Hai debiti con il Fisco e vuoi sapere se puoi regolarizzarli a condizioni agevolate? Hai ricevuto cartelle esattoriali o accertamenti e temi di dover pagare l’intero importo, tra sanzioni e interessi?
Nel 2025 il Governo ha introdotto una nuova sanatoria fiscale, con l’obiettivo di agevolare i contribuenti in difficoltà e favorire la chiusura delle pendenze tributarie attraverso il pagamento ridotto dei debiti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, riscossione e definizioni agevolate – ti spiega in modo chiaro cosa prevede la nuova sanatoria fiscale 2025, chi può beneficiarne e come presentare la domanda in modo corretto.
Cosa prevede la sanatoria 2025?
In base ai provvedimenti attuativi (ancora in corso di pubblicazione in alcune Regioni), è possibile:
– Stralciare sanzioni e interessi su determinate cartelle e avvisi
– Rateizzare gli importi residui con piani agevolati
– Evitare il contenzioso, definendo la posizione in via amministrativa
Le regole variano in base alla tipologia del debito, alla data di notifica e all’eventuale pendenza giudiziaria.
Chi può accedere?
Possono fare domanda i contribuenti – persone fisiche o imprese – con debiti affidati all’Agenzia Entrate Riscossione entro una certa data. È spesso esclusa la possibilità di adesione per chi ha già beneficiato di precedenti rottamazioni e non ha rispettato i pagamenti.
Come funziona la procedura?
Serve una richiesta formale, con indicazione delle cartelle o degli atti da sanare. È fondamentale rispettare i termini e allegare correttamente tutta la documentazione. Il pagamento può avvenire in unica soluzione o con piani dilazionati, in alcuni casi fino a 5 anni.
Con l’assistenza di un avvocato esperto puoi valutare se rientri nei requisiti, capire quali debiti possono essere stralciati e presentare la domanda in modo preciso, evitando errori che potrebbero compromettere l’accesso alla sanatoria.
Alla fine della guida puoi richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la tua situazione fiscale e costruire una strategia personalizzata per chiudere i debiti col Fisco nel 2025 alle condizioni più vantaggiose previste dalla legge.
Introduzione
La Pace Fiscale 2025 – nota anche come tregua fiscale – è un insieme di misure straordinarie introdotte dal legislatore italiano per favorire la regolarizzazione di debiti tributari e contributivi da parte di imprese e cittadini. Si tratta di provvedimenti agevolativi varati originariamente con la Legge di Bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) e successivamente modificati e integrati da vari decreti legge, leggi di conversione e circolari ministeriali tra il 2023 e il 2025. L’obiettivo è consentire ai contribuenti di estinguere pendenze fiscali a condizioni più favorevoli rispetto alla disciplina ordinaria, tramite condoni parziali su sanzioni e interessi, rottamazioni dei carichi iscritti a ruolo, definizioni agevolate di avvisi e liti pendenti, e altre forme di sanatoria mirata.
Questa guida offre un’analisi dettagliata ma di taglio divulgativo di tutte le misure di pace fiscale attive o attuate fino a maggio 2025. Saranno illustrati il quadro normativo di riferimento, l’ambito applicativo soggettivo e oggettivo di ciascuna agevolazione, nonché le procedure da seguire per accedervi e perfezionarle correttamente.
Aggiornata a maggio 2025, la guida tiene conto di tutte le novità normative e di prassi intervenute fino a tale data: dalle proroghe dei termini di adesione e pagamento disposte nel 2023-2024, alla riapertura straordinaria per i contribuenti decaduti dalle definizioni agevolate (prevista a inizio 2025), fino alle interpretazioni ufficiali fornite dall’Agenzia delle Entrate tramite circolari e risposte ad interpello. L’obiettivo è fornire un vademecum completo e strutturato per orientarsi nella complessa materia della sanatoria fiscale, individuando le opportunità di definizione agevolata applicabili al proprio caso e comprendendone benefici (in termini di riduzione di sanzioni, interessi e tempi del contenzioso) nonché obblighi e condizioni (scadenze, modulistica, effetti giuridici).
1. Tipologie di Sanatoria Fiscale 2023-2025
Di seguito esaminiamo, una per una, le diverse misure definitorie e di condono fiscale introdotte dalla legge di bilancio 2023 e dai provvedimenti collegati, evidenziandone meccanismi, benefici e condizioni.
1.1 Definizione agevolata delle comunicazioni di irregolarità (avvisi bonari)
La prima misura analizzata riguarda la definizione agevolata degli esiti di controlli automatici sulle dichiarazioni fiscali, i cosiddetti avvisi bonari. Prevista dai commi 153-158 della legge n. 197/2022, essa consente di regolarizzare le somme richieste a seguito di controlli ex art. 36-bis DPR 600/1973 (imposte dirette) e 54-bis DPR 633/1972 (IVA) relative a particolari periodi d’imposta, con una forte riduzione delle sanzioni. In particolare sono definibili in via agevolata i debiti emersi dai controlli automatizzati delle dichiarazioni per gli anni d’imposta 2019, 2020 e 2021. Questa limitazione temporale, introdotta dal legislatore, ha lo scopo di concentrare il beneficio su annualità colpite dalla pandemia Covid-19 e relative misure emergenziali.
Ambito oggettivo: rientrano nell’agevolazione le somme dovute a titolo di imposta, contributi e relativi interessi, risultanti da comunicazioni di irregolarità (“avvisi bonari”) il cui termine di pagamento non era ancora scaduto al 1° gennaio 2023, oppure notificate successivamente (entro determinati termini). Sono inclusi anche i casi in cui, alla data di entrata in vigore della legge, era già in corso un piano di rateazione riferito a precedenti avvisi bonari non completamente saldati. Restano invece escluse le comunicazioni relative a periodi diversi dal 2019-2021 e, naturalmente, quelle per cui il contribuente ha già versato integralmente quanto dovuto.
Beneficio: la definizione consiste nel pagamento integrale delle imposte (e contributi previdenziali eventualmente inclusi) e delle somme aggiuntive dovute, con riduzione delle sanzioni al 3% (anziché al 10% ordinario in caso di pagamento entro 30 giorni, o al 30% in caso di tardivo pagamento). In altre parole, sulle imposte non versate o versate in ritardo evidenziate dall’avviso bonario, il contribuente verserà una sanzione pari al 3% (senza ulteriori riduzioni), invece del 10% normalmente previsto per il pagamento entro 30 giorni dalla comunicazione. Se è in corso una rateazione al 1° gennaio 2023, la definizione agevolata si traduce nel ricalcolo del debito residuo: il contribuente dovrà corrispondere solo l’importo residuo di imposte, interessi e somme aggiuntive ancora dovuti, applicando sulle imposte residue la sanzione ridotta al 3%. Di fatto, vengono abbattute le sanzioni pregresse ancora non versate, portandole al 3%.
Procedura e termini: non è richiesta una domanda formale di adesione. La norma prevede che il contribuente può avvalersi dell’agevolazione effettuando il pagamento delle somme dovute entro i termini indicati nella comunicazione. In pratica, per le nuove comunicazioni, l’Agenzia delle Entrate ha direttamente applicato la sanzione ridotta nei conteggi inviati ai contribuenti. Per le comunicazioni già inviate in precedenza (o per le rateazioni in corso), il contribuente può calcolare autonomamente l’importo dovuto beneficiando del 3% sulle sanzioni residue. L’Agenzia ha istituito appositi codici tributo per consentire il versamento parziale in misura agevolata. Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione oppure proseguendo la rateazione già concessa (senza decadenza) ma con le sanzioni ricalcolate al 3% su ciascuna rata ancora da pagare. È importante sottolineare che, in base ai chiarimenti forniti, rientrano nell’agevolazione anche gli avvisi bonari già rateizzati e non decaduti al 1° gennaio 2023: in tal caso la riduzione al 3% si applica alle rate residue, mentre quelle già pagate restano acquisite. Se invece il piano di rateazione era già decaduto per mancato pagamento di rate al 1/1/2023, l’agevolazione non è applicabile, poiché il debito a quel punto è confluito in cartella esattoriale (che potrà semmai essere definita con rottamazione). In sintesi, per beneficiare dell’abbattimento sanzionatorio il contribuente deve essere in regola con la prima rata ed eventualmente riprendere i pagamenti per saldare il dovuto.
Esempio: si consideri un avviso bonario per l’anno d’imposta 2020, emesso a novembre 2022 per un tributo non versato di €10.000. La sanzione ordinaria sarebbe €1.000 (10%) in caso di pagamento entro 30 giorni. Con la definizione agevolata, pagando entro la nuova scadenza, il contribuente versa €10.000 + €300 di sanzione (3%) + interessi, invece di €10.000 + €1.000 + interessi. Risparmio: €700 di sanzioni. Se avesse un piano in 8 rate dal 2023 al 2024, e ha già pagato due rate comprensive della quota di sanzione al 10%, sulle 6 rate restanti le sanzioni vengono ridotte al 3% ricalcolando le rate. Il risparmio complessivo sulle sanzioni non ancora versate è analogo, con uno sconto netto di 7 punti percentuali.
Ambito soggettivo: possono usufruire di questa sanatoria sia contribuenti persone fisiche che soggetti titolari di partita IVA, senza limitazioni relative al volume d’affari o all’ISEE (a differenza di precedenti “saldo e stralcio” mirati solo a persone fisiche in difficoltà). La ratio è consentire un alleggerimento generalizzato del carico sanzionatorio sulle comunicazioni di irregolarità degli anni pandemici, premiando chi si mette in regola spontaneamente.
Va ricordato che la definizione agevolata degli avvisi bonari non comporta la definizione formale di un contenzioso (trattandosi di atti amministrativi non impugnati), ma l’adesione al pagamento preclude ovviamente future contestazioni sul merito di quelle irregolarità. Se il contribuente non aderisce e non paga, la comunicazione seguirà il suo corso ordinario: iscrizione a ruolo della somma dovuta (con sanzione al 30% piena) e notifica di cartella esattoriale, con possibilità di successiva rottamazione se rientrante nel perimetro (per le cartelle 2000-2022) oppure di nuova dilazione ordinaria.
1.2 Regolarizzazione delle violazioni formali
Accanto alla definizione degli avvisi bonari, la tregua fiscale 2023 ha previsto una sanatoria per le violazioni formali in materia tributaria, disciplinata dai commi 166-173 della legge 197/2022. Le violazioni formali sono quelle inosservanze che non incidono sulla determinazione dell’imponibile o dell’imposta, né sul pagamento del tributo, ma costituiscono comunque infrazioni punibili con sanzioni amministrative. Esempi tipici: omissioni o errori formali in comunicazioni, dichiarazioni o documenti che non comportano un mancato versamento (ad es. una comunicazione tardiva di dati, errori formali nelle fatture, omissioni di informazioni non rilevanti sul calcolo del tributo, ecc.).
Ambito oggettivo: sono sanabili le violazioni formali commesse fino al 31 ottobre 2022 in materia di imposte sui redditi, IVA e IRAP. Ciò comprende, ad esempio, errori formali commessi nelle dichiarazioni fino al periodo d’imposta 2021 (la dichiarazione 2022 sul 2021) e in altri adempimenti formali fino a fine ottobre 2022. Non rientrano invece le violazioni formali già definite con provvedimenti divenuti definitivi al 1° gennaio 2023 (ossia quando il contribuente ha già ricevuto un atto di contestazione per la violazione e non lo ha impugnato nei termini, o lo ha impugnato perdendo il ricorso). Inoltre, sono escluse le violazioni formali che siano già state contestate nell’ambito di procedimenti di collaborazione volontaria (voluntary disclosure). In pratica, la sanatoria copre le piccole irregolarità non ancora sanzionate in via definitiva.
Beneficio: per regolarizzare tali irregolarità, il contribuente deve rimuovere od eliminare le infrazioni (ad esempio inviando le comunicazioni omesse, correggendo gli errori, presentando dichiarazioni integrative se del caso) e versare una somma forfettaria di €200 per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le violazioni. Il pagamento di €200 a periodo d’imposta ha carattere di oblazione: estingue tutte le violazioni formali riferite a quell’annualità. Non sono dovute altre sanzioni né interessi. Si noti che l’importo è dovuto per anno, non per singola violazione: se in un anno il contribuente ha commesso più irregolarità formali, paga comunque €200 totali e le sanerà tutte. Questo importo corrisponde a una frazione significativa (in genere molto inferiore alla somma delle sanzioni potenziali) – ad esempio la sanzione per omessa comunicazione di proroga di un contratto di locazione a cedolare secca sarebbe €100 per ogni violazione, mentre con €200 si sanano tutte le omesse comunicazioni di quell’anno. Violazioni meramente formali come l’invio tardivo di fatture elettroniche già contabilizzate, o l’omessa trasmissione di corrispettivi già registrati, rientrano tra quelle sanabili.
Procedura e termini: la norma ha previsto il versamento dell’importo dovuto in due rate di pari importo: €100 entro il 31 marzo 2023 e €100 entro il 31 marzo 2024. Il pagamento si effettua tramite modello F24, utilizzando il codice tributo appositamente istituito (il codice “TF44”). Contestualmente, ma non oltre il 31 marzo 2024, il contribuente deve anche procedere alla rimozione delle irregolarità: ciò significa porre rimedio all’errore o omissione formale (ad esempio, inviare tardivamente quella comunicazione, correggere l’errore di codice, integrare il documento mancante, ecc.). In molti casi la violazione formale può essere stata già “sanata” in autonomia (si pensi a un invio tardivo già effettuato prima della sanatoria); in altri casi occorre effettuarla ora. L’importante è che, al 31/3/2024, sia pagato il dovuto e risolto l’aspetto formale.
Va sottolineato che la circolare attuativa ha chiarito quali violazioni rientrano e quali no. Esempi ammessi: l’omessa comunicazione della proroga di un contratto di locazione in cedolare secca (che non incide sul calcolo dell’imposta dovuta) rientra tra le violazioni formali regolarizzabili. Esempi esclusi: violazioni formali già divenute definitive (un atto di contestazione di sole violazioni formali ormai definitivo) non possono essere sanate; inoltre non sono sanabili neppure le violazioni formali contenute in atti di contestazione emessi in ambito di voluntary disclosure (trattandosi di procedura straordinaria già conclusa con atto ad hoc). Sono invece sanabili le violazioni formali relative all’IVA, come confermato dalla prassi: ad esempio, l’invio allo SDI delle fatture elettroniche oltre i termini ordinari (ma incluse correttamente nelle liquidazioni IVA) è considerato una violazione formale e può essere sanato pagando €200. Anche l’omesso invio dei corrispettivi telematici (se i dati sono stati memorizzati e l’IVA liquidata) rientra nei formalismi sanabili. Invece l’errata indicazione di un codice natura IVA che non incide sulla liquidazione è meramente formale. In sostanza, la definizione copre un ampio ventaglio di inadempimenti minori, liberando i contribuenti dall’incertezza di possibili future multe amministrative su tali fronti.
Ambito soggettivo: tutti i contribuenti, indipendentemente da forma giuridica e attività, possono accedere alla regolarizzazione formale. Non sono previste esclusioni soggettive, poiché l’istituto mira alla generalità dei casi per migliorare la compliance su adempimenti formali. Ovviamente, chi ha già definito mediante altri provvedimenti (es. adesione a un PVC che contestava anche violazioni formali) non può “riaprire” quanto già definito. Ma in genere le violazioni formali sono contestate a parte, quindi la platea è potenzialmente ampia.
Con il versamento della somma dovuta e la rimozione degli errori, le violazioni formali si intendono definitivamente regolarizzate. Ciò comporta che l’Amministrazione finanziaria non potrà più irrogare sanzioni per tali irregolarità. Se eventualmente fossero già state irrogate (ma l’atto non era definitivo, ad es. era in contestazione o in ricorso pendente), la regolarizzazione fa venir meno l’interesse a procedere oltre: l’ufficio dovrà prenderne atto e archiviare. Non è un condono “automatico”, ma una forma di ravvedimento speciale forfetario su base annua.
1.3 Ravvedimento operoso speciale delle violazioni tributarie
Il ravvedimento speciale (commi 174-178 L.197/2022) è un’inedita forma di ravvedimento operoso introdotta dalla tregua fiscale 2023, che consente di sanare violazioni sostanziali afferenti alle dichiarazioni fiscali, con il pagamento integrale del tributo dovuto ma con una sanzione fortemente ridotta. È destinato a chi ha omesso o infedelmente dichiarato imponibili nelle annualità passate, offrendo l’opportunità di regolarizzarsi spontaneamente a condizioni più favorevoli rispetto al ravvedimento ordinario.
Ambito oggettivo: sono regolarizzabili le violazioni “sostanziali” riguardanti le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e ai periodi d’imposta precedenti. In pratica, si possono correggere errori od omissioni nelle dichiarazioni dei redditi, IVA, IRAP fino all’anno 2021 compreso (dichiarazioni presentate entro il 2022). Sono incluse sia le violazioni dichiarative vere e proprie (ad es. redditi non dichiarati, indebite deduzioni, IVA non dichiarata) sia le violazioni “sostanziali prodromiche” alla dichiarazione, ossia quelle condotte che incidono sul risultato dichiarativo (ad es. mancata fatturazione di ricavi poi non dichiarati, omessa registrazione di elementi che portano a infedele dichiarazione, ecc.). Non sono invece definibili con ravvedimento speciale: le violazioni formali (che hanno la propria sanatoria separata, v. §1.2) e le violazioni già rilevate tramite controllo automatizzato o formale. In particolare, non rientrano le violazioni “rilevabili ai sensi degli artt. 36-bis DPR 600/1973 e 54-bis DPR 633/1972”, ossia quelle irregolarità che emergono dai controlli automatizzati delle dichiarazioni – poiché per quelle, se emerse, c’è l’avviso bonario già oggetto di definizione agevolata (§1.1). Inoltre sono escluse le violazioni che, alla data di adesione al ravvedimento speciale, siano già state formalmente contestate con atti impositivi o di recupero o comunicazioni da controllo formale. In sostanza, il ravvedimento speciale si può usare solo finché il Fisco non abbia notificato nulla al contribuente su quella violazione. Se è già arrivato un avviso di accertamento o una comunicazione di irregolarità su quella stessa imposta/anno, non si può più ravvedere tramite questa procedura speciale.
Beneficio: il contribuente deve versare tutto l’importo dell’imposta non dichiarata (o della maggiore imposta dovuta), oltre agli interessi dovuti, ma le sanzioni amministrative vengono ridotte a 1/18 del minimo edittale previsto per legge. Il minimo edittale è generalmente il 90% dell’imposta per dichiarazione infedele (art. 1 D.Lgs. 471/1997) o il 120% per omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 471/1997) – a seconda dei casi. Pertanto, la sanzione effettiva da pagare con ravvedimento speciale risulta pari, ad esempio, al 5% dell’imposta evasa (cioè 1/18 di 90%) in caso di infedele dichiarazione, oppure al 6⅔% (1/18 di 120%) in caso di omessa dichiarazione. Si tratta di percentuali enormemente più basse rispetto al ravvedimento ordinario: basti pensare che, decorsi i 90 giorni, il ravvedimento operoso normale richiede il pagamento di 1/8 della sanzione minima (quindi 90%/8=11,25% dell’imposta per infedele dichiarazione); con il ravvedimento speciale invece la sanzione scende a circa il 5%. La ratio è incentivare i contribuenti a emergere il prima possibile, offrendo uno “sconto” sanzionatorio molto spinto. Da notare che è consentito anche compensare l’imposta dovuta con eventuali crediti disponibili in F24, ampliando la possibilità di utilizzo.
Procedura e termini: per perfezionare il ravvedimento speciale occorre:
- presentare una dichiarazione integrativa per correggere gli errori od omissioni (se la violazione consiste in dati non dichiarati);
- versare l’importo dovuto (imposta + interessi + sanzione ridotta) entro il 31 marzo 2023, oppure versare entro tale data la prima rata se si opta per la rateazione;
- in ogni caso, rimuovere le irregolarità entro la stessa data (ad esempio effettuare i registri mancanti, annotare le fatture non registrate, ecc., in modo coerente con la dichiarazione integrativa presentata).
Il pagamento può essere effettuato in un massimo di 8 rate trimestrali di pari importo: la prima entro il 31 marzo 2023, le successive entro il 30 giugno 2023, 30 settembre 2023, 20 dicembre 2023, 31 marzo 2024, 30 giugno 2024, 30 settembre 2024 e 20 dicembre 2024. Sulle rate successive alla prima si applicano interessi al tasso del 2% annuo. La norma inizialmente fissava il termine ultimo al 30/09/2023 per perfezionare la procedura. Tuttavia, il decreto Milleproroghe 2023 (D.L. 198/2022 conv. L. 14/2023) come modificato dal D.L. 39/2024 ha riaperto i termini: è stata estesa la possibilità di ravvedimento speciale anche alle violazioni dell’anno d’imposta 2022 e, per chi non aveva aderito o perfezionato il ravvedimento entro i termini originari, è stata concessa una finestra aggiuntiva fino al 31 maggio 2024. In particolare: l’art. 3, comma 12-undecies del Milleproroghe (come modificato dall’art. 7, comma 6 D.L. 39/2024) ha incluso l’anno 2022 tra quelli ravvedibili; inoltre l’art. 7, comma 7 D.L. 39/2024 ha riaperto la possibilità di aderire per le annualità fino al 2021 a coloro che non avevano perfezionato la procedura entro il 30/09/2023. In tal caso, il perfezionamento richiede il pagamento, entro il 31/05/2024, in un’unica soluzione dell’intero dovuto (imposta, interessi, sanzione 1/18) oppure di un importo pari a 5 rate sulle 8 previste. Pagando 5/8 entro il 31 maggio 2024, le restanti 3 rate vanno versate entro il 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre 2024 (con interessi 2% dal 1° giugno). L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 11/E del 15/05/2024, ha precisato che la riapertura dei termini è fruibile sia da chi non aveva aderito affatto, sia da chi aveva aderito solo parzialmente (es. sanando alcune violazioni e non altre) e persino da chi era decaduto dal beneficio rateale (non pagando qualche rata) purché intenda sanare violazioni diverse da quelle già oggetto di precedente regolarizzazione. Non è invece possibile “ravvedere di nuovo” la stessa violazione se si è decaduti pagando parzialmente e poi interrompendo: in quel caso la decadenza ha consolidato la pretesa su quella specifica violazione.
Ambito soggettivo: tutti i contribuenti possono accedere al ravvedimento speciale, purché abbiano presentato validamente la dichiarazione relativa all’anno di imposta (non copre omessi dichiaranti totali, se la dichiarazione non fu proprio inviata: per quelli occorre sanare tramite ravvedimento ordinario entro termini o tramite adesione in accertamento). È richiesto, come detto, che al momento del pagamento non siano iniziati controlli: se il contribuente ha già ricevuto un PVC (processo verbale di constatazione) o un avviso di accertamento, non può più utilizzare il ravvedimento speciale su quelle materie. La circolare n. 2/E del 27/1/2023 ha infatti ribadito che è necessario che, alla data del versamento, le violazioni non siano state già contestate con atti di liquidazione, accertamento, recupero o sanzionatori, incluse le comunicazioni di controllo formale ex art. 36-ter.
Effetti della regolarizzazione: se il contribuente adempie a tutti i passi (dichiarazione integrativa, pagamento, rimozione violazioni), la violazione si considera definita. Ciò significa che non potrà essere irrogata la sanzione piena né altri oneri: l’ufficio, qualora successivamente effettui un controllo, riscontrerà la dichiarazione integrativa e il versamento effettuato e non contesterà ulteriormente. In caso di mancato pagamento di una rata del ravvedimento speciale, la regolarizzazione non si perfeziona e si decade dal beneficio: i versamenti già fatti verranno imputati a titolo di acconto sulle somme dovute e l’ufficio potrà riprendere le ordinarie azioni accertative o di riscossione per recuperare l’imposta e le sanzioni piene (al netto di quanto pagato). Si noti però che, a differenza delle definizioni dei ruoli, qui non si tratta di un’ammissione ad un beneficio che “blocca” il contenzioso: è semplicemente un ravvedimento spontaneo. Quindi non c’è una fase di sospensione di termini: se non si completa il pagamento, la violazione può essere ancora oggetto di atti impositivi entro i termini di decadenza ordinari (che il ravvedimento non sospendeva).
Profili penali tributari: il ravvedimento speciale, in quanto assimilabile a un integrale pagamento del debito prima dell’accertamento, rileva anche sul piano penale. In particolare, può integrare la causa di non punibilità prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000 per alcuni reati tributari dichiarativi (dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, ecc.), se effettuato prima che l’autore abbia conoscenza di accessi o verifiche. Inoltre, rientra tra le “procedure speciali conciliative” citate nella norma penale: quindi un ravvedimento completato prima dell’apertura del dibattimento penale estingue il reato di omessa o infedele dichiarazione (se sono le violazioni sanate). In tutti i casi, comunque, occorre l’integrale pagamento del dovuto per beneficiare dello scudo penale. Si veda il §5.4 per maggiori dettagli sulle interazioni con i reati tributari.
1.4 Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento
Tra le misure della tregua fiscale vi è un pacchetto destinato a chi si trova già in una fase di accertamento tributario non ancora sfociata in contenzioso, ovvero ha ricevuto atti impositivi ancora impugnabili. I commi 179-185 L.197/2022 prevedono infatti la possibilità di definire in maniera agevolata gli avvisi di accertamento, avvisi di rettifica e liquidazione, atti di recupero e in generale gli atti del procedimento di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate, applicando sanzioni ridotte e benefici similari a quelli visti in precedenza. Contestualmente, viene agevolata anche l’adesione agli inviti al contraddittorio (art. 5-ter D.Lgs. 218/1997) e l’acquiescenza agli avvisi, in forma agevolata. In altri termini, si dà un forte incentivo a evitare il contenzioso accettando l’atto con sanzioni ridotte.
Ambito oggettivo: rientrano in questa definizione:
- gli inviti al contraddittorio notificati dall’ufficio (ex art. 5-ter D.Lgs. 218/97) entro il 31 marzo 2023;
- gli avvisi di accertamento, avvisi di rettifica e liquidazione e atti di recupero emessi dall’Agenzia delle Entrate non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023, oppure notificati successivamente (fino al 31 marzo 2023).
In pratica, sono comprese tutte le situazioni in cui il contribuente, tra fine 2022 e inizio 2023, ha la possibilità di definire un atto impositivo senza lite. Ad esempio: un avviso di accertamento notificato nel novembre 2022, il cui termine di 60 giorni per ricorrere scade nel gennaio 2023, rientra perché al 1/1/2023 era ancora impugnabile (e il contribuente potrà fare acquiescenza agevolata). Analogamente, un avviso notificato a febbraio 2023 può essere definito agevolmente. Se invece l’avviso è stato notificato nel 2021 ed era già definitivo (nessun ricorso presentato entro 2022), non rientra perché al 1/1/2023 non era più impugnabile. Gli inviti al contraddittorio (che precedono l’accertamento) se ricevuti entro 31/3/2023 possono essere “risolti” mediante adesione agevolata all’accertamento che verrà formalizzato.
Beneficio: il vantaggio consiste nell’applicazione di sanzioni ridotte a 1/18 del minimo edittale anche in sede di definizione dell’atto. In sostanza, analogamente al ravvedimento speciale, se il contribuente accetta l’atto di accertamento (o conclude un accertamento con adesione) paga tutta l’imposta dovuta e gli interessi, ma le sanzioni si applicano nella misura agevolata di 1/18. Normalmente, la procedura di acquiescenza a un avviso di accertamento comporta il pagamento delle sanzioni ridotte a 1/3 (33%) del minimo, ai sensi dell’art. 15 D.Lgs. 218/1997. Con questa agevolazione invece la sanzione scende a circa il 5% (nel caso ordinario di infedele dichiarazione). Si tratta di una riduzione drastica (1/18 contro 1/3). Anche in caso di accertamento con adesione (che normalmente comporta sanzioni ridotte a 1/3), qui si applica la sanzione al 1/18. Pertanto il contribuente che, a fronte di un invito al contraddittorio o di un avviso notificato, decide di accordarsi o accettare, ottiene un enorme sconto sulle penalità.
Procedura e termini: occorre distinguere:
- Avvisi di accertamento, rettifica, liquidazione, atti di recupero: per fruire della definizione agevolata, il contribuente deve non impugnare l’atto e pagare quanto dovuto (imposta, interessi, sanzioni ridotte) entro il termine per l’impugnazione. In sostanza si tratta di fare acquiescenza agevolata. La legge fissa comunque come termine ultimo il 31 marzo 2023 per completare la definizione: se l’atto è stato notificato prima, entro quella data bisogna aver pagato. Se l’atto è notificato a ridosso del 31/3, comunque il termine ordinario (es. 60 giorni) potrebbe scadere dopo: la norma però delimita l’ambito agli atti notificati entro il 31/3/2023, quindi di fatto tutti quelli potenzialmente definibili dovevano essere perfezionati entro fine marzo (salvo proroghe). Il versamento può avvenire in unica soluzione o a rate se l’atto lo prevedeva (spesso l’acquiescenza consente fino a 8 rate come l’accertamento). Anche in caso di pagamento rateale, si applicano le regole generali: interessi al tasso legale sulle rate successive, e decadenza dal beneficio in caso di mancato pagamento di una rata. La differenza è che qui la sanzione è ridotta ultra-legem a 1/18.
- Inviti al contraddittorio (proc. accertamento): in questo caso, il contribuente può presentarsi al contraddittorio con l’ufficio e concludere un accertamento con adesione agevolato. Gli inviti ex art. 5-ter D.Lgs. 218/97 sono quegli avvisi di possibile accertamento che l’Agenzia invia invitando a discutere prima di emettere l’atto: se entro la fine di marzo 2023 il contribuente sottoscrive un verbale di adesione, beneficerà delle sanzioni a 1/18. La norma prevede infatti espressamente l’applicazione delle sanzioni ridotte a 1/18 anche in caso di adesione all’accertamento entro il 31/3/2023 su inviti ricevuti entro tale data. La procedura segue quella dell’accertamento con adesione ordinario (art. 7 D.Lgs. 218/97): va sottoscritto l’accordo e pagata la prima rata (o unica soluzione) entro 20 giorni dalla redazione dell’atto di adesione. Per l’adesione agevolata, come chiarito dalla circolare, valgono i medesimi 1/18 e la scadenza massima di fine marzo per sottoscrivere gli accordi.
In sintesi, per qualsiasi atto di competenza Agenzia Entrate notificato entro 31/3/2023 e ancora impugnabile, la scelta di non impugnare e pagare comporta sanzioni al 5% circa invece del 30%. Questo genera risparmi notevoli e al contempo evita l’avvio di un contenzioso tributario, obiettivo perseguito dal legislatore.
Esempio: un avviso di accertamento per maggior IRPEF anno 2018 di €50.000 con sanzione base 90% (€45.000). In caso di acquiescenza ordinaria, il contribuente pagherebbe imposta €50.000 + sanzione ridotta a 1/3 (€15.000) + interessi. Con la definizione agevolata, paga €50.000 + sanzione 1/18 (€2.500) + interessi. Risparmio sulle sanzioni: €12.500 rispetto all’acquiescenza normale, €42.500 rispetto alla contestazione integrale. Appare evidente l’incentivo a chiudere bonariamente la pretesa fiscale.
Ambito soggettivo: l’adesione agevolata riguarda i contribuenti destinatari di atti dell’Agenzia delle Entrate. Non si applica, ad esempio, a eventuali avvisi bonari di altri enti o accertamenti doganali (l’Agenzia Dogane aveva facoltà di analoghe misure se previste, ma non in questa legge). È riservata a chi non abbia già impugnato l’atto. Se il contribuente ha già proposto ricorso prima di aderire alla sanatoria, quell’atto esce dal perimetro (diventa caso di lite pendente eventualmente definibile con altro istituto, v. §1.5). In pratica, il contribuente doveva trovarsi in posizione di poter scegliere tra ricorrere o pagare: la sanatoria rende molto conveniente pagare.
Effetti: la definizione agevolata dell’accertamento comporta la chiusura del procedimento. L’ufficio, a pagamento avvenuto, rinuncia ad ogni ulteriore pretesa su quelle violazioni. Se il contribuente perfeziona l’adesione e poi non versa qualche rata successiva, torneranno applicabili le sanzioni ordinarie e l’importo non pagato verrà iscritto a ruolo (come per l’adesione ordinaria). Dunque, il mancato pagamento di una rata fa decadere dal beneficio e l’accordo perde efficacia. In tal caso, quanto versato è imputato a titolo di acconto sull’importo dovuto in base all’accertamento originario (con sanzioni piene ripristinate), e si prosegue con la cartella esattoriale per il recupero integrale.
Vale la pena segnalare che l’Agenzia delle Entrate, per facilitare questi adempimenti, ha istituito specifici codici tributo e fornito istruzioni su come compilare F24 e atti di adesione in modo da indicare che trattasi di definizione tregua fiscale (ad esempio il codice “AE” per atti adesione agevolata nei modelli). Ciò per consentire il monitoraggio e assicurare la corretta applicazione delle sanzioni ridotte.
1.5 Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti
Una delle misure di maggior impatto della sanatoria 2023 è la definizione agevolata delle liti fiscali pendenti, prevista dai commi 186-205 L.197/2022. Questa permette ai contribuenti di chiudere in via agevolata i giudizi tributari in cui è parte l’Agenzia delle Entrate (o l’Agenzia delle Dogane, se espressamente inclusa) pendenti al 1° gennaio 2023. In sostanza, è una pace fiscale giudiziaria: pagando una percentuale del valore della controversia – variabile a seconda degli esiti dei gradi di giudizio già celebrati – il contribuente può ottenere l’estinzione del processo tributario e la definizione del merito della lite.
Ambito oggettivo: sono definibili le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria (ossia dinanzi alle Corti di Giustizia Tributaria, ex CTP/CTR) in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado al 1° gennaio 2023. Si considerano pendenti le liti il cui ricorso introduttivo sia stato notificato entro il 1/1/2023 e per le quali, al momento della domanda di definizione, il processo non si sia ancora concluso con pronuncia definitiva. In pratica, qualunque ricorso in materia tributaria (anche in Cassazione) ancora “vivo” a inizio 2023 può essere definito. Sono escluse le liti in cui la controparte non è Agenzia Entrate (es: enti locali per tributi locali, se non hanno aderito con norma propria; l’Agenzia Riscossione se citata come parte formale in cause su cartelle – in tali casi però spesso c’è un tributo sottostante di AE, quindi interpretativamente rientra se la sostanza riguarda un tributo erariale). Per sicurezza, la legge ha previsto che la parte sia l’Agenzia delle Entrate. Dunque contenziosi su atti dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli NON sono inclusi (a meno che non intervenga norma estensiva specifica, che però in Bilancio 2023 non c’era). Molti enti locali hanno facoltà di emanare proprie delibere per definire liti su tributi locali, ma qui trattiamo la normativa statale.
Ambito soggettivo: ogni contribuente che abbia una lite pendente con AE può aderire, senza limiti di reddito o altro. Non rileva la natura (società, persona fisica, ente non commerciale, ecc.), né eventuali precedenti fiscali: la definizione liti è per singola controversia. Quindi un contribuente con più cause può sceglierne alcune da definire e altre no. Ogni controversia è autonoma ai fini della domanda e del pagamento dovuto.
Beneficio (percentuali dovute): il contribuente paga una percentuale del “valore della controversia” (di regola l’importo del tributo al netto di interessi e sanzioni) determinata in base all’esito dei gradi di giudizio al 1° gennaio 2023, secondo uno schema preciso stabilito dalla legge. In particolare:
- Caso A – Agenzia Entrate vincente nell’ultima pronuncia (cioè contribuente soccombente): si paga il 100% del valore della lite. Esempio: se in primo grado il contribuente ha perso e non c’è ancora sentenza d’appello, o se ha perso anche in appello ed è in Cassazione da contribuente, l’ultima decisione favorevole al Fisco impone pagamento integrale. (Questa regola vale anche per ricorsi semplicemente notificati ma non ancora depositati: la norma equipara l’ipotesi in cui al 1/1/2023 il ricorso era solo notificato ma non costituito, al caso di contribuente soccombente, richiedendo il 100%. In pratica, se si è solo avviato il ricorso ma non formalizzato in CTP, si deve comunque il 100% per definire).
- Caso B – nessuna pronuncia depositata al 1/1/2023 (ricorso pendente in primo grado senza sentenza, o giudizio in attesa di rinvio): si paga il 90% del valore della lite. Esempio: ricorso presentato ma CTP non ha ancora deciso – definizione pagando 90%. Questo 90% vale anche per situazioni particolari come un giudizio che al 1/1/23 è in fase di rinvio da Cassazione senza sentenza sul merito (in tal caso considerato pendente senza pronuncia sul merito, dunque 90%).
- Caso C – Contribuente vincente in primo grado (soccombenza AE in CTP): se la sentenza di primo grado (ultima pronuncia al 1/1/23) è favorevole al contribuente, si paga il 40% del valore della lite. Esempio: CTP ha annullato l’atto, AE ha appellato e il secondo grado è pendente – il contribuente definisce pagando 40%.
- Caso D – Contribuente vincente in secondo grado (soccombenza AE in CTR): se anche la sentenza di appello (ultima pronuncia) è favorevole al contribuente, si paga solo il 15% del valore della lite. Esempio: sia CTP sia CTR hanno dato ragione al contribuente ma AE ha presentato ricorso in Cassazione pendente – definizione pagando 15%.
- Caso E – Contribuente parzialmente vincente: se le pronunce di merito hanno accolto il ricorso in parte, occorre distinguere la parte di valore su cui il contribuente ha vinto e quella su cui ha perso. La legge prevede che si paghi il 100% sulla parte di tributo confermata dal giudice e la percentuale ridotta (40% o 15%) sulla parte annullata dal giudice. Ad esempio: in primo grado l’avviso da €100.000 viene ridotto a €60.000 (annullati €40.000): il contribuente per definire pagherà 100% di €60.000 (quota confermata) + 40% di €40.000 (quota annullata in primo grado, essendo l’ultima pronuncia di primo grado). Se fosse parziale in secondo grado, analogamente 100% sulla parte persa e 15% su parte vinta in appello. La circolare ha fornito codici differenti per versare queste quote miste.
- Caso F – Lite pendente in Cassazione con doppia conforme: se la controversia è in Cassazione e sia in primo che in secondo grado il contribuente è risultato vincitore, la percentuale dovuta scende ulteriormente al 5% del valore della lite. Questo caso è in realtà già coperto dal “15% se vincente in secondo grado”, ma la legge ha introdotto un ulteriore abbattimento per incentivare la chiusura di liti in Cassazione dove il Fisco ha perso in entrambi i gradi di merito. Dunque, per cause in Cassazione con doppia pronuncia favorevole al contribuente, si paga solo il 5% (in luogo del 15%): è una novità rispetto alle definizioni del 2019, che non prevedevano il 5%. Il comma 190 L.197/2022 disciplina questo scenario. Ad esempio: CTP e CTR annullano totalmente un avviso da €200.000, AE ricorre in Cassazione – il contribuente definisce pagando €10.000 (5%).
- Caso G – Controversie aventi ad oggetto sole sanzioni non collegate al tributo: in taluni casi la lite potrebbe riguardare esclusivamente sanzioni (ad esempio un atto di irrogazione sanzioni autonome, oppure sanzioni su tributo già pagato). La legge stabilisce che, se la controversia riguarda solo sanzioni e il contribuente ha vinto nell’ultima pronuncia, si applichi il 15% dell’importo delle sanzioni in caso di vittoria nell’ultima pronuncia, o 40% negli altri casi. Quindi, analogamente al tributo: sanzione annullata dal giudice = paga 15%; sanzione confermata = paga 40%. Se c’è stata soccombenza parziale anche sulle sanzioni, si paga 15% sulla parte annullata e 40% sul resto. Questo distingue le liti di sole sanzioni (dove non c’è un tributo su cui calcolare il valore) dagli altri casi, e uniforma il trattamento.
Procedura e termini: per aderire, il contribuente deve presentare una domanda di definizione per ciascuna controversia e contestualmente versare l’importo dovuto (o almeno la prima rata). La scadenza inizialmente fissata era il 30 giugno 2023 (sia per domanda che per pagamento). Tale termine è stato prorogato al 30 settembre 2023 dal cosiddetto Decreto Bollette (D.L. 34/2023). Dunque entro il 30/09/2023 si doveva presentare telematicamente un’apposita domanda all’Agenzia delle Entrate per ogni lite pendente e pagare il dovuto o la prima rata. La procedura è stata attuata dall’Agenzia con un modello di domanda (approvato con provvedimento direttoriale Prot. n. 30294/2023 del 1° febbraio 2023, poi aggiornato con Provv. Prot. n. 250755/2023 del 5 luglio 2023 a seguito della proroga). La domanda richiede di indicare i dati della controversia (numero di registro, autorità, valore ecc.) e gli importi dovuti in base alle regole sopra, calcolati dal contribuente. Per agevolare i conteggi, l’Agenzia ha reso disponibile un software di calcolo e istruzioni dettagliate, nonché codici tributo dedicati per i vari casi (es. codice “3” per 40%, “4” per 15%, “5” per parte soccombente ecc. come da circolare 6/E 2023).
Il pagamento poteva essere effettuato in unica soluzione oppure in modalità rateale se l’importo supera €1.000. La legge consente infatti fino a 20 rate trimestrali di pari importo. Il Decreto Bollette 34/2023, oltre alla proroga, ha introdotto la possibilità di optare per una rateazione inizialmente “mensile” per le prime tre rate, allo scopo di diluire ulteriormente (questa opzione è stata poi riflessa nel provvedimento aggiornato). In concreto, la scadenza del 30 settembre 2023 era per la domanda e per il pagamento dell’intero importo dovuto o quantomeno della prima rata. Se rateizzato, il piano prevedeva fino a 20 rate: le prime 3 rate mensili scadenti il 30/09, 31/10, 20/12/2023 (come modificato da DL 34/2023), e le successive 17 rate trimestrali con scadenza 31/3, 30/6, 30/9, 20/12 di ogni anno fino al 2027. In alternativa, era ammessa da subito una rateazione trimestrale classica (5 anni). Sulle rate successive alla terza si applica un interesse del 2% annuo. Il versamento doveva essere eseguito con modello F24 senza possibilità di compensazione. Una volta versata la prima rata e presentata domanda, il processo veniva sospeso in attesa della verifica del pagamento. L’Agenzia rilascia ricevuta di presa in carico e, a pagamento completato, le parti possono chiedere al giudice l’estinzione della causa. Se invece il contribuente mancava il pagamento di una rata oltre la tolleranza di 7 giorni (5 giorni di legge + differimenti festivi), la definizione perde efficacia e il processo riprende dal punto in cui era. I versamenti effettuati restano a titolo di acconto sul debito litigioso.
Situazioni particolari: la definizione si applica anche ai giudizi pendenti in Cassazione al 1/1/2023. In tal caso, se il contribuente aderisce e versa quanto dovuto (ad es. 5% se aveva vinto nei gradi di merito, oppure 100% se aveva perso), la causa in Cassazione viene estinta. Su questo aspetto si è registrata una particolarità normativa: il comma 186 disegna un’ipotesi di estinzione del processo “che non postula il pagamento integrale” prima della pronuncia. La Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che non è prevista la sospensione del giudizio di legittimità per attendere l’esito del pagamento rateale di una definizione. Infatti, la legge limita espressamente la sospensione ai giudizi di merito (CTP/CTR), mentre in Cassazione occorre che la definizione sia completata prima della sentenza di Cassazione. In un’ordinanza del 2024, la Suprema Corte (ord. n. 24428/2024) ha rimesso alle Sezioni Unite il quesito se il giudizio di Cassazione debba estinguersi immediatamente con la domanda di definizione (senza attendere il pagamento) o solo a pagamento ultimato. In attesa del pronunciamento, l’orientamento prevalente – confermato da Cass. n. 33430/2023 – è che in Cassazione non si possa ottenere una sospensione ad hoc, essendo richiesta la definizione delle procedure prima della decisione di appello per la non punibilità penale. In altri termini, il contribuente che intende chiudere una lite in Cassazione deve affrettarsi a versare e chiedere l’estinzione prima che la Corte pronunci sentenza; diversamente, se la sentenza arriva, la definizione non è più ammissibile (perché il processo non è più pendente).
Effetti: con il pagamento dell’intero importo dovuto, la controversia si estingue. Il giudice, su istanza delle parti, dichiara l’estinzione per cessata materia del contendere. Non si fa luogo a compensazione di spese, e quelle di soccombenza eventuali restano a carico di chi le aveva già subite nei gradi precedenti (normalmente però nelle leggi di definizione si prevede la compensazione integrale delle spese di lite). La definizione agevolata esclude il rimborso di eventuali importi già pagati dal contribuente in pendenza di giudizio. Ad esempio, se il contribuente aveva pagato in passato una quota di tributo dopo il primo grado, quella resta acquisita e si scomputa da quanto dovuto. Dalle somme dovute per definire, infatti, vanno scomputati gli importi già versati in pendenza di giudizio (ad eccezione di quelli eventualmente dovuti all’Agente della Riscossione per spese di notifica, diritti di esecuzione ecc.). In pratica, chi ha pagato acconti o il terzo della legge 449/97 dopo la sentenza, se ora definisce paga la differenza. Gli importi eventualmente eccedenti pagati (casi rari) non vengono restituiti, ma di solito il problema non si pone perché si paga sempre meno del dovuto. Se la lite riguarda sanzioni non collegate al tributo e il contribuente paga la percentuale agevolata, la sanzione si estingue e non potrà più essere pretesa. Se la lite riguarda agevolazioni fiscali (es. crediti d’imposta) e il contribuente definisce pagando la percentuale, si chiude anche la questione sul diritto al credito per la parte definita (es. in caso di lite su rifiuto di rimborso, la definizione comporta rinuncia a una quota del rimborso). La legge prevede espressamente che la definizione agevolata non costituisce presupposto per applicare il reato di indebita compensazione o altre sanzioni penali: anzi, l’art. 23 DL 34/2023 ha introdotto una causa di non punibilità per omessi versamenti qualora le violazioni siano definite e pagate integralmente con queste procedure prima della sentenza di appello (v. §5.4).
Statistiche e adesioni: questa misura è stata accolta positivamente da molti contribuenti. Al termine del periodo di adesione (ottobre 2023), l’Agenzia delle Entrate ha ricevuto migliaia di domande di definizione. In particolare, molte cause di modesta entità sono state chiuse col versamento del 100% o 90% (a seconda del caso), mentre casi complessi pendenti in Cassazione con doppia vittoria hanno visto il pagamento del simbolico 5%. La definizione liti del 2023 segue il solco di analoghe paci fiscali del 2019 (DL 119/2018) e del 2002 (L. 289/2002), contribuendo a ridurre il contenzioso arretrato. Va notato che la Corte dei Conti, in sede di monitoraggio, ha evidenziato come la reiterazione di definizioni agevolate possa incidere sul comportamento futuro dei contribuenti, temendo che sanatorie ripetute incentivino a non pagare confidando in condoni successivi. Tuttavia, dal punto di vista degli uffici fiscali, la chiusura di liti dall’esito incerto e il recupero immediato di cassa è ritenuto un beneficio significativo.
1.6 Conciliazione agevolata delle controversie tributarie
In parallelo alla definizione delle liti pendenti, la legge di bilancio 2023 (commi 206-212 L.197/2022) ha introdotto la possibilità di definire in via conciliativa e agevolata le controversie tributarie che erano già in corso nel 2023. La conciliazione agevolata consente alle parti (contribuente e Agenzia) di chiudere bonariamente il giudizio in primo o secondo grado con un accordo, beneficiando di sanzioni ridotte e altre facilitazioni. È quindi uno strumento diverso dalla definizione unilaterale (che prescinde dall’accordo), richiedendo invece l’intesa tra le parti davanti al giudice, ma con condizioni agevolate.
Ambito oggettivo: la conciliazione agevolata si applica alle controversie pendenti al 15 febbraio 2023 dinanzi alle Corti di giustizia tributaria di primo o secondo grado. Inizialmente la legge parlava di pendenza al 1° gennaio 2023, ma il D.L. 34/2023 (art. 17-bis) ha esteso la finestra al 15/2/2023. Ciò per includere anche i giudizi instaurati nelle prime settimane di gennaio 2023. Sono escluse le cause in Cassazione (la conciliazione è ammessa solo fino al secondo grado). Devono inoltre essere cause in cui è parte l’Agenzia delle Entrate (analogamente alla definizione liti).
Beneficio: se le parti raggiungono un accordo di conciliazione giudiziale, le sanzioni amministrative si applicano nella misura ridotta a 1/18 del minimo edittale, analogamente a quanto visto per l’adesione agevolata. In più, gli interessi di mora e le eventuali somme accessorie sarebbero dovuti fino alla data dell’accordo ma su base ridotta. Normalmente, la conciliazione giudiziale (art. 48 D.Lgs. 546/92) prevede sanzioni ridotte al 40% del minimo in primo grado e al 50% in appello. Con la conciliazione agevolata 2023, invece, la sanzione scende al ~5,5% uniformemente. Dunque un vantaggio enorme per il contribuente che concilia. Inoltre, l’accordo conciliativo comporta la cessazione della materia del contendere e la definizione rapida della lite.
Procedura e termini: le parti possono proporre la conciliazione agevolata entro il 30 settembre 2023. Questo termine (originariamente 30/6/2023) è stato prorogato per allinearlo alla definizione liti. La conciliazione può essere fuori udienza (art. 48 D.Lgs. 546/92) o in udienza, ma deve perfezionarsi con un accordo sottoscritto dalle parti e omologato dal giudice entro il 30/09/2023. Nell’accordo si definiscono i termini (ad esempio il contribuente accetta di pagare una certa imposta, l’ufficio rinuncia al resto) e si applicano le sanzioni ridotte al 1/18 sul tributo concordato. Il contribuente deve poi effettuare il pagamento entro 20 giorni dall’accordo (o la prima rata entro 20 giorni se rateizza) perché la conciliazione sia perfezionata, come da regole ordinarie. Il comma 211 L.197/2022 specifica che alla conciliazione agevolata si applicano, compatibilmente, le norme sulla conciliazione fuori udienza del processo tributario. Questo vuol dire che è possibile rateizzare fino a 8 trimestralità e che vige la decadenza in caso di mancato pagamento, analogamente alle conciliazioni ordinarie.
Il MEF ha emanato la circolare esplicativa (circ. AE n. 9/E del 19/04/2023) che chiarisce vari punti: ad esempio, ha precisato che le liti definibili con conciliazione agevolata sono quelle non ancora sentenziate al momento dell’accordo (non ci può essere conciliazione dopo che c’è già una sentenza definitiva). Ha inoltre evidenziato che se la conciliazione riguarda sanzioni non collegate al tributo, si applica il 1/18 anche su di esse (coerentemente con l’impianto).
Esempio: una controversia pendente in CTR per un avviso da €100.000 di imposte e €60.000 di sanzioni (90%). Le parti in appello trovano un accordo: il contribuente paga €70.000 di imposte e rinuncia sul resto, l’ufficio riduce a zero il residuo. In conciliazione ordinaria, avrebbe pagato sanzioni al 50% sul €70.000 (cioè €31.500). Con la conciliazione agevolata paga sanzioni al ~5%: €3.500 (1/18 di 90% su 70k). Risparmio: €28.000 di sanzioni, oltre a chiudere la lite.
Effetti: l’accordo conciliativo, una volta omologato dal giudice, comporta l’estinzione del processo. Le spese di lite sono di norma compensate al 50% (come da art. 48); nella versione agevolata, il comma 210 prevedeva la compensazione integrale delle spese e la non applicazione del contributo unificato ulteriore, ma occorre verificare. In ogni caso, una volta pagato quanto concordato, il contribuente è a posto e l’atto non può essere più fatto oggetto di esecuzione ulteriore. Se però il contribuente non paga nei 20 giorni, la conciliazione si considera nulla e il processo riprende come se l’accordo non ci fosse, esattamente come avviene normalmente. Data la convenienza, in molti hanno utilizzato questo strumento soprattutto nei casi in cui avevano avuto esiti sfavorevoli in primo grado ma preferivano evitare l’incertezza dell’appello.
Uno dei vantaggi della conciliazione agevolata è che coinvolge l’ufficio: questo consente all’Agenzia delle Entrate di chiudere liti potenzialmente molto lunghe incassando subito almeno una parte. D’altro canto, consente al contribuente di spuntare magari qualche ulteriore riduzione (rispetto alla definizione unilaterale che impone percentuali fisse) concordando ad esempio una base imponibile minore. La Corte dei Conti ha guardato positivamente a questi strumenti deflattivi, ma ha messo in guardia sul rischio che troppi condoni riducano la percezione di certezza del diritto nei contribuenti onesti.
1.7 Rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di Cassazione
In aggiunta alla definizione liti pendenti (commi 186-205), la legge di bilancio 2023 ha introdotto uno specifico istituto per le cause tributarie già approdate in Cassazione: la rinuncia agevolata al giudizio di Cassazione (commi 213-218 L.197/2022). Questa misura offre ai contribuenti la possibilità di ritirare il ricorso per Cassazione su controversie di importo relativamente contenuto, ottenendo in cambio un forte abbattimento del dovuto. Si tratta, in sostanza, di un “condono mirato” per chi ha perso in secondo grado e ha ricorso in Cassazione, per spingerlo a desistere dall’ultimo grado in cambio di uno sconto.
Ambito oggettivo: possono avvalersi della rinuncia agevolata le controversie tributarie pendenti in Cassazione al 1° gennaio 2023 avviate dal contribuente (ossia quando è il contribuente ad aver proposto ricorso in Cassazione) e di valore non eccedente determinate soglie. In pratica, sono i casi in cui il contribuente ha perso in appello (l’Agenzia ha vinto in CTR) e sta tentando il ricorso per Cassazione. La ratio è alleggerire la Corte Suprema da liti in cui il contribuente è stato già soccombente nei meriti, offrendo uno sconto se ritira il ricorso.
Beneficio: il contribuente che presenta rinuncia al ricorso di Cassazione paga solo una quota percentuale del valore della controversia. In particolare, se il valore della lite non supera €100.000, la quota dovuta è il 15% del valore; se supera €100.000 ma non €250.000 (importi ipotetici, la soglia esatta andrebbe confermata dalle fonti ufficiali), la quota sale al 20%; oltre una certa soglia non è prevista rinuncia agevolata (si suppone non applicabile a liti di grandissimo importo). Nel dibattito parlamentare si era ipotizzato un 15% fino a 100k e 20% fino a 50k, ma fu riformulato: dalle fonti giornalistiche emerge un probabile 20% per liti fino a €50.000 (dunque soglia più bassa) e 15% per quelle fino a 100k; tuttavia, il resoconto Idealista indica che la rottamazione quinquies in discussione avrebbe avuto prima rata 31/7/25, mentre la rinuncia Cassazione fu approvata come emendamento alla conversione Milleproroghe 2025.
(Dato l’intreccio normativo, in assenza di un testo consolidato a portata di mano, semplifichiamo i parametri ipotetici per spiegare il meccanismo, rimandando alla fonte normativa per i dettagli precisi – v. fonti in finale.)
Il vantaggio per il contribuente è evidente: se ha perso nei primi due gradi per €50.000 di tributo, invece di dover pagare €50.000 + sanzioni e interessi, con la rinuncia agevolata paga ad es. il 20% (€10.000) chiudendo la vicenda. L’Agenzia delle Entrate incassa subito il 20% senza rischiare un eventuale ribaltamento (ipotesi remota se il contribuente ha perso due volte). Questa misura è stata definita una sorta di “saldo e stralcio Cassazione”.
Procedura e termini: il contribuente doveva presentare istanza di rinuncia al ricorso entro una certa data (presumibilmente il 30/6/2023, poi prorogata a 30/9/2023 in parallelo alla definizione liti) presso la Corte di Cassazione, allegando la prova del pagamento di quanto dovuto. Non essendo richiesta l’accettazione da parte dell’Agenzia (che comunque non avrebbe motivo di opporsi, incassando), la rinuncia estingue il processo senza spese. Il versamento va fatto in unica soluzione entro lo stesso termine, non essendo previste rate per importi modesti. Non si applicano sanzioni né interessi: il 15-20% è sul valore netto della lite. La Corte di Cassazione, ricevuta la rinuncia e verificato il pagamento, dichiara l’estinzione del giudizio.
Effetti: la rinuncia comporta che la sentenza di appello diviene definitiva per quanto riguarda il merito, ma il contribuente, avendo pagato la quota agevolata, si vede abbattuto il debito residuo. In pratica, l’Agenzia delle Entrate rinuncia a riscuotere la differenza (85-80%) e a esigere sanzioni e interessi. L’atto impositivo originario viene definito nei limiti di quanto pagato. È un condono “tombale” per quella causa: il contribuente salda la sua posizione con quella percentuale e non ha altro da versare.
Differenze con definizione liti: la rinuncia agevolata è riservata alle cause di Cassazione in cui il contribuente ha perso nei gradi di merito, mentre la definizione liti (§1.5) copre soprattutto i casi in cui il contribuente ha vinto (40% o 15%). Se il contribuente ha perso e definisse con la procedura generale, pagherebbe 100%. Invece con la rinuncia paga 15-20%. Dunque è stata una norma ritagliata su quel gap: per i soccombenti in appello, la definizione liti era poco attraente (100%), quindi gli si è offerto un “sconto” per farli desistere. In effetti, la rinuncia agevolata non c’era nelle paci fiscali precedenti: è un elemento innovativo del 2023.
Esempio: società Alfa ha perso contro AE sia in CTP sia in CTR su un avviso da €80.000 (valore lite €80k). Ha presentato ricorso in Cassazione. In base alla definizione liti standard, dovrebbe pagare 100% = €80.000 per chiudere. Con la rinuncia agevolata, paga ad esempio il 15% = €12.000 e rinuncia al ricorso. Risparmia €68.000 e si chiude tutto. Ovviamente perde ogni speranza di ribaltare il merito, ma considerando che ha già perso due volte, la speranza era minima. Per AE, anziché rischiare spese di Cassazione e forse non riscuotere se la società fallisce attendendo anni, incassa subito €12.000.
Questa misura è stata utilizzata da vari contribuenti (soprattutto imprese) che volevano togliersi cause pendenti con bassa probabilità di successo. Non abbiamo dati pubblici su quante rinunce siano avvenute con esito agevolato, ma la finestra temporale e il target limitato (cause sotto una certa soglia) fanno supporre numeri contenuti rispetto alla definizione liti più generale.
(Nota: la definizione puntuale delle soglie percentuali andrebbe verificata nel testo di legge e relative circolari; per brevità, abbiamo illustrato il funzionamento qualitativo.)
1.8 Stralcio automatico dei debiti fino a 1.000 € (2000-2015)
La tregua fiscale ha previsto anche un condono automatico per i vecchi debiti di minore importo. Il commi 222-230 L.197/2022 dispongono infatti l’annullamento automatico (“stralcio”) di tutti i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 di importo residuo fino a 1.000 € alla data del 1° gennaio 2023. Si tratta delle cosiddette “mini-cartelle”: vecchi ruoli (anche molte multe stradali, bolli auto, tasse locali e statali minori) di importo modesto, spesso inesigibili. Già in passato provvedimenti analoghi erano stati adottati (es. DL 119/2018 stralciò i ruoli fino €1.000 del periodo 2000-2010), e la manovra 2023 ha replicato estendendo fino al 2015.
Operatività dello stralcio: ex lege, al 31 marzo 2023 (poi prorogato al 30 aprile 2023 dal DL 34/2023) tutti i debiti rientranti in questa categoria sono stati annullati senza bisogno di istanza da parte del contribuente. L’annullamento è stato gestito direttamente dall’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione), che ha provveduto a stornare i ruoli corrispondenti e a informare gli enti creditori del discarico. Importante: lo stralcio fino 1.000 € è stato concepito dal legislatore in modo “parziale” per alcuni enti. In particolare:
- Per i debiti verso lo Stato (tributi erariali, contributi INPS, ecc.), l’annullamento è integrale: viene cancellato sia il capitale che gli interessi e sanzioni eventuali. Di fatto, il contribuente non deve più nulla su quelle cartelle.
- Per i debiti verso enti creditori diversi dallo Stato (es. Comuni, Regioni, casse previdenziali private), la legge ha previsto solo l’annullamento parziale delle somme iscritte a ruolo: ovvero vengono azzerati gli interessi di mora e le sanzioni iscritti sul debito, mentre rimane dovuto il capitale. Ciò significa, ad esempio, che una multa stradale sotto €1.000 ha visto cancellati gli interessi di mora e l’aggio, ma la sanzione originaria (essendo il “capitale” nel caso delle multe) rimane dovuta salvo decisione diversa dell’ente locale. Per le tasse locali (IMU, TARI, ecc. sotto €1.000), la quota capitale resta dovuta. Tuttavia, la norma ha dato facoltà agli enti creditori locali di deliberare entro il 31 gennaio 2023 la non applicazione dello stralcio parziale. In pratica molti Comuni hanno potuto scegliere:
- di aderire allo stralcio parziale (quindi cancellando interessi e sanzioni dei loro ruoli ≤1000 €);
- oppure di “bloccare” lo stralcio, volendo riscuotere integralmente anche quelle voci (interessi/sanzioni) – in tal caso avrebbero comunicato la non-adesione entro il 31/1/23. Numerosi enti locali, per salvaguardare gettito, hanno deliberato la non adesione allo stralcio automatico. In tali casi, i ruoli restano dovuti per intero, ma i contribuenti possono comunque fruire della Definizione agevolata dei carichi (rottamazione) su quegli importi (v. §1.9).
Ambito oggettivo: lo stralcio riguarda ciascun carico affidato dal 2000-2015 di importo residuo ≤ €1.000. L’importo residuo si calcola comprendendo capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, ma escludendo interessi di mora e aggio di riscossione. Quindi ad esempio, una cartella per IRPEF 2005 con €300 di imposta e €270 di sanzioni (totale 570) + interessi e aggio, rientra perché 570<1000. Il “valore residuo” è valutato al 1/1/2023 al netto di pagamenti eventualmente già avvenuti. Debiti già saldati prima non avevano residuo (nulla da annullare). Debiti superiori a 1000 rimangono interamente, ma possono essere oggetto di rottamazione.
Ambito soggettivo: l’annullamento opera per tutti i debitori indistintamente (persone fisiche e società). Anche soggetti con molte cartelle piccole hanno beneficiato. Non c’è limite di ISEE o requisiti: è automatismo.
Esempio: il signor Bianchi aveva 5 cartelle sotto €1.000: una multa stradale da €300 (capitale) con €200 di interessi e aggio; un debito IVA 2010 di €800 (500 imposta + 300 sanzioni); due bolli auto da €150 l’uno; un IMU da €600 (capitale) + 60 sanzioni. Supponendo che il Comune di residenza non abbia bloccato lo stralcio:
- Multe stradali: essendo ente locale, vengono cancellati €200 di interessi/aggi ma resta €300 di multa capitale da pagare (il Comune potrà notificarne ingiunzione o includerla in rottamazione se aderisce).
- Debito IVA €800: essendo tributo erariale, annullato integralmente: Bianchi non dovrà più nulla.
- Bolli auto €150×2: tributo regionale, se la Regione non ha bloccato, verranno annullate sanzioni e interessi su essi, ma il bollo (capitale) in teoria rimane dovuto. Molte Regioni hanno tuttavia deciso di considerare stralciati anche i loro crediti residui così piccoli per ragioni di economicità.
- IMU €660: se il Comune non aderisce, stralcio cancella €60 (sanzioni) e interessi di mora maturati, ma i €600 restano. Se aderisce anche su capitale (opzione non prevista nella legge nazionale, ma il Comune avrebbe potuto lasciar correre), altrimenti quei €600 rimangono esigibili.
In generale, per i debiti erariali (che costituivano la maggioranza numerica, es. vecchie IRPEF, contributi previdenziali minori, ecc.) c’è stata una cancellazione totale. L’Agenzia Riscossione stima che siano stati annullati milioni di cartelle piccole. La Corte dei Conti ha osservato che oltre il 50% del magazzino ruoli era composto da micro-crediti sotto 1000€, spesso considerati irrecuperabili (per decessi, fallimenti, nullatenenza). Lo stralcio libera la macchina amministrativa da tali pendenze e permette di concentrare le risorse sui crediti più rilevanti. Dal lato del contribuente, molti si sono visti cancellare vecchi ruoli che magari ignoravano di avere, evitando futuri pignoramenti su piccole somme.
Esecuzione dello stralcio: l’Agente della Riscossione ha pubblicato sul proprio sito indicazioni: a fine marzo (poi fine aprile 2023) ha proceduto all’annullamento. Non tutti hanno ricevuto comunicazioni individuali (non previste). I debitori possono verificare la cancellazione accedendo al proprio estratto conto online. Qualora un carico dovuto a ente locale rimasto (capitale) volesse essere riscosso, l’ente dovrebbe emettere nuova ingiunzione di pagamento oppure aderire alla rottamazione entro fine gennaio 2023. Infatti, in parallelo, lo Stato ha offerto ai Comuni la possibilità di partecipare alla Definizione agevolata dei propri crediti (cartelle 2000-2022) adottando delibere entro 31/1/2023. Molti Comuni che hanno rifiutato lo stralcio hanno però contestualmente permesso ai contribuenti di rottamare i loro debiti locali (pagando solo il capitale). Ad esempio, Roma Capitale ha deliberato di non aderire allo stralcio automatico, ma di consentire la rottamazione quater per multe e tributi locali. In tal caso, il cittadino romano con multa da €300 (rimasta) può chiederne la rottamazione entro il 30/6/2023 e pagare €300 senza interessi entro 5 anni.
In sintesi, lo stralcio automatico è stata una misura di condono tombale per milioni di mini-debiti verso Erario, e di condono parziale (interessi/sanzioni) per i mini-debiti verso enti locali, soggetta a scelte dei singoli enti. Ha destato qualche critica sul piano dell’equità (chi ha sempre pagato vede altri esentati all’ultimo), ma dal punto di vista pragmatico ha ripulito i ruoli di crediti inesigibili e alleggerito il carico amministrativo. La Corte dei Conti l’ha definita “un’operazione di pulizia di bilancio” sottolineando però che andrebbe accompagnata da misure per evitare l’accumularsi di nuovi crediti inesigibili in futuro.
1.9 Definizione agevolata dei carichi affidati (Rottamazione-quater)
Il provvedimento forse più pubblicizzato della tregua fiscale 2023 è la Definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, nota anche come rottamazione-quater delle cartelle. Prevista dai commi 231-252 L.197/2022, è la quarta edizione di una misura introdotta per la prima volta nel 2016 e replicata nel 2017-2018 (rottamazioni bis e ter). La rottamazione-quater consente ai debitori di estinguere i debiti iscritti a ruolo pagando solo le somme dovute a titolo di capitale e rimborso spese, con l’abbattimento integrale di sanzioni, interessi di mora e aggio di riscossione. Si tratta quindi di una forma di condono parziale sui ruoli esattoriali.
Ambito oggettivo: sono definibili i carichi (ruoli/cartelle) affidati all’Agente della riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022. Il “periodo di affidamento” indica che il tributo o la sanzione è stato iscritto a ruolo e passato a Equitalia/Agenzia Riscossione in quel range di date. Questo copre la grandissima parte dei debiti esattoriali pendenti: dalle cartelle degli anni 2000-2015 (non già stralciate, se >1000 €) fino a quelle più recenti del 2021/2022 (ad esempio rate scadute di rottamazione-ter). Inclusi anche i carichi che erano già stati oggetto di precedenti definizioni agevolate ma il contribuente è decaduto dai relativi benefici. Ad esempio: chi aveva aderito alla rottamazione-ter 2018 ma non ha pagato tutte le rate, può includere quei debiti nella rottamazione-quater (il legislatore questa volta lo ha espressamente permesso). Esclusi invece:
- i carichi relativi a risorse proprie UE e IVA all’importazione (dazi, IVA import, che per vincoli europei non si possono condonare);
- i recuperi di aiuti di Stato dichiarati illegittimi (devono essere riscossi integralmente);
- i crediti derivanti da condanne della Corte dei Conti per danno erariale;
- le sanzioni penali (multe e ammende penali) e le relative sanzioni accessorie.
Queste esclusioni sono identiche a quelle delle rottamazioni precedenti. Inoltre, sebbene non esplicitato qui, si escludono i carichi stralciati (fino 2015 ≤1000€, già annullati, che quindi non hanno più nulla da definire).
Per i debiti derivanti da sanzioni amministrative (multe stradali) e altre sanzioni diverse da tributi, la rottamazione non tocca la sanzione principale ma abbatte gli interessi: infatti, per le multe stradali non si pagano gli interessi di mora né le maggiorazioni, mentre resta dovuto l’importo della multa. La ratio è che per motivi costituzionali non si può condonare la sanzione del Codice della Strada, ma si può alleggerire l’onere accessorio (interessi, aggio). Lo stesso vale per altre sanzioni amministrative non tributarie (es. sanzioni Antitrust, etc.).
Ambito soggettivo: possono aderire alla definizione tutti i debitori, persone fisiche e soggetti diversi, indipendentemente dalla situazione economica (nessun limite reddituale). Anche i contribuenti che hanno piani di rateazione ordinaria in corso possono comunque aderire (sospendendo nel frattempo i pagamenti rateali, facoltà concessa dal DL 34/2023). La legge prevede che i carichi affidati da enti previdenziali privati (es. casse di professionisti) possano essere inclusi solo se l’ente emanava un’apposita deliberazione entro il 31 gennaio 2023. Molte casse (es. Cassa Forense) hanno deliberato l’adesione, permettendo ai loro iscritti di rottamare contributi non pagati (pagando solo capitale). Chi aveva in corso un pagamento dilazionato (rateazione Equitalia) poteva comunque aderire; chi era decaduto da precedenti rottamazioni pure. Non c’è preclusione per chi avesse contenziosi in corso: volendo, un contribuente poteva rottamare la cartella anche se stava litigando su di essa (in tal caso, definendo la cartella, il contenzioso risulta privo di oggetto e viene estinto).
Beneficio: aderendo alla rottamazione-quater, il contribuente paga solo:
- il capitale del debito iscritto a ruolo (imposte, contributi, importi di sanzioni amministrative);
- i diritti di notifica della cartella e le eventuali spese vive di procedure esecutive già avviate (es. spese di fermo amministrativo se già iscritto);
- un modesto tasso di interesse del 2% annuo sulle rate in caso di pagamento dilazionato.
Non sono dovuti: gli interessi di mora, le sanzioni (incluse le sanzioni tributarie e le somme aggiuntive dovute sui contributi previdenziali), gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, né l’aggio di riscossione. Ad esempio, una cartella IRPEF comprende: imposta, sanzione 30%, interessi dal dovuto alla cartella, aggio ~6%, interessi di mora successivi. Con la definizione, il contribuente paga solo l’imposta residua e pochi euro di notifica. Tutto il resto è condonato. Per una multa stradale: paga il verbale originale non pagato, ma non paga le maggiorazioni semestrali del 10% previste dal Codice Strada né gli interessi di mora maturati.
Procedura: il contribuente doveva presentare una dichiarazione di adesione alla definizione, esclusivamente in via telematica sul portale dell’Agenzia Entrate-Riscossione, entro il 30 giugno 2023 (termine poi prorogato al 30 giugno rispetto all’iniziale 30 aprile, tramite decreto MEF o comunicato: effettivamente, con comunicato stampa AdER del 3 luglio 2023 fu di fatto concesso qualche giorno aggiuntivo per problemi tecnici, ma formalmente il termine fu spostato al 30/6). Entro questa data, l’interessato doveva indicare le cartelle che intendeva definire e l’eventuale scelta di pagamento rateale. Non era richiesto alcun versamento contestuale in questa fase.
Scadenze di pagamento: l’Agente della Riscossione, ricevute le domande, ha inviato ai contribuenti entro il 30 settembre 2023 una Comunicazione di accoglimento con il dettaglio delle somme dovute e i bollettini per i pagamenti. La normativa fissava la scadenza per il pagamento in un’unica soluzione al 31 ottobre 2023. In alternativa, si poteva rateizzare in un massimo di 18 rate (5 anni) di cui:
- le prime due rate (ognuna pari al 10% del dovuto) in scadenza il 31 ottobre 2023 e il 30 novembre 2023;
- le restanti 16 rate, di pari importo, ripartite nei successivi 4 anni con scadenze il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre di ciascun anno dal 2024 al 2027.
Sul pagamento rateale si applica un interesse ridotto del 2% annuo a partire dal 1° dicembre 2023. È prevista inoltre una tolleranza di 5 giorni su ciascuna scadenza (entro cui il pagamento tardivo è considerato tempestivo). Ciò significa, ad esempio, che la rata del 31 maggio può pagarsi entro il 5 giugno senza perdere i benefici.
Proroghe e differimenti: dopo l’approvazione della legge, il calendario di questa definizione è stato oggetto di alcune proroghe nel 2024. In particolare:
- La Legge 23 marzo 2023, n. 38 (conversione del Milleproroghe 2023) ha posticipato la scadenza per la presentazione delle domande di adesione dal 30/04/2023 al 30/06/2023.
- La Legge 9 febbraio 2024, n. 18 (conversione del DL 148/2023) ha disposto il differimento al 15 marzo 2024 del termine di pagamento delle prime tre rate della definizione agevolata. In pratica, invece di dover versare entro fine 2023 le rate di ottobre e novembre 2023 e febbraio 2024, è stato concesso di pagarle tutte entro il 15/03/2024 (con i 5 giorni di tolleranza venivano considerati tempestivi i pagamenti entro il 20 marzo 2024). Questa proroga ha allineato anche i termini per i soggetti colpiti dalle alluvioni 2023 (che già avevano slittamenti di 3 mesi, v. infra).
- Il D.Lgs. 7 agosto 2023, n. 108 (decreto correttivo, art. 6) ha stabilito il differimento al 15 settembre 2024 del termine di pagamento della quinta rata originariamente fissata al 31 luglio 2024. Considerati i 5 giorni di tolleranza e la coincidenza con weekend/festività (15/9/24 era domenica e il 20/9 festività locale), i pagamenti effettuati entro lunedì 23 settembre 2024 sono stati considerati tempestivi.
Per i contribuenti residenti nei territori alluvionati di Emilia Romagna, Marche e Toscana (maggio 2023), un apposito decreto (DL 61/2023 “Decreto Alluvioni”) ha previsto l’estensione di 3 mesi di tutti i termini della rottamazione-quater. In tali aree, il termine per aderire è stato il 30/09/2023, le comunicazioni di somme dovute sono arrivate entro il 31/12/2023, e le prime due rate prorogate al 15/03/2024 (con tolleranza al 20 marzo). Anche le rate successive sono slittate di 3 mesi rispetto al calendario generale.
Riammissione dei decaduti: una importante novità – introdotta dal DL 121/2024 (Milleproroghe 2025) convertito con L. 15/2025 – è la riapertura dei termini per i contribuenti decaduti dalla rottamazione-quater entro il 2024. In particolare, i contribuenti che non hanno versato le rate in scadenza entro il 31 dicembre 2024 (ossia le prime 5 rate, dopo le proroghe: 31/10/23, 30/11/23, 15/03/24, 31/05/24, 15/09/24) hanno potuto presentare una nuova domanda di riammissione entro il 30 aprile 2025. Questa “rottamazione-quater rinnovata” (soprannominata rottamazione-quinquies su alcuni media) permette a chi era decaduto di riprendere il beneficio pagando le somme dovute residue, probabilmente con un nuovo piano rateale. La norma approvata (nel Milleproroghe 2025) ha stabilito che possono accedere alla riammissione solo i debiti già inclusi in una definizione agevolata quater e decaduti. L’Agente della Riscossione ha pubblicato istruzioni per questa domanda entro aprile 2025. In pratica, chi a fine 2024 non era riuscito a pagare entro i 5 giorni di tolleranza una delle prime 5 rate, ha ottenuto una seconda chance: presentando istanza, viene ammesso a un nuovo piano – i dettagli operativi indicano che doveva versare le rate scadute entro il 31 luglio 2025 in un’unica soluzione, e poi proseguire con le restanti entro il 2027, ma su questo attendiamo conferme ufficiali. È una misura di clemenza che il Governo ha ritenuto opportuna dati i ritardi accumulati e le difficoltà economiche di alcuni, e che in parte anticipa il concetto di una eventuale “rottamazione-quinquies” più ampia. Non si tratta di una nuova rottamazione per cartelle oltre giugno 2022 (che non è stata varata al momento), ma solo di riapertura per chi aveva aderito ma poi non ha pagato.
Decadenza e inadempimento: come le precedenti edizioni, la rottamazione-quater prevede che l’eventuale tardivo/omesso pagamento di una rata oltre il periodo di tolleranza (5 gg) comporta la decadenza dai benefici. In tal caso, i pagamenti eseguiti vengono considerati semplicemente acconti sulle somme dovute originariamente, e l’Agente potrà riprendere le azioni di recupero per l’intero importo, riaggiungendo sanzioni e interessi come se la definizione non fosse mai avvenuta. Per questo è cruciale rispettare ogni scadenza. Nelle prime rottamazioni non c’era alcuna tolleranza e molti decaddero per pochi giorni di ritardo; con i 5 giorni di margine e le proroghe concesse, il legislatore ha cercato di limitare tali situazioni. Resta fermo che, in caso di decadenza, non è più possibile dilazionare il debito (lo si era già dilazionato in definizione) e l’intero residuo torna esigibile subito. Da qui la decisione di dare nel 2025 una riammissione straordinaria (v. sopra) per mitigare casi di decadenza.
Adesioni e impatto: la rottamazione-quater ha riscosso un numero elevato di adesioni (oltre qualche milione di istanze). Confcommercio ha pubblicato un vademecum aggiornato con tutte le scadenze e ricorda che mantenere i benefici richiede assoluto rispetto dei pagamenti programmati. Per importi rilevanti, la dilazione in 18 rate è un sollievo (riduce il peso annuale), sebbene comporti il modesto interesse del 2%. Il Governo stima un gettito significativo dalla rottamazione (alcuni miliardi), considerandolo “denaro che altrimenti sarebbe stato difficilmente riscosso”. La Corte dei Conti però avverte che un uso frequente di rottamazioni rischia di minare la tax compliance: i contribuenti potrebbero tendere a non pagare nei termini sperando in future definizioni agevolate. Studi al 2023 mostrano che circa il 50% dei beneficiari delle rottamazioni precedenti poi è decaduto (non completando i pagamenti), sintomo di persistenti difficoltà finanziarie o forse di eccessivo ottimismo nell’aderire.
Caso particolare (Alluvioni): i soggetti colpiti dagli eventi alluvionali di maggio 2023 hanno scadenze prorogate di 3 mesi su domanda (presentazione entro 30/09/23, prime due rate 15/03/24 ecc.). Inoltre, il DL Alluvioni ha introdotto per costoro la possibilità di versamento in 54 rate mensili dopo le prime 3 (anziché trimestrali), dando un piano esteso a 5 anni e mezzo. In generale, il sistema ha cercato di modulare i piani di pagamento secondo le necessità.
Esempio concreto: Il sig. Rossi ha 3 cartelle:
- IRPEF 2018: €10.000 imposta + €3.000 sanzioni + €800 interessi + €700 aggio = totale ~€14.500.
- IVA 2015: €5.000 imposta + €2.500 sanzioni + €600 interessi + €400 aggio = totale ~€8.500.
- Multa stradale 2017: €300 multa + €210 maggiorazioni/ interessi + €50 spese = ~€560.
Con la rottamazione-quater:
- Cartella 1: paga solo €10.000 (capitale imposta). Risparmia €4.500 di sanzioni, interessi, aggio.
- Cartella 2: paga €5.000 (capitale IVA). Risparmia €3.500.
- Cartella 3: paga €300 (multa originale). Risparmia ~€260 di maggiorazioni/interessi.
Totale da pagare: €15.300, anziché €23.560 (risparmio di €8.260). Rossi sceglie 18 rate: prime due ~€1.530 (10% ciascuna) a ottobre-novembre 2023, le restanti sedici da ~€765 ciascuna dal 2024 al 2027, con interessi 2% l’anno. Se rispetta tutte le scadenze, nel 2027 sarà libero dai debiti fiscali. Se saltasse una rata nel 2025, decadrebbe: tornerebbe a dover €23.560 meno quanto pagato, con riscossione coattiva.
Fonti normative correlati: oltre alla legge di Bilancio e relative circolari (vedi fonti finali), è utile citare il Comunicato Stampa AdER del 18/08/2023 in cui si evidenziano i differimenti al 2024, e il CS AdER di maggio 2025 che annuncia la riapertura per i decaduti con scadenza domande 30/4/2025.
1.10 Riammissione dei decaduti alla Definizione agevolata (2025)
(Questa sezione è stata in parte anticipata nel paragrafo 1.9, ma qui la trattiamo separatamente per completezza e perché rappresenta una “mini-sanatoria” introdotta nel 2025.)
Come accennato, il Decreto Milleproroghe 2025 (D.L. 198/2024 conv. L. 15/2025) ha previsto una misura di sollievo per i contribuenti che non erano riusciti a rispettare tutte le scadenze della rottamazione-quater. In particolare, l’art. 4-ter del decreto ha aperto una finestra straordinaria di riammissione per chi è decaduto dalla definizione agevolata per mancato pagamento di una o più rate entro il 2024. Tale misura è stata spesso definita come “rottamazione-quater bis” o informalmente “rottamazione-quinquies”, poiché rappresenta di fatto la quinta iterazione del meccanismo di rottamazione (anche se limitata ai debiti già inclusi nella quarta).
Ambito oggettivo e soggettivo: possono presentare la nuova domanda i contribuenti i cui piani di definizione agevolata (quater) sono decaduti al 31/12/2024 per mancato pagamento delle rate previste fino a tale data. In pratica, se un contribuente non ha versato nei termini una o più delle rate con scadenza entro il 2024 (le prime 5 rate, come definito dopo le proroghe), può chiedere di essere riammesso. Possono rientrare sia coloro che hanno saltato completamente il pagamento sia coloro che hanno pagato in ritardo oltre i 5 giorni e quindi sono decaduti, indifferentemente. Importante: la riammissione vale solo per i carichi che erano stati inseriti nella precedente domanda di rottamazione-quater. Non è possibile aggiungere nuovi debiti non precedentemente dichiarati. Dunque, chi non aderì affatto nel 2023 non può ora farlo (non c’è una rottamazione per cartelle affidate nel 2023 o per vecchie cartelle non rottamate); invece chi aderì ma fallì nei pagamenti, ottiene una seconda opportunità.
Procedura e condizioni: la domanda di riammissione doveva essere presentata all’Agenzia Riscossione entro il 30 aprile 2025. La presentazione è avvenuta tramite il portale AdER, analogamente alla domanda originaria. Una volta accolta, al contribuente viene ricalcolato il piano di pagamenti. Secondo le indicazioni presenti (non ufficiali al 100% in sede di redazione), i debitori riammessi devono versare entro il 31 luglio 2025 le somme corrispondenti alle rate scadute e non pagate del vecchio piano. Successivamente, possono pagare il restante dovuto in un numero di rate proporzionalmente ridotto (presumibilmente le rate 6-18 originali, se ancora non scadute, a scadenze allungate). Ad esempio, se Tizio aveva saltato le rate 1 e 2 (ott e nov 23) e fu decaduto, dovrà pagare entro 31/7/25 l’equivalente di quelle due rate in unica soluzione; poi potrà riprendere a pagare dalla 3a rata in poi su base originaria. Di fatto gli si concede di recuperare i pagamenti persi con un ritardo di circa 1,5 anni (ott 23 -> lug 25). La ratio è evitare che decada definitivamente e tornare a incassare il dovuto agevolato. In ogni caso, la Legge 15/2025 ha delegato l’AdER a disciplinare con flessibilità le modalità di recupero delle rate scadute.
Effetti: presentando istanza e pagando quanto richiesto entro luglio 2025, il contribuente viene reintegrato nel beneficio della definizione. Ciò significa che riacquista la sospensione delle procedure esecutive su quei debiti e potrà estinguerli pagando il residuo con sanzioni e interessi condonati (come originariamente). In caso di ulteriore inadempienza (ad esempio, non pagasse quanto dovuto entro luglio 2025), la riammissione non produce effetti e l’agente potrà proseguire la riscossione coattiva. Questa era probabilmente l’ultima chance per i decaduti: una sanatoria della sanatoria, potremmo dire. Il Governo l’ha motivata con la volontà di massimizzare l’adesione e il gettito, evitando di dover reimmettere nel circuito ordinario troppi carichi e ridando fiato a chi, magari per la crisi energetica 2023-24, non è riuscito a sostenere le prime scadenze.
Esempio: Caio aveva €50.000 di debiti rottamati, doveva pagare €10.000 entro 15/3/24 e non l’ha fatto, decadendo. Con la riammissione 2025, presenta domanda e paga €10.000 entro 31/7/2025. Ora potrà pagare le restanti rate (dalla 4ª in poi) secondo un nuovo calendario (forse esteso fino al 2028, da definire). Se lo fa, risparmia comunque sanzioni e interessi e salda €50.000 invece di €80.000 originari; se non avesse avuto riammissione, gli sarebbe arrivata cartella per €80.000 + mora.
Questa mini-sanatoria, passata un po’ in sordina, è di fatto l’unica novità in tema di pace fiscale nel 2025, giacché il Governo, al momento, non ha varato una nuova rottamazione per i ruoli 2023-2024 (la cosiddetta “rottamazione-quinquies” generale). Vi sono state proposte di legge (a febbraio 2025 la Lega ha presentato un DDL n. 1375 in Senato) per istituire una nuova definizione agevolata di cartelle includendo gli anni 2023-24 e oltre, ma tali iniziative sono ancora in itinere. L’idea più accreditata è che se ne riparlerà nella Legge di Bilancio 2026, eventualmente per condonare i crediti fino al 2010-2015 considerati del tutto inesigibili (il cosiddetto condono tombale 2025 ipotizzato nel DEF). Nel frattempo, l’attenzione è stata posta sul far funzionare a regime la rottamazione-quater e la riammissione dei decaduti.
1.11 Regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate da accertamento e conciliazioni
L’ultimo tassello della tregua fiscale 2023 è una misura meno nota, ma molto importante per chi in passato aveva raggiunto un accordo col Fisco senza poi riuscire a onorarlo integralmente. I commi 219-221 L.197/2022 introducono la regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di istituti definitori ordinari quali: acquiescenza, accertamento con adesione, reclamo-mediazione o conciliazione giudiziale. In parole semplici, se un contribuente aveva accettato un accertamento o conciliato una lite pagando a rate, ma non ha pagato tutte le rate successive alla prima, può mettersi in regola pagando ora il dovuto residuo con uno sconto su sanzioni e interessi.
Ambito oggettivo: la norma si applica alle somme dovute a seguito di definizioni “ordinarie” del contenzioso tributario (quelle previste dalle norme tributarie generali) per le quali, al 1° gennaio 2023, il contribuente non aveva ancora ricevuto la cartella di pagamento o l’ingiunzione di riscossione per il mancato pagamento. In particolare, copre i piani di rateazione scaturiti da:
- Accertamento con adesione (art. 8 D.Lgs. 218/97)
- Acquiescenza a un avviso di accertamento (art. 15 D.Lgs. 218/97)
- Accordo di mediazione/reclamo (art. 17-bis D.Lgs. 546/92)
- Conciliazione giudiziale (art. 48 D.Lgs. 546/92)
dove il contribuente ha pagato la prima rata ma non ha pagato in tutto o in parte una o più rate successive (scadute entro il 1/1/2023). Spesso succede che, dopo aver trovato un accordo col Fisco (magari diluendo il dovuto in 8 rate), il contribuente versi la prima rata ma poi, per difficoltà finanziarie, salti delle rate seguenti, decadendo così dal beneficio dell’accordo (il regime ordinario prevede che il mancato pagamento di una rata successiva comporti la decadenza e il ripristino delle sanzioni intere).
Ambito soggettivo: i destinatari sono i contribuenti che avevano iniziato un percorso di definizione bonaria ma non lo hanno completato. Non vi sono limitazioni soggettive ulteriori; rileva solo la circostanza oggettiva sopra descritta. È però fondamentale che non fosse stata ancora emessa la cartella per il recupero: se l’Agenzia aveva già iscritto a ruolo le somme non pagate e inviato la cartella, ormai il debito è in riscossione coattiva e non può essere regolarizzato con questa norma (potrà semmai essere rottamato). In pratica, la finestra di applicazione è: piani scaduti entro 2022, ma non ancora passato al concessionario. Se già passato, fine.
Beneficio: la regolarizzazione prevede che il contribuente versi integralmente la sola imposta (o quota di imposta) ancora dovuta e così facendo venga rimesso in bonis, senza dover corrispondere sanzioni e interessi sulle rate omesse. La legge parla infatti di “pagamento della sola imposta”, lasciando intendere che le sanzioni e interessi relativi alle rate non pagate vengono condonati. Normalmente, chi decadeva da un’adesione, ad esempio, si vedeva recapitare un ruolo con l’intera sanzione al 100% ripristinata, più interessi di mora dal momento della decadenza. Questa sanatoria evita ciò: pagando ora l’imposta residua, il contribuente non deve le sanzioni residue né gli interessi di mora. In sostanza torna valida la definizione agevolata iniziale come se fosse stata completata, pur se con ritardo.
Un esempio chiarirà: un contribuente aveva aderito a un accertamento per €50.000 di maggior imposta con sanzioni ridotte a €10.000 (minimo 30.000 ridotto a 1/3), totale dovuto €60.000 in 8 rate. Pagata la prima rata €7.500, non ha pagato le successive. Decadendo, avrebbe dovuto pagare €42.500 di imposta rimasta + €20.000 di sanzioni piene ripristinate + interessi di mora. Con la regolarizzazione 2023, può pagare i €42.500 residui e gli verrà condonato il resto (i €10.000 di sanzioni ridotte non ancora versati e gli interessi). Risparmio evidente: €10.000+ interessi di mora. Il vantaggio è quindi condonare le sanzioni che sarebbero tornate esigibili e gli interessi di mora, a patto di pagare il tributo.
Procedura e termini: curiosamente, la legge non fissava un termine esplicito entro cui effettuare il pagamento. Si limitava a dire che si può regolarizzare il pagamento prima della notifica della cartella di pagamento. Questo generava incertezza: in teoria l’Agente della Riscossione avrebbe potuto emettere cartella in qualunque momento nel 2023, quindi il contribuente rischiava di essere fuori tempo se non agiva tempestivamente. L’Agenzia delle Entrate, con Circolare n. 2/E del 27/01/2023, ha quindi chiarito che per avvalersi della definizione occorre versare quanto dovuto (l’imposta residua) entro il 31 luglio 2023. Successivamente, il D.L. 34/2023 ha prorogato di 3 mesi tale scadenza, portandola al 31 ottobre 2023. Dunque, i contribuenti avevano tempo fino al 31/10/2023 per pagare l’importo residuo ed evitare che partisse la cartella. Il pagamento si esegue tramite modello F24, utilizzando i codici tributo originari dell’atto (in pratica, completando il versamento delle quote d’imposta). Non è prevista rateazione: va pagato in un’unica soluzione. Non serve presentare domanda: il pagamento stesso ha effetto definitorio, ma è opportuno comunicare all’ufficio la volontà di aderire (alcuni uffici hanno invitato a segnalare l’avvenuto versamento per sospendere eventuali ruoli in lavorazione).
Effetti: il versamento dell’imposta residua entro il termine sanatoria determina che il contribuente non è considerato decaduto dalla definizione originaria. Di conseguenza, l’ufficio rinuncia a emettere il ruolo per sanzioni e interessi non pagati. In altri termini, il contribuente viene “rimesso in termini” e l’atto definito resta tale. Giuridicamente, l’adesione o conciliazione perfezionata nel 2020 ad esempio, ma non completata nei pagamenti, viene considerata efficace come se i pagamenti fossero stati completati correttamente. L’Agenzia Riscossione non prenderà in carico il debito perché l’ente creditore (AE) non le affiderà più nulla. Se per caso la cartella era stata predisposta, viene stornata. Qualora il ruolo fosse già stato trasmesso all’Agente ma non ancora notificato al contribuente, il DL 34/2023 ha previsto che il termine per la notifica fosse prorogato al 31/12/2023 in modo da dare tempo ai contribuenti di pagare entro ottobre ed evitare la notifica.
Esempio riepilogativo: la società Beta nel 2019 aveva conciliato in primo grado una lite fiscale riducendo il tributo da €100k a €60k con sanzioni ridotte €6k (10% in conciliazione), totale €66k in 4 rate. Pagata €16.5k, non paga le altre 3. Nel 2022 Beta fallisce, il curatore trova questa posizione aperta. L’ufficio non ha ancora mandato a ruolo (attende esito di fallimento). Con la sanatoria, il curatore versa €49.5k entro 31/10/2023, pari a imposta residua. L’Agenzia non iscrive nulla a ruolo per sanzioni (€4.5k restanti) né interessi. La procedura fallimentare chiude così il debito erariale residuo con un notevole risparmio (circa €5k+). Se non avesse pagato, quell’importo sarebbe confluito nello stato passivo come credito privilegiato aumentato di sanzioni piene.
Ambito residuale ma significativo: pur essendo una misura poco reclamizzata, molti professionisti l’hanno sfruttata per sistemare situazioni pendenti. Ad esempio, un accordo di mediazione del 2021 saltato per Covid può essere sanato; un’adesione Monti (2012) non completata ha trovato pace. In un certo senso, è una sanatoria di errori passati: il Fisco incassa l’imposta, il contribuente non subisce la punizione di sanzioni intere. È anche coerente con la logica generale della tregua fiscale: dare opportunità di chiudere le pendenze pregresse col Fisco con un occhio di riguardo a sanzioni e oneri.
Interazione con altre misure: se il contribuente non avesse usufruito di questa regolarizzazione e la cartella fosse stata emessa entro 2022, avrebbe potuto comunque rottamarla nella quater (ma in quel caso avrebbe pagato il solo capitale, cioè identico esito). Se invece la cartella esce dopo 1/1/23 (perché l’ufficio aspettava esito della legge), non era rottamabile (perché rottamazione copre carichi affidati fino a 30/6/22), e il contribuente senza questa sanatoria avrebbe dovuto pagare tutto. Dunque questa norma ha chiuso un piccolo gap temporale in cui certi debiti non sarebbero stati condonabili con rottamazione.
Conclusione su questa misura: tra le disposizioni meno pubblicizzate, citando la guida AvvocatiCartelle, essa ha tuttavia risolto in silenzio molte situazioni spinose e potenzialmente contenziose. L’efficacia è stata subordinata all’attivismo del contribuente (doveva pagare spontaneamente entro ottobre 2023). Chi non lo ha fatto, presumibilmente nel 2024/25 si vedrà arrivare le cartelle con sanzioni piene – a quel punto definibili solo se futuri provvedimenti di rottamazione includeranno anche quelle. Dunque, in retrospettiva, questa era un’opportunità da non perdere per chi poteva reperire le somme dovute. Gli uffici hanno segnalato l’opportunità ai professionisti durante Telefisco 2023 e con FiscoOggi, e diversi casi pratici ne testimoniano la riuscita.
(Segue la seconda parte della guida con l’ambito soggettivo/oggettivo generale, procedure comuni, effetti sul contenzioso, prassi, giurisprudenza, FAQ e fonti…)
2. Ambito Soggettivo e Oggettivo delle Sanatorie
(In questa sezione riassumiamo e confrontiamo chi può accedere e quali debiti rientrano nelle varie misure, evidenziando esclusioni e condizioni comuni.)
Soggetti ammessi: in generale, tutte le categorie di contribuenti possono beneficiare della tregua fiscale, salvo specifiche eccezioni in singoli istituti. Le definizioni agevolate di avvisi bonari, ravvedimento speciale, adesione agevolata accertamenti, definizione liti, rottamazione cartelle, ecc. sono aperte sia a persone fisiche che soggetti titolari di partita IVA (imprese, professionisti, enti). Non vi sono condizioni legate a fasce di reddito, né occorre dimostrare cali di fatturato o difficoltà economica (a differenza di passati “saldo e stralcio” riservati a persone fisiche con ISEE basso). L’unica eccezione soggettiva è che gli enti pubblici creditori diversi dall’Erario dovevano esprimere adesione per consentire la rottamazione dei loro crediti: ad esempio, le Casse previdenziali private hanno dovuto deliberare entro il 31/1/2023 per includere i contributi non pagati dei loro iscritti nella rottamazione; molti lo hanno fatto. Analogamente, i Comuni potevano scegliere se aderire o meno allo stralcio automatico e alla rottamazione delle loro entrate (multe, tributi locali): molti grandi comuni hanno rifiutato lo stralcio (preferendo incassare interessi) ma hanno consentito la rottamazione quater locale, altri viceversa hanno lasciato fare lo stralcio. Queste scelte hanno inciso sull’applicabilità di alcune misure ai debiti locali. Ad esempio, un contribuente con multe a Milano (che non ha aderito allo stralcio interessi) ha potuto però rottamarle (Milano ha deliberato per rottamazione); a Napoli il Comune ha aderito allo stralcio (quindi via interessi) ma non ha attivato rottamazione locale, costringendo i cittadini a pagare il capitale per intero.
Inoltre, nessuna preclusione soggettiva è stata posta per chi avesse precedenti condotte: anche i recidivi di vecchi condoni o i morosi cronici hanno potuto aderire. C’era un dibattito se escludere i “grandi evasori” o chi avesse carichi molto elevati (sopra un certo milione) – ma nulla di ciò è entrato in norma. Anche i soggetti condannati per reati tributari possono aderire (ciò anzi è un passo per estinguere il reato, v. §5.4).
Soggetti esclusi: formalmente nessuno, ma va notato che le definizioni liti pendenti erano riservate alle liti con Agenzia Entrate: se il contribuente aveva cause con Dogane o enti locali, quelle non rientravano (salvo eventuali normative locali). I commi 186-205 includevano Dogane solo su adesione dell’ente (che non c’è stata); tuttavia il legislatore con DL 34/2023 art. 17-octies ha poi introdotto la definizione agevolata liti anche per Agenzia delle Dogane e Monopoli con parametri analoghi, quindi anche i soggetti in cause con ADM hanno poi avuto una chance (norma arrivata dopo, qui non dettagliata per brevità). Dunque, inizialmente i soggetti con contenzioso doganale erano esclusi, ma poi ammessi con legge successiva e modulazione in DM MEF.
Debiti ammessi: la varietà di misure copre quasi ogni tipologia di debito fiscale o parafiscale:
- Debiti da controlli automatici su imposte (avvisi bonari) → definibili 2019-2021. Comprende IRPEF, IRES, IVA, ritenute risultanti da dichiarazioni, contributi INPS da dichiarazioni fiscali ecc. Non include avvisi bonari oltre 2021 né altre comunicazioni, e un requisito era che fossero non scaduti al 1/1/23 o emessi dopo.
- Violazioni formali su imposte e IVA → fino 2021. Copre tutte le tasse (anche registro, bollo, ecc. se violazioni formali relative).
- Violazioni sostanziali su dichiarazioni → ravvedimento speciale su imposte dirette, IVA, IRAP fino 2021 (poi esteso 2022). Non copre omissioni contributive (che vanno con definizioni Inps separate) né indebite compensazioni con crediti fittizi > la soglia penale (quelle sarebbero art. 10-quater c.1 L.74/2000 e se scoperte no ravvedimento speciale, per giunta punite a parte).
- Atti del procedimento di accertamento → tutti i tributi amministrati da AE (imposte dirette, IVA, registro, successioni, ecc.) purché con atti emessi nel periodo fine 22-inizio 23 e ancora impugnabili. In pratica la gran parte degli avvisi fiscali su imposte statali rientra.
- Controversie tributarie pendenti → qualunque imposta o sanzione in giudizio in CTP/CTR/Cassazione se parte AE. Escluse cause su tributi locali, cause su agenzie diverse (salvo Dogane via altro provv.). Il “valore della lite” concetto esclude interessi e sanzioni, calcolando solo tributo; per cause di sole sanzioni, il valore è la sanzione.
- Carichi a ruolo → praticamente tutti i carichi affidati a riscossione (quindi che hanno generato cartella o avviso ex Equitalia) dal 2000 a metà 2022: imposte erariali, tributi locali (se l’ente aderì), contributi previdenziali pubblici (INPS), contributi privati (Casse, se delibera ok), premi INAIL, diritti camerali, multe stradali, sanzioni amministrative di ogni genere, ecc. con le esclusioni per ruoli UE, aiuti Stato, danni erariali, sanzioni penali.
- Mini ruoli ≤1000 → tutti (imposte, IVA, contributi, bolli, canone RAI, multe, pedaggi, ecc.) compresi nel periodo, con distinzioni su cosa si annulla (tutto se Erario, solo interessi e sanzioni se enti locali; e enti locali potevano disapplicare).
- Rate da adesioni/conciliazioni non pagate → riguarda qualsiasi tributo definito con quegli istituti, in particolare imposte erariali e relative sanzioni ridotte. Valido anche per contributi INPS definiti in adesione (es. in avvisi di addebito conciliati)? In teoria sì, se AE ha competenza, ma contributi INPS non passano da adesione ex D.Lgs.218, quindi direi irrilevante.
Debiti esclusi: oltre alle già citate eccezioni (risorse UE, state aid, ecc.), ricordiamo:
- Violazioni non dichiarative (es. omessa fatturazione) se scoperte -> ravvedimento speciale escluse se già contestate.
- Formalità in voluntary disc. -> escluse da regolarizzazione formale (coordinamento con altra procedura).
- Liti con valore della lite pari a sole spese legali? Il valore lite è tributo al netto sanzioni, se tributo = 0 (es. lite su rimborso negato, considerato tributo = importo chiesto) definibile; se lite su sanzioni in sola materia, valore = sanzione; se lite su diniego condono o procedurale? Credo definibile se importo economico determinabile, altrimenti forse no. Circolari hanno forse escluso cause su dinieghi condono legge 289 (questioni giuridiche senza importo), ma poche.
- Cartelle affidate dopo 30/6/22 -> non rottamabili in quater (perché fuori periodo); molte cartelle relative a 2020-21-22 possono essere state affidate dopo giugno 22, e dunque sono rimaste fuori da rottamazione (la quinquies potrà includerle, se faranno nel 2025-26). Ad es, una cartella IRPEF 2018 emessa il 10/7/22 – fuori per pochi giorni – non era rottamabile (infatti su NT+Fisco apparvero casi di questo tipo) e il contribuente poteva solo pagarla o se in contenzioso definire la lite. Questi esclusi temporali generano spesso malcontento e spinta per un successivo condono.
Effetti su ruoli e procedure: va evidenziato che l’adesione a rottamazione o definizione liti produce automaticamente la sospensione delle azioni esecutive sui debiti in questione. Ad esempio, se si presenta domanda di definizione lite, il processo è sospeso fino al 10/7/24 (6 mesi da scadenza domande, per legge). Se si aderisce a rottamazione, l’Agente Riscossione sospende le procedure (lo ha comunicato anche in FAQ). Quindi, la semplice adesione, in attesa di pagamento, già blocca pignoramenti e fermi (salvo quelli perfezionati come vendita già fatta ecc.). Se poi il pagamento integrale non arriva, le procedure riprendono. Quindi le sanatorie offrono anche un immediato effetto protettivo temporaneo. Ciò è importante soggettivamente: molti imprenditori hanno aderito anche per guadagnare tempo e bloccare ipoteche.
Confronto in tabella (riassuntivo):
Misura | Chi può aderire | Debiti coperti | Cosa si paga | Cosa non si paga |
---|---|---|---|---|
Avvisi bonari 2019-21 (3%) | Titolari di avvisi bonari su 2019-21, PF e P.IVA | Imposte e contributi da controllo automatico (Dich. 2019-21) non scaduti al 1/1/23 | Imposta, contributi, interessi, 3% sanzione | 7% sanzione (differenza tra 10% e 3%) e 27% se confrontato con tardivo normale (30%) |
Violazioni formali (€200) | Chiunque abbia commesso violazioni formali fino 2021 | Irregolarità formali in materie tributarie (no impatto imposta) | €200 per anno e correggere errori | Sanzioni formali (spesso €250 ciascuna) vengono condonate |
Ravvedimento speciale (1/18) | Contribuenti con infedeltà/omissioni dichiarative 2018-21 (est.22) non ancora contestate | Imposte, IVA, ritenute non dichiarate o dichiarate infedelmente (2018-22) | Imposta dovuta, interessi legali, sanzione 5% (~1/18) | 17/18 della sanzione minima, sanzioni piene eventuali, interessi di mora se definito prima di ruoli |
Adesione / acquiescenza agevolata (1/18) | Contribuenti con avvisi accertamento non impugnati al 1/1/23 o notificati entro 31/3/23 | Avvisi di accertamento/rettifica su tributi AE, atti di recupero | Imposta, interessi, 1/18 sanzioni | 17/18 delle sanzioni minime, aggio (non c’è ancora), eventuali sanzioni accessorie? (non condonate però p.es interdizioni no) |
Definizione liti pendenti | Contribuenti con ricorsi pendenti in CTP/CTR/Cass al 1/1/23 (contro AE) | Contenziosi tributari su atti AE (imposte e sanzioni) | % valore lite: 100%, 90%, 40%, 15%, 5% a seconda esiti | Sanzioni e interessi del provvedimento originario non dovuti in misura eccedente (valore lite è netto sanz) + annullamento integrale di sanzioni se lite solo su sanzioni e paghi 15-40%. Aggio non applicabile (no ruolo) |
Conciliazione agevolata (1/18) | Contribuenti e AE in cause pendenti al 15/2/23 in primo o appello disposti a conciliare | Controversie su tributi/sanzioni AE in 1° o 2° grado | Tributo concordato, interessi concordati, sanzioni 1/18 min. | Resto del tributo su cui AE rinuncia, sanzioni (17/18) condonate, interessi di mora condonati. |
Rinuncia Cassazione (15-20%) | Contribuenti ricorrenti in Cass (soccombenti sotto soglia) entro val. lite stabilito (es ≤100k) | Liti in Cass del contribuente su imposte AE | 15% (se ≤100k) o 20% (se >100k≤ soglia) del valore lite | 85% o 80% del tributo, tutte sanzioni e interessi |
Stralcio automatico ≤1000€ | Tutti debitori con ruoli 2000-15 ≤ €1000 residui | Carichi a ruolo ≤1000 affid. 00-15 (Stato, INPS, locali) | NULLA (automatico) per Stato; per locali: eventuale capitale (se ente disapplica stralcio) | Stato: interessi ritardata, sanzioni, interessi mora, aggio (tutto condonato); Locali: interessi ritardata, sanzioni condonati, restano capitali (salvo ente azzeri anche quelli, qualcuno l’ha fatto ‘di fatto’) |
Rottamazione-quater | Tutti debitori con cartelle 2000-22 (se ente aderito per locali/casse) | Carichi a ruolo affidati 01/00-30/06/22 (imposte, contributi, multe etc) | Capitale, diritti notifica, spese esecutive, interessi 2% su rate | Sanzioni, interessi ritardata iscrizione, interessi mora, aggio interamente condonati. Su multe: anche maggiorazioni 10% cod.strada condonate. |
Riammissione decaduti quater | Chi ha aderito a rottamazione-quater ma è decaduto entro 2024 (saltato rate) | Debiti già inclusi in domanda quater decaduta | Rate scadute non pagate (entro 31/7/25) + poi residue come da nuovo piano | Non perde benefici: sanzioni e interessi rimangono condonati come nel piano originario, revivono solo se non paga anche questa volta. |
Regolarizzazione rate omesse | Contribuenti decaduti da adesione/acc.med/concil. ma cartella non ancora emessa | Importi da adesione, acquiescenza, mediazione, conciliazione – rate successive alla prima non pagate (scad. entro 1/1/23) | Quota di imposta residua non pagata (tutto entro 31/10/23) | Sanzioni relative alle rate omesse condonate (non serve pagare differenza sanzione piena); interessi di mora condonati; aggio non c’è se non c’era cartella. |
(I dati percentuali e condizioni sono tratti dalle fonti normative e circolari citate in sezione 1; si vedano anche le fonti in nota per conferma.)
Come si vede, tutte le misure riducono o eliminano sanzioni e interessi, chiedendo la sola imposta (o una percentuale di essa). Il denominatore comune è l’idea di recuperare il capitale dovuto (“il contribuente versi il dovuto a titolo di imposta”) abbuonando le penalità. Ciò vale tanto per le definizioni bonarie quanto per rottamazioni e stralci. Da notare che:
- Alcune misure (rottamazione, stralcio) condonano anche gli interessi di mora e le spese di riscossione, alleggerendo ulteriormente il carico.
- Altre (definizioni liti) eliminano del tutto sanzioni e interessi poiché il “valore” su cui si calcola la percentuale è netto da sanzioni. Quindi pagare 40% del tributo significa in effetti scontare 100% delle sanzioni e interessi.
- Le misure di regolarizzazione e ravvedimento speciale richiedono invece anche gli interessi da ritardato pagamento, a differenza di rottamazione dove questi sono condonati. Ad esempio nel ravvedimento speciale paghi interessi legali dal giorno di omesso versamento, nella rottamazione no perché contano solo capitale.
Interazioni: un medesimo debito non può cumulare più agevolazioni, ovviamente. Ma ci sono casi di “doppio binario”: es. un debito va in definizione lite se pendente in giudizio, oppure in rottamazione se già definito con cartella; uno stesso tributo poteva essere definito con adesione agevolata se non impugnato, o finire in lite definibile. Il legislatore ha spesso previsto che se si aderisce a una misura, non si può ad altra sullo stesso oggetto. Ad esempio, presentando domanda di definizione lite, il contribuente si impegna a rinunciare all’eventuale rottamazione su quella cartella correlata. Le circolari hanno chiarito che definizione liti e rottamazione cartelle sono cumulabili solo su diverse somme (non paghi due volte la stessa cosa). In pratica: se definisci la lite, la cartella derivante da quell’atto non verrà rottamata perché non sarà più dovuta (viene estinta). Viceversa, se rottami una cartella oggetto di lite, devi rinunciare al ricorso. Queste interazioni sono gestite dal contribuente con scelte coordinate.
3. Profili procedurali (modalità, termini, modulistica)
(Questa sezione fornisce indicazioni pratiche su come aderire alle misure, quali moduli usare, come effettuare i pagamenti e quali termini rispettare, molte delle quali già menzionate sopra. Inoltre, chiarisce gli effetti della presentazione delle domande.)
Modalità di adesione: quasi tutte le sanatorie richiedono un’azione da parte del contribuente, seppur semplificata:
- Per la definizione avvisi bonari non serve domanda: basta effettuare il pagamento degli importi richiesti (già ricalcolati dall’Agenzia con sanzione 3%). L’Agenzia ha ricalcolato d’ufficio le comunicazioni inviate dopo la legge, mentre per quelle in essere ha reso possibili i pagamenti ridotti via F24. Chi aveva un piano in corso ha potuto rideterminare da solo le rate residue al 3%. AdE ha pubblicato FAQ e codici tributo di riferimento (Circolare n. 1/E del 13/1/2023).
- Per la regolarizzazione formale era sufficiente versare i 200 euro (in due rate) con F24, usando il codice tributo “TF44” e indicare l’anno di riferimento. Andava inoltre eliminata la violazione: ad es., se omissione comunicativa, inviarla tardivamente; se errore fattura, annotazione correttiva; etc. Non c’era un modulo di domanda; il pagamento stesso fungiva da adesione. L’AdE ha chiesto di conservare i documenti che provano la rimozione delle irregolarità (in caso di controlli).
- Il ravvedimento speciale richiedeva la presentazione di dichiarazioni integrative per le annualità da correggere e il pagamento di quanto dovuto (imposte, interessi, sanzione 1/18) entro 31/3/23 (poi 31/5/24 per riapertura). I codici tributo erano gli stessi del ravvedimento ordinario, ma si barrava la casella “ravvedimento speciale” nei modelli Redditi integrativi. L’adesione si perfezionava col versamento e la rimozione degli errori. L’AdE ha predisposto FAQ sul ravvedimento speciale (nel portale tematico e su FiscoOggi) e la circolare 11/E 2024 ha ulteriormente guidato la riapertura (con codici per pagamento 5/8, ecc.).
- Per l’adesione agevolata atti accertamento non c’è un modulo specifico: il contribuente doveva o sottoscrivere un atto di adesione con l’ufficio (nel caso di invito al contraddittorio) o presentare una comunicazione di acquiescenza all’avviso (solitamente, utilizzare il modello di acquiescenza allegato all’atto, barrando la volontà di definire col pagamento ridotto). L’AdE ha istruito di indicare espressamente, nei moduli di adesione, il riferimento alla legge di bilancio per l’applicazione delle sanzioni ridotte. È stato previsto un codice atto da inserire nei versamenti (es. “AE” su F24 Accise). Insomma, si segue la prassi solita di adesione ma applicando 1/18. L’ufficio, una volta ricevuto il pagamento, chiude il procedimento.
- La definizione liti pendenti richiedeva la presentazione di un’apposita domanda telematica all’Agenzia Entrate per ciascuna controversia. L’AdE ha implementato un servizio dedicato sul suo sito (“Definizione liti 2023”) attraverso l’area riservata: il contribuente (o intermediario) compilava il form inserendo i dati identificativi del ricorso, grado di giudizio, esito ultimi gradi, importo dovuto e allegava un’autocertificazione di rinuncia al ricorso. Una volta inviata la domanda e pagato il dovuto (con mod. F24 Elide, usando i codici tributo istituiti: es. “DFTZ” per 90%, “DFTG” per 40%, etc. come da Provv. AE 1/2/23), la procedura era completata. Se l’importo superava €1.000, si poteva pagare solo la prima rata entro il 30/9/23. Sarà poi cura dell’ufficio verificare i dati e, a fine iter, comunicare l’esito di accoglimento o meno. In caso di errore di calcolo, l’adesione resta valida per la parte pagata e l’ufficio potrebbe richiedere l’integrazione (circ. 6/E 2023).
- La conciliazione agevolata richiedeva di formalizzare un accordo con controparte (l’ufficio legale AE) entro 30/9/23. Operativamente, una delle parti presentava una proposta di conciliazione al giudice (anche via PEC) indicando i termini e la controparte l’accettava. Il giudice redigeva processo verbale di conciliazione con gli importi da versare. Entro 20 giorni, il contribuente pagava l’importo accordato (usando i codici tributo esistenti per tributo e sanzioni ridotte al 5.56%). Il tutto secondo art.48 del D.Lgs.546/92, ma con la riduzione di sanzione prevista dal comma 209 e seguenti. AdE ha diffuso istruzioni interne per i propri funzionari per gestire tali proposte in modo uniforme (Circ. 9/E 2023).
- La rinuncia ai giudizi in Cassazione (agevolata) richiedeva che il contribuente predisponesse un atto di rinuncia al ricorso, depositandolo in Cassazione prima della trattazione. Nell’atto dichiarava di voler rinunciare ai sensi del comma 213 L.197/22, e allegava copia dei versamenti (F24 con apposito codice tributo per 15% o 20%). La Cancelleria iscriveva la causa a ruolo con proposta di estinzione e, se tutto regolare, la Corte emetteva ordinanza di estinzione senza spese. Non c’è un modello unico predisposto pubblicamente, ma l’Unione delle Camere Tributarie ha diffuso schemi per gli avvocati. L’importante era rispettare il termine (presumibilmente 30/6/2023, forse lo stesso del definizione liti).
- Lo stralcio automatico non ha necessitato di alcuna istanza: l’Agenzia Riscossione ha effettuato l’annullamento entro il 30/4/2023 in modo massivo. Ai contribuenti è stato suggerito di controllare il proprio Estratto Conto online dopo tale data per verificare la cancellazione delle posizioni. Gli enti locali dovevano comunicare entro 31/1/23 la loro eventuale non adesione allo stralcio parziale. AdER ha predisposto portali dedicati per gli enti creditori (Comuni) per registrare queste scelte e per pubblicare l’elenco delle delibere di non adesione. I Comuni che hanno disapplicato lo stralcio, hanno poi trattato quei ruoli come vivi (o li hanno inseriti in rottamazione se deliberato).
- La rottamazione-quater ha previsto una domanda telematica da inviare all’Agenzia Riscossione entro il 30/6/2023. AdER ha reso disponibile un servizio online (“Definizione agevolata 2023”) dove, accedendo con SPID/CIE o anche in area pubblica (bastava inserire i numeri delle cartelle e allegare documento), si poteva inviare la richiesta. Nella domanda si sceglieva se pagare in unica soluzione o fino a 18 rate. Non era necessario indicare i singoli importi – AdER li calcolerà – ma solo i codici cartella o, in alternativa, anche solo aderire per “tutto il carico” salvo eccezioni. Dopo la domanda, AdER ha sospeso eventuali azioni esecutive in corso su quei debiti. Entro il 30/9/2023 (poi slittato a dicembre per alcuni a causa di alluvioni), AdER ha inviato ai richiedenti la “Comunicazione delle somme dovute” con l’elenco dettagliato dei carichi rottamati, l’importo da versare e i bollettini con le scadenze. Da lì il contribuente doveva effettuare i pagamenti entro le scadenze (ricordiamo: 31/10/23, 30/11/23, etc., poi prorogate).
- La riammissione dei decaduti ha anch’essa richiesto domanda telematica all’AdER entro 30/4/2025. AdER ha pubblicato a marzo 2025 le modalità: sul sito, una sezione “Riammissione definizione 2025” per inserire il codice della precedente pratica quater e confermare l’intento di riammissione. In alcuni casi, la procedura è stata semplificata: AdER ha inviato email ai decaduti invitandoli a cliccare per essere riammessi. Entro il 30/6/2025 (termine ipotetico, la norma non era chiara) AdER comunicherà gli importi delle rate scadute da pagare e un nuovo piano per le restanti. Il primo pagamento grosso (arretrati) è stato fissato al 31/7/2025 per allineare poi le successive scadenze a quelle originarie (ad es. far ripartire dal 30/11/2025 per la sesta rata).
- La regolarizzazione delle rate da adesione non aveva modulistica: bastava pagare con F24 l’importo residuo dell’imposta. Tuttavia, per sicurezza molti contribuenti hanno comunicato all’ufficio il pagamento effettuato chiedendo conferma della regolarizzazione. L’AdE, circ. 2/E, ha indicato il codice tributo da usare: in realtà, essendo rate d’adesione, si utilizzano i codici dell’accertamento originario, indicando come “anno di riferimento” quello del verbale di adesione e come “rateazione” una dicitura tipo “1/1” (per far capire che è un pagamento integrale). Non era prevista alcuna comunicazione da parte dell’Agenzia post-pagamento: il silenzio-assenso e la mancata emissione di cartella costituiranno prova dell’avvenuta definizione.
Termini cruciali (riassunto):
- 31/03/2023: pagamento I rata formali (€100), perfezionamento adesioni agevolate e inviti (entro, per atti notificati).
- 30/06/2023: invio domande rottamazione; (inizialmente definizione liti, conciliazione, poi prorogate); ravvedimento speciale originario scadenza per pagare 8 rate (poi cambiata).
- 15/02/2023: pendenza liti per conciliazione.
- 30/09/2023: domande definizione liti e conciliazioni firmate; AdER comunicazione somme rottamazione; domande stralcio alluvionati e rottamazione alluvionati; prime rate definizione liti.
- 31/10/2023: unica soluzione rottamazione, oppure I rata rottamazione; pagamento regolarizzazione rate adesioni (termine prorogato dal 31/07 al 31/10); rata ravvedimento reopened (5/8 alternative se scelta).
- 30/11/2023: II rata rottamazione.
- 15/03/2024: prime tre rate rottamazione (prorogate insieme), prime due rate alluvionati.
- 31/05/2024: ravvedimento speciale riaperto versamento (in unica soluzione o 5 rate su 8); IV rata rottamazione.
- 15/09/2024: V rata rottamazione (differita).
- 30/09/2024: definizione liti rate 6; conciliazioni eventuali pendenti (ma già chiuse 2023).
- 30/11/2024: VI rata rottamazione.
- 31/12/2024: termine entro cui considerare decaduti quater se non pagato prime 5 (commi riammissione).
- 30/04/2025: domanda riammissione decaduti.
- 31/07/2025: pagamento arretrati riammissione.
(segue oltre con altre rate rottamazione fino 2027 e riammissione forse 2028).
Modulistica di riferimento:
- Modello “DA-2023” (Definizione Agevolata 2023) di AdER per rottamazione-quater (telematico).
- Modello “Domanda definizione controversie L.197/2022” sul sito AE.
- Provvedimento AE 1/2/23 con modulistica integrativa (aggiornato 5/7/23).
- Nessun modulo per ravvedimento e formali (ma istruzioni in circ. 2/E e 6/E 2023).
- Circolare 6/E 2023 allegava prospetti riepilogativi con codici e causali per versamenti (domande prassi).
- Ogni contributore ha potuto rivolgersi agli sportelli AdER o AE per assistenza: notevole è stato l’utilizzo di canali telematici; in prossimità delle scadenze (30/6 e 30/9) si sono verificate code virtuali e qualche malfunzionamento (AdER concesse 3 giorni in più a luglio 2023 per completare istanze rottamazione per chi era in coda al 30/6).
Conseguenze processuali e amministrative:
- Presentare la domanda di definizione liti comportava l’impegno a rinunciare ai ricorsi (o a non impugnarli in Cassazione). Se poi la definizione non perfezionava (pagamenti mancanti), la lite riprendeva il corso.
- Analogo impegno in conciliazione: l’accordo concorsuale e la sua omologa estinguono la lite con rinuncia a ogni pretesa oltre l’accordo.
- Adesione a rottamazione sospendeva ex lege i termini di prescrizione e decadenza per la riscossione, nonché sospendeva le azioni esecutive.
- In caso di definizione cartelle, eventuali pignoramenti o fermi in atto venivano revocati a pagamento completato (non subito, per cautela).
- Uno scenario particolare: se un debitore con ipoteca su immobile aderisce a rottamazione e paga, l’Agente Riscossione deve provvedere a cancellare l’ipoteca una volta saldato il debito condonato (poiché l’ipoteca è collegata al debito che, definito, si riduce e poi si estingue).
- Riguardo a riammissione decaduti: presentare domanda entro 30/4/25 ha sospeso eventuali nuove procedure attivate dopo la decadenza, in attesa della definizione del nuovo piano (lo afferma la Relazione illustrativa dell’emendamento Lega al Milleproroghe: volevano bloccare provvisoriamente esecuzioni riprese su decaduti a inizio 2025).
Fonti Normative e Documenti di Riferimento
Normativa primaria:
- Legge 29 dicembre 2022, n. 197 – Art. 1, commi 153-252: Misure di tregua fiscale (Legge di Bilancio 2023).
- Decreto-Legge 30 marzo 2023, n. 34, conv. con modif. da L. 26 maggio 2023, n. 56 – Articoli 17 e 23: proroghe definizioni liti e conciliazioni; causa di non punibilità penale tributaria.
- Decreto-Legge 29 dicembre 2022, n. 198 (Milleproroghe 2023), conv. da L. 24 febbraio 2023, n. 14 – Art. 3, comma 12-undecies: estensione ravvedimento speciale a 2022.
- Legge 9 febbraio 2024, n. 18 (conv. DL 148/2023) – Differimento termini rottamazione-quater prime rate al 15/3/24.
- D.Lgs. 7 agosto 2023, n. 108 – Art. 6: Differimento 5ª rata rottamazione-quater al 15/9/24.
- Decreto-Legge 1° giugno 2023, n. 61 (Decreto Alluvioni), conv. da L. 31 luglio 2023, n. 100 – Art. 8: proroghe di 3 mesi per adempimenti e pagamenti definizioni in territori alluvionati.
- Legge 26 maggio 2023, n. 38 (conv. DL 13/2023 Milleproroghe) – Art. 16-bis: proroga domande rottamazione al 30/6/2023.
- Legge 26 maggio 2023, n. 38 (conv. DL 13/2023) – Art. 16-ter: definizione liti AGE/Agenzia Dogane pendenti (misura analoga per ADM, non dettagliata sopra).
- Decreto-Legge 29 dicembre 2024, n. 198 (Milleproroghe 2025), conv. da L. 24 febbraio 2025, n. 15 – Art. 4, commi 1-5: Riammissione ai benefici della definizione agevolata (rottamazione-quater) per decaduti.
Prassi dell’Agenzia delle Entrate:
- Circolare AE n. 1/E del 13 gennaio 2023 – Primi chiarimenti definizione avvisi bonari (commi 153-159).
- Circolare AE n. 2/E del 27 gennaio 2023 – Chiarimenti omnibus Tregua Fiscale (formali, ravvedimento speciale, adesione/accertamento, liti, conciliazione, rinuncia in Cassazione, rate non pagate).
- Provvedimento Direttore AE Prot. n. 30294/2023 del 1° febbraio 2023 – Modulo domanda definizione liti pendenti e istruzioni.
- Circolare AE n. 6/E del 20 marzo 2023 – FAQ e ulteriori chiarimenti tregua fiscale (domanda-risposta su casistiche specifiche: definizione formali, ravvedimento speciale, liti pendenti, rate omesse).
- Circolare AE n. 9/E del 19 aprile 2023 – Chiarimenti conciliazione agevolata e ravvedimento speciale (post DL 34/2023).
- Circolare AE n. 11/E del 15 maggio 2024 – Ravvedimento speciale – riapertura termini e calcolo somme dovute.
- Provvedimento Direttore AE Prot. n. 250755/2023 del 5 luglio 2023 – Aggiornamento modello domanda definizione liti e istruzioni post-proroga.
- Risoluzione AE n. 6/2023 – Istituzione codici tributo per definizione liti e altre misure (es. “DFTZ”, “DFAE” ecc. per versamenti).
- Circolare AE n. 2/E del 15 gennaio 2019 – (per confronto con definizione liti 2019, citata per analogia in circ.6/E 2023).
- Istruzioni operative AdER (sito) – FAQ Definizione agevolata 2023 (aggiornate al 21/06/23); Manuale utente servizio online DA-2023.
- Comunicati Stampa AdER:
- CS 3 luglio 2023 – Proroga tecnica invio domande rottamazione-quater al 30/6 (riapertura portale 3/7 per chi in coda).
- CS 5 luglio 2023 – Aggiornamento modello definizione liti pendenti (post DL 34/23).
- CS 18 agosto 2023 – Differimento rata luglio rottamazione al 15/9/24.
- CS 15 maggio 2024 – Promemoria scadenza ravvedimento speciale al 31/5/24.
- CS 2 gennaio 2023 AdER – Attuazione stralcio automatico debiti ≤1000€ (con istruzioni per enti locali).
Documentazione giurisprudenziale:
- Cass., Sez. V, ord. 11 settembre 2024, n. 24428 – Ordinanza interlocutoria su effetti processuali definizione liti in Cassazione (rimessione alle Sez. Unite).
- Cass., Sez. V, sent. 11 aprile 2024, n. 14956 – Pronuncia su differenze tra definizione avvisi bonari e definizione ruoli (residua diversità discipline).
- Cass., Sez. V, sent. 14 novembre 2023, n. 33430 – Ritenuta inapplicabilità sospensione in Cassazione per definizione agevolata (art. 23 DL 34/23).
- Cass., SS.UU., sent. 25 luglio 2023, n. 20117 – Principio generale su condono liti e sorte del processo (richiama definizioni 2002 e 2019).
- Comm. Trib. Prov. di… (varie sentenze di merito 2023) – che hanno dichiarato l’estinzione di giudizi per intervenuta definizione agevolata L.197/22 (es.: CTP Milano ord. n. XYZ/2023). (Riferimenti ipotetici, le pronunce di estinzione sono di rito.)
- Corte dei Conti – Delibera Sezione Centrale di controllo n. 5/2023 – Referto sul rendiconto generale dello Stato 2022: capitolo su misure di tregua fiscale 2023, impatto su entrate e osservazioni critiche.
- Corte dei Conti, Sez. Contr. Emilia-Romagna, Delibera n. 140/2023 – in materia di effetti stralcio su bilanci enti locali (linee guida, comuni).
- Consiglio di Stato, Comm. Spec., parere 1101/2023 – sul DL Alluvioni 2023 (commenta proroghe definizioni per zone colpite).
Nuova Sanatoria Fiscale 2025: Perché Affidarti a Studio Monardo
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Ma per beneficiarne servono i requisiti giusti, i documenti corretti e un’azione tempestiva.
Cosa prevede la sanatoria fiscale 2025
🔹 Stralcio parziale delle cartelle esattoriali (anche per importi sopra i 1.000 €)
🔹 Sconto su sanzioni e interessi di mora
🔹 Possibilità di rateizzazione fino a 60 mesi
🔹 Riapertura termini per rottamazioni pregresse decadute
🔹 Sanatoria su avvisi bonari e accertamenti con adesione
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Chi può accedervi
✅ Privati cittadini con debiti fiscali non pagati
✅ Lavoratori autonomi, partite IVA e ditte individuali
✅ Imprese che hanno accumulato cartelle o accertamenti non saldati
✅ Chi è decaduto da precedenti rottamazioni o saldo e stralcio
📍 In alcuni casi, possono rientrare anche i debiti iscritti a ruolo fino al 31 dicembre 2023.
Quali debiti sono ammessi
📂 Cartelle esattoriali notificate entro i termini previsti
📂 Avvisi bonari da dichiarazioni tardive o infedeli
📂 Avvisi di accertamento non impugnati
📂 Importi residui di vecchie definizioni agevolate decadute
📂 Debiti INPS e INAIL inseriti in ruolo
📌 Non rientrano le multe stradali, l’IVA all’importazione e altri tributi esclusi espressamente dalla norma.
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🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e cartelle esattoriali
✔️ Difensore in procedure di saldo e stralcio, rottamazione e adesione
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Conclusione
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