Misure Protettive E Cautelari Nel Codice Della Crisi: La Guida Per Aziende e Imprenditori

Hai un’attività in difficoltà e ti chiedi se esiste un modo per fermare i creditori, bloccare pignoramenti, sospendere l’azione di banche o fornitori mentre cerchi una soluzione? Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza offre uno strumento fondamentale: le misure protettive e cautelari.

Si tratta di provvedimenti legali che tutelano l’imprenditore o la società in crisi, consentendogli di lavorare a una ristrutturazione del debito senza il rischio di aggressioni improvvise da parte dei creditori.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, diritto societario e ristrutturazione aziendale – ti spiega cosa sono le misure protettive e cautelari, quando puoi ottenerle e come usarle per salvare la tua impresa nel pieno rispetto della legge.

Cosa sono le misure protettive nel Codice della Crisi?
Le misure protettive sono provvedimenti automatici o su richiesta del debitore, che sospendono per un periodo determinato:
– le esecuzioni forzate,
– i pignoramenti,
– le azioni cautelari individuali dei creditori.

Entrano in vigore quando attivi la composizione negoziata della crisi, oppure quando presenti una domanda per accedere a strumenti come il concordato semplificato, il piano di ristrutturazione o la liquidazione controllata.

A cosa servono?
Servono a congelare la situazione debitoria, evitando che i creditori procedano individualmente a danno dell’interesse collettivo. In questo modo, l’imprenditore o l’amministratore può:
negoziare con più serenità,
evitare il blocco dell’attività,
salvare l’azienda, se esistono prospettive concrete di continuità.

Come si ottengono le misure protettive?
Le misure possono:
– essere attivate automaticamente con la composizione negoziata (se il tribunale le conferma),
– oppure richieste formalmente con un ricorso motivato, se stai preparando una proposta di concordato o di accordo di ristrutturazione.

In entrambi i casi serve un legale esperto e il supporto di un esperto indipendente iscritto all’apposito albo

Quanto durano le misure protettive?
Durano inizialmente fino a 120 giorni, prorogabili in casi particolari. Durante questo periodo, i creditori non possono avviare o proseguire azioni esecutive, salvo autorizzazione del tribunale.

Cosa sono le misure cautelari?
Sono strumenti a tutela del patrimonio, come il sequestro conservativo o l’inibizione a vendere beni, che servono a evitare che l’imprenditore compia atti in danno dei creditori. Vengono richieste in parallelo o successivamente alle misure protettive, su istanza motivata.

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Introduzione

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), introdotto con il D.Lgs. 14/2019 e successivamente modificato (primo correttivo D.Lgs. 147/2020, D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021, D.Lgs. 83/2022 di attuazione della direttiva UE 2019/1023 e il “terzo correttivo” D.Lgs. 136/2024), ha innovato profondamente la disciplina delle procedure concorsuali in Italia. Misure protettive e cautelari costituiscono elementi cardine del sistema, pensati per bilanciare le esigenze dell’impresa in crisi con quelle dei creditori durante lo svolgimento delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza. In questa guida esamineremo in dettaglio tali misure – con focus normativo e aggiornamento alle disposizioni in vigore a maggio 2025 – nei vari strumenti previsti dal Codice: composizione negoziata della crisi, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti (inclusi i piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione) e liquidazione giudiziale, oltre a brevi cenni alle procedure minori (come il concordato minore per PMI non fallibili).

Quadro Generale: Definizioni e Disciplina Unitaria delle Misure Protettive e Cautelari

Il CCII fornisce una disciplina generale e unitaria delle misure protettive e cautelari, applicabile trasversalmente ai vari strumenti di gestione della crisi. Prima di addentrarci nelle singole procedure, è opportuno chiarire cosa si intende per “misure protettive” e “misure cautelari” e quali siano le regole comuni circa la loro adozione, durata ed effetti.

Misure Protettive: l’art. 2, comma 1, lett. p) CCII le definisce come “misure temporanee disposte dal giudice competente, su istanza del debitore, volte ad evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza”. In altre parole, le misure protettive mirano a inibire temporaneamente le azioni esecutive o cautelari dei creditori e altri atti di aggressione sul patrimonio del debitore, così da preservare l’integrità dell’azienda e creare uno “spazio protetto” nel quale portare avanti trattative o predisporre un piano di risanamento senza la pressione di iniziative individuali dei creditori. Si tratta quindi di una sorta di moratoria legale (concetto analogo al “automatic stay” anglosassone) destinata a prevenire la dispersione dei valori aziendali durante la ricerca di soluzioni concordate. Le misure protettive possono essere richieste solo dal debitore e unicamente pendente la domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza (ad esempio: concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti o piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione). Come vedremo, fanno eccezione a questo principio i casi particolari in cui il debitore chiede misure protettive durante la composizione negoziata prima di adire una vera e propria procedura concorsuale, oppure nel corso di trattative avanzate per un accordo di ristrutturazione da omologare: anche in tali frangenti, comunque, l’iniziativa resta riservata al debitore.

Misure Cautelari: l’art. 2, comma 1, lett. q) CCII definisce invece le misure cautelari come “provvedimenti emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza”. Si tratta di provvedimenti di natura tipicamente conservativa o anticipatoria, adottati dal tribunale (di regola su istanza di parte: debitore, creditori o altri soggetti legittimati) allo scopo di preservare l’integrità del patrimonio dell’impresa o assicurare in via provvisoria il risultato pratico che la procedura di crisi mira a conseguire. In altri termini, le misure cautelari fungono da tutela interinale: ad esempio, impediscono al debitore di compiere atti di straordinaria amministrazione pregiudizievoli, oppure dispongono il sequestro e la custodia di beni dell’impresa, in attesa dell’esito della procedura concorsuale. Tali misure sono strumentali a garantire che, al momento in cui verrà eventualmente aperta la liquidazione giudiziale o omologato un concordato/accordo, gli effetti di tale provvedimento finale non siano vanificati da comportamenti o eventi nel frattempo occorsi. Ad esempio, come espressamente previsto dall’art. 54, comma 1 CCII, in pendenza di un’istanza di fallimento (liquidazione giudiziale) o di concordato, il tribunale può nominare un custode dell’azienda o del patrimonio del debitore, o disporre altri provvedimenti cautelari idonei a conservare l’attivo patrimoniale.

Finalità contrapposte ma complementari: Va evidenziato che misure protettive e misure cautelari rispondono a logiche differenti e quasi opposte, pur concorrendo entrambe al buon esito della gestione della crisi. Le misure protettive tutelano principalmente l’interesse del debitore (e, indirettamente, della massa dei creditori intesa unitariamente) a condurre trattative senza che singoli creditori compromettano gli sforzi di risanamento con iniziative individuali. Le misure cautelari, invece, tutelano prevalentemente l’interesse dei creditori nel loro complesso a che il patrimonio del debitore non subisca depauperamenti o manovre pregiudizievoli nell’attesa della decisione finale (sia essa l’apertura di una liquidazione o l’omologazione di un concordato/accordo). In sintesi, le misure protettive creano uno schermo protettivo attorno all’impresa in crisi (bloccando le aggressioni esterne dei creditori), mentre le misure cautelari fungono da strumenti di presidio interno del patrimonio (impedendo al debitore o a terzi comportamenti lesivi e mettendo in sicurezza i beni).

Disciplina generale (artt. 54 e 55 CCII): Il Codice dedica agli istituti in esame una disciplina procedurale unificata, in particolare agli articoli 54 e 55 CCII, che regolano rispettivamente i contenuti delle misure protettive/cautelari e il procedimento per la loro concessione, conferma, modifica o revoca. Vediamone i punti salienti:

  • Richiesta e concessione iniziale: Le misure protettive possono essere chieste dal debitore contestualmente o successivamente alla presentazione della domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi/insolvenza. La richiesta va presentata al tribunale competente per la procedura principale; un caso particolare è la composizione negoziata, dove l’istanza di misure protettive inizialmente si deposita presso la Camera di Commercio insieme alla nomina dell’esperto, ma anch’essa sarà soggetta a conferma da parte del tribunale (come dettagliato infra). Le misure cautelari, invece, possono essere domandate da qualsiasi parte interessata (inclusi i creditori o il pubblico ministero, a seconda dei casi) nel corso del procedimento di apertura della liquidazione giudiziale o di omologazione di concordato/accordo, sempre mediante ricorso al tribunale.
  • Efficacia immediata e conferma: Uno snodo fondamentale del procedimento è che le misure protettive, una volta richieste e pubblicate nel Registro delle Imprese, producono solitamente un effetto protettivo immediato (i creditori devono da subito astenersi dalle azioni individuali). Questo effetto iniziale, tuttavia, è temporaneo e condizionato alla successiva verifica giurisdizionale. L’art. 55 CCII prevede che il tribunale debba pronunciarsi in tempi rapidi: entro 30 giorni dall’iscrizione della domanda nel registro delle imprese, il giudice deve emettere decreto motivato di conferma, modifica o revoca delle misure protettive richieste. In difetto di decisione entro il termine, il legislatore ha previsto che le misure protettive perdono efficacia decorsi i 30 giorni. Ciò garantisce ai creditori che il “congelamento” delle loro azioni non si prolunghi oltre un breve periodo senza controllo giudiziario. La conferma giudiziale presuppone la sussistenza di alcune condizioni di ammissibilità e merito (ad esempio: che la domanda di accesso alla procedura non sia manifestamente inammissibile o il piano prospettato non sia manifestamente inidoneo a risolvere la crisi). Tali valutazioni, sebbene sommarie in questa fase, servono a evitare abusi dello strumento protettivo (ad es. richieste pretestuose di moratoria da parte di debitori senza un serio intento di ristrutturazione).
  • Effetti tipici delle misure protettive: La misura protettiva “tipica” disposta dal giudice – uniforme nei vari procedimenti, salvo adattamenti – consiste principalmente nel divieto per i creditori chirografari e privilegiati anteriori al deposito della domanda di:
    • Iniziare o proseguire azioni esecutive (pignoramenti, espropriazioni) e azioni cautelari (sequestri conservativi) sul patrimonio del debitore, sotto pena di nullità degli atti compiuti in violazione.
    • Acquisire titoli di prelazione sul patrimonio del debitore (come pegni, ipoteche giudiziali), se non concordati con l’imprenditore. In particolare, le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni anteriori alla pubblicazione della domanda sono rese inefficaci rispetto ai creditori concorrenti (riprendendo il meccanismo già previsto dalla vecchia legge fallimentare).
    • Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza relativi ai diritti dei creditori: dal momento della pubblicazione della domanda, il decorso delle prescrizioni rimane sospeso e le decadenze non si verificano per tutta la durata delle misure protettive. Ciò evita che i creditori vedano pregiudicati i propri diritti sostanziali dall’impossibilità temporanea di agirvi in via giudiziale.
    • Blocco delle dichiarazioni di fallimento o insolvenza: specificamente, quando sono concesse misure protettive nell’ambito di strumenti alternativi (ad esempio composizione negoziata in corso, o domanda di concordato pendente), nessuna sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale (fallimento) può essere pronunciata nei confronti del debitore durante il periodo di protezione. Questa previsione garantisce che la pendenza di un percorso di risanamento volontario sospenda l’iniziativa dei creditori tesa alla liquidazione immediata.
  • Durata delle misure protettive: la durata deve essere espressamente determinata dal giudice al momento in cui dispone o conferma le misure. Il D.Lgs. 83/2022 ha introdotto limiti ben precisi: in via iniziale la durata può variare da 30 fino a 120 giorni per le misure richieste nel contesto di una composizione negoziata, mentre può arrivare fino a 120 giorni (senza un minimo predeterminato) per le misure protettive concesse in pendenza delle altre procedure di regolazione della crisi o insolvenza (concordato, accordo, piano). 120 giorni (4 mesi) costituisce dunque la durata massima della misura protettiva in sede di prima concessione. Tuttavia, il Codice ammette la possibilità di prorogare tali misure oltre il termine iniziale, purché ne ricorrano i presupposti.
  • Proroga delle misure protettive: La proroga è un aspetto cruciale soprattutto in considerazione del limite massimo generale fissato dalla normativa. Ai sensi dell’art. 55, comma 4 CCII (introdotto da D.Lgs. 83/2022), il tribunale può estendere la durata delle misure protettive se ritiene soddisfatte due condizioni: (a) che siano stati compiuti significativi progressi nelle trattative o nel percorso di ristrutturazione in corso, e (b) che la proroga non arrechi pregiudizio ingiusto ai diritti o interessi dei creditori coinvolti. Si tratta di un vaglio giudiziale che bilancia la necessità di dare più tempo al debitore meritevole (che sta effettivamente negoziando con i creditori verso una soluzione) con l’esigenza di tutelare i creditori da un congelamento eccessivo delle loro pretese. La valutazione circa “significativi progressi” e “pregiudizio non eccessivo” avviene su basi diverse se la proroga è richiesta nell’ambito della composizione negoziata oppure di una procedura giudiziale (concordato/accordo): in contesto negoziale, infatti, il giudice terrà conto del parere dell’esperto e dell’andamento delle trattative; in contesto giudiziale, peserà anche l’eventuale parere del commissario giudiziale e lo stato di avanzamento del piano depositato.
  • Durata massima complessiva: Il legislatore ha fissato un tetto alla durata complessiva delle misure protettive per evitare moratorie sine die. In generale, nessuna misura protettiva può avere effetti per oltre 12 mesi complessivi (anche non consecutivi) considerando rinnovi o proroghe. Entro questo limite generale di un anno, si innestano tuttavia previsioni più restrittive per taluni strumenti: ad esempio, per la composizione negoziata la normativa (art. 19, comma 5 CCII) prevede espressamente un limite massimo di 240 giorni (circa 8 mesi) alla durata delle misure protettive concesse in quello specifico contesto. Tale limite, più breve di 12 mesi, si spiega con la natura volontaria e stragiudiziale della composizione negoziata, la quale per sua struttura dovrebbe concludersi in tempi contenuti; se il risanamento non si concretizza entro 8 mesi di protezione, è verosimile che si debba optare per una procedura concorsuale formale. Diversamente, nelle procedure di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione, la durata delle misure protettive può estendersi sino all’omologa (anche superando gli 8 mesi, ma comunque entro il plafond di 12 mesi salvo casi eccezionali previsti dalla direttiva UE). Importante: se la procedura principale si conclude prima (con omologa o con sentenza di apertura liquidazione), le misure protettive cessano automaticamente in quanto non più necessarie.
  • Cessazione e revoca: Le misure protettive perdono efficacia al raggiungimento dell’obiettivo o al verificarsi di determinati eventi:
    • In caso di omologazione di un concordato, di un accordo o di un piano di ristrutturazione, la protezione del patrimonio non è più necessaria: da un lato perché l’obiettivo di definire un accordo con i creditori è stato raggiunto, dall’altro perché dall’omologa in poi vige la regola del concorso tra i creditori aderenti (nessun creditore potrà agire individualmente al di fuori del piano omologato) e dunque permane un effetto protettivo sostanziale.
    • In caso di apertura della liquidazione giudiziale (fallimento), la misura protettiva originariamente richiesta dal debitore viene meno (il relativo ricorso al concordato, se presentato, si intende rigettato), ma subentra la protezione inerente alla procedura liquidatoria stessa: l’art. 150 CCII dispone infatti il divieto, senza limiti di tempo, di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio dopo l’apertura della liquidazione. In pratica, quando inizia il fallimento, i creditori sono comunque vincolati alla sola tutela collettiva (domanda di insinuazione al passivo) e non possono agire autonomamente, sicché l’esigenza di misure protettive separate viene assorbita dalla procedura.
    • A fronte di atti di frode o abuso da parte del debitore, o se le misure protettive non risultano più funzionali allo scopo di favorire le trattative, il tribunale – su istanza del commissario giudiziale (nelle procedure di concordato) o d’ufficio – può disporre la revoca o la modifica delle misure protettive anche prima della scadenza naturale. Ciò avviene, ad esempio, se il debitore durante la moratoria protettiva occulta beni, aggrava il proprio dissesto o comunque tradisce la fiducia su cui si fonda la concessione delle misure.
    • Effetti post-revoca: In caso di revoca o cessazione anticipata delle misure protettive, si deve segnalare che cessa contestualmente anche il divieto di acquisire nuove prelazioni stabilito per i creditori: dunque, dalla data della revoca i creditori tornano liberi di iscrivere ipoteche giudiziali o ottenere altri vincoli sul patrimonio del debitore (salvo eventuali altre limitazioni di legge).
  • Misure cautelari tipiche: Come anticipato, l’art. 54, comma 1 CCII elenca espressamente alcuni provvedimenti cautelari che il tribunale può assumere su richiesta durante il procedimento principale: in particolare viene menzionata la nomina di un custode giudiziario dell’azienda o del patrimonio del debitore. Questa figura – analoga al custode dell’art. 676 c.p.c. o all’amministratore giudiziario – viene designata per gestire o vigilare i beni del debitore, impedendone la dispersione. Altre misure cautelari possibili includono: sequestri conservativi sui beni, inibitorie di determinate operazioni societarie, sospensione di deliberazioni societarie potenzialmente pregiudizievoli, o anche l’ordine al debitore di astenersi dal compiere atti di straordinaria amministrazione non autorizzati. La scelta dipende dalle circostanze del caso concreto e mira, come detto, ad assicurare provvisoriamente gli effetti della futura sentenza di omologa o apertura liquidazione. Ad esempio, se appare probabile che l’impresa sarà avviata a liquidazione, il tribunale potrebbe vietare pagamenti non ordinari e nominare un custode per evitare distrazioni di beni; se invece è pendente un concordato con continuità aziendale, il giudice potrebbe limitarsi a vietare la cessione di cespiti essenziali senza autorizzazione.
  • Procedimento in camera di consiglio: Sia per la conferma delle misure protettive sia per l’adozione di misure cautelari, il procedimento si svolge con le forme della camera di consiglio (rito semplificato, art. 55 CCII), assicurando però il contraddittorio almeno differito con le parti interessate. Il giudice può provvisoriamente concedere misure anche inaudita altera parte (senza ascoltare i creditori) per poi confermarle o revocarle all’esito di un’eventuale udienza. I decreti del tribunale in materia (di conferma, modifica, revoca delle misure) sono suscettibili di reclamo dinanzi alla Corte d’Appello competente, secondo le regole generali (art. 55 ult. comma CCII), garantendo così una tutela giurisdizionale piena anche ai creditori che si ritenessero lesi dall’eccessiva concessione di protezione al debitore.

Chiariti questi principi generali, passiamo ora ad analizzare nel dettaglio le misure protettive e cautelari previste nei singoli strumenti di gestione della crisi d’impresa, evidenziando le peculiarità normative di ciascuno. Ciascuna sezione includerà, oltre alla spiegazione, anche una tabella riepilogativa per facilitare la comprensione comparativa.

Composizione Negoziata della Crisi

La composizione negoziata della crisi è uno strumento introdotto nell’ordinamento italiano dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e ora disciplinato nel CCII (artt. 17-25). Si tratta di un percorso volontario e stragiudiziale, attivato dall’imprenditore in stato di crisi o pre-crisi, finalizzato a raggiungere un accordo con i creditori con l’assistenza di un esperto indipendente nominato tramite la Camera di Commercio. La composizione negoziata non è una “procedura concorsuale” in senso stretto (non vi è spossessamento né intervento diretto del tribunale nella gestione ordinaria), ma costituisce un strumento di allerta e risanamento precoce, in linea con le raccomandazioni europee, che consente all’imprenditore di tentare il recupero dell’equilibrio aziendale prima di ricorrere a procedure più invasive.

Nonostante la natura negoziale e volontaria, il legislatore ha previsto che anche in questa fase possano operare misure protettive e cautelari a tutela del patrimonio e per il buon esito delle trattative. Anzi, l’esperienza applicativa ha mostrato che la possibilità di ottenere una “ombrello protettivo” è spesso decisiva perché l’imprenditore possa negoziare con i creditori alla pari, senza il continuo timore di pignoramenti o iniziative aggressive. Analizziamo dunque le specifiche misure nell’ambito della composizione negoziata.

Misure Protettive nella Composizione Negoziata

Richiesta e attivazione: L’imprenditore che presenta istanza di nomina dell’esperto presso la Camera di Commercio può, contestualmente o con successiva istanza, richiedere l’applicazione di misure protettive sul proprio patrimonio. Questa richiesta, ai sensi dell’art. 18 CCII, va inserita nella piattaforma telematica unitamente alla domanda di composizione negoziata. Una volta presentata, la domanda di misure protettive viene immediatamente pubblicata nel Registro delle Imprese, unitamente all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto nominato. La pubblicazione segna l’inizio dell’efficacia delle misure protettive in via provvisoria: da quel momento e per il periodo indicato:

  • I creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio dell’imprenditore.
  • I creditori non possono acquisire diritti di prelazione (pegni, ipoteche) se non sono concordati con l’imprenditore.
  • È preclusa la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) o di accertamento dello stato di insolvenza del debitore: il tribunale non può pronunciare tali sentenze durante lo svolgimento delle trattative protette.
  • Restano sospesi i termini di prescrizione e non decorrono termini di decadenza relativi ai crediti anteriori, per evitare che i creditori subiscano pregiudizio dal periodo di stasi.

Tali effetti si producono immediatamente ex lege al semplice decorrere della pubblicazione al Registro delle Imprese, senza bisogno di un provvedimento iniziale del giudice. Questa automaticità è funzionale a garantire una protezione tempestiva fin dal primo giorno di negoziazione. Tuttavia, come spiegato nel quadro generale, la misura protettiva così attivata deve essere sottoposta a conferma da parte dell’autorità giudiziaria. Infatti, l’art. 7 del D.L. 118/2021 (oggi trasfuso nell’art. 19 CCII) impone al debitore di depositare, lo stesso giorno della pubblicazione, un ricorso al tribunale competente per ottenere la conferma o l’eventuale modifica delle misure protettive ottenute. Il debitore ha inoltre l’obbligo di comunicare e far iscrivere nel Registro delle Imprese il numero di ruolo del procedimento instaurato in tribunale entro 30 giorni, così che i creditori possano venire a conoscenza del controllo giudiziario in corso.

Procedimento di conferma: Il tribunale – competente è quello del luogo in cui l’impresa ha la sede legale – esamina il ricorso in camera di consiglio, entro 30 giorni. Se il giudice conferma le misure, emette un decreto motivato che stabilisce la durata della protezione (entro i limiti previsti, v. infra) e le eventuali condizioni. Qualora invece revochi le misure (ad esempio perché ritiene la situazione del debitore manifestamente compromessa e le trattative inutili o in mala fede), i creditori riacquistano immediatamente la libertà di agire e la procedura negoziata può proseguire senza protezione oppure venire archiviata. È possibile anche che il tribunale modifichi parzialmente le misure: ad esempio, potrebbe escludere dal divieto di azioni esecutive alcuni creditori (come quelli estranei al perimetro delle trattative) o limitare la portata oggettiva della protezione a determinati beni. In ogni caso, il contraddittorio con i creditori può avvenire in forma differita, tramite il meccanismo del reclamo: il decreto che conferma o revoca le misure è pubblicato anch’esso nel Registro delle Imprese e i creditori possono proporre reclamo in Corte d’Appello se si ritengono lesi.

Contenuto ed effetti specifici: Le misure protettive nella composizione negoziata hanno, in sostanza, il medesimo contenuto tipico descritto sopra (blocco azioni esecutive/cautelari, divieto acquisire prelazioni non concordate, sospensione fallimento). Un elemento peculiare sta nel fatto che il divieto di acquisire prelazioni copre anche i beni e diritti con cui è esercitata l’attività d’impresa, dicitura che ribadisce come siano protetti non solo i beni intestati all’imprenditore, ma anche quelli funzionalmente destinati all’attività aziendale (es: beni in leasing, beni di terzi indispensabili per l’impresa). Durante la composizione negoziata, a differenza del concordato, non vi è una cristallizzazione formale del passivo o un divieto assoluto di pagamento dei debiti anteriori: l’imprenditore resta libero, sotto la propria responsabilità, di effettuare pagamenti o assumere nuovi debiti nel corso delle trattative, purché ciò avvenga in buona fede e sia funzionale alla continuità aziendale. Tali atti saranno soggetti a una eventuale valutazione ex post (ad esempio in sede di successivo concordato o fallimento, per escludere profili di prededuzione o revocatoria), ma non sono vietati dalle misure protettive stesse. Ciò consente, ad esempio, di pagare fornitori strategici o dipendenti per mantenere operativa l’azienda durante la negoziazione.

Durata e proroga: In sede di prima conferma, il tribunale stabilirà una durata non inferiore a 30 giorni e non superiore a 120 giorni per le misure protettive. Spesso la durata iniziale viene tarata in funzione del piano di negoziazione previsto dall’esperto (ad es. 60 o 90 giorni). Se allo scadere del termine le trattative sono in fase avanzata ma non ancora concluse, il debitore può chiedere una proroga (prima della scadenza) fino ad un massimo complessivo di 240 giorni. La proroga sarà concessa dal tribunale solo se necessaria al buon esito delle trattative e se sono riscontrabili progressi significativi nelle stesse, senza pregiudizio eccessivo per i creditori. In pratica, si dovrà dimostrare che l’accordo con i creditori è vicino o comunque che il tempo aggiuntivo richiesto è giustificato da concrete possibilità di definizione. L’eventuale proroga, anch’essa soggetta a pubblicazione, estende la validità delle misure protettive ma senza superare il tetto massimo di 240 giorni complessivi stabilito dall’art. 19, comma 5 CCII.

Cessazione delle misure protettive in composizione negoziata: Le misure decadono anticipatamente se l’istanza di composizione negoziata viene archiviata (ad esempio perché l’imprenditore vi rinuncia, o perché l’esperto segnala l’assenza di ragionevoli prospettive di risanamento). In tal caso, dal giorno dell’archiviazione i creditori riacquistano immediatamente facoltà di azione (salva la possibilità per il debitore, se in extremis individua una soluzione, di presentare magari un concordato preventivo aprendo una nuova fase protettiva). Se invece le trattative hanno successo e si raggiunge un accordo stragiudiziale, le misure protettive cessano alla data della formalizzazione dell’accordo (o al termine fissato dal giudice se antecedente), dato che a quel punto il debitore è fuori dalla procedura e dovrà eseguire l’accordo secondo i termini pattuiti, soggetto eventualmente solo alle tutele contrattuali concordate con i creditori.

Di seguito, una tabella riepilogativa delle misure protettive nella composizione negoziata:

Misure Protettive (Composizione Negoziata)Descrizione ed EffettiRichiesta daDurataProrogheRiferimenti Normativi
Divieto di azioni esecutive e cautelariI creditori anteriori non possono iniziare né proseguire esecuzioni forzate o procedimenti cautelari sul patrimonio del debitore, a pena di nullità.Debitore (imprenditore) con istanza ex art. 18 CCII contestuale alla nomina dell’esperto.Fissata dal giudice tra 30 e 120 giorni iniziali.Sì, fino a max 240 giorni totali se progressi nelle trattative e senza pregiudizio ingiusto ai creditori.CCII art. 18, 19; D.L. 118/2021 art. 6-7.
Divieto di acquisire prelazioniVietato ai creditori acquisire pegni, ipoteche o altri privilegi non concordati col debitore. Eventuali ipoteche giudiziali iscritte nei 90 gg precedenti sono inefficaci.Debitore (istanza insieme a nomina esperto).Uguale al periodo di divieto azioni (stabilito dal giudice).Prorogabile entro limiti come sopra. Cessa anticipatamente se misure revocate o decadute (il divieto cade dalla data di cessazione).CCII art. 18, 54 c.2; D.L. 118/2021 art. 6.
Sospensione delle prescrizioni/decadenzeDal giorno di pubblicazione dell’istanza, il decorso dei termini di prescrizione è sospeso; le decadenze relative a diritti dei creditori anteriori non maturano.Automatica con attivazione misure (istanza debitore).Fino alla scadenza delle misure protettive confermate dal giudice.Prorogabile con le misure protettive. Riprende a decorrere dalla cessazione della protezione.CCII art. 54 c.2.
Blocco dichiarazione di insolvenzaNon può essere dichiarata la liquidazione giudiziale (fallimento) né lo stato d’insolvenza del debitore durante le trattative protette.Automatica (effetto legale dell’istanza protettiva). Creditori e PM sospesi dall’iniziativa fallimentare.Per tutta la durata delle misure protettive omologate.– (non prorogabile oltre le misure protettive stesse).CCII art. 18 c.3; D.L. 118/2021 art. 6 c.1.

Nota: il debitore in composizione negoziata conserva l’amministrazione ordinaria dell’impresa e non è soggetto alle autorizzazioni del tribunale tipiche del concordato. Tuttavia, l’art. 20 CCII impone all’imprenditore di gestire l’impresa durante le trattative in modo da evitare pregiudizio ai creditori: atti gravemente imprudenti o diminuzione ingiustificata del patrimonio possono portare, su segnalazione dell’esperto, alla revoca delle misure protettive e all’eventuale apertura d’ufficio della liquidazione giudiziale in caso di insolvenza conclamata.

Misure Cautelari nella Composizione Negoziata

Nel contesto della composizione negoziata, le misure cautelari assumono una fisionomia particolare. La legge consente che, “ove occorra”, siano adottati dal tribunale i provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative (art. 18, comma 3 CCII). In pratica, oltre alle misure protettive di carattere generale, il debitore può richiedere al giudice anche specifiche misure cautelari mirate a rimuovere ostacoli o pericoli che incombono sulle trattative stesse. Va sottolineato che, essendo la composizione negoziata priva di un vero “procedimento giurisdizionale” principale, le misure cautelari in questo ambito fungono da supporto alle trattative stragiudiziali e presuppongono comunque l’instaurazione di un ricorso dinanzi al tribunale (lo stesso avviato per la conferma delle protettive).

Esempi di misure cautelari possibili in composizione negoziata:

  • Ordini inibitori o diretti a terzi: Il tribunale può ordinare ad un creditore particolare di astenersi temporaneamente dal compiere atti che possano compromettere le trattative, se tali atti non rientrano già nel divieto generale di azioni esecutive. Ad esempio, potrebbe inibire la sospensione di una fornitura essenziale da parte di un fornitore critico, se ciò metterebbe in crisi l’attività durante la negoziazione (questo richiede tuttavia un notevole bilanciamento con la libertà contrattuale delle controparti).
  • Provvedimenti conservativi sul patrimonio: Qualora emerga il rischio che l’imprenditore stesso compia atti dispositivi pregiudizievoli (ad esempio vendita sotto costo di un macchinario chiave), un provvedimento cautelare potrebbe nominare un custode per quei beni o imporre al debitore limiti di gestione straordinaria per il tempo della negoziazione.
  • Sospensione di obblighi del debitore: Il D.Lgs. 83/2022 ha introdotto la possibilità di sospendere taluni obblighi legali gravanti sul debitore, in funzione agevolativa. Ad esempio, si può chiedere la sospensione temporanea dell’obbligo di ricapitalizzazione per perdite rilevanti ex art. 2447 c.c., se ciò consente di evitare una liquidazione anticipata durante le trattative. Questa misura, se concessa dal tribunale, permette all’impresa di non dover eseguire operazioni societarie che contrasterebbero con la logica dilatoria della composizione negoziata. (La materia è collegata alle norme emergenziali COVID che già avevano sospeso certi obblighi civilistici: nel nuovo Codice tali sospensioni possono divenire mirate e legate alla singola situazione di crisi).
  • Autorizzazione a finanziamenti prededucibili: Non è in senso stretto una “misura cautelare”, ma l’art. 22 CCII consente all’imprenditore in composizione negoziata di chiedere al tribunale l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili (cioè destinati ad essere rimborsati in prelazione in caso di successivo fallimento) per sostenere l’attività durante le trattative. In sede di concessione di tale autorizzazione, il giudice effettua un controllo volto ad assicurare che il finanziamento sia coerente con le prospettive di risanamento e non danneggi ingiustamente i creditori estranei. Pur non essendo catalogata come misura cautelare, questa autorizzazione è un provvedimento protettivo complementare, che tutela chi eroga nuova finanza e indirettamente favorisce il buon esito delle trattative.

Procedura: La domanda cautelare nell’ambito della composizione negoziata segue il medesimo ricorso utilizzato per le misure protettive. Il tribunale, quando riceve il ricorso ex art. 19 CCII, può contestualmente confermare le misure protettive generali e disporre eventuali misure cautelari richieste. Il decreto che dispone misure cautelari è reclamabile (entro 15 giorni) davanti alla Corte d’Appello, ai sensi degli artt. 669-terdecies e 669-quaterdecies c.p.c., in combinato con l’art. 55 CCII. La legge specifica che contro il decreto che conferma (o nega) le misure protettive/cautelari è ammesso reclamo, a garanzia delle parti.

Durata e cessazione: Le misure cautelari adottate servono essenzialmente allo stesso arco temporale delle protettive e ne condividono la durata. In genere, la misura cautelare è accordata “fino alla conclusione delle trattative o per il periodo ritenuto necessario”. Se la composizione negoziata viene chiusa anticipatamente, il custode nominato o il provvedimento conservativo perderanno efficacia (salvo che il tribunale li converta in misure nell’ambito di un fallimento aperto contestualmente). Ad esempio, se era stato nominato un custode per l’azienda e poi l’impresa passa a liquidazione giudiziale, quel custode potrà diventare curatore oppure cessare in favore del curatore nominato dal tribunale fallimentare.

Nella tabella seguente, una sintesi delle principali misure cautelari in composizione negoziata:

Misure Cautelari (Composizione Negoziata)Finalità e ContenutoChi le richiedeDurataNorma di riferimento
Nomina di custode / amministratore giudiziarioCustodia o gestione temporanea di tutti o parte dei beni dell’impresa per evitare atti dissipativi durante le trattative. Esempio: custode dei conti bancari o di magazzino.Debitore (nel ricorso ex art. 19 CCII) o eventualmente su segnalazione esperto.Fino a conclusione composizione negoziata o termine fissato dal giudice.CCII art. 54 c.1 (richiamato da art. 18 c.3).
Sequestro conservativo di beniVincolo giudiziario su beni mobili/immobili dell’imprenditore, se vi è rischio che vengano sottratti o alienati prima dell’accordo.Debitore (situazione atipica: di solito è il creditore che chiede se teme spossessamenti, ma in negoziazione debitore può prevenire conflitti tra creditori).Temporaneo, tipicamente fino a omologa eventuale accordo o subentro di curatore.CCII art. 54 c.1; Cod. Proc. Civ. artt. 669 e segg.
Inibitoria verso creditori specificiOrdine giudiziale ad un determinato creditore di non interrompere forniture o di non escutere garanzie durante le trattative, ove non già coperto dal divieto generale. (Misura eccezionale, concessa solo se strettamente necessaria).Debitore, motivando il pregiudizio imminente per la continuità aziendale.Breve termine (30-60 gg rinnovabili) comunque entro fine trattative.CCII art. 18 c.3 (potere cautelare generico del tribunale).
Sospensione di obblighi legaliSospensione di obblighi societari (es. convocare assemblea per perdite) o obblighi contrattuali pendenti, se la loro esecuzione immediata ostacolerebbe le trattative.Debitore (ricorso in tribunale).Generalmente fino a fine misure protettive o periodo minore deciso dal giudice.CCII art. 20 c.3 (deroga a artt. 2446-2447 c.c.); D.Lgs. 83/2022 novità su obblighi sospesi.
Autorizzazione finanziamenti prededucibiliProvvedimento non cautelare in senso tecnico ma affine: il giudice autorizza nuovi finanziamenti, che saranno rimborsati con precedenza in caso di fallimento, per sostenere l’impresa durante la negoziazione.Debitore, con parere favorevole dell’esperto attestante necessità del finanziamento.Fino all’importo e condizioni autorizzate (effetto di protezione vale per eventuale fallimento successivo).CCII art. 22 (finanziamenti autorizzati in composizione negoziata).

In sintesi, la composizione negoziata, pur essendo basata su una soluzione volontaria, beneficia di un solido impianto di protezione legale: l’imprenditore ha a disposizione un periodo (fino a 8 mesi) di “respiro” dalle pressioni esecutive, entro cui poter trattare con i creditori, e può ricorrere al giudice per misure mirate a salvaguardare l’azienda nel frattempo. Questo equilibrio tra negoziazione libera e intervento dell’autorità mira a incentivare le imprese a emergere allo scoperto in caso di difficoltà, sapendo di poter disporre di tutela temporanea invece di rischiare un immediato collasso sotto le azioni individuali.

Concordato Preventivo

Il concordato preventivo è la più classica tra le procedure concorsuali di tipo concordatario nell’ordinamento italiano, ora disciplinato dal CCII agli artt. 40-73 (per il concordato “ordinario” delle imprese soggette a liquidazione giudiziale). Si tratta di una procedura giudiziale nella quale l’imprenditore in stato di crisi o insolvenza propone un piano di risanamento o liquidazione ai propri creditori, da attuarsi sotto il controllo del tribunale e con l’approvazione delle eventuali maggioranze di legge. Il concordato preventivo può essere “in continuità aziendale” (se prevede la prosecuzione dell’attività, anche indiretta) oppure “liquidatorio” (se prevede la cessazione dell’attività e la liquidazione del patrimonio, con o senza apporto di finanza esterna).

Le misure protettive e cautelari rivestono un ruolo essenziale nel concordato: fin dalla vigenza della vecchia legge fallimentare (art. 168 L.F.), il deposito di una domanda di concordato comportava un effetto automatico di sospensione delle azioni esecutive dei creditori. Il CCII riprende e dettaglia tale meccanismo nell’art. 54, commi 2 e seguenti, integrandolo con le novità introdotte dalla normativa UE. Analizziamo dunque come operano misure protettive e cautelari nel concordato preventivo.

Misure Protettive nel Concordato Preventivo

Attivazione automatica e conferma: Quando un debitore presenta una domanda di concordato preventivo al tribunale (sia essa completa di piano e proposta, oppure una domanda “con riserva” ex art. 44 CCII, detta anche “pre-concordato” o concordato in bianco), la legge prevede che egli possa chiedere contestualmente l’applicazione di misure protettive ai sensi dell’art. 54 CCII. Nel concordato ordinario, a differenza della composizione negoziata, l’effetto protettivo sulle azioni dei creditori è direttamente collegato alla pubblicazione della domanda di concordato nel Registro delle Imprese: dalla data della pubblicazione del ricorso:

  • I creditori per titolo o causa anteriore (ossia per crediti sorti prima del deposito della domanda) non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore, sotto pena di nullità.
  • È fatto divieto ai creditori di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo autorizzazione del tribunale (come nel caso dei finanziamenti prededucibili che possono essere garantiti con pegno/ipoteca autorizzati dal giudice). Eventuali ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti la pubblicazione del ricorso sono inefficaci rispetto alla massa.
  • Come conseguenza, rimangono sospesi i termini di prescrizione e non maturano decadenze per i crediti anteriori durante la pendenza del concordato.
  • Resta preclusa la dichiarazione di fallimento: finché la domanda di concordato è pendente e fino a che il decreto di omologa non diventa definitivo, il tribunale non può dichiarare la liquidazione giudiziale del debitore su iniziativa di creditori o d’ufficio (salvo il caso di conversione del concordato in liquidazione per esito negativo).

Questi effetti protettivi sono spesso riassunti come “automatic stay” da concordato. Tuttavia, nel CCII attuale, diversamente dalla legge anteriore, tale protezione non è totalmente incondizionata: la domanda di concordato viene esaminata dal tribunale in limine per valutarne l’ammissibilità e la non manifesta infeasibilità. Il tribunale, entro 30 giorni dall’iscrizione della domanda, conferma o revoca le misure protettive con decreto, analogamente a quanto visto per la composizione negoziata. In pratica:

  • Se la domanda di concordato è ammissibile (ricorrono i requisiti soggettivi, è stata depositata la documentazione minima richiesta) e il piano/proposta non appaiono manifestamente inidonei a soddisfare i creditori, il giudice conferma le misure protettive per la durata che ritiene opportuna (in genere fino all’udienza di omologazione, ma eventualmente a termine se è un concordato con riserva).
  • Se invece la domanda è inammissibile (ad es. debitore non soggetto a concordato, mancanza di documenti essenziali non integrabile) o se è palesemente abusiva o irrealizzabile, il tribunale può negare la protezione sin dall’inizio revocando le misure protettive. In tal caso, rigetta la domanda di concordato e ciò riapre la possibilità di dichiarare il fallimento immediatamente (invero, di regola, se la domanda è inammissibile si dichiara contestualmente la liquidazione giudiziale su istanza creditori/PM).

Si noti che la domanda di concordato “con riserva” (art. 44 CCII) merita un cenno: questa consiste nel deposito di un ricorso incompleto di piano, con cui il debitore chiede al tribunale un termine (fra 30 e 60 giorni, prorogabile fino a 120) per presentare la proposta e il piano di concordato. Ebbene, anche con la domanda “prenotativa” il debitore può accedere alle misure protettive: il tribunale in tal caso conferma le misure iniziali per la durata del termine concesso. Se il piano viene poi depositato e la procedura prosegue, le misure protettive potranno essere ulteriormente estese fino all’omologa, sempre nei limiti massimi di legge (12 mesi totali) e previa verifica. Durante la fase prenotativa sono spesso cruciali le misure protettive per tenere in vita l’impresa mentre si prepara il piano, ed è prassi che il tribunale contestualmente nomini un commissario giudiziale ad probationem e fissi cautele (ad esempio il divieto di pagare creditori anteriori se non autorizzato, o l’obbligo di relazionare periodicamente sullo stato aziendale).

Durata delle misure protettive nel concordato: Il CCII novellato indica che la durata massima iniziale è di 120 giorni, ma in pratica nel concordato la protezione resta attiva sino alla definizione della procedura (salvo superamento del limite annuale). L’art. 55, comma 3 CCII stabilisce infatti che le misure protettive nel concordato preventivo (e negli accordi) hanno efficacia fino a 120 giorni salvo proroga. Normalmente, se il concordato va a buon fine, l’omologazione interverrà entro quell’arco di tempo o poco oltre; se così non fosse, e servisse più tempo (ad es. per lungaggini procedurali o impugnazioni), il debitore deve chiedere una proroga motivata delle misure protettive. Il tribunale la concederà con attenzione a non eccedere il limite di 12 mesi totali di protezione. Di solito, il limite annuale coincide con la durata massima auspicabile di un concordato: eventuali dilatazioni oltre l’anno possono portare a uno scenario di stallo non voluto dalla normativa.

Effetti verso classi di creditori particolari: Le misure protettive del concordato si applicano a tutti i creditori anteriori, inclusi quelli privilegiati (purché per crediti anteriori). Dunque anche il Fisco e gli enti previdenziali, così come i lavoratori per i crediti pregressi, non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. Sono invece escluse dal divieto le azioni per crediti maturati dopo il deposito della domanda (c.d. crediti di massa): questi creditori post-petition, che in concordato sono generalmente prededucibili, possono teoricamente agire (anche se in pratica, essendo la procedura in corso, eventuali decreti di pagamento vengono vagliati dal giudice delegato). Inoltre, le misure protettive non impediscono che i creditori anteriori partecipino al procedimento: ad esempio, un creditore potrebbe presentare istanza di fallimento, ma il tribunale dovrà sospenderla fino all’esito del concordato; potrebbe opporsi all’omologazione; oppure, se la protezione decade, riattivare la sua azione.

Termine delle misure protettive: Nel concordato preventivo, le misure protettive cessano di regola al momento in cui il decreto di omologazione diviene definitivo (ossia quando non è più soggetto a reclamo o impugnazione). Da quel punto in avanti, la disciplina del concorso concordatario prende il sopravvento: i creditori sono vincolati al piano e possono tutelarsi secondo le regole dell’esecuzione del concordato (ad es. se il debitore non adempie, chiederne la risoluzione, ma non agire individualmente per il credito originario). Se invece il concordato non viene omologato (es. perché bocciato dai creditori o non approvato dal tribunale per mancanza di condizioni), le misure protettive vengono meno con il rigetto dell’omologa e, molto spesso, contestualmente il tribunale dichiara la liquidazione giudiziale. In tale evenienza, come già detto, l’art. 150 CCII impedisce comunque ai creditori di agire in via esecutiva individuale, ma perché subentrano le regole del fallimento. In caso di rinuncia o revoca della domanda di concordato, le misure protettive decadono e i creditori possono riprendere le azioni (salvo se immediatamente viene aperta altra procedura protetta, come un accordo di ristrutturazione depositato in sostituzione del concordato).

Ecco uno schema riassuntivo delle misure protettive nel concordato preventivo:

Misure Protettive (Concordato Preventivo)DescrizioneEffetti principaliDurataNorme
Sospensione azioni esecutive e cautelariDalla data di pubblicazione del ricorso, divieto per i creditori anteriori di iniziare o proseguire pignoramenti, esecuzioni e sequestri sul patrimonio del debitore.Blocca tutti i procedimenti di esecuzione individuale in corso (si interrompono) e impedisce nuovi pignoramenti. Atti compiuti in violazione = nulli.Fino a omologazione definitiva (salvo revoca o scadenza anticipata). Conferma giudice entro 30 gg, poi proroghe possibili fino max 12 mesi totali.CCII art. 54 c.2; art. 55 c.3-4 (ex art. 168 L. Fall.).
Divieto di acquisire prelazioni senza autorizzazioneImpedisce di costituire garanzie su beni del debitore per debiti anteriori, a tutela della par condicio.Nessun creditore può migliorare la propria posizione con ipoteche/pegni giudiziali dal deposito del ricorso. Ipoteche giudiziali degli ultimi 90 gg: inefficaci verso i creditori concorsuali.Stesso periodo del divieto azioni. Se misure cessano, dal giorno di cessazione i creditori tornano liberi di prendere garanzie (salvo eventuale fallimento).CCII art. 54 c.2; art. 55 c.6; disposizioni transitorie. (Riprende art. 168 L.F.).
Sospensione prescrizioni e decadenzeCongelamento dei termini di prescrizione dei crediti e sospensione di eventuali decadenze dall’esercizio di diritti (es: risoluzione contratti?) durante il concordato.I creditori non perdono diritti per il tempo in cui non possono agire. Esempio: un’ipoteca in scadenza non decade se il creditore non può eseguirla causa concordato.Dalla pubblicazione ricorso fino a fine procedura protettiva.CCII art. 54 c.2.
Divieto dichiarazione fallimentoImpossibilità per il tribunale di dichiarare la liquidazione giudiziale durante la pendenza del concordato e finché l’omologa non è definitiva.I creditori non possono ottenere il fallimento del debitore a meno che il concordato non venga chiuso negativamente. (Eventuali istanze di fallimento restano sospese).Dalla data pubblicazione domanda fino a esito concordato (omologa o rigetto).CCII art. 54; art. 40 (domanda concordato) e art. 44 (prenotativo). (Analogo art. 168 ult. co. L.F.).
Estensione ai coobbligati e fideiussori (No)(Importante: a differenza del fallimento, il concordato NON produce effetti protettivi verso obbligati solidali e garanti – questo era previsto solo in caso di accordi ex art. 182-bis co. 4 L.F. per PMI. Il CCII sul concordato non menziona espressamente tali estensioni, dunque garanti e coobbligati restano esposti.)CCII art. 54 (nessuna disposizione come invece art. 88 L.F. per fallimento).

Nota: Nel concordato con continuità aziendale, durante la pendenza della procedura, il debitore può essere autorizzato dal tribunale a compiere determinati atti di ordinaria e straordinaria amministrazione (art. 94 CCII) e a ottenere finanziamenti prededucibili. Tali autorizzazioni integrano il regime protettivo (ad esempio, pagando fornitori strategici in prededuzione) ma esulano dal concetto di “misure protettive” in senso stretto, rientrando piuttosto nella disciplina del concordato stesso. Pertanto, qui non vengono trattate come misure protettive, anche se contribuiscono indirettamente alla protezione dell’attività durante la procedura.

Misure Cautelari nel Concordato Preventivo

Nel concordato preventivo, l’intervento cautelare del tribunale può avvenire in diverse forme per garantire il buon esito della procedura o prevenire abusi. A differenza della composizione negoziata, qui vi è già un commissario giudiziale nominato (dopo l’ammissione del concordato) e un controllo giurisdizionale costante, ma comunque possono rendersi necessarie misure specifiche.

Provvedimenti cautelari tipici: L’art. 54, comma 1 CCII, come già accennato, autorizza il tribunale a emettere “i provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio, che appaiano […] più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti […] dell’omologazione del concordato preventivo”. In pratica, qualora vi sia il timore che il debitore, nelle more dell’omologazione, dissipi attivi o pregiudichi la par condicio, il tribunale (anche su segnalazione del commissario giudiziale) può:

  • Nominare un custode o amministratore: ad esempio, se emergono atti di mala gestio, il tribunale potrebbe nominare un custode dell’azienda che affianchi o sostituisca il debitore nella gestione temporanea, per preservare la continuità e il valore dei beni. Questa misura è grave e di solito preludio a una revoca della procedura se il debitore si dimostra infedele; nondimeno, lo strumento esiste. In passato, nella legge fallimentare, c’era la figura della revoca dell’ammissione al concordato e contestuale fallimento se il debitore aggravava il dissesto: il CCII preferisce intervenire cautelarmente prima di giungere alla revoca definitiva.
  • Sequestri giudiziari o conservativi: se un determinato bene rischia di essere sottratto (es. il debitore sta vendendo un immobile strategico senza autorizzazione), il tribunale può disporne il sequestro conservativo o giudiziario, affidandolo al commissario o a un custode.
  • Sospensione di deliberazioni o atti societari: ad esempio, se i soci del debitore intendessero sciogliere la società o compiere operazioni sul capitale durante il concordato, il tribunale potrebbe sospendere tali decisioni qualora confliggano con la procedura in atto.
  • Ordini di fare o di non fare al debitore: il giudice delegato (o il tribunale) possono impartire disposizioni al debitore circa la gestione (già ora, ex art. 95 CCII, non può senza autorizzazione compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione; una violazione potrebbe condurre a un provvedimento cautelare di urgenza).

Revoca cautelare delle misure protettive: Un caso peculiare di provvedimento cautelare nel concordato è la revoca delle misure protettive qualora emergano atti di frode. L’art. 55, comma 5 CCII stabilisce che su richiesta del debitore, del commissario giudiziale o d’ufficio in caso di atti di frode, il tribunale può revocare o modificare le misure protettive anche prima della scadenza. Se, ad esempio, si scopre che il debitore ha occultato parte dell’attivo, il tribunale può decidere di togliere la protezione e contestualmente dichiarare aperto il fallimento (anticipando la fine del concordato). Questa revoca per frode è di fatto un provvedimento cautelare sanzionatorio.

Procedura e durata: Le misure cautelari nel concordato possono essere adottate dal Tribunale in composizione collegiale, spesso su proposta del giudice delegato o su istanza motivata del commissario/creditori. Sono tipicamente rese con decreto motivato (in camera di consiglio) e possono essere reclamate in appello. La loro durata è tendenzialmente “fino all’omologazione” (per assicurare quell’esito): ad esempio, il custode aziendale starà in carica sino all’omologazione, momento in cui l’azienda verrà restituita al debitore (se omologa con continuità) oppure passerà al liquidatore giudiziale (se omologa liquidatoria). Se invece la procedura viene convertita in liquidazione giudiziale, il custode può essere nominato curatore provvisorio. I sequestri conservativi restano in vigore fino a che la sentenza di fallimento subentra e consolida il blocco dei beni.

Relazione con il commissario giudiziale: Va rimarcato che il commissario giudiziale, presente in ogni concordato ammesso, già di per sé svolge una funzione di vigilanza sul patrimonio del debitore. Egli redige relazioni periodiche e segnala al tribunale ogni irregolarità. Pertanto, spesso le misure cautelari saranno adottate in conseguenza di relazioni del commissario. Il commissario può anche essere investito del ruolo di custode, per evitare duplicazioni: di fatto, se c’è da custodire l’azienda, il commissario (o un altro professionista) ne assume la gestione su incarico del tribunale.

Ecco una tabella di riepilogo:

Misure Cautelari (Concordato Preventivo)ScopoChi le proponeEsempiDurataRiferimenti
Nomina custode o amministratore giudiziarioSalvaguardare la gestione dell’impresa se il debitore è inaffidabile o compie atti lesivi.D’ufficio (tribunale) o su istanza commissario/creditori.Custode dell’intero patrimonio o di singoli beni chiave; affiancamento dell’organo amministrativo.Fino a omologazione o revoca del concordato (poi eventuale curatore).CCII art. 54 c.1; art. 95 c.3 (inosservanza obblighi).
Sequestro conservativo/giudiziarioCongelare beni del debitore per impedirne la dispersione pre-omologa.Commissario giudiziale, creditori (istanza al GD/tribunale).Sequestro su immobili in vendita non autorizzata; sequestro conti se prelievi anomali.Fino a omologazione o sentenza fallimento.CCII art. 54 c.1; c.p.c. 669, 670.
Sospensione atti societari pregiudizievoliEvitare che decisioni dei soci contrastino col concordato.Commissario o debitore (richiesta al tribunale).Sospensione di una delibera di fusione, o di distribuzione utili, deliberata durante il concordato senza ok giudice.Temporanea, fino a decisione merito (spesso omologa).CCII art. 54 c.1 (misura cautelare atipica).
Ordini di astensione o facere al debitoreAssicurare che il debitore cooperi e non danneggi la massa.Giudice Delegato o tribunale (anche d’ufficio).Ordine di depositare incassi su un conto dedicato vigilato; obbligo di informare su eventuali atti urgenti.Fino a omologa.CCII art. 54 c.1; poteri GD ex art. 94-95.
Revoca misure protettive per frodeTogliere immediatamente la protezione al debitore infedele e tutelare i creditori onesti.Tribunale d’ufficio o su istanza commissario/PM.Scoperta di distrazione di beni: revoca protezione -> creditore può chiedere fallimento.Definitiva (dopo revoca il concordato spesso è chiuso).CCII art. 55 c.5.

In conclusione, nel concordato preventivo il sistema di protezione è duplice: da un lato, automatico e generale (misure protettive) per dare respiro all’azienda e congelare le pretese individuali; dall’altro, flessibile e mirato (misure cautelari) per intervenire su specifiche criticità nella condotta del debitore o pericoli per il patrimonio. Il tutto sotto la guida del tribunale e col monitoraggio del commissario giudiziale. Questo consente di traghettare l’impresa dal deposito della domanda fino all’omologazione in un “perimetro protetto” ma al contempo vigilato, garanzia di equilibrio tra le esigenze dell’impresa e quelle dei creditori.

Accordi di Ristrutturazione dei Debiti e Piani di Ristrutturazione Omologati

Accanto al concordato preventivo, il Codice della Crisi disciplina gli accordi di ristrutturazione dei debiti (ARD) agli artt. 57-64 CCII, nonché il nuovo strumento del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (c.d. PRO) agli artt. 64-bis e seguenti. Questi istituti consentono al debitore di definire un’intesa con i creditori al di fuori del contesto propriamente concorsuale, mantenendo maggiore autonomia negoziale, ma con il cruciale intervento di omologazione da parte del tribunale che ne estende taluni effetti anche ai creditori dissenzienti (in misura diversa a seconda dei casi).

Pur essendo figure distinte – l’accordo di ristrutturazione è un contratto con una maggioranza qualificata di creditori (almeno 60% dei crediti) omologato dall’autorità giudiziaria; il PRO è un piano unilaterale del debitore soggetto ad omologa giudiziale e potenzialmente imposto anche ai dissenzienti attraverso classi – entrambi gli strumenti condividono con il concordato l’obiettivo di regolare la crisi evitando la liquidazione giudiziale. Di conseguenza, anche negli accordi e piani omologati sono previste misure protettive e cautelari analoghe a quelle viste per il concordato, adeguate al contesto negoziale.

Misure Protettive negli Accordi di Ristrutturazione (ARD)

Il debitore che intende percorrere la via di un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII (accordo con una o più categorie di creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti, soggetto a omologa) può fruire di misure protettive in due fasi:

  • Prima del deposito dell’accordo formale in tribunale: Se il debitore sta negoziando l’accordo con i creditori e necessita di tutela temporanea, l’art. 54, comma 3 CCII consente di chiedere misure protettive anche prima del deposito dell’accordo, a patto di presentare una bozza di accordo e una dichiarazione di un professionista indipendente attestante che sono in corso trattative con creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti e che la proposta, se accettata, è idonea ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei o dissenzienti. Questa disposizione, derivata dalla direttiva UE, consente al debitore di “congelare” le azioni dei creditori durante la fase finale di definizione dell’accordo (specialmente quando si intende poi estenderne gli effetti ai non aderenti, come negli accordi ad efficacia estesa per banche/obbligazionisti). In tal caso, il debitore deposita un ricorso al tribunale allegando l’accordo in bozza e i documenti attestativi: se il giudice valuta credibile lo scenario, concede misure protettive per il tempo necessario a raccogliere le adesioni e formalizzare l’accordo definitivo.
  • Dopo il deposito dell’accordo in tribunale: Una volta che il debitore deposita l’istanza di omologazione dell’accordo di ristrutturazione (corredata dalle adesioni dei creditori pari al minimo richiesto), si apre un procedimento giudiziale. Anche in questo contesto il debitore può richiedere misure protettive sin dal deposito. La situazione è analoga a quella del concordato: dalla data di pubblicazione della domanda di omologazione nel registro delle imprese, i creditori anteriori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari e non possono ottenere nuove garanzie sul patrimonio del debitore. Il tutto, ovviamente, subordinato alla conferma del tribunale entro 30 giorni ex art. 55 CCII. Questo effetto protettivo per gli accordi di ristrutturazione era già presente nella L.F. (art. 182-bis, c. 3) seppur come facoltà concessa con decreto dal tribunale; ora nel CCII è stato armonizzato come misura protettiva tipica: il debitore formula l’istanza e ottiene la protezione con identiche modalità al concordato preventivo.

Effetti e limiti: Le misure protettive nell’accordo di ristrutturazione hanno contenuto uguale: sospendono le azioni esecutive individuali, i pignoramenti, i sequestri e impediscono nuove ipoteche giudiziali sui beni del debitore. Un aspetto particolare degli accordi è che, per definizione, una parte dei creditori (quelli non aderenti) potrebbe rimanere estranea all’intesa: tuttavia, finché il tribunale non decide, tutti i creditori chirografari sono tenuti alla moratoria, indipendentemente dall’aver aderito o meno. Dopo l’omologa, invece, la posizione cambia:

  • I creditori aderenti all’accordo saranno vincolati ai nuovi termini pattuiti (quindi niente azioni esecutive, devono attendere i pagamenti concordati).
  • I creditori non aderenti rimangono estranei: tuttavia, se l’accordo è omologato e il debitore adempie regolarmente, anch’essi non potranno agire sulla base dei crediti anteriori, perché l’accordo omologato può contenere l’esdebitazione parziale (nel limite in cui costoro sarebbero comunque soddisfatti integralmente come condizione di omologa, ex art. 58 CCII). Se però l’accordo non prevede la loro soddisfazione integrale, serve il meccanismo dell’accordo ad efficacia estesa (per categorie di creditori finanziari, ex art. 61 CCII) per vincolarli. In difetto, un creditore non aderente potrebbe teoricamente agire esecutivamente dopo l’omologa, ma in pratica l’accordo verrebbe negato se non paga i dissenzienti al 100%.
  • Durante la pendenza dell’accordo non omologato, comunque, tutti sono bloccati: di qui l’importanza per i non aderenti di poter eventualmente opporsi in sede di omologazione per far valere le proprie ragioni (ad es., contestando che l’accordo li pregiudicherebbe).

Durata: Come per il concordato, le misure protettive durano fino all’omologazione dell’accordo (o fino a rigetto dell’omologa). Il limite iniziale è 120 giorni salvo proroghe (art. 55 CCII), e in ogni caso non oltre 12 mesi totali. Dato che gli accordi di ristrutturazione solitamente hanno iter più snelli (non prevedono voto dei creditori, salvo opposizioni), spesso l’omologazione giunge entro pochi mesi, quindi i 4 mesi iniziali possono bastare; se occorre più tempo (es. per opposizioni in tribunale), sarà chiesta proroga rispettando i soliti requisiti (progressi significativi e no pregiudizio ingiusto).

Ecco una tabella sulle misure protettive negli accordi di ristrutturazione:

Misure Protettive (Accordi di Ristrutturazione)Momento di applicazioneEffettiDurataNorme
Misure protettive pre-depositoChieste prima di depositare formale accordo (con bozza accordo + attestazione 60% crediti in trattativa).Uguali a concordato: stay azioni esecutive/cautelari, stop nuove ipoteche, sospensione prescrizioni. Protezione mirata a consentire di concludere le trattative coi creditori.Max 4 mesi iniziali, prorogabili entro 12 mesi tot. Se non si deposita accordo entro termine, le misure decadono.CCII art. 54 c.3 (recepisce art. 6 Dir. UE 2019/1023).
Misure protettive post-depositoChieste con la domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione (60% adesioni) al tribunale.Stessi effetti protettivi generali: divieto azioni esecutive/cautelari e prelazioni senza ok giudice. Blocca fallimento del debitore in pendenza omologa accordo (nessun fallimento finché omologa non negata).Da pubblicazione domanda a decreto di omologa (o di rigetto). 120 gg rinnovabili con vincoli (progressi e no pregiudizio).CCII art. 54 c.2; art. 55 c.3-4. (Ex art. 182-bis co.3 L.F.).
Estensione a creditori estranei(Non è una misura protettiva in senso tecnico, ma effetto sostanziale post-omologa per certi accordi)Se accordo omologato prevede pagamento integrale dei non aderenti, costoro di fatto non possono agire se non per far valere inadempimento. Se accordo ex art. 61 CCII: estensione a dissenzienti finanziari (vincolati come aderenti).CCII art. 58 (condizioni di omologa: pagamento integrale estranei) e art. 61 (accordo esteso).

Misure Protettive nei Piani di Ristrutturazione Soggetti ad Omologazione (PRO)

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO) è una novità del Codice (introdotta in attuazione della direttiva Insolvency). Esso consente al debitore di presentare un piano unilaterale di risanamento che, se approvato dal tribunale, diviene vincolante anche per i creditori dissenzienti, secondo meccanismi di cram-down similari al concordato ma con maggiore snellezza procedurale (ad esempio, non è prevista di regola una votazione formale per classi, salvo opposizioni, ma il tribunale valuta equità e maggioranze). Il PRO è disciplinato dal Capo I-bis del Titolo IV CCII (artt. 64-bis – 64-septies).

Trattandosi di uno strumento concorsuale “ibrido” (a metà tra accordo e concordato), il PRO gode anch’esso delle misure protettive:

  • Presentazione del PRO: La domanda di omologazione del piano di ristrutturazione segue le forme dell’art. 40 CCII (come un ricorso di concordato). Pertanto, dalla pubblicazione della domanda nel Registro Imprese, il debitore può ottenere le misure protettive generali (stay dei creditori) esattamente come nel concordato preventivo. Il tribunale valuterà la conferma di tali misure entro 30 giorni.
  • Contenuto delle misure: Identico a quanto già visto: blocco di esecuzioni e cautelari dei creditori anteriori, divieto di ipoteche giudiziali etc. L’art. 54 CCII si applica anche al PRO e, anzi, si potrebbe dire che il PRO è stato concepito per sfruttare appieno la cornice del “Quadro di ristrutturazione preventiva” della direttiva, di cui le misure protettive sono parte integrante.
  • Durata: analogamente, fino a 120 giorni iniziali, prorogabili. Il PRO in molti casi servirà per situazioni complesse ma con accordo di massima con parti rilevanti: l’aspettativa è che l’omologazione arrivi velocemente, quindi le misure protettive seguono di pari passo.
  • Differenza col concordato: Nel PRO i creditori possono essere divisi in classi e il tribunale può omologare anche senza l’approvazione di tutte le classi (cram down giudiziale). Tuttavia, questo non incide sulla natura delle misure protettive: i creditori, sia concordi che discordi, sono tutti soggetti alla protezione fino alla decisione del giudice. Se un creditore dissenziente ritenesse che il PRO sia abusivo, potrà opporvisi nel merito, ma non potrà proseguire azioni esecutive nel frattempo, dovendo attendere l’esito.

Possiamo affermare che le misure protettive nel PRO ricalcano in tutto quelle del concordato preventivo e degli accordi. Pertanto, per evitare ripetizioni, non riportiamo un’ulteriore tabella dedicata (farebbe copia-incolla di quella del concordato). Basterà ricordare che ovunque si parli di misure protettive in pendenza di una procedura di regolazione della crisi o insolvenza, si intendono comprese anche quelle relative al PRO.

Misure Cautelari negli Accordi e nei Piani

Le misure cautelari, nel contesto degli accordi di ristrutturazione e dei piani di ristrutturazione omologati, sono anch’esse previste in via generale dall’art. 54, comma 1 CCII. Durante il procedimento di omologazione di un accordo o di un PRO, il tribunale ha facoltà di emettere provvedimenti cautelari idonei a garantire gli effetti della futura omologa. I tipi di misure cautelari possibili sono in gran parte sovrapponibili a quelli del concordato:

  • Nomina di custodi o amministratori speciali: per vigilare sul patrimonio fino all’omologa, se si temono atti del debitore.
  • Sequestri conservativi: per preservare beni dall’azione di creditori estranei particolarmente aggressivi o dal rischio di atti dispositivi del debitore.
  • Sospensione di iniziative particolari: ad esempio, sospendere l’esecuzione di un contratto in corso se la risoluzione contrattuale pregiudicherebbe la riuscita dell’accordo (p.e. un contratto di affitto di ramo d’azienda che occorre mantenere).
  • Inibitoria verso azioni individuali non coperte dal divieto generale: ipotesi residuale, poiché in realtà il divieto generale copre tutte le azioni esecutive. Ma potrebbe riferirsi a procedimenti estranei, es: un giudizio di accertamento del credito può proseguire? In linea di massima sì, ma se pregiudica la par condicio il tribunale potrebbe unificarlo nel concorso – ipotesi remota.

Da menzionare c’è un aspetto peculiare: negli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari (art. 61 CCII, ex art. 182-septies L.F.) o negli accordi agevolati (30% di adesioni con cram down fiscale, ex art. 60 CCII) potrebbero emergere questioni cautelari riguardo a eventuali misure premiali o fiscali. Ad esempio, se l’Agenzia delle Entrate avvia procedure esecutive per crediti fiscali mentre è pendente un accordo con transazione fiscale allegata, il debitore potrebbe chiedere al tribunale una sospensione cautelare di tali procedure in attesa dell’omologa. Queste sono situazioni puntuali, risolvibili con l’applicazione analogica delle regole generali (il fisco è comunque vincolato dal divieto di azioni esecutive perché creditore concorrente).

In definitiva, per accordi e PRO, misure protettive e cautelari completano la cornice giuridica assicurando:

  • Al debitore, lo spazio di manovra temporale per finalizzare l’accordo/piano senza aggressioni esterne.
  • Ai creditori, che nel frattempo il patrimonio resti integro e custodito sino all’omologazione, così che l’esecuzione collettiva del piano o accordo sia effettiva.

Liquidazione Giudiziale (Fallimento)

La liquidazione giudiziale è la procedura concorsuale liquidatoria che ha sostituito il “fallimento” dal 15 luglio 2022. Disciplina e finalità rimangono analoghe: si tratta di spossessare il debitore insolvente e liquidarne il patrimonio sotto il controllo del tribunale, soddisfacendo i creditori secondo le regole del concorso. In questa sede, il tema delle misure protettive e cautelari assume rilievo principalmente prima dell’apertura della liquidazione giudiziale, ossia durante il procedimento per la dichiarazione di insolvenza. Una volta che la liquidazione è aperta, infatti, vige il divieto assoluto di azioni esecutive individuali sui beni compresi nel fallimento (art. 150 CCII) e gli eventuali creditori possono agire solo tramite l’insinuazione al passivo: tale divieto è un effetto naturale e indefinito del fallimento, non una “misura protettiva” temporanea (si potrebbe semmai definire una protezione ex lege a tempo indeterminato). Pertanto, ci concentreremo sulle misure cautelari adottabili prima e pendente il giudizio di dichiarazione di liquidazione giudiziale, per preservare il patrimonio in vista della possibile apertura, e sulle interazioni con eventuali misure protettive di altre procedure.

Misure Cautelari nel Procedimento di Liquidazione Giudiziale

Quando viene presentata una istanza di liquidazione giudiziale (da un creditore, dal pubblico ministero o dallo stesso debitore in proprio – quest’ultimo di rado perché preferirà concordato o simili), il tribunale non dichiara immediatamente il fallimento ma convoca il debitore a comparire in camera di consiglio per accertare lo stato di insolvenza, salvo i casi di istruttoria prefallimentare semplificata. Durante questo periodo (che può durare settimane, in base ai termini di convocazione e alle eventuali esigenze istruttorie), c’è il rischio che il debitore, sapendo del possibile fallimento imminente, disperda beni o che i creditori più veloci intensifichino azioni individuali per pignorare il pignorabile.

Il CCII, come già la legge precedente (art. 15 L.F.), consente al tribunale di adottare provvedimenti cautelari o conservativi sul patrimonio del debitore, su istanza di parte (in genere del creditore istante o del PM) o d’ufficio, per assicurare l’effettività della successiva sentenza dichiarativa. In particolare:

  • Il tribunale può nominare un custode giudiziario dei beni del debitore o dell’intera azienda, con il compito di vigilare e preservare l’attivo fino alla decisione. Ad esempio, se vi sono segnali di fuga o comportamenti anomali del debitore (cessazione improvvisa dell’attività, tentativi di vendite sottocosto, ammanchi di cassa), la nomina di un custode (magari il futuro curatore designato come curatore provvisorio) mette in sicurezza il patrimonio. Il debitore con custode può essere parzialmente spossessato in via anticipata.
  • Possono disporsi sequestri conservativi su beni specifici: il creditore istante talvolta chiede sequestro su immobili o conti correnti per evitare che il debitore li alieni prima del fallimento. Il tribunale può concederlo a norma dell’art. 54, comma 1 CCII.
  • Si potrebbe anche ordinare il blocco dei pagamenti da parte di terzi al debitore, notificando agli stessi di congelare quanto dovuto (simile a un sequestro).
  • Eventuali procedimenti esecutivi in corso contro il debitore prima della dichiarazione possono andare avanti fino all’assegnazione o vendita? In teoria sì (non essendoci ancora fallimento), ma se il tribunale vuole evitare favoritismi, potrebbe coordinarsi con i giudici dell’esecuzione per sospendere tali procedimenti: ciò può avvenire su istanza del debitore o anche del PM, ma formalmente un tribunale fallimentare non “sospende” un’esecuzione presso altro giudice; però il debitore stesso potrebbe chiedere ai sensi dell’art. 54 CCII la sospensione come misura protettiva… (In realtà, non c’è una norma che consenta al debitore di ottenere misure protettive nel procedimento prefallimentare, se non presentando un concordato. Infatti, l’art. 54 c.2 consente misure protettive solo contestualmente a domande di concordato/accordo, non a istanze di fallimento. Quindi un debitore che voglia bloccare i creditori in questa fase dovrebbe far ricorso a un’altra procedura.)

Rapporto con misure protettive di altre procedure: Spesso il procedimento di liquidazione giudiziale viene “congelato” dall’attivazione di una procedura concordataria o di composizione negoziata da parte del debitore. Esempio tipico: arriva l’istanza di fallimento di un creditore, il debitore per evitare il tracollo presenta un ricorso per concordato preventivo o chiede la composizione negoziata con misure protettive; in tal modo, ex lege il procedimento per dichiarare il fallimento non può proseguire (il tribunale è impedito dal pronunciare la sentenza finché la misura protettiva è attiva). Dunque la palla passa alla procedura alternativa. Se questa fallisce, il tribunale potrà riprendere e dichiarare la liquidazione. In tal senso, si può considerare le misure protettive come uno scudo temporale contro la liquidazione giudiziale. Ciò attua la filosofia del Codice: privilegiare soluzioni concordate e conservative finché vi è spazio, tenendo la via liquidatoria come extrema ratio.

Se il debitore non attiva procedure alternative: In mancanza di concordato o accordo, il tribunale può adottare misure cautelari come sopra per evitare il deterioramento patrimoniale. L’intervallo tra ricorso e sentenza spesso è breve (45 giorni standard per l’udienza prefallimentare), ma a volte ci sono rinvii per esaminare documenti, accordare eventuali termini. In tale frangente, qualsiasi soggetto interessato (creditori o PM) può sollecitare il tribunale a emettere provvedimenti cautelari.

Esecuzione provvisoria ante dichiarazione: Una misura cautelare atipica che si ritrova in giurisprudenza è la nomina di un curatore provvisorio con contestuale autorizzazione a esercitare provvisoriamente certi poteri del curatore (ad esempio, amministrare l’impresa in attesa della sentenza). Questo avviene in situazioni di estrema urgenza ed è in effetti la sostanza della nomina di custode aziendale; può preludere a dichiarare aperta la procedura con efficacia retrodatata.

Dopo la dichiarazione di liquidazione: Come detto, una volta dichiarato il fallimento, le misure protettive perdono ragion d’essere perché subentra il divieto legale permanente di azioni esecutive individuali (art. 150 CCII). Non si parla più di “misure protettive”, ma di effetti propri della procedura: i creditori devono partecipare al concorso, e non potranno riprendere le esecuzioni interrotte né iniziarne di nuove, a pena di nullità. Eventuali ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni prima del fallimento sono inefficaci (stessa ratio vista prima). Inoltre, durante il fallimento, se per ipotesi emergesse l’opportunità di un concordato fallimentare o soluzione negoziale (nell’ambito del fallimento stesso), queste avverranno sotto l’egida del tribunale fallimentare e con altre regole.

Tabelle di sintesi: Per la liquidazione giudiziale strettamente intesa non vi sono “misure protettive” nel senso di protezioni temporanee richieste dal debitore (il debitore, se vuole protezione, deve attivare concordato/accordo). Ci sono però misure cautelari a tutela del procedimento prefallimentare:

Misure Cautelari (Procedimento Liquidazione Giudiziale)ScopoChi le richiedeEsempiDurataRiferimenti
Custodia / amministrazione provvisoriaEvitare che il debitore sottragga o disperda beni in vista del fallimento.Creditore istante, PM, d’ufficio (tribunale).Nomina di custode dei beni aziendali o dell’intera azienda; nomina di un curatore provvisorio con poteri di gestione limitati.Fino alla sentenza dichiarativa (poi curatore definitivo subentra). Revocabile se cadono i presupposti.CCII art. 54 c.1; art. 40 c.3 (facoltà iniziativa propria debitore). (Simile a art. 15 co. 8 L.F.).
Sequestro conservativo beniCongelare beni specifici per impedirne alienazione prima della dichiarazione.Creditore, PM (ricorso cautelare al tribunale).Sequestro conti correnti, sequestro immobili (conservativo, art. 671 c.p.c.) per importo crediti.Sino a dichiarazione fallimento (poi si consolida nel concorso; se fallimento negato, sequestro decade).CCII art. 54; c.p.c. art. 671.
Altre cautele (es. divieto espatrio legale rappresentante)Misure atipiche per casi eccezionali (es. imprenditore irreperibile).PM (in caso rilevanza penale).Ritiro passaporto dell’imprenditore (raro, extra codicem).
Divieto pagamenti preferenziali(Non formalizzato, ma prassi: il tribunale può avvisare il debitore di astenersi dal pagare alcuni creditori per non alterare la par condicio; se disatteso, tali pagamenti potranno essere revocati ex post come atti in frode).CCII art. 164 (revocatoria atti in frode dopo ricorso).

Considerazione finale sulla liquidazione: L’effetto principale protettivo per i creditori (paradossalmente, protettivo in senso opposto) è che dopo la dichiarazione di liquidazione giudiziale, tutti i creditori concorrono in modo ordinato e non c’è più bisogno di protezioni temporanee: l’intero patrimonio del debitore è vincolato alla soddisfazione collettiva. In fase prefallimentare, invece, eventuali misure cautelari proteggono la futura massa attiva. Dal lato del debitore, la “protezione” possibile è piuttosto cercare rifugio in un concordato o accordo: perciò molte istanze di fallimento vengono “bloccate” da last-minute concordati.

Altri Strumenti e Procedimenti Rilevanti

Oltre alle procedure esaminate, il Codice della Crisi regola anche strumenti destinati a soggetti non fallibili o situazioni particolari, che meritano un breve cenno per quanto attiene alle misure protettive e cautelari.

Concordato Minore e Procedure di Sovraindebitamento

Per le PMI sotto soglia e i debitori civili (consumatori, professionisti, start-up non ancora operative ecc.), il CCII ha sostituito la vecchia legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012) con procedure ad hoc: in particolare, il concordato minore (artt. 74-83 CCII) e il piano di ristrutturazione del consumatore (artt. 67-73). Il concordato minore è sostanzialmente analogo al concordato preventivo ma riservato a debitori “minori” non soggetti a liquidazione giudiziale. Analogamente, il piano del consumatore è una versione semplificata per i soli debitori persone fisiche non imprenditori.

Riguardo alle misure protettive e cautelari, la regola generale è che anche queste procedure godono di misure protettive analoghe:

  • Nel concordato minore, dalla data di pubblicazione della domanda nel registro delle imprese (o nell’apposito registro per soggetti non iscritti), i creditori anteriori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari, né acquisire prelazioni non concordate. Il tribunale conferma tali misure ex art. 54 e 55 CCII, applicabili anche a questa procedura. In sostanza, il piccolo imprenditore ottiene lo stesso “scudo” di un grande imprenditore in concordato preventivo. Va notato che prima, con la L.3/2012, le misure protettive nel sovraindebitamento non erano automatiche ma discrezionali; il CCII ora uniforma il regime, prevedendo protezione automatica su istanza.
  • Nel piano del consumatore o accordo di composizione per sovraindebitamento, similmente, la presentazione del ricorso comporta la sospensione delle azioni esecutive dei creditori pregressi (salvo alcuni crediti impignorabili) su autorizzazione del giudice. Il codice prevede che il giudice, quando riceve il ricorso di omologazione di un piano del consumatore, possa disporre la sospensione di procedimenti esecutivi in corso e vietare nuovi atti esecutivi (misure protettive) con decreto (cfr. art. 70 CCII). Tali misure erano già presenti nella L.3/2012 (art. 10) e vengono riprese. Ad esempio, se un consumatore sommerso dai debiti ipotecari propone un piano, il giudice può sospendere temporaneamente un’asta immobiliare in corso sulla sua casa, in attesa di decidere sull’omologa.
  • La liquidazione controllata (procedura equivalente al fallimento per il sovraindebitato, art. 268-277 CCII) prevede anch’essa effetti di sospensione delle azioni esecutive al momento dell’apertura (analoghi all’art. 150 CCII). Nel procedimento per aprirla, il giudice può nominare provvisoriamente un gestore (OCC) e adottare cautele per conservare l’attivo.

In sintesi, anche i debitori minori possono beneficiare di misure protettive: pur se dimensionati, i principi sono identici. Ciò risulta importante ad esempio per l’imprenditore agricolo o la startup innovativa che accede al concordato minore: anch’essi avranno un periodo di respiro dalle pretese individuali per negoziare con i creditori.

Concordato Semplificato ex art. 25-sexies (post Composizione Negoziata)

Una particolare procedura introdotta in via transitoria dal D.L. 118/2021 e confermata nel CCII (art. 25-sexies) è il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Questo strumento può essere utilizzato solo se la composizione negoziata si conclude senza un accordo, ma con la relazione finale dell’esperto che attesta l’impraticabilità di soluzioni diverse dalla liquidazione. In tale caso, il debitore entro 60 giorni può presentare una proposta di concordato semplificato al tribunale per liquidare i beni rimasti, senza passare per il voto dei creditori (decide direttamente il tribunale sull’omologa, sentiti i creditori).

Trattandosi di un concordato atipico, la legge ha previsto che anche qui il debitore possa ottenere misure protettive. L’art. 25-sexies richiama infatti l’applicazione dell’art. 54 CCII in quanto compatibile. Dunque:

  • Il debitore deposita il ricorso di concordato semplificato e contestaulmente chiede misure protettive.
  • Dalla pubblicazione, creditori bloccati come usuale (stop esecuzioni, ecc.).
  • Il tribunale valuta in 30 giorni e conferma se la proposta non è manifestamente inammissibile.
  • Le misure durano fino all’omologa (che qui avviene dopo un breve procedimento senza voto, se il tribunale ritiene soddisfatti i creditori in misura non inferiore al ricavabile da liquidazione giudiziale).

In definitiva, sebbene il concordato semplificato sia peculiare, sul fronte protettivo nulla cambia per i creditori: essi avranno comunque dovuto attendere già la fine della composizione negoziata (protetta) e attendono ancora l’esito di questo concordato semplificato.


Abbiamo così passato in rassegna tutti gli istituti principali del Codice e le relative misure protettive/cautelari. Ora, per consolidare la comprensione, proponiamo alcune simulazioni pratiche (casi esemplificativi) e successivamente una sessione FAQ per rispondere ai quesiti operativi più frequenti.

Simulazioni Pratiche per PMI

Di seguito presentiamo alcune simulazioni che illustrano come le misure protettive e cautelari operano concretamente nel caso di piccole e medie imprese in crisi. Si tratta di scenari basati su situazioni tipiche, utili per capire l’applicazione pratica della normativa.

Simulazione 1: Composizione negoziata in una PMI manifatturiera
Contesto: La Alfa S.r.l., azienda manifatturiera con 50 dipendenti, attraversa una crisi di liquidità: ha accumulato debiti verso fornitori e banche per 2 milioni di euro e prevede di non riuscire a pagare alcune scadenze imminenti. Nessun creditore ha (ancora) avviato azioni esecutive, ma alcuni fornitori minacciano ingiunzioni e la banca sta per revocare gli affidamenti per insolvenza. L’imprenditore vuole evitare di portare i libri in tribunale e spera di rimettere in sesto l’attività se ottiene una dilazione del debito e nuova finanza.

Azione: A marzo 2025 Alfa S.r.l. decide di accedere alla composizione negoziata. Tramite la piattaforma telematica nominano un esperto indipendente e contestualmente chiedono misure protettive ex art. 18 CCII, temendo che un grosso fornitore attivi un pignoramento sul conto aziendale. Appena l’esperto accetta l’incarico, l’istanza di misure protettive viene pubblicata. Dal giorno della pubblicazione, i fornitori di Alfa S.r.l. non possono più iniziare né proseguire azioni esecutive. In particolare, il fornitore che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo non può procedere con il pignoramento presso il conto corrente dell’azienda: se tentasse comunque, l’atto sarebbe nullo e la banca rifiuterebbe il pignoramento citando l’iscrizione della misura protettiva. Anche la banca finanziatrice, che pure stava valutando di escutere le garanzie, deve attendere.

Alfa S.r.l. notifica a tutti i creditori la situazione di composizione negoziata avviata. Intanto, il tribunale competente (dove ha sede Alfa) riceve il ricorso per la conferma delle misure. Il giudice, dopo una sommaria delibazione, conferma le misure protettive per 90 giorni, ritenendo che la crisi dell’azienda sia affrontabile e che le trattative in corso (Alfa ha presentato un primo piano industriale all’esperto) siano serie. Durante questi 90 giorni, Alfa S.r.l. continua l’attività: i fornitori (pur non potendo agire per vie legali) vengono coinvolti in tavoli di trattativa coordinati dall’esperto, il quale cerca di far accettare una moratoria di 6 mesi delle esposizioni e uno stralcio parziale del credito. Alcuni fornitori strategici, vedendo la prospettiva di continuare ad avere Alfa come cliente, acconsentono a non essere pagati subito e a proseguire le forniture. La protezione offerta dalla moratoria legale è decisiva per convincere i più scettici: sanno che comunque per 3 mesi non potrebbero incassare forzosamente, tanto vale trattare una soluzione concordata.

Alfa S.r.l. nel frattempo ottiene, grazie alla segnalazione dell’esperto, un finanziamento di emergenza di 100.000 € da un investitore locale, autorizzato dal tribunale come finanziamento prededucibile. Ciò consente di pagare stipendi arretrati e continuare la produzione. Alla scadenza dei 90 giorni, se le trattative non fossero ancora finalizzate, Alfa potrebbe chiedere una proroga delle misure protettive. I presupposti sarebbero: progressi concreti (ad esempio, un accordo di principio con la maggioranza dei creditori) e assenza di grave pregiudizio per i creditori (che, protetti finora, non hanno perso nulla se non tempo). Supponiamo che Alfa S.r.l. riesca a convincere l’80% dei creditori su un accordo di ristrutturazione: a quel punto decide di depositare tale accordo in tribunale per l’omologa, convertendo la composizione negoziata in un ARD formale. Il tribunale proroga le misure protettive per altri 60 giorni, così da coprire la fase di omologa. Dopo ulteriori 2 mesi, l’accordo viene omologato: i creditori aderenti accettano un pagamento parziale in 5 anni, quelli non aderenti verranno pagati integralmente entro 6 mesi grazie a un nuovo socio finanziatore portato dall’imprenditore. Con l’omologazione, le misure protettive decadono (non servono più): nessun creditore può comunque agire perché vincolato dall’accordo o soddisfatto. Alfa S.r.l. esce dalla crisi evitando il fallimento, grazie alle misure protettive che hanno congelato il quadro e permesso di negoziare con calma.

Commento: Questo caso mostra come per una PMI le misure protettive siano vitali per evitare il collasso immediato. Senza di esse, i primi creditori aggressivi avrebbero pignorato i conti, costringendo l’azienda a fermarsi, e la notizia di procedure esecutive avrebbe minato la fiducia di clienti e fornitori. Con la composizione negoziata protetta, invece, l’azienda ha ottenuto tempo e spazio per riorganizzarsi e trovare un’intesa vantaggiosa sia per sé (continuità aziendale) che per i creditori (soddisfazione migliore di un fallimento).

Simulazione 2: Concordato preventivo “in bianco” per una PMI commerciale
Contesto: La Beta S.p.A., catena retail regionale, ha accumulato 5 milioni di debiti, in gran parte verso banche e locatori dei negozi. L’impresa è ormai insolvente: non paga affitti da 4 mesi e ha rate di mutuo scadute. Diverse cause di sfratto sono avviate e una banca ha già ottenuto un titolo esecutivo. Beta S.p.A. però crede di poter salvare parte del business chiudendo i punti vendita meno redditizi e proponendo un concordato in continuità per i restanti negozi, coinvolgendo un investitore. Il tempo stringe perché uno sfratto esecutivo imminente di 3 locali chiave farebbe perdere avviamento.

Azione: A questo punto Beta S.p.A. presenta un ricorso “con riserva” per concordato preventivo (art. 44 CCII) al tribunale, chiedendo un termine di 60 giorni per presentare il piano dettagliato, e contestaulmente richiede misure protettive. La domanda di concordato viene pubblicata immediatamente. Ciò comporta che:

  • Le procedure di sfratto esecutivo in corso vengono sospese, in quanto assimilate ad azioni esecutive sul patrimonio (la giurisprudenza qualifica gli sfratti per morosità come azioni esecutive sui beni aziendali? In realtà lo sfratto è procedura di rilascio; il CCII non è esplicito su questo, ma molti tribunali hanno esteso la protezione anche agli sfratti per evitare pregiudizi alla continuità. Supponiamo in questo scenario che il giudice includa nel decreto di conferma l’ordine di sospendere i procedimenti di sfratto per 60 giorni).
  • La banca che stava per pignorare gli incassi di Beta S.p.A. deve fermarsi: ha ricevuto la notifica dal Registro Imprese dell’apertura del concordato.
  • Tutti i creditori anteriori sono congelati: Beta S.p.A. ne approfitta per elaborare, insieme a consulenti, un piano industriale. Gli amministratori restano in carica ma ora sono affiancati dal commissario giudiziale nominato subito dal tribunale per monitorare la gestione durante il periodo di proroga.

Il tribunale entro poche settimane tiene un’udienza: riscontra che la domanda presenta i requisiti di legge (bilanci, elenco creditori, ecc.) e che la società ha prospettato linee di piano credibili (chiusura di 5 negozi su 15, accordi con investitore XY, ecc.). Quindi conferma le misure protettive, fissando la durata in 60 giorni (pari al termine concesso per il piano). Nel decreto, il giudice stabilisce anche che Beta S.p.A. non potrà pagare crediti anteriori se non autorizzata (salvaguardia per i creditori) e dovrà depositare ogni 30 giorni una relazione di cassa.

Durante i due mesi seguenti, Beta S.p.A. perfeziona il piano concordatario: prevede la continuità su 10 negozi e la chiusura degli altri con liquidazione delle scorte; l’investitore apporterà €1 milione per pagare una parte dei debiti e avrà il 51% delle azioni; i creditori chirografari saranno soddisfatti al 40% in 4 anni. Il piano viene depositato entro i 60 giorni. A questo punto, la procedura di concordato entra nel vivo (verifica del tribunale, voto dei creditori). Le misure protettive – che scadrebbero – vengono prorogate automaticamente fino all’omologa dal momento che la procedura prosegue (in realtà serve un’istanza di proroga e un decreto, ma ipotizziamo che Beta abbia chiesto proroga ad un anno e il giudice l’abbia concessa visto il progresso: il piano depositato è un tipico “significativo progresso” ai sensi di art. 2 lett. p) CCII). I creditori, nel frattempo, non possono ancora agire: un locatore che avrebbe voluto rivalersi sulle merci per gli affitti arretrati deve attendere (e in effetti, col concordato, potrà solo votare e poi attendere i pagamenti percentuali se approvato).

Supponiamo che il concordato di Beta S.p.A. vada a buon fine: i creditori approvano a maggioranza e il tribunale omologa, ritenendo il piano fattibile. Dopo l’omologazione, Beta deve iniziare ad attuare il piano (pagare i creditori secondo le percentuali). Le misure protettive ora cessano, ma i creditori chirografari non possono comunque agire per i crediti pregressi perché vincolati dall’effetto esdebitatorio del concordato (potranno agire eventualmente solo per far risolvere il concordato se Beta non paga le percentuali dovute). I locatori che non riceveranno integralmente i canoni pregressi (tagliati dal concordato) non potranno sfrattare Beta per quelle morosità passate, essendo ricomprese nel concordato (ma se Beta non paga i canoni correnti post-concordato, potranno sfrattare per quelle nuove inadempienze).

Se invece il concordato di Beta S.p.A. fosse naufragato (poniamo che non si trovi l’accordo con l’investitore e la società rinunci, oppure i creditori respingano la proposta in votazione), le misure protettive verrebbero revocate/decadrebbero. A quel punto, molto probabilmente, il tribunale dichiarerebbe la liquidazione giudiziale di Beta S.p.A., e i creditori riprenderebbero soddisfazione secondo le regole fallimentari (che vietano comunque esecuzioni individuali, ma fanno decorrere le eventuali procedure sospese all’interno del concorso).

Commento: Questa simulazione evidenzia l’uso difensivo del concordato “in bianco” per guadagnare tempo e protezione, strumento frequentemente usato dalle imprese. Le misure protettive qui bloccano situazioni critiche come sfratti e pignoramenti, salvando di fatto la possibilità di ristrutturare. Senza il “ombrello” del concordato, la Beta S.p.A. avrebbe perso rapidamente i locali e la merce per azioni esecutive, compromettendo qualsiasi piano di risanamento. Va comunque notato che i creditori sono tutelati dal controllo del tribunale, che in caso di abuso (concordato presentato solo per ritardare, senza sostanza) può revocare le misure e dichiarare il fallimento subito, come prevede l’art. 55 CCII. Nel caso Beta, il tribunale era convinto della buona fede, quindi ha concesso la protezione.

Simulazione 3: Azioni cautelari pre-fallimentari in una microimpresa
Contesto: Gamma è un’impresa individuale artigiana (non soggetta a fallimento per limiti dimensionali marginalmente superati, supponiamo invece che lo sia). Il titolare, vedendo un peggioramento irreversibile, smette di pagare i fornitori e comincia a vendere macchinari e veicoli aziendali per creare una riserva di liquidità personale. I debiti sono ~200 mila euro. Alcuni fornitori, allarmati, presentano istanza di liquidazione giudiziale al tribunale, temendo che l’imprenditore “faccia sparire tutto”. L’udienza è fissata dopo 45 giorni. Nel frattempo, si scopre che l’imprenditore sta cercando di vendere l’immobile del laboratorio (un capannone) ad un parente per una somma irrisoria.

Azione: In sede di procedimento prefallimentare, il creditore istante chiede misure cautelari urgenti. Il tribunale, viste le evidenze, emette un decreto inaudita altera parte disponendo:

  • Il sequestro conservativo del capannone (trascritto immediatamente, così l’atto di vendita eventualmente stipulato sarebbe inefficace).
  • La nomina di un custode che prenda in consegna i macchinari rimasti e verifichi quelli venduti, impedendo ulteriori alienazioni. Il custode (un commercialista locale) fa inventario e affigge avvisi che i beni sono in custodia giudiziaria.
  • Intima all’imprenditore di non compiere atti dispositivi oltre l’ordinaria amministrazione, pena sanzioni anche penali (così l’imprenditore è ufficialmente avvertito).
  • Inoltre, il tribunale allega l’avviso che qualsiasi pagamento preferenziale fatto dal debitore in questo periodo potrà essere revocato come atto in frode ai creditori (facendo riferimento all’art. 164 CCII).

Nei 45 giorni seguenti, grazie a queste misure, il patrimonio residuo di Gamma resta fermo. Il capannone non viene venduto (il potenziale acquirente-familiare recede, sapendo di non poter rendere efficace l’acquisto). Il custode riferisce però che molti beni sono già stati venduti prima: i creditori potranno agire poi in revocatoria per recuperarne il ricavato. All’udienza, l’imprenditore non compare o contesta blandamente. Il tribunale, constatata l’insolvenza e considerati gli atti dissipativi, dichiara la liquidazione giudiziale. Nomina il curatore, che subentra al custode (spesso lo stesso custode diviene curatore per continuità). Da quel momento, qualsiasi azione individuale dei creditori è vietata per legge; il sequestro conservativo confluisce nel fallimento (il bene sequestrato è ora gestito dal curatore e i creditori dovranno insinuarsi per soddisfarsi). I creditori sono protetti collettivamente e l’imprenditore eventualmente subirà le conseguenze penali degli atti in frode.

Commento: Questo scenario mostra l’operatività delle misure cautelari a presidio del pre-fallimento. Esse hanno impedito al debitore di vanificare la garanzia patrimoniale comune durante il lasso di tempo necessario alla pronuncia della sentenza. Senza queste misure, quell’intervallo avrebbe permesso al debitore di svuotare l’azienda, lasciando poi ai creditori un guscio vuoto in sede concorsuale. Le misure cautelari sono dunque fondamentali per assicurare l’utilità effettiva della procedura liquidatoria che seguirà.

FAQ – Domande Frequenti sulle Misure Protettive e Cautelari

D1: Chi può richiedere le misure protettive?
R: Le misure protettive possono essere richieste esclusivamente dal debitore (impresa in crisi o insolvente) e solo nell’ambito di una domanda volta all’accesso a una procedura di regolazione concordata della crisi. Ciò vale per il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione (compresi i piani soggetti a omologa) e per la composizione negoziata della crisi. I creditori non possono autonomamente chiedere misure protettive sul patrimonio del debitore – semmai, se vogliono tutelare il patrimonio, possono chiedere misure cautelari (es. sequestro) in sede pre-fallimentare o sollecitare un fallimento. In sintesi, l’ombrello protettivo è uno strumento nella disponibilità del debitore che intende attivare un percorso di risanamento regolamentato.

D2: Come viene a conoscenza un creditore dell’esistenza di misure protettive?
R: Tramite la pubblicazione nel Registro delle Imprese. La legge impone che l’istanza di misure protettive e il decreto di conferma/revoca siano iscritti nel Registro imprese (se il debitore è soggetto iscritto) o, per soggetti non iscritti, comunicati mediante affissione/notificazione come prescritto. Inoltre, spesso il debitore notifica ai creditori una comunicazione informale o una copia dell’istanza. In ogni caso, l’iscrizione al Registro ha efficacia legale: dal giorno di pubblicazione scatta il divieto per i creditori. I creditori prudenti consultano il Registro prima di intraprendere azioni esecutive rilevanti. Va ricordato che un atto compiuto in violazione delle misure protettive è nullo per legge; quindi, anche se un creditore non sapesse (per ipotesi) della pubblicazione e pignorasse un bene, quell’atto non avrebbe effetto e verrebbe annullato su istanza di parte.

D3: Le misure protettive bloccano anche i pagamenti volontari del debitore verso i creditori?
R: No. Le misure protettive impediscono ai creditori di attivare o proseguire azioni coattive, ma non vietano al debitore di pagare spontaneamente taluni creditori. Tuttavia, ci sono altri meccanismi che disincentivano il debitore dal fare pagamenti preferenziali: ad esempio, nel concordato preventivo, dal deposito della domanda egli non può pagare crediti anteriori se non autorizzato dal tribunale, pena l’inammissibilità o la revoca della procedura (salvo spese urgenti di esercizio autorizzate). Inoltre, pagamenti preferenziali fatti prima di un eventuale fallimento potrebbero essere revocati. In composizione negoziata, teoricamente il debitore potrebbe pagare alcuni fornitori per necessità aziendali – e ciò non viola formalmente le misure protettive – ma l’esperto e l’eventuale giudice vegliano che non si tratti di atti in frode ai creditori. In sintesi: la protezione non congela l’uso del denaro al debitore, ma la cornice normativa lo obbliga a equità e trasparenza, pena sanzioni.

D4: Quali sono le conseguenze se un creditore viola le misure protettive?
R: L’atto compiuto dal creditore in violazione del divieto è colpito da nullità. Ad esempio, se un creditore notifica un pignoramento quando già era pubblicata una misura protettiva, quel pignoramento è nullo e improduttivo di effetti. Se un creditore ottiene un’ipoteca giudiziale nel periodo protetto, essa sarà priva di efficacia rispetto ai creditori concorsuali (quindi non gli attribuirà prelazione). Il debitore (o il commissario, o chi per esso) può ricorrere al giudice dell’esecuzione per far dichiarare la nullità dell’atto. Inoltre, il creditore che agisce malgrado il divieto potrebbe essere condannato alle spese e potenzialmente a risarcire eventuali danni (ad esempio, se dalla sua azione illegittima deriva un danno all’impresa). Va detto che, in genere, i sistemi informativi (come il Registro imprese e i canali di informazione tra avvocati) rendono improbabile un’ignoranza in buona fede di tali misure, specialmente per procedure note come concordati: i creditori sono spesso vigilanti nel monitorare se il debitore accede a queste procedure.

D5: Le misure protettive possono riguardare anche creditori privilegiati (es. Fisco, INPS, dipendenti)?
R: Sì. Il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive copre tutti i creditori anteriori, senza distinzione di rango o natura del credito. Quindi anche l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, i dipendenti per il TFR o stipendi arretrati, le banche ipotecarie ecc., non possono procedere individualmente contro il patrimonio del debitore durante le misure protettive. Un distinguo: se un creditore ha un diritto di prelazione (es. ipoteca o pegno) potrà comunque far valere la sua prelazione all’interno della procedura concorsuale (ottenendo pagamento prioritario secondo il piano o in caso di fallimento), ma non potrà eseguire sul bene in via autonoma fuori dalla procedura. Fanno eccezione solo eventuali crediti esclusi espressamente dalla legge: ad esempio, in passato le azioni per crediti alimentari e di lavoro potevano proseguire entro certi limiti anche in costanza di concordato, ma nel CCII tali eccezioni non sono previste (si tutela in altri modi il pagamento dei dipendenti, ad esempio imponendo di soddisfarli in prededuzione nel concordato in continuità). Anche il Fisco è soggetto alla sospensione, salvo per alcune specifiche misure cautelari fiscali pregresse (fermi amministrativi, ipoteche legali già iscritte, che restano ma non si può procedere a esecuzione).

D6: È possibile estendere le misure protettive ai soci illimitatamente responsabili o ai coobbligati del debitore?
R: In linea di massima, no nel nuovo ordinamento (salvo eccezioni particolari). Con la presentazione di un concordato o accordo, si proteggono solo le azioni contro il patrimonio del debitore che vi accede. Sotto la vigenza della vecchia legge fallimentare c’era una regola (art. 168 L.F. ult. comma) che precisava espressamente che la sospensione non si estendeva ai coobbligati e fideiussori. Il CCII non riporta testualmente tale inciso, ma dalle previsioni sistematiche si desume lo stesso principio: i fideiussori e obbligati solidali non godono automaticamente della protezione concessa al debitore principale. Ad esempio, se Alfa S.r.l. è in concordato, il suo garante (magari il socio che ha dato fideiussione alla banca) può ancora essere escusso dal creditore. Tuttavia, c’è un caso dove una protezione indiretta esisteva: negli accordi di ristrutturazione con banche ex art. 182-bis L.F., per le PMI era ammessa la moratoria estesa ai coobbligati ex art. 182-bis comma 1. Nel CCII, il nuovo art. 57 comma 4 prevede che l’accordo di ristrutturazione possa estendersi ai fideiussori se espressamente incluso. In sostanza, va stipulato. Quindi, di default, il socio illimitatamente responsabile (nelle SNC ad esempio) se non è anch’egli parte della procedura non è protetto: infatti, in un concordato di SNC occorre presentare contestualmente concordato dei soci per bloccare i creditori anche verso di loro.

D7: Cosa succede alle azioni esecutive già iniziate prima della concessione delle misure protettive?
R: Si interrompono/sospendono. Se prima della pubblicazione dell’istanza protettiva un creditore aveva già avviato un pignoramento, questo viene “congelato” allo stato in cui si trova. Ad esempio, se un immobile del debitore era già all’asta, l’asta non può tenersi finché dura la misura protettiva; se un quinto dello stipendio era pignorato, i prelievi cessano temporaneamente. Tecnicamente, gli atti esecutivi compiuti prima restano validi (non si ha nullità retroattiva), ma dal giorno della pubblicazione in poi l’ufficiale giudiziario e il giudice dell’esecuzione devono sospendere la procedura. Nel concordato preventivo, la norma precisa che “le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano” e che i procedimenti esecutivi sono sospesi (in passato interveniva il giudice dell’esecuzione su istanza del debitore; oggi è implicito). Una volta terminata la protezione, però, se la procedura concordataria non sfocia in esito positivo, quelle esecuzioni possono riprendere dal punto in cui erano rimaste (salvo per i fallimenti, dove poi confluiranno nel concorso fallimentare). Quindi la sospensione è temporanea, non estingue l’azione salvo esito definitivo di omologa. La ripresa dopo la sospensione è automatica dalla cessazione misure? In teoria serve istanza del creditore per riattivare, ma di sicuro l’eventuale pignoramento non è annullato, è sospeso.

D8: Un’azienda che usufruisce delle misure protettive può continuare la sua attività normalmente?
R: Sì, con alcune cautele. Le misure protettive non incidono sulla gestione ordinaria dell’impresa: il debitore in concordato o in composizione negoziata rimane “in possesso dei beni” (DIP – Debtor in Possession) e continua ad esercitare l’attività d’impresa, salvo poi sottostare a taluni obblighi di autorizzazione per atti straordinari. Ad esempio, in concordato preventivo, il debitore può compiere atti di ordinaria amministrazione liberamente, mentre per gli atti straordinari deve ottenere l’autorizzazione del tribunale (o del giudice delegato dopo l’ammissione) ex art. 94 CCII. In composizione negoziata, il debitore non ha nemmeno vincoli sugli atti di straordinaria amministrazione, se non la diligenza richiesta e il rischio che atti manifestamente pregiudizievoli portino a revoca delle misure. Quindi l’azienda può acquistare, vendere prodotti, pagare spese correnti, incassare crediti, etc. In più, i contratti in corso di esecuzione continuano normalmente (salvo il diritto di alcune controparti di chiedere garanzie aggiuntive se previsto, ma non possono risolvere solo per il concordato in essere, ex art. 94 c.4 CCII, c.d. divieto di pactum commissorium di risoluzione per fallimento esteso al concordato). Dunque, al di fuori del divieto per i creditori di agire, la vita aziendale va avanti. Anzi, spesso il proseguimento dell’attività è funzionale al piano di risanamento: ecco perché il legislatore protegge il debitore dagli attachi ma gli permette di operare (p.es., comprare materie prime per completare ordini, pagare i fornitori di quelle forniture post-petition – questi sono in prededuzione e possono essere pagati regolarmente).

D9: Quanto durano al massimo le misure protettive?
R: In generale, non oltre 12 mesi (un anno) complessivi. Questo tetto comprende eventuali rinnovi o proroghe. Ad esempio, se un concordato ha avuto misure per 4 mesi iniziali e poi proroga di altri 4 mesi, saremmo a 8; si può prorogare ancora ma senza superare 12. Nel caso della composizione negoziata il limite è più restrittivo: max 240 giorni totali (circa 8 mesi). È importante sottolineare che questo è il limite della moratoria legale; ciò non significa che la procedura concordataria debba risolversi entro 12 mesi – se durasse di più, i creditori a quel punto riacquisirebbero facoltà di agire individualmente? La norma parrebbe dir di sì, ma in pratica il giudice cercherà di evitare questa situazione (ecco perché l’omologa dovrebbe arrivare entro quell’anno). La direttiva europea impone di limitare i stay a un anno salvo eccezioni, per evitare abusi. Quindi la risposta: le misure sono temporanee, calibrate in base al tipo di procedura, e comunque non superano un anno. Dopo quel tempo, se non c’è soluzione concordata, di solito significa che si andrà in liquidazione e a quel punto scatta il concorso fallimentare a tempo indeterminato (che però non è una “misura protettiva”, ma la fine delle misure e l’inizio di altra fase).

D10: Cosa succede se, scadute le misure protettive, il piano o l’accordo non è ancora omologato?
R: Il debitore può chiedere una proroga prima della scadenza, come abbiamo visto, dimostrando che vi sono significativi passi avanti e che non si danneggiano i creditori ingiustamente. Se però si è arrivati al limite massimo (o se il giudice nega la proroga), le misure protettive decadono. In tal caso, i creditori riottengono la possibilità di agire singolarmente. È una situazione critica: l’impresa rischia azioni immediate proprio mentre magari è in attesa di omologa. Il CCII ha parzialmente colmato una lacuna: ha stabilito che, in caso di esaurimento del periodo protettivo prima dell’omologa, se la procedura poi viene omologata, i creditori sono comunque vincolati dal concorso e non potranno agire. Ma nel lasso di scopertura? Se ad esempio misure scadono e omologa avviene due mesi dopo, i creditori in quel gap potrebbero attivarsi. Su questo punto il Codice è stato migliorato: tendenzialmente il giudice cerca di evitare gap, magari anticipando decisioni. In ultima analisi, se scadono misure e non c’è ancora esito, è segno che la procedura non sta funzionando e il tribunale potrebbe essere spinto a rigettare la domanda per non esporre i creditori a ulteriore incertezza. Insomma, la decadenza senza esito positivo è rara e preludio di conversione in fallimento o chiusura.

D11: Le misure cautelari chi le può chiedere e contro chi valgono?
R: Le misure cautelari, a differenza delle protettive, possono essere richieste da qualsiasi parte interessata (non solo dal debitore). Ad esempio, nel procedimento prefallimentare, un creditore chiede il sequestro; nel concordato, un creditore o il commissario chiedono la nomina di un custode se il debitore è sleale. Anche il PM può sollecitare misure cautelari (soprattutto prefallimentari). Quanto alla portata, le misure cautelari tipicamente si rivolgono al debitore stesso e al suo patrimonio (custodia, sequestro, etc.). Possono talvolta coinvolgere terzi: es. un provvedimento cautelare può ordinare a un terzo detentore di beni del debitore di consegnarli al custode, oppure inibire un terzo creditore dal trattenere somme pignorate. Ma il fulcro è proteggere l’integrità dell’impresa. Quindi soggetto passivo è per lo più il debitore (che viene spossessato o limitato) e in generale chiunque abbia i suoi beni. In sede di composizione negoziata, come detto, i poteri sono più limitati: anche lì solo il debitore può chiederle, e servono per condurre a termine trattative (potendo colpire eventuali creditori recalcitranti se minano le trattative, benché questo sia raro).

D12: Cosa significa che i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati col debitore?
R: Significa che, durante la protezione, nessun creditore può ottenere nuove garanzie dal debitore a tutela del proprio credito, a meno che questo rientri in un accordo con il debitore stesso. Ad esempio, se prima del concordato un creditore chiede e ottiene un’ipoteca giudiziale dal tribunale civile, quell’ipoteca – se iscritta dopo la data di pubblicazione del ricorso – è inefficace. Lo scopo è evitare che i creditori facciano a gara per assicurarsi garanzie a scapito degli altri (par condicio). L’eccezione “se non concordati con l’imprenditore” copre le ipotesi in cui il debitore stesso volontariamente conceda nuove garanzie nell’ambito di una strategia di risanamento (ad esempio, potrebbe concordare con una banca nuova finanza garantita da ipoteca con autorizzazione del giudice; in tal caso è ammesso). In pratica, la norma mira a congelare le posizioni relative di prelazione tra i creditori al momento dell’accesso alla procedura, evitando spostamenti opportunistici.

D13: In concreto, quali articoli del Codice bisogna citare per chiedere misure protettive e cautelari al tribunale?
R: Nel ricorso occorre riferirsi agli artt. 54 e 55 CCII che costituiscono la base legale generale per tali misure. Se il ricorso è di composizione negoziata, si citeranno anche gli artt. 18-19 CCII (specifici della composizione negoziata), derivati dall’art. 6 D.L.118/2021. Per un concordato preventivo: art. 54, co. 2 per le protettive e art. 54, co. 1 per eventuali cautelari (oltre all’art. 44 se domanda con riserva). Per un accordo di ristrutturazione: art. 54, co. 2 e 3 (quest’ultimo consente protezione pre-deposito). Per il piano di ristrutturazione omologato: art. 54 e 55 analogamente. Quindi l’avvocato nel ricorso chiederà: “di inibire ai sensi dell’art. 54, comma 2, CCII, ai creditori per titolo anteriore di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari… etc., e ai sensi dell’art. 54, comma 1, di nominare se del caso un custode…” e così via. Poi spiegherà perché le condizioni sussistono (urgenza, ecc.).

D14: Se un’impresa è in gravissima crisi, può ottenere misure protettive senza avere un piano o anche con prospettive remote di risanamento?
R: In teoria no, perché il giudice in sede di conferma deve verificare che la domanda di accesso alla procedura non sia manifestamente inammissibile o inidonea. Se l’impresa è palesemente decotta e senza alcuna possibilità, la richiesta di misure protettive per un concordato, ad esempio, verrebbe negata: il tribunale revocherebbe le misure e lascerebbe spazio al fallimento. L’idea è di evitare che un’azienda tecnicamente “spacciata” usi le misure protettive solo per rinviare l’inevitabile a danno dei creditori. Questo è uno dei motivi per cui la conferma è nelle mani del giudice dopo 30 giorni: per fare filtro. Dunque, se non c’è un abbozzo di piano o comunque un’iniziativa seria (es. prospettiva di vendere l’azienda in concordato, o accordo con terzi), difficilmente il giudice concederà la moratoria: rigetterà subito l’istanza principale e fine. Nel caso della composizione negoziata, la soglia di accesso è più bassa (basta lo stato di crisi e l’assenza di dolo o frode), ma anche lì, se è disperata e l’esperto relaziona negativamente, l’ombrello protettivo potrebbe essere revocato presto. Quindi, misure protettive sì, ma non per tutti e chiunque: c’è una valutazione minima di merito sulla fattibilità e genuinità dell’intento di risanamento.

D15: Quali sono i costi e le implicazioni per il debitore che ottiene misure protettive?
R: Attivare misure protettive significa comunque essere dentro (o sulla soglia di) una procedura concorsuale o pre-concorsuale. Ciò comporta alcuni oneri:

  • Deve nominare uno o più professionisti (avvocati, consulenti, attestatori) per predisporre la domanda e il piano. Ci sono costi professionali.
  • Potenzialmente, la nomina di organi ausiliari: nel concordato c’è un commissario giudiziale (il cui compenso poi andrà pagato nella procedura); nella composizione negoziata c’è l’esperto (pagato per metà dalla CCIAA e per metà dall’imprenditore).
  • Vi sono spese di giustizia: marche da bollo, contributo unificato (per il concordato c’è un contributo unificato di 1000 euro, ad esempio).
  • Il debitore inoltre deve rispettare obblighi di legge: informazione e trasparenza verso gli organi, tenuta regolare delle scritture, etc. La violazione di questi può portare a decadenza dalle misure.
  • Sul piano reputazionale, l’iscrizione al Registro Imprese della domanda protetta è pubblica: partner commerciali e banche lo vedranno, con possibili impatti sulla reputazione (anche se in tempi di codice della crisi questo è meno stigmatizzato di un tempo).
    In sintesi, non c’è un costo diretto per “ottenere” la protezione (il tribunale non chiede cauzioni salvo rari casi di misure cautelari), ma i costi indiretti e la formalità scoraggiano dall’entrare in procedura a meno che non sia necessario. Tuttavia, questi costi sono spesso molto minori rispetto al danno di un fallimento non governato.

D16: È possibile ottenere nuove linee di credito o finanziamenti durante le misure protettive?
R: , ed è spesso cruciale. Il CCII prevede espressamente che, in concordato preventivo, il debitore possa essere autorizzato dal tribunale a contrarre finanziamenti prededucibili (art. 99 CCII) durante la procedura; parimenti negli accordi e piani e nella composizione negoziata (art. 22 CCII) tale autorizzazione è contemplata. Le misure protettive agevolano questo perché il finanziatore sa che i soldi erogati non potranno essere aggrediti da altri creditori immediatamente (sono in un certo senso protetti anch’essi) e che tali finanziamenti, se autorizzati, avranno preferenza di pagamento. Anche i fornitori potrebbero concedere dilazioni sul nuovo fornito sapendo di essere prededucibili. Quindi un’azienda in concordato con protezione può effettivamente rassicurare nuovi creditori: “se mi presti denaro ora, il tribunale ti riconosce privilegio di restituzione e nessun altro può prendere quei soldi con azioni esecutive prima di te”. La presenza di misure protettive è dunque compatibile e spesso complementare con l’ingresso di finanza fresh. Chiaramente, la fattibilità di ottenere credito dipende dalla credibilità del piano: banche e investitori valuteranno il rischio. Ma legalmente, la cornice predisposta serve a incentivare la finanza interinale.


Queste FAQ coprono i dubbi più comuni. Ogni situazione concreta può presentare ulteriori sfumature, ma il quadro normativo delineato offre gli strumenti per affrontarle, sempre tenendo presente l’obiettivo di fondo: favorire soluzioni efficienti della crisi d’impresa tutelando al contempo i diritti dei creditori, mediante un uso bilanciato di misure protettive (a vantaggio del risanamento) e misure cautelari (a tutela della par condicio e del patrimonio).

Fonti Normative Utilizzate

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), come modificato dai successivi provvedimenti correttivi e di attuazione (in particolare D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147; D.L. 24 agosto 2021, n. 118 conv. L.147/2021; D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83; D.Lgs. 27 settembre 2024, n. 136). – Articoli rilevanti: art. 2 comma 1 lett. p) e q) (definizioni di misure protettive e misure cautelari); art. 18-19 (composizione negoziata – misure protettive e procedimento); art. 54 (disciplina unitaria delle misure protettive e cautelari); art. 55 (procedimento di conferma, modifica o revoca delle misure); art. 6-7 D.L.118/2021 (trasfusi nel CCII artt. 18-19); art. 44 (domanda di concordato con riserva); art. 54-bis – 64 (accordi di ristrutturazione e piani di ristrutturazione soggetti a omologa – misure protettive applicabili come per concordato); art. 25-sexies (concordato semplificato post-composizione negoziata); art. 74-83 (concordato minore – rinvio a misure protettive ex art. 54 CCII); art. 90-104 (concordato preventivo – nomina organi e poteri durante procedura); art. 150 (effetti apertura liquidazione: divieto azioni esecutive individuali a tempo indeterminato); art. 164 (atti in frode ai creditori antecedenti procedure); art. 270 (misure protettive nel sovraindebitamento).
  • Legge 19 ottobre 2017, n. 155, Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza – Principi ispiratori del CCII (in particolare centralità di allerta e composizione assistita, tutela continuità aziendale).
  • Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, quadri di ristrutturazione preventiva – Recepita dal D.Lgs. 83/2022, ha introdotto tra l’altro la limitazione temporale dei stay e la possibilità di rinnovarli fino a 12 mesi, oltre a strumenti nuovi come il piano di ristrutturazione omologato.
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (abrogata e confluita nel CCII) – Composizione delle crisi da sovraindebitamento: originaria previsione delle misure protettive nelle procedure di sovraindebitamento (es. art. 10 L.3/2012 prevedeva la sospensione delle azioni esecutive su provvedimento del giudice). Tali norme sono ora rifluite nel CCII (v. artt. 65-83, 268 CCII).
  • Codice di procedura civile, artt. 669-bis e segg. – Norme generali sui procedimenti cautelari adottate per quanto compatibili dal tribunale della crisi (es. reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. avverso provvedimenti sulle misure protettive/cautelari; possibilità di provvedimenti inaudita altera parte ex art. 669-sexies c.p.c.).
  • Legge Fallimentare previgente (R.D. 267/1942) – per confronto storico: art. 168 L.F. (automatic stay nel concordato preventivo); art. 182-bis L.F. (accordi di ristrutturazione e sospensione azioni); art. 15 L.F. (misure cautelari prefallimentari).

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⚠️ Il Codice della Crisi prevede misure legali per bloccare le aggressioni dei creditori fin da subito.
Sono le cosiddette misure protettive e cautelari: uno scudo temporaneo per dare respiro a chi vuole ristrutturare.

Cosa sono le misure protettive

🛡️ Le misure protettive sono uno strumento previsto dal Codice della Crisi d’Impresa (D.lgs. 14/2019), che consente:

  • La sospensione automatica delle azioni esecutive e cautelari
  • Il blocco di pignoramenti, sequestri, fermi e ipoteche
  • Lo stop ai pagamenti coatti o all’escussione di garanzie

📍 Entrano in vigore dal momento della pubblicazione della domanda di accesso alla composizione negoziata o alla procedura di risanamento.

A cosa servono le misure protettive?

✅ A fermare il tempo: ti permettono di negoziare con i creditori senza pressioni
✅ A proteggere il patrimonio aziendale da azioni esecutive improvvise
✅ A evitare la paralisi dell’attività dovuta a conti bloccati o beni aggrediti
✅ A gestire una crisi in modo ordinato e assistito da un esperto negoziatore

Quando e come si attivano

📝 Si attivano contestualmente alla domanda di composizione negoziata o all’apertura di una procedura di regolazione della crisi (concordato semplificato, liquidazione controllata, ecc.)

📅 Durano in genere fino a 120 giorni, prorogabili su richiesta, a condizione che:

  • Ci sia collaborazione con l’esperto
  • Il piano di risanamento sia in corso di elaborazione
  • Non si stiano compiendo atti in frode ai creditori

📌 Il Tribunale può confermare o revocare le misure, anche su istanza dei creditori.

🛡️ Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Predispone l’istanza per le misure protettive in sede di crisi d’impresa
⚖️ Ti assiste nella richiesta al Tribunale e nel confronto con i creditori
🔁 Blocca atti esecutivi già in corso (es. pignoramenti o ipoteche)
🧩 Ti guida nell’intero percorso di ristrutturazione, dalla protezione alla ripartenza
💼 Coordina il lavoro con l’esperto negoziatore e gli organismi di composizione della crisi (OCRI)

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi d’impresa e insolvenza
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per PMI e Srl in situazione di emergenza finanziaria

Conclusione

Se i creditori stanno per colpire, il tempo è tutto.
Con le misure protettive previste dal Codice della Crisi, puoi fermare la valanga e riprendere il controllo della tua impresa.

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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