Perfetto. Avvierò la redazione di una guida dettagliata su come richiedere un saldo e stralcio con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, aggiornata a maggio 2025. La guida Hai un debito con l’Agenzia delle Entrate o con l’Agenzia Entrate Riscossione e ti stai chiedendo se puoi chiudere la posizione pagando solo una parte dell’importo dovuto? Hai sentito parlare del saldo e stralcio, ma non sai se si applica anche ai debiti fiscali e quando è davvero possibile ottenerlo?
In alcuni casi la legge consente di definire i debiti fiscali con un pagamento ridotto, anche per cartelle esattoriali già notificate. Ma non sempre è automatico e non tutti ne hanno diritto. Serve una procedura corretta, motivata e spesso accompagnata da una valutazione tecnica e legale.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, sovraindebitamento e trattative con il fisco – ti spiega quando è possibile richiedere un saldo e stralcio con l’Agenzia delle Entrate, come funziona, e cosa fare per chiudere il debito pagando meno, legalmente e in sicurezza.
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Introduzione
“Saldo e stralcio” è un termine che nel linguaggio comune indica un accordo transattivo grazie al quale un debitore salda un debito pagando solo una parte dell’importo dovuto, ottenendo lo stralcio (cioè la cancellazione) del residuo. In ambito fiscale italiano, questa espressione richiama sia misure straordinarie introdotte dal legislatore (come sanatorie o definizioni agevolate) sia procedure concorsuali previste dalla legge, che consentono di chiudere i debiti con l’erario in modo agevolato. Negli ultimi anni si è parlato di “pace fiscale”, un insieme di interventi normativi volti a favorire la regolarizzazione dei debiti tributari e contributivi a condizioni più favorevoli rispetto alla disciplina ordinaria. Queste misure – note anche come tregua fiscale – permettono ai contribuenti di estinguere le pendenze col Fisco con sconti su sanzioni, interessi e talvolta sul capitale, rispetto a quanto dovuto in via ordinaria.
In questa guida approfondiremo come e quando è possibile richiedere un saldo e stralcio dei debiti fiscali iscritti a ruolo presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), ossia l’ente incaricato di riscuotere i tributi e le altre entrate per conto dello Stato e degli enti pubblici. Ci concentreremo sulle posizioni debitorie verso l’erario italiano già affidate ad AER (le cosiddette cartelle esattoriali o cartelle di pagamento). Saranno esaminati sia gli strumenti di definizione agevolata previsti da normative recenti (come rottamazioni delle cartelle, stralcio dei piccoli debiti, tregua fiscale 2023 e definizione delle liti pendenti in ambito tributario) sia le possibilità offerte dalle procedure di sovraindebitamento e di crisi d’impresa disciplinate dal D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), che consentono agli imprenditori e ai privati in difficoltà economica di ottenere l’esdebitazione parziale dei debiti (compresi quelli fiscali).
In sintesi, esploreremo quando è possibile ottenere un saldo e stralcio con Agenzia Entrate-Riscossione (spoiler: solo in presenza di specifiche condizioni o procedure di legge) e come richiederlo, ossia quali passi operativi compiere e a quali requisiti attenersi per beneficiare di uno sconto sul proprio debito fiscale. Prima di entrare nel vivo, è importante delineare i concetti di base e il contesto normativo.
Concetti di base: saldo e stralcio e ruolo dell’Agenzia Entrate-Riscossione
Prima di tutto, occorre chiarire chi è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) e quale sia il suo ruolo. AER è l’ente pubblico incaricato della riscossione coattiva dei tributi e di altre entrate per conto dello Stato, degli enti previdenziali (es. INPS) e di alcuni enti locali. Quando un contribuente non paga spontaneamente imposte, contributi o altre somme dovute, l’ente creditore (ad esempio l’Agenzia delle Entrate per le imposte, l’INPS per i contributi, un Comune per una multa, ecc.) affida il carico insoluto ad AER. Quest’ultima notifica al contribuente una cartella di pagamento (detta anche cartella esattoriale), ovvero l’atto con cui intima il pagamento delle somme dovute entro un termine perentorio, maggiorate di interessi di mora e oneri di riscossione. In mancanza di pagamento o di accordi (come una rateizzazione), AER può avviare misure esecutive (pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche, ecc.) per recuperare il credito.
Normalmente, al di fuori di procedure o norme speciali, non è previsto che AER accetti pagamenti parziali a saldo e stralcio del debito. In linea generale, infatti, l’agente della riscossione è tenuto per legge a riscuotere l’intero importo iscritto a ruolo (capitale, sanzioni, interessi) e non ha un potere discrezionale di transigere o ridurre il debito su semplice richiesta del contribuente. A differenza di un creditore privato, il Fisco non può generalmente “fare sconti” sui tributi dovuti, salvo che intervenga una specifica disposizione di legge o che il contribuente attivi una procedura concorsuale in cui la legge stessa preveda la possibilità di falcidiare (ridurre) il credito tributario. Dunque, se un contribuente in difficoltà economica si rivolge spontaneamente ad AER proponendo di pagare, ad esempio, il 50% del suo debito fiscale in cambio dell’annullamento del restante 50%, AER non può accettare: non esiste nell’ordinamento uno strumento di “concordato extra-giudiziale” con il Fisco liberamente negoziabile tra le parti, se non all’interno dei vincoli di legge.
Le uniche ipotesi in cui è possibile ottenere un saldo e stralcio dei debiti con Agenzia Entrate-Riscossione sono:
- quando lo stesso legislatore introduce misure agevolative di carattere generale, permettendo ai contribuenti di chiudere le pendenze versando solo una parte del dovuto (sanatorie fiscali o definizioni agevolate);
- quando il contribuente accede a procedure di insolvenza o crisi previste dalla legge (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione, procedura di sovraindebitamento, ecc.) in cui, con determinate garanzie e il controllo dell’autorità giudiziaria, anche i crediti tributari possono essere pagati parzialmente e la restante parte viene esdebitata (transazione fiscale).
Va aggiunto che talvolta il legislatore prevede anche l’annullamento d’ufficio di alcuni debiti iscritti a ruolo (ad esempio cartelle molto vecchie di modesto importo): in questi casi il debitore non deve far nulla, poiché è la legge stessa a disporre lo stralcio automatico. Si tratta comunque di fattispecie eccezionali e circoscritte.
In assenza di una di queste condizioni (adesione a definizioni agevolate o avvio di procedure concorsuali), il contribuente ha sostanzialmente due strade per gestire un debito con AER: pagare integralmente (in unica soluzione o chiedendo una rateizzazione) oppure, se ne ricorrono i presupposti, contestare il debito nelle sedi di giustizia tributaria (quando si ritiene che il debito non sia dovuto). La rateizzazione non è un saldo e stralcio, ma solo una dilazione del pagamento: il debitore paga tutto il dovuto, con un piano a rate, e in cambio AER sospende le azioni esecutive. La contestazione giudiziale, d’altro canto, può portare all’annullamento totale o parziale del debito se il contribuente ottiene ragione in Commissione Tributaria, ma non è una “transazione”: è un esito contenzioso, non concordato.
Riassumendo, il saldo e stralcio “volontario” di un debito fiscale non è ammesso dall’ordinamento, mentre il saldo e stralcio “legale” è possibile solo usufruendo di strumenti normativi ad hoc. Nei capitoli seguenti esamineremo dapprima gli strumenti di definizione agevolata previsti dalle recenti normative (rottamazioni, stralci e sanatorie fiscali), quindi passeremo alle procedure concorsuali di sovraindebitamento e crisi d’impresa in cui è contemplata la transazione del debito fiscale. Per ciascuna tipologia analizzeremo condizioni, limiti, vantaggi e modalità operative per richiedere il beneficio.
Strumenti di definizione agevolata dei debiti fiscali con AER
Negli ultimi anni il legislatore italiano è intervenuto più volte per consentire ai contribuenti di definire in modo agevolato i debiti risultanti da cartelle esattoriali. Si tratta di misure a carattere eccezionale e temporaneo, spesso inserite nelle Leggi di Bilancio o in decreti collegati, volte a facilitare la riscossione da parte dello Stato dando ai debitori uno sconto su sanzioni e interessi (e talvolta anche sul capitale) in cambio di un pagamento in tempi certi. Queste misure non richiedono l’insolvenza del debitore né l’intervento del tribunale: sono sanatorie amministrative alle quali il contribuente può aderire presentando un’apposita istanza di adesione entro i termini previsti dalla legge.
Di seguito esaminiamo i principali strumenti di definizione agevolata attivati di recente per i debiti iscritti a ruolo, con aggiornamento a maggio 2025.
Rottamazione delle cartelle esattoriali (Definizione agevolata)
La “rottamazione” delle cartelle – termine colloquiale per indicare la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione – è uno strumento che consente al contribuente di estinguere i debiti iscritti a ruolo senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. In pratica, aderendo alla rottamazione il debitore paga solo il capitale dovuto e alcuni oneri accessori minimi (gli interessi legali denominati “interessi per ritardata iscrizione a ruolo” e le spese di notifica/esecutive), beneficiando dell’azzeramento delle sanzioni amministrative e degli interessi di mora normalmente dovuti sulle cartelle. È importante sottolineare che la rottamazione non comporta uno sconto sul tributo in sé: il capitale dell’imposta o contributo inizialmente dovuto va sempre versato per intero (insieme, in certi casi, a una quota di interessi minorata). Lo “sconto” riguarda le penalità e gli interessi di mora accumulati nel tempo.
La prima definizione agevolata delle cartelle risale al 2016 (cosiddetta rottamazione delle cartelle Equitalia, introdotta dal D.L. 193/2016) e da allora ci sono state varie edizioni successive: rottamazione-bis nel 2017, rottamazione-ter nel 2018, una versione speciale di “saldo e stralcio” nel 2019 per i contribuenti in difficoltà (di cui diremo a breve) e infine la rottamazione-quater nel 2023. Ciascuna edizione aveva ambiti applicativi e scadenze proprie. In questa sede ci concentriamo sull’ultima in ordine di tempo, Rottamazione-quater, disciplinata dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, commi 231-252), in quanto è la misura attualmente in corso di esecuzione e aggiornata alle disposizioni più recenti.
Ambito di applicazione: La rottamazione-quater riguarda i carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. In pratica, copre la stragrande maggioranza dei debiti a ruolo dal 2000 fino a metà 2022 (tributi erariali, contributi previdenziali, multe stradali, ecc.), ad esclusione però di alcune tipologie di debito non ammesso per legge alla definizione agevolata (ad esempio, l’IVA all’importazione, le somme da recupero di aiuti di Stato, le sanzioni penali e altre poste escluse esplicitamente). Per i tributi locali e le multe, l’adesione alla rottamazione è stata possibile solo se l’ente locale creditore ha deliberato di aderire alla sanatoria: in mancanza, la cartella relativa resta esclusa e dovrà essere pagata integralmente (magari con altre forme di definizione se previste a livello locale).
Beneficio: Aderendo alla rottamazione-quater, il contribuente paga solo gli importi affidati a ruolo a titolo di capitale e di interessi “da ritardata iscrizione a ruolo”, oltre alle eventuali spese di procedura (spese di notifica della cartella, diritti di escussione) già maturate. Vengono invece abbuonati al 100%:
- gli interessi di mora (interessi sul ritardato pagamento delle cartelle, che maturano dal giorno di notifica della cartella in poi),
- le sanzioni incluse nei carichi (ad esempio le sanzioni tributarie per omesso versamento, le aggiunte di INPS per omissioni contributive, le sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada, ecc.).
Inoltre, per le multe stradali (che di per sé non hanno “capitale” ma solo sanzioni pecuniarie), la legge ha previsto che si rottama la cartella versando solo l’importo originario della multa senza interessi di mora né maggiorazioni, ottenendo quindi lo sconto sugli interessi e sulle maggiorazioni semestrali previste dalla legge per i ritardi di pagamento (le sanzioni principali restano dovute).
Modalità e termine di adesione: Per usufruire della definizione agevolata, il contribuente ha dovuto presentare entro il 30 giugno 2023 una dichiarazione di adesione in via telematica, indicando le cartelle (o i singoli carichi) che intendeva rottamare. A differenza di precedenti rottamazioni, non era richiesto il pagamento di un acconto all’atto della domanda. Successivamente, AER ha inviato ai richiedenti la “Comunicazione delle somme dovute”, con il conteggio del totale da pagare e il calendario delle rate. La legge ha infatti previsto la possibilità di pagare il dovuto a rate fino a 5 anni: precisamente in un massimo di 18 rate distribuite nell’arco 2023-2027 (le prime due rate ciascuna pari al 10% del totale, con scadenza 31 ottobre e 30 novembre 2023, e le restanti 16 rate semestrali dal 2024 al 2027). Il pagamento dilazionato comporta un lieve aggravio: sulle rate successive alla prima sono dovuti interessi al tasso del 2% annuo.
Novità 2023-2025: La rottamazione-quater è stata oggetto di alcuni interventi correttivi e proroghe. In particolare, inizialmente il termine di adesione era il 30 aprile 2023, poi prorogato al 30 giugno 2023. Successivamente, vista la mole di adesioni e alcune difficoltà operative, il legislatore ha differito in avanti le scadenze delle prime rate: dapprima per i contribuenti colpiti dall’alluvione di maggio 2023 (DL 61/2023), poi, con il DL 148/2023 convertito, per tutti i contribuenti sono state unificate e spostate le scadenze del 2023. In pratica, le rate inizialmente previste al 31 luglio, 30 novembre 2023 ecc. sono slittate e alla fine le prime tre rate (31 ottobre, 30 nov e 31 dic 2023) sono state considerate tempestive se pagate entro il 15 marzo 2024. Ciò ha dato un po’ più di respiro ai debitori nell’avvio dei pagamenti.
Un’ulteriore importante novità è giunta con la Legge 26 febbraio 2025, n.15 (conversione del DL 148/2023): essa ha previsto la riammissione ai benefici della rottamazione-quater per i contribuenti che al 31 dicembre 2024 risultavano decaduti dalla definizione agevolata per mancato o tardivo pagamento di una o più rate. In altre parole, chi aveva aderito ma non era riuscito a rispettare puntualmente le scadenze 2023 o 2024, ha ottenuto una “seconda chance”: presentando un’istanza telematica entro il 30 aprile 2025 e versando entro il 31 luglio 2025 le rate scadute non pagate, può essere riammesso alla rottamazione e proseguire con un nuovo piano di pagamenti. Questa riapertura non consente invece di rottamare nuove cartelle non incluse nella domanda originaria: si applica solo a chi aveva già presentato domanda nel 2023 e poi era decaduto. Al maggio 2025, pertanto, è ancora possibile rientrare nei benefici per i decaduti (per chi rispetta il termine del 30/4/2025), mentre non è più possibile presentare nuove domande di definizione agevolata per debiti non già contemplati.
Effetti della rottamazione: Durante la pendenza della definizione agevolata, sono sospese le azioni esecutive e cautelari di AER relative ai debiti rottamati. Inoltre, se sui carichi rottamati sono in corso contenziosi (ricorsi in Commissione Tributaria o opposizioni presso il giudice civile), il contribuente è tenuto a rinunciarvi al fine di perfezionare la definizione. L’estinzione del debito attraverso il pagamento integrale di quanto dovuto in rottamazione produce, ovviamente, anche l’estinzione delle procedure esecutive eventualmente avviate (pignoramenti, fermi, ipoteche vengono revocati una volta pagato il dovuto).
Limiti e decadenza: È fondamentale rispettare le scadenze di pagamento stabilite. Il mancato o tardivo pagamento di anche una sola rata oltre i margini di tolleranza (la legge consente solo un lieve ritardo di 5 giorni) comporta la decadenza dalla rottamazione. In caso di decadenza, i versamenti effettuati vengono acquisiti a titolo di acconto sul debito, ma si perdono tutti i benefici: il debito residuo torna a essere gravato da sanzioni e interessi come se la definizione non ci fosse mai stata, e AER può riprendere le azioni di recupero. Come visto, la legge del 2025 ha concesso una riammissione straordinaria per i decaduti, ma è un’eccezione non garantita in futuro.
Possibili sviluppi futuri: Al maggio 2025, è in discussione in Parlamento un ulteriore provvedimento di definizione agevolata (denominato “rottamazione-quater/quinquies” in bozza) che potrebbe estendere il perimetro ai carichi affidati fino al 2023 e includere per la prima volta anche i tributi locali nel meccanismo agevolativo. Tale disegno di legge (A.S. 1375/2024) prospetta piani di dilazione più lunghi (fino a 10 anni, cioè 120 rate) e maggior flessibilità (tolleranza fino a 8 rate non pagate prima di decadere). Trattandosi però di normativa non ancora vigente a maggio 2025, occorrerà seguirne l’iter per capire se e quando diverrà realtà.
Di seguito una tabella riepilogativa sulla Rottamazione-quater vigente:
Carichi definibili | Debiti a ruolo dal 1/1/2000 al 30/6/2022 (esclusi debiti non ammessi per legge) |
---|---|
Vantaggi | Stralcio totale di sanzioni e interessi di mora. Pagamento del solo capitale + interessi legali e spese. |
Adesione | Domanda online entro 30/06/2023 (prorogata dal 30/04). Comunicazione importi dovuti inviata da AER. |
Pagamento | Fino a 18 rate (5 anni) con interesse 2% annuo sulle rate dal 2024 in poi. Scadenze iniziali prorogate al 15/03/2024 per prime 3 rate. |
Decadenza | Tolleranza 5 giorni. Decadenza se salto di una rata oltre tolleranza; perdita benefici (salvo riammissione straordinaria 2025). |
Situazione 2025 | Pagamenti in corso fino al 2027. Riammissione possibile per decaduti (domanda entro 30/4/25). Nessuna nuova adesione prevista al momento. |
“Saldo e stralcio” 2019 per contribuenti in difficoltà (Legge n. 145/2018)
Un capitolo a parte merita la misura denominata proprio “Saldo e stralcio” introdotta con la Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018, commi 184-199). Si trattava di una definizione agevolata riservata alle persone fisiche in grave e comprovata difficoltà economica, con condizioni più favorevoli rispetto alla rottamazione standard. In particolare, il “Saldo e stralcio 2019” consentiva a determinate categorie di contribuenti di estinguere i debiti a ruolo versando solo una percentuale ridotta degli importi dovuti a titolo di imposta e interessi iscritti a ruolo, percentuale variabile in funzione dell’indicatore economico ISEE del nucleo familiare. La restante parte del debito veniva completamente annullata (stralciata), incluse in ogni caso sanzioni e interessi di mora, che erano azzerati per tutti gli aderenti.
Ecco i dettagli della misura Saldo e Stralcio 2019:
- Beneficiari: solo persone fisiche che versavano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica. La difficoltà doveva risultare da:
- un ISEE del nucleo familiare non superiore a €20.000, oppure
- alternativamente, dall’essere il debitore già assoggettato (alla data di presentazione della domanda) a una procedura di liquidazione nell’ambito della legge sul sovraindebitamento (Legge 3/2012, art. 14-ter).
- Debiti definibili: rientravano nel Saldo e stralcio i debiti a ruolo affidati dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 aventi ad oggetto:
- omessi versamenti dovuti in autoliquidazione risultanti dalle dichiarazioni annuali (es. imposte dichiarate e non versate, come IRPEF, IVA, contributi IVS autonomi);
- contributi previdenziali dovuti da iscritti a casse di previdenza private o alle gestioni artigiani/commercianti INPS, che non siano stati versati.
- Percentuali di pagamento: la legge prevedeva tre scaglioni ISEE con relative percentuali:
- ISEE fino a €8.500 -> pagamento del 16% delle somme dovute (capitale + interessi da ritardata iscrizione a ruolo);
- ISEE da €8.500,01 a €12.500 -> pagamento del 20% delle somme dovute;
- ISEE da €12.500,01 a €20.000 -> pagamento del 35% delle somme dovute.
- Modalità e termini: la dichiarazione di adesione al Saldo e stralcio 2019 andava presentata entro il 30 aprile 2019 su modulo SA-ST. Era possibile pagare in un’unica soluzione (entro novembre 2019) oppure fino a 5 rate spalmate tra il 2019 e il 2021. Anche qui, l’adesione comportava la sospensione di azioni esecutive e la necessaria rinuncia ai contenziosi relativi ai debiti ricompresi.
- Esiti: La misura del 2019 ha avuto un’adesione significativa da parte di contribuenti con ISEE basso. Ha permesso, ad esempio, a persone con redditi modesti e cartelle per tasse non versate di chiudere la posizione pagando percentuali davvero esigue (16%, 20% o 35%) del carico, con uno sconto consistente. Esempio: un contribuente con ISEE di €10.000 e cartelle per imposte autoliquidate non versate per €10.000 di capitale + €2.000 di interessi, ha potuto definire tutto pagando solo €2.400 (il 20% di 12.000), vedendosi cancellare il resto, comprese sanzioni e interessi di mora che gravavano su quelle cartelle.
Il Saldo e stralcio 2019 è stato una misura una tantum: il termine di adesione è scaduto e non è stato più riproposto negli anni successivi in quella forma specifica. Oggi chi ha ISEE basso non dispone di un analogo “saldo e stralcio” generalizzato. Deve dunque valutare le altre opzioni (come la rottamazione semplice, oppure le procedure di sovraindebitamento se la difficoltà è grave). Resta possibile che in futuro il legislatore introduca nuovi saldo e stralcio per situazioni sociali difficili, ma al 2025 nulla di simile è attivo. In ogni caso, la misura del 2019 ha fatto da precedente importante: ha mostrato che, in situazioni selezionate, lo Stato è disposto a rinunciare a una parte significativa del credito pur di favorire una chiusura bonaria e incassare almeno una quota, evitando di inseguire a lungo soggetti di fatto incapienti.
Stralcio automatico dei mini-debiti (importi fino a €1.000)
Parallelamente alle definizioni agevolate su istanza del contribuente, le recenti normative hanno previsto anche lo stralcio d’ufficio di alcuni debiti di modesta entità, senza bisogno di domanda da parte del debitore. Si tratta di condoni “automatici” per alleggerire il magazzino ruoli da crediti antichi e di difficile esazione, il cui costo di recupero supererebbe spesso il valore. Due importanti interventi in tal senso:
- Stralcio mini-cartelle 2000-2010: Previsto dal DL 119/2018 (convertito in L. 136/2018, collegato alla “pace fiscale” 2019), disponeva l’annullamento automatico di tutti i debiti di importo residuo fino a €1.000 affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010. Lo stralcio è avvenuto il 31 dicembre 2018, cancellando di colpo sanzioni, interessi e anche il capitale di milioni di vecchie cartelle fino a mille euro. Erano inclusi sia tributi erariali sia locali. Fecero eccezione solo i debiti per risorse UE e poche altre categorie. Il contribuente beneficiario ha semplicemente ricevuto (eventualmente) una comunicazione di avvenuto annullamento, senza dover far nulla.
- Stralcio mini-debiti 2000-2015 (“tregua fiscale” 2023): La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, commi 222-229) ha previsto un nuovo annullamento automatico per i debiti fino a €1.000 affidati dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015. Il meccanismo 2023 presentava però alcune differenze: riguardava solo i carichi di amministrazioni statali, agenzie fiscali ed enti previdenziali (erano esclusi automaticamente i carichi degli enti locali, che potevano tuttavia decidere volontariamente di aderire allo stralcio per le proprie quote tramite apposita delibera entro il 31/1/2023). Inoltre, il condono era “parziale”: venivano annullati integralmente sanzioni e interessi dei mini-debiti, mentre il capitale (e l’aggio) restavano dovuti per i carichi verso enti creditori che avessero deliberato in tal senso. In pratica, per lo Stato e gli enti nazionali i mini-ruoli fino €1.000 dal 2000-2015 sono stati cancellati totalmente, per gli enti locali invece si poteva applicare solo lo sgravio di sanzioni e interessi (molti Comuni però hanno scelto di non aderire, preferendo riscuotere integralmente). L’annullamento ha avuto effetto il 31 marzo 2023 per i carichi statali. Questo stralcio ha comportato la chiusura massiva di pendenze minori e residuali, permettendo a molti contribuenti di vedersi eliminare vecchie cartelle di importo simbolico, ad esempio una vecchia sanzione del codice della strada di importo originario €100 che con interessi e more era arrivata a €300 – debito spesso non più inseguibile dopo tanti anni.
In entrambi i casi, l’automatismo della procedura fa sì che non vi sia una “richiesta” da presentare: il contribuente deve solo verificare se il proprio debito rientra nei requisiti (importo e anni) e attendere l’eventuale comunicazione di avvenuto stralcio da parte di AER. Se il debito rientrava nel perimetro e non è stata ricevuta alcuna comunicazione, si può presumere che sia stato annullato (è anche possibile controllare l’estratto conto debitorio sul portale AER, dove tali carichi risultano cancellati). In caso di dubbi (ad esempio per i tributi locali in cui il Comune poteva decidere diversamente), è consigliabile contattare l’ente creditore o AER per conferma.
Nota: i debiti fino a €1.000 oggetto di stralcio automatico non possono essere inclusi nelle rottamazioni o in altre definizioni agevolate qualora l’annullamento sia già avvenuto. Ad esempio, le cartelle 2000-2015 sotto €1.000 annullate a marzo 2023 sono state escluse dalla rottamazione-quater (che riguardava gli stessi anni), evitando duplicazioni.
Definizione agevolata delle liti tributarie pendenti
Un altro strumento di “pace fiscale” molto rilevante è la definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, prevista sempre dalla L. 197/2022 (commi 186-205) sull’onda di precedenti analoghe nel 2017 e 2019. Questo istituto consente al contribuente che ha una causa in corso contro l’Agenzia delle Entrate (o contro l’Agenzia Riscossione, purché la lite riguardi questioni di merito del tributo e non solo la riscossione) di chiudere anticipatamente la lite versando un importo percentuale del valore della controversia, beneficiando dell’abbandono del contenzioso e di uno sconto rispetto a quanto potrebbe dover pagare in caso di esito sfavorevole definitivo.
In pratica, la definizione delle liti fiscali pendenti permette di concordare la fine del giudizio con il Fisco: il contribuente paga una certa percentuale delle imposte contestate (più gli interessi da ritardata iscrizione eventualmente) e le sanzioni amministrative vengono annullate (o ridotte), così come gli interessi di mora. L’entità di quanto bisogna pagare dipende dalla situazione della lite alla data del 1° gennaio 2023 (data di riferimento prevista dalla norma):
- Lite pendente in primo grado (senza sentenza): se al 1/1/2023 il ricorso del contribuente era già stato presentato in Commissione Tributaria ma ancora senza decisione, la lite poteva essere definita pagando il 90% del valore della controversia. In tal caso il “valore della controversia” corrisponde all’importo del tributo contestato (senza sanzioni e interessi, che comunque non si pagano in caso di definizione). Il vantaggio quindi è un 10% di sconto sulle imposte, oltre al risparmio integrale delle sanzioni e degli interessi di mora.
- Lite con sentenza favorevole al contribuente in primo grado: se alla data di riferimento c’era già stata una pronuncia di primo grado che aveva dato ragione al contribuente (ossia l’Agenzia delle Entrate era soccombente in CTP), la definizione richiede di pagare soltanto il 40% del valore della controversia. Lo sconto in questo caso è notevole (si rinuncia a solo il 40% delle imposte) ed è calibrato sul fatto che il contribuente ha già ottenuto una vittoria; l’Agenzia può essere interessata a chiudere subito incassando il 40% piuttosto che rischiare di perdere anche in appello e non incassare nulla.
- Lite con doppia sentenza favorevole al contribuente (vittoria in primo e secondo grado): se il contribuente aveva già vinto sia in CTP che in CTR (doppia conforme favorevole) e la causa pendeva in Cassazione per ricorso dell’Agenzia, allora la definizione richiede il pagamento di appena il 5% del valore della controversia. Si tratta di una sorta di condono quasi totale: il contribuente versa solo un importo simbolico (5%) e chiude definitivamente la questione. Questa ipotesi premia il contribuente che ha già dimostrato in due gradi la fondatezza delle proprie ragioni.
- Lite con sentenza di primo grado sfavorevole al contribuente (soccombenza in primo grado): se il contribuente aveva perso in primo grado ed aveva appellato in CTR (quindi l’Agenzia aveva vinto in CTP), la definizione richiede il pagamento del 100% del valore della controversia, cioè di tutte le imposte contestate, però comunque senza sanzioni. In sostanza, in questo caso la definizione è poco più di un pagamento integrale del dovuto (il beneficio consiste solo nell’annullamento delle sanzioni e interessi di mora). Va detto che in fase di conversione del decreto “tregua fiscale” inizialmente si era ipotizzato uno sconto anche per il contribuente soccombente, ma poi la legge ha stabilito il pagamento pieno. Di fatto, se hai perso in primo grado, l’Agenzia non concede sconti sull’imposta (vuole il 100% delle imposte), ma almeno si risparmiano sanzioni e mora.
- Lite con sentenza di secondo grado sfavorevole al contribuente (soccombenza in secondo grado): analogamente, se il contribuente ha perso in CTR ed eventualmente sta ricorrendo in Cassazione, la definizione è con 100% (caso generale). L’unica eccezione allo sconto zero per il contribuente soccombente è se c’è stata una soccombenza reciproca (es. sentenza che ha accolto parzialmente il ricorso): in tal caso si applicano le percentuali sopra solo alla parte di contestazione vinta dal contribuente, mentre per la parte su cui ha perso si paga il 100%.
Riassumendo le percentuali chiave: 100% (imposta intera) se il contribuente non ha mai vinto nei gradi precedenti; 90% se la causa è pendente senza sentenza; 40% se c’è una sentenza favorevole in primo grado; 15% se c’è sentenza favorevole in secondo grado; 5% se c’è doppia sentenza favorevole (pendente in Cassazione). In tutti i casi, sanzioni e interessi collegati al tributo non si pagano (sono automaticamente stralciati). Nota: la percentuale del 15% si applica quando c’è soccombenza dell’Agenzia in secondo grado ma non in primo (es. contribuente perse in primo grado, poi vinse in appello: qui l’Agenzia è soccombente in secondo grado, percentuale 15%).
La definizione liti riguardava le cause contro l’Agenzia delle Entrate (tributi erariali). Erano escluse le liti relative solo a sanzioni non collegate a tributi (per queste era previsto il pagamento del 15% se il contribuente aveva vinto nell’ultima pronuncia, altrimenti 40% se aveva perso), nonché le liti su risorse UE e aiuti di Stato. Anche le controversie relative a cartelle esclusivamente per questioni di riscossione (es. richieste di sgravio per vizi della cartella) non rientravano, dovendo riguardare il merito del tributo.
Procedura: il contribuente interessato presentava una domanda di definizione all’Agenzia delle Entrate entro il termine (originariamente 30/6/2023, prorogato poi al 30/9/2023) e contestualmente effettuava il pagamento di quanto dovuto (in unica soluzione o in un massimo di 20 rate trimestrali fino a 5 anni, secondo modifiche introdotte in sede di conversione). La definizione si perfeziona con il pagamento integrale e, a seguire, il contribuente deve depositare presso la Corte/Commissione un’istanza di cessazione della materia del contendere. Le spese di lite rimangono generalmente a carico di chi le ha sostenute (spesso compensate).
Vantaggi e considerazioni: Questa definizione ha permesso di chiudere migliaia di contenziosi tributari in corso, riducendo l’arretrato delle Corti di Giustizia Tributaria. Per il contribuente può essere stata molto conveniente in caso di esiti favorevoli (pagare 5%, 15% o 40% dell’imposta evitando rischi ulteriori). Se invece il contribuente era in torto nelle sentenze, l’adesione risultava meno attraente (nessun taglio sull’imposta), ma comunque garantiva lo sgravio di sanzioni e la fine immediata della lite, risparmiando ulteriori interessi e tempi d’attesa. Dal lato erariale, ha portato incassi più rapidi e certi, rinunciando a parte di somme che forse sarebbero state comunque incerte da riscuotere.
Conciliazione agevolata e rinuncia in Cassazione: Accanto alla definizione liti pendenti, la L.197/2022 ha introdotto strumenti complementari: la conciliazione agevolata per le liti tributarie in secondo grado e la rinuncia agevolata ai ricorsi in Cassazione. La conciliazione agevolata consentiva, entro il 30/9/2023, di chiudere in via conciliativa una lite in appello con l’Agenzia, pagando il dovuto con sanzioni ridotte al 1/18 del minimo (invece che intere). La rinuncia in Cassazione permetteva all’Agenzia soccombente in entrambi i gradi di chiudere il ricorso per Cassazione pagando il 5% (che in effetti coincide col caso già previsto di definizione liti con doppia vittoria contribuente). Questi istituti hanno completato il mosaico della tregua fiscale 2023.
Altre misure della “tregua fiscale” 2023
Per completezza, ricordiamo che la L.197/2022 ha previsto anche ulteriori sanatorie e regolarizzazioni, sebbene non direttamente legate a cartelle esattoriali già notificate ma comunque rilevanti per prevenire future iscrizioni a ruolo. Tra queste:
- Definizione agevolata degli avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione: possibilità di accettare gli avvisi fiscali (anche non ancora a ruolo) con solo imposte e interessi, sanzioni ridotte a 1/18;
- Regolarizzazione delle irregolarità formali: sanatoria delle violazioni formali commesse fino al 2021 pagando €200 per anno;
- Ravvedimento speciale: chance di ravvedersi per violazioni sostanziali relative a dichiarazioni fino al 2021, versando imposte dovute e sanzioni ridotte a 1/18;
- Stralcio automatizzato delle cartelle fino €1.000 (già trattato sopra);
- Remissione in termini per rateazioni pregressi: possibilità di riprendere piani di dilazione decaduti pagando le rate scadute entro certa data.
Queste misure sono dettagliate altrove e qui le citiamo solo in quanto parte dello scenario generale di “tregua fiscale”. Ai fini di questa guida, focalizzata su come richiedere un saldo e stralcio con AER, basti tenere presente che esistevano anche strumenti per prevenire l’iscrizione a ruolo di nuovi debiti (accertamenti e irregolarità) a condizioni agevolate. Il professionista dovrà quindi valutare di caso in caso se convenga agire prima che il debito diventi cartella (usando ravvedimenti o definizioni atti) o dopo che è a ruolo (usando rottamazioni e procedure concorsuali). Spesso la soluzione ottimale prevede una combinazione di strumenti.
Saldo e stralcio nelle procedure di sovraindebitamento e crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019)
Oltre alle sanatorie “amministrative” sopra descritte, esiste un altro contesto in cui è possibile ottenere il saldo e stralcio dei debiti fiscali: le procedure concorsuali previste dal diritto fallimentare e, dal 2022, dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) di cui al D.Lgs. 14/2019. In tali procedure – che includono il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, i piani del consumatore e le procedure di sovraindebitamento per soggetti non fallibili – è ammesso proporre il pagamento parziale dei crediti tributari (transazione fiscale) secondo regole ben precise, con il controllo del tribunale. In caso di omologazione della procedura, il debitore ottiene l’esdebitazione (liberazione) dalla parte residua di debito non pagata, incluso quindi il “saldo e stralcio” dei debiti verso il Fisco.
Va evidenziata la distinzione tra imprese soggette a fallimento (ovvero imprenditori commerciali sopra soglie di legge, società di capitali, ecc.) e soggetti non fallibili (piccoli imprenditori, professionisti, consumatori): per i primi esistono concordato preventivo e accordi di ristrutturazione; per i secondi esisteva la Legge 3/2012 (c.d. “legge salva suicidi”) ora assorbita nel CCII con procedure come il piano di ristrutturazione del consumatore e il concordato minore. In tutti i casi, tuttavia, la possibilità di falcidiare i debiti tributari è ora disciplinata in modo organico dal Codice della Crisi, in particolare dagli articoli 63 e 88 CCII per la transazione fiscale.
Di seguito analizziamo separatamente: (a) le procedure di sovraindebitamento per consumatori e piccole imprese; (b) il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione per le imprese maggiori; (c) la nuova composizione negoziata della crisi con la recente apertura alle transazioni fiscali stragiudiziali.
Procedure di sovraindebitamento per consumatori e piccoli imprenditori
Le procedure di sovraindebitamento, introdotte inizialmente con la L. 3/2012 e ora ricomprese nel Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019, artt. 65-83), consentono ai soggetti non fallibili – cioè privati cittadini, piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti, start-up innovative, imprenditori agricoli, enti non commerciali – di gestire una situazione di insolvenza o grave indebitamento attraverso piani di ristrutturazione o liquidazione, ottenendo l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) a fine procedura. In queste procedure rientrano anche i debiti fiscali e contributivi, che possono essere trattati come quelli verso gli altri creditori, salvo alcune particolarità.
Le forme principali di sovraindebitamento previste dal CCII sono:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore: riservato alle persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale (tipicamente famiglie, privati). Non richiede il voto dei creditori: il piano, proposto tramite l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e attestato da un professionista, viene sottoposto all’omologazione del tribunale che valuta la fattibilità e la meritevolezza. Se omologato, il piano vincola tutti i creditori, anche dissenzienti. Ciò significa che un consumatore sovraindebitato può proporre al giudice di pagare solo una parte di ogni debito – ad esempio il 20% a ciascun creditore chirografario, e magari una percentuale anche ai privilegiati se il piano dimostra che il 100% sarebbe insostenibile – e, ottenuta l’omologazione, il consumatore pagherà quanto stabilito e sarà liberato dal restante. I debiti fiscali rientrano nel piano a pieno titolo: l’Agenzia Entrate e l’Agenzia Riscossione partecipano come creditori e si vedranno riconoscere la medesima percentuale (o comunque il trattamento previsto). Il giudice omologa se ritiene che il piano offra al Fisco almeno quanto otterrebbe in una liquidazione dei beni del consumatore e se il consumatore non ha colpe gravi (richiesta la “meritevolezza”, ossia assenza di frode, comportamento leale, ecc.). Dunque, in un piano del consumatore è possibile lo saldo e stralcio dei debiti fiscali anche senza il consenso dell’Agenzia – è sufficiente la valutazione positiva del tribunale sulla convenienza e sull’assenza di malafede. Questa è una differenza importante rispetto al concordato delle imprese, dove (come vedremo) fin quasi al 2022 il dissenso del Fisco bloccava la riduzione del debito.
- Concordato minore: è l’erede dell’“accordo di composizione” ex L.3/2012, destinato a imprenditori minori, startup, imprenditori agricoli e altri debitori non fallibili ma con debiti anche professionali/imprenditoriali. Nel concordato minore, a differenza del piano del consumatore, è prevista una votazione dei creditori: serve il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti (esclusi i privilegiati che vengono pagati integralmente, se previsti). I crediti tributari e contributivi privilegiati **devono essere soddisfatti almeno nella misura della loro capienza rispetto ai beni del debitore – in altre parole, il piano deve offrire al Fisco almeno l’equivalente di ciò che otterrebbe liquidando eventuali beni su cui grava privilegio. Tuttavia, è ammessa la falcidia della parte chirografaria dei crediti fiscali (la parte non coperta da garanzie o privilegi) e anche della parte privilegiata se il debitore non ha beni sufficienti a garantirla. In pratica, l’Agenzia delle Entrate può votare nel concordato minore; se la maggioranza approva e il tribunale omologa, anche il Fisco dissenziente è vincolato (purché abbia avuto il trattamento minimo di legge). La transazione fiscale nel concordato minore segue regole simili a quelle del concordato preventivo delle imprese (artt. 74-83 CCII rimandano agli artt. 57-64 e art. 88 CCII per molti aspetti). Quindi anche qui è possibile un saldo e stralcio delle cartelle esattoriali, distribuito secondo il piano e vincolante dopo omologazione.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato: è analoga al fallimento (liquidazione giudiziale) ma applicabile ai soggetti minori. Se il debitore sovraindebitato non ha alcuna possibilità di proporre un piano di rientro, può essere avviata la liquidazione di tutti i suoi beni sotto il controllo di un liquidatore nominato dal tribunale. Al termine della liquidazione, la persona fisica può chiedere l’esdebitazione dei debiti non soddisfatti, inclusi i debiti fiscali. Ciò significa che, una volta liquidato l’eventuale attivo e ripartito pro-quota ai creditori (erario compreso), il debitore viene liberato dai debiti residui. Il Fisco dunque partecipa alla distribuzione del ricavato come da regole concorsuali (privilegi in ordine, ecc.) e poi deve cancellare il residuo non pagato, salvo eccezioni per debiti derivanti da frodi fiscali o violazioni penali (in tal caso l’esdebitazione potrebbe escluderli). L’esdebitazione viene concessa dal tribunale se il debitore ha cooperato e non ha agito con dolo o colpa grave. In alcuni casi il CCII prevede persino l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII): un debitore persona fisica che non abbia alcun patrimonio liquidabile può chiedere di essere ugualmente liberato dai debiti, subito, a fronte della dimostrazione della propria insolvenza e meritevolezza, con alcune condizioni (e un possibile “obbligo” morale di pagare qualcosa negli anni successivi se le condizioni migliorano). Questa è una novità che rafforza l’idea di dare una seconda chance anche a chi non ha nulla: evidentemente, i debiti fiscali rientrano anch’essi nell’esdebitazione totale concessa a chi è incapiente.
Trattamento dei debiti fiscali nel sovraindebitamento: In passato (L.3/2012) vi erano incertezze sul fatto se il Fisco potesse essere falcidiato senza consenso nelle procedure di sovraindebitamento. La giurisprudenza ha poi chiarito che sì, è possibile: ad esempio, tribunali e Cassazione hanno ritenuto omologabili i piani del consumatore che prevedevano il pagamento parziale di IVA e ritenute non versate (tributi teoricamente privilegiati) quando era assicurato il rispetto del best interest test, cioè veniva dato al Fisco almeno quanto avrebbe ottenuto altrimenti. Oggi il CCII conferma espressamente che anche l’IVA e i tributi previdenziali possono essere falcidiati in questi piani, superando vecchie limitazioni (infatti l’art. 8 L.3/2012 inizialmente escludeva la falcidia di IVA e ritenute, ma tali esclusioni sono state eliminate in sede di riforma secondo la direttiva UE 2019/1023). Pertanto, un piano del consumatore potrebbe prevedere di pagare solo una frazione di un debito IVA, se il debitore non ha capacità maggiore e il confronto con la liquidazione dà lo stesso risultato.
In sintesi, le procedure di sovraindebitamento offrono una via giudiziale per conseguire un saldo e stralcio “forzoso” dei debiti, anche verso l’erario. Il vantaggio è che, se si rispettano le condizioni di legge (correttezza, trasparenza, soddisfacimento minimo dei privilegiati in base al realizzo dei beni), il Fisco non può opporsi in modo determinante: non esiste un diritto di veto dell’AdE, specie nei piani del consumatore. Questo è un punto fondamentale: un contribuente persona fisica sovraindebitato, se ha i requisiti, può liberarsi dei debiti (tributari e non) con l’aiuto del tribunale, anche pagando somme modeste o nulla (nel caso dell’incapiente), cosa che fuori da tali procedure sarebbe impensabile.
Di contro, attivare una procedura di sovraindebitamento non è semplice né priva di conseguenze: richiede l’ausilio di un OCC e di professionisti, comporta la disclosure completa del proprio patrimonio e delle proprie attività al tribunale, e porta spesso a sacrifici (la liquidazione implica la perdita di tutti i beni, il piano vincola a pagare tutto il possibile ecc.). È davvero l’ultima risorsa per chi non ha altre soluzioni, ma offre un vero fresh start al debitore onesto ma sfortunato.
Concordato preventivo e transazione fiscale per le imprese
Passando alle imprese soggette a fallimento (oggi liquidazione giudiziale), il principale strumento per ottenere il saldo e stralcio dei debiti (fiscali e non) evitando il fallimento è il concordato preventivo disciplinato dal Codice della Crisi (artt. 84 e ss. CCII). Nel concordato, l’imprenditore in crisi propone ai creditori un piano di ristrutturazione che può prevedere il pagamento parziale (falcidia) dei debiti chirografari e, in taluni casi, anche di quelli privilegiati. Per quanto riguarda specificamente i debiti tributari e contributivi, la norma cardine è l’art. 88 CCII (che riprende e aggiorna l’istituto della transazione fiscale ex art. 182-ter l.fall.). Vediamo i punti salienti:
- Il piano di concordato può prevedere una transazione fiscale, ossia il trattamento dei crediti fiscali e previdenziali con pagamento parziale e/o dilazionato degli stessi. In sostanza, l’imprenditore può offrire al Fisco meno del 100% del dovuto. Ad esempio, proporre di pagare 40% dell’IVA e 0% delle sanzioni, in 5 anni.
- Per presentare una transazione fiscale, il debitore deve allegare al piano una relazione di un professionista indipendente che attesti che la proposta al Fisco è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Cioè, deve dimostrare che, se l’azienda fallisse e venissero liquidati i beni, l’Erario incasserebbe probabilmente meno (o al più uguale) di quanto offerto in concordato. Questa attestazione di convenienza è fondamentale per poter “forzare” l’eventuale dissenso del Fisco.
- La legge impone all’Amministrazione finanziaria un comportamento attivo: quando viene presentata una proposta di transazione fiscale, gli enti impositori (Agenzia Entrate, Dogane) devono attivarsi immediatamente per accertare in via definitiva le somme dovute incluse nel piano. Significa che l’Agenzia, ricevuta la lista dei debiti inseriti in concordato (anni d’imposta, tributi, ecc.), è tenuta a svolgere rapidamente i controlli e le eventuali rettifiche sugli stessi, in modo da “cristallizzare” il quantum del debito prima dell’omologa. Ciò serve a evitare che dopo, magari a concordato approvato, emergano nuovi importi non considerati. In pratica, il debitore in concordato dovrà ottenere dall’Agenzia Entrate una sorta di “certificazione” del debito fiscale complessivo da transigere, su cui calcolare la percentuale offerta.
- Contenuto della proposta fiscale: Sono transigibili tutti i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (imposte dirette, IVA, registro, ecc.) e relativi accessori (interessi, sanzioni). Invece i contributi previdenziali (INPS, casse) non rientrano nella transazione fiscale ex art.88 (essi seguono un analogo istituto con l’ente previdenziale). I tributi locali (IMU, TARI, addizionali regionali/comunali) al momento non sono inclusi nella transazione fiscale ordinaria: il CCII per ora disciplina solo i tributi statali, sebbene vi sia una delega per estendere la possibilità ai tributi locali in futuro. Pertanto, nel concordato una cartella per IMU dovrà essere trattata separatamente (pagata secondo le regole fuori transazione o eventualmente oggetto di accordo con il Comune se previsto).
- Voto e omologazione: Prima della riforma 2022-2024, la regola era che i crediti erariali e contributivi dovessero formare una classe separata nel concordato e il loro voto contrario precludeva l’omologazione (non essendo raggiungibile la maggioranza per classi essenziali). Ciò rendeva il Fisco una sorta di “veto player”. Il DLgs 83/2022 e poi il DLgs 136/2024 (correttivo ter) hanno modificato questo aspetto: oggi l’art. 88 CCII, come novellato, consente l’omologazione del concordato preventivo anche in presenza di voto contrario del Fisco, a condizione che la proposta sia non deteriore per l’Erario rispetto alla liquidazione (nel concordato in continuità) o conveniente rispetto alla liquidazione (nel concordato liquidatorio). In altre parole, se il tribunale verifica che il piano che falcidia le tasse comunque dà al Fisco un recupero non inferiore a quello stimato in caso di fallimento, può forzare l’accordo (cram-down) nonostante il diniego dell’amministrazione finanziaria. Questa è una svolta determinante introdotta recependo la direttiva UE 2019/1023: elimina di fatto il potere di veto assoluto del Fisco, bilanciandolo con un criterio oggettivo di convenienza economica. Ad esempio, se un’azienda in concordato liquidatorio offre di pagare al Fisco il 20% e il perito attesta che in fallimento l’Erario prenderebbe solo 5%, il giudice potrà approvare il concordato anche se l’Agenzia Entrate ha votato contro, proprio perché l’offerta è conveniente. Cassazione ha già iniziato a recepire questo principio, confermando in decisioni del 2024 che il cram-down fiscale è ammissibile nei concordati secondo le nuove regole.
- In concreto, nel concordato preventivo oggi i creditori pubblici votano la proposta (in classe separata); se votano a favore, la transazione fiscale è approvata contrattualmente (questo ovviamente è il caso ideale). Se votano contro ma la maggioranza delle altre classi approva il concordato, il tribunale può ugualmente omologare nonostante il dissenso del Fisco, purché – come detto – siano soddisfatte le condizioni di convenienza ex art.88 CCII e art. 112 CCII. Dunque il Fisco può essere cram-down. L’eventuale mancanza di adesione formale quindi non blocca più di per sé l’omologa.
- Competenza e controlli: L’Agenzia delle Entrate ha strutturato al suo interno un Ufficio centrale “Crisi d’impresa” per valutare le proposte di transazione fiscale, specie quelle più rilevanti. Dal 2024, per proposte che prevedono uno stralcio superiore al 70% del debito (cioè pagamento sotto il 30%) e di importo superiore a €30 milioni, è richiesta l’approvazione della Direzione centrale con parere conforme di questo Ufficio tutela crediti. Ciò a seguito del DL 69/2023 che ha voluto uniformare le decisioni su casi di grande impatto. Per le proposte di minore entità, la competenza decisionale è della Direzione regionale/provinciale dell’AE. Questo riguarda il “dietro le quinte”: al professionista interessa sapere che per falcidie molto spinte e importi enormi, la valutazione sarà centralizzata e presumibilmente molto rigorosa.
In sintesi, il concordato preventivo offre all’impresa in crisi la possibilità di transare i debiti fiscali all’interno di un piano di risanamento o liquidazione, con un controllo giudiziale. Se il piano è convincente e conveniente, l’azienda può effettivamente ottenere un saldo e stralcio fiscale anche senza consenso esplicito dell’Erario. Questo è un strumento potentissimo per risanare aziende gravate da pesanti debiti tributari: storicamente molte ristrutturazioni aziendali fallivano perché il debito IVA o ritenute doveva essere pagato al 100%, rendendo il piano insostenibile. Oggi, grazie alla transazione fiscale “forzabile”, c’è più spazio di manovra per salvare imprese, pur garantendo al Fisco almeno il valore di liquidazione dei suoi crediti.
Naturalmente, avviare un concordato preventivo è una scelta impegnativa: richiede lo stato di crisi/insolvenza, implica costi procedurali, pubblicità della situazione, il rischio di non omologazione, ecc. Ma per aziende sovraindebitate rappresenta spesso l’unica via per evitare la liquidazione giudiziale (fallimento) e al contempo ridurre i debiti in modo significativo.
Esempio pratico: Alfa Srl ha €500.000 di debiti fiscali (IVA, IRES, ritenute) e €500.000 di altri debiti commerciali, a fronte di un patrimonio liquidabile di appena €200.000. In fallimento, il Fisco (in gran parte privilegiato per IVA/ritenute) incasserebbe forse €150.000, gli altri creditori quasi nulla. Con un concordato preventivo liquidatorio Alfa propone di pagare €150.000 al Fisco e €50.000 agli altri creditori, liquidando i beni aziendali. L’attestatore conferma che l’alternativa (fallimento) darebbe esiti peggiori. L’Agenzia potrebbe non gradire di perdere €350.000, ma oggettivamente è quanto accadrebbe comunque. Se l’assemblea dei creditori approva e il tribunale valuta tutto regolare, omologa il concordato nonostante l’eventuale voto contrario del Fisco. Alfa Srl esegue il piano, versa €150.000 all’erario (saldo pari al 30%) e a fine procedura viene liberata dai €350.000 residui di debiti fiscali (stralcio), oltre che dal resto. In più, grazie all’art. 88 TUIR (come vedremo), la società non subirà tassazione su quel debito fiscale annullato. L’azienda può così ripartire pulita dal carico fiscale pregresso.
Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 63 CCII): Un’alternativa al concordato è l’accordo di ristrutturazione omologato dal tribunale, che richiede l’adesione di almeno il 60% dei creditori (o percentuali diverse per gli accordi speciali). Anche negli accordi è possibile inserire una transazione fiscale sui debiti tributari. In tal caso, però, essendo un accordo negoziale, serve la firma (adesione) dell’Agenzia Entrate affinché i suoi crediti siano ridotti. In pratica, il debitore può trattare privatamente con il Fisco e includere nel novero delle adesioni anche l’Erario: se ottiene il sì e raggiunge la soglia di adesioni, l’accordo viene poi omologato e vincola anche gli eventuali piccoli dissenzienti (ma non può vincolare un creditore che non abbia aderito se non in casi particolari di estensione a cricca omogenea). Con la riforma 2023 si è stabilito che, per proposte di accordo con stralcio superiore al 70%, la sottoscrizione dell’AE deve avere il parere conforme dell’Ufficio centrale (come già detto). Dunque nelle trattative per accordi di ristrutturazione, l’azienda deve convincere il Fisco a firmare, mostrando la convenienza. In assenza di firma, l’accordo può comunque andare avanti se il Fisco è minoranza e viene pagato integralmente (altrimenti, senza adesione, il suo credito rimarrebbe fuori dall’accordo e l’azienda dovrebbe comunque farvi fronte separatamente o utilizzare il concordato per imporgli la falcidia).
In generale, quando il debito fiscale è molto rilevante sul totale, il concordato preventivo (che consente il cram-down) diventa spesso preferibile all’accordo (che richiede adesione esplicita). Se invece il debito fiscale è modesto e si può pagarlo integralmente nell’accordo, allora l’accordo può includerlo senza nemmeno necessità di transazione (basta pagare il 100% al Fisco e falcidiare altri creditori con il loro consenso). Ogni situazione va valutata ad hoc.
Composizione negoziata della crisi e accordi stragiudiziali con il Fisco
La composizione negoziata della crisi è uno strumento introdotto nel 2021 (D.L. 118/2021, conv. L. 147/2021) e ora parte del CCII (artt. 17-25), che consente all’imprenditore in stato di crisi di tentare una risanamento della propria azienda tramite trattative volontarie con i creditori, facilitate da un esperto indipendente nominato dalla camera di commercio. Si tratta di una procedura confidenziale e non giudiziale (anche se alcune misure protettive possono essere richieste al tribunale). Fino a poco tempo fa, la composizione negoziata non consentiva di concludere accordi vincolanti di riduzione del debito fiscale: l’impresa poteva certo negoziare informalmente con l’Agenzia Entrate, ma per dare efficacia a un eventuale accordo transattivo doveva poi “istituzionalizzarlo” in un concordato o accordo di ristrutturazione omologato.
Questa limitazione è cambiata con il Terzo Decreto Correttivo del Codice della Crisi, ossia il D.Lgs. 13 ottobre 2024 n.136. Esso ha introdotto il comma 2-bis all’art. 23 CCII, disponendo che anche durante la composizione negoziata l’imprenditore possa presentare all’Erario una proposta di accordo sui debiti tributari e contributivi, con pagamento parziale o dilazionato. In sostanza, dal 28 settembre 2024 (data di entrata in vigore del correttivo-ter) l’esperto e l’imprenditore possono coinvolgere l’Agenzia delle Entrate in un tavolo di trattativa e formalizzare un accordo di saldo e stralcio dei debiti fiscali senza dover aprire una procedura concorsuale formale. Questo accordo, se raggiunto, verrà poi presumibilmente formalizzato in un atto transattivo bilaterale che impegna l’Erario (per esempio, potrebbe assumere la forma di un accordo ex art.23 co.2-bis CCII approvato dal direttore dell’ufficio competente). Non è prevista un’omologazione giudiziaria in questa fase, quindi l’accordo resta un contratto stragiudiziale; tuttavia, se la composizione negoziata non sfocia in un successivo concordato, quell’accordo potrà comunque essere validato tramite l’omologa di un accordo di ristrutturazione agevolato (nuova figura) o un piano di risanamento soggetto a omologa introdotto dalla direttiva UE. In pratica, il panorama è ancora in evoluzione, ma quel che conta è che oggi si può negoziare a livello stragiudiziale con l’AdE una transazione fiscale durante la composizione negoziata e l’Agenzia ha titolo per accettare.
Questa è una novità significativa, perché amplia le opzioni di risanamento anticipato: l’imprenditore può evitare la pubblicità e i costi di un concordato se riesce a raggiungere un accordo amichevole con i principali creditori, incluso il Fisco. Naturalmente l’Agenzia aderirà solo se convinta che l’accordo proposto sia più vantaggioso del fallimento o comunque ragionevole. Anche qui, come per gli accordi di ristrutturazione, varrà la regola del parere conforme centrale per tagli sopra 70% e 30 milioni (che riguarda transazioni ex art.63 CCII, ma il comma 2-bis art.23 rimanda di fatto a procedure analoghe).
Possiamo immaginare che in sede di composizione negoziata l’Agenzia richiederà gli stessi elementi di un piano concordatario: dettaglio dei debiti, attestazione prospettica, ecc. Infatti, il comma 2-bis si applica ai tributi “gestiti dalle agenzie fiscali” e ai carichi in riscossione, escludendo per ora i tributi locali. L’accordo raggiunto potrebbe poi essere finalizzato, ad esempio, in un piano attestato di risanamento pubblicato nel registro delle imprese (che ha anch’esso esenzione fiscale delle sopravvenienze se pubblicato, ex art. 88 TUIR) o in un accordo di ristrutturazione con adesioni semplificate.
In sintesi, grazie alla composizione negoziata aggiornata, è possibile richiedere un saldo e stralcio ad Agenzia Entrate anche fuori dalle aule di tribunale, attraverso una trattativa privata assistita, laddove l’impresa sia in crisi ma voglia evitarne il tracollo giuridico. Questo approccio è molto recente e richiede molta trasparenza: l’art. 23 ora consente di includere nel perimetro tutti i tributi erariali e i carichi affidati ad AER, ma rimanda comunque a una valutazione di convenienza e sostenibilità.
Importante: Un accordo concluso in composizione negoziata ha bisogno di essere perfezionato per avere effetti definitivi erga omnes. Se l’impresa riesce a pagare regolarmente quanto pattuito, bene. Se invece deve proteggersi da eventuali creditori dissenzienti, potrebbe chiedere al tribunale l’omologa di un accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa, portando dentro l’accordo col Fisco già firmato. Si vede dunque come le varie procedure possano anche concatenarsi.
In conclusione su questo capitolo, possiamo affermare che il nostro ordinamento, in recepimento delle normative europee, offre oggi numerose vie per ottenere il saldo e stralcio dei debiti fiscali quando la situazione economica lo richiede: dalle procedure concorsuali giudiziali (concordati, sovraindebitamento) alle soluzioni negoziate paraconcorsuali. Il filo conduttore è sempre la convenienza reciproca: il Fisco accetta di perdere una parte del credito se ciò aumenta la probabilità di incassare almeno una quota significativa in tempi ragionevoli, oppure se l’alternativa è incassare ancora meno (o nulla) in caso di fallimento o perdurante insolvenza del debitore.
Di contro, al di fuori di tali schemi regolati, un debitore fiscalmente inadempiente non può autoconcedersi sconti: l’obbligazione tributaria resta integra e AER la perseguirà finché possibile (entro i termini di prescrizione, decadenza e con i mezzi a disposizione). Dunque, chi si trova in difficoltà di pagamento farà bene a valutare per tempo l’accesso a uno degli strumenti descritti, piuttosto che lasciare accumulare il debito nella speranza di un condono generalizzato (evento che può non ripresentarsi o non applicarsi al proprio caso).
Aspetti fiscali, contabili e di bilancio del saldo e stralcio per l’imprenditore
Quando un imprenditore o una società ottiene un saldo e stralcio dei propri debiti (fiscali o verso altri creditori), si verifica una riduzione delle passività che, contabilmente, genera una sopravvenienza attiva: in altre parole, la parte di debito che viene “condonata” o cancellata diventa per il debitore un provento straordinario. Ad esempio, se in contabilità vi era un debito di €100.000 verso AER e grazie a una transazione se ne pagano €30.000, i restanti €70.000 vengono stornati dal passivo, rilevando un ricavo di €70.000 da annullamento di debiti. Dal punto di vista del bilancio d’esercizio, ciò migliora il patrimonio netto (riduzione di debiti a parità di attivo) e incrementa l’utile dell’anno in cui avviene lo stralcio (salvo casi di patrimonio netto negativo dove serve prima a ridurre le perdite pregresse).
Trattamento fiscale delle sopravvenienze attive da stralcio di debiti: la regola generale del TUIR (DPR 917/86) prevede che le sopravvenute insussistenze di passività iscritte in bilancio costituiscono sopravvenienze attive tassabili (art. 88, comma 1). Ciò significa che, in linea di principio, se una società ottiene uno sconto sui debiti, quell’importo “risparmiato” andrebbe ad aumentare il reddito imponibile dell’anno. Tuttavia, esistono importanti eccezioni previste dallo stesso art. 88 TUIR per incentivare le ristrutturazioni. In particolare, l’art. 88 comma 4-ter TUIR dispone che “Non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo (liquidatorio) … In caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, ovvero di un piano attestato pubblicato, le relative sopravvenienze attive non sono imponibili”. In pratica, le riduzioni di debiti ottenute tramite procedura concorsuale o accordi di ristrutturazione omologati (o piani attestati ex art. 56 CCII) sono esenti da tassazione. Il legislatore ha voluto così evitare che un’azienda già in crisi, dopo aver faticosamente ridotto i debiti, si trovi anche a pagare imposte su quel beneficio contabile, il che sarebbe un paradosso (dare un sollievo con una mano e toglierlo con l’altra). Dunque:
- Se il saldo e stralcio avviene in esecuzione di un concordato preventivo (liquidatorio o in continuità) omologato, la parte di debito fiscalmente annullata non genera imponibile IRES/IRAP.
- Se avviene nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 63 CCII), idem, non è tassata.
- Se avviene per effetto di un piano attestato di risanamento pubblicato (strumento extra-giudiziale ma con pubblicità camerale), anche in tal caso le sopravvenienze attive sono escluse da imposizione (art. 88 c.4-ter ultima parte).
- Parimenti, l’esdebitazione successiva a fallimento o liquidazione controllata non è un evento imponibile per il debitore persona fisica.
Questa agevolazione fiscale è cruciale: consente all’impresa risanata di ripartire senza un carico fiscale immediato dovuto proprio allo stralcio. Esempio: Beta Srl, tramite concordato, paga €0,30 per ogni euro di debito e cancella €700.000 di passività. In bilancio 2025 rileva €700.000 di sopravvenienze attive straordinarie. Grazie all’art.88, tali €700.000 sono esclusi dal reddito tassabile, per cui Beta Srl non deve pagare IRES su quella somma (che altrimenti sarebbe stata ~€168.000 al 24%). Ciò rende il risanamento effettivo: le risorse liberate restano a disposizione per rilanciare l’attività, non vengono assorbite dal fisco in tasse sul “condono”.
Caso delle definizioni agevolate (rottamazioni): Diverso è il discorso se il saldo e stralcio avviene non in ambito concorsuale ma tramite condono/rottamazione. La legge qui non prevede esenzione specifica. Tuttavia, bisogna considerare la natura delle somme annullate:
- Le sanzioni amministrative fiscali non sono mai state deducibili se pagate, quindi la loro cancellazione in rottamazione teoricamente genera una sopravvenienza attiva non tassabile, per simmetria (secondo il principio che proventi correlati a costi indeducibili sono esenti). Dunque, se un’azienda si vede annullare €50k di sanzioni, quel provento non dovrebbe essere imponibile poiché, se le avesse pagate, non le avrebbe potute dedurre.
- Gli interessi di mora e affini sarebbero stati deducibili se pagati (interessi passivi su debiti tributari sono deducibili limitatamente, salvo quelli per imposte sul reddito che vanno in variazione, c’è un dettaglio tecnico). La loro cancellazione potrebbe generare imponibile. Tuttavia, spesso nelle rottamazioni gli interessi di mora non vengono proprio contabilizzati come costo a conto economico, perché il debito in bilancio rimane iscritto al valore nominale senza accumulare la mora fino al pagamento (specie in regime di contabilità ordinaria). Quindi la sopravvenienza attiva potrebbe non emergere contabilmente se l’azienda non aveva precedentemente maturato a conto economico quegli interessi (li avrebbe registrati solo quando li avesse pagati).
- Le sopravvenienze attive da condono rientrano in linea generale tra quelle imponibili. Non risulta una normativa di esclusione espressa per i condoni 2023. Pertanto, un’azienda che nel 2023 ha rottamato cartelle risparmiando, ad esempio, €10.000 di interessi iscritti a ruolo su cui aveva in passato contabilizzato l’onere, potrebbe doverli considerare tassabili nel 2023. In pratica, però, la maggior parte del beneficio rottamazione per le imprese deriva da sanzioni non dedotte (quindi non tassabili in ripresa). Conclusione pratica: l’effetto fiscale per l’azienda che rottama è neutro o favorevole, e comunque ampiamente vantaggioso perché evita esborsi futuri; eventuali piccole imposte sul condono di interessi sono trascurabili rispetto al risparmio di liquidità ottenuto.
Impatto di bilancio: Dal punto di vista del bilancio civilistico, la riduzione dei debiti va rilevata nell’esercizio in cui l’accordo o la definizione diventa efficace (ad esempio, l’omologa del concordato o il pagamento dell’ultima rata condonata che perfeziona la definizione agevolata). Tale riduzione migliora i ratios patrimoniali (diminuisce il debt/equity, migliora l’indice di liquidità se contestualmente riduce uscite future). Può però generare un utile di esercizio significativo che – se tassabile – potrebbe dover essere parzialmente accantonato per imposte, oppure destinato a ricostituire capitale se l’azienda veniva da perdite.
Ad esempio, molte imprese che hanno aderito alla rottamazione-quater 2023 hanno dovuto valutare se mantenere in bilancio il valore pieno dei debiti fino a pagamento oppure stornare già la quota abbuonata. La prassi suggerisce che fino a perfezionamento (pagamento integrale di quanto dovuto) non si può stralciare contabilmente il debito perché il beneficio è condizionato. Una volta pagato tutto secondo il piano, l’azienda contabilizza l’annullamento delle sanzioni e interessi come sopravvenienza attiva.
Rilevanza ai fini degli indici di crisi: Un aspetto interessante è che un saldo e stralcio dei debiti fiscali incide positivamente sugli indici di allerta/crisi dell’impresa (patrimonio netto torna positivo, minor indebitamento). Tuttavia, durante la trattativa di ristrutturazione, finché l’accordo non è concluso, i debiti fiscali restano appostati e magari scaduti, segnalando crisi. Solo a transazione completata gli indici migliorano. Il management dovrà quindi gestire con attenzione i riflessi comunicativi: ad esempio, inserire in Nota Integrativa informazioni su accordi di saldo e stralcio in corso può spiegare perché taluni indici negativi sono in via di risoluzione.
Aspetti IVA e ritenute d’acconto: Spesso ci si chiede: se il Fisco stralcia un debito IVA o ritenute, ciò può creare problemi a livello IVA detraibile o ritenute subite da altri? In generale no: l’IVA dovuta ma non versata e poi stralciata rimane a carico dello Stato come mancato incasso, ma non vi sono riflessi sui clienti (che la detrarrebbero legittimamente se avevano ricevuto fattura). Diverso il discorso se parliamo di sanzioni penali: l’IVA “sottratta” allo Stato attraverso un concordato con falcidia potrebbe teoricamente configurare aiuti di Stato se trattata in modo preferenziale? La UE su questo punto è intervenuta tempo fa (caso Degano Trasporti) sancendo che la falcidia IVA nei concordati non costituisce aiuto di Stato, ma una misura generale insolvenziale. Quindi non c’è violazione, a patto che il trattamento sia conforme alla legge fallimentare.
In definitiva, l’imprenditore che valuta il saldo e stralcio deve considerare con il proprio consulente:
- Il risparmio finanziario immediato (quanto debito viene eliminato e quindi quanta cassa non servirà per pagarlo).
- L’impatto sul conto economico e fiscale (eventuali ricavi straordinari tassabili? perdita di deduzioni future? Esempio: se stralcio interessi passivi che avrei potuto dedurre in futuri esercizi se pagati, perdo quella deduzione ma in cambio non pago l’interesse).
- L’impatto su bilancio e rating: un’azienda risanata da debiti avrà in futuro una posizione creditizia migliore, ma nell’immediato l’utile straordinario potrebbe confondere l’analisi comparativa di quell’anno (utile gonfiato da condono, margini operativi magari ancora bassi). Occorre spiegare bene nei documenti di bilancio la natura di tali proventi non ricorrenti.
Dal punto di vista fiscale futuro, inoltre, l’azienda che esce da un concordato spesso ha perdite fiscali pregresse utilizzabili (anche grazie alle variazioni per le sopravvenienze esenti). Questo può ridurre le imposte negli anni successivi, fungendo da “scudo” quando tornerà all’utile.
Infine, un accenno sulla responsabilità degli amministratori: aderire a un saldo e stralcio o transazione fiscale potrebbe rientrare tra gli atti di straordinaria amministrazione da segnalare ai soci o comunque da motivare in termini di convenienza per evitare censure (soprattutto quando comporta il pagamento di somme rilevanti). In contesti concorsuali ciò è autorizzato dal tribunale con l’omologa.
Guida Operativa: come richiedere e attivare un saldo e stralcio con AER
Dopo aver illustrato le varie tipologie di saldo e stralcio, forniamo ora una guida pratica su come richiederne l’attivazione, a seconda dello strumento prescelto. Le modalità infatti variano a seconda che si tratti di definizioni agevolate ex lege o di procedure giudiziali.
1. Adesione a Definizioni Agevolate (Rottamazione, Saldo-stralcio, Definizione liti)
Se il contribuente intende sfruttare una sanatoria fiscale prevista dalla legge (come la rottamazione delle cartelle o la definizione delle liti pendenti), deve seguire la procedura stabilita dalla norma e dai provvedimenti attuativi. In genere:
- Verificare i requisiti e il perimetro: anzitutto occorre verificare che il proprio debito rientri tra quelli definibili (per anno di affidamento, tipo di ente creditore e natura del debito). Ad esempio, per la Rottamazione-quater 2023, controllare che la cartella sia stata affidata entro giugno 2022 e che non sia un debito escluso (come IVA all’importazione). Le informazioni dettagliate si trovano sul sito di Agenzia Entrate-Riscossione e nelle circolari esplicative. Se si tratta di definizione lite, verificare che la causa abbia i requisiti (pendente in data X, non riguardi materie escluse, ecc).
- Presentare la domanda nei termini: la regola aurea è rispettare la scadenza fissata dalla legge per l’adesione. Ciò comporta di solito l’invio di una domanda telematica. Per la rottamazione e saldo-stralcio 2019, ad esempio, AER ha predisposto servizi online e modulistica:
- Tramite l’area riservata del sito AER (accessibile con SPID/CIE o credenziali), sezione “Definizione agevolata”, è possibile selezionare le cartelle e inviare la richiesta in autonomia.
- In alternativa, AER offre un servizio web sul proprio portale pubblico (“Domanda di definizione agevolata”) dove, inserendo i propri dati e i riferimenti delle cartelle, si può trasmettere l’istanza senza autenticazione (ricevendo ricevuta via email/PEC).
- Non sono più ammessi metodi cartacei o via PEC, se non in casi residuali: la modalità standard è online.
- Attendere la comunicazione degli importi dovuti: successivamente, AER elabora la pratica e invia (di norma via PEC o raccomandata) la Comunicazione delle somme dovute entro una certa data (per rottamazione-quater era entro 30/6/2023, poi slittata). Questo documento riepiloga il dettaglio dei carichi ammessi alla definizione, l’ammontare complessivo da versare con l’agevolazione (quindi solo capitale + interessi ridotti + spese) e il piano di pagamento con le relative scadenze e bollettini di pagamento precompilati.
- Effettuare i pagamenti alle scadenze stabilite: il contribuente deve quindi procedere a versare gli importi alle date indicate, scegliendo se pagare in unica soluzione o in più rate (secondo le opzioni previste e quanto indicato nella comunicazione). Il pagamento va effettuato con i bollettini RAV allegati (si può pagare online, in banca, in posta, ecc.). È fondamentale rispettare gli importi esatti e le date (ricordando l’eventuale tolleranza di 5 giorni, ma senza abusarne). Si consiglia di predisporre i pagamenti con un minimo di anticipo per evitare disguidi.
- Verifica dell’avvenuto stralcio: solo dopo che tutti i pagamenti dovuti sono stati effettuati (o il pagamento unico, se scelta quella via), la definizione agevolata si perfeziona e AER provvede a scontare dal debito le somme condonate. Il contribuente può controllare il proprio estratto conto sul sito AER o richiedere una certificazione liberatoria. Ad esempio, se era iscritta ipoteca o fermo su quei debiti, AER deve provvedere a cancellarli. È buona norma, una volta finito, richiedere ad AER una situazione aggiornata per vedere che i ruoli interessati risultino chiusi.
- Chiusura dei contenziosi: in caso fossero presenti ricorsi pendenti relativi a quei debiti (es: impugnazione di cartella in corso), il contribuente dovrà depositare in giudizio la rinuncia al ricorso, allegando copia della comunicazione AER e delle ricevute di pagamento, chiedendo l’estinzione per cessata materia del contendere. Di solito i tribunali tributari richiedono questa formalità, anche se AER stessa spesso comunica alle Commissioni l’avvenuta definizione.
In pratica, aderire a rottamazioni e simili è abbastanza snello: la parte più critica è essere consapevoli di tutti i debiti che si vogliono definire e di eventuali ricadute (ad esempio, se definisco una lite pendente pagando il 40%, poi non posso riaprire la questione in Cassazione). Bisogna quindi fare valutazioni preventive: conviene aderire o proseguire la lite? Ci sono soldi per pagare le rate? Serve chiedere un finanziamento ponte? – Sono questioni da ponderare prima di fare domanda.
2. Attivazione di una Procedura di Sovraindebitamento (per persone fisiche e ditte individuali)
Se parliamo invece di saldo e stralcio ottenuto tramite sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, etc.), il percorso è più complesso e richiede assistenza legale specializzata. In sintesi:
- Consulenza con un OCC: il debitore sovraindebitato deve rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) territorialmente competente. Presso gli Ordini dei Dottori Commercialisti o degli Avvocati ci sono OCC a cui presentare l’istanza di nomina di un professionista gestore della crisi. L’OCC valuta preliminarmente la situazione debitoria e la fattibilità di un piano. Ad esempio, verifica l’elenco di tutti i debiti (incluse cartelle esattoriali), il patrimonio disponibile, il reddito, e l’eventuale meritevolezza (per i consumatori).
- Preparazione del Piano o della Proposta: con l’aiuto dell’OCC e possibilmente di un legale, il debitore formula una proposta di ristrutturazione. Questa conterrà:
- l’elenco dettagliato di tutti i creditori e debiti (importi, natura, eventuali privilegi),
- quanto intende offrire a ciascuno (es: ai chirografari 20%, ai privilegiati il realizzo su eventuali beni dati in garanzia, ecc.),
- le modalità di pagamento (es: versamento immediato di liquidità, o rateizzazione con redditi futuri, o vendita di beni con riparto),
- una relazione attestante la fattibilità del piano e la convenienza per i creditori rispetto a scenari alternativi (questa può essere redatta dallo stesso OCC o da un attestatore indipendente a seconda dei casi).
- Deposito in Tribunale: la proposta di piano o concordato minore viene depositata presso il Tribunale competente (di solito sezione fallimentare o organo designato per il sovraindebitamento). Si allegano i documenti richiesti per legge: attestazione OCC, documenti di bilancio o fiscali degli ultimi anni, stato patrimoniale dettagliato, certificato ISEE nel caso di consumatore, ecc. Il tribunale esamina la documentazione, può chiedere integrazioni e fissa l’udienza.
- Notifica ai creditori e omologazione: i creditori vengono informati della proposta. Nel piano del consumatore, essi possono presentare osservazioni ma non votano; il Tribunale tiene udienza, verifica i requisiti (in particolare la buona fede del debitore e la sostenibilità del piano) e può omologare il piano se lo ritiene nell’interesse dei creditori (anche se qualcuno si oppone, il giudice può comunque approvare se la proposta è equa). Nel concordato minore, si tiene un’adunanza dei creditori: anche il Fisco esprimerà formalmente il proprio voto (di solito per delega all’Agenzia Entrate Riscossione o direttamente se è Agenzia Entrate per accertamenti). Se si raggiunge la maggioranza di legge, il giudice procede all’omologazione salvo opposizioni. Se il Fisco vota contro ma la maggioranza è raggiunta, può comunque essere tirato dentro una volta omologato (purché abbia il trattamento minimo di legge). In caso di contestazioni, il giudice valuterà eventuali reclami dei creditori dissenzienti prima di omologare.
- Esecuzione del piano e stralcio finale: una volta omologato, il piano diviene vincolante. Il debitore dovrà adempiere esattamente alle obbligazioni assunte (versare le somme promesse nei tempi stabiliti, consegnare eventuali beni da liquidare al liquidatore nominato, ecc.). Durante l’esecuzione, eventuali pignoramenti o azioni individuali restano sospese e poi decadono all’esito positivo (perché il debito originario viene sostituito dagli obblighi del piano omologato). Se il piano si conclude con successo (tutti i pagamenti effettuati, o la liquidazione completata), il tribunale emette decreto di attestazione del completamento e dichiara l’esdebitazione del debitore per le somme eccedenti. I crediti fiscali risultanti non pagati vengono definitivamente annullati (AER li stralcia dalle proprie scritture).
- Mancato rispetto e revoche: attenzione che se il debitore non rispetta il piano (es. salta pagamenti rilevanti), i creditori possono chiedere la revoca dell’omologazione: a quel punto il beneficio salta e i debiti originari “resuscitano” per intero al netto di quanto eventualmente già pagato. Dunque è fondamentale proporre solo piani realistici e sostenibili, soprattutto se il Fisco è coinvolto con importi importanti, perché l’Agenzia sarà pronta a vigilare e chiedere revoca in caso di inadempimento.
Operativamente, richiedere un saldo e stralcio tramite sovraindebitamento equivale a depositare un’istanza di procedura ex CCII: non c’è una domanda diretta “a AER” di sconto, c’è una domanda al giudice perché approvi un piano che prevede lo sconto. Il ruolo “attivo” del debitore qui sta nel preparare un piano ben congegnato e documentato: se il Fisco percepisce che il piano è serio e onesto, spesso non si oppone ferocemente (può persino non votare o votare astenuto), lasciando al giudice la decisione. È quindi consigliabile, quando si include il Fisco, interloquire informalmente con l’ufficio locale dell’Agenzia Entrate o con AER, presentando magari l’ipotesi di piano e raccogliendo osservazioni (l’OCC spesso lo fa). Questo può portare a modificare qualcosa per ottenere almeno la neutralità dell’Erario. Ad esempio, l’Agenzia potrebbe chiedere di aumentare la percentuale offerta se nota che nel piano c’è margine.
3. Avvio di un Concordato preventivo o Accordo di ristrutturazione per aziende in crisi
Nel caso di un’impresa medio-grande (fallibile) che voglia negoziare un saldo e stralcio dei tributi, la via è il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione. I passi sono simili a quelli visti, ma in scala più ampia e con obbligo di assistenza di advisor finanziari e legali:
- Analisi della situazione e piano industriale: La società deve redigere un piano di risanamento che dimostri come intende superare la crisi. Se è un concordato in continuità, ci sarà un piano industriale pluriennale; se è liquidatorio, un piano di liquidazione beni. In entrambi i casi, vanno determinati i flussi di cassa che sostengono le percentuali da offrire ai creditori.
- Proposta di concordato e transazione fiscale: Sulla base del piano, si formula la proposta di concordato ai creditori. Per la parte fiscale, si includerà la proposta di transazione fiscale (art. 88 CCII) che dettaglia il trattamento dei debiti tributari e contributivi. Questa proposta fiscale va corredata, come detto, da: elenco debiti tributari, attestazione di convenienza da professionista, ed evidenza di come saranno soddisfatti (es: “Fisco classe 3: riceverà 30%, pagato 10% alla data dell’omologa e il resto in 4 anni”). La proposta sarà depositata in tribunale unitamente al ricorso di ammissione al concordato.
- Attivazione canale con Agenzia Entrate: È opportuno notificare prontamente la proposta di transazione all’Agenzia delle Entrate (Direzione regionale competente) e all’Agenzia Riscossione. L’art. 88 impone loro di attivarsi: spesso l’Agenzia nominerà un funzionario delegato per seguire la procedura e avvierà verifiche su eventuali annualità fiscali aperte. Può capitare che arrivino accertamenti integrativi su anni non definiti proprio per cristallizzare il debito (a volte “paradossalmente” spuntano cartelle supplementari perché l’Agenzia chiude controlli pendenti, ma è funzionale all’accordo: meglio sapere tutto subito che avere sorprese dopo).
- Adunanza dei creditori e voto: Nel concordato, dopo la fase di ammissione, si apre la votazione tra i creditori. L’Agenzia delle Entrate esprimerà formalmente il suo voto nella classe dei crediti erariali. Se ritiene la proposta accettabile (di solito perché rispetta i parametri minimi), potrebbe votare sì. Se la giudica troppo penalizzante, voterà no. In passato un no del Fisco equivaleva quasi sempre al fallimento del concordato, oggi non più se c’è cram-down. Comunque, è evidente che ottenere il voto favorevole dell’Erario rende tutto più semplice (meno opposizioni in omologa, meno rischi). Quindi è ottimale cercare di concordare prima del voto eventuali modifiche che possano far pendere per l’assenso (ad esempio, aumentare leggermente la percentuale al Fisco destinando parte di ciò che spetterebbe ai chirografari comuni, se questi ultimi sono meno cruciali per il successo).
- Omologazione in tribunale: Terminata la votazione, se le maggioranze sono raggiunte o anche in loro assenza se si richiede l’omologa in cram-down, il tribunale tiene l’udienza di omologazione. Qui il Fisco, se ha votato no, potrebbe presentare opposizione sostenendo che la proposta non è conveniente o viola qualche norma. In quel frangente, il debitore dovrà dimostrare (perizie alla mano) che invece i parametri di legge sono rispettati. Ad esempio, che al Fisco è offerto almeno il valore di liquidazione (“best interest test” soddisfatto). La giurisprudenza sul punto si sta formando: già una sentenza di Cassazione fine 2024 (Corte Cass. n. 27782/2024) ha confermato il principio per cui il tribunale può omologare anche in caso di dissenso fiscale, se la proposta non è deteriore per l’Erario. Quindi, i giudici seguiranno questa linea. Una volta superate le eventuali opposizioni, il concordato viene omologato con decreto.
- Esecuzione del concordato: A omologa avvenuta, l’azienda inizia a eseguire quanto promesso. Se era prevista la vendita di asset, si procede e si paga ai creditori secondo le percentuali. Per il Fisco, di solito l’esecuzione è dilazionata: ad esempio, l’azienda verserà le rate stabilite all’Agenzia Riscossione (che ha i codici tributo per incassare transazioni ex concordato). L’Agenzia Entrate-Riscossione in pratica funge da collettore: incassa le somme del concordato e poi le attribuisce ai vari enti impositori pro-quota. Durante l’esecuzione, il concordato è vigilato da un commissario o dall’OCC nominato. Se l’azienda non paga, il concordato può essere risolto con gravi conseguenze (ripristino debiti, possibile fallimento). Ma se tutto va bene, al termine l’azienda sarà adempiente e il tribunale emetterà un decreto di chiusura.
- Stralcio finale e liberazione: Con il completamento del concordato, i debiti originari sono definitivamene estinti. L’Agenzia Entrate-Riscossione dovrà formalmente sgravare i ruoli per la parte non pagata in transazione (stralciando le cartelle). L’azienda può richiedere una certificazione di avvenuto pagamento ridotto e quietanza liberatoria. A livello camerale, se l’impresa era stata iscritta come in procedura concorsuale, viene ripristinata la normalità. Il nome dell’impresa rimane legato all’aver fatto un concordato (informazione pubblica), ma potrà dire di averlo portato a termine con successo, che è certamente meglio del fallimento.
Per quanto riguarda gli accordi di ristrutturazione, la prassi è simile tranne per il fatto che:
- Serve negoziare privatamente con i creditori chiave e ottenere la firma di almeno il 60% (o 75% in caso di accordi con banche ex art. 64-bis, a seconda del tipo).
- Per i crediti fiscali, bisogna ottenere formalmente l’adesione dell’Agenzia Entrate: ciò richiede un passaggio per gli uffici competenti, presentando un’istanza di transazione ex art.63 CCII. L’Agenzia valuterà e, se d’accordo, firmerà un atto di transazione (di solito condizionato all’omologazione dell’accordo complessivo). Bisogna mettere in conto tempistiche: per importi grossi, la pratica sale all’Ufficio centrale tutela crediti e crisi d’impresa a Roma, per il parere conforme, il che può richiedere settimane o mesi. Conviene quindi avviare presto il dialogo con il Fisco.
- Depositata la domanda di omologa con le adesioni raccolte, il tribunale verifica legalità e convenienza per eventuali creditori estranei. Se tutto ok, omologa senza coinvolgere i non aderenti (i quali però restano estranei: se sono pochi e poco influenti, amen, altrimenti l’azienda deve comunque pagarli a parte).
- Una volta omologato l’accordo, le transazioni firmate col Fisco entrano in vigore e i pagamenti avvengono di conseguenza (simili al concordato, ma in base a quanto pattuito bilaterlamente).
In definitiva, dal punto di vista operativo “richiedere un saldo e stralcio all’Agenzia Entrate” in ambito concorsuale significa predisporre un dossier solido e negoziare con l’Amministrazione Finanziaria all’interno di un quadro legale definito. Non c’è un modulo semplificato come per le rottamazioni; si tratta di sostenere – con piani e perizie – che accettare X invece di pretendere 100 conviene a tutti perché 100 non è realisticamente ottenibile. Se la tesi regge, il saldo e stralcio verrà approvato, altrimenti l’Erario farà valere le sue ragioni e il tribunale potrebbe non omologare.
4. Negoziazione stragiudiziale in composizione negoziata
Infine, uno scenario peculiare è provare un saldo e stralcio senza tribunale tramite la composizione negoziata (post riforma 2024):
- Accesso alla piattaforma e nomina esperto: L’imprenditore in stato di crisi si iscrive alla piattaforma di composizione negoziata (Unioncamere) e richiede la nomina di un esperto indipendente. Una volta nominato, si concorda con l’esperto un programma di incontri con i creditori.
- Incontro con l’Agenzia Entrate: Identificati i debiti fiscali rilevanti, l’imprenditore – tramite l’esperto – contatta la Direzione locale dell’AE e l’AdER, proponendo un incontro di composizione. Nel frattempo può chiedere al tribunale misure protettive temporanee per bloccare azioni esecutive (questo dà respiro per trattare).
- Proposta di accordo fiscale: L’imprenditore formula una bozza di proposta di transazione ex art. 23 co.2-bis al Fisco: ad esempio, “pagherò €500k su €1 milione di debiti, in 5 anni, in cambio dello stralcio del resto”. Allegherà magari il piano industriale e la perizia che giustifica perché più di €500k non riuscirà mai a pagarli. Questa bozza va in mano alla Commissione tecnica dell’Agenzia (l’UTCEC – ufficio crisi) se rilevante, oppure viene esaminata localmente se importi modesti.
- Trattativa e accordo: Possono seguire incontri (anche da remoto) con scambio di proposte. L’Agenzia potrebbe dire “ok allo stralcio ma in 3 anni, non 5” oppure “ti concediamo di non pagare sanzioni e interessi, ma il capitale al 100% sì” – dipende dai casi. Se si arriva a un accordo di massima, questo viene formalizzato in un atto sottoscritto dal direttore dell’Ufficio competente (previo eventuale placet superiore). Nell’atto si elencano i debiti e la percentuale/rate da pagare e si prevede che, se l’imprenditore adempie, i debiti residui saranno annullati; se non adempie, l’accordo si risolve e l’Erario potrà riprendere la riscossione (magari con decadenza dei benefici).
- Estensione ai contributi: In parallelo, se vi sono forti debiti contributivi, va coinvolto anche l’INPS per una transazione contributiva similare (DL 91/2014 per concordati, ora integrata nel CCII anche per comp. negoziata via art.23 co.2-bis che cita i contributi). Quindi l’esperto organizzerà tavoli separati con AdE e INPS e magari banche.
- Formalizzazione e esecuzione: Una volta firmato, l’accordo col Fisco non passa dal tribunale per omologa, ma di fatto è un contratto tra le parti. A questo punto, l’imprenditore deve eseguire puntualmente i pagamenti concordati. Durante questo periodo l’Agenzia sospende e archivia le azioni di recupero su quei debiti. Eventuali pignoramenti in corso potrebbero essere sospesi d’accordo tra le parti (anche se senza omologa non c’è una sospensione legale automatica oltre le misure protettive iniziali, ma l’Agenzia può a sua discrezione non procedere).
- Conseguenze del successo: Se l’imprenditore paga tutto come da accordo, a fine periodo l’Agenzia Entrate-Riscossione procede a stralciare le cartelle per la quota non pagata e rilascia quietanze liberatorie. L’imprenditore avrà evitato la procedura concorsuale e risanato extragiudizialmente la propria posizione. Sarà anche qui opportuno vigilare sul trattamento fiscale: si ricade nell’art. 88 c.4-ter? No, perché non c’è omologa. Tuttavia, si potrà usufruire dell’esenzione se quell’accordo viene poi pubblicato come piano attestato ex art.56 CCII (cosa che può fare volontariamente depositandolo al registro imprese). In assenza, l’accordo stragiudiziale puro potrebbe far considerare le sopravvenienze attive imponibili; sarà un punto da chiarire con i fiscalisti (ma probabilmente troveranno il modo di farlo ricadere nell’ambito di una procedura per ottenere l’esenzione).
- Se la trattativa fallisce o l’accordo salta: L’imprenditore può comunque optare per un concordato o accordo di ristrutturazione subito dopo, magari avvantaggiato dal fatto che ha già in mano la posizione del Fisco (saprà se l’Agenzia rifiuta qualsiasi sacrificio o se aveva aperto a qualcosa). Oppure, in caso di inadempimento successivo, potrà ancora chiedere un concordato “di riserva” per non essere travolto da azioni esecutive (non è raro: alcuni accordi stragiudiziali saltano e l’azienda ripiega su un concordato).
In pratica, la composizione negoziata richiede forti capacità negoziali e trasparenza. Non c’è una modulistica standard: la “richiesta” di saldo e stralcio qui è una lettera o email all’ufficio fiscale dove si espone la proposta e se ne discutono i termini. Consigliabile farsi supportare da professionisti con esperienza di confronto con l’Agenzia (es. ex dirigenti o consulenti che conoscono le logiche interne), perché l’operazione è delicata: un errore di comunicazione può far irrigidire l’ente (se percepisce malafede o opacità, rifiuta e preferisce aspettare un eventuale concordato).
Riassumendo, la chiave operativa in tutti questi casi è preparazione e correttezza: l’Agenzia delle Entrate e la Riscossione valuteranno la proposta di saldo e stralcio non soltanto in base alle norme ma anche alla credibilità del debitore. Ad esempio, presentare un piano in sovraindebitamento nascondendo beni o con spese personali eccessive discredita il debitore (il giudice può non omologare per mancanza di meritevolezza). Oppure cercare di definire liti pendenti palesemente vinte dal Fisco con la speranza di pagare il 90% è inutile (meglio accedere a ravvedimenti prima, se possibile).
Sempre, prima di intraprendere queste strade, è opportuno:
- Fare un check-up fiscale e legale: quali debiti ho? Sono tutti iscritti a ruolo? Posso ancora impugnarne qualcuno? Ho in corso dilazioni? Ho violazioni formali regolarizzabili?
- Valutare alternative: ad esempio, se il debito non è enorme e posso pagarlo a rate in 6 anni con interessi, forse conviene la semplice rateazione di legge (72 rate) anziché tentare un saldo e stralcio che rovina la mia reputazione creditizia.
- Considerare gli effetti collaterali: un concordato preventivo sarà pubblicato e banche/fornitori ne verranno a conoscenza; una definizione agevolata no (resta riservata). Un piano del consumatore comporta l’iscrizione in un registro pubblico dei provvedimenti di omologazione, etc.
Esempi pratici di saldo e stralcio in ambito fiscale
Presentiamo ora alcuni casi esemplificativi per illustrare come funzionano in concreto i diversi tipi di saldo e stralcio:
Esempio 1: Rottamazione di una cartella per IVA non versata
Mario è titolare di una ditta individuale. Nel 2018 ha presentato la dichiarazione IVA con un debito di €10.000 che però non è riuscito a versare. Nel 2019 ha ricevuto una cartella di pagamento da Agenzia Entrate-Riscossione per: €10.000 di IVA, €2.000 di sanzione per omesso versamento (20%) e €600 di interessi (dal 2018 al ruolo) più €300 di aggio e spese. Totale cartella: €12.900 circa. Mario, trovandosi in difficoltà finanziaria, non paga nemmeno la cartella. Nel 2023 la sua cartella rientra nella rottamazione-quater. Mario aderisce entro giugno 2023 indicando quella cartella. A ottobre 2023 riceve la comunicazione AER: dovrà pagare solo €10.600 circa, ossia €10.000 di IVA + circa €300 di interessi legali + €300 di spese (la sanzione €2.000 e interessi di mora ulteriori sono abbuonati). Può pagare in un’unica soluzione o in 18 rate fino al 2027. Mario sceglie le rate. Paga regolarmente le prime rate: la sanzione e gli interessi di mora sono congelati. Nel 2027, dopo aver pagato l’ultima rata, la cartella è estinta: Mario ha risparmiato €2.000 di sanzione + ulteriori interessi di mora accumulatisi (diciamo altri €500). Ha quindi avuto un beneficio di circa €2.500, pari a quasi il 20% del debito totale. In bilancio, se avesse contabilizzato la sanzione come costo (non deducibile), ora rileverebbe una sopravvenienza attiva di €2.000 non tassabile per contropartita (costo indeducibile). Il debito verso AER scompare dallo stato patrimoniale dopo l’ultimo pagamento. Mario prosegue la sua attività, consapevole che però, se tarderà con nuove imposte, non è garantito che vi saranno altre rottamazioni.
Esempio 2: Saldo e Stralcio 2019 per contribuente in difficoltà economica
Lucia è una contribuente senza lavoro stabile, ISEE €9.000, che negli anni passati non era riuscita a pagare €5.000 di IRPEF risultante dalle sue dichiarazioni e €3.000 di contributi artigiani INPS. Nel 2017 e 2018 le sono arrivate cartelle per circa €8.000 di capitale + €1.600 di sanzioni + €800 di interessi = totale €10.400. Lucia non possiede immobili e vive con redditi modesti. Nel 2019 aderisce al Saldo e Stralcio previsto dalla Legge 145/2018. Rientra pienamente: ISEE < €8.500. Quindi pagherà il 16% di €8.800 (capitale+interessi) = circa €1.408, in rate distribuite nel 2019-2021. Le sanzioni €1.600 e gli interessi di mora €? vengono azzerati. Lucia paga diligentemente le rate e completa il tutto. Si vede così condonati circa €7.392 di importi. Per lei il beneficio è enorme (ha pagato solo ~14% del monte debiti iniziale). Questo le ha permesso di evitare pignoramenti sul suo piccolo conto corrente. In futuro, se vorrà chiedere un prestito, dovrà comunque dichiarare di aver avuto un concordato con i creditori statali? No, tecnicamente questo era un condono legislativo, non un’insolvenza dichiarata, quindi la sua “fedina finanziaria” con lo Stato è pulita dopo il pagamento. Avrà avuto difficoltà semmai perché dal 2017 al 2019 quelle cartelle erano rimaste insolute, ma ora il debito fiscale è risolto.
Esempio 3: Definizione agevolata di una lite tributaria pendente
La società Alfa SpA ha in corso un contenzioso tributario: ha impugnato un avviso di accertamento per IRES 2016 da €100.000 di maggior imposta (più €40.000 di sanzioni). In primo grado la Commissione Tributaria le ha dato ragione annullando l’accertamento; l’Agenzia Entrate ha appellato ed il giudizio di secondo grado è pendente al 1/1/2023. Alfa SpA, per eliminare l’incertezza, decide di aderire alla definizione delle liti 2023. Poiché vi è stata una pronuncia favorevole al contribuente in primo grado (Agenzia soccombente in primo grado), Alfa può chiudere la lite pagando il 40% del valore della controversia. Il valore è €100.000 (imposta, senza contare le sanzioni). Quindi versa €40.000. Presenta la domanda di definizione e contestualmente deposita rinuncia all’appello in CTR. L’Agenzia Entrate verifica i pagamenti ed entro qualche mese la Commissione dichiara estinto il processo. Risultato: Alfa SpA paga €40k invece dei €100k accertati (risparmio 60%) e inoltre non paga le sanzioni (€40k) né gli interessi di mora. Se avesse perso la causa avrebbe dovuto pagare circa €100k + €40k sanzioni + € interessi, dunque oltre €150k. Invece chiude con €40k, un enorme vantaggio. In bilancio 2023 Alfa rileva un onere straordinario di €40k (perdita definizione) ma storna il fondo rischi che aveva per €150k, con effetto netto positivo. Attenzione: il 40% pagato è relativo all’imposta, e deducibile per competenza come costo di esercizio (essendo imposte riferite ad anno precedente, va in conto economico come imposte esercizi precedenti). Le sanzioni non pagate erano indeducibili, quindi il loro stralcio non genera utile tassabile. Tutto bene dunque. Questo è il caso brillante in cui il contribuente aveva buone chance in giudizio e di fatto il Fisco acconsente a incassare poco pur di evitare di perdere tutto. Se invece Alfa avesse perso in primo grado, avrebbe dovuto pagare 100% e allora forse non avrebbe aderito perché tanto valeva attendere l’esito in appello (salvo voler chiudere subito per togliersi sanzioni e interessi). Ogni caso va valutato strategicamente.
Esempio 4: Concordato preventivo con transazione fiscale
Beta Srl opera nel settore edilizio e si trova in crisi nel 2025. Ha debiti per €2 milioni, di cui €500.000 verso l’erario (IVA e ritenute non versate per €300k, più €200k tra IRAP e altre imposte) e il resto verso banche e fornitori. Il patrimonio aziendale consiste in alcuni macchinari e crediti da completamento lavori, del valore stimato €800k. In caso di fallimento, si prevede che, tolte le spese, ai creditori chirografari non andrebbe nulla e ai privilegiati (banche su pegni, e Fisco per IVA/ritenute) forse il 30% del loro credito. Beta elabora un piano di concordato preventivo in continuità: propone di proseguire l’attività completando i cantieri, e con i ricavi pagare i creditori come segue – banche ipotecarie 80% (su accordo di rinegoziazione), fornitori 20%, Fisco 40% del suo credito (pagamento dilazionato in 4 anni con i flussi di cassa futuri). L’attestatore verifica che in liquidazione pura il Fisco avrebbe preso solo 20%, quindi l’offerta del 40% è migliorativa; e che l’insieme del piano è fattibile. Beta deposita la domanda di concordato con transazione fiscale: chiede di stralciare il 60% del debito fiscale, pagando solo €200k su €500k. L’Agenzia Entrate, interpellata, storce un po’ il naso perché rinunciare a €300k non fa piacere, ma riconosce che se Beta fallisce vedrebbe forse €150k. Così, in sede di voto, l’Erario si astiene (non vota sì, ma nemmeno no deciso). La maggioranza dei creditori approva il concordato. All’omologazione, il tribunale – visti attestazione e mancata opposizione rilevante del Fisco – omologa il concordato. Nei 4 anni seguenti Beta Srl versa ogni trimestre una rata al Fisco (tramite AdER) in modo da pagare alla fine i €200k pattuiti. Fornitori e banche ricevono quanto promesso. Beta esce dalla crisi: i debiti fiscali residui (€300k) sono cancellati definitivamente e, grazie all’art. 88 TUIR, Beta non deve pagare IRES su quel condono. I soci ovviamente hanno perso parte del capitale (forse azzerato dalle perdite pregresse), ma l’azienda ora è risanata e può attrarre nuovi investimenti. Per il Fisco questo è un caso di successo relativo: incassa €200k in 4 anni invece di rischiare poco o nulla.
Esempio 5: Piano del consumatore per debiti personali inclusi debiti fiscali
Il sig. Carlo, ex imprenditore ora senza attività, ha debiti personali per €300.000: mutuo residuo casa €150k, carte di credito €30k, prestiti vari €20k e purtroppo €100.000 di debiti con Agenzia Entrate-Riscossione (tasse non pagate di una vecchia ditta individuale chiusa, tra cui IVA €50k, IRPEF €30k, sanzioni €20k). Carlo non ha liquidità e il suo stipendio attuale da dipendente è di €1.500/mese. Si rivolge all’OCC della sua città. Viene rilevato che vendere la casa darebbe forse €120k (ma lascerebbe la famiglia senza alloggio), mentre lasciare la casa e destinare parte dello stipendio ai creditori potrebbe dare €500 al mese, cioè €30.000 in 5 anni. Carlo propone un Piano del consumatore: tiene la casa, impegna €500 al mese per 5 anni da ripartire ai creditori, per un totale di €30.000 (pari a circa il 10% del debito). Propone di dividerlo in percentuale: ipoteca casa (banca) 20% del dovuto, chirografari (carte, prestiti) 5%, Agenzia Entrate – per la quota di debiti fiscali – 5% anche essa. L’attestatore evidenzia che se Carlo vendesse casa e si liquidasse tutto, dopo aver pagato la banca ipotecaria rimarrebbero forse €0 per gli altri (dato che casa vale meno del mutuo residuo). Quindi il piano che dà qualcosa è comunque migliorativo per tutti rispetto alla liquidazione. Il giudice esamina il piano, verifica che Carlo non ha colpe gravi (la crisi è dovuta a fallimento della ditta, non a spese folli personali). Non essendoci votazione dei creditori, alcuni potrebbero opporsi sostenendo che 5% è troppo poco, ma il giudice valuta l’interesse: in effetti, prendere 5% è più di zero. Omologa il piano. Carlo inizia a pagare €500 al mese all’OCC che li distribuisce pro-quota a tutti. L’Agenzia Entrate-Riscossione riceve ogni tanto bollettini di pagamento dal gestore OCC per pochi spiccioli, ma sa che a fine procedura, omologata, dovrà cancellare il resto. Carlo completa 60 mesi di pagamenti (magari facendo sacrifici, vivendo con €1.000/mese). A fine 5° anno il tribunale, su relazione OCC, dichiara eseguito il piano e esdebitato Carlo dall’importo residuo di debito non pagato. Ciò significa che la banca non può più reclamare il residuo mutuo (cancella ipoteca, magari la casa è rimasta a Carlo), le finanziarie chiudono le posizioni e l’Agenzia Entrate-Riscossione stralcia tutte le cartelle per i €95.000 rimasti non pagati. Carlo è dunque libero dai debiti e ha conservato l’abitazione. In futuro, dovrà stare attento perché un nuovo sovraindebitamento non troverebbe facilmente ulteriore esdebitazione (c’è un beneficio esdebitazione una volta ogni 4 anni salvo eccezioni). La sua capacità di credito sul mercato sarà compromessa per un po’ (banche vedranno che ha fatto un piano del consumatore), ma almeno potrà ricominciare senza l’ombra delle cartelle esattoriali.
Questi esempi, pur semplificati, mostrano come ciascuno strumento funzioni: dalla rottamazione (paghi il netto senza sanzioni), al condono saldo e stralcio (paghi percentuale minima se sei in difficoltà), alla definizione lite (paghi in base a come stava andando la causa), fino alle procedure concorsuali (paghi ciò che puoi permetterti garantendo almeno il valore di liquidazione).
Domande frequenti (FAQ) sul saldo e stralcio con Agenzia Entrate-Riscossione
D: Chi può ottenere un saldo e stralcio delle cartelle esattoriali?
R: Potenzialmente chiunque abbia debiti iscritti a ruolo può ottenere uno “sconto” sul dovuto, ma solo attraverso gli strumenti previsti dalla legge. Ad esempio, un contribuente persona fisica in difficoltà può aver usufruito del saldo e stralcio 2019 (se aveva ISEE basso) o oggi può accedere a una procedura di sovraindebitamento per proporre un pagamento parziale. Un’impresa con cartelle può aderire alle rottamazioni (sconto su sanzioni/interessi) oppure inserire i debiti in un concordato preventivo o accordo di ristrutturazione con transazione fiscale. Non esiste invece la possibilità di chiamare semplicemente Agenzia Riscossione per “trattare” uno sconto: l’Agenzia è vincolata dalle norme, dunque il saldo e stralcio è possibile solo nei casi normati (definizioni agevolate, procedure concorsuali, ecc.).
D: Il saldo e stralcio 2019 (Legge 145/2018) è ancora disponibile?
R: No, quella misura è stata una tantum. La finestra di adesione si è chiusa nel 2019 e riguardava debiti fino al 2017. Attualmente (2025) non vi è un analogo saldo e stralcio generalizzato per persone fisiche basato su ISEE. Rimangono attive solo la rottamazione-quater (per chi ha aderito) e altre misure della tregua fiscale 2023. In futuro potrebbero esservi nuovi provvedimenti, ma al momento no. Chi oggi ha un ISEE basso e debiti non definibili con rottamazione può valutare la via del sovraindebitamento (piano del consumatore) se ha i requisiti.
D: Quali debiti rientrano nella rottamazione-quater 2023?
R: Tutti i carichi a ruolo dal 01/01/2000 al 30/06/2022 affidati ad Agenzia Entrate-Riscossione, ad eccezione di quelli espressamente esclusi (IVA dovuta all’importazione, somme da condanne della Corte dei Conti, multe UE, sanzioni penali pecuniarie). Rientrano invece imposte erariali (IRPEF, IVA interna, IRES, etc.), contributi previdenziali INPS, tributi locali se l’ente ha aderito, multe stradali (limitamente a interessi e maggiorazioni). Anche i carichi di precedenti rottamazioni decadute sono ammessi. Sono esclusi i soli debiti già condonati dallo stralcio automatico (es. cartelle <= €1000 annullate).
D: Cosa succede se aderisco alla rottamazione ma non pago una rata?
R: Se non paghi nei termini una delle rate previste (oltre i 5 giorni di tolleranza), decadi dalla definizione agevolata. La decadenza significa che il beneficio dello stralcio sanzioni/interessi viene perso retroattivamente: il debito ritorna quello originario al netto di quanto hai versato in acconto. A quel punto Agenzia Riscossione potrà riprendere le azioni di recupero sul totale non saldato, comprensivo di sanzioni e interessi ripristinati. Per la rottamazione-quater, grazie alla Legge 15/2025, c’è una chance di riammissione se la decadenza è avvenuta entro 2024: presentando domanda entro aprile 2025 e versando le rate omesse entro luglio 2025 torni in bonis. Ma questa è una deroga straordinaria. In generale, la regola è: se salti una rata, perdi lo sconto.
D: Posso inserire in concordato preventivo anche l’IVA e le ritenute non versate? La legge non lo vieta?
R: In passato l’IVA e le ritenute non versate erano intoccabili (andavano pagate per intero in concordato salvo dilazione). Ma il nuovo CCII e la normativa UE hanno eliminato questo divieto. Oggi è possibile proporre il pagamento parziale anche di IVA e ritenute in una transazione fiscale, purché il piano rispetti il criterio di convenienza (dare al Fisco almeno quanto otterrebbe liquidando l’azienda). La Corte di Giustizia UE ha sancito nel 2014 (caso Commissione c. Italia) che una normativa nazionale che vieti sempre la falcidia IVA confligge col principio di procedure concorsuali efficaci. Dunque, sì: in un concordato o piano sovraindebitamento si può falcidiare l’IVA, ma bisogna convincere giudice e AE che così facendo il Fisco non ci rimette rispetto al fallimento.
D: Ho un debito col fisco di €50.000 e non riesco a pagare. Posso offrire €25.000 cash a Agenzia Entrate-Riscossione per chiudere?
R: Non direttamente. AER non ha il potere di accettare arbitrariamente metà del dovuto e liberare il debitore. Deve applicare la legge. Quindi, a bocce ferme, se non paghi €50k, AER continuerà a perseguirti (pignoramenti, ecc.) finché non incassa o finché il debito va in prescrizione (10 anni per cartelle, in genere). Se vuoi chiudere a €25k, devi farlo rientrare in un percorso legale: ad esempio, se sei una ditta individuale potresti tentare un piano di sovraindebitamento offrendo quel €25k su €50k e motivando che è quanto possono prendere vendendo i tuoi beni comunque. Oppure sperare in una definizione agevolata futura. Ma non c’è una procedura amichevole tipo “offer in compromise” come negli USA, dove il contribuente fa un’offerta lump sum all’IRS. In Italia o c’è la legge di condono, o c’è la procedura concorsuale. In assenza, l’unica via è chiedere una rateazione per dilazionare (ma pagherai tutto) o al più ottenere lo sgravio se trovi vizi formali nel debito.
D: Ho in corso una causa tributaria contro Agenzia Entrate su un avviso. Posso aderire alla rottamazione per quello stesso debito?
R: No, sono piani diversi. La rottamazione cartelle riguarda debiti già a ruolo (cartelle esattoriali). Se hai una causa in corso su un avviso di accertamento, significa che ancora non c’è una cartella (il debito è in contestazione, non iscritto a ruolo). Quindi quel debito non può essere rottamato (non essendo ancora affidato ad AER). Per chiudere quel contenzioso puoi invece valutare la definizione agevolata delle liti (se rientra nei termini 2023) o la conciliazione giudiziale classica. Se la causa finisce e l’Agenzia vince, allora il debito andrà a ruolo e potrà forse rientrare in una rottamazione futura (ma è incerto). In generale: cartelle rottamabili, liti definibili, sono due binari paralleli e alternativi (se definisci la lite eviti proprio l’iscrizione a ruolo).
D: Che differenza c’è tra rottamazione e saldo e stralcio? Sembrano simili.
R: Spiegato in breve: la rottamazione (o definizione agevolata) ti chiede di pagare tutto il tributo e ti condona solo sanzioni e interessi. Il saldo e stralcio, in senso proprio, ti chiede di pagare solo una parte del tributo (oltre a non pagare sanzioni e interessi) condonandoti anche una porzione del capitale. Quindi il saldo e stralcio è più “forte” come sconto. Però è riservato a situazioni di difficoltà conclamata o procedure concorsuali. Esempio: rottamazione 2018 di un debito IRPEF €100 + sanzioni €30 + interessi €10 = paghi €100 (capitale) + pochi interessi = diciamo €105, stralci €35. Saldo e stralcio 2019 dello stesso debito se ISEE basso = paghi magari €20 in tutto e stralci €125. Capisci che il secondo taglia anche il capitale. Nel gergo comune a volte “saldo e stralcio” viene usato impropriamente anche per indicare la rottamazione, perché comunque stralcia qualcosa. Ma tecnicamente la differenza è quella.
D: Le cartelle sotto €1000 fino al 2015 sono state cancellate automaticamente, devo fare qualcosa per controllare?
R: L’annullamento è avvenuto in automatico al 31/3/2023 per i carichi statali. Puoi verificare sul tuo cassetto fiscale o area debiti AER: dovresti vedere quei ruoli con stato “annullato per legge” o simile. AER ha anche inviato una comunicazione di avvenuto stralcio in molti casi. Se hai dubbi (specie per cartelle di Comuni, alcuni Comuni hanno scelto di non aderire e quindi quelle non sono state annullate), ti conviene contattare AER con i numeri di cartella. Ma in generale, se la legge li includeva, l’annullamento è già efficacie senza tua iniziativa.
D: Ho già un piano di rateizzazione in corso con AER, posso comunque aderire a rottamazione o altre definizioni?
R: Sì. Avere una dilazione attiva non preclude la definizione agevolata. Puoi includere nella domanda di rottamazione anche i carichi che stai rateizzando. In caso di adesione, la rateizzazione viene sospesa (non devi più pagare le vecchie rate) e poi, se perfezioni la rottamazione, sostituita dal nuovo piano agevolato. Se invece decadessi dalla rottamazione, potresti forse riprendere la vecchia rateizzazione (nel 2023 c’è stata una remissione in termini per chi decadeva, ma dipende dalle norme vigenti al momento). Conviene comunque aderire se il beneficio è sensibile (ti toglie sanzioni consistenti). Nota: durante la pendenza della definizione agevolata, le rate della precedente dilazione sono sospese ex lege.
D: Dopo un concordato o piano andato a buon fine, l’Agenzia delle Entrate può fare accertamenti sugli stessi periodi condonati?
R: In linea di massima no per i debiti definivamente chiusi. Se parliamo di tributi oggetto di transazione fiscale in concordato: l’omologazione e l’esecuzione del concordato, vincolano l’Erario e rinunciano alle pretese eccedenti. L’art. 88 CCII prevede che prima dell’omologa l’Agenzia completi gli accertamenti: una volta omologato, il debito è fissato e se ne paga la percentuale. Non potrebbero dopo spuntare nuovi accertamenti su quelle annualità (se per dire l’Agenzia si fosse dimenticata di liquidare una dichiarazione, doveva farlo prima). Diverso se emergessero frodi gravi non conosciute: in teoria, in casi di dolo conclamato, un concordato potrebbe anche essere revocato (art. 119 CCII) e allora il Fisco riprenderebbe azione per evasioni occulte. Ma parliamo di casi estremi. Se invece la domanda era: posso essere controllato su anni diversi? Certo, l’accordo vale sui debiti noti e inseriti. L’Agenzia può sempre verificare annualità successive o aspetti non coperti dal concordato. Per definizione liti: se definisci la lite, l’accertamento definito chiude ogni questione su quella imposta/anno (diventa definitivo per la quota non condonata, e rinuncia per la quota condonata). Quindi direi che sui periodi condonati il Fisco non può tornare alla carica. Attenzione però: se il condono riguardava solo sanzioni o interessi (tipo rottamazione), il tributo in sé rimane dovuto e quello paghi. Se per qualche ragione non l’avessi versato tutto, l’iscrizione a ruolo residua resta valida.
D: Una volta ottenuto lo stralcio dei debiti, rimangono segnalazioni a mio carico (tipo CRIF, Centrali Rischi)?
R: Dipende dal tipo di procedura:
- Se hai fatto una definizione agevolata (rottamazione, saldo-stralcio 2019), questo è un fatto non pubblicizzato. AER non segnala ai sistemi tipo CRIF. Quindi dall’esterno nessuno sa del condono, a parte ovviamente i documenti fiscali interni. Però, se ti avevano iscritto ipoteche, pignoramenti, fermi, questi atti sono pubblici e vanno cancellati; dopo la cancellazione non risultano più attivi.
- Se hai fatto un concordato preventivo o accordo o piano sovraindebitamento, questi sono procedimenti concorsuali pubblici: l’omologa viene iscritta nel Registro delle Imprese (per le società) o in appositi registri per i privati. Dunque banche e finanziarie possono venirne a conoscenza. In Centrale Rischi Bankitalia spesso un concordato viene segnalato come evento negativo (simil-fallimento, anche se meno grave). Tuttavia, a differenza del fallimento, c’è scritto “concordato omologato”. Dopo l’esecuzione, la posizione in CRIF sui singoli debiti risulterà chiusa per accordo transattivo. Ciò potrebbe ridurre la tua “pagella creditizia” per alcuni anni. Va detto che ad esempio un piano del consumatore omologato appare nel casellario delle procedure concorsuali per qualche anno. La riabilitazione creditizia avviene col tempo e dimostrando di essere tornati solvibili.
- Se hai fatto solo definizione lite, rateazione, rottamazione, nulla di tutto ciò viene comunicato a sistemi esterni: al massimo sul cassetto fiscale risulta “definito ex art…”, ma banche non hanno accesso a quello. Quindi l’impatto reputazionale è nullo verso il sistema creditizio, a parte il fatto che magari fino a prima di definire risultavi con cartelle esecutive (ma queste se non sfociano in protesti o pignoramenti noti a registri, restano in ambito Equitalia).
D: Il Fisco può rifiutare una proposta di transazione fiscale e se sì, posso impugnare il rifiuto?
R: Sì, l’Agenzia può decidere di non aderire alla transazione fiscale proposta nel concordato o accordo. Il CCII prevede ora che in concordato il giudice possa bypassare il rifiuto se certe condizioni sono rispettate (cram-down). Nel caso di accordo di ristrutturazione, se il Fisco rifiuta e senza di lui non c’è il 60% di consensi, l’accordo non può essere omologato salvo si attivi l’istituto dell’accordo agevolato (che però non prevede cram-down). Quindi il rifiuto conta. È possibile impugnare il diniego? La giurisprudenza recente (Cass. 34865/2023) ha chiarito che il diniego alla transazione fiscale non è impugnabile davanti al giudice tributario, perché non è un atto impositivo, ma può essere semmai sindacato dal giudice ordinario come atto amministrativo discrezionale. In pratica, non c’è una procedura facile di ricorso: bisognerebbe fare causa all’Agenzia per abuso di discrezionalità, ma è terreno minato. Più che altro, nell’ambito del concordato stesso si fa valere l’irragionevolezza del diniego chiedendo il cram-down. Quindi conviene agire nel merito del concordato, più che impugnare a parte. In sintesi: il Fisco può rifiutare, tu non hai diritto a costringerlo salvo usare gli strumenti concorsuali (ormai predisposti proprio per superare il veto ingiustificato).
D: È vero che se faccio un concordato o piano, poi le sopravvenienze attive non mi vengono tassate?
R: Sì, è vero. L’art. 88 comma 4-ter TUIR esenta le riduzioni di debiti nei concordati preventivi (e fallimentari), negli accordi di ristrutturazione omologati e nei piani attestati. Questo vuol dire che se una società taglia €1 milione di debiti con un accordo omologato, non paga IRES su quel milione. Invece, se la stessa società ottenesse uno sconto fuori da queste procedure (ad esempio transando privatamente con un fornitore senza piano pubblicato), quella remissione sarebbe imponibile come ricavo straordinario. Quindi è un bel incentivo ad utilizzare strumenti “ufficiali” di risanamento. Nel caso di persone fisiche, la questione si pone meno perché un privato che non esercita impresa non dichiara certo sopravvenienze. Ma per le imprese, confermiamo: il saldo e stralcio in procedura concorsuale è tax free.
D: Che differenza c’è tra fallimento (liquidazione giudiziale) ed esdebitazione per il debitore?
R: Nel fallimento tradizionale (ora chiamato liquidazione giudiziale) di un imprenditore, l’azienda viene liquidata e, se l’impresa è una società, questa alla fine viene cancellata senza dover pagare oltre (ma neanche esiste più). Se l’imprenditore è una persona fisica (ditte indiv./soci illimitatamente responsabili), può chiedere l’esdebitazione dei debiti residui dopo la chiusura del fallimento. Questa esdebitazione cancella i debiti non pagati, compresi quelli fiscali, salvo eccezioni per debiti di origine illecita. Quindi anche un post-fallito può ottenerla. Nelle procedure di sovraindebitamento o liquidazione controllata (che è l’equivalente del fallimento per i non fallibili), l’esdebitazione è integrata come obiettivo finale. La differenza cruciale tra fallimento e concordato è che nel concordato l’imprenditore evita la disgregazione totale dell’impresa e paga i creditori in base a un piano, conservando l’attività (in caso di concordato in continuità) o comunque gestendo diversamente la liquidazione (in concordato liquidatorio c’è più controllo del debitore rispetto al fallimento). L’esdebitazione in fallimento è un beneficio postumo e premiale (per il debitore onesto ma sfortunato), l’esdebitazione in concordato è parte integrante dell’accordo (i creditori accettano di stralciare da subito). In ogni caso, oggi anche chi fallisce può sperare in esdebitazione (nel passato pre-2006 non era così, i debiti verso lo Stato rimanevano a vita).
D: La transazione fiscale in concordato mi vincola a pagare regolare i nuovi debiti tributari?
R: In genere, sì, c’è spesso nel decreto di omologa o nella legge un monito: l’omologa può essere revocata se il debitore commette atti di frode o non adempie agli obblighi presi. Se la domanda sottintende: dopo il concordato devo essere fiscalmente virtuoso altrimenti mi revocano lo stralcio? Diciamo che non c’è una regola rigida di revoca per nuovi debiti (non è come la esdebitazione post-fallimentare dove se nei 5 anni successivi trovi redditi straordinari devi pagarli in parte ai vecchi creditori). Però, è logico che se hai appena ottenuto dal tribunale lo stralcio e l’agenzia scopre che poi non stai pagando le imposte correnti, potrebbe inasprirsi e chiedere al giudice di risolvere il concordato (se ancora in esecuzione) per inadempimento. Ad esempio, molti concordati prevedono espressamente l’obbligo di versare puntualmente le imposte correnti per non aggravare la posizione. Se non lo fai, è un cattivo segnale e il commissario potrebbe segnalare l’inadempimento. In sintesi: una volta avuto lo “sconto” e pulita la situazione, bisogna cercare di mantenersi in regola con i tributi futuri; altrimenti si rischia di tornare a capo (oltre al fatto che difficilmente verrebbe concessa un’altra transazione a breve, vista la recidiva).
D: Qual è il ruolo di Agenzia Entrate-Riscossione nel concordato o piano? Vota anche lei?
R: Bisogna distinguere: Agenzia Entrate-Riscossione (AER) tecnicamente non è la titolare dei crediti tributari (lo sono Agenzia Entrate, Dogane, INPS, i Comuni, etc.). AER è un agente di riscossione, quindi nei tavoli di concordato rappresenta il proprio credito per gli aggi di riscossione eventualmente dovuti e le spese. Quello è un credito chirografario piccolo (l’aggio residuo dopo la falcidia è anch’esso falcidiato). In pratica, però, AER viene invitata alle trattative e assemblee anche per conto (o in coordinamento con) l’Agenzia Entrate, perché di solito conosce la situazione del ruolo. Normativamente, la votazione per il credito tributario la esprime l’ente impositore (Agenzia Entrate per imposte, INPS per contributi). Può succedere che in adunanza il funzionario AER presenti due schede: una per sé (aggio) e una per conto Agenzia Entrate per il tributo. Formalmente la votazione del tributo è dell’Agenzia (recenti modifiche hanno chiarito chi firma quella decisione: la DP/DR su conforme parere centrale per grandi stralci). Quindi AER ha un ruolo di supporto tecnico: fornisce i carichi, calcola i ruoli, sospende le azioni, e post-omologa riscuote le rate e comunica al giudice se il debitore paga o no. Ma non decide l’accettazione politica dello stralcio (quello è compito di Agenzia Entrate stessa). Per il debitore questo dettaglio è poco visibile, perché spesso interloquisce con AER che fa da front-office. Ma giuridicamente, sì: AER vota solo per i propri crediti (molto piccoli di solito), mentre i crediti erariali sono votati dall’Agenzia Entrate (e contributivi da INPS, ecc.).
D: Come vengono trattate in bilancio aziendale le cartelle condonate?
R: Dal punto di vista contabile, se un debito verso AER è oggetto di condono/stralcio, l’azienda deve eliminare dal passivo la quota non più dovuta. La contropartita sarà:
- a Conto Economico come provento straordinario (voce E20 “proventi straordinari” per OIC adopera ancora, oppure da inserire in voce A5 se considerato gestionale) per la parte di debito condonato che derivava da costi o spese non capitalizzate;
- oppure a riduzione di costi se si trattava di fondi rischi stanziati in precedenza e ora non più necessari (es: se avevi accantonato un fondo contenzioso, lo storni).
Ad esempio, se in passato avevi spesato €100 di sanzione in conto economico (non deducibile) e poi te la condonano, puoi rilevare +€100 di provento. Fiscalmente poi farai una variazione in diminuzione per non tassarlo (perché la sanzione era indeducibile, quindi il provento correlato è esente). In nota integrativa devi dare evidenza di questa operazione straordinaria. Se l’importo è rilevante, bisogna spiegare la natura (“adesione a definizione agevolata cartelle ex L… condono sanzioni per €X”). Dal punto di vista civilistico, un condono avvenuto dopo la chiusura dell’esercizio ma prima dell’approvazione bilancio potrebbe addirittura costituire un fatto successivo da menzionare (se incide significativamente sul patrimonio). Ma comunque, a consuntivo, il bilancio del successo rifletterà l’azienda più leggera di debiti e con un utile straordinario (o minori perdite).
D: Le sanzioni e gli interessi stralciati tramite rottamazione si possono “riattivare” se in futuro ritardo di nuovo?
R: No, una volta perfezionata la definizione, quelle sanzioni/interessi sono cancellati in via definitiva per quel debito. Se tu in futuro contrai nuovi debiti o ritardi su altre imposte, potranno applicarti nuove sanzioni per quelle, ma non si recuperano quelle vecchie condonate. L’unico caso di “riattivazione” è se decadi prima del completamento: allora è come se non avessi mai condonato e quindi rivivono. Ma se hai concluso con successo, il debito è chiuso e archiviato.
D: Dopo la rottamazione/quater sto pagando regolarmente. Posso compensare quei debiti con crediti d’imposta che mi spettano?
R: Purtroppo no. La normativa sulle definizioni agevolate di solito vieta l’utilizzo in compensazione dei crediti fiscali per saldare le somme dovute. Devi pagare in denaro. Solo a valle, se risultasse che avevi pagato di più o altro, potrebbero emergere rimborsi. Ma non puoi presentare modello F24 per “pagare” la rata di rottamazione usando un credito (ad es. credito IVA): l’F24 verrebbe scartato. Quindi devi procurarti la liquidità per onorare quelle rate, eventualmente chiedendo un finanziamento. (Nota: nel 2023 alcune banche offrivano prestiti ad hoc per pagare rottamazioni!). La logica è che rottamazione non è un adempimento ordinario ma straordinario, e il legislatore vuole incassi freschi.
D: Se aderisco a definizione liti e ho rateizzato in 20 rate, la causa viene chiusa subito o dopo l’ultima rata?
R: La legge ha previsto che la definizione si perfeziona con il pagamento del primo importo dovuto (o unico se in un’unica soluzione) entro 30/9/23. Se opti per rateazione, devi pagare la prima rata entro quella data. Una volta presentata la domanda e pagato il dovuto iniziale, puoi chiedere la sospensione/estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, depositando copia dei pagamenti eseguiti e l’impegno a pagare le restanti rate. In pratica, i giudici tributari stanno emettendo provvedimenti di estinzione subordinati alla condizione risolutiva del mancato pagamento delle restanti rate. Se poi non paghi le altre, l’ufficio (AE) potrebbe revocare la definizione e riattivare il contenzioso. Ma se segui il piano, la causa è definita. Quindi direi: la lite viene dichiarata estinta appena dimostri di aver aderito e pagato la prima rata, ma con “riserva” di riapertura in caso di inadempienza successiva. In generale, una volta pagato tutto si archivia definitivamente. Se non completi i pagamenti, decade la definizione e si ritorna in causa dal punto interrotto (il giudizio si riassume su istanza Agenzia). Idem per conciliazioni agevolate: cessazione materia contendere subito, con condizione risolutiva.
D: Un fallimento in corso può usufruire di rottamazione o definizione liti?
R: Sì, in teoria la procedura fallimentare (liquidazione giudiziale) potrebbe aderire a rottamazione per i ruoli ante-fallimento. Però normalmente il curatore paga i debiti in base alle priorità di legge e non “aderisce” a sanatorie perché non paga comunque sanzioni (nel riparto fallimentare le sanzioni sono chirografarie residuali e spesso non vengono soddisfatte del tutto; e gli interessi di mora cessano con la dichiarazione di fallimento). Quindi spesso è inutile. La definizione liti potrebbe essere fatta dal curatore per chiudere un contenzioso pendente se valutato conveniente per la massa. Tuttavia, l’adesione implica trovare le risorse nel passivo. Non è banale ma possibile. Diciamo che sono casi meno comuni. Invece, se un’azienda è in concordato, sì deve considerare di poter cumulare rottamazione con concordato? Tendenzialmente no, perché col concordato stai ristrutturando tutto a modo tuo (non puoi cherry-pick: se fai concordato paghi i tributi secondo il piano concordatario, la rottamazione è per chi paga fuori da procedure). Comunque esiste giurisprudenza specifica su interazioni tra procedure concorsuali e condoni, da valutare di volta in volta.
Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali (aggiornate a maggio 2025)
Normativa e prassi:
- Legge 30 dicembre 2018 n.145, commi 184-199 – (Legge di Bilancio 2019) Ha introdotto il “Saldo e Stralcio” delle cartelle per persone fisiche in difficoltà (ISEE ≤ 20.000).
- Decreto-Legge 26 ottobre 2019 n.124, conv. L.157/2019, art.4 – Ha eliminato i limiti alla falcidiabilità dell’IVA e ritenute nelle transazioni fiscali (recependo orientamenti UE).
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14) – Disciplina organica di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e sovraindebitamento. In particolare: art.63 (transazione fiscale negli accordi), art.74-83 (sovraindebitamento), art.88 (trattamento dei crediti fiscali e contributivi nel concordato preventivo), art.23 (composizione negoziata; comma 2-bis introdotto nel 2024 consente transazione fiscale stragiudiziale).
- D.Lgs. 147/2020 e D.Lgs. 83/2022 – Decreti correttivi del CCII che hanno adeguato le regole di voto e cram-down secondo la direttiva UE 2019/1023.
- D.Lgs. 13 ottobre 2024 n.136 (“terzo correttivo CCII”) – Ha introdotto la transazione fiscale nella composizione negoziata (art.23 co.2-bis) e chiarito competenze decisionali sull’Erario (modificando art.88 CCII).
- Legge 29 dicembre 2022 n.197, commi 153-252 – (Legge di Bilancio 2023) Ha previsto la “Tregua fiscale 2023”:
- Definizione agevolata avvisi bonari, irregolarità formali, ravvedimento speciale (commi 153-175);
- Definizione agevolata liti tributarie pendenti (commi 186-205);
- Conciliazione agevolata e rinuncia in Cassazione (commi 206-221);
- Stralcio automatico debiti ≤ €1000 2000-2015 (commi 222-230);
- Definizione agevolata carichi (rottamazione-quater, commi 231-252).
- Provvedimento Agenzia Entrate 29 gennaio 2024 – Istituzione dell’Ufficio centrale crisi d’impresa per pareri su transazioni con stralcio >70% e >€30mln, attuativo di DL 69/2023.
- Circolare Agenzia Entrate n.2/E del 27 gennaio 2023 – Chiarimenti su definizione agevolata delle liti pendenti (L.197/22), con indicazione delle percentuali dovute (100%, 90%, 40%, 15%, 5%).
- FAQ Agenzia Entrate-Riscossione 2 agosto 2023 – Faq sulla rottamazione-quater e altre misure, chiariscono ambito applicativo, effetti su contenziosi e procedure in corso.
- Legge 26 febbraio 2025 n.15 – Conversione DL 148/2023, ha introdotto la riammissione per i decaduti dalla rottamazione-quater (domanda entro 30/4/2025).
- Disegno di Legge A.S. 1375/2024 – (Non ancora legge al 05/2025) Proposta di Definizione agevolata “Rottamazione-quinquies” estesa ai carichi 2000-2023, includendo tributi locali e più rate.
Giurisprudenza:
- Cass., Sez. Un., 27/12/2016 n.26988 – Ha affermato (ante-riforma) l’obbligo per il concordato di pagamento integrale dell’IVA salvo transazione ex art.182-ter L.F., ponendo le basi per la successiva modifica normativa.
- Corte di Giustizia UE, 7 aprile 2016, causa C-546/14 (Degano) – Ha giudicato compatibile con la VI direttiva IVA la falcidia dell’IVA in concordato laddove rispetti il principio di equivalenza rispetto al fallimento.
- Cass., Sez. I, 17/12/2020 n.28895 – (Ordinanza) Ha statuito che il tribunale può omologare il concordato anche senza adesione del Fisco se la proposta rispetta i requisiti di convenienza e non discriminazione introdotti dal CCII (anticipando di fatto il cram-down fiscale).
- Cass., Sez. V, 20/04/2022 n.13090 – In tema di efficacia della transazione fiscale sui giudizi tributari: ha chiarito che l’omologazione del concordato con transazione fiscale comporta cessazione della materia del contendere nei giudizi relativi ai tributi oggetto di transazione.
- Cass., Sez. I, 13/12/2023 n.34865 – Ha stabilito che il diniego dell’Agenzia Entrate alla transazione fiscale non è atto impugnabile davanti al giudice tributario; eventuali contestazioni rientrano nella giurisdizione ordinaria (e comunque superabili via cram-down in sede concorsuale).
- Cass., Sez. I, 11/09/2024 n.27782 – Ha confermato l’applicabilità del cram-down fiscale nel concordato preventivo: il tribunale può omologare nonostante il voto contrario del Fisco, se la proposta assicura all’Erario un trattamento non inferiore all’alternativa liquidatoria.
- Cass., Sez. I, 27/02/2025 n.5157 – (In materia di sovraindebitamento) Ha confermato che il decreto di omologazione del piano del consumatore è ricorribile per cassazione per violazione di legge; principio che consolida le garanzie di controllo della legittimità nei procedimenti di sovraindebitamento.
- Comm. Trib. Reg. Lombardia, 14/10/2020 n.1982 – (es.) Ha dichiarato estinto un giudizio tributario per intervenuta definizione agevolata ex DL 119/2018, chiarendo che l’estinzione avviene con provvedimento di mera presa d’atto dopo la comunicazione dell’Agenzia sull’avvenuto pagamento.
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Conclusione
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