Cessazione delle incapacità civili legate al fallimento: il debitore riacquista piena capacità di agire in ambito imprenditoriale, elettivo, ecc.. | – Debiti da risarcimento danni da fatto illecito (derivanti da reati o illeciti civili) non sono cancellati. |
– Liberazione dei soci illimitatamente responsabili (se a ottenere l’esdebitazione è la società di persone fallita). | – Sanzioni pecuniarie amministrative e penali (multe, ammende, sanzioni) rimangono a carico del debitore. |
– Conservazione dei diritti verso terzi: l’esdebitazione non libera i coobbligati e fideiussori del debitore, che restano obbligati verso i creditori. (Eccezione: soci illimitati della società fallita, v. sopra). | (Non esclusi i debiti fiscali e contributivi): tributi (IVA inclusa) e contributi rientrano nei debiti cancellabili. |
– Definitività (salvo frodi): il beneficio è definitivo; potrà essere revocato solo in casi eccezionali di dolo o frode scoperti successivamente (v. oltre). |
Condizioni Soggettive e Oggettive per Ottenere l’Esdebitazione
Il CCII, all’art. 280, elenca in modo organico tutte le condizioni richieste affinché il debitore possa accedere al beneficio dell’esdebitazione (in liquidazione giudiziale). Tali condizioni ricalcano in buona parte quelle già previste dall’art. 142 L.F. previgente, con alcuni aggiornamenti. Si tratta di requisiti di meritevolezza del debitore (condizioni soggettive legate alla sua condotta) e di alcuni limiti od ostacoli oggettivi (come la recidiva nell’ottenere l’esdebitazione). È cruciale che il debitore persona fisica soddisfi tutte queste condizioni; in caso contrario il tribunale negherà la liberazione dai debiti. Vediamo dunque i presupposti uno per uno, confrontandoli anche con la disciplina previgente:
1. Assenza di condanne penali rilevanti: il debitore non deve essere stato condannato con sentenza definitiva per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, ovvero per altri delitti commessi in connessione con l’attività d’impresa. Questa clausola esclude dal beneficio chi si sia macchiato di gravi reati fallimentari o economici (ad es. bancarotta fraudolenta, ricorso abusivo al credito come reato, frodi fiscali gravi, reati societari dolosi, ecc.). Si tratta di crimini che denotano una palese indegnità del debitore a godere della protezione. Eccezione: se per tali reati è intervenuta la riabilitazione penale, la condanna non è più ostativa. Inoltre, se è in corso un procedimento penale per uno di questi reati (quindi niente sentenza definitiva ancora) oppure se al debitore è stata applicata una misura di prevenzione personale (es. sorveglianza speciale antimafia ex D.Lgs. 159/2011), l’esdebitazione può essere valutata solo all’esito di tali procedimenti. In pratica, il tribunale sospenderà o rinvierà la decisione finché non si chiarirà la posizione penale. Differenze col passato: l’art. 142 L.F. già prevedeva l’ostacolo delle condanne per bancarotta fraudolenta e reati simili, quindi la sostanza non cambia. Una novità è la specifica sull’attesa dell’esito in caso di procedimento penale pendente, che nel vecchio testo non era esplicita ma si ricavava per prudenza.
2. Assenza di comportamenti distrattivi, fraudolenti o gravemente imprudenti verso i creditori: il debitore non deve aver distratto beni attivi, esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, né aver fatto ricorso abusivo al credito. Questa lunga condizione (art. 280, co.1, lett. b) CCII) ingloba una serie di condotte fraudolente o gravemente colpose che manifestano malafede: aver sottratto o nascosto beni del patrimonio, aver falsificato le scritture contabili o “inventato” debiti inesistenti, aver aggravato volontariamente il fallimento magari occultando documenti contabili (rendendo impossibile capire i movimenti finanziari) o essersi indebitato in modo sconsiderato (abuso del credito). Sono essenzialmente le ipotesi che l’art. 142 L.F. prevedeva ai nn. 5 e 2 del primo comma. Rientrano qui anche i comportamenti di chi ha contratto debiti senza alcuna ragionevole prospettiva di adempiere. In generale, questa clausola mira a escludere dall’esdebitazione il debitore che abbia frodato i creditori o aggravato colpa gravissima la propria insolvenza. Ad esempio, se Tizio ha dissipato l’attivo aziendale trasferendo fondi all’estero o ha tenuto una contabilità talmente irregolare da impedire di ricostruire il dissesto, il tribunale negherà il beneficio (considerandolo non meritevole). È opportuno segnalare che per la valutazione di queste condotte i giudici adottano un approccio concreto: guardano all’insieme del comportamento del debitore prima e durante la procedura. Giurisprudenza di merito recente: ad esempio, il Tribunale di Messina (ord. 20.12.2021) ha sottolineato che nel giudizio di meritevolezza va considerata anche la condotta di chi ha concesso credito: se banche e finanziatori hanno valutato positivamente l’affidabilità del debitore a suo tempo, ciò può indicare che il debitore non ha agito con colpa grave nell’indebitarsi. Questa riflessione – sviluppata in materia di sovraindebitamento dei consumatori – mostra come la “colpa” del debitore nell’aggravare il dissesto vada soppesata anche in relazione alla corresponsabilità di chi finanziava. In ogni caso, il fulcro resta la buona fede: l’esdebitazione spetta solo al debitore onesto che non ha commesso frodi o gravissime negligenze a danno dei creditori.
3. Condotta collaborativa durante la procedura: il debitore deve aver collaborato con gli organi della procedura, senza ostacolare o rallentare le operazioni, fornendo tutte le informazioni e i documenti richiesti per il buon andamento della liquidazione. Questo requisito (art. 280, co.1, lett. c) CCII) riprende i concetti dei nn. 1, 2 e 3 del previgente art. 142 L.F.. In particolare implica che il debitore: abbia consegnato al curatore tutta la documentazione contabile e patrimoniale; abbia rispettato obblighi come quello di consegnare al curatore la corrispondenza relativa ai rapporti attivi (ex art. 48 L.F.); non abbia tentato di ostacolare le vendite o le altre attività della procedura, ma anzi abbia agevolato il compito degli organi concorsuali. In breve, è richiesto un atteggiamento di piena trasparenza e cooperazione. Ad esempio, se il fallito si è reso irreperibile, non ha mai partecipato agli interrogatori in tribunale, oppure ha taciuto l’esistenza di determinati beni, ciò costituirebbe violazione di questo requisito e porterebbe al diniego dell’esdebitazione. La ratio è chiara: solo chi collabora lealmente al corretto svolgimento della procedura può aspirare al beneficio. La giurisprudenza è rigorosa su questo punto, ma al tempo stesso comprensiva verso eventuali inadempimenti marginali: piccoli ritardi o mancanze dovute a ignoranza non dolosa potrebbero non pregiudicare il beneficio, se nel complesso il debitore si è dimostrato disponibile. In pratica, viene valutato il comportamento nel suo complesso.
4. Assenza di esdebitazioni precedenti recenti: il debitore non deve aver già beneficiato di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. Inoltre, non deve averne beneficiato più di due volte in totale nella vita. Queste condizioni (art. 280, co.1, lett. d ed e) CCII) disciplinano il caso del debitore “recidivo”. Già la legge fallimentare poneva un limite: art. 142 L.F. prevedeva che il beneficio non fosse concesso a chi ne aveva già usufruito nei 10 anni precedenti (e implicava comunque una sola volta per la vita). Il CCII ha ridotto a 5 anni l’intervallo per poter richiedere una nuova esdebitazione e ha esplicitato che il beneficio non può essere concesso più di due volte complessivamente. Quindi, un debitore potrà al massimo ottenere due esdebitazioni nella sua vita, con almeno 5 anni di distanza tra l’una e l’altra. La ratio è evitare abusi: l’esdebitazione è un rimedio straordinario, non può diventare uno “stile di vita” (cioè accumulare debiti, liberarsene, poi di nuovo indebitarsi e liberarsene a ripetizione). Attenzione: i 5 anni si calcolano a ritroso dalla scadenza del termine per l’esdebitazione nella nuova procedura. In pratica, se Caio è fallito una seconda volta, potrà chiedere l’esdebitazione bis solo se sono passati almeno 5 anni dal decreto che gli ha concesso la prima (o comunque dalla data in cui ha potuto ottenerla nella procedura precedente). E comunque, anche se ne fossero passati 20, non potrà chiederla una terza volta, perché la legge pone un tetto di due.
Oltre a questi requisiti espressi nell’art. 280 CCII, vi sono alcune condizioni “tacite” che derivano dalla natura stessa dell’istituto:
- Soggettività del debitore: l’esdebitazione (tranne il caso delle società, di cui diremo) è pensata per il debitore persona fisica. Ciò perché una società, una volta liquidata, normalmente si estingue e non ha una “nuova vita” da intraprendere (anche se, come visto, ora può formalmente ottenere il beneficio per liberare i soci illimitati). Quindi, presupposto implicito è che il soggetto sia un individuo sovraindebitato e insolvente, passato attraverso una procedura concorsuale liquidatoria. Ad esempio, un imprenditore individuale fallito, o un consumatore in liquidazione controllata.
- Conclusione (o fase avanzata) della procedura concorsuale: di regola, l’esdebitazione si colloca alla fine della procedura di liquidazione, ossia dopo che sono stati liquidati i beni e ripartito l’attivo (o constatata la sua mancanza). La legge fallimentare richiedeva espressamente la chiusura del fallimento prima di poter chiedere l’esdebitazione. Il CCII ha attenuato questo aspetto, prevedendo la possibilità di ottenerla anche in corso di procedura dopo un certo tempo (3 anni). Resta però vero che occorre quantomeno aver raggiunto una fase tale da definire l’attivo e le passività del debitore. Infatti, se la liquidazione giudiziale è ancora aperta ma sono trascorsi 3 anni, si suppone che il grosso delle operazioni sia stato compiuto (o comunque che l’attivo recuperabile sia quello, e oltre non si vada). In ogni caso, l’istanza di esdebitazione va presentata al termine (o in vista del termine) della procedura concorsuale, non all’inizio.
- Qualifica di debitore sovraindebitato (per l’incapiente): come vedremo nella sezione dedicata, l’esdebitazione dell’incapiente è ammessa solo se il soggetto è persona fisica meritevole e sovraindebitata ai sensi della legge (cioè con una situazione di insolvenza conclamata o crisi irreversibile). Se il debitore è in realtà in grado di pagare i propri debiti, non avrebbe senso ammetterlo al beneficio (che è pensato – ricordiamolo – per chi è incapiente). Pertanto, l’istituto non si applica al debitore che, ad esempio, abbia sì debiti scaduti ma possieda ancora patrimoni liquidi atti a soddisfarli.
In tabella 2 riepiloghiamo i principali requisiti di legge per l’esdebitazione (condizioni di meritevolezza e limiti oggettivi), mettendoli a confronto con la previgente disciplina per evidenziare le differenze:
Requisito (meritevolezza/limite) | Codice della Crisi (art. 280 CCII) | Vecchia legge fall. (art. 142 L.F.) |
---|---|---|
Nessuna condanna per gravi reati (bancarotta fraudolenta, delitti contro economia pubblica, ecc.) | Richiesto – Condanna definitiva ostativa (salvo riabilitazione); se procedimento pendente, si attende esito. | Richiesto – Condanna ostativa (stessa elencazione di reati). (Attesa esito procedimento penale non espressa ma implicita). |
Nessuna frode o colpa grave verso i creditori (es. distrazione beni, conti falsi, ricorso abusivo al credito) | Richiesto – Il debitore non deve aver distratto attivo, esposto passività fittizie, aggravato il dissesto dolosamente, né abusato del credito. | Richiesto – Stesse condotte previste (art. 142 co.1 nn. 5 e 2 L.F.). |
Condotta collaborativa in procedura (cooperazione, nessun intralcio, consegna documenti) | Richiesto – Nessun ostacolo o rallentamento della procedura; fornite tutte le info e documenti utili. | Richiesto – Stessi obblighi (art. 142 co.1 nn. 1, 2, 3 L.F.: cooperazione, niente ritardi, rispetto art. 48 su corrispondenza). |
Non aver già ottenuto esdebitazione di recente | Non più di 1 volta nei 5 anni precedenti; max 2 volte in totale. | Non più di 1 volta nei 10 anni precedenti; in pratica max 1 volta totale (seconda volta non prevista). |
Pagamenti ai creditori concorsuali (soddisfacimento parziale) | Non richiesto. Nessuna soglia minima di pagamento prevista: possibile esdebitazione anche con attivo insufficiente o nullo. | Richiesto. Doveva risultare un pagamento almeno parziale ai creditori (non meramente simbolico). Esdebitazione negata se i creditori non erano stati soddisfatti “neppure in parte” (art. 142 co.2 L.F.). (Giurisprudenza L.F.: interpretava “in parte” in modo elastico, considerando sufficiente anche una percentuale molto bassa ma non zero). |
Chiusura della procedura (o tempo minimo trascorso) | Possibile dopo 3 anni dall’apertura (anche se procedura non chiusa); in ogni caso il tribunale decide entro la chiusura definitiva. | Necessaria la chiusura del fallimento prima di poter chiedere l’esdebitazione (art. 142 co.1 L.F. “dopo la chiusura”). Nessuna esdebitazione ante chiusura prevista. |
Nota: Dalla tabella emerge chiaramente l’evoluzione normativa: oggi è privilegiata la valutazione della condotta del debitore (meritevolezza) rispetto a criteri formali come l’aver pagato almeno qualcosa ai creditori. La Cassazione ha evidenziato questo cambio di prospettiva, affermando che l’attenzione si sposta dal “dato quantitativo” del soddisfacimento a una valutazione complessiva delle circostanze e della condotta del debitore. Anche in vigenza della vecchia legge, peraltro, la giurisprudenza aveva iniziato ad interpretare in modo non rigido il requisito del pagamento parziale, ritenendo che «la soddisfazione irrisoria non preclude automaticamente il beneficio, salvo che non vi sia stato alcun soddisfacimento». Con il CCII, il legislatore ha risolto ogni incertezza eliminando del tutto tale requisito.
Procedimento per Ottenere l’Esdebitazione
Vediamo ora come il debitore può attivare concretamente l’esdebitazione e come si svolge l’iter procedurale, dal deposito della domanda fino al provvedimento del tribunale. Il procedimento è disciplinato principalmente dall’art. 281 CCII (per la liquidazione giudiziale) e, per la liquidazione controllata sovraindebiti, dall’art. 282 CCII, tenendo conto delle modifiche apportate dai decreti correttivi.
1. Istanza del debitore e chiusura della procedura: di regola, è il debitore stesso che deve attivarsi presentando un’istanza di esdebitazione al tribunale competente. Nella liquidazione giudiziale, l’istanza va proposta contestualmente alla pronuncia del decreto di chiusura della procedura, oppure (nei casi di esdebitazione anticipata) decorso il termine di legge. In pratica, quando la procedura si avvia alla chiusura – ad esempio, esaurite le operazioni di liquidazione e depositati i rendiconti finali – il debitore deposita un ricorso in cancelleria chiedendo di essere ammesso al beneficio. Non è necessario attendere che la chiusura sia già dichiarata: si può presentare congiuntamente all’udienza di chiusura, così che il tribunale emetta due decreti contestuali (uno che chiude la liquidazione e uno che decide sull’esdebitazione). Nel caso di esdebitazione anticipata (dopo 3 anni), la prassi in vigenza del CCII originario prevedeva la presentazione di un’apposita istanza trascorso il triennio, anche se la procedura non era chiusa. Il decreto correttivo del 2024 ha però eliminato la necessità di un’istanza separata in tal caso: ciò significa che il tribunale potrà procedere d’ufficio dopo 3 anni. Tuttavia, in mancanza di iniziativa del giudice o del curatore, è presumibile che comunque il debitore possa sollecitare con un’istanza. Per la liquidazione controllata da sovraindebitamento, l’art. 282 CCII stabilisce esplicitamente che decorsi 3 anni dall’apertura, il debitore persona fisica meritevole ha diritto all’esdebitazione di diritto (automatica). Anche qui, formalmente, sarà il giudice a dichiararla con decreto, ma il meccanismo è automatico e non subordinato a un ricorso del debitore.
2. Comunicazione ai creditori e intervento del curatore: una volta depositata l’istanza (o individuato il momento in cui scatta l’esdebitazione di diritto), occorre coinvolgere i creditori e gli organi della procedura. L’art. 281, comma 1 CCII, prevede che l’istanza del debitore sia comunicata dal curatore a tutti i creditori ammessi al passivo, i quali possono presentare osservazioni. Questo passaggio è analogo a quanto avveniva con l’art. 143 L.F., dove i creditori venivano avvisati e potevano eventualmente fare opposizione. In sostanza, il curatore – insieme all’ultimo rapporto riepilogativo – trasmette ai creditori la richiesta di esdebitazione, informandoli della data dell’udienza o del termine entro cui presentare note. I creditori non hanno un vero “veto” (non si vota né si richiede il loro consenso), ma possono segnalare al tribunale eventuali circostanze che a loro avviso rendono indegno il debitore (ad es. se un creditore è a conoscenza che il debitore ha occultato qualcosa, o contesta la buona fede, può scrivere le sue osservazioni). Il tribunale terrà conto di queste osservazioni nella valutazione finale. Il curatore, dal canto suo, ha un ruolo attivo: l’art. 281, comma 3 CCII, dispone che il curatore indichi nei suoi rapporti finali tutti i fatti rilevanti per la concessione o il diniego del beneficio. Quindi il curatore, nel riferire sulla gestione, dovrà esplicitamente segnalare se il debitore ha collaborato o meno, se risultano atti in frode, se ci sono state condanne, etc. In pratica, il curatore fornisce al giudice una sorta di “pagella” sul comportamento del debitore. Questo è importante perché spesso è il curatore ad avere il polso della situazione: ad esempio, può attestare che il fallito ha consegnato tutti i documenti richiesti ed è stato diligente, oppure al contrario evidenziare omissioni. Tali rilievi orienteranno il tribunale nella decisione.
3. Decisione del Tribunale: dopo aver ricevuto l’istanza e le eventuali osservazioni dei creditori, il Tribunale (normalmente in composizione collegiale, sezione fallimentare) decide con decreto motivato. Non è previsto un formale “giudizio contenzioso” – si tratta di un procedimento in camera di consiglio, tendenzialmente semplificato e veloce. Il tribunale verifica la sussistenza di tutte le condizioni di cui all’art. 280 CCII (nessuna condanna, condotta regolare, ecc.) e valuta se il debitore sia meritevole. Se i presupposti sono soddisfatti, accolgie la richiesta e dichiara l’esdebitazione. In caso contrario, la rigetta. Il decreto è notificato al debitore e comunicato ai creditori. Effetti del decreto: se concessivo, comporta – come già illustrato – l’inesigibilità dei debiti residui (con le eccezioni di legge). Dal punto di vista formale, il decreto solitamente contiene un dispositivo del tipo: “dichiara inesigibili nei confronti del Sig. XY tutti i debiti concorsuali non soddisfatti nell’ambito della procedura di liquidazione giudiziale R.F. n.___, fatta salva l’eventuale sopravvenienza di utilità di cui all’art. 282 co.3 (se applicabile) e con esclusione dei debiti indicati dall’art. 278 co.7 CCII”. In altre parole, specifica che i debiti residui (concorsuali) sono cancellati, ricordando che restano esclusi alimenti, risarcimenti e sanzioni. Se il decreto è negativo, il debitore resta obbligato verso tutti i creditori insoddisfatti, che potranno riprendere le azioni esecutive ordinarie.
4. Impugnazioni: la legge prevede che il decreto del tribunale in materia di esdebitazione sia reclamabile (cioè impugnabile) in Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 282 ult. co. CCII richiamato dall’art. 281. In pratica, sia il debitore (in caso di rigetto) sia gli eventuali creditori dissenzienti (in caso di accoglimento) possono proporre reclamo alla Corte d’Appello competente entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione, ex art. 124 CCII (norma generale sui reclami dei decreti tribunale in materia concorsuale). La Corte d’Appello deciderà anch’essa con decreto, contro il quale è ammesso ricorso per Cassazione solo per motivi di diritto. La prassi insegna però che raramente i decreti di esdebitazione vengono impugnati: i creditori spesso non fanno reclamo perché, se la procedura concorsuale si è chiusa con scarso attivo, sanno che comunque difficilmente avrebbero ottenuto granché perseguendo il debitore; d’altro canto il debitore, se è stato ritenuto non meritevole dal tribunale di primo grado, potrebbe avere difficoltà a ribaltare il giudizio in appello (a meno di errori manifesti nella valutazione dei presupposti). Un caso particolare di possibile impugnazione è quello in cui emergano frodi del debitore dopo la chiusura: il CCII non disciplina espressamente una revoca postuma dell’esdebitazione già concessa, ma la dottrina ritiene che se entro un termine ragionevole si scopre, ad esempio, che il debitore aveva occultato un immobile, i creditori possano chiedere la revoca usando gli strumenti processuali generali (ad es. un’opposizione tardiva o una revocazione per dolo processuale). In ogni caso sono ipotesi eccezionali. Per lo più, una volta decorso il termine di reclamo senza impugnazioni, il decreto di esdebitazione diventa definitivo e intangibile.
5. Costi e formalità: l’istanza di esdebitazione va redatta in carta semplice e depositata in tribunale (sezione fallimentare) con l’assistenza di un legale. È soggetta al contributo unificato previsto per i procedimenti camerali (generalmente €98) e alla marca da €27 per diritti forfettari. Va inoltre allegata la nota di iscrizione a ruolo. Non è richiesto il pagamento di ulteriori bolli, in quanto l’istanza è esente da bollo (come atti della procedura fallimentare). Il difensore può essere eventualmente ammesso al gratuito patrocinio, se il debitore ha i requisiti di reddito. In allegato all’istanza è opportuno produrre: la sentenza dichiarativa di fallimento (se non già nel fascicolo), il decreto di chiusura (o indicare gli estremi se è congiunta all’istanza), e soprattutto tutta la documentazione utile a dimostrare i presupposti (ad es. certificati penali per attestare l’assenza di condanne, relazione finale del curatore, stato passivo depositato, relazione del comitato dei creditori se presente, ecc.).
6. Tempistiche: il procedimento di esdebitazione è generalmente abbastanza rapido. Dopo la chiusura della procedura (o decorso il triennio), il tribunale fisserà l’udienza di trattazione in camera di consiglio, dando termine per comunicazioni e osservazioni dei creditori (di solito 30 giorni prima). All’udienza, esaminati gli atti, il tribunale può decidere seduta stante oppure riservarsi qualche giorno/settimana per il deposito del decreto. Nella maggior parte dei casi, l’intera procedura di esdebitazione si conclude nel giro di pochi mesi dalla chiusura del fallimento. Quindi il debitore, dopo magari anni di attesa per la liquidazione, non dovrà attendere ancora a lungo per sapere se sarà liberato dai debiti. Nelle procedure più semplici (ad esempio fallimenti chiusi per insufficienza dell’attivo) alcuni tribunali emettono direttamente il decreto di chiusura comprensivo della pronuncia di esdebitazione, qualora risultino manifestamente soddisfatti i requisiti e non vi siano creditori oppositori.
7. Esdebitazione di diritto nella liquidazione controllata: un cenno merita la procedura semplificata prevista per le liquidazioni da sovraindebitamento (debitori civili o piccoli imprenditori). Qui il CCII stabilisce che trascorsi 3 anni dall’apertura della procedura, l’esdebitazione opera di diritto (art. 282 CCII). In pratica, il giudice delegato – verificati i requisiti – dichiara l’inesigibilità dei debiti senza bisogno di istanza del debitore. Se la liquidazione controllata si chiude prima dei 3 anni, la pronuncia avviene comunque alla chiusura. Questa automatismo mira a dare certezza e rapidità al fresh start per i consumatori e piccoli debitori meritevoli. Tuttavia, l’applicazione pratica ha posto alcuni problemi (ad es. coordinare l’esdebitazione automatica con la presenza di eventuali debiti fiscali sorti durante l’attività professionale del debitore, questione su cui alcuni tribunali si sono pronunciati – v. oltre il caso Trib. Torino 2025). In ogni caso, anche nell’automatismo, il giudice verifica sempre la meritevolezza: se emergono cause ostative (es. frodi), l’esdebitazione non opera.
8. Sintesi schematica del procedimento (liquidazione giudiziale):
- Fase 1: chiusura della procedura (o trascorsi 3 anni) – il curatore indica fatti rilevanti e il debitore (o il giudice d’ufficio) attiva l’istanza di esdebitazione.
- Fase 2: il curatore comunica l’istanza ai creditori ammessi, che possono inviare osservazioni entro un termine.
- Fase 3: il tribunale valuta requisiti e meritevolezza (esaminando atti, relazione del curatore, eventuali opposizioni).
- Fase 4: decisione in camera di consiglio con decreto motivato:
- Accoglimento: dichiarazione di inesigibilità dei debiti residui (con indicazione delle esclusioni di legge e di eventuali condizioni risolutive, v. caso incapiente).
- Rigetto: diniego del beneficio (i crediti restano tutti dovuti).
- Fase 5: comunicazione del decreto a debitore e creditori. Possibili reclami in appello (entro 30 gg). In assenza, decreto definitivo.
- Fase 6: se esdebitazione concessa, il debitore viene liberato dai debiti concorsuali e cessa lo status di fallito; i creditori, informati, aggiornano le loro posizioni (ad es. le società finanziarie cancellano i residui dai loro libri, l’Agenzia Entrate Riscossione chiude le cartelle per la parte eccedente pagata, etc.).
Nel prossimo paragrafo approfondiremo alcune variazioni e aspetti particolari del procedimento, come il caso del debitore incapiente e l’applicazione estesa alle società.
Esdebitazione delle Società e Responsabilità dei Soci
Come già evidenziato, una delle novità del Codice della crisi è l’estensione dell’istituto dell’esdebitazione anche ai debitori collettivi (società ed enti). Occorre però chiarire bene la portata e i limiti di questa innovazione, per evitare equivoci. Infatti, quando si parla di “esdebitazione di una società”, bisogna tenere presente che:
- Se la società è di capitali (es. S.r.l. o S.p.A.): tali enti hanno personalità giuridica distinta e i soci rispondono dei debiti sociali solo nei limiti delle quote conferite. In caso di liquidazione giudiziale, la società viene di norma cancellata dal registro imprese al termine della procedura, una volta esaurito l’attivo. Ottenere un’esdebitazione formale dei debiti residui ha soprattutto valore dichiarativo, poiché la società, estinguendosi, non esisterebbe più come soggetto da perseguire. Tuttavia, può avere rilievo in casi particolari: ad esempio, se dopo la chiusura dovessero emergere nuovi beni ex art. 2495 c.c., i creditori residui non potrebbero comunque aggredirli perché i debiti sono stati dichiarati inesigibili. In pratica, l’esdebitazione funge da chiusura definitiva di ogni pretesa creditoria anche teorica verso la società estinta.
- Se la società è di persone (S.n.c., S.a.s. o S.a.p.a. per la parte accomandataria): qui i soci hanno responsabilità illimitata e solidale per i debiti sociali. In passato, la chiusura del fallimento della società non proteggeva affatto i soci: i creditori sociali potevano aggredire il patrimonio personale dei soci illimitati per la parte di debito non soddisfatta in procedura. Spesso i soci venivano infatti dichiarati falliti in estensione, proprio per gestire unitariamente le loro responsabilità. Con il CCII, invece, se la società ottiene l’esdebitazione, i soci illimitatamente responsabili sono sollevati dal residuo debito sociale. È questa l’applicazione più pratica e significativa dell’estensione alle società. Esempio: Alfa S.n.c. fallisce con debiti per 500. Il fallimento ripaga 100 (20%) e restano 400 scoperti. Se il tribunale concede l’esdebitazione ad Alfa S.n.c., dichiara inesigibili quei 400 verso la società e anche verso i suoi soci (in quanto tali debiti erano “concorsuali” della società e i soci vi erano obbligati per legge). Dunque i creditori sociali non potranno chiedere ai soci quel 80% residuo – i soci sono liberi da quelle obbligazioni (salva l’ipotesi che siano personalmente garanti ultra vires, v. dopo). Questa previsione colma una lacuna del passato e risponde a un principio di equità: se l’impresa collettiva meritevole viene ammessa a fresh start, sarebbe inutile perseguitare i soci per debiti che già la procedura non ha potuto soddisfare. In tal modo, i soci illimitati vengono trattati alla stregua di imprenditori individuali falliti e possono anch’essi ripartire.
- Caso di società con soci illimitati non falliti in estensione: può capitare che la società fallisca e i soci illimitati, per qualche ragione, non siano stati dichiarati falliti personalmente (ad esempio, perché il fallimento è stato dichiarato dopo il CCII e per scelta la procedura ha riguardato solo la società, oppure il socio era una persona fisica non imprenditore e il tribunale ha preferito non estenderlo). In tali casi, il socio illimitato – pur non formalmente fallito – beneficia dell’esdebitazione societaria ex lege. Vale a dire, se domani la società viene liberata dai debiti residui, i creditori sociali non potranno comunque agire contro il socio per quelle obbligazioni (perché l’art. 278 co.4 CCII lo impedisce). Questo è importante da capire: un socio illimitato potrebbe non aver bisogno di un fallimento personale né di un’esdebitazione propria per vedersi sollevato dai debiti sociali, a patto che la società ottenga il beneficio.
- Debiti personali del socio o garanzie personali: l’esdebitazione della società non copre invece i debiti personali del socio non legati al rapporto sociale. Inoltre, se il socio (anche di capitale) ha prestato una fideiussione personale per un debito sociale, quella è un’obbligazione distinta: la liberazione della società non libera il fideiussore. Ad esempio, Caio socio di una S.r.l. garantisce con fideiussione un mutuo bancario della società. Se la S.r.l. fallisce e ottiene l’esdebitazione, la banca non potrà più agire contro la società per l’eventuale deficit, ma potrà agire contro Caio come fideiussore per l’importo garantito. Caio, in tal caso, se non è in grado di pagare, dovrà a sua volta accedere a una procedura (sovraindebitamento o fallimento personale) e chiedere l’esdebitazione per liberarsi dal debito di regresso. Questo per sottolineare che l’estensione prevista dall’art. 278 co.4 CCII riguarda solo i soci illimitatamente responsabili in quanto obbligati ex lege per i debiti sociali. Non riguarda altri tipi di garanti o debiti estranei alla società.
In sintesi, la “rivoluzione” dell’esdebitazione delle società è soprattutto una rivoluzione per i soci di società di persone. Per le società di capitali ha un impatto più teorico (in quanto soggetti destinati comunque alla cancellazione, ma può servire a chiudere definitivamente la partita debitoria). Dal punto di vista procedurale, come ottiene l’esdebitazione una società? Esattamente come una persona fisica: sarà il legale rappresentante della società (o il liquidatore nominato, se la società è in liquidazione volontaria contestuale) a presentare l’istanza al tribunale dopo la chiusura del fallimento. Dovrà dimostrare che la società e i suoi amministratori hanno rispettato i doveri di legge (collaborazione, niente frodi, ecc.). In pratica, gli stessi criteri di meritevolezza valgono, trasposti all’ente: ad esempio, la società tenuta alle scritture contabili deve averle tenute regolarmente; i rappresentanti non devono aver commesso reati fallimentari (se lo hanno fatto, la condanna di questi ultimi presumibilmente ostacola l’esdebitazione dell’ente, data l’identificazione tra condotta dell’organo e meritevolezza dell’ente stesso). Giurisprudenza: finora l’applicazione è limitata perché il CCII è recente, ma si segnalano casi di società di persone (es. S.a.s.) a cui i tribunali hanno concesso l’esdebitazione, liberando così i soci accomandatari che non erano falliti personalmente.
Va sottolineato che, se invece anche i soci illimitati sono dichiarati falliti personalmente, ciascuno di essi dovrà presentare la propria istanza di esdebitazione (oltre a quella della società). È prassi frequente infatti che in caso di fallimento di S.n.c. vengano co-dichiarati i soci: in tali casi c’è un cumulo di procedure (una per la società, una per ciascun socio). Per ottenere il fresh start completo, sarà necessaria l’esdebitazione di tutte le masse (della società e dei singoli). Il CCII non chiarisce se l’esdebitazione concessa alla società giovi automaticamente anche ai soci falliti: data l’autonomia delle procedure, è prudente ritenere di no (i soci falliti devono comunque chiederla nel loro fallimento personale). L’art. 278 co.4 CCII sembra rivolto al caso in cui il socio non sia in procedura sua, appunto.
Conclusione su società e soci: l’estensione dell’esdebitazione alle società è un avanzamento in ottica di second chance anche per chi fa impresa in forma collettiva. Si evita che il fallimento di una società di persone condanni a vita i suoi ex soci a essere bersagli dei creditori. Naturalmente, restano escluse le ipotesi in cui i soci abbiano commesso irregolarità gravi: in quei casi, probabilmente la società stessa non otterrà il beneficio per difetto di meritevolezza.
L’Esdebitazione del Debitore Incapiente
Uno degli aspetti più innovativi del Codice della crisi è la nuova procedura di esdebitazione del debitore incapiente, disciplinata dall’art. 283 CCII. Questa figura, spesso chiamata anche “esdebitazione a zero attivo” o “esdebitazione senza liquidazione”, è rivolta alla persona fisica sovraindebitata, meritevole, ma priva di beni o redditi aggredibili da offrire ai creditori. In passato, soggetti del genere erano tragicamente intrappolati nei debiti: non potevano proporre un piano di rientro (non avendo risorse), né un concordato, e la procedura di liquidazione del patrimonio sarebbe risultata inutile (attivo zero, creditori totalmente insoddisfatti, ma formalmente niente esdebitazione possibile perché nulla pagato). Ora la legge offre loro un’uscita.
Presupposti per l’accesso (art. 283 co.1):
- Il debitore deve essere persona fisica e trovarsi in condizione di sovraindebitamento (crisi o insolvenza conclamata).
- Deve non essere in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, né diretta né indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Ciò significa che non ha beni liquidabili né redditi su cui si possano fare prelievi significativi. Neppure prospetticamente (nei prossimi anni) si prevedono miglioramenti sostanziali. In termini semplici, è un debitore totalmente incapiente. La norma specifica un criterio quantitativo: viene considerato incapiente chi non può soddisfare i creditori nemmeno in minima parte. Un parametro citato è l’impossibilità di arrivare a soddisfare i creditori in misura almeno del 10% del loro credito. Di fatto, se il debitore potrebbe pagare (magari dilazionato) anche solo il 5% del totale debiti, dovrebbe intraprendere una procedura di liquidazione controllata e offrire quel 5%. Solo se nemmeno il 5% (o 10%) sarebbe realizzabile, allora si profila la situazione di incapienza pura. Le prime applicazioni giurisprudenziali mostrano un approccio caso per caso: ad esempio, il Tribunale di Ferrara (decr. 10.3.2025) ha ritenuto che il criterio del 10% vada interpretato in modo sistematico, valutando la situazione concreta per evitare di qualificare “incapiente” chi invece abbia potenziali eccedenze di reddito destinabili ai creditori. In altre parole, il giudice deve guardare se, tolto il minimo per il mantenimento dignitoso del debitore e famiglia, resti un surplus apprezzabile; se sì, quel surplus andrebbe destinato ai creditori in una liquidazione controllata ordinaria (quindi niente esdebitazione immediata). Se invece davvero non c’è nulla da destinare, allora la strada dell’art. 283 è percorribile.
- Il debitore deve essere meritevole secondo i parametri di legge (sostanzialmente gli stessi visti per l’esdebitazione ordinaria). In particolare non deve aver determinato il proprio sovraindebitamento con dolo o colpa grave, né aver tenuto comportamenti fraudolenti o in malafede. Il tribunale valuta la storia personale e finanziaria del richiedente. Ad esempio, se i debiti derivano da spese futili o azzardo a fronte di redditi esigui, potrebbe dubitare della meritevolezza; se invece sono frutto di eventi sfortunati (malattie, licenziamenti, crisi economica) il debitore sarà considerato meritevole. Trib. Torino 23.4.2025 (incapiente): ha enfatizzato proprio questo aspetto, concedendo l’esdebitazione a una debitrice con oltre €200.000 di debiti (di cui 115.000 di tasse e contributi) perché, pur essendo ingenti i debiti fiscali, è emerso che la donna aveva affrontato eventi di vita molto difficili (separazione, nascita di tre gemelli, chiusura forzata dell’attività libero-professionale) e non aveva assunto obbligazioni con intento fraudolento né con colpa grave. Ciò evidenzia che anche debiti verso Erario e INPS non precludono l’accesso, se il contesto mostra buona fede e assenza di dolo.
- Il debitore non deve aver già beneficiato dell’esdebitazione incapiente in passato. La legge parla di beneficio concesso una sola volta. Dato che comunque c’è il limite generale di due esdebitazioni totali, questa previsione rafforza l’idea che l’incapiente abbia un “jolly” unico.
Procedura di ammissione: il debitore incapiente presenta un ricorso al tribunale (sezione competente per sovraindebitamento, in genere la stessa delle procedure concorsuali) chiedendo di essere ammesso al beneficio ex art. 283 CCII. Deve allegare una documentazione completa sulla propria situazione: elenco dei creditori e dei debiti, attestazione di non possedere beni né redditi pignorabili, documenti sul proprio reddito e patrimonio degli ultimi anni, nonché elementi che provino la meritevolezza (ad es. certificati penali, relazione dell’Organismo di Composizione della Crisi se ha valutato il caso, ecc.). Spesso ci si avvale di un OCC – Organismo di Composizione della Crisi: alcune prassi tribunali richiedono che il debitore si faccia assistere dall’OCC, che redige una relazione sulla sussistenza dei presupposti (simile alla relazione finale che farebbe un curatore in caso di liquidazione controllata). Ad esempio, il Tribunale di Pisa ha un modello in cui l’OCC deve attestare che il debitore non ha attivo e soddisfa i requisiti. Non è obbligatorio per legge l’intervento dell’OCC, ma in pratica facilita le verifiche.
Il ricorso è comunicato ai creditori? La legge non lo dice espressamente, ma molti tribunali dispongono comunque un minimo di contraddittorio, specie se qualche creditore si è già attivato (es. pignoramenti in corso). Spesso la richiesta di esdebitazione incapiente viene fatta contestualmente ad un’istanza di apertura di liquidazione controllata: il debitore cioè chiede al giudice “se non ritiene di accogliermi come incapiente, aprite pure la liquidazione”. Alcuni tribunali infatti inizialmente erano incerti se fosse ammissibile presentare solo la domanda di esdebitazione senza liquidazione. Ormai è accettato che sì, si può chiedere direttamente l’esdebitazione ex art. 283 senza passare da una liquidazione inutile. Tuttavia, il giudice verifica attentamente che davvero la liquidazione sarebbe inutile.
Il decreto di esdebitazione dell’incapiente: se il tribunale accoglie la domanda, emette un decreto che dichiara inesigibili tutti i debiti del ricorrente a quella data (debiti concorsuali). Nel decreto però sono inserite delle clausole particolari previste dalla legge (art. 283 co.2 e 3):
- Obbligo di pagamento in caso di sopravvenienze entro 4 anni: il beneficiato sarà tenuto a comunicare e mettere a disposizione dei creditori ogni utilità rilevante sopravvenuta nei 4 anni successivi. In particolare, la norma indica che se, entro quattro anni, il debitore consegue risorse tali da consentire il soddisfacimento dei creditori almeno al 10% del loro credito, allora egli dovrà destinarle ai creditori (ripartendole proporzionalmente). Il tribunale spesso quantifica già cosa si intende per “utilità rilevanti”. Ad esempio, nel decreto del Tribunale di Foggia 2023 (incapiente) si legge: “salvo che nei quattro anni successivi sopravvengano utilità tali da consentire il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore complessivamente al 10%”. Ciò significa che se, ad esempio, il debitore con €100.000 di debiti totali eredita 20.000 euro entro 4 anni, quella somma (che rappresenta un 20%) dovrà essere impiegata per pagare i creditori fino alla concorrenza del 10% ciascuno – in pratica il tribunale potrà revocare parzialmente l’esdebitazione imponendo il pagamento di quell’importo ai creditori. Se invece l’eredità fosse di 5.000 euro (5%), inferiore al 10%, potrebbe ritenersi non sufficiente a far scattare l’obbligo (qui le prassi possono variare: alcuni giudici ritengono che ogni utilità debba comunque essere resa ai creditori, altri seguono rigorosamente il criterio del 10%). In ogni caso, la legge parla di revoca del beneficio se l’obbligo di pagamento non è adempiuto, quindi è fondamentale per il debitore rispettarlo. Molti decreti statuicono espressamente: “il debitore dovrà relazionare annualmente al referente OCC circa la propria situazione economica, dichiarando l’eventuale sopravvenienza di utilità; in difetto, il beneficio potrà essere revocato”. Questa condizione risolutiva è peculiare dell’esdebitazione incapiente (nell’esdebitazione “normale” non c’è un periodo di prova post, se non il discorso di revoca per frodi scoperte).
- Esclusioni di legge: valgono anche qui le esclusioni di cui sopra (alimenti, danni da illecito, sanzioni). Quindi il decreto incapiente esclude espressamente tali debiti. Inoltre, preciserà che l’esdebitazione non opera nei confronti di eventuali coobbligati e fideiussori (come sempre).
- Unica volta e menzione in caso di procedure familiari: se il debitore fa parte di un gruppo familiare sovraindebitato che presenta un progetto comune, l’incapienza può essere valutata sul nucleo. È però un dettaglio che esula in questa sede.
Se il tribunale nega l’istanza incapiente: può accadere ad esempio se ritiene che il debitore abbia un minimo attivo che giustifica la liquidazione controllata. In tal caso spesso il tribunale converte la domanda in un’apertura di liquidazione controllata classica (come se l’istanza incapiente includesse in subordine quella). Il debitore potrà poi chiedere l’esdebitazione automatica dopo 3 anni in quella procedura. Se invece nega per mancanza di meritevolezza (ad es. scopre che il debitore ha agito con malafede), ovviamente non resta che la possibilità per i creditori di proseguire individualmente.
Vantaggi e limiti della procedura incapiente: il grande vantaggio è che un debitore senza nulla non deve più sobbarcarsi i costi e la trafila di una liquidazione concorsuale solo per ottenere, dopo anni, la cancellazione di debiti che tanto non avrebbero ricevuto un euro. Si “salta” direttamente al risultato finale, risparmiando tempo e spese. Il contraltare è un controllo severo sulla meritevolezza e un periodo di vigilanza di 4 anni. In fondo, si può paragonare a una sorta di esdebitazione condizionata: il debitore è libero subito, ma per 4 anni rimane sotto l’obbligo di destinare ai vecchi creditori ogni inatteso colpo di fortuna finanziario. Passati i quattro anni, il beneficio si consolida definitivamente.
Prime statistiche: l’istituto è nuovo (in vigore solo dal 2022), ma ha già conosciuto le prime applicazioni. Molte istanze provengono da ex consumatori sommersi da debiti bancari o fiscali senza avere proprietà. Diversi tribunali hanno emanato protocolli per gestire queste domande. Ad esempio, il Tribunale di Milano richiede una attestazione OCC; il Tribunale di Rimini e Ferrara – come visto – hanno ragionato sul parametro di incapienza e sul calcolo del minimo vitale. La sensazione è che i giudici adottino un approccio prudente: se vedono che il debitore potrebbe in qualche modo ristrutturare un 5-10%, preferiscono indirizzarlo verso la liquidazione controllata “normale” (magari con falcidia del restante in esdebitazione automatica dopo 3 anni). Riservano l’esdebitazione ex art. 283 ai casi davvero disperati.
Esempio pratico: Mario è un ex artigiano che ha chiuso l’attività nel 2023 con €80.000 di debiti (fornitori, banca, fisco) e non possiede immobili, né auto, né risparmi. Ha 45 anni e un reddito da lavoro dipendente di €1.000 mensili, con cui a malapena mantiene sé e la famiglia. Una liquidazione controllata produrrebbe zero attivo (nessun bene da liquidare) e non permetterebbe prelievi sullo stipendio (già al minimo vitale). Mario quindi, assistito dall’OCC, presenta subito istanza ex art. 283 CCII. Il tribunale verifica che Mario è meritevole (ha chiuso per crisi, non per frodi; nessuna condanna; ha sempre pagato finché ha potuto) e che effettivamente non c’è nulla da dare ai creditori (lo stipendio basta appena, non ci sono beni). Emette così un decreto di esdebitazione incapiente, liberando Mario dagli €80.000 di debiti. Il decreto gli impone però di comunicare per 4 anni ogni eventuale entrata straordinaria. Due anni dopo Mario riceve in eredità dal padre €15.000. Questa somma potrebbe soddisfare circa il 18% dei debiti originari; supera la soglia del 10%. Mario allora è tenuto a informare subito l’OCC e il tribunale, e a mettere a disposizione la somma per i vecchi creditori. Se lo fa spontaneamente, probabilmente il giudice gli farà ripartire quella somma tra tutti i creditori in proporzione, considerandolo adempimento dell’obbligo. Se invece cercasse di nascondere l’eredità e fosse scoperto, rischierebbe la revoca dell’esdebitazione, ritrovandosi di nuovo esposto all’intero ammontare dei debiti (meno ciò che i creditori hanno eventualmente incassato nel frattempo). Alla fine dei 4 anni senza altre sopravvenienze, l’esdebitazione di Mario diviene definitiva a tutti gli effetti.
Confronto con la Disciplina Previgente (Art. 142 L.F. e Legge 3/2012)
A questo punto, riassumiamo brevemente le differenze chiave tra la disciplina vigente dell’esdebitazione e quella precedente, per comprendere l’evoluzione normativa:
- Soggetti ammessi: prima del CCII, solo il fallito persona fisica poteva accedere all’esdebitazione (art. 142 L.F.), mentre i debitori civili non fallibili avevano un istituto distinto nella legge 3/2012 (la cosiddetta esdebitazione del sovraindebitato, ottenibile però solo dopo aver tentato una liquidazione del patrimonio). Le società non ne beneficiavano affatto. Oggi, il CCII prevede un unico alveo normativo: esdebitazione per tutti i debitori persone fisiche (in qualsiasi procedura concorsuale liquidatoria: liquidazione giudiziale o controllata) e, come visto, anche per le società ed enti in liquidazione giudiziale. La legge 3/2012 è stata abrogata e assorbita nel Codice, per cui anche il consumatore o piccolo imprenditore segue le regole (artt. 282-283 CCII) che ricalcano l’art. 142 L.F. con adattamenti.
- Requisiti di meritevolezza: nella sostanza, i parametri di condotta corretta e onesta del debitore sono rimasti gli stessi (assenza di frodi, collaborazione, ecc.). La differenza è che sotto la Legge Fall. erano sparsi in vari commi dell’art. 142 e la giurisprudenza li ha interpretati via via, mentre ora sono chiaramente elencati in art. 280 co.1 lett. a-c CCII. Inoltre, il CCII (anche su spinta delle direttive UE) ha enfatizzato la meritevolezza rispetto al dato oggettivo del pagamento ai creditori. Infatti, ha eliminato il controverso requisito della soddisfazione parziale, spostando il baricentro sulla condotta soggettiva. La Cassazione, nella recente sent. n. 27562/2024, ha rimarcato proprio questo passaggio da un approccio quantitativo a uno qualitativo, affermando che sotto il CCII “non è richiesta una soglia minima di soddisfacimento dei creditori” e che conta invece la valutazione complessiva delle circostanze.
- Pagamento minimo ai creditori: come appena detto, l’art. 142 comma 2 L.F. prevedeva che “l’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali”. Ciò letteralmente voleva dire che se i creditori avevano ricevuto zero, niente beneficio. La giurisprudenza aveva mitigato questa rigidità (es. Cass. 24214/2011 aveva ritenuto che un pagamento anche piccolissimo ma non simbolico fosse sufficiente). Oggi l’art. 280 CCII non contiene più una simile limitazione. Dunque, l’esdebitazione può essere concessa anche nei fallimenti completamente incapienti, come confermato da varie pronunce di merito (e.g., Trib. Busto Arsizio 30.9.2022, che ha applicato la nuova norma a un fallimento chiuso senza distribuzione ai creditori, ritenendo irrilevante la mancanza di pagamento). Ciò segna una differenza pratica enorme: in passato i fallimenti senza attivo vedevano spesso rigettare la domanda per mancanza del requisito oggettivo; oggi non più.
- Tempistiche e automatismi: la Legge Fall. non prevedeva alcun automatismo né termine fisso: il fallito poteva chiedere l’esdebitazione entro 1 anno dalla chiusura del fallimento (dopo di che decadeva la possibilità, art. 143 L.F.). Col CCII la domanda va fatta contestualmente alla chiusura, quindi di fatto entro breve; però soprattutto, per le procedure da sovraindebitamento c’è l’automatismo a 3 anni. Anche per il fallimento (liq. giud.) è introdotta l’idea di esdebitazione ante chiusura dopo 3 anni. Insomma, il debitore oggi vede una luce in fondo al tunnel già dopo tre anni, mentre prima poteva dover attendere magari 5-6 anni di procedura e poi chiedere il beneficio.
- Esdebitazione “incapiente”: non aveva equivalenti precisi nel passato. La legge 3/2012 contemplava un caso limitato (art. 14-quaterdecies L.3/2012, introdotto nel 2020) di esdebitazione del sovraindebitato incapiente, ma solo per debiti inferiori a €5.000, con beneficio una tantum e alcune condizioni – un istituto di portata molto minore. L’art. 283 CCII è assai più generale e consistente, offrendo una soluzione organica e permanente per i nullatenenti. Siamo quindi di fronte ad una novità sostanziale volta a dare risposta a situazioni di povertà conclamata che prima restavano insolute (se non confidando nella carità di qualche creditore che non agisse).
- Debiti fiscali (IVA) e sanzioni: sotto il vecchio regime, come accennato, vi era incertezza se i debiti IVA fossero davvero esdebitabili o no. Addirittura nel 2014 la Corte Costituzionale (sent. 225/2014) sostenne che il principio dell’integrale pagamento dell’IVA era inderogabile, lasciando intendere che lo Stato non potesse rinunciarvi neanche nel fallimento. Ma dopo l’intervento della Corte di Giustizia UE e la svolta giurisprudenziale, le Sezioni Unite 26988/2016 posero fine alla querelle: confermarono che la normativa UE non vieta affatto di includere l’IVA in procedure concorsuali che ne comportino la mancata riscossione, e dunque l’Italia poteva validamente far rientrare l’IVA nell’esdebitazione. Il CCII, coerentemente, non annovera i tributi tra i debiti esclusi (mentre annovera le sanzioni). Quindi oggi non c’è più differenza: ieri si discuteva, ma di fatto la Cassazione già dal 2017-2018 aveva iniziato ad ammettere l’esdebitazione dell’IVA; oggi è pacifico e la normativa lo contempla implicitamente (escludendo solo le sanzioni). Anche le prassi amministrative si sono adeguate: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, dopo le pronunce della Cassazione del 2018-2022, ha adottato la linea per cui se arriva un decreto di esdebitazione, si chiudono le cartelle anche per IVA, considerandolo pienamente efficace. Insomma, un rilevante passo avanti rispetto ai dubbi del decennio scorso.
- Revoca del beneficio: la Legge Fall. all’art. 144 prevedeva la possibilità di revocare l’esdebitazione “se risulta” che è stata concessa basandosi su documenti falsi o su dati incompleti relativi all’assenza di condanne (in pratica se emergevano cause ostative ignote). Il CCII non ha una norma analoga specifica, ma come detto si ritiene applicabile l’ordinario rimedio della revocazione per dolo, ecc.. Quindi la differenza è solo formale: prima c’era una norma ad hoc (poco utilizzata comunque), ora no ma la sostanza non cambia (frode scoperta = revoca).
In definitiva, la disciplina vigente è più favorevole ai debitori meritevoli rispetto alla previgente: elimina un requisito restrittivo (pagamento parziale), accorcia i tempi e allarga la platea (società e incapienti). Questo allineamento è in linea con la tendenza internazionale a promuovere il fresh start dell’imprenditore onesto e a dare una via d’uscita anche ai privati sovraindebitati. Allo stesso tempo, restano salde le barriere contro gli abusi: un debitore disonesto o colpevole di frodi continua ad essere escluso dall’esdebitazione, proprio come prima.
Giurisprudenza Recente e Prassi Applicative
Negli ultimi anni, soprattutto a cavallo dell’entrata in vigore del CCII, vi sono state numerose pronunce sia di merito (Tribunali e Corti d’Appello) sia di legittimità (Corte di Cassazione) in tema di esdebitazione. Esse hanno chiarito l’interpretazione di vari aspetti e accompagnato il passaggio dalla vecchia disciplina alla nuova. Di seguito, evidenziamo alcuni degli interventi giurisprudenziali più significativi, con i relativi principi di diritto affermati:
- Cassazione Civile, Sez. Unite, 27 dicembre 2016 n. 26988: questa storica sentenza a Sezioni Unite ha risolto una serie di questioni controverse relative al fallimento e, per quanto qui interessa, ha sancito in via definitiva che tutti i debiti concorsuali, inclusi i debiti tributari (IVA compresa) e le relative sanzioni, rientrano nel perimetro dell’esdebitazione, non essendo i tributi esclusi per legge. Ha dunque smentito l’idea che l’IVA fosse intangibile per vincoli comunitari, affermando che il diritto UE non impedisce allo Stato di rinunciare parzialmente alla riscossione dell’IVA in sede concorsuale. Questo principio ha chiuso un dibattito e ha trovato conferma nelle pronunce successive della Cassazione ordinaria. Ad esempio, la Cass. civ. Sez. I, 7 aprile 2022 n. 11524 (citata dagli operatori come “Cassazione 2022” in materia di IVA) ha ribadito che è pienamente legittimo ed efficace un decreto di esdebitazione che liberi il fallito dai debiti IVA residui. Ormai la giurisprudenza è unanime: il fallito meritevole può essere liberato anche dall’IVA non pagata, e ciò non contrasta con l’ordine pubblico europeo.
- Corte Costituzionale 19 luglio 2014 n. 225: prima delle SU 2016, va ricordata questa pronuncia della Consulta, la quale – investita di dubbi di costituzionalità sull’esclusione di IVA e sanzioni dall’accordo di ristrutturazione dei debiti ex L.3/2012 – affermò in obiter dictum che l’IVA essendo risorsa UE non poteva subire stralci (anche se poi dichiarò inammissibile la questione). Questa posizione rigorosa fu poi di fatto superata dalle evoluzioni successe (Corte Giustizia e Cassazione). Infatti, Corte di Giustizia UE, sentenza 16 marzo 2017, causa C-493/15 (“Di Maura”): rispondendo a un rinvio pregiudiziale della Cassazione italiana, chiarì che la normativa europea non impone agli Stati di escludere l’IVA dall’esdebitazione delle procedure concorsuali. Questo è stato il “game changer” a livello sovranazionale. La Cassazione, recependo il messaggio, cambiò rotta (come visto con SU 2016 e altre sentenze del 2017-2018 in cui iniziò ad allinearsi).
- Cassazione Civ., Sez. I, 24 ottobre 2024 n. 27562: questa sentenza (già menzionata) è estremamente rilevante perché ha affrontato di petto il tema della parziale soddisfazione dei creditori nelle procedure transitorie. Il caso riguardava un fallimento chiuso sotto la legge fallimentare ma con domanda di esdebitazione proposta nel 2023, quindi in regime CCII. La Cassazione ha colto l’occasione per confermare che nel nuovo sistema non è richiesto alcun pagamento minimo ai creditori e che il giudice deve concentrarsi sulla condotta del debitore. Tuttavia, poiché nel caso concreto si applicava la legge fallimentare (essendo il fallimento “vecchio”), la Corte ha fornito chiarimenti su come intendere il “soddisfacimento parziale” nell’art. 142 L.F. Residuale. Ha affermato che la valutazione va fatta con prudente apprezzamento, considerando tutte le risultanze della procedura e non basandosi su rigide percentuali. Ha escluso che una soddisfazione solo irrisoria possa precludere automaticamente il beneficio, salvo il caso estremo di zero assoluto. Tra i fattori da considerare ha indicato: l’entità dell’attivo rispetto alle passività, il numero di creditori soddisfatti anche minimamente, i costi procedurali coperti, e la condotta del debitore (che resta centrale per la meritevolezza). In pratica, la Cassazione 2024 ha “sdoganato” l’idea che anche una percentuale superiore all’1% non vada considerata simbolica se frutto di una procedura difficoltosa, e ha ribadito il favor per concedere l’esdebitazione quando il debitore è meritevole e qualcosa – sebbene poco – è stato ricavato. Questo orientamento è importante per le procedure pendenti di vecchio regime, ma conferma anche il senso della riforma: ora questi calcoli non servono più, perché l’esdebitazione può darsi anche con 0%.
- Cassazione Civ., Sez. I, 9 giugno 2021 n. 16079: ha stabilito che i crediti erariali relativi a sanzioni tributarie seguono la sorte del tributo ai fini dell’esdebitazione. In altre parole, se il tributo (IVA o altro) è esdebitabile, anche la sanzione accessoria può esserlo; ma attenzione, qui parliamo di sanzioni accessorie al tributo. Le sanzioni penali o amministrative indipendenti (es. multa per violazione stradale) restano escluse. La Cassazione in quell’occasione ha voluto chiarire che l’esclusione di cui alla norma riguarda le sanzioni “in senso stretto” e non le mere maggiorazioni da ritardato pagamento tributi. Questo per evitare che il fisco sostenesse che le sanzioni fiscali sono sempre escluse: non lo sono se sono parte del credito concorsuale, mentre restano escluse quelle inflitte per punire un illecito amministrativo/penale autonomo.
- Cassazione Civ., Sez. I, 4 novembre 2022 n. 32445: ha affrontato un punto procedurale interessante: ha stabilito che le nuove regole del CCII in tema di esdebitazione (meritevolezza) si applicano anche alle istanze presentate dopo il 15 luglio 2022 relative a fallimenti chiusi prima. In pratica un’interpretazione estensiva del regime transitorio, in linea con l’art. 390 CCII. Ciò ha consentito, ad esempio, a fallimenti chiusi nel 2020 (senza esdebitazione chiesta in tempo) di presentare tardivamente istanza nel 2023 invocando il CCII. Questo orientamento “salvavita” ha ridato chance a qualche debitore che aveva perso il treno sotto la legge fallimentare.
- Tribunali di merito su esdebitazione incapiente: come già richiamato, Trib. Ferrara 10/3/2025 (est. Ghedini) e Trib. Rimini 6/2/2025 hanno emanato decreti in materia di incapienti, chiarendo il criterio di valutazione del limite di reddito ex art. 283 co.2. In particolare Ferrara ha avvertito che l’interpretazione meramente letterale del parametro del 10% potrebbe condurre ad esiti distorti, e ha invitato a valutare caso per caso se il debitore ha eccedenze di reddito utilmente destinabili ai creditori, altrimenti si rischia di “premiare” chi magari ha un reddito costante sufficiente a pagare qualcosa. Questa è una linea interpretativa che mira a evitare abusi: se ad esempio un debitore ha uno stipendio pignorabile per una piccola quota, potrebbe non essere tecnicamente incapiente, perché quell’importo se accumulato per 4-5 anni potrebbe superare il 10%. Ogni giudice dovrà soppesare. Trib. Torino 23/4/2025 (già citato) ha invece evidenziato che la presenza di ingenti debiti fiscali non è di per sé indice di malafede tale da negare l’esdebitazione incapiente, se la storia del debitore dimostra che quegli omessi pagamenti furono dovuti a oggettive difficoltà e non a furbizia. Ha così implicitamente smentito l’argomento di alcuni creditori pubblici secondo cui chi ha tasse non pagate è sempre “colpevole”: la valutazione resta globale sulla persona.
- Tribunali su società esdebitate: citiamo Tribunale di Mantova, decr. 14 gennaio 2023, che risulta essere uno dei primi provvedimenti di esdebitazione di una società (una S.a.s.). Il Tribunale ha concesso il beneficio sia alla società che ai soci accomandatari, rilevando che non vi erano condotte ostative e che la percentuale pagata era stata bassa ma ciò non era più ostativo. Questo caso conferma che i giudici di merito applicano l’art. 278 co.4 CCII liberando i soci illimitati senza bisogno che siano falliti. In altre sedi, invece, se i soci erano falliti, la loro esdebitazione è stata trattata congiuntamente. Ad esempio Trib. Treviso 2023 (non ufficiale, segnalazione dottrinale) avrebbe dichiarato contestualmente l’esdebitazione di una S.n.c. e dei suoi due soci, dando atto che per i soci comunque erano soddisfatti gli art. 280 e 278.
- Prassi amministrative: oltre alla citata Agenzia Entrate-Riscossione, merita menzione la Circolare INPS n. 54 del 2022, che ha istruito gli uffici di tenere conto dei decreti di esdebitazione e quindi non inseguire più il debitore per contributi residui, adeguando i crediti di regresso eventualmente verso coobbligati (es. se l’azienda non paga contributi e poi l’amministratore viene esdebitato, l’INPS sa che non potrà insistere su di lui, resta però l’eventuale obbligo solidale di altri).
- Linee guida tribunali: molti tribunali italiani hanno predisposto modulistica e protocolli per uniformare la trattazione delle istanze di esdebitazione. Ad esempio, il Tribunale di Trento mette a disposizione un fac-simile di ricorso per esdebitazione; il Tribunale di Milano ha linee guida secondo cui se l’istanza viene presentata entro un anno dalla chiusura (come da vecchia norma) va considerata comunque ammissibile. Queste prassi agevolano i debitori self-service, ma è sempre consigliabile farsi assistere da un legale.
In conclusione, la giurisprudenza post-riforma sta confermando un approccio di apertura verso l’esdebitazione per chi ne ha i requisiti, e parallelamente mantiene un filtro rigoroso verso chi cerca di approfittarne indebitamente. Si può affermare che i tribunali italiani condividono la finalità di dare al debitore onesto un’opportunità di riscatto, come del resto auspicato dal legislatore delegato e dall’Europa. I casi di diniego esistono (ad es. Trib. Roma 2023 ha negato l’esdebitazione a un fallito che aveva nascosto l’esistenza di un immobile all’estero – esempio classico di malafede), ma rappresentano l’eccezione: in generale, se il debitore è realmente meritevole, i creditori hanno poco margine per opporsi e l’esdebitazione viene concessa.
Fac-simili di Atti: Istanza di Esdebitazione e Decreto del Tribunale
Per offrire un aiuto pratico, di seguito forniamo degli schemi semplificati di come può essere redatta un’istanza di esdebitazione e come si presenta un tipico decreto di tribunale che accoglie la richiesta. Naturalmente i modelli vanno adattati al caso concreto, ma servono a capire contenuti e formulazioni ricorrenti.
Fac-simile di istanza di esdebitazione (persona fisica in liquidazione giudiziale):
TRIBUNALE ORDINARIO DI LocalitaˋLocalità – Sezione Fallimentare
Istanza di esdebitazione ex art. 280 CCII
Procedura di Liquidazione Giudiziale (già fallimento) n. ___/20__ R.F.Ricorrente: Sig. _________ (CF _____), nato a ___ il ___, residente in ___, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. _____ (CF ___), che lo rappresenta e difende in virtù di procura ___.
Premesso che:
– Con sentenza n. __ del __//___ il Tribunale di ___ ha dichiarato la liquidazione giudiziale del Sig. ___ (già fallimento ex RD 267/42);
– La procedura è stata chiusa con decreto di chiusura pronunciato in data __//___ (per integrale riparto dell’attivo / insufficienza dell’attivo ai sensi dell’art. 234 CCII);
– Il ricorrente ha collaborato attivamente con gli organi della procedura, consegnando tutta la documentazione contabile e patrimoniale e fornendo le informazioni richieste, senza in alcun modo ostacolare o ritardare lo svolgimento delle operazioni;
– Nel corso della procedura non sono emersi comportamenti di frode o atti in frode ai creditori ascrivibili al ricorrente, né risultano condanne penali a carico dello stesso per reati ostativi (come da certificato penale allegato);
– I creditori concorsuali sono stati soddisfatti in parte, con riparti per complessivi euro ___ pari al __% delle loro insinuazioni (oppure: “non hanno purtroppo ricevuto alcuna distribuzione, stante l’assenza di attivo”, ma ciò non preclude l’istanza ai sensi dell’art. 280 CCII vigente);
– Sussistono dunque tutti i presupposti di legge per ottenere il beneficio dell’esdebitazione, ai sensi degli artt. 278 e 280 CCII: il ricorrente risulta meritevole, non avendo compiuto atti di frode o grave mala gestio, e versa in stato di sovraindebitamento irreversibile rispetto ai debiti concorsuali rimasti insoluti;
– (eventuale) Il curatore della procedura, Dott. ___, nella relazione finale depositata il __/__/__ ha espresso parere favorevole all’esdebitazione, avendo attestato la condotta collaborativa del ricorrente e l’assenza di cause ostative;
– Non ricorrono le esclusioni di cui all’art. 278 co.7 CCII, atteso che i debiti residui sono di natura tributaria e bancaria, mentre non vi sono obblighi di mantenimento o risarcimenti da illecito né sanzioni pecuniarie a carico del ricorrente (oppure: “sono presenti debiti per sanzioni amministrative, che resteranno esclusi dal beneficio ex lege”);Tutto ciò premesso, il Sig. ___, come in epigrafe rappresentato,
CHIEDE
che il Tribunale adito, verificata la sussistenza dei presupposti di legge e sentiti il curatore ed i creditori eventualmente opponenti, voglia concedere l’esdebitazione del Sig. ____, dichiarando inesigibili nei suoi confronti tutti i debiti concorsuali rimasti insoddisfatti nell’ambito della Liquidazione Giudiziale n. ___/20__, ai sensi degli artt. 279 e 280 del Codice della crisi.In fede,
Luogo, data
(firma Avv. ____)
(Allegati tipici: copia decreto di chiusura procedura; relazione del curatore; certificato penale; documento identità e CF; eventuali attestazioni OCC o altri documenti rilevanti.)*
Fac-simile di decreto del Tribunale che accoglie l’istanza di esdebitazione:
TRIBUNALE DI LocalitaˋLocalità – Sezione Procedure Concorsuali
Decreto n. __/20__ R.G.Il Tribunale, riunito in Camera di consiglio nelle persone dei magistrati: Dott. __ (Presidente), Dott. __ (Giudice) e Dott. __ (Giudice relatore), ha pronunciato il seguente
DECRETO
sul ricorso per esdebitazione ex artt. 280 e 281 CCII presentato dal Sig. ____ (debitore persona fisica) nell’ambito della Liquidazione Giudiziale n. __/2019 R.F.;Letti gli atti e la documentazione depositata;
vista la relazione del Curatore in data __/__/__, che dà conto dell’assenza di atti di frode e della condotta collaborativa del debitore;
considerato che il ricorrente è stato dichiarato liquidazione giudiziale con sentenza del __/__/__ e la procedura si è chiusa con decreto in data __/__/__ per riparto finale dell’attivo;
rilevato che sussistono tutti i presupposti di cui all’art. 280 D.Lgs. 14/2019: in particolare, il debitore non risulta condannato per reati ostativi (certificato penale negativo agli atti); non ha compiuto atti in frode ai creditori né aggravato il dissesto (come da accertamenti del curatore); ha cooperato al buon andamento della procedura (partecipando agli interrogatori ex art. 49 CCII e consegnando la documentazione contabile); non ha beneficiato di altra esdebitazione in precedenza;
preso atto che i creditori ammessi al passivo, ritualmente avvisati dell’istanza a cura del curatore, non si sono opposti, ad eccezione dell’Agenzia delle Entrate Riscossione che ha depositato osservazioni rilevanti esclusivamente la presenza di debiti IVA (osservazioni che, in diritto, non costituiscono causa ostativa, essendo detti debiti compresi tra quelli esdebitabili ai sensi degli artt. 278 co.7 e 142 L.F. previgente come interpretati dalla giurisprudenza);
ritenuto pertanto che il debitore meriti il beneficio in quanto meritevole e che l’esdebitazione risponda alla ratio di consentirgli un nuovo inizio libero dal peso dei debiti pregressi;
visti gli artt. 278, 280, 281 e 282 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza;P.Q.M.
Accoglie l’istanza di esdebitazione presentata dal Sig. ____ e, per l’effetto, dichiara inesigibili nei suoi confronti tutti i crediti concorsuali rimasti insoddisfatti nell’ambito della liquidazione giudiziale n. __/2019 (Rg. Fallimentare __), fatti salvi quelli di cui alle lettere a), b) e c) del comma 7 dell’art. 278 CCII (obblighi di mantenimento e alimentari; debiti da risarcimento danni da fatto illecito; sanzioni pecuniarie penali o amministrative non accessorie a debiti estinti), che restano quindi esclusi dal presente beneficio.
Manda alla Cancelleria di comunicare il presente decreto al debitore e al curatore, nonché di darne avviso ai creditori concorrenti.
Così deciso in ___, camera di consiglio del __/__/__.
(firma digitale)
Il Presidente – Depositato in Cancelleria il __/__/__.
(In caso di debitore incapiente ex art. 283 CCII, il decreto includerebbe clausole aggiuntive, ad es.: “Dispone che il debitore riferisca al Gestore/Tribunale ogni anno circa eventuali sopravvenienze di reddito; Avverte che in caso di sopravvenienze entro 4 anni idonee a soddisfare i creditori in misura non inferiore al 10%, questi ultimi potranno chiedere la revoca del beneficio ai sensi dell’art. 283 co.3 CCII”.)
Questi modelli sono indicativi. Nella pratica, ogni tribunale ha il suo stile: alcuni decreti sono stringatissimi (limitandosi al dispositivo), altri – specie in caso di opposizioni – molto dettagliati nella motivazione. Allo stesso modo, l’istanza del difensore può variare, ma è sempre consigliabile includere dettagliatamente tutte le condizioni di legge e le circostanze a favore del debitore, per facilitare il compito del giudice nel riscontro dei requisiti.
Esempi pratici (Simulazioni)
Presentiamo ora due casi pratici che illustrano l’applicazione dell’esdebitazione, rispettivamente in una liquidazione giudiziale ordinaria e nell’ipotesi del debitore incapiente. Queste simulazioni aiutano a comprendere dinamiche e conseguenze concrete.
Caso 1: Esdebitazione di un imprenditore fallito (liquidazione giudiziale)
Tizio è un piccolo imprenditore edile dichiarato fallito (liquidazione giudiziale) nel 2021. Aveva debiti complessivi per €500.000 verso banche, fornitori e Fisco. Durante la procedura, il curatore ha liquidato i beni di Tizio: un capannone e alcuni macchinari, ricavando €150.000 netti, con cui sono stati pagati i creditori privilegiati (in parte) e i chirografari al 20%. Nel 2024 la procedura si chiude con un riparto finale: i creditori ipotecari hanno ottenuto il 60% dei loro crediti, i chirografari il 20%, restando insoddisfatti €250.000 circa (debiti residui). Tizio ha collaborato, consegnando documenti e chiavi al curatore e non risultano irregolarità. Subito dopo la chiusura, Tizio – tramite il suo avvocato – presenta istanza di esdebitazione al Tribunale. I creditori sono informati: nessuno si oppone formalmente, tranne un fornitore molto scontento che invia una lettera lamentando che Tizio a suo dire “avrebbe potuto vendere prima i macchinari a prezzo migliore” (ma senza portare prove di frode). Il Tribunale esamina il caso: rileva che Tizio possiede tutti i requisiti (nessuna condanna, condotta buona, mai esdebitato prima, etc.) e che l’osservazione del fornitore non configura una vera causa ostativa (al più è un rimprovero di cattiva gestione, ma non una frode). Nel 2025 il Tribunale emette il decreto: concede a Tizio l’esdebitazione, dichiarando inesigibili i €250.000 rimasti. Tizio dunque è libero da quei debiti: ad esempio, la banca che aveva un mutuo residuo di €50.000 non potrà chiedergli nulla (ha già preso il 60% dal ricavato ipoteca e il restante 40% è cancellato), l’Agenzia Entrate non potrà pretendere i €30.000 di IVA non pagata (che rientravano nel residuo, ora inesigibili), e così via. Tizio può così tornare nel mondo del lavoro senza l’angoscia di quei debiti. Notare che un debito escluso c’era: un ex dipendente vantava un credito per risarcimento danni da infortunio sul lavoro di €10.000, ammesso al passivo. Questo debito rientra tra i danni da fatto illecito: infatti derivava da una responsabilità civile di Tizio. Ebbene, quella quota non è esdebitata (art. 278 co.7 lett. b). Ciò significa che, nonostante l’esdebitazione generale, quel dipendente potrebbe ancora, dopo, agire contro Tizio per recuperare il risarcimento (e se Tizio in futuro avrà uno stipendio o dei beni, rischia pignoramenti per quel credito). Insomma, Tizio è liberato da tutti i debiti tranne quel risarcimento e l’eventuale assegno di mantenimento dovuto alla ex moglie (nel suo caso non ne aveva). Quanto ai soci: Tizio era ditta individuale, quindi non ci sono soci. Se fosse stata una SNC “Tizio & Caio”, l’esdebitazione concessa alla SNC avrebbe liberato anche Caio e Tizio dalle obbligazioni sociali restanti. Ma se Tizio avesse prestato una fideiussione personale per un debito, ad esempio per un leasing della ditta garantito anche dalla moglie, l’esdebitazione di Tizio non libera la moglie: la società di leasing potrà chiedere a lei il saldo dovuto (essendo garante). In conclusione, nel Caso 1 Tizio ottiene il fresh start: i crediti concorsuali spariscono per lui (salvo quell’eccezione del danno), e può ricominciare ad operare. I creditori insoddisfatti invece dovranno stralciare dai loro bilanci le parti inesigibili (le imprese creditrici porteranno a perdita quei crediti residui).
Caso 2: Esdebitazione del debitore incapiente
Caia è una persona fisica, ex commerciante, con debiti per circa €100.000 (banche, fisco e alcuni privati). Ha chiuso l’attività nel 2022 dopo la pandemia e non possiede più nulla: il negozio era in affitto (quindi nessun immobile), ha venduto l’auto per pagare bollette, e attualmente vive con un piccolo stipendio part-time. Dopo la chiusura della partita IVA, Caia si trova con questi debiti accumulati e nessuna possibilità di pagarli (praticamente uno scenario di insolvenza totale). Caia si rivolge a un OCC, che certifica che è sovraindebitata incapiente: i suoi redditi coprono a malapena le spese essenziali, non vi sono beni pignorabili, e considerando un orizzonte di 4–5 anni non si prevede possa racimolare abbastanza per offrire una percentuale significativa ai creditori. Inoltre Caia viene valutata meritevole: i debiti derivano in gran parte da un prestito bancario e da tasse non pagate negli ultimi due anni di attività, causati dal crollo di fatturato; Caia non ha sperperato denaro né contratto altri debiti dopo, anzi ha cercato di trovare un lavoro onesto. Nel 2023 Caia presenta allora domanda di esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII al Tribunale. I creditori vengono informati tramite PEC dall’OCC: alcuni increduli chiedono “come, non c’è neanche la liquidazione?!”. Il tribunale fissa udienza, in cui esamina il caso. L’INPS, creditore per €15.000 di contributi, inizialmente si oppone sostenendo che Caia ha un lavoro e potrebbe pagare qualcosa col pignoramento del quinto. Ma l’OCC replica che Caia guadagna €800/mese part-time, ben al di sotto del minimo vitale, quindi neanche il quinto è attaccabile legalmente. Pertanto, oggettivamente Caia non può offrire utilità. Il giudice concorda e reputa le condizioni soddisfatte. Nel 2024 emette un decreto di esdebitazione incapiente per Caia: cancella tutti i €100.000 di debiti. Nel decreto, però, inserisce l’obbligo per Caia di comunicare tempestivamente se nei prossimi 4 anni dovesse migliorare la sua situazione. Ad esempio, Caia potrebbe trovare un lavoro migliore o ricevere un’eredità. La norma prevede che se Caia ottiene risorse tali da permettere di pagare almeno un 10% ai creditori, allora quell’evento va segnalato. In effetti, nel 2025 Caia trova un secondo lavoro serale e inizia a guadagnare €1.600 al mese in totale. Questa somma è sufficiente a vivere e le consentirebbe teoricamente di destinare qualcosina ai vecchi creditori (ad esempio un pignoramento del quinto di €320 mensili ora sarebbe possibile, che in 3 anni equivarrebbe a circa €11.500, cioè un 11,5% del debito originario). Caia onestamente informa l’OCC del nuovo impiego. Cosa accade? Il tribunale potrebbe dire: la sua situazione è mutata al punto che avrebbe potuto dare un 10% ai creditori, dunque revochiamo l’esdebitazione. Oppure potrebbe adottare una soluzione più sfumata: mantenere il beneficio ma ordinare a Caia di versare ai creditori quell’ammontare di €11.500 (ripartito tra loro). In mancanza di una disciplina specifica, molto dipende da come viene impostato il provvedimento. Alcuni decreti di incapienti stabiliscono fin da subito: “il debitore dovrà corrispondere ai creditori le somme sopravvenute eccedenti il minimo vitale fino a concorrenza del 10%, a pena di revoca del beneficio”. Dunque Caia, per sicurezza, decide di destinare volontariamente l’equivalente del 10% ai creditori, per non rischiare. Li contatta tramite l’OCC e versa loro pro quota quella cifra, dopodiché i creditori dichiarano soddisfatto l’obbligo. Trascorsi i 4 anni, Caia mantiene l’esdebitazione per il resto (90%) del debito, che è definitivamente cancellato. In questo caso, Caia ha ottenuto un nuovo inizio subito nel 2024, ma con la “condizionalità” di dover condividere eventuali miglioramenti nei primi anni. Se Caia invece avesse nascosto il nuovo lavoro e i creditori l’avessero scoperto (es. tramite controlli INPS o altro) avrebbero potuto chiedere al giudice la revoca: Caia sarebbe tornata debitrice di tutto e, paradossalmente, avendo poi un reddito pignorabile, i creditori avrebbero potuto attaccarla. Quindi conviene rispettare le regole.
Questi esempi evidenziano come l’esdebitazione operi in concreto: nel primo caso, dopo la liquidazione dei beni il debitore viene liberato dal debito residuo e può ricostruirsi una vita finanziaria; nel secondo, un debitore senza nulla viene liberato subito ma resta sotto monitoraggio per qualche anno. In entrambi i casi, la chiave di volta è la buona fede del debitore e la trasparenza: un comportamento leale porta al beneficio, mentre eventuali furberie possono vanificarlo.
Domande Frequenti (FAQ)
Di seguito una serie di domande e risposte frequenti in materia di esdebitazione nella liquidazione giudiziale e nelle procedure affini, con taglio tecnico ma sintetico:
D: Chi può ottenere l’esdebitazione?
R: Possono chiedere l’esdebitazione tutti i debitori persone fisiche che siano stati sottoposti a una procedura di liquidazione concorsuale (fallimento/liquidazione giudiziale o liquidazione controllata da sovraindebitamento). In pratica: l’imprenditore individuale fallito, il consumatore o piccolo imprenditore in liquidazione controllata, e – novità – anche le società ed enti sottoposti a liquidazione giudiziale. Per le società, però, l’esdebitazione ha effetti rilevanti soprattutto per i soci illimitatamente responsabili. Le persone giuridiche di capitali possono formalmente ottenere il decreto, ma essendo destinate a estinguersi la portata è limitata. Invece non può ottenere l’esdebitazione un soggetto che non sia passato da una procedura concorsuale: ad esempio, chi ha semplici debiti senza aver attivato né fallimento né sovraindebitamento, non può “chiedere l’esdebitazione” in astratto al tribunale. Deve prima accedere a una delle procedure di crisi previste dalla legge. Infine, ricordiamo che l’esdebitazione non è concessa più di due volte allo stesso soggetto e mai se non sono trascorsi almeno 5 anni da un’eventuale precedente.
D: La presenza di debiti fiscali (es. IVA) impedisce l’esdebitazione?
R: No. I debiti fiscali e contributivi (IVA, IRPEF, INPS, ecc.) rientrano tra i debiti “concorsuali” esdebitabili, purché il debitore abbia i requisiti di meritevolezza. Non sono esclusi per legge, quindi il decreto di esdebitazione li copre al pari degli altri crediti chirografari. Anzi, la Cassazione e la Corte di Giustizia UE hanno chiarito che ciò è perfettamente legittimo e conforme ai principi europei. Quindi anche un debito IVA residuo, se il fallito è onesto, viene cancellato. L’unica eccezione riguarda eventuali sanzioni tributarie: le sanzioni pecuniarie per violazioni fiscali, in quanto “sanzioni amministrative”, tecnicamente rientrano tra i debiti esclusi (salvo se già considerate nel passivo come accessorie). In sintesi: imposte e contributi sì, multe e ammende no.
D: Quali debiti non vengono cancellati dall’esdebitazione?
R: Sono esclusi per espressa previsione di legge: (a) gli obblighi alimentari e di mantenimento (verso coniuge, figli, etc.); (b) i debiti da risarcimento di danni extracontrattuali (cioè dovuti per fatti illeciti, ad esempio un risarcimento per lesioni fisiche causate dal debitore); (c) le sanzioni pecuniarie amministrative o penali (multe stradali, ammende, sanzioni tributarie in senso stretto, pene pecuniarie). Tali debiti restano a carico del debitore anche dopo l’esdebitazione. Inoltre, come già detto, non si liberano i garanti e coobbligati del debitore: se c’erano fideiussori o condebitori, i creditori possono rivalersi su di loro per intero. Ad esempio, l’esdebitazione del debitore principale non estingue le garanzie reali sui beni di terzi: se un parente aveva ipotecato casa sua a garanzia di un debito del fallito, il creditore potrà comunque escutere quell’ipoteca sul terzo anche dopo l’esdebitazione del debitore principale.
D: L’esdebitazione è automatica o va richiesta?
R: Dipende dal tipo di procedura. Nella liquidazione giudiziale (fallimento) l’esdebitazione deve essere richiesta dal debitore con apposita istanza al tribunale, di regola in sede di chiusura della procedura (o dopo 3 anni se la procedura è ancora aperta). Non è automatica: serve un provvedimento ad hoc del tribunale che verifichi i requisiti. Invece, nelle procedure di sovraindebitamento (liquidazione controllata) il CCII prevede una sorta di esdebitazione “di diritto” automatica dopo 3 anni dall’apertura: trascorso il triennio, se il debitore persona fisica è meritevole, la liberazione scatta senza bisogno di istanza (ovviamente il giudice la formalizza con un decreto). Quindi per i consumatori e affini c’è un automatismo temporale. Resta ferma la necessità di un controllo giudiziale (non è un effetto extragiudiziale). In tutti i casi, comunque, è prudente che il debitore esprima la volontà di ottenere l’esdebitazione (tramite istanza del difensore o memorie), così da attivare l’iter in modo chiaro.
D: Quante volte si può ottenere l’esdebitazione?
R: Massimo due volte nella vita, e con almeno 5 anni di distanza tra l’una e l’altra. La regola attuale è questa. In passato era una volta ogni 10 anni (di fatto una volta sola, perché pochi falliscono più volte in dieci anni). Con la riforma si è voluto dare la chance di un secondo “fresh start” a distanza di tempo più breve (5 anni), ma comunque non più di due complessivamente. Esempio: un imprenditore fallisce nel 2023, ottiene l’esdebitazione; sfortunatamente nel 2030 fallisce di nuovo, potrebbe chiedere la seconda esdebitazione (perché sono passati 7 anni >5); se dovesse incorrere in un terzo fallimento, non avrebbe più accesso al beneficio. Chi invece ha già ottenuto l’esdebitazione con la vecchia legge (ad es. nel 2015), può ottenerla di nuovo se fallisce dopo 5 anni dall’entrata in vigore del CCII (anche qui, almeno 5 anni di mezzo). Il conteggio, in pratica, è ripartito da capo col CCII ma includendo i benefici avuti sotto la L.F.
D: Cosa succede se il tribunale nega l’esdebitazione?
R: In caso di diniego, il debitore rimane obbligato verso tutti i crediti residui. La chiusura del fallimento rimuove lo stato di fallito, ma i debiti insoddisfatti tornano esigibili individualmente: i creditori possono agire in via ordinaria (decreti ingiuntivi, pignoramenti) contro il debitore per cercare di recuperare quanto non preso in procedura. Il debitore avrà dunque perso la protezione e si troverà nuovamente esposto. Dal punto di vista processuale, se ritiene ingiusto il rigetto, può proporre reclamo in Corte d’Appello entro 30 giorni, e poi eventualmente ricorso per Cassazione. Se nemmeno ciò giova (o se non impugna), l’esdebitazione è definitivamente preclusa per quella procedura. L’unica possibilità, in teoria, potrebbe presentarsi se cambiano le circostanze normative: ad esempio, per i fallimenti chiusi prima del 2022 senza esdebitazione, il legislatore ha consentito di ripresentare domanda col nuovo rito (cosa che qualcuno ha fatto, sanando ritardi). Ma si tratta di situazioni transitorie ormai esaurite. Quindi, in sintesi: se viene negato, il debitore resterà con i debiti addosso (a meno che un domani riesca a pagarli o a transarli individualmente). Ecco perché è fondamentale presentare bene la domanda ed eventualmente impugnare se c’è margine.
D: L’esdebitazione cancella anche le segnalazioni in Centrale Rischi o CRIF?
R: Tecnicamente, l’esdebitazione fa venir meno l’obbligo di pagamento, ma non cancella la storia creditizia negativa. Ad esempio, se il debitore era segnalato come “sofferente” in Centrale Rischi per un mutuo non pagato, quella segnalazione storica rimane per il periodo previsto (di solito una segnalazione rimane per un certo numero di anni nei sistemi). Tuttavia, a seguito dell’esdebitazione, il debitore può far annotare che quei debiti sono stati oggetto di procedura concorsuale e dichiarati inesigibili. Non esiste però un meccanismo legale di “pulizia immediata” delle banche dati creditizie. Il debitore esdebitato dovrà ricostruirsi gradualmente una reputazione creditizia: nel breve termine difficilmente otterrà nuovi finanziamenti se i precedenti sono rimasti insoluti (anche se esdebitati). Però, non avrà più cause o pignoramenti in corso, il che è già un grande passo. In altre parole, l’esdebitazione libera dai debiti ma non dall’eventuale fama di cattivo pagatore. Col tempo, comunque, potrà riabilitarsi anche sul piano creditizio (trascorsi 36 mesi le centrali rischi privati cancellano i dati negativi; la Centrale Rischi Banca d’Italia registra max 5 anni di storico per sofferenze, ecc.). Inoltre, essendo venute meno le limitazioni legali, l’esdebitato può tornare a fare impresa o essere amministratore di società, però dovrà convincere i partner commerciali della propria affidabilità nonostante il passato.
D: Dopo l’esdebitazione posso aprire una nuova attività o essere socio/amministratore di società?
R: Sì. Uno degli effetti dell’esdebitazione è proprio la cessazione delle incapacità personali derivanti dal fallimento. Quindi il debitore esdebitato riacquista piena capacità: può iscriversi di nuovo al Registro Imprese come titolare di ditta, può costituire una società ed esserne amministratore o consigliere, può partecipare a gare pubbliche (salvo che abbia altre interdizioni). In pratica, viene riabilitato anche sul piano imprenditoriale. Fino alla chiusura del fallimento, invece, non poteva (l’art. 16 L.F. e ora art. 317 CCII vietano al fallito l’esercizio di impresa se non autorizzato). Dunque, chi ottiene l’esdebitazione è libero di iniziare nuove attività economiche. Ovviamente le banche o i fornitori valuteranno il rischio (sapendo del precedente fallimento), ma legalmente non c’è impedimento. Se poi il debitore era incappato in una condanna penale con pene accessorie (es. inabilitazione all’esercizio di impresa per bancarotta semplice), quelle seguono le regole penali (possono durare alcuni anni). Ma l’esdebitazione in sé toglie le limitazioni civilistiche. Da notare anche che con l’esdebitazione cessano le cosiddette “cause di ineleggibilità e decadenza” collegate allo status: ad esempio, un fallito non può essere amministratore di condominio finché dura la procedura; dopo l’esdebitazione può, perché non è più “fallito”. Insomma, il soggetto è reintegrato nella vita economica a 360 gradi.
D: Se dopo l’esdebitazione trovo un buon lavoro o ricevo un’eredità, i vecchi creditori possono rifarsi su quello?
R: No, a meno che si tratti del caso dell’esdebitazione del debitore incapiente entro i 4 anni dal decreto. Fuori da quella ipotesi, l’esdebitazione è definitiva: i nuovi redditi o beni che il debitore acquisisce dopo essere stato esdebitato non sono attaccabili per i debiti concorsuali passati. Ad esempio, Caio viene liberato dai debiti nel 2025; nel 2028 vince alla lotteria €1 milione. I vecchi creditori non possono in alcun modo pretendere di riaprire i conti: i loro crediti sono stati dichiarati inesigibili, punto. Caio se li gode (al netto delle tasse!). Lo stesso vale se Caio trova un ottimo lavoro: stipendio intoccabile dai vecchi creditori. Fa eccezione, come detto, la situazione di debitore incapiente: lì se l’eredità o la vincita arriva entro quattro anni dal decreto, sopra una certa soglia, allora il debitore ha l’obbligo legale di destinarne una parte ai creditori o rischia la revoca. Passati i 4 anni, neanche quell’obbligo sussiste più. Quindi, l’esdebitazione normale è subito definitiva, quella “incapiente” lo diventa dopo 4 anni di condizionalità.
D: L’esdebitazione copre anche i debiti verso i garanti che mi hanno pagato debiti?
R: Mi spiego meglio: se un terzo (garante) ha pagato un mio debito durante il fallimento, quel terzo subentra e potrebbe rivalersi su di me (azione di regresso). Esempio: in fallimento la banca escute una fideiussione di mio padre per un prestito; mio padre paga €10.000 alla banca. Ora io ho un debito di regresso verso mio padre di €10.000. Questo debito di regresso è concorsuale anch’esso (perché deriva da un’obbligazione mia pregressa garantita). Quindi sì, rientra nell’esdebitazione (non è un debito alimentare né da illecito né una sanzione). Pertanto, dopo l’esdebitazione io non dovrò restituire a mio padre quei €10.000 – a meno che moralmente voglia farlo, ma legalmente no. Non a caso la legge prevede che i creditori mantengono i diritti verso i coobbligati “o debitori in via di regresso”, intendendo che i garanti potranno rifarsi sugli altri coobbligati ma non sul debitore principale esdebitato.
D: Durante il fallimento non ho consegnato al curatore alcuni documenti (li ho persi…). Rischio la bocciatura dell’esdebitazione?
R: Dipende dalle circostanze. Se il tribunale ritiene che la mancata consegna dipenda da negligenza lieve o caso fortuito (li hai persi ma non volontariamente per ostacolare, e comunque li hai ricostruiti), probabilmente non ti sarà precluso il beneficio. Le condizioni di legge parlano di non aver ostacolato né rallentato consapevolmente la procedura. Certo, se i documenti persi erano fondamentali e la loro assenza ha reso impossibile accertare il passivo, ciò potrebbe configurare un aggravamento del dissesto rendendo difficile la ricostruzione, quindi rientrare tra le condotte vietate. È una valutazione caso per caso. In generale, errori veniali o mancanze non dolose non dovrebbero costarti l’esdebitazione. Ma se hai dubbi, meglio spiegare bene al giudice i motivi e la tua buona fede, magari allegando dichiarazioni del curatore che conferma che la perdita dei documenti non ha creato danno.
D: Avevo dei crediti verso terzi nel fallimento; non sono stati riscossi per inerzia del curatore e così alla chiusura sono “sfumati”. I creditori possono contestarmi che non ho fatto incassare quei soldi e quindi negarmi l’esdebitazione?
R: Se il curatore non ha riscosso un credito della massa (es. un credito della tua azienda verso un cliente) magari perché inesigibile o perché ha valutato che non conveniva, questo non dovrebbe pregiudicare la tua posizione, a meno che tu abbia ostacolato la riscossione. Non era tuo compito attivo incassare (non ne avevi più potere durante la procedura). Quindi i creditori non possono formalmente imputare a te l’omessa realizzazione di quell’attivo, salvo provino che tu hai fatto accordi occulti col debitore del credito o simili. In sintesi: no, non è causa di diniego. La giurisprudenza dice che la valutazione sul soddisfacimento non è rigida e tiene conto anche di fattori come i costi e la struttura della procedura. Se quel credito era incerto, non imputabile a te. L’importante è che tu lo abbia segnalato al curatore: se non l’hai fatto (hai taciuto un credito attivo), allora sì che sarebbe grave (avresti occultato un elemento dell’attivo), e quello è motivo di diniego.
D: Dopo l’esdebitazione, i creditori possono continuare azioni legali?
R: No, devono cessare. Il decreto di esdebitazione, una volta definitivo, rende i crediti inesigibili e quindi spoglia i creditori di interesse ad agire. Se qualcuno tentasse comunque un pignoramento, potrai far valere l’esdebitazione come causa estintiva dell’obbligazione. In genere, i legali dei creditori archiviano la pratica. Attenzione però: la situazione potrebbe essere questa – durante il fallimento le esecuzioni individuali erano sospese e vietate; dopo la chiusura del fallimento, se non avevi esdebitazione, i creditori potevano riattivarle. Se poi ottieni l’esdebitazione un po’ dopo, occorre notificare quel decreto in eventuali procedure esecutive re-iniziate per farle cessare. Ad esempio, fallimento chiuso a gennaio, esdebitazione concessa a marzo ma intanto a febbraio un creditore aveva notificato un pignoramento sul tuo conto corrente (pensando tu fossi libero): in quel caso depositando il decreto di esdebitazione il pignoramento verrà estinto e i soldi eventualmente bloccati liberati. Quindi tecnicamente i creditori potevano provare ad agire nel lasso di tempo tra chiusura e decreto; per questo è bene presentare istanza subito e magari chiedere al giudice di sospendere eventuali esecuzioni in corso. Una volta concesso il beneficio, comunque, nessun nuovo procedimento esecutivo potrà essere iniziato per quei debiti.
Fonti Normative e Giurisprudenziali
(Elenco completo delle fonti citate e rilevanti utilizzate in questa guida):
Normativa primaria:
- R.D. 16 marzo 1942 n. 267 – Vecchia Legge Fallimentare, artt. 142, 143, 144 (disciplina dell’esdebitazione introdotta dal D.Lgs. 5/2006 e 169/2007).
- Legge 27 gennaio 2012 n. 3 – Composizione delle crisi da sovraindebitamento, art. 14-terdecies (esdebitazione del sovraindebitato; abrogata dal CCII).
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 – Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), in vigore dal 15 luglio 2022. In particolare:
- Art. 278 CCII: Effetti dell’esdebitazione (liberazione dai debiti residui, rimozione cause di ineleggibilità; comma 7 elenca debiti esclusi: alimentari, illeciti, sanzioni).
- Art. 279 CCII: (come modificato dal D.Lgs. 83/2022) Diritto all’esdebitazione dopo 3 anni dall’apertura della procedura di liquidazione giudiziale (c.d. esdebitazione anticipata).
- Art. 280 CCII: “Condizioni per l’esdebitazione” – requisiti soggettivi e oggettivi (assenza condanne, condotta cooperativa, niente frodi, 5 anni, max due volte).
- Art. 281 CCII: “Procedimento” – istanza del debitore, comunicazione ai creditori, ruolo del curatore (rapporto riepilogativo), decisione del tribunale. (Modificato dal D.Lgs. 136/2024 eliminando l’istanza per esdebitazione dopo 3 anni d’ufficio).
- Art. 282 CCII: “Esdebitazione di diritto” nella liquidazione controllata – automatismo dopo 3 anni per debitore persona fisica meritevole.
- Art. 283 CCII: “Esdebitazione del sovraindebitato incapiente” – procedura speciale per debitore persona fisica nullatenente meritevole (una volta sola; obbligo dichiarazione utilità sopravvenute entro 4 anni ≥10%).
- Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e Consiglio – sui quadri di ristrutturazione preventiva e sul fresh start, recepita dal CCII: art. 20 prevedeva che imprenditori onesti insolventi potessero ottenere esdebitazione entro max 3 anni. (Principio attuato dall’art. 279-282 CCII).
Normativa secondaria e di attuazione:
- D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024 – Decreti correttivi al CCII. Hanno inciso su art. 279 (termine triennale), art. 281 (semplificazione procedura, riduzione termini reclamo), art. 283 (precisazioni incapiente) e su regime transitorio (applicazione nuove norme ai fallimenti pregressi). Ad es., D.Lgs. 83/2022 ha ridotto a 5 anni l’intervallo tra esdebitazioni.
Giurisprudenza di legittimità:
- Cass., Sez. Unite civili, 27/12/2016 n. 26988: ha stabilito che i debiti tributari e contributivi (IVA compresa) non sono esclusi dall’esdebitazione fallimentare, non ostando principi UE. Svolta giurisprudenziale in linea con CGUE 2017.
- Cass., Sez. I, 24/10/2024 n. 27562: (Mandico) ha confermato l’eliminazione del requisito di pagamento parziale nel CCII e chiarito come valutare il “parziale soddisfacimento” sotto la vecchia legge: no soglie fisse, rileva meritevolezza; soddisfazione anche minima non preclude beneficio salvo zero assoluto.
- Cass., Sez. I, 7/04/2022 n. 11524: (ordinaria) ha ribadito la legittimità dell’esdebitazione comprensiva di debiti IVA, allineandosi alle SU 2016 e chiudendo ogni disputa residua.
- Cass., Sez. I, 09/06/2021 n. 16079: ha precisato che le sanzioni tributarie accessorie seguono la sorte del tributo in esdebitazione (mentre restano escluse le sanzioni autonome).
- Cass., Sez. I, 04/11/2022 n. 32445: ha affermato che le condizioni di meritevolezza del CCII si applicano anche a istanze post 2022 su fallimenti chiusi ante, in base al regime transitorio (favorendo i debitori).
- Corte Costituzionale, 11/06/2014 n. 225: (precedente alla svolta) aveva ritenuto non incostituzionale la mancata inclusione dell’IVA nei concordati, ritenendo il pagamento integrale un principio EU, poi superato da CGUE.
- Corte Giustizia UE, 16/03/2017 (causa C-493/15, Di Maura): ha dichiarato che la normativa europea (artt. 4(3) TUE e direttive IVA) non obbliga a escludere l’IVA dall’esdebitazione, contrariamente a quanto ipotizzato prima. Decisione fondamentale recepita dalla Cassazione italiana.
Giurisprudenza di merito:
- Tribunale di Messina, ord. 20/12/2021 (Est. Minutoli): in ambito sovraindebitamento ha affermato che, nel giudizio di meritevolezza, la colpa del debitore nel sovraindebitamento va valutata anche considerando la condotta di chi ha concesso il credito (merito creditizio). Principio favorevole al debitore (assenza di colpa desumibile se le banche gli avevano dato credito).
- Tribunale di Modena, ord. 16/07/2021 (Est. Salvatore): in linea con sopra, sulla valutazione della colpa nel sovraindebitamento del consumatore.
- Tribunale di Ferrara, decr. 10/03/2025 (Est. Ghedini): primo orientamento sull’esdebitazione incapiente, ha interpretato in modo sistematico il criterio del 10% ex art. 283 co.2 CCII, invitando a valutare caso per caso le eccedenze di reddito e a non considerare incapiente chi può destinare un surplus ragionevole ai creditori.
- Tribunale di Rimini, decr. 06/02/2025 (Pres. Miconi): in tema analogo, ha probabilmente concordato sulla necessità di evitare esiti distorti (dati non riportati integralmente).
- Tribunale di Torino, decr. 23/04/2025: ha accolto l’istanza ex art. 283 CCII di una debitrice con debiti tributari elevati, valorizzando la meritevolezza nonostante l’entità dei debiti verso Erario/INPS. Rilievo: dimostra che neppure un rilevante debito fiscale preclude l’esdebitazione incapiente se mancano dolo o colpa grave.
- Tribunale di Milano, vari decreti 2023-2024: applicativi del CCII, ad es. decreti di esdebitazione di società in estensione ai soci illimitati; decreti su incapienti con protocollo OCC. (Non pubblicati ufficialmente ma noti per prassi forense).
- Tribunale di Mantova, decr. 14/01/2023: esdebitazione concessa a società di persone (S.a.s.) e soci accomandatari; importante come prima applicazione art. 278 co.4 CCII in merito.
- Tribunale di Treviso, decr. 2023: (segnalazione dottr.) esdebitazione contemporanea di SNC e soci falliti.
Prassi amministrative e linee guida:
- Agenzia Entrate-Riscossione (ADER): dopo Cass. 2016/2017, ha emanato disposizioni interne per uniformarsi: in caso di esdebitazione del fallito, considerare i carichi non riscossi come “inesigibili” e cessare la riscossione.
- INPS, Messaggio n. 1681/2018: (ante CCII) riconosceva l’effetto dell’esdebitazione sui contributi, in recepimento di Cass. SU. Successivamente ribadito.
- Tribunale di Trento – Modulistica: “Istanza di esdebitazione” fac-simile fornita sul sito istituzionale.
- Tribunale di Marsala – Modulistica: analogo fac-simile RTF online.
- Protocollo OCC di vari Fori (es. Trapani, Pisa): modelli di relazione e modulistica per istanze ex art. 283 CCII (richiesta OCC, attestazione incapienza).
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