Inarcassa E Pagamento In Ritardo: Cosa Succede E Cosa Fare Se Hai Debiti

Hai versato i contributi Inarcassa in ritardo o non sei riuscito a pagarli? Ti sono arrivati solleciti o avvisi di addebito e temi sanzioni o azioni di recupero? Non sei il solo: molti professionisti si trovano in difficoltà con i versamenti previdenziali, soprattutto in periodi di calo del lavoro o crisi di liquidità.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto previdenziale, riscossione contributiva e tutela dei professionisti – ti spiega cosa succede se hai debiti con Inarcassa, quali sono le conseguenze dei ritardi nei pagamenti e quali soluzioni puoi attivare per evitare sanzioni e proteggere la tua posizione contributiva.

Cosa succede se non paghi Inarcassa nei termini?
Il mancato pagamento comporta sanzioni e interessi di mora, oltre al rischio di decadenza dai benefici previdenziali (come l’assistenza sanitaria integrativa o la possibilità di riscattare anni ai fini pensionistici). Inarcassa può emettere un avviso di addebito esecutivo, che equivale a un titolo per procedere con il recupero forzato tramite l’Agenzia Entrate Riscossione.

Possono pignorarmi i beni o il conto?
Sì. Se il debito non viene pagato o rateizzato, l’Agenzia delle Entrate può avviare pignoramenti, fermi amministrativi o iscrizioni ipotecarie. Anche l’immobile professionale o la prima casa possono essere messi a rischio, se non si interviene per tempo.

Esiste una rateizzazione per i debiti Inarcassa?
Sì. È possibile chiedere la dilazione del debito direttamente a Inarcassa o all’Agenzia Entrate Riscossione, a seconda della fase della procedura. Le rate possono arrivare fino a 72 mesi (o anche di più in casi particolari), ma serve presentare una richiesta motivata e allegare i documenti necessari.

E se non riesco comunque a pagare?
In casi di grave difficoltà economica, puoi valutare l’accesso alla procedura di sovraindebitamento. Anche i liberi professionisti possono presentare un piano del consumatore o di ristrutturazione del debito, chiedendo la sospensione delle azioni esecutive e la rinegoziazione del debito con Inarcassa e gli altri creditori.

Cosa fare subito se hai debiti contributivi?
Evita di ignorare gli avvisi o di firmare piani di pagamento senza prima una valutazione legale. Ogni caso è diverso, e spesso è possibile ridurre l’importo da pagare o bloccare le azioni esecutive, se si agisce per tempo.

Hai ricevuto un sollecito o un avviso di addebito da Inarcassa?
Richiedi una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Esamineremo la tua posizione contributiva, verificheremo se ci sono irregolarità o possibilità di difesa, e ti aiuteremo a ristrutturare il debito, bloccare i pignoramenti e proteggere la tua attività professionale.

Introduzione

Inarcassa – la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti – gestisce i contributi pensionistici obbligatori dei professionisti iscritti agli Albi di ingegneri e architetti. Il corretto e puntuale versamento di questi contributi è fondamentale non solo per evitare sanzioni e interessi sul debito, ma anche per garantire la maturazione dei propri diritti pensionistici e assistenziali. Cosa accade, dunque, se un ingegnere o un architetto paga in ritardo o non paga affatto i contributi dovuti a Inarcassa? Quali sono le conseguenze giuridiche (in termini di sanzioni, atti di ingiunzione, pignoramenti) e fiscali (deducibilità, impatto sul reddito) di una posizione debitoria verso la Cassa? E soprattutto, quali strumenti esistono per regolarizzare il debito (rateizzazioni, ravvedimento operoso, definizioni agevolate) e mitigare gli effetti negativi?

In questa guida approfondita forniremo un’analisi tecnica ma dal taglio divulgativo delle varie problematiche legate ai pagamenti tardivi o omessi nei confronti di Inarcassa. Verranno esaminati i profili normativi aggiornati a maggio 2025, con riferimenti puntuali a leggi, regolamenti Inarcassa, prassi e giurisprudenza. Si illustreranno inoltre casi pratici – come quello di un architetto con tre anni di contributi non versati, o di uno studio associato in difficoltà finanziarie – per mostrare concretamente gli scenari che possono presentarsi e le possibili soluzioni.

Tra i temi trattati troveranno spazio:

  • Obblighi contributivi e scadenze: chi è tenuto a iscriversi e versare, quali sono le varie tipologie di contributi (soggettivo, integrativo, maternità) e le relative scadenze annuali.
  • Conseguenze del ritardo: il regime sanzionatorio e gli interessi di mora previsti per i pagamenti tardivi, le eventuali ulteriori sanzioni per inadempimenti (mancata iscrizione o omessa dichiarazione del reddito professionale), nonché le implicazioni sul piano legale (certificazione di regolarità contributiva e possibilità di azioni coattive).
  • Strumenti di regolarizzazione del debito: come procedere per mettersi in regola, tramite ravvedimento operoso (con forte riduzione delle sanzioni), accertamento con adesione (concordando l’importo dovuto a sanzioni ridotte), oppure mediante piani di rateizzazione (sia interni a Inarcassa sia tramite l’Agente della Riscossione) e recenti misure deflattive. Su queste ultime, vedremo come Inarcassa ha scelto di non aderire alle sanatorie fiscali statali (come la rottamazione-quater delle cartelle e il saldo e stralcio dei mini-debiti previsti dalla Legge di Bilancio 2023), adottando invece proprie soluzioni strutturali (ad esempio la riduzione permanente delle sanzioni di mora).
  • Procedure di riscossione coattiva: cosa accade quando il debito resta insoluto e viene avviata la riscossione forzosa. Analizzeremo il ricorso alle ingiunzioni di pagamento, l’eventuale coinvolgimento dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ex Equitalia) per l’emissione di cartelle esattoriali, e gli strumenti esecutivi come pignoramenti (su conti correnti, crediti verso clienti, beni immobili) e fermi amministrativi di beni mobili registrati.
  • Profili contabili e fiscali: come vengono trattati a bilancio i debiti contributivi (passività, accantonamento di interessi, ecc.), la deducibilità fiscale dei contributi (solo se versati, ai sensi dell’art. 10 TUIR) e la non deducibilità di sanzioni e interessi di mora, l’impatto sul reddito professionale o d’impresa dell’omesso versamento (mancata deduzione nell’anno di competenza) e le novità sulle compensazioni in F24 (dal 2023 è possibile pagare Inarcassa tramite F24 compensando eventuali crediti d’imposta).
  • Effetti previdenziali e assistenziali: come il mancato pagamento incide sul calcolo della pensione (anni contributivi non accreditati se i contributi non risultano versati), sulla possibilità di accedere alla pensione anticipata o di totalizzare periodi assicurativi, e sull’erogazione di prestazioni assistenziali da parte di Inarcassa (ad esempio indennità di maternità, sussidi per invalidità o altre provvidenze, spesso subordinate alla regolarità contributiva del professionista).

Ogni sezione fornirà tabelle riepilogative, schemi e casi concreti. Una sezione finale di Domande & Risposte affronterà i quesiti più frequenti (ad esempio: Cosa succede se non pago?, Posso rateizzare?, Le sanzioni sono deducibili?, Come ottenere il DURC se ho un debito? etc.), per poi concludere con un elenco dettagliato delle fonti normative e giurisprudenziali citate. L’obiettivo è offrire una guida completa e aggiornata, che consenta al professionista o al consulente legale di orientarsi con sicurezza in materia di contributi Inarcassa non versati o versati in ritardo, individuando rapidamente cosa rischia chi è in posizione debitoria e come rimediare a tale situazione.

Obblighi contributivi Inarcassa: soggetti obbligati, importi e scadenze

Prima di esaminare le conseguenze del mancato pagamento, è utile richiamare brevemente chi è tenuto a contribuire a Inarcassa e quali sono gli obblighi contributivi previsti, con relative scadenze. Inarcassa è la forma pensionistica obbligatoria per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la professione in forma libero-professionale (anche se svolta in modo secondario rispetto ad altre attività). L’iscrizione è obbligatoria per chi è iscritto all’Albo professionale e non è soggetto ad altre forme di previdenza obbligatoria per l’attività professionale (ad esempio un ingegnere dipendente con cassa INPS dovrà iscriversi a Inarcassa solo se esercita anche come autonomo con partita IVA). Sono tenuti al versamento dei contributi:

  • Professionisti individuali iscritti a Inarcassa: ingegneri e architetti liberi professionisti, titolari di partita IVA e iscritti all’Albo. Devono versare annualmente il contributo soggettivo (commisurato al reddito professionale) e il contributo integrativo (commisurato al volume d’affari IVA), oltre a un contributo di maternità (importo fisso annuo).
  • Studi associati o società tra professionisti (STP): nel caso di studi in forma associata, ogni professionista associato è tenuto a versare il proprio contributo soggettivo sul reddito di competenza e un contributo integrativo relativo alla propria quota di volume d’affari. Le società tra professionisti regolamentate (introdotte dalla L. 183/2011) e gli studi associati devono applicare sulle fatture ai clienti la maggiorazione del 4% (contributo integrativo) e ciascun socio professionista è obbligato a versare ad Inarcassa la quota di integrativo relativa ai corrispettivi percepiti.
  • Società di ingegneria (società di capitali che offrono servizi di ingegneria/architettura, non configurate come STP): anch’esse, pur non essendo enti iscritti a Inarcassa, sono tenute per legge ad applicare il 4% di contributo integrativo su tutti i corrispettivi per prestazioni professionali di ingegneria e architettura e a versarne l’importo ad Inarcassa. In altre parole, anche le società di capitali operanti nel settore devono fungere da sostituti nel raccogliere il contributo integrativo sulle proprie fatture e trasmetterlo alla Cassa. Queste società non versano però contributo soggettivo (che è legato al reddito del singolo professionista) ma solo l’integrativo relativo al fatturato.

È importante notare che l’obbligo di contributo integrativo del 4% sussiste anche per i professionisti non iscritti ad Inarcassa (ad esempio un architetto che, avendo un lavoro da dipendente, non si iscrive alla Cassa, ma svolge comunque prestazioni occasionali con partita IVA): in tal caso egli dovrà comunque applicare il 4% sulle proprie parcelle e versare l’integrativo alla Cassa, ancorché non iscritto. Analogamente, una società di ingegneria versa il 4% ma ovviamente non ha una posizione “personale” per il contributo soggettivo.

Tipologie di contributi Inarcassa e base di calcolo

I contributi dovuti ad Inarcassa si dividono in tre principali categorie:

  • Contributo soggettivo obbligatorio: è il contributo pensionistico vero e proprio, calcolato in percentuale sul reddito professionale netto dell’anno (come risultante dalla dichiarazione dei redditi IRPEF). L’aliquota è fissata dagli organi della Cassa (attualmente intorno al 14-15%, con possibili aliquote aggiuntive volontarie); vi è un minimo contributivo annuale da versare anche in caso di redditi bassi o nulli. Ad esempio, per il 2025 è previsto un reddito minimale di €18.966,00: sul reddito dichiarato fino a tale importo si versa comunque un contributo minimo (nel 2024 il contributo minimo soggettivo complessivo era di circa €2.800). Chi prevede di guadagnare meno del minimale può richiedere la deroga al versamento del minimo entro il 31 maggio dell’anno, pagando poi solo la percentuale sul reddito effettivo (deroga concessa al massimo per cinque anni non consecutivi).
  • Contributo integrativo: è una percentuale (attualmente 4%) applicata sul volume d’affari IVA (fatturato) prodotto dal professionista o dalla società. Tale importo, indicato in fattura a carico del cliente (non è soggetto ad IVA), viene poi versato dal professionista a Inarcassa. Il contributo integrativo è dovuto anche in misura minima fissa annuale (circa €710 nel 2024, pari al 4% del volume d’affari minimale presunto); se il volume d’affari effettivo supera il minimale, si versa il conguaglio del 4% sull’intero importo. Da notare che questo contributo non incide sul reddito professionale imponibile IRPEF perché per il professionista rappresenta una somma addebitata al cliente e girata alla Cassa (non un costo a suo carico). Eccezione: se il professionista rimane sotto la soglia minima di volume d’affari, pagando quindi di tasca propria parte del contributo integrativo minimo non coperto da fatturato, la quota effettivamente rimasta a suo carico diviene deducibile fiscalmente (es. giovane architetto senza incarichi che versa il contributo integrativo minimo interamente a proprio carico può dedurlo).
  • Contributo di maternità: è un contributo annuale fisso destinato a finanziare le prestazioni di maternità/paternità erogate dalla Cassa. Viene stabilito ogni anno (nel 2024 era circa €70-80) ed è dovuto da tutti gli iscritti indipendentemente dal reddito, insieme ai contributi minimi. Anche questo rientra tra i contributi obbligatori deducibili (pur essendo fisso). È irrilevante per i non iscritti e le società.

Riepilogando, un ingegnere o architetto iscritto ad Inarcassa dovrà ogni anno:

  • Versare il contributo minimo soggettivo e integrativo (e maternità) in due rate semestrali uguali, con scadenza ordinaria il 30 giugno e il 30 settembre di ciascun anno. In alternativa, può chiedere a inizio anno (entro il 31 gennaio) la rateazione dei minimi in sei rate bimestrali (fine febbraio, aprile, giugno, agosto, ottobre, dicembre).
  • Presentare la dichiarazione obbligatoria dei redditi professionali e del volume d’affari (tramite Inarcassa On Line) entro il 31 ottobre dell’anno successivo a quello di riferimento. Ad esempio, i redditi 2024 andranno dichiarati entro il 31/10/2025. (È prevista una tolleranza fino al 31 dicembre senza sanzioni, purché i contributi dovuti risultino comunque versati entro i termini).
  • Versare il conguaglio del contributo soggettivo e integrativo entro il 31 dicembre dell’anno successivo: cioè pagare la differenza tra quanto dovuto sui redditi/volume effettivi e quanto già versato come minimo. Il 31 dicembre è pertanto la scadenza per il saldo contributivo annuale (es. saldo 2023 da versare entro 31/12/2024). In mancanza di conguaglio (ad esempio perché non si è presentata la dichiarazione reddituale), Inarcassa presume dovuti i minimi e attiverà controlli incrociati con il Fisco.
  • Versare, se dovuto, il contributo integrativo per i non iscritti o per le società: come visto, i professionisti non iscritti e le società d’ingegneria hanno l’obbligo di dichiarare e pagare l’integrativo separatamente. Inarcassa richiede di solito il versamento di tali contributi integrativi entro l’estate dell’anno successivo. Ad esempio, per i redditi/volumi 2023 di soggetti non iscritti o società, la scadenza per l’integrativo è stata il 31 agosto 2024 (prorogata al 2 settembre essendo il 31/8 di sabato). Questi importi vanno comunicati con apposita dichiarazione ed eventualmente versati con modello PagoPA o F24.

Importante: L’iscrizione a Inarcassa va effettuata su iniziativa del professionista entro il 31 ottobre dell’anno successivo a quello in cui si è iniziata l’attività autonoma (se in possesso dei requisiti). Il ritardo o la mancata iscrizione comportano essi stessi sanzioni amministrative (come vedremo più avanti). Inoltre, l’omessa presentazione della comunicazione reddituale annuale entro il termine è anch’essa sanzionata forfettariamente (attualmente €170 di sanzione). In sostanza, Inarcassa richiede regolarità sia nei pagamenti sia negli adempimenti dichiarativi: entrambe le tipologie di inadempimento possono generare sanzioni differenti. Nel prosieguo, tuttavia, ci concentreremo principalmente sulle conseguenze dei ritardi nei pagamenti contributivi, tenendo però presente che spesso chi non paga può anche omettere la dichiarazione, accumulando così duplice violazione (una sanzione per il mancato pagamento e una per la mancata comunicazione).

Conseguenze del ritardo nei pagamenti: sanzioni e interessi

Il sistema sanzionatorio di Inarcassa, soprattutto per quanto riguarda i ritardati pagamenti dei contributi, è stato oggetto di una riforma importante a fine 2019, con l’obiettivo di renderlo più proporzionato e di incoraggiare le regolarizzazioni spontanee. Vediamo dapprima quali sanzioni (e interessi) si applicano quando un professionista paga in ritardo i contributi dovuti, quindi citeremo anche le sanzioni previste per altre violazioni correlate (come omessa iscrizione o omessa dichiarazione dei redditi), così da avere un quadro completo delle possibili penalità.

Sanzioni per ritardato pagamento dei contributi

Dal 18 dicembre 2019 (data di approvazione ministeriale della riforma regolamentare) si applica il nuovo regime sanzionatorio Inarcassa per i contributi con scadenza successiva a tale data. In sintesi: la sanzione consiste in una percentuale sull’importo dei contributi non pagati entro la scadenza, con andamento progressivo in base al ritardo, più gli interessi di mora. Le aliquote previste sono le seguenti:

  • Ritardo fino a 12 mesi: sanzione pari al 1% per ogni mese di ritardo (dunque 12% annuo massimo per un anno di ritardo). Ad esempio, pagamento con 5 mesi di ritardo → sanzione del 5% sul contributo dovuto.
  • Ritardo tra 13 e 24 mesi: sanzione fissa del 12% (non crescente). Ciò significa che superati i 12 mesi, la penale non aumenta ulteriormente fino al compimento del secondo anno di ritardo. Ad esempio, pagamento con 18 mesi di ritardo → sanzione resta al 12%.
  • Ritardo oltre 24 mesi: dal 25° mese in poi si applica una maggiorazione del 2% per ogni mese ulteriore di ritardo, fino a un tetto massimo complessivo del 30%. Raggiunti i 30 mesi circa di ritardo (due anni e mezzo), la sanzione si “satura” al 30% del contributo e non cresce ulteriormente nei mesi/anni seguenti. Dunque il massimo della sanzione, per ritardi molto prolungati, è del 30% dell’importo dovuto (contro il 60% massimo previsto in passato). Ad esempio, pagamento avvenuto dopo 4 anni di ritardo → sanzione applicata al 30% (massimo).

A queste penalità si sommano gli interessi di mora, calcolati sui contributi non versati dalla data di scadenza fino al pagamento. Il tasso degli interessi di mora Inarcassa è agganciato al tasso BCE (tasso ufficiale di riferimento della Banca Centrale Europea) maggiorato di 4,5 punti percentuali. Questo tasso può variare nel tempo con le decisioni della BCE: ad esempio, se il tasso BCE è 3%, gli interessi annui di mora saranno applicati al 7,5%. Gli interessi si applicano in ogni caso di ritardo (anche breve) e non hanno alcun tetto, continuando a maturare finché il debito non è estinto. Occorre inoltre pagare l’importo dovuto a titolo di contributo stesso, ovviamente, che resta a carico dell’iscritto.

Di seguito una tabella riepilogativa delle sanzioni Inarcassa per ritardato pagamento contributi (nuovo regime post-2019):

Ritardo nel pagamentoSanzione (maggiorazione sui contributi dovuti)Interessi di mora
Entro 12 mesi dalla scadenza1% per ogni mese di ritardo (max 12% per 12 mesi)Sì, al tasso BCE + 4,5% annuo dalla scadenza
Da 13 a 24 mesi di ritardo12% fisso (penale non aumenta in questo intervallo)Sì, al tasso BCE + 4,5% annuo
Oltre 24 mesi di ritardo+2% per ogni mese dal 25° in poi, fino al massimo del 30% totaleSì, al tasso BCE + 4,5% annuo
Massima sanzione applicabile30% del contributo dovuto (raggiunta con ≥ ~33 mesi di ritardo)+ interessi moratori illimitati

Esempio: un architetto deve €1.000 di contributi con scadenza 31/12/2023. Se paga tutto a giugno 2024 (6 mesi di ritardo), dovrà aggiungere 6% di sanzione (€60) più interessi di mora calcolati su €1.000 per 6 mesi (~3% annuo BCE+4,5 → circa €15). Totale dovuto ~€1.075. Se invece pagasse a gennaio 2026 (25 mesi di ritardo), la sanzione sarebbe del 14% (12% fino a 24 mesi + 2% del 25° mese = €140) e interessi per 25 mesi (diciamo ~€100). Totale ~€1.240. Ritardi ancora maggiori aumenterebbero la sanzione fino al cap di €300 (30%) oltre a interessi crescenti.

Nota: le percentuali sopra indicate si riferiscono al regime sanzionatorio vigente dal 2019. Per i contributi con scadenze antecedenti (ad esempio un conguaglio dovuto a giugno 2019 e non pagato) valeva il vecchio sistema: 2% per ogni mese di ritardo fino a max 60% di penale. Tuttavia, data la riforma, questi casi pre-2019 ormai riguardano solo debiti datati, e spesso Inarcassa invita comunque ad aderire a strumenti deflattivi per ridurre le sanzioni anche su tali posizioni.

Le sanzioni descritte non hanno natura “previdenziale”, ma sono importi a carattere punitivo-amministrativo: infatti non incrementano in alcun modo la posizione pensionistica dell’iscritto (servono a tutelare la Cassa dalle mancate tempestive contribuzioni). Per questo Inarcassa ha preferito ridurle nel 2019 anziché prevedere condoni, in modo da alleviare il peso per i ritardatari senza penalizzare chi paga puntualmente. Si noti infine che sanzioni e interessi di mora non sono deducibili fiscalmente (lo ribadiamo qui e lo approfondiremo in seguito): l’Agenzia delle Entrate esclude la deducibilità di somme versate a titolo di sanzioni o interessi per violazioni di obblighi tributari/previdenziali.

Ulteriori sanzioni per altre violazioni (omessa iscrizione, omessa o infedele dichiarazione)

Oltre alla mora per tardivo pagamento, il regolamento Inarcassa prevede specifiche sanzioni forfetarie per chi non adempie agli altri obblighi connessi:

  • Ritardata domanda di iscrizione: come detto, l’iscrizione va chiesta entro il 31 ottobre dell’anno successivo all’inizio attività. Se presentata oltre tale termine, si applica una sanzione pari al 30% dei contributi dovuti e non versati nel periodo in cui si sarebbe dovuto essere iscritti. In caso di omessa iscrizione totale (iscrizione d’ufficio da parte di Inarcassa), la sanzione sale al 40%, e addirittura al 60% se l’iscrizione viene effettuata d’ufficio dopo oltre 5 anni dal momento in cui era dovuta. Queste pesanti percentuali puniscono chi è rimasto fuori da Inarcassa pur avendone l’obbligo, recuperando contributi arretrati. La sanzione viene comunicata insieme al provvedimento di iscrizione d’ufficio. È bene quindi attivarsi per tempo nell’iscriversi, onde evitare tale aggravio.
  • Omessa o tardiva comunicazione dei redditi (dichiarazione annuale): se il professionista non invia la dichiarazione del reddito professionale e volume d’affari entro il termine (31 ottobre), è prevista una sanzione amministrativa fissa di €170 (importo periodicamente adeguato ISTAT). Esenzione: la sanzione non si applica se il contribuente ha comunque versato i contributi entro le scadenze dovute e presenta la dichiarazione entro il 31 dicembre dello stesso anno (in pratica c’è tempo fino a fine anno per regolarizzare la comunicazione, purché i pagamenti siano a posto). La sanzione per dichiarazione omessa/ritardata non è trasmessa agli eredi in caso di decesso dell’iscritto (trattandosi di sanzione amministrativa personale).
  • Dichiarazione infedele (reddito inferiore al reale): se Inarcassa riscontra che il reddito professionale dichiarato alla Cassa è inferiore a quello fiscale (controllo incrociato con Agenzia Entrate), e l’iscritto non provvede a rettificare e a pagare i maggiori contributi dovuti entro i termini, scatta una sanzione pari al 50% dei contributi evasi (cioè sui redditi non dichiarati alla Cassa). Anche qui si aggiungono gli interessi per il ritardato pagamento. Esempio: ingegnere dichiara a Inarcassa €50.000 di reddito ma al Fisco ne ha dichiarati €60.000 – se non regolarizza spontaneamente la differenza di contributi su €10.000, sarà sanzionato al 50% dei contributi non versati su quei €10.000, oltre interessi.
  • Mancata comunicazione della PEC: dal 2015 vige per i professionisti l’obbligo di avere un indirizzo PEC e comunicarlo all’Ordine e ad Inarcassa. Il Regolamento prevede una sanzione (minore, solitamente) anche per il ritardo/omissione della comunicazione dell’indirizzo PEC – dettaglio di natura formale che qui citiamo solo per completezza.

In generale, l’inadempienza contributiva prolungata spesso comporta più di una sanzione. Ad esempio, chi per diversi anni non dichiara redditi e non versa nulla potrebbe subire: sanzione per omessa dichiarazione annuale per ogni anno (€170 ciascuno), sanzione per tardiva iscrizione (se non era iscritto), e sanzione per omesso versamento dei contributi con tutte le percentuali viste. È evidente come il debito possa lievitare notevolmente. Fortunatamente, come vedremo nel prossimo capitolo, esistono strumenti per ridurre queste sanzioni in fase di regolarizzazione (riduzioni fino al 70% con ravvedimento o accertamento con adesione) o per evitarne di ulteriori (ad esempio presentando comunque le comunicazioni entro i termini di tolleranza).

Un altro effetto immediato del ritardo nei pagamenti è la perdita della regolarità contributiva: Inarcassa considererà irregolare la posizione dell’iscritto che abbia debiti scaduti non in regola, e questo impedirà il rilascio del Certificato di Regolarità Contributiva (il “DURC” previdenziale). Tale certificato è richiesto per la partecipazione a bandi pubblici, incarichi in appalti, ecc., e la mancanza di regolarità può precludere importanti opportunità professionali – dedicheremo una sezione specifica a questo aspetto più avanti (vedi capitolo su DURC e effetti previdenziali).

Strumenti di regolarizzazione del debito Inarcassa

Trovarsi con un debito verso Inarcassa può sembrare schiacciante, ma l’ordinamento (e la stessa Cassa) mette a disposizione diversi strumenti per regolarizzare la propria posizione ed evitare le conseguenze peggiori. In questa sezione esamineremo le modalità principali per sanare i debiti contributivi, distinguendo tra:

  • Regolarizzazioni spontanee e deflative: il ravvedimento operoso e l’accertamento con adesione, che consentono rispettivamente di sanare violazioni non ancora contestate o già contestate con un beneficio sulle sanzioni.
  • Rateizzazioni: piani di pagamento dilazionato del debito, sia concessi direttamente da Inarcassa in fase amministrativa, sia ottenibili tramite l’Agente della Riscossione se il credito vi è stato affidato. Vedremo condizioni, durate e interessi di tali piani.
  • Definizioni agevolate e condoni: misure straordinarie di “pace fiscale” introdotte per legge (ad es. rottamazione delle cartelle, saldo e stralcio) e la posizione assunta da Inarcassa rispetto ad esse.

L’obiettivo per il professionista debitore è duplice: mettersi in regola sul piano previdenziale (magari evitando l’avvio di procedure esecutive) e ridurre il carico sanzionatorio che altrimenti graverebbe. I metodi che illustreremo, se utilizzati correttamente, permettono spesso di abbattere sensibilmente le sanzioni dovute, pur dovendo comunque pagare i contributi arretrati e almeno gli interessi legali.

Ravvedimento operoso (ROP)

Il ravvedimento operoso è l’istituto che consente al professionista di regolarizzare spontaneamente la propria posizione prima che Inarcassa gli contesti formalmente l’irregolarità. È quindi uno strumento “preventivo”, attivabile quando il soggetto si rende conto di una violazione (mancato pagamento, omessa dichiarazione, tardiva iscrizione) e decide di sanarla spontaneamente, beneficiando di una forte riduzione delle sanzioni.

Caratteristiche principali del ravvedimento Inarcassa:

  • Può riguardare tutte le tipologie di irregolarità: ritardata domanda di iscrizione, dichiarazione omessa/infedele, ritardato versamento dei contributi.
  • Deve essere richiesto dall’associato prima che l’irregolarità sia stata accertata dagli uffici Inarcassa. In pratica: niente contestazioni ricevute (né lettera di accertamento né cartella), altrimenti il ravvedimento non è ammesso e subentrano altre procedure.
  • Comporta una riduzione del 70% delle sanzioni altrimenti applicabili. In altre parole, il professionista pagherà solo il 30% della sanzione normale. Ad esempio, se per un ritardo di 8 mesi la sanzione standard sarebbe 8%, col ravvedimento si riduce al 2.4% (8% * 30% = 2.4%). Se avrebbe avuto €200 di penali, ne pagherà €60.
  • Per attivarlo, occorre presentare domanda di ravvedimento tramite l’area riservata Inarcassa On Line (sezione “Come rimettersi in regola – Ravvedimento Operoso”), indicando l’irregolarità da sanare. Entro i successivi 60 giorni dalla richiesta, bisogna poi completare la regolarizzazione, cioè: inviare eventuali dichiarazioni omesse/corrette e versare tutti i contributi dovuti più gli interessi e le sanzioni ridotte. Il ravvedimento si perfeziona solo se entro 60 giorni si è pagato quanto dovuto.
  • Se il ravvedimento riguarda il ritardato versamento contributivo puro (caso più frequente), l’irregolarità si intende sanata con il pagamento contestuale di: contributi non versati + interessi di mora + sanzioni ridotte (30% del dovuto a titolo di penale).
  • Esempio: un ingegnere non ha pagato il conguaglio 2022 di €5.000 in scadenza 31/12/2023. Non avendo ricevuto ancora alcuna contestazione formale, a marzo 2024 presenta istanza di ravvedimento operoso. Inarcassa ricalcola gli importi: sanzione ordinaria per 3 mesi di ritardo = 3%, ridotta del 70% → 0,9% effettiva (€45); interessi di mora 3 mesi ~0,6% (€30 circa). L’ingegnere versa entro 60 gg €5.000 + €45 + €30 = €5.075. Irregolarità sanata, nessuna ulteriore conseguenza.

Il ravvedimento operoso è quindi uno strumento molto vantaggioso, che conviene attivare non appena ci si accorge di aver saltato una scadenza o un obbligo, senza attendere solleciti formali. La drastica riduzione delle sanzioni (–70%) incentiva il professionista a rimediare subito, evitando anche di incorrere in stato di morosità prolungata. Va ricordato che si può accedere al ravvedimento solo finché l’irregolarità non è stata notificata – ad esempio, se Inarcassa ha già inviato una PEC di accertamento o l’ha iscritta a ruolo, il ravvedimento non è più possibile su quella partita (ma subentra l’accertamento con adesione, come vedremo oltre). Inoltre il ravvedimento può essere utilizzato una pluralità di volte, per diverse annualità o diversi tipi di violazioni, purché ogni volta i requisiti siano rispettati.

Un aspetto interessante: è possibile anche, in sede di domanda di ravvedimento, rateizzare gli importi dovuti. Le FAQ Inarcassa confermano che contestualmente alla richiesta di Ravvedimento Operoso si può optare per un pagamento rateale del dovuto (contributi + sanzioni ridotte) secondo i piani ordinari previsti. Questo rende il ravvedimento ancora più accessibile in caso di debiti di una certa entità, poiché consente sia di tagliare le sanzioni, sia di diluire il pagamento.

Accertamento con adesione (ACA)

Se il ravvedimento è l’arma per chi gioca d’anticipo, l’accertamento con adesione è invece lo strumento dedicato a chi ha già ricevuto da Inarcassa una contestazione o un provvedimento sanzionatorio, e desidera trovare un accordo prima di procedere in sede contenziosa. In pratica, l’accertamento con adesione (spesso abbreviato ACA) consente di definire bonariamente un debito contributivo dopo che l’irregolarità è stata notificata, beneficiando di una riduzione delle sanzioni già applicate.

Caratteristiche dell’accertamento con adesione Inarcassa:

  • Può essere attivato quando l’iscritto ha ricevuto un provvedimento sanzionatorio (una lettera di contestazione, un avviso di addebito, ecc.) riguardante ad esempio contributi omessi, ritardata iscrizione, dichiarazione infedele o altro. In tale provvedimento Inarcassa comunica l’importo delle sanzioni irrogate.
  • L’interessato ha 30 giorni dalla ricezione dell’atto per manifestare l’adesione alla proposta di accertamento. L’adesione si richiede anch’essa tramite modulo online (sezione “Istituti di conciliazione ACA e ROP” su Inarcassa Online).
  • Se si perfeziona l’accordo, Inarcassa concede una riduzione del 30% sulle sanzioni irrogate. Ciò significa che l’iscritto pagherà solo il 70% delle sanzioni contenute nell’atto originario. Esempio: cartella con €1.000 di sanzioni → con adesione ne paga €700.
  • Ulteriore beneficio per i virtuosi: se l’iscritto negli ultimi 10 anni non ha commesso infrazioni contributive, la riduzione in sede di adesione sale al 70% (quindi paga solo il 30% delle sanzioni) per le violazioni relative a tardiva dichiarazione, infedele dichiarazione o omesso pagamento contributi. Questa clausola premia chi ha tenuto una condotta regolare almeno nell’ultimo decennio, equiparando lo sconto a quello del ravvedimento operoso.
  • Una volta aderito, l’accordo si perfeziona con il versamento entro 30 giorni dalla data di adesione di tutti gli importi dovuti (contributi dovuti + sanzioni ridotte). Anche qui Inarcassa in genere consente la dilazione in più rate, previa accordo.
  • L’accertamento con adesione evita l’innesco di un contenzioso: accettando la sanzione ridotta, il professionista di norma rinuncia a ricorrere contro di essa. È dunque indicato quando effettivamente c’è poco da contestare sul merito del debito e conviene soprattutto ottenere lo sconto sulle penali.

Esempio pratico: un architetto non dichiara né versa contributi per gli anni 2020-2021. Nel 2024 Inarcassa incrocia i dati fiscali e gli notifica (via PEC) un provvedimento di accertamento: contributi evasi €8.000 e sanzioni calcolate €4.000 (tra mancata dichiarazione e omesso pagamento). L’architetto, entro 30 gg, aderisce all’accertamento. Non avendo avuto altre infrazioni dal 2014 in poi, ottiene lo sconto del 70% sulle sanzioni: dovrà quindi pagare €8.000 + €1.200 (il 30% di €4.000) + interessi. Totale dovuto ~€9.500 contro i €12.000 iniziali. Paga l’importo (magari chiedendo un piano in 12 rate) e così definisce la sua posizione, evitando ulteriori aggravi. In caso contrario, se non avesse aderito, Inarcassa avrebbe proceduto con la riscossione integrale e l’eventuale contenzioso in Commissione (con rischi di maggiorazioni se avesse perso).

In sintesi, l’accertamento con adesione è uno strumento transattivo che conviene attivare quando il debito contestato è corretto e si vuole solo alleviarne il peso. Qualora invece l’iscritto ritenesse infondata la pretesa (ad esempio contesta di dover iscriversi, o l’importo calcolato), potrà scegliere di non aderire e percorrere la via del ricorso amministrativo/giudiziario. Ma se il debito è certo, aderire entro 30 giorni è quasi sempre vantaggioso per risparmiare sul totale dovuto.

Di seguito una tabella comparativa dei due istituti di conciliazione:

IstitutoQuando si applicaVantaggio sulle sanzioniCondizioni
Ravvedimento OperosoPrima che l’irregolarità sia accertata (fase spontanea)Riduzione del 70% delle sanzioni dovute (si paga solo il 30%)Richiesta prima di notifiche; pagamento entro 60 gg di contributi + interessi + sanzioni ridotte.
Accertamento con adesioneDopo ricezione di un atto di contestazione (entro 30 gg)Riduzione standard del 30% delle sanzioni (si paga il 70%); 70% di riduzione (paghi 30%) se nessuna infrazione in ultimi 10 anniAdesione formale entro 30 gg; pagamento entro 30 gg di contributi + sanzioni ridotte (rateizzabile). Rinuncia al ricorso una volta aderito.

Va sottolineato che sia in caso di ravvedimento che di accertamento con adesione, i contributi dovuti vanno versati per intero: non vi è sconto sul capitale, ma solo sulle sanzioni. Gli interessi di mora, inoltre, generalmente non vengono condonati, salvo eventualmente piccole riduzioni implicitamente calcolate (in alcuni casi l’adesione può comportare un ricalcolo degli interessi fino alla data dell’adesione e non oltre, evitando futuri interessi).

Rateizzazione ordinaria del debito (presso Inarcassa)

Quando l’importo da versare è consistente, può risultare difficile pagare in un’unica soluzione. Per questo, Inarcassa consente agli associati di richiedere un piano di rateizzazione del debito contributivo pregresso. Questa possibilità è molto utile per dilazionare il pagamento di più annualità arretrate o importi ingenti, evitando magari che il debito sia trasmesso alla riscossione forzosa.

Principali caratteristiche della rateazione Inarcassa:

  • Si può chiedere la rateizzazione dei debiti contributivi e/o sanzionatori relativi ad anni precedenti a quello in corso. Ad esempio, nel 2025 si può rateizzare tutto ciò che riguarda anni fino al 2024 compreso.
  • Il debito complessivo da rateizzare deve superare un minimo di importo: > €1.000 per persone fisiche (professionisti iscritti o non iscritti, pensionati o anche eredi) e > €5.000 per le società di ingegneria. Sotto tali soglie, presumibilmente Inarcassa richiede il pagamento immediato.
  • La richiesta di rateizzazione va presentata online su Inarcassa On Line, entro 60 giorni dalla ricezione di una notifica di addebito o comunicazione della Cassa relativa alla posizione debitoria. Quindi, tipicamente, quando Inarcassa invia una lettera di sollecito o un provvedimento (ma ancora prima di passare al recupero coattivo esterno), l’associato ha 60 giorni per chiedere un piano di dilazione.
  • Requisito: essere in regola con tutte le dichiarazioni dei redditi Inarcassa dovute. In altre parole, non si concedono piani se prima non si sanano eventuali omissioni dichiarative.
  • Durata massima del piano in base all’importo dovuto:
    • Debito fino a €3.000: fino a 12 mesi (rate mensili).
    • Debito da €3.001 a €10.000: fino a 24 mesi.
    • Debito da €10.001 a €30.000: fino a 36 mesi.
    • Debito oltre €30.000: fino a 48 mesi (4 anni).
  • Inoltre, per debiti oltre €15.000, Inarcassa pone un limite di sostenibilità: la rata annua non può eccedere il 30% del reddito medio annuo degli ultimi 3 anni (per i professionisti) o del volume d’affari (per le società). Ciò per assicurare che il piano sia compatibile con la capacità contributiva del richiedente.
  • Sulle rate concesse, si applica un tasso di interesse agevolato: per le richieste presentate nel 2025, Inarcassa applica un tasso annuo del 2% sui contributi dovuti e dell’1% sulle sanzioni incluse nel piano. Questo tasso di rateazione è nettamente inferiore al tasso di mora ordinario (BCE+4,5%). È un incentivo a rateizzare formalmente anziché lasciare il debito insoluto a maturare interessi più alti.
  • Esempio: debito €20.000 (di cui 5.000 sanzioni) nel 2025 → piano fino a 36 mesi; interessi annui 2% su 15.000 + 1% su 5.000.
  • I pensionati Inarcassa possono optare, in alternativa, per il pagamento delle rate tramite cessione volontaria di un quinto della pensione. In pratica, se già percepiscono pensione Inarcassa, possono chiedere che fino al 20% di essa venga trattenuto ogni mese per pagare il debito. Questo può facilitare il rimborso per chi è in quiescenza, con il vantaggio che la Cassa ha garanzia sui pagamenti.
  • Finché non si versa almeno l’acconto (prima rata) del piano, la posizione non è considerata regolarizzata ai fini DURC. Dopo aver pagato l’acconto e rispettando le condizioni, invece, Inarcassa può rilasciare il certificato di regolarità contributiva anche se il debito non è ancora estinto (perché dilazionato).
  • Attenzione: se il piano di rateazione ha un orizzonte molto lungo, potrebbe interferire con i requisiti pensionistici. Il regolamento prevede che la rateizzazione non deve eccedere i termini di richiesta della pensione, altrimenti la domanda di pensione potrebbe essere sospesa fino al pagamento dell’ultima rata. Ad esempio, un professionista vicino alla pensione di vecchiaia che spalma un debito su 4 anni potrebbe dover completare i pagamenti prima di ottenere la liquidazione della pensione (approfondiremo nella parte previdenziale).
  • La rateizzazione concessa da Inarcassa ha il vantaggio di bloccare altre azioni di recupero: una volta accordato il piano, il debito di norma non viene iscritto a ruolo né incrementato di ulteriori sanzioni, a patto di rispettare le scadenze. Se però il debitore decade dal piano (mancato pagamento di una o più rate secondo i termini contrattualizzati), la situazione peggiora: il debito residuo diventa immediatamente esigibile in un’unica soluzione e Inarcassa può attivare la riscossione coattiva senza ulteriore avviso.
  • È prevista la possibilità di estinzione anticipata del piano: l’associato può in qualunque momento saldare in un’unica soluzione l’importo residuo, interrompendo così gli interessi di dilazione.

In definitiva, la rateazione ordinaria offerta da Inarcassa è uno strumento fondamentale per chi vuole mettersi in pari ma non dispone della liquidità immediata sufficiente. Un consiglio pratico è di non attendere che il debito venga trasferito all’agente della riscossione: è preferibile richiedere il piano a Inarcassa nei 60 giorni dal sollecito, perché i termini e i tassi applicati dalla Cassa sono più favorevoli rispetto a quelli “standard” delle cartelle esattoriali. Ad esempio, come visto, Inarcassa applica tassi del 2%, mentre i piani Equitalia/AER di solito applicano il tasso di interesse legale di dilazione (attualmente intorno al 3,5-4%).

Nota: anche i debiti inclusi in ravvedimenti operosi o accertamenti con adesione possono essere oggetto di rateazione (con le regole viste). Inarcassa coordina questi istituti per favorire la regolarizzazione: prima riduce la sanzione (ravvedimento/adesione), poi consente di rateizzare l’importo risultante. Ciò dimostra un approccio collaborativo della Cassa verso i propri iscritti in difficoltà, privilegiando il rientro graduale dei crediti contributivi piuttosto che misure punitive estreme.

Definizioni agevolate statali: rottamazione e saldo e stralcio

Negli ultimi anni, il legislatore statale ha varato diverse misure di definizione agevolata dei debiti verso l’erario e gli enti di riscossione, note anche con i termini giornalistici di “rottamazione delle cartelle”, “pace fiscale”, “saldo e stralcio” etc. Tali misure permettono, a determinate condizioni, di sanare debiti iscritti a ruolo (cartelle esattoriali) pagando solo una parte di essi o eliminando sanzioni e interessi. È naturale chiedersi: queste agevolazioni valgono anche per i debiti Inarcassa affidati all’Agente della Riscossione? La risposta, allo stato attuale (maggio 2025), è che Inarcassa ha scelto di non aderire alle sanatorie automatiche previste, mantenendo l’integrità dei propri crediti contributivi. Vediamo in dettaglio:

  • “Rottamazione-quater” (Definizione agevolata 2023): la Legge di Bilancio 2023 (Legge n. 197/2022) ha introdotto l’ennesima edizione della rottamazione delle cartelle, applicabile ai carichi affidati all’Agente della Riscossione dal 2000 al 30 giugno 2022. In sintesi prevedeva la possibilità di pagare i debiti senza sanzioni né interessi di mora, ma solo con somme a titolo di capitale e interessi “da ritardata iscrizione a ruolo”, anche in forma rateale. Inarcassa, con delibera del proprio Consiglio di Amministrazione in data 27/01/2023, ha deciso di non aderire a tale definizione agevolata. Ciò significa che i debiti verso Inarcassa affidati ad Agenzia Entrate-Riscossione non hanno potuto beneficiare dello sgravio di sanzioni previsto dalla rottamazione-quater. La motivazione, esplicitata da Inarcassa, è stata la tutela dell’autonomia e dell’equilibrio finanziario della Cassa: rinunciare in massa a sanzioni e interessi (che sono risorse della Cassa) avrebbe comportato un onere ingente, e si è preferito agire con riforme strutturali proprie (es. abbattimento delle sanzioni al 12% entro 2 anni).
  • Stralcio dei mini-debiti fino 1.000 €: la medesima L.197/2022 disponeva anche l’annullamento automatico al 31/3/2023 dei debiti di importo residuo fino a €1.000 affidati a riscossione dal 2000 al 2015. Anche in questo caso, Inarcassa ha deliberato di non applicare lo stralcio automatico. Peraltro, Inarcassa ha precisato che i propri carichi affidati ad Equitalia/AER sono successivi al 2015, quindi in gran parte già esclusi dal campo di applicazione di tale norma. In ogni caso, niente “condono” delle piccole cartelle Inarcassa.
  • Saldo e stralcio 2019: un precedente provvedimento (D.L. 119/2018, L. 145/2018) aveva previsto per i soggetti in grave difficoltà economica (ISEE < €20.000) la possibilità di estinguere i debiti contributivi con percentuali ridotte (“saldo e stralcio”, ad esempio 16% dell’importo) per carichi affidati sino al 2017. Anche allora, tuttavia, la misura riguardava primariamente contributi dovuti alle gestioni INPS. Le Casse professionali private non parteciparono a quella sanatoria, a meno che i loro crediti fossero confluiti nelle cartelle rottamabili. In generale, nessuna Cassa previdenziale privata ha aderito a stralci o condoni automatici dei contributi. Un articolo del maggio 2023 conferma che tutte le casse privatizzate (Inarcassa inclusa) si sono chiamate fuori sia dallo stralcio under-1000 che dalla rottamazione-quater.

Dunque, se un ingegnere o architetto aveva cartelle esattoriali relative a Inarcassa, non ha potuto “rottamarle” con lo sconto statale. L’unica via è stata pagare integralmente (magari sfruttando la dilazione) o usare gli strumenti propri di Inarcassa (ravvedimento, adesione). Questa scelta può sembrare severa, ma va contestualizzata: Inarcassa non è un ente statale, gestisce contributi previdenziali destinati alle pensioni degli associati, per cui condonare debiti contributivi significherebbe intaccare il montante destinato alle prestazioni future. Le casse professionali hanno per legge autonomia decisionale su queste sanatorie e quasi tutte hanno optato per il non aderire, a tutela dei saldi attuariali.

Va aggiunto però che Inarcassa, pur non facendo sconti generalizzati tramite condoni, ha ridotto in modo strutturale le sue sanzioni e previsto modalità agevolate di rientro, come già illustrato. Ad esempio, in una comunicazione ufficiale del 2020 si evidenziava come l’approvazione ministeriale (dicembre 2019) del nuovo sistema sanzionatorio – dimezzato rispetto al passato – fosse la risposta strutturale di Inarcassa in luogo di sanatorie occasionali. Il Presidente di Inarcassa ha parlato di “nessuna sanatoria o rottamazione, ma sanzioni ridotte del 50%”.

Riassumendo: attualmente non esistono “scorciatoie” legislative per tagliare i debiti contributivi Inarcassa; chi ha un debito deve regolarizzarlo pagando contributi e quantomeno gli interessi (le sanzioni possono essere fortemente ridotte tramite ravvedimento o adesione, ma non azzerate del tutto). È bene segnalare che in questi mesi (2023-2025) il Governo ha introdotto nuove edizioni di tregue fiscali (v. tregua fiscale 2023, pace fiscale 2024), ma per quanto attiene ai contributi previdenziali dei professionisti, resta fermo il principio che tutti i contributi obbligatori si prescrivono in 5 anni e non sono soggetti a condono salvo esplicita adesione delle casse. Inarcassa continua a rivendicare integralmente i propri crediti, seppur con flessibilità nei pagamenti.

Compensazione con crediti fiscali tramite F24

Una novità positiva per chi deve pagare contributi (anche arretrati) è la possibilità, da fine 2023, di utilizzare la compensazione nel modello F24. In passato i contributi Inarcassa si pagavano tramite MAV, bonifici o PagoPA, senza possibilità di compensare eventuali crediti verso l’Erario. Dal 1° dicembre 2023, a seguito di una convenzione con l’Agenzia delle Entrate, Inarcassa ha esteso l’utilizzo del modello F24 per il pagamento di tutti i contributi (correnti e arretrati). L’Agenzia Entrate ha istituito 11 nuove causali contributo con la Risoluzione n. 66/E del 4.12.2023, specifiche per Inarcassa. Questo significa che il professionista può pagare inserendo i codici Inarcassa nel proprio F24 telematico.

Il vantaggio notevole è la compensabilità: ad esempio, se un architetto vanta un credito IRPEF o IVA (rimborsi, ecc.), può usarlo nell’F24 per compensare in tutto o in parte quanto dovuto a Inarcassa. Una guida pubblicata dall’Ordine di Lombardia spiega che finalmente anche gli iscritti Inarcassa potranno utilizzare i crediti d’imposta per pagare i contributi pensionistici. Prima ciò era precluso.

La compensazione in F24 consente quindi di alleggerire l’esborso: invece di attendere un rimborso fiscale e intanto pagare cash i contributi, si possono incrociare le partite. Ovviamente, se si compensa un debito Inarcassa con un credito fiscale, quell’importo non è più deducibile dal reddito (sarebbe un controsenso dedurre qualcosa che di fatto non si è pagato ma si è compensato). Comunque resta un’opzione molto utile per chi ha crediti fiscali bloccati.

Da notare: per utilizzare l’F24 in compensazione per Inarcassa, è obbligatorio presentare l’F24 tramite i servizi telematici dell’Agenzia Entrate (Entratel/Fisconline), e non tramite home banking: questo per assicurare i controlli e lo smistamento corretto dei crediti. I codici tributo dedicati (es. E111 per contributi soggettivi, E112 integrativi, ecc.) vanno inseriti indicando il periodo di riferimento.

In conclusione, pur non essendoci “sconti” sul dovuto, l’ordinamento offre vari strumenti per gestire e rendere sostenibile il debito Inarcassa: dal ravvedimento (taglio sanzioni) alla rateazione (dilazione pagamenti), fino alla compensazione (uso di crediti per pagare). Sommando questi meccanismi, un professionista moroso può potenzialmente regolarizzare la propria posizione pagando i soli contributi con interessi minimi e riducendo anche dell’70-90% le sanzioni nominali che sarebbero state applicate in origine.

Nel prossimo capitolo analizzeremo cosa accade quando il debitore non si attiva spontaneamente e si arriva alle procedure di riscossione forzosa, con l’intervento dell’Agente della Riscossione e le possibili azioni esecutive (pignoramenti, fermi, ipoteche).

Riscossione coattiva: ingiunzioni, cartelle esattoriali e azioni esecutive

Se un iscritto Inarcassa ignora i solleciti e non regolarizza la propria posizione debitoria tramite gli strumenti bonari visti, la Cassa – per mandato istituzionale – deve attivarsi per recuperare coattivamente i contributi dovuti. Essendo contributi previdenziali obbligatori, Inarcassa dispone (in parte grazie a norme di legge, in parte tramite convenzioni) di strumenti analoghi a quelli del fisco per riscuotere i crediti: può emettere ingiunzioni di pagamento, avvalersi dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) per la formazione di cartelle esattoriali, e in ultima istanza procedere a pignoramenti e altre misure sul patrimonio del debitore. In questa sezione descriveremo come si sviluppa tipicamente il processo di riscossione forzata per i debiti Inarcassa e quali sono le tutele e i limiti previsti.

Dalla comunicazione di irregolarità all’ingiunzione

Il percorso di riscossione coattiva normalmente inizia con la notifica all’iscritto di un provvedimento di addebito o un sollecito da parte di Inarcassa. Questo avviene di solito via PEC (Posta Elettronica Certificata), obbligatoria per i professionisti: dal 2016 la legge impone che la notifica delle cartelle/atti agli iscritti ad albi avvenga esclusivamente via PEC. Inarcassa quindi invia una PEC contenente un documento (avviso PDF) con la descrizione del debito (contributi non versati, sanzioni, interessi) e l’intimazione a pagare entro un termine (di norma 60 giorni). Questo è il momento in cui, come visto, il professionista ha ancora la chance di chiedere rateazione o accertamento con adesione.

Se il debitore non paga né reagisce, si passa al livello successivo: l’ingiunzione di pagamento. Inarcassa, pur essendo un ente privato, può utilizzare due vie per ingiungere il pagamento:

  • Ingiunzione “fiscale” ex R.D. 639/1910: Si tratta di un procedimento amministrativo speciale che enti pubblici e talvolta casse privatizzate possono utilizzare in alternativa alle cartelle esattoriali. Consiste in un ordine di pagamento emesso dall’ente stesso avente valore di titolo esecutivo (se non opposto). Inarcassa potrebbe emettere un’ingiunzione fiscale tramite società di recupero crediti specializzate (ad esempio si cita la società FIRE nei documenti Inarcassa). Queste ingiunzioni vengono notificate e, se trascorsi i termini senza pagamento, consentono di avviare direttamente pignoramenti, analogamente a una cartella.
  • Ruolo esattoriale e cartella di pagamento: Inarcassa ha stipulato convenzioni con l’Agenzia Entrate-Riscossione (ex Equitalia) per affidare a quest’ultima la riscossione dei propri crediti contributivi non pagati. In pratica, Inarcassa trasmette un elenco (ruolo) dei debiti all’Agenzia, la quale emette le relative cartelle di pagamento indirizzate al contribuente. Le cartelle di pagamento Inarcassa sono equiparate a quelle dei tributi: contengono l’intimazione a pagare entro 60 giorni e indicano importi di contributi, sanzioni, interessi (più oneri di riscossione).

Il ricorso all’Agenzia della Riscossione è uno strumento potente: la cartella esattoriale è già di per sé un titolo esecutivo che, decorso il termine di legge, permette di agire sui beni del debitore senza dover passare da un giudice. Inarcassa vi fa ricorso frequentemente, come confermato dal fatto che la decisione di non aderire alla rottamazione riguardava debiti affidati all’Agente della Riscossione tra 2000 e 2022. Ciò implica che Inarcassa ha trasmesso molti carichi all’AER in quegli anni.

N.B.: alcuni colleghi professionisti erano inizialmente sorpresi nel vedere l’Agenzia Entrate “entrare nella partita” Inarcassa. In effetti Inarcassa è formalmente un soggetto di diritto privato; tuttavia, la legge consente alle casse privatizzate di usare la riscossione esattoriale previa convenzione (D.Lgs. 46/1999). Una discussione in un forum professionale chiarisce che l’ente previdenziale “privato” (come Inarcassa) può rivolgersi all’Agenzia delle Entrate-Riscossione come farebbe un creditore privato che si affida a un soggetto pubblico per il recupero forzoso. Inarcassa non è l’Agenzia delle Entrate, ma può chiedere all’Agenzia di riscuotere coattivamente, come già fanno i Comuni per multe, tasse rifiuti, ecc.

Validità delle notifiche via PEC: È opportuno menzionare una questione tecnica: la notifica via PEC di cartelle ed atti deve avvenire con file firmati digitalmente (.p7m). Vi sono state pronunce di giudici tributari che hanno dichiarato nulle cartelle Inarcassa notificate via PEC in semplice PDF non firmato. Questo è un aspetto tecnico difensivo: se un professionista riceve un atto via PEC, deve controllare che l’allegato sia in formato .p7m (firma digitale) o accompagnato da attestazione di conformità, altrimenti potrebbe contestarne la notifica. In mancanza, l’atto può essere ritenuto giuridicamente non notificato. Tuttavia, l’orientamento è in evoluzione e tali eccezioni vanno valutate caso per caso.

Misure esecutive: pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche

Decorsi i termini (60 giorni dalla cartella esattoriale, o quelli indicati in un’ingiunzione) senza che il debitore abbia pagato o ottenuto una sospensione, la riscossione entra nella fase esecutiva. A questo punto l’Agente della Riscossione (per le cartelle) – o Inarcassa stessa tramite ufficiali giudiziari in caso di ingiunzione – può procedere con vari atti:

  • Intimazione di pagamento: Spesso prima di pignorare, l’AER invia una “intimazione” che concede ulteriori 5 giorni per pagare. Trascorso anche questo breve termine, si passa ai veri atti esecutivi.
  • Fermo amministrativo di beni mobili registrati: L’Agente della Riscossione può disporre il fermo amministrativo su un veicolo (auto, moto) intestato al debitore, iscrivendolo al PRA. Il fermo vieta di utilizzare e vendere il veicolo. È una misura cautelare tipica per crediti non troppo elevati (solitamente debiti oltre €1.000). Nel caso di architetti/ingegneri con debiti contenuti, è frequente che arrivi la comunicazione di preavviso di fermo auto se non si paga. Ciò crea un forte incentivo a saldare: guidare un’auto con fermo è illecito e comporta pesanti sanzioni.
  • Pignoramento presso terzi (conto corrente, crediti): Uno degli atti più efficaci è il pignoramento dei conti correnti bancari del debitore. L’Agenzia può notificare alla banca un atto di pignoramento, bloccando le somme fino a concorrenza del debito. Oppure può pignorare crediti verso terzi: ad esempio i crediti professionali che l’architetto vanta verso un committente (specialmente se il committente è un ente pubblico, c’è obbligo di verifica DURC e in caso negativo l’ente può sospendere il pagamento al professionista e segnalare la somma per la riscossione). Un caso pratico: un ingegnere lavora per un Comune, ma ha DURC irregolare; il Comune, prima di liquidare la parcella, potrebbe essere costretto a versare all’Agente della Riscossione le somme dovute dal professionista (questo meccanismo è previsto dalle norme sui contratti pubblici).
  • Pignoramento immobiliare: Per debiti più ingenti, si può arrivare all’iscrizione di ipoteca su immobili di proprietà del debitore e successivo pignoramento immobiliare (esecuzione forzata con vendita all’asta). La normativa attuale (D.L. 146/2021 e ss.) prevede soglie di importo: per ipotecare è necessario che il debito superi €20.000; per espropriare l’immobile occorre un debito sopra €50.000 (e che l’immobile non sia l’unica casa di abitazione del debitore). In caso di debiti contributivi molto elevati (ad esempio decine di migliaia di euro per molti anni non pagati), l’Agenzia può quindi procedere su eventuali proprietà immobiliari. Questo è raro per i professionisti individuali (che spesso non accumulano debiti così alti senza intervenire), ma va tenuto presente.
  • Pignoramento mobiliare: In teoria esiste anche la possibilità di pignorare beni mobili (attrezzature, ecc.) del debitore, ma nella pratica odierna è poco utilizzata dall’Agente della Riscossione per professionisti, perché meno efficace e più costosa rispetto a pignorare conti o auto.

Tutte queste azioni sono soggette alle tutele e ai limiti di legge previsti per i crediti di natura previdenziale: ad esempio, sul conto corrente dove viene accreditato lo stipendio/pensione del debitore, per legge si può pignorare solo la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa €1.500) se le somme sono state accreditate prima, e solo 1/5 delle somme via via accreditate (per stipendi/pensioni) successivamente. Sulle pensioni future del professionista, parimenti, l’eventuale recupero può avvenire entro 1/5 (20%) dell’importo mensile.

Costi della riscossione coattiva: quando il debito va all’Agenzia, si aggiungono degli oneri di riscossione. Attualmente non si chiama più “aggio” ma sostanzialmente l’Agenzia trattiene una percentuale su quanto riscosso (dal 3% al 6% circa a seconda dei casi) + spese fisse di notifica (circa €5-10 a atto). Quindi il debito Inarcassa nel passaggio a ruolo subisce un ulteriore aggravio (anche questo, come le sanzioni, non deducibile).

Prescrizione quinquennale: è importante sottolineare che i contributi previdenziali si prescrivono in 5 anni (art. 3, co. 9 L.335/1995) e ciò vale anche per i crediti Inarcassa. Significa che se Inarcassa non compie alcun atto di messa in mora o riscossione per 5 anni dal momento in cui il contributo era dovuto, il professionista potrebbe opporre la prescrizione e non essere più tenuto a pagare quel debito. Tuttavia, nella pratica Inarcassa interrompe la prescrizione inviando solleciti o atti formali: basti un avviso via raccomandata/PEC per interrompere e far decorrere un nuovo termine di 5 anni. Ad esempio, contributi 2017 prescrivibili a fine 2022: se Inarcassa ha inviato una raccomandata anche nel 2020 (come spesso fa), la prescrizione si sposta più avanti. Di conseguenza, è raro che un debito Inarcassa si estingua per prescrizione senza che l’ente agisca. In caso però di ritardi di Inarcassa nel recupero, il professionista può eccepire la prescrizione davanti al giudice (competente è il tribunale, sezione lavoro, poiché i crediti previdenziali seguono rito lavoro). La Cassazione ha più volte confermato la prescrizione breve quinquennale per i contributi dei professionisti, superando i vecchi termini decennali previgenti al 1995.

Esempio scenario di riscossione: un ingegnere con €10.000 di debiti contributivi del 2018-2019 ignorati. Nel 2021 Inarcassa li ha affidati ad AER; a inizio 2022 riceve via PEC una cartella di pagamento da €12.000 (capitale+ sanzioni+ interessi). Non paga entro 60 giorni. A fine 2022 l’Agenzia gli notifica un preavviso di fermo su autovettura e un pignoramento del conto corrente: recupera €3.000 dal conto e iscrive fermo auto per il resto. L’ingegnere, messo alle strette, nel 2023 decide di chiedere all’Agenzia la rateizzazione sul residuo (€9.000), ottenendo 72 rate da ~€135/mese. Pagando le prime rate, ottiene la sospensione del fermo auto e torna ad essere in regola (anche Inarcassa, informata del piano, può rilasciare il DURC visto che c’è un piano attivo). Questo esempio mostra che, anche in fase esecutiva avanzata, c’è spazio per rimediare richiedendo piani di dilazione all’AER (che per legge può concedere piani fino a 6 anni, estendibili a 10 anni in casi di comprovata grave situazione, con aliquote di interesse di dilazione attorno al 3-4%). Tuttavia, arrivare alla fase esecutiva comporta già danni: costi aggiuntivi, segnalazioni (il fermo auto risulta pubblico), eventuali liquidità bloccate.

Privilegi e tutele del credito Inarcassa: i crediti per contributi previdenziali godono, secondo il Codice Civile, di privilegio generale sui beni mobili del debitore (art.2753 c.c.) per le ultime due annualità dovute. Questo privilegio – applicabile anche ai contributi delle casse privatizzate in quanto obbligatori – significa che, in caso ad esempio di fallimento di una società di ingegneria debitrice o di esecuzione concorrente, Inarcassa verrà soddisfatta con preferenza sui beni mobili (e in parte immobiliari) rispetto ai creditori chirografari, entro il limite dei contributi degli ultimi 2 anni. Inoltre, nel Concordato Preventivo o altre procedure, i crediti contributivi sono trattati come crediti privilegiati di natura previdenziale (perciò difficilmente falcidiabili, salvo il nuovo Codice della Crisi lo consenta con particolari condizioni e parità di trattamento rispetto all’alternativa liquidatoria).

Opposizioni e contenzioso

Il professionista destinatario di una cartella o ingiunzione Inarcassa ha facoltà di presentare ricorso qualora ritenga che il debito non sia dovuto (in tutto o in parte) o vi siano vizi formali. Il ricorso va presentato al Tribunale (sez. lavoro) entro 40 giorni dalla notifica, se si tratta di opporre la pretesa contributiva. In parallelo, può chiedere la sospensione dell’esecuzione. Tra le ragioni tipiche di opposizione: prescrizione maturata, assenza dell’obbligo di iscrizione per il periodo (es. professionista non esercitava), errato calcolo, vizi di notifica via PEC come visto.

Se il giudice accoglie il ricorso, annulla in tutto o parte il debito. Se lo respinge, il debitore dovrà pagare anche spese legali e nel frattempo gli interessi di mora continuano a maturare. Ecco perché, a meno di motivi fondati di contestazione, è spesso preferibile ricorrere agli strumenti deflattivi (ravvedimento/adesione) e/o rateizzare piuttosto che innescare un costoso contenzioso.

In sintesi, la riscossione coattiva di Inarcassa ricalca per molti versi quella tributaria: dopo avvisi bonari si arriva a un titolo esecutivo (ingiunzione/cartella), poi – se il debitore inerte – scattano misure come fermi amministrativi, pignoramenti di conti e ipoteche. Il tutto con il limite che l’azione va avviata entro 5 anni dall’omissione, altrimenti il credito è prescritto. La miglior strategia per evitare le dolorose conseguenze dell’esecuzione forzata è giocare d’anticipo: non ignorare le comunicazioni Inarcassa, ma attivarsi per un ravvedimento o accordo, o almeno per un pagamento dilazionato, prima che arrivi l’ufficiale giudiziario o il blocco del conto bancario.

Profili contabili e fiscali del debito contributivo

Oltre alle implicazioni sul piano sanzionatorio e previdenziale, i debiti verso Inarcassa hanno anche effetti di natura contabile e fiscale per il professionista o la società. In questa sezione analizziamo come vanno trattati tali debiti nei bilanci e nelle dichiarazioni dei redditi, in particolare:

  • La deducibilità fiscale dei contributi e delle sanzioni/interessi, con le relative tempistiche (regime di cassa vs competenza).
  • L’impatto sul reddito imponibile di un mancato versamento (ad esempio: se non pago i contributi dovuti per l’anno, pago più tasse perché non li ho dedotti?).
  • La gestione contabile nelle scritture di uno studio/società: iscrizione a bilancio del debito contributivo, eventuale accantonamento di interessi di mora, trattamento delle sanzioni.
  • Le differenze tra professionisti in contabilità semplificata (regime di cassa per reddito) e società di ingegneria in contabilità ordinaria (regime di competenza).

Deducibilità fiscale dei contributi Inarcassa

I contributi previdenziali obbligatori versati a Inarcassa sono integralmente deducibili dal reddito imponibile del soggetto che li sostiene, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera e) del TUIR (D.P.R. 917/1986). In particolare, la norma consente di dedurre dal reddito complessivo “i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge”, nonché quelli versati facoltativamente alla forma obbligatoria di appartenenza (es. contributi di ricongiunzione, riscatto laurea).

Per un architetto o ingegnere, ciò significa che sono deducibili dal reddito professionale (o complessivo IRPEF):

  • Il contributo soggettivo obbligatorio versato a Inarcassa, sia nella forma di contributo minimo, sia come contributo a conguaglio su reddito eccedente, sia l’eventuale contributo soggettivo volontario (aggiuntivo) che alcuni scelgono di versare.
  • Il contributo di maternità versato annualmente.
  • Eventuali contributi versati per riscatto o ricongiunzione (es. riscatto degli anni di laurea, ricongiunzione di periodi assicurativi da altre gestioni), in quanto facoltativi ma pur sempre afferenti alla gestione previdenziale obbligatoria.
  • Contributo integrativo?: Attenzione, qui c’è una particolarità. Il contributo integrativo del 4% normalmente non è deducibile dal reddito professionale, perché non è un costo effettivo per il professionista. È infatti a carico del committente (il professionista lo incassa dal cliente e lo gira a Inarcassa), e non concorre a formare il reddito IRPEF del professionista. Dunque non c’è nulla da dedurre: è come l’IVA incassata e versata. Eccezione: come già accennato, se una parte del contributo integrativo resta effettivamente a carico del professionista (ad es. contributo integrativo minimo versato ma non “coperto” dal volume d’affari realizzato), tale parte diventa deducibile. In un interpello del 2017 l’Agenzia Entrate ha chiarito che se un architetto versa il contributo integrativo minimo (poniamo €660) ma fattura magari solo €0-500 di volume d’affari (quindi quell’integrativo non è stato rigirato da nessun cliente), può dedurre la quota rimasta a suo carico (€660 meno integrativo addebitato su fatture). In pratica, può dedurre ciò che non ha recuperato dai clienti. Ma nelle situazioni ordinarie, il 4% è semplicemente neutro: incasso e pagamento si compensano, e non entra nel calcolo del reddito.
  • I contributi obbligatori versati a altre forme se applicabile (ad esempio contributi INPS se uno svolge anche attività dipendente, ma qui esuliamo: restiamo sul perimetro Inarcassa).

Importante: la deducibilità opera secondo il criterio di cassa per i soggetti IRPEF in contabilità semplificata (come i professionisti individuali). Ciò significa che i contributi Inarcassa si possono dedurre solo nell’anno in cui sono effettivamente pagati. Se, ad esempio, un ingegnere non versa il contributo dovuto per il 2024 entro il 2024 stesso, non potrà dedurlo nella dichiarazione dei redditi 2025 (redditi 2024). Lo dedurrà piuttosto nell’anno in cui lo pagherà. Questo è rilevante: il mancato pagamento tempestivo comporta una perdita di deduzione nell’anno di competenza, che si recupererà solo in futuro (quando si pagherà). Il TUIR non consente di dedurre contributi “sulla carta” se non versati entro determinati termini. Per i professionisti vige il regime di cassa pieno (introdotto dal 2017).

Per le società di ingegneria (soggette a IRES), che redigono bilanci in competenza, la questione si pone in modo simile: i contributi integrativi (unica categoria di contributo per loro) seguono il principio di competenza economica, ma con una peculiarità: essi, essendo dovuti per legge, possono probabilmente essere dedotti nel bilancio dell’anno di competenza solo se versati entro i termini di legge (per analogia alle regole delle imprese per gli oneri sociali). In mancanza, l’importo resterà come debito a bilancio e potrà essere dedotto solo nell’esercizio in cui verrà pagato (o addirittura non dedotto affatto se mai pagato, in quanto passata la competenza e non rispettato termine). Questa situazione però è più teorica, poiché solitamente il 4% è girato se incassato: se la società non lo versa è perché probabilmente ha problemi di liquidità, ma lo avrà comunque contabilizzato come debito.

Inoltre, c’è una disposizione specifica (art. 99 TUIR) per cui i contributi previdenziali obbligatori dei dipendenti sono deducibili nell’esercizio solo se versati entro il termine di versamento dei contributi stessi. Nel nostro caso, i contributi obbligatori del professionista sono suoi propri, quindi quell’articolo non si applica letteralmente, ma il concetto di fondo sì: un contributo non versato entro la scadenza non è deducibile nell’anno, va a cassa.

Sanzioni e interessi moratori: come già evidenziato, non sono mai deducibili. Lo ha chiarito l’Agenzia Entrate con Risoluzione 114/E/2009 e ciò è confermato anche dagli approfondimenti Inarcassa. Se un architetto paga €1.000 di contributi e €100 di interessi di mora, potrà dedurre solo €1.000. I €100 di interessi (così come eventuali €X di sanzioni) sono esclusi dal calcolo del reddito deducibile: vanno trattati come spese non deducibili (nei conti economici indicati separatamente). Questa regola è coerente con il principio fiscale generale che sanzioni e penalità per violazioni non devono comportare vantaggi fiscali.

Implicazioni pratiche sul reddito: se un professionista non paga i contributi di un anno, paradossalmente quell’anno pagherà più imposte di quante ne avrebbe pagate se avesse versato. Esempio: reddito €50.000 nel 2023 → contributo soggettivo dovuto ~€7.500. Se li versa entro dicembre, potrà dedurli, quindi pagherà IRPEF sul reddito netto (€42.500). Se invece non li versa, il suo reddito fiscale rimane €50.000 (nessuna deduzione) e pagherà IRPEF più alta. Questo maggior esborso tributario non sarà recuperato integralmente quando poi verserà i contributi in ritardo: è vero che li dedurrà nel nuovo anno di pagamento, ma magari con un’aliquota marginale diversa o comunque dopo tempo. In sintesi, non pagare i contributi aggrava anche la posizione fiscale nel breve termine.

Per le società (di ingegneria), se non versano il contributo integrativo, contabilmente avranno: Debito verso Inarcassa e ricavo professionale comunque incassato. Il loro imponibile IRES includerà il 4% incassato dai clienti, perché non potendo dedurlo (in quanto non versato entro scadenza), quel 4% resta nei ricavi tassabili. Quando poi lo verseranno, lo dedurranno come costo (onere di gestione). Di nuovo quindi, posticipare il versamento sposta in avanti la deduzione e intanto aumenta l’utile tassabile iniziale.

Gestione contabile: un debito contributivo Inarcassa va iscritto nel bilancio (o nella contabilità semplificata come passività) nell’esercizio di competenza. Ad esempio, un contribuente forfettario (non deduce nulla perché forfait) non rileva la cosa; ma un soggetto in ordinaria iscriverà a fine anno: Debito X verso Inarcassa e costo X (deducibile se pagato entro term… etc). In contabilità semplificata non c’è scrittura di costo se non c’è pagamento, ma si evidenzia solo il debito.

Gli interessi di mora vanno contabilizzati per competenza temporale, ossia andrebbero accrualizzati man mano che maturano sul debito. Tuttavia, spesso in pratica i professionisti in semplificata li registrano quando li pagano. Le società invece dovrebbero imputare un costo per interessi passivi di mora durante gli anni di non pagamento (soprattutto se rilevante). Questo costo, come detto, è poi indeducibile fiscalmente (quindi in dichiarazione verrà ripreso a tassazione).

Le sanzioni, se contabilizzate, anche esse vanno nella voce di conto economico (spese tributarie non deducibili) e sono totalmente indeducibili.

Utilizzo di compensazioni F24: come visto, ora un professionista può compensare contributi Inarcassa con crediti d’imposta. Dal punto di vista fiscale, la compensazione è equiparata a un pagamento. Tuttavia, l’importo compensato non può essere portato a deduzione perché di fatto non c’è stata uscita monetaria (ma un utilizzo di un credito fiscale, che di per sé non era tassato). In altre parole: se ho €1.000 di contributi e li pago usando €1.000 di credito IRPEF in F24, non posso dedurre €1.000 dal reddito perché quei €1.000 li ho già “monetizzati” come non tassazione del reddito originario (il credito IRPEF deriva da un pagamento in più fatto prima). Tecnicamente, l’Agenzia Entrate considera la compensazione alla stregua di un rimborso per il contribuente, quindi l’effetto è neutro: non deduci ma neanche paghi con soldi nuovi. Se invece compenso parzialmente (esempio pago €500 con credito e €500 cash), deduco solo la parte cash (€500).

Rappresentazione nel bilancio di società: un debito contributivo esigibile entro l’anno successivo va in Passivo corrente (Debiti v/istituti previdenziali). Se è oggetto di rateazione pluriennale con piano formalizzato, la parte oltre 12 mesi può essere spostata a passività a lungo termine. La nota integrativa dovrebbe segnalare eventuali contenziosi o situazioni di morosità verso enti previdenziali, data la rilevanza sulla continuità (un DURC negativo può impedire contratti futuri per una società edile/ingegneria, ad esempio).

Inoltre, il bilancio di esercizio dovrebbe tener conto se un debito è prescritto: se Inarcassa non ha più titolo per chiederlo, la società potrebbe stornare il debito iscritto (ma questo in pratica è raro – di solito se c’è un debito a bilancio, la società preferisce risolverlo con accordo perché la prescrizione non è sempre pacifica finché non confermata giudizialmente).

Conclusione sui profili fiscali: il professionista o l’impresa in debito con Inarcassa deve considerare che non pagare i contributi ha un costo fiscale aggiuntivo nel frattempo. È come fare un “prestito forzoso” allo Stato, perché rinuncia a una deduzione. Di contro, quando regolarizzerà, avrà finalmente la deduzione ma a distanza di anni, quando magari il suo scaglione IRPEF sarà diverso. Senza contare che sanzioni e interessi resteranno comunque non deducibili, quindi a fondo perso. Pertanto, da un punto di vista economico, conviene sempre pagare i contributi il prima possibile, anche facendo sacrifici o ricorrendo al credito, perché i costi di un ritardo (tra fisco, interessi e sanzioni indeducibili) superano quasi sempre quelli di un finanziamento.

Effetti del ritardo contributivo su pensione e diritti previdenziali

Dopo aver analizzato sanzioni, riscossione e aspetti fiscali, arriviamo a un punto cruciale: come incide il mancato pagamento dei contributi sul futuro pensionistico e sulle altre prestazioni Inarcassa. Inarcassa, infatti, eroga varie prestazioni previdenziali e assistenziali ai propri iscritti (pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità, indennità di maternità, sussidi di assistenza, etc.), e la regolarità contributiva può influire sul diritto a ottenere tali benefici o sull’ammontare degli stessi.

Esaminiamo i principali effetti:

Maturazione della pensione e anzianità contributiva

Inarcassa calcola le pensioni secondo un sistema misto: per gli anni fino al 2012 con metodo reddituale (benefit definito), per gli anni dal 2013 in poi con metodo contributivo (contributi accumulati) – semplificando. In entrambi i casi, è fondamentale che i contributi risultino versati per poter essere valorizzati ai fini pensionistici.

  • Se un anno contributivo non viene pagato, quell’anno non concorre all’anzianità contributiva dell’iscritto. Ad esempio, se un architetto non versa nulla per il 2020 (e non lo versa neanche successivamente), l’anno 2020 risulta “scoperto”: non verrà conteggiato nei requisiti che richiedono un certo numero di anni di contribuzione (ad es. la pensione di anzianità anticipata richiede 35 anni di effettiva contribuzione). Quindi saltare anni può voler dire posticipare la pensione di altrettanti anni, finché non si regolarizzano o recuperano in altro modo.
  • Nel sistema retributivo (ante 2013), se un anno non è coperto da contribuzione, potrebbe ridurre la media reddituale pensionabile e in generale riduce la frazione di pensione maturata. Nel sistema contributivo (post 2012), se non versi contributi per un anno, il tuo montante individuale non cresce per quell’anno (o cresce solo del minimo se hai pagato il minimo). Dunque la pensione risultante sarà più bassa.
  • Inarcassa richiede un minimo di anni contributivi per il diritto a pensione di vecchiaia unificata (oggi 20 anni di contribuzione) e pensione anticipata (35 anni, con età min. ridotta). Se si hanno buchi contributivi prolungati, si rischia di non raggiungere il minimo. Ad esempio, un ingegnere con 30 anni di iscrizione ma che ha 5 anni di contributi non versati (e mai sanati) potrebbe trovarsi con soli 25 anni accreditati, insufficienti per la pensione anticipata.
  • Pagamento tardivo e accredito tardivo: se i contributi vengono versati in ritardo ma prima della pensione, Inarcassa li accredita comunque all’iscritto. Non c’è una “decadenza” del diritto a versare: la Cassa vuole i contributi anche dopo anni. Quindi, se ad esempio un architetto nel 2025 versa contributi arretrati del 2019 (magari a seguito di ingiunzione), Inarcassa accrediterà quell’anno 2019 come coperto (ovviamente potrebbe applicare interessi e sanzioni, ma ai fini pensionistici quell’anno conterà). Importante: Inarcassa considera l’anno coperto solo se sono stati versati almeno i contributi minimi di quell’anno.
  • Prescrizione e incidenza sulla pensione: se un contributo è caduto in prescrizione e il professionista non lo paga più (la Cassa non può più pretenderlo), quell’anno rimane scoperto e non recuperabile. In altri termini, una volta che un periodo contributivo è legalmente prescritto, l’iscritto perde sia l’obbligo di pagare che il diritto ai benefici previdenziali di quel periodo. Inarcassa difficilmente “dimentica” contributi per 5 anni, ma se succedesse, paradossalmente l’iscritto sarebbe sollevato dal debito ma con una macchia nel proprio estratto conto contributivo.
  • Caso di pensione liquidata con debito residuo: se un iscritto raggiunge l’età pensionabile ma ha ancora contributi arretrati non versati, Inarcassa può decidere di trattenere l’importo del debito dalla liquidazione della pensione (soprattutto se è pensione in capitale) o di non accettare la domanda di pensione finché non viene sanato il debito. Le norme interne prevedono che la rateizzazione che superi i termini di pensionamento impedisce la liquidazione della pensione: ciò implica che, ad esempio, se un ingegnere presenta domanda di pensione ma ha un piano di rate in corso che andrebbe oltre la data di decorrenza, la Cassa potrà differire la decorrenza finché non sia pagato (o chiedere saldo immediato). Inarcassa quindi non eroga pensioni a chi non è in regola con i contributi dovuti.
  • Il regolamento Inarcassa (Art. 21 L.6/1981) prevedeva anche che l’iscritto in difetto contributivo non potesse ricevere la pensione finché non avesse versato il dovuto. Di fatto, oggi come oggi, il pensionando con debito dovrà quantomeno concordare una compensazione: Inarcassa ha diritto di compensare i propri crediti con qualsiasi somma dovuta all’associato (ad esempio può trattenere fino a un quinto della pensione per recuperare contributi non versati, cosa peraltro prevista come opzione di rateazione per pensionati).

In sintesi, mancati versamenti = pensione più lontana e più bassa. È una relazione diretta. I professionisti a volte sottovalutano l’impatto a lungo termine, magari perché giovani, ma accumulare buchi contributivi oggi significa trovarsi con decurtazioni domani.

Prestazioni assistenziali e altri diritti

Inarcassa eroga anche prestazioni di natura assistenziale e di welfare, alcune finanziate dai contributi degli iscritti. Ad esempio:

  • Indennità di maternità/paternità: è una prestazione economica che Inarcassa corrisponde alle iscritte (o iscritti nei casi previsti) in occasione di maternità, congedi parentali, adozioni. Per ottenere l’indennità, di norma, l’iscritta deve essere regolare nei contributi. Un eventuale debito potrebbe precludere o ritardare l’erogazione finché non si regolarizza. Lo stesso dicasi per l’indennità di paternità.
  • Esonero temporaneo contributivo per maternità: Inarcassa prevede agevolazioni (sgravio parziale) per l’anno di nascita di un figlio, ma anche queste si applicano se la posizione è regolare, altrimenti viene comunque chiesto il pagamento minimo.
  • Sussidi per invalidità o evento calamitoso: La Cassa può erogare sussidi straordinari in caso di grave malattia, infortunio, calamità naturale che colpisce lo studio. Anche in questi casi, spesso lo statuto prevede come condizione che l’iscritto sia in regola con il versamento dei contributi. Un iscritto moroso potrebbe vedersi negato un sussidio finché non sistema i pagamenti (o quantomeno la Cassa potrebbe scalare l’importo del sussidio per compensare il debito).
  • Polizze sanitarie integrative: Inarcassa offre polizze sanitarie in convenzione. Per aderire, bisogna essere iscritti attivi e in regola. Un iscritto sospeso per morosità (Inarcassa potrebbe arrivare a sospendere temporaneamente servizi per morosi gravi) rischia di non poter attivare tali benefit.
  • Prestazioni pensionistiche accessorie: ad esempio, la facoltà di richiedere la pensione supplementare per contribuzione dopo la pensione, oppure la restituzione dei contributi in caso di cancellazione senza maturazione della pensione (istituto oggi limitato): sono tutte cose che richiedono di aver versato i contributi dovuti. Inarcassa non restituirà mai contributi non versati, ovviamente, e non calcolerà supplementi su anni non pagati.

DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva): Anche se non è una “prestazione” in senso stretto, è un documento essenziale per l’attività lavorativa. Inarcassa rilascia il certificato di regolarità contributiva agli iscritti che ne fanno richiesta, solo se questi rispettano i criteri (nessun debito significativo, tutte le dichiarazioni presentate, eventuali piani di rate in regola). Come già riportato, un debito > €500 impedisce il rilascio del DURC, a meno che non sia pendente un ricorso o non sia rateizzato regolarmente. Senza DURC, non si possono stipulare contratti pubblici, né certi contratti con privati che lo richiedano (p.es. subappalti), e gli ordini professionali stessi vigilano su questo aspetto. Dunque il ritardo contributivo “azzoppa” la possibilità di lavoro in molti ambiti, finché non viene risolto.

Esempio pratico: consideriamo un giovane ingegnere, Mario, che nei primi 5 anni di attività non versa quasi nulla a Inarcassa per difficoltà economiche. Arriva però una commessa pubblica importante nel sesto anno: Mario vince il bando ma al momento di firmare il contratto, l’amministrazione verifica il DURC e scopre l’irregolarità. Mario ha un debito di €4.000 (più sanzioni) e niente DURC. L’incarico gli viene revocato se non sistema. Mario corre ai ripari, chiede rateazione a Inarcassa, paga l’acconto, e ottiene il certificato con debito rateizzato. Può quindi procedere col contratto, ma intanto l’incasso futuro della commessa servirà in parte a pagare il piano di rientro. Questa storia, assai comune, mostra come la regolarità contributiva sia ormai parte integrante della vita professionale: chi non è in pari con Inarcassa rischia seriamente di vedersi precluso l’accesso a lavori importanti.

Pensione indiretta ai superstiti (reversibilità): Immaginiamo infine il caso estremo: un architetto muore improvvisamente mentre aveva debiti contributivi. I suoi familiari avrebbero diritto alla pensione ai superstiti (reversibilità) solo se il de cuius aveva maturato almeno 5 anni di anzianità contributiva e in regola con obblighi contributivi (o pensione di vecchiaia già). Se vi erano contributi non versati, Inarcassa per prassi chiede agli eredi di versarli (o li decurta dall’eventuale montante pensionistico). Le sanzioni amministrative per omessa dichiarazione non sono trasmissibili, ma i contributi dovuti sì, come debito della massa ereditaria. Pertanto gli eredi dovranno innanzitutto accollarsi il debito contributivo (o rinunciare all’eredità) e solo dopo avranno la pensione di reversibilità. In altre parole, la morosità può complicare anche la posizione dei propri cari.

Riepilogo degli effetti previdenziali

  • Anni non versati = anni non conteggiati (a meno che vengano recuperati pagando prima del pensionamento). Ciò incide sui requisiti di anzianità e sul montante contributivo.
  • Debiti pendenti al pensionamento: vanno saldati/compensati prima della liquidazione della pensione. La Cassa può sospendere la pensione finché non c’è regolarità, oppure compensare con la pensione stessa (fino a 1/5).
  • Indennità e bonus: la fruizione di prestazioni assistenziali (maternità, sussidi) richiede posizione regolare. La morosità può sospendere tali erogazioni.
  • Diritto al DURC: viene meno in caso di morosità > €500 non sanata o dichiarazioni omesse. Senza DURC il professionista non può lavorare su appalti pubblici e alcuni incarichi privati. Un debito può essere tollerato solo se di importo lieve (<€500) o se c’è un ricorso in atto, oppure se è già rateizzato e si stanno pagando le rate.
  • Esoneri e vantaggi: la morosità fa perdere opportunità come l’agevolazione giovani (aliquota ridotta nei primi anni, concessa solo se regolare), l’esonero contributivo per neo-genitori (recentemente introdotto per 1 anno, se esiste, è accessibile a chi è in regola) ecc.
  • Stress e reputazione: anche se non “tecnico”, va citato: un professionista inadempiente può subire danni reputazionali (negli albi degli ingegneri/architetti si discute di togliere incarichi a chi non è in regola con la Cassa, anche se formalmente Ordine e Cassa sono separati, ma un DURC negativo può giungere all’attenzione dell’Ordine per incompatibilità con incarichi pubblici, ecc.). Inoltre, vivere col timore di pignoramenti e cartelle è fonte di stress che può minare l’attività professionale stessa.

Conclusione: il ritardo contributivo ha effetti molto pesanti a 360°, non solo nell’immediato (sanzioni, interessi, azioni di recupero) ma anche nel futuro previdenziale del professionista e nella possibilità di usufruire delle tutele che Inarcassa stessa offre. Pagare puntualmente i contributi significa investire sulla propria pensione e assicurarsi la piena tutela previdenziale; viceversa, la morosità prolungata è un “debito” che si paga due volte: in denaro e in diritti persi o compressi.

Simulazioni pratiche di casi reali

Per concretizzare quanto esposto, presentiamo di seguito due casi di esempio – ispirati a situazioni ricorrenti – e analizziamo come evolvono e come potrebbero essere gestiti:

Caso 1: Architetto con 3 anni di contributi non versati

  • Profilo: Anna, architetto 45enne, libera professionista individuale. A causa di difficoltà economiche tra il 2019 e il 2021, non ha versato i contributi dovuti a Inarcassa per tre anni consecutivi. Ha tuttavia presentato regolarmente le dichiarazioni dei redditi a Inarcassa (comunicando i redditi, seppur senza pagare il dovuto).
  • Debito accumulato: I redditi dichiarati da Anna erano: €30.000 (2019), €25.000 (2020), €35.000 (2021). Su tali redditi, avrebbe dovuto versare:
    • Contributo soggettivo ~14%: circa €4.200 + €3.500 + €4.900 per i tre anni.
    • Contributo integrativo 4% su volume d’affari (che supponiamo pari al reddito per semplicità): €1.200 + €1.000 + €1.400.
    • Contributi minimi maternità: circa €300 totali sui 3 anni (circa €100/anno).
    • Totale contributi principali: circa €16.500.
  • A fine 2021, Inarcassa le ha inviato solleciti per i mancati pagamenti 2019-2020. Nel 2022, i contributi 2019 sono stati affidati all’Agente della Riscossione con una cartella.
  • Sanzioni e interessi: Per il 2019 (scadenze 2020), ormai con 4 anni di ritardo, la sanzione ha raggiunto il 30% del dovuto (vecchio regime: 2%/mese pre-2019 fino 60%, ma supponiamo fosse già nuovo regime per il conguaglio 2019 scad. 31/12/2019). Quindi su circa €5.500 dovuti per il 2019, sanzione €1.650. Interessi di mora ~8.5% annuo medio per 4 anni → ~€1.700. La cartella 2019 ammonta a circa €5.500 + €1.650 + €1.700 + oneri riscossione ~€200 = €9.050.
  • Per il 2020 e 2021, ancora gestiti da Inarcassa internamente nel 2022:
    • Anno 2020 (scadenze 2021): ritardo 2 anni → sanzione ~12% (fissa) ≈ €540 su €4.500 dovuti; interessi ~5% ≈ €225. Debito ~€4.500+540+225 = €5.265.
    • Anno 2021 (scadenze 2022): ritardo 1 anno → sanzione 1%/mese→12% = €756 su €6.300; interessi ~3% = €189. Debito ~€7.245.
  • Debito complessivo stimato (fine 2022): €9.050 + €5.265 + €7.245 = €21.560.
  • Impatto su DURC e attività: Anna lavora principalmente per privati, ma nel 2022 vince un concorso di progettazione pubblica. Al momento di firmare, le chiedono DURC: risulta irregolare. L’incarico è a rischio.
  • Strategie di regolarizzazione:
    1. Ravvedimento operoso tardivo? Non possibile, perché le irregolarità sono già accertate (ha ricevuto atti, cartella).
    2. Accertamento con adesione per 2020-21: Anna nel 2022 ha ricevuto provvedimenti dalla Cassa per 2020-21. Può tentare adesione: riduzione 30% sanzioni. Questo le toglierebbe circa €390 sul 2020 e €227 sul 2021. Dopo adesione, quei importi diventano ~€4.875 e €6.650. Totale con 2019: ~€9.050 + €4.875 + €6.650 = €20.575. Un risparmio modesto (circa €1.000) ma comunque utile.
    3. Rateizzazione: Con un debito ~20mila, può chiedere 36 mesi a Inarcassa per 2020-21 e 72 mesi all’AER per la cartella 2019, oppure aspettare che anche 2020-21 vadano a ruolo e fare un’unica rateazione AER. Meglio agire subito: chiede a Inarcassa rate per 2020-21 (36 mesi, rata ~€320/mese con interessi 2%) e all’AER rateazione per cartella 2019 (72 rate, ~€130/mese con interesse ~3.5%). Totale rate ~€450/mese. Anna versa la prima rata Inarcassa e AER, e ottiene così il DURC regolare (poiché risulta con piani di rate rispettati). Salva l’incarico pubblico e diluisce il debito in 6 anni.
    4. Alternativa: se avesse liquidità o un finanziamento, potrebbe saldare a stralcio la cartella 2019 con rottamazione-quater, ma Inarcassa non aderisce, quindi no sconti di legge. Potrebbe però provare a negoziare con Inarcassa un piccolo condono su sanzioni (a volte, in sede di adesione, la Cassa potrebbe rinunciare agli interessi di mora su richiesta, ma non è garantito).
  • Futuro pensionistico: Anna ora è tornata regolare con contributi correnti, ma i 3 anni 2019-21 sono stati accreditati solo dopo il pagamento rateale. Sino a completamento rate, formalmente i contributi di quei anni non sono ancora sul suo montante (Inarcassa li accredita man mano che incassa, o tutti alla fine). Se per ipotesi Anna volesse andare in pensione anticipata a 62 anni, dovrà assicurarsi di aver finito di pagare tutto entro quella data. Inoltre, i 3 anni di mancata contribuzione riducono leggermente la sua base pensionabile (nel frattempo il suo montante non è cresciuto e anche la media redditi pre-2013 è inferiore a quanto sarebbe stata se avesse dichiarato e pagato regolarmente).
  • Valutazione finale: Anna ha subito un aggravio notevole: a fronte di €16.500 di contributi dovuti, ne restituirà ~€20.000 con sanzioni e interessi. Inoltre, ha rischiato la carriera per il DURC e ha dovuto impegnarsi in rate per anni. Se avesse utilizzato prima il ravvedimento (es. nel 2020 per il 2019) avrebbe pagato molto meno: per dire, ravvedendo il 2019 entro un anno, avrebbe pagato 3% sanzione anziché 30%. Avrebbe risparmiato ~€1.500 solo lì. La lezione è che intervenire presto, anche se in difficoltà, conviene.

Caso 2: Studio associato in difficoltà finanziaria

  • Profilo: Studio Alpha, associazione tra 3 ingegneri (Marco, Luca, Giovanni). Lo studio ha C.F. proprio ma non è STP (è associazione professionale). Nel triennio 2020-2022 lo studio ha avuto cali di lavoro e problemi di liquidità. I tre soci hanno deliberato di sospendere i pagamenti Inarcassa per un periodo, preferendo pagare fornitori e dipendenti. Hanno però continuato a fatturare e incassare parcelle con il 4% integrativo dai clienti.
  • Debito accumulato: Ogni socio avrebbe dovuto pagare il proprio contributo soggettivo sui redditi. Inoltre, lo studio ha incassato contributo integrativo sui compensi e non lo ha versato alla Cassa. Supponiamo:
    • Marco doveva €4.000, Luca €4.000, Giovanni €4.000 di soggettivi (tre minimi non versati).
    • L’integrativo sulle fatture dello studio (volume d’affari comune) ammonta a €6.000 non versati (questo integrativo formalmente è obbligo dei soci verso Inarcassa).
    • Totale contributi non versati: €18.000.
  • Conseguenze: Inarcassa vede che nessuno dei tre ha versato. Nel 2022 invia a ciascun socio ingiunzione per contributo soggettivo + relative sanzioni, e un’ingiunzione (o avviso) a tutti e tre in solido per il contributo integrativo non versato (essendo associazione, ciascun associato è responsabile pro quota dell’integrativo, ma la Cassa potrebbe esigere da uno qualsiasi l’intero, poi saranno affari interni).
  • Sanzioni: Ritardo di 2 anni su soggettivi → 12% per ciascuno (€480 a testa) + interessi. Su integrativo €6.000 ritardati di 2 anni → 12% = €720 + interessi. Totale debito ~€18.000 + €2.160 sanz + €?? int ~ diciamo €21.000.
  • Attività bloccata: Lo studio Alpha partecipa a varie gare pubbliche. Senza DURC, viene escluso. Infatti, la richiesta di DURC da parte di una stazione appaltante troverebbe i tre associati non regolari ⇒ esclusione automatica (art. 94 D.Lgs 36/2023, cause di esclusione automatica per irregolarità contributive).
  • Intervento: Lo studio decide di chiedere un incontro con Inarcassa. Potevano optare per ravvedimento, ma ormai la violazione è nota. Scelgono di fare accertamento con adesione: Inarcassa riduce del 30% le sanzioni per tardivo pagamento e, poiché negli ultimi 10 anni lo studio era regolare, sui contributi integrativi e dichiarativi riduce del 70%. Così le sanzioni totali scendono da ~€2.160 a ~€648 (un bel risparmio).
  • Pagamento e rate: I soci chiedono una rateizzazione unica per il debito complessivo (€18.000 contributi + €648 sanz + interessi €??). Con €18.000 di contributi, il piano può essere di 36 mesi (il debito è di persona fisica per la loro quota? Diciamo sì, ogni socio rateizza la sua parte). Inarcassa può anche considerare i €6.000 integrativi come dovuti dai soci: magari rateizzano pro quota €2.000 ciascuno in 24 mesi. In tutto ogni socio paga circa €2.000 (soggettivo) + €2.000 (integr.) = €4.000 diluiti in 3 anni ≈ €1.333/anno + interessi 2%. Abbordabile.
  • Ripristino DURC: Appena avviati i piani e pagate le prime rate, Inarcassa certifica la regolarità contributiva dello studio (ogni socio risulta “regolare con piano” per la parte soggettiva, e il contributo integrativo risulta rateizzato). Lo studio può così partecipare nuovamente alle gare.
  • Pensione e posizione: I tre soci hanno perso i tre anni di anzianità finché non pagano. Ma pagando ratealmente prima del pensionamento, recupereranno quegli anni. Il reddito di quegli anni, una volta versati i contributi, sarà computato nella loro storia contributiva.
  • Considerazioni: In uno studio associato, la morosità è doppiamente pericolosa: non solo colpisce i singoli (pensioni, ecc.), ma blocca l’intera struttura operativa (non poter lavorare su progetti con richiesta DURC). Inoltre c’è la dinamica interna: Marco potrebbe dire “io voglio pagare subito la mia parte”, Luca e Giovanni no, creando tensioni. Meglio discutere apertamente e avere un piano comune. Inarcassa in questi casi può negoziare soluzioni ad hoc, ad esempio concordare che uno dei soci paga tutto e poi si rivalga sugli altri (avendo solidalità). Ma questo dipende dagli accordi interni.
  • Lo scenario mostra che in entità collettive, un debito previdenziale è simile a un debito verso fornitori strategici: se non onorato, minaccia la continuità aziendale (niente appalti, possibili azioni legali). Infatti, anche ai fini del Codice della crisi d’impresa, i debiti previdenziali rilevanti sono indicatori d’allarme.

Caso 3: Società di ingegneria S.r.l. con integrativi non pagati (breve scenario aggiuntivo):

  • Una S.r.l. di ingegneria (soggetto non iscritto Inarcassa direttamente) nel 2021-22 ha incassato €1.000.000 di corrispettivi, addebitando quindi €40.000 di contributo integrativo ai clienti, ma a causa di problemi di cassa ne ha versati solo €10.000. Rimangono €30.000 dovuti.
  • Inarcassa affida in 2023 il recupero di €30.000 + sanzioni (12% = €3.600) + interessi via cartella esattoriale. La società, già in crisi di liquidità, non paga. L’AER iscrive ipoteca su un immobile sociale (debito > €20k).
  • La società, per evitare il peggio, include il debito Inarcassa in un concordato preventivo. Inarcassa, avendo privilegio su €20k (ultimi 2 anni), tratterà almeno quella parte come credito privilegiato da pagare integralmente nel concordato, il resto potrebbe subire una falcidia se la liquidazione darebbe meno (ma le casse tendono a opporsi a falcidie sui contributi). La vicenda è complessa, ma in pratica la società rischia la continuità proprio perché quell’irregolarità contributiva le sta impedendo di prendere nuovi lavori (niente DURC) e sta portando azioni aggressive (ipoteca).
  • Morale: per le società, i contributi integrativi dovuti a Inarcassa vanno considerati come tasse prioritarie. Non versarli significa accumulare un debito privilegiato e bloccare i lavori futuri. Meglio sarebbe stato chiedere un prestito bancario per pagare Inarcassa, piuttosto che usare i 40k per altro, perché il costo di quel debito oggi è molto alto (tra AER e opportunità perse).

Le simulazioni evidenziano che gestire tempestivamente i debiti Inarcassa è fondamentale. Ogni caso può avere soluzioni (piani di rientro, accordi), ma più si aspetta più il quadro peggiora in modo esponenziale. Avvocati e consulenti devono quindi consigliare ai professionisti e alle imprese assistite di non trascurare mai i contributi, e in caso di difficoltà di utilizzare subito gli strumenti disponibili (dilazione, ravvedimento) per evitare che il debito diventi ingestibile.

Domande frequenti (FAQ)

Di seguito una serie di domande comuni in materia di ritardi nei pagamenti Inarcassa, con risposte sintetiche:

  • Cosa succede se non pago i contributi Inarcassa entro la scadenza?
    Verranno applicate sanzioni di mora e interessi sul contributo non versato. In particolare, per i contributi con scadenze post 2019, la sanzione è pari all’1% per ciascun mese di ritardo (fino a 12% annuo), poi 12% fisso per ritardi tra 13 e 24 mesi, e oltre i 24 mesi cresce di 2% ogni mese aggiuntivo fino a max 30%. Inoltre maturano interessi al tasso BCE + 4,5% annuo. Se il mancato pagamento perdura, Inarcassa invierà solleciti e potrà attivare la riscossione coattiva (ingiunzione/cartella), con ulteriori oneri. In sintesi: anche un breve ritardo comporta una penale (1% al mese) e interessi; un ritardo lungo fa quasi raddoppiare l’importo dovuto (tra sanzione max 30% e interessi su più anni).
  • Dopo quanti anni il debito Inarcassa cade in prescrizione?
    I contributi previdenziali Inarcassa (come tutti i contributi obbligatori) si prescrivono in 5 anni. Il termine decorre dalla data di scadenza di pagamento. Tuttavia, ogni atto di messa in mora o riscossione interrompe il termine, facendolo ripartire da capo. In pratica, Inarcassa invia solleciti/raccomandate prima che trascorrano 5 anni, per cui è raro che un debito si estingua per prescrizione senza azione dell’ente. Se però ciò accade (nessuna richiesta per 5 anni), il debitore può eccepire la prescrizione e non pagare più, ma perderà anche i corrispondenti benefici pensionistici di quegli anni.
  • Posso rateizzare il debito contributivo?
    Sì. Inarcassa consente una rateizzazione ordinaria fino a 12, 24, 36 o 48 mesi a seconda dell’importo. Bisogna fare domanda entro 60 giorni dalla notifica dell’addebito. Il piano prevede un interesse agevolato (es. 2% sui contributi per le domande nel 2025). Anche l’Agente della Riscossione, se il debito è in cartella, concede piani (fino 72 rate standard, o 120 se grave difficoltà). È importante attivarsi prima che partano azioni esecutive. Con la rateizzazione attiva e in regola, la posizione risulta “regolare” ai fini DURC. In caso di mancato pagamento di 5 rate (AER) o condizioni violate (Inarcassa), la rateizzazione decade.
  • Cosa significa ravvedimento operoso in ambito Inarcassa?
    Il ravvedimento operoso è la possibilità di sanare spontaneamente un’omissione prima che sia contestata, godendo di uno sconto del 70% sulle sanzioni. Va richiesto tramite l’area riservata online e perfezionato pagando contributi dovuti + interessi + sanzioni ridotte entro 60 giorni. È applicabile a ritardo/omesso pagamento contributi, ritardata iscrizione, omessa dichiarazione, etc., purché Inarcassa non abbia ancora notificato l’irregolarità. Ad esempio, se ci si accorge di non aver pagato il conguaglio, col ravvedimento si pagano solo il 30% delle sanzioni dovute (invece che il 100%). È uno strumento consigliatissimo per chi vuol regolarizzare appena in ritardo.
  • Inarcassa ha aderito alla rottamazione delle cartelle esattoriali?
    No, Inarcassa non ha aderito alla “Definizione agevolata 2023” (rottamazione-quater) né allo stralcio automatico dei debiti sotto 1000€. Quindi i debiti Inarcassa in cartella non hanno potuto beneficiare dell’azzeramento di sanzioni/ interessi previsto per altri carichi. Anche in precedenza, le casse private non hanno partecipato ai vari condoni fiscali. L’unica agevolazione per i debitori Inarcassa sono gli strumenti interni (ravvedimento, adesione, rateazione). Dunque, se avete cartelle Inarcassa, dovrete pagarle per intero (salvo eventuali dilazioni) – non ci sono sconti statali.
  • Ho un debito Inarcassa e devo partecipare a una gara d’appalto: posso ottenere il DURC?
    Potete ottenere il DURC regolare solo a certe condizioni. Inarcassa rilascia il certificato se il debito scaduto è “non grave” (< €500) oppure se è già in corso un piano di rateizzazione regolare con l’Agente della Riscossione o altro recuperatore. Anche la pendenza di un ricorso amministrativo/giudiziale sul debito consente il DURC in attesa di decisione. Se invece avete un debito più alto non ancora rateizzato o contestato, al momento della richiesta del DURC la Cassa vi darà 15 giorni per mettervi in regola (pagando o rateizzando). Trascorso ciò, se non regolarizzato, il DURC sarà negativo. In sintesi, per ottenere il DURC dovete o avere debiti minimi, o aver presentato ricorso, o aver attivato una rateizzazione e pagato la prima rata. Diversamente l’irregolarità contributiva è causa di esclusione nelle gare pubbliche.
  • Ho saltato dei contributi anni fa: posso pagarli ora per non perdere la pensione?
    Sì, Inarcassa accetta i pagamenti tardivi dei contributi dovuti (con interessi e sanzioni). Finché il credito non è prescritto (5 anni), la Cassa ve li chiederà comunque. Se li pagate, anche dopo anni, quell’anno verrà accreditato ai fini pensionistici (dandovi anzianità e montante). Se sono già passati oltre 5 anni e incredibilmente Inarcassa non li ha mai richiesti (prescrizione maturata), legalmente non siete tenuti a pagarli, ma quell’anno resterà scoperto e non colmabile: Inarcassa non può accettare versamenti prescritti (li restituirebbe). In tal caso potreste valutare l’opzione di riscatto: però il riscatto di anni di buco non è previsto di norma, salvo forse periodi di praticantato o studio, non per periodi in cui avreste dovuto essere iscritti. Quindi, la regola è: se volete che un anno conti per la pensione, dovete versare i contributi di quell’anno. Se ve ne mancano alcuni, è opportuno regolarizzarli al più presto (magari tramite ravvedimento/adesione per ridurre sanzioni). Tenete presente che per la pensione di vecchiaia unificata servono almeno 20 anni di contribuzione effettiva: non raggiungerli significherebbe niente pensione (solo restituzione contributi eventualmente, ma nel contributivo puro nemmeno quella in forma integrale).
  • I contributi Inarcassa sono deducibili dalle tasse?
    , i contributi previdenziali obbligatori (soggettivo e maternità, e anche integrativo se rimasto a vostro carico) sono deducibili dal reddito IRPEF ai sensi dell’art. 10 TUIR. La deduzione avviene per cassa: cioè potete dedurli nell’anno in cui li pagate. Ad esempio, i contributi 2024 versati nel 2024 li dedurrete dalla dichiarazione redditi 2025. Se li pagate in ritardo nel 2025, li dedurrete nella dichiarazione 2026. Non sono deducibili invece i contributi integrativi che avete addebitato ai clienti (perché non entrano nel vostro reddito). Inoltre non sono mai deducibili le somme pagate a titolo di sanzioni e interessi di mora. Quindi se pagate €10.000 di contributi e €2.000 tra sanzioni/interessi, potrete dedurre solo €10.000. Per le società di ingegneria (IRES), i contributi integrativi pagati sono deducibili come costo di esercizio nell’anno di pagamento (principio di competenza pagato).
  • Gli interessi di mora e le sanzioni Inarcassa si possono scaricare?
    No. Come sopra accennato, interessi moratori e sanzioni per omessi versamenti non sono deducibili (sono oneri assimilati a sanzioni tributarie). Vanno quindi considerati a fondo perduto dal punto di vista fiscale. Questo è un ulteriore motivo per evitarli: ogni euro pagato in sanzioni è un euro che esce dal portafoglio senza alcun beneficio fiscale né pensionistico.
  • Posso compensare un debito Inarcassa con crediti fiscali (IRPEF, IVA)?
    , da fine 2023 è possibile. Inarcassa ha attivato il pagamento dei contributi tramite modello F24 e l’Agenzia Entrate ha istituito causali specifiche. Ciò significa che, ad esempio, se avete un credito IRPEF di €1.000 dal 730, potete usare quel credito per pagare €1.000 di contributi Inarcassa dovuti, tramite F24 telematico. Questa compensazione è ammessa per contributi correnti e arretrati, purché non siano già stati affidati all’Agenzia Riscossione (in tal caso vanno pagati con F24 specifico per cartelle, senza compensazione, a meno di usare crediti erariali in compensazione su cartelle che è molto più complesso e limitato). Fate attenzione a presentare l’F24 tramite i canali telematici dell’AE (non l’home banking) per utilizzare la compensazione. In ogni caso, ciò vi aiuta a ridurre l’esborso in contanti. Ricordate solo che l’importo compensato non sarà deducibile (perché in pratica state spendendo un credito d’imposta e non reddito tassato).
  • Se ritardo i versamenti, posso avere problemi disciplinari con l’Ordine?
    In linea di massima no sul piano disciplinare puro, perché l’iscrizione all’Ordine (Albo professionale) è indipendente dalla regolarità con Inarcassa. Tuttavia, indirettamente, se la vostra morosità vi impedisce di ottenere il DURC e questo causa inadempienze contrattuali o mancanza di requisiti in lavori pubblici, potrebbero insorgere questioni deontologiche (ad esempio, abbandono di incarico per mancanza DURC). Non esiste una sanzione disciplinare specifica per chi non paga Inarcassa. Vi è però l’obbligo deontologico di curare gli aspetti previdenziali e assicurativi della professione; un inadempimento grave e protratto potrebbe essere visto come comportamento lesivo del decoro professionale, soprattutto se porta a situazioni pregiudizievoli per clienti o committenti. In pratica, alcuni Ordini vigilano che i propri iscritti siano in regola, ma formalmente non possono sospendervi dall’albo solo perché non pagate Inarcassa (possono tutt’al più segnalarvi la cosa e spronarvi a regolarizzare). Inarcassa stessa può deliberare la sospensione dell’erogazione di benefici e servizi (non certo la radiazione dall’albo, che non è di sua competenza). Quindi, giuridicamente l’Ordine non vi punirà per morosità, ma fate attenzione alle ricadute professionali concrete.
  • Ho difficoltà economiche gravi: esistono esoneri o riduzioni dei contributi?
    Sì, in parte. Inarcassa non prevede esoneri totali dal pagamento (a parte per chi è iscritto a Gestione Separata INPS che esclude l’iscrizione a Inarcassa). Tuttavia, esiste la possibilità di chiedere la deroga al contributo minimo soggettivo se prevedete un reddito sotto il minimale (circa €19.000): in quel caso per quell’anno pagate zero minimo soggettivo e verserete solo sul reddito effettivo (che se è zero, nulla). Questa deroga è consentita per 5 anni non consecutivi al massimo e va chiesta entro il 31 maggio dell’anno in corso. È utile per giovani o professionisti in pausa lavorativa, per evitare di accumulare debiti. Per il contributo integrativo e maternità minimi non c’è esonero (vanno comunque versati). In situazioni eccezionali (es. calamità naturali, terremoti) Inarcassa ha talvolta disposto sospensioni temporanee delle scadenze o piani straordinari senza interessi per i colpiti. Ma sono misure caso per caso. Se le difficoltà economiche vi impediscono proprio di pagare, la scelta migliore è: chiedere rateizzazioni e allungare i tempi, e sfruttare il ravvedimento per abbattere sanzioni. Così minimizzate il danno. Inarcassa inoltre dispone di un Fondo di garanzia fidi: in passato ha offerto la possibilità di accedere a finanziamenti bancari a tasso convenzionato garantiti dalla Cassa per pagare i contributi (una sorta di prestito d’onore). Informatevi se tali iniziative sono attive. Infine, se il reddito è basso, ricordatevi che potete dedurre integralmente i contributi e ridurre le imposte: lo Stato in pratica vi “rimborsa” fino al 43% di quanto versato sotto forma di minori tasse, il che è un sollievo indiretto.

Fonti normative, giurisprudenziali e documentali

Normativa primaria (leggi e decreti):

  • Legge 3 gennaio 1981, n. 6: Norme in materia di previdenza per ingegneri e architetti. Legge istitutiva delle pensioni Inarcassa. (GU n.12/1981). Contiene tra l’altro l’art. 16 sul diritto di Inarcassa di ottenere informazioni fiscali e intervenire (richiamato in Regolamento Inarcassa).
  • Legge 8 agosto 1995, n. 335: Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare. L’art. 3, co. 9 ha fissato in 5 anni la prescrizione di tutti i contributi previdenziali obbligatori, disposizione applicata anche alle casse privatizzate (dal 1/1/1996, prima era decennale).
  • Decreto Lgs. 30 giugno 1994, n. 509: Trasformazione in associazioni private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza. Ha privatizzato Inarcassa mantenendone funzioni pubblicistiche. Rilevante perché Inarcassa, pur privata, può usare strumenti pubblici (ruoli esattoriali, ecc.) in base a convenzioni ex D.Lgs. 46/1999.
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602: Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito. L’art. 26 come modificato dal D.Lgs. 159/2015 prevede la notifica delle cartelle via PEC ai professionisti. L’art. 25 dà 60 gg per pagare cartella. Norme applicabili a cartelle Inarcassa via Equitalia/AER.
  • Decreto Lgs. 13 aprile 1999, n. 112: Riordino della riscossione. Consente alle casse privatizzate di affidare la riscossione all’Agente Riscossione tramite ruolo.
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462: Ha introdotto ravvedimento e adesione in ambito tributario, poi estesi come concetto alle casse (Inarcassa li ha nei propri regolamenti).
  • D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 159: (misure di semplificazione fiscali) – art. 14 obbligo PEC professionisti per cartelle.
  • Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023): ha previsto:
    • Stralcio debiti fino €1.000 (2000-15), art. 1 commi 222-230.
    • Definizione agevolata (rottamazione-quater), art. 1 commi 231-252. Inarcassa non ha aderito (Delibera CdA 27/1/2023).
  • D.Lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici): art. 94 e 95 disciplinano cause di esclusione per irregolarità contributiva, art. 99 prevede verifica via fascicolo virtuale DURC.
  • D.P.R. 917/1986 (TUIR): art. 10, co.1 lett. e) – deducibilità contributi obbligatori; art. 100 c.2 – indeducibilità sanzioni; art. 99 – criterio di cassa contributi per imprese.

Regolamenti e atti Inarcassa:

  • Statuto Inarcassa (previgente al 2012): art. 38 prevedeva prescrizione quinquennale contributi, come citato in Cass. 2014.
  • Regolamento Generale di Previdenza 2012 (aggiornato):
    • Art. 1 – sanzione 30% per tardiva iscrizione.
    • Art. 2 – sanzione €170 per omessa dichiarazione redditi; sanzione 50% per dichiarazione infedele; obbligo PEC.
    • Art. 10 – sanzioni omesso versamento: nuovo regime 1%/mese→12%, 12% fisso, 2%/mese oltre 24 fino 30%. Approvato con DM 18/12/2019 (prima era 2%/mese fino 60%).
    • Art. 13 – Ravvedimento operoso (rid. 70%).
    • Art. 14 – Accertamento con adesione (rid. 30% o 70% sanzioni).
    • Art. 11 – prescrizione 5 anni contributi e accessori.
    • Art. 5 – obbligo contributo integrativo per società ing e STP.
  • Delibera CdA Inarcassa 22/09/2015: criteri regolarità contributiva (DURC interno). Requisiti: debito < €500; omissione contributo minimo anno corrente ok; eventuale ricorso pendente ok; piani AER/FIRE in corso ok.
  • Risoluzione Agenzia Entrate n. 114/E del 28/04/2009: chiarisce indeducibilità sanzioni e interessi su contributi.
  • Convenzione Inarcassa – Agenzia Entrate 2023: ha introdotto pagamento contributi via F24. Attuata con Risoluzione AE n. 66/E del 4/12/2023 che istituisce causali E111-E117.
  • Circolare Inarcassa 1/2020: “Sanzioni ridotte del 50%” in Rivista Inarcassa – commenta l’approvazione ministeriale e il nuovo sistema sanzionatorio (iter Tar, ecc).
  • Notizia Inarcassa 31/01/2023: “Inarcassa non aderisce a sanatoria fiscale L.197/2022”.

Giurisprudenza:

  • Cassazione Civile, sez. lav., n. 4050/2014 (20 febbraio 2014): ha sancito che per i contributi Inarcassa dal 1/1/1996 vale prescrizione quinquennale, confermando orientamenti precedenti e art. 3 co.9 L.335/95.
  • Cass. SS.UU. n. 23397/2016: (citata in dottrina) ha esteso il principio dei 5 anni a tutte le gestioni privatizzate, ribadendo che norme speciali previgenti (10 anni) sono superate.
  • Tribunale di Cassino, sez. lav., decreto 10 gennaio 2019: caso Inarcassa – conferma prescrizione 5 anni contributi relativi al 2014. Analizza anche nullità notifiche PEC PDF non firmati digitalmente.
  • Commissione Tributaria Provinciale Catania n. 968/2018: (citata in materiale) – dichiarò nulla notifica PEC cartella in PDF non firmato.
  • TAR Lazio, sent. 18 luglio 2019: (non reperita in dettaglio, citata su Rivista Inarcassa) – ha dato ragione a Inarcassa contro ministeri vigilanti sulla legittimità di ridurre sanzioni (autonomia della Cassa).
  • Corte Cost. n. 69/2017: (non citata prima, ma nota) – ha stabilito che le Casse privatizzate possono scegliere se aderire a definizioni agevolate. Quindi Inarcassa era libera di non aderire alla rottamazione 2023.

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Cosa succede se paghi Inarcassa in ritardo

📅 Anche un semplice ritardo può attivare:

  • Sanzioni per omesso o tardivo versamento (fino al 10% o più)
  • Interessi moratori calcolati per ogni giorno di ritardo
  • Preclusione all’accesso a prestazioni assistenziali o previdenziali
  • Esclusione dal certificato di regolarità contributiva (essenziale per partecipare a bandi e incarichi)

📌 In caso di mancato pagamento prolungato, Inarcassa può trasmettere il debito all’Agenzia Entrate Riscossione per la riscossione forzata.

Posso rateizzare i debiti con Inarcassa?

✅ Sì. Inarcassa consente piani di rateizzazione dei contributi dovuti, anche pregressi:

🔹 Contributi minimi e soggettivi
🔹 Contributi integrativi e maternità
🔹 Debiti oggetto di avviso bonario o già iscritti a ruolo

📌 Puoi chiedere la dilazione fino a 60 mesi, ma devi farlo prima che partano le procedure esecutive.

Cosa rischio se ignoro i solleciti

❌ Perdita del diritto alla pensione piena
❌ Esclusione da prestazioni sanitarie e assistenziali
❌ Blocco della copertura per infortuni e maternità
❌ Azioni legali, fermi amministrativi e pignoramenti
❌ Segnalazione negativa come “non in regola con gli obblighi previdenziali”

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🔁 Ti guida nella ricostruzione di una posizione regolare per tornare operativo

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto previdenziale per professionisti iscritti a Casse private
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

Se hai debiti con Inarcassa, non aspettare la cartella esattoriale.
Con un’azione tempestiva puoi rateizzare, difenderti e mantenere attivi i tuoi diritti previdenziali.

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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