Sblocco Conto Corrente Cointestato Pignorato e Nullità: La Guida

Hai scoperto che il tuo conto corrente cointestato è stato pignorato a causa di un debito intestato solo a uno dei titolari?
Temi di perdere la disponibilità del denaro anche se una parte del saldo è tua o non hai nulla a che fare con il debito?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in esecuzioni, pignoramenti e tutela del patrimonio familiare – ti spiega in modo chiaro quando un pignoramento su conto cointestato è nullo o illegittimo, e quali strumenti legali puoi usare per sbloccarlo e tutelare la tua quota.

Scoprirai:

  • Come funziona il pignoramento di un conto cointestato: il creditore agisce su tutto il saldo, ma la banca blocca anche la parte che potrebbe appartenere a chi non ha alcun debito;
  • Quando è nullo o irregolare:
    – Se il debitore è solo uno dei cointestatari
    – Se non viene rispettato il principio di proporzionalità
    – Se manca la prova che le somme siano interamente del debitore
  • Cosa puoi fare per difenderti:
    – Presentare un’opposizione all’esecuzione
    – Dimostrare che le somme depositate appartengono anche (o solo) all’altro cointestatario
    – Richiedere lo sblocco immediato della quota parte non pignorabile
  • Quando puoi chiedere la nullità del pignoramento: vizi di notifica, assenza di titolo esecutivo valido, violazione del diritto di terzi non debitori;
  • Come si calcola la quota “tua” sul conto: in genere si presume una divisione 50/50, ma si può provare una ripartizione diversa con documenti e movimenti bancari;
  • Cosa fare se nel conto entrano stipendi, pensioni o somme impignorabili: in questi casi la banca non può bloccare tutto, e puoi chiederne l’immediato sblocco per violazione delle tutele previste dalla legge.

Con l’aiuto di un legale puoi bloccare o limitare gli effetti del pignoramento, salvaguardare la tua parte di denaro e impedire che un debito altrui ricada anche su di te.

Alla fine della guida potrai richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, per analizzare il tuo caso, valutare se il pignoramento è nullo o irregolare, e attivare una strategia legale rapida per sbloccare il conto e proteggere le tue risorse.

Introduzione

Un conto corrente cointestato pignorato pone questioni complesse di diritto esecutivo e di tutela dei soggetti coinvolti. Imprenditori e professionisti possono trovarsi di fronte al blocco di un conto bancario intestato a più persone a causa dei debiti di uno solo dei cointestatari. Questa guida avanzata, aggiornata a maggio 2025, fornisce un’analisi esaustiva del problema e delle possibili soluzioni, con un linguaggio chiaro ma rigoroso rivolto a un pubblico esperto (avvocati, consulenti legali d’impresa, imprenditori informati).

Affronteremo tutte le tipologie di pignoramento previste dall’ordinamento italiano, per poi approfondire in dettaglio il caso particolare del pignoramento di un conto corrente cointestato. Esamineremo le condizioni in cui è possibile sbloccare le somme congelate e le principali cause di nullità o inefficacia degli atti esecutivi. Illustreremo il ruolo cruciale del Giudice dell’Esecuzione, i diritti del cointestatario non debitore, l’onere della prova sulla proprietà delle somme e il rispetto del contraddittorio (diritto al contraddittorio) nei confronti dei terzi interessati.

Ampio spazio sarà dedicato agli strumenti di opposizione previsti dal codice di procedura civile (artt. 615, 617, 619 c.p.c.) e ad altre azioni di tutela, inclusa l’eventuale responsabilità della banca (terzo pignorato). Presentiamo inoltre simulazioni pratiche dettagliate con la cronologia delle procedure, tabelle riepilogative di procedura, normativa, tempi e costi, e una sezione di Domande e Risposte frequenti (FAQ) basate su casi reali. Infine, un’analisi della giurisprudenza più rilevante e aggiornata (fino al 2025) permetterà di comprendere l’evoluzione interpretativa, con riferimenti a sentenze della Corte di Cassazione, pronunce dei tribunali e contributi della dottrina.

Scopo della guida: offrire un riferimento completo e autorevole per affrontare un pignoramento su conto corrente cointestato, individuando le strategie per sbloccare le somme indebite e far valere le nullità degli atti esecutivi, nel rispetto della normativa italiana vigente.

Tipologie di Pignoramento: quadro generale

In Italia l’esecuzione forzata si articola in diverse forme di pignoramento (sequestro esecutivo dei beni del debitore) a seconda della natura dei beni o crediti da aggredire. È fondamentale inquadrare queste tipologie prima di concentrarsi sul caso specifico del conto cointestato pignorato. Le principali categorie previste dal codice di procedura civile sono: pignoramento mobiliare, pignoramento immobiliare e pignoramento presso terzi. Di seguito ne illustriamo le caratteristiche essenziali, con i riferimenti normativi, lo svolgimento della procedura, i tempi e gli oneri tipici.

Pignoramento mobiliare

Il pignoramento mobiliare ha ad oggetto i beni mobili del debitore. Si distingue in pignoramento mobiliare presso il debitore (quando i beni si trovano nella disponibilità diretta del debitore, ad esempio mobili, gioielli, automezzi ecc.) e pignoramento mobiliare presso terzi (quando i beni mobili del debitore sono detenuti da un terzo, ad esempio merce in magazzino altrui). La procedura è disciplinata principalmente dagli artt. 513–542 c.p.c.

  • Procedura: Un ufficiale giudiziario, su istanza del creditore munito di titolo esecutivo e precetto, si reca presso il debitore per ricercare e sequestrare i beni mobili pignorabili. Redige un verbale di pignoramento in cui elenca i beni sequestrati e li lascia in custodia (al debitore stesso nominato custode, oppure a un custode giudiziario nominato, a seconda dei casi). Se si tratta di beni mobili registrati (es. autoveicoli), il pignoramento va iscritto nei pubblici registri (es. PRA per auto). Dopo il pignoramento, il creditore deve chiedere la vendita forzata (o l’assegnazione) entro termini stringenti, altrimenti l’atto perde efficacia (vedremo in dettaglio i termini di legge). Segue la fase di vendita all’asta dei beni mobili pignorati o eventuale assegnazione diretta al creditore. Il ricavato della vendita viene poi distribuito tra i creditori.
  • Normativa: Oltre alle norme del c.p.c. già citate (artt. 513 e ss.), rilevano l’art. 521 c.p.c. per i beni mobili registrati (che prevede la successiva vendita tramite commissionario o presso i competenti uffici). L’art. 521-bis c.p.c. (introdotto di recente) disciplina inoltre forme particolari come il pignoramento di veicoli e altri beni mobili registrati con modalità semplificate (deposito dell’atto presso il PRA e successiva notifica).
  • Tempi: Il pignoramento mobiliare è potenzialmente rapido nell’esecuzione iniziale (bastano pochi giorni per attivare l’ufficiale giudiziario dopo la notifica del precetto), ma i tempi per la vendita variano in base al carico di lavoro del tribunale e alla facilità di liquidare i beni. La legge impone oggi tempistiche più serrate: ad esempio l’art. 497 c.p.c. (come modificato dal D.L. 83/2015) stabilisce che il pignoramento perde efficacia se entro 45 giorni dal compimento non è stata chiesta l’assegnazione o la vendita. Inoltre, se la vendita non avviene entro certi termini (ad es. un anno), il processo può essere dichiarato estinto. In pratica, un’esecuzione mobiliare ben condotta può concludersi in alcuni mesi, ma spesso si protrae oltre un anno in caso di difficoltà nel trovare acquirenti per i beni.
  • Oneri e costi: Il creditore procedente deve anticipare alcune spese: il compenso dell’ufficiale giudiziario per l’accesso e la custodia (spese di trasferta, eventuale custode giudiziario per beni di valore), il contributo unificato per l’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva (di importo variabile in base al credito, generalmente alcune centinaia di euro), nonché le spese di pubblicità e di vendita (come eventuale commissione d’asta). In generale, il pignoramento mobiliare è considerato meno costoso del pignoramento immobiliare, ma l’effettivo recupero dipende dal valore di realizzo dei beni: spesso i beni mobili all’asta vengono venduti a prezzi ridotti, con costi che possono erodere il ricavato.

Pignoramento immobiliare

Il pignoramento immobiliare riguarda i beni immobili (terreni, fabbricati) intestati al debitore. È disciplinato dagli artt. 555–581 c.p.c. e seguenti. Questa procedura è più complessa e formalizzata, mirata alla vendita forzata di beni di alto valore e tipicamente più lunga nei tempi, sebbene le recenti riforme abbiano cercato di accelerarla.

  • Procedura: Il creditore notifica al debitore un atto di pignoramento immobiliare, indicante gli immobili da espropriare, e lo trascrive nei Registri Immobiliari (Conservatoria) per renderlo opponibile a terzi. La legge prevede che la trascrizione avvenga tempestivamente. Con la Riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022 e d.lgs. 164/2024 attuativo) sono stati introdotti termini più stringenti: ad esempio, se l’ufficiale giudiziario si occupa della trascrizione, deve depositare la nota di trascrizione entro 15 giorni dalla consegna dell’atto al creditore. Se invece è il creditore stesso a curare la trascrizione, il termine di 15 giorni non è perentorio, ma resta fermo l’obbligo di trascrivere in tempo utile prima dell’udienza di vendita (almeno 30 giorni prima). Dopo la trascrizione, il creditore deve iscrivere a ruolo la procedura depositando in tribunale la nota di trascrizione, il titolo esecutivo e il precetto (art. 557 c.p.c.). Segue la fase di istruttoria davanti al Giudice dell’Esecuzione (G.E.), che nomina un custode giudiziario dell’immobile (spesso lo stesso debitore può essere nominato custode se occupa l’immobile, salvo diversa disposizione) e un perito estimatore che redige una perizia sul valore di mercato. Successivamente il G.E. emette l’ordinanza di vendita e l’immobile viene messo all’asta. La vendita può essere delegata a un notaio o avvocato (professionista delegato alle vendite) per lo svolgimento della gara. Una volta aggiudicato l’immobile, il giudice emette il decreto di trasferimento all’acquirente e il ricavato viene distribuito tra i creditori (artt. 586 e 589 c.p.c.). Se l’immobile è in comproprietà tra il debitore e altri (bene indiviso), il pignoramento si estende all’intero bene ma la procedura dovrà poi liquidare la quota del comproprietario estraneo (vedremo in seguito le specificità ex art. 599 c.p.c.).
  • Normativa: oltre al corpus principale di articoli del c.p.c. citati, rilevano l’art. 568 c.p.c. (determinazione del valore dell’immobile), l’art. 569 c.p.c. (istanza di vendita e provvedimento di autorizzazione alla vendita), e importanti norme delle disposizioni di attuazione (ad es. l’art. 173 disp. att. c.p.c. per la pubblicità degli avvisi). La riforma Cartabia ha modificato diverse disposizioni: ad esempio l’art. 557 c.p.c. sui termini di trascrizione e l’art. 567 c.p.c. sui documenti ipocatastali da depositare, al fine di ridurre le lungaggini.
  • Tempi: Tradizionalmente l’esecuzione immobiliare è la più lunga: poteva durare vari anni. Oggi, con le riforme e la digitalizzazione, l’obiettivo è di contenere la durata in circa 1–3 anni, ma molto dipende dal tribunale (carichi di lavoro) e dal mercato (numero di aste necessarie per vendere). Termini perentori sono stati introdotti per evitare stasi: ad esempio, la mancata trascrizione o il mancato deposito degli atti nei termini di legge comporta l’inefficacia del pignoramento e l’estinzione della procedura. Ciò incentiva i creditori a procedere speditamente. Anche tra un’asta e l’altra vi sono termini fissati (di solito pochi mesi). Nonostante gli sforzi, va messo in conto che una vendita immobiliare forzata difficilmente si conclude prima di un anno, con punte di durata pluriennale se l’immobile è difficile da piazzare o sorgono opposizioni.
  • Oneri e costi: Il pignoramento immobiliare comporta costi iniziali elevati. Il creditore deve anticipare un contributo unificato proporzionato (per crediti oltre 50.000€, è di circa € 278; se sotto 50.000€, € 121, salvo esenzioni per alcune materie). Inoltre deve farsi carico delle spese di trascrizione presso la Conservatoria (imposta fissa ipotecaria, bolli) e delle spese per la perizia estimativa (solitamente qualche centinaio di euro, importo poi liquidato al perito in prededuzione) e per la custodia dell’immobile (il custode spesso è un professionista che percepisce compenso a carico della procedura). Ci sono poi i costi di pubblicità delle vendite (pubblicazione su portali, manifesti), e l’eventuale compenso del professionista delegato alla vendita. Complessivamente, un creditore procedente su un immobile deve sostenere diverse migliaia di euro di anticipazioni. Tali spese vengono recuperate sul ricavato (in prededuzione) se la vendita ha successo; ma se l’esecuzione si chiude infruttuosamente, il creditore può perdere quanto anticipato. Si tratta quindi di un’azione da valutare con attenzione.

Pignoramento presso terzi

Il pignoramento presso terzi è una forma di esecuzione forzata rivolta non direttamente contro beni del debitore in suo possesso, ma contro crediti che il debitore vanta verso terzi, o somme e beni del debitore che sono nelle mani di terzi. Tipici esempi sono: pignoramento di conti correnti bancari o postali, pignoramento di stipendi, salari o pensioni dovuti da un datore di lavoro o ente, pignoramento di crediti commerciali (crediti che il debitore ha verso suoi clienti), oppure pignoramento di canoni di locazione dovuti da inquilini, e così via. La disciplina base è negli artt. 543–554 c.p.c.

  • Procedura: L’atto di pignoramento viene notificato dal creditore al terzo (ad es. la banca, il datore di lavoro, il debitore del debitore) e al debitore esecutato. Nell’atto devono essere indicati il credito per cui si procede, il titolo esecutivo, e vi è l’ingiunzione al terzo di non disporre delle somme dovute al debitore (ad esempio la banca viene intimata a congelare il conto fino a concorrenza dell’importo pignorato). Inoltre il terzo è invitato a comunicare o dichiarare l’entità di quanto detiene o deve (la cosiddetta dichiarazione del terzo). Con la Riforma Cartabia, la procedura è stata in parte snellita: il terzo può trasmettere una dichiarazione a mezzo PEC al creditore procedente e al tribunale, specificando ad esempio il saldo di conto corrente pignorato o l’importo dello stipendio. Se il creditore ritiene sufficiente tale dichiarazione e non vi sono contestazioni, si può procedere all’assegnazione delle somme senza necessità di udienza. In mancanza, il procedimento prosegue davanti al G.E. all’udienza fissata nell’atto di pignoramento, nella quale il terzo eventualmente compare per rendere la dichiarazione (art. 548 c.p.c. come novellato). Sulla base della dichiarazione positiva (ad es. “la banca conferma che sul conto X intestato al debitore ci sono € Y disponibili”), il giudice dell’esecuzione emette un’ordinanza di assegnazione in favore del creditore procedente, fino a concorrenza del credito pignorato (art. 553 c.p.c.). Da quel momento le somme assegnate vengono trasferite al creditore (direttamente dal terzo, che vi provvede dopo aver ricevuto l’ordinanza) e l’eventuale eccedenza viene dissequestrata. Se invece il terzo dichiara di non possedere nulla del debitore, il G.E. potrà dichiarare estinto il pignoramento per mancata efficacia (salvo che il creditore dimostri il contrario, ad es. contestando la dichiarazione). In caso di mancata comparizione o mancata risposta del terzo, vi sono meccanismi per dare comunque efficacia al pignoramento (ad esempio ritenendo ammessa l’esistenza del credito secondo l’atto di pignoramento, art. 548 c.p.c.).
  • Ambito di applicazione: Il pignoramento presso terzi è uno strumento molto usato perché consente di colpire direttamente disponibilità finanziarie o crediti liquidi. Conti correnti bancari e stipendi/pensioni sono tra i bersagli preferiti dei creditori, perché spesso garantiscono un recupero rapido e relativamente sicuro. Ad esempio, il conto corrente può essere bloccato immediatamente fino all’importo dovuto e poi l’importo viene girato al creditore; lo stipendio può essere pignorato direttamente alla fonte presso il datore di lavoro (con trattenuta mensile). I crediti commerciali e altri crediti verso terzi richiedono di conoscere l’esistenza di quei crediti (spesso tramite indagini patrimoniali sul debitore).
  • Normativa: Gli articoli 543 e seguenti c.p.c. dettano la forma dell’atto e le modalità (es. art. 543 richiede di indicare l’udienza di comparizione davanti al G.E., oggi spesso sostituita dalla procedura telematica di cui sopra). L’art. 546 c.p.c. impone al terzo l’obbligo di non disporre delle cose o somme dovute dal momento della notifica del pignoramento, pena la responsabilità verso il creditore. Importante è l’art. 545 c.p.c., che elenca i limiti di pignorabilità per particolari crediti: ad esempio salari, stipendi e pensioni sono pignorabili solo entro determinate percentuali e importi (vedi infra). Vi sono poi disposizioni speciali per crediti assistiti da causale particolare (mantenimento, alimenti, tributi, ecc., che hanno limiti propri). Le disposizioni di attuazione del c.p.c., in particolare l’art. 159-ter disp. att., prevedono forme semplificate per l’invio e acquisizione telematica delle dichiarazioni dei terzi (introdotte nel 2021–2022).
  • Tempi: Il pignoramento presso terzi è generalmente più rapido delle esecuzioni mobiliari o immobiliari. Spesso entro 1–3 mesi il creditore può ottenere l’assegnazione: ad esempio, notificato l’atto oggi, la banca entro pochi giorni congela le somme; se la dichiarazione del terzo è immediata o l’udienza viene fissata a uno o due mesi di distanza, in quell’udienza stessa il G.E. può emettere l’ordinanza di assegnazione. La Riforma Cartabia ha eliminato alcuni passaggi (non è sempre necessaria l’udienza se tutto è chiaro via PEC), quindi il tutto può risolversi anche in tempi brevissimi (anche 30–60 giorni dall’atto). Attenzione però: se il terzo trattiene somme da versare a rate (es. stipendio con trattenuta mensile del quinto), l’effettivo incasso del credito sarà dilazionato mese per mese. Viceversa, sul conto corrente il prelievo è una tantum, legato alle disponibilità esistenti al momento e agli eventuali futuri accrediti fino all’assegnazione. Importante: anche per il pignoramento presso terzi vale l’art. 497 c.p.c. sulla perdita di efficacia se il creditore non procede in tempi rapidi. Il compimento del pignoramento avviene con la notifica; dopodiché, se il creditore non iscrive a ruolo e non attiva il procedimento entro 45 giorni, il pignoramento si considera inefficace. In pratica però, l’iscrizione a ruolo contestuale e la fissazione dell’udienza nell’atto stesso evitano questo problema, purché l’udienza sia entro 45 giorni. Alcune prassi di Tribunale richiedono infatti di ottenere la data di udienza dal giudice prima di notificare l’atto, proprio per rispettare i termini.
  • Oneri e costi: Il pignoramento presso terzi è relativamente economico. Il creditore paga un contributo unificato ridotto (per crediti fino a €2.500 è €43; fino a €10.000 è €98; oltre €10.000 è €237), le marche da bollo per diritti forfettari (di solito €27), le spese di notifica dell’atto (raccomandata o UNEP, variabili ma modeste) e l’eventuale compenso dell’avvocato. Non vi sono costi di custodia o perizia. La procedura telematica riduce anche i costi di comparizione dei terzi. In caso di assegnazione, è dovuta un’imposta di registro sull’ordinanza di assegnazione (0,5% se crediti di lavoro, 3% altrimenti) a carico del creditore assegnatario; inoltre, se il creditore è assistito da avvocato antistatario (che ha compensi a carico del debitore soccombente) vi può essere una spesa per l’imposta di registro della sentenza di pagamento di tali compensi. Tuttavia, queste voci sono eventuali e successive. In sintesi, la via del pignoramento presso terzi è spesso la più rapida ed efficiente per il recupero forzoso, con costi sostenibili rispetto alle altre procedure. Non a caso viene privilegiata quando il creditore ha informazioni su conti bancari o crediti del debitore.

Di seguito, dopo aver chiarito il panorama generale delle esecuzioni forzate, ci concentriamo sul pignoramento del conto corrente cointestato, che rappresenta il fulcro di questa guida. Tale scenario combina gli aspetti del pignoramento presso terzi (trattandosi di somme in banca) con le peculiarità dei beni indivisi (essendo il conto intestato a più soggetti).

Pignoramento di Conto Corrente Cointestato: principi generali

Un conto corrente cointestato è un conto bancario intestato a più titolari. Giuridicamente, si configura come un’ipotesi di contitolarità del rapporto di deposito bancario. L’art. 1854 c.c. stabilisce infatti che, se il conto è intestato a più persone con facoltà di operare separatamente, i cointestatari sono considerati creditori o debitori solidali dei saldi del conto. Ciò implica che ciascun cointestatario, nei rapporti con la banca (rapporti esterni), può compiere operazioni sul conto e disporre dell’intero saldo (se il contratto prevede firma disgiunta), e che in caso di scoperto tutti i cointestatari rispondono in solido verso la banca. Nei rapporti interni tra cointestatari, invece, salvo prova di diverso accordo, si presume che le parti di ciascuno siano uguali (art. 1298, co. 2, c.c.). Significa che, in mancanza di altri elementi, si presume che ciascun intestatario sia proprietario del 50% (se sono due cointestatari; 1/3 se tre, e così via) delle somme depositate, indipendentemente da chi abbia versato effettivamente il denaro.

Questa presunzione di contitolarità paritaria è relativa (iuris tantum): può essere vinta da una prova contraria. Ad esempio, se uno dei cointestatari dimostra di aver versato quasi tutte le somme, potrà rivendicare una quota maggiore; al contrario, un creditore potrebbe provare che il debitore ha alimentato il conto in misura prevalente, sostenendo quindi che la quota effettiva del debitore è superiore a quella presunta. Approfondiremo a breve l’onere della prova.

In base a questi principi, quando uno solo dei cointestatari è debitore e subisce un pignoramento, si incrociano due regole fondamentali:

  1. Pignorabilità dei beni indivisi: L’art. 599 c.p.c. dispone che possono essere pignorati i beni indivisi anche se non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore procedente. Il creditore quindi può legittimamente pignorare un conto cointestato per un debito di uno solo degli intestatari. Non occorre che tutti i titolari del conto siano debitori; basta che lo sia uno di essi, in forza di titolo esecutivo (es. sentenza, decreto ingiuntivo, cartella esattoriale). Il pignoramento riguarderà la quota del debitore sul bene comune.
  2. Presunzione di contitolarità ed eguaglianza delle quote: In difetto di prova contraria, la quota del debitore sul conto cointestato è presunta pari a quella degli altri contitolari. Dunque, se il conto ha due intestatari (A e B) e A è debitore, si presume che A sia titolare del 50% del saldo e B dell’altro 50%. Questa presunzione è sancita dagli artt. 1854 c.c. e 1298 c.c. combinati, ed è stata più volte confermata dalla Corte di Cassazione: “la cointestazione di un c/c … fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto ex art. 1298 c.c. e l’eguaglianza delle parti di ciascuno, presunzione che dà luogo solo all’inversione dell’onere della prova e può essere superata da chi deduce una situazione giuridica diversa”. In altre parole, la cointestazione rende il conto un bene indiviso, e attribuisce a ciascun intestatario la qualità di creditore (verso la banca) per l’intero saldo ma pro quota nei rapporti interni. Di conseguenza, il creditore procedente potrà pignorare solo la quota di spettanza del debitore.

Esempio: se sul conto ci sono 10.000 € totali e due cointestatari, il creditore di A (uno dei cointestatari) potrà mirare solo ai 5.000 € che presumibilmente spettano ad A. Tuttavia, come vedremo, la banca al momento del pignoramento congela l’intero saldo per sicurezza, e spetterà poi al giudice assegnare la giusta quota.

Un corollario importante della natura indivisa del conto è l’obbligo di garantire il contraddittorio con l’altro cointestatario non debitore. La legge (art. 599 c.p.c. e art. 180 disp. att. c.p.c.) prevede infatti che, eseguito il pignoramento su un bene indiviso, gli altri comproprietari debbano essere informati. Più precisamente, il creditore procedente deve notificare agli altri contitolari un avviso dell’avvenuto pignoramento, con l’intimazione a non consentire che la quota del debitore venga separata dal resto dei beni comuni. Questo adempimento serve a mettere il terzo cointestatario a conoscenza dell’esecuzione, in modo che possa far valere i propri diritti. L’omessa comunicazione di tale avviso è considerata un grave vizio del procedimento: secondo la giurisprudenza, costituisce un’“inerzia delle parti” che rende improcedibile l’esecuzione. In pratica, se il creditore dimentica di notificare l’avviso al co-intestatario estraneo, il giudice può dichiarare improcedibile l’intera esecuzione sui beni indivisi. Si tratta quindi di un passaggio essenziale, pena la nullità/inopponibilità dell’atto verso il terzo.

Riassumendo, il quadro normativo garantisce che il creditore possa aggredire il conto cointestato (per evitare che la contitolarità diventi uno schermo per sfuggire ai debiti), ma al contempo tutela il co-titolare non debitore, confinando il pignoramento alla sola quota del debitore e assicurando il suo diritto a essere avvisato e a intervenire per far valere le proprie ragioni.

Nei prossimi paragrafi analizzeremo passo passo come avviene il pignoramento di un conto cointestato (procedura pratica), quali sono i diritti del cointestatario non debitore e come può ottenere lo sblocco delle somme di sua spettanza, e quali strumenti offre la legge per contestare eventuali irregolarità o eccessi (opposizioni, richieste al giudice, ecc.).

Procedura di Pignoramento del Conto Cointestato

Vediamo ora in concreto come si svolge un pignoramento presso terzi quando l’oggetto è un conto corrente cointestato. In gran parte, la procedura ricalca quella di un normale pignoramento presso terzi in banca (descritta sopra), ma con alcuni accorgimenti ulteriori legati alla presenza di più intestatari.

1. Notifica dell’atto di pignoramento alla banca e al debitore: Il creditore munito di titolo esecutivo e precetto fa notificare un atto di pignoramento presso terzi in cui indica la banca come terzo pignorato. L’atto specifica i dati del debitore (cointestatario), l’importo dovuto, e intima alla banca di non consentire movimenti di denaro in favore del debitore fino all’importo pignorato. Di regola, nell’atto il creditore menziona anche gli estremi del conto corrente (se noti) o comunque il rapporto di cui il debitore è titolare presso quella banca. È possibile che il creditore non conosca esattamente che il conto è cointestato con altri; spesso lo si scopre al momento della dichiarazione della banca. Contestualmente l’atto è notificato anche al debitore esecutato, all’indirizzo risultante (tipicamente la residenza). La notifica simultanea serve a dare immediata conoscenza al debitore che le sue disponibilità presso quel terzo sono state bloccate (art. 543 c.p.c.).

2. Blocco del saldo da parte della banca: Ricevuto l’atto, la banca (terzo pignorato) è tenuta a congelare le somme presenti sul conto fino a concorrenza dell’importo indicato dal creditore. Una particolarità importante è che la banca blocca prudenzialmente l’intero saldo del conto cointestato, e non solo la presunta quota del debitore. Questo perché la banca non può da sola determinare quali somme sul conto appartengano all’uno o all’altro cointestatario. Di conseguenza, fino a nuova decisione, l’intero conto è temporaneamente vincolato per l’importo pignorato. Ad esempio, se il creditore vanta 20.000 € e sul conto cointestato ci sono 30.000 €, la banca vincolerà 20.000 € (bloccandoli), ma se sul conto vi fossero solo 10.000 €, bloccherebbe quei 10.000 € integralmente (pur sapendo che solo metà teoricamente è del debitore). La banca non può consentire prelievi né operazioni in uscita al di fuori di quanto eventualmente eccede la somma pignorata. È importante notare che la banca non è tenuta (né autorizzata) a indagare sulla provenienza delle somme (chi le ha versate) né a “spartire” il saldo in base alle quote. Il suo obbligo è semplicemente di custodire le somme fino a ordine del giudice (art. 546 c.p.c.). Qualsiasi valutazione sulla contitolarità effettiva e sui limiti di pignorabilità è rimessa al Giudice dell’Esecuzione in sede processuale.

3. Dichiarazione della banca e avviso al cointestatario estraneo: La banca deve quindi comunicare formalmente la situazione al procedente. Con le norme vigenti, solitamente invia una PEC al creditore e, per conoscenza, al tribunale, dichiarando ad esempio: “conto corrente n. XYZ intestato a Tizio e Caio, saldo X euro, conto cointestato”. In tale dichiarazione la banca segnala la cointestazione del rapporto. Questo è il momento in cui, ufficialmente, emerge nel processo di esecuzione che vi è un contitolare non debitore. In base all’art. 599 c.p.c. e 180 disp. att. c.p.c., il creditore a questo punto deve notificare al terzo cointestatario estraneo (Caio, nell’esempio) un avviso di pignoramento di bene indiviso. In tale avviso – che è un atto separato dalla notifica iniziale – si comunica al co-intestatario che sul conto c’è un pignoramento a carico dell’altro titolare e gli si ingiunge di non accordare al debitore la separazione della sua quota dal bene comune. Questo passaggio, come detto, è essenziale per coinvolgere il terzo nel contraddittorio. Spesso questo avviso viene notificato appena la banca rende noto che esiste un cointestatario. Se per caso il creditore era già a conoscenza della cointestazione, prudentemente potrebbe aver notificato l’atto di pignoramento iniziale anche all’altro cointestatario, ma tale notifica non è espressamente prevista come obbligatoria se non attraverso l’avviso ex art. 180 disp. att. c.p.c.

4. Udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione: Se il procedimento presso terzi richiede un’udienza (ad esempio, perché il creditore vuole sicurezza sulla dichiarazione del terzo, o perché c’è bisogno di discutere della contitolarità), essa avverrà di fronte al Giudice dell’Esecuzione nella data indicata nell’atto di pignoramento (o differita in caso di gestione telematica della dichiarazione). A questa udienza vengono coinvolti:

  • il creditore procedente (o il suo avvocato);
  • il debitore esecutato (spesso assente, ma ha diritto di comparire per opporsi o chiedere qualcosa);
  • il terzo pignorato (la banca), la quale di solito non compare di persona se ha già fornito la dichiarazione scritta;
  • il cointestatario non debitore, che ora, avendo ricevuto l’avviso, può partecipare per far valere i propri diritti.

In questa sede, il Giudice verifica la regolarità del pignoramento, prende atto della dichiarazione del terzo e della cointestazione. Due scenari sono possibili:

  • a) Nessuna contestazione sulle quote: se il cointestatario non debitore non si oppone e non porta elementi per alterare la presunzione di quota, il giudice applicherà la presunzione legale. Quindi, assegnerà al creditore procedente la parte di saldo corrispondente alla quota del debitore. In pratica, se ci sono due intestatari, disporrà che al creditore siano assegnate le somme pignorate fino a concorrenza del 50% del saldo (o del credito, se inferiore). Se la somma sul conto è sufficiente, l’ordinanza di assegnazione liquiderà ad esempio la metà del saldo pignorato al creditore, liberando l’altra metà. Se il saldo era inferiore al credito, il giudice di solito assegna direttamente tutto il saldo pro quota del debitore (che, in presunzione, è metà del totale disponibile). Per chiarire: immaginando un saldo di €10.000, creditore chiede €8.000; presunta quota del debitore €5.000 -> il giudice assegna €5.000 al creditore (nonostante il credito fosse €8.000, il resto non è disponibile su quel conto perché appartiene all’altro). Se invece il credito fosse stato €3.000, basterebbe assegnare €3.000 (che rientrano nella metà di spettanza del debitore) e liberare il residuo. L’ordinanza di assegnazione conterrà anche l’ordine alla banca di pagare tali somme al creditore, sbloccando contestualmente le somme residue in favore dei titolari del conto.
  • b) Contestazione sulla ripartizione delle somme: se il cointestatario non debitore interviene sostenendo che la propria quota è superiore a quella presunta (o che la quota del debitore è inferiore), la situazione diventa contenziosa. Ad esempio, Caio afferma: “tutte le somme sul conto sono state versate da me, il debitore Tizio non vi ha contribuito, dunque quelle somme sono mie”. Oppure può sostenere che la quota del debitore è comunque diversa dal 50%. In tal caso, il Giudice dell’Esecuzione non può semplicemente assegnare metà saldo, perché è stata contestata la presunzione di uguaglianza. Il giudice potrà sospendere o rinviare la decisione sull’assegnazione, invitando le parti a far valere le loro ragioni con gli strumenti appropriati (tipicamente un’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. o un giudizio ordinario di accertamento – v. sezioni successive). Nelle more, il G.E. di solito mantiene il blocco delle somme pignorate, in attesa che venga accertata la reale titolarità. Potrebbe, in via provvisionale, limitare il pignoramento a una certa somma in base alle prime evidenze, ma questo rientra in misure cautelari discrezionali. Se l’opposizione o il giudizio parallelo confermeranno che una quota delle somme non appartiene al debitore, allora il relativo importo verrà svincolato a favore del cointestatario terzo; viceversa, se l’opponente non riesce a dare prova sufficiente, si tornerà alla regola presuntiva e si procederà all’assegnazione come da punto (a).

5. Esecuzione dell’ordinanza di assegnazione e sblocco delle somme: Quando il giudice emette l’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate, questa viene comunicata alla banca. La banca, quale terzo pignorato, esegue l’ordine: trasferisce la somma assegnata sul conto indicato dal creditore (o tramite assegno circolare) e libera il resto. Le somme liberate tornano nella piena disponibilità dei titolari del conto. Se l’ordinanza copre l’intero ammontare pignorato (ad es. saldo pignorato 5.000 €, tutti assegnati al creditore), allora il conto viene sbloccato integralmente a esecuzione terminata (saldo eventualmente azzerato se tutto trasferito). Se invece copre solo parte (creditore soddisfatto con meno del saldo bloccato), l’eccedenza viene resa ai cointestatari.

Da questo iter procedurale emerge che lo “sblocco” del conto cointestato pignorato dipende dalle decisioni del G.E.: fino all’ordinanza, il conto resta vincolato per l’importo pignorato, e l’unico modo per ottenere anticipatamente lo sblocco totale o parziale è convincere il giudice – con gli strumenti processuali opportuni – che vi sono somme non dovute al creditore (perché appartenenti al terzo o impignorabili). Approfondiamo quindi i diritti del cointestatario non esecutato e come può agire.

Diritti del cointestatario non debitore e onere della prova

Il cointestatario non debitore (colui che subisce il blocco del conto senza avere pendenze verso il creditore) ha una serie di diritti e facoltà per tutelare la propria parte di denaro. Tali diritti poggiano sul principio che il patrimonio di un debitore è aggredibile nei limiti della sua titolarità: non si può espropriare ciò che appartiene a terzi. Nel caso di conti cointestati, come visto, per legge si presume una comproprietà paritetica, ma questa presunzione può essere superata con prova contraria.

Onere della prova: spetta a chi afferma che la realtà è diversa dalla presunzione fornire le prove. Dunque:

  • Se il cointestatario terzo sostiene che una parte maggiore delle somme è sua esclusiva, dovrà provare i fatti che fondano questa affermazione (es. che lui ha eseguito la maggior parte dei versamenti, che le somme derivano dal suo reddito, ecc.).
  • Di converso, se fosse il creditore a sostenere che la quota effettiva del debitore è maggiore del 50% (magari perché pensa che l’altro intestatario sia solo fittizio), sarebbe il creditore a doverlo dimostrare.

In pratica, l’inversione dell’onere della prova determinata dalla presunzione legale significa che, fino a prova contraria, il giudice considera le quote uguali. Chi vuole deviare da questa regola deve attivarsi e portare elementi convincenti. La Cassazione ha chiarito che la prova contraria può essere data anche tramite presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Ad esempio, se un cointestatario può mostrare estratti conto che evidenziano che tutti gli accrediti sul conto provengono dal suo stipendio o dalla vendita di un suo bene personale, questo sarà un indizio forte a suo favore; oppure, al contrario, se il creditore scopre che il debitore aveva versato proprio prima del pignoramento una grossa somma solo sua e l’altro co-intestatario era un parente senza reddito, potrebbe inferirsi che la cointestazione era un escamotage e i soldi erano del debitore.

Diritti del co-intestatario terzo durante l’esecuzione:

  • Essere informato e partecipare: come detto, il terzo ha diritto a ricevere l’avviso ex art. 599 c.p.c. e dunque conoscere il pignoramento. Ha diritto di intervenire nell’udienza davanti al G.E., di prendere visione degli atti del processo esecutivo (tramite l’accesso al fascicolo) e di essere partecipe del contraddittorio. Anche se formalmente il terzo cointestatario non è “parte” necessaria dell’esecuzione (che si svolge tra creditore e debitore), la legge gli riconosce un ruolo per tutelare i propri interessi, equiparandolo in sostanza a un terzo proprietario di bene pignorato.
  • Chiedere la separazione delle somme: il co-intestatario può in sede di esecuzione chiedere al giudice di limitare il pignoramento alla quota del debitore e liberare la propria. In teoria, questo avviene automaticamente all’assegnazione (la metà al creditore e liberazione del resto). Ma potrebbe, ad esempio, presentare un’istanza al G.E. già all’udienza di dichiarazione, affermando: “Poiché io sono contitolare e ho prove che le somme derivano da me, chiedo il dissequestro immediato almeno di una parte”. Il G.E. potrebbe non accogliere sulla sola base delle sue affermazioni, se contestate, rinviandolo alla causa di merito. Tuttavia, qualora la prova sia evidente e non contestata, il giudice potrebbe anticipare lo svincolo parziale.
  • Esercitare l’opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.): questo è lo strumento principe (di cui diremo approfonditamente più avanti) con cui il terzo proprietario di un bene pignorato può far valere il proprio diritto. Nel caso di conto cointestato, il co-intestatario non debitore può proporre opposizione all’esecuzione in qualità di terzo sostenendo che le somme pignorate (o una parte di esse) sono di sua esclusiva proprietà e non dovrebbero essere toccate. L’opposizione si propone con atto di citazione davanti al tribunale dell’esecuzione e porta a un giudizio (parallelo all’esecuzione) in cui si decide sulla proprietà delle somme.
  • Azione di accertamento ordinaria (rivendicazione): in alternativa all’opposizione ex art. 619 (o anche oltre i limiti temporali di questa), il cointestatario può avviare un ordinario giudizio di accertamento della proprietà o di rivendica per ottenere una sentenza che dichiari che tutto o parte del denaro sul conto era suo. Questo potrebbe essere utile se, ad esempio, il pignoramento si è chiuso ma permangono conseguenze o se vuole attaccare il creditore su un piano diverso (ad es. chiedendo il risarcimento del danno per illecita espropriazione di cose altrui). Tuttavia, durante l’esecuzione, lo strumento tipico è l’opposizione esecutiva, più rapida.
  • Sospensione e istanze urgenti: il co-intestatario può chiedere al G.E. la sospensione dell’esecuzione limitatamente alle somme in contestazione, in attesa dell’esito del giudizio di opposizione. Questa richiesta può avvenire in sede di opposizione (art. 624 c.p.c. per sospensione dell’esecuzione su istanza di parte, se ci sono gravi motivi). Ad esempio, Caio propone opposizione ex 619 e contesta la quota: può contestualmente chiedere al giudice dell’esecuzione di non assegnare denaro al creditore finché non si chiarisce la titolarità. Il giudice può concedere la sospensione (blocco) se ritiene che l’opponente abbia ragionevoli motivi e che, assegnando subito, subirebbe un pregiudizio difficilmente rimediabile.
  • Prelievo delle somme non pignorate: altra situazione riguarda le somme impignorabili o eccedenti. Se, per esempio, sul conto vi fossero somme parzialmente impignorabili per legge (come stipendi entro certi limiti, vedi infra), il co-intestatario deve poter prelevare la parte non soggetta a vincolo. La legge infatti stabilisce che le somme impignorabili sono immediatamente escluse dalla procedura e restano nella disponibilità del debitore (o del terzo proprietario) senza attendere la pronuncia del giudice. Pertanto, se il conto contiene importi che si qualificano come “tesoretto” non pignorabile (ad esempio un triplo assegno sociale di pensione, o somme relative a redditi minimi), la banca dovrebbe consentire il prelievo di tale parte non toccata dal pignoramento. Nella prassi, però, le banche tendono a congelare tutto e attendere indicazioni del giudice, anche per timore di sbagliare: in tal caso il cointestatario o il debitore possono fare un’istanza di svincolo immediato per la quota impignorabile, indicando la normativa (art. 545 c.p.c.) e ottenendo un ordine del G.E. che autorizzi la banca a rilasciare quella parte.

Prova della proprietà delle somme: Come può concretamente un cointestatario dimostrare che i soldi sul conto (o una quota maggiore del 50%) erano propri e non del debitore? Alcuni esempi di elementi utili:

  • Origine degli accrediti: esibire buste paga, bonifici, assegni in entrata sul conto che risultino provenire da terzi pagatori del co-intestatario non debitore. Se, ad esempio, lo stipendio di Caio viene accreditato su quel conto cointestato, gli importi e le causali ne attestano la provenienza.
  • Tracciabilità dei versamenti: se il cointestatario ha effettuato versamenti di contante o giroconti da altri suoi conti, le ricevute e contabili bancarie possono provarlo.
  • Dichiarazioni dei redditi e contabilità: l’associazione tra i redditi del co-intestatario e i fondi sul conto (specie nei casi di soci o conti aziendali) può essere mostrata tramite documenti fiscali e contabili.
  • Natura delle spese effettuate: talora, analizzando come sono stati spesi i soldi, si può arguire la titolarità. Ad esempio, se il conto serviva per pagare spese familiari e uno dei coniugi vi versava denaro proprio a tal fine, ciò può supportare la ripartizione interna.
  • Accordi scritti: se esiste un accordo tra i cointestatari sulla diversa ripartizione delle quote (non comune, ma possibile, magari in scritture private), esso può essere prodotto. Anche la comunione dei beni tra coniugi è un elemento: se il conto è cointestato tra marito e moglie in regime di comunione legale, di norma le somme sarebbero di entrambi al 50%. Tuttavia, attenzione: in comunione legale, i creditori personali di un coniuge non possono aggredire i beni comuni se non per debiti sorti per scopi della famiglia; se il debito è personale estraneo ai bisogni familiari, il bene in comunione (come il conto cointestato) potrebbe non essere aggredibile pro quota. Questo è un aspetto peculiare del regime patrimoniale coniugale, che però esula in parte dalla presunzione 1854 c.c. (riguarda la pignorabilità in sé, ne parleremo nelle FAQ e casi particolari).

In sintesi, il cointestatario terzo ha il diritto di vedere liberata la propria parte di denaro, ma per esercitarlo efficacemente deve attivarsi fornendo al giudice dell’esecuzione elementi concreti sulla reale titolarità delle somme. In mancanza, prevale la presunzione e la metà (o la quota proporzionale) viene considerata del debitore e quindi assegnabile al creditore. D’altro canto, come confermato da Cassazione, la contitolarità solidale fa sì che il cointestatario non possa pretendere ex post rimborsi dall’altro per l’uso delle somme comuni se erano destinate a spese familiari: questo per dire che, una volta considerate comuni, ognuno può disporne e ne risponde internamente solo se si prova un uso indebito.

Limiti di pignorabilità e casi di nullità (invalidità) degli atti esecutivi

In ogni procedura esecutiva vi sono norme imperative che stabiliscono cosa non può essere pignorato o fino a che importo. Nel contesto dei conti correnti (anche cointestati) occorre tener presente in particolare i limiti di pignorabilità di stipendi, salari e pensioni previsti dall’art. 545 c.p.c., nonché altre cause di nullità/inefficacia degli atti se non conformi alla legge.

Limiti di pignorabilità su conto corrente (stipendi e pensioni)

Quando sul conto corrente del debitore affluiscono somme derivanti da stipendi, salari o pensioni, la legge pone limiti per salvaguardare mezzi di sostentamento:

  • Le somme accreditate a titolo di stipendio o salario prima della notifica del pignoramento sul conto sono pignorabili solo per la parte eccedente un importo pari a tre volte l’assegno sociale. L’assegno sociale è un parametro aggiornato annualmente (nel 2024 è circa € 534,41 mensili); tre volte tale importo equivale a circa € 1.603 (nel 2024). Questa soglia rappresenta il cosiddetto “saldo impignorabile” o tesoretto sul conto: se il debitore aveva sul conto soldi provenienti da stipendio, fino a € ~1.600 restano non toccabili, e solo l’eventuale eccedenza può essere pignorata. Ad esempio, se il giorno prima del pignoramento sul conto c’erano € 2.000 di stipendio risparmiato, la banca dovrà lasciare immediatamente disponibile al debitore € ~1.600 e bloccare solo ~€ 400.
  • Le somme accreditate a titolo di pensione prima del pignoramento godono di una protezione ancora maggiore dopo le riforme del 2022: sono impignorabili per un importo pari al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di € 1.000. In pratica oggi (2024) due volte l’assegno sociale mensile è circa € 1.068, ma la legge garantisce almeno € 1.000: dunque le pensioni depositate sul conto non possono essere toccate fino a € 1.000 (anche se doppio assegno sociale fosse inferiore). La parte eccedente € 1.000 è pignorabile nei limiti consueti (un quinto, etc.). Questa modifica (Decreto Aiuti-bis 2022) ha innalzato la soglia rispetto al passato (prima era 1,5 volte l’assegno sociale, circa € 750).
  • Le somme di stipendio o pensione accreditate dopo la notifica del pignoramento subiscono il vincolo nella misura stabilita dal terzo comma dell’art. 545, cioè: un quinto di ciascun accredito stipendiale, e un quinto di ciascun rateo di pensione al netto della parte impignorabile (il minimo vitale). In concreto: se dopo il pignoramento arriva lo stipendio mensile, la banca trattiene il 20% di esso e lascia il resto al debitore; se arriva la pensione mensile, la banca trattiene il 20% solo della parte che eccede l’assegno sociale aumentato (oggi dovremmo aggiornare: in base al nuovo minimo vitale, la trattenuta 1/5 si applica sull’importo eccedente ~€ 1.000). In tutti gli altri casi di somme diverse (es. redditi da locazione, bonifici vari) non ci sono limiti: il terzo deve trattenere tutto l’accreditamento successivo fino a concorrenza del dovuto.

Se il conto cointestato contiene salari/pensioni del debitore, questi limiti valgono esattamente come se il conto fosse solo suo. Quindi il co-intestatario non debitore deve essere consapevole che la quota del debitore potrebbe di fatto ridursi per legge. Ad esempio, se su un conto cointestato marito-moglie affluisce lo stipendio del marito (debitore), almeno il triplo dell’assegno sociale sarà salvo e resterà libero anche in caso di pignoramento – e ciò va a vantaggio anche del coniuge cointestatario che usa quei soldi. La banca in teoria dovrebbe non vincolare tali importi minimi impignorabili fin da subito, rendendoli disponibili al debitore. In pratica, come detto, serve a volte l’intervento del G.E. per far rispettare questa regola.

Violazione dei limiti – inefficacia del pignoramento: L’art. 545 ultimo comma c.p.c. sancisce che il pignoramento effettuato in violazione dei divieti o oltre i limiti stabiliti (come quelli sopra indicati) è inefficace per la parte eccedente. Questa inefficacia è rilevabile d’ufficio dal G.E. e non richiede opposizione. Ciò significa che se un creditore o la banca erroneamente bloccano/importano somme che per legge non andavano toccate (es. sequestrano anche il “tesoretto” impignorabile), quell’atto è improduttivo di effetti giuridici per la parte eccedente e deve essere corretto. Ad esempio, se sono stati pignorati € 2.000 su un conto dove c’era solo pensione minima di € 1.200, il pignoramento è inefficace almeno per € 1.000 (minimo vitale) e il giudice lo dichiarerà, liberando tale importo. L’inefficacia opera limitamente alla quota non pignorabile, mentre rimane valido per il resto. Dunque non travolge l’intero atto ma solo l’eccedenza.

Altre somme impignorabili: Oltre a stipendi e pensioni, ci sono altre categorie di crediti assolutamente impignorabili (art. 545 co. 2 e 3 c.p.c.), ad esempio: sussidi di sostentamento, crediti alimentari (salvo eccezioni), assegni di accompagnamento, ecc. Se tali somme finiscono su un conto cointestato, in teoria mantengono la loro impignorabilità tracciabile se riconoscibili. In pratica però, distinto è difficile se mischiati nel saldo; il debitore o il co-intestatario dovrebbero segnalarlo al giudice (esibendo documentazione che su quel conto c’era un’indennità impignorabile) per ottenere lo sblocco di quella parte.

Nullità formali degli atti esecutivi

Oltre ai limiti di pignorabilità (che attengono più a un’inefficacia “sostanziale” parziale), ci sono diversi vizi formali che possono colpire gli atti del procedimento (precetto, pignoramento, notifiche, ecc.), rendendoli nulli o annullabili. Le principali ipotesi da tenere presenti, anche nel contesto di un pignoramento di conto cointestato, sono:

  • Mancata notifica del precetto o pignoramento oltre i termini: Il precetto è l’atto con cui il creditore intima al debitore di pagare entro un termine (di solito 10 giorni) altrimenti procederà con l’esecuzione. Se il pignoramento viene eseguito senza che il precetto sia stato regolarmente notificato, o quando il precetto è scaduto (vale 90 giorni dalla notifica, art. 481 c.p.c.), allora l’esecuzione è viziata. Ad esempio, notificare un pignoramento dopo 6 mesi dal precetto senza rinnovarlo rende l’atto nullo. Questo vizio può essere fatto valere con opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) dal debitore.
  • Vizi dell’atto di pignoramento presso terzi (art. 543 c.p.c.): L’atto deve contenere a pena di nullità una serie di elementi: generalità delle parti, indicazione precisa del credito per cui si procede, del titolo esecutivo, intimazione al terzo di non disporre, citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente con indicazione di luogo e data, avvertimenti di legge (ad esempio l’avvertimento al debitore che può fare istanza di conversione, art. 492 c.p.c.). Se manca uno degli avvertimenti essenziali o un elemento richiesto, l’atto potrebbe essere dichiarato nullo su eccezione di parte. Ad esempio, l’omissione della data di udienza di comparizione del terzo (un tempo causa di nullità insanabile) oggi potrebbe essere sanata, ma resta un’irregolarità grave. Anche l’errata indicazione del tribunale competente può invalidare l’atto.
  • Omessa notifica al debitore dell’atto di pignoramento: L’art. 543 impone che il pignoramento presso terzi sia notificato al debitore entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notifica al terzo, altrimenti il pignoramento perde efficacia. Se il creditore notifica alla banca ma non al debitore, trascorsi 30 giorni l’atto è inefficace. Questo per garantire che il debitore sia informato e possa reagire.
  • Omessa notifica dell’avviso ai comproprietari (nel caso di bene indiviso): Come già evidenziato, non avvisare il co-intestatario non debitore ex art. 599 c.p.c. comporta l’improcedibilità della procedura. Questa è una forma di invalidità che porta alla chiusura anticipata dell’esecuzione, assimilabile a una nullità processuale insanabile se non sanata tempestivamente.
  • Violazione del termine di efficacia del pignoramento (art. 497 c.p.c.): Se dal pignoramento decorrono 45 giorni senza che sia stata chiesta vendita o assegnazione, il pignoramento diviene inefficace. Questo più che un vizio è una decadenza: il processo si estingue automaticamente. Nel contesto del conto cointestato, se il creditore non prosegue diligentemente (ad es. non iscrive a ruolo o non chiede l’ordinanza di assegnazione), passato tale termine il vincolo cade e le somme vanno liberate.
  • Ultrapetizione nell’ordinanza di assegnazione: L’ordinanza di assegnazione del G.E. deve rispettare i limiti del pignoramento e del credito: se per errore assegnasse al creditore più di quanto dovuto o più di quanto pignorato, sarebbe affetta da nullità relativa, impugnabile con opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) da parte del debitore o del terzo leso. Questo è raro ma possibile, specie con conti cointestati: il giudice deve stare attento ad assegnare solo la quota di spettanza del debitore.
  • Altri vizi procedurali: Ad esempio, se l’atto di pignoramento non viene iscritto a ruolo nel termine di 30 giorni dalla notifica (art. 557 c.p.c.), oggi l’orientamento è che non c’è decadenza automatica se la trascrizione c’è stata; ma dottrina e prassi evidenziano possibili conseguenze sanzionatorie per il ritardo. Comunque, la maggior parte dei vizi formali (contenuto degli atti, notifiche) può essere fatta valere dal debitore o dal terzo interessato con opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. entro precisi termini (20 giorni dalla conoscenza dell’atto viziato).

Effetti delle nullità/inefficacia sugli importi bloccati: Se un atto viene dichiarato nullo o il pignoramento dichiarato inefficace, le somme pignorate devono essere sbloccate e restituite immediatamente. Ad esempio, se il giudice accoglie un’opposizione perché il pignoramento era nullo, emetterà un provvedimento di cessazione degli effetti esecutivi e disporrà la liberazione dei beni pignorati (in questo caso, del conto). La banca, ricevuta tale ordine (spesso un’ordinanza del G.E. o una sentenza se in causa di opposizione), deve prontamente svincolare le somme e renderle disponibili ai titolari del conto.

Va ricordato che alcune nullità possono essere sanate se non eccepite tempestivamente (es. il debitore che partecipa senza riserve potrebbe sanare un vizio di forma). Ma vizi come l’inesistenza della notifica o la mancanza dell’avviso ex art. 599 c.p.c. sono difficilmente sanabili, perché attengono a principi di ordine pubblico processuale (contraddittorio). Il Giudice dell’Esecuzione ha anche il potere-dovere di rilevare d’ufficio taluni vizi (es. pignoramento oltre limiti di legge, inefficacia per decadenze): ciò garantisce che, anche senza iniziativa di parte, non si producano assegnazioni illegittime.

In conclusione, il complesso delle cause di nullità e inefficacia degli atti esecutivi costituisce un importante argine contro gli abusi nella procedura. Per il co-intestatario e il debitore, conoscere questi aspetti significa poter verificare con il proprio legale se vi siano appigli per invaliare il pignoramento e così sbloccare il conto, facendo cadere l’esecuzione per vizi procedurali.

Opposizioni e altri strumenti di tutela

Nel corso dell’esecuzione forzata sul conto cointestato, sia il debitore sia il cointestatario non debitore (nonché eventualmente il terzo pignorato, la banca) hanno a disposizione vari strumenti giuridici per far valere le loro ragioni. Il codice di procedura civile prevede principalmente tre tipi di opposizione in materia esecutiva:

  • l’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.),
  • l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.),
  • l’opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.).

Vediamole sinteticamente in relazione al pignoramento di conto cointestato, assieme ad altri possibili rimedi (responsabilità del terzo, ecc.).

Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.)

L’opposizione all’esecuzione è lo strumento con cui il debitore (o eccezionalmente un terzo che abbia interesse) contesta il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata. In altri termini, si sostiene che l’esecuzione non doveva proprio avvenire, perché il titolo esecutivo è inesistente o invalido, perché il debito è già stato pagato, perché vi è una causa di estinzione o sospensione sopravvenuta, o perché i beni aggrediti non potevano essere oggetto di esecuzione (impignorabilità assoluta).

Nel contesto di un conto cointestato, il debitore esecutato potrebbe proporre opposizione all’esecuzione ad esempio per affermare:

  • che il credito è inesistente o già estinto (es. ha già pagato il debito, o il titolo è stato annullato in appello, ecc.);
  • che il titolo esecutivo è viziato (es. notifica nulla del decreto ingiuntivo, per cui non è definitivo; o invalidità della cartella esattoriale);
  • che i beni (fondi) sono impignorabili in toto: ad esempio, se le somme sul conto provengono tutte da una pensione minima non pignorabile o da un vitalizio impignorabile, il debitore può opporre l’impignorabilità assoluta. Questo confine tra opposizione all’esecuzione e opposizione agli atti a volte è labile: la giurisprudenza solitamente attribuisce a 615 c.p.c. le questioni di merito sostanziale (il se si può pignorare quel dato bene/credito in assoluto), mentre a 617 le questioni formali e procedurali.

L’opposizione all’esecuzione può essere proposta prima che l’esecuzione inizi (opposizione pre-esecutiva) – ad esempio, il debitore ricevuto il precetto può opporsi per evitare il pignoramento – oppure dopo l’inizio dell’esecuzione, ma finché questa non sia terminata. Se il debitore scoprisse il vizio solo al momento in cui il conto è bloccato, può agire anche in corso di procedura.

Dal punto di vista procedurale, l’opposizione all’esecuzione di regola introduce un giudizio ordinario di cognizione davanti al tribunale competente. Se proposta dopo l’inizio dell’esecuzione, va notificata a mezzo atto di citazione alle altre parti (creditore procedente, eventuali altri creditori intervenuti) e comporta l’iscrizione di una causa civile separata. Il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione, nelle more, di sospendere l’esecuzione (art. 624 c.p.c.) qualora ricorrano gravi motivi (es. evidenti illegittimità). Il giudice dell’esecuzione può concedere la sospensione in via urgente (spesso dopo aver sentito le parti in un’apposita udienza). Se non viene concessa, l’esecuzione va avanti in parallelo al giudizio di opposizione, col rischio che si concluda prima che il giudice dell’opposizione decida; tuttavia, il debitore può impugnare l’eventuale provvedimento finale di assegnazione sostenendo la pendenza dell’opposizione, oppure chiedere in appello la “restituzione” di quanto eventualmente pagato se l’opposizione viene poi accolta.

Nel caso in esame, un motivo peculiare di opposizione all’esecuzione potrebbe essere invocato dal cointestatario debitore se ritiene che il conto stesso non fosse pignorabile: ad esempio, se il conto è intestato anche a una società fiduciaria o a un trust e le somme sono di un fiduciante, potrebbe sostenere che quei soldi non sono di sua proprietà (ma questo lo dovrebbe semmai far valere il terzo proprietario). Se il regime patrimoniale è di comunione legale e il debito è personale, talvolta si è discusso se il creditore possa pignorare beni comuni: dottrina e giurisprudenza tendono a consentirlo solo per debiti contratti per bisogni della famiglia; per debiti personali estranei, l’altro coniuge può opporsi all’esecuzione sostenendo che non si poteva aggredire il bene comune. Ciò rientrerebbe in un’opposizione di terzo di tipo sostanziale o in un’opposizione ex 615 se proposta dal debitore coinvolgendo il tema della comunione. Si tratta di situazioni specifiche.

Conclusione: l’opposizione all’esecuzione tutela il debitore (o terzo) sul piano sostanziale. Se accolta, l’esecuzione viene dichiarata improcedibile o estinta sin dall’inizio, e le somme eventualmente già assegnate devono essere restituite. Nel nostro caso, significherebbe sbloccare completamente il conto cointestato e far cadere il pignoramento. I tempi però possono non essere brevi, trattandosi di un giudizio di merito.

Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)

L’opposizione agli atti esecutivi è il rimedio per vizi formali e irregolarità della procedura. Come visto sopra, errori nella forma degli atti (pignoramento, precetto, notifiche, ordinanze) vanno denunciati con questo tipo di opposizione.

Caratteristiche chiave:

  • Termine di decadenza breve: l’opposizione agli atti deve essere proposta entro 20 giorni dal momento in cui il soggetto interessato ha avuto conoscenza legale dell’atto viziato (es. dalla notifica, comunicazione o esecuzione dell’atto) – art. 617 c.p.c. Si tratta di un termine perentorio molto breve: se lo si perde, l’atto anche viziato diviene definitivo.
  • Procedura sommaria davanti al G.E.: diversamente dall’opposizione all’esecuzione, l’opposizione agli atti esecutivi dopo l’inizio dell’esecuzione si propone tipicamente con ricorso al Giudice dell’Esecuzione se riguarda atti compiuti da quest’ultimo o dall’ufficiale giudiziario. Ad esempio, il debitore che lamenta un vizio nell’atto di pignoramento presso terzi notificherà un ricorso (o atto di citazione, vi sono dibattiti, ma la riforma ha semplificato con ricorso) al creditore e lo depositerà al G.E. L’opposizione verrà trattata dallo stesso giudice dell’esecuzione o da altro giudice delegato, con un procedimento rapido e in camera di consiglio. Se decisa dal G.E., la stessa può concludersi con un’ordinanza motivata che annulla l’atto impugnato.
  • Vizi deducibili: come esempi: l’atto di pignoramento non contiene l’ingiunzione al terzo o l’avvertimento al debitore → nullità relativa; la notifica è stata eseguita a mezzo PEC ma in modo irregolare → nullità; il giudice ha assegnato somme eccedendo i limiti → vizio dell’ordinanza di assegnazione; il precetto non conteneva tutti gli elementi di legge; l’avviso ex 599 c.p.c. non è stato notificato al comproprietario (in teoria, il terzo comproprietario potrebbe usare il 617 per questo, ma siccome la giurisprudenza parla di improcedibilità d’ufficio, è più probabile far valere il vizio davanti al G.E. direttamente, senza formalità, o con 619 se si considera un suo diritto sostanziale leso).
  • Soggetti legittimati: possono proporre opposizione agli atti sia il debitore sia il terzo interessato se l’atto viziato lede un suo diritto processuale. Ad esempio, il cointestatario non debitore potrebbe proporre opposizione agli atti se l’ordinanza di assegnazione viene emessa senza avergli notificato l’avviso ex art. 599 (a rigore meglio 619, ma è pensabile anche un 617), oppure se l’ordinanza di assegnazione non rispetta la sua quota.

Se l’opposizione agli atti viene accolta, l’atto impugnato viene annullato. Ciò comporta di norma che si debba rinnovare correttamente l’atto per procedere oltre, oppure se si tratta di un atto finale (es. ordinanza di assegnazione) già eseguito, la situazione dovrà essere ripristinata (es. revoca dell’ordinanza erronea e adozione di una nuova conforme a legge). Nel caso del nostro conto pignorato, un’ipotesi è: debitore oppone la nullità del pignoramento per vizio X; il giudice annulla l’atto di pignoramento → la conseguenza è che il pignoramento è inefficace, le somme vanno sbloccate subito perché manca più la base. Il creditore eventualmente potrà ripetere la procedura correggendo l’errore (notificando un nuovo pignoramento), ma intanto quell’esecuzione è azzerata.

Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.)

Questo è lo strumento specificamente pensato per il terzo estraneo all’esecuzione che però rivendica la proprietà (o un altro diritto reale) sul bene pignorato. Il classico esempio è: viene pignorato un bene mobile come un’auto, ma un terzo afferma “è mia, non del debitore”; il terzo propone opposizione ex art. 619 per far valere il proprio diritto di proprietà e liberare il bene dal pignoramento. Nel nostro contesto, il cointestatario non debitore rientra proprio in questa fattispecie: un terzo (perché non è obbligato per il debito) su un bene indiviso pignorato che sostiene che (parte del) bene è suo.

Caratteristiche:

  • Legittimazione attiva: solo il terzo (non il debitore) può proporla. Nel nostro caso, il cointestatario non debitore è “terzo” rispetto al rapporto obbligatorio creditore-debitore. Quindi, ad esempio, se Tizio debitore e Caio co-intestatario terzo, Caio può fare opposizione di terzo.
  • Motivi: l’opposizione di terzo verte su ragioni di proprietà o di diritto incompatibile col pignoramento. Caio dirà: quelle somme sul conto sono di mia esclusiva proprietà (o comunque la quota del debitore è diversa). È un accertamento di diritto sostanziale, non di meri vizi formali.
  • Procedura: L’art. 619 c.p.c. richiede atto di citazione dinanzi al tribunale dell’esecuzione (Tribunale competente per l’esecuzione in corso). Quindi Caio cita in giudizio il creditore procedente (e il debitore esecutato per conoscenza, di solito) chiedendo al giudice di accertare il suo diritto. L’opposizione va proposta prima che la procedura esecutiva sia terminata, preferibilmente prima che il bene (somme) sia assegnato al creditore. Se viene promossa tempestivamente, il terzo può anche chiedere la sospensione dell’esecuzione limitatamente a quelle somme, come spiegato. Il procedimento si svolge come un ordinario giudizio di cognizione: il terzo deve provare la sua proprietà sulle somme contestate. Il creditore può contrastare le prove, magari sostenendo che era una contitolarità simulata o portando prove contrarie.
  • Esito: se l’opposizione di terzo viene accolta, il giudice dichiara che il bene (o la parte indicata) appartiene al terzo e non doveva essere pignorato. Dispone quindi la liberazione di quel bene dall’esecuzione. Nel caso del denaro su conto, può dichiarare ad esempio che il 80% del saldo pignorato era di Caio e va sbloccato, mentre il 20% era di Tizio e resta pignorabile (o se l’opposizione era totale, libera tutto). A volte il provvedimento può essere una sentenza (visto che è causa di merito). Il terzo allora potrà presentare quel provvedimento al G.E. per farlo eseguire (lo stesso giudice spesso poi in sede esecutiva emette ordinanza di svincolo).
  • Se l’opposizione è rigettata, significa che non si è ritenuta provata la proprietà del terzo, e l’esecuzione prosegue come se niente fosse (il G.E. assegnerà secondo le presunzioni originarie).

Un dettaglio: la Cassazione (pronunce citate ex multis: Cass. 19309/2006; 28839/2008; 4838/2021, ecc.) ha appunto chiarito che la cointestazione di conto fa presumere comproprietà e che l’eventuale prova contraria spetta a chi la deduce. Quindi in un’opposizione 619 il giudice applicherà quei principi: il terzo dovrà fornire elementi validi. Nel caso specifico di conti cointestati tra coniugi con conti destinati ai bisogni familiari, la giurisprudenza (Cass. 28772/2023) è arrivata a negare rimborsi tra coniugi proprio in virtù della contitolarità solidale. Questo però attiene ai rapporti interni. In sede esecutiva, se i soldi servivano alla famiglia, comunque appartenevano ad entrambi e la metà ciascuno rimane criterio salvo prova di esclusività.

Altre azioni di tutela e responsabilità della banca

Oltre alle opposizioni codificate, possono ipotizzarsi altre azioni:

  • Responsabilità del terzo pignorato (banca): La banca, come terzo pignorato, ha degli obblighi precisi verso le parti. Se non adempie ai suoi obblighi, può incorrere in responsabilità. Ad esempio, se la banca non blocca le somme come dovuto e permette al debitore di svuotare il conto dopo la notifica, il creditore può chiederle i danni: l’art. 546 c.p.c. infatti stabilisce che il terzo che sottrae alla garanzia i beni pignorati ne risponde verso il creditore. Viceversa, se la banca blocca indebitamente somme eccedenti o impignorabili, potrebbe arrecare un danno al correntista. In tal caso, il correntista (debitore o co-intestatario) potrebbe ipotizzare una responsabilità contrattuale della banca per non avergli consentito l’uso di somme non soggette a vincolo. Nella pratica, però, le banche tendono a chiedere istruzioni al G.E. se c’è dubbio, per evitare di esporsi. Una responsabilità della banca verso il co-intestatario potrebbe configurarsi in casi di negligenza conclamata – ad esempio, se anche dopo un’ordinanza di svincolo la banca tardasse a sbloccare i fondi causando un danno (mancato pagamento stipendi aziendali, ecc.). Allora il terzo danneggiato potrebbe chiedere un risarcimento. Si tratta comunque di ipotesi limite: di solito le banche seguono strettamente gli atti giudiziari.
  • Transazione e accordi tra le parti: Non è uno strumento giurisdizionale, ma vale la pena citarlo. In ogni momento il debitore (o il terzo) e il creditore possono accordarsi per risolvere la vicenda. Ad esempio, il creditore potrebbe accettare di liberare il conto cointestato dietro pagamento (anche parziale) del dovuto. In tal caso, formalmente, il creditore rinuncia al pignoramento (ex art. 629 c.p.c.) depositando un’istanza al G.E.; il giudice prenderà atto e disporrà la cessazione della misura, con sblocco dei fondi. Spesso, il co-intestatario interessato a liberare il conto può farsi promotore di trattative (immaginiamo un socio che pur non debitore paga pur di togliere il vincolo sul conto aziendale cointestato).
  • Azione di rivendicazione ordinaria: L’abbiamo menzionata: se per qualsiasi ragione formale il terzo non ha fatto in tempo l’opposizione di terzo, e l’esecuzione è andata avanti ingiustamente, potrebbe poi fare causa ordinaria di rivendica contro il creditore per farsi restituire le somme prese indebitamente. Esempio: Caio non ha saputo del pignoramento in tempo, il credito di Tizio era per scopi personali non familiari ma il creditore ha preso soldi dal conto in comunione dei beni… Caio può successivamente agire sostenendo che quei soldi erano anche suoi e chiederne la restituzione pro quota. Ovviamente scenario complesso e da evitare se possibile tramite la partecipazione tempestiva all’esecuzione.

In generale, il consiglio per un cointestatario estraneo è di attivarsi immediatamente quando scopre del pignoramento: presentare memorie al G.E., partecipare alle udienze, magari anticipare un’opposizione di terzo se la situazione lo richiede, e interloquire anche con la banca perché rispetti i suoi diritti (ad esempio segnalando formalmente le somme impignorabili affinché non vengano bloccate).

Ricapitolando gli strumenti:

  • Il debitore userà art. 615 c.p.c. se ne ha motivo (es. debito già pagato, vizio titolo) e art. 617 c.p.c. per vizi formali (entro 20 gg).
  • Il cointestatario non debitore userà preferibilmente art. 619 c.p.c. per far valere la sua proprietà sulle somme. Può anche sollevare vizi formali tramite 617 se inerenti al suo difetto di coinvolgimento (ma tipicamente la mancata notifica avviso 599 c.p.c. porta all’improcedibilità d’ufficio).
  • Entrambi possono chiedere al G.E. la sospensione in caso di contestazioni serie.
  • La banca di solito non propone opposizioni (non è suo interesse, salvo casi di conflitto su cosa deve fare). Ma potrebbe essere chiamata a rispondere di errori gravi, come visto.

Esempi pratici: simulazioni di procedura

Per comprendere in modo concreto lo sviluppo di un pignoramento su conto cointestato e le possibili reazioni, proponiamo due casi pratici con cronologia degli eventi.

Caso 1: Conto cointestato tra coniugi – assegnazione della quota del debitore

Scenario: Mario Rossi è debitore verso Banca X per €20.000 a seguito di un prestito non rimborsato. Il conto corrente su cui riceveva il suo stipendio è cointestato con la moglie Anna (firma disgiunta). Regime patrimoniale: separazione dei beni. Saldo attuale del conto: €10.000, derivanti in parte dallo stipendio di Mario e in parte da bonifici di Anna. Mario non paga spontaneamente, così Banca X procede con pignoramento.

  1. Giorno 0: Banca X notifica l’atto di precetto a Mario Rossi intimandogli di pagare €20.000 entro 10 giorni.
  2. Giorno 15: Non avendo pagato, Banca X fa notificare un atto di pignoramento presso terzi alla banca dove Mario ha il conto (Banca ABC) e a Mario. Nell’atto si indica il tribunale competente (Tribunale di Roma), il credito (€20.000 + interessi), e si fissa udienza G.E. al 30° giorno.
  3. Giorno 16: Banca ABC riceve l’atto. Verifica che il conto è intestato a Mario Rossi e Anna Bianchi, saldo €10.000. Blocca subito €10.000 sul conto (la totalità, in quanto importo pignorato €20.000 supera il saldo). Mario e Anna non possono più disporre di quei €10.000.
  4. Giorno 20: Banca ABC invia PEC a Banca X (creditore) dichiarando: “conto n. 123456 intestato a Mario Rossi e Anna Bianchi, saldo €10.000, somme vincolate fino a €20.000 come da atto”. Nella PEC specifica che il conto è cointestato.
  5. Giorno 22: Preso atto della cointestazione, l’avvocato di Banca X notifica ad Anna (moglie non debitrice) un “avviso di pignoramento di bene indiviso” ex art. 599 c.p.c., informandola che il conto comune è pignorato per il debito di Mario e intimandole di non consentire operazioni di separazione delle quote.
  6. Giorno 25: Anna, preoccupata, si rivolge a un avvocato. Viene rassicurata: essendo lei estranea al debito, al massimo verrà toccata la parte di Mario. Anna fornisce al suo avvocato estratti conto che mostrano come su €10.000, €6.000 provengano dallo stipendio di Mario e €4.000 da un suo recente bonifico personale. In questo caso, però, decidono di non proporre opposizione immediata, confidando nella presunzione 50/50 (che darebbe 5.000 vs 5.000) e considerando che provare esattamente le proporzioni potrebbe essere oneroso.
  7. Giorno 30: Udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione. Presenti l’avvocato di Banca X, Mario (assistito da un legale) e Anna con il suo legale. La banca ABC non compare avendo già dichiarato per iscritto. Il G.E. chiede se vi siano contestazioni sulla ripartizione del saldo. Anna, tramite avvocato, segnala che ritiene che parte delle somme siano proprie, ma ammette che in mancanza di prova rigorosa ci si rimette al giudice. Non viene proposta opposizione formale, solo una riserva di far valere eventuali diritti in separata sede. Il G.E. rileva che non risultano opposizioni pendenti né contestazioni istruttorie: applica dunque la legge. Constata che il conto è cointestato 2 persone, quindi presunzione quote 50%. Ordina pertanto: “assegna a Banca X la metà del saldo pignorato, ovvero €5.000, quale importo di spettanza del debitore Mario Rossi, disponendo lo svincolo della restante somma in favore dei contitolari”. Poiché il credito era €20.000 e ci sono solo €5.000 di quota di Mario, Banca X resterà insoddisfatta per la differenza (potrà eventualmente cercare altri beni). L’ordinanza viene resa orale in udienza e poi messa per iscritto lo stesso giorno.
  8. Giorno 32: L’ordinanza di assegnazione viene comunicata alla banca ABC.
  9. Giorno 35: Banca ABC esegue l’ordinanza: trasferisce €5.000 dal conto cointestato sul conto indicato di Banca X (creditore). Sblocca i restanti €5.000, che tornano liberamente disponibili sul conto di Mario e Anna.
  10. Giorno 36: Mario e Anna vedono il loro conto “scongelato”, con saldo €5.000 rimasti. L’esecuzione sul conto cointestato è terminata. Mario rimane debitore per i restanti €15.000 (che Banca X cercherà altrove). Anna ha salvaguardato almeno metà delle somme, senza dover intraprendere un lungo giudizio, pur avendo perso quelle di spettanza del marito.

In questo Caso 1, dunque, la procedura si è svolta senza intoppi: il giudice ha semplicemente applicato art. 599 c.p.c. e 1854 c.c., assegnando la quota del debitore al creditore e liberando il resto. Non ci sono state opposizioni, perché evidentemente le parti hanno preferito evitare ulteriori spese legali dato il modesto importo in gioco. Anna avrebbe potuto tentare un’opposizione di terzo per rivendicare magari €4.000 come propri, ma avrebbe dovuto provarli e avrebbe al più portato l’assegnazione a €2.000 (se provava che 8.000 su 10.000 erano suoi). In quel caso forse non valeva la pena.

Caso 2: Conto cointestato societario – opposizione del terzo cointestatario

Scenario: Due soci d’affari, Luca e Marco, hanno un conto cointestato (firma disgiunta) per le attività della loro società di fatto. Luca però ha un grosso debito personale con un fornitore (Delta Srl) di €50.000 risultante da assegni protestati. Delta Srl, ottenuto decreto ingiuntivo, pignora il conto cointestato di Luca e Marco. Saldo sul conto: €40.000, proveniente quasi interamente da pagamenti di clienti della loro attività comune (versati per lo più da Marco).

  • Giorno 0: Notifica del precetto a Luca (debitore) per €50.000.
  • Giorno 12: Notifica dell’atto di pignoramento presso terzi alla Banca XYZ (dove c’è il conto cointestato) e a Luca. Udienza fissata al Giorno 70.
  • Giorno 15: Banca XYZ blocca €40.000 sul conto di Luca e Marco. Banca XYZ invia PEC al creditore dichiarando conto n. 789101 intestato a “Luca Bianchi e Marco Verdi” con saldo €40.000 vincolato.
  • Giorno 18: Delta Srl (creditore) notifica a Marco (cointestatario non debitore) l’avviso ex art. 599 c.p.c. Marco viene così a conoscenza che il conto è stato pignorato per il debito personale di Luca.
  • Giorno 25: Marco, tramite legale, effettua subito un’analisi: può dimostrare che quei €40.000 derivano per €35.000 da pagamenti di fatture di clienti intestate a lui (Marco) e solo €5.000 erano apportati da Luca. Ritiene dunque che la quota effettiva di Luca sul conto sia ben inferiore al 50%. Non vuole perdere i fondi aziendali. Decide di agire con opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. per far accertare che la maggior parte delle somme è sua e non di Luca.
  • Giorno 30: Marco (terzo opponente) cita in giudizio Delta Srl e Luca davanti al Tribunale competente, sostenendo che €35.000 su €40.000 sono di sua esclusiva proprietà e solo €5.000 ascrivibili a Luca. Chiede quindi di dichiarare improcedibile il pignoramento eccetto che per €5.000. Contestualmente deposita ricorso al G.E. per ottenere la sospensione parziale dell’esecuzione sulle somme contestate (cioè €35.000).
  • Giorno 40: Udienza di comparizione urgente davanti al G.E. per la sospensione. Marco presenta documenti: copia delle fatture pagate su quel conto, estratti evidenziando i bonifici ricevuti da clienti a suo nome. Delta Srl contesta, insinuando che i soci usano il conto promiscuamente e che in realtà Luca beneficiava di quei fondi. Tuttavia, il G.E. ritiene che vi siano gravi motivi: se l’80-90% dei fondi fosse di Marco, sarebbe ingiusto assegnarli ora al creditore di Luca. Pertanto, con ordinanza sospende l’esecuzione limitatamente a €35.000 fino all’esito dell’opposizione di terzo. Significa che, per ora, non verranno assegnati al creditore quei €35.000.
  • Giorno 70: Udienza originaria dell’esecuzione. Considerata la sospensione parziale, il G.E. non procede all’assegnazione integrale. Potrebbe eventualmente assegnare la parte non sospesa: €5.000 (che anche Marco riconosce di Luca). In effetti, il G.E. decide di assegnare subito €5.000 a Delta Srl, quale parte non controversa appartenente a Luca, e lascia in sospeso i restanti €35.000 in attesa del giudizio di merito. La banca dunque potrà trasferire €5.000 al creditore e dovrà continuare a vincolare €35.000 (salvo diverso accordo).
  • Giorno 75: Banca XYZ esegue parzialmente: paga €5.000 a Delta Srl, sblocca questi €5.000 dal conto (che escono), ma mantiene il blocco sui restanti €35.000.
  • Giorni 80-200: Si svolge il giudizio di opposizione di Marco (terzo) contro Delta Srl. Vengono sentiti testimoni (clienti confermano di aver pagato Marco per lavori suoi), prodotti estratti e contabilità. Delta Srl prova a sostenere che i fondi aziendali erano comunque di Luca in parte, ma porta poche prove.
  • Giorno 210: Il Tribunale decide con sentenza sull’opposizione ex art. 619. Accoglie la tesi di Marco in larga parte: dichiara che del saldo pignorato €30.000 erano di esclusiva proprietà di Marco e pertanto non dovevano essere assoggettati a pignoramento per il debito di Luca, mentre riconosce che €10.000 potevano considerarsi di Luca (in base a qualche evidenza che Luca avesse contribuito almeno per quella cifra, supponiamo). Questa sentenza, non essendo di Cassazione, ipotizziamo faccia riferimento a Cass. 4838/2021 sulla presunzione e dice che Marco ha fornito prova contraria convincente per 75% delle somme, etc.
  • Giorno 215: Marco tramite il suo legale deposita la sentenza al fascicolo dell’esecuzione e chiede al G.E. di trarne le conseguenze.
  • Giorno 220: Il G.E., alla luce della sentenza passata in giudicato (ipotizziamo nessuno appelli per brevità), emette un’ordinanza che dispone: “revoca il pignoramento sulle somme di spettanza di Marco (€30.000) e ordina a Banca XYZ di svincolare tale importo in favore di Marco. Assegna a Delta Srl l’ulteriore importo di €5.000 (differenza fino a €10.000 spettanti a Luca meno i €5.000 già assegnati), nei limiti del credito residuo”. Il credito residuo di Delta Srl era €45.000 (50k originari – 5k presi); il G.E. però può assegnare solo altri €5.000 perché tanto è risultato essere di Luca ancora bloccato.
  • Giorno 225: Banca XYZ esegue l’ordinanza finale: trasferisce altri €5.000 a Delta Srl (ora in totale il creditore ha ottenuto €10.000) e sblocca €30.000 a favore di Marco (li rende disponibili sul suo conto).
  • Esito finale: Delta Srl non ha recuperato l’intero (ha preso €10k su €50k, potrà cercare altro altrove). Marco è riuscito a sbloccare €30.000 dei suoi fondi, sacrificandone €10.000 risultati appartenere a Luca. L’esecuzione sul conto cointestato termina qui.

In Caso 2, abbiamo visto un procedimento più complesso, con un’opposizione di terzo. Ci sono voluti diversi mesi, ma il risultato è che il terzo cointestatario ha protetto la maggior parte del denaro, evitando un’assegnazione automatica al 50%. Questo esempio mostra l’importanza, quando le cifre sono rilevanti, di intraprendere le azioni di tutela e fornire le prove della proprietà delle somme.

Entrambi i casi evidenziano che, per sbloccare un conto cointestato pignorato, è fondamentale giocare tra:

  • la presunzione legale (che di base tutela il terzo almeno per la sua metà),
  • e la prova concreta (che può aumentare la parte libera per il terzo, ma richiede tempo e un giudizio).

Tabelle riepilogative

Di seguito presentiamo alcune tabelle riassuntive per consolidare le informazioni sulle procedure e sui riferimenti normativi, nonché sui tempi e costi.

Tabella 1 – Tipologie di Pignoramento: procedura, tempi e oneri principali

TipologiaNormativa principaleSintesi della proceduraTempi indicativiOneri e costi
Pignoramento mobiliare (beni mobili del debitore)Art. 513 – 542 c.p.c.Art. 521 c.p.c. (mobili registrati)Art. 521-bis c.p.c. (es. pignoramento autoveicoli)– Ufficiale giudiziario sequestra i beni mobili presso debitore (o terzi) stendendo verbale.– Custodia dei beni sequestrati (al debitore o custode).– Istanza di vendita entro 45 gg (art. 497 c.p.c.).– Vendita all’asta (o telematica) o assegnazione al creditore.– Distribuzione del ricavato tra i creditori.– Pignoramento eseguibile in pochi giorni dalla richiesta (dopo precetto).– Vendita: da 2-3 mesi fino a oltre 1 anno, a seconda di quando si trova acquirente e dei rinvii d’asta.– Termine decadenziale 45 gg per chiedere vendita dal pignoramento (pena inefficacia).– Durata massima: se beni invenduti, possibile estinzione dopo circa 1 anno (norme anti-stasi).– Contributo unificato (es: €98 se credito <€10k; €237 oltre €10k).– Diritti UNEP (Uff. giud.) per accesso e pignoramento.– Eventuali spese custodia (ad es. magazzino per beni sequestrati di valore).– Spese di vendita: inserzione portali, compenso delegato se nominato.– Di solito costi anticipati dal creditore qualche centinaio di €, recuperati sul ricavato se sufficiente.
Pignoramento immobiliare (beni immobili)Art. 555 – 581 c.p.c.Art. 567 c.p.c. (doc. per vendita)Art. 568 c.p.c. (valore immobile)Art. 569 c.p.c. (istanza e ordinanza vendita)Art. 576 – 581 c.p.c. (vendita delegata/asta)– Notifica atto di pignoramento al debitore e successiva trascrizione nei registri immobiliari.– Iscrizione a ruolo e deposito titolo, precetto, certificati (entro 30 gg dalla trascrizione).– Nomina custode e perito, stima immobile.– Ordinanza di vendita (tribunale o delega a professionista per aste).– Aggiudicazione asta, decreto di trasferimento al compratore.– Distribuzione del ricavato.(Se immobile in comproprietà, coinvolgimento comproprietari ex art. 599 c.p.c.).– Avvio relativamente celere (pignoramento e trascrizione in pochi giorni).– Attesa per perizia e autorizzazione vendita: qualche mese.– Aste: possono volerci 6 mesi – 2 anni per vendere a prezzo adeguato (più aste se deserti i tentativi).– Termine per trascrivere: 15 gg se tramite UNEP (riforma 2024); se a cura creditore, comunque entro 30 gg prima udienza ex 569.– Termine 45 gg per iscrivere a ruolo (art. 557).– Durata media procedura: 1–3 anni (in riduzione con riforme).– Contributo unificato elevato (es: €278 se credito >€50k).– Spese notarili/registro per trascrizione (circa €200 tra imposte fisse e bolli).– Spese perizia (qualche centinaio € a seconda immobili).– Compenso custode (in percentuale sul valore, liquidato dal giudice).– Spese di pubblicità legale (portali, manifesti).– Eventuale compenso delegato alla vendita (notaio/avv, a carico della procedura).– Anticipazioni totali spesso nell’ordine di €1.000–3.000+.
Pignoramento presso terzi (crediti/somme del debitore in mano a terzi)Art. 543 – 554 c.p.c.Art. 545 c.p.c. (limiti su stipendi/pensioni ecc.)Art. 546 c.p.c. (obblighi del terzo)Art. 548 c.p.c. (mancata dichiarazione terzo)Art. 553 c.p.c. (ordinanza di assegnazione)Disp. att. c.p.c. art. 159-ter (dichiarazione telematica terzo)– Notifica atto di pignoramento al terzo (es. banca, datore lavoro) e al debitore.– Il terzo è tenuto a bloccare le somme/crediti fino a concorrenza importo pignorato.– Terzo rende dichiarazione sull’esistenza e entità di ciò che deve al debitore (via PEC o udienza).– Il G.E. emette ordinanza di assegnazione delle somme pignorate al creditore, se risultano dovute, nei limiti del credito azionato (art. 553).– Se più creditori, riparto proporzionale salvo cause di prelazione.(Nel caso di conti cointestati: notifica avviso ad altri cointestatari e assegnazione solo quota debitore ex art. 599 c.p.c.)– Procedura molto rapida: l’atto può essere notificato subito dopo precetto.– Se il terzo dichiara prontamente e non ci sono contestazioni, il G.E. può emettere ordinanza anche entro 1-2 mesi dall’atto.– Termine 45 gg da notifica atto per attivare procedura (iscrizione a ruolo) pena inefficacia.– Frequente che in 2-4 mesi il creditore ottenga i soldi (salvo pignoramenti su stipendi che vanno in rate mensili).– Se terzo non collabora o opposizioni, i tempi possono allungarsi (6-12 mesi).– Contributo unificato basso (da €43 a €237 secondo valore).– Spese notifica atti (poste/UNEP, tip. €20-50).– Nessuna spesa di custodia/perizia (il terzo custodisce gratuitamente).– Eventuali spese per dichiarazione terzo (minime, PEC).– Imposta di registro 0,5% o 3% sull’ordinanza di assegnazione (a carico creditore/avvocato antistatario).– In generale procedura cost-effective: pochi costi vivi, vantaggiosa per creditori.

Tabella 2 – Pignoramento di Conto Cointestato: punti chiave

AspettoDescrizione e Riferimenti
Possibilità di pignorare conto cointestatoConsentita ex art. 599 c.p.c.: i beni indivisi possono essere pignorati anche se non tutti i titolari sono debitori. Il pignoramento riguarda la quota del debitore sul bene comune.
Presunzione di uguaglianza quoteArt. 1854 c.c. e 1298 c.c.: intestatari considerati condebitori/creditori solidali verso la banca, con quote interne presunte eguali. In mancanza di prova contraria, ciascun cointestatario ha diritto al 50% (se due intestatari) delle somme, sia nei rapporti interni che verso creditori.
Congelamento del saldo da parte della bancaLa banca (terzo pignorato) all’atto del pignoramento blocca l’intero saldo disponibile fino a concorrenza dell’importo dovuto, senza distinguere le quote. Non spetta alla banca determinare di chi sono le somme; essa custodisce tutto e attende istruzioni del G.E..
Notifica al cointestatario estraneoObbligatoria: il creditore deve notificare agli altri cointestatari un avviso dell’avvenuto pignoramento (art. 599 c.p.c. e art. 180 disp. att.). L’omissione di tale avviso rende l’esecuzione improcedibile (vizio gravissimo, rilevabile d’ufficio).
Ruolo del Giudice dell’EsecuzioneIl G.E. verifica la situazione di contitolarità e, in assenza di contestazioni probatorie, dispone l’assegnazione della quota del debitore al creditore e lo sblocco della quota del terzo. Se vi è contestazione sulle quote, il G.E. può sospendere l’assegnazione e attendere l’esito di un giudizio di accertamento (es. opposizione ex art. 619) mantenendo il blocco sulle somme controverse.
Onere della prova sulla contitolaritàChi afferma una diversa ripartizione rispetto al 50/50 deve provarla. Secondo Cassazione, la presunzione di contitolarità solidale può essere vinta con prova contraria anche mediante presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti. Il cointestatario non debitore deve quindi dimostrare i propri maggiori apporti (es. tracciando la provenienza delle somme). Il creditore, se vuole contestare e ottenere di più, dovrebbe provare che il debitore era l’effettivo proprietario di oltre la quota presunta.
Limiti di pignorabilità (stipendi/pensioni)Anche sul conto cointestato valgono i limiti ex art. 545 c.p.c.: somme da stipendio/pensione accreditate prima del pignoramento impignorabili fino a 3x assegno sociale (stipendi) o 2x assegno sociale (min €1.000 per pensioni); su accrediti successivi, trattenuta max 1/5 ogni stipendio e 1/5 parte eccedente min. vitale per pensione. La banca deve lasciare libero il “minimo vitale” al debitore anche se conto bloccato, altrimenti l’atto è inefficace per la quota eccedente.
Opposizioni esperibiliDal debitore: opposizione all’esecuzione (615 c.p.c.) per contestare il diritto a procedere (es. pagamento già avvenuto, titolo invalido); opposizione agli atti (617 c.p.c.) per vizi formali di pignoramento/precetto/assegnazione (entro 20 gg); istanza di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) se vuole sostituire ai soldi pignorati una somma versata a garanzia (non trattato diffusamente qui, ma possibile).– Dal cointestatario terzo: opposizione di terzo all’esecuzione (619 c.p.c.) per far valere la proprietà esclusiva o prevalente delle somme e liberarle dal vincolo; anche opposizione agli atti (617) se lamenta vizi procedurali che lo riguardano (es. mancato avviso 599, ma questo è più improcedibilità).– In entrambi i casi: possibilità di chiedere sospensione al G.E. per gravi motivi (art. 624 c.p.c.), onde congelare l’assegnazione finché non si decide sull’opposizione.
Esito e sblocco delle somme– Se tutto regolare e non contestato: il creditore riceve l’ordinanza di assegnazione delle somme di spettanza del debitore (es. 50%); la banca paga il creditore e libera il resto immediatamente. – Se opposizione del terzo riuscita: il pignoramento viene dichiarato inefficace sulla parte dichiarata di proprietà del terzo e il giudice ordina di svincolare tali somme a favore del terzo; solo l’eventuale parte effettivamente del debitore resta assegnabile al creditore (se sufficiente). – Se opposizione del debitore riuscita (es. titolo nullo): l’intero pignoramento cade e la banca sblocca tutte le somme (o restituisce se già assegnate indebitamente). – Se vengono rilevati vizi formali sanabili: l’atto può essere rinnovato, in tal caso il blocco può persistere ma l’iter riprende da capo (poco comune in pratica sul denaro, perché di solito vizio formale = inefficacia immediata).

Domande Frequenti (FAQ)

D: Si può pignorare un conto corrente cointestato se solo uno dei titolari è debitore?
R: Sì, è possibile. La legge consente di pignorare beni anche se in comunione tra debitore e non debitori. Il pignoramento colpirà la quota del debitore. Ad esempio, conto intestato a marito e moglie: se il marito ha debiti, il creditore può pignorare il conto, ma avrà diritto solo alla parte di saldo che appartiene al marito (presuntivamente il 50%). Il restante spetta all’altro cointestatario e va liberato.

D: Il creditore può prendere tutti i soldi sul conto cointestato?
R: No, non legittimamente. Egli può aspirare solo alla porzione del conto di proprietà del debitore. In pratica inizialmente la banca bloccherà anche l’intero saldo, ma poi il giudice assegnerà al creditore solo la quota spettante al debitore (metà, se due intestatari, salvo prova diversa). Solo nel caso in cui si provi che tutto il saldo era in realtà del debitore (cointestatario fittizio), il creditore potrebbe prendere l’intero – ma serve una prova chiara.

D: Sono il cointestatario non debitore: come posso sbloccare la mia parte di soldi?
R: Innanzitutto, verrai informato del pignoramento tramite notifica di un avviso ex art. 599 c.p.c. A quel punto, per tutelarti puoi:

  • Comparire davanti al Giudice dell’Esecuzione (personalmente o tramite avvocato) all’udienza indicata, per far presente che tu rivendichi la tua quota.
  • Se la situazione è chiara (es. due intestatari, si presume 50% tuo), il giudice normalmente provvederà d’ufficio a liberare la tua metà disponendo l’assegnazione solo dell’altra metà al creditore.
  • Se invece c’è da discutere sulla percentuale (perché magari i soldi sono quasi tutti tuoi), dovrai attivare un’opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) per far accertare giudizialmente la cosa e ottenere la liberazione di oltre il 50%. È consigliabile farsi assistere da un legale e raccogliere prove (es. documenti bancari che mostrino i tuoi versamenti).
  • In alcuni casi, anche senza opposizione formale, puoi presentare istanza al G.E. allegando prove della tua titolarità prevalente e chiedere lo svincolo della parte eccedente già in sede di esecuzione. Il giudice potrebbe sospendere l’assegnazione e invitarti però a fare causa di merito per decidere.
    In sintesi: o si segue la via “automatica” (50% libero) o, per ottenere di più, occorre farlo valere con strumenti giudiziari. Una volta che il giudice emette l’ordinanza di assegnazione, la banca libererà formalmente la tua quota.

D: Quanto tempo rimangono bloccate le somme sul conto cointestato?
R: Se non sorgono contestazioni, il blocco dura in genere fino all’ordinanza di assegnazione del giudice, che spesso avviene entro 1-3 mesi dal pignoramento. In quell’atto il giudice dispone contestualmente l’assegnazione al creditore e lo sblocco del resto, che la banca esegue subito. Se però si instaura un’opposizione (ad es. del terzo cointestatario), il blocco sulle somme contese potrebbe protrarsi fino alla decisione della causa di opposizione, che può richiedere molti mesi o oltre un anno (a seconda della complessità e del carico del tribunale). In alcuni casi, il giudice può autorizzare lo sblocco parziale anticipato di una porzione non contestata. Dunque il tempo varia: da pochi mesi se tutto fila liscio, a uno-due anni nei casi di opposizioni combattute.

D: Il cointestatario può prelevare la sua parte di soldi mentre il conto è pignorato?
R: No, durante il pignoramento nessuno dei cointestatari può autonomamente prelevare somme fino a concorrenza dell’importo bloccato. Dal giorno della notifica, la banca congela il saldo e non consente movimenti (se non per importi eccedenti la somma pignorata, e comunque spesso blocca tutto preventivamente). L’eventuale separazione delle quote richiede o un accordo fra le parti approvato dal giudice, o soprattutto un ordine del giudice. Il co-intestatario non debitore non può unilateralmente “prendersi” la sua metà in pendenza di pignoramento – sarebbe in violazione dell’ordine di blocco e rischierebbe conseguenze (il creditore potrebbe far valere responsabilità se i fondi sparissero). Deve attendere la pronuncia del G.E. che liberi ufficialmente la sua quota.

D: E se il cointestatario non debitore avesse un suo conto altrove e trasferisse prima i soldi?
R: Questo in teoria è il modo per prevenire i danni: se prima del pignoramento il co-intestatario avesse separato le sostanze (ad esempio tenendo i propri soldi su un conto individuale), il problema non si sarebbe posto. Ma a pignoramento avvenuto, spostare soldi è impossibile perché il conto è già bloccato. In ogni caso, appena c’è un rischio concreto di debiti di uno dei cointestatari, conviene valutare di separare i conti, così che il non debitore non subisca conseguenze. Tuttavia, attenzione: se un conto cointestato viene svuotato dal debitore poco prima dell’esecuzione per sottrarlo ai creditori, quell’atto potrebbe essere impugnato come atto in frode (revocatoria) o addirittura penalmente rilevante se fatto dopo notifica del precetto (configurabile come sottrazione di beni pignorabili). Nel dubbio, meglio agire nella legalità e, se già pignorato, seguire la via giudiziaria.

D: Come funziona se il conto cointestato è tra coniugi in comunione dei beni?
R: La comunione legale dei beni tra coniugi implica che i soldi depositati, salvo prova contraria, siano di entrambi i coniugi indipendentemente dall’intestazione. Paradossalmente, se il conto è cointestato in comunione legale e il debito è di uno solo dei coniugi per causa non relativa ai bisogni familiari, ci sono due livelli di analisi:

  • Sul piano esecutivo: vale comunque la regola della contitolarità 50/50 (o diversa se provato). Il creditore può pignorare la presunta quota del coniuge debitore e il giudice assegnerà quella.
  • Sul piano della pignorabilità: il coniuge non debitore potrebbe eccepire (anche con opposizione all’esecuzione) che quel denaro essendo comune non era aggredibile per debiti personali ex art. 189 c.c. (che tutela la comunione dai debiti personali del singolo, tranne debiti per spese familiari). La giurisprudenza però consente ai creditori di agire su beni comuni, limitando poi la soddisfazione alla metà, fatto salvo il diritto del coniuge di ripetere la sua parte se il debito non era per la famiglia. Dunque potrebbe aprirsi un contenzioso a parte. In sostanza, il coniuge non debitore in comunione potrebbe far valere che la sua metà non doveva proprio toccarsi perché credito estraneo ai bisogni; ma è materia complessa e di solito comunque quella metà viene restituita (quindi nei fatti è protetto).
    In parole semplici: col conto cointestato di coniugi in comunione, normalmente il risultato pratico sarà uguale – il creditore prenderà al massimo la metà, l’altra resta al coniuge – ma c’è una tutela in più per quest’ultimo se il debito non riguarda la famiglia. Consiglio: in simili casi è bene che il coniuge non debitore faccia presente subito al giudice la situazione di comunione e la natura personale del debito, per rafforzare la sua posizione.

D: Cosa succede se il terzo cointestatario non viene mai avvisato del pignoramento?
R: Come detto, la legge impone l’avviso. Se per ipotesi il creditore se ne dimentica e nemmeno la banca lo dichiara (ma la banca di solito lo dice), il pignoramento su bene indiviso non può andare avanti regolarmente. Un’importante ordinanza (Trib. Napoli Nord 2019) ha chiarito che l’omesso avviso ai comproprietari rende improcedibile l’esecuzione. Quindi il giudice, accortosene, dovrebbe bloccare l’assegnazione. Se proprio si arrivasse ad assegnazione senza che il terzo fosse coinvolto, quell’atto sarebbe fortemente impugnabile e verrebbe verosimilmente annullato su ricorso del terzo appena ne viene a conoscenza. In pratica, il terzo cointestatario ha diritto al contraddittorio; se gli è stato negato, potrà far valere la nullità di tutto.

D: La banca può essere considerata responsabile se sbaglia qualcosa nel pignoramento (ad esempio libera o blocca somme sbagliate)?
R: La banca deve attenersi scrupolosamente alla legge e alle disposizioni del giudice. Se non rispetta l’obbligo di custodia, ad esempio permettendo prelievi al debitore dopo il pignoramento, ne risponde verso il creditore (potrebbe essere condannata a pagare al suo posto, art. 546 c.p.c.). Se invece trattiene indebitamente somme non pignorabili (ad esempio non sblocca il minimo vitale di uno stipendio), in teoria compie un inadempimento verso il correntista; quest’ultimo potrebbe lamentare un danno (mancata disponibilità di denaro che gli serviva). In pratica però, le banche tendono a richiedere chiarimenti al giudice in caso di dubbi, o aspettare l’udienza. Difficilmente verrebbero sanzionate se attendono l’ordine del giudice per sbloccare, anche se la legge dice che l’impignorabile è libero ipso iure. Comunque, se la banca ignora un ordine del giudice (poniamo che il giudice liberi metà conto ma la banca continua a bloccare tutto oltre il dovuto), allora sì, il danneggiato (debitore o terzo) può chiederle conto dei danni subiti. Sono situazioni rare: normalmente la banca esegue rapidamente ciò che il tribunale dispone.

D: Un conto cointestato con firma disgiunta è più a rischio di pignoramento rispetto a uno con firma congiunta?
R: Ai fini giuridici del pignoramento, la firma disgiunta (ciascuno opera separatamente) comporta l’applicazione dell’art. 1854 c.c. sulla solidarietà attiva/passiva – quindi contitolarità solidale – con presunzione di quote uguali. Se invece il conto fosse a firma congiunta (ambedue le firme per operare), la dottrina ritiene comunque applicabile l’art. 1854 c.c. e la presunzione di contitolarità, a meno che dal contratto risulti che le parti di ciascuno sono diverse. In ogni caso, il bene rimane indiviso e quindi pignorabile ex art. 599 c.p.c. Dunque la differenza di firma non evita il pignoramento. Forse, in caso di firma congiunta, un creditore è più cautelato a verificare di chi sono le somme perché sa che il conto è gestito in comune stretto; ma legalmente cambia poco sull’esito: si pignora e poi si discute sulle quote. Quindi non è un vero “scudo”.

D: Conviene avere conti cointestati per proteggersi dai creditori?
R: No, è un mito da sfatare. Alcune persone pensano di sfuggire ai pignoramenti intestando i soldi a se stessi e a un terzo (un familiare, ecc.), credendo che così il conto non sia attaccabile. In realtà, come abbiamo visto, il conto cointestato è pignorabile eccome. Al massimo, tale stratagemma assicura che almeno una parte (la metà) rimanga fuori – ma solo se il terzo effettivamente rivendica e se i fondi sono davvero parzialmente suoi. Se il giudice percepisce che la cointestazione era fittizia (cioè il debitore controllava tutto), potrebbe far assegnare l’intero saldo al creditore (superando la presunzione con presunzioni contrarie). Inoltre, cointestare i propri soldi con altri comporta rischi (l’altro potrebbe disporne). In sintesi, non è un metodo lecito per proteggere patrimoni dai creditori. Meglio invece tenere separati conti e patrimoni tra persone diverse; oppure adottare strumenti giuridici seri (fondi patrimoniali, trust, ma anch’essi con limiti). Da notare che anche mettere soldi su conti intestati solo a terzi, se rimane la tracciabilità che erano tuoi, può essere oggetto di azioni revocatorie. La strada maestra resta prevenire l’insorgenza del debito o accordarsi col creditore. I conti cointestati nascono per comodità gestionale, non come scudo.

D: Cosa succede se sul conto cointestato ci sono più cointestatari (es. 3 o 4 persone) e uno solo debitore?
R: Il meccanismo è analogo. Se ad esempio un conto è intestato a 3 persone A, B, C e solo A è debitore, il creditore pignora il conto e la presunzione ex lege sarà che A, B, C hanno 1/3 ciascuno. Quindi il creditore potrà vedersi assegnato al massimo un terzo del saldo (quota di A). Gli altri due terzi spettano a B e C e devono essere sbloccati. Se B o C ritengono di avere quote maggiori (perché magari uno non ha contribuito affatto), dovranno dimostrarlo come in altri casi. Il principio non cambia, solo la frazione: quote uguali salvo prova contraria tra n contitolari. Anche l’obbligo di avviso si estende: tutti i comproprietari non debitori vanno avvisati. Proceduralmente, in udienza il giudice potrebbe assegnare 1/n del saldo al creditore per ciascun debitore (se più debitori) e liberare il resto.

D: Il conto cointestato su cui operava una società fiduciaria (trustee) può essere pignorato per debiti del fiduciante?
R: Domanda tecnica: talvolta i conti fiduciari sono intestati alla società fiduciaria e “cointestati” all’amministrato per visibilità. Va chiarito chi è giuridicamente intestatario. Se formalmente c’è una contitolarità, in base al nome, un creditore di uno dei due intestatari potrebbe tentare il pignoramento. Poi però, nei fatti, se uno dei cointestatari è una fiduciaria e l’altro è il beneficiario vero, si dovrebbe argomentare che i fondi erano di quest’ultimo a titolo di intestazione fiduciaria. È un caso particolare dove si dovrà provare la natura fiduciaria per bloccare l’esecuzione. In pratica, se il debitore è il fiduciante ma i soldi li ha intestati fiduciariamente a terzi, un creditore può comunque aggredirli (perché sostanzialmente suoi). Se il debitore è la fiduciaria (che però di solito non è proprietaria effettiva dei fondi), credo il fiduciante potrebbe opporsi come terzo dicendo: “sono miei”. Insomma, si entra in questioni di trust e fiduciari complesse, ma il succo: i creditori guardano la intestazione formale per pignorare, poi starà agli interessati dimostrare l’effettiva titolarità. Il conto fiduciario non è immune a priori.

Giurisprudenza e riferimenti normativi (aggiornati al 2025)

Codice Civile:

  • Art. 1298 c.c. (Obbligazioni solidali – rapporti interni): Presunzione di parti uguali salvo patto contrario.
  • Art. 1854 c.c.: “Conto corrente cointestato a più persone con facoltà di operare separatamente: intestatari considerati creditori o debitori solidali dei saldi” – Fondamento normativo della solidarietà attiva/passiva nei conti cointestati.
  • Art. 177 – 197 c.c.: Norme sulla comunione legale tra coniugi (in particolare art. 189 c.c. sui creditori personali e beni comuni).

Codice di Procedura Civile:

  • Art. 480 c.p.c.: Forma e contenuto del precetto (validità 90 giorni).
  • Art. 491 c.p.c.: Inizio dell’esecuzione forzata e pignorabilità dei beni del debitore.
  • Art. 492 c.p.c.: Avvertimenti da inserire nel pignoramento (es. facoltà di ricerca telematica beni, conversione).
  • Art. 513 – 542 c.p.c.: Pignoramento mobiliare presso debitore e presso terzi detentori; verbale di pignoramento.
  • Art. 543 c.p.c.: Pignoramento presso terzi – forma dell’atto (indicazione parti, credito, titolo, ingiunzione al terzo, citazione deb. e terzo a udienza, ecc.).
  • Art. 545 c.p.c.: Crediti impignorabili e limiti di pignorabilità – elenca stipendi, pensioni e relative soglie (aggiornato da DL 115/2022). Ultimo comma: pignoramento oltre i limiti = inefficace.
  • Art. 546 c.p.c.: Obblighi del terzo (divieto di disporre delle cose dovute; se inadempiente ne risponde verso creditore).
  • Art. 548 c.p.c.: Mancata dichiarazione del terzo – conseguenze (accertamento giudiziale).
  • Art. 553 c.p.c.: Provvedimento di assegnazione del credito pignorato al creditore procedente.
  • Art. 555 – 561 c.p.c.: Pignoramento immobiliare (notifica atto, contenuto, divieto alienazione).
  • Art. 557 c.p.c.: Deposito e trascrizione del pignoramento immobiliare; termini (modificato da L. 206/2021 e d.lgs. 164/2024).
  • Art. 567 c.p.c.: Istanza di vendita, documenti ipocatastali (trascrizione almeno 30 gg prima udienza).
  • Art. 568 – 569 c.p.c.: Stima dell’immobile; provvedimento per vendita.
  • Art. 599 c.p.c.: “Pignoramento di beni indivisi” – consente pignoramento anche se comproprietari non tutti debitori; obbligo di notificare avviso a comproprietari estranei.
  • Art. 600 c.p.c.: Nomina di un custode/amorfo per amministrare bene indiviso pignorato (poco applicabile per denaro).
  • Art. 615 c.p.c.: Opposizione all’esecuzione (contestazione diritto a procedere) – prima o dopo inizio esecuzione.
  • Art. 617 c.p.c.: Opposizione agli atti esecutivi (vizi formali) – entro 20 gg dalla notizia dell’atto.
  • Art. 619 c.p.c.: Opposizione di terzo all’esecuzione – il terzo che pretende la proprietà dei beni pignorati può opporsi finché l’esecuzione non sia terminata.
  • Art. 624 c.p.c.: Sospensione dell’esecuzione su istanza di parte (da G.E. in caso di opposizioni con gravi motivi).
  • Art. 628 – 630 c.p.c.: Rinuncia agli atti, estinzione della procedura (ad esempio per rinuncia del creditore, inattività, accordo).

Disposizioni di Attuazione c.p.c.:

  • Art. 180 disp. att. c.p.c.: Contenuto dell’avviso da notificare ai comproprietari ex art. 599 c.p.c. (indicazione del creditore pignorante, bene indiviso pignorato, divieto di consentire separazione della parte del debitore).
  • Art. 159-ter disp. att. c.p.c.: Modalità semplificate per la dichiarazione del terzo in via telematica (PEC ecc., introdotto nel 2021).
  • Art. 169 bis – 173 disp. att.: Pubblicità delle aste immobiliari, avvisi sul portale ministeriale ecc.

Leggi speciali e riforme:

  • D.L. 83/2015 conv. L. 132/2015: ha modificato art. 545 c.p.c. introducendo il “triplo assegnosociale” impignorabile per stipendi/pensioni ante pignoramento; ha dimezzato termini art. 497 c.p.c. da 90 a 45 gg.
  • D.L. 115/2022 (Decreto Aiuti-bis) conv. L. 142/2022: ha alzato la soglia impignorabile delle pensioni a doppio assegno sociale min. €1000.
  • L. 206/2021 (Riforma Cartabia) e d.lgs. 149/2022 / d.lgs. 164/2024: varie modifiche sul processo esecutivo: dichiarazione telematica terzo (159-ter disp. att.), termini trascrizione pignoramenti immobiliari, snellimenti vendite, ecc. Aggiornamenti recepiti nelle norme citate.

Sentenze e Giurisprudenza:

  • Cass., Sez. I, 17 ottobre 2023 n. 28772: Ha ribadito che i cointestatari di conto corrente si presumono contitolari solidali, salvo prova contraria; nel caso concreto tra coniugi ha negato pretese di rimborso tra essi per somme spese in ambito familiare.
  • Cass., Sez. II, 23 febbraio 2021 n. 4838: (Ordinanza) Principio di diritto: la cointestazione di un conto attribuisce qualità di creditori/debitori solidali verso la banca (art.1854 c.c.) e presumibilmente contitolarità dell’oggetto con parti uguali (art.1298 c.c.), presunzione superabile con prova contraria. Riconosce inversione onere della prova a carico di chi afferma una diversa proprietà.
  • Cass., Sez. III, 24 febbraio 2010 n. 4496: Caso di opposizione di terzo (non specifico su conto) dove si afferma che l’opponente deve provare la proprietà esclusiva; la solidarietà attiva ex 1854 c.c. era stata richiamata anche qui.
  • Cass., Sez. III, 28 novembre 2008 n. 28839: (e Cass. 19309/2006) – Pronunce precedenti che avevano già delineato la presunzione 50/50 nei conti cointestati e l’onere probatorio, spesso in contesti di separazione coniugale e conti comuni.
  • Tribunale di Napoli Nord, ord. 7 settembre 2019 (Giud. Fiore): Ha sancito che l’omessa comunicazione al comproprietario ex art. 599 c.p.c. costituisce inattività che rende improcedibile il processo esecutivo. Importante precedente di merito a tutela del contraddittorio del terzo.
  • Tribunale di Verona, sent. 19 dicembre 2024: (in tema di pignoramento immobiliare, post riforma) – ha chiarito che se il creditore trascrive personalmente il pignoramento immobiliare, non si applica il termine perentorio di 15 giorni introdotto per l’ufficiale giudiziario; basta rispettare il termine di 30 gg prima dell’udienza ex art. 567 c.p.c.. (Attinente alla procedura immobiliare).
  • Tribunale di Latina, sent. 21 marzo 2025: – sempre sulla trascrizione a cura del creditore, conferma non applicabilità della decadenza 15gg se provvede il creditore (anche questo sulla riforma Cartabia in ambito immobiliare).
  • Corte d’Appello di Venezia, 19 febbraio 2020 n. 650: (cit. in dottrina) – Distinzione rapporti interni/esterni conto cointestato: nei rapporti interni vale art. 1298 c.c. presunzione parti uguali, dunque ciascun co-intestatario può pretendere dall’altro solo la metà delle somme, non oltre. (Conferma orientamento su conti tra coniugi e limiti pretese reciproche).

Sblocco Conto Corrente Cointestato Pignorato e Nullità: Fatti Aiutare Da Studio Monardo

Hai scoperto che il conto corrente cointestato è stato pignorato?
Ti hanno bloccato la liquidità anche se una parte del denaro non è tua?

⚠️ Il pignoramento di un conto cointestato è una misura estrema, ma spesso irregolare.
Se l’intera somma non appartiene al debitore, il pignoramento può essere parziale o addirittura nullo.

Quando un conto cointestato può essere pignorato

🏦 Il creditore può pignorare un conto bancario cointestato solo nella misura della quota riconducibile al debitore.
Di norma si presume una divisione al 50%, ma questa presunzione può essere contestata.

📌 Esempio: se il conto è tra coniugi e uno solo è debitore, non può essere toccato automaticamente tutto il saldo.

Quando il pignoramento è nullo o impugnabile

✅ Se manca la notifica regolare dell’atto di pignoramento
✅ Se non c’è prova che le somme appartengano al debitore
✅ Se le somme derivano da redditi o pensioni dell’altro cointestatario
✅ Se il conto è alimentato da soggetti terzi o da entrambi in misura disuguale

🛡️ In questi casi, il pignoramento può essere:

  • Limitato (solo alla quota parte del debitore)
  • Sospeso o annullato dal giudice con apposita opposizione
  • Impugnato per violazione dei diritti del cointestatario non debitore

Cosa fare subito in caso di pignoramento del conto cointestato

  1. 📂 Recupera l’atto di pignoramento notificato dalla banca o dal creditore
  2. 📑 Verifica la titolarità e i movimenti del conto
  3. 🖋️ Prepara un’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi presso il Tribunale
  4. 🤝 Affidati a un legale esperto in esecuzioni mobiliari e diritto bancario

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

🔍 Analizza la documentazione del conto e dell’atto di pignoramento
📄 Predispone il ricorso per chiedere lo sblocco del conto
⚖️ Contesta la validità del pignoramento per eccesso o irregolarità
💰 Difende i diritti del cointestatario non debitore
🔁 Se hai altri debiti, valuta soluzioni come saldo e stralcio o sovraindebitamento

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in esecuzioni e pignoramenti bancari
✔️ Specializzato nella difesa di conti cointestati e patrimoni condivisi
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente in tutela patrimoniale per privati, famiglie e professionisti
✔️ Fiduciario OCC per soluzioni legali in caso di debiti complessi

Conclusione

Un conto cointestato non può essere pignorato integralmente senza verifiche.
Con la giusta assistenza puoi recuperare l’accesso ai fondi e far valere i tuoi diritti.

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Bloccare gli abusi e sbloccare il tuo conto è possibile. Serve solo agire con competenza e tempestività.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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