Hai un’azienda in crisi e ti stai chiedendo se puoi venderla per evitare il fallimento, salvare i posti di lavoro e chiudere i debiti in modo controllato? O magari sei un imprenditore interessato ad acquisire un’attività in difficoltà, con garanzie legali e senza ereditare i problemi del passato?
Nel contesto della composizione negoziata della crisi, la cessione dell’azienda è uno strumento sempre più utilizzato per tutelare il valore residuo dell’impresa, evitare la liquidazione e salvare ciò che funziona, anche in situazioni complesse.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, crisi d’impresa e operazioni straordinarie – ti spiega come funziona la cessione d’azienda nella composizione negoziata, quali sono i vantaggi legali e cosa fare per proteggere i tuoi interessi in fase di crisi.
Hai un’azienda in crisi e vuoi valutarne la cessione come via d’uscita?
Richiedi una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Verificheremo se puoi attivare la composizione negoziata, esamineremo le condizioni per la cessione e costruiremo una strategia legale sicura e vantaggiosa per uscire dalla crisi senza perdere tutto, salvando ciò che può essere salvato e ripartendo nel modo più corretto.
Introduzione
La cessione d’azienda nella composizione negoziata della crisi d’impresa è uno strumento giuridico di grande rilevanza per imprenditori e professionisti legali impegnati in procedure di risanamento aziendale. In termini semplici, si tratta della vendita (o trasferimento) di un’intera azienda, o di uno o più suoi rami, effettuata nel contesto della composizione negoziata per la soluzione della crisi. Questo istituto – introdotto nell’ordinamento italiano nel 2021 e ora disciplinato nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – consente all’imprenditore in difficoltà di negoziare con i creditori, con l’ausilio di un esperto indipendente, soluzioni per il risanamento o la liquidazione dell’azienda, evitando ove possibile procedure concorsuali più gravose (come il fallimento, oggi liquidazione giudiziale).
La cessione dell’azienda (o di un suo ramo) può rappresentare una soluzione efficace per superare la crisi: vendendo l’azienda ad un soggetto economicamente più solido si può salvaguardare la continuità operativa, preservare il valore aziendale e soddisfare i creditori in misura migliore di quanto avverrebbe in una liquidazione fallimentare. Tuttavia, si tratta di un’operazione complessa che richiede il rispetto di norme civilistiche (ad es. articolo 2555 e segg. c.c.), concorsuali, fiscali e lavoristiche. Inoltre, all’interno della composizione negoziata, la cessione d’azienda assume connotati peculiari: può essere autorizzata dal tribunale ex art. 22 del Codice della Crisi per garantire specifici benefici (come l’esonero del cessionario da taluni debiti pregressi) e per consolidare gli effetti della vendita anche in caso di successivo fallimento o concordato del cedente.
Scopo di questa guida: offrire un quadro completo e aggiornato (Maggio 2025) sulla disciplina giuridica della cessione d’azienda nell’ambito della composizione negoziata. Il taglio sarà tecnico-divulgativo, adatto sia ad avvocati (che necessitano di riferimenti normativi, orientamenti giurisprudenziali e modelli pratici) sia a imprenditori (che hanno bisogno di comprendere strumenti e conseguenze in modo chiaro). La guida è strutturata come un manuale operativo, con sezioni ordinate, paragrafi brevi, elenco di punti chiave, FAQ e una bibliografia finale. Verranno analizzati:
- Il quadro normativo vigente (Codice della Crisi e successive modifiche, decreti attuativi rilevanti) con riferimenti puntuali aggiornati a Maggio 2025.
- Gli istituti coinvolti, ossia la composizione negoziata (caratteristiche e finalità) e la cessione d’azienda (nozione civilistica generale), evidenziando come questi si combinano.
- Tutti i profili giuridici rilevanti:
- Profili civilistici e contrattuali: definizione di “azienda” ex art. 2555 c.c., effetti del trasferimento sui contratti, crediti e debiti (artt. 2558–2560 c.c.), forma degli atti, clausole contrattuali tipiche, ecc.
- Profili concorsuali: condizioni e procedimento per l’autorizzazione tribunale (art. 22 CCII), ruolo dell’esperto, tutela dei creditori, rapporto con eventuali procedure concorsuali successive, effetti ex art. 24 CCII (stabilità degli atti e esenzione da azioni revocatorie), collegamento con il concordato semplificato introdotto dal Codice.
- Profili fiscali: regime fiscale della cessione d’azienda (imposte dirette su plusvalenze, imposte indirette come IVA e imposta di registro, agevolazioni o esenzioni eventualmente previste in contesti di crisi, trattamenti di eventuali debiti tributari e contributivi nell’operazione, ecc.).
- Profili lavoristici: effetti sui rapporti di lavoro (tutela dei dipendenti ex art. 2112 c.c., obblighi di consultazione sindacale ex art. 47 L.428/1990, possibile impatto su CCNL e trattamenti economici, continuità dei rapporti previdenziali, ecc.).
- I più recenti orientamenti giurisprudenziali: decisioni dei tribunali (decreti autorizzativi) che hanno affrontato la cessione di azienda in composizione negoziata, evidenziandone i princìpi (ad es. Trib. Piacenza 1.6.2023 e Trib. Milano 12.8.2023 sui criteri di autorizzazione e competitività, casi pratici come Gruppo Grancasa 2023 autorizzato dal Tribunale di Milano, ecc.). Le pronunce rilevanti verranno citate e analizzate.
- Modelli pratici: verranno proposti schemi e clausole essenziali di accordi di cessione d’azienda nel contesto della composizione negoziata (es. fac-simile di contratto di cessione con condizione sospensiva dell’autorizzazione del tribunale, schema di contratto di affitto d’azienda con opzione di acquisto, ecc.), per fornire una base operativa a chi deve redigere tali atti.
- Simulazioni pratiche e tabelle riepilogative: includeremo un esempio concreto (“caso Alfa S.r.l.”) che simula passo-passo il percorso di un’impresa dalla richiesta di composizione negoziata fino alla cessione dell’azienda e agli effetti finali. Inoltre, verranno presentate tabelle che riepilogano i punti chiave (ad es. confronto tra cessione d’azienda ordinaria vs cessione autorizzata ex art.22, con vantaggi e svantaggi; elenco delle responsabilità di cedente e cessionario prima e dopo l’autorizzazione; cronoprogramma della procedura, ecc.).
- FAQ – Domande frequenti: una sezione dedicata a rispondere in modo chiaro ai quesiti più comuni sul tema (ad es. “Chi può accedere alla composizione negoziata?”, “Il cessionario risponde dei debiti aziendali pregressi?”, “Cosa accade ai contratti e ai dipendenti in caso di cessione d’azienda?”, “Quali tasse si pagano sulla vendita?”, “E se la trattativa fallisce dopo la cessione?”, ecc.).
La guida si conclude con una Bibliografia e sitografia completa, comprendente i riferimenti normativi (leggi, decreti, articoli del Codice) e giurisprudenziali (sentenze, decreti) citati nel testo, per consentire eventuali approfondimenti. L’obiettivo finale è offrire uno strumento aggiornato e di agevole consultazione, in grado di supportare sia il professionista legale che l’imprenditore nell’affrontare con consapevolezza una cessione d’azienda nell’ambito della composizione negoziata della crisi d’impresa.
(Nota: tutti i riferimenti normativi sono aggiornati alle modifiche in vigore a Maggio 2025, compreso il correttivo D.Lgs. 136/2024. Le citazioni bibliografiche nel testo seguono il formato “【numero†Lxx-Lyy】”, rinviando alle fonti originali elencate in Bibliografia.)
Quadro normativo vigente (Maggio 2025) in materia di crisi d’impresa e composizione negoziata
In questa sezione inquadriamo le fonti normative che disciplinano la composizione negoziata e, specificamente, la cessione d’azienda nell’ambito di tale procedura, aggiornate a Maggio 2025. Negli ultimi anni la materia ha subito significative evoluzioni legislative, in parte trainate dal recepimento della direttiva UE 2019/1023 (sui quadri di ristrutturazione preventiva), e culminate nell’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Ecco i riferimenti essenziali:
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14: è il testo normativo organico che ha riformato la disciplina delle procedure concorsuali in Italia. Dopo rinvii e modifiche, il Codice è entrato definitivamente in vigore il 15 luglio 2022. Esso dedica il Titolo II della Parte Prima agli strumenti di allerta e composizione negoziata. In particolare:
- Gli articoli 12–25 CCII disciplinano la Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (procedura volontaria di negoziazione assistita da un esperto).
- L’art. 22 CCII regola le “Autorizzazioni del tribunale” durante la composizione negoziata, includendo alla lettera d) la possibilità di autorizzare la cessione dell’azienda o di rami di essa senza l’applicazione dell’art. 2560 c.c. (analizzeremo in dettaglio più avanti).
- L’art. 24 CCII (rubricato “Conservazione degli effetti”) prevede che gli atti autorizzati o compiuti in esecuzione del piano durante la composizione negoziata mantengano efficacia anche se successivamente l’impresa viene sottoposta a procedura concorsuale (come liquidazione giudiziale, concordato preventivo, ecc.), con esenzione dalle azioni revocatorie.
- Gli artt. 25-ter, 25-quater, 25-quinquies e 25-sexies CCII disciplinano il cosiddetto “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio” (art. 25-sexies), procedura introdotta per consentire, in caso di esito negativo della composizione negoziata, una rapida liquidazione giudiziale dei beni senza voto dei creditori. Questo concordato semplificato (accessibile solo post-composizione negoziata) spesso si collega alla cessione dell’azienda: ad esempio, se durante la composizione negoziata non si riesce a concludere accordi con i creditori ma si individua un acquirente dell’azienda, il debitore può chiedere al tribunale l’omologazione di un concordato semplificato di liquidazione in cui la cessione d’azienda viene effettuata sotto il controllo del tribunale e il ricavato distribuito ai creditori. (Si noti che il concordato semplificato non prevede il voto dei creditori ma solo il giudizio di omologazione del tribunale ex art. 25-sexies CCII).
- Decreto-Legge 24 agosto 2021, n. 118 (convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147): ha introdotto in via d’urgenza la composizione negoziata dell’impresa, anticipandone l’operatività già dal 15 novembre 2021, in risposta all’incremento delle crisi aziendali anche a causa della pandemia. Questo D.L. ha previsto una disciplina transitoria poi confluita nel Codice della Crisi. In particolare, l’art. 2 del D.L. 118/2021 (poi art. 23 L.147/2021) delineava le soluzioni all’esito della composizione negoziata, includendo la possibilità di ricorrere al concordato semplificato. Oggi tali previsioni sono state integrate nel CCII (il D.L. 118/2021 è stato abrogato dall’entrata in vigore del Codice, ma ha valore storico).
- Decreti attuativi e normativa secondaria:
- Decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia 28 settembre 2021 (come aggiornato dal Decreto dirigenziale 21 marzo 2023): ha istituito la piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata e adottato le “Checklist” e “test pratico” per la verifica della perseguibilità del risanamento. Allegati a questo decreto sono modelli e linee guida (es. il test per misurare la ragionevole possibilità di risanamento, l’istanza standard di nomina dell’esperto, ecc.). Tali strumenti, sebbene di natura tecnica, incidono sul procedimento: ad esempio, l’imprenditore deve allegare all’istanza un progetto di piano di risanamento secondo la checklist ministeriale aggiornata, e l’esperto indipendente seguirà linee guida nel condurre le trattative.
- Decreto Dirigenziale 21 marzo 2023: ha integrato e aggiornato il decreto 28/9/2021 per adeguarlo all’entrata in vigore del Codice della Crisi. Ad esempio, sono state modificate alcune voci della checklist, anche in luce dell’esperienza applicativa del 2022.
- Linee guida dell’OMS (Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) e di altre istituzioni: pur non avendo forza di legge, esistono linee guida rivolte agli esperti della composizione negoziata (emanate da Camere di Commercio, consigli degli ordini professionali, ecc.) che indirizzano le best practice nella conduzione delle trattative e nella redazione della relazione finale dell’esperto. Tali prassi influenzano indirettamente il modo in cui viene gestita anche la cessione d’azienda in composizione negoziata (ad es., raccomandazioni sulla trasparenza del processo competitivo, sulla tutela dei lavoratori in caso di trasferimento, ecc.).
- Interventi correttivi recenti:
- D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83: decreto attuativo della direttiva UE 2019/1023, entrato in vigore contestualmente al Codice (luglio 2022), ha modificato vari articoli del CCII. In tema di composizione negoziata, ha inserito nel Codice quanto già previsto dal D.L.118/2021, formalizzando l’istituto nel Titolo II. Inoltre ha introdotto miglioramenti come l’articolazione delle misure protettive, e l’aggiunta di procedure come il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (art. 64-bis CCII) che possono anch’esse risultare dall’esito delle trattative.
- D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (“Terzo correttivo” al Codice della Crisi): in vigore dal 28 settembre 2024, ha apportato una serie di disposizioni integrative e correttive al CCII, mirate a chiarire dubbi interpretativi e a incentivare l’utilizzo degli strumenti di allerta. Per la composizione negoziata, il correttivo ha introdotto novità importanti:
- Emendamento all’art. 22 CCII: aggiunta dei commi 1-bis e 1-ter. Il comma 1-bis chiarisce che l’attuazione del provvedimento di autorizzazione (ad esempio la vendita autorizzata dell’azienda) può avvenire anche dopo la chiusura della composizione negoziata, se ciò è previsto dal tribunale o indicato nella relazione finale dell’esperto. Ciò conferma la possibilità che la cessione d’azienda si perfezioni immediatamente dopo la conclusione formale delle trattative negoziate (ad es. quando la composizione si chiude con un accordo che prevede la successiva vendita). Il comma 1-ter invece rafforza la tutela dei finanziatori: stabilisce la prededucibilità dei finanziamenti autorizzati ex art.22 qualunque sia l’esito della composizione negoziata (anche questo indirettamente favorisce la riuscita di operazioni di cessione, poiché i finanziatori dell’acquirente o dell’azienda in crisi sono garantiti).
- Modifiche all’art. 17 CCII sulle condizioni di accesso: è stata eliminata l’incertezza circa la possibilità di avviare una composizione negoziata se pende già un’istanza di fallimento (liquidazione giudiziale). Il nuovo testo impone solo che l’imprenditore dichiari nell’istanza se vi sono ricorsi pendenti per liquidazione giudiziale o accertamento dello stato d’insolvenza, ma non vieta l’accesso; così si evita che la pendenza di un’istanza precluda sul nascere il tentativo di composizione.
- Chiarimenti sulle misure protettive (art. 20 CCII) e sulla consecuzione di procedure: il correttivo ha meglio definito la durata delle misure protettive e il coordinamento tra composizione negoziata e successive procedure concorsuali. Ciò garantisce maggiore certezza all’acquirente di un’azienda che la vendita non verrà pregiudicata da azioni esecutive dei creditori durante le trattative protette.
- In ambito lavoristico, il correttivo 2024 ha in gran parte inciso sulle procedure concorsuali (es. in tema di liquidazione giudiziale è stato ribadito il principio di continuità dei rapporti di lavoro salvo diverse disposizioni del giudice delegato). Tali modifiche non alterano direttamente la disciplina di art. 2112 c.c. per la composizione negoziata, dove – come vedremo – la tutela dei lavoratori rimane quella ordinaria.
In sintesi, al Maggio 2025 il quadro normativo della composizione negoziata e della cessione d’azienda si presenta consolidato e affinato da questi interventi. Il CCII e i suoi aggiornamenti costituiscono la fonte primaria da cui attingere le regole, mentre la prassi applicativa (riflessa in decreti attuativi e nelle prime decisioni giurisprudenziali) fornisce indicazioni operative su come attuare efficacemente una cessione d’azienda nell’ambito delle trattative negoziate. Nelle sezioni che seguono entreremo nel merito di tali regole e indicazioni.
La composizione negoziata della crisi d’impresa: caratteristiche e finalità generali
Per affrontare compiutamente il tema della cessione d’azienda all’interno della composizione negoziata, è necessario prima comprendere cos’è la composizione negoziata e come funziona in linea generale. La composizione negoziata (CNC) è uno strumento introdotto di recente (operativo dal Novembre 2021) finalizzato ad anticipare l’emersione della crisi e facilitare il risanamento aziendale attraverso un approccio volontario, flessibile e stragiudiziale (almeno nelle sue fasi iniziali). Di seguito, ne riassumiamo le caratteristiche chiave:
- Accesso volontario e requisiti: Può accedere alla composizione negoziata qualsiasi impresa commerciale o agricola in situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che renda probabile la crisi o l’insolvenza (art. 12 CCII). Non è necessario essere formalmente insolventi; anzi, la composizione negoziata è pensata per imprese ancora risanabili. È sufficiente che vi siano indizi di difficoltà, ma anche imprese già in stato di insolvenza (ancorché non acclarato giudizialmente) possono tentare questo percorso. L’imprenditore presenta un’istanza tramite la piattaforma telematica dedicata, allegando informazioni sull’azienda, bilanci, elenco creditori e un piano di risanamento abbozzato (redatto secondo la checklist ministeriale). Deve inoltre indicare se pendono ricorsi per fallimento o altre procedure (come richiesto dopo il correttivo 2024). L’istanza può essere presentata anche dall’imprenditore individuale e dalle PMI, senza necessità del difensore (ma l’assistenza di consulenti è raccomandata).
- Nomina dell’esperto indipendente: Entro breve (circa 2 giorni) dalla domanda, la Camera di Commercio competente trasmette la richiesta a una commissione regionale, la quale nomina un esperto entro 5 giorni. L’esperto è un professionista terzo (scelto da un elenco di esperti della crisi tenuto presso le Camere di Commercio) con competenze in materia aziendale e di ristrutturazioni. Il suo ruolo è “agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati” (art. 13 CCII) al fine di individuare una soluzione per superare la crisi. L’esperto, all’atto della nomina, sottoscrive una dichiarazione di indipendenza e accetta l’incarico.
- Fase negoziale e ruolo dell’esperto: Una volta nominato, l’esperto convoca l’imprenditore per un primo incontro e successivamente invita i principali creditori a partecipare alle trattative. Non vi è spossessamento dell’imprenditore: l’organo amministrativo dell’impresa continua a gestire l’azienda durante le trattative (non c’è un commissario come nel concordato). Tuttavia, l’imprenditore deve informare preventivamente l’esperto di “ogni atto di straordinaria amministrazione” che intende compiere e tenere conto delle sue osservazioni (art. 18 CCII). In pratica, l’esperto monitora che l’impresa non dissipi risorse nel frattempo e che compia solo atti coerenti con il tentativo di risanamento. Se l’imprenditore non segue le indicazioni, l’esperto può segnalarlo nella piattaforma (inserendo un “dissenso motivato” all’atto). Tale dissenso dell’esperto ha conseguenze: ad esempio, un atto compiuto dall’imprenditore nonostante il dissenso dell’esperto potrebbe non godere delle tutele previste (come l’esenzione da revocatoria). L’esperto, comunque, non ha potere di veto: non può impedire all’imprenditore di compiere un atto, può solo raccomandare o dissentire. Questa dinamica è particolarmente importante nel caso della cessione d’azienda: se l’imprenditore vuole vendere l’azienda, dovrebbe farlo con l’assenso dell’esperto o – meglio ancora – attraverso l’autorizzazione del tribunale ex art. 22 (come vedremo), così da garantirsi stabilità.
- Misure protettive: Contestualmente all’istanza di composizione negoziata (o in un momento successivo, se necessario), l’imprenditore può chiedere al tribunale l’applicazione di misure protettive del patrimonio (art. 19 CCII). Si tratta di uno scudo temporaneo contro azioni esecutive e cautelari dei creditori: tipicamente il tribunale dispone la sospensione dei provvedimenti di esecuzione forzata, dei sequestri, ecc., per la durata delle trattative (inizialmente fino a 4 mesi, prorogabili di altri 4). Le misure protettive impediscono, ad esempio, ai creditori di pignorare beni o depositi mentre l’imprenditore cerca un accordo. Questo contesto protetto è cruciale anche per favorire operazioni come la cessione d’azienda: un potenziale acquirente sarà più disponibile ad avanzare un’offerta se sa che nel frattempo l’azienda non verrà aggredita dai creditori con provvedimenti che potrebbero comprometterne il valore. Le misure protettive devono essere pubblicate nel registro delle imprese (rendendo quindi conoscibile ai terzi che l’azienda è in composizione negoziata). Il tribunale può revocarle se emergono abusi o se la continuazione delle trattative risulta inutile.
- Esito delle trattative: La composizione negoziata di per sé non è una procedura che sfocia in un provvedimento dell’autorità che “omologa” un accordo (non è un concordato preventivo né un accordo di ristrutturazione omologato, a meno che l’imprenditore decida di imboccare quelle strade). È essenzialmente una cornice negoziale all’interno della quale le parti possono liberamente concludere vari tipi di accordi. Possibili esiti positivi delle trattative (art. 23 CCII) sono, ad esempio:
- Contratti o accordi stragiudiziali con singoli creditori: l’imprenditore può rinegoziare condizioni di pagamento, ottenere dilazioni o falcidie consensuali. Ad es., potrebbe stipulare accordi di standstill con le banche, accordi transattivi con fornitori per riduzioni del debito, ecc. Tali accordi non richiedono omologazione giudiziale, ma se riguardano molti creditori mantengono natura privata (non vincolano i dissenzienti).
- Piano di risanamento attestato ex art. 56 CCII (già art. 67, c.3, lett. d L.Fall.): il debitore può predisporre – anche grazie alle trattative condotte – un piano attestato di risanamento, cioè un piano finanziario-industriale che dimostra la capacità di risanare l’impresa e che viene asseverato da un professionista indipendente. Questo piano, se pubblicato nel registro delle imprese, consente di escludere revocatorie su pagamenti/garanzie eseguiti in attuazione del piano stesso. La composizione negoziata spesso funge da “incubatore” per tali piani attestati.
- Accordo di ristrutturazione dei debiti (ex art. 57 CCII, già art. 182-bis L.Fall.): se l’imprenditore riesce a ottenere l’adesione di almeno il 60% dei crediti, può formalizzare un accordo di ristrutturazione soggetto a omologazione da parte del tribunale. Anche questo può essere un esito delle trattative condotte dall’esperto: i creditori maggioritari firmano un accordo che poi viene sottoposto ad omologa (vincolando tutti i sottoscrittori; i non aderenti restano fuori dall’accordo). Una variante è l’accordo ad efficacia estesa ai sensi dell’art. 61 CCII (in certi casi estendibile anche ai creditori finanziari dissenzienti).
- Convenzione di moratoria (art. 23 co.1 lett. c CCII): i creditori possono sottoscrivere una convenzione in cui accettano una moratoria temporanea dei pagamenti (utile per dare respiro all’impresa in attesa di completare operazioni come la cessione d’azienda).
- Concordato preventivo: è possibile che durante la composizione negoziata l’imprenditore elabori una proposta di concordato (in continuità o liquidatorio) e la depositi al tribunale. In tal caso, la composizione negoziata funge da preludio alla procedura concorsuale vera e propria. Anzi, la legge prevede che se l’imprenditore deposita domanda di concordato o di omologazione di un accordo di ristrutturazione durante le trattative, queste non si considerano più pendenti (la composizione si chiude al momento dell’apertura della nuova procedura, cfr. art. 23 co.4 CCII).
- Trasferimento dell’azienda o di rami di azienda: infine (ma centrale per la nostra trattazione), l’esito delle trattative può essere la conclusione di un contratto di cessione d’azienda. Questa vendita può avvenire nell’ambito strettamente negoziale (tra privati) oppure con l’intervento/autorizzazione del tribunale (come vedremo nel prossimo paragrafo). La cessione d’azienda può coesistere con le altre soluzioni: ad esempio, si può vendere l’azienda e utilizzare il ricavato per concludere accordi con i creditori o per pagare un concordato. Oppure la cessione è essa stessa lo scopo finale (il nuovo investitore rileva l’azienda “pulita” dai debiti, mentre la vecchia società resta debitrice da liquidare).
Se le trattative non conducono ad alcun accordo concreto, la composizione negoziata si chiude con esito negativo. L’esperto redige una relazione finale in cui dà conto delle cause dell’insuccesso e attesta se l’imprenditore ha “condotto le trattative in modo corretto e in buona fede”. Da notare che, anche in caso di esito negativo, l’esperto deve segnalare al tribunale se emergono elementi di insolvenza: il tribunale, sulla base di ciò, potrebbe invitare l’imprenditore a presentare istanza di liquidazione giudiziale (ex art. 23 co.5 CCII) o attivare gli organi di controllo societari. In ogni caso, l’imprenditore, fallito il tentativo negoziato, conserva la facoltà di accedere a procedure concorsuali ordinaria (concordato preventivo, liquidazione giudiziale, ecc.). Come detto, un’opportunità speciale post-negotiation è il concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies): entro 60 giorni dalla relazione finale negativa, l’imprenditore può proporre un piano di concordato liquidatorio senza voto dei creditori, da omologare dal tribunale, a condizione che nella relazione finale l’esperto abbia dato atto che non è stato possibile trovare una soluzione idonea per regolare la crisi. Questo concordato semplificato è pensato per consentire comunque una soluzione ordinata, ad esempio vendendo i beni (o l’azienda) all’asta o a un soggetto individuato, e distribuendo i ricavi ai creditori sotto il controllo del tribunale. Si tratta di uno strumento concorsuale (giudiziale) che tuttavia nasce dalla composizione negoziata fallita.
In sintesi, la composizione negoziata è un contesto flessibile e riservato nel quale l’imprenditore mantiene la gestione ma sotto la guida di un esperto, con lo scopo di raggiungere intese volontarie per superare la crisi. Non è una procedura concorsuale “classica”, ma può sfociare in esse o affiancarle. La cessione dell’azienda si inserisce in questo quadro come una delle possibili soluzioni per il risanamento: può essere sia uno strumento per ottenere liquidità immediata da destinare ai creditori, sia un mezzo per preservare la parte sana dell’impresa (cedendola a terzi) liberandola dal fardello dei debiti. Nel prossimo paragrafo vedremo in dettaglio cosa implica, in generale, cedere un’azienda dal punto di vista civilistico, prima di analizzare la disciplina speciale collegata alla crisi d’impresa.
Cessione d’azienda: nozione civilistica e disciplina generale
Per cessione (o trasferimento) d’azienda si intende, in termini giuridici, l’operazione negoziale con cui un imprenditore (cedente) trasferisce la propria azienda – intesa come complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’attività d’impresa – ad un altro soggetto (cessionario). La nozione di “azienda” è definita dall’art. 2555 c.c., che recita: “L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Non si tratta quindi di un singolo bene, ma di un’entità unitaria composta da molteplici elementi (materiali e immateriali): macchinari, attrezzature, scorte, contratti, autorizzazioni, avviamento, marchi, dipendenti, ecc. La cessione d’azienda può avvenire a titolo oneroso (vendita) o anche gratuito (donazione) o in forme particolari (conferimento in società, fusione, scissione, affitto con successivo trasferimento). In ogni caso, il Codice Civile predispone una specifica disciplina per tutelare le varie parti coinvolte (acquirente, alienante, creditori dell’azienda, terzi contraenti, dipendenti). Vediamo i punti salienti della disciplina civilistica generale, che costituisce la base anche per la cessione in composizione negoziata (salvo le deroghe/integrazioni che vedremo dopo):
- Forma e pubblicità del contratto (art. 2556 c.c.): La legge richiede che “per le imprese soggette a registrazione” (cioè praticamente tutte le imprese commerciali) l’atto di trasferimento dell’azienda sia provato per iscritto. In pratica, la cessione d’azienda richiede un contratto scritto (tipicamente un atto notarile di compravendita o di conferimento). Inoltre, il trasferimento dev’essere iscritto nel Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio. L’iscrizione ha funzione di pubblicità dichiarativa: rende opponibile ai terzi taluni effetti (ad es., l’automatica cessione dei crediti aziendali, come si dirà più avanti, richiede la registrazione).
- Trasferimento dei beni aziendali: L’azienda comprende beni eterogenei e l’atto di cessione deve occuparsi di ognuno:
- I beni materiali (macchinari, arredi, merci, immobili se presenti) passano di proprietà al cessionario. Se vi sono beni immobili o beni mobili registrati (es. automezzi) è richiesta la forma dell’atto pubblico o scrittura privata autenticata dal notaio e la trascrizione nei pubblici registri (es. Conservatoria immobiliare, PRA).
- I beni immateriali quali segni distintivi (marchi, insegne), brevetti, know-how vengono trasferiti secondo le regole proprie (ad es. un marchio si trasferisce con l’azienda salvo patto contrario; i marchi registrati vanno annotati presso l’UIBM per perfezionare l’opponibilità).
- L’avviamento (goodwill) è un elemento immateriale che rappresenta il valore complessivo dell’azienda come business funzionante. Non si trasferisce come bene a sé stante ma è insito nel complesso aziendale; tuttavia spesso le parti, nel prezzo, attribuiscono una quota a “titolo di avviamento”.
- Successione nei contratti aziendali (art. 2558 c.c.): Salvo patto contrario, il cessionario subentra automaticamente nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda che non abbiano carattere personale. Questa norma evita di dover ottenere il consenso di tutti i contraenti per ogni singolo contratto: ad esempio forniture di utilities, contratti con clienti o fornitori, locazioni di immobili aziendali, leasing di macchinari, polizze assicurative, ecc. passano al nuovo imprenditore per effetto del trasferimento dell’azienda. La controparte contrattuale ha però la possibilità di opporsi: la legge le concede il diritto di recedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa (art. 2558 co.2). Ad esempio, se il contratto era stato concluso intuitu personae col vecchio imprenditore, o se il nuovo imprenditore non dà sufficienti garanzie di solvibilità, la controparte può sciogliersi. In mancanza di recesso, il contratto continua con il cessionario alle medesime condizioni. Le parti (cedente e cessionario) possono anche accordarsi per escludere il subentro in alcuni contratti, ma serve il consenso del terzo contraente se il contratto altrimenti si trasferirebbe automaticamente. (Esempio: l’azienda ha un contratto di fornitura che il compratore non intende rilevare; si può pattuire che resti al cedente, ma il fornitore deve accettare, altrimenti il compratore ne risponde comunque fino a recesso).
- Successione nei crediti dell’azienda (art. 2559 c.c.): I crediti relativi all’esercizio dell’azienda ceduta – ad esempio crediti commerciali verso clienti – si trasferiscono al cessionario senza bisogno di notifica ai debitori se sono rispettate due condizioni: (i) che l’alienazione risulti da atto scritto avente data certa; (ii) che sia stata eseguita l’iscrizione del trasferimento nel Registro Imprese. In tal caso, la notizia della cessione d’azienda pubblicata nel registro tiene luogo della notifica individuale ai debitori ceduti. Costoro, però, se pagano in buona fede al cedente prima di avere notizia della cessione, sono liberati (non sono tenuti a pagare due volte). In sintesi, il cessionario acquista in blocco i crediti aziendali, ma deve curare la pubblicità per renderli oponibili; se ciò non avviene, vale la regola generale dell’art. 1264 c.c. (bisogna notificare la cessione del credito a ciascun debitore).
- Successione nei debiti dell’azienda (art. 2560 c.c.): Questo è un punto cruciale e delicato. Il cedente dell’azienda rimane in ogni caso obbligato per i debiti aziendali contratti prima del trasferimento (nessuna liberazione automatica, salvo diversa pattuizione con i creditori). Inoltre, il cessionario – ossia l’acquirente – può dover rispondere anch’egli di tali debiti. In particolare l’art. 2560, comma 2, stabilisce che nell’azienda commerciale (quindi per imprese commerciali) “risponde dei debiti anteriori al trasferimento anche l’acquirente, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”. Si configura così una sorta di responsabilità solidale del nuovo imprenditore per i debiti del vecchio, limitata però ai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda e solo se contabilizzati. La ratio è tutelare i creditori dell’azienda: chi la acquista deve accollarsi i debiti “noti” (risultanti dalle scritture) perché presumibilmente ha potuto valutarli nel prezzo. È possibile per cedente e cessionario inserire clausole nel contratto che ripartiscono diversamente l’onere (ad esempio: “i debiti antecedenti restano a carico del venditore”), ma ciò non vincola i creditori, che potranno sempre rivalersi anche sul cessionario, a meno che essi stessi rinuncino alla garanzia. L’unico modo per esonerare il cessionario dai debiti è ottenere il consenso dei singoli creditori a liberarlo (art. 2560 co.2 non prevede automatica liberazione). Esempio: Tizio vende l’azienda a Caio; dall’inventario contabile risultano debiti verso la banca Alfa e verso il fornitore Beta; questi creditori potranno chiedere il pagamento sia a Tizio che a Caio (che ne hanno responsabilità solidale), salvo patto liberatorio con loro. Se invece c’erano debiti occulti non scritti in contabilità, Caio ne risponderà solo se si prova che li conosceva e sono stati oggetto di trasferimento o di accordi, altrimenti no. Importante: questa responsabilità solidale dell’acquirente non si applica se l’azienda ceduta non è “commerciale” (ad esempio azienda agricola) oppure se il trasferimento avviene nell’ambito di procedure concorsuali: in fallimento e concordato, infatti, l’acquirente non risponde dei debiti del fallito per espressa previsione di legge. Come vedremo, anche nel contesto della composizione negoziata esiste una deroga specifica a tale regola (art. 22 CCII).
- Contratti con effetti reali su beni aziendali: alcuni contratti di cessione d’azienda possono avere clausole particolari come il patto di riservato dominio (pagamento rateale del prezzo con proprietà che si trasferisce a saldo pagato), o clausole sospensive/risolutive (es. trasferimento subordinato ad autorizzazioni amministrative, oppure risoluzione del contratto se mancano elementi). Tali clausole sono ammesse e seguono la disciplina generale delle obbligazioni condizionali. È chiaro che in un contesto di crisi, spesso la cessione può essere condizionata ad eventi come l’approvazione di un concordato o – nel nostro caso – l’ottenimento di un provvedimento di autorizzazione dal tribunale. Nei modelli pratici vedremo esempi.
- Tutela dei creditori del cedente (art. 2560 c.c. comma 1 e art. 2561 c.c.): Oltre alla responsabilità solidale prevista dal comma 2 dell’art. 2560 per l’acquirente, l’ordinamento tutela i creditori anche impedendo che l’azienda venga distratta a loro danno. In particolare, il cedente rimane obbligato per i debiti (come detto) e non può liberarsi di essi cedendo l’azienda. Inoltre, l’art. 2561 prevede che in caso di affitto d’azienda il conduttore deve gestire l’azienda senza modificarne l’organizzazione, altrimenti ne risponde dei deterioramenti. E i creditori antecedenti, se il trasferimento di azienda pregiudica le loro ragioni (ad es. perché l’azienda costituisce la garanzia patrimoniale che viene sottratta), potrebbero teoricamente agire con azioni revocatorie fallimentari (se fallisce il cedente entro i tempi di legge) oppure ordinaria (se la cessione è a titolo gratuito o a prezzo molto inferiore al valore, in frode ai creditori, entro 5 anni). Questi aspetti “patologici” assumono rilievo nel contesto della crisi: infatti una cessione d’azienda fatta quando l’impresa è in dissesto potrebbe essere sospettata di frode. Ecco perché nel Codice della Crisi si è previsto che, se la cessione avviene nell’ambito di una composizione negoziata con regole di trasparenza e autorizzazione, essa sarà protetta dalle revocatorie (lo vedremo nella sezione concorsuale).
- Rapporti di lavoro e tutela dei lavoratori (art. 2112 c.c.): Un capitolo fondamentale è il destino dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda. La regola generale (derivante da una direttiva comunitaria del 2001) è che in caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro prosegue automaticamente con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (anzianità, inquadramento, trattamento economico, art. 2112 co.1 c.c.). Il cedente e il cessionario sono obbligati in solido per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento (es.: ferie maturate non godute, TFR maturato, mensilità arretrate). Inoltre il cessionario deve applicare i contratti collettivi (CCNL) vigenti al momento del trasferimento fino alla loro scadenza, salvo che vengano sostituiti da altri accordi collettivi applicabili alla sua impresa. Questa tutela è inderogabile se non in melius per il lavoratore. L’art. 2112 c.c. specifica che il trasferimento d’azienda “non costituisce di per sé motivo di licenziamento” (eventuali esuberi possono avvenire solo per giustificato motivo oggettivo ma non a causa del trasferimento in sé). È prevista una speciale procedura di informazione e consultazione sindacale (L. 428/1990, art. 47): se l’azienda coinvolta ha più di 15 dipendenti, cedente e cessionario devono darne comunicazione preventiva ai sindacati aziendali o, in mancanza, alle associazioni di categoria, almeno 25 giorni prima dell’atto di trasferimento, discutendo sui possibili effetti sui lavoratori (eventuali reimpieghi, condizioni, etc.). Questa è la norma generale anche fuori dalle procedure concorsuali. Durante tale fase, è possibile che accordi sindacali modulino parzialmente l’applicazione di 2112 (nei limiti consentiti dalla direttiva UE): ad esempio, in presenza di crisi l’art. 47 co.5 L.428/90 consente accordi sindacali che, per evitare licenziamenti, possono prevedere deroghe di trattamento economico (ma non il licenziamento in tronco). In procedura fallimentare o simili, la legge italiana (recependo la direttiva) consente ulteriori flessibilità, come la possibilità che il cessionario non si accolli tutti i lavoratori o ne rinegozi le condizioni, ma solo se ciò è autorizzato dall’autorità (giudice delegato) e accompagnato da un confronto sindacale in sede protetta, nell’ambito di un programma di continuità aziendale. Nella composizione negoziata, però, non essendo una procedura concorsuale “classica” ma un negoziato volontario, la disciplina ordinaria dell’art. 2112 c.c. si applica integralmente: pertanto i dipendenti passano al cessionario e mantengono tutti i loro diritti; cedente e cessionario restano co-obbligati per i crediti da lavoro già maturati. L’autorizzazione del tribunale ex art.22 CCII – che, come vedremo, esonera l’acquirente dai debiti ex art.2560 c.c. – non esonera invece dagli obblighi verso i lavoratori, essendo espressamente previsto che “resta fermo l’art. 2112 c.c.”. Ciò significa che, anche se il tribunale autorizza la cessione e libera il compratore dai debiti d’azienda verso i fornitori o banche, il compratore continuerà a rispondere in solido con il venditore dei crediti di lavoro (stipendi arretrati, TFR, contributi) maturati prima della cessione. Questa è una tutela fondamentale per i lavoratori che rimane intatta.
Riassumendo, la cessione d’azienda comporta un subingresso del cessionario nella posizione dell’imprenditore cedente per quanto riguarda contratti e rapporti di lavoro, e potenzialmente nella responsabilità per i debiti d’azienda (salvo patto contrario che eviti la solidarietà, dove possibile). Il cedente non esce completamente di scena, perché rimane responsabile verso i creditori anteriori se questi non vengono pagati dall’acquirente, e verso i dipendenti per ciò che è maturato fino al trasferimento. Data la complessità di tali effetti, nella prassi i contratti di cessione d’azienda contengono dettagliate clausole su chi paga cosa, con conguagli sul prezzo per tenere conto di debiti e crediti trasferiti, e pattuizioni su come gestire eventuali passività non emerse (garanzie del cedente per debiti occulti, ecc.).
Nel contesto di crisi d’impresa, la cessione d’azienda presenta opportunità ma anche rischi: opportunità perché un terzo potrebbe rilevare l’azienda in difficoltà assicurandone la continuità (e salvando posti di lavoro), rischi perché il cessionario potrebbe temere di farsi carico di troppi debiti o controversie pregresse. È qui che interviene la disciplina speciale predisposta dal Codice della Crisi nell’ambito della composizione negoziata: essa offre al cessionario significative protezioni, come l’esonero dai debiti pregressi ex art. 2560 c.c. (quindi niente responsabilità solidale generale per i debiti del cedente) e la certezza che la vendita non sarà messa in discussione in caso di successivo fallimento (tramite l’esenzione da revocatoria). Tali benefici, tuttavia, non sono automatici: occorre seguire la procedura di autorizzazione del tribunale e rispettare i requisiti di legge (continuità aziendale, migliore soddisfazione dei creditori, principio di competitività nella scelta dell’acquirente, ecc.), come spiegheremo dettagliatamente nella sezione seguente.
La cessione d’azienda nella composizione negoziata: disciplina speciale e iter autorizzativo
Entriamo ora nel vivo della trattazione: come si realizza concretamente una cessione d’azienda durante la composizione negoziata e quali regole particolari si applicano. Anticipiamo subito il concetto centrale: la cessione può avvenire in qualsiasi momento nel corso della composizione negoziata e secondo due modalità principali:
- Cessione “ordinaria” in pendenza di composizione negoziata – ovvero effettuata con le forme civilistiche ordinarie (contratto notarile) senza chiedere l’autorizzazione giudiziale ex art.22 CCII. In tal caso si applica integralmente la disciplina civilistica vista sopra, incluse le responsabilità ex art. 2560 c.c. per il cessionario. Questa via è però considerata residuale e rischiosa, perché il compratore si assumerebbe i debiti aziendali noti e, se la composizione dovesse fallire e sfociare in un fallimento, l’atto potrebbe essere soggetto a revocatoria (in quanto cessione avvenuta in periodo sospetto).
- Cessione con autorizzazione del tribunale ex art. 22, comma 1, lett. d) CCII – ossia la vendita avviene attivando la procedura prevista dal Codice della Crisi: l’imprenditore chiede al tribunale un decreto che autorizzi il trasferimento dell’azienda/ramo e contestualmente dispone che non si applichi l’art. 2560 co.2 c.c. (quindi niente responsabilità del cessionario per i debiti anteriori risultanti dalle scritture). Questa è la via privilegiata e consigliata nelle situazioni di crisi, perché offre protezioni sia al compratore (niente debiti pregressi salvo quelli verso lavoratori) sia al venditore e ai creditori (consolidamento della vendita, procedure competitive per garantire il miglior prezzo, etc.). Il Codice stesso sottolinea la convenienza di questa opzione definendola – come visto – la modalità tipica, riservando la cessione ordinaria a ipotesi eccezionali dove, ad esempio, i creditori vengono comunque soddisfatti integralmente e l’azienda è venduta dopo la conclusione della composizione.
Nel prosieguo ci focalizzeremo sulla cessione autorizzata dal tribunale, che rappresenta la peculiarità della composizione negoziata rispetto al diritto comune. Analizzeremo passo per passo: i presupposti sostanziali richiesti, l’iter procedurale davanti al tribunale, le garanzie di trasparenza (principio di competitività), gli effetti prodotti dall’autorizzazione (in termini di esonero debiti e stabilità anti-revocatoria), il ruolo dell’esperto e il coordinamento con le trattative, nonché gli obblighi verso lavoratori e creditori nella cornice di tale operazione. Illustreremo inoltre gli orientamenti emersi nelle prime pronunce giurisprudenziali su questo tema. Cominciamo dai presupposti e condizioni dettati dall’art. 22 CCII.
Presupposti per l’autorizzazione alla cessione d’azienda (art. 22, comma 1, lett. d, CCII)
L’art. 22 CCII, al comma 1, lettera d), prevede che “su richiesta dell’imprenditore” il tribunale (competente è quello del luogo dove l’impresa ha sede, in composizione monocratica) può autorizzare il trasferimento dell’azienda o di uno o più rami in qualsiasi forma, senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2 c.c., dettando all’occorrenza misure a tutela degli interessi coinvolti; resta fermo l’art. 2112 c.c.; il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente. Questa disposizione, abbastanza densa, contiene diversi elementi: una condizione generale (“verificata la funzionalità… e la migliore soddisfazione dei creditori”), due requisiti specifici (continuità aziendale e miglior soddisfacimento), un richiamo al principio di competitività, l’indicazione che il giudice può imporre misure protettive degli interessi in gioco, e l’esclusione degli effetti dell’art. 2560 c.c. mantendendo però fermi i diritti dei lavoratori ex art.2112. Esaminiamo con ordine i presupposti sostanziali richiesti per ottenere l’autorizzazione:
- Funzionalità rispetto alla continuità aziendale: Il tribunale deve valutare che la cessione proposta sia funzionale alla continuità aziendale dell’attività economica. Ciò significa che l’operazione deve evitare la dispersione dei valori dell’azienda e garantire che l’attività prosegua, seppur in mano ad un nuovo soggetto. In altre parole, la vendita deve essere finalizzata a preservare l’azienda come “going concern”, non a smembrarla. Questo requisito riflette la finalità stessa della composizione negoziata: il legislatore vuole incentivare soluzioni che mantengano in vita l’impresa (o parti di essa) rispetto a scenari liquidatori distruttivi. Ad esempio, vendere un ramo produttivo a un competitor che lo integra e lo fa proseguire è funzionale alla continuità; viceversa, una vendita atomistica dei singoli beni a fini puramente liquidatori difficilmente soddisfa questo criterio (salvo il caso in cui la continuità non sia oggettivamente possibile). Nota: la continuità non deve necessariamente essere realizzata dal cedente – che magari cessa l’attività – ma dal cessionario. L’importante è che il complesso aziendale non venga spento ma prosegua, anche se sotto nuova proprietà. L’esperto nella sua relazione e l’imprenditore nell’istanza dovranno evidenziare come la cessione garantisca questa continuità (ad esempio: l’acquirente intende assumere i dipendenti e proseguire la produzione per almeno X anni, mantenendo marchio e linee attive).
- Migliore soddisfazione dei creditori: L’altro criterio fondamentale è che la cessione d’azienda offra la migliore soddisfazione possibile dei creditori rispetto alle alternative. Il tribunale deve essere convinto che vendere l’azienda (alle condizioni proposte) consenta ai creditori di ottenere un recupero dei crediti più elevato o più tempestivo di quello che otterrebbero in uno scenario alternativo realistico (ad esempio la liquidazione fallimentare dell’impresa, o un concordato in continuità differente, ecc.). In pratica, occorre effettuare una sorta di test del migliore interesse dei creditori: confrontare il piano di soddisfacimento grazie alla vendita con il presumibile esito per i creditori se la vendita non avvenisse. Se l’azienda è in crisi grave, l’alternativa di default è spesso il fallimento (liquidazione giudiziale) o la cessazione dell’attività: il tribunale valuterà quindi quanto i creditori potrebbero ricavare in un fallimento (vendendo l’azienda o i beni in sede fallimentare) e quanto invece ricavano con la vendita proposta in composizione negoziata. Se la proposta appare vantaggiosa (ad esempio perché il prezzo offerto è maggiore di quanto si stima si otterrebbe in asta fallimentare, o perché magari i creditori concorrono in un concordato con una certa percentuale pagata grazie al prezzo), allora la condizione è soddisfatta. Importante: la norma parla di “migliore soddisfazione possibile”, non “totale” soddisfazione. Ciò significa che non è necessario pagare integralmente tutti i creditori (cosa spesso impossibile se l’azienda è decotta), ma occorre massimizzare il risultato per loro. È anche implicito che la valutazione sia ex ante, cioè il tribunale deve fare una prognosi ragionevole basata su perizie o stime (spesso fornite dall’esperto o dal debitore stesso). In giurisprudenza si sottolinea che deve trattarsi della migliore soddisfazione praticamente realizzabile: non serve ottenere la “massima” teorica, ma la migliore tra le opzioni concretamente percorribili. Ad esempio, Tribunale di Piacenza (decr. 1.6.2023) ha evidenziato l’idoneità dell’offerta ricevuta a perseguire il risanamento e insieme la migliore (non necessariamente massima) soddisfazione dei creditori.
- Concomitante presenza dei due requisiti: Va sottolineato che entrambi i requisiti sopra (continuità e miglior soddisfacimento) devono sussistere cumulativamente. Il tribunale li valuta in modo congiunto – come indica la congiunzione “e” nella norma – e li considera di pari importanza. Ciò implica, ad esempio, che non sarebbe autorizzabile una vendita che soddisfa i creditori ma comporta la chiusura immediata dell’attività (perché mancherebbe la continuità), né una che preserva la continuità ma distribuirebbe ai creditori meno di quanto potrebbero ottenere liquidando diversamente (perché allora non è la migliore soddisfazione). Fortunatamente, i due obiettivi spesso coincidono: mantenere l’azienda viva di solito aumenta il valore recuperabile (un’azienda “in funzionamento” vale più dei beni smembrati).
- “Atto nell’ambito del piano di risanamento”: Anche se non esplicitato nell’art. 22, la prassi e la logica suggeriscono che la cessione d’azienda debba inserirsi coerentemente nel percorso di risanamento delineato dall’imprenditore. In altre parole, vendere l’azienda non deve essere un fatto estemporaneo scollegato dalle trattative: idealmente, dev’essere la soluzione individuata mediante le trattative con i creditori, o quantomeno una componente di tale soluzione. Questo emerge pure dall’art. 23 CCII, che include tra le possibili conclusioni delle trattative la cessione di beni o l’azienda. Pertanto, l’istanza al tribunale dovrà spiegare come la vendita si inquadra nel piano generale: ad esempio, potrebbe far parte di un piano attestato (l’esperto attesta che vendendo a X si generano risorse per pagare i creditori e risanare la parte residuale), oppure preludere a un concordato (vendo l’azienda e con il ricavato propongo un concordato ai creditori), o ancora essere accompagnata da accordi con i creditori su come ripartire il prezzo.
In pratica, per soddisfare questi presupposti l’imprenditore e l’esperto predispongono un dossier a supporto dell’istanza di autorizzazione contenente: una descrizione dell’operazione (chi compra, cosa, a che prezzo e condizioni), una relazione economica che confronti tale prezzo con valutazioni indipendenti dell’azienda (es. perizia di stima) e con scenari alternativi (valore di realizzo in liquidazione forzata), un piano di utilizzo del corrispettivo (come saranno soddisfatti i creditori, eventualmente chi verrà pagato e in che misura), e una dichiarazione dell’esperto che supporti la richiesta (il tribunale di norma vuole conoscere il parere del esperto nominato: se l’esperto è favorevole e ritiene i requisiti soddisfatti, lo farà presente in una relazione o nell’ambito dell’udienza). Ad esempio, nel caso Tribunale di Milano, decr. 12 agosto 2023, relativo alla cessione di rami d’azienda di una società in composizione negoziata, il parere positivo dell’esperto è stato valorizzato: l’esperto ha confermato che l’operazione era vantaggiosa e in udienza ha ribadito il proprio giudizio positivo. Il giudice ha sottolineato che ciò, assieme all’audizione delle parti interessate, ha consentito un quadro informativo completo per decidere.
Va evidenziato che l’art. 22 non menziona espressamente la convenienza del prezzo in termini assoluti, ma è implicita nella valutazione del miglior soddisfacimento dei creditori: se il prezzo fosse iniquo o troppo basso, non sarebbe nel migliore interesse dei creditori vendere a quelle condizioni. Perciò, i tribunali esaminano criticamente il corrispettivo: spesso richiedono che sia allegata una stima dell’azienda (effettuata da un perito indipendente) per confrontarla con l’offerta ricevuta. Inoltre, come vedremo tra poco, la normativa impone il principio di competitività nella scelta del compratore, proprio per assicurare che il prezzo sia il migliore ottenibile sul mercato.
Il procedimento: ricorso, intervento del tribunale e misure a tutela degli interessi coinvolti
Vediamo ora l’aspetto procedurale: come si ottiene l’autorizzazione alla cessione e quali poteri ha il tribunale nella conduzione del procedimento.
- Ricorso dell’imprenditore: È l’imprenditore (o i legali rappresentanti, se società) che deve presentare ricorso al tribunale, nell’ambito della composizione negoziata, chiedendo l’autorizzazione alla cessione ex art.22. Il procedimento è camerale (si applicano gli artt. 737 ss. c.p.c., per quanto compatibili, come indicato dall’art. 22 co.2 CCII). Il ricorso va depositato al tribunale competente per il luogo in cui l’impresa ha la sede principale (lo stesso che eventualmente ha concesso misure protettive). Nel ricorso vanno indicati i motivi della richiesta, la descrizione dell’operazione di cessione proposta e, come detto, dimostrati i requisiti (continuità, vantaggio per creditori). Solitamente si allegano:
- Il contratto preliminare di cessione o una lettera d’intenti/offerta irrevocabile dell’acquirente, in cui questi si impegna ad acquistare a certe condizioni (spesso subordinando l’efficacia all’autorizzazione stessa). Ad esempio, nel caso Grancasa (Trib. Milano, 2023) le società ricorrenti avevano già sottoscritto un term sheet con l’offerente fin dal marzo 2022, delineando il percorso di risanamento e l’operazione di cessione.
- Un piano di risanamento aggiornato che ingloba la cessione. Nel caso citato, inizialmente era stato predisposto un piano che però non ha “performato” e ha generato perdite, sicché è intervenuta una modifica del piano proprio in funzione di una manifestazione di interesse di un acquirente. Questo evidenzia che la decisione di cedere l’azienda può maturare durante le trattative e portare ad un nuovo piano incentrato sulla cessione.
- L’elenco dei creditori e la specifica di come si intende impiegare il prezzo di vendita (ad esempio: pagamento integrale di alcuni creditori strategici, parziale di altri, costituzione di riserve per eventuali contenziosi, ecc.).
- Eventuali pareri: tipicamente il parere dell’esperto indipendente. Non è obbligatorio per legge allegare un parere formale dell’esperto, ma è prassi molto opportuna. Molti tribunali richiedono che l’esperto esprima la sua opinione sull’operazione (in forma scritta o orale in udienza), considerandolo ausilio essenziale (l’esperto conosce la situazione dell’impresa e le trattative meglio di tutti). Ad esempio, nel decreto di Milano 12/8/2023 il giudice riferisce che l’esperto ha valutato positivamente l’operazione e in udienza ha ribadito tale giudizio.
- Documenti di supporto: bilanci, situazione finanziaria aggiornata, eventuale perizia giurata di stima dell’azienda (soprattutto se la cessione non avviene tramite gara ma con acquirente già individuato, per dimostrare che il prezzo è congruo). Nel decreto Tribunale di Parma 4/11/2022 (uno dei primi casi di autorizzazione), il giudice ha nominato un ausiliario/perito per valutare l’offerta, ma ha notato che l’esperto aveva già effettuato valutazioni approfondite e quindi ha proceduto senza ausiliare. L’art.22 consente di nominare un ausiliario ex art.68 c.p.c. se servono accertamenti tecnici, ma spesso ci si affida all’esperto.
- Notifica e “parti interessate”: L’art. 22 prevede che il tribunale, sentite le parti interessate e raccolte le info necessarie, decida. Chi sono le “parti interessate”? Sicuramente l’imprenditore istante e l’eventuale acquirente proposto; inoltre rientrano i principali creditori (soprattutto quelli che potrebbero essere pregiudicati o che hanno diritti particolari: ad es. banche con ipoteche su beni aziendali, il fisco per crediti erariali se rilevanti, eventuali soci se la vendita incide su patti parasociali, etc.). Il tribunale di norma fissa un’udienza camerale in cui invita ad intervenire: l’imprenditore (assistito da legale), l’esperto nominato nella composizione negoziata, l’acquirente (o i suoi rappresentanti) e i creditori principali. Ad esempio, nel caso Grancasa a Milano, risulta che all’istanza fosse allegata la conferma e proroga delle misure protettive già concesse e che nell’ambito delle trattative erano già stati coinvolti i creditori finanziari e soci. Dunque il tribunale sapeva che i creditori chiave erano al corrente. In altri casi, il giudice dispone la notifica del ricorso ai creditori o almeno li convoca in udienza per raccogliere osservazioni. L’obiettivo è rispettare il contraddittorio e anche recepire eventuali contributi: ad esempio, un creditore potrebbe segnalare un’offerta concorrente o chiedere garanzie sul prezzo. Il tribunale valuta anche se tutti i creditori debbano necessariamente essere coinvolti: secondo alcuni giudici non è indispensabile sentire ogni singolo creditore (soprattutto se sono tanti) purché siano coinvolti quelli rilevanti e rappresentativi. Ad esempio, un tribunale ha osservato che “non tutti i creditori devono essere coinvolti nella composizione negoziata”, lasciando intendere che si può sentire solo il cosiddetto ceto creditorio con cui si stanno conducendo le trattative.
- Ruolo del tribunale in udienza: Nell’udienza camerale, il giudice raccoglie gli elementi: sente l’imprenditore (che motiverà la richiesta), ascolta il parere dell’esperto e le posizioni dei creditori presenti e dell’acquirente. Se servono approfondimenti, può rinviare per acquisire documenti integrativi o, come detto, nominare un ausiliario per valutazione tecnica (quest’ultimo raro). Al termine, sciolta la riserva, emana un decreto motivato (ex art. 22 co.2 CCII) accogliendo o rigettando l’istanza. Il decreto è pronunciato in composizione monocratica (da un singolo giudice) ma è reclamabile: il reclamo si propone al tribunale in composizione collegiale, dal quale però è escluso il giudice che ha emanato il primo provvedimento. Il decreto autorizzativo, se positivo, conterrà: l’enunciazione che ricorrono i presupposti di legge, l’indicazione dell’atto autorizzato (es. “si autorizza la società Alfa S.p.a. a trasferire l’azienda denominata XY a Beta S.r.l. alle condizioni di cui al contratto preliminare prod. in atti”), l’ordine di non applicare l’art.2560 co.2 c.c. (quindi esonero debiti), eventuali condizioni o misure accessorie che il tribunale ritiene opportune per tutelare gli interessi in gioco.
- Misure a tutela degli interessi coinvolti: L’art. 22 infatti dice che il tribunale può “dettare le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate, al fine di tutelare gli interessi coinvolti”. Si tratta di un ampio potere discrezionale che consente al giudice di modulare l’operazione per garantire equità e bilanciamento. In base ai primi casi pratici, queste misure possono includere:
- Modalità competitive per la vendita: se l’operazione non è stata preceduta da un’asta o gara pubblica, il giudice può disporre di effettuare comunque una pubblicazione di un invito ad offrire prima di procedere alla cessione definitiva. Ad esempio, il Tribunale di Parma (decreto 4.11.2022), di fronte ad un affittuario già individuato con offerta di acquisto, ha comunque ordinato la pubblicazione per 20 giorni di un annuncio per sollecitare eventuali offerte concorrenti alle medesime condizioni. In quell’occasione il tribunale ha autorizzato la vendita ma riservandosi con separato decreto di fissare le condizioni di procedura competitiva (quindi una sorta di gara aperta per un periodo limitato). Questa prassi segue quanto avviene nei concordati, dove anche in presenza di offerte già negoziate si fa spesso un market test.
- Condizioni sospensive o risolutive: il tribunale potrebbe legare l’efficacia dell’autorizzazione al verificarsi di certe condizioni. Ad esempio: “autorizzo la vendita purché entro 30 giorni non pervengano offerte migliorative superiori del X%”. Oppure: “autorizzo salvo che intervenga opposizione motivata di un creditore entro Y giorni” (anche se formalmente, dopo il decreto, i creditori avrebbero il reclamo come strumento).
- Destinazione del corrispettivo: una misura molto importante è disporre come devono essere gestite le somme ricavate dalla cessione. Spesso i tribunali ordinano che il prezzo di vendita venga depositato su un conto vincolato (ad es. intestato all’imprenditore ma soggetto all’assenso dell’esperto per i movimenti) in attesa di essere utilizzato secondo il piano concordato. Questa precauzione serve a evitare che, una volta venduta l’azienda e incassato il prezzo, l’imprenditore possa distrarre le somme o pagarle in modo non conforme a quanto prospettato ai creditori. In pratica crea un “escrow” sotto vigilanza. Nel caso Tribunale Parma citato, il decreto disponeva che le somme derivanti dalla cessione fossero depositate su conto corrente intestato all’imprenditore ma vincolato all’autorizzazione dell’esperto. Ciò garantisce che il ricavato verrà poi destinato correttamente (ad esempio per pagare i creditori concordati o per depositarlo in un eventuale concordato).
- Garanzie di pagamento per i creditori: il giudice potrebbe richiedere all’acquirente di assumersi alcuni debiti specifici come condizione (es. pagamento integrale dei debiti verso fornitori strategici o verso i lavoratori). Oppure potrebbe imporre al cedente di garantire in qualche modo i creditori residui (anche se di solito il cedente è insolvente, quindi tale misura è teorica). Più realistico è chiedere che l’acquirente versi una caparra o cauzione a garanzia dell’impegno di acquisto, onde evitare che successivamente si tiri indietro senza motivo.
- Tutela di soci o terzi: se la vendita incide sui diritti di soci di minoranza (es. si cede l’unico asset di una società, di fatto liquidandola), il tribunale potrebbe disporre il rispetto di tutele societarie (assemblee, ecc.) oppure nominare un esperto valutatore per confermare che il prezzo non lede il patrimonio sociale (questo specie se ci sono soci non d’accordo).
In generale, queste misure servono a pianeggiare il campo e dare equità e trasparenza all’operazione, simile a come avverrebbe se l’azienda fosse venduta in una procedura concorsuale. Lo scopo, come affermato dalla giurisprudenza, è rendere la vendita in composizione negoziata paragonabile ad una cessione competitiva endoconcorsuale, solo anticipata in fase pre-concorsuale. La “funzione anticipatoria” dell’atto autorizzato ex art.22 è infatti proprio questa: realizzare prima della formale apertura di un fallimento una vendita con caratteristiche di sicurezza e definitività simili a quelle che avrebbe se fosse fatta durante una procedura concorsuale.
Un aspetto da chiarire: il decreto di autorizzazione è esso stesso un provvedimento che rimuove un limite di legge (art.2560 c.c.) e dà efficacia protettiva all’atto, ma non sostituisce l’atto di vendita. Cioè, il contratto di cessione d’azienda dovrà comunque essere concluso tra le parti (davanti al notaio) – se non già firmato come preliminare – e avrà efficacia propria. Il decreto autorizzativo è una condizione che si aggiunge per far scattare gli effetti esonerativi. Infatti si dice che l’autorizzazione “non è necessaria per la validità e la piena efficacia del contratto traslativo” (il contratto sarebbe valido anche senza, tra le parti), ma è necessaria per far conseguire all’acquirente il beneficio dell’esenzione dai debiti ex art.2560 co.2 c.c.. In altre parole, il decreto serve solo a rimuovere quella responsabilità legale del cessionario per i debiti pregressi. E, aggiungiamo, a garantirne la stabilità futura (esenzione da revocatoria). Quindi tecnicamente l’autorizzazione è una sorta di “bollino” di legittimità che, se presente, qualifica la cessione come avvenuta in contesto protetto.
Principio di competitività: selezione trasparente dell’acquirente
La legge impone espressamente che il tribunale verifichi il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente. Questo vincolo è fondamentale e costituisce una novità rispetto alle trattative strettamente private: in altre parole, non basta trovare un compratore e concordare un prezzo qualunque; occorre assicurarsi che la scelta del cessionario sia avvenuta in modo trasparente e competitivo, cioè che sia effettivamente il miglior offerente o comunque che si sia data la possibilità ad altri potenziali interessati di farsi avanti. Lo scopo, evidente, è evitare favoritismi o vendite sottocosto “a porte chiuse” e garantire che il prezzo realizzato sia il massimo possibile a beneficio dei creditori.
Cosa significa in pratica rispettare il principio di competitività? Dalla prassi emergono alcune modalità:
- L’ideale è che l’imprenditore e l’esperto organizzino già durante la composizione negoziata una procedura competitiva: ad esempio, pubblicando un avviso (sul sito della Camera di Commercio o su quotidiani economici) in cui si mette in vendita l’azienda o il ramo, invitando manifestazioni di interesse entro un certo termine. Oppure contattando attivamente più soggetti potenzialmente interessati (concorrenti, investitori, fornitori strategici, ecc.) e raccogliendo offerte concorrenti.
- Se ciò è stato fatto, nel ricorso andrà descritto: “sono state ricevute X offerte, quella selezionata è la migliore”, allegando magari le offerte o una comparative table con i punteggi. L’esperto nel suo ruolo può aiutare a condurre questa mini-gara. Per esempio, si può indire una data room e richiedere offerte vincolanti. Questo simula ciò che avverrebbe in un concordato con procedura competitiva ex art.91 CCII, ma senza la rigidità formale: la composizione negoziata consente anche trattative dirette, però a quell’ultimo stadio conviene formalizzare un processo di confronto delle offerte.
- Ci sono casi in cui invece l’acquirente arriva spontaneamente (manifestazione di interesse unica). In tali situazioni, è opportuno comunque testare il mercato: se i tempi lo consentono, l’esperto può suggerire di pubblicizzare l’offerta in modo da vedere se ne emergono altre. Se i tempi sono stretti (es. l’azienda rischia di perdere valore se non si vende subito) il tribunale potrebbe autorizzare comunque, ma di norma viene richiesta almeno una verifica di mercato. Tribunale di Piacenza (2023) ha affermato chiaramente che la presenza del requisito di competitività “rafforza la similitudine tra il trasferimento in sede di composizione negoziata e la cessione competitiva endoconcorsuale”. Quindi ormai i giudici trattano queste vendite come vendite concorsuali, dove la gara è la regola.
- Se l’imprenditore non ha fatto la gara prima, come visto, il tribunale può supplire ordinando esso stesso la pubblicazione di un invito ad offrire per un breve periodo, prima di dare efficacia finale all’autorizzazione. Ad esempio, in Trib. Parma 2022: c’era un affittuario intenzionato all’acquisto; il giudice ha comunque imposto 20 giorni di pubblicità a eventuali altri acquirenti alle stesse condizioni (dopo 20 giorni senza offerte maggiori, la vendita è stata completata). Questo per assolvere al principio di competitività.
Il livello di formalizzazione della competitività può variare: non è richiesto necessariamente un bando d’asta stile fallimento, ma è importante poter documentare che la cerchia di possibili interessati è stata esplorata. Non è sufficiente dire “nessun altro era interessato” senza provare di averli cercati. Un caso particolare: se l’acquirente proposto è una società collegata (es. un socio dell’impresa, un parente dell’imprenditore, etc.), il giudice sarà ancora più rigoroso nel pretendere una evidenza di mercato (per fugare il sospetto di vendita “familiare” a prezzo di favore).
Da notare che il principio di competitività non significa necessariamente che va accettata l’offerta col prezzo più alto in assoluto, se questa eventualmente non garantisse la continuità o presentasse altre criticità. Ma in generale prezzo e condizioni economiche sono il driver principale. Nell’ambito della composizione negoziata, probabilmente la comparazione tra offerte includerà anche valutazioni qualitative (p.es. un’offerta potrebbe essere leggermente più bassa ma garantire occupazione a tutti i lavoratori, quindi considerata preferibile in un contesto di risanamento). Idealmente, comunque, l’esperto e l’imprenditore dovrebbero cercare di far competere gli interessati anche sugli aspetti qualitativi (impegni sulla continuità, mantenimento sedi, ecc.), inserendo questi parametri nell’invito a offrire.
La giurisprudenza finora ha sempre enfatizzato la necessità di tale confronto concorrenziale: “elemento che rafforza la similitudine tra il trasferimento in sede di composizione negoziata e la cessione competitiva endoconcorsuale”. È stato osservato come senza competitività l’operazione rischierebbe di essere vista come una cessione “privatistica” normalissima, e quindi priva di quel carattere di necessarietà per il risanamento che giustifica i benefici concessi (esonero debiti, etc.).
In pratica: prima di vendere in composizione negoziata, assicurarsi di aver esplorato il mercato e raccolto la migliore offerta, altrimenti il giudice potrebbe rinviare o condizionare l’autorizzazione.
Effetti dell’autorizzazione: esonero dai debiti pregressi e consolidamento dell’atto
Ottenuto il decreto di autorizzazione e completata la stipula dell’atto di cessione (o divenuto definitivo un preliminare condizionato all’autorizzazione), quali sono gli effetti giuridici che ne discendono? Li possiamo riassumere in tre punti fondamentali:
- Esonero del cessionario dalla responsabilità per i debiti anteriori ai sensi dell’art. 2560, co.2 c.c.: È l’effetto forse più immediato e importante per l’acquirente. Come già spiegato, normalmente chi compra un’azienda commerciale risponde in solido dei debiti aziendali del cedente risultanti dalle scritture contabili obbligatorie. Grazie all’autorizzazione ex art.22, ciò non accade: il decreto del tribunale rimuove l’applicazione dell’art. 2560 co.2. Quindi il cessionario può acquistare l’azienda libero dai debiti pregressi (eccetto quelli verso i lavoratori, che restano a suo carico in solido col cedente). Questo non significa che i debiti scompaiono: rimangono in capo al cedente (la vecchia società), che però verosimilmente dovrà regolarli tramite accordi, concordato o eventualmente in procedura fallimentare. Ma i creditori non potranno farne richiesta al nuovo proprietario. Tecnicamente, il decreto del tribunale ha efficacia dichiarativa in tal senso e vincola i creditori. Per esempio, se c’è un debito verso fornitore Alfa registrato a bilancio del cedente: senza autorizzazione, Alfa potrebbe chiedere pagamento anche al cessionario; con l’autorizzazione, Alfa non può farlo e dovrà rivalersi solo sul cedente (o su eventuali garanzie date sul prezzo). In sostanza, l’azienda passa “pulita” al nuovo soggetto, che riparte senza zavorre di debito (tranne appunto obblighi verso dipendenti in continuità). Questa esenzione è un fortissimo incentivo a trovare acquirenti in fase di crisi: viene replicato in anticipo ciò che accadrebbe in fallimento (dove l’acquirente non risponde dei debiti pregressi del fallito). Come affermato in dottrina, “l’autorizzazione serve a rimuovere gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2 c.c.”, consolidandosi anche in caso di successiva procedura concorsuale.
- Stabilità e definitività della vendita (tutela anti-revocatoria): Un secondo effetto fondamentale, sancito dall’art. 24 CCII, è che la cessione d’azienda autorizzata conserva i propri effetti anche se l’impresa cedente in seguito entra in procedura concorsuale (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo, accordo di ristrutturazione omologato, ecc.). In altre parole, se dopo la composizione negoziata l’azienda venduta fallisce comunque (ad es. perché il prezzo non copriva tutti i debiti residui), il curatore fallimentare non potrà far annulare o contestare la vendita. L’atto è “consolidato”. Ciò viene esplicitato in termini di esonero da azioni revocatorie: l’art.24 co.1 CCII di fatto dispone che agli atti autorizzati ex art.22 non si applicano le norme sulle revocatorie fallimentari. Quindi il curatore non potrà agire per far dichiarare inefficace la vendita in quanto atto anteriore al fallimento pregiudizievole. Normalmente, vendere un asset importante nei mesi prima del fallimento è terreno fertile per revocatoria (specie se a prezzo non di mercato o per favorire qualcuno); ma qui la vendita è stata controllata dal giudice prima, ergo è protetta. Anche la revocatoria ordinaria (quella prevista dal codice civile per atti in frode ai creditori, entro 5 anni) è esclusa, stante la valutazione già fatta del miglior interesse dei creditori. Ad esempio, se un creditore non soddisfatto volesse impugnare l’atto ai sensi dell’art.2901 c.c., non potrebbe farlo se c’è stata l’autorizzazione (essa dimostra che l’atto non è in frode ma anzi nell’interesse della massa creditoria). Dunque, il cessionario può confidare che l’acquisto non verrà messo in discussione: egli ottiene una sorta di titolo definitivo. Anche eventuali gravami o iscrizioni pregiudizievoli sull’azienda (es. ipoteche, pegni su beni aziendali) come si coordinano? Invero l’art.22 non dichiara esplicitamente la vendita “purgativa di ipoteche” (come invece avviene nelle vendite fallimentari ex art. 2923 c.c. e 216 CCII). Tuttavia, spesso accade che con il decreto autorizzativo il tribunale ordini la cancellazione di eventuali gravami sui beni trasferiti (specie se beni immobili o macchinari ipotecati), considerando il soddisfacimento dei creditori privilegiati con parte del prezzo. Molti studiosi ritengono che l’autorizzazione ex art.22 configuri la cessione come assimilabile ad una vendita giudiziaria, quindi con effetti purgativi anche dei vincoli reali (ma su ciò potrebbe influire la presenza o meno di soddisfacimento del creditore garantito). In mancanza di chiarimento normativo espresso, è prudente occuparsi nel contratto di prevedere la liberazione dai gravami (ad es. parte del prezzo va a estinguere mutui ipotecari, così le ipoteche saranno cancellate). Sta di fatto che, se pure un’ipoteca residua, il curatore fallimentare dopo non potrebbe far revocare la vendita, semmai quell’ipoteca rimane a garantire il creditore sulla parte di prezzo spettantegli. Il consolidamento degli effetti riguarda non solo la vendita in sé ma anche gli atti esecutivi connessi: es. se c’è stato un affitto di azienda funzionale alla cessione e l’esperto era d’accordo, anche quello affitto non sarà revocabile (a contrariis, l’art.24 co.3 CCII dice che sono soggetti a revocatoria gli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel dissenso dell’esperto, quindi se l’affitto fosse stato fatto contro il parere dell’esperto sarebbe revocabile; questo lascia intendere che se fu con parere favorevole, non lo è).
- Effetti sulla prosecuzione della composizione o sue conclusioni: L’art.22 co.1-bis introdotto nel 2024 chiarisce che l’attuazione dell’autorizzazione può avvenire anche successivamente alla chiusura delle trattative. Ciò significa che la composizione negoziata può anche concludersi formalmente e poi, ad esempio nell’ambito di un accordo di ristrutturazione, si procede alla cessione autorizzata. Oppure che il tribunale possa autorizzare durante le trattative ma con l’indicazione che l’atto verrà compiuto subito dopo la loro conclusione (magari perché i creditori vogliono prima la firma di un accordo transattivo e poi la vendita). Dal punto di vista dell’esperto, quando la vendita è autorizzata e magari attuata, il suo compito può dirsi esaurito se contestualmente i creditori trovano soddisfazione. Ad esempio, potrebbe succedere che la cessione d’azienda sia l’unica operazione e una volta incassato il prezzo, i creditori vengano pagati e l’impresa (ora divenuta magari una scatola vuota senza azienda) venga messa in liquidazione volontaria. In tal caso la composizione negoziata si chiude con un esito positivo: l’esperto nella relazione finale attesterà che i creditori sono stati soddisfatti (in tutto o in parte secondo accordi) grazie alla vendita. In altri scenari, la vendita potrebbe non coprire tutti i debiti: allora la composizione potrebbe transitare in un concordato semplificato per liquidare il residuo, oppure – se proprio non c’è soluzione – l’imprenditore potrebbe finire in liquidazione giudiziale. In ogni caso, la vendita resta ferma. Art.24 CCII, co.1 elenca espressamente tutte le procedure successive in cui l’atto resta valido: accordo di ristrutturazione omologato, concordato preventivo omologato, piano di ristrutturazione omologato (ex art.64-bis), liquidazione giudiziale, concordato semplificato, ecc.. Ciò copre praticamente ogni esito possibile dopo la composizione negoziata. Quindi, per fare esempi concreti:
- L’azienda è venduta a Tizio con autorizzazione; l’impresa cedente usa i soldi per fare un accordo di ristrutturazione con omologa (pagando 40% ai chirografari, esdebitandosi del resto) → l’atto di vendita è ovviamente confermato dall’omologa, nessun creditore potrà attaccarlo.
- L’azienda è venduta ma i creditori non trovano accordo; la società cedente fallisce dopo 6 mesi → il curatore non può revocare la vendita; l’acquirente Tizio mantiene l’azienda e non subisce azioni (salvo dover restituire eventuali beni non compresi, ma improbabile; più facile che il curatore reclami se mai una integrazione di prezzo se emergesse collusione, ma avendo il giudice autorizzato, la collusione è esclusa).
- L’azienda è venduta e la società propone un concordato semplificato offrendo ai creditori il ricavato → il tribunale dell’omologa del concordato semplificato non avrà motivo di mettere in dubbio la cessione (anzi, l’ha resa possibile l’accesso a quella procedura).
- L’azienda è venduta, ma purtroppo l’acquirente Tizio dopo 1 anno si trova male e rivende a Caio, e la società originaria è ancora insolvente → anche con questi passaggi, l’atto originario rimane valido erga omnes.
In breve, l’autorizzazione cristallizza la legittimità della cessione nel tempo. Questa sicurezza è stata evidenziata in dottrina e prassi: “Ai sensi dell’art. 24 CCII il trasferimento dell’azienda autorizzato dal tribunale ex art.22 CCII conserva i propri effetti nel caso di successiva apertura di accordo di ristrutturazione, concordato preventivo, piano di ristrutturazione omologato, liquidazione giudiziale, concordato semplificato, etc., ed è quindi esente dall’azione revocatoria ordinaria e fallimentare”.
Da ultimo, ricordiamo di nuovo l’effetto sui lavoratori: l’art.22 precisa “resta fermo l’art.2112 c.c.”, il che è un modo formale per dire che nessun effetto dell’autorizzazione può ledere i diritti dei dipendenti trasferiti. Quindi, a differenza dei creditori (che perdono la possibilità di rivalersi su chi acquista), i dipendenti mantengono intatta la possibilità di far valere i loro crediti anche verso il nuovo datore. Ad esempio, Caio compra l’azienda con autorizzazione, l’azienda cedeva ha 3 mensilità arretrate non pagate ai dipendenti: i lavoratori potranno pretendere quelle 3 mensilità anche da Caio (oltre che dal vecchio datore), perché su questo la legge non ammette esonero. Ciò può sembrare un disincentivo per Caio, ma riflette la priorità sociale data alla tutela del lavoro. In pratica però Caio nella trattativa di acquisto certamente avrà tenuto conto di questi debiti verso i dipendenti: o avrà preteso che il prezzo li scontasse, o avrà richiesto al venditore di pagarli col prezzo, oppure li pagherà lui concordando con i sindacati eventuali transazioni. Il tribunale qui non può derogare, quindi questo punto resta a contrattazione privata (anche perché i lavoratori di norma non partecipano al contraddittorio in camera di consiglio, a meno che non siano anch’essi creditori per TFR o simili).
Possiamo quindi affermare che una cessione d’azienda autorizzata nella composizione negoziata è assai vicina, nei suoi effetti, a una cessione in procedura concorsuale (ad esempio in un concordato o fallimento): il cessionario prende l’azienda libera dai debiti (eccetto quelli di lavoro che, anche in concordato in continuità, spesso continuano con l’azienda), e l’atto è definitivo. Ciò completa il quadro dei benefici:
Sintesi Tabellare – Cessione d’azienda ordinaria vs. Cessione d’azienda autorizzata ex art.22 CCII
Caratteristica Cessione d’azienda ordinaria Cessione d’azienda autorizzata (art.22 CCII) Responsabilità del compratore per debiti pregressi Sì (ex art. 2560 co.2 c.c., debiti risultanti da contabilità) – coobbligato col venditore. No (esonero totale dai debiti anteriori, salvi quelli verso lavoratori ex art.2112 c.c.). Tutela dei lavoratori (art.2112 c.c.) Applicabile (dipendenti passano al cessionario con continuità di diritti; respons. solidale cedente-cessionario per crediti di lavoro maturati). Applicabile integralmente (nessuna deroga: dipendenti mantengono diritti e coobbligazione del cessionario per i loro crediti). Modalità di scelta dell’acquirente Libera contrattazione privata (no obbligo legale di gara, salvo patti tra soci o clausole statutarie eventualmente). Principio di competitività vincolante: necessario mercato competitivo o evidenza di miglior offerente. Il tribunale verifica e può richiedere procedure di gara. Autorizzazioni/controlli preventivi Non richiesti (salvo settori regolati es. 626 TUB per banche, ecc.). Il contratto è immediatamente efficace tra le parti (pieno rischio di successiva insolvenza). Necessaria autorizzazione del tribunale previa verifica requisiti (continuità e miglior soddisfacimento creditori). Contratto efficace ma condizionato al decreto. Rischio di revocatoria fallimentare (in caso di fallimento del venditore entro 1-2 anni) Alto: se il venditore fallisce entro l’anno/due dalla cessione, il curatore può chiederne la revoca come atto a titolo oneroso se vi è scientia decoctionis o come atto anormale se prezzo incongruo (artt. 164 e 166 CCII). Nullo: l’atto autorizzato ex art.22 è esente da revocatoria ordinaria e fallimentare. Non impugnabile dal curatore (salvo frodi occulte). Possibilità di risoluzione/annullamento Eventuali azioni di annullamento contrattuale per vizi della volontà restano (ma rare). Analoghe, ma improbabili vista la supervisione giudiziale (difficile ipotizzare dolo o errore essenziale con giudice coinvolto). Effetti su creditori non pagati Possono aggredire l’azienda in mano al cessionario (pignoramenti) se il cessionario ne risponde ex 2560 o se hanno conservato garanzie reali su beni ceduti (es. ipoteca). I creditori anteriori perdono l’azienda come garanzia diretta, ma possono soddisfarsi sul prezzo ricavato (nel piano). Se qualcuno resta non pagato e porta il cedente a fallimento, non può comunque colpire i beni ceduti già, né il cessionario. Outcome per il venditore Mantiene incassi ma anche eventuali debiti residui. Se incassi insufficienti, può fallire e la vendita verrà scrutinata in sede fallimentare. Se incassi insufficienti, il venditore può comunque accedere a concordato semplificato o fallire, ma la vendita resta ferma. Venditore ha generalmente agito in buona fede e non subisce azioni su quell’atto.
(Legenda: venditore = imprenditore cedente; compratore = cessionario; CCII = Codice Crisi; TUB = Testo Unico Bancario)
Come si vede dalla tabella comparativa, l’istituto speciale ex art.22 CCII configura una cessione “protetta” a vantaggio soprattutto del compratore ma anche indirettamente dei creditori (che beneficiano del miglior prezzo ottenuto con gara e della continuità aziendale). In assenza di tale meccanismo, difficilmente un terzo accetterebbe di acquistare un’azienda in crisi sapendo di ereditare tutti i debiti: finirebbe per aspettare il fallimento per comprare dall’asta fallimentare (dove i debiti non si trasferiscono). Infatti la ratio dichiarata dell’art.22, come notato dal Tribunale di Piacenza, è proprio incentivare l’immediato acquisto da parte di potenziali interessati che altrimenti “sarebbero indotti ad attendere l’apertura di una procedura concorsuale per acquistare l’azienda in seno alla stessa, al fine di beneficiare dell’effetto purgativo tipico della vendita coattiva concorsuale”. La situazione di crisi o insolvenza imminente, diversamente, costituisce un forte disincentivo alle cessioni private, e la norma mira a rimuoverlo equiparando, in termini di vantaggi, la vendita pre-concorsuale a quella concorsuale.
Il ruolo dell’esperto e dei creditori nelle operazioni di cessione
Un paragrafo dedicato va riservato al ruolo dell’esperto indipendente e all’interazione con i creditori nella cessione d’azienda. Alcuni elementi li abbiamo già accennati, ma li riepiloghiamo sistematicamente:
- Esperto come facilitatore e garante di trasparenza: Dalla fase iniziale, l’esperto nominato nella composizione negoziata può svolgere un ruolo attivo nel processo di vendita. Egli conosce la situazione dell’impresa e il parco creditori, quindi può contribuire a individuare soggetti potenzialmente interessati all’acquisto (per esempio, se emergesse in trattativa che un creditore preferirebbe rilevare l’azienda invece di subire perdite, l’esperto può favorire tale sbocco). L’esperto vigila che l’operazione sia condotta in buona fede e nell’interesse di risanamento, segnalando eventuali condotte opportunistiche. Se l’imprenditore volesse vendere a un prezzo troppo basso a un suo amico, l’esperto avrebbe il dovere etico e pratico di opporsi (magari non formalmente con un veto che non ha, ma rifiutando di avallare l’istanza o informando i creditori della possibilità di un prezzo migliore). In generale, l’esperto spesso predispone egli stesso una sorta di mini-“bando” o avviso per sollecitare offerte, d’intesa con l’imprenditore. Anche nella predisposizione del ricorso ex art.22, l’esperto è figura chiave: il tribunale si fida molto della sua valutazione. Tribunale di Milano 12/8/2023 sottolinea che “il parere dell’esperto e l’audizione delle parti interessate consentono di considerare il quadro informativo sufficientemente completo ai fini delle valutazioni di legge”. Questo implica che un parere positivo e motivato dell’esperto può fare la differenza per convincere il giudice. Viceversa, se l’esperto fosse dissentiente, formalizzando il suo dissenso sulla piattaforma (art.18 CCII), il tribunale difficilmente autorizzerà l’atto, e se l’imprenditore lo compisse ugualmente fuori autorizzazione quell’atto sarebbe esposto a revocatoria ex art.24 co.3 CCII. Quindi, de facto, l’esperto ha una certa forma di veto morale.
- Esperto e garanzia di equilibrio: L’esperto deve anche vigilare sul bilanciamento tra le parti: ad esempio, potrebbe raccomandare al tribunale di subordinare la vendita a determinate tutele (es. deposito prezzo su conto vincolato, ecc.) se ritiene necessario proteggere i creditori. Può segnalare se qualche creditore è penalizzato ingiustamente dall’operazione. Il suo compito è facilitare un accordo, e la cessione d’azienda è un accordo complesso che deve idealmente soddisfare quanti più stakeholder possibile (creditori, lavoratori, imprenditore che magari rimane debitore residuo).
- Creditore come potenziale opponente o offerente: I creditori, nella composizione negoziata, non hanno diritti formali paragonabili a quelli di un comitato dei creditori in fallimento, ma hanno comunque potere di fatto: se sono scontenti, possono rifiutare accordi e far fallire l’impresa. Dunque l’imprenditore è incentivato a tenerli coinvolti e a spiegare l’utilità della cessione. Nella procedura di autorizzazione, i creditori possono far sentire la propria voce: ad esempio, potrebbero fare osservazioni critiche in udienza (“il prezzo è troppo basso, ci rimettiamo troppo, meglio fallire e vendere con asta”), oppure – ipotesi positiva – un creditore potrebbe dire “sono disponibile a convertire parte del mio credito in capitale dell’acquirente” o simili supporti. Se un creditore importante si oppone fortemente e propone una strada alternativa magari più vantaggiosa, il tribunale ne terrà conto. Per questo è buona prassi per l’imprenditore ottenere quanto più possibile l’appoggio (o almeno il non-opposizione) dei creditori chiave prima di andare in tribunale. Non a caso, spesso l’istanza di autorizzazione riferisce che i creditori principali sono consenzienti o hanno approvato la soluzione. Nel caso Grancasa (Mi 2023), ad esempio, si menziona che i ricorrenti hanno tessuto trattative con i creditori finanziari e soci, e l’operazione nasce da un termsheet del 20.3.2022 con loro. Questo indica che banche e soci erano d’accordo sul percorso di vendere rami per risanare. Se così non fosse, la banca avrebbe potuto far saltare l’accordo.
- Creditore come eventuale acquirente: Non dimentichiamo che un creditore potrebbe anche volersi fare avanti direttamente per comprare. Ciò non è affatto escluso: un istituto finanziario no, ma un fornitore strategico o un partner commerciale sì. In tal caso, è ancora più importante la competitività: non si può vendere a un creditore per chiudergli il debito senza vedere se altri offrono di più. Ma può succedere che il creditore, rinunciando al suo credito, di fatto proponga la migliore offerta netta (perché offre un prezzo + la rinuncia al credito che altri non farebbero). Questo è ammissibile, l’importante è trasparenza.
- Coinvolgimento dei lavoratori: Sebbene non espressamente richiesto nella procedura di autorizzazione (che parla di “parti interessate” intendendo più i creditori), è opportuno e in certi casi obbligatorio informare anche i rappresentanti dei lavoratori. Come detto, se >15 dipendenti, va attivata la consultazione sindacale ex art.47 L.428/1990. Ciò è parallelo alla composizione negoziata: tipicamente, l’imprenditore prima di concludere un accordo di cessione incontrerà i sindacati, magari con l’assistenza dell’esperto, per spiegare la situazione e negoziare eventuali condizioni di miglior favore (es. l’acquirente subentra ma chiede di ridiscutere integrativi aziendali o di non farsi carico di alcune passività, in cambio mantiene l’occupazione: i sindacati potrebbero accettare con un accordo). Dal punto di vista del tribunale, un esito positivo della consultazione sindacale è un ulteriore elemento che rassicura sulla tenuta sociale dell’operazione. Se invece i lavoratori protestassero vibratamente, potrebbero anche indire scioperi che mettono in fuga l’acquirente. Quindi va gestito con attenzione anche quell’aspetto – usualmente i tribunali non attendono l’esito formale della consultazione prima di autorizzare, perché l’art.22 non lo impone come condizione, ma di certo se esistesse un accordo sindacale già siglato a supporto, verrebbe menzionato come segno che la continuità occupazionale è curata.
Concludendo, l’esperto è un attore chiave di garanzia, e i creditori – pur non titolari di poteri formali di veto – influiscono concretamente sull’andamento e la riuscita della cessione d’azienda in composizione negoziata. Una comunicazione trasparente e un coinvolgimento early di tutti gli stakeholder massimizza le chance che l’operazione riceva il via libera giudiziale senza intoppi e che poi proceda spedita.
Profili fiscali della cessione d’azienda in composizione negoziata
Veniamo ora ai profili fiscali, che rivestono notevole importanza pratica. Una cessione d’azienda durante una composizione negoziata, dal punto di vista tributario, segue in larga parte le regole ordinarie previste per le cessioni d’azienda, con alcune possibili particolarità legate allo stato di crisi e agli strumenti di composizione. Analizziamo separatamente le imposte indirette (IVA, registro, ecc.) e le imposte dirette (sulle plusvalenze, ecc.), senza trascurare gli effetti sui debiti tributari e contributivi eventualmente presenti nell’azienda ceduta.
- Imposte indirette sulla cessione: In Italia, la cessione di un’azienda (o di un ramo di azienda) è considerata operazione esclusa dal campo IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. b) del DPR 633/1972. Ciò significa che sul prezzo di vendita non si applica l’IVA (a differenza della vendita di singoli beni). In compenso, l’atto di cessione d’azienda è soggetto a Imposta di Registro (DPR 131/1986) in misura proporzionale. Le aliquote dipendono dalla composizione dell’azienda ceduta:
- Se nel compendio aziendale ceduto vi sono immobili, si applica l’imposta di registro prevista per i trasferimenti immobiliari (in genere 9% per fabbricati strumentali, 15% per terreni agricoli, 2% per prime case se mai fosse rilevante, ecc. salvo agevolazioni particolari). Inoltre, gli immobili comportano anche imposta ipotecaria e catastale (solitamente 3% + 1% del valore immobiliare, o importi fissi a seconda dei casi).
- Sulla parte di avviamento e altri beni mobili dell’azienda si applica l’aliquota di registro 3% (aliquota generale per beni mobili e valori immateriali).
- Sulle merci (magazzino) cedute come parte dell’azienda c’è un’aliquota agevolata 0,5% (come cessione di beni mobili specifici).
- Eventuali aziende agricole beneficiano di regime particolare: se l’azienda è agricola, la vendita è soggetta a imposta di registro fissa di 200€ (in quanto si considerano trasferite quote di terreno e pertinenze con agevolazione Piccola Proprietà Contadina se ricorrono i requisiti) e niente IVA, ma bisogna valutare caso per caso.
Nella composizione negoziata non c’è una deroga esplicita a queste imposte. A differenza delle procedure concorsuali formali, dove spesso la legge di rito prevede esenzioni (es. in fallimento, atti e decreti sono esenti da bollo e registro ad eccezione di quelli traslativi; in concordato c’era l’art. 120 L.F. che esentava alcune formalità), per la CNC la disciplina non prevede agevolazioni tributarie automatiche. Quindi un atto notarile di cessione d’azienda in composizione negoziata paga registro come un atto normale. Tuttavia, se la cessione avviene poi in esecuzione di un concordato o di un accordo omologato, potrebbero applicarsi lì esenzioni (es. gli atti attuativi di concordato omologato godono di esenzioni da imposte fisse ai sensi dell’art. 250 CCII). Ma nel frangente strettamente CNC, si paga.
Vale la pena menzionare che nel 2022 era stata introdotta (DL 118/2021) un’agevolazione: esenzione dall’imposta di bollo, di registro e altre per gli atti dell’esperto e concordato semplificato. Precisamente, l’art. 6 DL 118/21 esentava atti, contratti, convenzioni relativi alla composizione negoziata e al concordato semplificato da imposte di bollo, registro e altre tasse. Questa agevolazione era temporanea ed è stata abrogata dal D.Lgs.83/2022 una volta entrato il Codice (non risulta infatti più nel CCII). Quindi allo stato attuale, non c’è esenzione generale.
Tuttavia, resta in vigore una norma di carattere generale, l’art. 46, comma 3, D.Lgs. 346/1990 (TUS Successioni e Donazioni) che esenta da imposta di registro, bollo e ipocatastali “gli atti, documenti, formalità relativi all’attuazione di concordati… nonché i concordati stragiudiziali che abbiano ottenuto l’omologazione”. Questo potrebbe includere gli atti esecutivi di un accordo di ristrutturazione omologato e di un concordato semplificato omologato, ma la cessione ex art.22 di per sé non è un concordato omologato. Quindi quell’esenzione non copre l’atto di cessione antecedente. Se però la vendita fosse parte di un concordato semplificato omologato, allora quell’atto potrebbe essere incluso nell’esenzione. Ci muoviamo in un’area grigia interpretativa. Per prudenza, conviene considerare che il notaio applicherà le imposte di registro come di consueto. - Imposte dirette e plusvalenza: Sul piano delle imposte dirette (IRES/IRPEF), la cessione d’azienda comporta per il venditore la rilevazione di una plusvalenza o minusvalenza fiscale, data dalla differenza tra corrispettivo incassato e valore contabile netto (al netto delle passività eventualmente accollate dall’acquirente). Se la plusvalenza c’è, essa, in regime ordinario, sarebbe tassabile come reddito d’impresa (nel caso di società di capitali, soggetto IRES, al 24% + IRAP su imponibile). Nelle cessioni “in continuità” c’è la possibilità di rateizzare la tassazione in 5 anni se l’azienda era posseduta da oltre 3 anni (art. 86 TUIR). Però, attenzione: in uno scenario di crisi, spesso l’azienda viene venduta in perdita o con plusvalenza modesta; inoltre il cedente potrebbe essere destinato al fallimento, quindi poi quell’eventuale debito d’imposta potrebbe non essere pagato. Se la cessione avviene nell’ambito di un concordato preventivo o liquidazione concorsuale, la tassabilità delle plusvalenze può avere trattamenti diversi (ad esempio, in fallimento, se la società fallisce, non è soggetta ad IRES per i redditi sopravvenuti? c’è dibattito). Nel contesto di composizione negoziata, la società è ancora “viva” fiscalmente, quindi in teoria genera reddito tassabile. Tuttavia, è verosimile che le società in crisi abbiano perdite pregresse che possono compensare la plusvalenza, oppure che la plusvalenza sia neutralizzata da regimi speciali. Ad esempio, se la cessione avviene come parte di un piano di risanamento attestato pubblicato, esiste(va) una norma (art. 88 co.4-ter TUIR) che esenta da tassazione le sopravvenienze attive da riduzione di debito in esecuzione di piani attestati o accordi. Non riguarda direttamente plusvalenze, ma indica un favor per chi ristruttura.
In termini pratici, in sede di composizione negoziata, il fisco (Agenzia Entrate) è spesso uno dei creditori. Quindi se la plusvalenza genera un debito d’imposta consistente, ma poi l’azienda non ha liquidità per pagarlo, quell’imposta diventa un ulteriore debito. Non c’è un trattamento preferenziale previsto. Quindi può essere opportuno, in sede di negoziazione, includere la “transazione fiscale” (art. 63 CCII, ex art.182-ter L.Fall.) nell’eventuale concordato o accordo: cioè prevedere che il Fisco accetti una riduzione del carico fiscale pur di agevolare l’operazione. Se invece le trattative restano stragiudiziali, il debito fiscale emergente può essere oggetto di istanza di rateazione ordinaria o compensazione con crediti tributari.
Un aspetto positivo: se la cessione genera minusvalenza fiscale (cioè vendi sotto il valore contabile), quella è deducibile e riduce il reddito (o aumenta la perdita fiscale). Quindi male non fa in termini d’imposte. Spesso anzi l’azienda in crisi è stata svalutata e vendendola a un prezzo inferiore al costo storico la società crea una perdita deducibile. - Debiti tributari e contributivi dell’azienda ceduta: Un elemento chiave: l’esonero ex art.22 riguarda i debiti inerenti all’esercizio dell’azienda. Di solito vi rientrano anche i debiti verso Erario e INPS maturati nell’esercizio dell’attività (IVA, ritenute, contributi). Quindi, in linea di principio, il cessionario non risponde dei debiti fiscali pregressi del cedente, grazie al decreto autorizzativo (li possiamo considerare compresi tra i “debiti che risultano dai libri contabili”). Ci sono però normative speciali da considerare:
- L’art. 14 D.Lgs. 472/97 prevede in generale una responsabilità solidale dell’acquirente d’azienda per le imposte e sanzioni amministrative dovute dal cedente, limitatamente a determinati tributi (essenzialmente IVA e imposte sui redditi) e nel limite del valore dell’azienda, salvo certificato dell’Agenzia Entrate che attesti la regolarità fiscale del cedente. Questa norma è rilevante nelle cessioni d’azienda ordinarie: il compratore può chiedere un certificato dei carichi pendenti fiscali per sapere se resterà coobbligato, se non lo fa risponde nei limiti del valore dell’azienda. Ora, l’art.22 CCII non menziona esplicitamente questa responsabilità solidale tributaria. C’è da chiedersi se il decreto di autorizzazione la faccia venir meno. Poiché l’art.14 D.Lgs. 472/97 è norma speciale tributaria, è plausibile che l’esonero di cui all’art.22 (che parla di debiti risultanti dalle scritture contabili ex 2560 c.c.) includa anche quelli verso l’Erario, equiparandoli agli altri debiti di impresa. In dottrina alcuni ritengono di sì, altri auspicano un chiarimento normativo. In pratica, conviene sempre richiedere quel certificato fiscale prima di cedere, in modo da avere un quadro e magari farsi rilasciare un’attestazione liberatoria dal Fisco. Va detto che se la composizione negoziata sfocia in un concordato, nella transazione fiscale quell’aspetto viene assorbito.
- Sul fronte contributivo (INPS), esistono analoghe previsioni (L. 388/2000 art.1 co. 41-43) di responsabilità solidale dell’acquirente per contributi non pagati dal cedente, salvo certificato DURC. Anche qui, se si fa tutto correttamente, prima di cedere è bene ottenere un DURC (Documento Unico Regolarità Contributiva). Ma se non è regolare (spesso in crisi ci sono debiti INPS), tecnicamente l’acquirente ne risponderebbe in solido fino a 2 anni di contributi. L’art.22 CCII non cita queste norme, dunque è dubbio che possa derogarle. Sarebbe opportuno che nel decreto di autorizzazione il giudice specificasse che l’esonero comprende i debiti contributivi (stessa logica di 2560). Se anche non lo facesse, in caso di contestazioni future l’acquirente avrebbe comunque argomento per sostenere che l’autorizzazione “sterilizza” quelle responsabilità, in ragione di specialità della normativa della crisi. Ma è un punto delicato. In prassi, anche qui, meglio coinvolgere direttamente l’INPS: ad esempio, col prezzo di vendita si può prevedere di pagare i contributi arretrati, così che il problema non si ponga.
- Debiti fiscali “trasferiti” e gestione nel piano: Può accadere che l’acquirente, in accordo col venditore, si accolli volontariamente qualche debito verso l’Erario o Fornitori, per motivi pratici (es. per ottenere una liberatoria dell’ipoteca Equitalia su un immobile aziendale). Tali accolli vanno inseriti chiaramente nel contratto e considerati nella valutazione dell’operazione come parte del corrispettivo indiretto. Non c’è ostacolo a ciò, ma se avviene, allora per quei debiti l’acquirente subentra.
- IVA e altre imposte correnti: L’IVA sulle vendite pre-cessione, se non versata, è un debito fiscale del cedente. Come detto, il cessionario non ne risponde (salvo la regola generale di D.Lgs.472/97 se non disapplicata). L’eventuale IVA sulla cessione è esclusa, quindi non c’è. Dunque il Fisco potrebbe diventare creditore insinuato nel concordato eventuale per l’IVA non versata ante cessione, ma quell’IVA non la potrà chiedere all’acquirente.
- Trattamento delle sopravvenienze attive da riduzione debiti: Nella prospettiva del cedente, se grazie alla cessione i creditori rinunciano a parte dei crediti (tipico: vendi l’azienda e con il ricavato offri il 50% a saldo delle loro spettanze), la parte di debito stralciata genererebbe tecnicamente una sopravvenienza attiva fiscale (un “ricavo” da remissione di debito). Il TUIR (art.88 co.4) però esclude da tassazione le sopravvenienze da accordi di ristrutturazione omologati, concordati preventivi omologati, piani attestati pubblicati. Se la composizione negoziata si conclude con un piano attestato o un concordato omologato, i debiti abbuonati non generano tasse. Se invece resta tutto su base privata senza omologa, in teoria quelle remissioni sarebbero tassabili (il che è paradossale: un’azienda già in crisi dovrebbe pagare tasse sui debiti perdonati!). Ecco perché conviene, quando c’è da falcidiare debiti, cercare l’omologazione di un accordo (anche solo un accordo di ristrutturazione ex art.57 CCII che richiede solo il 60% consensi ma protegge i condoni fiscali). In mancanza, quell’aspetto va negoziato col Fisco: l’Agenzia può disporre, tramite norme di legge emergenziali (talvolta rinnovate), la non tassabilità di queste sopravvenienze in generale in caso di accordi conclusi nell’ambito di composizione negoziata – ma al momento non risulta una norma specifica post 2023. Durante il Covid ce n’erano di temporanee.
In sintesi, dal punto di vista fiscale:
- L’acquirente si accolla i costi indiretti dell’acquisto (registro, ipocatastali) e deve considerare possibili responsabilità tributarie “nascoste” (per sicurezza si procurerà i certificati fiscali e contributivi). La procedura art.22 tenta di ridurre al minimo questi oneri, ma non li annulla formalmente per legge.
- Il venditore in crisi tendenzialmente non paga imposte dirette perché o genera minusvalenze o ha perdite pregresse o poi fallisce. Se generasse plusvalenze e restasse in bonis, pagherebbe imposta su di esse (eventualmente rateizzata).
- I debiti fiscali e contributivi pregressi restano in capo al venditore e dovranno trovare soluzione nel suo piano: spesso tramite transazione fiscale (ossia chiederne parziale abbuono in concordato o accordo). Fortunatamente, il Codice Crisi (artt. 63-64) ora consente di trattare con Fisco e INPS anche offrendo percentuali chirografarie e il giudice può omologare anche senza consenso delle Agenzie se l’offerta è almeno pari al realizzo in fallimento. Quindi se la vendita dà tot ricavato, il Fisco piglierà la sua percentuale su crediti chirografari come gli altri.
Va segnalato infine che eventuali crediti fiscali dell’azienda ceduta (es. un credito IVA) non si trasferiscono automaticamente con l’azienda, poiché l’Agenzia Entrate consente la voltura di crediti solo in certe operazioni straordinarie (fusioni, scissioni) ma non nella vendita. Quindi un credito IVA rimarrebbe alla società cedente e potrebbe essere usato per compensare debiti fiscali residui. Questa è una differenza rispetto ai crediti commerciali invece trasferibili ex 2559 c.c. Se il piano vuole trasferire pure un eventuale credito IVA all’acquirente, bisognerà farlo tramite cessione di credito formale e notifica all’Agenzia (l’Agenzia a volte lo consente se è contestuale alla cessione d’azienda, ma non è codificato). Piccoli dettagli operativi che il consulente fiscale curerà.
In conclusione, la cessione d’azienda nella composizione negoziata non gode di immunità fiscale totale (a parte l’esenzione IVA), però i possibili ostacoli tributari sono gestibili con accortezza: ottenendo certificazioni per proteggere l’acquirente, includendo eventuali debiti fiscali nella trattativa generale e, se serve, negli accordi omologati, e sfruttando le norme di favore (non tassazione remissioni in concordato/accordo). Il legislatore sembra aver voluto evitare di regalare esenzioni generalizzate per non incentivare abusi, ma nello stesso tempo ha fornito gli strumenti per trattare anche con l’Erario dentro la cornice di risanamento.
Profili lavoristici: trasferimento d’azienda e tutela del lavoro in situazioni di crisi
Abbiamo già anticipato molti elementi sulla disciplina del lavoro applicabile al trasferimento d’azienda, ma qui li ricapitoleremo e li approfondiremo dal punto di vista concreto di un’operazione in composizione negoziata, che spesso coinvolge lavoratori e sindacati in modo delicato.
- Continuità dei rapporti di lavoro (art. 2112 c.c.): ribadiamo che la regola generale rimane valida anche in composizione negoziata: tutti i contratti di lavoro individuali in essere alla data del trasferimento passano automaticamente al cessionario, con conservazione integrale dell’anzianità e dei diritti maturati. I lavoratori dunque non devono dare consenso al passaggio (avviene ex lege) e non possono essere licenziati dal cedente per il solo fatto della cessione (sarebbe nullo). Di norma l’acquirente subentra come nuovo datore dal giorno del trasferimento. Dal punto di vista pratico, ciò comporta che il cessionario deve rispettare il CCNL applicato dal cedente fino alla sua naturale scadenza (poi potrà eventualmente applicarne un altro, se giustificato, ma occorrono accordi sindacali se peggiorativo). Tutte le condizioni individuali (livello di inquadramento, paga base, scatti, mansioni) restano quelle in essere. I benefit aziendali (es. auto, telefono) che erano legati all’azienda probabilmente verranno sostituiti se l’acquirente non li mantiene – questo però rientra nell’organizzazione del lavoro. L’importante è che non vi sia peggioramento unilaterale. L’acquirente potrebbe ridistribuire i lavoratori su altre sedi o ruoli se l’assetto organizzativo lo richiede, ma rispettando i limiti dello ius variandi contrattuale e eventuali procedure (trasferte, trasferimenti collettivi, etc.).
- Debiti verso i lavoratori: come visto, l’acquirente e il venditore restano obbligati in solido per tutti i crediti da lavoro dei dipendenti maturati prima del trasferimento. Tipicamente: ratei di tredicesima, ferie non godute, permessi maturati, TFR maturato (il trattamento di fine rapporto, che tecnicamente matura pro rata temporis), retribuzioni dell’ultimo periodo se non pagate, eventuali straordinari, ecc. Anche contributi previdenziali e premi assicurativi (INPS, INAIL) non versati rientrano nella responsabilità solidale (sono crediti degli enti ma per 2112 c.c. equiparati). Questa solidarietà implica che il lavoratore potrebbe chiedere l’intero al nuovo datore se il vecchio non paga. In contesti di crisi, spesso il cedente ha arretrati verso i dipendenti. Dunque il cessionario di un’azienda in composizione negoziata deve considerare nel costo dell’operazione anche queste spettanze arretrate. Ad esempio, se ci sono 100 di stipendi non pagati e TFR maturati, è probabile che l’acquirente dovrà farsene carico (perché se aspetta che li paghi il cedente, rischia vertenze). Egli potrebbe defalcare tale importo dal prezzo (di fatto, accollo debiti verso dipendenti come parte del corrispettivo). Oppure potrebbe concordare con i dipendenti una dilazione o parziale rinuncia (ma solo con accordo sindacale, come vedremo). In situazioni di grave insolvenza del cedente, i lavoratori magari sanno che possono ricorrere al Fondo di Garanzia INPS per TFR e ultime 3 mensilità se l’azienda fallisce – ma se l’azienda non fallisce e viene venduta, devono rivolgersi al nuovo datore o sperare comunque in un concordato. Di solito, per mantenere un buon clima, l’acquirente è incentivato a pagare subito almeno una parte di questi arretrati (es: versa le ultime mensilità e garantisce il trasferimento del TFR in azienda, lasciando al venditore in liquidazione eventuali altre rivendicazioni). Dal punto di vista giuridico, non c’è scappatoia: l’autorizzazione ex art.22 non esonera questi debiti, come più volte detto.
- Consultazione sindacale (art. 47 L.428/1990): Questo adempimento è cruciale. La legge dice che quando vi sia un trasferimento d’azienda da parte di un’impresa con più di 15 dipendenti, cedente e cessionario devono darne comunicazione scritta almeno 25 giorni prima che sia perfezionato l’atto, alle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) o alle organizzazioni sindacali di categoria comparativamente più rappresentative. Nella comunicazione devono indicare i motivi del trasferimento, le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori, e le eventuali misure previste nei confronti di questi. Su richiesta dei sindacati, entro 7 giorni si avvia un esame congiunto cedente-cessionario-sindacati per discutere la situazione. La consultazione non dà potere di veto ai sindacati, ma serve a “attenuare” gli effetti sui lavoratori e a permettere accordi. Dura al massimo 10 giorni salvo proroghe. Nel contesto di composizione negoziata, questo processo dovrebbe inserirsi prima della conclusione del contratto di cessione (e idealmente prima di chiedere autorizzazione al tribunale, perché il giudice vorrà sapere che si sta adempiendo). Se l’impresa è in crisi conclamata, spesso i sindacati vengono contattati ancora prima, appena l’esperto viene nominato, per gestire eventuali richieste (ad es. cassa integrazione straordinaria per crisi, ecc.). Nel caso di cessione, durante la consultazione le parti possono raggiungere accordi sindacali su punti quali:
- Garanzie occupazionali: l’acquirente può formalizzare che manterrà tutti i dipendenti (o un certo numero) per un periodo minimo, evitando licenziamenti appena acquisita l’azienda.
- Trattamento economico e normativo: se l’azienda cedente applicava un contratto integrativo aziendale con certi premi, l’acquirente potrebbe chiedere di ridurre alcuni trattamenti per sostenibilità, con il consenso del sindacato (ad es. sospendere per 1 anno l’erogazione di un premio di risultato). Ciò è possibile se i sindacati lo accettano, in quanto la legge consente modifiche al contratto collettivo in questi accordi (purché non si vada sotto i minimi del CCNL nazionale).
- Gestione esuberi: in alcuni casi di crisi, non tutti i lavoratori possono essere riassorbiti dall’acquirente. Tuttavia, l’art.2112 in teoria glieli trasferisce tutti. Come fare se l’acquirente ne vuole solo una parte? Fuori dalle procedure concorsuali giudiziali, l’unica via è trovare un accordo sindacale in sede protetta (ad es. presso l’Ispettorato del Lavoro) in cui alcuni lavoratori vengano incentivati all’esodo o ricollocati altrove e non rientrino nel trasferimento. La giurisprudenza in passato ha ammesso accordi sindacali che realizzino contestualmente un trasferimento d’azienda e un “filtro” dei lavoratori, purché ci sia il consenso del sindacato e magari di ogni lavoratore interessato. È un tema spinoso: formalmente 2112 non prevede possibilità di selezionare i dipendenti, se l’unità produttiva rimane la stessa. Dunque eventuali esclusioni di personale dall’operazione possono essere contestate dai lavoratori esclusi (ad esempio, “mi avete lasciato in carico al vecchio datore che poi fallisce, quindi ho perso il posto, era come licenziarmi illegittimamente”). Per questo, di solito, se proprio l’acquirente non vuole alcuni dipendenti, il modus operandi è: il cedente li mette in mobilità/licenziamento per riduzione di personale prima del trasferimento (seguendo la procedura dei licenziamenti collettivi con criterio ecc.), e il trasferimento avviene con organico ridotto. Ma ciò deve avvenire nel rispetto della L.223/91 e implicando costi sociali (NASPI, etc.). Non semplice. Nelle procedure fallimentari il legislatore consente al giudice di autorizzare la cessione di azienda senza parte dei lavoratori, in accordo col sindacato, derogando a 2112. Nella composizione negoziata questa deroga non c’è formalmente. Quindi, se si prospettano esuberi, è preferibile spostare la questione a dopo la cessione: l’acquirente rileva tutti i dipendenti ma poi può avviare un piano di ristrutturazione del personale (cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione, contratti di solidarietà, eventuali uscite incentivate). In tal modo, rispetta 2112 e al contempo gestisce esuberi con gli strumenti ordinari.
- Crediti arretrati: gli accordi sindacali possono riguardare anche come trattare gli arretrati dovuti: per esempio, i lavoratori potrebbero accettare di ricevere solo parzialmente il TFR maturato presso il cedente, o rateizzare il pagamento di esso, pur di facilitare il passaggio. Attenzione: un singolo lavoratore non potrebbe validamente rinunciare al TFR (essendo diritti indisponibili), ma in sede di accordo collettivo di crisi, accompagnato da misure di salvaguardia dell’occupazione, spesso si concludono transazioni in cui, a fronte di mantenimento del posto, i lavoratori accettano una riduzione di pretese pregresse (queste transazioni vanno fatte individualmente per avere efficacia, ma sostenute dal sindacato).
In definitiva, la gestione dei lavoratori in una cessione in composizione negoziata richiede sensibilità e pianificazione: è importante coinvolgere presto le rappresentanze e magari il Ministero del Lavoro se l’operazione è grande (ci sono tavoli di crisi al MISE, ora MIMIT, per le imprese in crisi con molti dipendenti, dove siedono anche i sindacati e si coordina una cessione a terzi). Il successo dell’operazione può dipendere anche dalla pace sociale: se i lavoratori sono rassicurati sul futuro, non ostacoleranno il passaggio (anzi, lo favoriranno sperando di salvarsi il posto).
La composizione negoziata, pur non prevedendo un commissario, offre l’esperto che può fare da mediatore anche con i sindacati, spiegando la necessità di trovare un investitore e che magari alcune rinunce sono necessarie. I tribunali vedono di buon occhio quando nel ricorso ex art.22 si evidenzia la tutela dei lavoratori (ad es. “l’offerta prevede la conservazione di tutti i 50 posti di lavoro, impegno già comunicato alle OO.SS.”): ciò certamente facilita la valutazione positiva del requisito della continuità aziendale.
Un ultimo cenno sul trattamento di eventuali ammortizzatori sociali: molte imprese in composizione negoziata attivano la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) per crisi. Dal 2022 esiste una causale specifica di CIGS per “cessazione” o “ristrutturazione per accordo di riorganizzazione” anche nel quadro di trattative di salvataggio. Se un’azienda è in CIGS e poi cede, i lavoratori transitano e l’acquirente può chiedere la continuità della CIGS se ancora necessaria, oppure concluderla. Questo aspetto va coordinato con i ministeri competenti.
In sintesi, la legge impone nel trasferimento la continuità dei rapporti di lavoro e la consultazione sindacale; la composizione negoziata non deroga a ciò, quindi l’operazione va condotta rispettando queste norme e, auspicabilmente, arrivando a un accordo sindacale che metta nero su bianco gli impegni dell’acquirente (ad esempio un accordo di sito post-acquisizione su condizioni di lavoro) e la gestione di eventuali partite aperte (pagamento rateale di arretrati, ecc.). Questo garantirà una transizione ordinata e preverrà controversie di lavoro post-cessione. Qualora qualche lavoratore contestasse la cessione (ad es. sostenendo di essere stato illegittimamente escluso o demansionato dal nuovo datore), i tribunali del lavoro valuteranno caso per caso, ma l’aver agito con trasparenza e con accordi sindacali robusti difenderà l’operazione.
(Le sezioni successive offriranno modelli pratici di accordi di cessione e simulazioni, seguite dalle FAQ e dalla bibliografia. Nelle parti fin qui trattate abbiamo esaminato il contesto normativo e tutti i profili giuridici – civilistici, contrattuali, concorsuali, fiscali, lavoristici – inerenti alla cessione d’azienda in composizione negoziata. Di seguito, passeremo a un taglio più operativo.)
Modelli pratici di accordi di cessione d’azienda in composizione negoziata
Di seguito presentiamo alcuni schemi esemplificativi (fac-simile) di atti e accordi utilizzabili nella cessione d’azienda durante o a conclusione di una composizione negoziata. Si tratta di modelli semplificati che evidenziano le clausole più rilevanti da includere, da adattare poi al caso concreto con l’assistenza legale e notarile del caso. Verranno proposti: (A) uno schema di contratto di cessione d’azienda con condizioni specifiche legate all’autorizzazione giudiziale; (B) uno schema di contratto di affitto d’azienda con patto di futura vendita (formula spesso usata per consentire all’acquirente di iniziare a gestire l’azienda subito, rinviando il trasferimento definitivo dopo l’autorizzazione o a certe condizioni); (C) cenni su patti integrativi eventualmente opportuni (es. accordi quadro con creditori, accordo sindacale allegato).
A. Schema di contratto di cessione d’azienda (composizione negoziata)
Di seguito uno schema essenziale di contratto di cessione d’azienda subordinato a provvedimento ex art.22 CCII, stipulato in pendenza di composizione negoziata:
CONTRATTO DI CESSIONE DI AZIENDA
Tra:
– Alfa S.r.l., con sede in ___, Codice Fiscale , iscritta al Registro Imprese di ___ n., in persona del legale rappresentante pro tempore ______________ (di seguito “Cedente”);
E
– Beta S.p.A. (o persona fisica, ecc.), con sede in ___, C.F. , iscritta al Registro Imprese di ___ n., in persona di ______________ (di seguito “Cessionario”);
Premesso che:
a) Alfa S.r.l. è proprietaria e gestisce l’azienda denominata “___” operante nel settore __, con unità operativa in , composta da beni, contratti, dipendenti e rapporti meglio descritti in allegato;
b) Alfa S.r.l. si trova in stato di crisi d’impresa ed ha presentato domanda di accesso alla composizione negoziata ex D.Lgs.14/2019; con ordine del Tribunale di ___ del //202 sono state concesse misure protettive (Cron. n.); è in corso la procedura di composizione negoziata con l’ausilio dell’esperto nominato, Dott. __;
c) Nell’ambito delle trattative, Beta S.p.A. ha manifestato interesse all’acquisto dell’azienda di Alfa S.r.l., presentando in data //202 un’offerta vincolante; le parti intendono dunque procedere al trasferimento dell’azienda a favore di Beta S.p.A. alle condizioni qui pattuite;
d) Poiché Alfa S.r.l. è in composizione negoziata, le parti convengono che l’efficacia del presente contratto sarà subordinata all’ottenimento dell’autorizzazione del Tribunale ai sensi dell’art.22, co.1, lett. d) CCII, che esoneri il Cessionario dalla responsabilità di cui all’art.2560, co.2 c.c.;
e) A tal fine, Alfa S.r.l. si impegna a presentare tempestiva istanza al Tribunale e le parti coopereranno per la migliore riuscita (Beta S.p.A. comparirà in giudizio ex art.22 CCII se necessario per confermare gli impegni assunti);
Tutto ciò premesso, si conviene e stipula quanto segue.
1. Oggetto
Il Cedente vende e trasferisce al Cessionario, che acquista, la azienda denominata “” esercitata in ___ (via), comprensiva dei seguenti elementi:
– l’avviamento commerciale;
– i beni materiali elencati nell’Allegato A (macchinari, attrezzature, arredamenti, automezzi targati…);
– i beni immateriali elencati nell’Allegato B (insegna , marchio ___ reg. n., licenze e autorizzazioni amministrative ___, brevetti ___, dominio internet ___, etc.);
– i contratti aziendali elencati nell’Allegato C, con effetto traslativo ai sensi dell’art.2558 c.c. (a titolo esemplificativo: contratto di locazione dell’immobile sito in , contratto di leasing n. con ___, contratti di fornitura con ___, contratti con clienti ___, polizze assicurative , etc.), ad eccezione dei contratti indicati come “esclusi” nel medesimo allegato (se ve ne sono, soggetti a risoluzione o rimasti in capo al cedente);
– i crediti aziendali elencati nell’Allegato D (crediti commerciali verso clienti, ecc.), che saranno trasferiti ai sensi dell’art.2559 c.c.;
– i debiti inerenti all’azienda che il Cessionario, in deroga al disposto dell’art.2560 c.c., intende volontariamente accollarsi, elencati nell’Allegato E (eventuale; es.: “debito verso fornitore X di €, che il Cessionario assume in proprio come da accordo separato”; NB: questi sono debiti che comunque rimarrebbero altrimenti al cedente, li mettiamo solo se cessionario se ne fa carico per accordi particolari);
– l’intero personale dipendente in forza presso l’azienda alla data del trasferimento, elencato nominativamente in Allegato F, con i relativi contratti di lavoro, che il Cessionario prende in carico ai sensi dell’art.2112 c.c.;
– ogni ulteriore componente, bene o rapporto non sopra specificato ma inerente all’azienda e di titolarità del Cedente (salvo quanto escluso espressamente infra).
Sono esclusi dalla presente cessione e restano a carico del Cedente:
– i debiti aziendali anteriori al trasferimento, fatti salvi quelli che il Cessionario si è accollato come da Allegato E e la responsabilità solidale verso i dipendenti ex lege (art.2112 c.c.);
– eventuali controversie legali pendenti non attinenti all’esercizio corrente dell’azienda (es: cause risarcitorie pregresse specificate qui…);
– [altro, ad es. immobili non compresi, partecipazioni societarie del cedente, etc.].
2. Decorrenza, possesso e gestione interinale
Le parti convengono che la proprietà dell’azienda (e dei singoli beni che la compongono) si trasferirà al Cessionario alla data di efficacia del presente contratto, definita come la data in cui saranno avverate le condizioni sospensive di cui alla Clausola 9 infra (principalmente: autorizzazione tribunale). Da tale data decorrerà anche il trasferimento dei rischi e oneri relativi all’azienda.
Nel periodo che intercorre tra la stipula del presente atto e la data di efficacia:
a) il Cedente mantiene la gestione dell’azienda nell’ordinario, impegnandosi a condurla con la diligenza del buon padre di famiglia, a non compiere atti di straordinaria amministrazione senza il consenso scritto del Cessionario e dell’esperto nominato nella composizione negoziata, e a non disperdere o svalutare il compendio aziendale;
b) [Opzionale se si prevede affitto interim] In deroga a quanto sopra, le parti concordano sin d’ora che – ottenuta l’autorizzazione del tribunale ex art.22 – il Cessionario potrà iniziare l’esercizio dell’azienda in affitto nelle more del perfezionamento dell’acquisto, secondo i termini di un separato contratto di affitto d’azienda (All. __);
c) eventuali utili o perdite maturati nella gestione corrente fino alla data di efficacia resteranno in capo al Cedente (o all’affittuario se subentrato); a tal fine verrà redatto un inventario e bilancio di cessione alla data di efficacia, per ripartire pro-rata gli oneri (es: ratei affitti, utenze, ecc.).
3. Prezzo
Il corrispettivo totale per la cessione dell’azienda è convenuto in € __________ (euro __________) al netto di IVA (operazione esclusa da IVA ex art.2 co.3 lett.b DPR 633/72) di cui:
– € __________ attribuiti ad impianti, macchinari, attrezzature e altri beni materiali (categoria registro 3%);
– € __________ attribuiti ad avviamento commerciale e beni immateriali (categoria registro 3%);
– € __________ attribuiti a immobili facenti parte dell’azienda [se ve ne sono, con indicazione dei dati catastali] (categoria registro 9% salvo agevolazioni);
– € __________ riferiti a merci in rimanenza (categoria registro 0,5%);
– [eventuali partizioni di prezzo per specifici asset].
Le parti dichiarano che tale prezzo è stato negoziato tenendo conto dei debiti dell’azienda che resteranno in capo al Cedente. In particolare, si dà atto che il prezzo sconta il fatto che il Cessionario dovrà farsi carico dei crediti vantati dai dipendenti per importo stimato € ___ (vedi infra clausola lavoratori) e di altre passività per € ___ (accolli di All. E). [Questa dichiarazione serve a motivare l’equità del prezzo anche se inferiore al valore di perizia, mostrando che cessionario si sobbarca oneri].
Il prezzo sarà pagato dal Cessionario al Cedente come segue:
– € ___ (pari al %) versati a titolo di caparra confirmatoria alla firma del presente contratto, tramite assegno circolare n._ / bonifico bancario (CRO ___) che il Cedente con la firma del presente atto quietanza. Tale somma, in caso di avveramento delle condizioni e trasferimento, sarà imputata in acconto prezzo; in caso di mancato avveramento per cause non imputabili alle parti (es: diniego del tribunale), sarà restituita al Cessionario entro 10 gg; in caso di inadempimento del Cessionario, sarà trattenuta dal Cedente (salvo maggior danno); in caso di inadempimento del Cedente, sarà restituita in doppio al Cessionario;
– € ___ da versarsi il giorno del perfezionamento del trasferimento (data di efficacia) a mezzo assegno circolare intestato a ___ / bonifico sul conto vincolato IBAN ___ intestato ad Alfa S.r.l. presso __, vincolato ex art.22 (vedi infra);
– € ___ in n. rate di € ___ ciascuna, scadenza ______ (ad es. per pagamento dilazionato di parte prezzo, se concordato, eventualmente garantito da garanzia reale o fideiussione).
[Clausola di deposito prezzo vincolato]: In ottemperanza alle misure indicate dal Tribunale di ___ nell’autorizzazione, il Cessionario depositerà l’importo di € ___ (pari al 100% del prezzo, ovvero al netto di caparra) sul conto corrente bancario intestato al Cedente n.___ presso ___, vincolato con firma congiunta dell’esperto nominato ___, entro 5 giorni dalla data di efficacia. Le somme ivi giacenti saranno svincolate ed utilizzate dal Cedente esclusivamente secondo quanto previsto dal piano di risanamento / accordo con creditori [ad es: per pagamento dei creditori chirografari al ___% entro 30 gg]. [Questa clausola si inserisce se il Tribunale ha ordinato l’escrow; altrimenti il prezzo va direttamente al cedente].
4. Rapporti con dipendenti
Il Cessionario, ai sensi dell’art.2112 c.c., subentra in tutti i rapporti di lavoro in corso presso l’azienda. Alla data di efficacia, i dipendenti elencati in Allegato F proseguiranno alle dipendenze di Beta S.p.A. senza soluzione di continuità, mantenendo l’anzianità maturata. Il Cedente si farà carico di tutte le competenze di fine rapporto maturate fino alla data di efficacia e non trasferite (vedi sotto), mentre il Cessionario assolverà regolarmente a tutti gli obblighi retributivi e contributivi a partire dalla data di efficacia.
In particolare:
– Il Cedente si impegna a corrispondere ai dipendenti, a cura e spese proprie, fino al giorno del trasferimento: le retribuzioni e ratei maturati (stipendio ultimo mese, 13ma/14ma pro-rata, ferie maturate e non godute, permessi, TFR maturato). Il totale stimato di tali spettanze è € ____ (vedasi prospetto dettagliato in Allegato F). Tale importo verrà saldato dal Cedente ai dipendenti entro ___ giorni dalla data di efficacia, utilizzando preferibilmente parte delle somme ricavate dal prezzo di cessione.
– In via solidale, ai sensi dell’art.2112 c.c., il Cessionario riconosce di essere obbligato in solido per le somme suddette verso i lavoratori. Tuttavia, le parti convengono che, qualora il Cedente non adempia entro i termini sopra detti, il Cessionario provvederà direttamente al pagamento ai lavoratori, detraendo importo equivalente dalle ultime rate di prezzo dovute al Cedente (ovvero rivalendosi sulla caparra, ecc.). [Questa pattuizione tutela i lavoratori e il compratore, formalizzando come verranno pagati arretrati].
– Il Cessionario conferma sin d’ora che applicherà ai dipendenti il CCNL ______, attualmente vigente in capo al Cedente, e ne assumerà tutte le condizioni economiche e normative. Eventuali trattamenti aziendali migliorativi (ad es. Premio annuo €X) saranno mantenuti [oppure: saranno oggetto di nuova contrattazione con RSU post-trasferimento].
– (eventuale) Il Cessionario si impegna a non effettuare licenziamenti collettivi per motivi economici nei confronti del personale trasferito per un periodo di ___ mesi dalla data di efficacia, ad eccezione di quelli eventualmente concordati con le Organizzazioni Sindacali.
– Resta allegato (All. _) Verbale di Accordo sindacale ex art.47 L.428/90 sottoscritto in data //202 tra Cedente, Cessionario e RSA/RSU di ____, che forma parte integrante del presente contratto e ne disciplina ulteriori aspetti a tutela dei lavoratori (es: incentivi all’esodo, armonizzazione trattamenti, ecc.). [Se c’è accordo sindacale, citarlo].
5. Garanzie
Il Cedente garantisce, ai sensi degli artt. 1490 e 2557 c.c., che:
a) l’azienda ceduta è libera da pegni, ipoteche o altri vincoli salvo quelli indicati nell’Allegato __ (es. ipoteca su capannone per mutuo residuo €__, che verrà cancellata contestualmente al versamento del prezzo mediante assenso della banca…);
b) sui beni aziendali non vi sono sequestri o pignoramenti in corso, né è stata dichiarata l’apertura di procedure concorsuali a carico del Cedente (fallimento, liquidazione giudiziale);
c) i libri contabili e gli elenchi allegati forniscono una rappresentazione veritiera dei debiti e crediti dell’azienda; non esistono altri debiti occulti oltre a quelli risultanti;
d) si asterrà, per il periodo di ___ anni, dall’iniziare una nuova attività in [zona] in diretta concorrenza con l’azienda ceduta, ai sensi dell’art.2557 c.c., salva preventiva autorizzazione scritta del Cessionario (patto di non concorrenza).
Il Cedente consegna al Cessionario, alla data di efficacia, tutti i beni e i titoli relativi all’azienda, compresi libri matricola, registri contabili, documentazione fiscale e amministrativa inerente all’azienda. [Eventualmente, accordarsi per duplicati se servono al cedente per fallimento].
Il Cessionario dichiara di aver ispezionato lo stato dei beni, di essere a conoscenza della situazione economica dell’azienda e di assumere la gestione alle condizioni pattuite. Il Cessionario garantisce di avere capacità finanziarie per far fronte al pagamento del prezzo e alla continuità aziendale, avendo ottenuto linea di credito ____ [inserire se rilevante, specie per convincere tribunale].
6. Condizione risolutiva/sospensiva – Autorizzazione ex art.22 CCII
Le parti convengono espressamente che la efficacia del presente contratto (e quindi il trasferimento della proprietà dell’azienda) è subordinata al rilascio, da parte del Tribunale di __, di un decreto di autorizzazione ai sensi dell’art.22, comma 1, lett. d) del D.Lgs.14/2019, che consenta la cessione dell’azienda senza applicazione dell’art.2560, comma 2 c.c.. Tale provvedimento dovrà intervenire entro e non oltre il //202 (90 giorni da oggi, salvo proroga d’accordo fra le parti).
In mancanza dell’autorizzazione nel termine suddetto (ovvero in caso di diniego definitivo da parte del Tribunale), il presente contratto si intenderà automaticamente risolto senza obbligo per le parti di procedere oltre, fatti salvi gli obblighi di restituzione e le pattuizioni di cui al comma seguente.
Nel periodo in cui il contratto è sospensivamente condizionato, il Cedente non potrà alienare a terzi l’azienda né costituire su di essa vincoli, né compiere atti incompatibili col trasferimento a Beta S.p.A.; eventuali violazioni comporteranno, oltre alla risoluzione del presente contratto per fatto del Cedente, il risarcimento del danno verso il Cessionario. [Questa clausola vincola il cedente a non vendere ad altri se all’ultimo spunta offerta migliore; solitamente c’è comunque impegno a competizione leale. Se si vuole mantenere facoltà di accettare offerte migliori, si deve prevedere diritto di recesso del cedente con restituzione doppia della caparra, etc.].
Le parti si danno reciprocamente atto che l’istanza per l’autorizzazione sarà presentata dal Cedente entro __ giorni da oggi e che entrambe si impegneranno in buona fede per ottenere detto provvedimento (fornendo documenti, presenziando in Tribunale, etc.).
7. Ulteriori condizioni o clausole risolutive
(Oltre all’autorizzazione, si possono prevedere altre condizioni di efficacia. Esempio:)
– Il presente contratto è inoltre condizionato alla mancata presentazione, entro la data fissata dal Tribunale per la decisione sull’istanza ex art.22, di offerte migliorative concorrenti rispetto a quella del Cessionario. Qualora in sede di procedura competitiva disposta dal Tribunale, un terzo risulti aggiudicatario con offerta superiore almeno del ___% rispetto al prezzo pattuito col Cessionario, il Cedente avrà facoltà di recedere dal presente contratto per concludere con detto terzo (con restituzione al Cessionario della caparra, spese rimborsate, ecc.). In tal caso il Cedente corrisponderà al Cessionario un’indennità di € ___ a titolo di break-up fee. [Questa clausola disciplina cosa accade se arriva un altro compratore in gara, dando diritto di prelazione o indennizzo a Beta. Va calibrata con attenzione, potrebbe entrare in conflitto con impegni di esclusiva, etc.]
– (Altro esempio di condizione) Il contratto è risolutivamente condizionato al mancato raggiungimento di un accordo con almeno il _% dei creditori chirografari del Cedente entro il //202 (ad es. una soglia di adesione ad un piano), etc. [Clausole del genere possono legare l’efficacia al buon esito delle trattative con creditori, per tutelare il cessionario che non vuole comprare se poi cedente fallisce subito senza accordo].
8. Spese e regime fiscale
Tutte le spese del presente atto e sue registrazioni, comprese imposte di registro, ipotecarie e catastali, sono a carico del Cessionario, salvo quanto eventualmente agevolato per legge. Il presente atto è soggetto a registrazione in termine fisso con pagamento dell’imposta in misura proporzionale come per legge (le parti richiedono la registrazione con congrua liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate). [Il notaio qui liquiderà registro con i criteri di legge].
Le parti dichiarano che la cessione d’azienda qui prevista costituisce parte integrante e attuativa del piano di risanamento dell’impresa Cedente nell’ambito della composizione negoziata, finalizzato ad evitare l’apertura di una procedura concorsuale; in quanto tale, ricorrono gli estremi dell’atto funzionale ad operazione di ristrutturazione aziendale. [Questa dichiarazione può essere utile in caso di richiesta di esenzioni o per giustificare certe urgenze al fisco, anche se non dà esenzione di per sé].
9. Foro competente
Per qualsiasi controversia relativa al presente contratto, che non sia definibile in via amichevole, sarà competente in via esclusiva il Foro di _____. (Nota: tuttavia se il cedente poi fallisce, eventuali dispute saranno attratte al foro concorsuale; poco rileva comunque).
Luogo, Data e Firme
(Seguono firme dei legali rappresentanti, eventuali testimoni se richiesti dal notaio, e parte notarile)
Note allo schema A: Questo contratto andrebbe formalizzato per atto pubblico notarile (per via di eventuali beni immobili e per iscrizione al Registro Imprese). Abbiamo incluso clausole chiave: condizione sospensiva (autorizzazione), descrizione dettagliata del perimetro aziendale, tutela lavoratori, prezzo e modalità vincolate (escrow). Naturalmente può essere adattato: se l’azienda non ha immobili, è più snello; se l’acquirente è già pronto e non vuole condizione, può firmare dopo l’autorizzazione anziché prima; se c’è affitto, si può includere come clausola o con contratto separato.
B. Schema di contratto di affitto d’azienda con opzione di acquisto in composizione negoziata
Spesso in composizione negoziata si usa l’affitto d’azienda come strumento ponte: l’acquirente in pectore prende subito in gestione l’azienda in affitto, assicurandone la continuità operativa, e si prevede poi il trasferimento definitivo (acquisto) al verificarsi di certe condizioni, tipicamente l’omologa di un concordato o, come nel nostro caso, l’autorizzazione del tribunale. L’affitto consente di non fermare l’attività durante le tempistiche necessarie per autorizzazioni e accordi con creditori.
Uno schema tipico di Affitto d’azienda con patto di futura cessione:
CONTRATTO DI AFFITTO DI AZIENDA (con opzione di acquisto condizionata)
Tra:
– Alfa S.r.l., (dati come sopra) – Concedente;
– Beta S.p.A., (dati come sopra) – Affittuaria;
Premesso che:
(i) Alfa S.r.l. intende assicurare la continuità gestionale della propria azienda “__” in attesa di definire una soluzione concordata della crisi, e Beta S.p.A. si è resa disponibile a condurre temporaneamente tale azienda in affitto, con prospettiva di successiva acquisizione;
(ii) Beta S.p.A. ha contestualmente presentato un’offerta irrevocabile di acquisto dell’azienda, subordinata all’autorizzazione ex art.22 CCII, che Alfa S.r.l. si impegna ad accettare in caso di esito positivo della procedura competitiva (vedasi contratto preliminare di cessione allegato);
(iii) Le parti pertanto intendono regolare l’affitto di azienda a decorrere dal //202, nel rispetto dell’art.2562 c.c. e con previsione di successiva vendita in esito alla composizione negoziata;
Tutto ciò premesso si stipula quanto segue:
1. Oggetto e durata
Alfa S.r.l. concede in affitto a Beta S.p.A., che accetta, la propria azienda denominata “___” sita in _, alle condizioni di cui al presente contratto. L’affitto ha durata determinata dal //202 al //202 (ovvero “fino al verificarsi dell’Evento di Trasferimento” definito al punto 6, ma non oltre una data long-stop). Alla scadenza, se non sarà avvenuto il trasferimento definitivo, l’Affittuaria restituirà l’azienda al Concedente salvo diverso accordo o proroga scritta.
2. Canone
L’Affittuaria corrisponderà al Concedente un canone mensile di € _____ + IVA, da pagarsi entro il giorno ___ di ogni mese a mezzo bonifico sul c/c ___, a decorrere dal ____ (primo mese anticipato/pro die). [In crisi spesso il canone è simbolico o addirittura zero se l’affittuario si fa carico di costi mantenimento – in tali casi specificare]. Le parti convengono che in deroga all’art.2562 c.c., il canone pattuito tiene già conto dell’assenza di obbligo di inventariare separatamente le scorte (oppure: che le scorte saranno pagate a parte x euro). [Se include scorte, prevedere pagamento o reintegro].
3. Gestione durante l’affitto
Beta S.p.A. assume la gestione dell’azienda affittata con tutti i connessi oneri e responsabilità a partire dal //202_. Ai sensi dell’art.2562 c.c. si applicano all’affitto le disposizioni degli artt. 2558, 2559, 2560 c.c. Pertanto Beta S.p.A.:
– subentra nei contratti aziendali in corso, fatta eccezione di quelli di cui all’elenco allegato (che rimangono in capo al Concedente in quanto estranei all’esercizio corrente);
– potrà riscuotere i crediti relativi alla gestione per il periodo di affitto e sarà tenuta ai debiti della gestione corrente;
– si obbliga a conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti, astenendosi da modifiche sostanziali alla struttura dell’azienda senza consenso del Concedente (art.2561 c.c.). Eventuali nuovi beni acquisiti dall’affittuario per migliorare l’azienda, che non sostituiscono quelli obsoleti, rimangono di proprietà dell’affittuario se il trasferimento finale non avverrà (salvo diverso accordo su indennità).
Beta S.p.A. si impegna a proseguire l’attività aziendale secondo il normale ciclo produttivo/commerciale, nel rispetto delle normative di settore, mantenendo in servizio i dipendenti e i contratti di fornitura in essere, fatto salvo quanto potrà essere modificato in meglio per ottimizzare la gestione, previo accordo col Concedente.
4. Dipendenti
Con decorrenza dal //202_, tutti i dipendenti in forza presso l’azienda (elenco Allegato F) passano temporaneamente alle dipendenze dell’Affittuaria, ai sensi dell’art.2112 c.c. applicato analogicamente all’affitto d’azienda. Beta S.p.A. riconosce i contratti di lavoro vigenti e i trattamenti economici e normativi maturati e futuri. Rimane a carico di Alfa S.r.l. il pagamento delle competenze arretrate maturate fino alla data di consegna in affitto, come già dettagliato nell’accordo sindacale allegato (All., Verbale ex art.47 L.428/90 del //202). Beta S.p.A. durante l’affitto provvederà a pagare regolarmente retribuzioni e contributi per il periodo di competenza. [Qui si applicano stesse regole vista per cessione, con la differenza che l’affitto di per sé è considerato trasferimento ai fini 2112 – giurisprudenza ha esteso 2112 anche all’affitto, benché temporaneo, perché i lavoratori altrimenti resterebbero senza datore].
5. Inventario iniziale e finale
Alla data di inizio affitto, le parti redigono verbale di inventario congiunto dei beni aziendali (attrezzature, merci, ecc.) e situazione crediti/debiti. L’inventario, sottoscritto dalle parti, viene allegato (All. Inv.1) e servirà come base di confronto alla riconsegna. Alla fine dell’affitto o al trasferimento definitivo, si redigerà inventario finale (All. Inv.2) per verificare eventuali ammanchi o differenze: l’Affittuaria dovrà reintegrare le scorte eventualmente mancanti oltre il normale utilizzo, o indennizzare il Concedente per deterioramenti straordinari non dovuti all’uso normale. Se invece avrà incrementato i beni (es: nuove macchine), il Concedente dovrà indennizzarla qualora l’affitto termini senza acquisto.
6. Opzione/futuro acquisto dell’azienda
Le parti danno atto che l’affitto è funzionale alla successiva cessione dell’azienda a Beta S.p.A. Pertanto:
– Beta S.p.A. ha già presentato offerta irrevocabile di acquisto a Alfa S.r.l. in data ___, che quest’ultima ha accettato condizionatamente. Tale documentazione (o preliminare di vendita sottoscritto) è allegata sub __ e forma parte integrante del presente accordo.
– In virtù di ciò, Beta S.p.A. avrà il diritto di acquisire in proprietà definitiva l’azienda affittata non appena sarà emanato il decreto del Tribunale di autorizzazione ex art.22 CCII e saranno soddisfatte eventuali ulteriori condizioni (ad es: assenza di offerte terze migliorative). Le parti concordano di stipulare l’atto notarile di cessione entro 10 giorni dal verificarsi di detto evento.
– Qualora, entro il ___ (data di scadenza affitto o long-stop), il tribunale non autorizzi la cessione ovvero sopravvengano circostanze ostative (apertura di liquidazione giudiziale di Alfa S.r.l. che impedisca la vendita, presenza di offerta terza che subentri, ecc.), l’Affittuaria avrà facoltà di recedere dall’affitto con preavviso di 15 giorni, restituendo l’azienda. [Oppure: il contratto di affitto si risolve automaticamente in tali casi al ___].
– Durante la pendenza dell’affitto, Alfa S.r.l. non potrà cedere a terzi la proprietà dell’azienda né concedere ipoteche sui beni in essa (pena risoluzione immediata), essendovi l’impegno in corso con Beta S.p.A..
7. Corrispettivo in caso di mancato acquisto
Le parti convengono che, nell’ipotesi in cui l’affitto cessi senza che Beta S.p.A. acquisti l’azienda (per cause non imputabili a quest’ultima), Beta S.p.A. avrà diritto ad un rimborso di € ___ per investimenti migliorativi effettuati (documentati) e non ammortizzati nel periodo, nonché le sarà restituita la caparra di € ___ versata a titolo di offerta (se applicabile). [Clausola di salvaguardia affittuario].
8. Clausole finali
Si richiamano, per quanto compatibili, le Clausole 5 (Garanzie del Cedente circa titoli e divieti di concorrenza), 8 (Spese e imposte) e 9 (Foro competente) del contratto preliminare allegato, che si intendono qui riprodotte.
Letto, approvato e sottoscritto. – Data, Luogo, Firme.
Note sullo schema B: È un contratto di affitto da formalizzare per iscritto (scrittura privata autenticata se ci sono immobili, da registrare). Serve in casi in cui l’acquirente deve entrare subito per evitare collassi (magari perché l’imprenditore non ha liquidità per pagare stipendi, allora l’affittuario subentra e paga lui). In composizione negoziata, l’affitto non richiede autorizzazione del tribunale di per sé (non è tra le lettere di art.22). Tuttavia, se l’esperto dissentisse potrebbe essere revocabile ex art.24 co.3. Quindi conviene sempre informare il tribunale se si chiede protezione o in caso di misure, per evitare problemi. A volte i tribunali includono anche l’affitto nell’autorizzazione (interpretandolo come atto di straordinaria gestione), ma non è chiarissimo. Nel nostro schema, presupponiamo di farlo con il beneplacito dell’esperto e in funzione della vendita.
C. Altri accordi accessori
Oltre ai contratti principali sopra visti, spesso l’operazione di cessione d’azienda in composizione negoziata richiede ulteriori accordi formali tra le parti coinvolte. Alcuni esempi:
- Accordo quadro con i creditori finanziari: se vi sono banche con ipoteche sui beni aziendali, si può siglare un accordo (sottoposto ad autorizzazione) in cui esse acconsentono alla vendita e contestualmente disciplinano l’uso del prezzo (ad es: “Banca X percepirà € Y dal prezzo a parziale estinzione mutuo, e rilascerà quietanza liberatoria e assenso a cancellazione ipoteca”). Questi accordi possono assumere la forma di patto di risanamento allegato al piano.
- Transazione fiscale con Agenzia Entrate e INPS: se l’operazione passa da un concordato o accordo omologato, tali transazioni sono parte del piano. Ma se l’intento è risolvere stragiudizialmente, si potrebbe negoziare direttamente con ADE la rinuncia a sanzioni e interessi in cambio di pagamento immediato di imposte con il ricavato. Formalmente, fuori da accordo omologato, la transazione fiscale non ha effetti vincolanti generalizzati, ma si possono ottenere dilazioni o definizioni agevolate (specie se in corso pace fiscale ecc.).
- Patti parasociali o accordi con soci: se la società cedente ha più soci, può servire un accordo tra loro (es: la maggioranza e minoranza convengono di vendere e come dividere eventuali avanzi, etc.). Non incide sul tribunale ma sulla governance interna (il CdA deve essere autorizzato dall’assemblea? in SRL serve decisione soci se cessione d’azienda rilevante – art.2479 c.c.).
- Accordo con l’esperto: non è un vero contratto, ma talvolta le parti formalizzano col proprio esperto un “protocollo” su ruoli, ad esempio che l’esperto monitorerà come vigilatore fino al closing.
- Verbale di composizione negoziata: a conclusione positiva delle trattative, l’esperto redige atto finale che spesso include la descrizione della cessione conclusa e degli accordi raggiunti con creditori. Questo documento può avere valore contrattuale se firmato anche dalle parti (diventa una sorta di accordo quadro).
Nei modelli sopra, abbiamo incluso i riferimenti ai due allegati cruciali: elenco dei dipendenti e accordo sindacale e elenco creditori/accordo con creditori. In pratica, in un’operazione trasparente, al contratto di cessione sarebbe allegato l’elenco dei debiti esclusi (che il venditore tiene) e magari copie degli accordi con tali creditori (ad es: scritture private dove i creditori accettano tot in pagamento dal prezzo). Ciò è utile per documentare al giudice la piena aderenza al piano.
Simulazione pratica: caso “Alfa S.r.l.” – Percorso di cessione d’azienda in composizione negoziata
Presentiamo ora una simulazione pratica ispirata a un caso reale (con dati di fantasia) per illustrare passo dopo passo come si svolge il processo di composizione negoziata concluso con cessione d’azienda, mettendo in luce le decisioni chiave e gli snodi critici.
Scenario di partenza: Alfa S.r.l. è un’azienda manifatturiera di medie dimensioni (100 dipendenti) produttrice di componenti meccanici per automotive, con sede unica a Torino. A seguito di calo di ordini e investimenti errati, Alfa S.r.l. entra in crisi di liquidità nel 2024: ha debiti per €5 milioni (banche €2M garantiti da ipoteche su capannone; fornitori €1.5M; Erario €0.5M fra IVA e ritenute; altri €1M vari), a fronte di attivo di €4M (capannone valore €1.8M, macchinari €1M, crediti commerciali €0.5M, magazzino €0.5M, cassa quasi zero). L’azienda è tecnicamente insolvente (ha già saltato alcune rate mutuo e pagamenti fornitori) ma potrebbe essere risanata se trovasse nuova finanza o partner, avendo ancora un buon portafoglio ordini. I soci non hanno risorse per ricapitalizzare. A settembre 2024 Alfa S.r.l. decide di accedere alla composizione negoziata per evitare il fallimento e cercare un investitore.
Fase 1: Accesso alla composizione negoziata (Ottobre 2024) – Alfa S.r.l. presenta istanza tramite la piattaforma nazionale, allegando un progetto di piano (che contempla eventualmente la ricerca di un partner industriale). Viene nominato l’esperto, il dott. Rossi, commercialista esperto di crisi. Alfa S.r.l. chiede e ottiene dal Tribunale anche misure protettive (blocco delle azioni esecutive) per 4 mesi, così le banche non possono pignorare il capannone nel frattempo.
Fase 2: Analisi e ricerca di soluzioni (Novembre–Dicembre 2024) – L’esperto Rossi esamina i dati e convoca i principali creditori (banche, fornitori grandi, Agenzia Entrate). Emerge che la prospettiva di ristrutturazione con risorse interne è scarsa: servirebbe nuova finanza per €1M e taglio debiti per 50%. Tuttavia, c’è un’azienda concorrente, Beta S.p.A., interessata ad espandersi acquisendo proprio Alfa (per penetrare nel settore automotive OEM). Beta S.p.A. contatta informalmente Alfa S.r.l. e l’esperto, manifestando un interesse all’acquisizione del ramo produttivo. Beta vorrebbe però rilevare solo l’azienda funzionante, non farsi carico dei debiti.
Fase 3: Valutazione offerte e trattative (Gennaio 2025) – Con supporto dell’esperto, Alfa S.r.l. pubblica un annuncio sul portale della CCIAA e su un quotidiano economico indicando la ricerca di investitori per affitto o cessione dell’azienda. Si contattano 5 potenziali acquirenti (3 competitor, 2 fondi locali). Arrivano 2 manifestazioni: Beta S.p.A. e un fondo Gamma. Beta S.p.A. propone: acquisto immediato dell’azienda (tutto il complesso) per €2.5M, con garanzia di mantenere tutti i 100 dipendenti; prezzo però condizionato a non prendersi debiti (salvo impegni verso lavoratori). Il fondo Gamma invece propone un concordato con investimento: fornire €1M di finanza per far ripartire Alfa ma chiede il 51% delle quote e il sacrificio dei creditori al 40%. Dopo valutazioni, l’esperto stima che l’offerta Beta dia maggior soddisfazione ai creditori: €2.5M liquidità vs scenario concordato incerto. Inoltre Beta garantisce continuità totale (nessun licenziamento), mentre il piano Gamma prevederebbe riduzione personale del 30%. Il CdA di Alfa preferisce Beta S.p.A.
Fase 4: Negoziazione accordi (Febbraio 2025) – Viene redatta una bozza di contratto di cessione d’azienda con Beta S.p.A., prezzo €2.5M, condizionato ad autorizzazione tribunale e ad accordi coi creditori. L’esperto coordina incontri tra Beta e le banche: Beta chiede che con €2.5M di prezzo siano pagate per prime le banche (2M, per liberare ipoteche) e i dipendenti arretrati (0.3M), lasciando ~0.2M ai fornitori (che hanno 1.5M di crediti – dunque avrebbero il 13%). Le banche accettano di accontentarsi di 2M su 2.2M dovuto (rinunciano a 0.2 interessi e spese). I fornitori, consultati, accettano la proposta: preferiscono 13% subito piuttosto che rischiare fallimento (dove stimano 5-10%). L’Agenzia delle Entrate – creditore per 0.5M – inizialmente è rigida, ma alla prospettiva fallimento (in cui prenderebbe molto meno), acconsente a una transazione: versamento di 0.1M (20%) a saldo, rinunciando a sanzioni e interessi. Queste intese vengono formalizzate in scritti (anche se, non essendo in procedura concorsuale formale, sono accordi privati, ma l’esperto li inserisce nel piano di risanamento). Anche i soci di Alfa sono d’accordo: perderanno l’azienda ma evitano responsabilità personali. Beta S.p.A. deposita una caparra di €100.000 in garanzia dell’impegno.
Nel frattempo, vista l’urgenza di gestione (Alfa sta finendo cassa per materie prime), Beta S.p.A. propone di entrare in affitto di azienda immediatamente. L’esperto concorda, i sindacati vengono informati: Beta promette di pagare regolarmente i salari correnti (Alfa aveva un mese arretrato). Viene concluso un contratto di affitto dal 1° marzo 2025: Beta inizia a gestire la produzione, pagando un canone simbolico di €1 e accollandosi le spese vive. I lavoratori passano in Beta con 2112; RSU e azienda firmano un accordo in cui Beta conferma contratto metalmeccanici, nessun taglio personale per 1 anno, e i dipendenti accettano di ricevere in due tranche il saldo degli arretrati (metà subito Beta, metà quando Alfa incassa prezzo). Tutto ciò è comunicato al tribunale.
Fase 5: Istanza al Tribunale per autorizzazione (Marzo 2025) – Raccolti gli accordi, Alfa S.r.l. tramite avvocato presenta ricorso ex art.22 al Tribunale di Torino. Nel ricorso descrive: la situazione, la proposta Beta (allegando il contratto preliminare di vendita e il contratto di affitto in corso), il piano di riparto dei €2.5M (banche, dipendenti, fisco, fornitori come detto), l’accordo sindacale, parere positivo dell’esperto. Chiede al tribunale: autorizzare la cessione ad Beta S.p.A. alle condizioni date, esonerando Beta dai debiti ex 2560 c.c., confermando tutele 2112 per i dipendenti, e dichiarando non soggetta a revocatoria l’operazione ex art.24.
Il tribunale fissa udienza entro 15 giorni. Convoca: legali di Alfa, rappresentante Beta, l’esperto Rossi, un rappresentante della banca maggiore, uno dell’Agenzia Entrate e un delegato RSU (quest’ultimo su richiesta dell’azienda, per testimoniare l’accordo lavoro). In udienza (metà Marzo 2025), il giudice monocratico esamina: verifica che la continuità è assicurata (Beta già conduce l’azienda, quindi continuità è piena), e che i creditori sono soddisfatti meglio che in fallimento (i fornitori hanno accettato 13% invece di presumibile 5%, banche quasi intere, Fisco 20% vs stima 0 in fallimento). L’esperto riferisce ufficialmente che a suo avviso l’operazione è coerente col risanamento e preferibile per i creditori. Le “parti interessate” presenti (banca, AE, RSU) dichiarano il loro assenso. Non ci sono altre offerte (il giudice chiede se ci fossero manifestazioni ulteriori dall’avviso pubblico: l’esperto conferma di aver confrontato e Beta era la migliore; il fondo Gamma non ha rilanciato). Il giudice quindi non reputa necessaria un’ulteriore gara, ritenendo soddisfatto il principio di competitività.
Fase 6: Decreto di autorizzazione (fine Marzo 2025) – Il tribunale emette decreto autorizzativo: rileva che l’offerta Beta consente continuità (tutti i 100 dipendenti conservati, azienda prosegue come ramo di Beta) e migliore soddisfazione creditori (circa €2.5M distribuiti vs stima <€2M in liquidazione forzata). Autorizza Alfa S.r.l. a trasferire l’azienda a Beta S.p.A. come da contratto, “senza gli effetti di cui all’art.2560 co.2 c.c., fatto salvo l’art.2112 c.c.”. Dispone inoltre, accogliendo quanto proposto dalle parti, alcune misure:
- ordina che Beta versi il prezzo su un conto dedicato intestato ad Alfa presso una banca e che tali somme siano destinate secondo il piano ai creditori (e il residuo, se qualche soldo avanzasse, resterebbe ad Alfa);
- stabilisce che l’efficacia della vendita decorre dal decreto stesso e che in caso di successivo fallimento di Alfa, la vendita resta ferma ex art.24;
- prende atto dell’accordo sindacale e ne dà atto nel decreto (non è che lo omologa, ma sottolinea che i lavoratori sono tutelati),
- rigetta la richiesta (che il Fisco aveva ventilato) di subordinare l’autorizzazione al pagamento integrale dei debiti fiscali, ritenendo sufficiente la transazione al 20% come da accordi (questo perché valutazione del miglior interesse lo consente).
- Il decreto è immediatamente esecutivo.
Fase 7: Cessione definitiva (Aprile 2025) – Ottenuta l’autorizzazione, il notaio rogita l’atto di cessione: Beta S.p.A. diviene proprietaria dell’azienda Alfa. Beta versa €2.5M sul conto vincolato. Da quel conto, sotto controllo esperto, entro pochi giorni:
- si estinguono i mutui bancari (€2M) e le banche contestualmente rilasciano le ipoteche sul capannone (che ora passa a Beta libero da vincoli);
- Beta (o Alfa con soldi Beta) paga €0.3M di arretrati ai dipendenti (difatti Beta aveva già pagato la parte corrente, rimaneva TFR arretrato che ora viene saldato);
- si paga €0.1M all’Agenzia Entrate per chiudere il debito fiscale;
- restano €0.1M per i fornitori (che viene ripartito pro-quota secondo accordi: ottengono ~13% ognuno).
- Nulla rimane ad Alfa S.r.l. se non un guscio vuoto; i soci decideranno di porla in liquidazione volontaria per chiudere le pendenze formali, ma di fatto l’azienda non c’è più.
Fase 8: Conclusione composizione negoziata (Maggio 2025) – L’esperto redige la relazione finale: dichiara che la composizione negoziata si è conclusa con successo mediante la cessione dell’azienda e conseguente soddisfacimento dei creditori secondo gli accordi. Afferma che l’imprenditore ha agito correttamente e che la soluzione ha evitato la liquidazione giudiziale, salvaguardando la continuità e l’occupazione. La composizione negoziata viene dunque chiusa. Non c’è bisogno di concordato semplificato perché i creditori sono sistemati (quelli non soddisfatti integralmente – fornitori 87% falciato – hanno formalmente rinunciato alle pretese eccedenti con accordo transattivo accettando la somma a saldo e stralcio; lo stesso il Fisco ha rinunciato al restante 80% con l’atto di transazione, efficacie essendo il debito a ruolo e potendo l’AdE formalizzare accettazione di stralcio in base alle norme sulle transazioni).
Outcome: Beta S.p.A. integra l’azienda Alfa come suo stabilimento (nuova divisione Beta-Torino), mantiene i 100 dipendenti e anzi programma investimenti. I creditori di Alfa accettano l’esito e non promuovono azioni legali (non ne avrebbero motivo perché hanno concordato transazioni). Alfa S.r.l. viene sciolta e cancellata entro fine 2025 (i soci non ricavano nulla ma evitano il disastro del fallimento e relative responsabilità). In futuro, se mai qualche creditore residuale cercasse di attaccare Beta per vecchi debiti, troverebbe lo scudo dell’art.24: la vendita è definitiva e non impugnabile.
Verifica degli obiettivi: Continuità aziendale è stata ottenuta (l’azienda continua a produrre come parte di un gruppo più grande); i creditori hanno avuto soddisfazione migliore (si stima che in un fallimento Alfa avrebbero preso forse il 30% le banche, 0 dipendenti dal Fondo di garanzia per TFR, 0 i chirografari e Fisco – perché valore liquidazione forzata e costi procedure – invece qui banche 90+%, dipendenti 100% arretrati grazie a F.G. + Beta, chirografari ~13% vs 0); i lavoratori hanno mantenuto il lavoro senza soluzione di continuità. Il tribunale ha potuto controllare che il processo fosse equo e trasparente, e l’ha sancito. Beta S.p.A. ha comprato a prezzo equo (2.5M era il valore stimato going concern, se aspettavano asta forse spendevano meno ma con rischio di perdere asset intangibili come clienti; qui hanno garantito la fornitura continua). Il “costo” per Beta è stato in parte mitigato dall’esonero debiti: se avessero dovuto prendere Alfa con 5M di debiti, non l’avrebbero mai fatto, così invece l’hanno presa con 0 debiti (tranne quelli verso dipendenti che ha saldato).
Questa simulazione mostra come una cessione d’azienda in composizione negoziata può svolgersi efficacemente. Naturalmente ogni caso varia: ad esempio, se non ci fosse stato un acquirente industriale, magari Alfa avrebbe optato per un concordato liquidatorio semplificato vendendo i pezzi separatamente; oppure se i creditori fossero stati più rigidi, la soluzione Beta poteva fallire. Ma la flessibilità della composizione e l’intervento del tribunale hanno permesso di cucire un accordo su misura.
(Segue tabella di riepilogo e sezione FAQ.)
Tabelle riepilogative
Per fissare i concetti esposti, presentiamo alcune tabelle riepilogative che confrontano situazioni e riassumono obblighi e vantaggi:
Tabella 1 – Confronto esiti alternativi per i creditori (caso simulato Alfa S.r.l.)
Scenario | Banche (ipotecarie) | Fisco (privilegiato) | Fornitori (chirografari) | Lavoratori |
---|---|---|---|---|
Fallimento liquidatorio | Realizzo capannone €1.2M (forzato)Recupero: ~60% (ipot.) | Recupero 0% (capannone copre parzialmente ipoteche; IVA e ritenute no beni sufficienti) | Recupero 0% (insufficienti attivi per chirog.) | Fondo Garanzia INPS copre TFR e 3 mensilità (70% crediti)Perdono differenze contrattuali (ferie ecc.) e tutti i posti di lavoro (azienda chiude) |
Concordato preventivo con investitore Gamma (40% ai creditori) | Pagati 100% (investitore immette risorse per garantirle) | Pagato 40% (come da classi concordato) | Pagato 40% (come proposto)(+ azienda continua forse) | Continuità per 70 lavoratori (30 esuberi licenziati con incentivi),perdono 60% crediti arretrati (40% pagato in piano) |
Composizione negoziata con cessione Beta (realizzata) | Pagati ~90% (2M su 2.2M) | Pagato 20% (transazione) | Pagato ~13% (saldo e stralcio) | Continuità per tutti 100 lavoratori,pagati 100% crediti arretrati (Beta + Fondo Garanzia per qualche mese pregresso),nessun licenziamento |
N.B.: valori ipotetici, scenario comparativo. Si vede come la soluzione Beta in CNC pur non pagando molto i fornitori (13%) è comunque preferibile alla liquidazione (0%)
Tabella 2 – Riepilogo obblighi del Cedente e del Cessionario (con autorizzazione)
Ambito | Cedente (venditore) | Cessionario (acquirente) |
---|---|---|
Gestione pre-trasferimento | Gestisce fino a closing sotto supervisione esperto; informa e consulta sindacati; mantiene ordinaria amministrazione | Può affittare l’azienda prima del closing per continuità (se concordato); collabora a due diligence e contrattualistica; versa eventuale caparra |
Atto di cessione | Predispone documenti per tribunale; chiede autorizzazione; firma atto notarile; cura inventario di consegna | Partecipa a udienza ex art.22 (di solito come interveniente); firma atto; paga prezzo secondo modalità (conto vincolato) |
Debiti ante cessione | Resta obbligato verso creditori originari (salvo accordi di stralcio); utilizza prezzo incassato per pagare creditori secondo accordi/piano | Non risponde dei debiti anteriori (eccetto lavoro); non subentra nei debiti verso fornitori, banche, fisco ecc. (sono esonerati). (Se assume volontariamente alcuni debiti per accordo, li paga come da contratto) |
Contratti in corso | Cedente esce dai contratti trasferiti; può mantenere quelli esclusi (se terzo acconsente) | Subentra automaticamente ex art.2558 in tutti i contratti aziendali (fornitura, locazione, leasing, appalti…) salvo quelli personali o esclusi in accordo; deve continuare ad eseguirli (pena responsabilità) |
Crediti e beni | Cede al cessionario tutti i crediti aziendali (trasferiti di diritto con pubblicità) e consegna i beni; può trattenere crediti personali non inerenti (es. credito verso socio) | Acquista i crediti (diviene creditore verso clienti); incamera i beni liberi da vincoli (se ipoteche, si cancellano); prosegue uso licenze e autorizzazioni intestate (poi chiede voltura) |
Lavoratori | Paga stipendi e oneri fino alla data di cessione (incl. arretrati maturati); fornisce TFR maturando al cessionario (di solito con quota prezzo) | Assume tutti i dipendenti con stesso contratto e anzianità; è solidalmente responsabile per stipendi arretrati e TFR maturato (se cedente non li paga); applica CCNL vigente; consulta sindacati per eventuali modifiche successive |
Fisco e contributi | Rimane debitrice verso Erario e INPS per tributi pregressi (salvo transazioni); usa parte prezzo per versare quanto concordato (es. 20% del debito) | Non è responsabile per debiti tributari pregressi del cedente (presunzione esonero come debiti d’azienda); tuttavia deve farsi rilasciare i necessari certificati fiscali per evitare obblighi solidali ex lege (prudenza) |
Garanzie post-vendita | Risponde di evizione se titolo non valido; garantisce che l’azienda non ha vizi occulti; rispetta patto non concorrenza (5 anni) | Può far valere garanzie se emergono passività occulte non dichiarate (potrebbe chiedere indennizzo, nei limiti se cedente solvibile…); mantiene insegna e marchi se acquistati senza turbative da cedente |
Tabella 3 – Tempistiche indicative composizione negoziata con cessione
Fase | Tempistiche | Attività chiave |
---|---|---|
Accesso a composizione negoziata | Giorno 0 (presentazione istanza) – Esperto nominato entro 7 gg | Raccolta documenti, presentazione istanza CCIAA, eventuale richiesta misure protettive al Tribunale |
Analisi e ricerca soluzioni | Mese 1-2 | Check-up aziendale da esperto, contatti con creditori e potenziali acquirenti; pubblicazione avviso per offerte (durata offerta 2-4 sett.) |
Raccolta offerte e negoziazione accordi | Mese 2-3 | Ricezione manifestazioni di interesse; confronto offerte; scelta migliore; trattativa dettagliata con acquirente prescelto; contestuali accordi con creditori su uso prezzo; consultazione sindacale se trasferimento previsto; stesura accordi (preliminare cessione, ecc.) |
Richiesta autorizzazione tribunale | Fine Mese 3 (gg ~90) | Predisposizione ricorso ex art.22 con allegati (contratto, piani, pareri); udienza tribunale entro 2-3 settimane dalla richiesta; eventuale integrazione documenti; decisione (decreto) entro fine Mese 4 |
Esecuzione cessione d’azienda | Mese 4 – 5 (dopo decreto) | Stipula atto notarile definitivo di vendita; pagamento prezzo su conto dedicato; contestuale trasferimento proprietà e consegna azienda (se non già affittata); esecuzione pagamenti ai creditori secondo piano (entro pochi giorni dal incasso) |
Conclusione composizione negoziata | Fine Mese 5 – inizio Mese 6 | Esperto redige relazione finale chiusura procedura (esito positivo con risanamento attuato); misure protettive decadono; impresa esce da composizione negoziata (cessione completata) |
Post-chiusura | Entro Mese 12 | (Se necessario) Omologa eventuale concordato semplificato o accordo di ristrutturazione per residui debiti non risolti (non nel caso di pieno stralcio come sopra); liquidazione societaria del cedente se rimasto attivo residuo; cessazione carica esperto |
(Nella simulazione Alfa, l’intero processo è durato circa 6-7 mesi. La durata reale può variare: in alcuni casi complessi la composizione negoziata può essere prorogata fino a 12 mesi. Tempistiche tribunale dipendono dal carico, ma in emergenza possono essere rapide.)
Domande frequenti (FAQ) sulla cessione d’azienda in composizione negoziata
D1: Chi può accedere alla composizione negoziata e in quali casi conviene usarla per vendere un’azienda?
R: Possono accedere tutte le imprese commerciali o agricole in situazione di squilibrio economico-finanziario o insolvenza probabile (incluse società di persone, SRL, SPA, imprese individuali). Conviene utilizzare la composizione negoziata per vendere un’azienda quando l’impresa è in crisi ma c’è la possibilità di trovare un acquirente interessato a rilevare l’attività come “going concern”. In particolare, è utile se la vendita fuori da una procedura concorsuale ordinaria rischierebbe di essere vanificata dalle azioni dei creditori (pignoramenti, revocatorie) o dall’assunzione di debiti pregressi da parte dell’acquirente. La composizione negoziata, con l’art.22, offre un contesto protetto (grazie alle misure protettive) e vantaggioso per l’acquirente (esenzione debiti) e quindi può rendere fattibile una cessione che altrimenti non avverrebbe. È indicata per imprese che abbiano ancora valore in continuità (marchio, know-how, mercato) ma troppo debito per proseguire: vendendo l’azienda si salva il valore e si massimizza quanto ricavabile per i creditori. Se invece l’azienda non ha prospettive di continuità o acquirenti interessati, la composizione negoziata potrebbe non portare benefici rispetto a una liquidazione.
D2: Quali sono le principali differenze tra vendere l’azienda durante una composizione negoziata e venderla durante un fallimento o un concordato preventivo?
R: Ci sono varie differenze: (i) Contesto procedurale: nella composizione negoziata l’imprenditore rimane in possesso e decide lui di vendere (con il benestare di un giudice), mentre in fallimento decide il curatore sotto controllo del GD e comitato creditori; nel concordato decide il debitore ma il piano deve essere approvato dai creditori e autorizzato dal giudice. (ii) Debiti aziendali: in tutte e tre le situazioni l’acquirente non risponde dei debiti pregressi dell’azienda (nel fallimento/concordato per legge; nella composizione negoziata grazie all’autorizzazione ex art.22 CCII). (iii) Competitività: in fallimento e concordato di norma la vendita avviene con aste competitive pubbliche; nella composizione negoziata c’è più flessibilità, ma comunque deve essere garantita trasparenza e comparazione di offerte. (iv) Tempo: vendere in composizione negoziata è più rapido, perché non si aspettano voti di creditori né procedure d’asta lunghe; si può vendere in pochi mesi. (v) Risultato per creditori: in composizione negoziata non c’è una “massa fallimentare” da distribuire secondo graduatorie rigide e con costi procedurali elevati; i creditori trovano accordi tra loro (ad es. possono accettare percentuali diverse consensualmente). Si evita il prelievo delle spese di procedura (in fallimento i costi legali, compenso curatore, ecc. riducono l’attivo per i creditori). (vi) Continuità: la composizione negoziata è pensata per incentivare la continuità aziendale (spesso l’acquirente subentra subito, magari con affitto interim), mentre un fallimento di norma segna la discontinuità (anche se si può esercizio provvisorio). In sintesi, la vendita in composizione negoziata è più consensuale e flessibile, con vantaggi per l’acquirente comparabili a quelli di un acquisto da fallimento, ma costruiti su misura prima del dissesto conclamato.
D3: Il tribunale può rifiutare di autorizzare la cessione d’azienda? In quali casi?
R: Sì, il tribunale può negare l’autorizzazione se ritiene che non siano soddisfatti i presupposti di legge. I casi tipici in cui potrebbe rifiutare: (i) se la vendita non assicura continuità aziendale (ad es. l’acquirente vuole solo i macchinari per portarli via e chiudere lo stabilimento – questo sarebbe più una liquidazione mascherata, non verrebbe autorizzata salvo eccezioni); (ii) se la vendita appare dannosa per i creditori o comunque non la migliore opzione (ad esempio prezzo troppo basso rispetto a altre offerte o al valore di mercato; oppure se i creditori stessi si oppongono in massa perché preferirebbero un concordato differente); (iii) se manca la trasparenza competitiva – ad esempio, solo un acquirente “interno” senza che sia stato sondato il mercato: il giudice potrebbe rigettare o più probabilmente rinviare chiedendo di fare un tentativo di trovare offerte concorrenti; (iv) se emergono profili di abuso o conflitto di interessi – ad esempio l’acquirente è una società riconducibile all’imprenditore cedente e il prezzo pare favorevole a quest’ultimo a scapito dei creditori (il tribunale non autorizzerebbe vendite “a se stesso” mascherate, se non nell’interesse dei creditori chiaramente); (v) se non c’è un accordo accettabile con i creditori e la cessione da sola non risolve: ad esempio, se i principali creditori dicono “preferiamo fallimento che questa vendita”, il giudice potrebbe dubitare della migliore soddisfazione; (vi) questioni procedurali: se l’istanza è stata presentata male, senza coinvolgere parti interessate, o se c’è già pendente un’istanza di fallimento e la legge non consente di autorizzare (anche se col correttivo è possibile parallelamente). In pratica, se il progetto di cessione è serio, trasparente e sostenuto dall’esperto, è raro il diniego. Più comune è che il tribunale chieda integrazioni (es. fare una gara pubblica) prima di decidere.
D4: L’esperto indipendente deve essere d’accordo sulla cessione? Può opporsi?
R: Formalmente, l’esperto non ha potere di veto; in pratica, il suo accordo è molto importante. Se l’esperto è d’accordo, lo esprimerà nel parere e il tribunale ne terrà gran conto. Se invece l’esperto ritenesse che la cessione è contraria all’interesse dei creditori o alla continuità, potrebbe dissentire: lui lo manifesterebbe sulla piattaforma (art.18 CCII). Tale dissenso viene comunicato ai creditori e al tribunale. Un atto di straordinaria amministrazione compiuto con il dissenso dell’esperto poi non beneficia delle tutele (può essere soggetto a revocatoria ex art.24 co.3 CCII). Quindi, di fatto, se l’imprenditore andasse avanti contro il parere dell’esperto rischierebbe molto (il compratore non sarebbe tranquillo perché la vendita potrebbe non essere protetta). In sede di richiesta ex art.22, se l’esperto fosse contrario, è altamente probabile che il giudice non autorizzi affatto. Quindi sì, l’esperto deve essere convinto. Di solito, se l’imprenditore vuole vendere ma l’esperto non è convinto delle condizioni, cercheranno di modificarle (magari alzando il prezzo o includendo clausole di tutela creditori) finché anche l’esperto non concordi. L’esperto agisce un po’ da “garante” imparziale: se qualcosa non gli torna (es. acquirente inaffidabile o asta poco competitiva), può e deve segnalarlo. In conclusione: l’esperto non ha un potere formale di blocco, ma il suo ruolo consultivo è così influente che, in pratica, l’operazione non andrà in porto senza il suo assenso.
D5: Che ruolo hanno i creditori nella decisione di vendere l’azienda in composizione negoziata? Possono opporsi o imporre condizioni?
R: Nella composizione negoziata i creditori non hanno diritto di voto formale (come in un concordato) né possono impedire unilateralmente la vendita, poiché la decisione ultima spetta all’imprenditore e al tribunale. Tuttavia, i creditori sono parti interessate: vanno sentiti dal giudice e, soprattutto, se non sono d’accordo potrebbero far fallire l’impresa (ad es. un creditore può chiedere il fallimento se vede pregiudizio). Quindi di fatto i creditori hanno influenza. In genere, l’imprenditore cercherà il loro consenso negoziando come distribuire il ricavato della vendita. Ad esempio, potrebbe dire ai chirografari: “vi do il 20% subito se approvate la vendita, altrimenti rischiate 5% in fallimento”. Se una maggioranza di creditori sostiene la vendita, il tribunale sarà più sereno ad autorizzare. Se invece la maggioranza è contraria, il tribunale difficilmente forzerà l’operazione su opposizione generale (perché verrebbe meno il presupposto del miglior soddisfacimento, se tutti loro dicono di no). Quindi i creditori non hanno potere di veto legale, ma una forte moral suasion. In udienza, possono fare osservazioni: il giudice le valuta, e può anche accogliere richieste (es. un creditore ipotecario potrebbe chiedere garanzie sul prezzo: il giudice può imporre deposito su conto a garanzia di quel creditore). Se un creditore isolato è contrario ma gli altri no, probabilmente il giudice non bloccherà l’operazione solo per quello: l’interesse della massa prevale. Inoltre, se la vendita è chiaramente migliore per la massa rispetto al fallimento, l’opposizione di pochi potrebbe essere superata nell’ottica di utilità generale. In conclusione, i creditori possono opporsi (anche formalmente con memorie o reclamo dopo il decreto), ma se l’operazione è ben costruita di rado faranno muro. Molto spesso, al contrario, essi stessi spingono per la vendita se percepiscono che è la strada per recuperare qualcosa.
D6: Cosa succede se, dopo aver venduto l’azienda in composizione negoziata, la società cedente fallisce comunque?
R: Se la società cedente fallisce (o viene ammessa a liquidazione giudiziale) dopo la vendita autorizzata, la vendita rimane valida e ferma. Il curatore fallimentare non può revocarla né farla annullare. I beni ceduti non rientrano nel fallimento: l’acquirente li mantiene. Inoltre, per espressa previsione, l’atto è esente da revocatoria, quindi i creditori del fallimento non possono chiedere di dichiararlo inefficace come atto pregiudizievole. In pratica, è come se fosse avvenuto in procedura concorsuale. Gli unici casi in cui il curatore potrebbe contestare qualcosa sarebbero se emergesse una frode (ad esempio, se la vendita fosse stata simulata o a un prezzo fittizio con retropagamenti occulti – ma allora non sarebbe stata autorizzata se scoperta). Al contrario, il fallimento riguarderà solo l’incasso ricavato dalla vendita: se la società cedente non l’ha già distribuito ai creditori prima del fallimento, quelle somme residue diventano attivo fallimentare. Di solito però, nella composizione negoziata, si cerca di distribuire subito il ricavato ai creditori proprio per evitare fallimento. Poniamo che alcuni creditori rimangano insoddisfatti e facciano fallire la società dopo: il curatore gestirà il poco che resta (forse nulla) e dovrà rispettare la vendita. Quindi l’acquirente può stare tranquillo: la vendita è consolidata. Questo è uno dei grandi vantaggi dell’autorizzazione: toglie l’incertezza post-fallimentare. Anche eventuali contratti ceduti non potranno essere sciolti dal curatore, perché non fanno più parte del patrimonio fallimentare (sono passati all’acquirente). In sintesi: il fallimento eventuale del venditore non intacca l’acquisto; i creditori insoddisfatti parteciperanno al fallimento per dividersi eventuali altre attività (di solito zero o poco).
D7: Il cessionario può scegliere di non assumere alcuni lavoratori o di modificarne le condizioni contrattuali?
R: Al momento del trasferimento il cessionario non può escludere unilateralmente alcuni lavoratori né peggiorarne le condizioni individuali, in virtù dell’art.2112 c.c. che tutela la continuità dei rapporti di lavoro. Tutti i dipendenti in forza nell’azienda o ramo ceduto passano automaticamente al cessionario, con gli stessi patti e condizioni (retributive, inquadramento, ecc.). Non c’è possibilità legale di “scegliere” solo i migliori e lasciare a casa gli altri: qualsiasi clausola in tal senso sarebbe nulla. L’unica eccezione potrebbe derivare da accordi sindacali contestuali alla cessione: se c’è un accordo collettivo con le rappresentanze che prevede, ad esempio, incentivi all’uscita per alcuni lavoratori che volontariamente si fanno licenziare prima della cessione, allora quei lavoratori escono (non vengono trasferiti). Ma deve esserci consenso e spesso l’intervento di ammortizzatori sociali (es. NASpI, CIGS per cessazione, ecc.). Quindi, senza accordi, il perimetro dei lavoratori trasferiti coincide con l’intera forza lavoro del ramo ceduto. Dopo il trasferimento, il cessionario può avviare riorganizzazioni come qualsiasi datore di lavoro: ad esempio, può avviare una procedura di licenziamento collettivo per esubero (seguendo la legge, criteri, ecc.), oppure proporre modifiche delle condizioni contrattuali collettive (es. chiedere al sindacato di firmare un nuovo integrativo con condizioni diverse). Queste azioni però devono rispettare la normativa generale sul lavoro: i licenziamenti devono avere causali economiche valide e criteri non discriminatori; i cambi contrattuali richiedono accordo sindacale o individuale se peggiorativi. In composizione negoziata non c’è, come c’era in certe procedure concorsuali, la possibilità di ottenere dall’autorità giudiziaria l’autorizzazione a non applicare l’art.2112 per salvare l’occupazione. (Nel concordato fallimentare in continuità c’è una norma che permette accordi sindacali difformi). Quindi, in soldoni: il cessionario all’inizio prende tutti i lavoratori e li tratta invariati. Se proprio vuole ridurne il numero o cambiar loro orario/salario, deve passare attraverso le procedure ordinarie dopo la cessione (o tramite un accordo sindacale contestuale, che comunque ha bisogno del consenso sindacale). Spesso, per facilitare l’operazione, l’acquirente e i sindacati raggiungono un gentlemen’s agreement prima: ad esempio, che l’acquirente manterrà tutti per 6 mesi ma poi potrebbe gestire esuberi con mobilità incentivata, e i sindacati lo accettano per evitare il peggio. Tali intese vanno poi formalizzate nel rispetto delle normative. In conclusione: non si può “spezzare” 2112, a meno di accordo sindacale in deroga (e in CNC quell’accordo può solo rimodulare trattamenti, non licenziare sommariamente).
D8: Cosa accade ai contratti aziendali in corso (forniture, appalti, leasing…) quando si trasferisce l’azienda?
R: Per effetto dell’art.2558 c.c., il cessionario subentra automaticamente in tutti i contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda, a meno che il contratto abbia natura personale (rarissimo, es. un contratto d’opera basato sulle qualità del cedente) o che sia pattuito diversamente con il contraente. Quindi, normalmente, tutti i contratti proseguono con l’acquirente alle stesse condizioni. Il terzo contraente (fornitore, cliente, ecc.) non può opporsi se non per giusta causa entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento. “Giusta causa” significa ad esempio che il cessionario non dà le stesse garanzie di adempiere (ma se l’azienda continua, di solito no). Durante la composizione negoziata, è buona norma informare i contraenti chiave e ottenere la loro adesione: la continuità aziendale è anche questo. Esempio: se c’è un contratto di fornitura importante, si avverte il fornitore che subentrerà Beta come cliente al posto di Alfa – se Beta è affidabile, il fornitore sarà contento. Se il contratto avesse clausole tipo “in caso di cambio controllo/azienda, la parte può recedere”, va gestito: molte volte contratti di appalto pubblico hanno clausola che se l’azienda appaltatrice viene ceduta, serve autorizzazione stazione appaltante. Quindi bisogna ottenere quell’assenso. In sintesi però: la regola è continuità contrattuale. L’acquirente dovrebbe fare un elenco di tutti i contratti e verificare se vuole escluderne qualcuno. Se c’è un contratto che il cessionario non desidera (perché oneroso o non strategico), può chiedere al cedente di risolverlo prima della vendita (col consenso dell’altro contraente). Oppure, in accordo con il terzo, escluderlo dal perimetro (ma serve consenso del terzo, altrimenti per legge sarebbe incluso). Nell’istanza al tribunale di solito si dichiara che è garantita la continuità dei rapporti contrattuali indispensabili (forniture essenziali, contratti clienti). I contratti passano con gli stessi termini: l’acquirente non può modificarli unilateralmente. Se vuole cambiarli (es. rinegoziare prezzi con un fornitore), deve farlo tramite trattativa dopo aver acquisito l’azienda, oppure il fornitore può porre quella come condizione per non recedere. Ad esempio, un fornitore può dire: “accetto di continuare col nuovo acquirente ma a condizione di rivedere i termini di pagamento”. In compon. negoziata, tali micro-accordi possono essere fatti. In conclusione: contratti passano in blocco, salvo eccezioni contrattate. L’operazione di cessione quindi viene rappresentata al mercato come sostanzialmente “l’azienda continua la sua attività senza soluzione, solo cambia il proprietario”.
D9: Quali imposte si pagano sulla cessione d’azienda? Ci sono esenzioni in caso di crisi?
R: Come spiegato nella sezione fiscale, la cessione d’azienda sconta in primis l’imposta di registro proporzionale al valore dei beni (3% su valori mobili/avviamento, 0.5% su merci, 9% su immobili, ecc.), e le imposte ipotecarie/catastali su eventuali immobili (2%+1%). Non si applica l’IVA all’operazione (perché è trasferimento di azienda unitariamente). Queste imposte, nella prassi, paga l’acquirente (possono accordarsi diversamente, ma di solito sì). In condizioni normali, non ci sono esenzioni automatiche. Durante l’emergenza Covid era stata data esenzione da bollo e registro per atti in composizione negoziata, ma è stata eliminata. Quindi oggi, vendere in composizione negoziata costa come vendere normalmente: registro ecc. Per le imposte dirette, il venditore realizzando l’azienda paga eventuali plusvalenze (a meno che poi fallisce e non le paga di fatto). Non ci sono aliquote ridotte. L’unico vantaggio fiscale indiretto è che, poiché la composizione negoziata mira ad evitare il fallimento, se ci riesce, i creditori (incluso il Fisco) possono incassare in transazione qualcosa e lo Stato incassa quelle imposte di registro appunto. In futuri interventi legislativi potrebbero reintrodurre esenzioni per favorire questi accordi (c’è una proposta di non far pagare registro sulle transazioni di crediti nell’ambito di accordi di ristrutturazione). Ma ad oggi, in maggio 2025, nessuna esenzione particolare: l’atto di cessione è soggetto a registro normale. Nota: se la cessione d’azienda è inserita in un concordato preventivo omologato, lì sì che scatta l’esenzione imposte ex art. 250 CCII. Ma in composizione negoziata non c’è omologa formale, quindi quell’articolo non si applica. Si può comunque pianificare fiscalmente: ad esempio, se l’acquirente prende anche debiti, ciò riduce la base imponibile registro (perché registro colpisce attivo netto trasferito). Composizione negoziata stessa non dà prededuzione alle tasse: ad esempio, se vendendo l’azienda scaturisce una plusvalenza per il venditore, quella sarebbe reddito tassabile IRES; ovviamente se poi la società non la paga perché fallisce, resta insoluto. Non c’è condono. In sintesi: l’ordinamento non esonera dal pagamento delle imposte di trasferimento neanche se l’azienda è venduta per crisi, quindi quei costi vanno considerati nell’operazione. Spesso nelle trattative i notai e consulenti cercano di ottimizzare, ad esempio allocando più valore su merci (0.5%) e meno su avviamento (3%) se possibile, o valutando se un eventuale frazionamento in cessioni separate di beni potrebbe essere meno oneroso (ma di solito no, perché beni isolati sarebbero soggetti a IVA invece che registro, tranne immobili). Il legislatore con la composizione negoziata ha puntato a incentivare soprattutto sul lato civilistico (protezione revocatoria e debiti) più che sul lato tributario.
D10: Si può vendere solo un ramo dell’azienda invece che tutta?
R: Sì, certamente. L’art.22 parla di “azienda o uno o più suoi rami”. Quindi è possibile autorizzare la cessione di un ramo d’azienda (ovvero un settore autonomo dell’impresa, dotato di organizzazione autonoma). Questo è frequente: ad esempio un’azienda diversificata cede il ramo attivo per salvarlo e lascia il resto al fallimento. Gli effetti sono analoghi: il ramo passa senza debiti (salvo lavoro), i lavoratori di quel ramo passano al cessionario, ecc. Il tribunale valuterà continuità e migliore soddisfazione riferiti a quel ramo. Può succedere, anzi è previsto, che l’impresa in composizione negoziata ceda più rami separatamente a diversi acquirenti. Ad esempio, dismette due divisioni a due compratori diversi. L’autorizzazione può essere chiesta in un unico ricorso o in più ricorsi. In pratica il tribunale autorizza ogni trasferimento e anche lì vige il principio di competitività: magari un ramo va a Tizio e un ramo a Caio, ma per ciascuno si deve scegliere il migliore offerente. La cessione parziale può a volte accompagnarsi a un concordato per il resto: es. vendi il ramo sano, i proventi li usi per pagare creditori e poi liquidi il resto. Quindi sì, vendere rami d’azienda è assolutamente contemplato. L’importante è che il ramo sia effettivamente identificato e autonomo (con suo personale, attivi e passivi correlati), così che il trasferimento configuri un “trasferimento di ramo” ai sensi di 2112 c.c. (che tutela anche i lavoratori del ramo). Un chiarimento: se si cede un ramo e l’impresa cedente prosegue con il resto, la composizione negoziata potrebbe anche proseguire per trovare soluzioni sul restante; se invece vendi tutti i rami, di fatto hai venduto l’intera azienda (che può essere fatto in più pezzi). L’autorizzazione tribunale può riguardare uno o più atti, anche scaglionati.
D11: E se durante la composizione negoziata l’imprenditore avesse ricevuto un’offerta migliore dopo aver già firmato un preliminare con un altro acquirente?
R: Situazione delicata. Teoricamente, fino a che il tribunale non autorizza e l’atto definitivo non è concluso, l’imprenditore potrebbe cambiare idea se arriva un’offerta sensibilmente migliore – perché il suo dovere morale è verso il miglior interesse dei creditori. Tuttavia, bisogna considerare eventuali impegni contrattuali presi. Se ha firmato un preliminare di vendita con l’acquirente A e poi vuole accettare l’offerta di B più alta, il preliminare lo vincola: A potrebbe chiedere esecuzione specifica o almeno penale/caparra. Per tutelarsi, in un contesto di composizione, di solito i preliminari contengono clausole risolutive tipo “se perviene offerta migliore in sede di procedura competitiva, il cedente può recedere” dietro restituzione caparra ecc. Oppure non si firma proprio un vincolo definitivo con A ma solo una lettera d’intenti condizionata. In ogni caso, il tribunale stesso, se arriva un’offerta migliore prima di decidere, dovrebbe tenerne conto: può disporre gara tra A e B. Se A non rilancia oltre B, il tribunale autorizzerà la vendita a B (anche se A aveva un accordo col debitore, che però non può preferire contrattualmente A a scapito dei creditori). Ovviamente, l’imprenditore deve agire in buona fede: se ha assicurato A, poi arriva B, deve condurre la cosa in modo trasparente, magari informare A e farlo competere con B. Giuridicamente, se c’è un preliminare valido con A, l’imprenditore per uscire può solo se c’è clausola di recesso o con consenso di A (che magari dietro compenso molla). Ecco perché è sempre raccomandato predisporre i contratti con clausole competitive. Nella nostra simulazione, ad esempio, avremmo potuto dire: prel. con Beta ma con facoltà di Alfa di accettare offerta migliore con penalità X a Beta. Dunque, se appare un compratore B con offerta, Alfa ne informa l’esperto e il tribunale, i quali – per rispettare competitività – dicono: “ok facciamo un’asta tra Beta e B”. Chi vince ottiene l’autorizzazione. L’altro eventualmente avrà diritto a risarcimento se previsto dal contratto con Alfa. In sintesi: l’imprenditore deve privilegiare l’offerta migliore per creditori, ma deve anche gestire i vincoli contrattuali. Il tribunale comunque non autorizzerà un’offerta inferiore se ne esiste pubblicamente una superiore (a parità di condizioni), a meno che quell’offerta superiore arrivi troppo tardi o non sia seria. Perciò conviene programmare bene le scadenze: prima si raccolgono tutte le offerte, poi si sceglie. Se appare tardivamente, può ancora entrare in gioco finché non c’è decreto. Dopo il decreto che specifica un aggiudicatario, è troppo tardi.
D12: Cosa succede se, dopo la cessione, emergono debiti occulti o problemi legali legati all’azienda venduta? L’acquirente può essere coinvolto?
R: Dipende dal tipo di problematica:
- Se emergono debiti “occulti” anteriore alla vendita (es. un contenzioso inaspettato, un debito fuori bilancio), in linea di principio l’acquirente non ne risponde, grazie all’esonero ex art.22 (anche se non erano noti né registrati, l’esonero lo copre comunque perché copre tutti i debiti inerenti all’azienda, salvo dolosamente nascosti? la norma non distingue, dice senza effetti 2560 co.2, quindi i non risultanti dai libri non risponderebbe comunque ex 2560 nemmeno in ordinaria). Tuttavia, l’acquirente potrebbe dire al venditore: “mi avete nascosto questo debito, mi avete ingannato”. Sul piano contrattuale, se il venditore aveva garantito che non c’erano altri debiti (clausola di garanzia), l’acquirente potrebbe chiedere un indennizzo o riduzione prezzo. Nei fatti però se il venditore è ormai in decozione o fallito, recuperare è improbabile. Dunque l’acquirente deve fare due diligence prima dell’acquisto. Ma comunque, i creditori di questi debiti occulti non possono rivalersi sull’acquirente (non essendo il successore ex lege), potranno rifarsela solo col venditore (es. insinuarsi in fallimento).
- Se emergono problemi legali/penali legati all’attività passata (es. violazioni ambientali commesse dal venditore), l’acquirente come nuovo proprietario non ne è retroattivamente responsabile, salvo casi particolari. Potrebbero però esserci situazioni dove l’azienda è soggetta a prescrizioni (es. impianto inquinante: l’acquirente dovrà adeguarlo; se c’è da bonificare per danni del passato, di solito ne risponde il soggetto che li ha causati – il venditore – ma l’autorità potrebbe chiedere al nuovo proprietario di bonificare se il precedente è sparito, salvo poi rivalersi). In generale i rischi legali dovrebbero essere valutati e contrattualmente allocati: a volte l’acquirente chiede di trattenere parte del prezzo in escrow per far fronte a eventuali cause pendenti.
- Se emergono passività verso lavoratori (es. causa lavoro per fatti pre-cessione): qui attenzione, l’art.2112 c.c. dice che il cessionario è solidalmente responsabile anche per le obbligazioni già sorte verso i dipendenti (stipendi arretrati, ecc.). Abbiamo detto che quelli vanno coperti con parte prezzo. Ma se c’era un contenzioso di lavoro non noto e anni dopo l’ex dipendente vince contro il cedente per €100k di differenze retributive risalenti a prima: quell’ex dipendente potrebbe teoricamente pretendere pagamento anche dall’acquirente, perché è un credito “inerente all’esercizio” e 2112 lo include. E quell’aspetto non è derogato dall’art.22 (che tutela solo da 2560, non da 2112). Quindi sì, un rischio c’è: i crediti dei lavoratori (anche ex lavoratori, se concernono rapporti trasferiti) restano agganciati all’azienda anche dopo. L’acquirente deve valutarlo. Spesso nel contratto il venditore indennizza l’acquirente per eventuali cause lavoro pendenti o future relative a periodi precedenti. Ma se il venditore poi fallisce, l’indennizzo è aleatorio. Tuttavia, i lavoratori hanno il privilegio nel fallimento per quelle somme e Fondo di garanzia, quindi difficilmente inseguiranno l’acquirente (che comunque rimane obbligato in solido per legge).
- In sintesi: l’acquirente non risponde dei debiti commerciali e fiscali pregressi grazie all’autorizzazione; rimane co-obbligato per debiti verso dipendenti; non risponde di illeciti del cedente (penali, amministrativi) se non nei limiti di eventuali normative speciali di successione (ad es. responsabilità ambientale “sul sito” come detto, ma è caso limite). In ogni caso, è prudente per l’acquirente farsi garantire dal venditore con clausole e magari depositare una parte di prezzo a garanzia per un periodo. Nella composizione negoziata però spesso il venditore è insolvibile, quindi l’acquirente deve considerare quell’eventuale rischio come “costo implicito”. Ad esempio, per quell’ipotetico contenzioso lavoro, magari l’acquirente si tutela chiedendo all’ex dipendente di firmare quietanza in cambio di un piccolo pagamento (questo a volte si fa: transare i contenziosi pendenti prima di cedere).
D13: L’acquirente deve attendere la conclusione di tutte le trattative con i creditori per entrare in possesso dell’azienda?
R: Non necessariamente; grazie alla flessibilità della composizione negoziata, è possibile che l’acquirente entri in possesso e gestione dell’azienda prima che tutto sia definito, ad esempio tramite un affitto di azienda. Questo è esattamente quello che succede in molti casi pratici: l’acquirente in pectore inizia a condurre l’attività immediatamente per evitare interruzioni (specialmente se la procedura di ottenimento dell’autorizzazione e di formalizzazione accordi con creditori richiede qualche mese). Nell’affitto c’è comunque bisogno di un minimo accordo con i creditori perché spesso l’affittuario dovrà farsi carico di pagare fornitori correnti e magari anticipare qualcosa ai dipendenti: però non serve aver chiuso le transazioni di stralcio del debito pregresso. Quindi l’acquirente può entrare come affittuario durante la composizione negoziata. Oppure può anche entrare come nuovo socio prima (ma questo è raro in CNC, più tipico di piani attestati con equity injection). Ovviamente, se invece non si vuole fare l’affitto, l’acquirente aspetta il giorno del closing per prendere possesso. Nel frattempo l’azienda è condotta dal venditore con l’esperto che controlla. Se la domanda è se l’acquirente deve aspettare che tutti i creditori siano d’accordo: formalmente no, lui potrebbe acquistare anche se alcuni creditori non hanno accordo – assumendo che i soldi vengano messi da parte per loro e poi eventualmente si vedrà (es. se non c’è accordo col Fisco, potrebbe fare concordato liquidatorio post-vendita per Fisco). Però l’acquirente di solito vuole entrare solo quando la situazione creditoria è chiara, per non comprare e poi trovarsi il venditore portato a fallimento e lo scenario complicarsi (anche se la vendita è protetta, preferisce che i creditori siano pacificati). Quindi in prassi l’acquirente aspetta che l’esperto riferisca: “ok, abbiamo accordo di massima con tot creditori, il tribunale verosimilmente autorizza”. A quel punto magari sottoscrive il contratto definitivo o l’affitto. In conclusione: non è obbligatorio attendere la fine di tutte le trattative, la CNC consente step graduali; anzi la norma 1-bis art.22 permette esecuzione autorizzazione dopo chiusura CNC, e implicito che anche potresti chiudere la CNC prima e poi vendere – ma allora vendi in contesto di un accordo concluso (in quel caso via piano attestato es. all). In soldoni, l’acquirente può modulare il suo ingresso secondo gli accordi che prende con venditore e esperto: se c’è urgenza di subentrare (es. per salvare ordini o perché il venditore non è più in grado di operare), l’affitto anticipa la gestione.
D14: Se non si riesce a vendere l’azienda durante la composizione negoziata, quali alternative rimangono?
R: Se il tentativo di vendita fallisce (nessun acquirente adeguato, o accordi coi creditori saltano, ecc.), restano alcune opzioni: (i) L’imprenditore può chiedere il concordato semplificato per la liquidazione (art.25-sexies CCII). In quel concordato, potrà comunque vendere l’azienda o i beni, ma sotto il controllo del tribunale e senza voto creditori. Il concordato semplificato è un’alternativa possibile se la CNC non ha prodotto accordi con creditori. La differenza è che nel concordato semplificato la vendita dell’azienda sarà decisa dal giudice nell’ambito dell’omologa, e i creditori saranno soddisfatti secondo il piano predisposto (potenzialmente anche meno favorevolmente, ma imposto dal giudice se ritiene di dover omologare). (ii) L’imprenditore può optare per un fallimento concordato (liquidazione giudiziale): cioè può depositare istanza di auto-fallimento magari con un’offerta di acquisto già individuata e chiedere l’esercizio provvisorio per vendere l’azienda in fallimento. Questo è in caso estremo in cui i creditori preferiscono procedure concorsuali ordinarie. (iii) Se c’è ancora margine temporale, l’imprenditore potrebbe provare un concordato preventivo ordinario (magari con continuità indiretta: vendere l’azienda durante il concordato a un compratore, con autorizzazione del giudice delegato; i proventi vanno a soddisfare creditori con il voto). In sostanza, la vendita potrebbe spostarsi in sede di concordato. (iv) Oppure può seguire un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art.57 CCII: se non vendi più l’azienda intera, puoi ristrutturare i debiti, magari vendendo solo asset minori o rischedulando pagamenti. In pratica: se la vendita integrale sfuma, resta il piano B tipico che è la procedura concorsuale liquidatoria – il che in parole semplici significa il fallimento, dove però l’azienda probabilmente verrà venduta lo stesso ma in modo disgregato o comunque con forti perdite di valore. Per questo la composizione negoziata era tentata: per evitare quell’esito. Nel concordato semplificato l’azienda può essere venduta intera all’acquirente interessato, anche se non si è conclusa prima. Ad esempio, Beta S.p.A. nel nostro scenario avrebbe potuto dire: “non siamo riusciti a convincere creditori pre-CNC, allora presentiamo concordato semplificato dove Beta compra l’azienda a stesso prezzo e il tribunale omologa comunque anche se i creditori protestano” (nel semplificato non c’è voto). Quindi c’è quell’ultima spiaggia. Ovvio, il concordato semplificato è un contesto più conflittuale potenzialmente (creditori possono opporsi in omologa per farlo bocciare se è iniquo). Il fallimento è il peggio: vendere in fallimento rende molto meno. Quindi se la CNC non porta a conclusione, il semplificato è proprio predisposto come fallback. Vale notare: l’esperto nella relazione finale in caso di insuccesso dichiara se “non è stata trovata soluzione idonea”, e questo è il presupposto per ammettere il concordato semplificato. Il venditore avrebbe 60 gg per depositare la proposta semplificata dopo la fine CNC. Quindi, in poche parole: se non vendi in CNC, puoi comunque vendere subito dopo in un concordato liquidatorio semplificato. Il tribunale in quell’ambito magari farà lui gara per l’azienda (ma se c’era Beta come unico interessato, la si venderebbe a Beta come da offerta). Infine, se proprio non c’è acquirente o è tardi, la strada sarà la liquidazione fallimentare con pezzi venduti all’asta.
D15: La composizione negoziata e la relativa cessione d’azienda sono procedure pubbliche? I terzi (es. concorrenti, stampa) verranno a conoscenza della situazione?
R: La procedura di composizione negoziata in sé è riservata, nel senso che le trattative e gli incontri con l’esperto non sono di dominio pubblico. Però alcuni atti sono resi pubblici: ad esempio la nomina dell’esperto e l’eventuale applicazione di misure protettive vengono iscritte nel Registro delle Imprese e pubblicate (questo per informare i creditori e terzi dell’esistenza della procedura e dello “scudo”). Anche la successiva autorizzazione del tribunale ex art.22 è resa pubblica attraverso il Registro (di solito, perché va a corredo dell’atto di cessione registrato). Inoltre, se come spesso succede, si pubblica un avviso per sollecitare offerte (ad esempio sul portale CCIAA, su quotidiani o su siti specializzati), inevitabilmente la notizia che quell’azienda è in crisi e in cerca di acquirente diventa nota agli operatori del settore. Quindi, all’atto pratico, la vicenda trapela. Formalmente c’è l’obbligo di riservatezza per l’esperto e per le parti sulle informazioni acquisite, ma quando arrivi a chiamare potenziali acquirenti o convocare i creditori, il fatto della crisi non è più segreto. La stampa potrebbe venirne a conoscenza dalle pubblicazioni di cui sopra (specie locale o di settore). Quindi, la CNC non è pubblica come un fallimento (dove c’è un pubblico registro fallimentare e pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale), ma non è nemmeno totalmente segreta: i passaggi essenziali sono pubblicati. Alcuni imprenditori temono per la reputazione – per questo inizialmente la CNC era definita confidenziale. Nei fatti però, soprattutto se si chiedono misure protettive, la notizia esce. Se invece un’azienda conduce la CNC senza misure protettive e senza fare annunci di vendita pubblici (magari contatta solo confidenzialmente 2-3 investitori) e alla fine non produce atti ufficiali (perché non si arriva a vendere), allora potrebbe passare inosservata. Ma se si arriva alla cessione, quell’atto va registrato e i dipendenti, fornitori, clienti lo sapranno perché c’è proprio un cambio intestazione – quindi la situazione viene conosciuta. Vale però dire: la finalità è positiva, cioè vendere per salvare, quindi di solito l’azienda comunica la cosa come un passaggio di proprietà e non come uno scandalo.
Bibliografia e fonti normative/giurisprudenziali
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14) – in particolare artt. 12-25 (Composizione negoziata), art. 22 (Autorizzazioni del tribunale), art. 24 (Conservazione degli effetti), art. 25-sexies (Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio). (Vigente con modifiche da D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024).
- Codice Civile – artt. 2555-2562 c.c. (Disciplina della cessione d’azienda: definizione, forma scritta e registro, contratti, crediti, debiti, divieto di concorrenza), art. 2112 c.c. (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda).
- D.L. 24/08/2021 n.118 conv. in L.147/2021 – artt. da 2 a 5 (norme istitutive della composizione negoziata e concordato semplificato, poi confluite nel CCII).
- D.Lgs. 17/06/2022 n.83 – (Attuazione direttiva UE 2019/1023) ha integrato il CCII introducendo il Titolo II sulla Composizione Negoziata e modifiche correlate; tra l’altro ha previsto l’articolato poi sostituito dal D.Lgs.136/2024.
- D.Lgs. 13/09/2024 n.136 – (Terzo correttivo CCII) – art.5 ha modificato l’art.22 CCII introducendo commi 1-bis e 1-ter e altre norme su accesso (art.17 CCII), misure protettive e lavoro (adeguamenti art.189 CCII su rapporti lavoro in liquidazione), per migliorare l’istituto.
- Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28/09/2021 (aggiornato al 21/03/2023) – “Check-list e piattaforma Composizione Negoziata” – allegati con lista di controllo piano e test pratico di risanabilità.
- Legge 428/1990, art.47 – disciplina comunicazione e consultazione sindacale obbligatoria in caso di trasferimento di azienda con più di 15 dipendenti.
- Tribunale di Piacenza, Decreto 01/06/2023 – Autorizzazione cessione azienda in composizione negoziata: presupposti e competitività. Massima: vendita anticipata ex art.22 funge da cessione competitiva pre-concorsuale; tribunale verifica funzionalità a continuità e miglior soddisfacimento e il rispetto del principio di gara.
- Tribunale di Milano, Decreto 12/08/2023 – ha autorizzato cessione di rami d’azienda in composizione negoziata. Sottolinea: obbligo di coinvolgere esperto e parti; parere esperto positivo fondamentale; vanno sentiti i creditori rilevanti; requisiti di legge (continuità e utilità per creditori) da valutare congiuntamente.
- Tribunale di Parma, Decreto 04/11/2022 – – caso di affitto di azienda in composizione negoziata poi vendita: il tribunale ha autorizzato la vendita di un’azienda affittata, disponendo una procedura competitiva (pubblicazione 20gg) e vincolo sul prezzo su c/c dedicato. Ratio: mitigare rischio ritardo su valore assets, giudizio prognostico confronto scenario liquidatorio vs continuità.
- Direttiva (UE) 2019/1023 – sugli strumenti di ristrutturazione preventiva: base normativa europea recepita dal CCII. Pone principi come tutela nuove finanze, protezione atti necessari al piano (in cui si inserisce l’esenzione da revocatoria art.24 CCII).
Cessione d’Azienda nella Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa: Fatti Aiutare Da Studio Monardo
La tua azienda è in crisi ma ha ancora valore, clienti, know-how o macchinari?
Hai ricevuto offerte da investitori o concorrenti interessati a rilevarla?
⚠️ In fase di crisi, vendere l’azienda in modo disordinato può portare guai, contestazioni o responsabilità.
Ma se gestita all’interno della composizione negoziata, la cessione può diventare uno strumento legale di salvataggio.
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Valuta se la cessione d’azienda è la strada giusta per risolvere la crisi
📑 Ti assiste nella redazione del piano e nella trattativa con l’acquirente
⚖️ Cura l’autorizzazione del Tribunale e le clausole di tutela
🔁 Protegge l’operazione da future revocatorie o responsabilità
🧩 Ti accompagna fino alla chiusura della crisi e alla cancellazione dei debiti residui
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto della crisi
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
Conclusione
Se non puoi più salvare tutto, puoi ancora salvare il valore della tua impresa.
Con la composizione negoziata, la cessione d’azienda può essere una scelta intelligente, legale e protettiva.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo: