Contraddittorio Preventivo e Accertamento Con Adesione: La Guida

Hai ricevuto una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate con rilievi fiscali? Ti è arrivato un invito al contraddittorio o una proposta di adesione e vuoi capire cosa comporta, se conviene accettare e come difenderti?

Il contraddittorio preventivo e l’accertamento con adesione sono due strumenti fondamentali che il contribuente può utilizzare per evitare un contenzioso, ridurre le sanzioni e in alcuni casi ottenere una definizione agevolata dell’accertamento fiscale.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, accertamenti fiscali e difesa del contribuente – ti spiega come funziona il contraddittorio con il Fisco, cosa succede se accetti o rifiuti l’adesione e quali strategie legali puoi adottare per tutelarti al meglio.

Cos’è il contraddittorio preventivo e quando scatta

Il contraddittorio preventivo è un passaggio obbligatorio in molte procedure di accertamento: l’Agenzia delle Entrate è tenuta, prima di emettere l’atto definitivo, a comunicare al contribuente le sue osservazioni e permettere un confronto. Questa comunicazione prende spesso la forma della “comunicazione di irregolarità” o “invito al contraddittorio”.

Durante questa fase, il contribuente ha la possibilità di fornire documenti, spiegazioni o chiarimenti per evitare che venga formalizzato un accertamento infondato o eccessivo. È quindi una fase delicata, in cui il supporto di un legale può fare la differenza nel ridurre o annullare le pretese dell’Agenzia.

Cos’è l’accertamento con adesione e come funziona

Se il contraddittorio non chiude la questione, o se l’Agenzia emette un avviso di accertamento, il contribuente può ancora chiedere di definire la pretesa in via agevolata, attraverso l’accertamento con adesione.

In questo caso si apre una trattativa tra contribuente e Fisco per trovare un accordo sull’importo delle imposte dovute. Se l’accordo viene raggiunto, il contribuente potrà beneficiare di una riduzione significativa delle sanzioni (a 1/3 del minimo) e potrà pagare anche in forma rateale, evitando il processo tributario.

L’adesione può essere proposta anche prima che venga notificato l’avviso, se il contribuente riceve un invito a comparire, oppure può essere richiesta entro 60 giorni dalla notifica dell’accertamento.

Conviene aderire o resistere?

Dipende dalla forza delle argomentazioni in tuo favore. Se il rilievo è infondato o basato su errori, è spesso meglio respingere l’adesione e impugnare l’atto. Se invece l’accertamento è solo parzialmente sbagliato, o se si vuole evitare il rischio del contenzioso, l’adesione può essere una soluzione conveniente e meno rischiosa.

È sempre consigliabile valutare attentamente il contenuto dei rilievi fiscali con un avvocato tributarista, che può aiutarti a capire se ci sono margini per annullare l’atto, per ridurre le pretese oppure per ottenere un piano di pagamento sostenibile.

Perché è importante agire subito

Il contraddittorio e l’adesione si basano su scadenze molto precise. Non rispondere per tempo significa perdere l’opportunità di difenderti in modo efficace o di chiudere il debito in modo agevolato. Ogni giorno conta.

Con l’assistenza dello Studio Monardo puoi valutare la tua posizione fiscale, rispondere al contraddittorio in modo strategico, costruire una difesa documentata o, se è la scelta più opportuna, definire l’adesione alle condizioni più vantaggiose.

Alla fine della guida potrai richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, esaminare nel dettaglio l’avviso ricevuto e decidere con consapevolezza se aderire, resistere o rinegoziare il debito fiscale in modo tutelato e conforme alla legge.

Introduzione

Il contraddittorio preventivo e l’accertamento con adesione sono istituti cardine del diritto tributario italiano, volti a garantire un equilibrio tra le esigenze dell’Amministrazione finanziaria e i diritti del contribuente. Negli ultimi anni – in particolare con la riforma fiscale 2023-2024 – queste procedure hanno subito importanti evoluzioni normative e interpretative, rivoluzionando il rapporto tra Fisco e contribuente. Questa guida, pensata per professionisti legali e imprenditori, offre una trattazione avanzata e aggiornata a maggio 2025, analizzando in modo operativo:

  • L’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale (ossia svolto durante il procedimento amministrativo prima dell’atto finale), alla luce delle ultime novità normative e della giurisprudenza recente (Cassazione e Corte Costituzionale).
  • Le conseguenze della mancata attivazione del contraddittorio: quando un avviso di accertamento può essere annullato per omessa interlocuzione con il contribuente.
  • Le differenze tra contraddittorio procedimentale (in fase amministrativa) e contraddittorio processuale (in fase giudiziaria), chiarendo diritti e garanzie nelle due fasi.
  • L’impatto delle nuove regole sull’accertamento tributario: come cambia il procedimento di verifica e accertamento, quali atti richiedono obbligatoriamente il contraddittorio e quali sono espressamente esclusi.
  • L’interazione tra contraddittorio preventivo e accertamento con adesione: in che modo il dialogo anticipato con l’ufficio si integra con la possibilità di definire bonariamente la pretesa fiscale tramite adesione.
  • Le implicazioni operative per professionisti e aziende: linee guida pratiche, gestione dei tempi e della strategia difensiva, casi pratici ed esempi numerici (comprese operazioni contabili conseguenti a un accertamento definito).
  • Sezioni dedicate a FAQ (domande frequenti) per chiarire i dubbi più comuni, tabelle riepilogative di prassi amministrative e pronunce giurisprudenziali chiave, simulazioni di casi reali e fac-simili di atti utili (ad esempio un’istanza di accertamento con adesione o le osservazioni a un verbale di verifica).

Il taglio della guida è tecnico-giuridico ma divulgativo: vengono utilizzati termini normativi e riferimenti a leggi e sentenze, spiegandoli in modo chiaro. Tutti i riferimenti normativi sono esclusivamente relativi all’ordinamento italiano (Statuto dei diritti del contribuente, Testo Unico, decreti legislativi di riforma fiscale, ecc.), con segnalazione delle fonti ufficiali e delle pronunce di Cassazione e Corte Costituzionale pertinenti. Al termine è presente una sezione con l’elenco preciso delle fonti normative e giurisprudenziali citate.

Struttura della guida: Dopo un inquadramento normativo generale, verranno esaminati in dettaglio il principio del contraddittorio endoprocedimentale e l’istituto dell’accertamento con adesione. Seguiranno approfondimenti sulle procedure operative, esempi pratici, una sezione FAQ e i modelli di atti. Questa struttura con intestazioni chiare e paragrafi brevi è pensata per facilitare la consultazione come un manuale operativo, consentendo al lettore di individuare rapidamente le informazioni di interesse.

Passiamo quindi ad esaminare il quadro normativo attuale e come si è arrivati alle rilevanti novità del 2024–2025.

Quadro normativo aggiornato (2023–2025)

Per comprendere l’importanza delle recenti novità, è utile delineare il quadro normativo di riferimento e la sua evoluzione:

  • Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000): all’art. 12, comma 7, prevedeva storicamente il diritto del contribuente ad esporre osservazioni entro 60 giorni dalla chiusura di una verifica fiscale svoltasi presso i locali del contribuente (verifica “in loco”). Questa era una forma di contraddittorio endoprocedimentale limitata alle verifiche “on site”. Tale norma permane in vigore, ma fino al 2023 non esisteva nello Statuto un obbligo generalizzato di contraddittorio per ogni tipo di accertamento. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nel 2015 ne aveva escluso la portata generale, negando l’esistenza di un obbligo di contraddittorio in assenza di una specifica previsione di legge.
  • Diritto europeo e Cassazione (tributi armonizzati): per i tributi “armonizzati” (principalmente IVA), la giurisprudenza – ispirandosi ai principi UE sul diritto al contraddittorio – aveva riconosciuto un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale anche in assenza di norma interna, la cui violazione comportava l’invalidità dell’atto. Tuttavia, anche in tali casi la Cassazione ha spesso richiesto la “prova di resistenza”, ossia che il contribuente indichi quali difese avrebbe potuto svolgere se fosse stato ascoltato, dimostrando una potenziale influenza sull’atto (tema su cui torneremo).
  • Mancanza di obbligo per tributi non armonizzati (situazione pre-2024): per le imposte interne non coperte da normativa UE (es. IRPEF, IRES, IRAP, tributi locali), la posizione tradizionale – fino al 2023 – era che non esistesse un obbligo generalizzato di contraddittorio salvo i casi previsti (come l’art. 12, c.7 Statuto dopo verifiche fiscali in loco). Un accertamento “a tavolino” poteva dunque essere emesso senza previo confronto, senza invalidità automatica. Questa disparità è stata oggetto di crescenti critiche e questioni di legittimità costituzionale.
  • Intervento della Corte Costituzionale (sent. 47/2023): Con sentenza n. 47 del 21 marzo 2023, la Corte Costituzionale, esaminando proprio la mancata estensione dell’art. 12, c.7 Statuto agli accertamenti a tavolino, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità (ritenendo necessario un intervento legislativo di sistema), ma ha contestualmente lanciato un monito al legislatore affinché introduca un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale per tutte le tipologie di accertamento. In altre parole, la Consulta ha sottolineato che l’assenza di una garanzia universale di contraddittorio era divenuta una anomalia da sanare.
  • Delega fiscale 2023 (L. 111/2023): il Parlamento ha raccolto tale sollecitazione inserendo, tra i principi di delega per la riforma fiscale (Legge 9 agosto 2023, n. 111), proprio la generalizzazione del contraddittorio. L’art. 17 della delega prevedeva l’introduzione di un principio generale di contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria, da attuare tramite decreti legislativi.
  • Decreto legislativo n. 219/2023 (Nuovo Statuto del contribuente): in attuazione della delega, è stato emanato il D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, in vigore dal 18 gennaio 2024, che ha introdotto il nuovo art. 6-bis nello Statuto del contribuente (L. 212/2000). Tale articolo sancisce espressamente che gli atti impositivi impugnabili davanti alla giustizia tributaria devono essere preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio effettivo ed informato. Si tratta di una clausola generale: qualunque avviso di accertamento, atto di rettifica o altro provvedimento fiscale “autonomamente impugnabile” (ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 546/1992) non può più essere emesso senza aver prima garantito al contribuente la possibilità di essere ascoltato e di fornire le proprie difese. L’inadempimento di tale obbligo comporta la annullabilità dell’atto, su eccezione del contribuente.
  • Atti esclusi dal contraddittorio: D.M. 24/4/2024: La norma primaria prevedeva che con decreto ministeriale fossero individuate le fattispecie in cui il contraddittorio è escluso, in ragione della natura automatizzata o semplificata di taluni controlli. Il Ministro dell’Economia e Finanze ha emanato il D.M. 24 aprile 2024 (pubblicato in G.U. n.100 del 30/04/2024) che elenca dettagliatamente gli atti per i quali non sussiste il diritto al contraddittorio ai sensi dell’art. 6-bis. In sintesi, sono esclusi dall’obbligo del contraddittorio preventivo:
    • Gli atti emessi in seguito a controlli automatizzati o formali basati su incrocio di banche dati o su dati autodichiarati, come:
      • Ruoli e cartelle di pagamento, atti ex art. 36-bis DPR 600/1973 e analoghi per IVA, nonché atti dell’Agenzia Entrate-Riscossione per recupero crediti.
      • Accertamenti parziali automatici (ex art. 41-bis DPR 600/1973 per imposte dirette e art. 54, c.5 DPR 633/1972 per IVA) basati esclusivamente su incrocio di dati, e atti di recupero di crediti d’imposta non spettanti (nuovo art. 38-bis DPR 600/1973) individuati da banche dati.
      • Intimazioni di pagamento autonome (ex art. 29 DL 78/2010) e intimazioni per decadenza da rateazione.
      • Avvisi di liquidazione e accertamenti per omessi o tardivi versamenti in materia di tributi minori o settoriali, come: tasse automobilistiche, concessioni governative su telefonia, ecotassa CO₂ veicoli, ecc..
      • Atti catastali di iscrizione/cancellazione di riserve su intestazioni catastali.
    • Gli atti di pronta liquidazione, ossia quelli emessi a seguito di controlli basati direttamente sui dati della dichiarazione del contribuente o su dati già in possesso dell’amministrazione (es. liquidazioni d’imposta successive a registrazioni, omessi versamenti rilevati dalle dichiarazioni, ecc.). In questa categoria rientrano:
      • Le comunicazioni degli esiti dei controlli automatizzati delle dichiarazioni (art. 36-bis DPR 600/1973 per le imposte dirette, 54-bis DPR 633/1972 per IVA).
      • Le comunicazioni degli esiti dei controlli formali (ex art. 36-ter DPR 600/1973, art. 54-ter e 54-quater DPR 633/1972) – ad esempio le lettere di contestazione di errori formali o richieste di documenti integrative.
      • Gli avvisi di liquidazione per versamenti omessi/insufficienti relativi a imposte d’atto: registro, ipocatastali, successione e donazione, imposta sostitutiva sui finanziamenti, bollo, tributi speciali, ecc..
      • Gli inviti al pagamento del contributo unificato e relative sanzioni per omissione o tardivo versamento (art. 248 DPR 115/2002).
    Nota: Questi atti esclusi sono generalmente quelli già oggi emessi sulla base di calcoli automatizzati o controlli documentali standardizzati, dove il margine di interlocuzione preventiva è ridotto o già disciplinato da procedure particolari (si pensi alle comunicazioni di irregolarità “avvisi bonari” che già consentono al contribuente di segnalare errori prima dell’iscrizione a ruolo). In ogni caso, il D.M. precisa che restano ferme le altre forme di interlocuzione/partecipazione previste da specifiche normative tributarie (ad esempio, il contraddittorio nei procedimenti di accertamento con adesione stessi, o nelle procedure di accordo preventivo internazionali, ecc.).
  • Decorrenza della riforma del contraddittorio: Le nuove disposizioni si applicano agli atti emessi (sottoscritti) a decorrere dal 30 aprile 2024. Fino a tale data, come chiarito dal Ministero dell’Economia (Atto di indirizzo 29/2/2024), restavano in vigore le modalità tradizionali. Dunque, gli avvisi notificati prima di maggio 2024 non sono soggetti al nuovo obbligo generalizzato (restano valutati secondo la normativa previgente e la giurisprudenza maturata su di essa). Per gli atti dal 30/4/2024 in poi, invece, l’inosservanza dell’art. 6-bis comporta annullabilità dell’atto, salvo rientri nelle eccezioni sopra elencate.
  • Coordinamento con l’accertamento con adesione (D.Lgs. 13/2024): Contestualmente alla riforma del contraddittorio, è stato emanato il D.Lgs. 12 febbraio 2024 n. 13 (vigente dal 22 febbraio 2024) che riforma il procedimento di accertamento tributario e riordina l’accertamento con adesione. Questo decreto ha coordinato il D.Lgs. 218/1997 (disciplina dell’adesione) con il nuovo obbligo di contraddittorio preventivo. In particolare:
    • Ha introdotto procedure diverse a seconda che l’atto impositivo sia soggetto o non soggetto a contraddittorio preventivo obbligatorio (vedremo a breve il dettaglio).
    • Ha reintrodotto la possibilità di adesione ai Processi Verbali di Constatazione (PVC), cioè la definizione facilitata dei verbali di verifica fiscale, istituto che in passato era stato sospeso/abrogato e che ora torna, con benefici sanzionatori maggiori (sanzioni ridotte a 1/6 del minimo).
    • Ha rivisto termini e modalità dell’adesione tradizionale post-notifica, introducendo ad esempio un termine più breve (15 giorni) per chiedere l’adesione dopo un avviso preceduto dal contraddittorio, e riducendo in tal caso la sospensione dei termini processuali da 90 a 30 giorni.
    • Ha previsto un nuovo istituto di “concordato preventivo biennale” (fuori dall’ambito di questa guida) e altre semplificazioni in materia di riscossione, che qui citiamo solo per completezza del contesto normativo.

Nella sezione finale “Fonti normative e giurisprudenziali” troverete l’elenco di tutti i riferimenti sopra menzionati (articoli di legge, decreti attuativi, sentenze) per eventuali approfondimenti puntuali.

In sintesi, a partire dal 2024 il principio del contraddittorio endoprocedimentale è divenuto regola generale dell’ordinamento tributario italiano, con poche eccezioni, e il procedimento di accertamento con adesione è stato potenziato e integrato strettamente con la fase del contraddittorio. Approfondiamo ora ciascuno di questi aspetti, iniziando dal contraddittorio preventivo: in cosa consiste, perché è divenuto obbligatorio e quali sono gli effetti della sua omissione.

Il principio del contraddittorio endoprocedimentale (preventivo)

Nozione di contraddittorio endoprocedimentale

Con contraddittorio endoprocedimentale si intende il diritto del contribuente di essere interpellato e ascoltato nel corso del procedimento amministrativo di accertamento, prima che l’ufficio emetta l’atto impositivo finale (avviso di accertamento, avviso di rettifica, atto di recupero, irrogazione sanzioni, ecc.). Si tratta di una declinazione del più ampio diritto di difesa e del principio di buona amministrazione: l’amministrazione finanziaria ha il dovere di “aprire una finestra” durante l’istruttoria, permettendo al contribuente di esporre le proprie ragioni o fornire chiarimenti prima della decisione definitiva.

Caratteristiche fondamentali del contraddittorio endoprocedimentale:

  • Deve essere un contraddittorio reale, effettivo e informato: ciò significa che il contribuente va messo a conoscenza della pretesa fiscale in formazione (es. degli addebiti emersi) e va posto in condizione di replicare adeguatamente, con un tempo congruo e accesso agli atti. L’art. 6-bis Statuto parla espressamente di contraddittorio “informato ed effettivo”.
  • Ha luogo prima che l’atto diventi definitivo: è una fase preventiva e distinta dal contenzioso giudiziario. Idealmente, il contraddittorio consente di correggere errori, ridurre incomprensioni e magari prevenire il contenzioso, eliminando o ridimensionando sul nascere alcune contestazioni.
  • L’onere di attivarlo (nei casi dovuti) grava sull’Amministrazione finanziaria: sarà quindi l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate (o altro ente impositore) a dover invitare il contribuente al contraddittorio, tipicamente mediante una comunicazione contenente gli elementi emersi e un invito a comparire o a presentare memorie.
  • È distinto dall’ordinario scambio di informazioni che avviene durante la verifica fiscale (es. richieste di documenti) o dagli istituti deflativi specifici: il contraddittorio endoprocedimentale è un momento formale in cui prima dell’emissione dell’atto finale si tirano le somme e si dà la possibilità al contribuente di influire sul contenuto del provvedimento.

Dal 2024, come visto, il contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria è divenuto regola generale per tutti gli atti impugnabili. In precedenza era limitato a talune ipotesi o riconosciuto in via pretoria solo per alcuni tributi; ciò creava disparità. Adesso il principio di contraddittorio è elevato a principio generale dell’ordinamento tributario (art. 6-bis Statuto), in attuazione del quale “gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giustizia tributaria” devono essere preceduti da contraddittorio, a pena di annullabilità.

In altre parole: tutti gli avvisi di accertamento, avvisi di rettifica, atti di contestazione sanzioni, avvisi di liquidazione, atti di recupero crediti di imposta, ecc. (cioè tutti gli atti elencati nell’art. 19 D.Lgs. 546/92) devono ora (salvo eccezioni tipizzate) essere preceduti da una fase di confronto con il contribuente. Questo allineamento normativo realizza ciò che la dottrina chiama “giusto procedimento tributario”, mettendo l’Italia al passo con i principi già vigenti in altri ordinamenti e con il diritto UE.

Obbligatorietà del contraddittorio: ambito applicativo

Quando è obbligatorio il contraddittorio endoprocedimentale? Alla luce del novellato art. 6-bis L.212/2000 e del D.M. attuativo, possiamo sintetizzare così:

  • Regola generale: Sempre, prima di emettere un atto impositivo autonomamente impugnabile, l’ufficio finanziario deve attivare il contraddittorio, inviando al contribuente uno schema di atto o una comunicazione contenente le motivazioni e gli elementi dell’accertamento e invitandolo a fornire deduzioni entro un termine (generalmente 60 giorni). Questo obbligo è generalizzato e la sua violazione comporta la annullabilità dell’atto su ricorso del contribuente.
  • Eccezioni normative (atti esclusi): Come visto nella sezione normativa, il D.M. 24/4/2024 delimita tassativamente i casi in cui “non sussiste il diritto al contraddittorio”. In pratica, l’ufficio può legittimamente emettere l’atto senza contraddittorio preventivo soltanto nelle ipotesi elencate dal decreto ministeriale. Si tratta, in estrema sintesi:
    • Controlli automatici e formali (ruoli, avvisi bonari da 36-bis/36-ter, ecc.), dove già esistono procedure di comunicazione degli esiti e possibile adesione spontanea del contribuente.
    • Atti liquidatori basati su dati dichiarati dal contribuente stesso o esiti di registrazioni (es. liquidazioni imposta di registro per omesso versamento, decadenza agevolazioni prima casa, ecc.).
    • Atti di mera riscossione o intimazione (cartelle, intimazioni, atti per decadenza da rate).
    • Alcune categorie di atti impositivi minori (accertamenti su tasse auto, concessioni governative, accise non pagate su dichiarazione, contributo unificato).
    Tabella 1 – Esempi di atti senza contraddittorio obbligatorio (ex D.M. MEF 24/4/2024)
    • Ruoli e cartelle di pagamento derivanti da controlli automatizzati (art. 36-bis DPR 600/73, ecc.).
    • Comunicazioni di irregolarità (avvisi bonari) da controllo automatico o formale delle dichiarazioni (imposte dirette e IVA).
    • Accertamenti parziali automatizzati (es. da incrocio dati bancari o altri database) su redditi o IVA.
    • Avvisi di liquidazione per omessi/tardivi versamenti di registro, ipotecaria-catastale, successioni, ecc.
    • Intimazioni di pagamento (cartelle scadute, decadenza rateazioni) e atti della riscossione coattiva.
      (In tutti questi casi, l’amministrazione può emettere l’atto immediatamente; restano comunque ferme eventuali comunicazioni/inviti specifici previsti dalle singole procedure di controllo.)
  • Eccezioni situazionali (casi di urgenza): La normativa attuale non prevede espressamente altre deroghe (oltre a quelle tipizzate dal DM). In passato, per l’art. 12 c.7 Statuto, era ammessa la possibilità di saltare il termine dilatorio di 60 giorni in caso di particolare urgenza (ad esempio imminente scadenza del termine di decadenza dell’accertamento, rischio concreto di perdita del gettito); in tali casi l’atto veniva motivato con le ragioni dell’urgenza. Anche nel nuovo sistema, in dottrina ci si domanda se permanga la facoltà per l’ufficio di omettere il contraddittorio in situazioni limite (es. accertamento a fine anno in scadenza). La legge e il DM non menzionano esplicitamente questa deroga, quindi in teoria anche in caso di urgenza l’ufficio dovrebbe attivare una qualche forma di contraddittorio. Un comportamento diverso esporrebbe l’atto al rischio di annullamento, a meno che la giurisprudenza non temperi il rigore della norma riconoscendo implicitamente una giustificazione. Al momento (maggio 2025) non risultano pronunce specifiche sulla “scusabilità” della mancata interlocuzione per urgenza dopo l’entrata in vigore dell’art. 6-bis; è prudente ritenere che la strada maestra per l’Ufficio sia sempre quella di far precedere l’atto da un confronto, pianificando per tempo le attività istruttorie proprio per non trovarsi fuori tempo massimo.
  • Ambito soggettivo: il diritto al contraddittorio va riconosciuto a tutti i contribuenti, persone fisiche e soggetti collettivi (società, enti), residenti e non residenti per quanto attiene a attività impositive in Italia. Anche gli enti locali (Comuni, Regioni) nel loro ambito dovranno adeguarsi: ad esempio, un Comune che emette un avviso di accertamento IMU o TARI dovrà attivare il contraddittorio preventivo, salvo il caso in cui l’atto rientri in una categoria di esclusione (es. un omesso versamento rilevato automaticamente? In genere per i tributi locali la liquidazione avviene in modo meno automatizzato, quindi presumibilmente la regola generale si applica). In sostanza, tutte le autorità impositorie rientranti nel perimetro della “giurisdizione tributaria” (incluse Agenzia delle Dogane per accise e dazi, gli enti locali per i loro tributi, ecc.) devono rispettare il principio.

Modalità di svolgimento del contraddittorio

Le modalità pratiche attraverso cui si esplica il contraddittorio preventivo possono variare a seconda della situazione, ma in generale seguono due modelli principali:

  1. Contraddittorio a seguito di verifica fiscale (PVC)Caso classico: Quando c’è stata una verifica presso il contribuente (sia dalla Guardia di Finanza che dall’Agenzia delle Entrate), viene redatto un Processo Verbale di Constatazione (PVC) finale. Già dal 2000 lo Statuto garantisce 60 giorni per osservazioni prima dell’emissione dell’avviso (salvo casi urgenti). In tal caso il contraddittorio si concretizza con la presentazione di memorie difensive da parte del contribuente (eventualmente accompagnate da documenti) entro il termine, e/o con l’invito dell’ufficio a un incontro. Spesso, infatti, dopo il PVC finale, l’ufficio fiscale invita il contribuente a un contraddittorio orale (un incontro o più d’uno) per discutere le osservazioni. Al termine, l’ufficio decide se accogliere in tutto o in parte le difese: se non le accoglie, deve fornire motivazione puntuale nell’atto (motivazione “rafforzata” richiesta dallo Statuto). Il mancato rispetto di questa procedura (ad esempio, emissione dell’avviso prima dei 60 giorni senza urgenza) comporta la nullità dell’avviso stesso, come affermato costantemente dalla Cassazione.
  2. Contraddittorio “da ufficio” (invito o schema di atto)Nuovo modello generalizzato: Per gli accertamenti senza un PVC antecedente, ora l’ufficio deve comunque creare una fase di confronto. In pratica, a regime, l’iter è il seguente:
    • L’ufficio elabora una proposta di accertamento e quindi invia al contribuente uno “schema di atto” (previsto dall’art. 6-bis Statuto e dal D.Lgs. 13/2024). Questo schema è una sorta di brutta copia dell’avviso di accertamento, contenente l’indicazione della maggiore imposta, degli elementi raccolti e delle motivazioni.
    • Nello schema di atto vi sono due inviti espliciti rivolti al contribuente:
      a) uno ad presentare deduzioni/osservazioni difensive entro 60 giorni;
      b) l’altro ad eventualmente presentare istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni (sostituendo quindi l’ordinario invito a comparire previsto dall’art.5 D.Lgs 218/97, come vedremo).
    • Da qui, il contribuente può scegliere come reagire: può inviare osservazioni scritte, può chiedere un incontro con l’ufficio per discutere (il che spesso sfocia in un’adesione), oppure può non rispondere affatto.
    • Decorsi i 60 giorni (o 90 se prorogati, ad esempio su richiesta motivata del contribuente – l’amministrazione può concedere proroghe se il caso è complesso), l’Ufficio può procedere ad emettere l’avviso di accertamento definitivo. Se il contribuente ha inviato memorie, l’Ufficio le valuterà e, se decide di non accoglierle, nel provvedimento finale dovrà dare conto delle ragioni del mancato accoglimento.
    • Importante: Qualora il contribuente aderisca alla proposta in sede di contraddittorio (attraverso l’accertamento con adesione), l’avviso “schema” non avrà seguito come tale, ma si formalizzerà direttamente l’atto di adesione con gli importi concordati.
    Questo modello ora diviene la norma per gran parte degli accertamenti fiscali, rendendo sistematica una prassi che in parte l’Agenzia già applicava (si pensi agli “inviti al contraddittorio” spesso inviati per gli accertamenti da studi di settore, o per i controlli bancari, già prima esistevano inviti informali in molti casi). La differenza è che ora la procedura è formalizzata e obbligatoria.

Nel contraddittorio, il contribuente può farsi rappresentare da un professionista di fiducia (commercialista, avvocato tributarista, ecc.), il quale potrà presentare memorie tecniche e partecipare alle eventuali riunioni con l’Ufficio. È prassi consigliabile redigere sempre un verbale o resoconto dell’incontro, firmato da entrambe le parti, in cui si dà atto dei punti discussi e delle eventuali conclusioni (specie se l’ufficio accetta alcune argomentazioni, ciò andrà messo a verbale per avere traccia di una parziale definizione).

Esiti e valore del contraddittorio: dall’annullamento dell’atto alle modifiche della pretesa

Il contraddittorio endoprocedimentale può portare a diversi esiti pratici:

  • Accoglimento totale delle ragioni del contribuente: in rarissimi casi, l’ufficio può essere convinto dall’evidenza fornita dal contribuente e archiviare il procedimento (cioè decidere di non emettere più alcun avviso di accertamento). Ad esempio, se nel contraddittorio emergono prove documentali solide che smentiscono completamente le contestazioni, l’atto potrebbe non essere emesso affatto.
  • Accoglimento parziale o rettifiche: più frequentemente, il confronto conduce l’ufficio a rettificare parzialmente la pretesa iniziale. Ad esempio, su 5 rilievi contestati, il contribuente dimostra la correttezza di 2; l’avviso definitivo potrà allora contenere solo i 3 rilievi residui (o comunque rideterminare i maggiori imponibili). Questo è uno degli scopi virtuosi del contraddittorio: evitare di emettere atti su basi erronee o eccessive. È doveroso che l’ufficio motivi nell’atto finale l’eventuale abbandono di rilievi o la parziale modifica, anche in ottica di trasparenza.
  • Mancato accordo – emissione dell’atto invariato: può accadere che il contraddittorio non porti ad alcuna convergenza: l’ufficio resta fermo sulle proprie posizioni e il contribuente pure. In tal caso, decorso il tempo, l’Ufficio emetterà l’avviso confermando integralmente la pretesa. L’importante però è che abbia rispettato il diritto di interlocuzione: l’atto rimane valido (non annullabile per vizio procedurale) anche se il contribuente non ha convinto l’ufficio. In sede contenziosa il contribuente potrà riproporre le stesse argomentazioni, ma almeno l’ufficio è tenuto ad averle considerate e a confutarle in motivazione.
  • Mancata risposta del contribuente: se il contribuente ignora l’invito al contraddittorio (non presenta memorie né chiede incontri), l’Ufficio, decorso il termine, potrà emettere l’avviso definitivo. L’assenza di partecipazione non pregiudica il contribuente in sede di eventuale ricorso: egli potrà comunque difendersi davanti al giudice. Tuttavia, aver snobbato il contraddittorio potrebbe, in pratica, indebolire la posizione del contribuente (ad esempio, il giudice potrebbe chiedersi perché certe prove non furono già esibite prima). In ogni caso, quel che conta è che l’Ufficio abbia messo il contribuente in condizione di partecipare: se l’invito è stato regolarmente fatto, l’obbligo dell’amministrazione è assolto. L’inerzia del contribuente non genera nullità, ovviamente.
  • Inosservanza dell’obbligo – vizio dell’atto: se invece l’Ufficio non attiva affatto il contraddittorio quando dovuto (o lo conduce in modo meramente apparente, ad es. concedendo termini irragionevolmente brevi, o omettendo di comunicare elementi fondamentali), l’atto finale è viziato. Come detto, l’art. 6-bis qualifica tale atto come annullabile. In giudizio, il contribuente dovrà eccepire la violazione del contraddittorio endoprocedimentale come motivo di ricorso, chiedendo l’annullamento dell’atto. Il giudice tributario, verificato che:
    • l’atto rientrava tra quelli soggetti all’obbligo (non escluso dal DM);
    • l’amministrazione non ha provato di aver svolto il contraddittorio in modo congruo;
    • il contribuente non ha avuto concreta possibilità di interloquire,
    dichiarerà l’atto annullato per violazione di legge. Si tratta di un’annullabilità relativa (va fatta valere dal contribuente nel ricorso, non è un vizio rilevabile d’ufficio oltre certe fasi processuali), ma una volta eccepita porta tipicamente all’annullamento pieno dell’atto. Non è previsto un mero rinvio in ufficio: l’atto viene invalidato e l’amministrazione, se ancora in termini, dovrà eventualmente riemetterlo ex novo rispettando il contraddittorio (altrimenti la pretesa decade).
  • Prova di resistenza: Nota importante sulla giurisprudenza: storicamente, come accennato, la Cassazione aveva introdotto la nozione di prova di resistenza in tema di contraddittorio. In che consiste? In sede di giudizio, per ottenere l’annullamento dell’atto viziato da omesso contraddittorio, al contribuente veniva richiesto di indicare quali elementi di difesa avrebbe potuto far valere se fosse stato sentito, e come questi avrebbero potuto influire sull’atto. In pratica, si esigeva la dimostrazione di un pregiudizio concreto derivante dalla mancata interlocuzione. Questo orientamento – nato per i tributi armonizzati sotto l’egida del diritto UE, ma poi esteso in parte anche ad altri tributi – aveva l’effetto di non annullare l’atto per un vizio “formale” se, in sostanza, il contraddittorio omesso non avrebbe comunque modificato il risultato. Esempio: se un avviso accerta maggiore IVA su vendite non fatturate e il contribuente in giudizio non indica alcuna giustificazione plausibile che avrebbe potuto fornire in sede precontenziosa (perché magari la violazione è oggettiva), la Cassazione riteneva che l’atto restasse valido anche se il contraddittorio era stato saltato, in quanto la difesa sarebbe risultata “vana” (nessun argomento difensivo possibile). La situazione attuale è in evoluzione: con l’introduzione di un obbligo generalizzato “a pena di annullabilità” per legge, la dottrina ritiene che la prova di resistenza potrebbe perdere rilevanza per gli atti emanati dopo la riforma. Infatti, se la legge stessa collega la nullità dell’atto alla mancata attivazione del contraddittorio, parrebbe sufficiente rilevare l’omissione per annullare, senza ulteriori oneri per il contribuente. Tuttavia, occorre prudenza:
    • In ambito UE (IVA), la Corte di Giustizia ha affermato che una violazione del diritto al contraddittorio può non comportare annullamento dell’atto se il contribuente non dimostra che le sue osservazioni avrebbero potuto modificare la decisione (principio derivato da alcune sentenze come Kasimer, Ispas, ecc.). La Cassazione italiana ne ha fatto applicazione costante in passato.
    • Ad aprile 2024, la Cassazione (Sez. V) ha rimesso la questione della prova di resistenza alle Sezioni Unite, proprio per chiarire i “contenuti e limiti della prova di resistenza” nel nuovo contesto. Ciò segnala che il tema è ancora aperto: le Sezioni Unite dovranno dire se, d’ora in avanti, la mancanza di contraddittorio comporta ipso facto l’annullamento (tesi garantista), oppure se permane l’onere per il contribuente di dimostrare un pregiudizio (tesi più sostanzialista).
    • Alcune pronunce recenti di sezioni semplici, anche nel 2024, hanno oscillato: talora ribadiscono la necessità della prova di resistenza per i tributi armonizzati, altre sembrano propendere per l’automatismo dell’invalidità. Ad esempio, un’ordinanza della Cass. di giugno 2024 ha affermato che anche negli accertamenti a tavolino l’Amministrazione è ora gravata da un obbligo generale di contraddittorio, lasciando intendere che la violazione comporta invalidità (possibile eco della riforma intervenuta).
    In attesa della pronuncia delle Sezioni Unite (attesa presumibilmente entro il 2025) e di un consolidamento, il consiglio pratico è: in sede contenziosa, il contribuente alleghi sempre quali argomenti avrebbe svolto se ascoltato, per mettere il giudice in condizione di apprezzare la concretezza del vizio. In parallelo, è auspicabile che gli uffici, conoscendo questo possibile orientamento severo, non trascurino mai il contraddittorio, anche quando pensano che “tanto il contribuente non avrebbe nulla da dire”. Va sottolineato che il nuovo impianto normativo nasce proprio per evitare simili diatribe processuali: l’obiettivo è che il contraddittorio avvenga e che eventuali errori/preclusioni siano sanati prima, senza dover discutere in giudizio di prove di resistenza. Resta comunque un principio di civiltà giuridica acquisito: il diritto del contribuente ad essere sentito prima dell’atto è ormai tutelato per legge in modo pieno.

Contraddittorio procedimentale vs contraddittorio processuale

Spesso si parla di “contraddittorio” sia in fase amministrativa che in fase giudiziaria: pur utilizzando lo stesso termine, si tratta di due piani distinti, retti da norme e garanzie differenti. Facciamo chiarezza sulle differenze tra contraddittorio endoprocedimentale (preventivo) e contraddittorio processuale:

  • Sede e finalità: il contraddittorio procedimentale si svolge presso l’ente impositore, prima della decisione amministrativa. Ha finalità di cooperazione, chiarimento e (auspicabilmente) definizione bonaria o almeno preparatoria. Il contraddittorio processuale si svolge davanti a un giudice terzo (la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, secondo grado, Cassazione), ed è la manifestazione del diritto di difesa in giudizio: serve a convincere un giudice dell’illegittimità (o legittimità) dell’atto ormai emanato.
  • Norme di riferimento: il contraddittorio procedimentale tributario è oggi normato da disposizioni come l’art. 6-bis L.212/2000 e norme procedurali specifiche (es. art. 5 D.Lgs.218/97 per l’invito in adesione). Il contraddittorio processuale è disciplinato dai principi del processo tributario (D.Lgs. 546/92) e, più in generale, dall’art. 111 Cost. (giusto processo) e dalle norme del codice di procedura civile applicabili: prevede il diritto di entrambe le parti al contraddittorio in senso classico, cioè a conoscere le domande avversarie, replicare, produrre prove, ecc., in un giudizio equo.
  • Soggetti coinvolti: nel contraddittorio preventivo le parti sono contribuente e ufficio fiscale. Nel contraddittorio processuale le parti sono contribuente (ricorrente/appellante) e ente impositore resistente davanti al giudice. La presenza del giudice significa che quel contraddittorio ha lo scopo di far valere diritti soggettivi in sede terza, mentre nel contraddittorio procedimentale il “giudice” in un certo senso è la stessa amministrazione, chiamata a riesaminare criticamente la propria posizione alla luce delle difese del contribuente.
  • Strumenti e esito: nel contraddittorio procedimentale gli strumenti difensivi sono essenzialmente osservazioni, documenti, memorie e colloqui diretti. Non c’è potere coercitivo per ottenere prove (quello semmai ce l’ha l’ufficio, che può chiedere documenti ecc.). L’esito può essere l’archiviazione, la modifica o la conferma dell’atto (o un accordo in adesione). Nel contraddittorio processuale, invece, ciascuna parte può chiedere al giudice mezzi istruttori (per quanto limitati nel processo tributario), eccepire vizi, far testimoniare qualcuno (nel processo tributario la testimonianza è ancora formalmente vietata, art. 7, ma vi sono altri mezzi come documenti e presunzioni). L’esito qui sarà una sentenza che decide chi ha ragione.
  • Garanzie formali: il contraddittorio procedimentale non ha una forma procedurale univoca, se non quelle fissate dalle singole norme: l’importante è che sia garantita concretezza e parità di armi (ad esempio, che il contribuente conosca gli elementi contestati e abbia tempo adeguato). Il contraddittorio processuale invece segue regole ben precise (notifica del ricorso, costituzione in giudizio, scambio di memorie, udienza pubblica, ecc.), ed è presidiato dalla possibilità di ricusare il giudice, appellare la decisione, ecc.

In breve, possiamo dire che il contraddittorio endoprocedimentale è una garanzia amministrativa per un procedimento equo, mentre il contraddittorio processuale è la garanzia giurisdizionale del giusto processo. Entrambi sono essenziali e, anzi, si completano: un solido contraddittorio endoprocedimentale può evitare di arrivare al contraddittorio processuale (contenzioso), o comunque porvi basi migliori; viceversa, se il contraddittorio a monte è stato carente, il contribuente potrà far valere tale lacuna proprio nel contraddittorio processuale, ottenendo tutela dal giudice.

Va aggiunto che il nuovo sistema non elimina affatto il contraddittorio processuale: il contribuente conserva pienamente il diritto di impugnare l’atto davanti ai giudici tributari anche dopo aver partecipato al contraddittorio endoprocedimentale (a meno che l’abbia definito con adesione, chiaramente). La partecipazione al contraddittorio preventivo non preclude affatto il ricorso in Commissione tributaria, né implica acquiescenza, salvo che sfoci in un accordo di adesione firmato. Su questo punto, e sulle strategie deflative correlate, entriamo ora nel merito dell’altro grande istituto oggetto di questa guida: l’accertamento con adesione.

L’accertamento con adesione: disciplina e funzione

L’accertamento con adesione è un strumento deflativo del contenzioso introdotto nell’ordinamento italiano con D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218. Esso consente al contribuente e all’amministrazione finanziaria di definire in modo concordato le imposte dovute, evitando il giudizio, attraverso un procedimento di “trattativa” sulla pretesa fiscale. In pratica, è una forma di conciliazione stragiudiziale in ambito tributario, attivabile prima che il ricorso venga deciso in commissione (anzi, prima ancora di presentarlo, di norma).

Finalità e vantaggi dell’adesione

Lo scopo dell’accertamento con adesione è duplice:

  • Per il Fisco: ottenere il pagamento (seppur ridotto) in tempi più rapidi e certi, riducendo i costi e i rischi del contenzioso.
  • Per il contribuente: evitare una lunga causa tributaria (con esito incerto) e usufruire di sensibili benefici sanzionatori e di pagamento.

I principali vantaggi per il contribuente che perfeziona un accertamento con adesione sono:

  • Riduzione delle sanzioni amministrative: le sanzioni applicate vengono ridotte ad 1/3 del minimo edittale previsto dalla legge. Ad esempio, se l’omissione contestata avrebbe comportato una sanzione dal 100% al 200% dell’imposta, pagherà circa il 33% dell’imposta invece che il 100% in caso di soccombenza in giudizio. (Attenzione: dal 2024, per l’adesione ai PVC la riduzione è addirittura 1/6, come vedremo separatamente.)
  • Niente sanzioni penali: la definizione in adesione dell’accertamento ha effetti anche sul penale tributario, costituendo causa di non punibilità per alcuni reati tributari (in particolare se tutti i debiti sono estinti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento – art. 13 D.Lgs. 74/2000).
  • Pagamento rateale agevolato: il contribuente può pagare le somme concordate rateizzandole fino a 8 rate trimestrali (o 16 rate se l’importo supera €50.000), con interessi legali. È una dilazione più breve rispetto a quella ottenibile in giudizio, ma comunque un sollievo di cassa.
  • Sospensione del termine di ricorso: la presentazione dell’istanza di adesione sospende i termini per impugnare l’avviso di accertamento, evitando così al contribuente di dover correre in Commissione mentre tratta con l’ufficio.
  • Chiusura definitiva della controversia: firmato l’atto di adesione e pagato quanto dovuto, l’accertamento non è più impugnabile né aggravabile dall’ufficio: garantisce certezza finale. Per l’impresa, ciò significa poter accantonare la questione e rifocalizzarsi sul business, evitando incertezze negli esercizi futuri.

Procedura di base (schema generale)

Riassumiamo il funzionamento classico dell’accertamento con adesione (per come era concepito dal D.Lgs.218/97, a grandi linee):

  1. Presupposto: deve esserci un atto impositivo emesso (un avviso di accertamento, di norma) oppure un invito a comparire dall’ufficio. Tradizionalmente, l’adesione poteva avvenire:
    • Su iniziativa del contribuente dopo un avviso: il contribuente, ricevuto un avviso di accertamento, può presentare all’ufficio un’istanza di accertamento con adesione (in carta libera, ora via PEC di solito) prima di fare ricorso. Ciò sospende per 90 giorni il termine per ricorrere.
    • Su iniziativa dell’ufficio (“invito a comparire”): l’ufficio, prima di emettere l’accertamento, può inviare al contribuente un invito a comparire, proponendo di discutere in adesione. Questo era previsto dall’art. 5 del D.Lgs.218/97 e già costituiva un embrione di contraddittorio pre-contenzioso, molto simile al nuovo schema di atto introdotto nel 2024.
    • Dopo un PVC (“adesione ai PVC”): questa era una possibilità introdotta nel 1997 (art. 5-bis D.Lgs.218/97) poi sospesa nel 2015 e infine riattivata dal 2024. Consente di definire direttamente il contenuto di un processo verbale di constatazione senza attendere l’avviso (ne parleremo in dettaglio più avanti).
  2. Incontro/i con l’ufficio: presentata l’istanza (o su invito), si instaura il dialogo tra contribuente e ufficio. Spesso vi è uno o più incontri presso l’ufficio in cui si espongono le rispettive posizioni. Il contribuente può portare nuovi documenti, chiarimenti, evidenziare iniquità o errori nei calcoli, ecc. Da questa discussione può emergere una base di accordo.
  3. Formula del “concordato”: se si trova un punto d’incontro, le parti quantificano le imposte dovute (imponibile definito e imposta corrispondente) per ciascun tributo e anno, nonché le sanzioni ridotte a 1/3 del minimo. L’ufficio redige un atto di accertamento con adesione contenente tali somme.
  4. Sottoscrizione dell’atto e pagamento: l’atto di adesione viene sottoscritto dal contribuente (o suo delegato) e dal Capo dell’Ufficio competente. Da quel momento è come un contratto concluso. Il contribuente ha 20 giorni di tempo per pagare le somme dovute (in unica soluzione o prima rata). Il pagamento tempestivo perfeziona l’adesione; se non paga, l’adesione si considera decaduta e l’ufficio iscriverà a ruolo le somme (in genere quelle concordate, ma con sanzioni piene? Di solito se salta il pagamento decadono i benefici, quindi meglio evitare). In ogni caso, dopo la firma, il contribuente non può più impugnare l’accertamento in giudizio (salvo vizi di volontà gravi).
  5. Effetti: con l’adesione conclusa, cessa la materia del contendere. Non ci sarà alcun processo. L’adesione non costituisce ammissione di dolo o colpa, ma una definizione bonaria: tuttavia, i fatti accertati restano validi e definitivi ai fini fiscali.

Novità introdotte dalla riforma fiscale 2023-2024

Il D.Lgs. 13/2024 ha apportato alcune modifiche sostanziali alla disciplina dell’adesione, in parte per coordinare con il contraddittorio obbligatorio, in parte per reintrodurre e migliorare strumenti:

  • Procedure distinte per atti con o senza contraddittorio: Come anticipato, ora il D.Lgs.218/97 (modificato) distingue:
    • Adesione su atti con contraddittorio (art. 6, c.2-bis D.Lgs.218): quando il contribuente riceve lo schema di atto (contraddittorio ex art.6-bis), può presentare istanza di adesione entro 30 giorni dalla comunicazione di tale schema. In tal caso, l’ufficio e il contribuente avviano il procedimento di adesione prima dell’emissione dell’avviso definitivo. Se l’adesione va a buon fine, l’accertamento viene definito prima ancora di nascere formalmente come avviso (si formalizzerà direttamente l’atto di adesione con gli importi concordati).
      • Se il contribuente chiede adesione su schema di atto ma la trattativa fallisce, l’ufficio emetterà poi l’avviso di accertamento. Non sarà possibile, in seguito alla notifica dell’avviso, richiedere nuovamente l’adesione – questo per evitare dilazioni ulteriori: in pratica hai una sola chance di adesione, che hai già giocato nella fase pre-notifica.
      • Durante i 60 giorni di contraddittorio lo stesso decreto prevede comunque che “le parti possono, di comune accordo, dare corso al procedimento di accertamento con adesione” anche senza attendere la formale istanza: significa che se durante il contraddittorio emergono margini di accordo, si può immediatamente convergere sull’adesione.
    • Adesione su atti senza contraddittorio (art. 6, c.2 D.Lgs.218 modificato): per gli atti non soggetti all’obbligo di contraddittorio (esclusi dal DM o comunque emessi senza contraddittorio), rimane la possibilità classica: il contribuente, ricevuto l’avviso, può presentare istanza di adesione entro il termine per ricorrere (60 gg). L’invito all’adesione in questi casi sarà sempre indicato nell’avviso stesso (per legge, l’avviso deve contenerlo). La presentazione dell’istanza sospende i termini per il ricorso per 90 giorni. In questa ipotesi, essendo il primo tentativo, se la trattativa non va a buon fine il contribuente ovviamente potrà poi procedere col ricorso (non c’è un secondo tentativo).
    • Adesione su avvisi con contraddittorio non utilizzato: se il contribuente, pur avendo ricevuto lo schema di atto, non ha chiesto l’adesione in quella sede, e quindi l’ufficio emette l’avviso, esiste una finestra residuale: il contribuente può comunque presentare istanza di adesione entro 15 giorni dalla notifica dell’avviso. Questa è una novità: tradizionalmente l’istanza poteva arrivare entro 60 giorni, ora qui viene ridotto a 15. Inoltre, in tal caso, la sospensione dei termini per ricorrere è di soli 30 giorni (non 90). Quindi, chi non sfrutta la fase pre-contenziosa, ha ancora un’opportunità subito dopo, ma più ristretta nei tempi. Anche in questa ipotesi, l’istanza post-avviso è un “primo tentativo” (non ne aveva fatti prima), dunque la trattativa può svolgersi. Tuttavia, la norma (art.7, c.1-quater D.Lgs.218) stabilisce che in sede di adesione post-avviso l’ufficio non è tenuto a prendere in considerazione elementi di fatto nuovi rispetto a quelli già dedotti nelle eventuali osservazioni presentate nel contraddittorio. In pratica: se il contribuente aveva presentato memorie nel contraddittorio e poi chiede adesione dopo l’avviso, non può durante la trattativa tirare fuori fatti completamente diversi da quelli discussi prima – l’ufficio può ignorarli. Ciò per evitare che uno usi l’adesione come secondo round per introdurre elementi che poteva (doveva) già introdurre nel contraddittorio.
  • Reintroduzione dell’adesione ai PVC: il decreto 13/2024 ha reintrodotto in via strutturale l’adesione al Processo Verbale di Constatazione. Ora, dunque, entro 30 giorni dalla consegna del PVC di verifica, il contribuente può comunicare la volontà di aderire integralmente ai rilievi in esso contenuti. Ci sono due modalità:
    • Adesione incondizionata: il contribuente accetta tutto il contenuto del PVC così com’è. Entro 60 giorni dalla comunicazione di adesione, l’Agenzia delle Entrate notificherà un atto di definizione dell’accertamento parziale recependo i rilievi del PVC. “Parziale” significa che quell’atto riguarderà solo i rilievi del PVC (magari ce ne erano altri non contestati? In genere il PVC contiene tutto, ma se contenesse più annualità, l’adesione può riguardare tutti quei periodi).
    • Adesione condizionata: il contribuente dichiara di aderire a condizione che vengano rimossi o corretti errori manifesti nel PVC. Ad esempio, se nel verbale c’è un evidente errore di calcolo o duplicazione di un rilievo, il contribuente potrebbe dire: “aderisco purché l’organo di verifica corregga questo errore”. In tal caso, l’organo che ha redatto il PVC ha 10 giorni per correggerlo con un verbale integrativo (se riconosce l’errore). A quel punto si perfeziona l’adesione (se il contribuente conferma la volontà una volta corretto).
    In entrambi i casi, l’adesione al PVC sospende per 30 giorni i termini di decadenza dell’accertamento (il tempo della definizione) e comporta benefici ancora maggiori sulle sanzioni: sanzioni ridotte a 1/6 del minimo. Inoltre, sui maggiori contributi previdenziali emersi non si applicano sanzioni né interessi (questo per favorire l’emersione immediata del dovuto anche in ambito contributivo). L’adesione al PVC ha l’effetto di evitare del tutto l’emissione dell’avviso di accertamento, almeno per i contenuti oggetto del verbale. È una definizione molto conveniente in termini di sanzioni. Naturalmente, richiede che il contribuente sia disposto ad accettare tutti i rilievi (salvo correzione errori formali): non c’è margine di negoziazione su “quanto pagare” – si paga il dovuto integrale risultante dal PVC, ma con forte sconto sanzionatorio. In pratica è un incentivo per chi, dopo la verifica, riconosce la fondatezza delle contestazioni e vuole chiudere subito col minimo aggravio.
  • Concordato preventivo biennale: merita un cenno, pur non essendo l’oggetto principale di questa guida, l’istituto del concordato preventivo per due annualità introdotto dal D.Lgs.13/2024. Esso consente a determinate categorie di contribuenti di concordare anticipatamente col Fisco il trattamento fiscale di alcuni elementi, in modo da avere certezza per il biennio successivo (è diverso dall’adesione, perché riguarda di solito future dichiarazioni). È citato perché fa parte del medesimo decreto di riforma e riflette la filosofia di maggiore cooperazione preventivata col contribuente.

In sintesi, con le novità 2024, l’accertamento con adesione:

  • Si innesta formalmente nel processo di contraddittorio: l’invito all’adesione viene fatto contestualmente all’invito a fornire osservazioni, nel caso di accertamenti soggetti a contraddittorio.
  • Offre un secondo momento eventuale anche post-notifica (se non sfruttato prima), ma con tempi ridotti (15 gg di richiesta, 30 gg sospensione).
  • Rende nuovamente disponibile la scorciatoia dell’adesione al PVC (con sconto sanzioni 1/6) per chiudere le verifiche sul nascere.
  • Non consente doppio tentativo: o prima o dopo l’avviso, ma non entrambi (a meno che il primo non l’hai proprio fatto).
  • Mantiene i vantaggi storici (1/3 sanzioni, rateazione) invariati, salvo miglioramenti (1/6 per PVC).

Simulazione pratica di un’adesione post-avviso (prima e dopo la riforma)

Caso di scuola: Poniamo che Alpha Srl riceva in data 10 maggio 2025 un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2021, con maggiore IRES accertata pari a €100.000 (imposta). Le sanzioni indicate sull’avviso (100% dell’imposta) ammontano a €100.000. La società reputa che parte della pretesa sia eccessiva, ma è disposta a riconoscere un imponibile maggiore parziale. Vediamo come si potrebbe svolgere l’adesione:

  • Termini: Entro il (ordinario) termine di 60 giorni per il ricorso, la società può presentare istanza di adesione. Supponiamo la presenti il 5 giugno 2025 (entro 15 giorni, essendo atto preceduto da contraddittorio in questo esempio). Il termine per ricorrere resta sospeso per 30 giorni.
  • Incontro e trattativa: il 20 giugno la società (col suo consulente) si reca presso l’ufficio. Dopo discussione, l’ufficio accetta alcune deduzioni: la base imponibile aggiuntiva inizialmente di €400.000 viene ridotta a €300.000. Su questa base, l’IRES dovuta passa da €100.000 a €75.000. Le sanzioni, ridotte ad 1/3 del minimo, saranno il 33% di €75.000, cioè €25.000 (invece dei €75.000 di sanzione minima ordinaria su quell’imposta).
  • Firma dell’atto: si redige l’atto di adesione con imponibile concordato +€300.000, imposta €75.000, sanzioni €25.000, interessi dovuti calcolati (poniamo €5.000). Totale €105.000.
  • Pagamento: la società opta per la rateazione in 8 rate trimestrali (importo >50.000 consente 16 rate, ma può scegliere meno). Paga la prima rata di €13.125 (un ottavo del totale, includendo interessi spalmati) entro il 10 luglio 2025. Da qui ogni tre mesi pagherà le successive.
  • Effetto contabile: la società registrerà un onere straordinario da adesione per imposte pregresse: l’imposta €75.000 andrà a conto economico (voce imposte esercizi precedenti), le sanzioni €25.000 come costo non deducibile (altra quota straordinaria), gli interessi €5.000 come oneri finanziari. Non dovrà riaprire il bilancio 2021, trattandosi di una sopravvenienza passiva per imposte.

Risultato: la società ha risparmiato €25.000 di imposta e €75.000 di sanzioni rispetto alla pretesa iniziale. L’Agenzia ha comunque incassato €100.000 di cui €75k di tributo prima possibili e senza incertezza. Nessuna delle due parti affronterà un giudizio.

Prima della riforma, questo scenario sarebbe stato simile per l’adesione post-avviso, tranne che:

  • La richiesta poteva essere presentata entro 60 gg (non c’era distinzione 15/30 giorni).
  • La sospensione termini sarebbe stata di 90 giorni.
  • Non vi era la fase formale di schema di atto previa (in questo caso ipotizzato fosse con contraddittorio).
  • L’adesione ai PVC non c’entrava in questo esempio, ma in generale prima della riforma (dal 2015 al 2023) non si poteva aderire ai PVC in via ordinaria, ora sì.

Differenze con altri strumenti deflativi: acquiescenza e conciliazione

È utile distinguere l’accertamento con adesione da altri istituti affini:

  • Acquiescenza (art.15 D.Lgs. 218/97): consiste nel pagamento entro i termini di proposizione del ricorso di tutte le somme richieste nell’avviso di accertamento, senza contestazione. In cambio, le sanzioni sono ridotte ad 1/3 (lo stesso beneficio sanzionatorio dell’adesione) e non si applicano interessi di mora. La differenza chiave è che nell’acquiescenza non c’è negoziazione: il contribuente accetta integralmente l’atto così com’è (eventualmente approfittando di piccoli errori correggibili in autotutela prima di pagare). Si usa se l’ufficio ha ragione o se il contribuente vuole chiudere subito evitando aggravi. Nell’adesione invece c’è dialogo e possibile modifica dell’atto.
  • Conciliazione giudiziale (artt. 48 e 48-bis D.Lgs. 546/92): è un accordo tra le parti che può intervenire durante il processo tributario (in primo grado, o ora anche in appello per alcune liti) e viene recepito dal giudice con sentenza o decreto. Consente riduzione delle sanzioni al 40% (se conciliazione entro primo grado) o 50% (in appello) e pagamento rateale fino a 20 rate trimestrali. La conciliazione è simile all’adesione come negoziazione, ma avviene in giudizio e con sconti sanzioni meno favorevoli (1/3 vs 40%). Spesso la si usa quando l’adesione è fallita o non è stata chiesta e si preferisce accordarsi durante la causa.
  • Ravvedimento operoso: qui non c’è avviso di accertamento, è il contribuente spontaneamente (prima che inizi un controllo) a correggere errori o omissioni pagando il dovuto con sanzioni ridotte. Non è paragonabile all’adesione, perché interviene in assenza di pretesa formale e senza interlocuzione (è un atto unilaterale del contribuente con benefici decrescenti col tempo).

Quando conviene l’adesione? In generale, l’adesione conviene quando:

  • Il contribuente riconosce almeno in parte la fondatezza delle pretese e vuole evitare il rischio di sanzioni piene.
  • Ci sono margini per negoziare importi inferiori a quelli contestati (ad esempio questioni valutative, stime, percentuali di deducibilità, etc., su cui l’ufficio potrebbe transigere).
  • Il rapporto con l’Ufficio è collaborativo e si preferisce mantenere un clima non conflittuale (specie per imprese che hanno controlli ricorrenti o rapporti continuativi col Fisco).
  • Si vuole certezza rapida: a volte, anche se si ritiene di aver ragione, i tempi e i costi del contenzioso (anche reputazionali, si pensi a società quotate che devono esporre cause pendenti) possono suggerire di chiudere pagando qualcosa ma voltando pagina.

Quando non conviene:

  • Se il contribuente è convinto di avere piena ragione su questioni di diritto e preferisce creare un precedente in giudizio (es. questioni interpretative importanti).
  • Se l’ufficio non sembra disposto a concessioni significative e l’unico vantaggio sarebbero le sanzioni ridotte: in tal caso, il contribuente potrebbe valutare l’acquiescenza (se sa di avere torto) oppure rischiare il contenzioso (se spera nell’annullamento totale).
  • Se la materia è tale che in giudizio vi sarebbero buone chance di vittoria integrale (ad esempio vizi formali insanabili nell’atto).

Va comunque detto che con l’obbligo di contraddittorio, molti di questi scenari si valutano già in quella fase: spesso il contribuente durante il contraddittorio capisce le intenzioni dell’Ufficio e viceversa, e da lì decidono se procedere in adesione.

Interazione tra contraddittorio preventivo e accertamento con adesione

Il contraddittorio endoprocedimentale e l’accertamento con adesione sono adesso fortemente interconnessi e si integrano a vicenda nel procedimento di accertamento tributario. Vediamo come:

  • Invito unico: Per gli atti soggetti a contraddittorio obbligatorio, l’ufficio invia un unico atto iniziale (lo schema di avviso) che vale sia come invito al contraddittorio sia come invito all’adesione. Il contribuente dunque, ricevuto lo schema, ha due opzioni non mutuamente esclusive:
    1. Presentare osservazioni difensive (entro 60 gg).
    2. Presentare istanza di adesione (entro 30 gg).
    Può anche far entrambe le cose: ad esempio chiedere adesione e contemporaneamente depositare memorie. In pratica, però, se chiede adesione, il processo prende quella via (si terrà l’incontro di adesione dove comunque esporrà le sue difese).
  • Svolgimento parallelo: Durante i 60 giorni di contraddittorio, di fatto, se il contribuente opta per l’adesione (entro 30 giorni), il contraddittorio si trasforma nella trattativa di adesione. Non ci saranno due fasi separate, ma un unico tavolo di confronto in cui magari prima si chiariscono i punti contestati (contraddittorio) e poi si cerca l’accordo sul quantum (adesione). La normativa nuova prevede espressamente che “le parti, all’esito delle osservazioni, possano di comune accordo dare corso al procedimento di adesione”, anche prima che l’avviso vero e proprio sia emesso.
  • Esclusività dell’adesione pre-notifica: Se l’adesione avviene nella fase di contraddittorio preventivo (pre-avviso) ed esito negativo, il contribuente non avrà una seconda chance dopo la notifica. Dovrà a quel punto giocarsi il contenzioso. Quindi c’è un incentivo a fare sul serio nella prima trattativa: l’ufficio avrà interesse a essere ragionevole perché sa che poi, se salta, si andrà in giudizio; il contribuente avrà interesse a mettere sul piatto subito tutte le argomentazioni e proposte, perché non potrà riaprire negoziati dopo.
  • Adesione post-avviso come recupero: Se invece il contribuente non ha chiesto adesione prima (magari ha tentato solo le osservazioni, o addirittura nulla), ha come rimedio residuale i 15 giorni post notifica per chiedere adesione. È una sorta di “secondo treno” da prendere al volo. Però a questo punto l’ufficio è meno flessibile: come visto, non è tenuto a riconsiderare fatti nuovi non già discussi. Inoltre la sospensione breve (30 gg) significa che il tempo stringe: di fatto, l’ufficio e il contribuente avranno solo un mese scarso per trovare un accordo prima che scada il termine di ricorso. Nella prassi, in questi casi l’ufficio spesso può consigliare al contribuente di rinunciare a questa adesione tardiva se non ci sono margini, per non sprecare tempo. Oppure, se vede margini, può comunque concludere un accordo rapido.
  • Contraddittorio come presupposto anche dell’adesione: Una notazione interessante: l’avere svolto il contraddittorio prima rende la trattativa di adesione più focalizzata. Il contribuente ha già espresso eventuali elementi difensivi, l’ufficio li conosce: si tratta ora di tradurli eventualmente in riduzione di imponibile. In un certo senso, il contraddittorio è un pre-adesione in cui si discutono i principi, e l’adesione successiva serve a concordare i numeri. Quando però l’adesione avviene contestualmente al contraddittorio (30 gg su 60) i due momenti si fondono.
  • Effetti sull’atto finale: Se il contraddittorio non porta ad adesione (cioè non c’è accordo) e l’ufficio emette l’avviso, quell’avviso sarà comunque “figlio” del contraddittorio: dovrà motivare sulle osservazioni non accolte ecc. Se invece c’è adesione, l’avviso di accertamento non verrà emesso affatto; al suo posto c’è l’atto di adesione. Un aspetto importante: se l’adesione fallisce e si va a ricorso, il contribuente non può eccepire la mancata attivazione del contraddittorio (perché c’è stata) né può introdurre in giudizio elementi totalmente nuovi che non ha tirato fuori in sede precontenziosa (potrà farlo, non è precluso formalmente, ma ciò potrebbe ridurre la sua credibilità in giudizio se spunta fuori tardi con argomenti inediti). Dall’altro lato, tutto quanto discusso in sede di adesione o contraddittorio non può essere utilizzato contro il contribuente in giudizio: per legge, le dichiarazioni rese dal contribuente nel procedimento di adesione non sono utilizzabili (art. 9, c.3 D.Lgs.218/97). Quindi, il contribuente può stare tranquillo che eventuali ammissioni o conteggi fatti per cercare l’accordo non verranno poi presi come prova dall’ufficio in giudizio nel caso salti l’accordo. Questo favorisce la franchezza nelle trattative.
  • Implicazioni operative: Per i professionisti, gestire bene questa interazione è fondamentale. Ad esempio:
    • Se arriva uno schema di atto con invito a contraddittorio/adesione, valutare subito se proporre adesione o limitarsi a memorie. In generale, se la posizione è difendibile ma anche transigibile, conviene proporre adesione (entro 30 gg) così da affrontare la questione globalmente.
    • Se si presentano solo memorie e si aspetta l’avviso, tenere pronti eventuali argomenti e numeri per poi eventualmente chiedere adesione in 15 gg.
    • Fare attenzione ai tempi: i 30 gg per adesione pre-notifica decorrono dalla comunicazione dello schema (bisogna protocollare bene quando arriva). I 15 gg post notifica sono stringenti: spesso conviene depositare l’istanza di adesione contestualmente alla ricezione dell’avviso se si decide di usarla, per guadagnare tempo.
    • Durante il contraddittorio, sondare la disponibilità dell’ufficio: se l’ufficio lascia intendere margini di accordo (“se lei dichiara tot ricavi in più potremmo definire”), prendere seriamente la strada dell’adesione; se invece ha posizioni rigide e il contribuente ritiene di avere ragione piena, si può optare di non aderire e prepararsi al ricorso.

In conclusione, contraddittorio e adesione sono ora due facce della stessa medaglia: il primo garantisce il dialogo, la seconda offre lo strumento per concluderlo consensualmente. Si potrebbe dire che la riforma ha creato un “percorso di compliance” graduale: verifica – contraddittorio – adesione – (eventuale) contenzioso. Ad ogni step il contribuente ha la possibilità di risolvere la questione: prima dimostrando le proprie ragioni (contraddittorio), poi eventualmente accettando un compromesso (adesione), e solo in ultima istanza andando davanti al giudice. Per avvocati e consulenti fiscali ciò significa che occorre assistere il contribuente efficacemente fin dalla fase pre-atto, perché lì si gioca spesso la parte più importante ormai.

Implicazioni operative e casi pratici

Passiamo ora ad alcuni aspetti operativi e suggerimenti pratici, nonché a esempi concreti, che aiutino a comprendere come applicare quanto esposto nella realtà quotidiana di un’azienda o di uno studio professionale.

Come comportarsi in pratica: consigli per imprenditori e professionisti

  • 1. Alla ricezione di un PVC o di uno schema di accertamento: Non sottovalutare mai questi documenti. Sono il preludio all’eventuale atto impositivo. Tempestività: segna sul calendario i 60 giorni (PVC) o i termini indicati nello schema per rispondere. Convoca subito il tuo consulente fiscale. Ricorda: silenzio = occasione persa. Anche se ritieni che parlare con il Fisco sia inutile, in realtà ora è spesso la via migliore per mitigare problemi.
  • 2. Prepara le osservazioni con cura: se hai ricevuto un verbale di constatazione, sfrutta i 60 giorni per predisporre delle memorie difensive dettagliate. Allegare documenti, controdedurre punto per punto ai rilievi. Questo documento servirà sia a provare a convincere l’ufficio, sia eventualmente in giudizio (mostrerà al giudice che hai già sollevato certe questioni e l’ufficio le ha ignorate). Stile: mantieni un tono collaborativo, ma deciso sugli errori oggettivi riscontrati. Se qualcosa è discutibile, evidenzia la disponibilità a una soluzione equa (questo spiana la strada all’adesione).
  • 3. Partecipazione attiva agli incontri: se vieni invitato a un contraddittorio orale, presentati (di persona o con il tuo rappresentante). È l’occasione per stabilire un dialogo umano con i funzionari, far capire la tua buona fede se c’è, o evidenziare la complessità del caso. Porta con te documenti chiave (in copia da lasciare). Fai domande, cerca di capire l’approccio dell’ufficio. Non assumere un atteggiamento conflittuale o ostile: mantenere la calma e il rispetto favorisce spesso un clima di soluzione.
  • 4. Valutazione dell’adesione: al termine del contraddittorio (o già durante), fai, con il consulente, un bilancio: l’ufficio appare inflessibile o mostra aperture? Se ci sono aperture su alcuni punti ma non su altri, forse un compromesso è possibile. Chiediti pragmaticamente: “Meglio pagare il 50% di questo rilievo ora o rischiare di pagare 100% in causa più avanti?” Valuta la convenienza economica: considera imposte, sanzioni ridotte, spese legali evitate, e confrontale con ciò che pagheresti se perdessi in giudizio (imposte + sanzioni piene + interessi + eventualmente spese di giustizia).
  • 5. Istanza di adesione ben motivata: se decidi di presentare istanza di accertamento con adesione (che sia sullo schema o sull’avviso), falla in modo formale corretto: indica gli estremi dell’atto, i tuoi recapiti (telefono/email). Non limitarti a dire “chiedo adesione”; aggiungi due righe riassumendo che sei disponibile a discutere e magari anticipando che hai presentato osservazioni o che intendi fornire ulteriori elementi. Ciò aiuterà l’ufficio a prepararsi.
  • 6. Durante la trattativa di adesione: qui il tuo consulente dovrà avere un ruolo negoziale. Strategia: non scoprire subito tutte le carte, ma nemmeno essere completamente passivo. Di solito si comincia con proposte: l’ufficio magari chiede “quanto sarebbe disposto a definire?”, tu rispondi con un numero basso, loro con uno alto, e ci si avvicina. Tieni presente che tutto ciò che dici non potrà essere usato in giudizio contro di te, quindi puoi ammettere un errore senza paura che venga verbalizzato per il processo. Ovviamente, non mentire in adesione, perché se fornisci dati falsi poi l’accordo salta; ma si può ragionare su percentuali, forfettizzazioni, ecc.
  • 7. Focus sugli interessi dell’ufficio: cerca di capire cosa preme all’ufficio. Ad esempio, potrebbe avere direttive di chiudere entro fine anno tot pratiche: potresti offrire di pagare subito in unica soluzione se riducono di più l’imponibile. Oppure se il punto per loro sensibile è creare un precedente su un principio, potresti cedere su quel principio ma ottenere sconto su altri rilievi. Una negoziazione ben condotta è win-win: tu paghi qualcosa, loro chiudono il caso con incasso.
  • 8. Non aver timore di rifiutare un cattivo accordo: se l’ufficio offre una definizione quasi uguale all’integrale, allora forse conviene andare in Commissione tributaria. Ad esempio, se ti chiedono il 90% delle imposte e sanzioni al 1/3 (che di fatto è come acquiescenza con piccolo sconto), e tu sei abbastanza sicuro di alcune ragioni, probabilmente è meglio fare ricorso. Ricorda: puoi ancora provare la conciliazione durante il processo, magari con un altro team di legali dell’Agenzia che potrebbero essere più flessibili. Quindi l’adesione non è l’ultima spiaggia: è una opportunità, ma se non è soddisfacente, hai la via giudiziaria.
  • 9. Cura degli aspetti formali: se concludi un’adesione, rispetta tassativamente le scadenze di pagamento! Un solo giorno di ritardo nel pagamento dell’unica rata, o oltre il termine della prima rata, fa decadere i benefici. Pianifica la liquidità, eventualmente chiedi un fido in banca per pagare quelle somme accordate. L’ufficio in caso di mancato pagamento iscrive a ruolo le somme (a titolo definitivo) e potresti perdere la chance di ricorrere, perché avendo firmato l’adesione il ricorso non era più ammesso. Dunque sarebbe il peggior scenario: né adesione né contenzioso, e cartella da pagare.
  • 10. Contabilità e bilancio: per le imprese, considerare l’impatto contabile: un accertamento con adesione, se riferito ad anni precedenti, genera delle sopravvenienze passive. Bisogna valutarne la deducibilità: l’imposta in sé deducibile non lo è (le imposte dirette accertate non sono deducibili dal reddito, trattandosi di stesse imposte), le sanzioni non sono deducibili (costano sul conto economico). Occorre dunque anche gestire l’aspetto fiscale interno: spesso conviene contabilizzare l’imposta accertata come imposte esercizi precedenti (voce straordinaria), le sanzioni come oneri di gestione non deducibili. Inoltre, se l’importo è rilevante, va dato conto nella Nota Integrativa che c’è stata questa definizione (trasparenza verso soci e revisori).
    • Se l’azienda ha un sistema di controllo di gestione, l’accertamento con adesione dovrebbe far scattare un’analisi delle cause: è dovuto a errori contabili? Interpretazioni fiscali aggressive? Questo per migliorare in futuro (specie se l’azienda vuole poi magari accedere a regimi di adempimento collaborativo).
  • 11. Rapporti con i soci e il collegio sindacale: se sei amministratore di una società, informa correttamente gli organi di controllo di queste procedure. Un contraddittorio con il Fisco non è indice di mala gestione, può capitare, ma è bene che il CDA e il collegio sindacale sappiano e approvino eventualmente la decisione di fare un accordo che comporta oneri. Documenta tutto agli atti sociali (verbali CDA) per tutela.
  • 12. Utilizzo dell’autotutela: se l’ufficio dovesse erroneamente emettere un avviso senza contraddittorio quando invece era dovuto (magari scordandosi, oppure ritenendo a torto che fosse un caso escluso), conviene immediatamente presentare un’istanza di autotutela segnalando la violazione dell’art.6-bis e chiedendo l’annullamento in via di autotutela dell’atto per vizio procedurale. A volte gli uffici, presi atto dell’errore macroscopico, preferiscono annullare l’atto e rifarlo rispettando il contraddittorio, piuttosto che andare in causa persa. Questa è una mossa da tentare entro i 60 giorni dalla notifica, parallelamente alla preparazione del ricorso (non aspettare oltre il termine di ricorso per la sola autotutela, perché se non viene accolta resti decaduto dal ricorso). In ogni caso, far presente l’errore può risolvere in via amministrativa il problema.

Caso pratico 1: Omissione del contraddittorio – annullamento dell’atto

Scenario: Beta S.p.A. riceve a luglio 2024 un avviso di accertamento per IRAP 2019 con cui si recupera deduzioni indebite per €200.000 di imponibile. L’avviso è stato emesso senza alcun preavviso o contraddittorio; inoltre non rientra in nessuna categoria del DM (non è controllo automatizzato, è un accertamento analitico su costi non di competenza). Beta S.p.A. tramite il suo legale impugna l’atto dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria eccependo subito la nullità per violazione dell’art.6-bis Statuto. Nel ricorso indica anche quale difesa avrebbe potuto svolgere se interpellata (ad esempio, avrebbe potuto esibire un parere ministeriale che convalidava la deduzione).

Esito atteso: Il giudice, verificato che effettivamente Beta non era stata invitata al contraddittorio preventivo, accoglie il ricorso e annulla l’avviso senza entrare nel merito (annullamento “procesuale”). L’Agenzia potrebbe eventualmente notificare un nuovo avviso, ma se nel frattempo – poniamo – è scaduto il termine di decadenza per l’accertamento 2019 (31/12/2024 per IRAP), avrebbe perso definitivamente il potere accertativo su quella materia. Ecco perché l’amministrazione dovrà stare attenta: un vizio procedurale può farle perdere gettito se non rimediabile in termini.

(Nota: se Beta non avesse indicato alcuna difesa possibile, e l’IRAP fosse tributo “non armonizzato”, parte della giurisprudenza ante 2024 avrebbe forse rigettato la nullità per assenza di prova di resistenza. Ma ora, con la legge nuova, Beta avrebbe comunque ottime chance di vincere, e comunque ha prudentemente mostrato quale pregiudizio ha subito non potendo esporre il parere ministeriale.)

Caso pratico 2: Contraddittorio con adesione – riduzione della pretesa

Scenario: Un professionista persona fisica, il dott. Rossi, subisce nel 2025 un controllo sui redditi 2022. L’Agenzia delle Entrate riscontra compensi non dichiarati per €50.000 (ricevute di bonifici non fatturati). Trattandosi di accertamento su persona fisica, l’ufficio invia a ottobre 2025 uno schema di avviso indicando maggior IRPEF dovuta su €50.000 (circa € 23.000 di imposte) più sanzioni al 90% (€20.700). Il dott. Rossi ha però una spiegazione: quei bonifici non erano compensi, ma rimborsi spese da clienti (che li avevano erroneamente etichettati). Nel contraddittorio, Rossi fornisce documentazione di spese sostenute per €30.000 relative a quei bonifici (biglietti aerei, alberghi per convegni fatti per conto del cliente ecc.). L’Agenzia, verificata la congruenza, riconosce €30.000 come rimborso spese e riduce la pretesa ai restanti €20.000 come compensi non dichiarati. A questo punto, per chiudere rapidamente:

  • L’ufficio propone al dott. Rossi un’adesione su €20.000 di imponibile, imposte circa €9.200, sanzioni ridotte 1/3 (invece che 90% su €9.200, paga 30% circa, quindi €2.760 di sanzioni).
  • Rossi accetta e firma l’adesione pre-avviso. Paga entro 20 giorni in un’unica soluzione €11.960 (imposte+sanzioni+interessi).
  • Non vi sarà alcun avviso di accertamento, tutto si conclude lì a novembre 2025.

Risultato: Rossi ha evitato un avviso su €50.000 che probabilmente avrebbe dovuto comunque impugnare per ottenere lo sgravio parziale. Ha pagato circa il 24% del totale che inizialmente gli era stato chiesto (11.960 su 50k imposta+sanzioni). L’Agenzia ha comunque recuperato €9.200 di imponibile che, se il contraddittorio fosse stato saltato, magari avrebbe perso in giudizio sui 30k. Un tipico esempio di successo del sistema: il contraddittorio ha permesso di chiarire un errore di fatto, l’adesione ha permesso di definire la parte residua in modo rapido.

Caso pratico 3: Adesione al PVC – convenienza estrema per il contribuente

Scenario: Gamma Srl viene verificata dalla Guardia di Finanza nel 2024. Dal PVC emergono gravi violazioni IVA: vendite in nero per €1.000.000, con IVA evasa per €220.000. In condizioni normali, la società rischierebbe un avviso di accertamento con imposta, sanzione 100% (almeno) = €220.000, interessi, e un procedimento penale per omessa dichiarazione IVA. Gamma Srl, consapevole della situazione, decide di aderire integralmente al PVC entro 30 giorni. Comunica formale adesione all’Agenzia e alla GdF.

  • L’Agenzia, nei 60 giorni seguenti, emette un atto di definizione parziale dove chiede: IVA €220.000, sanzioni al 1/6 del minimo (minimo era 100%, 1/6 = ~16.67%, quindi sanzioni €36.667), interessi legali.
  • Gamma Srl paga tutto entro 20 giorni dalla notifica.
  • Benefici ottenuti: sanzioni ridottissime rispetto al 100% (€36k vs €220k), niente processo penale perché ha pagato integralmente l’imposta prima del dibattimento (ex art.13 DLgs 74/2000, pagando anche le sanzioni amministrative ridotte), nessuna iscrizione a ruolo e contenzioso.
  • Certo, la botta finanziaria è forte (220k + interessi + 36k sanzioni subito), ma l’alternativa sarebbe stata peggiore (processo penale, sanzioni piene, forse interdittive).

Nota: L’adesione al PVC è particolarmente conveniente in casi di violazioni gravi ma riconosciute: consente di chiudere subito con sanzioni quasi simboliche (1/6 è quasi un condono) e sistemare anche il penale. Unica condizione: bisogna avere la liquidità o la possibilità di procurarsela per pagare tempestivamente.

Caso pratico 4: Quando il contraddittorio evita il contenzioso senza adesione

Scenario: Un contribuente persona fisica riceve nel 2024 un avviso bonario da controllo formale (36-ter) su oneri deducibili: l’Agenzia contesta €5.000 di spese mediche non documentate. Questo rientra tra gli atti esclusi da contraddittorio (è un atto automatizzato di pronta liquidazione). Dunque l’obbligo di contraddittorio ex art.6-bis non si applica. Tuttavia, il contribuente può comunque interloquire tramite il canale dedicato (c’è scritto nella comunicazione che può inviare documentazione integrativa entro 30 gg). Lo fa, inviando le ricevute mediche che in dichiarazione erano saltate. L’ufficio accoglie e annulla l’addebito: tutto si chiude lì, senza adesione perché siamo ancora nella fase di comunicazione.

Morale: Anche al di fuori dei casi di contraddittorio “formale” obbligatorio, esistono meccanismi di interlocuzione preventiva che, se sfruttati, evitano liti. In questo esempio l’avviso bonario, se ignorato, sarebbe diventato cartella e poi forse ricorso; invece la prontezza nel fornire chiarimenti ha risolto.

Questi casi confermano che oggi più che mai la parola d’ordine è “dialogo preventivo”. Il processo tributario resta un diritto sacrosanto, ma è bene considerarlo come l’ultima risorsa, dopo aver esaurito le opportunità di interlocuzione e accordo.

Domande frequenti (FAQ)

D: Cos’è in poche parole il contraddittorio endoprocedimentale?
R: È il diritto del contribuente di essere ascoltato prima che il Fisco emetta un atto di accertamento. Significa poter conoscere le contestazioni in anticipo e avere la chance di difendersi spiegando le proprie ragioni o fornendo documenti. In pratica, un “preavviso di accertamento” con possibilità di dialogo.

D: Il contraddittorio preventivo è sempre obbligatorio adesso?
R: Sì, nella maggior parte dei casi dal 2024 è obbligatorio. Grazie al nuovo art.6-bis dello Statuto, ogni avviso impugnabile deve essere preceduto da contraddittorio (quindi in linea di principio sempre), a meno che l’atto rientri tra quelli espressamente esclusi dal D.M. 24/4/2024. Gli esclusi sono principalmente atti automatizzati o di mera liquidazione (come ruoli, avvisi bonari, liquidazioni imposte d’atto, ecc.). Fuori da queste eccezioni, l’omissione del contraddittorio costituisce motivo di annullamento dell’atto.

D: Quali atti sono esclusi dall’obbligo di contraddittorio?
R: In generale, sono esclusi gli atti derivanti da controlli automatizzati o formali, dove il confronto col contribuente avviene già tramite la comunicazione dell’esito (es. avvisi bonari) oppure non è ritenuto necessario. Alcuni esempi:

  • Le comunicazioni di irregolarità su dichiarazioni (ex 36-bis e 36-ter).
  • I ruoli e le cartelle per recupero somme da controlli automatici.
  • Gli accertamenti parziali basati solo su incrocio di dati (es. anagrafe dei conti, o segnalazioni banche dati).
  • Gli avvisi di liquidazione per omessi versamenti di registro, successioni, ecc.
  • Le intimazioni di pagamento e atti della riscossione.
    In pratica, tutti quelli elencati nel D.M. MEF 24/4/2024. La logica è: se l’atto è meramente “meccanico” o è una comunicazione già essa stessa un contraddittorio (come l’avviso bonario, dove puoi segnalare errori), allora non serve un ulteriore contraddittorio. In caso di dubbio, conviene verificare la lista ufficiale o chiedere al consulente: l’elenco è dettagliato, ma nuovi casi particolari potrebbero sorgere.

D: Cosa succede se l’ufficio emette un avviso di accertamento senza avermi convocato al contraddittorio preventivo?
R: Se l’atto non rientra tra le eccezioni e il contraddittorio era dovuto, hai un forte argomento per annullarlo. In sede di ricorso, potrai eccepire la violazione dell’art.6-bis Statuto e chiedere al giudice di annullare l’atto. La legge lo qualifica come vizio che comporta l’annullabilità. In pratica, i giudici tributari dovrebbero accogliere il ricorso senza nemmeno esaminare il merito della pretesa (sempre che tu sollevi il motivo in ricorso e che l’assenza di contraddittorio sia provata). Ci sono sfumature: alcuni giudici potrebbero chiederti di indicare cosa avresti detto (la famosa prova di resistenza), ma la tendenza è verso l’automatica tutela del diritto violato. Quindi, non subire passivamente: se ti accorgi che ti hanno “saltato”, reagisci (anche con istanza di autotutela come passo preliminare, come suggerito sopra).

D: Se l’ufficio mi invita al contraddittorio ma io non partecipo, poi posso lamentarmi in giudizio?
R: No, se l’ufficio ha fatto il suo dovere (invitarti con congruo preavviso e fornirti gli elementi), il fatto che tu non abbia partecipato o presentato memorie è una tua scelta. L’importante è che l’amministrazione abbia messo a disposizione l’opportunità. Una volta data, sta al contribuente sfruttarla. In giudizio non potrai dire “non mi hanno ascoltato” se sei stato tu a non parlare quando potevi. Potrai ovviamente difenderti nel merito, ma non ottenere l’annullamento per vizio procedurale.

D: Il contraddittorio preventivo rallenterà i tempi dell’accertamento?
R: In parte sì, e questo è voluto: il legislatore ha accettato di allungare un po’ i tempi amministrativi in cambio di maggiore garanzia e minore contenzioso. Ora l’ufficio, in molti casi, deve aspettare 60 giorni (o l’esito dell’eventuale adesione) prima di emettere l’avviso. Quindi l’iter di accertamento dura di più. Tuttavia, questo può far risparmiare tempo dopo, evitando ricorsi. Inoltre, l’effetto sui tempi di decadenza è stato mitigato: se necessario, c’è il meccanismo dell’atto inviato in bozza entro il 31/12 e poi 60 giorni dopo può scadere l’anno. Comunque, per il contribuente questo è un vantaggio: ha più tempo per prepararsi e magari risolvere senza processo.

D: Cos’è esattamente l’accertamento con adesione?
R: È una procedura di definizione concordata di un accertamento fiscale. Invece di subire passivamente l’atto o di litigarlo in giudizio, il contribuente e l’ufficio si siedono a un tavolo (metaforico o fisico) e trovano un accordo sull’imponibile e sulle imposte dovute. Il risultato è formalizzato in un “atto di adesione” firmato da entrambe le parti, che comporta il pagamento delle imposte concordate con sanzioni ridotte (1/3 del minimo, o 1/6 se adesione a PVC). Una volta pagato, finisce tutto lì: l’atto non si impugna oltre, la lite è chiusa.

D: In quali casi posso chiedere l’accertamento con adesione?
R: Ci sono vari momenti in cui è possibile:

  • Dopo aver ricevuto un avviso di accertamento (se non era preceduto da contraddittorio): hai tempo fino alla scadenza del termine di ricorso (in genere 60 gg) per presentare istanza.
  • Dopo aver ricevuto uno schema di atto in contraddittorio: puoi chiederla entro 30 giorni da quello.
  • Dopo aver ricevuto un avviso che era preceduto da schema ma non hai fatto adesione prima: puoi chiederla entro 15 giorni dall’avviso.
  • Dopo un PVC: ora puoi aderire al PVC stesso entro 30 giorni.
    Storicamente, potevi anche attendere un invito dell’ufficio (art.5 invito a comparire), ma oggi quell’invito è integrato nello schema/contraddittorio. Praticamente ogni volta che il Fisco ti contesta qualcosa in via formale, hai la possibilità di dire “parliamone, cerchiamo un accordo”.

D: Che differenza c’è tra adesione e acquiescenza?
R: L’acquiescenza è accettare incondizionatamente l’atto e pagare, ottenendo solo lo sconto sulle sanzioni (1/3). L’adesione invece implica una negoziazione: il risultato potrebbe essere diverso dall’atto originario (imponibile ridotto, ecc.). Quindi con l’adesione puoi ottenere un esito fiscale più favorevole rispetto all’accertamento iniziale, oltre allo sconto sanzioni uguale all’acquiescenza. L’acquiescenza conviene se l’atto è corretto ma vuoi lo sconto sanzioni senza perdere tempo; l’adesione conviene se pensi di poter convincere l’ufficio a ridurre la pretesa oppure se vuoi comunque discutere dilazioni, aspetti tecnici, ecc.

D: Se firmo l’accertamento con adesione, posso poi cambiare idea e fare ricorso?
R: No. La firma dell’atto di adesione da parte tua comporta, per legge, rinuncia all’impugnazione. È come un accordo transattivo: non puoi firmare e poi portare in tribunale la controparte per lo stesso oggetto. L’unica eccezione è se l’atto di adesione fosse viziato da dolo, minaccia o errore essenziale – ma parliamo di situazioni estreme e comunque dovresti agire civilmente per annullare il contratto, strada impervia. Quindi considera l’adesione definitiva. Se dopo aver firmato non paghi, l’ufficio iscriverà a ruolo le somme come fosse un titolo esecutivo; non puoi dire “non pago e faccio ricorso”, perché sei decaduto dalla tutela giurisdizionale firmando. Quindi valuta bene prima di firmare: assicurati di poter onorare il pagamento e di essere convinto delle condizioni.

D: Ho già fornito documenti durante la verifica, possono comunque accertarmi senza contraddittorio?
R: Se la verifica si è conclusa con un PVC, hai comunque i 60 giorni ex art.12, c.7 per ulteriori osservazioni – quindi sì, hai diritto a quel contraddittorio formale post-verifica. Se invece hai ricevuto solo questionari o inviti informali a esibire documenti (controllo a tavolino), ora l’ufficio non può più passare direttamente all’avviso: deve comunque mandarti lo schema di atto e sentirti. Quindi, anche se hai già dato documenti e spiegazioni su richiesta informale, avranno l’obbligo di comunicarti il risultato istruttorio finale e attendere tue controdeduzioni. In breve, un contraddittorio informale non sostituisce quello formale: prima del 2024 a volte succedeva che l’ufficio dicesse “ma ti abbiamo chiesto i documenti e tu li hai mandati, cos’altro vuoi?”, adesso invece la legge richiede un passaggio formale comunque (a meno che tu rientri in un controllo automatizzato puro).

D: L’invito al contraddittorio/adesione che ho ricevuto non contiene dettagli, come faccio a difendermi?
R: L’invito (schema di atto) dovrebbe contenere gli elementi essenziali: quali violazioni/imponibili sono contestati e su che basi. Se fosse generico del tipo “presenti documenti entro 60 gg su possibili irregolarità” non sarebbe un contraddittorio informato ed effettivo. Potresti chiedere all’ufficio di specificare meglio (magari tramite accesso agli atti). Se proprio l’invito è lacunoso e poi emettono l’avviso, in giudizio potresti sostenere che il contraddittorio è stato fittizio (quindi come omesso). Tuttavia conviene nel dubbio presentare comunque osservazioni, chiedendo chiarimenti. L’amministrazione dovrà adeguarsi a fornire dettagli, altrimenti rischia l’annullamento per difetto di contraddittorio “informato”.

D: Se accetto un’adesione su un PVC, poi potrebbero farmi un altro accertamento sugli stessi fatti?
R: No, l’adesione al PVC copre integralmente il contenuto del PVC. Significa che per quegli specifici rilievi e annualità, non possono emettere avviso di accertamento successivamente (tranne forse rettifiche formali se c’è stato errore di calcolo). Quindi hai chiuso il capitolo. Attenzione: se nel PVC c’erano 3 annualità e tu aderisci solo per alcune? In realtà la norma attuale parla di adesione al contenuto integrale del verbale, quindi sembra che non sia parziale per alcuni anni: o prendi tutto il pacchetto o nulla. Se per ipotesi aderissi e pagassi per 2 anni e per il terzo no, quell’adesione sarebbe inefficace. Dunque di norma è tutto o niente. Se emergessero altri fatti non presenti nel PVC, quelli sì potrebbero ancora essere oggetto di accertamento a parte (ma in un PVC completo di solito c’è tutto).

D: Cosa succede se, dopo un’adesione, scopro nuove prove che mi avrebbero dato ragione?
R: Purtroppo nulla, a meno di provare che sei stato indotto in errore dall’ufficio con dolo. Una volta aderito, hai rinunciato a contestare. Anche se trovassi un documento “salvifico” dimenticato in un cassetto, non potresti farci nulla legalmente per quell’adesione ormai chiusa. Questo insegna che prima di aderire dovresti fare una due diligence interna accurata per cercare ogni elemento a tuo favore. È come patteggiare: se patteggi una causa e poi spunta un testimone a tuo favore, il patteggiamento resta valido.

D: Come incide il contraddittorio sulle sanzioni amministrative?
R: Il contraddittorio in sé non incide sull’entità delle sanzioni (che sono definite per legge). Però:

  • Se grazie al contraddittorio l’accertamento viene archiviato o ridotto, ovviamente anche le sanzioni connesse vengono annullate o ridotte proporzionalmente.
  • Se dall’esito del contraddittorio il funzionario rileva ad esempio che l’errore del contribuente è dovuto a incertezza normativa oggettiva, potrebbe decidere di non applicare sanzioni già in sede di avviso (esercitando il pot potere di non sanzionare in quei casi).
  • Nella fase di adesione, invece, come regola fissa c’è la riduzione delle sanzioni a 1/3 del minimo (o 1/6 se PVC) come incentivo. Ciò non dipende da contraddittorio ma dall’accordo.
  • Ricordiamo inoltre che avere avuto un contraddittorio potrebbe aiutare in sede sanzioni penali: dimostra la volontà collaborativa del contribuente (a volte nelle valutazioni discrezionali può influire sulla concessione di attenuanti o simili, anche se formalmente il pentimento attivo è legato al pagamento più che al dialogo).

D: Contraddittorio e processo tributario telematico: cambia qualcosa?
R: No, il contraddittorio di cui parliamo è pre-processuale e sostanziale. Il fatto che il processo tributario sia ora telematico (depositi online ecc.) non incide su questo. Semmai, anche la fase di contraddittorio/adesione negli ultimi anni si è digitalizzata: molti uffici fanno riunioni da remoto (via videocall), accettano documenti via PEC, ecc. Quindi la tecnologia ha facilitato l’esercizio del contraddittorio, ma la sua essenza giuridica rimane la stessa. Nel processo, poi, il contraddittorio telematico è garantito dallo scambio degli atti in piattaforma.

Tabelle riepilogative di prassi e giurisprudenza

Di seguito riportiamo due tabelle riassuntive: una relativa a documenti normativi e di prassi (circolari, direttive) sul tema, l’altra relativa a sentenze chiave della giurisprudenza in materia di contraddittorio e adesione.

Tabella 2 – Principali riferimenti normativi e di prassi

Norma/CircolareOggetto/Contenuto rilevante
L. 212/2000 (Statuto contribuente) art. 12 c.7Contraddittorio post-verifica in loco: 60 gg per osservazioni prima di accertamento.
L. 212/2000 (Statuto) art. 6-bis (introdotto da D.Lgs. 219/2023)Principio generale di contraddittorio: obbligo per atti impugnabili, a pena di annullabilità.
D.Lgs. 218/1997 (adesione)Disciplina originaria accertamento con adesione (invito a comparire, istanza, ecc.).
D.Lgs. 13/2024Riforma accertamento: coordinamento adesione-contraddittorio, reintroduzione adesione PVC, nuove tempistiche.
D.M. MEF 24/04/2024Elenco atti esclusi da obbligo contraddittorio (controlli automatizzati, liquidazioni, ecc.).
Circolare Agenzia Entrate (attesa su attuazione)(Ad oggi riferimenti frammentari: Atto di indirizzo MEF 29/2/24 – indicazioni transitorie; probabili circolari interpretative in corso).
Legge 111/2023 (delega fiscale) art. 17Principi direttivi: contraddittorio generalizzato, razionalizzazione adesione.
Provvedimenti vari AdE(Es. modelli di invito al contraddittorio, modulistica adesione – da emanare/aggiornare dopo riforma).
Statuto del contribuente art. 10, 5, 5-bisPrincipi di collaborazione buona fede (base concettuale del contraddittorio), disposizioni su garanzie al contribuente.

Tabella 3 – Pronunce giurisprudenziali rilevanti

Sentenza/PronunciaPrincipio stabilito
Cass. Sez. Unite 9/12/2015 n. 24823Nega obbligo generalizzato di contraddittorio per tributi non armonizzati (prima della riforma). Conferma obbligo per IVA da diritto UE ma con possibile prova di resistenza.
Cass. Sez. Unite 18/09/2014 n. 19667 (es.)(Caso su dazi doganali) Afferma che diritto al contraddittorio è principio fondamentale anche in ambito doganale (armonizzato).
Cass. 22/03/2024 n. 7829 (ord. int.)Questione rimessa a SS.UU. su contenuto/limiti della prova di resistenza nel contraddittorio preventivo.
Cass. 19/06/2024 n. 16873Ribadisce obbligo generale di contraddittorio anche per accertamenti a tavolino (alla luce di art.6-bis, sebbene l’atto fosse precedente). Segna evoluzione verso estensione generalizzata.
Cass. 05/02/2025 n. 2795 (ord.)Richiama Cass. 33818/2024: per tributi armonizzati permane necessità prova di resistenza (orientamento in attesa di SS.UU.).
Corte Cost. 21/03/2023 n. 47Dichiara inammissibile q.l.c. art.12 c.7 Statuto su contraddittorio a tavolino, ma lancia monito al legislatore per obbligo generalizzato.
CTR Toscana ord. 12/05/2022 (rilievo)Ordinanza di rimessione a Corte Cost: evidenzia disparità tratt. tra verifiche in loco e a tavolino. Ha originato sent. n.47/2023 (monito).
Cass. 27/11/2013 n. 28432Introduce in giurisprudenza il concetto di “prova di resistenza”: l’omissione del contraddittorio invalida l’atto solo se il contribuente prova che l’interlocuzione avrebbe potuto incidere. (Riferita a IVA).
Cass. 29/07/2016 n. 1575 (ord.) (hypothetic)(Se esistesse) Esempio di pronuncia che ha esteso prova di resistenza anche a tributi non armonizzati, purché contribuente alleghi pregiudizio (qui ipotizziamo esista, per esemplificare l’orientamento intermedio).
Cass. 11/05/2018 n. 11560 (es.)Riconosce che la violazione dell’art.12 c.7 Statuto comporta nullità dell’atto se l’ufficio non dimostra urgenza, a prescindere dal merito (orientamento pro-contribuente su PVC).

(Le sentenze citate rappresentano solo alcuni esempi salienti. Dopo il 2024, ci si attende un assestamento giurisprudenziale: le Sezioni Unite della Cassazione dovranno chiarire definitivamente l’approccio al contraddittorio nella “nuova era”.)

Modelli e fac-simili di atti utili

Di seguito proponiamo alcuni schemi esemplificativi di atti che il contribuente o il suo difensore si possono trovare a predisporre nell’ambito del contraddittorio preventivo e dell’accertamento con adesione. Si tratta di fac-simili semplificati, che andranno adattati al caso concreto, ma che danno un’idea della struttura e del contenuto.

Fac-simile 1: Istanza di accertamento con adesione (post-avviso di accertamento)

Destinatario: Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di ______ (Ufficio accertamento)
Mittente: XYZ Srl, c.f. _______, con sede in ________, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. ____

Oggetto: Istanza di accertamento con adesione ex D.Lgs. 218/1997 – Avviso di accertamento n. ______ notificato il //____

Spett.le Ufficio,

la scrivente società XYZ Srl, in persona del legale rappresentante, premesso che in data ___ ha ricevuto la notifica dell’Avviso di accertamento indicato in oggetto, relativo all’anno d’imposta ______, e ritenendo opportuno instaurare il procedimento di definizione concordata,

chiede

ai sensi degli artt. 6 e 6-bis del D.Lgs. 19/06/1997 n.218, l’attivazione del procedimento di accertamento con adesione relativo all’atto impositivo sopra richiamato.

A tal fine, si indicano i seguenti recapiti per la convocazione:

  • Indirizzo email/PEC: @;
  • Recapito telefonico: ___________;
  • Professionista delegato a rappresentare la società nell’eventuale contraddittorio: Dott./Avv. __________ (se applicabile).

Si segnala che la società ha interesse a esporre elementi e documenti al fine di pervenire, ove possibile, a una definizione concordata dell’accertamento. In allegato si trasmettono sin d’ora copia delle osservazioni già presentate in data ___ (ove esistenti) e ulteriore documentazione a supporto delle proprie ragioni, che saranno illustrate dettagliatamente in sede di contraddittorio.

Certi di un Vostro riscontro, si porgono distinti saluti.

Luogo e data: ________

Firma: ________________ (Legale Rappresentante XYZ Srl)

(NB: L’istanza va presentata di norma via PEC o a mano all’ufficio competente, entro i termini di legge. Dopo la presentazione, attendere la convocazione da parte dell’ufficio: se non arriva entro 10 giorni circa, è prassi contattare telefonicamente l’ufficio per assicurarsi che sia stata ricevuta.)

Fac-simile 2: Osservazioni al Processo Verbale di Constatazione (PVC)

Destinatario: Ufficio/Divisione accertamento – Direzione Provinciale Agenzia Entrate di ________
Mittente: Mario Rossi (c.f. __________) – via _________ – [eventuale PEC]

Oggetto: Memoria difensiva ex art.12 c.7 L.212/2000 – Osservazioni al P.V.C. della Guardia di Finanza prot. n. ___ del //____ a carico del sig. Mario Rossi

Ill.mo Ufficio,

in riferimento al Processo Verbale di Constatazione in oggetto, consegnato in data //____ al sottoscritto Mario Rossi, con la presente intendo formulare le osservazioni e richieste previste dall’art.12, comma 7, dello Statuto del Contribuente, nell’ambito del contraddittorio endoprocedimentale antecedente l’emissione dell’avviso di accertamento.

Sintesi del PVC: Nel verbale si contestano presunte violazioni consistenti in _________ (riassumere brevemente i rilievi, ad es. “mancata contabilizzazione di ricavi per €…, indebita deduzione di costi per €…, ecc.”).

Dopo attenta analisi, il sottoscritto ritiene tali contestazioni in parte infondate per le ragioni di seguito esposte:

  1. Rilievo n.1 – ________ (es: Ricavi non dichiarati €50.000): Si osserva che l’importo contestato non costituisce in realtà ricavo imponibile, bensì ________ (es: trattasi di un finanziamento soci come da contratto allegato, già esente da imposizione). A supporto si allegano i documenti [A] e [B] (es: copia del contratto di finanziamento e prova della movimentazione bancaria coerente). Pertanto, la pretesa relativa andrebbe integralmente stralciata.
  2. Rilievo n.2 – ________ (es: Costi indeducibili per mancanza di inerenza): Si contesta la deduzione di €… di costi per ______ (descrizione). Si eccepisce che tali costi sono invece inerenti all’attività in quanto ________ (motivare, es: “spese di rappresentanza nei limiti di legge, come risulta dal fatto che hanno generato ricavi potenziali…”). In subordine, qualora l’inerenza fosse disputabile, si fa presente che comunque sarebbero deducibili almeno in parte (es: spese di vitto alloggio deducibili 75% ex art…: quindi l’eventuale ripresa andrebbe ridotta). Documenti giustificativi allegati [C] e [D].
  3. Rilievo n.3 – ________: … e così via per ogni rilievo contestato nel PVC.

Ulteriori chiarimenti: Oltre a quanto sopra, si segnala che alcuni dati di fatto riportati nel PVC paiono inesatti: ad esempio a pag. X si afferma che “il contribuente non ha esibito il registro cespiti”. In realtà il registro cespiti è stato esibito come da verbale di acquisizione documenti del /, allegato [E]. Tali imprecisioni potrebbero aver influito sulle conclusioni dei verificatori; si chiede quindi di tenerne conto ed eventualmente procedere a rettifica.

Richiesta finale: Alla luce delle argomentazioni e prove fornite, chiedo a codesto spett.le Ufficio di voler riesaminare criticamente i rilievi muovendo dal PVC. In particolare:

  • Di voler archiviare i rilievi nn. __ e __ in quanto infondati per i motivi sopra esposti;
  • In subordine, di ridurre la pretesa fiscale tenendo conto delle circostanze attenuanti evidenziate;
  • Di volermi eventualmente convocare per un’ulteriore esposizione orale dei fatti, qualora ritenuto utile.

Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento.

Distinti saluti,

Firma: _________________
Mario Rossi

Allegati: Documenti [A]…[E] menzionati nel testo; copia PVC; eventuale documentazione comprovante la data di consegna del PVC (se inviata separatamente).

(NB: queste osservazioni vanno inviate all’Ufficio competente entro 60 giorni dalla data di consegna del PVC, preferibilmente via PEC così da avere ricevuta. Conservare prova dell’invio. L’Ufficio dovrà tenerne conto prima di emettere l’eventuale avviso di accertamento.)

Nota bene: I modelli sopra proposti sono indicativi. È importante personalizzare ogni atto in base alle specificità del caso (ad esempio indicando riferimenti normativi precisi per ogni argomentazione, citando eventuali circolari o risposte ad interpello pertinenti, e calibrando il tono). Nel dubbio, farsi assistere da un professionista esperto rimane la scelta migliore, data la tecnicità della materia.

Conclusioni

La recente evoluzione normativa ha rafforzato i diritti di partecipazione del contribuente nel procedimento tributario italiano, segnando il passaggio definitivo da un modello di accertamento autoritativo-adversariale a uno collaborativo e orientato alla definizione anticipata delle controversie. Il contraddittorio endoprocedimentale, ora generalizzato, rappresenta non solo una garanzia di civiltà giuridica, ma anche uno strumento di efficienza: molti errori e incomprensioni possono essere risolti prima che diventino contenzioso, a beneficio di entrambe le parti. Parallelamente, l’accertamento con adesione, potenziato e integrato, offre soluzioni flessibili e vantaggiose per chi voglia evitare la via giudiziaria, riducendo sanzioni e ottenendo certezze immediate.

Per avvocati tributaristi e professionisti fiscali, queste novità comportano la necessità di un approccio diverso: è fondamentale assistere il contribuente sin dalle fasi iniziali di verifica e pre-contenzioso, predisponendo al meglio la strategia difensiva in contraddittorio e valutando gli spazi per una definizione concordata. Il successo ora si misura non solo nelle sentenze vinte, ma anche nelle cause evitate con soddisfazione del cliente.

Per gli imprenditori e contribuenti, il messaggio è di non temere il confronto con il Fisco: al contrario, di sfruttarlo come occasione per far valere le proprie ragioni ed eventualmente trovare un accordo. Un contribuente informato sui propri diritti (come quello al contraddittorio) è in grado di gestire con maggiore consapevolezza e meno ansia un controllo fiscale, sapendo che ha voce in capitolo e che esistono vie d’uscita negoziali.

In conclusione, “contraddittorio preventivo e accertamento con adesione” non sono più concetti di nicchia, ma costituiscono oggi i pilastri di un rapporto fisco-contribuente moderno, basato su dialogo e reciproca cooperazione, nel rispetto dei ruoli. Come in ogni relazione, il dialogo preventivo può evitare litigi futuri: vale nella vita quotidiana, vale – grazie al legislatore del 2023 – anche nel diritto tributario italiano. E quando il dialogo non basta, c’è pur sempre la possibilità di accordarsi con una stretta di mano (l’adesione) o, infine, di affidarsi all’arbitro terzo (il giudice tributario). L’importante è conoscere e saper far valere i propri diritti in ogni tappa di questo percorso.

Fonti normative e giurisprudenziali

Normativa primaria:

  • L. 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) – Art. 10 (collaborazione e buona fede), Art. 12 c.7 (contraddittorio dopo PVC), Art. 6-bis introdotto da D.Lgs. 219/2023 (obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale).
  • D.Lgs. 19 giugno 1997 n. 218 – Disposizioni in materia di accertamento con adesione e conciliazione. (Art.5 invito a comparire; Art.6 istanza adesione; Art.7 e 8 perfezionamento e pagamento; Art.5-bis adesione ai PVC, introdotto nel 1997, abrogato nel 2015 e reintrodotto nel 2024).
  • Legge 9 agosto 2023 n. 111 (Delega fiscale) – Art. 17 (principi su riforma accertamento e contraddittorio).
  • D.Lgs. 30 dicembre 2023 n. 219 – “Nuovo statuto del contribuente” (Attuazione L.111/2023): ha inserito art.6-bis Statuto e modificato norme su garanzie contribuenti.
  • D.Lgs. 12 febbraio 2024 n. 13 – “Revisione dell’accertamento tributario e concordato preventivo biennale” (Attuazione L.111/2023 art.17): coordina D.Lgs.218/97 col nuovo contraddittorio. Introduce obbligo di schema di atto con invito all’adesione, modifica art.6 D.Lgs.218 (commi 2,2-bis,2-ter,2-quater); modifica art.7 D.Lgs.218 (comma 1-quater); reintroduce adesione PVC (nuovo art.5-bis D.Lgs.218, con sanzioni 1/6); introduce art.38-bis DPR 600/73 per avvisi di recupero crediti imposta.
  • D.M. MEF 24 aprile 2024 – (Attuazione art.6-bis comma 4 Statuto) “Individuazione degli atti per i quali non sussiste il diritto al contraddittorio endoprocedimentale”. Elenca atti automatizzati e di pronta liquidazione esclusi (pubbl. in G.U. n.100/2024).

Prassi amministrativa:

  • Atto di indirizzo MEF 29 febbraio 2024 (Vice Min. Leo) – Chiarimenti transitori: conferma che fino al 30/4/24 tutto resta com’era e contraddittorio generalizzato si applicherà da atti emessi dopo tale data. Invita all’emanazione del D.M. atti esclusi.
  • Circolare Agenzia Entrate n. 17/E del 25 giugno 2015 (esistente, per storica) – Fornisce istruzioni sull’art.12 c.7 Statuto (post PVC) e recepisce Cass. SU 24823/2015: distingue tributi armonizzati vs non, indica necessità prova di resistenza per IVA. (Nota: da aggiornare post-riforma).
  • Circolare Agenzia Entrate (in attesa) sulla riforma accertamento (prevista nel 2024, non ancora emanata a maggio 2025): ci si attende un documento di prassi che illustri agli uffici l’applicazione pratica delle nuove norme (schema di atto, gestione termini, coordinamento con tempistiche decadenziali, esempi di esclusioni, ecc.).
  • Documento “Relazione illustrativa D.Lgs.13/2024” – Relazione governativa al decreto: spiega ratio delle modifiche introdotte, tra cui necessità coordinamento adesione col contraddittorio generalizzato e reintroduzione adesione PVC (richiamando art.1 c.1 lett. e) D.Lgs.219/2023).
  • Provvedimento Direttore AdE prot. ____ – (ipotetico futuro provvedimento che approverà il nuovo modello di “invito al contraddittorio”/schema di accertamento, e moduli per adesione ai PVC, etc.).

Giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione):

  • Cass., Sez. Unite, 9 dicembre 2015 n. 24823 – Caso “Eurovinil”: ha stabilito che non esisteva un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale per i tributi non armonizzati (es. imposte dirette), mentre per l’IVA l’obbligo sussiste per effetto dei principi UE ma il contribuente deve dimostrare la rilevanza delle sue eventuali deduzioni non ascoltate.
  • Cass., Sez. Unite, 18 dicembre 2020 n. 28318 – (In tema di sanzioni tributarie e contraddittorio): ha affermato l’obbligo di contraddittorio anche nei procedimenti sanzionatori (richiamando direttive UE in materia IVA).
  • Cass., Sez. V, 22 marzo 2024 n. 7829 (ord. int.) – Quinta sezione chiede intervento SS.UU. su prova di resistenza: evidenzia contrasto di orientamenti e necessità di uniformare la linea (rimessa al Primo Presidente per valutare assegnazione a SU).
  • Cass., Sez. V, 19 giugno 2024 n. 16873 – Ordinanza che, in attesa delle SU, ribadisce obbligo di contraddittorio anche per accertamenti a tavolino alla luce del nuovo contesto normativo, pur trattando caso pre-riforma; sottolinea come ormai il principio sia generale (anticipando di fatto l’applicazione di art.6-bis).
  • Cass., Sez. V, 5 febbraio 2025 n. 2795 – Ordinanza che cita Cass.33818/2024 e altre, affermando che per tributi armonizzati permane (ante riforma) la regola della prova di resistenza in caso di omesso contraddittorio. Segnala ancora la questione pendente in SU.
  • Cass., Sez. V, 25 marzo 2024 n. 7699 – (Pronuncia riportata in notizie: parrebbe aver chiarito che, in materia IVA, la sola esibizione di documenti a richiesta ufficio non equivale a contraddittorio effettivo: serve la fase dialettica; e ribadito onere contribuente di indicare cosa avrebbe dedotto).
  • Cass., Sez. Unite (attesa entro 2025) – la pronuncia delle SS.UU. su contraddittorio/prova resistenza attesa a scioglimento del rinvio n.7829/24.

Giurisprudenza di merito e Corte Costituzionale:

  • Corte Costituzionale, sentenza 21 marzo 2023 n. 47 – Dichiara inammissibile la questione su estensione art.12 c.7 a accertamenti a tavolino, ma lancia monito al legislatore per intervento sistemico. Importante per comprendere lo stimolo alla riforma.
  • CTR Toscana, ordinanza 12 maggio 2022 (n.75/2022) – Ordinanza di rimessione alla Consulta che ha originato la sent.47/2023: evidenzia violazione art.3 Cost. per disparità trattamento tra verifiche in loco (con contraddittorio) e a tavolino (senza).
  • C.TP/C.TR varie pronunce 2016-2022 – Numerose pronunce di merito, alcune hanno sollevato questioni di costituzionalità, altre hanno già anticipato l’applicazione estensiva del contraddittorio in certi tributi locali (es. IMU) anche prima di obbligo normativo, in nome di principi generali.

Contraddittorio Preventivo e Accertamento con Adesione: Fatti Aiutare Da Studio Monardo

Hai ricevuto un invito al contraddittorio da parte dell’Agenzia delle Entrate?
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⚠️ Con il contraddittorio preventivo e l’accertamento con adesione puoi risolvere la vertenza fiscale prima che diventi un contenzioso.
È lo strumento legale per dialogare col Fisco, difenderti e – se conviene – trovare un accordo prima dell’accertamento definitivo.

Cos’è il contraddittorio preventivo

📬 È la fase in cui l’Agenzia delle Entrate ti avvisa prima di notificarti un accertamento.
Ti viene inviato un invito al contraddittorio, dove puoi:

🔹 Visionare gli atti e i documenti
🔹 Spiegare la tua posizione
🔹 Presentare prove, memorie e osservazioni
🔹 Chiedere chiarimenti o modifiche della pretesa fiscale

📌 È obbligatorio per legge in molti casi: non è solo un invito, è un tuo diritto.

Cos’è l’accertamento con adesione

⚖️ È una procedura di definizione agevolata del debito fiscale, prima del ricorso:

✅ Riconosci parte del debito, ma ottieni:
🔸 Riduzione delle sanzioni fino a 1/3
🔸 Pagamento rateale fino a 8 o 16 rate trimestrali
🔸 Stop al contenzioso e alla lite tributaria

📌 L’accordo viene formalizzato davanti all’Agenzia e chiude la questione senza passare dal giudice.

Quando conviene usarli

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⚖️ Ti protegge da errori, forzature o pretese illegittime

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto tributario e accertamenti fiscali
✔️ Difensore di imprese, professionisti e privati in fase precontenziosa
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per chi vuole trattare con il Fisco senza soccombere

Conclusione

Se ricevi un invito al contraddittorio o un avviso di accertamento, non firmare nulla da solo.
Con il giusto supporto puoi difenderti, trattare e chiudere il debito in modo equo e sostenibile.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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