Hai accumulato troppi debiti e ti stai chiedendo se puoi ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione legale e definitiva delle somme che non riesci più a pagare? Ti chiedi quali sono i requisiti, chi può accedervi e quali condizioni servono davvero?
L’esdebitazione è uno strumento previsto dal Codice della Crisi che permette – a determinate condizioni – di liberarsi dai debiti residui e ricominciare senza il peso delle obbligazioni passate. Ma non tutti possono ottenerla, ed è importante sapere quando si ha diritto e come procedere correttamente.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto fallimentare, sovraindebitamento e crisi del debitore – ti spiega in modo chiaro e pratico quali sono i presupposti per l’esdebitazione, quali documenti servono e cosa fare per ottenerla senza errori.
Cos’è l’esdebitazione?
È la procedura legale con cui un soggetto sovraindebitato – che ha avviato o concluso una procedura di crisi (fallimento, liquidazione controllata, piano del consumatore, ecc.) – può ottenere la cancellazione dei debiti non soddisfatti, chiudendo definitivamente la posizione e ripartendo da zero.
Chi può richiederla?
L’esdebitazione può essere concessa a:
– imprenditori falliti (oggi: soggetti in liquidazione giudiziale)
– persone fisiche sovraindebitate che hanno concluso una procedura
– anche soggetti nullatenenti, in casi specifici previsti dalla legge
Quali sono i requisiti?
Per accedere all’esdebitazione occorre:
– aver cooperato con le autorità, fornendo tutti i documenti richiesti
– non aver compiuto atti in frode ai creditori
– non essere stati condannati per reati gravi in ambito economico o tributario
– aver agito in buona fede, dimostrando di non aver volutamente aggravato la crisi
– per i privati, aver tentato di onorare il debito, anche in minima parte
In caso di esdebitazione del debitore incapiente, è necessario dimostrare che non si dispone di beni o redditi sufficienti e che la situazione non è reversibile nel breve termine.
Come si ottiene l’esdebitazione?
Va presentata un’istanza formale al giudice, al termine della procedura principale. È necessario allegare:
– tutta la documentazione contabile e patrimoniale
– l’elenco aggiornato dei debiti e dei tentativi di pagamento
– eventuali relazioni dell’esperto o del gestore della crisi
Il giudice valuta i presupposti e, se accoglie la richiesta, dichiara l’esdebitazione con provvedimento definitivo, che cancella i debiti non pagati.
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Introduzione
L’esdebitazione è un istituto fondamentale del diritto fallimentare e della crisi d’impresa, pensato per offrire al debitore sovraindebitato una “seconda chance” economica. In sostanza, si tratta della liberazione dai debiti residui non pagati al termine di una procedura concorsuale (come il fallimento, ora liquidazione giudiziale, o le procedure di sovraindebitamento). Attraverso l’esdebitazione, i crediti insoddisfatti diventano inesigibili nei confronti del debitore: i creditori non potranno più pretenderne il pagamento. Ciò consente al debitore onesto ma sfortunato di ripartire senza il “fardello” dei debiti pregressi, favorendo il reinserimento nel tessuto economico e prevenendo l’esclusione finanziaria. Questa guida fornisce un quadro giuridico avanzato, aggiornato alla normativa vigente a maggio 2025, sulle condizioni e requisiti per ottenere l’esdebitazione in Italia.
Nel corso degli ultimi anni la disciplina dell’esdebitazione ha subito profonde modifiche, soprattutto con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, detto CCII) e i successivi interventi correttivi. Il Codice della crisi, in vigore a regime dal 15 luglio 2022, ha innovato la materia rispetto alla vecchia Legge Fallimentare (R.D. 267/1942) e alla Legge 3/2012 sul sovraindebitamento, introducendo importanti novità. Tra queste spiccano: l’eliminazione del previgente requisito di aver soddisfatto almeno in parte i creditori (prima indispensabile per ottenere l’esdebitazione); l’estensione dell’esdebitazione anche ai debitori collettivi (società ed enti); la previsione di una forma di esdebitazione a favore del debitore incapiente, ossia colui che non dispone di alcuna risorsa neppure per pagare parzialmente i creditori. Inoltre, in attuazione delle direttive europee in materia di insolvenza (direttiva (UE) 2019/1023), il Codice garantisce al debitore persona fisica meritevole la possibilità di ottenere la liberazione dai debiti entro un termine ragionevole (tre anni dall’apertura della liquidazione, nel caso delle procedure di sovraindebitamento). Queste novità, insieme alle modifiche introdotte dai decreti correttivi del Codice (da ultimo il D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136, cosiddetto “Correttivo-ter”), rendono l’istituto più accessibile e uniforme.
Il Quadro Normativo Aggiornato al 2025
L’istituto dell’esdebitazione è stato introdotto nell’ordinamento italiano con la riforma del 2006 della legge fallimentare (artt. 142-144 L.F.), aprendo per la prima volta la possibilità per il fallito persona fisica di essere liberato dai debiti residui. In seguito, la Legge 3/2012 ha esteso una forma di esdebitazione anche ai debitori non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti), nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. Tale evoluzione rispondeva all’esigenza di allineare l’Italia ai principi internazionali sul fresh start, evitando che chi fosse travolto dai debiti rimanesse indebitato a vita e incentivando il ritorno all’attività economica.
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) ha riordinato integralmente la materia. Dopo vari rinvii, il Codice è entrato in vigore dal 2022, integrando sia la disciplina del fallimento (rinominato liquidazione giudiziale) sia quella del sovraindebitamento in un testo unico. Esso ha anche recepito la Direttiva UE 2019/1023 (sul quadri di ristrutturazione preventiva e insolvenza), in particolare per quanto attiene al diritto del debitore onesto di ottenere l’esdebitazione entro tre anni dal fallimento. Successivamente, sono intervenuti tre decreti correttivi (D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024) che hanno ulteriormente perfezionato la disciplina, risolvendo alcuni dubbi applicativi e introducendo novità attese dagli operatori.
Di seguito sintetizziamo le principali novità normative in vigore a maggio 2025 riguardanti l’esdebitazione:
- Eliminazione del requisito di pagamento parziale dei creditori: sotto la Legge Fallimentare previgente, l’esdebitazione non poteva essere concessa se il fallito non avesse soddisfatto almeno in parte i creditori concorsuali. Il Codice della crisi ha eliminato tale condizione: oggi il beneficio è ottenibile anche se i creditori non hanno ricevuto nulla (ciò accade spesso nei fallimenti con attivo insufficiente). Questa modifica, confermata dalla giurisprudenza di merito, rappresenta un cambio di paradigma in favore del debitore meritevole che sia totalmente incapiente.
- Riduzione dei tempi per il fresh start: per le procedure di liquidazione controllata (sovraindebitamento), l’esdebitazione opera automaticamente dopo 3 anni dall’apertura della procedura, senza dover attendere la chiusura definitiva. In ogni caso, al termine della liquidazione (sia giudiziale sia controllata) il tribunale deve pronunciarsi sul beneficio. Questo meccanismo garantisce ai debitori persone fisiche un orizzonte temporale certo (3 anni) per la liberazione dai debiti, in linea con la normativa UE. (Si noti che nella liquidazione giudiziale – procedura generalmente rivolta a imprese e imprenditori maggiori – il Codice non prevede un termine fisso di 3 anni, presumendo che la durata possa variare; tuttavia, anche in tal caso l’esdebitazione interviene normalmente al momento della chiusura della procedura.)
- Esdebitazione estesa alle società e agli enti collettivi: diversamente dal passato, in cui solo le persone fisiche potevano essere “esdebitate”, il Codice consente ora la liberazione dai debiti anche alle società (di persone e di capitali) e agli altri enti che siano stati sottoposti a liquidazione giudiziale. Come vedremo, ciò ha efficacia in particolare verso i soci illimitatamente responsabili di società di persone, i quali beneficiano dell’esdebitazione ottenuta dalla società. Questa innovazione, introdotta dall’art. 278 comma 4 CCII, riconosce che anche per l’impresa collettiva può essere utile una clean slate formale, pur se l’ente spesso viene estinto al termine della procedura.
- Introduzione dell’esdebitazione del debitore incapiente****:** il Codice della crisi ha introdotto all’art. 283 CCII una procedura speciale dedicata al debitore persona fisica totalmente incapiente, ossia privo di beni o redditi aggredibili da offrire ai creditori. In presenza di rigorose condizioni di meritevolezza, il tribunale può concedere a tale soggetto la cancellazione di tutti i debiti, senza aprire una procedura di liquidazione del patrimonio (in pratica “a costo zero”). Si tratta di una soluzione radicale ma circoscritta ai casi di assoluta indigenza, in cui la legge bilancia l’interesse sociale a non condannare il debitore alla povertà permanente con l’interesse dei creditori, tutelato da stringenti controlli e da condizioni (ad esempio l’obbligo per il debitore incapiente di dichiarare entro 4 anni eventuali miglioramenti della propria situazione economica).
- Altre modifiche dei decreti correttivi (2020-2024): i provvedimenti integrativi hanno, inter alia, ridotto da 10 a 5 anni l’intervallo minimo tra una esdebitazione e l’altra (un debitore può chiedere un nuovo esdebitamento solo se sono trascorsi almeno 5 anni da un precedente beneficio); hanno chiarito che il beneficio non è mai ammesso più di due volte per lo stesso soggetto; e hanno razionalizzato il regime transitorio, stabilendo che le nuove regole di meritevolezza si applicano anche alle istanze presentate dopo il 2022 riguardanti fallimenti disciplinati dalla vecchia legge. Inoltre, è stata confermata l’esclusione di determinate categorie di debiti dall’esdebitazione (obblighi alimentari, risarcimenti da fatto illecito e sanzioni), di cui diremo oltre.
In sintesi, a maggio 2025 l’esdebitazione in Italia è regolata principalmente dal Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019) – come modificato ed integrato dai correttivi – e, per quanto non diversamente previsto, dai principi generali ereditati dalla legge fallimentare e dalla legge sul sovraindebitamento. Nel prosieguo analizzeremo nel dettaglio i presupposti soggettivi e oggettivi richiesti per l’esdebitazione, distinguendo le varie fattispecie (persona fisica, imprenditore, impresa, debitore incapiente) e soffermandoci su aspetti pratici come la procedura, gli effetti fiscali e i rapporti con l’Agenzia delle Entrate.
(Per riferimenti normativi puntuali, si veda la sezione Fonti in fondo alla guida, dove sono elencati gli articoli del Codice della crisi – in particolare artt. 278-283 CCII – e altre norme pertinenti, nonché pronunce giurisprudenziali e prassi amministrative citate nel testo.)
Cos’è l’Esdebitazione e Quali Effetti Produce
Dal punto di vista giuridico, l’esdebitazione è la dichiarazione giudiziale di inesigibilità dei crediti rimasti insoddisfatti al termine di una procedura concorsuale. In altri termini, mediante l’esdebitazione il tribunale dichiara che il debitore non è più tenuto a pagare le somme dovute ai creditori concorsuali che non abbiano trovato soddisfazione integrale nella liquidazione del patrimonio. Come sancisce l’art. 278 CCII, l’esdebitazione “comporta l’inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti” all’esito di una liquidazione giudiziale o controllata. Si tratta dunque di un provvedimento a carattere costitutivo, che estingue l’obbligo giuridico del pagamento per i debiti concorsuali residui.
Dal punto di vista pratico, l’effetto principale dell’esdebitazione è che il debitore viene “liberato” dai debiti pregressi e può riprendere le attività economiche senza il peso delle passività precedenti. I creditori concorsuali, dal canto loro, perdono il diritto di agire nei confronti del debitore per la parte di credito rimasta insoluta. Se ad esempio un creditore chirografario ha ricevuto il 10% del proprio credito nell’ambito della procedura e rimane un 90% impagato, dopo l’esdebitazione non potrà più pretendere quel 90% residuo. In mancanza di esdebitazione, invece, i creditori riacquistano (dopo la chiusura del fallimento) la possibilità di agire individualmente contro il debitore per la parte non soddisfatta – con tutte le note conseguenze negative: il debitore resterebbe esposto potenzialmente per tutta la vita ad azioni esecutive e misure cautelari, e difficilmente potrebbe riabilitarsi economicamente. L’esdebitazione, dunque, risolve questa situazione congelando le pretese creditorie insoddisfatte.
È importante evidenziare che l’esdebitazione non copre tutti i debiti in senso assoluto, ma solamente i debiti di natura concorsuale verso creditori coinvolti nella procedura. Come vedremo, taluni debiti restano esclusi per legge (ad esempio gli alimenti dovuti ai familiari, le obbligazioni risarcitorie da illecito civile o le multe) e permangono dovuti anche dopo l’esdebitazione. Inoltre, l’esdebitazione non pregiudica i diritti di eventuali coobbligati o fideiussori del debitore: se terzi avevano garantito quei debiti, essi ne rimangono responsabili. Dunque, il beneficio opera solo nei confronti del debitore che lo ottiene, e non si estende automaticamente ad altri soggetti obbligati (salvo il caso dei soci illimitatamente responsabili, di cui diremo a breve).
Un’altra distinzione concettuale utile è quella tra esdebitazione in senso stretto ed effetti esdebitatori automatici. Nel diritto concorsuale, infatti, alcune procedure producono per loro natura un effetto di esdebitazione senza bisogno di un provvedimento ad hoc: si pensi al concordato preventivo omologato o all’accordo di ristrutturazione dei debiti con i creditori. In tali casi, il debitore è liberato dalla parte di debiti oggetto di falcidia in forza dell’esecuzione dell’accordo omologato: i creditori aderenti (o comunque vincolati dall’omologazione) non possono più chiedere quanto rimesso nel concordato. Questo è un effetto naturale di quelle procedure, che potremmo definire esdebitazione indiretta. Diversamente, l’esdebitazione in senso stretto è un istituto autonomo, che richiede un’apposita istanza e un provvedimento del tribunale, intervenendo tipicamente dopo lo svolgimento di una procedura liquidatoria (fallimentare o di sovraindebitamento). In altre parole, mentre in un concordato è il piano concordatario stesso ad esdebitare il debitore per la parte di debito non pagata secondo le pattuizioni, nel caso della liquidazione giudiziale o controllata occorre un passaggio ulteriore: al termine (o decorso un certo tempo) il debitore chiede al giudice di essere esdebitato e il giudice valuta se ne ricorrono le condizioni di legge.
Questa guida si concentra sull’esdebitazione in senso stretto, ossia quella disciplinata espressamente dal Codice della crisi agli artt. 278 e seguenti, che costituisce un beneficio di legge concesso dal tribunale. Rientrano in quest’alveo tanto l’esdebitazione al termine di una liquidazione giudiziale (ex fallimento) o di una liquidazione controllata (ex procedura da sovraindebitamento), quanto la nuova esdebitazione “a zero attivo” del debitore incapiente. Per completezza, segnaleremo quando opportuno le differenze con l’esdebitazione che si realizza in via automatica in altre procedure (piani del consumatore, concordati minori, ecc.), ma il cuore dell’analisi riguarderà i presupposti, le condizioni e il procedimento per ottenere il decreto di esdebitazione da parte del tribunale.
Presupposti e Requisiti per l’Esdebitazione (Meritevolezza del Debitore)
L’esdebitazione non è un “condono” indiscriminato: la legge lo riserva ai debitori meritevoli, ossia a coloro che hanno tenuto un comportamento corretto e collaborativo, senza colpa grave o frode nella formazione del proprio indebitamento. I presupposti soggettivi dell’esdebitazione sono elencati all’art. 280 CCII (rubricato “Condizioni per l’esdebitazione”). Si tratta di una serie di requisiti di onorabilità e condotta, in parte mutuati dalla previgente disciplina, che il debitore deve soddisfare affinché il tribunale possa concedergli il beneficio. Tali condizioni delineano il concetto di “meritevolezza” del debitore: solo chi abbia agito con buona fede, diligenza e trasparenza nei confronti dei creditori può aspirare alla liberazione dai debiti.
Esponiamo di seguito, in forma schematica, i requisiti chiave per l’esdebitazione secondo l’art. 280 CCII, evidenziando per ciascuno il relativo significato pratico:
- Assenza di condanne per reati concorsuali o affini: il debitore non deve essere stato condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta o altri gravi reati in materia economica (delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, o reati commessi in connessione all’esercizio dell’impresa). Se vi sono procedimenti penali pendenti per tali reati, la concessione del beneficio è sospesa finché il procedimento penale non si conclude. In pratica, un imprenditore che abbia distratto beni ai danni dei creditori o falsificato i bilanci – incorrendo nel reato di bancarotta fraudolenta – non potrà essere esdebitato, a meno che non sia intervenuta la sua riabilitazione penale. Questa previsione intende evitare che chi si è reso colpevole di frodi gravi benefici della remissione dei debiti.
- Divieto di frodi o gestioni gravemente imprudenti del patrimonio: il debitore non deve aver distratto o dissipato l’attivo, né aver occultato passività inesistenti, né aver aggravato il proprio dissesto con operazioni dolose o gravemente imprudenti (ad esempio, un ricorso abusivo al credito in fase di insolvenza). In sostanza, chi ha causato o aggravato la situazione debitoria con colpa grave o malafede non è considerato meritevole. Un caso tipico di esclusione è quello del debitore che, sapendosi insolvente, ha continuato a indebitarsi senza prospettive ragionevoli di ripagare (accendendo nuovi finanziamenti per coprire i vecchi, in una spirale irresponsabile). Anche comportamenti come il falso in bilancio, l’omessa tenuta delle scritture contabili o altre azioni che rendono ardua la ricostruzione del patrimonio e degli affari rientrano in questa preclusione. L’idea è che l’esdebitazione è un premio per il debitore sfortunato ma onesto, non per chi ha scientemente abusato del credito o frodato i creditori.
- Cooperazione e trasparenza durante la procedura: il debitore deve aver collaborato attivamente con gli organi della procedura (curatore, commissario giudiziale o OCC) e non deve averne ostacolato o ritardato lo svolgimento. In particolare, si richiede che egli abbia fornito tutte le informazioni e i documenti necessari per accertare l’attivo e il passivo, e in generale per il buon esito delle operazioni. Ad esempio, il fallito deve aver consegnato i libri contabili al curatore, reso conto della propria attività, indicato tutti i creditori e i beni posseduti, segnalato prontamente eventuali sopravvenienze attive, ecc. Se invece si è reso irreperibile, o ha taciuto dell’esistenza di un cespite, o ha procrastinato le vendite giudiziarie, allora non ha diritto all’esdebitazione. Questo requisito ribadisce un principio di leale collaborazione: il debitore che chiede di essere sollevato dai debiti deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per massimizzare il soddisfacimento dei creditori durante la procedura.
- Intervallo minimo dalla precedente esdebitazione: qualora il debitore abbia già beneficiato di un’esdebitazione in passato, la legge impone un limite temporale prima che possa ottenerne un’altra. In particolare, non può essere concesso un nuovo esdebitamento se non sono trascorsi almeno 5 anni dal precedente. Questo termine è stato ridotto rispetto ai 10 anni previsti dalla vecchia legge fallimentare, nell’ottica di favorire il fresh start pur mantenendo un argine contro abusi frequenti. Ciò significa, ad esempio, che se Tizio era stato esdebitato a seguito di un fallimento chiuso nel 2020, potrà eventualmente chiedere una seconda esdebitazione solo a partire dal 2025 in poi (sempre che ricorrano gli altri presupposti). L’idea è evitare che un soggetto possa liberarsi ciclicamente dei debiti ogni pochi anni, ma al contempo consentire una eccezionale seconda opportunità nella vita, trascorso un congruo periodo.
- Numero massimo di volte: in ogni caso, la legge stabilisce che non si può beneficiare dell’esdebitazione più di due volte. Il secondo esdebitamento è quindi l’ultimo possibile. Se un debitore, dopo aver già ottenuto due esdebitazioni nel corso della sua vita, incorresse in una terza situazione di insolvenza, non potrebbe più aspirare alla liberazione dei debiti residui tramite questo istituto. Questa limitazione assoluta serve da freno definitivo: chi per due volte è finito in stato d’insolvenza e ha usufruito del beneficio, difficilmente potrà invocare ancora la buona fede qualora contragga nuovamente debiti che non riesce a pagare.
Questi requisiti delineano il profilo del debitore meritevole: incensurato sotto il profilo fallimentare-penale, non fraudolento, responsabile, collaborativo e che non abusa ripetutamente dell’istituto. La verifica di tali condizioni è demandata al tribunale che deve decidere sull’esdebitazione. In pratica, nella liquidazione giudiziale il curatore fallimentare (o nella liquidazione controllata l’OCC – Organismo di Composizione della Crisi) redige una relazione finale nella quale attesta la sussistenza o meno di queste condizioni (assenza di comportamenti dolosi, condanne penali, ecc.). Il giudice esaminerà la relazione e le eventuali osservazioni dei creditori per stabilire se il debitore possa dirsi “meritevole” del beneficio.
Va sottolineato che il Codice della crisi ha attenuato alcune preclusioni rispetto alla vecchia disciplina. Ad esempio, come già ricordato, non è più richiesto che i creditori siano stati parzialmente soddisfatti. In passato, se il fallito non riusciva a pagare nemmeno un centesimo ai creditori chirografari, l’esdebitazione gli veniva negata; oggi invece anche il fallimento con attivo completamente insufficiente può portare al beneficio, purché il debitore sia in buona fede. Questo cambiamento risponde alla logica per cui non deve essere punito il debitore per il solo fatto di non aver avuto nulla da distribuire, se la situazione d’insolvenza non è dipesa da sua colpa grave.
Altre condizioni da segnalare: la legge richiede che il debitore non abbia già fatto ricorso a procedure di sovraindebitamento nei 5 anni precedenti (regola questa recentemente modificata dal Correttivo 2024, che ha eliminato il riferimento al semplice ricorso e mantiene solo il criterio dell’esdebitazione effettivamente ottenuta). Inoltre, permane il divieto di accesso al beneficio per il debitore che violi specifici obblighi di legge durante la procedura concorsuale. Ad esempio, nel caso del fallimento, l’art. 48 L.F. impone al fallito di depositare i bilanci e le scritture contabili: la violazione di tale obbligo, nella vecchia legge, impediva l’esdebitazione. Nel Codice della crisi questa specifica disposizione non è ripetuta espressamente, ma la sostanza è assorbita dai requisiti generali di cooperazione e trasparenza sopracitati.
In sintesi, i presupposti per l’esdebitazione possono essere riassunti nella formula: assenza di frode, dolo o grave colpa nella causazione e gestione dell’insolvenza, unita a piena collaborazione procedurale. Questi elementi compongono la meritevolezza del debitore. È importante notare che il giudizio di meritevolezza ha un certo margine di discrezionalità: il tribunale valuta caso per caso se il comportamento del debitore, nel complesso, sia stato sufficientemente corretto da giustificare il sacrificio imposto ai creditori (i quali dovranno rinunciare definitivamente a parte dei loro crediti). Le prime pronunce in materia confermano un vaglio rigoroso: ad esempio, si è negato il beneficio a chi aveva omesso sistematicamente il pagamento di imposte senza valide ragioni, ritenendo tale condotta indice di colpa grave. D’altro canto, si tende a favorire l’accesso all’esdebitazione quando l’insolvenza deriva da cause esterne (crisi di mercato, perdita del lavoro, malattia, etc.) e il debitore ha mostrato impegno nel limitare il danno e nel collaborare.
Debiti Esclusi dall’Esdebitazione
Non tutti i debiti del debitore possono essere “cancellati” con l’esdebitazione. La legge – sia nella vecchia L.F. che nel nuovo Codice – individua alcune categorie di crediti che restano comunque dovuti e azionabili, anche dopo la concessione del beneficio. L’art. 278 comma 7 CCII elenca espressamente tali debiti non esdebitabili. Si tratta di obbligazioni che, per ragioni etico-sociali o di politica pubblica, il legislatore ha voluto tenere indenni dalla falcidie concorsuali. Di seguito elenchiamo i principali debiti esclusi e il loro significato:
- Obblighi di mantenimento e alimentari: sono esclusi i debiti che il debitore ha verso coniuge, figli o altri familiari per obblighi di mantenimento, alimenti o assegni di divorzio. Queste somme, dovute per legge a fini di sostentamento familiare, non possono essere condonate: ad esempio, se Tizio ha arretrati di assegni alimentari verso un figlio, dovrà continuarli a pagare nonostante l’esdebitazione. L’idea è che i diritti di mantenimento, avendo natura personalissima e spesso coinvolgendo soggetti deboli (minori, ex coniuge non autosufficiente), non possano essere annullati da una procedura concorsuale.
- Obbligazioni estranee all’esercizio dell’impresa: nella versione previgente (art. 142 L.F.) si menzionavano “le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa” come escluse dall’esdebitazione del fallito imprenditore. Questa formulazione – che mirava a escludere i debiti di natura personale/familiare dell’imprenditore fallito – oggi ha minor rilievo, poiché l’esdebitazione si applica anche ai non imprenditori. Nel Codice attuale, infatti, la lettera a) del comma 7 art. 278 CCII si limita a citare obblighi di mantenimento e alimentari, senza ripetere la locuzione “rapporti estranei all’impresa”. Pertanto, possiamo intendere che tutti i debiti personali di carattere ordinario (ad es. debiti da consumo, finanziamenti personali, ecc.) sono invece esdebitabili, salvo rientrino in un’altra categoria esclusa.
- Debiti per risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale: se il debitore deve dei soldi in conseguenza di un illecito civile (ad esempio, i danni causati da un incidente stradale, da un fatto di diffamazione, o altro torto extracontrattuale), tali debiti non vengono cancellati. Chi ha subito un danno ingiusto (il danneggiato) conserva il diritto al risarcimento integrale dal danneggiante, anche post esdebitazione. Questa eccezione tutela il principio per cui non è equo che un danneggiante possa liberarsi della propria responsabilità civile verso la vittima tramite la procedura concorsuale.
- Sanzioni penali e amministrative pecuniarie: le multe, ammende e sanzioni pecuniarie di natura penale o amministrativa restano dovute. Esempi: una multa stradale, una sanzione dell’Agenzia delle Entrate per omesso versamento di imposte, una contravvenzione penale comminata dal giudice. Tuttavia, la legge precisa “che non siano accessorie a debiti estinti”: ciò significa che se la sanzione è un accessorio di un debito principale concorsuale (ad es. sanzioni e interessi su imposte), potrebbe seguire la sorte del debito principale se questo è soddisfatto o falcidiato in concorso. In linea generale comunque, le sanzioni autonome restano esigibili: il debitore esdebitato non sarà perseguito per i debiti commerciali o fiscali originari, ma dovrà comunque pagare le contravvenzioni o le ammende a suo carico, poiché si tratta di misure punitive che non vengono condonate per non creare disparità e per evitare un indebito senso di impunità.
In aggiunta a queste categorie espressamente escluse, la norma (art. 278 co.6 CCII) ribadisce che permangono i diritti dei creditori verso eventuali coobbligati, fideiussori ed obbligati di regresso. Ciò conferma che l’esdebitazione incide solo sul rapporto del debitore principale con i suoi creditori, ma non tocca le obbligazioni di altri condebitori solidali. Ad esempio, se un socio ha prestato garanzia personale su un debito della società e la società viene esdebitata, il creditore potrà ancora rivalersi sul socio garante (salvo che anch’egli ottenga separatamente un’esdebitazione personale). Oppure, se più persone erano obbligate in solido per un debito e solo uno ottiene l’esdebitazione, gli altri rimangono pienamente obbligati.
Riassumendo, la tabella seguente elenca i principali debiti non cancellati dall’esdebitazione:
Tipo di debito | È cancellato dall’esdebitazione? | Note |
---|---|---|
Obblighi di mantenimento e alimentari | NO | Restano sempre dovuti (es. assegni a coniuge e figli). |
Risarcimento danni da fatto illecito | NO | Debiti per danni extracontrattuali (tutela del danneggiato). |
Sanzioni penali e amm.ve pecuniarie | NO | Multe, ammende e sanzioni amministrative (non accessorie) dovute. |
Debiti fiscali (imposte, contributi) | SÌ in linea di principio | Inclusi nel concorso ed esdebitabili salvo eventuali sanzioni come sopra. (V. sez. fiscale) |
Debiti commerciali, finanziari, bancari | SÌ | Esdebitati se non soddisfatti nella procedura concorsuale. |
Debiti personali (credito al consumo, prestiti) | SÌ | Esdebitati (salvo rientrino nelle eccezioni di legge sopra). |
Debiti verso soci o parti correlate | SÌ | Trattati come crediti chirografari (se postergati ex lege, partecipano al concorso come tali). |
Garanti e coobbligati di debiti esdebitati | n/a (restano obbligati) | I terzi obbligati restano tenuti verso i creditori per intero. |
NB: i debiti tributari (imposte, tasse, contributi) non sono elencati tra quelli esclusi. Essi possono quindi rientrare nell’esdebitazione, fatto salvo quanto si dirà sui profili fiscali: in alcuni casi, per esempio nei piani di ristrutturazione, la legge richiede che taluni tributi come l’IVA o le ritenute non possano essere disciolti se non con pagamento integrale o tramite transazione fiscale. Tuttavia, se il debitore non paga tali tributi nella liquidazione e ottiene l’esdebitazione, anche il debito tributario residuo diviene inesigibile (come confermato dalla giurisprudenza UE e dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate). Dunque, l’esclusione dall’esdebitazione non riguarda le imposte dovute, bensì solo le eventuali sanzioni tributarie di natura amministrativa (che rientrano nella categoria delle sanzioni pecuniarie non accessorie). Ad esempio, se Tizio ha un debito con l’Erario di €50.000 per IVA + €10.000 di sanzioni e interessi: dopo l’esdebitazione, il capitale IVA non pagato diventa inesigibile, mentre la sanzione amministrativa formalmente resterebbe dovuta (anche se, di fatto, l’Agenzia Entrate Riscossione difficilmente potrebbe recuperarla se il contribuente è nullatenente – ma giuridicamente la pretesa sopravvive).
In conclusione, prima di avviare una procedura di esdebitazione è fondamentale individuare quali debiti potranno essere effettivamente cancellati e quali invece resteranno in capo al debitore. Ciò consente una valutazione consapevole dell’utilità dell’operazione. Se, ad esempio, l’indebitamento di una persona consiste in larga parte in debiti per multe stradali o per risarcimenti danni, l’esdebitazione non risolverà tali esposizioni, e andranno cercate soluzioni diverse (come accordi transattivi ad hoc con i creditori particolari). Nella maggioranza dei casi, comunque, i debiti esclusi rappresentano una porzione ridotta del totale passivo, mentre la massa principale (banche, finanziarie, fornitori, fisco, ecc.) rientra nell’alveo dei debiti esdebitabili.
Procedimento per Ottenere l’Esdebitazione
Delineati i requisiti di merito, vediamo come si svolge concretamente il procedimento di esdebitazione. A grandi linee, il percorso varia leggermente a seconda che si tratti di una liquidazione giudiziale (ex fallimento) oppure di una liquidazione controllata da sovraindebitamento. Inoltre, il Codice della crisi prevede che nelle procedure minori il tribunale possa pronunciarsi d’ufficio dopo un certo termine (3 anni) anche senza istanza formale del debitore. Nonostante queste differenze, il cuore del procedimento – ovvero la valutazione dei presupposti e l’emissione del decreto di esdebitazione – è comune.
Esaminiamo quindi passo passo come il debitore può accedere al beneficio:
1. Svolgimento e chiusura della procedura concorsuale: l’esdebitazione in senso stretto presuppone che si sia svolta una procedura di liquidazione del patrimonio del debitore. Nel caso delle imprese e degli imprenditori “fallibili”, ciò coincide con la liquidazione giudiziale (che sostituisce il fallimento); nel caso delle persone non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti), si tratta della liquidazione controllata (che ha preso il posto della liquidazione del patrimonio ex L.3/2012). Durante queste procedure, l’attivo del debitore viene liquidato (vendita di beni, riscossione crediti ecc.) e il ricavato distribuito ai creditori secondo le regole di graduazione. Al termine, o comunque dopo un certo periodo, normalmente il giudice dichiara chiusa la procedura con apposito decreto o sentenza. Ad esempio, nella liquidazione giudiziale il tribunale emette decreto di chiusura una volta esaurito l’attivo oppure qualora manchino attivi da liquidare; nella liquidazione controllata, analogamente, l’OCC relazione sulla liquidazione compiuta o sull’assenza di beni e il procedimento si chiude.
2. Relazione finale e verifica dei requisiti: prima della chiusura (o in concomitanza con essa), gli organi della procedura predispongono una relazione conclusiva. Il curatore (nel fallimento) o l’OCC (nel sovraindebitamento) attestano se il debitore ha soddisfatto le condizioni per l’esdebitazione. Ad esempio, il curatore indicherà se il fallito ha cooperato, se ha riscontrato atti in frode, se risultano condanne penali ostative, ecc. Questa relazione viene comunicata al debitore e ai creditori, i quali possono sollevare contestazioni (magari un creditore potrebbe segnalare che il debitore gli aveva nascosto un bene, o che ha rilevato comportamenti scorretti).
3. Istanza del debitore (ove necessaria): sotto la legge fallimentare previgente, l’esdebitazione richiedeva una domanda espressa del debitore da presentare entro un anno dalla chiusura del fallimento. Il Codice della crisi ha semplificato l’iter: nelle liquidazioni controllate il beneficio opera di diritto e il tribunale può dichiararlo anche senza istanza, trascorsi 3 anni o alla chiusura. Tuttavia, è buona prassi che il debitore (assistito dal suo legale o dall’OCC) presenti un’istanza formale al tribunale, soprattutto nelle liquidazioni giudiziali. In tal modo, si attiva ufficialmente il sub-procedimento di esdebitazione. L’istanza consiste in un ricorso in cui il debitore chiede la liberazione dai debiti ex art. 280 CCII e dichiara di possedere i requisiti richiesti, allegando magari documentazione a supporto (certificato penale, ecc.). In molti tribunali, comunque, la domanda viene trattata contestualmente alla chiusura: ad esempio, nel decreto di chiusura del fallimento il giudice invita il debitore a presentare istanza di esdebitazione, oppure programma l’udienza per la relativa decisione.
4. Decisione del Tribunale: raccolti tutti gli elementi (relazione del curatore/OCC, eventuali opposizioni dei creditori, istanza del debitore), il tribunale procede a decidere. La decisione avviene in camera di consiglio, spesso con un’udienza in cui le parti vengono sentite. Se i requisiti di legge sono soddisfatti e non emergono cause ostative, il tribunale emette un decreto motivato che dichiara l’esdebitazione del debitore. In caso contrario, emette un decreto di rigetto, indicando le ragioni (ad es. “negata per comportamento fraudolento emerso dagli atti”). Il decreto – sia di accoglimento che di diniego – viene poi comunicato alle parti (debitorie creditori) e al Pubblico Ministero.
5. Pubblicazione e comunicazioni: il decreto che concede l’esdebitazione viene pubblicato nell’area web del tribunale o del Ministero della Giustizia, se riguarda un consumatore o professionista, per garantire pubblicità legale. Inoltre, se il debitore era un imprenditore, il decreto è iscritto al Registro delle Imprese a cura della cancelleria, così che terzi ne abbiano conoscenza ufficiale (questo anche ai fini della cessazione delle cause di ineleggibilità e decadenza per cariche societarie, come prevede l’art. 278 co.1 CCII). Sul fronte creditori, la cancelleria comunica il provvedimento a tutti i creditori conosciuti nonché al PM.
6. Reclamo (eventuale): sia il debitore sia i creditori (nonché il Pubblico Ministero) possono proporre reclamo contro il decreto del tribunale se lo ritengono errato. Il reclamo va presentato alla Corte d’Appello entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento (art. 282 co.3 CCII rinvia all’art. 124 CCII). Ad esempio, un creditore potrebbe reclamare contro il decreto che ha concesso l’esdebitazione, sostenendo che il debitore in realtà non era meritevole (magari allegando nuove prove di frode). Oppure, al contrario, il debitore può impugnare il diniego del beneficio. La corte d’appello deciderà in secondo grado, confermando o riformando la decisione. È previsto anche, in ultima istanza, il ricorso per Cassazione avverso la decisione sul reclamo, nei termini di legge.
7. Esdebitazione operativa: se nessuno propone reclamo nei termini, o se il reclamo viene rigettato e la decisione diviene definitiva, l’esdebitazione diventa definitiva. Da quel momento il debitore è legalmente libero dai debiti concorsuali residui. I creditori non potranno più agire contro di lui personalmente (fatte salve le eccezioni viste). È bene che il debitore conservi copia autentica del decreto di esdebitazione, poiché gli potrà servire per opporsi ad eventuali future pretese di pagamento: ad esempio, se un creditore distratto tentasse comunque di notificare un decreto ingiuntivo per un debito ante procedura, il debitore potrà far valere in giudizio il decreto che ne attesta l’inesigibilità.
Vale la pena sottolineare alcuni aspetti peculiari introdotti dal Codice della crisi nel procedimento:
- Esdebitazione “automatica” dopo 3 anni: come già accennato, per le liquidazioni controllate da sovraindebitamento (che riguardano tipicamente persone fisiche non imprenditori o piccoli imprenditori sotto soglia), l’art. 282 CCII prevede che trascorsi 3 anni dall’apertura della procedura, l’esdebitazione opera di diritto ed è dichiarata dal tribunale con decreto motivato. Ciò significa che, se la procedura dovesse durare a lungo, il debitore non deve attendere la liquidazione di ogni bene fino all’ultimo: decorso il triennio, può ottenere ugualmente il beneficio (mentre la procedura proseguirà per le operazioni rimanenti). Ad esempio, un consumatore che abbia avviato nel 2022 una liquidazione controllata e nel 2025 non abbia ancora visto venduta la propria casa, potrà comunque essere esdebitato nel luglio 2025 (al compimento dei 3 anni), senza aspettare l’effettiva vendita dell’immobile. Questo consente di attenuare tempi morti e dare certezza ai debitori meritevoli. La norma specifica che l’esdebitazione va dichiarata anche in assenza di istanza del debitore, il che impegna il tribunale a provvedere d’ufficio; tuttavia, in pratica, è opportuno che il debitore richiami l’attenzione del giudice sullo spirare del termine triennale, tramite l’OCC, per accelerare la pronuncia.
- Esdebitazione al momento della chiusura: sia per la liquidazione giudiziale sia per la controllata, in ogni caso al momento della chiusura della procedura il tribunale deve pronunciarsi sul concedere o negare l’esdebitazione. Dunque la decisione sul beneficio diventa parte integrante della fase conclusiva del fallimento o sovraindebitamento. Ciò è in linea con l’obiettivo di chiudere definitivamente la vicenda debitoria contestualmente alla fine della procedura: il debitore sa subito se esce “pulito” dai debiti residui oppure no. Questa pronuncia avviene anche qui d’ufficio, se il debitore non l’ha richiesta prima, ponendo fine alla procedura concorsuale con un provvedimento unico di chiusura + esdebitazione (se meritevole). Per prassi, comunque, i tribunali invitano il debitore a depositare un’istanza o quantomeno memorie per sostenere la propria posizione.
- Decreto di esdebitazione e motivazione: il provvedimento che concede l’esdebitazione è un decreto motivato (art. 282 co.1 CCII). Nella motivazione il giudice darà atto della sussistenza dei requisiti (ad esempio: “ritenuto che il debitore non ha riportato condanne, ha cooperato con il curatore, non risultano atti in frode…” ecc.). Se invece nega il beneficio, la motivazione espliciterà quale condizione manca (es: “visto che il debitore ha occultato documentazione contabile, integrando comportamento ostativo ex art. 280 comma 1 lett. c, l’istanza viene rigettata”). Questa motivazione sarà poi oggetto di eventuale reclamo.
- Coordinamento col consumatore del Codice e altre preclusioni: l’art. 282 CCII, come modificato dal correttivo 2024, chiarisce che “restano ferme le preclusioni di cui all’art. 280 co.1 lett. a)” (cioè quella sulle condanne penali) e, per il consumatore, anche la preclusione di cui all’art. 69 co.1. L’art. 69 CCII riguarda la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore e stabilisce che il consumatore non può accedere a un nuovo piano se nei 5 anni precedenti ha già ottenuto l’omologazione di un piano o accordo (ora modificato). In sostanza, si vuole evitare che il consumatore ricorra in modo ripetuto agli strumenti di sovraindebitamento. Tuttavia, il correttivo-ter ha eliminato dalle condizioni ostative generali l’aver solo fatto ricorso a procedure di insolvenza nei 5 anni precedenti, mantenendo invece la condizione che non abbia già ottenuto un’esdebitazione nel quinquennio. Si tratta di dettagli normativi di coordinamento, ma segnalano l’intento del legislatore di impedire abusi senza precludere l’accesso a chi magari aveva tentato inutilmente una composizione qualche anno prima.
Un aspetto procedurale peculiare: nel caso di società o enti collettivi, l’art. 278 comma 4 CCII stabilisce che i requisiti di meritevolezza (art. 280) devono sussistere in capo ai soci illimitatamente responsabili e ai legali rappresentanti (amministratori). In pratica, se il debitore è – ad esempio – una SNC, si guarderà al comportamento dei soci illimitatamente responsabili: se uno di essi ha commesso frodi o reati, ciò precluderà l’esdebitazione per la società e, di conseguenza, per gli altri soci. Questa disposizione evita che tramite la società possano indirettamente avvantaggiarsi soggetti che individualmente sarebbero indegni del beneficio. Inoltre, il comma 5 dell’art. 278 prevede che l’esdebitazione concessa alla società abbia effetto anche a favore dei soci illimitatamente responsabili – approfondiremo tale effetto più avanti. Dal punto di vista procedurale, vorrà dire che se viene presentata istanza di esdebitazione per una società di persone, il tribunale verificherà anche la posizione dei soci (richiedendo eventualmente certificati penali dei soci amministratori, informazioni sul loro operato, ecc.).
Durata del procedimento: in genere, la fase di esdebitazione è abbastanza rapida. Nelle liquidazioni controllate minori, spesso contestuale alla chiusura della procedura. Nei fallimenti più complessi, può richiedere qualche mese: il tempo di depositare relazione del curatore, fissare un’udienza e decidere. Una stima indicativa, prendendo ad esempio la procedura da sovraindebitamento, può essere:
- Preparazione dell’istanza e relazione OCC: 1-3 mesi;
- Udienza davanti al giudice e eventuale sospensione azioni esecutive (il giudice può anche disporre la sospensione di pignoramenti in corso nelle more della decisione) : 2-6 mesi dall’istanza;
- Decisione del giudice e decreto di esdebitazione: entro 6 mesi – 2 anni dall’apertura procedura (massimo 3 anni per operare di diritto).
Va tenuto presente che nelle procedure concorsuali il debitore, dal momento in cui le avvia, è comunque protetto da azioni esecutive individuali (blocco dei pignoramenti, ecc.), quindi in attesa della chiusura il patrimonio è tutelato. La vera incognita era, prima del 2019, la possibilità di ottenere o meno l’esdebitazione: il debitore doveva confidare nella concessione del beneficio ma non ne aveva certezza se c’erano zone d’ombra sul suo operato. Oggi i criteri sono più chiari e uniformati, il che rende più prevedibile l’esito in tribunale, riducendo il rischio di decisioni contraddittorie tra fori diversi.
Transitorietà delle norme: una nota importante riguarda i fallimenti aperti prima dell’entrata in vigore del Codice. La giurisprudenza ha chiarito (es. Trib. Ferrara 20/02/2024) che se l’istanza di esdebitazione viene proposta dopo il 15/7/2022 (data di vigenza del CCII), si applicano i nuovi requisiti dell’art. 281 CCII anche per fallimenti regolati dalla legge previgente. In concreto, ciò ha permesso di concedere l’esdebitazione anche a falliti “vecchi” che non avevano pagato nulla ai creditori, superando il veto dell’art. 142 L.F.. Si tratta di un tecnicismo, ma utile da sapere: il parametro di meritevolezza è quello corrente al momento della decisione, non quello in vigore all’epoca dell’apertura del fallimento. Questo principio evita disparità di trattamento e ha un fondamento nell’art. 11 delle Preleggi (applicazione della legge del tempo della decisione costitutiva).
L’Esdebitazione del Debitore Incapiente (art. 283 CCII)
Una delle innovazioni più rilevanti del Codice della crisi in materia di sovraindebitamento è l’introduzione dell’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII). Questa figura, soprannominata anche esdebitazione “a costo zero”, consente in casi estremi la cancellazione integrale dei debiti in favore di un debitore persona fisica che versi in una condizione di assoluta e dimostrata incapacità di soddisfare anche solo parzialmente i propri creditori. Si tratta, in sostanza, di dare una via d’uscita a chi è talmente indigente o privo di beni da non poter offrire alcuna utilità ai creditori nemmeno avviando una liquidazione del patrimonio (perché il patrimonio è inesistente o irrilevante). Vediamo in dettaglio i presupposti e le caratteristiche di questo particolare tipo di esdebitazione.
Chi può accedere e requisiti di meritevolezza
L’esdebitazione dell’incapiente è riservata esclusivamente al debitore persona fisica (consumatore o imprenditore individuale) che si trovi in uno stato di sovraindebitamento grave e non abbia alcun bene o reddito disponibile per i creditori. In altre parole, deve trattarsi di un debitore che:
- Non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, né diretta né indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Questa definizione normativa significa che non solo il debitore non dispone attualmente di beni liquidabili o di un surplus di reddito, ma che nemmeno prevedibilmente nel prossimo futuro avrebbe risorse da destinare ai creditori. Ad esempio, un pensionato con sola pensione minima, senza immobili né altri averi, potrebbe rientrare in questa categoria; così pure un disoccupato senza patrimonio. Al contrario, un soggetto con un reddito anche modesto ma stabile potrebbe non essere considerato “incapiente” se quel reddito lascia margini (per quanto piccoli) oltre il proprio mantenimento.
- È “meritevole” secondo i parametri di legge: la meritevolezza qui assume un rilievo ancor più centrale. Il debitore incapiente deve soddisfare gli stessi requisiti di onestà e correttezza visti per l’esdebitazione ordinaria (assenza di frode, condotte diligenti, ecc.). In più, l’art. 283 enfatizza il controllo sulla assenza di atti in frode e di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento. Trattandosi di cancellare debiti senza alcun sacrificio economico per il debitore (che non paga nulla, nemmeno parzialmente), il vaglio giudiziale è estremamente rigoroso. Già i primi provvedimenti applicativi mostrano un approccio severo: ad esempio, è stata negata l’esdebitazione incapiente a chi aveva omesso di pagare sistematicamente le imposte senza giustificazione, segno di una leggerezza grave nella gestione delle proprie obbligazioni. Il ragionamento è che liberare completamente dai debiti un soggetto incapiente comporta un sacrificio enorme per i creditori, giustificabile solo se il debitore è davvero vittima di circostanze sfortunate e non corresponsabile del proprio dissesto.
Va evidenziato che incapienza non significa necessariamente totale mancanza di reddito. La legge precisa che può essere incapiente anche chi possiede un reddito che però risulta interamente assorbito dalle esigenze di sostentamento proprie e della famiglia. Ad esempio, un soggetto che guadagni 1.000 euro al mese e abbia spese essenziali (vitto, affitto, figli) per 1.000 euro, di fatto non ha quota disponibile per i creditori e dunque è incapiente in termini di utilità ricavabile. Anche se percepisce reddito, non gliene avanza nulla da offrire ai creditori (se non un importo simbolico insufficiente persino a coprire i costi della procedura). Ovviamente il giudice valuterà caso per caso, magari utilizzando parametri standard per il minimo vitale. Con l’aggiornamento normativo al 2025, si è cercato di uniformare i criteri per calcolare il fabbisogno mensile del debitore e familiari, evitando disparità territoriali. Questo aiuta a determinare meglio chi possa dirsi incapiente.
In sintesi, i due pilastri per l’accesso a questa forma di esdebitazione sono: meritevolezza elevata + assenza di utilità distribuibili. Se manca il primo (meritevolezza), il debitore incapiente non avrà alcun beneficio ma anzi rischia, come osservato dagli interpreti, di aver intrapreso inutilmente anche la liquidazione controllata senza poi ottenere l’effetto liberatorio. Se manca il secondo (incapienza), semplicemente il debitore può (e deve) percorrere una via ordinaria – per esempio una liquidazione controllata normale dove offrirà quel poco che ha.
Procedura “semplificata” e obblighi post-decreto
La procedura per il debitore incapiente è concepita come più snella, proprio perché non c’è un attivo da liquidare. In pratica, il debitore incapiente può presentare direttamente al tribunale (con l’assistenza di un OCC) un ricorso per esdebitazione ex art. 283 CCII. Nel ricorso dovrà documentare minuziosamente la propria situazione economica, provando di non avere beni né redditi disponibili, e dichiarando di soddisfare le condizioni di meritevolezza (indicando ad es. di non aver frodato i creditori, allegando eventualmente il certificato penale per attestare l’assenza di condanne, etc.). L’OCC svolge un ruolo cruciale: verifica la veridicità delle dichiarazioni, esamina i bilanci familiari del debitore, controlla che non ci siano cespiti occultati (ad esempio con accesso alla Centrale Rischi, ai registri immobiliari, ecc.), e redige una relazione di attestazione sull’incapienza e meritevolezza.
Ricevuto il ricorso, il tribunale convoca l’udienza (in camera di consiglio) e sente eventualmente i creditori e il debitore. Se tutto risulta regolare e i creditori (che sono comunque informati) non sollevano opposizioni fondate, il tribunale può emettere un decreto con cui concede l’esdebitazione in quanto debitore incapiente. Il decreto comporta la cancellazione totale di tutti i debiti concorsuali del debitore, analogamente a quanto avviene nell’esdebitazione ordinaria – ma con la differenza che qui non c’è stato alcun realizzo da distribuire. È, per così dire, un “fresh start immediato”.
Tuttavia, il legislatore ha previsto specifiche tutele per i creditori a fronte di un beneficio così radicale. In particolare:
- Periodo di monitoraggio di 4 anni per sopravvenienze: l’art. 283 comma 1 (ultimo periodo) CCII stabilisce che se nei quattro anni successivi alla pronuncia del decreto dovessero sopravvenire utilità rilevanti nel patrimonio del debitore, tali utilità dovranno andare in parte a beneficio dei creditori inizialmente rimasti insoddisfatti. In particolare, se queste sopravvenienze consentono di soddisfare i creditori in misura non inferiore al 10%, l’obbligo di pagamento permane per quella parte. Ciò significa che l’esdebitazione del debitore incapiente è soggetta a una sorta di condizione risolutiva: viene concessa subito, ma se entro 4 anni la situazione del debitore migliora al punto da poter pagare almeno il 10% di quanto doveva, egli è tenuto a farlo. Ad esempio, Caio ottiene l’esdebitazione incapiente per €100.000 di debiti nel 2025; nel 2027 vince alla lotteria €50.000 (sopravvenienza rilevante): dovrà usarne almeno €10.000 (il 10% dei debiti) per pagare i creditori, essendo mutato in meglio il suo stato. Ove invece le utilità sopravvenute siano minori (non consentono di raggiungere il 10%), il debitore può trattenerle senza perdere il beneficio, in quanto la legge fissa proprio nel 10% la soglia di “rilevanza”.
- Obbligo di dichiarazione e vigilanza OCC: per attuare quanto sopra, il debitore esdebitato come incapiente ha l’obbligo legale di presentare, nei termini e con le modalità indicate nel decreto di concessione, una dichiarazione circa le sopravvenienze rilevanti eventualmente ottenute nei 4 anni. In pratica, il tribunale nel decreto prescrive al debitore: “Fornisci una relazione annuale/semestrale sulle tue condizioni economiche per i prossimi quattro anni, dichiarando se hai ricevuto eredità, vincite, incrementi di reddito, ecc.”. L’OCC è tenuto a vigilare sull’adempimento di questo obbligo, e su richiesta del giudice dovrà verificare l’effettiva esistenza di eventuali sopravvenienze. Questa supervisione garantisce che se il debitore dovesse dimenticarsi di dichiarare, per dire, un’eredità ricevuta, la cosa possa emergere (l’OCC potrebbe incrociare i dati, controllare registri, ecc.). In caso di omissione dolosa, ovviamente, si configurerebbe anche un comportamento fraudolento che potrebbe portare a sanzioni e alla revoca del beneficio.
- Inadempimento dell’obbligo di pagamento sopravvenuto: la norma non dettaglia espressamente il meccanismo in caso di sopravvenienze. Tuttavia, si può ritenere che, qualora il debitore non adempia all’obbligo di pagare i creditori fino al 10% coi nuovi mezzi, i creditori stessi possano riattivarsi e agire esecutivamente su quelle somme. In altre parole, l’esdebitazione resta valida ma limitatamente alla parte eccedente tale soglia. Si crea quasi un “debito condizionale” che rivive se entro i 4 anni il debitore diventa in grado di soddisfarlo in minima parte. Ad ogni modo, trascorsi i 4 anni, se non vi sono state sopravvenienze rilevanti, l’esdebitazione si consolida definitivamente e il debitore non deve più rendere conto ai vecchi creditori.
In sintesi, l’esdebitazione del soggetto incapiente è un istituto a metà tra la clemenza e la prudenza: clemenza perché consente a chi è totalmente oppresso dai debiti di liberarsene comunque (evitando di rimanere inseguito a vita da importi che mai potrebbe pagare), prudenza perché impone un periodo di “osservazione” durante il quale, se per caso quell’individuo ha fortuna o miglioramenti insperati, i creditori riottengono almeno qualcosa. Questo evita anche il rischio di furberie, cioè che un debitore molto ben consigliato spogli momentaneamente il proprio patrimonio per apparire nullatenente, ottenga l’esdebitazione e poi riacquisti i beni: in tal caso, entro 4 anni, quei beni riconfluirebbero nel suo patrimonio e sarebbero sopravvenienze aggredibili.
Esempio concreto: Un esempio pratico: un piccolo artigiano, privo di beni e con un reddito basso, accumula €50.000 di debiti (tra banche e fisco) dopo aver perso la sua officina in un incendio e non essere assicurato. Non ha alcuna possibilità di pagare i creditori. Secondo il Codice della crisi, se l’artigiano è persona onesta e la sua insolvenza non è dovuta a colpa grave, può rivolgersi a un OCC e presentare domanda di esdebitazione come incapiente. Il tribunale verifica che davvero non possiede nulla (vive in affitto, ha solo un vecchio furgone strumentale) e che la sua modesta pensione sociale basta a malapena per vivere. Ritenuta la meritevolezza (nessun atto in frode, nessuna condanna), il giudice emette decreto nel 2025 cancellando tutti i suoi €50.000 di debiti. L’artigiano torna così pulito dal punto di vista debitorio. Nel decreto, però, il giudice gli impone di depositare ogni anno fino al 2029 una dichiarazione reddituale. Nel 2027 l’artigiano vince un ricorso per un indennizzo e riceve €10.000 dallo Stato: questa è una sopravvenienza rilevante e l’OCC segnala che con quei €10.000 potrebbe pagare il 20% dei vecchi debiti. Pertanto, l’artigiano dovrà destinare almeno €5.000 (il 10% di 50.000) ai creditori, ripartiti secondo l’ordine originario. Se adempie, rimane comunque liberato dal restante; se non adempie volontariamente, i creditori potrebbero agire su quella somma. Se invece nessuna sopravvenienza fosse arrivata entro il 2029, l’artigiano avrebbe definitivamente voltato pagina senza pagare nulla.
Rapporto con le procedure di sovraindebitamento: la domanda che sorge è: il debitore incapiente deve per forza passare prima da una liquidazione controllata infruttuosa, oppure può saltare direttamente a chiedere l’esdebitazione incapiente? La norma sembra consentire l’accesso diretto all’esdebitazione incapiente anche senza una previa liquidazione controllata. D’altronde, costringere una persona senza nulla ad aprire una procedura liquidatoria sarebbe inutile dispendio. Pertanto, l’iter tipico è: il debitore va dall’OCC, l’OCC verifica che non c’è nulla da liquidare e suggerisce di presentare subito ricorso ex art. 283, evitando la liquidazione. In alcuni casi però, il debitore potrebbe aver avviato comunque una liquidazione controllata sperando di ricavare qualcosa e solo in corso di procedura ci si rende conto che non si ricaverà nulla: in tal scenario, l’art. 283 opera al momento della chiusura dopo 4 anni. In generale comunque si tratta di un rimedio eccezionale. Non a caso, la relazione ministeriale al decreto 2024 definisce la modifica sull’incapiente come la “novità maggiormente attesa dai creditori” – ciò perché ha introdotto quell’obbligo del 10% in 4 anni, che prima (nel testo originario 2019) pare non fosse così dettagliato. In effetti, creditori e fisco temevano un abuso di esdebitazioni “facili”: il correttivo ha calibrato meglio l’istituto.
In conclusione, l’esdebitazione del debitore incapiente è una valvola di sicurezza sociale, per casi come il cosiddetto “insolvenza da povertà”. La finalità è evitare che persone in miseria restino intrappolate dai debiti pregressi senza speranza, offrendo loro un fresh start anche se non hanno nulla da dare in cambio – purché siano cittadini onesti finiti male per sventura. È però uno strumento subordinato a rigorosi controlli, per impedire che diventi un escamotage per furbi. La pratica applicativa è ancora recente (prime pronunce nel 2023-24, ad es. Tribunale di Oristano 29/07/2024 ha accolto un ricorso ex art. 283), ma sta aprendo la strada a casi in cui, diversamente, nemmeno la legge 3/2012 avrebbe offerto soluzioni (in L.3/2012 se uno era incapiente, non poteva proporre un piano né un accordo, e la liquidazione del patrimonio sarebbe stata un percorso vuoto; ora può ottenere comunque il beneficio).
Effetti dell’Esdebitazione sul Debitore e sui Creditori
L’ottenimento dell’esdebitazione porta con sé una serie di effetti giuridici e pratici significativi, che vale la pena riepilogare, distinguendo l’impatto sul debitore e quello sui creditori (nonché su eventuali terzi obbligati):
Effetti per il debitore: “ripartenza” e riabilitazione
Per il debitore, il beneficio dell’esdebitazione rappresenta – come dice la parola stessa – la cancellazione dei debiti residui. Egli può considerare estinte le obbligazioni verso i creditori concorsuali insoddisfatti: non esiste più un obbligo giuridico di pagarli. Si tratta di una vera liberazione finanziaria, che consente al debitore di tornare ad operare senza il timore di vedersi aggredire i beni futuri o i redditi che dovesse generare dopo la procedura (salvo le eccezioni viste per il debitore incapiente nei 4 anni).
Inoltre, l’esdebitazione comporta una sorta di riabilitazione civile e commerciale del debitore. Infatti, cessano molte delle incapacità personali e limitazioni che erano conseguenza dell’apertura della procedura concorsuale. Ad esempio, l’art. 278 co.1 CCII specifica che con l’esdebitazione vengono meno le cause di ineleggibilità e di decadenza collegate al fallimento. Questo significa che un debitore fallito, una volta esdebitato, riacquista la piena capacità di:
- Assumere cariche sociali: Durante il fallimento (liquidazione giudiziale), il soggetto fallito non poteva, ad esempio, essere amministratore di una società per azioni (ex art. 2382 c.c.) o ricoprire altre cariche societarie. Dopo l’esdebitazione, viene cancellata tale incapacità: egli torna eleggibile come amministratore di società. Di fatto, la macchia del fallimento viene lavata agli effetti delle cariche: è come se, essendosi liberato dai debiti, il soggetto non fosse più considerato “inaffidabile” per incarichi di gestione.
- Iscriversi ad Albi professionali: Alcune professioni (avvocati, commercialisti, ecc.) prevedono cause di sospensione o decadenza in caso di fallimento del professionista. Con l’esdebitazione, anche queste decadenze vengono meno, permettendo eventualmente al professionista di riprendere la propria attività ordinaria iscritta ad albo (ovviamente fatti salvi eventuali procedimenti disciplinari specifici, ma il solo stato di insolvenza non pesa più).
- Accedere al credito: sebbene non vi sia una norma specifica su questo, in pratica l’esdebitazione consente al debitore di ricostruirsi una affidabilità creditizia. Ad esempio, nelle banche dati dei protesti o delle centrali rischi il suo status risulterà “fallito esdebitato” (o comunque la procedura chiusa con esdebitazione), il che dimostra che quei debiti pregressi sono stati cancellati. Molti istituti di credito, trascorso un certo periodo, potrebbero tornare a concedere finanziamenti a un soggetto che ha ottenuto esdebitazione, mentre sarebbe impossibile finanziare uno ancora gravato da debiti insoluti. Di fatto, l’esdebitazione permette al debitore di rientrare nel circuito economico legale: potrà aprire un conto corrente senza timore di pignoramenti, potrà percepire stipendi oltre la soglia di impignorabilità senza vederseli sequestrare per vecchi debiti, e così via. Naturalmente, la fiducia creditizia dipenderà anche da come il mercato percepisce la sua storia, ma giuridicamente egli è un soggetto pulito, come chi abbia saldato i debiti (solo che li ha saldati in modo “virtuale” attraverso la procedura).
- Conservare beni e redditi futuri: qualunque nuovo bene o reddito il debitore acquisisca dopo la chiusura della procedura con esdebitazione è definitivamente suo, libero da pretese dei vecchi creditori. Questo è il senso primario del fresh start: gli sforzi lavorativi futuri del debitore vengono incoraggiati, poiché sa che i frutti di essi non saranno divorati dai creditori anteriori. Ad esempio, se dopo l’esdebitazione Tizio avvia una nuova impresa e guadagna, i vecchi creditori non possono intervenire su quei guadagni (mentre se l’esdebitazione non ci fosse stata, avrebbero potuto pignorare i nuovi utili per i debiti pregressi).
Da notare che l’esdebitazione non cancella la “storia” della procedura concorsuale: ad esempio, l’iscrizione nel Registro Informatico dei Protesti o nelle banche dati creditizie del fallimento rimane per il periodo previsto (di solito 5 anni), ma può essere integrata dall’annotazione che il soggetto è stato esdebitato. Inoltre, il decreto di esdebitazione può essere esibito come prova dell’estinzione delle obbligazioni.
In alcune situazioni, il debitore potrà aver bisogno di comunicare attivamente ai creditori l’avvenuta esdebitazione. Ad esempio, se un creditore tentasse comunque di riscuotere (per ignoranza o errore), il debitore dovrà notificargli copia del decreto per fargli cessare l’azione. Dal canto suo, l’Agenzia delle Entrate Riscossione, ricevuto il provvedimento di esdebitazione, di norma prende atto dell’inesigibilità dei crediti residui a ruolo e dovrebbe cessare le attività esecutive (vedremo meglio questo nei profili fiscali). In generale, però, è prudente per il debitore esdebitato informare qualunque ente o soggetto che ancora lo perseguiti per vecchi debiti che egli è stato liberato dal tribunale.
Un ultimo effetto positivo: l’esdebitazione non comporta alcun onere fiscale per il debitore (lo approfondiremo dopo). Il fatto che i debiti siano cancellati non viene tassato come “reddito” o sopravvenienza attiva imponibile in capo al debitore, grazie a uno specifico regime di esenzione previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Dunque il debitore non subisce il paradosso di dover pagare tasse sul beneficio ottenuto (cosa che altrimenti ne vanificherebbe in parte l’effetto).
Effetti per i creditori: perdite e limitazioni post-procedura
Dal punto di vista dei creditori concorsuali, l’esdebitazione rappresenta evidentemente un sacrificio. Essi devono accettare di perdere definitivamente la parte non soddisfatta dei propri crediti. Qualunque importo non ricevuto durante la procedura concorsuale diventa, giuridicamente, inesigibile. In altre parole, il creditore rimane con il suo credito solo “sulla carta”, ma senza più strumenti legali per reclamarlo dal debitore esdebitato.
Ci sono però alcuni punti da evidenziare per i creditori:
- Creditori estranei al concorso: l’art. 278 co.2 CCII regola il caso di creditori che, pur avendo un credito antecedente, non abbiano partecipato alla procedura concorsuale (ad esempio perché non ne erano a conoscenza o per altri motivi). In tale ipotesi, l’esdebitazione opera solo per la parte eccedente la percentuale attribuita nel concorso ai creditori di pari grado. Ciò significa che un creditore che è rimasto fuori non può pretendere più di quanto altri della sua stessa classe hanno ottenuto. Ad esempio, se i chirografari in concorso hanno ricevuto il 20%, un creditore chirografario che non si è insinuato potrà al massimo esigere il 20% del proprio credito, ma il restante 80% è inesigibile. Questa norma evita che un creditore “assente” possa, dopo l’esdebitazione, aggredire il debitore cercando di rifarsi su beni futuri, il che sarebbe ingiusto rispetto a chi ha partecipato alla procedura accontentandosi di una percentuale. In pratica, equipara la posizione dei creditori concorsuali e di quelli rimasti fuori, almeno fino alla concorrenza di ciò che avrebbero preso partecipando.
- Rinunce dei creditori e transazioni: se un creditore, in sede di procedura, ha volutamente rinunciato al proprio credito o ha transatto su di esso, naturalmente non potrà poi vantare pretese. Questo rientra nel concetto che la chiusura della procedura definisce tutte le situazioni creditorie ammesse. L’esdebitazione consolida la situazione: i creditori concorsuali non possono più iniziare né proseguire azioni esecutive individuali contro il debitore per i crediti anteriori. In caso tentassero comunque, troverebbero opponibile il decreto di esdebitazione.
- Coobbligati e garanti: come già sottolineato, i creditori mantengono intatti i loro diritti verso eventuali coobbligati, fideiussori o debitori in via di regresso (art. 278 co.6 CCII). Perciò, dal punto di vista del creditore, l’esdebitazione del debitore principale non pregiudica la facoltà di escutere i garanti. Un esempio tipico: la banca che aveva concesso un mutuo a una ditta individuale con garanzia fideiussoria del coniuge. Se la ditta fallisce e il titolare viene esdebitato, la banca potrà comunque chiedere alla moglie fideiussore l’intero importo residuo (nei limiti della fideiussione). Oppure, in caso di obbligazioni solidali (es: due soci avevano firmato insieme una cambiale), se uno ottiene l’esdebitazione, la controparte può ancora agire contro l’altro socio per l’intero credito. Sta poi a quest’ultimo, semmai, rivalersi internamente sul coobbligato esdebitato? In realtà, essendo esdebitato, quel coobbligato non sarà tenuto neppure in via di regresso: la norma tutela esplicitamente solo i creditori verso coobbligati, non tra coobbligati. Dunque in quell’esempio il socio non esdebitato paga e non può rifarsi sul socio esdebitato (perché quel debito è inesigibile verso di lui). Questo è un effetto collaterale particolare: l’esdebitazione indirettamente avvantaggia anche l’esdebitato rispetto ai coobbligati non liberati, i quali potrebbero restare “incastrati” a pagare più della loro parte senza rivalsa.
- Eventuali riparti supplementari: benché dopo l’esdebitazione i creditori non possano più agire sul patrimonio futuro del debitore, essi conservano il diritto a eventuali sopravvenienze attive che si manifestassero entro la chiusura della procedura concorsuale. Ad esempio, talvolta dopo la chiusura formale del fallimento si scopre un bene non noto: quel bene può dar luogo a riapertura del fallimento o a un riparto supplementare. Se l’esdebitazione è già intervenuta, si potrebbe essere in una situazione borderline. La giurisprudenza sull’art.142 L.F. (antecedente CCII) prevedeva che la scoperta di attivo non dichiarato (quindi connotato di malafede) poteva condurre alla revoca dell’esdebitazione. Nel CCII non è disciplinata espressamente la revoca postuma del beneficio, ma è plausibile che, se emergesse entro breve tempo una frode del debitore (es. un immobile occultato), i creditori possano richiedere la revoca in via di impugnazione del decreto o attraverso altri strumenti (revocazione per dolo processuale, ecc.). In ogni caso, situazioni simili sono l’eccezione: in generale dopo l’esdebitazione i creditori hanno poco da sperare.
- Impatto contabile per i creditori: per le imprese creditrici, la parte di credito non incassata a seguito di esdebitazione diviene una perdita su crediti da rilevare a bilancio. Dal punto di vista fiscale, solitamente queste perdite sono deducibili (specie se derivanti da procedure concorsuali) ma questo esula dal presente contesto. Quel che rileva è che il creditore professionale/internalizza la perdita e cessa di contabilizzare il credito come esigibile.
Possiamo dire che, sul piano etico, l’esdebitazione comporta un bilanciamento di interessi: i creditori subiscono un pregiudizio (non otterranno più nulla oltre quanto già ricevuto), ma ciò è ritenuto accettabile e proporzionato rispetto all’interesse pubblico di ridare produttività a un soggetto altrimenti emarginato e all’interesse macroeconomico di rimettere in circolo risorse umane e imprenditoriali altrimenti immobilizzate dal debito. Del resto, i creditori concorsuali avevano già poche prospettive di recuperare oltre quanto ottenuto in procedura, se il debitore era in quelle condizioni. L’esdebitazione formalizza e anticipa quella realtà.
Il caso dei soci illimitatamente responsabili
Un effetto peculiare merita un paragrafo a parte: il caso dei soci di società di persone (snc, sas) falliti insieme alla società. Come visto, l’art. 278 CCII consente l’esdebitazione anche alla società, ma condiziona tale beneficio alla condotta dei soci e amministratori. E prevede inoltre che l’esdebitazione concessa alla società si estende ai soci illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Questo è molto importante: in passato, uno dei problemi era che se una SNC falliva e veniva chiusa, i creditori potevano poi aggredire i soci per i debiti sociali rimasti insoddisfatti (la cosiddetta “ultrainsolvenza” dei soci). I soci persone fisiche dovevano a loro volta chiedere, separatamente, l’esdebitazione in quanto falliti personalmente. Oggi, il Codice evita duplicazioni: se la società ottiene l’esdebitazione, automaticamente i soci generali ne beneficiano per le obbligazioni sociali. In pratica, il decreto di esdebitazione della società varrà anche come decreto liberatorio per i soci sui debiti della società.
Attenzione, però: ciò non significa che i soci vengano liberati dai loro eventuali debiti personali estranei alla società. Se ad esempio un socio aveva debiti personali suoi (non legati alla SNC), per quelli dovrebbe attivarsi individualmente (con una procedura di sovraindebitamento o un fallimento personale se applicabile). Ma per i debiti sociali – che spesso costituivano la gran parte – la sua liberazione avviene per riflesso, insieme alla società.
Qualora, invece, la società non possa accedere all’esdebitazione perché uno dei soci o amministratori era in malafede, il fallimento si chiuderà senza beneficio e i creditori potranno rivalersi sui soci (che restano illimitatamente responsabili). Il Codice qui ha scelto un approccio “tutto o nulla” di gruppo: o la società e i soci (tutti meritevoli) sono esdebitati, oppure nessuno lo è e i creditori mantengono intatte le pretese verso i soci. Ciò incentiva i soci di persone a vigilare reciprocamente sulla buona condotta: la condotta scorretta di uno nuoce a tutti in termini di preclusione del beneficio.
In caso di società di capitali, dove i soci non rispondono delle obbligazioni sociali, l’esdebitazione giova direttamente solo alla società come ente. Tuttavia, una società di capitali normalmente viene cancellata dal Registro Imprese al termine della liquidazione fallimentare, cessando di esistere. Pertanto, l’esdebitazione per una SRL o SPA ha portata pressoché teorica: serve solo a sancire che i crediti residui verso la società non sono più esigibili (ma la società è estinta, quindi era implicito). Può avere un senso nei casi di continuazione dell’attività post-fallimento sotto lo stesso ente (evenienza rara, ma ipotizzabile in alcune procedure di concordato fallimentare). In generale, comunque, l’impatto dell’esdebitazione per le società di capitali è modesto e di fatto riguarda i creditori (che formalmente vedono inesigibili i crediti verso la società ormai estinta).
Infine, una parola sui creditori privilegiati: questi creditori (pignoratizi, ipotecari, privilegiati generali) di solito vengono pagati in tutto o in parte durante la procedura concorsuale, in base al realizzo dei beni vincolati o all’attivo disponibile. Se rimane loro un residuo chirografario (parte non soddisfatta), esso rientra tra i debiti esdebitati al pari degli altri chirografari. I privilegi, dunque, non sopravvivono all’esdebitazione: il creditore ipotecario che abbia recuperato solo il 50% del suo credito dal bene ipotecato, per il restante 50% non potrà più rifarsi sul debitore se questi è esdebitato. Questo è ovvio perché la garanzia non ha più oggetto (il bene è stato liquidato) e quanto residua è debito chirografario comune.
In sintesi: dopo l’esdebitazione, dal lato creditore, la posizione è cristallizzata: essi hanno ottenuto quel che la procedura ha prodotto (o nulla, in caso di incapienza totale), e devono considerare la partita chiusa per legge. Possono ancora rifarsi su eventuali terzi responsabili (garanti, soci illimitati se non liberati, condebitori), ma non più sul debitore principale. Devono accettare la perdita come costo del rischio di credito. Il sistema legale, dal canto suo, fornisce alcuni contrappesi: controlli stringenti sulla concessione del beneficio, obblighi di trasparenza per il debitore, e – nel caso di incapienza – la possibilità di recuperare qualcosa se la fortuna del debitore cambiasse entro un tempo limitato.
Profili Fiscali e Rapporti con l’Agenzia delle Entrate
La presenza di debiti tributari (verso Erario o enti previdenziali) è molto comune nelle situazioni di sovraindebitamento e fallimento. Pertanto, è fondamentale comprendere come l’esdebitazione si intrecci con il Fisco e quali siano i profili fiscali rilevanti, sia in termini di trattamento dei debiti erariali nell’ambito delle procedure concorsuali, sia riguardo alle conseguenze fiscali della cancellazione dei debiti.
Inclusione dei debiti tributari nelle procedure e transazione fiscale
I debiti verso l’Erario (imposte dirette come IRPEF, IRES, IRAP, imposta sul valore aggiunto – IVA, ecc.) e verso gli enti previdenziali rientrano a pieno titolo tra i debiti concorsuali. In un fallimento o in una liquidazione controllata, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS partecipano come creditori privilegiati o chirografari a seconda dei casi (le imposte e contributi godono spesso di privilegi generali). Ciò implica che tali enti possono insinuarsi al passivo e concorrere al riparto. Se il debitore ottiene l’esdebitazione, i debiti tributari residui non soddisfatti diventano inesigibili anch’essi, al pari degli altri crediti.
In passato c’è stata discussione sulla compatibilità dell’esdebitazione con alcuni tributi, in particolare l’IVA, che essendo tributo armonizzato UE sollevava perplessità (lo Stato deve garantire il prelievo dell’IVA, si temeva che cancellarla violasse il diritto UE). La Corte di Giustizia UE, in una sentenza del 2017 (causa C-493/15), ha dichiarato che il diritto UE non osta a una normativa nazionale che consente di dichiarare inesigibili anche i debiti IVA, purché vi sia un rigoroso esame giudiziale del caso concreto e la possibilità per l’autorità fiscale di partecipare ed opporsi in procedura. Questo ha di fatto legittimato l’esdebitazione anche sull’IVA (che infatti non è tra i debiti esclusi ex art.278). Dunque oggi è chiaro che anche l’IVA può essere oggetto di esdebitazione, fermo restando che l’Agenzia delle Entrate può intervenire nella procedura per tutelare i propri crediti e, se del caso, far valere comportamenti fraudolenti del debitore (che impedirebbero il beneficio).
Nelle procedure concorsuali negoziali (concordati, accordi), per trattare i debiti tributari esiste l’istituto della transazione fiscale (art. 63 CCII, ex art. 182-ter L.F.). Anche nel concordato minore e nella ristrutturazione dei debiti del consumatore confluiti nel Codice, il debitore può proporre un trattamento dei crediti fiscali che contempli falcidie o dilazioni, ma preferibilmente attraverso la transazione fiscale. La transazione fiscale è un accordo inserito nel piano, sottoposto all’adesione (voto) dell’Erario, che può prevedere stralci su sanzioni e interessi e, in certi casi, anche sul capitale (ad es. IVA: la legge formalmente non consentirebbe il taglio dell’IVA se non dilazionando, ma la giurisprudenza ha accettato l’idea che col voto favorevole del Fisco si possa anche falcidiare parzialmente l’IVA in concordato). Nel piano del consumatore invece non c’è voto dei creditori, per cui l’Agenzia delle Entrate non “vota” ma può presentare osservazioni; il giudice può omologare anche senza il consenso del Fisco, purché il trattamento non sia deteriore rispetto a quello che il Fisco avrebbe in un’alternativa liquidatoria.
Nella liquidazione controllata (ex L.3/2012), non c’è bisogno di transazione fiscale perché non c’è un piano da approvare: i debiti fiscali vengono semplicemente accertati e soddisfatti nei limiti dell’attivo. L’OCC deve notificare la domanda di apertura della liquidazione all’Agente della Riscossione e agli uffici fiscali, ma non è prevista una loro approvazione: essi partecipano come creditori. La legge un tempo prevedeva (art. 7 co.1 L.3/2012) che la proposta del consumatore non potesse prevedere falcidia di IVA e ritenute; tuttavia ciò è stato superato e nel Codice tali vincoli sono stati rimossi. Permane invece la prededuzione di certi crediti erariali in caso di concordato minore o ristrutturazione (es. l’IVA in alcuni scenari va comunque pagata integralmente come creditore privilegiato ex art. 2752 c.c.).
In sostanza, sul piano pratico: i debiti fiscali possono essere trattati al pari degli altri nelle procedure, ma spesso il Fisco, quale creditore, ha un peso specifico. Se c’è capienza per pagare almeno in parte le tasse, il debitore farà bene a considerare una transazione fiscale o comunque un’offerta ragionevole, perché un piano che prevedesse di pagare tutti gli altri e tagliare solo il Fisco potrebbe venire considerato non fattibile o iniquo. Ma se invece non c’è nulla da dare, l’Agenzia delle Entrate subisce la sorte comune degli altri creditori chirografari.
Effetti dell’esdebitazione sui debiti fiscali e ruolo di Agenzia Entrate Riscossione
Quando il tribunale pronuncia l’esdebitazione, i debiti verso l’Agenzia delle Entrate (ed eventualmente Agenzia delle Entrate-Riscossione, ex Equitalia, per la parte della riscossione coattiva) diventano inesigibili nei confronti del debitore. In pratica l’Agente della Riscossione deve prendere atto che quelle cartelle o accertamenti non hanno più efficacia esecutiva verso quel contribuente.
L’Agenzia delle Entrate ha affrontato il tema con la Circolare 19/E del 6 maggio 2015, in cui ha chiarito che “l’esdebitazione si concreta nella dichiarazione giudiziale di inesigibilità dei crediti non soddisfatti integralmente attraverso la liquidazione del patrimonio”. Ciò significa che gli uffici fiscali, ricevuto un decreto di esdebitazione ex art.142 L.F. (all’epoca) o oggi ex art.278 e segg. CCII, devono considerare quei crediti come non più riscuotibili. In base a tale circolare, l’Agente della Riscossione provvede a sgravare le cartelle relative ai debiti abbracciati dall’esdebitazione. Ad esempio, se Caio aveva cartelle esattoriali per IRPEF, IVA, contributi, ecc., per 100.000 euro, e in procedura se ne è pagata solo una parte o nulla, dopo l’esdebitazione l’Agenzia stornerà il residuo dal ruolo come “inesigibile per esdebitazione”. È un’operazione interna che talvolta richiede che il debitore, per velocizzare, comunichi copia del decreto all’ente di riscossione. Non di rado, infatti, è consigliabile inviare all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER) e agli enti impositori copia autentica del provvedimento, chiedendo la chiusura delle posizioni debitorie.
Un effetto concreto, ad esempio, è che l’ADER cessa eventuali pignoramenti o fermi amministrativi in corso. Se ad esempio c’era un pignoramento dello stipendio del debitore per tasse non pagate, al momento in cui l’esdebitazione viene decretata, quell’azione esecutiva deve essere interrotta. Il debitore può presentare istanza al giudice dell’esecuzione esibendo il decreto di esdebitazione affinché liberi lo stipendio dalle trattenute. In genere però, essendo la procedura concorsuale prevalente, i pignoramenti erano già sospesi dall’apertura; l’esdebitazione li rende definitivamente privi di oggetto.
Va detto che non tutti i debiti col Fisco possono essere azzerati dall’esdebitazione: come già menzionato, le sanzioni amministrative autonome (incluse le sanzioni tributarie pecuniarie, come le more per omesso versamento) restano dovute. Ad esempio, la cartella esattoriale è spesso composta da imposta + interessi + sanzioni. Ebbene, con l’esdebitazione viene meno l’obbligo di pagare l’imposta non versata e gli interessi maturati fino all’apertura del concorso (che restano chirografari), ma formalmente la sanzione pecuniaria potrebbe rimanere esigibile. In pratica, però, l’ADER difficilmente proseguirà per sole sanzioni se il debitore era nullatenente: potrebbero anch’esse essere di fatto irrecuperabili. In alcuni casi i giudici hanno interpretato estensivamente l’accessorietà: se la sanzione era strettamente collegata al tributo condonato, anche quella viene considerata accessoria a un debito estinto e quindi non esigibile. Su questo la prassi non è uniforme, ma è una questione di importanza relativa (le sanzioni tributarie spesso vengono classificate come credito chirografario e prendono poco in procedura, e poi decadono).
Per gli enti pubblici, un’esdebitazione massiva di debiti comporta un problema contabile: devono qualificare quei crediti come “inesigibili per legge” e cancellarli dai residui attivi. Questo in passato ha generato preoccupazioni (si pensi a entità come i Comuni o l’Erario che vedono sfumare crediti). Il legislatore, per mitigare i timori di “maglia larga”, ha previsto strumenti come la già discussa soglia del 10% in caso di incapienza e, più in generale, l’intervento attivo del Fisco nelle procedure. Ad esempio, se un contribuente ha prevalentemente debiti fiscali, l’ADER può valutare di concordare un saldo e stralcio stragiudiziale: di recente, normative speciali (come la Legge di Bilancio 2023) hanno introdotto lo stralcio automatico dei debiti sotto 1.000€ affidati ad ADER dal 2000 al 2015, e la definizione agevolata (“rottamazione-quater”) per quelli superiori, che è un parallelo esterno alle procedure concorsuali. Ma se il debitore non riesce a rientrare neanche in queste agevolazioni, l’esdebitazione rimane la via più completa per azzerare anche i debiti fiscali.
In pratica, quindi, per il debitore l’esdebitazione include anche la “pace fiscale” completa: le cartelle si chiudono, i piani di rateazione eventualmente decaduti non vanno ripresi, i fermo auto e le ipoteche per crediti erariali decadono (l’ipoteca esattoriale per definizione insiste su beni che poi in liquidazione vengono venduti o che se rimangono invenduti comunque non possono più essere colpiti post esdebitazione). Per il Fisco, invece, l’esdebitazione significa dover archiviare il proprio credito come inesigibile (con evidenti riflessi negativi in termini di gettito, ma entro limiti non dissimili a quelli di un fallimento chiuso senza attivo).
Trattamento fiscale della cancellazione dei debiti (sopravvenienze attive)
Un aspetto peculiare e importante è il trattamento fiscale delle somme condonate al debitore in sede di esdebitazione. In generale, nel diritto tributario italiano, quando un’azienda ottiene la riduzione di un proprio debito, si genera una sopravvenienza attiva tassabile (art. 88, comma 1, TUIR: la sopravvenuta insussistenza di una passività iscritto in bilancio costituisce ricavo imponibile). Ad esempio, se una banca rinuncia a metà del credito verso un’impresa, quell’impresa dovrebbe contabilizzare un provento straordinario pari all’importo condonato, soggetto a tassazione come reddito.
Tuttavia, il legislatore ha introdotto un regime di detassazione per le sopravvenienze attive da riduzione di debiti nell’ambito di procedure di insolvenza. In particolare, l’art. 88, comma 4-ter del TUIR (introdotto nel 2015 e poi modificato) dispone che non concorrono a formare il reddito le sopravvenienze derivanti dallo stralcio di debiti in esecuzione di procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, accordo ristrutturazione, piano attestato omologato). Questo regime è applicabile anche alle procedure di sovraindebitamento e, conseguentemente, all’esdebitazione concessa ex art. 278 e seguenti CCII. Significa che se un’impresa individuale o società ottiene l’esdebitazione, la parte di debiti che viene cancellata non genera un reddito imponibile ai fini IRES/IRPEF.
Ad esempio, supponiamo che Alfa Srl, in liquidazione giudiziale, avesse un debito verso fornitori di €100.000 e che ne paga €20.000 in procedura, venendo esdebitata dei restanti €80.000. In assenza di deroga fiscale, quel “guadagno” di €80.000 (non dover pagare più i fornitori) sarebbe una sopravvenienza attiva tassabile per Alfa Srl. Ma per evitare di tassare un’azienda in rovina che ne esce a fatica, l’art. 88 co.4-ter TUIR esenta quelle sopravvenienze dai redditi imponibili. Ciò è coerente con la finalità di rilancio: se tartassassimo fiscalmente il debitore per il debito condonato, lo rimetteremmo in difficoltà subito.
Questo principio vale anche per i piani del consumatore e accordi: la normativa fiscale estende la detassazione a tutte le procedure da sovraindebitamento di cui alla L.3/2012 (ora CCII). Dunque anche una persona fisica consumatore che abbia, ad esempio, €50.000 di debiti e ne paga €5.000 col piano del consumatore, con rinuncia di €45.000 dei creditori, non deve dichiarare quei €45.000 come “reddito diverso” o simile. Si tratta di sopravvenienze attive esenti (vengono definite “sopravvenienze da esdebitazione”). L’Agenzia delle Entrate lo ha confermato in risposte a interpelli: ad esempio, la Risposta AE n.183/2023 ha ribadito la detassazione ex art.88 co.4-ter per il saldo stralcio di debiti bancari conseguente a un piano di ristrutturazione.
Bisogna notare che questa esenzione fiscale non copre le eventuali eccedenze rispetto alle perdite fiscali. In pratica, la norma dice che la sopravvenienza attiva non concorre al reddito per la parte che eccede le eventuali perdite pregresse. Se l’impresa aveva perdite fiscali a disposizione, deve prima assorbirle con la sopravvenienza, poi l’eccedenza è esente. Ma senza entrare troppo nel tecnicismo, la sintesi è: il debitore non paga tasse sui debiti che i creditori gli abbuonano in procedura.
Anche questo è un elemento di allineamento tra il diritto concorsuale e quello tributario: senza la detassazione, paradossalmente un imprenditore fallito che si vede cancellare €1.000.000 di debiti, se fosse tassato al 24% su quella cifra, avrebbe un nuovo debito fiscale di €240.000 – un controsenso! Fortunatamente, la legge evita ciò.
Sul fronte opposto, per il creditore che subisce la perdita, è generalmente prevista la deducibilità della perdita su crediti nel periodo di realizzo (il credito stralciato in procedure concorsuali è deducibile senza bisogno di ulteriori requisiti, in quanto considerato definitivamente inesigibile). Ciò però riguarda la fiscalità del creditore ed esula dall’ambito della nostra guida, sebbene sia utile sapere che i creditori (imprese) possono almeno risparmiare imposte sulle somme che non incassano più.
Un’ultima considerazione: l’esdebitazione non ha alcun effetto sull’obbligo dichiarativo del debitore per i periodi d’imposta pregressi. Se il contribuente non aveva presentato dichiarazioni IVA o dei redditi in passato, l’esdebitazione non lo esonera dalle eventuali sanzioni per omessa dichiarazione (quelle sanzioni pecuniarie però, come visto, restano dovute salvo siano anch’esse concorsuali e non accessorie ad altro). Tuttavia, non essendo un condono fiscale in senso stretto, l’esdebitazione non sana irregolarità formali o penali tributarie. Ad esempio, se il debitore aveva commesso reati tributari (es. dichiarazione fraudolenta), il fatto che i debiti vengano cancellati non estingue il reato, che segue il suo corso (potrebbe semmai incidere sulla determinazione del profitto o delle pene accessorie, ma sono questioni tecniche penali).
In sintesi, dal punto di vista fiscale l’esdebitazione è neutra o favorevole al debitore: non genera nuovi debiti fiscali per lui, e cancella quelli vecchi. L’Agenzia delle Entrate partecipa come un creditore come gli altri (ancorché privilegiato per le imposte) e subisce anch’essa gli effetti liberatori. Importante è la collaborazione con l’OCC o curatore per gestire i debiti fiscali: ad esempio, l’OCC dovrà avvisare l’Agente della Riscossione fin dall’avvio della procedura per ottenere una “situazione aggiornata dei carichi fiscali”, perché è essenziale conoscere l’ammontare esatto e la natura (tributo, interesse, sanzione) dei crediti fiscali al fine di trattarli correttamente nel piano o nella liquidazione.
Esdebitazione per Imprenditori Individuali e Imprese
Come accennato, la disciplina dell’esdebitazione oggi copre tanto i soggetti persone fisiche (consumatori e imprenditori individuali) quanto le imprese collettive (società, associazioni, ecc.). Vi sono però alcune particolarità a seconda della tipologia di debitore insolvente.
Imprenditori individuali “fallibili” e non fallibili
L’imprenditore individuale commerciale sopra le soglie di fallibilità (art. 1 L.F., ora art. 2 CCII) – per intenderci, colui che esercita un’attività d’impresa non piccola – se insolvente viene sottoposto a liquidazione giudiziale. Alla fine di questa procedura, egli può accedere all’esdebitazione secondo le regole generali (artt. 280-282 CCII). Di fatto è la situazione analoga al fallito persona fisica della vecchia legge: il tribunale, chiusa la liquidazione, valuterà i suoi requisiti e potrà liberarlo dai debiti pregressi.
L’imprenditore minore (sotto soglia) e il professionista (es. il lavoratore autonomo, l’artigiano piccolo, ecc.), non soggetti a fallimento, se sovraindebitati accedono invece alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento. In particolare, se intendono liquidare tutto il patrimonio, utilizzano la liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio L.3/2012). Al termine (o dopo 3 anni) potranno essere esdebitati, con identiche condizioni di meritevolezza. Dunque, che l’imprenditore sia grande o piccolo, alla fine il risultato non cambia: può essere liberato dai debiti residui. Ciò che cambia è il percorso procedurale.
Un imprenditore individuale può trovarsi con debiti sia d’impresa sia personali mescolati. Fortunatamente, l’esdebitazione copre tutti i debiti concorsuali anteriori, senza distinguere se di natura imprenditoriale o meno. La vecchia legge fallimentare escludeva dall’esdebitazione “le obbligazioni estranee all’esercizio dell’impresa”: interpretazione controversa, perché in teoria il fallito rispondeva solo per debiti d’impresa, quelli personali già non venivano in concorso. Con il Codice, essendo applicabile a tutti i debiti (salvo alimentari, ecc.), la distinzione perde rilievo. Quindi se un imprenditore aveva anche debiti personali (es. un mutuo casa), anche quelli finiscono tra i concorsuali se il soggetto è stato liquidato come persona fisica (nel fallimento i creditori personali dovevano insinuarsi? Tecnicamente nel fallimento entrano tutti i crediti antecedenti, anche non inerenti l’impresa, perché il patrimonio del fallito è unico). In sovraindebitamento era pacifico che entrano tutti i debiti, di qualsiasi natura.
In termini di benefici: l’imprenditore individuale esdebitato può tornare a fare impresa, aprire nuova partita IVA, ed è auspicabile che possa ottenere nuovamente credito (magari dopo un periodo, e dimostrando di aver imparato dall’esperienza). L’esdebitazione toglie quell’alone di “fallito irreparabile” e lo rende di nuovo economicamente attivo e affidabile in teoria.
Va ricordato che se l’imprenditore individuale vuole conservare l’attività (anziché liquidarla), l’esdebitazione ex post non è lo strumento adatto: egli dovrebbe piuttosto cercare un concordato preventivo o una ristrutturazione dei debiti dove continuare l’azienda e ottenere la liberazione consensuale dei debiti in eccesso. L’esdebitazione entra in gioco quando l’impresa individuale è stata liquidata/o (chiusura completa). Dopo, l’imprenditore può anche aprire una nuova ditta, senza quei debiti passati.
Una menzione sul piccolo imprenditore agricolo: storicamente escluso dal fallimento, fu ammesso alle procedure ex L.3/2012 e oggi in quelle del CCII. Quindi anche l’agricoltore sovraindebitato può chiedere esdebitazione (via liquidazione controllata o incapiente). Già dal 2011 era stata aperta una porta (art. 23 DL 98/2011) per far accedere gli agricoltori a concordati e accordi. Oggi è tutto incluso nel Codice.
Società ed enti collettivi
Come sottolineato, la novità del Codice è l’ammissione all’esdebitazione anche delle società (di ogni tipo) e degli enti. In passato non aveva molto senso parlare di esdebitazione di una società fallita perché, una volta chiusa la procedura, la società veniva cancellata e cessava di esistere. I creditori insoddisfatti al massimo potevano aggredire i soci illimitatamente responsabili. La società di capitali, essendo persona giuridica distinta, con la chiusura del fallimento era di norma anch’essa estinta.
Allora perché introdurre la facoltà di esdebitazione per le società? Ci sono alcune ragioni:
- Coordinamento con i soci illimitati: come spiegato, nelle società di persone la sorte dei soci è legata. Dare l’esdebitazione alla società consente di dare pace anche ai soci (evitando la prosecuzione infinita di aggressioni sui loro patrimoni personali). È una scelta di sistema per chiudere definitivamente le vicende dei fallimenti delle società di persone. Prima, i soci illimitati potevano restare in balia dei creditori per anni dopo la chiusura del fallimento sociale; ora, se meritevoli, vengono liberati contestualmente.
- Ridare agibilità ad entità collettive insolventi ma non liquidate: pensiamo a un’associazione o fondazione insolvente che, per qualche ragione, si vuole mantenere in vita (magari un’associazione che svolge un’attività sociale). Se riesce a completare un concordato o una liquidazione concordataria, con l’esdebitazione può proseguire la sua esistenza priva di debiti pregressi. Anche se il caso d’uso è limitato, il Codice non l’ha escluso.
- Uniformità con le direttive UE: la direttiva 2019/1023 parlava soprattutto di imprese fardelate di debiti. In alcuni ordinamenti (USA ad es.) esiste la discharge pure per società in Chapter 11 riorganizzativo. L’Italia, ammettendo l’esdebitazione per società, si allinea con la possibilità che, in ipotesi, una società possa uscire da una crisi risanata e liberata dai debiti (anche se in Italia la procedura per farlo sarebbe più un concordato con stralcio, il quale però è automatico e non chiamato esdebitazione, come detto).
In concreto, come si svolge per una società? Se la società è sottoposta a liquidazione giudiziale e alla fine ha ancora debiti residui, l’organo della procedura (curatore) può richiedere l’esdebitazione per la società, certificando che amministratori e soci illimitati sono meritevoli. Il tribunale esaminerà – con particolare attenzione ai comportamenti di chi gestiva la società. Se, ad esempio, gli amministratori hanno tenuto contabilità regolare, non hanno commesso reati, hanno cooperato, e magari i soci illimitati pure si sono messi a disposizione, allora il giudice emette decreto esdebitando la società. Questo decreto, come già detto, protegge i soci illimitati (cessa la loro responsabilità residua) e formalmente libera la società. Se però la società di capitali è destinata a chiudersi comunque, rimarrà un fatto “storico”. Invece se per caso la società volesse proseguire (può succedere se aveva ancora un’attività sana parallela all’insolvenza?), la liberazione dei debiti residui le consentirebbe di andare avanti senza zavorre. Forse l’unico scenario realistico è l’amministrazione straordinaria di grandi imprese: se dopo il programma di risanamento restano debiti non soddisfatti e l’impresa continua, un provvedimento simile all’esdebitazione sarebbe utile. Il CCII però quell’ambito lo lascia alle leggi speciali (Marzano etc.), quindi rimane abbastanza teorico.
In caso di società cancellata dal registro prima di poter chiedere esdebitazione (capita quando il fallimento si chiude e la società viene cancellata d’ufficio), c’è un piccolo vuoto normativo: tecnicamente il soggetto non esiste più, quindi non può presentare istanza. Tuttavia, i soci illimitati potrebbero singolarmente chiedere la propria esdebitazione come persone fisiche fallite (visto che nei fallimenti di società di persone falliscono anche i soci). Quindi in pratica il risultato si ottiene tramite l’esdebitazione dei soci. Dopo il 2022, con l’esdebitazione estesa, probabilmente i tribunali faranno in modo (ad esempio non cancelleranno subito la società dal RI) di pronunciarsi sull’esdebitazione anche della società, se serve ai soci.
Conclusione su imprese e imprenditori: oggi l’ordinamento offre a tutti i tipi di debitori – consumatore, professionista, piccolo imprenditore, grande imprenditore, società, ente – la prospettiva di una liberazione dai debiti residui, fermo restando il rispetto delle condizioni di legge. Questo rappresenta un sistema piuttosto completo di fresh start, in linea con i migliori standard internazionali. Ovviamente, il rovescio della medaglia è che i creditori devono confidare essenzialmente nelle procedure concorsuali per ottenere il massimo possibile, sapendo che dopo non potranno cercare di recuperare il restante. Ciò rende ancora più cruciale che i creditori esercitino i loro diritti nel corso della procedura (ad es., vigilando su eventuali condotte fraudolente del debitore ed eventualmente segnalandole per bloccare l’esdebitazione).
Esempi Pratici di Esdebitazione
Per comprendere meglio il funzionamento dell’esdebitazione, presentiamo alcune simulazioni pratiche che mostrano come l’istituto si applica in diverse situazioni tipiche, mettendo in luce condizioni, iter e risultati concreti.
Esempio 1: Imprenditore individuale fallito e meritevole
Mario è un imprenditore edile individuale. A causa di una grave crisi del settore e di alcuni crediti insoluti di clienti, si trova incapace di pagare i debiti verso fornitori e banche (debiti per 500.000 €). Nel 2023 il tribunale ne dichiara il fallimento (ora liquidazione giudiziale). Durante la procedura, la casa di proprietà di Mario viene venduta e si ricavano 200.000 € che vengono distribuiti ai creditori (che dunque recuperano circa il 40% dei loro crediti). Rimangono insoddisfatti circa 300.000 €. Mario ha collaborato attivamente con il curatore: ha consegnato i libri contabili, non ha nascosto nulla ed è sempre stato disponibile. Non risultano irregolarità né condotte dolose a suo carico. Il curatore attesta che Mario ha rispettato i requisiti dell’art. 280 CCII. Alla chiusura della liquidazione (2025), Mario presenta istanza di esdebitazione. Il tribunale, visto che almeno in parte i creditori sono stati soddisfatti (anche se oggi non sarebbe più requisito essenziale, ma comunque è avvenuto) e verificata la meritevolezza del debitore, emette decreto di esdebitazione. Mario viene così liberato dai 300.000 € residui di debito. I creditori non possono più perseguirlo per quelle somme. Mario potrà avviare una nuova attività (magari come dipendente o con una piccola ditta individuale) senza il timore che i vecchi debiti tornino a galla. La fedina economica di Mario risulta “pulita” grazie all’esdebitazione: potrà anche richiedere la cancellazione del proprio nominativo dalla Centrale Rischi dopo qualche tempo. Se Mario avesse avuto anche debiti personali (ad esempio prestiti al consumo), anch’essi sarebbero stati compresi nell’esdebitazione – non c’è distinzione. In pratica, Mario sperimenta un vero fresh start: da una situazione di insolvenza pesante passa, dopo la procedura e il decreto, a una situazione di nuovo equilibrio, potendo ricominciare senza debiti.
(Senza esdebitazione, Mario, dopo la chiusura del fallimento, sarebbe rimasto legalmente debitore di 300.000 €: i creditori avrebbero potuto tentare di pignorargli in futuro stipendi, beni acquistati, ecc. Di fatto Mario difficilmente si sarebbe ripreso. Con l’esdebitazione, ciò non accade.)
Esempio 2: Consumatore sovraindebitato e liquidazione controllata
Lucia è una persona fisica “consumatore” (non imprenditrice) che ha accumulato debiti per 100.000 € (prestiti personali, carte di credito, bollette arretrate, qualche debito fiscale). Ha provato a rinegoziare con le finanziarie ma la rata totale superava ampiamente il suo stipendio. Nel 2024 si rivolge a un OCC e avvia una liquidazione controllata del suo patrimonio. Lucia non ha immobili; possiede un’auto usata di modico valore e qualche risparmio (10.000 €). Decide di mettere tutto a disposizione dei creditori: vende l’auto e versa i 10.000 € sul conto della procedura. I creditori vengono soddisfatti in minima parte (diciamo 15.000 € in totale distribuiti, pari al 15% dei debiti). All’apertura della liquidazione controllata (metà 2024), il giudice comunica che in base all’art. 282 CCII dopo 3 anni potrà dichiarare l’esdebitazione di diritto, salvo che Lucia commetta irregolarità. Lucia coopera pienamente con l’OCC, che redige relazioni annuali positive su di lei. Nel 2027, trascorsi i 3 anni, la liquidazione non è ancora formalmente chiusa (ci sono forse ancora formalità in corso), ma il tribunale – anche senza una specifica istanza – dichiara l’esdebitazione di Lucia con decreto motivato. Nel decreto attesta che Lucia è meritevole e che non ricorrono cause ostative (nessuna frode, ecc.), richiamando l’art. 282. I creditori vengono informati ma nessuno reclama. A questo punto Lucia è libera dai debiti residui (85.000 € circa) sebbene la procedura di liquidazione si concluda poi formalmente qualche mese dopo. Per i creditori, non fa differenza: essi comunque non avrebbero ottenuto altre somme dall’attivo inesistente, e ora non potranno agire su futuri stipendi di Lucia. Per Lucia, invece, fa molta differenza: dal 2027 sa di poter condurre la propria vita senza quell’enorme peso. Potrà ad esempio ricominciare a risparmiare o chiedere un piccolo finanziamento in futuro (ovviamente dovrà ricostruire la fiducia creditizia, ma legalmente non ha pendenze in corso).
Questo esempio mostra il vantaggio della regola “3 anni e via” nelle procedure da sovraindebitamento: Lucia, in 3 anni, ha risolto la sua situazione che altrimenti l’avrebbe magari oppressa per decenni, tenendola nell’economia sommersa. Ora invece Lucia potrà tornare a far parte della vita economica ufficiale (ad esempio potrebbe comprare casa più avanti senza paura di ipoteche dai vecchi creditori, etc.). Inoltre, in corso di procedura il giudice aveva sospeso ogni azione esecutiva (bloccando un pignoramento sul conto corrente che incombeva), permettendo a Lucia di vivere con dignità.
Esempio 3: Debitore incapiente senza patrimonio
Giuseppe è un ex piccolo imprenditore artigiano che ha cessato l’attività. Ha 60 anni, vive in affitto e percepisce solo una pensione minima di invalidità. Ha debiti per circa 30.000 € (bollette non pagate, vecchi scoperti di conto, piccoli prestiti), ma non possiede alcun bene vendibile e il suo reddito è appena sufficiente alla sussistenza. In passato Giuseppe ha cercato di pagare i debiti, ma con la pensione non ce la fa; non vi sono elementi di lusso o sprechi nel suo tenore di vita. Egli si rivolge all’OCC, il quale certifica che Giuseppe è in condizione di sovraindebitamento incapiente: non può offrire nulla ai creditori, nemmeno in futuro, considerando la sua età e reddito. Inoltre verifica che Giuseppe non ha compiuto atti in frode (anzi, il suo indebitamento deriva da spese mediche e bollette accumulate negli anni), quindi è meritevole. Nel 2025 l’OCC aiuta Giuseppe a presentare in tribunale un ricorso per esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII. I creditori vengono avvisati; alcuni si costituiscono lamentando di non ricevere nulla, ma non adducono comportamenti scorretti di Giuseppe. Il tribunale, dopo aver esaminato la relazione OCC, concede l’esdebitazione. Con un decreto dichiara inesigibili tutti i 30.000 € di debiti di Giuseppe, dato che non c’è prospettiva di soddisfacimento e il debitore è incolpevole. Nel decreto fissa che Giuseppe dovrà comunicare ogni anno per 4 anni se riceve qualche somma superiore a 5.000 € (stabilisce questa soglia come “rilevante” e il 10% dei debiti equivarrebbe a 3.000 €). Passano i 4 anni: Giuseppe continua a vivere modestamente, non riceve eredità né vincite; la sua situazione non migliora sensibilmente. Trascorsi i 4 anni, l’esdebitazione diviene definitiva: i creditori hanno dovuto rinunciare ai loro crediti, ma Giuseppe è fuori dal tunnel. Non avendo più debiti pendenti, la sua esistenza è più serena: ad esempio, il Comune non gli può più pignorare la pensione per le bollette acqua arretrate di 10 anni fa.
Questo caso dimostra la finalità spiccatamente sociale dell’esdebitazione incapiente: Giuseppe, senza questa norma, sarebbe rimasto un “insolvente civile a vita” senza via d’uscita (troppo povero per fare un piano di rientro, ma comunque teoricamente sempre debitore). Ora invece ha la possibilità di vivere la vecchiaia senza continue ingiunzioni. I creditori, dal canto loro, non avevano realisticamente nulla da riscuotere comunque – almeno così il sistema è trasparente e chiude la vicenda.
Se per assurdo nel 2026 Giuseppe avesse vinto alla lotteria 50.000 €, avrebbe dovuto dichiararlo e usarne 3.000 € (il 10%) per pagare i creditori. Ma ciò non è avvenuto. Avrebbe potuto anche succedere l’opposto, cioè che emergesse che Giuseppe aveva nascosto un bene: in tal caso il tribunale non gli avrebbe concesso affatto il beneficio, rigettando il ricorso e probabilmente ci sarebbero state conseguenze (anche penali). Ma nel nostro caso è lineare.
Esempio 4: Società di persone insolvente e soci
La ABC SNC, composta dai soci A, B, C, fallisce nel 2022 con debiti per 1 milione di euro. Durante la procedura, si realizza l’attivo sociale (poco valore, copre 200.000 €). I soci A e B erano amministratori operativi e hanno collaborato bene col curatore; il socio C era un finanziatore non attivo nella gestione. Nessuno dei soci ha commesso reati o irregolarità: la crisi è dovuta a fattori di mercato. I soci inoltre, essendo illimitatamente responsabili, mettono a disposizione anche parte del loro patrimonio personale nella liquidazione (ad esempio il curatore liquida anche un immobile di proprietà dei soci in comunione, aumentando il ricavato a 300.000 € totali). A fine procedura rimangono 700.000 € di debiti insoddisfatti. Il curatore riferisce che le condizioni di meritevolezza sono soddisfatte per la società e per tutti e tre i soci (nessuno ha distratto attivo, nessuno condannato per bancarotta, ecc.). Il tribunale, nel 2025, concede l’esdebitazione alla società ABC SNC. In forza dell’art. 278 co.5 CCII, ciò significa che anche i soci A, B, C sono liberati dai debiti sociali residui. Quindi i creditori sociali non potranno pretendere nulla in più né dalla società (che comunque verrà cancellata) né dal patrimonio personale dei soci. Per esempio, una banca che aveva ancora 100.000 € di credito, non potrà aggredire l’abitazione del socio A (nonostante la responsabilità illimitata), perché quell’obbligazione è stata dichiarata inesigibile con l’esdebitazione. I soci A e B potranno avviare una nuova società qualche anno dopo, senza la zavorra del fallimento passato (naturalmente saranno attenti a non ripetere errori). Il socio C, che di fatto era un garante con tutto il suo patrimonio, vede anch’egli cancellata la propria obbligazione di regresso: se A e B avevano contribuito di più, C non deve rimborsarli, perché l’esdebitazione copre i rapporti interni per la parte correlata ai debiti sociali.
Se per ipotesi il socio B fosse stato trovato colpevole di bancarotta fraudolenta (ad esempio avesse sottratto merce prima del fallimento), la situazione sarebbe cambiata: il tribunale non avrebbe concesso l’esdebitazione alla società (dato che la condotta di un socio illimitato era fraudolenta). In tal caso, la ABC SNC rimarrebbe con 700.000 € di debiti, i creditori potrebbero quindi aggredire i soci. Il socio “disonesto” B ovviamente ne risponderebbe e non potrebbe ottenere protezione, e purtroppo, di riflesso, neanche A e C – sebbene personalmente onesti – avrebbero il beneficio, perché la società nel suo complesso ne è privata a causa di B. I soci A e C, volendo liberarsi, dovrebbero eventualmente attivare procedure personali (se ne hanno i requisiti) separate. Questo scenario è penalizzante per i soci innocenti, ma rispecchia la lettera di legge e vuole spingere i soci ad essere vigilanti gli uni sugli altri.
Domande Frequenti (FAQ) sull’Esdebitazione
Di seguito rispondiamo in forma di FAQ ad alcuni dei quesiti più comuni in materia di esdebitazione, per chiarire ulteriormente aspetti pratici e dubbi interpretativi:
D: Chi può richiedere l’esdebitazione?
R: Possono accedere all’esdebitazione tutti i debitori persone fisiche (imprenditori individuali o non imprenditori) che siano stati soggetti a liquidazione giudiziale o controllata, nonché le società ed enti sottoposti a liquidazione giudiziale. In pratica, dopo la chiusura (o decorsi i termini previsti) di una procedura concorsuale liquidatoria, il debitore può chiedere al tribunale di essere liberato dai debiti residui. Ci sono però requisiti di meritevolezza da rispettare (vedi oltre). Nel caso di società di persone, la richiesta fatta dalla società vale anche per i soci illimitatamente responsabili. Il nuovo Codice ha esteso l’istituto anche ai debitori “non fallibili” (che prima beneficiavano di un istituto analogo ex L.3/2012) e persino al debitore totalmente incapiente. Dunque oggi l’esdebitazione è potenzialmente accessibile a chiunque si trovi, da persona onesta, schiacciato dai debiti, a seguito di un percorso concorsuale appropriato.
D: Quali debiti vengono cancellati con l’esdebitazione?
R: L’esdebitazione riguarda tutti i debiti concorsuali anteriori rimasti impagati, ad eccezione di specifiche categorie escluse per legge. In generale, i debiti verso fornitori, banche, finanziarie, privati, e anche i debiti fiscali e contributivi (capitale e interessi) vengono dichiarati inesigibili. Sono invece esclusi dal beneficio:
- gli obblighi di mantenimento e alimentari (es. assegni familiari);
- i debiti da risarcimento di fatti illeciti extracontrattuali (danni civili);
- le sanzioni pecuniarie penali o amministrative (multe, ammende) non accessorie a debiti estinti.
Restano inoltre obbligati i coobbligati e i fideiussori del debitore esdebitato: la liberazione riguarda solo il debitore principale. Tutti gli altri debiti “ordinari” sono eliminati: ad esempio, il debito residuo di un mutuo ipotecario (dopo l’escussione dell’immobile) viene cancellato; i debiti commerciali chirografari pure; i tributi non pagati vengono azzerati (fatto salvo quanto detto sulle eventuali sanzioni). Dunque l’esdebitazione offre una pulizia pressoché completa delle passività pregresse, tranne quei debiti di natura personale o pubblicistica che la legge tutela in via eccezionale.
D: Quali sono le principali condizioni per ottenere l’esdebitazione?
R: La condizione fondamentale è la meritevolezza del debitore. In particolare, il debitore deve aver:
- tenuto un comportamento onesto e collaborativo durante la procedura (cooperazione con curatore/OCC, nessun ostacolo);
- non aver aggravato dolosamente il dissesto né compiuto atti di frode (niente distrazioni di beni, ricorso abusivo al credito, ecc.);
- non aver riportato condanne per gravi reati concorsuali (es. bancarotta fraudolenta) o comunque deve essere riabilitato;
- non aver già usufruito del beneficio nei 5 anni precedenti, né più di due volte in assoluto.
In sostanza, il debitore dev’essere stato in buona fede e la sua insolvenza non deve derivare da colpa grave o malafede. Ad esempio, un debitore che abbia nascosto dei beni ai creditori o falsificato le scritture contabili si vedrà negato l’esdebitazione. Viceversa, chi ha subito una crisi per cause esterne e ha fatto del suo meglio per minimizzare il danno e collaborare, viene considerato meritevole. Il giudice verifica queste condizioni caso per caso, spesso basandosi sulla relazione del curatore o dell’OCC. La meritevolezza è l’elemento chiave: senza di essa, anche se la procedura si chiude, il debitore non ottiene la cancellazione dei debiti e questi tornano esigibili.
D: L’esdebitazione è automatica alla fine del fallimento/procedura?
R: Non completamente automatica – è necessario un provvedimento del tribunale. Tuttavia, il Codice prevede ora dei meccanismi di semplificazione: in liquidazione controllata, decorsi 3 anni dall’apertura, l’esdebitazione opera “di diritto” ed è dichiarata dal giudice anche senza istanza del debitore. In generale però, serve sempre un decreto motivato che attesti le condizioni e conceda il beneficio. Il debitore fa bene a presentare un’istanza di esdebitazione (soprattutto in liquidazione giudiziale), se il giudice non provvede d’ufficio. Una volta che la procedura concorsuale è conclusa (o decorso il tempo previsto) e accertata la meritevolezza, il tribunale emette il decreto di esdebitazione. Senza questo decreto, i debiti rimangono giuridicamente in essere. Quindi non basta la chiusura del fallimento: occorre la pronuncia di esdebitazione. Detto ciò, oggi i tribunali sono tenuti a pronunciarsi al riguardo in sede di chiusura, quindi è diventato un passaggio ordinario e quasi automatico nei casi di debitori meritevoli, ma sempre tramite decisione formale.
D: Che differenza c’è tra piano del consumatore/concordato e esdebitazione?
R: Nel piano del consumatore o concordato preventivo la liberazione dai debiti è conseguenza diretta dell’omologazione e della successiva esecuzione del piano: i creditori accettano (o sono legalmente vincolati) a ridurre i loro crediti secondo le percentuali previste, e una volta che il debitore ha adempiuto alla parte di piano a suo carico, il resto del debito è considerato estinto. Non c’è un provvedimento giudiziale successivo per “dichiarare” l’esdebitazione: è effetto della chiusura della procedura concordataria stessa. Invece, l’esdebitazione in senso stretto è quella che interviene dopo una procedura di liquidazione, dove i creditori sono stati soddisfatti solo in parte (o per nulla). Lì serve chiedere al giudice di cancellare i debiti residui. Possiamo dire che piani e concordati evitano la liquidazione e prevedono già un saldo e stralcio dei debiti, mentre l’esdebitazione è lo strumento post-liquidatorio che condona i debiti non pagati in liquidazione. Entrambi portano a una riduzione dei debiti, ma con modalità diverse: negoziale (con il consenso dei creditori o decisione giudiziale sull’equità del piano, come nel piano del consumatore) versus autoritativa post-liquidazione (con valutazione della condotta del debitore). Dal punto di vista del debitore, l’esdebitazione richiede di essere passato per la liquidazione fallimentare/sovraindebitamento, mentre il piano o concordato è una strada alternativa che spesso gli consente di conservare azienda o beni e soddisfare parzialmente i creditori con un accordo.
D: Se l’esdebitazione viene negata, il debitore ha qualche rimedio?
R: Sì. Innanzitutto, il debitore può proporre reclamo alla Corte d’Appello entro 30 giorni avverso il decreto che nega l’esdebitazione, cercando di far valere le proprie ragioni (ad es. contestando la valutazione sulla sua pretesa “non meritevolezza”). La corte può ribaltare la decisione se ritiene che i presupposti ci fossero. Se anche in appello viene confermato il rigetto, il debitore può tentare il ricorso in Cassazione per violazione di legge. Tuttavia, se definitivamente l’esdebitazione è negata perché il debitore ha effettivamente commesso atti di frode o simili, non ci sono altri strumenti per liberarlo da quei debiti (se non pagarli eventualmente). In teoria, potrebbe presentarsi la possibilità di una nuova istanza dopo 5 anni, se nel frattempo vi fossero mutamenti (ad es. venisse assolto nel procedimento penale che aveva causato il rigetto, oppure emergessero elementi nuovi a suo favore). Ma poiché il diniego solitamente attiene a condotte non sanabili, è piuttosto definitivo. Quindi il vero rimedio è il reclamo immediato. In ogni caso, se l’esdebitazione è negata, i creditori tornano liberi di agire sul patrimonio residuo e futuro del debitore.
D: Quante volte posso ottenere l’esdebitazione?
R: Per legge al massimo due volte nella vita, e non più di una nello stesso quinquennio. La regola dei 5 anni significa che tra un’esdebitazione e la successiva devono intercorrere almeno 5 anni (calcolati dalla scadenza del termine per l’esdebitazione o dalla pronuncia del primo beneficio, a seconda delle interpretazioni tecniche; in pratica conviene aspettare 5 anni dalla data del decreto precedente). La regola delle due volte è assoluta: già ottenere una seconda esdebitazione è possibile solo in circostanze eccezionali (ad es. un piccolo imprenditore che dopo essere fallito una volta e risollevatosi, incorre in una nuova sventura 10 anni dopo – potrà chiedere un secondo fresh start). Una terza volta non è concessa neppure se passassero molti anni. L’idea è che due fallimenti con esdebitazione dovrebbero essere il limite di tolleranza del sistema; oltre, si configura un azzardo morale troppo grande. Da notare che nella normativa previgente il limite era una volta ogni 10 anni, adesso è più permissivo (ogni 5 anni) ma con il tetto di due volte totale. Importante: se un soggetto ottiene un’esdebitazione come consumatore tramite sovraindebitamento e poi fallisce come imprenditore, quella conta come due? Sì, ogni provvedimento di esdebitazione conta, indipendentemente dalla procedura in cui è maturato. Quindi attenzione a usare bene queste opportunità.
D: L’esdebitazione cancella anche le segnalazioni al CRIF, Centrale Rischi, Protesti ecc.?
R: L’esdebitazione in sé non cancella automaticamente le segnalazioni negative nelle varie banche dati creditizie, ma ne cambia lo status. Ad esempio, se il debitore era segnalato come “in sofferenza” presso la Centrale Rischi per determinati crediti, dopo l’esdebitazione tali crediti dovrebbero risultare chiusi/perdonati. Molti sistemi conservano comunque la storicità per un certo periodo (di solito 36 mesi). Il debitore può tuttavia richiedere l’aggiornamento o la cancellazione delle segnalazioni ove previsto: ad esempio, al CRIF (credit bureau per credito al consumo) si può chiedere di annotare che il debito è stato estinto per provvedimento di esdebitazione. Questo potrebbe non migliorare subito lo score creditizio (essere stati insolventi resta un fatto), ma dopo qualche anno dalla chiusura della procedura, con l’esdebitazione ottenuta, il debitore ha titolo per ottenere un “nulla a segnalare” se non ci sono nuovi eventi negativi. Riguardo ai protesti: se il debitore era stato protestato per assegni o cambiali prima del fallimento, l’esdebitazione non cancella automaticamente il protesto (che segue le regole della legge protesti: cancellazione dopo un tot anni o per riabilitazione a seguito di pagamento). Però, se quell’assegno protestato rientrava nei debiti esdebitati (cioè non fu mai pagato ma ora è inesigibile), il debitore può chiedere al Tribunale una dichiarazione che quell’obbligazione è estinta e poi presentarla alla Camera di Commercio per ottenere la cancellazione del protesto per “avvenuta definizione”. Non tutti gli uffici protesti hanno prassi su questo, ma in teoria la riabilitazione può essere concessa se il creditore non può più pretendere nulla. Quindi, in generale, l’esdebitazione pulisce la sostanza (non devi più soldi) ma per pulire la forma (registro protesti, centrali rischi) può essere necessaria qualche iniziativa del debitore e spesso un po’ di tempo.
D: Che succede se dopo l’esdebitazione scopro di avere un bene che non avevo dichiarato?
R: Se la scoperta avviene prima della pronuncia, rischi di perdere l’esdebitazione (perché verrebbe considerato un atto in frode). Se la scoperta avviene dopo che l’hai ottenuta, teoricamente i creditori potrebbero chiedere la revoca del beneficio dimostrando che hai dolosamente omesso quel bene. Non esiste una disciplina specifica di revoca (nel Codice attuale), ma è probabile che si applichino principi generali: un’esdebitazione ottenuta con dolo (ad es. hai nascosto un asset) potrebbe essere revocata su istanza dei creditori lesi, se agiscono tempestivamente. Ad ogni modo, il debitore deve dichiarare tutto in procedura: se “scopre” un bene dopo, vuol dire che prima non l’aveva segnalato. Ciò configurerebbe un comportamento scorretto. Diverso il caso di un bene “nuovo” sopravvenuto dopo: quello appartiene al debitore liberato e i creditori non possono toccarlo (salvo il caso del debitore incapiente con 4 anni di condizionalità). Quindi, se onestamente dopo 2 anni dall’esdebitazione vinci alla lotteria, i vecchi creditori non possono chiedere di riaprire il caso – a meno che tu non rientrassi in un esdebitato incapiente nei 4 anni. Quindi il consiglio è: durante la procedura e l’istruttoria per l’esdebitazione, massima trasparenza. Una volta ottenuta legittimamente, dormi sonni tranquilli: non dovrai restituirla se adempirai agli eventuali obblighi di legge (come le dichiarazioni nel caso incapiente).
D: Devo pagare tasse sulle somme dei debiti cancellati?
R: No, il debitore non subisce tassazione per la remissione dei debiti in esdebitazione. Come spiegato, la legge fiscale (art. 88 TUIR) esenta da imposizione le cosiddette “sopravvenienze attive da esdebitazione”. Ciò significa che se ti vengono condonati 50.000 € di debiti, non devi dichiararli come reddito né pagarci IRPEF. L’Agenzia delle Entrate lo ha confermato in varie circolari e risposte: l’esdebitazione non genera un ricavo tassabile per il debitore. Questo vale per persone fisiche e anche per imprese societarie (per queste ultime, la parte eccedente eventuali perdite fiscali pregresse è comunque esente). In altre parole, il sistema non ti toglie con le tasse quello che ti ha dato con l’esdebitazione. Attenzione però: se sei un imprenditore o professionista, dovrai comunque gestire contabilmente la chiusura dei debiti, ma ai fini fiscali non pagherai su quelle scritture. Quindi, l’esdebitazione è fiscalmente neutra per chi la ottiene. Invece, per i creditori che subiscono perdite, spesso c’è un beneficio fiscale (deducono la perdita), ma questa è l’altra faccia e non riguarda il debitore.
D: Come interagisce l’esdebitazione con l’Agenzia delle Entrate e Equitalia (ADER)?
R: L’esdebitazione coinvolge anche i debiti verso il Fisco. Quando ottieni l’esdebitazione, la parte di debiti tributari non pagati diventa inesigibile. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) dovrà procedere a sgravare le cartelle relative e cessare le eventuali azioni esecutive in corso. In pratica, conviene far pervenire all’ADER copia autentica del decreto di esdebitazione con istanza di aggiornamento della posizione. Di solito, ADER classifica quei debiti come “inesigibili da provvedimento giudiziale”. Dunque, se prima avevi pignoramenti sullo stipendio per cartelle, vengono bloccati; se avevi ipoteche esattoriali, decadono (non c’è un atto formale di cancellazione automatica, ma essendo debito inesigibile l’ADER dovrebbe cancellarle su istanza). Resta ferma una cosa: se il tuo debito fiscale includeva sanzioni amministrative (multe per omessi versamenti ecc.), quelle, essendo escluse dall’esdebitazione, formalmente rimangono. Spesso però le cartelle sono cumulative: ADER potrebbe annullare l’intera cartella comprendente imposta e sanzione, oppure potrebbe mantenerla per la sola parte sanzionatoria. In quest’ultimo caso – abbastanza raro – potresti dover regolare (o transare) solo l’importo sanzionatorio. Ma in generale, dopo esdebitazione, il rapporto con il Fisco è definito: non dovrai più pagare tasse, contributi o interessi pregressi inclusi nella procedura. Questo ti permette anche di ottenere il DURC regolare (se riprendi un’attività, non avrai pendenze contributive che impediscono il documento unico di regolarità contributiva). L’esdebitazione quindi fa piazza pulita anche verso l’erario. Ricorda: se l’ADER avesse, poniamo, pignorato dei tuoi beni prima della procedura e tenesse ferme delle garanzie (es: ipoteca iscritta prima del fallimento), quella ipoteca non è stata eliminata dalla procedura, però post esdebitazione l’ADER non può comunque esigerne il pagamento. In pratica quell’ipoteca rimane come formalità ma senza debito sottostante. Sarà opportuno chiederne la cancellazione per evitare problemi su quei beni (di solito si ottiene).
D: Quali costi comporta richiedere l’esdebitazione?
R: La procedura di esdebitazione in sé non ha costi elevati aggiuntivi oltre a quelli già sostenuti per la procedura concorsuale principale. Nel fallimento, ad esempio, la domanda di esdebitazione era esente da bollo e contributo unificato (nella legge fall. era gratuita, e presumibilmente nel CCII è uguale); nel sovraindebitamento, la richiesta di esdebitazione è integrata nel compenso dell’OCC. Potrebbero esserci spese vive modeste (diritti di cancelleria per copie, notifiche, parcella dell’avvocato se ti fai assistere – ed è consigliabile farsi assistere). In generale, però, è un beneficio che il legislatore ha voluto accessibile senza troppe barriere economiche. Va detto che il compenso del curatore o dell’OCC per la procedura concorsuale principale va comunque soddisfatto (spesso è in prededuzione sulla liquidazione dell’attivo; se attivo non ce n’è, a volte c’è un fondo di solidarietà per gli OCC). Ma questi sono costi della procedura. In sintesi: per chiedere l’esdebitazione non devi pagare “qualcosa ai creditori” (per definizione non hai potuto pagarli se chiedi l’esdebitazione) e neppure allo Stato, se non appunto eventuali minimi contributi di giustizia. È sempre bene affidarsi a un professionista esperto nella fase di richiesta, per non rischiare errori, e questo ha dei costi professionali – ma è un investimento ben speso dato il risultato.
D: Posso essere esdebitato se ho debiti sia personali che come socio di società?
R: Dipende dal caso. Se sei socio illimitatamente responsabile di una società fallita, come detto, l’esdebitazione della società libera anche te per i debiti sociali. Se, inoltre, tu stesso sei dichiarato fallito personalmente (cosa che accade di regola ai soci illimitati), la tua esdebitazione personale coprirà sia i debiti personali sia eventuali altri debiti (ma quelli sociali già li copre tramite la società). In pratica, conviene coordinare le due cose: di solito i soci illimitati chiedono l’esdebitazione assieme alla società. Se sei socio di capitale (SRL) e hai prestato fideiussioni per la società: l’esdebitazione della società non libera il fideiussore. Dovresti eventualmente sottoporti tu a una procedura di sovraindebitamento o fallimento personale e poi chiedere l’esdebitazione tua. Esempio: Tizio socio di SRL aveva garantito un mutuo; la SRL fallisce e viene esdebitata (per l’azienda non serviva ma mettiamo che l’hanno fatta per completezza). Il creditore però può chiedere a Tizio, fideiussore, il pagamento. Tizio se non può pagare dovrà avviare a sua volta una liquidazione controllata come consumatore e chiedere l’esdebitazione per liberarsi dal debito di garanzia. Quindi, se hai debiti personali estranei a quelli societari, la tua esdebitazione coprirà quelli (mentre la società coprirà i suoi). In ogni caso, oggi c’è margine per liberare entrambe le situazioni: se il contesto è unitario (società + soci), i tribunali tendono a esaminare insieme per dare una soluzione completa.
D: L’esdebitazione ha effetto su debiti futuri che contraggo?
R: No, ovviamente riguarda solo i debiti sorti prima dell’apertura della procedura concorsuale (o comunque antecedenti). I debiti che contrarrai dopo restano tuoi normalmente. Ad esempio, se dopo l’esdebitazione fai un nuovo finanziamento, dovrai restituirlo regolarmente: non esiste una “protezione perpetua”. L’esdebitazione non significa che non puoi indebitarti di nuovo – puoi, ma quelli saranno nuovi rapporti giuridici. Naturalmente, se dopo poco tempo torni in insolvenza, potresti avere difficoltà a ottenere un altro esdebitamento (per i limiti di reiterazione). Quindi è bene, dopo aver ottenuto una volta il beneficio, cercare di gestire prudentemente le finanze successive.
D: Ci sono alternative all’esdebitazione se non voglio dichiarare fallimento o simili?
R: L’esdebitazione, come visto, è legata al percorso di procedura concorsuale. Se non vuoi/potrai accedere a una procedura formale, restano solo soluzioni di natura privata: ad esempio, accordi transattivi con ciascun creditore (saldo e stralcio individuali) oppure aspettare la prescrizione dei singoli debiti (che però può essere interrotta da atti dei creditori, e ha tempi lunghi: ordinariamente 10 anni per molti debiti, 5 per altri, etc.). Ci sono stati interventi normativi temporanei (tipo il cosiddetto “stralcio automatico” di piccole cartelle sotto 1.000 € dal 2000-2015, previsto dalla L.197/2022), ma sono limitati e non esaustivi. In sostanza, se hai una situazione di insolvenza grave, le vie maestre sono: o un accordo di ristrutturazione (concordato, piano del consumatore) se hai risorse parziali e vuoi evitare la liquidazione, oppure la liquidazione con esdebitazione. Se proprio non vuoi affrontare alcuna procedura giudiziale, resterai a lungo esposto ad azioni di recupero, pignoramenti, ecc., finché i creditori non rinunciano. L’esperienza insegna che affrontare proattivamente la crisi (anche attraverso l’esdebitazione) è preferibile che subire passivamente per decenni. Quindi l’alternativa reale è la transazione volontaria: ma essa raramente porta alla cancellazione totale dei debiti (il creditore che transige vuole almeno una parte). Solo lo strumento concorsuale dà la certezza di liberazione totale, ancorché col sacrificio del patrimonio disponibile del debitore.
D: Dopo l’esdebitazione posso svolgere di nuovo attività di impresa?
R: Sì. Non esistono sanzioni o preclusioni ad avviare una nuova attività di impresa (o continuare quella vecchia, se possibile). Anzi, lo scopo del fresh start è proprio permettere al debitore di rimettersi in gioco. Per gli ex falliti, come detto, l’esdebitazione rimuove cause di ineleggibilità (puoi tornare ad amministrare società). Puoi aprire nuove partite IVA, partecipare a gare pubbliche (il fatto di avere un fallimento alle spalle potrebbe dover essere dichiarato nei 5 anni se richiesto nei bandi, ma se specifichi di essere esdebitato e quindi riabilitato, spesso la cosa viene valutata meno negativamente). Dal punto di vista legale, non c’è alcun divieto: la normativa italiana non prevede il “fallito inabilitato” come una volta (e comunque l’esdebitazione lo estrometteva). Al contrario, il sistema incoraggia gli imprenditori sfortunati ma capaci a riprovare. Si pensi che in USA è quasi un vanto dire “ho fallito 2 imprese, poi la terza ha avuto successo”; in Italia c’era stigma, ma pian piano con normative come queste si vuole normalizzare il concetto di fallimento economico come eventualità da cui imparare e ripartire. Quindi, certamente sì: potrai tornare pienamente nel mondo del business, ovviamente auspicando un esito migliore.
D: Un creditore può opporsi all’esdebitazione se pensa che sia ingiusta?
R: Sì, i creditori hanno la facoltà sia di interloquire nel procedimento di esdebitazione, sia di impugnare il decreto se concesso. Ad esempio, se un creditore è a conoscenza di un comportamento fraudolento del debitore che magari il curatore non ha colto, può presentare memoria al giudice per farlo presente e chiedere che l’esdebitazione sia negata. Oppure, una volta emanato il decreto favorevole, il creditore può proporre reclamo in Appello entro 30 giorni, sostenendo che la decisione è sbagliata (magari il giudice ha sottovalutato un elemento negativo). Se il creditore ha prove solide (es: una sentenza di condanna per bancarotta del debitore, non considerata), la Corte d’Appello potrebbe revocare il beneficio. Quindi il creditore non è inerme: ha strumenti giuridici per opporsi. Detto ciò, se il debitore è realmente meritevole, di solito i creditori non hanno margini per evitare l’esdebitazione – e anzi spesso non si oppongono nemmeno, consapevoli che poco cambia per loro (non avrebbero comunque recuperato oltre). Spesso i creditori pubblici (Agenzia Entrate) sono attivi nel segnalare irregolarità se ce ne sono, ma diversamente non fanno reclamo. Un creditore potrebbe appellarsi anche solo per ritardare la cosa? Può succedere, ma di norma la Corte d’Appello decide abbastanza celermente su questi reclami e, se infondati, li rigetta. In conclusione: il creditore può far valere le sue ragioni contrarie, ma se il debitore ha agito correttamente, l’opposizione non impedirà l’esdebitazione.
Fonti Normative, Giurisprudenziali e Prassi Utilizzate
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) – artt. 278-283 (Disciplina dell’esdebitazione nel CCII, inclusi oggetto e ambito, condizioni, procedimento, debitore incapiente). (Testo aggiornato con D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024 – v. G.U. 14/02/2019 n.38 e successive).
- Legge Fallimentare previgente (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) – art. 142 (condizioni esdebitazione persona fisica) e art. 143 (esclusioni; coobbligati). (Rilevante per confrontare vecchia disciplina: es. richiesta pagamento parziale creditori, esclusione debiti alimentari e da illecito, divieto se già beneficiato in 10 anni ecc.).
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (sovraindebitamento) – artt. 14-terdecies (esdebitazione del sovraindebitato nella vecchia legge) e artt. 7, 8 (condizioni e limiti piani – es. divieto falcidia IVA poi modificato). (Utile come antecedente storico integrato ora nel CCII.)
- D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (“Correttivo-ter” CCII) – Relazione illustrativa e modifiche in materia di sovraindebitamento ed esdebitazione. (Introduzione preclusione quinquennale solo se già beneficiato esdebitazione; riorganizzazione art.282 in sezioni; obbligo dichiarazione sopravvenienze art.283 più chiaro ecc.).
- Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e Consiglio (ristrutturazioni e insolvenza) – artt. 20-24 (second chance per imprenditori onesti: scarico debiti entro 3 anni). (Recepita nel CCII, giustifica la regola dei 3 anni per persone fisiche imprenditrici.)
- Tribunale di Ferrara, decreto 20 febbraio 2024 – ha applicato in via transitoria i nuovi requisiti dell’art. 281 CCII a un fallimento ante Codice, eliminando il requisito del pagamento parziale minimo previsto dall’art.142 L.F.. (Conforme a Trib. Verona 2/12/2022, Mantova 9/02/2023, Torino 17/03/2023 citati: l’istanza di esdebitazione è procedimento autonomo soggetto alla legge vigente al momento della decisione).
- Corte di Giustizia UE, sentenza 16 marzo 2017 (causa C-493/15) – ha statuito che non contrasta con il diritto UE la normativa italiana che permette l’esdebitazione anche dei debiti IVA, purché le autorità fiscali possano intervenire e opporsi, e vi sia un rigoroso controllo giudiziario. (Riconosciuta la compatibilità dell’art.142 L.F. – oggi art.280 CCII – con obbligo riscossione IVA UE, data la presenza di controllo e possibilità di impugnazione da parte del Fisco).
- Cassazione Civile, Sez. I, sent. 124/2017 (ord. rinvio pregiudiziale) – ha sollevato la questione dell’IVA innanzi alla CGUE, cit. in Circolare Agenzia Entrate 16/E del 23 luglio 2018 par.3. (Confermato poi che l’IVA può essere esdebitata.)
- Circolare Agenzia Entrate n.19/E del 6 maggio 2015, §5.4 – definisce l’esdebitazione come “dichiarazione giudiziale di inesigibilità dei crediti non soddisfatti integralmente nella liquidazione” e fornisce istruzioni agli uffici sulla gestione dei carichi iscritti a ruolo dopo il provvedimento (sgravio). (Prassi che chiarisce il comportamento del Fisco post-esdebitazione: i crediti residui sono da considerare non più esigibili).
- Circolare Agenzia Entrate n.16/E del 23 luglio 2018, §3 – conferma l’orientamento sulla legittimità dell’esdebitazione dei debiti IVA, alla luce della CGUE 2017.
- Risoluzione (interpello) Agenzia Entrate n. 183/2023 – ribadisce la detassazione ex art. 88 co.4-ter TUIR delle sopravvenienze attive derivanti dallo stralcio debiti in esecuzione di procedure concorsuali. (Confermato che il debitore non include tra i redditi la parte di debito annullata in concordato/accordo/esdebitazione.)
- Art. 88, comma 4-ter del TUIR (DPR 917/1986) – esenzione da imposizione per le sopravvenienze attive derivanti dalla riduzione dei debiti accordata “in esecuzione di un piano attestato, di un accordo di ristrutturazione omologato o di una procedura concorsuale”. (Base normativa che rende non tassabile il beneficio dell’esdebitazione per il debitore.)
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⚠️ L’esdebitazione è lo strumento che ti consente di cancellare tutti i debiti residui se hai agito con correttezza e non hai più possibilità concrete di rientrare.
Ma non è automatica. Serve rispettare condizioni e requisiti precisi.
Cos’è l’esdebitazione
🧾 È la procedura prevista dal Codice della Crisi (D.lgs. 14/2019) che consente:
- Alla persona fisica sovraindebitata o fallita
- Di ottenere l’annullamento dei debiti non pagati
- Dopo la chiusura di una procedura liquidatoria o concorsuale
📌 L’obiettivo è offrire un nuovo inizio a chi è stato travolto dai debiti senza colpa grave.
Chi può accedere all’esdebitazione
✅ Privati cittadini, lavoratori dipendenti o autonomi sovraindebitati
✅ Ex imprenditori individuali falliti o liquidati
✅ Pensionati o persone con redditi insufficienti
✅ Debitori incapienti, senza beni o redditi significativi
✅ Anche ex soci di Srl o partite IVA chiuse
📍 La chiave è dimostrare la buona fede e l’impossibilità oggettiva di pagare.
Requisiti fondamentali per ottenere l’esdebitazione
📌 Devi:
- Aver concluso una procedura di liquidazione o sovraindebitamento
- Non aver commesso atti in frode ai creditori
- Non essere stato condannato per reati finanziari o fiscali rilevanti
- Essere stato collaborativo con il Tribunale, il curatore o l’OCC
- Non aver ottenuto già l’esdebitazione nei 5 anni precedenti
📍 Se sei totalmente privo di beni (incapiente), puoi accedere alla esdebitazione “secca”: cancellazione dei debiti anche senza pagare nulla.
Cosa non si cancella con l’esdebitazione
❌ Debiti per sanzioni penali o multe gravi
❌ Obbligazioni alimentari (es. mantenimento figli)
❌ Debiti derivanti da frodi, simulazioni, false dichiarazioni
❌ In alcuni casi, l’IVA se c’è dolo accertato
📌 Tutti gli altri debiti (Equitalia, INPS, banche, fornitori, prestiti personali) possono essere cancellati legalmente.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza la tua situazione debitoria, reddituale e patrimoniale
📑 Verifica se hai tutti i requisiti per l’esdebitazione
⚖️ Predispone l’istanza al Tribunale o al Gestore della Crisi
🔁 Ti difende da opposizioni dei creditori o dinieghi
🧩 Ti accompagna fino al decreto che chiude i debiti per sempre
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in procedure di esdebitazione e crisi da sovraindebitamento
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di ex imprenditori, autonomi, famiglie e pensionati in difficoltà
Conclusione
L’esdebitazione non è una scorciatoia, ma una seconda possibilità per chi ha toccato il fondo.
Con i requisiti giusti e l’assistenza legale corretta, puoi tornare libero dai debiti.
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