Procedura di Esdebitazione Privati: Il Procedimento Spiegato

Hai accumulato debiti che non riesci più a pagare? Hai ricevuto cartelle esattoriali, solleciti, decreti ingiuntivi o sei inseguito da banche, finanziarie e agenzie di recupero crediti?

Se sei un privato cittadino, un ex imprenditore, un lavoratore dipendente o un pensionato, oggi hai una strada legale per uscire dai debiti una volta per tutte: si chiama esdebitazione.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto del sovraindebitamento e tutela del consumatore – ti spiega in modo chiaro cos’è l’esdebitazione, chi può accedervi e come funziona la procedura per cancellare i debiti non più sostenibili.

Scoprirai:

  • Cos’è la procedura di esdebitazione prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (anche per chi non è imprenditore);
  • Chi può richiederla: privati in stato di sovraindebitamento, ex imprenditori, lavoratori autonomi, pensionati, disoccupati e famiglie in difficoltà economica;
  • Quali debiti possono essere cancellati: finanziamenti, carte di credito, bollette, fisco, INPS, multe, rate non pagate, fideiussioni, e molto altro;
  • I principali strumenti disponibili:
    Piano del consumatore (con approvazione del giudice)
    Liquidazione controllata del patrimonio (con cancellazione dei debiti residui)
    Esdebitazione del debitore incapiente (anche senza pagare nulla, se non si hanno beni né reddito);
  • Quali sono i requisiti richiesti e come presentare la domanda: documentazione, nomina del gestore della crisi, deposito presso l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi);
  • Cosa succede una volta avviata la procedura: blocco dei pignoramenti e delle azioni dei creditori, protezione legale e possibilità concreta di ricominciare senza più il peso dei debiti passati.

Con l’aiuto di un avvocato esperto puoi accedere alla procedura corretta, evitare errori, dialogare con il tribunale e ottenere finalmente la liberazione legale da tutti i debiti non più pagabili.

Alla fine della guida potrai richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la tua situazione debitoria e valutare se puoi accedere all’esdebitazione, per ripartire con serenità, nel rispetto della legge e senza più pressioni dai creditori.

Introduzione

La procedura di esdebitazione consente ai debitori in difficoltà – privati cittadini, consumatori, famiglie, piccoli imprenditori non fallibili, ex imprenditori, professionisti, pensionati – di ottenere la cancellazione dei propri debiti residui in modo legale, secondo le forme previste dall’ordinamento italiano. L’obiettivo principale di questa normativa è offrire al debitore onesto la possibilità di un “nuovo inizio” liberandolo dai debiti che oggettivamente non è in grado di pagare, pur garantendo ai creditori un soddisfacimento proporzionato alle effettive possibilità del debitore. In altre parole, si cerca un equilibrio: da un lato permettere a chi è sommerso dai debiti di tornare a vivere dignitosamente, dall’altro assicurare che il debitore paghi tutto ciò che ragionevolmente può, in base al proprio reddito e patrimonio, evitando abusi. Non si tratta dunque di un condono generalizzato o di “farla franca” coi creditori: al contrario, la legge impone rigorosi requisiti di accesso (in primis la meritevolezza, ossia l’onestà e buona fede del debitore) e prevede che il debitore destini ai creditori tutte le risorse disponibili – subito o tramite piani pluriennali – prima di ottenere l’esdebitazione, ossia la cancellazione dei debiti residui.

Questa guida dettagliata, aggiornata a maggio 2025, illustra tutte le forme di esdebitazione previste dalla normativa italiana vigente (disciplinata dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, D.Lgs. 14/2019, e successive modifiche).Verranno esaminati in modo completo i vari istituti – sovraindebitamento e sue declinazioni: piano del consumatore, accordo di ristrutturazione dei debiti (concordato minore), liquidazione controllata, esdebitazione del debitore incapiente e procedura familiare – specificando per ciascuno i presupposti, le fasi del procedimento, la durata, gli effetti e i relativi vantaggi e svantaggi. La guida include inoltre tabelle comparative, esempi pratici, una sezione di FAQ con risposte a casi tipici, nonché modelli fac-simile di atti (ricorsi, nomina OCC, proposte) utili per gli operatori. Il tutto è corredato da riferimenti costanti alla normativa vigente (Codice della crisi e disposizioni collegate) e alle principali pronunce giurisprudenziali di merito (Tribunali, Corti d’Appello) e di legittimità (Corte di Cassazione) aggiornate al 2025. Al termine, una bibliografia normativa e giurisprudenziale riepiloga le fonti citate.

1. Quadro Normativo Aggiornato (maggio 2025)

1.1 Origini: la Legge 3/2012 “Salva Suicidi”

La disciplina dell’esdebitazione dei debiti privati in Italia nasce con la Legge 27 gennaio 2012 n.3 (nota come “Legge sul sovraindebitamento” o anche legge salva-suicidi). Prima del 2012, un comune cittadino, un consumatore, un artigiano o un professionista in difficoltà non aveva strumenti concorsuali per ristrutturare i propri debiti: chi non era soggetto alle procedure fallimentari doveva affrontare i creditori da solo, cercando accordi informali o subendo pignoramenti individuali. La Legge 3/2012 ha colmato questo vuoto prevedendo, per la prima volta, procedure concorsuali specifiche per privati e piccoli imprenditori non fallibili. In origine, la legge 3/2012 contemplava tre strumenti alternativi:

  • Piano del consumatore – riservato alle persone fisiche consumatrici (debiti contratti per scopi estranei ad attività d’impresa). Consente al consumatore di proporre al giudice un piano di ristrutturazione dei debiti senza necessità di consenso da parte dei creditori.
  • Accordo di ristrutturazione con i creditori – destinato ai debitori non consumatori (es. piccoli imprenditori sotto soglia, professionisti, ditte individuali non fallibili). Richiede il voto favorevole di una maggioranza qualificata di creditori e l’omologazione del tribunale.
  • Liquidazione del patrimonio – una procedura liquidatoria simile al fallimento personale, in cui i beni del debitore vengono liquidati da un commissario per pagare i creditori, con possibilità per il debitore di ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) a fine procedura.

La legge 3/2012, all’epoca definita una novità epocale, era volta a dare risposta all’emergenza di tante famiglie e piccoli imprenditori schiacciati dai debiti. Veniva così istituito un procedimento giudiziale unificato in cui far confluire tutti i debiti e trovare una soluzione equilibrata sotto il controllo del tribunale. Sin dall’inizio, la normativa prevedeva criteri stringenti per l’accesso, in primis che il debitore fosse meritevole (assenza di frode o colpa grave nell’indebitamento) e che la proposta offrisse ai creditori almeno quanto ricaverebbero in una liquidazione forzata. In caso di esito positivo, al termine il debitore ottiene l’esdebitazione, ossia la liberazione da tutti i debiti non pagati.

1.2 Il Codice della Crisi e le Riforme Recenti

A partire dal 2015-2019 vi è stata un’importante riforma organica del diritto concorsuale italiano. La legge 3/2012 è stata integrata nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) introdotto con il D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14. Dopo varie proroghe, il Codice è entrato in vigore definitivamente il 15 luglio 2022, assorbendo la disciplina del sovraindebitamento all’interno di un testo unico coordinato con le altre procedure concorsuali. Nel frattempo, però, il legislatore era intervenuto più volte per migliorare gli strumenti esistenti e anticipare alcune innovazioni:

  • Decreto Ristori (DL 137/2020 conv. in L.176/2020): in risposta alla crisi pandemica, questa legge ha modificato la L.3/2012 introducendo subito alcune misure poi recepite dal Codice. Tra queste, la più rilevante è la figura dell’esdebitazione del debitore incapiente (art. 14-quaterdecies L.3/2012). Prima del 2020, chi non possedeva alcun bene da liquidare restava intrappolato dai debiti (l’esdebitazione era ammessa solo dopo liquidazione). Con la riforma 2020 è stata prevista una procedura speciale per cancellare i debiti anche a chi è completamente privo di risorse – ne parleremo dettagliatamente più avanti. Inoltre, la L.176/2020 ha introdotto altre novità come: maggior responsabilizzazione degli enti finanziatori (penalizzando i creditori che hanno concesso credito facile a soggetti poi insolventi), semplificazioni documentali, e l’automatismo dell’esdebitazione a fine liquidazione (prima occorreva domanda separata).
  • Entrata in vigore del CCII (15 luglio 2022): il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha sostituito la legge 3/2012, portando alcune modifiche di sistema. La terminologia è stata uniformata: ad esempio la “liquidazione del patrimonio” è diventata liquidazione controllata, l’“accordo di composizione” è ora denominato concordato minore, ecc. Sono state introdotte norme per coordinare meglio queste procedure con quelle delle imprese maggiori. In particolare il CCII, all’art. 2, ha ridefinito l’ambito soggettivo delle procedure di sovraindebitamento (concetto di debitore non fallibile) e all’art. 65 ha elencato espressamente tutte le procedure di esdebitazione disponibili (che vedremo a breve). Inoltre, il CCII ha codificato alcuni orientamenti giurisprudenziali consolidati e innovazioni: es. ha confermato la possibilità per i creditori di chiedere l’apertura della liquidazione controllata di un debitore sovraindebitato, ha previsto una durata massima della procedura liquidatoria e ha mantenuto la regola del “fresh start” finale per i debiti non soddisfatti.
  • Recepimento Direttiva UE 2019/1023 (D.Lgs. 83/2022): nell’agosto 2022 sono state apportate modifiche al CCII per attuare la direttiva europea sui quadri di ristrutturazione preventiva e sull’esdebitazione. Per quanto riguarda i privati, il recepimento ha ulteriormente facilitato l’accesso al fresh start: ad esempio eliminando alcuni ostacoli formali e ribadendo che l’esdebitazione di ex imprenditori onesti deve poter avvenire entro 3 anni dalla chiusura della liquidazione (in linea con la normativa UE). È stato inoltre semplificato il quorum di votazione per l’accordo di ristrutturazione (dal 60% previsto in L.3/2012 ad una maggioranza semplice dei crediti), per agevolare la conclusione di accordi. Alcune di queste novità si applicano alle procedure avviate dopo il 2022.
  • Correttivo “ter” del Codice (D.Lgs. 13 ottobre 2022 n.169 e D.Lgs. 13 settembre 2024 n.136): Due decreti correttivi hanno ulteriormente perfezionato la disciplina. Il primo (169/2022) ha chiarito alcuni aspetti tecnici; il secondo (136/2024, in vigore dal 28 settembre 2024) ha inciso anche sulle procedure familiari e sull’ambito soggettivo. Ad esempio, è stato modificato l’art.66 CCII sulle procedure familiari, specificando che se uno dei debitori congiunti non è consumatore, l’intera procedura familiare segue le regole del concordato minore (non più un “progetto unitario” misto). Inoltre, è stata ampliata la definizione di “consumatore” (art.2 lett. e CCII) includendovi – ai fini dell’esdebitazione – anche i soci di società di persone per i debiti personali estranei all’attività di impresa. Il correttivo ha anche introdotto disposizioni per i casi speciali, ad esempio consentendo a un imprenditore cessato e cancellato dal Registro imprese da meno di un anno di accedere comunque alla liquidazione controllata in un contesto familiare (superando il precedente limite temporale di un anno dalla cessazione).

In sintesi, a maggio 2025 la disciplina dell’esdebitazione privata risulta consolidata e aggiornata: tutte le procedure originariamente previste dalla L.3/2012 sono ora regolate dal Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), come modificato dai decreti del 2020-2024. Nel prosieguo della guida faremo costante riferimento ai pertinenti articoli del CCII (D.Lgs. 14/2019) in vigore, sottolineando le differenze rispetto alla previgente L.3/2012 quando rilevanti. Si tenga presente che, pur confluite nel CCII, le procedure di sovraindebitamento mantengono la loro natura speciale: restano riservate ai debitori civili “non fallibili” e presentano proprie regole di merito (es. requisito di meritevolezza) parzialmente diverse dalle procedure concorsuali delle imprese maggiori. Le novità normative più recenti (es. esdebitazione incapiente, procedure familiari) sono pensate per ampliare e rendere più efficace l’accesso al fresh start, bilanciando al contempo gli interessi dei creditori e prevenendo abusi.

Norme di riferimento principali: Titolo IV Capo II del CCII (“Procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”) e, per quanto compatibili, le norme generali del Codice in tema di procedure concorsuali. In particolare: art.2 CCII (definizioni, inclusa sovraindebitamento), art.65 CCII (elenco delle procedure di esdebitazione), art.66 CCII (procedure familiari), artt.67-73 CCII (ristrutturazione dei debiti del consumatore), artt.74-80 CCII (concordato minore, già accordo di composizione), artt.268-277 CCII (liquidazione controllata del sovraindebitato) e art.283 CCII (esdebitazione del debitore incapiente). Tutte queste disposizioni discendono dalla legge delega n.155/2017 e dalla vecchia L.3/2012, opportunamente innovate. Nel corso della guida citeremo i singoli articoli e le pronunce giurisprudenziali più significative che ne hanno interpretato il contenuto sino al 2025.

2. Ambito di Applicazione e Soggetti Ammissibili

Prima di esaminare le singole procedure, è fondamentale chiarire chi sono i debitori che possono accedere alle procedure di esdebitazione (c.d. crisi da sovraindebitamento). La caratteristica comune è che si tratta di soggetti non fallibili, cioè debitori esclusi dalle ordinarie procedure concorsuali dell’impresa. In termini giuridici, l’art. 2, comma 1, lett. c) CCII definisce il sovraindebitamento come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore o di altro debitore che non sia assoggettabile né assoggettato a liquidazione giudiziale (fallimento) o alle altre procedure di cui al Titolo II del Codice…”. In altre parole, rientrano nel campo di applicazione tutte le persone fisiche e gli enti che, pur essendo insolventi o gravemente indebitati, non possono essere dichiarati falliti né sottoposti a concordato preventivo o liquidazione giudiziale secondo la disciplina delle grandi imprese.

Ecco le principali categorie di debitori ammessi alle procedure di sovraindebitamento (esdebitazione privata):

  • Consumatori (persone fisiche): il consumatore sovraindebitato è la persona fisica che ha contratto debiti per scopi estranei ad un’attività imprenditoriale o professionale (art.2, c.1 lett. e CCII). Si pensi al privato cittadino che ha accumulato debiti da prestiti personali, carte di credito, bollette, spese familiari, ecc. I consumatori in stato di insolvenza possono accedere a tutte le procedure di esdebitazione, ma in particolare godono di uno strumento riservato: il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (c.d. piano del consumatore) con benefici procedurali (omologa senza voto dei creditori). È importante notare che, per definizione, il consumatore non deve avere debiti professionali o d’impresa; se svolge(va) anche attività economica, i debiti personali devono essere nettamente separati da quelli di impresa. Il CCII, come detto, ha chiarito che anche i soci di società di persone possono essere trattati come consumatori per i debiti personali estranei all’attività sociale. Esempi tipici: un impiegato o pensionato con troppi prestiti al consumo; una famiglia sovraindebitata per spese mediche o mutuo; un ex imprenditore che ha chiuso l’attività da anni e i cui debiti residui sono ormai personali.
  • Imprenditori “non fallibili” (piccoli imprenditori): questa categoria comprende gli imprenditori commerciali sotto le soglie di fallibilità previste dalla legge fallimentare (art.1 L.F., ora abrogato) e confermate dal CCII per l’accesso alla liquidazione giudiziale. In pratica, i piccoli imprenditori, ossia coloro che negli ultimi esercizi non hanno superato determinati limiti dimensionali (meno di 2 milioni di euro di attivo e ricavi, e un indebitamento inferiore a 500 mila euro, secondo l’art. 2, c.1, lett. d CCII e giurisprudenza). Se un imprenditore è di piccole dimensioni (o se l’impresa è già cessata senza procedura concorsuale), non può essere dichiarato fallito (liquidazione giudiziale), e dunque rientra nel perimetro del sovraindebitamento. Ad esempio, un artigiano individuale, un commerciante al dettaglio con fatturato modesto, una startup che non ha superato le soglie: costoro possono accedere alle procedure di esdebitazione come l’accordo di ristrutturazione o la liquidazione controllata. Va però verificato attentamente lo stato dell’impresa: se l’attività è ancora in corso, il tribunale dovrà accertare che effettivamente i parametri di non fallibilità siano rispettati (sennò l’impresa sarebbe soggetta a liquidazione giudiziale). In passato la giurisprudenza richiedeva la prova di non superamento di più d’uno dei limiti per escludere la fallibilità. Il CCII oggi individua più chiaramente l’“imprenditore minore” (art.2, c.1, lett. d) coincidente con il piccolo imprenditore non assoggettabile a liquidazione giudiziale. Un caso particolare sono le imprese agricole: l’imprenditore agricolo per legge non è soggetto a fallimento, quindi rientra sempre tra i debitori sovraindebitati ammissibili (es. un agricoltore indebitato può proporre un accordo o liquidazione controllata).
  • Professionisti, artisti e lavoratori autonomi: soggetti come avvocati, medici, architetti, consulenti, artisti, ecc., pur svolgendo attività economica, non sono assoggettabili al fallimento in quanto non “imprenditori commerciali”. Un libero professionista indebitato (ad es. uno studio associato con debiti tributari e verso fornitori) può accedere alle procedure di sovraindebitamento. Lo stesso vale per enti non commerciali, come associazioni, fondazioni non imprenditoriali, ONLUS, condomini indebitati, ecc.: tutti questi enti, se insolventi, non hanno una procedura di fallimento prevista, dunque la legge sul sovraindebitamento rappresenta l’unica via concorsuale per regolare i debiti.
  • Ex imprenditori e fideiussori: una persona fisica che in passato era imprenditore commerciale può accedere alle procedure di sovraindebitamento se l’eventuale fallimento è già chiuso o se comunque l’impresa è cessata da tempo. Ad esempio, un ex imprenditore individuale cancellato dal registro imprese può chiedere l’esdebitazione per i debiti personali rimasti (tipicamente debiti da garanzie personali, fideiussioni bancarie, scoperti di conto non soddisfatti nella procedura fallimentare). La legge prevedeva tradizionalmente che occorresse attendere un anno dalla cancellazione per evitare che i creditori chiedessero il fallimento tardivo; tuttavia il nuovo CCII, specie dopo il correttivo 2024, ammette l’accesso anche prima se vi è un contesto di procedura familiare o altre tutele. Ciò rafforza la possibilità per l’ex imprenditore onesto ma sfortunato di ottenere un fresh start. Allo stesso modo, chi ha debiti derivanti dall’aver fatto da garante (fideiussore) per società o imprese poi fallite rientra tra i soggetti sovraindebitati (in quanto il garante, escusso dalla banca, è un privato cittadino con un grosso debito da onorare). Molti casi pratici vedono infatti ex amministratori o soci falliti che restano con debiti personali verso banche e fisco: l’esdebitazione è spesso l’unica via per liberarsene dopo la liquidazione del patrimonio personale.
  • Famiglie e coobbligati: un nucleo familiare sovraindebitato (es. marito e moglie entrambi con debiti) può oggi presentare un’unica domanda congiunta, avvalendosi della procedura familiare introdotta dal Codice (art.66 CCII). In questo caso, più debitori legati da vincoli di famiglia e conviventi possono affrontare insieme la crisi, con un procedimento coordinato (si veda §4.5). Ciascun membro deve comunque possedere i requisiti soggettivi per accedere (es. se uno è imprenditore, seguiranno le regole del concordato minore per tutti). Sono ammessi coniugi, uniti civili, conviventi di fatto, parenti fino al 4° grado e affini fino al 2° grado conviventi. In tal modo, ad esempio, due coniugi entrambi sovraindebitati possono evitare procedure separate e proporre un’unica soluzione coordinata, riducendo costi e tempi.

Chi è escluso? Sono esclusi dalle procedure di sovraindebitamento i debitori soggetti alle ordinarie procedure concorsuali, cioè tipicamente le imprese medio-grandi in insolvenza (società e ditte individuali oltre le soglie di fallibilità). Tali imprese devono ricorrere al concordato preventivo, ristrutturazione dei debiti ex art.57 CCII, liquidazione giudiziale, ecc., non potendo “ripiegare” sulle procedure per privati. In caso di dubbio, il tribunale può dichiarare inammissibile la domanda di sovraindebitamento se accerta che il debitore doveva stare nell’altra disciplina (es. imprenditore attivo sopra soglia). Inoltre, non possono accedere i debitori già esdebitati recentemente o che abbiano commesso atti in frode verso i creditori (es. distrazione di beni) – queste circostanze, se emergono, portano all’inammissibilità o revoca della procedura. Infine, alcuni debiti di diritto pubblico particolari (ad es. sanzioni penali, multe, debiti alimentari) non possono essere esdebitati neanche all’interno di queste procedure, come vedremo.

Requisito della “meritevolezza”: un filo conduttore delle procedure di esdebitazione è la necessità che il debitore sia in buona fede e privo di colpa grave o frode. Sebbene declinato in modo diverso a seconda dello strumento, il concetto di meritevolezza è centrale: la legge vuole aiutare chi si è indebitato per cause incolpevoli o comunque giustificabili (perdita del lavoro, crisi economica, malattia, fideiussioni escusse, ecc.), non chi ha agito con leggerezza estrema o malafede. Ad esempio, nel piano del consumatore il giudice valuta espressamente se il sovraindebitamento non deriva da colpa grave, malafede o frode del consumatore (art.69 CCII). La giurisprudenza ha interpretato tale requisito caso per caso: ad esempio, un consumatore affetto da ludopatia patologica (gioco d’azzardo compulsivo) può essere considerato non pienamente colpevole degli eccessi di debito, assimilando la sua condizione a una malattia che compromette la volontà. D’altro canto, l’aver assunto volontariamente debiti sproporzionati alle proprie capacità (c.d. credito facile) può integrare colpa grave, salvo valutare se la banca abbia anch’essa responsabilità per aver concesso il prestito senza adeguate verifiche (tema del merito creditizio). In sostanza, sarà ammesso alla procedura solo il debitore che “merita” il beneficio: niente furbetti o distrazioni. Se emergono atti in frode (per es. aver nascosto beni ai creditori o prodotto documenti falsi), la procedura viene immediatamente dichiarata inammissibile o, se già omologata, revocata su istanza dei creditori o del Pubblico Ministero, e il debitore può subire conseguenze anche penali.

Unicità e reiterazione delle procedure: Le procedure di esdebitazione privata non possono essere utilizzate in modo seriale o reiterato in breve tempo. In generale, il debitore non può ottenere l’esdebitazione più di una volta nell’arco di alcuni anni. Il Codice ha reso automatica l’esdebitazione a fine liquidazione (art.282 CCII) ma prevede che non sia concessa se il debitore ha già beneficiato di una esdebitazione nei precedenti 5 anni (art.280, co.2 CCII). Inoltre, l’esdebitazione dell’incapiente è prevista una sola volta nella vita, senza possibilità di replica. Quindi, chi è stato graziato dai debiti non potrà ripresentare subito una nuova procedura se torna a indebitarsi; quantomeno dovrà attendere e dimostrare nuove circostanze. Questo per evitare abusi e mantenere eccezionale il beneficio. Resta salva però la facoltà, se una prima procedura non è andata a buon fine per motivi tecnici, di riproporne un’altra: ad esempio se un accordo non viene omologato, il debitore può chiedere la conversione in liquidazione controllata nella stessa sede oppure presentare un nuovo piano (salvo comportamenti scorretti pregressi). Di norma, comunque, ogni debitore attraversa una sola procedura di sovraindebitamento, al termine della quale – se tutto è regolare – ottiene la liberazione definitiva dai debiti pregressi e potrà riaccedere al credito con una “fedina finanziaria” pulita.

3. Tipologie di Procedure di Esdebitazione

L’ordinamento prevede diverse forme di procedura per attuare l’esdebitazione dei privati. Queste procedure, pur avendo lo stesso fine ultimo (regolare la crisi da sovraindebitamento e cancellare i debiti residui), si differenziano per modalità, soggetti cui sono destinate e requisiti specifici. Le principali tipologie – elencate all’art. 65 CCII – sono:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore (anche detto Piano del consumatore): è una procedura riservata ai consumatori in senso stretto (persone fisiche che hanno debiti personali, non professionali). Consiste in un piano di pagamento dei debiti, formulato con l’ausilio di un OCC, che viene sottoposto all’omologazione del tribunale senza bisogno di accordo coi creditori. Se il giudice omologa valutando il piano fattibile e il debitore meritevole, il piano diventa vincolante per tutti i creditori (anche se non consenzienti). È la procedura ideale per il privato cittadino sovraindebitato che vuole proporre rate sostenibili ai creditori salvando i beni essenziali.
  • Accordo di composizione della crisi (c.d. Concordato minore): è l’evoluzione del vecchio “accordo di ristrutturazione” della L.3/2012. Si applica ai debitori non consumatori (imprenditori minori, professionisti, ecc., ma volendo anche un consumatore può sceglierlo in alternativa) che intendono proporre un piano concordato con i creditori. Richiede infatti la votazione da parte dei creditori: serve il sì di una maggioranza in valore (nel CCII è sufficiente oltre il 50% dei crediti ammessi al voto). Se la maggioranza approva, il tribunale omologa rendendo l’accordo vincolante anche per i dissenzienti. Questa procedura – chiamata concordato minore agli artt.74-80 CCII – è pensata per gestire in modo negoziale la crisi di imprenditori non fallibili, con possibili elementi di continuità aziendale (l’impresa può proseguire l’attività durante il piano). In sostanza, è un “mini-concordato preventivo” per piccoli debitori civili.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato: è la procedura di carattere liquidatorio, analoga ad un fallimento personale. Il debitore (o anche un suo creditore) chiede al tribunale l’apertura della liquidazione dei suoi beni (artt.268 e segg. CCII). Il tribunale nomina un liquidatore che assume il controllo del patrimonio, vende i beni non necessari e distribuisce il ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. Dopo un periodo prestabilito (massimo 3 anni per la liquidazione dell’attivo e ulteriori 2 anni per liquidare eventuali crediti sopravvenuti, ex art.270 CCII), si chiude la procedura e il debitore persona fisica può essere dichiarato esdebitato (libero dai debiti residui) con decreto del giudice. La liquidazione controllata è rivolta a qualunque debitore sovraindebitato (consumatore o no) che non sia in grado di offrire un piano di rientro soddisfacente o che preferisca liquidare tutto subito. È spesso l’ultima risorsa quando le soluzioni di ristrutturazione falliscono o non sono praticabili. Da notare che, a differenza delle prime due procedure, la liquidazione può essere avviata anche su istanza dei creditori: il CCII ha introdotto questa facoltà, per cui i creditori di un debitore non fallibile ma insolvente possono chiedere al tribunale di aprire la liquidazione dei beni di quest’ultimo. Si tratta di una novità di rilievo, che rende la procedura più simile ad un fallimento “forzato” anche per i privati.
  • Esdebitazione del debitore incapiente (detta anche “esdebitazione a zero”): è una procedura straordinaria riservata al debitore persona fisica completamente privo di risorse (“incapiente”) e meritevole. Prevista oggi dall’art.283 CCII, consente – al ricorrere di stringenti condizioni – di ottenere la cancellazione totale di tutti i debiti senza dover pagare nulla ai creditori. In pratica, se un soggetto non possiede beni né redditi pignorabili e non è ragionevolmente in grado di offrire alcuna utilità ai creditori nemmeno in futuro, il tribunale può concedergli l’esdebitazione immediata, liberandolo dai debiti per motivi di equità e umanità. È però richiesta la buona fede assoluta del debitore e vale solo una volta nella vita. Inoltre, se entro 4 anni dall’esdebitazione l’incapiente dovesse “miracolosamente” acquisire risorse sufficienti (es. un’eredità che permetterebbe di pagare almeno il 10% dei vecchi debiti), dovrà darne comunicazione e i creditori potranno ottenere il pagamento fino a quella soglia, pena la revoca del beneficio. Questo meccanismo (detto fresh start a condizione risolutiva) bilancia l’esigenza di dare sollievo ai casi umani più disperati con quella di evitare che qualcuno ottenga il beneficio e poi faccia fortuna senza pagare nulla. L’esdebitazione dell’incapiente, introdotta come visto nel 2020 e ora a regime nel Codice, rappresenta l’extrema ratio per restituire dignità a debitori totalmente insolventi (disoccupati, nullatenenti, soggetti vulnerabili) per i quali qualsiasi pretesa di rimborso sarebbe futile.
  • Procedura familiare: più che una nuova tipologia, è un modulo procedurale che consente a membri della stessa famiglia sovraindebitati di presentare una domanda unitaria e congiunta per accedere a una delle soluzioni di cui sopra, con coordinamento delle procedure (art.66 CCII). In pratica, se i debiti hanno origine comune o sono comunque legati e i familiari convivono, è possibile proporre un piano o accordo unico, o una liquidazione unitaria, anziché procedure separate per ciascun membro. La procedura familiare richiede che i soggetti siano legati da vincoli di parentela/affinità entro certi gradi e conviventi (es. coniugi, genitori e figli conviventi, fratelli conviventi, nonni e nipoti conviventi, uniti civili). Dal punto di vista operativo, la famiglia deve scegliere quale procedura attivare: se tutti i membri sono consumatori, potrà essere un piano del consumatore congiunto; se almeno uno non è consumatore (es. padre imprenditore e madre casalinga insieme), allora dovrà impostarsi come un concordato minore con regole di voto. Le masse attive e passive dei singoli rimangono distinte, ma il tribunale assicura il coordinamento e un unico procedimento. I vantaggi sono evidenti: si riducono costi (un solo OCC per tutti, spese ripartite) e si offre una soluzione unitaria a situazioni di indebitamento che nella realtà familiare sono interconnesse (es. marito e moglie coobbligati per il mutuo, ecc.). Già prima del Codice alcuni tribunali avevano ammesso in via analogica ricorsi familiari congiunti (Trib. Milano 6/12/2017, Trib. Napoli Nord 18/5/2018) ritenendo ragionevole consentire ai coniugi di affrontare insieme la crisi finanziaria comune. Oggi questa possibilità è espressamente regolata dalla legge.

Nelle prossime sezioni analizzeremo in dettaglio ciascuna procedura – piano del consumatore, accordo/concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione incapiente e procedura familiare – illustrandone i presupposti, lo svolgimento (passo per passo) e gli effetti. Saranno messi in luce i profili giurisprudenziali emersi, i vantaggi e gli svantaggi di ogni soluzione, con riferimenti a casi pratici. Successivamente, presenteremo delle tabelle comparative per riepilogare le differenze chiave e offriremo risposte alle FAQ più frequenti. Infine, si troveranno esempi di simulazioni e modelli di atti per aiutare concretamente nella predisposizione delle pratiche di esdebitazione.

(N.B.: Per semplicità espositiva, continueremo talvolta ad usare le vecchie denominazioni “piano del consumatore”, “accordo di ristrutturazione”, “liquidazione del patrimonio”, ecc., come sinonimi delle corrispondenti procedure del Codice – rispettivamente ristrutturazione del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata – dato che tali termini sono ancora di uso comune tra gli operatori.)

4. Il Piano del Consumatore (Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore)

Il piano del consumatore è la procedura di sovraindebitamento dedicata esclusivamente ai debitori consumatori, introdotta con la L.3/2012 e ora disciplinata dagli artt.67-73 CCII. Si tratta, in sintesi, di un piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal consumatore con l’ausilio di un OCC e sottoposto all’omologazione del tribunale, senza passare per l’approvazione dei creditori. È uno strumento molto efficace per il privato cittadino insolvente, poiché consente di ottenere la cancellazione (lo stralcio) di una parte dei debiti e la dilazione del resto, a fronte dell’impegno a pagare secondo le proprie possibilità, il tutto senza dover negoziare il consenso con i creditori. Vediamo i dettagli.

4.1 Presupposti e condizioni di ammissibilità

Soggetto ammesso: solo persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto le obbligazioni per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale (art.67, c.1 CCII). Ciò esclude chi ha debiti di impresa in corso; tuttavia, un imprenditore cessato può essere considerato consumatore per debiti personali residui, se tali debiti non sono connessi all’attività (interpretazione comunque restrittiva). In famiglia, se tutti i membri del nucleo sono consumatori, possono presentare un unico piano familiare del consumatore (art.66, c.1 CCII). Se anche uno solo non è consumatore, non si potrà usare il piano del consumatore (si ripiegherà sull’accordo/concordato minore, v. oltre).

Stato di sovraindebitamento: il consumatore deve versare in uno stato di crisi o insolvenza, ossia nell’impossibilità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni (art.2, c.1, lett. c CCII). Non occorre che sia già in insolvenza conclamata (basta anche la crisi, ad es. difficoltà a pagare rate e spese correnti). In genere si tratta di chi ha un carico debitorio sproporzionato rispetto al reddito e al patrimonio disponibile.

Requisito di meritevolezza: condizione centrale del piano del consumatore è che il giudice riscontri la assenza di condotte gravemente colpose o maliziose da parte del debitore nella formazione dell’indebitamento. L’art.69 CCII prevede che l’omologazione del piano sia subordinata al fatto che “il consumatore non abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere né abbia colposamente determinato il proprio sovraindebitamento” (inoltre non deve aver commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori). In pratica il giudice esegue un “esame di meritevolezza”: valuta la storia debitoria del consumatore. Ad esempio, fare nuovi debiti per gioco d’azzardo, o accumulare prestiti a ripetizione senza alcuna possibilità concreta di pagarli, è considerato indice di colpa grave. Viceversa, indebitarsi per far fronte a cure mediche, o perdere il lavoro e non riuscire più a pagare il mutuo, sono situazioni generalmente ritenute scusabili. La giurisprudenza sul punto è variegata: ad esempio, la Cassazione ha affermato che la semplice sudditanza psicologica alle offerte di credito facile non esclude la colpa del consumatore se quest’ultimo ha agito imprudentemente oltre le proprie possibilità. Tuttavia, in linea generale tutti i debiti “normali” derivanti da bisogni familiari, casa, auto, ecc., se divenuti insostenibili per vicende sfortunate, non impediscono l’accesso. Saranno invece casi limite quelli di sovraindebitamento volontario e irragionevole. Il tribunale verifica la meritevolezza sia tramite i documenti (dichiarazioni dei redditi, destinazione dei finanziamenti ottenuti, ecc.) sia con la relazione dell’OCC, che deve esprimersi sul punto (art. 70 CCII impone all’OCC di attestare cause dell’indebitamento e diligente apporto di informazioni). In caso di indebitamento derivante da fideiussione (es. consumatore escusso per un debito altrui), la valutazione verte sul perché ha prestato garanzia e se poteva prevedere il default. In caso di dubbi seri sulla buona fede, il giudice non omologa. Va ricordato però che, dopo la riforma del 2020, nel giudizio di meritevolezza si tiene conto anche del comportamento degli intermediari finanziari: se una banca ha concesso credito a un cliente manifestamente incapiente (violando le regole di concessione responsabile del credito, art.124-bis TUB), il giudice può limitarne il diritto di voto e ridurne il credito nel piano. Questo introduce una sorta di concorso di colpa del creditore nell’indebitamento, a vantaggio del debitore.

Completezza e trasparenza della documentazione: il consumatore deve presentare un elenco completo di tutti i creditori con importi dovuti e cause di prelazione, l’inventario dei beni e indicazione di redditi e spese familiari, nonché le ultime dichiarazioni dei redditi (art.67, c.2 CCII). Inoltre va allegata la relazione particolareggiata dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) contenente, tra l’altro, un’attestazione sulla fattibilità del piano e sul fatto che esso sia sostenibile e conveniente rispetto alla liquidazione (art. 70 CCII). La mancanza di documenti essenziali o la reticenza su parte del patrimonio provoca l’inammissibilità. È quindi cruciale che il debitore dichiari tutti i debiti e tutti i beni posseduti (anche se piccoli o all’estero, ecc.), pena la revoca dell’eventuale omologazione per dolo. Altra condizione: non bisogna aver già usufruito di un piano o accordo negli ultimi 5 anni (come detto, l’accesso ripetuto è limitato).

Debiti falcidiabili: in linea di principio, tutti i debiti possono essere inclusi nel piano del consumatore, anche quelli verso il Fisco e enti pubblici. Il piano ha contenuto libero e può prevedere il pagamento anche parziale e differenziato dei crediti in qualsiasi forma (art.67, c.1 CCII). Ci sono però alcune regole specifiche: i debiti privilegiati (muniti di pegno, ipoteca o privilegio) non possono essere falcidiati oltre certo limite, ossia devono ricevere almeno quanto otterrebbero in una liquidazione dei beni vincolati (art.67, c.4). Ciò significa, ad esempio, che se c’è un mutuo ipotecario sulla casa, il piano può prevedere di pagare il creditore ipotecario in misura inferiore al 100% solo se comunque gli viene riconosciuto almeno il valore di realizzo dell’immobile (come attestato dall’OCC). Spesso, quindi, i creditori ipotecari vengono pagati integralmente o quasi, mentre lo stralcio maggiore riguarda i creditori chirografari (non garantiti). È ammessa inoltre una moratoria fino a 2 anni per il pagamento dei crediti muniti di privilegio/ipoteca (ad esempio si possono sospendere per 24 mesi le rate del mutuo garantito), purché ciò non li danneggi e sia previsto nel piano. Alcuni debiti particolari non possono essere toccati dal piano: ad esempio, le obbligazioni alimentari (es. assegno di mantenimento al coniuge o ai figli) di norma non rientrano e devono continuare a essere pagate integralmente fuori dal piano. Anche le sanzioni penali (multe da reati) non sono soggette a esdebitazione. I debiti fiscali e contributivi, invece, possono essere falcidiati previo parere (oggi l’Agenzia delle Entrate Riscossione non ha diritto di voto ma può far pervenire osservazioni). In generale, al fine dell’omologa, vale il principio del best interest of creditors: nessun creditore deve risultare trattato in peius rispetto a quanto otterrebbe dalla liquidazione del patrimonio del debitore. Su questo vigila sia l’OCC nella sua relazione, sia il giudice nella valutazione di convenienza del piano. Se un creditore contesta di prendere troppo poco rispetto alla liquidazione, il giudice valuta le cifre; se effettivamente la proposta è sotto la soglia, non potrà omologare (a meno che il creditore sia consenziente o assente).

4.2 Procedura: formazione, deposito e omologazione del piano

Coinvolgimento dell’OCC: Il consumatore che intende accedere alla procedura deve rivolgersi ad un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o ad un professionista gestore della crisi per predisporre il piano e tutta la documentazione. L’OCC è un organismo imparziale (spesso presso le Camere di Commercio, gli Ordini professionali o organismi accreditati) incaricato di assistere il debitore, verificare la veridicità dei dati e attestare la fattibilità del piano. Il gestore della crisi, designato dall’OCC, esamina la situazione economica del debitore, raccoglie i documenti (elenco debiti, inventario beni, bilancio familiare, ecc.) e aiuta a formulare una proposta di ristrutturazione equilibrata. Nel piano devono essere indicati analiticamente i tempi e le modalità con cui il consumatore intende superare la crisi (es. pagamento parziale di certi debiti, eventuali garanzie offerte, cessione di beni non indispensabili, rateizzazione con indicazione di importi e scadenze). Il piano può prevedere le più varie soluzioni: ad esempio, dilazioni pluriennali su misura del reddito, saldo e stralcio di alcuni crediti (pagamento parziale immediato se il creditore rinuncia al resto), cessione del quinto dello stipendio già in corso da ristrutturare, ecc. – con la sola condizione di rispettare la normativa (vedi sopra privilegiati, ecc.). Una volta definita la bozza di piano, l’OCC redige la relazione particolareggiata (art. 70 CCII) contenente: le cause dell’indebitamento, il resoconto sulla condotta del debitore (se meritevole o meno), l’elenco dei creditori e il trattamento proposto, la fattibilità del piano e la convenienza per i creditori rispetto alla liquidazione. La relazione è fondamentale perché orienta il giudice nell’omologa.

Presentazione del ricorso in tribunale: Il piano del consumatore si avvia con il deposito di un ricorso presso il tribunale competente (sezione fallimentare o organismo apposito, a seconda della sede). Competente territorialmente è il Tribunale del luogo di residenza o sede principale degli interessi del debitore. Il ricorso deve contenere la richiesta di omologazione del piano ex art. 67 CCII e allegare: la proposta di piano, la relazione dell’OCC, tutti gli allegati obbligatori (elenchi debiti, beni, atti dispositivi ultimi 5 anni, redditi ultimi 3 anni, bilancio familiare). Al momento del deposito, il debitore può chiedere misure protettive: tipicamente la sospensione delle azioni esecutive dei creditori in corso. Il giudice, ricevuto il ricorso, apre il procedimento se verifica prima facie la completezza formale e l’ammissibilità. Diversamente, in caso di mancanza di requisiti evidenti (ad esempio il debitore risulta imprenditore fallibile, oppure ha già fatto un altro piano da poco, oppure manca la relazione OCC), può dichiarare subito l’inammissibilità con decreto motivato. Se tutto è in regola, il tribunale fissa l’udienza di comparizione del debitore e dispone la comunicazione del ricorso e del piano a tutti i creditori (a cura dell’OCC o come da prassi locale). Inoltre, può adottare provvedimenti provvisori urgenti: ad esempio, può sospendere eventuali pignoramenti in corso sino alla decisione sull’omologa (la legge consente la sospensione inaudita altera parte delle esecuzioni pendenti). Da notare che dal deposito della domanda scattano comunque alcuni effetti protettivi “automatici”: il patrimonio del debitore viene “congelato” rispetto alla situazione fotografata nel piano (divieto di pagare creditori al di fuori del piano, divieto di azioni cautelari). I creditori chirografari non possono iniziare o proseguire pignoramenti senza autorizzazione del giudice, pena inefficacia.

Udienza di omologazione: Diversamente dall’accordo, nel piano del consumatore non si tiene un’adunanza per il voto dei creditori (non è previsto il voto). Si fissa però un’udienza in cui i creditori hanno diritto di comparire o inviare eventuali osservazioni scritte (contestazioni sul piano). All’udienza il giudice verifica la presenza dei requisiti sostanziali: fattibilità del piano (capacità del debitore di adempiere quanto promesso), convenienza per i creditori (nessuno deve essere danneggiato rispetto alla liquidazione) e meritevolezza del debitore. Se non emergono opposizioni rilevanti o motivi ostativi, il tribunale procede all’omologazione con decreto motivato. In caso contrario (es. opposizione di un creditore su convenienza, o rilievo di documentazione mancante o malafede), il giudice può rigettare l’omologazione. Le contestazioni più frequenti riguardano la meritevolezza: ad esempio, un creditore potrebbe eccepire che il debitore ha dissipato denaro in spese voluttuarie; oppure la convenienza: un creditore ipotecario potrebbe sostenere che vendendo la casa otterrebbe più di quanto previsto dal piano, ecc. Il giudice decide valutando anche la relazione OCC come perito terzo. Se ritiene che il debitore abbia colpa grave, respinge il piano. Altrimenti, omologa e il decreto viene comunicato a tutte le parti. Dal momento dell’omologa, il piano diventa giuridicamente vincolante per tutti i creditori anteriori, compresi quelli eventualmente dissenzienti o che non hanno partecipato. È importante evidenziare che il decreto di omologazione produce effetti immediati: sospende e sostituisce le obbligazioni originarie con quelle nuove previste dal piano. Ad esempio, se un creditore doveva ricevere 100 prima, e il piano omologato ne prevede 50 in 5 anni, quell’obbligazione viene novata dal decreto.

Esecuzione del piano: A seguito dell’omologa, il debitore deve dare puntuale attuazione al piano sotto la vigilanza dell’OCC (il quale spesso assume le funzioni di gestore/controllore dell’esecuzione). In alcuni casi, l’OCC può anche essere nominato liquidatore di eventuali beni da vendere previsti nel piano. Il consumatore effettuerà i pagamenti secondo il calendario stabilito (es. versamento mensile di una certa somma che l’OCC poi distribuisce ai creditori). I creditori non possono intraprendere o proseguire azioni esecutive individuali: devono attenersi al piano omologato. Se sorgono difficoltà nell’esecuzione, il debitore può chiedere al giudice modifiche o integrazioni del piano, ma solo per giustificati motivi e prima che l’esecuzione sia conclusa (ad esempio, se perde il lavoro durante il piano, potrebbe chiedere una sospensione temporanea delle rate).

Chiusura e esdebitazione: Quando il piano è stato completamente eseguito – cioè il debitore ha pagato tutto ciò che era previsto pagasse – la procedura si chiude positivamente e tutti i debiti residui sono definitivamente cancellati. In realtà, nel piano del consumatore l’effetto esdebitativo discende già dall’omologazione stessa: se il debitore adempie integralmente, i creditori non hanno più nulla a pretendere oltre quanto ricevuto, e per legge non possono agire per eventuali parti condonate. Non è necessaria un’ulteriore pronuncia di esdebitazione (a differenza della liquidazione, dove vi è un decreto finale). È comunque prassi che l’OCC presenti un rapporto finale al giudice attestando l’avvenuto adempimento e il tribunale emetta un decreto di chiusura della procedura, prendendo atto che il debitore ha adempiuto e dunque è esdebitato. Da quel momento, i debiti oggetto del piano (per la parte rimasta impagata) diventano inesigibili per sempre. In caso di morte del debitore durante il piano, gli eredi possono proseguirne l’esecuzione se interessa, altrimenti si estingue (ma gli eredi che non accettano l’eredità non sono responsabili dei debiti). Se il piano era assicurato (talvolta per rischio vita es. con polizza), l’assicurazione potrebbe coprire le rate residue.

Revoca e cessazione degli effetti: Qualora dopo l’omologazione emerga che il debitore ha dolosamente o con colpa grave violato i doveri verso i creditori (ad es. ha occultato l’esistenza di un bene rilevante, o ha fornito documentazione falsa), il tribunale – su istanza dei creditori o anche d’ufficio – può revocare l’omologazione (art.73 CCII). La revoca ha effetto retroattivo: fa venir meno tutte le protezioni e i creditori riacquistano i loro diritti per intero (possono agire in via esecutiva come se il piano non ci fosse mai stato). Anche l’inadempimento del piano può portare alla sua cessazione: se il debitore non rispetta le obbligazioni assunte (ad es. omette diverse rate, o non aliena un bene come promesso), su segnalazione dell’OCC o dei creditori il giudice dichiara la risoluzione del piano. A quel punto, il debitore perde il beneficio dell’esdebitazione e i creditori potranno agire sui beni che nel frattempo possiede per recuperare i crediti residui (dedotto quanto incassato). In tal caso il debitore potrebbe, come extrema ratio, chiedere l’apertura di una liquidazione controllata per cercare comunque l’esdebitazione tramite liquidazione (spesso il CCII consente questo passaggio: art.73, c.4 prevede la conversione in liquidazione su richiesta entro 15 giorni dalla risoluzione).

Durata della procedura: Il processo di omologazione di un piano del consumatore può durare in media da 3 a 6 mesi (a seconda del carico di lavoro del tribunale e della complessità del caso). Talvolta, con intoppi (es. opposizioni) può richiedere fino a un anno. L’esecuzione del piano poi può protrarsi per il tempo previsto nello stesso: molti piani hanno durata 5 anni, ma potrebbero essere più brevi (2-3 anni) o più lunghi se i creditori accettassero (talora si vedono piani fino a 7 anni, ma oltre risulta gravoso). La legge non fissa un limite rigido di durata del piano, tuttavia la prassi considera 4-5 anni un orizzonte ragionevole (allineato tra l’altro al periodo di sorveglianza della procedura liquidatoria). Il costo della procedura per il debitore consiste principalmente nel compenso dell’OCC/gestore (stabilito dal giudice a fine procedura, proporzionale all’attivo e all’attività svolta) e nelle eventuali spese legali se si avvale di un avvocato (non è obbligatorio avere un difensore, ma è altamente consigliato). Vi è inoltre da versare il contributo unificato ridotto (attualmente €98) all’atto del deposito del ricorso. Spesso il pagamento del compenso OCC è previsto come prededuzione all’interno del piano stesso (quindi l’OCC viene soddisfatto prima dei creditori chirografari, magari con un acconto iniziale e saldo a fine piano). In caso di procedura familiare con piano del consumatore congiunto, il compenso OCC viene ripartito tra i membri in proporzione ai rispettivi attivi.

4.3 Vantaggi e svantaggi del Piano del Consumatore

Vantaggi: Il piano del consumatore presenta notevoli vantaggi per il debitore persona fisica: (a) Non richiede l’accordo dei creditori – il che è decisivo quando si hanno molti creditori o alcuni ostili: è sufficiente convincere il tribunale della bontà della proposta, senza dover ottenere voti; (b) Permette un’ampia personalizzazione della soluzione – il debitore può proporre pagamenti parziali e dilazionati su misura delle sue possibilità, preservando eventualmente beni essenziali (es. l’abitazione principale può essere mantenuta pagando i creditori ipotecari come da piano, evitando l’asta); (c) Offre protezione immediata – dal momento del deposito, il debitore è protetto da nuove azioni esecutive e i pignoramenti in corso possono essere sospesi, dando respiro; (d) Garantisce la cancellazione dei debiti residui a fine piano – se il debitore adempie quanto promesso (anche solo il 20-30% del totale ad esempio), il resto viene definitivamente cancellato; (e) È relativamente rapido nell’omologazione e meno stigmatizzante rispetto a un fallimento – il debitore rimane in possesso dei suoi beni (sotto controllo OCC) e non viene dichiarato fallito pubblicamente; inoltre non subisce le incapacità personali previste dalla legge fallimentare (può mantenere cariche, ecc.).

Dal lato dei creditori, pur non potendo votare, il piano del consumatore garantisce comunque un controllo di legalità e convenienza da parte del giudice e dell’OCC. Inoltre i creditori ottengono spesso più di quanto riuscirebbero a recuperare con azioni esecutive frammentarie o con la liquidazione (dove magari il debitore, sentendosi oppresso, potrebbe smettere di produrre reddito). Il piano consente invece di valorizzare il contributo futuro del debitore (es. versamenti mensili dal suo stipendio per alcuni anni) che altrimenti andrebbe perso.

Svantaggi e limiti: I principali limiti del piano del consumatore sono: (a) È riservato – non disponibile per chi ha debiti da attività di impresa in corso, quindi meno flessibile in situazioni “ibride”; (b) Meritevolezza stringente – se c’è qualche ombra sulla condotta del debitore, il rischio di rigetto è alto; inoltre procedure passate o errori grossolani possono precludere l’accesso; (c) Nessun confronto preventivo coi creditori – il che è un’arma a doppio taglio: se da un lato evita il veto di creditori ostili, dall’altro il debitore non negozia sconti consensuali; deve proporre quel che ritiene equo, ma se un creditore ha ragioni forti (es. contesta un importo, vanta pegni su beni non considerati) può fare opposizione e rallentare o bloccare l’omologa; (d) Obbligo di pagamento puntuale – una volta omologato, il piano va rispettato rigorosamente: pochi margini per ritardi o modifiche (salvo eventi eccezionali); l’inadempimento comporta la risoluzione e la fine delle protezioni, quindi il debitore deve essere sicuro di poter sostenere l’impegno finanziario assunto; (e) Non adatto se patrimonio significativo – se il consumatore possiede un patrimonio rilevante (es. immobili, partecipazioni) e i debiti sono molto superiori al reddito, il piano potrebbe non essere conveniente per i creditori rispetto a una liquidazione; in tali casi il tribunale potrebbe non omologare per difetto di convenienza (specie se i creditori privilegiati avrebbero interesse a escutere i beni). In alcuni casi, quindi, un debitore con molti beni preferisce direttamente la liquidazione controllata (per “svuotare il sacco” e ripartire subito). Il piano è invece ideale per chi ha molti debiti e poche risorse, ma comunque un flusso di reddito regolare sufficiente a offrire un rimborso parziale ragionevole.

Giurisprudenza rilevante: Numerose pronunce, specie della Corte di Cassazione, hanno delineato l’ambito del piano del consumatore. Tra le più significative: la Cass. civ. Sez. I, 31/01/2022 n. 280/2022 (ord.) ha ribadito che il giudice, nel valutare la meritevolezza, deve tener conto anche dell’eventuale violazione del merito creditizio da parte delle finanziarie che hanno concesso prestiti al consumatore sovraindebitato; di converso, Cass. Sez. I 27/07/2023 n.22890 ha sottolineato che la “colpa” del consumatore non può essere esclusa solo perché le banche lo hanno indebitato facilmente, richiamando l’idea che la meritevolezza non va “diluita” eccessivamente. Sulle modalità di pagamento dei creditori privilegiati, la Cass. Sez. I 05/05/2023 n.12311 ha confermato la possibilità della moratoria biennale del pagamento dei crediti muniti di ipoteca ex art.8, c.4-ter L.3/2012 (oggi art.68 CCII), anche contro il dissenso del creditore ipotecario, purché la moratoria non lo pregiudichi. In tema di contenuto del piano, si segnala l’orientamento per cui il piano del consumatore può contemplare la soddisfazione anche nulla di qualche credito chirografario, se ciò è l’unico modo per garantire la fattibilità generale (es. Cass. 23/06/2021 n.17834 – ammesso piano con stralcio totale di un creditore chirografo marginale, in quanto la legge non impone il pagamento minimo a tutti purché il trattamento sia omogeneo entro le cause di prelazione). Inoltre, la Cassazione ha chiarito che il decreto di omologa del piano ha natura concorsuale e incide sui rapporti obbligatori in maniera definitiva, per cui eventuali contestazioni sul merito del credito (importo, titolo) vanno sollevate in quella sede oppure si considerano precluse (in pratica, il creditore che non si oppone al piano omologato perde la possibilità di contestare successivamente il suo credito nei confronti del debitore esdebitato).

5. Accordo di Ristrutturazione dei Debiti (Concordato Minore)

L’accordo di ristrutturazione dei debiti – oggi inserito nel CCII come concordato minore (artt.74-80) – è la procedura di composizione negoziale rivolta ai debitori sovraindebitati non consumatori. Si tratta dell’evoluzione del vecchio “accordo con i creditori” ex L.3/2012, con l’obiettivo di consentire al debitore di definire un piano di risanamento con il consenso della maggioranza dei creditori, sotto l’egida del tribunale. Questa procedura presenta analogie con il concordato preventivo (da cui il nome di concordato minore), ma è calibrata su soggetti di piccola dimensione, non fallibili. Può essere utilizzata, ad esempio, da un piccolo imprenditore, un artigiano, un professionista o un ente non profit che voglia evitare la liquidazione integrale e abbia prospettive di continuare l’attività (o di liquidarla in modo ordinato) con l’accordo della maggioranza dei creditori.

5.1 Presupposti e caratteristiche

Soggetti ammessi: possono proporre un accordo di ristrutturazione tutti i debitori in stato di sovraindebitamento esclusi i consumatori puri, cioè tipicamente: imprenditori minori (sotto soglia fallimento), imprenditori agricoli, professionisti, start-up innovative non fallibili, società di persone sotto soglia, associazioni, fondazioni, ecc. In realtà, la legge non vieta al consumatore di utilizzare l’accordo, ma normalmente il consumatore opta per il piano a lui dedicato (più vantaggioso in quanto privo di voto). Quindi, l’accordo di ristrutturazione è pensato soprattutto per chi ha debiti anche di natura commerciale o professionale. Importante: il debitore non deve essere soggetto a liquidazione giudiziale (fallimento). Se emergesse che è sopra soglia, il tribunale dichiarerebbe inammissibile la procedura (come visto nella sezione precedente). Se invece un debitore misto (es. imprenditore che ha anche debiti personali) vuole includere tutto, userà l’accordo/concordato minore come contenitore generale.

Stato di insolvenza o crisi: vale lo stesso concetto di sovraindebitamento inteso come impossibilità di adempiere regolarmente alle obbligazioni. Anche qui, non serve l’insolvenza conclamata (basta la crisi irreversibile), ma spesso si tratta di situazioni di insolvenza già manifesta per cui l’alternativa sarebbe la liquidazione controllata o, per imprese più grandi, il fallimento. L’accordo è quindi uno strumento di composizione negoziale della crisi.

Presupposto negoziale – consenso dei creditori: a differenza del piano del consumatore, qui il consenso dei creditori è determinante. Il debitore deve impostare una proposta che possa ottenere il voto favorevole di una certa percentuale di crediti. Nella vigenza della L.3/2012 era richiesto il 70% dei crediti chirografari per l’accordo semplice, poi ridotti al 60% con L.221/2012. Il CCII ha ulteriormente abbassato il quorum: oggi, sembra sufficiente la maggioranza semplice dei crediti (oltre il 50%) per approvare il concordato minore. L’art. 75 CCII infatti richiama le regole del concordato preventivo in quanto compatibili; il concordato preventivo prevede il quorum del 50% dei crediti ammessi al voto (o delle classi, se classi). Pertanto, interpretando in combinato, nel concordato minore si ritiene sufficiente il voto favorevole di creditori rappresentanti oltre la metà dei crediti chirografari ammessi al voto (esclusi i privilegiati se integralmente soddisfatti, ecc.). Questo abbassamento del quorum – introdotto anche in attuazione della direttiva UE – rende l’accordo più accessibile, specie quando vi sono creditori pubblici che spesso si astengono (l’astensione conta come voto contrario, quindi abbassare il quorum aiuta). In ogni caso, serve coinvolgere attivamente i creditori: l’accordo nasce dal dialogo con essi, almeno con quelli principali.

Meritevolezza e buona fede: nel concordato minore il Codice non menziona espressamente il requisito di meritevolezza come nel piano del consumatore. In teoria, quindi, anche un imprenditore che abbia avuto colpe nella gestione potrebbe presentare un accordo se i creditori sono comunque disponibili. Tuttavia, indirettamente la valutazione etica entra in gioco: i creditori stessi difficilmente voterebbero sì se ritengono il debitore disonesto; inoltre, il giudice, in sede di omologa, può rifiutare l’omologa se il debitore ha commesso atti in frode o violato obblighi informativi verso i creditori (art. 77 CCII prevede l’annullamento in tal caso). Quindi anche qui si richiede sostanzialmente correttezza, pur con standard meno formalizzati.

Contenuto dell’accordo (piano di concordato minore): l’accordo si sostanzia in un piano di ristrutturazione molto simile a quello del consumatore, con la differenza che dev’essere “appetibile” per ottenere il voto. Può prevedere qualsiasi forma di riorganizzazione del debito: dilazioni, stralci, conversione di crediti in quote/azioni (per imprese), mantenimento dell’impresa in esercizio (c.d. continuità aziendale) oppure liquidazione di parte dei beni. L’art.74 CCII consente anche qui classe di creditori (facoltative): il debitore può suddividere i creditori in classi omogenee per posizione giuridica ed interessi economici, formulando proposte differenziate. Ad esempio, può creare una classe di banche, una di fornitori, una di dipendenti, ecc., offrendo a ciascuna trattamento differente. Le classi devono rispettare la parità di trattamento al loro interno e almeno una classe deve accettare per procedere. Inoltre, il piano deve garantire ai creditori dissenzienti una soddisfazione non inferiore a quella ottenibile in una liquidazione (art. 80 CCII), analogamente al best-interest test già visto. Come nel piano del consumatore, i creditori privilegiati possono essere pagati meno del 100% purché almeno in misura pari al valore di realizzo delle garanzie. La grande differenza è che qui il debitore deve negoziare con i creditori chiave prima e durante la procedura per assicurarsi il quorum. Spesso, quindi, il piano viene anticipatamente discusso con le banche o i maggiori creditori: il debitore può raccogliere adesioni preventive (firme di assenso) o quanto meno intese di massima, in modo che al momento del voto formale si raggiunga la percentuale richiesta. Il CCII consente anche un accordo di ristrutturazione agevolato con consenso del 30% per alcuni debiti, ma riguarda casi particolari (sovraindebitamento semplificato di consumatori? Fu introdotto con D.L.137/2020 per un periodo). Nel concordato minore, come in ogni concordato, vige il principio della par condicio attenuata dalle classi: i chirografari possono essere falcidiati anche drasticamente, mentre i privilegiati tendenzialmente vanno soddisfatti sul valore del pegno/ipoteca.

Ruolo dell’OCC e relazione: anche nell’accordo, è obbligatorio l’intervento di un OCC (o professionista indipendente) che aiuta a redigere il piano e soprattutto attesta la fattibilità e veridicità dei dati. In questo caso, la relazione dell’OCC (art. 75 CCII richiamando art. 68 concordato preventivo) assume funzione di attestazione analoga a quella del professionista attestatore nel concordato preventivo. L’OCC certifica che i dati aziendali e patrimoniali del debitore sono corretti, che il piano è realizzabile e che i creditori riceveranno almeno quanto avrebbero in una liquidazione alternativa. Questa relazione è fondamentale per la credibilità della proposta e per l’omologa giudiziale.

Documentazione: il debitore deve produrre la stessa documentazione vista per il piano (elenchi creditori, inventario beni, atti ultimi 5 anni, redditi 3 anni, ecc.), integrata se del caso con bilanci se c’è un’attività d’impresa in forma societaria. Trasparenza totale è richiesta, pena inammissibilità.

5.2 Procedura di approvazione e omologazione

Presentazione della domanda: Il procedimento si avvia con il deposito di un ricorso al tribunale competente, analogo a quello del piano ma indicando che si tratta di proposta di accordo ex art. 74 CCII. Spesso si allegano già eventuali dichiarazioni di voto favorevole raccolte dai creditori più importanti (per dimostrare che il quorum è a portata). Il tribunale, verificata l’ammissibilità (soggettiva e documentale), fissa l’udienza dei creditori e dispone che la proposta e la relazione OCC siano comunicate ai creditori. Può inoltre nominare un gestore della crisi (spesso lo stesso OCC) che funge da commissario durante la procedura per supervisionare l’attività del debitore fino all’omologa.

Sospensione azioni esecutive: Anche qui il debitore può chiedere misure protettive: tipicamente la sospensione dei pignoramenti in corso fino all’omologa. Il giudice valuta e di solito concede la sospensione se il piano appare seriamente perseguibile, per evitare che azioni individuali lo frustrino. Dal deposito della domanda scatta comunque il divieto per i creditori di acquisire cause di prelazione (ipoteche giudiziali) e l’inibitoria di iniziare nuove esecuzioni (art. 54 CCII per concordato, applicabile in minore).

Adunanza dei creditori e voto: All’udienza fissata (o più spesso in via di procedure scritte, specie post-covid), i creditori sono chiamati a esprimere il proprio voto sulla proposta. Il voto può avvenire in adunanza fisica presieduta dal giudice o dal gestore OCC, oppure con modalità telematiche/scritte. Ogni creditore ammesso al voto ha un peso proporzionale al credito vantato. I privilegiati integralmente soddisfatti di solito non votano (non hanno interesse, essendo titolati ma non incisi). I privilegiati parzialmente soddisfatti votano per la parte in sofferenza (diventano chirografari per il residuo). Se ci sono classi, la maggioranza richiesta si computa di regola globalmente, ma è buona norma ottenere l’approvazione in ciascuna classe significativa per evitare contestazioni di trattamento deteriore. Durante questa fase, il debitore può modificare leggermente la proposta per convincere più creditori, purché non alteri i diritti di chi ha già votato favorevolmente senza il loro consenso. Ad esempio, può alzare la percentuale offerta ad una categoria se ciò non toglie nulla agli altri. Frequentemente, si svolgono trattative fino all’ultimo momento prima del voto: molti creditori, specie banche, valutano la convenienza (ad esempio incassare un 40% in 5 anni versus rischiare la liquidazione dove prenderebbero forse 20% subito). L’OCC/gestore funge anche da mediatore in questa fase, spiegando ai creditori la convenienza del piano. Se si raggiunge il quorum di legge (ad es. 51% dei crediti totali favorevoli), la proposta si considera approvata. Il gestore redige un verbale con l’esito delle votazioni.

Omologazione del tribunale: Ottenuto il voto favorevole richiesto, il debitore chiede al tribunale di omologare l’accordo. Il tribunale verifica formalmente l’esito delle votazioni e sostanzialmente la legalità e fattibilità del piano. In particolare, l’art. 80 CCII impone di verificare che i creditori dissenzienti non subiscano un trattamento deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria (principio di convenienza). Se, ad esempio, un creditore ha votato contro sostenendo che in liquidazione avrebbe preso di più, il giudice valuta i numeri: se ritiene invece che la proposta è più vantaggiosa o equa, può cramdown il dissenziente omologando comunque l’accordo. Esiste quindi una sorta di cram-down giudiziale per il concordato minore: il tribunale può omologare anche senza unanimità, se il quorum è raggiunto e ritiene il piano equo globalmente. Diverso è il caso di opposizioni formali: i creditori che hanno votato contro (o non hanno votato) possono proporre opposizione all’omologa entro 20 giorni dall’approvazione, sollevando questioni di regolarità o convenienza. Il tribunale le esamina in contraddittorio (in udienza) e decide se respingerle o meno. I motivi tipici di opposizione possono essere: contestazione sul calcolo del quorum (es. esclusione di qualche credito dal computo), dedotta mancanza di completezza informativa (il debitore avrebbe nascosto qualcosa), disparità di trattamento non giustificata, o violazione di norme (es. un creditore lamenta di essere trattato peggio di altri senza motivo). Se il tribunale ritiene fondato un motivo, può negare l’omologa. Più frequentemente, se il quorum c’è e il piano rispetta i requisiti, le opposizioni vengono rigettate e si procede all’omologa. L’omologa avviene con decreto del tribunale, reclamabile in Corte d’Appello. Col decreto di omologa, l’accordo diviene efficace e vincolante per tutti i creditori anteriori, anche per chi non ha aderito o ha votato contro. I creditori vengono soddisfatti nelle modalità e tempi previsti dal piano omologato e non possono agire altrimenti. Eventuali ipoteche o pegni vengono trattati come da piano (se è previsto che restino, restano; se è prevista la vendita del bene ipotecato, il creditore riceverà il ricavato come indicato).

Esecuzione dell’accordo: Dopo l’omologazione, si entra nella fase esecutiva. Il tribunale generalmente nomina lo stesso gestore OCC come commissario/controllore dell’esecuzione (se non già previsto). Il debitore può riprendere la gestione ordinaria della sua attività (se era in esercizio) e dà seguito agli atti previsti nel piano: ad esempio, paga le rate ai creditori, vende eventuali cespiti, versa agli accantonamenti concordati. I creditori presentano le proprie istanze di ammissione al passivo? (No, nell’accordo non c’è stato formale accertamento del passivo con domande: l’elenco creditori predisposto dal debitore e non contestato funge da stato passivo di riferimento, salvo eventuali insinuazioni tardive di crediti sfuggiti, ma è raro). Il commissario periodicamente relaziona il tribunale sull’andamento. I creditori ottengono i pagamenti come da piano (spesso l’OCC li distribuisce). Il debitore in concordato minore può anche contrarre, se autorizzato, nuovi finanziamenti prededucibili per eseguire il piano (es. un prestito ponte per pagare creditori stralciati subito, da rimborsare poi).

Chiusura e effetti finali: Una volta eseguiti tutti gli atti previsti e pagate le quote concordate, il commissario riferisce al tribunale che l’accordo è adempiuto. Il tribunale emette allora un decreto di chiusura della procedura, constatando che il concordato minore si è regolarmente concluso. Da quel momento, il debitore è libero dai vincoli residui: i creditori chirografari che hanno ricevuto una percentuale concordataria non possono pretendere oltre, e quelli privilegiati eventualmente soddisfatti parzialmente per il residuo chirografo rimangono anch’essi senza ulteriori pretese (godono dell’esdebitazione implicita nell’esecuzione del concordato, analoga a quella del concordato preventivo nelle imprese). In sostanza, i debiti anteriori si considerano estinti secondo i termini dell’accordo. Se invece il debitore non adempie integralmente il piano, può sopravvenire la risoluzione del concordato minore: su istanza dei creditori insoddisfatti o d’ufficio, il tribunale dichiara risolto l’accordo (art. 81 CCII richiama l’art. 118 LF conc. prev.). La risoluzione fa rivivere i debiti originari dedotto quanto eventualmente pagato sul piano. In caso di risoluzione, il debitore di solito non ha altre vie che la liquidazione controllata (che può richiedere contestualmente). Inoltre, se si scoprono attin in frode o irregolarità gravi del debitore, l’accordo può essere annullato (art. 81 CCII richiama art. 120 LF). Annullo e risoluzione privano il debitore del beneficio e riaprono ai creditori le azioni esecutive individuali.

Tempistiche e costi: La procedura di concordato minore dall’istanza all’omologa può durare un po’ di più del piano del consumatore, data la fase di voto: indicativamente 6-12 mesi (dipende anche dal tempo dato ai creditori per esprimersi e dall’eventuale necessità di classi). L’esecuzione poi varia: alcuni accordi prevedono pagamenti in un paio d’anni, altri piani più lunghi (anche 5 anni o oltre). Si tende comunque a stare entro 3-5 anni perché altrimenti il rischio di mutamenti e inadempimenti cresce. I costi comprendono: compenso OCC (in genere più elevato se l’attività è complessa, vi può essere una percentuale sull’attivo venduto o somme distribuite), eventuali compensi di professionisti coinvolti (per es. valutazioni, perizie nel piano) e spese legali. Anche qui il contributo unificato iniziale è €98. I costi vengono normalmente pagati in prededuzione come parte del piano (i creditori concordano che prima siano saldate le spese di procedura, poi incassano loro). Se c’è continuità aziendale e l’impresa prosegue durante il piano, possono essere previsti in prededuzione anche i nuovi crediti sorti per la continuità (es. fornitori essenziali pagati con preferenza).

5.3 Vantaggi e svantaggi dell’Accordo (Concordato minore)

Vantaggi per il debitore: (a) Inclusione di attività d’impresa – è la procedura adatta per chi vuole salvare o liquidare ordinatamente una piccola impresa senza passare dal fallimento; consente di mantenere la continuità aziendale, salvaguardare posti di lavoro e valore d’impresa (un vantaggio rispetto alla liquidazione immediata); (b) Flessibilità contrattuale – il debitore può negoziare direttamente con i creditori chiave prima dell’omologa, offrendo accordi calibrati (es. scambi beni contro riduzione debito, pagamento di una percentuale maggiore ai fornitori strategici per continuare rapporti commerciali, ecc.); (c) Possibilità di cram-down – se la maggioranza approva, il debitore può imporre l’accordo anche ai creditori dissenzienti, a condizione di rispettare la loro convenienza minima: questo evita ricatti da parte di minoranze ostili e crea un meccanismo di “presa collettiva di responsabilità” da parte dei creditori (la maggioranza decide sapendo che sarà vincolante); (d) Protezione dalle azioni esecutive – come nel piano, vi è la sospensione dei pignoramenti una volta avviata la procedura e soprattutto dopo l’omologa gli atti esecutivi individuali sono vietati: i creditori dovranno rispettare l’accordo; (e) Concordato preventivo in miniatura – il concordato minore non comporta per il debitore le pesanti preclusioni di un fallimento, anzi se in continuità può conservare l’amministrazione (sotto vigilanza OCC) e dopo l’esecuzione dell’accordo è esdebitato dai debiti residui (cosa che nel concordato preventivo delle grandi imprese invece non è espressamente prevista come “esdebitazione”, ma nella pratica l’effetto liberatorio c’è ugualmente per differenza). Inoltre, il debitore non perde la capacità di contrattare (salvo atti straordinari soggetti ad autorizzazione) e se persona fisica non subisce incapacità personali civili (divieto di ricoprire cariche ecc., previsti solo per il fallimento).

Dal lato dei creditori, l’accordo offre il vantaggio di una soluzione ordinata e potenzialmente più vantaggiosa rispetto alla liquidazione: spesso i creditori accettano una percentuale perché capiscono che “è meglio incassare il X% piuttosto che rischiare zero con la chiusura dell’attività del debitore”. Inoltre, si evitano le lungaggini e i costi di una procedura di fallimento giudiziale, arrivando a una definizione più rapida e consensuale. Per i creditori privilegiati, se l’attività prosegue possono mantenere le loro garanzie su beni non liquidati, o comunque contare su un realizzo concordato spesso più efficiente di un’asta forzata.

Svantaggi e rischi: (a) Necessità di consenso – il più evidente svantaggio è che senza sufficiente accordo tra i creditori l’operazione fallisce: il debitore deve investire tempo ed energie per convincere la maggioranza e potrebbe comunque non riuscire se alcuni grandi creditori si oppongono irriducibilmente; (b) Complessità maggiore – rispetto al piano del consumatore, l’iter è più complesso: bisogna tenere un’adunanza, calcolare quorum, gestire possibili opposizioni legali; ciò rende la procedura più costosa (in genere servono consulenti esperti, OCC, ecc.) e a volte più lenta; (c) Attività sotto controllo – sebbene il debitore possa restare in possesso, il tribunale può anche nominare un ausiliario o limitare alcuni poteri durante la procedura (ad es. per atti straordinari serve autorizzazione); se la fiducia viene meno, i creditori possono chiedere misure cautelari; (d) Vincoli di rispetto rigoroso del piano – una volta omologato, il mancato rispetto anche di una parte può far precipitare la situazione in liquidazione su richiesta dei creditori: quindi il margine di errore è ridotto, occorre una pianificazione attenta e prudente; (e) Non cancella tutti i debiti particolari – come per il piano, alcuni debiti (es. fiscali, contributivi) potrebbero richiedere l’adesione specifica dell’ente se la legge non consente il cram-down su di essi (anche se con la direttiva UE oggi si tende a permetterlo in molti casi); alcune tipologie (multe, alimenti) restano fuori o da pagare integralmente. In aggiunta, se l’attività non è più viable, spesso i creditori preferiranno la liquidazione: l’accordo non può essere usato per rinviare l’inevitabile se non c’è una prospettiva di risanamento almeno parziale.

Giurisprudenza rilevante: Sul concordato minore, essendo di recente introduzione, la giurisprudenza inizia a formarsi. Vale molta della giurisprudenza sul previgente accordo ex L.3/2012: ad esempio, la Cass. civ. Sez. I, 14/02/2023 n.4613 ha confermato un principio di continuità tra vecchio e nuovo regime, statuendo che un accordo L.3/2012 omologato dal tribunale e non opposto dai creditori non può essere rimesso in discussione in Cassazione per motivi di merito sulla convenienza (in quell’occasione la Cassazione rigettò il ricorso di creditori che contestavano l’omologa, ribadendo che spetta al giudice di merito valutare convenienza e meritevolezza, non sindacabile in sede di legittimità). La Cass. 07/07/2023 n.22699 ha affrontato la definizione di consumatore in ambito sovraindebitamento, rilevando che un socio illimitatamente responsabile di SNC può essere consumatore per i debiti estranei all’attività sociale (questo impatta perché se anche un solo socio non è consumatore i coniugi devono fare concordato minore invece del piano). In merito al quorum, segnaliamo che il Tribunale di Napoli 2022 (in applicazione del CCII) ha ritenuto che la maggioranza semplice fosse sufficiente e ha omologato un concordato minore con circa il 55% di consensi, rigettando l’opposizione di un creditore dissenziente. Quanto al cram-down fiscale, la Cassazione SS.UU. n.8500/2021 (ancorché su concordato preventivo) ha aperto la strada all’omologazione forzata anche senza adesione formale dell’Erario se la proposta rispetta determinati criteri di convenienza. Tale principio, applicabile mutatis mutandis al concordato minore, è stato poi recepito in legge (DL 118/2021 conv. L.147/2021) che consente il cram-down sui crediti erariali e previdenziali qualora la proposta di soddisfazione non sia inferiore al miglior realizzo possibile. Pertanto, i tribunali dal 2022 in poi hanno iniziato ad omologare concordati minori anche con voto contrario (o mancata espressione di voto) dell’Agenzia Entrate Riscossione, purché la quota offerta fosse pari o superiore a quanto il Fisco otterrebbe in una liquidazione. Ad esempio, Trib. Milano 10/11/2022 ha omologato un accordo nonostante il silenzio del Fisco, in forza dell’art. 12 comma 3-ter L.3/2012 introdotto nel 2021, ritenendo soddisfatta la condizione del pagamento almeno pari al valore di mercato dei beni su cui insistevano i crediti erariali.

6. Liquidazione Controllata del Sovraindebitato

La liquidazione controllata (degli artt.268-277 CCII) è la procedura concorsuale che conduce alla vendita di tutto il patrimonio del debitore sovraindebitato e alla distribuzione del ricavato ai creditori, con successiva esdebitazione. È, di fatto, l’equivalente di un fallimento personale o piccolo fallimento, applicabile a qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore minore) in alternativa alle soluzioni di ristrutturazione. Rappresenta la soluzione quando non sia possibile (o conveniente) predisporre un piano/accordo, oppure quando questi siano falliti. La filosofia è: si liquidano i beni disponibili in modo controllato e ordinato, e in cambio il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione dei debiti non soddisfatti. La liquidazione controllata discende direttamente dalla vecchia “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012, ma con alcune novità rilevanti: in primis, può essere richiesta anche dai creditori e non solo dal debitore; inoltre, il CCII fissa tempi massimi per la chiusura e automatizza l’esdebitazione finale.

6.1 Presupposti di ammissione

Soggetti: qualunque debitore sovraindebitato (persona fisica o giuridica non fallibile) può accedere (o essere assoggettato) alla liquidazione controllata dei propri beni. Non vi sono distinzioni tra consumatori o altri: tutti possono finire in liquidazione. Anzi, se un consumatore non è “meritevole” per il piano, la legge prevede come sbocco naturale proprio la liquidazione (il decreto di rigetto dell’omologa del piano può contestualmente aprire la liquidazione se il debitore lo ha richiesto in via subordinata). Non è richiesto il consenso dei creditori: la liquidazione può essere aperta su istanza del debitore stesso oppure su iniziativa di un creditore o di un Pubblico Ministero (quest’ultimo limitatamente a debitori imprenditori per cui sussiste interesse pubblico). Questa è una differenza cruciale rispetto alla L.3/2012, ove i creditori non potevano forzare la liquidazione del debitore non fallibile. Ora, con art.268 CCII, anche i creditori possono fare istanza di liquidazione, il che ha “universalizzato” la procedura concorsuale: nessuno è più totalmente al riparo da procedure concorsuali, nemmeno i privati cittadini. Ovviamente, il creditore dovrà provare lo stato di insolvenza e la non fallibilità del debitore. Tipicamente, vi ricorrono creditori maggiori quando vedono che il debitore ha più debiti e pignoramenti infruttuosi: preferiscono un’unica procedura concorsuale. Il debitore può sempre presentare ricorso per liquidazione spontanea, sia come procedura iniziale (se sa di non poter offrire alcun piano sostenibile) sia in corso d’opera (ad es. se l’accordo fallisce, come “ultima spiaggia”).

Stato di insolvenza: per l’apertura della liquidazione si richiede che il debitore sia in stato di insolvenza conclamata (incapacità di soddisfare regolarmente le obbligazioni). La norma (art.268 CCII) parla di debitore “in stato di sovraindebitamento”. In caso di istanza del creditore, il tribunale accerta la sussistenza dell’insolvenza con istruttoria sommaria (simile all’istruttoria prefallimentare). In caso di ricorso del debitore, è sufficiente la sua autodichiarazione, purché corredata dai documenti che provano debiti scaduti non pagati ecc. Resta esclusa la liquidazione se il debito complessivo verso i creditori è modesto e il patrimonio sufficiente (in tal caso non c’è insolvenza vera e propria, il debitore potrebbe provvedere).

Condizioni soggettive: Non serve alcun requisito di meritevolezza per aprire la liquidazione – la procedura è neutra, accessibile anche a debitori non meritevoli. Tuttavia, per ottenere poi l’esdebitazione finale, la meritevolezza inciderà (l’art.280 CCII esclude l’esdebitazione se il debitore ha commesso atti in frode, ecc.). Ma ai fini di aprire la procedura, anche un debitore con colpe può esservi sottoposto (è anzi nell’interesse dei creditori). È preclusa l’apertura solo se il debitore ha già usufruito di un’esdebitazione nei 5 anni precedenti o ha riportato condanne per bancarotta, ecc. (come cause ostative all’esdebitazione).

Patrimonio liquidabile: Oggetto della liquidazione sono tutti i beni e i diritti di proprietà del debitore al momento dell’apertura, con alcune eccezioni: i beni dichiarati impignorabili per legge (es. stipendio nei limiti di sopravvivenza, beni di stretta necessità personale e familiare, redditi di carattere alimentare, ecc.) non vengono toccati. Inoltre, l’art.268 co.4 lett. b CCII prevede che il debitore persona fisica possa trattenere una parte dei suoi redditi necessaria al mantenimento suo e della famiglia, secondo valutazione del giudice. Dunque, ad es., se ha uno stipendio mensile, verrà decurtato solo della parte eccedente il minimo vitale stabilito (spesso si usa come riferimento il minimo INPS o similare). Sono esclusi anche i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento a suo favore (es. se il debitore percepisce un assegno di mantenimento dall’ex coniuge, quello non rientra tra i beni liquidabili). Tutto il resto confluisce nella massa attiva della liquidazione. Vi confluiscono anche i beni che il debitore dovesse acquisire durante la procedura fino alla chiusura, ma con un limite: i redditi da lavoro generati in tale periodo solo per la parte eccedente ciò che serve al mantenimento, e i beni acquistati per successione o donazione durante la procedura. Il CCII chiarisce (art.270) che se sopravviene un aumento patrimoniale durante i 3 anni di liquidazione, esso è in parte preso dal liquidatore per i creditori (se eredità, anche integralmente, salvo legati alimentari). I beni e crediti già pignorati da singoli creditori prima dell’apertura rientrano anch’essi nella massa (si bloccano le esecuzioni individuali e confluiscono).

Iniziativa e domanda: come detto, la liquidazione può essere iniziata su ricorso del debitore, su ricorso di uno o più creditori o su istanza del Pubblico Ministero (in caso di imprenditore minore insolvente). Il ricorso del debitore viene spesso presentato con l’ausilio di un OCC, ma può anche farlo personalmente se privo di beni complessi (anche se è auspicabile farsi assistere). L’art.268 CCII richiede che il debitore depositi la documentazione simile a quella delle altre procedure (elenchi creditori, inventario beni, relazioni, ecc.) oppure, se ne è sprovvisto, almeno fornisca informazioni sufficienti. Se l’istanza è del creditore, dovrà allegare prove dell’insolvenza (es. mancati pagamenti, diffide rimaste inevase, pignoramenti infruttuosi) e indicare sommariamente i beni noti del debitore. Il tribunale valuta ammissibilità e, in caso di ricorso creditore, convoca il debitore per sentirlo (ha il diritto di difendersi e magari proporre un accordo in extremis).

6.2 Svolgimento della procedura

Apertura della liquidazione: Accertati i presupposti, il tribunale emette un decreto di apertura della liquidazione controllata. Con esso: (a) nomina un Liquidatore (può essere l’OCC già designato o altro professionista iscritto negli elenchi ministeriali); (b) ordina al debitore di consegnare entro un termine tutti i beni e documenti al liquidatore; (c) stabilisce le eventuali somme da riservare per il mantenimento del debitore (quello che il debitore può trattenere su redditi correnti); (d) fissa le scadenze procedurali principali: il termine entro cui i creditori devono presentare le domande di insinuazione al passivo e la data di udienza per l’esame dello stato passivo. Il decreto di apertura è comunicato a tutti i creditori conosciuti e pubblicato. Da quel momento, cessa la disponibilità dei beni in capo al debitore: il patrimonio diventa massa attiva concorsuale gestita dal liquidatore, analogamente a un fallimento. Il debitore perde la facoltà di amministrare e disporre dei beni compresi nella liquidazione (non però dei sopravvenienti futuri dopo la chiusura). Le eventuali azioni esecutive individuali pendenti sono sospese e sostituite dalla procedura concorsuale: i creditori devono far valere le proprie ragioni solo presentando domanda al liquidatore. Nota: se uno dei membri di una famiglia è in liquidazione controllata e un altro è incapiente, l’art.66 consente comunque la procedura familiare coordinata (vedi sopra). In ogni caso, con l’apertura la competenza a tutte le cause relative a crediti e beni del debitore passa al Tribunale fallimentare.

Accertamento del passivo: Entro il termine (generalmente 30-60 giorni dalla comunicazione), i creditori devono presentare al liquidatore domanda di insinuazione allo stato passivo, indicando l’importo del credito, eventuali titoli di prelazione e allegando documentazione probante. Il liquidatore redige lo stato passivo (l’elenco dei crediti ammessi, con eventuali esclusioni o contestazioni) e deposita il progetto in tribunale. All’udienza fissata, il giudice (di solito il giudice delegato nominato nel decreto di apertura) esamina le eventuali opposizioni dei creditori esclusi o ammessi parzialmente. Quindi, forma lo stato passivo definitivo con decreto. Questo procedimento ricalca in sostanza l’accertamento del passivo fallimentare. I creditori tardivi possono insinuarsi successivamente, ma se arrivano oltre un certo termine avranno rango postergato nelle ripartizioni già effettuate.

Liquidazione dell’attivo: Il liquidatore, una volta individuati i beni e formato l’inventario, procede a realizzare l’attivo. Vende i beni mobili e immobili tramite procedure competitive (aste o trattative competitive), riscuote eventuali crediti del debitore, subentra in cause pendenti (può esercitare o resistere in azioni giudiziarie in rappresentanza del debitore). Può proseguire l’eventuale impresa del debitore se ritenuto conveniente, ma di solito l’attività cessa salvo ipotesi di affitto d’azienda temporaneo per meglio vendere. Il liquidatore agisce sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori (se nominato, è facoltativo nelle liquidazioni piccole). Le vendite dei beni avvengono in base al programma di liquidazione approvato dal giudice (il liquidatore presenta un programma entro 60 giorni). Il ricavato confluisce in un conto della procedura, gestito dal liquidatore.

Ripartizione e pagamento dei creditori: Periodicamente, il liquidatore predispone piani di riparto delle somme realizzate: soddisfa prima le spese prededucibili (compensi del liquidatore, OCC, spese di giustizia, ecc.), poi i creditori privilegiati secondo l’ordine dei privilegi (ciascuno entro il valore del bene su cui ha prelazione) e infine i creditori chirografari in base alla percentuale disponibile. Se l’attivo è molto inferiore al passivo, i chirografari possono ricevere solo un dividendo esiguo o nulla. Vengono effettuati riparti parziali man mano che si incassano fondi significativi e, a fine procedura, un riparto finale.

Chiusura della procedura: Quando tutti i beni sono stati liquidati o comunque esaurite le azioni (ad es. l’attivo è insufficiente per proseguire spese), il liquidatore presenta il conto finale e un piano di riparto finale. Il tribunale emette il decreto di chiusura della liquidazione. Idealmente, ciò dovrebbe avvenire entro il termine di 3 anni dall’apertura (il CCII prevede questa durata massima salvo proroghe eccezionali, per accelerare il fresh start). In pratica, però, se ci sono cause pendenti la procedura può protrarsi (il codice permette 2 anni aggiuntivi per l’attivo sopravvenuto, ma tendenzialmente vuole chiudere tutto in 3 anni per beni noti). Con la chiusura, cessa lo spossessamento del debitore sui beni eventualmente rimasti non liquidati (se ve ne sono, tornano in suo dominio, salvo che siano beni di valore trascurabile o gravati che non si è riusciti a vendere).

Esdebitazione finale: Una delle innovazioni maggiori del Codice è che l’esdebitazione del debitore persona fisica segue automaticamente alla chiusura della liquidazione, senza bisogno di un’apposita istanza, salvo che emergano cause ostative (art.280 CCII). Nella L.3/2012 il debitore doveva chiedere entro 1 anno dal decreto di chiusura di essere esdebitato e il tribunale valutava. Ora, invece, nel decreto di chiusura il giudice dichiara inesigibili tutti i crediti residui non soddisfatti, liberando il debitore (salvo casi di diniego). L’esdebitazione non copre comunque i debiti non compresi nella procedura (es. quelli sorti dopo l’apertura, o quelli personali esclusi come sanzioni penali, alimenti dovuti): tali debiti restano. E non beneficia eventuali coobbligati o fideiussori del debitore (costoro restano obbligati per intero). L’esdebitazione può essere negata (anche d’ufficio) se il debitore ha gravemente violato i doveri di collaborazione o ha sottratto attivo, o non ha garantito la veridicità della documentazione, o ancora se sono state accertate condotte di frode ai creditori. In tal caso il decreto di chiusura dichiarerà non esdebitato il debitore. Egli potrebbe riprovarci dopo qualche anno, ma sarebbe difficile. Se invece tutto è regolare, con la chiusura il debitore esce pulito dai debiti pregressi: i creditori anche non soddisfatti non potranno più pretendere nulla (tranne i debiti esclusi per legge, come alimenti).

Esempio: Se Tizio ha 10 creditori per €500.000 totali e si apre la liquidazione, supponiamo che si realizzi vendendo beni e riscuotendo crediti una somma di €100.000. Dopo pagate spese e privilegi (€50.000 ai privilegiati su immobili, poniamo), ai chirografari resta un riparto di 10.000 su 450.000 (il 2,2%). Alla chiusura, Tizio verrà liberato dall’obbligo di pagare i restanti ~€440.000 non soddisfatti. I creditori incassano quel poco e il resto viene cancellato.

6.3 Vantaggi e svantaggi della Liquidazione Controllata

Vantaggi: Per il debitore, la liquidazione controllata ha il grande vantaggio di portare all’esdebitazione anche quando non si è in grado di offrire un piano di pagamento. È in pratica l’ultima spiaggia per uscire dai debiti in modo ordinato. Anche se comporta la perdita del patrimonio, consente di liberarsi di tutti i debiti in un tempo relativamente breve (circa 3 anni), laddove altrimenti resterebbero a vita. In più: (a) è accessibile a tutti (non richiede meritevolezza iniziale né consenso creditori); (b) blocca immediatamente le azioni esecutive individuali e le riunisce in un’unica procedura – il che può essere quasi un sollievo per il debitore bersagliato da mille atti: ora c’è un unico interlocutore (il liquidatore) e un orizzonte di chiusura definito; (c) mette al riparo i beni essenziali – il debitore non viene spogliato di tutto: la legge gli lascia quanto serve a vivere dignitosamente (la casa di abitazione se non ha ipoteche può talvolta salvarsi se di valore modesto non conviene venderla, ma in genere case di proprietà vengono liquidate salvo eccezioni; tuttavia, l’affittuario non viene cacciato se i creditori non hanno interesse, ad es., e i beni di bassissimo valore spesso non si toccano); (d) durata limitata – diversamente dal passato, ora c’è un limite temporale: l’indebitato sa che in massimo 3-4 anni la procedura finirà (in base al CCII, 3 anni per liquidare beni presenti + eventuali 1-2 anni per attivi futuri, oltre non si va). Questo evita le liquidazioni senza fine; (e) fresh start garantito – salvo malafede, l’esdebitazione è praticamente automatica a fine procedura, il che dà certezza di potersi lasciar alle spalle i debiti residui.

Per i creditori, sebbene la liquidazione spesso significhi recuperare poco, offre i vantaggi di una procedura ordinata e imparziale: tutti concorrono in base alle loro cause di prelazione, evitando corse sfrenate al pignoramento; un professionista terzo (liquidatore) massimizza il valore dei beni con vendite all’asta o trattative competitive (spesso meglio di vendite affrettate all’incanto di singoli beni pignorati). Inoltre, la possibilità di istanza dei creditori tutela il creditore attivo contro gli altri inattivi: se uno solo attiva la procedura, porta dentro tutti e impedisce che il patrimonio del debitore venga dissipato da uno o due pignoramenti a caso (ad es. se un creditore pignora e si soddisfa e gli altri restano a bocca asciutta, con la liquidazione tutti prendono quota pro-quota). Insomma, equidistribuzione e trasparenza.

Svantaggi: Dal punto di vista del debitore, la liquidazione è la soluzione più invasiva: (a) comporta la perdita del patrimonio – il debitore deve rinunciare ai propri beni (casa, auto, risparmi) per soddisfare i creditori, con tutte le conseguenze anche emotive del caso; (b) c’è uno stigma – seppur minore rispetto al fallimento d’impresa, essere in liquidazione significa sottostare a una procedura concorsuale i cui atti sono pubblici (viene iscritta nel Registro delle Insolvenze tenuto presso le CCIAA) e dover rispondere ad un liquidatore, il che può essere vissuto come umiliante; (c) limitazioni personali – durante la procedura il debitore non può liberamente disporre dei suoi beni, deve collaborare (è obbligato a fornire ogni informazione, a non sottrarre nulla, può essere interrogato sotto giuramento dal giudice, ecc.), e se svolge un’attività professionale o d’impresa potrebbe subire contraccolpi reputazionali; (d) eventuali revocatorie – il liquidatore, come in un fallimento, può agire per dichiarare inefficaci atti dispositivi compiuti dal debitore prima della procedura in pregiudizio ai creditori (es. vendite di immobili a familiari a prezzo vile nei 2 anni precedenti possono essere revocate). Questo significa che alcune azioni compiute nel tentativo di “salvare” beni possono essere vanificate; (e) la procedura ha comunque dei costi: il compenso del liquidatore e spese varie vengono prelevati dall’attivo, riducendo quel poco che c’è. Se l’attivo è addirittura insufficiente a pagare le spese, la procedura può chiudersi anticipatamente per incapienza (in tal caso l’esdebitazione comunque dovrebbe essere concessa se colpa non è del debitore). Per i creditori, il principale svantaggio è che in queste procedure di solito recuperano poco, specie i chirografari. Inoltre, i tempi (pur limitati a 3 anni) possono sembrare lunghi se i beni da vendere non sono facilmente collocabili. Tuttavia, dal loro punto di vista la liquidazione resta l’unica opzione se il debitore non offre accordi soddisfacenti.

Giurisprudenza rilevante: Sul fronte giurisprudenziale, la liquidazione del sovraindebitato ha generato casistica soprattutto riguardo all’istanza dei creditori (novità CCII). Ad esempio, il Tribunale di Mantova, decr. 30/09/2022 ha aperto una liquidazione su ricorso di un creditore, verificando la presenza di esecuzioni pendenti e confermando che ciò basta a dimostrare la crisi ex art.268 (come da ratio legis delega). Alcuni tribunali hanno invece richiesto la prova dell’insolvenza attuale (non solo procedure esecutive, ma anche inadempimenti generalizzati). In merito alla durata massima, decisioni recenti (es. Tribunale di Torino 2023) hanno disapplicato proroghe oltre i 3 anni, ritenendo invalicabile il termine salvo attivo sopravvenuto da riscuotere. Un tema delicato è l’esdebitazione automatica: qui le corti di merito hanno aderito alla presunzione di meritevolezza salvo prova contraria. Ad esempio, il Tribunale di Foggia, decr. 12/01/2023 ha concesso l’esdebitazione automatica nel decreto di chiusura ritenendo la collaborazione del debitore e l’assenza di frodi. Invece il Tribunale di Ivrea, ord. 01/08/2023 ha negato l’esdebitazione ad un debitore incapiente che in liquidazione non aveva adempiuto all’obbligo di versare ai creditori somme ricavate dal proprio lavoro (nel caso specifico, aveva omesso il versamento al Fisco di ritenute dovute durante la procedura): tale comportamento è stato giudicato malafede, comportando il diniego del beneficio. Sulle revocatorie, si segnala Cass. civ. 20/06/2019 n.16501, la quale (su L.3/2012) ha confermato l’applicabilità anche in queste procedure delle norme sulle azioni revocatorie fallimentari per atti antecedenti, chiarendo che l’OCC (ora liquidatore) ha legittimazione ad esercitarle nell’interesse della massa. Ciò per evitare che il sovraindebitato possa sottrarre attivo poco prima di attivare la procedura.

7. Esdebitazione del Debitore Incapiente

L’esdebitazione del debitore incapiente (disciplinata dall’art.283 CCII) è, come visto, una misura speciale e straordinaria, introdotta per dare sollievo ai debitori persone fisiche che, pur insolventi, non hanno alcun patrimonio né reddito aggredibile da mettere a disposizione dei creditori. In altri termini, è la “cancellazione dei debiti a costo zero” per quei casi umanamente e socialmente drammatici, in cui inseguire il debitore sarebbe inutile. Questo istituto riconosce che esistono situazioni di povertà tali per cui costringere formalmente il debitore a una procedura liquidatoria (in cui comunque nulla sarebbe ricavato) non ha senso: meglio liberarlo subito dai debiti, così da favorirne la riabilitazione economica e sociale. Si tratta di una novità relativamente recente: introdotta in Italia nel 2020, applicata dapprima come modifica alla L.3/2012 (art.14-quaterdecies) e poi confluita nell’art.283 CCII. La dottrina la definisce anche esdebitazione senza utilità.

7.1 Requisiti per l’accesso

Secondo l’art.283 CCII, può beneficiare di questa esdebitazione il debitore persona fisica che soddisfi tutte le seguenti condizioni:

  • Si trovi in stato di insolvenza sovraindebitamento (ovviamente).
  • Non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Questo è il punto chiave: significa che il debitore deve essere completamente privo di beni liquidabili e di redditi disponibili, e non avere ragionevoli aspettative di miglioramento a breve. In pratica: niente case, niente auto di valore, niente conti con risparmi, nessun credito esigibile verso terzi; e come reddito, solo magari pensione sociale o stipendio talmente basso che copre a malapena le spese vitali. Anche terze parti (es. parenti) non offrono aiuti. L’assenza di utilità indiretta vuol dire che neppure con eventuali piani futuri (es. una cessione del quinto, un prestito familiare) il debitore può pagare qualcosa. Deve essere un caso di indigenza conclamata.
  • Il debitore deve essere meritevole: la legge specifica che l’esdebitazione incapiente spetta al debitore meritevole, dunque non deve aver provocato lui la propria insolvenza con dolo o colpa grave. In aggiunta, è richiesta una condotta collaborativa e trasparente: deve aver fornito tutte le informazioni sulla propria situazione, non aver nascosto nulla, ecc.
  • Prima volta: l’esdebitazione incapiente può essere concessa solo una volta nella vita del debitore. Ciò per evitare abusi (uno non può farsi cancellare i debiti a zero due volte).
  • Non ha già accesso ad altre procedure: se il debitore possiede requisiti e anche minime utilità, allora in teoria dovrebbe seguire la via ordinaria (piano, accordo o liquidazione). L’incapiente è pensato per chi non potrebbe nemmeno pagare i costi di una procedura. Tant’è che se anche volesse andare in liquidazione controllata, non potrebbe perché non ci sarebbero beni per pagare neanche le spese iniziali. Tecnicamente, però, la legge consente di chiedere incapienza anche dopo una liquidazione andata deserta (cioè se in liquidazione non si ricava nulla).

In buona sostanza, l’aspirante deve presentarsi come un nullatenente onesto. Esempi: un disoccupato 60enne con solo vestiti e qualche mobile in casa in affitto, debiti per vecchi prestiti; una madre sola che vive con sussidi, senza beni, indebitata per spese mediche; ecc. Attenzione: incapiente non significa che letteralmente non possiede un euro – può avere ad esempio pochi risparmi o un reddito di sussistenza, purché insufficienti a dare “utilità” concreta ai creditori (es. se ha €1000 in banca e debiti per €100k, quello si considera irrilevante; analogamente se ha uno stipendio di €600 mensili, quello è sotto soglia di pignorabilità e non fornisce utilità apprezzabile ai creditori). Questi piccoli importi possono comunque essere volontariamente offerti, ma non costituiscono ostacolo se non li ha offerti: la legge non impone di strapparsi di dosso proprio tutto (c’è un principio di minima dignità).

Debiti esdebitabili: Con l’esdebitazione incapiente, tutti i debiti concorsuali pregressi del debitore vengono dichiarati inesigibili, ad eccezione – come sempre – di quelli non eliminabili per legge (alimenti, multe penali, ecc.). Sono compresi i debiti verso lo Stato, banche, privati di ogni sorta. Gli eventuali coobbligati (fideiussori) non beneficiano di riflesso: restano obbligati i garanti. Anche eventuali debiti contestati rimangono, ma se erano ancora sub iudice e il debitore è incapiente, in genere quell’azione si estinguerà per carenza di interesse (dipende, ma non entriamo).

7.2 Procedura per ottenere l’esdebitazione incapiente

Domanda al tribunale: Il debitore incapiente deve presentare un ricorso al tribunale di residenza, chiedendo di essere ammesso al beneficio dell’esdebitazione ex art.283 CCII. Non è espressamente previsto l’obbligo di assistenza di un OCC o avvocato, ma è altamente raccomandato farsi aiutare almeno da un OCC nel preparare la documentazione e magari una relazione (spesso i tribunali pretendono una sorta di attestazione OCC di inesistenza di utilità per verificare la condizione). Nel ricorso vanno indicati: l’elenco di tutti i creditori e relativi importi; le cause dell’indebitamento; la situazione reddituale e patrimoniale attuale (completa, seppur modesta); la descrizione delle eventuali azioni esecutive in corso o già infruttuose; e va dichiarato che non si hanno beni o redditi disponibili per alcuna soddisfazione dei creditori. Inoltre, va evidenziato perché si ritiene di avere il requisito morale (meritevolezza): di solito si spiega l’originaria causa dei debiti (es. “ho fatto da garante a mio fratello che poi è fallito, io mi sono ritrovato con 50mila euro di debiti; intanto ho perso il lavoro per malattia e ora campo con reddito di cittadinanza”). È utile allegare documenti come: estratti conto bancari (per mostrare saldo quasi zero), visure catastali negative (nessuna proprietà), stato di famiglia e ISEE molto basso, atti di pignoramenti risultati nullatenenti, ecc.. Il tribunale, ricevuta l’istanza, notifica la richiesta a tutti i creditori (per dar modo di eventualmente opporsi) e fissa un’udienza.

Udienza e decisione: All’udienza, il giudice sente il debitore e verifica l’assenza di utilità. I creditori possono comparire per contestare se, ad esempio, credono che il debitore stia nascondendo qualcosa (poniamo l’accusano di avere denaro contante nascosto, o di fare lavoro nero, ecc.). Il giudice valuta le prove: può anche svolgere accertamenti d’ufficio (es. richiedere certificati, interrogare l’OCC che ha assistito il debitore se c’è). Se ritiene dimostrato che il debitore effettivamente è incapiente e non in mala fede, accede al beneficio. Viene emesso un decreto di esdebitazione dell’incapiente che dichiara inesigibili tutti i debiti indicati (o comunque sorti prima della data del decreto). Questo decreto va notificato ai creditori e pubblicato. Da quel momento, il debitore è liberato dal peso del passato e i creditori non possono più agire per riscuotere (eventuali cause in corso si chiudono per cessazione materia del contendere).

Condizioni postume – quadriennio di sorveglianza: L’esdebitazione incapiente non è irrevocabile immediatamente: la legge pone una sorta di condizione risolutiva per i successivi 4 anni. Se entro quattro anni dal decreto la situazione del debitore migliora tanto da poter pagare i creditori almeno in parte, allora questi ultimi possono “rifarsi sotto” (limitatamente a quel miglioramento). In dettaglio: l’art.283 prevede che se nei 4 anni successivi il debitore “miracolosamente” entra in possesso di beni o redditi che gli consentirebbero di soddisfare almeno il 10% dei debiti originari, allora egli deve informarne immediatamente i creditori e il tribunale. I creditori, venuti a conoscenza del miglioramento, possono chiedere al tribunale di revocare parzialmente l’esdebitazione o comunque di ordinare che su quelle nuove utilità essi possano concorrere fino al 10% dei crediti originari. In pratica, se il debitore aveva 100k € di debiti cancellati e dopo due anni vince alla lotteria 20k €, deve destinare almeno 10% dei 100k (cioè 10k) ai vecchi creditori. Se non lo fa spontaneamente e cerca di tenere nascosto, rischia grosso: la scoperta comporterebbe la revoca totale dell’esdebitazione e possibili imputazioni penali (per false dichiarazioni o frode). Viceversa, se trascorrono i 4 anni senza che il debitore abbia acquisito risorse significative, l’esdebitazione diventa definitiva e irrevocabile. Questo meccanismo è stato introdotto per evitare che uno faccia il nullatenente e poi magari erediti somme ingenti poco dopo essersi fatto cancellare i debiti: in tal caso i creditori avrebbero giustamente una chance. Però la soglia è 10%: se vince meno del 10%, non scatta obbligo (per piccole somme potrebbe comunque essere equo destinare qualcosa, ma la legge non obbliga se <10%). Naturalmente, se il debitore torna a guadagnare con un lavoro, la questione è un po’ interpretativa: diciamo che se torna a un reddito normale ma comunque modesto, difficilmente eccederà quell’indice del 10%. Se invece per ipotesi trova un lavoro ben retribuito, con cui in 4 anni potrebbe restituire almeno 1/10 dei debiti, allora dovrebbe segnalare e destinare la parte eccedente la soglia di mantenimento.

Unica volta: Come ribadito, la liberazione a zero si può ottenere solo una volta. Il tribunale prima di concederla verifica dai registri se il debitore non l’ha già avuta in passato. In caso l’avesse avuta, la nuova domanda sarebbe inammissibile. Se un debitore ha già fatto una liquidazione con esdebitazione standard, in teoria potrebbe ancora chiedere quella incapiente se in altra epoca? La legge non chiarisce, ma tenderei a dire che due esdebitazioni (una normale e una incapiente) non possano sommarsi salvo passati molti anni (forse 5 anni come per la reiterazione generale). Comunque, casi rari.

Effetti sui creditori: Con il decreto, i creditori perdono il diritto di soddisfarsi per i loro crediti (a parte i 10% in scenario miglioramento). Ciò significa che i debiti vengono estinti lato giuridico (anche se non pagati). I crediti vengono eliminati anche dalle evidenze (ad esempio, l’Agente della Riscossione dovrebbe stornare le cartelle esattoriali, le banche segnare a sofferenza etc.). Non c’è distribuzione di alcunché (i creditori subiscono la perdita totale). Va notato che questa procedura è drasticamente sfavorevole ai creditori, per cui la legge la configura come un “favore” al debitore in situazioni limite. Se poi emergesse che il debitore aveva mentito e in realtà qualche risorsa c’era, il tribunale può revocare e addirittura disporre sanzioni. In alcune pronunce, i giudici hanno definito l’istituto come “umanitario” e da concedere con rigore: ad esempio il Tribunale di Trapani, decr. 01/02/2023 ha accolto un ricorso di esdebitazione incapiente rilevando che il debitore era ultrasessantenne, senza pensione né beni, con debiti in gran parte verso banche, e ha parlato di finalità solidaristica della norma. Di contro, il già citato Tribunale di Ivrea 2023 l’ha negata a chi aveva omesso di pagare tasse (valutate come risorse distratte). Il Tribunale di Cassino, decr. 17/01/2025 (caso pubblicato) ha specificato che l’onere della prova dell’incapienza spetta al debitore, ma una volta fornito un quadro completo e attendibile, ai creditori spetta semmai contestare nel merito (in quel caso il giudice ha concesso l’esdebitazione a un ex imprenditore ultrasessantenne, disoccupato, con un modesto alloggio in affitto e debiti verso banche da fallimento pregresso).

7.3 Considerazioni: vantaggi, limiti e giurisprudenza

Vantaggi: L’esdebitazione incapiente è un istituto di clemenza che offre al debitore onesto ma sfortunato la possibilità di ripartire da zero senza dover aspettare anni in procedure inutili. Il vantaggio primario è ovviamente per il debitore: ottiene la cancellazione integrale dei suoi debiti subito, senza dover pagare nulla (cosa che comunque non potrebbe). Ciò può avere un impatto enorme sulla sua vita: toglie l’angoscia di debiti impagabili, consente magari di cercare lavoro senza paura di pignoramenti, di aprire un piccolo conto corrente senza vederselo bloccato, insomma di tornare economicamente vivo. Dal punto di vista psicologico e sociale, è un istituto che previene la marginalizzazione: evita che persone indigenti restino per sempre “sepolte” dai debiti, situazione che può portare a lavoro nero, depressione o persino atti autolesivi (da qui il soprannome mediale di “legge anti suicidi”). Come recita la giurisprudenza, lo Stato con questa legge tende una mano al debitore sommerso dai debiti, purché questi collabori lealmente e faccia la sua parte. Un altro vantaggio è che è rapida e semplice: rispetto alle altre procedure non occorre burocrazia complessa, non c’è stato passivo, non c’è liquidatore (perché non c’è nulla da liquidare). Dalla domanda all’omologa spesso passano pochi mesi (2-3 mesi se tutto in ordine). I costi sono estremamente ridotti: formalmente bisognerebbe pagare un contributo unificato di €98, ma molti tribunali ammettono il gratuito patrocinio se ne ricorrono i requisiti (spesso i debitori incapienti rientrano nelle soglie di reddito per il patrocinio a spese dello Stato). Il ruolo dell’OCC non è obbligatorio sulla carta: però molti tribunali pretendono almeno il parere di un OCC sulla condizione di incapienza. In alcuni casi, gli OCC (spesso pubblici, come le Camere di Commercio) assistono questi debitori quasi a titolo gratuito o con compensi molto contenuti. In definitiva, per il debitore incapiente il beneficio/costo ratio è altissimo.

Svantaggi e limiti: Il limite intrinseco è che l’esdebitazione senza utilità è riservata a situazioni estreme: la stragrande maggioranza dei debitori dovrà comunque percorrere le procedure ordinarie (piano, accordo o liquidazione) e offrire qualcosa. Solo i casi proprio limite possono ottenere questo “condono totale”. Inoltre, porta con sé alcuni caveat: (a) Il debitore resta sotto osservazione per 4 anni: se la sua fortuna migliora, non potrà goderne in pieno perché dovrà riconoscere una parte ai vecchi creditori (oltre il 10%). Qualcuno ha rilevato che questo potrebbe creare una sorta di “disincentivo” a migliorare: ad esempio, un esdebitato incapiente potrebbe evitare di cercare un lavoro ben pagato entro i 4 anni per non dover tornare a pagare i creditori; tuttavia, la soglia 10% e la necessità di superare i minimi vitali mitiga un po’ questo effetto. (b) Accesso non facilissimo: contrariamente a quel che si può pensare, ottenere l’esdebitazione incapiente non è automatico: occorre convincere il tribunale di essere davvero nullatenenti e onesti. Qualche tribunale è molto scrupoloso e respinge domande se ha il minimo dubbio che il debitore abbia, ad esempio, aiutato i figli con denaro invece di pagare i creditori (ci sono stati rigetti in casi di piccole donazioni fatte prima). Quindi, chi ha compiuto qualunque atto discutibile rischia di vedersi respingere la domanda e dover poi ripiegare sulla liquidazione. (c) Credit score e rapporti finanziari: va da sé che un soggetto che ottiene l’esdebitazione incapiente difficilmente potrà ottenere credito in futuro almeno nel breve termine. Di fatto, è come un mini-fallimento: le banche e centrali rischi segnalano l’evento, e concedere nuovi prestiti a chi ha fatto cancellare i precedenti è improbabile (quantomeno per un bel po’ di anni). Tuttavia, c’è da dire che per tali soggetti il credit crunch era già reale: nessuno concederebbe credito a disoccupati nullatenenti con cumuli di debiti pregressi. Paradossalmente, dopo l’esdebitazione la loro posizione potrebbe risultare migliorata, perché almeno non hanno più debiti pendenti (alcune banche ragionano così: un soggetto senza debiti, sebbene esdebitato, è meno rischioso di uno con debiti insoluti infiniti). (d) Rapporti familiari: se uno ha coniuge benestante, non è detto che passi per incapiente – il tribunale potrebbe sostenere che magari i debiti possono essere pagati con aiuto del coniuge. La norma parla di nucleo familiare? Non esplicitamente, ma la valutazione di mantenimento spesso considera il nucleo. Se un debitore è mantenuto da parenti, può quello considerarsi un reddito indiretto? Difficile dire; in pratica, se c’è in casa qualcuno che guadagna bene, convincere che sei incapiente totale è complicato (a meno che i debiti siano solo tuoi e i parenti non intendono aiutarti – lì però il giudice potrebbe dire: vendi l’auto intestata a tua moglie se la usi tu, ecc.). Insomma, l’incapienza va contestualizzata.

Giurisprudenza: Oltre ai casi citati (Trib. Trapani, Ivrea, Cassino, Foggia, ecc.), val la pena menzionare Tribunale di Napoli Nord, decr. 08/11/2021 che fu una delle prime applicazioni: concesse l’esdebitazione a una signora pensionata minima con debiti di vecchie carte di credito, sottolineando come la ratio della norma sia “evitare accanimento su situazioni irrecuperabili e restituire speranza” (parole testuali del decreto). La Cassazione non si è ancora pronunciata direttamente sull’art.283, ma ha accennato in Cass. 38162/2021 che l’introduzione dell’istituto anticipata dal DL 137/2020 è in linea con il principio costituzionale di solidarietà e la finalità di dare una seconda chance anche a chi non può offrire nulla. Si attende comunque qualche pronuncia di legittimità su aspetti interpretativi (es. calcolo del 10% su debito originario o residuo? – pacifico sia su originario; da quando decorrono esattamente i 4 anni? – presumibilmente dalla data decreto). Nel frattempo, i tribunali di merito si stanno uniformando a criteri abbastanza omogenei: estrema ratio, istruttoria accurata, ma ove i requisiti ci sono, concessione abbastanza spedita.

8. Procedure Familiari e Sovraindebitamento di Gruppo

Le procedure familiari (art.66 CCII) rappresentano un’importante innovazione introdotta per gestire congiuntamente situazioni di sovraindebitamento che coinvolgono più membri dello stesso nucleo familiare. In passato, marito e moglie indebitati dovevano presentare due procedure separate, con costi doppi e possibili soluzioni disallineate, anche se magari i debiti avevano origine comune (es. mutuo cointestato). Ora, la legge consente di coordinare in un unico procedimento le domande di esdebitazione di più familiari conviventi, assicurando una trattazione unitaria.

8.1 Cos’è la procedura familiare e chi può accedere

Definizione (art.66 CCII): “I membri della stessa famiglia possono presentare un’unica domanda di accesso ad una delle procedure [di sovraindebitamento] quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune”. Quindi due condizioni alternative: convivenza familiare oppure origine comune dei debiti. La convivenza qui è intesa in senso ampio: oltre al coniuge, sono considerati familiari i parenti fino al 4° grado e affini fino al 2° grado conviventi, nonché le parti di unione civile e i conviventi di fatto (L.76/2016). In pratica: coniugi (anche separati ma probabilmente conviventi no, se separati non convivono di solito, ma c’è giurisprudenza che li ha ammessi comunque se debiti comuni), genitore/figlio, nonno/nipote, fratelli, zii/nipoti, etc. Origine comune significa, ad esempio, debiti sorti dal medesimo evento (es. una causa risarcitoria che coinvolge entrambi, un’attività economica gestita insieme, ecc.) – in questi casi, anche se non convivono, potrebbero accedere insieme (questa clausola è stata ridimensionata dal correttivo 2024, che ora richiede comunque anche convivenza oppure convivenza in passato? Il testo aggiornato specifica convivenza o origine comune; prima parlava solo di “progetto unitario se conviventi o origine comune”, ora di “domanda unica se conviventi o origine comune” – sembrerebbe uguale).

Procedura Unica, ma Masse distinte: Nel presentare domanda congiunta, i familiari devono comunque allegare separatamente la situazione patrimoniale e l’elenco dei debiti di ciascuno. Le masse attive e passive restano distinte (art.66, co.3 CCII), significa che non si crea un patrimonio comune – semplicemente si unificano le procedure per efficienza, ma ogni debitore rimane responsabile solo per i propri debiti. Questo è ovvio in caso di debiti non comuni (es. moglie debiti propri, marito debiti propri); se alcuni debiti sono in solido (mutuo cointestato), figurano in entrambe le masse passive e saranno regolati, ad esempio, dal medesimo piano con la soluzione concordata.

Scelta della procedura applicabile: La famiglia, con la domanda unificata, deve optare per una specifica procedura di sovraindebitamento, che sarà la stessa per tutti i membri coinvolti. Qui la regola è: se almeno uno dei debitori non è consumatore, allora si segue la disciplina del concordato minore (accordo); se invece tutti i proponenti sono consumatori, si può seguire la disciplina del piano del consumatore. Esempio: marito artigiano (non consumatore), moglie casalinga (consumatrice) -> procedura familiare come concordato minore (quindi con voto creditori). Viceversa, marito impiegato e moglie insegnante con debiti da carte di credito -> procedura come piano del consumatore congiunto (no voto). Il correttivo 2024 ha chiarito espressamente questo punto, eliminando incertezze: o tutto 67 CCII (piano) o tutto 74 CCII (accordo), niente ibridi. Inoltre, è possibile che alcuni familiari abbiano beni e preferiscano liquidare: la procedura familiare consente anche una liquidazione controllata congiunta (art.66, co.1 ultima parte prevede che la domanda di liquidazione può includere anche un familiare che sarebbe incapiente, se almeno uno ha beni e i presupposti per liquidazione). Quindi, ad esempio, se papà ha casa e figlio nullatenente, possono fare liquidazione familiare: il patrimonio del padre sarà liquidato e il figlio otterrà esdebitazione incapiente in coda grazie all’ombrello della procedura congiunta. Ciò consente di risolvere l’intera crisi familiare con un solo procedimento in cui magari un membro paga qualcosa e un altro nulla, ma entrambi ottengono esdebitazione.

Coordinamento e competenza: Se presentano domande separate in tempi diversi, il giudice deve coordinare le procedure (art.66, co.4) e tendenzialmente riunirle davanti a sé (il tribunale competente è quello adito per primo). Invece, se presentano subito congiunta, verrà aperto un unico fascicolo. Viene di solito nominato un unico OCC/gestore per tutti, riducendo costi (il compenso OCC sarà ripartito proporzionalmente alle masse attive di ciascuno, art.66 co.5). Ad esempio, se marito porta attivo 100 e moglie 50, l’OCC prende 2/3 compenso dal marito e 1/3 dalla moglie. Le udienze, decisioni, ecc., sono uniche. Chiaramente, il piano/accordo familiare deve tener conto delle specificità di ciascun patrimonio: tipicamente, si redigeranno prospetti separati per ciascun debitore all’interno del piano, indicando quali pagamenti farà uno e quali l’altro. Ma la proposta può essere unitaria: es. i coniugi offrono insieme che il 50% dello stipendio di lui e il 30% di quello di lei saranno destinati mensilmente ai creditori comuni e personali, in tot anni – elaborando un bilancio famigliare unico.

Vantaggi: Il beneficio principale è la riduzione di costi e tempi: un unico OCC invece di due (o più) separati, un’unica procedura giudiziaria (con un solo contributo unificato). Inoltre, si evita il rischio di soluzioni contrastanti: esempio concreto, prima della riforma capitava che marito presentasse piano del consumatore e venisse omologato con stralcio del 50% su un mutuo cointestato, mentre la moglie – che non aveva presentato nulla – si trovava ancora debitrice dell’intero residuo verso la banca; ora con procedura familiare questo caso si risolve con un solo piano che vincola la banca verso entrambi. C’è dunque coerenza: i debiti comuni vengono risolti una volta per tutte per tutta la famiglia. Anche i creditori preferiscono spesso negoziare in un unico contesto l’esposizione di un nucleo familiare, specie se avevano già considerato il reddito familiare per concedere credito. Altro vantaggio: i parametri di meritevolezza vengono valutati globalmente per la famiglia? La legge non lo dice esplicitamente, ma se uno dei due coniugi ha colpa e l’altra no, come si fa? Probabilmente il tribunale potrà omologare per entrambi chiedendo magari maggiore sforzo dal coniuge “colpevole”. In letteratura qualcuno ha ipotizzato: se uno non è meritevole (es. ludopatico) e l’altro sì, potrebbero teoricamente spingere per la liquidazione familiare invece del piano. Comunque, la procedura familiare consente anche soluzioni miste: ad esempio, vendere un bene intestato a uno e fare un piano col reddito dell’altro – tutto sotto lo stesso cappello. Il CCII sembra permetterlo (“programmare passaggio da un istituto all’altro sotto l’ombrello unico” dice un commento): se necessario, la famiglia può combinare componenti di accordo e liquidazione in modo flessibile.

Giurisprudenza: Prima del 2022, come accennato, alcuni tribunali avevano già ammesso procedure congiunte: Trib. Milano 2017 e Trib. Napoli Nord 2018 in primis, fondandosi sull’interpretazione estensiva. Anche Trib. Prato e Trib. Pistoia in casi analoghi (coniugi con mutuo) avevano seguito. Dal 2022 in poi, con l’art.66, si è avuta un’esplosione di richieste. Tribunale di Livorno, linee guida 2023 raccomandano di presentare per ciascun familiare prospetti separati di attivo/passivo. Tribunale di Lecce 2023, linee guida confermano la necessità di evidenziare nella proposta eventuali debiti cointestati e come vengono trattati. Un punto interessante chiarito è: se tra i familiari c’è un ex imprenditore cessato da meno di 1 anno (che sarebbe ancora fallibile), l’art.66 come modificato consente comunque la procedura familiare e l’accesso alla liquidazione controllata, superando il limite temporale. Questo è pensato ad es. per casi in cui la moglie ha chiuso la ditta 6 mesi fa (ancora fallibile) ma marito e figli hanno debiti connessi: per non costringerla a fallimento separato, la si include. In generale, i giudici apprezzano la procedura familiare perché porta soluzioni più realistiche. Cassazione finora non si è pronunciata direttamente, ma in un obiter di Cass. 1869/2016 sottolineò che nulla vietava ai coniugi di presentare due procedure parallele coordinate: ora è legge farlo in una.

Esempio pratico: I coniugi Rossi, con due figli, hanno: un mutuo cointestato di €150.000 (casa in comproprietà), e debiti personali (il marito €50.000 tra carte di credito e finanziamenti per l’auto; la moglie €20.000 di scoperto di conto per la sua attività di freelance). Entrambi sono consumatori (dipendenti). Procedura familiare tipo: presentano un piano del consumatore familiare. Dicono: la casa verrà venduta e dal ricavato (€100.000 stimati) si paga in parte la banca (privilegiata ipotecaria), il resto del mutuo (ipotizziamo €50k residui) rimane insoddisfatto e sarà stralciato; i debiti personali verranno pagati con il 20% del reddito familiare disponibile per 4 anni, per un totale di €15.000, da distribuirsi pro-quota ai rispettivi creditori. L’OCC attesta che globalmente la famiglia dà tutto il possibile (vendono casa, destinano reddito ecc.) e che prenderebbero meno in liquidazione. Il tribunale omologa. La banca e altri creditori non possono più agire verso i coniugi (se uno paga più dell’altro poco importa: la banca rinuncia a €50k che non recupera da nessuno dei due). Entrambi esdebitati. – Questo esempio mostra la flessibilità: potrebbe anche decidere di tenere la casa, pagando la banca al 100% dilazionato e stralciando solo chirografari. Ciò andrebbe modulato nel piano a doppia colonna.

9. Confronto tra le Procedure: Tabelle Riassuntive

Di seguito presentiamo alcune tabelle comparative che riassumono le principali caratteristiche delle diverse procedure di esdebitazione, per aiutare a comprenderne le differenze in termini di requisiti, durata, effetti e pro/contro.

Tabella 1 – Accesso alle varie procedure e caratteristiche generali:

ProceduraChi può accedereConsenso dei creditoriOrgani coinvoltiNorme riferimento
Piano del consumatore (Ristrutturazione del consumatore)– Solo consumatore (persona fisica con debiti di natura personale, non professionale)– Richiesta meritevolezza (assenza colpa grave/frode)– Debitore non fallibile (no grandi imprese)Non richiesto il voto creditori.I creditori possono solo presentare osservazioni; decide il tribunale con omologazione.OCC/Gestore obbligatorio (assiste debitore, attesta piano)– Tribunale (decreto omologa; eventuale giudice delegato per esecuzione)– No liquidatore (il debitore esegue il piano sotto controllo OCC)Artt. 67-73 CCII (ex art. 8 L.3/2012)(Se all’interno di proc. familiare: art.66 CCII)
Accordo di ristrutturazione (“Concordato minore”)Debitori non consumatori (imprenditori minori, professionisti, enti non fallibili).– (Anche consumatore potrebbe aderire, ma in pratica se è solo consumatore conviene piano)– Richiesta collaborazione e buona fede, ma non c’è giudizio meritevolezza stretto (salvo frodi).Richiede voto favorevole dei creditori ≥ 50% crediti (maggioranza semplice).Possibile omologa anche con dissensi se cond. legge rispettate (cram-down).OCC/Gestore obbligatorio (attesta fattibilità piano e funge da commissario)– Tribunale (decreto apertura procedura e omologa finale; giudice delegato supervisiona se necessario)– Liquidatore solo se piano ne prevede la nomina per vendite (di norma OCC gestisce)– Adunanza dei creditori gestita da OCC o giudice per il votoArtt. 74-80 CCII (ex art. 11-12 L.3/2012)(“Concordato minore”)(Se proc. familiare: art.66 CCII)
Liquidazione controllata (del sovraindebitato)Qualsiasi debitore sovraindebitato (persona fisica o giuridica non fallibile).– Anche debitori non meritevoli (meritevolezza non è requisito d’accesso, influisce solo su esdebitazione finale).– Accesso anche su istanza creditori (o PM per imprenditori).Non necessita consenso creditori.È una procedura coattiva disposta dal tribunale su ricorso debitore o creditori.I creditori partecipano mediante insinuazione al passivo, non con voto.Liquidatore nominato dal tribunale (amministra e realizza il patrimonio)– Giudice Delegato (sovrintende procedimento, decide su stato passivo, autorizza atti)– OCC: spesso il liquidatore è scelto tra OCC; l’OCC può essere coinvolto nella fase di apertura (relazione iniziale)– Comitato creditori (se attivo significativo, altrimenti no)Artt. 268-277 CCII (ex art. 14-terdecies L.3/2012)(+ regole generali da art. 201 CCII in quanto compatibili)
Esdebitazione incapiente (“a zero”)Solo persona fisica.– Nessun patrimonio o reddito utile disponibile.– Una tantum: mai avuta prima.– Requisito di meritevolezza (insolvenza non volontaria/fraudolenta).Non coinvolge i creditori in un piano: è un’istanza unilaterale del debitore decisa dal tribunale.I creditori possono opporsi se contestano i presupposti (es. accusano di false informazioni).Tribunale: decide con decreto esdebitazione– OCC: non obbligatorio ex lege, ma tribunale spesso chiede ausilio OCC per verifica situazione (ad es. relazione attestante incapienza).– Nessun liquidatore: non ci sono beni da liquidare.Art. 283 CCII (ex art. 14-quaterdecies L.3/2012, introdotto da L.176/2020)(Beneficio post Liquidazione: art.280 CCII prevede esdebitazione di diritto, ma incapiente è fattispecie a sé)
Procedura familiare (domanda congiunta)Membri stessa famiglia conviventi o con debiti di origine comune (coniugi, parenti entro 4° grado, affini entro 2° grado, unioni civili, conviventi di fatto).– Almeno uno in stato sovraindebitamento; si tende a includere tutti i membri indebitati per soluzioni coordinate.Dipende dalla procedura scelta per la famiglia:– Se tutti consumatori: segue regole piano (nessun voto).– Se qualcuno non consumatore: segue regole concordato minore (voto maggioranza).– Se scelta liquidazione familiare: no voto (coatta).OCC/gestore unico per tutti i membri (unico ricorso)– Tribunale unico (riunisce competenze)– Liquidatore unico se liquidazione congiunta(Masse attive/passive restano distinte, ma organi e atti processuali unificati)Art. 66 CCII (disciplina generale)+ si applicano le norme della procedura adottata (67 ss. se piano, 74 ss. se accordo, 268 ss. se liquidazione)

Tabella 2 – Durata, esdebitazione ed esiti delle procedure:

ProceduraDurata indicativaEsito per i debitoriEsito per i creditori
Piano del consumatore– Iter di omologa: ~4-6 mesi (dipende da eventuali opposizioni).– Esecuzione del piano: variabile, tipicamente 3-5 anni di pagamento rateale (può essere meno o più in base alle proposte).Esdebitazione: al completamento del piano omologato, cancellazione integrale dei debiti residui non pagati. Il decreto di omologa vincola tutti i creditori e, se il debitore adempie, nulla più è dovuto oltre quanto versato.– Se il piano fallisce per inadempimento o revoca, niente esdebitazione (salvo poi apertura liquidazione).– Ricevono le somme promesse nel piano omologato (es. percentuale dei crediti in tot anni).– Nessuna azione ulteriore sui residui: i creditori anche dissenzienti perdono la parte eccedente dopo l’esecuzione del piano.– Se il debitore inadempie e il piano viene risolto, i creditori riacquistano diritto all’intero credito al netto di quanto eventualmente ricevuto (possono riprendere le azioni esecutive).
Accordo (Concordato minore)– Procedura fino all’omologa: ~6-12 mesi (dipende da gestione del voto e possibili opposizioni in omologa).– Esecuzione del piano concordatario: secondo i termini dell’accordo, spesso 2-5 anni (ma può essere anche immediata, es. stralcio con pagamento unico, o più lunga se approvata).Esdebitazione: di fatto , dopo l’esecuzione integrale dell’accordo omologato, il debitore persona fisica è liberato dai debiti residui (il CCII non lo dice espressamente, ma poiché l’accordo soddisfa parzialmente i crediti concorsuali, la parte eccedente non è più esigibile). Il decreto di omologa formalmente omologa l’accordo, non dichiara esdebitazione, ma l’effetto liberatorio è implicito una volta eseguito l’accordo. Se l’accordo risolve per inadempimento, niente esdebitazione (possibile liquidazione a seguire).– Ricevono quanto previsto dall’accordo (in percentuale o in beni/altre utilità).– I creditori dissenzienti (che hanno votato no) sono comunque vincolati dall’omologa: potranno incassare la stessa percentuale degli altri ma non potranno pretendere il resto (principio del cram-down). Il giudice verifica che prendano almeno quanto in liquidazione.– Dopo esecuzione accordo, i creditori non possono avanzare pretese ulteriori (il credito per la parte residua è estinto per novazione/adempimento parziale accordato). Se però il concordato minore viene annullato o risolto, i creditori riacquistano i diritti originari (salvo imputare quanto eventualmente già ricevuto).
Liquidazione controllata– Durata del procedimento: di regola entro 3 anni dalla pronuncia di apertura vengono liquidati i beni e ripartito l’attivo. (Proroghe possibili max +2 anni per attivi sopravvenuti da recuperare).– Procedura più semplice e con poco attivo può chiudersi anche in 1-2 anni; procedure complesse con immobili, cause, etc., possono arrivare a 3-4 anni.Esdebitazione automatica per persona fisica al termine: il decreto di chiusura libera il debitore dai debiti non soddisfatti, tranne eccezioni di legge (obblighi alimentari, debiti da dolo, multe penali, ecc.). Non serve domanda, il giudice la dichiara d’ufficio se non ci sono opposizioni fondate (creditori e PM possono opporsi all’esdebitazione solo per ragioni di malafede/frodi del debitore).– Se il debitore ha tenuto condotta scorretta (es. ha violato obblighi di collaborazione, ha distratto beni, non ha consegnato tutto), il giudice nega l’esdebitazione nel decreto di chiusura. In tal caso, i debiti residui restano dovuti (il debitore resta insolvente de jure e i creditori potrebbero riprendere azioni, anche se spesso non c’è nulla da prendere).– Ricevono i dividendi dalla liquidazione, secondo prelazioni. Spesso i privilegiati vengono soddisfatti in parte (in ragione del valore dei beni) e i chirografari ricevono percentuali molto basse o zero.– Dopo la chiusura con esdebitazione, i creditori non possono più agire per recuperare l’eventuale parte insoddisfatta (diventa inesigibile). Se invece l’esdebitazione viene negata per dolo/frode, i creditori conservano titolo per l’intero credito (meno quanto ricevuto in liquidazione) – ma in pratica il debitore rimane nullatenente, salvo scoprire successivamente beni occultati (in tal caso potrebbero agire su quelli, eventualmente).
Esdebitazione incapiente– Procedura molto breve: tipicamente 2-4 mesi dal ricorso alla decisione, dato che non c’è molto da verificare oltre documenti e eventuale audizione.– Periodo di “osservazione” post esdebitazione: 4 anni dalla data del provvedimento, durante i quali il debitore deve segnalare eventuali sopravvenienze attive.Esdebitazione immediata totale: con il decreto di accoglimento, tutti i debiti antecedenti sono dichiarati inesigibili. Il debitore è libero dall’obbligo di pagamento fin da subito.– Condizione risolutiva 4 anni: se entro 4 anni il debitore ottiene risorse sufficienti a pagare almeno il 10% dei vecchi debiti, deve destinarle (in proporzione) ai creditori. In caso di omessa comunicazione o mancato adempimento di questa condizione, il tribunale revoca l’esdebitazione (con effetti ex tunc, il che riporta in vita i debiti).– Passati i 4 anni senza cambiamenti rilevanti, l’esdebitazione diventa definitiva.Perdono il diritto di recuperare i loro crediti (salvo il caso di miglior fortuna del debitore entro 4 anni, nel qual caso possono ottenere fino al 10% del dovuto attingendo alle nuove risorse).– In sostanza, accettano una perdita del 100% (fatta salva la eventuale ripresa parziale se scatta la clausola del 10%).– Non partecipano a riparti né ricevono pagamenti dal debitore, se non appunto pro-quota su sopravvenienze importanti.
Procedura familiareDipende dalla procedura adottata: i tempi di omologa di un piano/accordo familiare sono analoghi a quelli individuali (possono allungarsi leggermente per la necessità di considerare doppia documentazione, ma spesso no). Idem liquidazione familiare, segue tempistiche standard.– Un vantaggio è che si evitano duplicazioni di fasi procedurali: es. un’unica udienza per omologa invece di due separate; un unico stato passivo se liquidazione unica, ecc. Quindi complessivamente la durata è inferiore alla somma di due procedure separate.Esdebitazione: ciascun membro ottiene l’esdebitazione secondo le regole della procedura comune scelta.– Esempio: procedura familiare in piano del consumatore -> a fine piano entrambi i coniugi sono esdebitati dei rispettivi debiti residui. Concordato minore familiare -> a esecuzione completata, entrambi liberati. Liquidazione familiare -> a chiusura, esdebitazione automatica per entrambi (salvo eccezioni individuali se uno avesse frodi, in teoria il giudice potrebbe distinguere, negando esdebitazione a uno e concedendo all’altro).– Il beneficio dunque si distribuisce a tutti i partecipanti, anche se le situazioni individuali differiscono (purché abbiano adempiuto ai rispettivi obblighi del piano).– I creditori di più membri della famiglia (es. banca con mutuo cointestato, fornitori di società familiare) vedono risolta l’esposizione in modo coordinato e unico.– I creditori personali di un singolo familiare vengono soddisfatti solo sui suoi beni/redditi; tuttavia, la procedura unitaria evita conflitti (es. un creditore del marito non può attaccare bene intestato moglie se non è garante; nella procedura familiare ciò è chiaro dalla separazione masse, ma con unica supervisione).– In caso di liquidazione familiare, i creditori di ciascun debitore concorrono solo sul rispettivo attivo (non c’è confusione di patrimoni), ma il liquidatore può vendere in un’unica soluzione beni cointestati o legati da comunione (es. casa comune) ottimizzando i ritorni per tutti.– In generale, per i creditori la procedura familiare è efficiente perché riduce costi (un OCC anziché due, meno spese legali) aumentando potenzialmente il dividendo distribuibile. Inoltre, la visione unitaria consente di valutare la situazione economica complessiva del nucleo, utile ad esempio per piani sostenibili.

Tabella 3 – Principali vantaggi e svantaggi (per il debitore) di ciascuna procedura:

ProceduraVantaggi per il debitoreSvantaggi / Limiti
Piano del consumatoreNessun voto dei creditori: il debitore non dipende dal consenso dei creditori ostili, il giudice può omologare se il piano è valido.– Personalizzazione massima: il piano può adattarsi alle capacità del debitore (rate su misura, conservazione beni essenziali, ecc.).– Protezione immediata: sospende pignoramenti e interessi di mora una volta ammesso (tutela del patrimonio durante la procedura).– Fresh start garantito: completato il piano, i debiti residui svaniscono.– Mantenimento gestione: il debitore resta in possesso dei beni (sotto vigilanza OCC) invece di subire spossessamento.– Stigma ridotto: è una procedura volontaria, meno infamante rispetto a un fallimento; il debitore appare attivo nel risanare.Riservato a consumatori: un soggetto con debiti d’impresa non può usarlo (limitazione soggettiva).– Controllo di meritevolezza stringente: qualsiasi condotta poco diligente può portare al rigetto. Debitori con cause di indebitamento “controverse” rischiano l’inammissibilità.– Impegno rigoroso: una volta omologato, il piano va rispettato alla lettera per anni; poca flessibilità a eventi imprevisti (salvo chiedere modifiche al giudice in casi eccezionali).– Possibile opposizione creditori: i creditori non votano ma possono sollevare obiezioni (convenienza, veridicità dati) causando ritardi o, se fondate, il diniego di omologa.– Durata del piano: per diversi anni il debitore deve destinare parte rilevante del reddito ai creditori, vivendo con stretto necessario.– Costi procedurali: pur meno di un fallimento, ci sono costi (compenso OCC, spese legali) che vanno comunque sopportati (spesso inseriti nel piano stesso come importi da pagare in prededuzione).
Accordo / Concordato minoreAmpiabile a soggetti non consumatori: anche piccoli imprenditori e professionisti possono ristrutturare i debiti concorsualmente (cosa prima impossibile se fallibili).– Possibilità di salvare l’attività: con la continuità aziendale, l’imprenditore può evitare la cessazione, conservando l’azienda e i posti di lavoro.– Negoziazione attiva: il debitore può trattare condizioni con i creditori forti (banche, fornitori principali) prima e durante la procedura, arrivando a soluzioni condivise (piani di risanamento credibili).– Cram-down delle minoranze: non serve convincere tutti, basta la maggioranza; i contrari vengono comunque coinvolti se il piano è conveniente.– Stop ad azioni esecutive come nel piano: pendente l’accordo, il patrimonio è protetto dalle iniziative individuali.– Esdebitazione di fatto: una volta eseguito l’accordo, il debitore è libero dai debiti residui (anche qui fresh start, seppur ottenuto pagando una parte maggiore di quanto in un piano tipico).Necessario consenso 50% crediti: se la massa creditoria è frammentata o vi sono pochi grandi creditori poco collaborativi, raggiungere la maggioranza può essere difficile.– Procedura più complessa: richiede gestire un’adunanza, raccogliere voti, eventuali classi, ecc. Implica più tempo e formalità rispetto al piano semplice.– Costi maggiori: onorari dell’OCC per attestazione, eventuale commissario, consulenti per predisporre piano aziendale, ecc. (anche se prededucibili, comunque riducono risorse disponibili).– Rischio di opposizioni in omologa: creditori dissenzienti possono fare causa (reclamo) contro l’omologa, allungando i tempi e creando incertezza fino a decisione finale in Appello.– Perdita controllo parziale: durante la procedura il debitore potrebbe subire restrizioni (ad es. necessità di autorizzazione per atti straordinari) e deve sottoporsi alla vigilanza di OCC/commissario, limitando la sua autonomia gestionale.– Impegno post-omologa: analogamente al piano, deve adempiere scrupolosamente. In più, se l’impresa continua, deve rispettare i covenants eventualmente previsti nel piano (es. non fare nuovi debiti).
Liquidazione controllataAccessibilità universale: chiunque, anche il debitore disperato o non meritevole, può attivarla (o subirla) per arrivare a una soluzione concorsuale – è una valvola di sfogo per ogni situazione di insolvenza non gestibile altrimenti.– Fine delle pressioni: dall’apertura, il debitore non riceve più chiamate dei creditori, pignoramenti multipli, ecc.; tutto è convogliato in un processo ordinato gestito dal liquidatore.– Durata limitata per legge: non si trascina decenni come certi fallimenti di un tempo – in circa 3 anni la partita si chiude, dando al debitore un orizzonte temporale definito per il fresh start.– Esdebitazione praticamente certa: a meno di comportamenti fraudolenti, l’ordinamento concede la liberazione dai debiti a fine liquidazione come atto dovuto (diversamente dal passato, quando il fallito doveva fare istanza e non era scontato l’ottenimento).– Contributo limitato: il debitore cede i beni e la parte di reddito eccedente i bisogni essenziali, ma può conservare il minimo per vivere e alcuni beni impignorabili (es. oggetti personali di scarso valore, stipendio base, ecc.). La legge tutela la dignità del debitore.– Chiarezza legale: con la liquidazione si “mettono in chiaro” tutte le posizioni: i creditori vengono accertati, i beni liquidati, eventuali atti in frode revocati – dopo, il debitore riparte con una situazione pulita e certificata.Perdita di tutto il patrimonio: il debitore vede i propri beni venduti forzosamente (casa, auto, eventuali immobili, risparmi, ecc. finiscono nella massa attiva). È il sacrificio massimo del suo patrimonio.– Spossessamento: durante la procedura, il debitore non ha più il controllo dei suoi beni: non può disporne, li amministra il liquidatore. Questa espropriazione può creare disagio (ad es. dover lasciare la casa se venduta, vedersi chiudere i conti correnti, ecc.).– Eventuale stigma sociale: pur non chiamandosi “fallimento”, nella sostanza il debitore è in insolvenza conclamata; se imprenditore o professionista, la cosa può divenire pubblica e incidere sulla reputazione. Anche a livello psicologico, subire la liquidazione può essere vissuto come una sconfitta, benché finalizzata poi all’esdebitazione.– Collaborazione obbligatoria e invasiva: il debitore è tenuto a un comportamento molto trasparente e collaborativo (deve fornire tutte le informazioni al liquidatore, essere interrogato dal giudice, non fare spese non autorizzate, etc.). Qualsiasi errore o omissione può costargli la negazione dell’esdebitazione finale. Si vive “sorvegliati” per tutta la durata.– Possibile perdita di reddito futuro: se durante i 3 anni guadagna più del previsto, quel surplus potrebbe dover essere versato ai creditori (anche premi di produttività, bonus, eredità ricevute entro 2 anni dalla chiusura ecc. vengono catturati). Il debitore quindi ha uno scarso incentivo economico a incrementare le entrate in quei 3 anni, poiché andrebbero in buona parte ai creditori.– Rischio di esclusione esdebitazione: se malauguratamente emergesse una grave scorrettezza (ad es. che ha nascosto un bene, o falsificato documenti), la punizione è dura: niente esdebitazione, e resterebbe coi debiti nonostante aver perso il patrimonio. È dunque una procedura che richiede correttezza assoluta per portare al beneficio finale.
Esdebitazione incapienteCancellazione immediata dei debiti: il beneficio è pressoché istantaneo dopo anni magari di angoscia; il debitore vede azzerarsi l’intero monte debitorio senza dover versare nulla.– Nessuna procedura lunga o onerosa: si evita la liquidazione di beni (che non ci sono) e i relativi costi; l’iter in tribunale è rapido e snello.– Sollievo psicologico e sociale: il debitore esce dallo status di insolvente perenne e può ricominciare a cercare lavoro, ad attivarsi economicamente senza paura che qualunque euro guadagnato venga preso dai creditori. È una seconda opportunità a chi è ai margini.– Mantenimento integrale del (poco) patrimonio: quel niente che ha, gli rimane. Se ha una piccola somma o beni minimi, non glieli tolgono (perché appunto non ne varrebbe la pena). L’incapiente conserva i mezzi di sussistenza che possiede.– Sorveglianza a posteriori non troppo stringente: l’obbligo di comunicare miglioramenti vale 4 anni e solo se può pagare almeno il 10%; quindi se i miglioramenti sono modesti o graduali, spesso non ricade nella clausola. Passato quel periodo, è definitivamente libero anche se diventasse benestante successivamente (nessuna “clausola di restituzione” dopo).Accesso ristretto: solo chi è davvero privo di risorse può aspirare al beneficio. Molti debitori, pur in difficoltà, hanno magari un piccolo bene o un reddito pignorabile che li obbliga a seguire vie ordinarie. L’incapienza è quasi uno stato di indigenza assoluta certificata, difficile da dichiarare se non è vero (sotto pena di revoca/reato).– Richiede alta sincerità e trasparenza: il tribunale esamina col lanternino la condotta; se sospetta che il debitore abbia anche minima capacità restitutiva, può respingere la domanda. Dunque chi ha fatto “il furbo” nascondendo qualcosa non dovrebbe provare questa strada, o verrà scoperto e sanzionato.– Nessuna possibilità di credito futuro a breve: avere ottenuto un’esdebitazione totale senza pagamento è visto molto male dal sistema creditizio. Il debitore resterà verosimilmente tagliato fuori da prestiti, finanziamenti, mutui per un bel po’ (quantomeno finché non ricostruisce un history finanziaria). Però questo limite era implicito anche prima, con i debiti insoluti non avrebbe comunque ottenuto credito.– Clausola dei 4 anni: nei primi anni dopo l’esdebitazione, il debitore potrebbe sentirsi ancora sotto minaccia: se gli entra un colpo di fortuna (eredità, vincita, nuovo buon lavoro), dovrà in parte “tornare a pagare” i vecchi creditori fino al 10%. Questo può sembrare scoraggiante e ingiusto (anche se è limitato come entità). Alcuni potrebbero essere tentati di non dichiarare miglioramenti per non rimettere in gioco l’esdebitazione: ma così rischiano la revoca totale se scoperti. C’è quindi una spada di Damocle quadriennale, che va gestita con onestà.– Moral hazard: pur non imputabile al singolo debitore onesto, a livello sistemico l’istituto potrebbe essere visto come incentivante comportamenti opportunistici (fare debiti, dissipare e poi chiedere esdebitazione). Questo fa sì che i giudici siano molto severi nell’applicarlo, quindi anche il minimo sospetto di malafede porta al diniego. In pratica, se si è minimamente responsabili del proprio dissesto, difficilmente concedono questo “colpo di spugna”.

(Le informazioni nelle tabelle sopra riportano sinteticamente quanto approfondito nel testo e sono aggiornate alla normativa vigente e alla prassi giurisprudenziale a maggio 2025.)

10. Domande Frequenti (FAQ) – Casi Tipici e Risposte

Di seguito una serie di domande comuni sull’esdebitazione dei privati, con risposte concise che chiariscono dubbi frequenti e casi pratici:

Q1: Chi può accedere alle procedure di esdebitazione?
A: Possono accedere tutte le persone fisiche e piccoli imprenditori non soggetti a fallimento (li definisce la legge “debitore civile sovraindebitato”). In pratica, consumatori, professionisti, imprenditori sotto le soglie fallimentari, ex imprenditori, start-up innovative non fallibili, enti non profit indebitati, agricoltori, ecc. Unica esclusione: le imprese medio-grandi e enti soggetti a liquidazione giudiziale (che devono usare concordato preventivo o fallimento). Le procedure si adattano al tipo di debitore: se è consumatore, può usare il piano del consumatore; se ha debiti professionali, può usare l’accordo (concordato minore) o liquidazione. Anche un ex imprenditore fallito può, dopo la chiusura del fallimento, esdebitarsi per eventuali debiti personali rimasti. Ci sono poi procedure familiari per nuclei familiari. In sintesi, qualsiasi privato cittadino sovraindebitato trova uno strumento ad hoc, salvo chi è tanto grande da dover fare le procedure concorsuali tradizionali.

Q2: Ho sempre pagato regolarmente ma ora non riesco più. Devo essere già insolvente (in ritardo) per chiedere aiuto?
A: No, non serve aspettare il default conclamato. La legge parla di stato di crisi o insolvenza. Puoi accedere se sei in “stato di crisi”, cioè se prevedi di non riuscire più a sostenere il pagamento dei debiti alle scadenze. Ad esempio, se hai sempre pagato finora ma vedi che dal mese prossimo non potrai pagare le rate di mutuo e prestiti perché ti è calato il reddito, puoi già rivolgerti all’OCC per predisporre un piano prima di accumulare ritardi. Anzi, muoversi in anticipo è spesso utile: eviti pignoramenti e ulteriori interessi di mora. Importante è dimostrare che la difficoltà è oggettiva e non temporanea. Non serve essere protestato o avere decreti ingiuntivi (anche se spesso chi arriva a sovraindebitamento ha già qualche insoluto).

Q3: Quali debiti si possono includere? Anche quelli verso il Fisco o alimenti?
A: In linea di massima tutti i debiti possono essere inclusi nelle procedure, eccetto poche categorie non esdebitabili per legge. I debiti verso il Fisco (Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione) si possono inserire in piani/accordi/liquidazione, prevedendo anche pagamenti parziali (falcidia). Lo stesso per debiti verso banche, finanziarie, fornitori, privati, canoni arretrati, bollette, ecc. I debiti esclusi dall’esdebitazione (cioè che non vengono cancellati) sono principalmente: obblighi alimentari (es. mantenimento al coniuge separato o ai figli minori – questi devi continuare a pagarli integralmente), debiti per risarcimenti da fatti illeciti dolosi (es. multa penale, ammenda, risarcimento per un reato commesso dolosamente) e sanzioni amministrative di natura penale. Tutto il resto può essere esdebitato. Nota: alcuni di questi esclusi possono entrare nel piano per essere pagati (es. se hai arretrati di mantenimento, li devi pagare per intero nel piano), ma se anche non li paghi integralmente, alla fine non vengono cancellati (ti resteranno). Inoltre, se usufruisci di un’esdebitazione, per 4 anni non puoi ottenerne un’altra.

Q4: Cosa succede se ho una casa di proprietà? La perdo per forza?
A: Dipende dalla procedura scelta e dal tuo piano finanziario. Aver casa di proprietà non preclude di per sé l’accesso (anzi, è un bene su cui costruire una proposta). Se vuoi conservarla, la strada è il piano del consumatore o l’accordo: dovrai però garantire il pagamento integrale o quasi del creditore ipotecario (es. mutuo) e degli altri creditori chirografari in misura non inferiore a quanto avrebbero da una vendita. Spesso si prevede di continuare a pagare il mutuo regolarmente nel piano, e stralciare solo debiti chirografari. Se il valore della casa è sufficiente a soddisfare l’ipoteca, si può omologare il piano lasciandoti la casa. Tuttavia, tieni presente che ciò comporta sacrifici sugli altri creditori (a volte il giudice chiede che comunque tu offra qualcosa in più ai chirografari se trattieni l’immobile). Se invece il mutuo è troppo pesante e il valore della casa non copre tutti i debiti, potresti decidere di venderla nell’ambito della procedura (magari meglio che all’asta, perché con l’OCC puoi concordare una vendita privata più vantaggiosa). In tal caso i creditori prendono il ricavato e l’eventuale residuo debito viene cancellato. Nella liquidazione controllata, la casa viene in genere venduta dal liquidatore (salvo che sia di valore trascurabile). Quindi, se il tuo obiettivo è salvarla, meglio tentare un piano/accordo. Esistono anche casi in cui, se la casa è cointestata con persona non indebitata o con un familiare, e quell’altro può rilevare la quota del debitore, si riesce a far comprare la casa dal coniuge o parente: i creditori vengono soddisfatti con il prezzo pagato dal familiare e la casa rimane in famiglia. Insomma, non c’è un esito obbligato: va valutato con l’OCC il da farsi.

Q5: Ho un mutuo e vari prestiti. Posso ridurre l’importo del mutuo o togliermi il “quinto” in corso?
A: Sì, la legge consente di ristrutturare anche i crediti garantiti (mutui ipotecari) e quelli da cessione del quinto. In un piano del consumatore, ad esempio, puoi proporre che la banca ipotecaria accetti meno di quanto dovuto, purché non meno di quanto otterrebbe pignorando casa. Se la casa vale meno del debito residuo, puoi offrire quell’importo come pagamento integrale ipoteca (c.d. “cram down” ipotecario). Se la casa vale di più o ti interessa tenerla, di solito mantieni l’impegno a pagare l’intero mutuo (magari spostando le rate arretrate in coda). Riguardo alla cessione del quinto: la normativa (art.67, co.3 CCII) prevede espressamente che nel piano puoi prevedere la falcidia (riduzione) e ristrutturazione dei debiti da prestito su cessione del quinto dello stipendio o pensione. Ciò significa che potresti, ad esempio, sospendere temporaneamente la trattenuta o ridurla, oppure includere quel credito tra i chirografari da pagare parzialmente. In pratica, l’OCC comunicherà al datore di lavoro di cessare la trattenuta sul quinto non appena il tribunale ammette la procedura; poi nel piano, il creditore cessionario verrà trattato come gli altri chirografari e riceverà la percentuale stabilita (che spesso è inferiore al 100%). Questa è una grande opportunità, perché in situazioni normali il quinto prosegue inesorabile. Con la procedura, puoi liberare quella parte di reddito per offrire magari una soluzione più equa a tutti i creditori. Naturalmente, il giudice valuterà che la falcidia al creditore del quinto non sia inferiore a quanto prenderebbe continuando la cessione (di solito, se c’è busta paga, prenderebbe tutto il quinto per tot anni – nel piano magari gli dai meno ma subito). È fattibile e previsto espressamente.

Q6: Devo pagare per forza qualcosa ai creditori? Anche se non ho nulla?
A: No, se davvero non hai niente da offrire, puoi aspirare alla procedura di esdebitazione del debitore incapiente. In quel caso, non paghi nulla e i debiti vengono cancellati. Però devi rientrare nei requisiti strettissimi: zero beni pignorabili, nessun reddito disponibile (solo minimo vitale), e condotta meritevole. Questo è il caso “estrema ratio”. In tutte le altre procedure, invece, è previsto che il debitore destini tutto ciò che può ragionevolmente dare ai creditori. Ma può essere anche molto poco: ad esempio, in una liquidazione se uno ha beni di valore trascurabile, i creditori prenderanno quasi nulla e il resto si esdebitano comunque. Nei piani, c’è un principio di sacrificio massimo sostenibile: il debitore tiene per sé lo stretto indispensabile (es. affitto, bollette, alimenti, trasporti) e il resto del suo reddito lo offre. In un piano del consumatore, se le risorse sono scarse, i creditori potrebbero accontentarsi anche del 5-10% del dovuto e il giudice omologa (purché sia meglio di zero). Quindi, non esiste una soglia minima di pagamento (salvo il 10% nel caso di incapiente in 4 anni se le cose migliorano). Se la domanda implicava: “posso proprio evitare di pagare del tutto e liberarmi dei debiti?”, la risposta è sì, ma solo nei rarissimi casi che rientrano nell’art.283 (incapiente) o se dopo la liquidazione controllata i creditori non prendono nulla (esdebitazione conseguente). In tutte le altre ipotesi, qualcosa va restituito, fosse anche simbolico. Va ricordato però: la parte di debito che eccede la tua possibilità di pagamento viene comunque cancellata. Quindi se devi 100 e puoi pagare 20, pagherai 20 e 80 verranno condonati con l’esdebitazione.

Q7: Quanto dura la procedura? Quando sarò finalmente libero dai debiti?
A: La durata varia a seconda della procedura scelta e della complessità del caso. Possiamo dare alcuni riferimenti: un piano del consumatore normalmente tra preparazione, deposito, omologa impiega circa 4-6 mesi. Dopodiché c’è la fase di esecuzione: i piani spesso prevedono pagamenti mensili per 4-5 anni, quindi l’esdebitazione completa arriva dopo aver finito le rate (diciamo 5 anni tipici). Quindi in totale dal primo ricorso alla liberazione finale possono passare ~5 anni e mezzo. Un accordo/concordato minore simile: 6-12 mesi per omologare, poi il piano di pagamento che può durare, anche qui, 3-5 anni (o a volte meno se vendi dei beni subito). Una liquidazione controllata dura in media 2-3 anni per vendere tutto e chiudere; l’esdebitazione scatta subito alla chiusura, quindi diciamo entro 3 anni sei libero (il CCII impone max 4 anni in casi complessi). La esdebitazione incapiente è la più rapida: 2-3 mesi per ottenere il decreto e sei subito libero, salvo la finestra di 4 anni di monitoraggio (ma se non ottieni soldi in quel periodo, non devi fare nulla). Le procedure familiari durano come le singole, forse leggermente meno perché unificate. Ricorda che questi tempi sono orientativi: molto dipende dal carico di lavoro del tribunale e da eventuali intoppi (es. opposizioni di creditori possono allungare di qualche mese/un anno). Comunque, parliamo di anni, non decenni. In ogni caso, una volta omologata la procedura, sei già protetto e in carreggiata verso l’esdebitazione, anche se formalmente arriva a fine piano/liquidazione.

Q8: Che cos’è l’OCC e come lo contatto? Devo pagarlo io?
A: L’OCC è l’Organismo di Composizione della Crisi, un ente autorizzato dal Ministero (spesso istituito presso gli Ordini dei commercialisti, degli avvocati, le Camere di Commercio, o società specializzate) che ha il compito di assistere i debitori nelle procedure di sovraindebitamento. In pratica, è il primo sportello a cui rivolgersi: l’OCC nominerà un gestore della crisi (professionista esperto) che analizzerà la tua situazione e ti aiuterà a predisporre la proposta migliore (piano, accordo o valutare la liquidazione). L’OCC poi redige la relazione da allegare al ricorso (attestando meritevolezza e fattibilità) e durante la procedura funge da supervisore o liquidatore. Ogni provincia ha almeno un OCC pubblico (ad esempio l’OCC istituito presso la Camera di Commercio). Puoi trovare l’elenco sul sito del Ministero Giustizia o chiedere al tribunale. La normativa prevede che il compenso dell’OCC sia a carico del debitore, ma di solito viene inserito nella procedura stessa: cioè l’OCC viene pagato con i soldi destinati ai creditori (in prededuzione). Se sei nullatenente, molti OCC accettano l’incarico sapendo che saranno soddisfatti solo se c’è attivo; in caso di esdebitazione incapiente a volte c’è patrocinio gratuito. È importante però sapere che all’inizio l’OCC potrebbe chiedere un acconto spese minimo. Ad esempio, alcune Camere di Commercio chiedono €200-€500 per avviare la pratica e fare le visure. Ma non sono cifre proibitive rispetto ai benefici. Ci sono anche OCC privati (studi legali/commercialisti accreditati) che concordano parcelle. In sintesi: devi rivolgerti a un OCC per iniziare, il costo definitivo verrà stabilito dal giudice alla fine e normalmente lo pagherai all’interno del piano (quindi non di tasca subito). Se il piano non va avanti, l’OCC può chiedere solo il rimborso spese.

Q9: Serve un avvocato?
A: La legge non impone obbligatoriamente l’assistenza di un avvocato per presentare la domanda di sovraindebitamento (non è come in una causa civile dove serve l’avvocato iscritto). In teoria potresti depositare il ricorso da solo con l’aiuto dell’OCC che prepara la relazione. Tuttavia, in pratica è altamente consigliato avvalersi di un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento, per diversi motivi: (a) la procedura, pur semplificata, è comunque tecnica (ci sono atti da redigere secondo certe forme, eventuali memorie da depositare se creditori fanno opposizione, udienze in cui è utile avere un legale che parli per te); (b) l’OCC si occupa della parte economico-finanziaria (analisi debiti, calcolo fattibilità), ma non sempre redige lui materialmente il ricorso da depositare in tribunale – spesso fornisce la relazione e poi il tuo avvocato assembla il ricorso legale; (c) se ci sono opposizioni o reclami da creditori, è fondamentale avere un avvocato per difendersi in giudizio; (d) psicologicamente, affrontare il tribunale con un professionista dà più sicurezza. La buona notizia è che anche le spese legali possono essere inserite nel piano (come prededuzione). Quindi puoi concordare il compenso con l’avvocato sapendo che sarà liquidato dal giudice e pagato durante la procedura. Inoltre, se il tuo reddito è sotto le soglie, potresti avere diritto al gratuito patrocinio (assistenza legale a spese dello Stato) – molti tribunali lo ammettono per le procedure di sovraindebitamento. Quindi, per procedere in sicurezza, ti conviene avere sia l’OCC sia l’avvocato. Alcuni OCC includono già nel loro team un legale che prepara gli atti, quindi valuta caso per caso. Ma se ti trovi spiazzato, sì, contatta un avvocato pratico della materia.

Q10: I miei creditori possono opporsi o bloccarmi in qualche modo?
A: No, se tu rispetti i requisiti di legge. Mi spiego: i creditori non hanno potere di veto sul piano del consumatore (nessun voto, solo osservazioni), e non possono impedirti di presentare domanda di liquidazione (possono semmai farla loro per primi!). Nell’accordo/concordato minore, qualcuno potrebbe non aderire e così farti mancare il quorum; però se raggiungi la maggioranza richiesta, i dissenzienti non possono opporsi oltre certi limiti (possono contestare convenienza ma se gliela garantisci il giudice omologa comunque). In pratica, la legge bilancia gli interessi: il creditore può fare opposizione in tribunale solo su aspetti di legalità (es. il debitore ha nascosto beni? La proposta li tratta peggio di una liquidazione? Non è meritevole perché ha frodato? ecc.). Ma non può impedire la procedura per puro capriccio. Se il giudice ritiene la proposta conforme e il debitore onesto, omologa anche con il dissenso dei creditori (nel piano non votano, nell’accordo basta la maggioranza). L’unico caso in cui i creditori possono “bloccare” è se tu proponi un accordo e non riesci a far votare abbastanza sì (allora niente omologa). Però anche lì, se vedi ostilità, puoi rinunciare all’accordo e chiedere la liquidazione: e in liquidazione i creditori non possono opporsi perché è un loro stesso diritto (il massimo che possono fare è segnalare se tu non fossi sovraindebitato realmente, ma se hai i requisiti il giudice apre). Quindi stai tranquillo: nessun singolo creditore può impedirti di accedere alla procedura. Certo, possono rendere la vita più difficile con osservazioni e impugnazioni, allungando i tempi un po’ – ma se la procedura è ben impostata dall’inizio (documentazione corretta, piano equo), le loro opposizioni verranno respinte. Per esempio, capita che banche o il Fisco facciano opposizione dicendo “secondo noi il debitore non è meritevole” o “il piano non ci conviene”; se l’OCC e le carte dimostrano il contrario, il giudice rigetta le opposizioni e conferma l’omologa. Quindi, l’importante è preparare bene la pratica con l’OCC e l’avvocato per prevenire possibili contestazioni.

Q11: Posso includere anche debiti contestati o non ancora scaduti?
A: Sì. La procedura di sovraindebitamento ha vocazione onnicomprensiva: devi includere tutti i tuoi debiti esistenti alla data del ricorso (art. 7 L.3/2012 prevedeva ciò e il CCII lo conferma). Anche i debiti in lite (contestati) vanno indicati, specificando che sono oggetto di causa. Di solito si prevede che quei debiti saranno soddisfatti nel piano/liquidazione solo se e nella misura in cui risultino dovuti all’esito della causa. Se hai, ad esempio, un contenzioso tributario in corso, lo metti nell’elenco debiti come potenziale, e il piano può accantonare una certa somma in attesa del giudizio. Se poi vinci la causa, quella somma verrà liberata per altri creditori o restituita; se perdi, c’è già lo stanziamento. I creditori contestati possono votare? In genere no, se il credito è veramente oggetto di causa, spesso li si considera “sub iudice” e non ammessi a voto (dipende, ma per prudenza alcuni tribunali li fanno votare per l’importo non contestato). Comunque, anche i debiti non ancora scaduti (futuri) si possono inserire, ma di solito non serve perché se non sono scaduti non sei inadempiente su quelli. Però pensa a un mutuo con rate future: nel piano tratti l’intero mutuo, quindi includi anche la parte non scaduta prevedendo come la pagherai o stralcerai. In liquidazione, tutti i debiti non scaduti si considerano scaduti anticipatamente (per legge) e i creditori partecipano al passivo con il loro credito attualizzato. Quindi sì, devi ricomprendere anche i debiti futuri e condizionali. Eccezione: non devi includere debiti che nasceranno dopo (es. bollette che matureranno l’anno prossimo) – solo quelli sorti fino al momento della domanda. Se ne dimentichi qualcuno? Il CCII prevede che, se in buona fede, quell’omissione non pregiudica l’esdebitazione, ma ovviamente meglio elencarli tutti sin dall’inizio.

Q12: Dopo l’esdebitazione, che succede? Potrò avere nuovi prestiti?
A: Una volta ottenuta l’esdebitazione e chiusa la procedura, i vecchi debiti sono estinti e tu sei “pulito” legalmente. Sul piano pratico, però, la tua segnalazione creditizia (CRIF, Centrale Rischi) rifletterà che sei passato da una procedura concorsuale. Per i sistemi finanziari, questo è un elemento negativo che rimane per un certo periodo. In CRIF, ad esempio, le morosità pregresse e gli accordi vengono registrati per alcuni anni. Quindi all’inizio sarà difficile ottenere credito: le banche potrebbero rifiutare prestiti o chiedere molte garanzie. Tuttavia, col tempo la situazione può migliorare. Importante: legalmente non sei impedito: a differenza dell’ex fallito (che aveva restrizioni, oggi molto attenuate), tu puoi tornare ad intraprendere attività economiche liberamente. Anzi, la ratio è proprio reinserirti nell’economia. Alcune banche magari potrebbero anche vedere positivo il fatto che non hai più debiti (preferibile a uno indebitato per 100k!). Molto dipende dal tuo reddito e garanzie future. Con un contratto di lavoro stabile, dopo qualche anno di storia pulita, potrai accedere a finanziamenti (magari con tassi un po’ più alti inizialmente). Per dire: se vuoi un mutuo subito dopo esdebitazione, improbabile. Ma un piccolo prestito con garante, forse sì. In generale, l’esdebitazione ti dà una nuova chance, sta a te usarla prudentemente: non indebitarti di nuovo sconsideratamente. Se proprio ti serve credito per una causa valida (es. far ripartire un’attività), mostra il tuo attuale bilancio e che la procedura è conclusa – alcuni confidi o microcredito potrebbero aiutare, ci sono programmi di microcredito per esdebitati meritevoli. Ad ogni modo, nessuna preclusione legale esiste: potrai firmare contratti, ottenere fidi, ecc. La diffidenza iniziale del sistema creditizio è fisiologica ma superabile. Inoltre, se stavi subendo pignoramenti o sequestri, con l’esdebitazione questi vengono meno, e potrai riavere il normale accesso al conto corrente, stipendio libero, ecc. Quindi, dal punto di vista della qualità della vita finanziaria, starai molto meglio anche senza bisogno di credito. Infine, nota bene: se hai esdebitazione incapiente, la legge prevede che entro 4 anni se hai disponibilità dovrai destinare parte ai creditori (come detto). Ciò non significa che non puoi chiedere prestiti in quei 4 anni, ma se ne chiedi di nuovi, i finanziatori sapranno che hai appena avuto debiti cancellati – potrebbero rifiutare. Conviene forse attendere che passi quel periodo e avere una situazione consolidata.

Q13: Se la procedura non va a buon fine, che alternative ho?
A: Dipende dal perché e come “non va a buon fine”. Possono esserci vari scenari negativi: (a) Rigetto iniziale: se il tribunale dichiara inammissibile la domanda (ad es. ritiene il debitore fallibile, o non meritevole per il piano), si può valutare di ripresentare magari modificando qualcosa (es. se respingono il piano per difetto meritevolezza, potresti comunque chiedere la liquidazione controllata, dove la meritevolezza non serve per aprire). (b) Mancata omologa: es. un accordo non raggiunge il quorum, o un piano viene bocciato per convenienza insufficiente. In tal caso, il CCII consente spesso la “conversione” in procedura di liquidazione: ad esempio, se l’accordo fallisce, puoi chiedere entro 15 giorni la liquidazione controllata (lo stesso giudice può aprirla con decreto contestuale). Quindi non perdi tutto: passi da una procedura negoziale a quella liquidatoria. (c) Risoluzione/Revoca dopo omologa: se la procedura era stata omologata ma poi va male perché non riesci a rispettare il piano (risoluzione per inadempimento) o scoprono irregolarità (revoca per dolo), allora la situazione si complica. In caso di semplice inadempimento incolpevole, la legge ti consente di ripiegare sulla liquidazione: quando dichiarano risolto il piano, puoi contestualmente chiedere l’apertura liquidazione (e otterrai comunque l’esdebitazione a fine liquidazione). Se invece è revoca per frode, ahimè rimani con i debiti e anche con possibile accusa di reato: lì alternative lecite non ce ne sono, se non provare a saldare i creditori manualmente col tempo o aspettare la prescrizione (che per certi debiti non arriva mai facilmente). Diciamo che se agisci in buona fede, una via d’uscita residua c’è sempre: fallito un accordo, c’è la liquidazione; fallito un piano, c’è la liquidazione; e se fallisce la liquidazione (perché magari non paghi le spese etc.), potresti anche provare tra qualche anno a ripresentare (non c’è un divieto assoluto di riproporre procedura, salvo l’incapiente che è one-shot). Occhio però: non dare per scontato che se “salta” una procedura puoi automaticamente farne un’altra – conviene impostare bene la prima per farla andare. Nel frattempo, se la procedura salta, i creditori possono riprendere le esecuzioni (tranne se converti subito in liquidazione). Quindi potresti di nuovo subire pignoramenti. In quell’eventualità estrema, talvolta ci si accorda stragiudizialmente con i creditori maggiori (saldo e stralcio) ma senza esdebitazione formale. In conclusione: non andare al default della procedura; ma se proprio succede, confrontati con il tuo legale per valutare immediate mosse (es. convertire in liquidazione, o se già in liquidazione e viene chiusa senza esdebitazione, valutare se c’erano frodi o no; se no, magari fare reclamo in corte d’appello).

Q14: Ho avuto un fallimento come imprenditore, posso usare queste procedure per i debiti personali?
A: Sì, in molti casi sì. Bisogna distinguere: se sei stato dichiarato fallito (oggi si dice liquidazione giudiziale) come imprenditore, quella è una procedura propria dell’impresa. Al termine di quella procedura, come persona fisica potresti rimanere con debiti non coperti dal fallimento (ad esempio, fideiussioni personali, debiti verso soci, sanzioni tributarie che il fallimento non estingue, etc.). Ora, la legge prevede che il fallito ditta individuale o socio illimitatamente responsabile possa chiedere l’esdebitazione fallimentare (art. 282 CCII) a fine fallimento. Quella è la “esdebitazione dell’imprenditore fallito”, che cancella i debiti rimasti. Se te l’hanno concessa, sei già a posto (anche se quell’esdebitazione fallimentare non copre certi debiti come sanzioni fiscali… su quelli potresti pensare di usare sovraindebitamento? Non credo serva, perché quelli oramai restano e non sono comunque condonabili neanche qui). Se invece non hai ottenuto l’esdebitazione fallimentare o non l’hai chiesta, rimani con dei debiti personali post-fallimento. Ecco, in tal caso puoi ricorrere alle procedure di sovraindebitamento, purché la tua attività d’impresa sia cessata e tu ora rientri tra i soggetti “non fallibili”. La legge chiedeva che l’imprenditore uscisse dal regime fallibile – c’era la famosa regola dell’anno: dovevi attendere 1 anno dalla cancellazione dal registro imprese per accedere a L.3/2012. Ora con il CCII 2024 quell’anno può non servire se vieni in procedura familiare con altri, ma in generale conviene che l’impresa sia chiusa definitivamente. Molti ex falliti hanno usato la L.3/2012 per farsi cancellare le escussioni personali di debiti residui (come le garanzie su mutui aziendali non soddisfatte nel fallimento). Quindi la risposta è: sì, un ex imprenditore (fallito o che ha fatto concordato preventivo) che rimane indebitato personalmente può chiedere sovraindebitamento per liberarsene, a patto che sia passato il necessario tempo e che non abbia più pendente una procedura concorsuale di quelle “maggiori”. In caso di dubbio, alcuni tribunali chiedevano almeno 1 anno dalla chiusura del fallimento per fare L.3/2012; oggi penso valga ancora come indicazione di prudenza, tranne eccezioni.

Q15: Cosa succede se durante il piano/liquidazione ricevo un’eredità o vinco dei soldi?
A: Durante una liquidazione controllata, qualsiasi sopravvenienza attiva (eredità, donazione, vincita, premio) entra nella massa se acquisita entro 4 anni dall’apertura. Quindi se, per esempio, dopo 1 anno ti arriva un’eredità di uno zio, il liquidatore la dovrà acquisire (naturalmente, al netto della parte eventualmente di altri eredi) e destinarla ai creditori. Similmente, una vincita alla lotteria finisce ai creditori, tranne una quota che il giudice potrebbe lasciarti se eccede molto il 100% del debito (improbabile). Insomma, in liquidazione ti segue la nuvola fino a chiusura. Nel piano del consumatore o accordo, una volta omologato, la legge non disciplina esplicitamente le sopravvenienze. In teoria, il piano è statico: se vinci dei soldi, formalmente non sei obbligato a metterli nel piano (a meno che il giudice abbia richiesto clausole di rinegoziazione). Però, attenzione: se è un evento significativo, i creditori potrebbero chiedere la modifica del piano o revoca per atti in frode se tu occultassi la cosa. Non c’è un obbligo codificato, ma c’è un dovere di buona fede: se a metà piano vinci 100k e stai offrendo ai creditori 30k, sarebbe opportuno (e prudente) offrire di aumentare i pagamenti. Se non lo fai e scoprono a fine che hai incassato ma intascato tutto, rischi che chiedano la risoluzione del piano per grave inadempimento (anche se formalmente hai rispettato il piano originario, potrebbero appellarsi alla clausola generale di meritevolezza). Quindi consiglierei di informare l’OCC, e probabilmente rinegoziare: molti piani prevedono la clausola che “se intervengono miglioramenti economici rilevanti, il debitore destinerà anche quelli oltre a quanto previsto per aumentare le percentuali”. Questa clausola rassicura il giudice e i creditori. Nel piano, comunque, legalmente non c’è automatismo come in liquidazione. Quindi il caso va gestito con trasparenza per non mettere a rischio il beneficio finale. Nell’esdebitazione incapiente, come detto, c’è la regola dei 4 anni e 10%: se entro 4 anni dal decreto ottieni un’eredità/vincita che ti permetterebbe di pagare almeno il 10% dei tuoi vecchi debiti, devi comunicarlo e destinare quella percentuale ai creditori. Quindi es.: debiti originari 50k, vinci 10k (20%): devi dare 5k (10%) ai creditori. Se vinci 2k (4%), no obbligo. Se tacessi e ti scoprono, revocano tutto. Dunque, in incapiente c’è quell’obbligo preciso. Riassumendo: in liquidazione e incapiente c’è previsione chiara di destinazione sopravvenienze; in piano/accordo c’è un dovere di buona fede e di soddisfare al meglio i creditori, quindi meglio non nascondere colpi di fortuna e semmai usarli per chiudere prima e meglio il piano (puoi anche pagare anticipato e chiudere anticipatamente, volendo, se hai liquidità extra!).

Q16: Cosa succede ai debiti garantiti da fideiussori o coobbligati? (Es: mio padre è garante di un mio prestito)
A: L’esdebitazione del debitore non si estende automaticamente ai garanti o coobbligati terzi. Significa che se tu, debitore principale, ottieni la cancellazione del debito, la banca potrà rivalersi comunque sul fideiussore per la parte non pagata. Ad esempio: hai un prestito cointestato con tua moglie, o tua madre ha fatto da garante; se tu fai un piano e quel prestito viene stralciato al 50%, la banca potrà pretendere dall’altro obbligato il restante 50% (a meno che l’altro non partecipi alla stessa procedura). Questo è un motivo per cui, in caso di debiti con garanti familiari, conviene valutare la procedura familiare includendo anche il garante. Così la liberazione è per entrambi. Se invece il garante resta fuori, il creditore potrà escuterlo per la parte non recuperata da te. Eccezione: se il garante è un soggetto anch’egli fallibile, e la banca ha già insinuato il suo credito in un fallimento, ci sono casi particolari – ma di solito no, il coobbligato resta obbligato. Lo stesso vale se hai un socio coobbligato o un altro debitore in solido: l’esdebitazione è personale. Quindi attenzione: se vuoi sollevare anche il garante, questo deve presentare pure lui la domanda (o insieme nella familiare, o separata). Un esempio tipico: genitore garante per mutuo del figlio. Il figlio fa piano del consumatore e stralcia mutuo del 30%. La banca poi va dal genitore a chiedere il restante 70%. Se il genitore non può pagare, finirà anche lui sovraindebitato – tanto valeva includerlo prima. Quindi, bisogna coordinarsi. Diverso è il caso di codebitori solidali professionali: es. due soci di SNC con debito comune; se uno va in sovraindebitamento e l’altro no, il creditore può comunque agire sul patrimonio dell’altro. È opportuno che anche quell’altro faccia la sua procedura (magari familiare se sono parenti, o due procedure coordinate). Una consolazione: dopo la tua esdebitazione, se il garante paga per te, non può rivalersi su di te perché quel debito verso di lui è anch’esso esdebitato. In pratica, il garante pagatore resta con il cerino. Ma se il garante è un familiare, questo non è un gran sollievo, conviene pensarci prima.

Q17: Ho già beneficiato di un’esdebitazione anni fa. Posso farne un’altra?
A: Dipende dal tipo e da quanto tempo:

  • Se hai ottenuto un’esdebitazione fallimentare (da fallimento) o sovraindebitamento e sono passati almeno 5 anni, la legge (art.280 CCII) ti permette in teoria di ottenerne un’altra, ma con più severità. In particolare, per la liquidazione controllata, l’esdebitazione finale non viene concessa se hai già avuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. Trascorsi i 5 anni, potresti accedere di nuovo. Ci vuole comunque un giudizio di meritevolezza: se appare che hai abusato della procedura (ad esempio fai debiti in malafede contando di scaricarli, i giudici lo noteranno). Anche per il piano del consumatore, direi che un secondo piano entro breve non sarebbe omologato perché mancherebbe meritevolezza. Ma poniamo che 10 anni dopo tu abbia nuova sventura per cause indipendenti, potresti ripetere la procedura (non c’è un divieto perpetuo, la direttiva UE suggerisce che un debitore onesto possa avere una seconda chance ma magari non continuamente). Quindi, sì dopo un certo periodo.
  • Se invece parliamo di esdebitazione del debitore incapiente, la legge è tassativa: una volta sola nella vita. Se l’hai avuta, non potrai più chiederla. Dovrai, se mai, passare per liquidazione o altro.
  • Se avevi un piano/accordo risolto in passato senza esdebitazione, formalmente non hai avuto esdebitazione, quindi potresti riprovare un’altra procedura (magari liquidazione).
    Riassumendo: non è possibile beneficiare ripetutamente e a breve distanza di esdebitazioni. In Italia si parla di almeno 4-5 anni di intervallo minimo (questo recepisce la direttiva UE che per imprenditori insolventi prevede 3 anni, ma nel CCII hanno messo 4-5 anni). Dunque, se tu oggi fai liquidazione e sei esdebitato nel 2025, non potrai accedere a un nuovo piano o liquidazione con esdebitazione prima del 2030 grosso modo.

Q18: Quali documenti devo raccogliere per iniziare la procedura?
A: Dovrai fornire all’OCC una serie di documenti per certificare la tua situazione debitoria e patrimoniale. In generale:

  • Elenco dei debiti: estratti conto recenti di finanziamenti, mutui, saldo di carte di credito; copie di bollette insolute, di cartelle esattoriali Equitalia/Agenzia Riscossione (con prospetto debiti); eventuali atti giudiziari (decreti ingiuntivi, precetti, pignoramenti) ricevuti; insomma, tutto ciò che attesta chi sono i tuoi creditori e quanto chiedono.
  • Situazione patrimoniale: visura catastale e conservatoria per vedere se hai immobili; estratti conto bancari di tutti i conti nell’ultimo periodo (spesso chiedono estratti degli ultimi 1-2 anni per vedere movimenti); certificato PRA se hai auto/moto; attestazioni di eventuali polizze vita o investimenti; elenco mobili di valore se ne hai.
  • Documenti reddituali: ultime 3 dichiarazioni dei redditi (730/Unico); ultime 3 buste paga se lavoratore dipendente, o cedolini pensione; se lavori in proprio, bilanci o prospetto incassi/spese ultimi anni; l’ISEE spesso viene chiesto (art.67 co.2 menziona dichiarazioni redditi 3 anni, e indicare stipendi/salari e altre entrate del nucleo). Devi indicare anche la composizione del nucleo familiare.
  • Documenti anagrafici: carta d’identità, codice fiscale; stato di famiglia, certificato di residenza (per competenza territoriale).
  • Elenco atti rilevanti ultimi 5 anni: ad esempio vendite di beni, donazioni, cessioni di quote, ecc. (il CCII chiede di elencare gli atti di straordinaria amministrazione ultimi 5 anni). Se hai venduto un’auto o una casa negli ultimi anni, dovrai spiegare dove sono finiti i soldi.
  • Eventuali attestati di situazioni personali: ad es. certificati medici se la tua crisi deriva da una malattia; attestato di licenziamento/cassa integrazione se hai perso il lavoro; insomma prove che la causa dell’insolvenza è esterna e sfortunata, se disponibili.
    L’OCC magari ti farà compilare un questionario con tutte queste voci. Più sei preciso e completo, più il piano/ricorso sarà convincente. Omere o dimenticanze di debiti possono creare problemi dopo. Quindi dedica tempo a raccogliere tutto. Vale la pena: pensa che stai preparando la “pratica della tua vita” per liberarti dai debiti!

11. Esempi Pratici di Esdebitazione (Simulazioni)

Per illustrare in concreto come funzionano le diverse procedure, presentiamo alcune simulazioni semplificate basate su casi tipici. Si tratta di esempi numerici ipotetici, che aiutano a capire il meccanismo di ciascuna soluzione.

11.1 Esempio di Piano del Consumatore – “Maria, la pensionata indebitata”

Situazione: Maria, 67 anni, pensionata, vive da sola in affitto. Ha una pensione mensile di €1.000. Qualche anno fa ha contratto un prestito personale di €20.000 per aiutare il figlio, e fatto acquisti con carta di credito revolving accumulando altri €10.000 di debito. Totale debiti €30.000 verso finanziarie. Ora, tra rata del prestito e minimi delle carte, dovrebbe pagare €600 al mese, ma con €1.000 di pensione non ce la fa più (tra affitto, bollette, spese vive le restano forse €200). È chiaramente sovraindebitata.

Procedura scelta: Piano del consumatore (Maria è una consumatrice, debiti personali). Si rivolge a un OCC. L’OCC verifica che Maria è meritevole (si è indebitata per aiutare la famiglia, non per lusso, e non ha nuovi finanziamenti inutili). I creditori finanziari l’hanno caricata di interessi a tassi alti, ragione in più per ritenerla vittima del credito facile.

Proposta di piano: Maria può destinare al massimo €250 al mese ai creditori, tenendone €750 per vivere (tra affitto e spese). Si propone un piano su 5 anni (60 mesi): €250 al mese = €15.000 totali da versare. Questa somma rappresenta il 50% circa del debito totale. Si offre di pagare questo 50% in maniera uguale proporzionalmente ai due creditori. Quindi ogni rata verrà divisa in metà per la finanziaria A e metà per la B, oppure in proporzione ai crediti. A fine piano, ciascun creditore avrà ricevuto la metà di quanto dovuto, e si chiede lo stralcio del restante 50%.

Iter e esito: L’OCC redige il piano con l’elenco dei debiti (€30k) e il dettaglio dei pagamenti (€250 x 60 mesi = €15k). Attesta che i creditori prenderebbero molto meno pignorando la pensione (che è pignorabile solo per 1/5, cioè €200/mese, e avrebbero tempi lunghi e costi); quindi il piano dà loro addirittura di più (250/mese). Il tribunale ammette e poi omologa, constatando la meritevolezza di Maria. I creditori non votano ma non fanno opposizione, perché capiscono che è equo. Maria esegue puntualmente i pagamenti mensili sotto controllo OCC. Dopo 5 anni, ha pagato i €15.000 previsti. Il tribunale, su attestazione OCC, dichiara completato il piano: i restanti €15.000 di debito sono cancellati. Maria è esdebitata e può vivere la vecchiaia senza più rate.

(Questo esempio mostra un caso reale comune: 50% di stralcio con un piano compatibile col reddito. I numeri sono semplificati, in realtà il piano potrebbe prevedere piccole variazioni come eventuali versamenti straordinari se, ad esempio, Maria riceve tredicesime – ma l’idea resta: pagare una parte sostenibile e il resto perdonato).

11.2 Esempio di Accordo di Ristrutturazione – “Luigi, il piccolo imprenditore sommerso dai debiti”

Situazione: Luigi, 45 anni, titolare di una piccola impresa artigiana (ditta individuale), produce mobili. Ha avuto un calo di fatturato e si è indebitato: deve €120.000 in totale – €50.000 a una banca (saldo di un mutuo chirografario usato come liquidità), €30.000 a fornitori di legno, €20.000 al Fisco (IVA non versata), €20.000 ad altri (bollette arretrate, affitto capannone ecc.). Ha però un capannone di proprietà del valore di €80.000 libero da ipoteche, e vorrebbe evitare il fallimento e continuare l’attività magari ridimensionata. I creditori hanno iniziato ingiunzioni, è a rischio pignoramento del capannone da parte della banca.

Procedura scelta: Concordato minore (accordo di ristrutturazione) perché Luigi è un imprenditore minore, e vuole preservare la continuità aziendale.

Proposta di accordo: Con l’aiuto dell’OCC, Luigi elabora un piano a 5 anni di rilancio: prevede di vendere un macchinario inutilizzato e alcuni veicoli per fare cassa (€20.000 stimati) e di ottenere nuova liquidità con un prestito da un parente (€10.000) – totale €30.000 disponibili subito. Inoltre, continuando l’attività, stima di poter destinare €1.500 al mese ai creditori per 5 anni (pari a €90.000). Quindi il piano mette sul piatto €30.000 subito + €90.000 in 5 anni = €120.000 in totale, che guarda caso è l’intero debito. Ma Luigi vorrebbe evitare di dover pagare il 100%: propone che questi €120.000 siano così allocati: alla banca €50k (100% del suo credito) – in modo che tolga l’ipoteca e magari conceda nuova fiducia, ai fornitori €15k (50% dei 30k), al Fisco €10k (50% dei 20k, confidando nel cram-down), e gli altri €15k ai restanti chirografari (75% dei loro 20k). Totale viene €50+15+10+15 = €90k – manca €30k… Luigi in realtà propone anche di vendere il capannone fra 2 anni a mercato (o darlo in garanzia per un finanziamento) per ottenere altri €60.000 con cui pagare il Fisco e i fornitori al 100%. Ma per fare ciò chiede di dilazionare i pagamenti: la banca e i fornitori inizieranno a ricevere dopo la vendita del capannone, il Fisco accetta il 50% in 5 anni senza sanzioni. Questa costruzione è un po’ complessa, ma supponiamo che in sintesi Luigi offra di soddisfare tutti almeno al 50% entro 5 anni, qualcuno anche 100%. Il piano è plausibile: vendendo il capannone (che sacrifica, ma magari può affittarlo poi per la produzione) e con la liquidità mensile, i numeri tornano. I creditori chirografari ottengono di più rispetto a un fallimento (dove forse avrebbero poco), e l’azienda continua (così i fornitori mantengono un cliente).

Voto e omologa: Si classano i creditori in 3 classi: Banca, Fisco, Fornitori+altri (chirografari). La banca vota sì perché viene pagata al 100% se va in porto (meglio che fallimento incerto). I fornitori votano sì perché preferiscono il 50% in 2 anni anziché forse nulla. L’AdER (Fisco) tende a non votare (spesso non esprime voto), ma con i sì degli altri Luigi raggiunge comunque il 75% di consensi totali, ben oltre 50%. Il tribunale omologa l’accordo anche senza il voto dell’Erario, valutando che il 50% proposto all’Erario è più di quanto recupererebbe in una liquidazione (dove sul capannone dovrebbe iscriversi dopo banca, ecc.).

Esecuzione: Luigi vende i beni previsti, paga subito le banche in parte, inizia a versare rate mensili. Dopo 2 anni vende il capannone e con il ricavato estingue il debito IVA e paga il saldo fornitori. L’attività prosegue in affitto ma ha minori debiti e può respirare. Dopo 5 anni l’accordo è interamente adempiuto. Tutti hanno avuto almeno la loro quota. Il tribunale dichiara chiuso il concordato minore. Luigi è liberato da eventuali piccole differenze rimaste (diciamo che alla fine i chirografari han preso 80% invece di 100: la parte residua non è più esigibile). Luigi evita il fallimento, continua a fare l’artigiano seppur pagando un prezzo (ha venduto l’immobile).

(Questo esempio dimostra un caso di accordo con continuità aziendale: i creditori accettano dei tagli e tempi di pagamento più lunghi convinti che sia meglio di far fallire Luigi. Con la procedura concordataria, l’azienda è salvata e i creditori recuperano buona parte).

11.3 Esempio di Liquidazione Controllata – “Marco, il professionista indebitato con casa da liquidare”

Situazione: Marco, 50 anni, medico dentista, ha cessato l’attività perché travolto dai debiti: ha arretrati fiscali per €70.000, debiti con fornitori di attrezzature €30.000, e un mutuo residuo €100.000 sulla casa. Totale €200.000. La casa vale €150.000, su cui grava ipoteca della banca per il mutuo. Marco ora è dipendente presso uno studio dentistico con stipendio €1.500/mese. Non potrebbe pagare i debiti: solo la rata mutuo era €800 e non la paga più.

Procedura scelta: Dato che i debiti superano il valore dei beni e non c’è fattibilità di un piano (anche vendendo casa, non si coprono tutti i debiti, e come dipendente non ha reddito eccedente per pagare molto), Marco opta per la liquidazione controllata.

Svolgimento: Il tribunale apre la liquidazione su ricorso di Marco. Nomina un liquidatore. Effetti: la casa di Marco entra nella massa e il liquidatore la mette in vendita. Viene venduta all’asta a €140.000 netti. Il ricavato va in gran parte alla banca: il credito mutuo €100k viene pagato integralmente (creditore ipotecario privilegiato). Rimangono €40.000 dalla vendita. Il liquidatore, inoltre, nei 3 anni preleva ogni anno un pezzetto dello stipendio di Marco: egli può tenere per sé diciamo €1.200/mese e €300/mese vanno al concorso (limite mantenimento stabilito). In 3 anni, €300×36 mesi = €10.800 raccolti. Totale attivo circa €50.800 (€40k + €10.8k). Le spese di procedura (liquidatore, ecc.) costano €5.000. Restano €45.800 da distribuire. I debiti chirografari erano: Fisco €70k (ha privilegio generale per una parte, diciamo €20k sono privilegiati per tributi in 1° grado, il resto chirografo), fornitori €30k (chirografo). Si paga: prima i crediti privilegiati (dopo la banca, che aveva specifico su casa). Il Fisco con privilegio prende ad es. €20k su €20k (coperti quasi interamente dai €40k rimasti post-banca). Rimangono €25.800 per i chirografari totali €80k (Fisco residuo 50k + fornitori 30k). Dividendone ~32%. Quindi fornitori ricevono 32% (= €9.6k su 30k), il Fisco per la parte chirografa 32% (= €16k su 50k). Totale tornano €25.6k (arrotondiamo). I crediti restanti, ~68%, rimangono insoddisfatti. Dopo 3 anni la liquidazione è chiusa.

Esdebitazione: Il tribunale emette decreto di chiusura e dichiara inesigibili tutti i debiti di Marco rimasti (i circa €54.4k non pagati). Ciò significa che la banca è stata soddisfatta al 100% e ha chiuso mutuo, i fornitori e il Fisco per il residuo non potranno più pretendere nulla. Marco ha perso la casa e pagato quel che poteva in 3 anni, ma ora è pulito dai debiti e può ricominciare da capo senza pendenze, magari affittando un appartamento.

(Questo esempio riflette un caso classico: liquidazione di un immobile ipotecato, creditori privilegiati soddisfatti prima, chirografari in parte, e debiti residui cancellati. Marco sacrifica il patrimonio ma ottiene la liberazione.)

11.4 Esempio di Esdebitazione del Debitore Incapiente – “Paolo, l’ex imprenditore nullatenente”

Situazione: Paolo, 60 anni, ex piccolo imprenditore edile, ha chiuso l’attività da qualche anno a causa della crisi e ha debiti per circa €80.000 (prevalentemente debiti bancari e fiscali accumulati). Attualmente Paolo non possiede beni: vive in affitto in un modesto appartamento, non ha auto (usa i mezzi), sul conto ha meno di €1.000. Il suo unico reddito è una pensione sociale di €600 al mese. Ha anche problemi di salute che gli impediscono di lavorare. Non è ufficialmente fallito (la sua ditta individuale era “sotto soglia” e i creditori non l’hanno fatta fallire). I creditori (banche e Agenzia Riscossione) sanno che Paolo non ha nulla: hanno tentato pignoramento mobiliare a casa ma non c’era niente di valore. Paolo è insomma nullatenente e la sua situazione è disperata, non potrà mai pagare quei debiti.

Procedura scelta: Esdebitazione del debitore incapiente (art.283 CCII). Paolo si rivolge all’OCC per conferma di non avere utilità. L’OCC e un avvocato lo aiutano a predisporre il ricorso.

Ricorso: Viene presentata istanza in tribunale chiedendo di liberare Paolo dai suoi debiti senza liquidazione, evidenziando: – Soggettivo: Paolo è persona fisica meritevole: i debiti derivano dal fallimento della sua ditta edile per la crisi edilizia, non ha compiuto atti fraudolenti (anzi ha perso anche la casa anni fa per i debiti); – Oggettivo: Patrimonio pari a zero: allega estratto catastale (nessun immobile), PRA (nessun veicolo), conti bancari a zero, ISEE bassissimo. Reddito: solo pensione minima che serve a malapena per sopravvivere; – Nessuna prospettiva di miglioramento: data l’età e salute, improbabile che ottenga redditi extra futuri; – Non ha mai beneficiato di esdebitazione prima. L’istanza notifica i creditori principali (due banche e l’Agenzia Riscossione).

Decisione: Il tribunale fissa udienza. Nessun creditore si oppone (sanno che da Paolo non cavano comunque nulla). Il giudice esamina la documentazione e conclude che effettivamente Paolo non ha alcuna utilità da offrire e la sua insolvenza non è frutto di malafede (c’è pure documentazione medica su un intervento al cuore che lo ha costretto a chiudere l’attività). Dunque, con decreto dichiara: ai sensi art.283 CCII, Paolo è esdebitato dai suoi €80.000 di debiti, che diventano inesigibili.

Effetti: Immediatamente i creditori non possono più pretendere nulla. I debiti sono cancellati (“colpo di spugna” totale). Paolo torna “libero”: la sua pensione non rischia pignoramenti, può iniziare a vivere senza quel peso. Condizioni dopo: Il decreto specifica l’obbligo per Paolo di informare il tribunale e i creditori se nei prossimi 4 anni dovesse acquisire disponibilità tali da poter pagarne almeno il 10%. Cioè se per ipotesi entro 4 anni riceve un’eredità di €20.000 (che è 25% dei 80k), dovrebbe destinare almeno €8.000 ai vecchi creditori, proporzionalmente. Passati 4 anni senza novità (cosa probabile), l’esdebitazione diventa definitiva.

(Questo esempio mostra il caso più “fortunato”: Paolo non paga nulla e i suoi debiti vengono azzerati per legge, data la sua condizione di totale incapienza. È il cosiddetto fresh start a costo zero per il debitore onesto sfortunato.)

12. Documenti e Modelli Utili (Fac-simili)

In questa sezione forniamo degli schemi semplificati di atti che solitamente si utilizzano nelle procedure di sovraindebitamento. Si tratta di tracce generali, da adattare al caso concreto con l’assistenza di un professionista.

12.1 Fac-simile di Ricorso per l’Accesso alla Procedura (es. Piano del Consumatore)

(Intestazione)
Al Tribunale Civile di (città) – Sezione Fallimentare/Specializzata Crisi d’Impresa
Ricorso ex art. 67 D.Lgs.14/2019 per omologazione di piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore

Ricorrente: Sig. ____ (nome, cognome), nato a ___ il ___, C.F. _, residente in ___ via ___ n., elettivamente domiciliato in ___ presso lo studio dell’Avv. ___ (se assistito), rappresentato da ___ (Avv./difensore) come da procura allegata.

Oggetto: Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento – Piano del Consumatore.

Premesso che:

  • Il ricorrente versa in stato di sovraindebitamento ai sensi dell’art.2, co.1, lett.c) CCII, trovandosi nell’impossibilità di far fronte ai propri debiti, come dettagliato in seguito.
  • Il Sig. ___ è un consumatore (art.2, co.1, lett.e CCII), avendo contratto obbligazioni per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali.
  • Le cause della crisi sono ___ (esporre sintesi: es. perdita del lavoro, spese mediche impreviste, ecc.), eventi che hanno determinato l’accumulo dei debiti in buona fede.
  • Il ricorrente non risulta assoggettabile a procedure concorsuali diverse (non è imprenditore commerciale sopra soglia).
  • Per la composizione della crisi, il Sig. ___, con l’ausilio dell’Organismo di Composizione della Crisi nominato, ha elaborato un Piano del Consumatore ai sensi degli artt.67 ss. CCII, che si ritiene conforme ai requisiti di legge (fattibilità, meritevolezza, convenienza per i creditori).
  • È stato conferito incarico all’OCC di ___ (denominazione OCC) con decreto del Tribunale in data ___ (oppure: l’OCC ____ ha accettato l’incarico su designazione del ricorrente, come da comunicazione allegata).
  • L’OCC, nella persona del Gestore Sig. ___, ha predisposto la Relazione particolareggiata ex art. 70 CCII, allegata al presente ricorso (All. _), nella quale si attesta: la completezza e veridicità dei dati forniti, le cause dell’indebitamento, la condotta del debitore priva di frode o colpa grave (meritevolezza), la sostenibilità e convenienza del piano proposto rispetto alla liquidazione (convenienza per creditori).

Situazione Debitoria:
Si allega l’elenco dettagliato dei creditori (All. _):

  • Creditor Alfa S.p.A. (finanziaria): €___ residuo da prestito personale (contratto n.___ del ___).
  • Creditor Beta banca: €___ saldo carta di credito n.___.
  • Agenzia Entrate-Riscossione: €___ per cartella n.__ del __ (IRPEF/IVA anni __).
  • (elencare tutti).
    Totale debiti: €___.

Situazione Patrimoniale e Reddituale:

  • Il ricorrente non possiede immobili né altri beni immobili (vedi visura catastale All.). Possiede un’autovettura ____ del valore commerciale modesto (€__, vedi Quattroruote). Ha mobilio di normale valore.
  • Conti correnti: giacenza media €___ (All. estratti conto).
  • Reddito: ____ (es. stipendio mensile €___ come da busta paga All._; oppure NASpI €, pensione €, etc.).
  • Carico familiare: (es. coniuge e 2 figli minori a carico, reddito coniuge €__, spese mensili familiari dettagliate…).

Proposta di Piano:
Il ricorrente propone di soddisfare i creditori come segue (art. 67 CCII):

  • Creditori privilegiati: (es. Agenzia Entrate per €__ di cui €__ privilegiati) saranno pagati integralmente fino a concorrenza del valore dei beni su cui insiste privilegio, pari a €__ (come attestato dall’OCC). In concreto, €__ in ___ mesi.
  • Creditori chirografari (Finanziaria Alfa €, Banca Beta € …): saranno pagati parzialmente nella misura percentuale del %, tramite versamento di rate mensili di € per __ anni. Tali pagamenti derivano dal reddito disponibile del debitore detratto il minimo per il sostentamento suo e della famiglia.
  • Nessun creditore riceve meno di quanto otterrebbe in una liquidazione controllata, come evidenziato nella relazione OCC: ad es., i creditori chirografari percepiranno il __%, a fronte di una stima del __% in caso di liquidazione (All. relazione, pag. __).
  • Il piano ha durata di __ anni (dal __ al __). Le rate saranno versate all’OCC che provvederà alla ripartizione.
  • (Eventuali previsioni aggiuntive: es. “Si prevede la vendita volontaria dell’autovettura con ricavato €__ da destinare pro-quota ai creditori entro il __”; “È richiesta la sospensione per 12 mesi delle azioni esecutive sul quinto dello stipendio ex art. 67 co.3 CCII, ristrutturando il relativo debito come sopra indicato”).
  • Moratoria: Il piano prevede una moratoria di __ mesi per il pagamento dei creditori privilegiati X e Y, come consentito dall’art.68 CCII (es. sospensione rate mutuo ipotecario per 12 mesi, interessi maturano soli legali).
  • Garanzie: (se un terzo offre garanzia o pagamento parziale, indicare).
  • Meccanismi di controllo: L’esecuzione del piano sarà soggetta alla vigilanza dell’OCC; il debitore si impegna a riferire periodicamente sul proprio reddito.
  • Eventi straordinari: In caso di miglioramento significativo del reddito (oltre €__ mensili) o introiti straordinari (>€__ lump sum), il debitore destinerà tale eccedenza aggiuntiva ai creditori, riducendo eventualmente la durata del piano.
  • Non vi sono atti di frode ai creditori: negli ultimi 5 anni il debitore ha compiuto solo atti ordinari (all. elenco atti ex art. 69 c.2: es. acquisto auto usata €__ nel __). Non risultano pagamenti preferenziali revocabili.

Meritevolezza:
Il ricorrente non ha colpe gravi o frode nell’aver contratto i debiti: come da relazione OCC (pag__): i debiti derivano da ____ (es. spese mediche per grave malattia, perdita del lavoro). Non ha assunto finanziamenti sproporzionati consapevolmente: si evidenzia che all’epoca dei prestiti il reddito era €__, sufficiente a sostenerli, e l’insolvenza è sopravvenuta per cause indipendenti dalla sua volontà. Non ha aggravato la sua situazione volontariamente né dissipato beni (vive modestamente, come da ISEE).

Convenienza per i creditori:
La relazione OCC attesta che il piano assicura ai creditori una soddisfazione migliore di quella ottenibile in caso di liquidazione controllata (alternativa per il debitore). In caso di liquidazione, stimato attivo €__, i creditori chirografari riceverebbero circa __%; con il piano riceveranno __%. Inoltre, il piano evita le lungaggini e i costi della procedura liquidatoria, fornendo immediato rimborso parziale e prospettiva di realizzo su __ anni.

Domanda
Tutto ciò premesso, il Sig. ___, come sopra rappresentato, ricorre a codesto Tribunale affinché voglia:

  1. Omologare il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore proposto, secondo i termini sopra esposti e come da documenti allegati, ai sensi dell’art. 69 CCII, dichiarandolo vincolante per tutti i creditori anteriori;
  2. Disporre in via immediata, ex art. 54 CCII richiamato dall’art. 70 CCII, la sospensione di eventuali procedure esecutive individuali pendenti (in particolare il pignoramento n.___ RGE presso Terzi avviato da ___), fino all’omologazione del piano;
  3. Dare atto che, con l’omologazione, tutti i crediti chirografari resteranno falcidiati nella misura proposta e che, ad esecuzione completata, il debitore sarà esdebitato per la parte residua (art. 67 co.3 lett.d CCII);
  4. Nomina di Gestore/OCC: mantenere l’Organismo di Composizione della Crisi __ già designato, nella persona del Dott. ____, quale gestore incaricato della vigilanza sull’attuazione del piano fino al completamento;
  5. (eventuale) In caso di mancata omologazione del piano, convertire il presente procedimento in istanza di liquidazione controllata ex art. 70 co.5 CCII.

Allegati:

  1. Elenco nominativo di tutti i creditori con indicate somme dovute e cause di prelazione (art.67 co.2 lett. a) CCII);
  2. Inventario e descrizione dei beni del debitore (art.67 co.2 lett. b) – esito visure catastali, PRA, elenco mobili);
  3. Elenco atti di straordinaria amministrazione ultimi 5 anni (art.67 co.2 lett. c));
  4. Copie dichiarazioni dei redditi anni __, __, __ (art.67 co.2 lett. d));
  5. Indicazione di stipendi, pensioni e altre entrate del debitore e del nucleo familiare, con quanto occorre al sostentamento (art.67 co.2 lett. e)) – allegato ISEE e spese mensili medie;
  6. Relazione particolareggiata dell’OCC ex art. 70 CCII (contenente attestazione fattibilità e meritevolezza);
  7. Eventuali dichiarazioni di terzi (es. coniuge) sulla contribuzione al piano;
  8. Copia verbale di accettazione incarico OCC e decreto di nomina OCC (se esistente);
  9. Procura alle liti (se con avvocato);
  10. Documenti vari: estratti conto debitori, lettere banche, atti ingiuntivi, ecc.

Luogo, data.

Firma del ricorrente _____ (e avvocato se presente)

(Questo fac-simile è semplificato: un ricorso effettivo includerebbe più dettagli numerici e giuridici. Ma contiene gli elementi chiave richiesti dalle norme e mostra la struttura logica: fatti, situazione debiti, piano proposto, richieste al tribunale.)

12.2 Esempio di Piano di Rientro dei Debiti (estratto)

(Questo potrebbe essere un allegato al ricorso, spesso incluso nella relazione OCC o nel ricorso stesso come sezione. Può essere presentato anche in forma tabellare per chiarezza.)

Prospetto di Rimborso previsto nel Piano:

  • Disponibilità iniziale: €5.000 (derivante da liquidazione TFR accantonato, disponibile alla data di omologa). Interamente destinata ai creditori chirografari pro-quota al momento dell’omologa.
  • Rate mensili da reddito: €300 al mese per 48 mesi = €14.400 totali, a valere sul reddito da lavoro del debitore (importo calcolato tenendo conto che €1.000 servono al mantenimento famiglia). Prima rata il 30/09/2025, ultima il 30/08/2029. Queste somme saranno accantonate dall’OCC e ripartite semestralmente ai creditori chirografari in proporzione.
  • Eventuale bonus annuale: se il reddito annuale netto del debitore eccederà €25.000 in uno qualsiasi degli anni di piano, l’eccedenza (al netto tasse) sarà versata integralmente ai creditori in aggiunta (clausola di salvaguardia).
  • Destinazione dettagliata:
    • Creditori privilegiati: Agenzia Entrate Riscossione (privilegio per IVA €10.000) sarà soddisfatta integralmente con €10.000 provenienti dalle prime 34 rate (€300×34=€10.200, di cui €10.000 a AER, €200 residuale ai chirografari). Dopo tale importo, gli interessi e sanzioni (chirografari) di AER saranno trattati con gli altri chirografari.
    • Creditori ipotecari: N/D (il debitore non ha mutui/ipoteche).
    • Creditori chirografari: riceveranno complessivamente €9.200 (i €5.000 iniziali + residuo €4.200 dalle rate, dopo pagati privilegiati). Questo importo rappresenta il 20% circa del loro credito totale (€46.000). Sarà ripartito come segue: Banca X €3.000 (20% di 15k), Finanziaria Y €1.200 (20% di 6k), Fornitore Z €5.000 (20% di 25k).

Riparto atteso per ciascun creditore:

  • Banca X: credito €15.000 chirografo. Riceve €3.000 (20%) in 4 anni.
  • Finanziaria Y: credito €6.000. Riceve €1.200 (20%) in 4 anni.
  • Fornitore Z: credito €25.000. Riceve €5.000 (20%) in 4 anni.
  • AER (Agenzia Entrate): credito totale €12.000 (€10k IVA privil., €2k sanzioni chirog.). Riceve €10.000 subito (100% IVA) + €400 (20% di €2k sanzioni) = €10.400 (~86,6%).

(Tabella riepilogativa)

CreditorImporto dovutoCategoriaImporto pagato nel piano% soddisfazione
Agenzia Entrate€12.000€10k privil.€2k chirog.€10.400 (€10k + €400)100% privil.20% chirog. (tot ~87%)
Banca X (prestito)€15.000chirografo€3.00020%
Finanziaria Y€6.000chirografo€1.20020%
Fornitore Z€25.000chirografo€5.00020%
Totale€58.000€19.600(media ~34%)

Durata del Piano: 4 anni (48 mesi) dal mese successivo all’omologa. Eventuale chiusura anticipata se tutte le somme previste verranno versate prima (ad es., se il debitore ottiene bonus e li versa ai creditori, riducendo il debito residuo prima del termine). Al completamento, come indicato, il Tribunale dovrà dichiarare inesigibili i crediti restanti ex art. 69 co.2 CCII.

(Questo piano di rientro è solo esemplificativo: i piani reali contengono spesso simulazioni di scenari, interessi, etc., e possono presentare più dettagli. Ma così si capisce come si presenta chi paga cosa e in quale tempistica.)

12.3 Altri modelli di atti

  • Istanza di Nomina OCC: (se il Tribunale non ha un OCC già individuato) – un’istanza semplice indirizzata al Tribunale chiedendo di voler designare un Organismo di Composizione della Crisi o un professionista gestore ex art. 68 CCII, indicando eventualmente se ci si è già rivolti a uno. Spesso però è il Tribunale su ricorso che nomina l’OCC contestualmente.
  • Comunicazione ai creditori: una volta ammessa la procedura, l’OCC predispone l’avviso ai creditori con il sunto della proposta e l’udienza (per piano del consumatore è per eventuali osservazioni, per accordo è per convocazione adunanza di voto). Un modello tipico: “Spett.le creditore __, La informiamo che il Sig. ha presentato ricorso ex L.3/2012 / CCII per la composizione della crisi da sovraindebitamento. In allegato la proposta di piano/accordo e relazione OCC. L’udienza per l’omologazione (o adunanza dei creditori) è fissata il ___ ore ___ avanti il Tribunale di __. Entro tale data può trasmettere eventuali osservazioni scritte (o nel caso accordo: è invitato a esprimere il Suo voto favorevole o contrario alla proposta entro __…). In mancanza, si considererà voto negativo (nel concordato). Cordiali saluti – Gestore OCC …”.
  • Verbale adunanza dei creditori (accordo): redatto dall’OCC, contiene l’elenco dei creditori presenti o che hanno votato per iscritto, e l’esito delle votazioni (chi sì, chi no, percentuali). Firmato dal gestore e, se nominato, dal giudice delegato. Questo viene depositato in Tribunale per l’omologa.
  • Decreto di Omologa (schema): (emesso dal Tribunale): “Il Tribunale di , letto il ricorso ex art. CCII del Sig.; vista la relazione OCC; rilevato che la proposta soddisfa i requisiti di legge (il debitore è meritevole ex art., il piano è fattibile e conveniente…); preso atto che i creditori non si sono opposti / l’accordo è stato approvato con la maggioranza richiesta; P.Q.M. – Omologa il piano del consumatore (o accordo) proposto dal Sig._; dichiara che esso è vincolante per tutti i creditori anteriori (…) e che a esecuzione ultimata il debitore sarà liberato dai debiti residui ex art.; dispone la cessazione di eventuali procedure esecutive pendenti; nomina il Gestore OCC Sig.__ per la fase di esecuzione; manda all’OCC di monitorare e riferire eventuali inadempimenti; ecc.”.
  • Istanza di chiusura e esdebitazione (liquidazione): a fine liquidazione, il liquidatore deposita conto finale e piano riparto. Se nessuno contesta, il debitore può presentare un’istanza: “Chiedo che, chiusa la procedura, venga dichiarata la mia esdebitazione ai sensi dell’art.280 CCII, avendo cooperato lealmente e non essendo emersi atti in frode”. Il Tribunale emetterà decreto di chiusura liquidazione e contestuale esdebitazione.
  • Modello di accordo extragiudiziale (in preparazione della procedura): non richiesto formalmente, ma alle volte prima di depositare un accordo si raccolgono adesioni informali dai creditori chiave. Può essere sotto forma di lettera di intenti: “Egr. Sig. debitore, in riferimento alla Sua proposta di saldo del 40% del nostro credito in 5 anni, Le comunichiamo la nostra disponibilità di massima, subordinata all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione in sede tribunale. Cordiali saluti, Creditore…”. Queste lettere poi si allegano per far vedere al giudice che la maggioranza è d’accordo.
  • Atti successivi: Istanza di conversione in liquidazione (se piano fallisce), Istanza di revoca omologa (da creditore, se scoperte frodi), etc., seguono format di atti di parte normali.

(Data la complessità, questi modelli sono indicativi. Si raccomanda di consultare i formulari ufficiali talora predisposti dai tribunali: ad esempio, alcuni tribunali pubblicano modelli di ricorso sul loro sito. Il debitore fai-da-te dovrebbe comunque appoggiarsi all’OCC per la redazione corretta degli atti.)


Conclusione:
La procedura di esdebitazione per privati – attraverso il sovraindebitamento – è ormai una realtà consolidata e in costante evoluzione nel nostro ordinamento. Come abbiamo visto, offre una gamma di strumenti adatti a diverse situazioni (dal consumatore sovraindebitato ma con un reddito per un piano, all’imprenditore minore che cerca un accordo, fino al debitore totalmente incapiente che chiede clemenza). L’elemento comune è la filosofia della seconda chance: l’ordinamento, con le dovute garanzie, tende la mano al debitore sommerso dai debiti purché questi sia trasparente e offra tutto il possibile ai creditori. Si supera così l’idea del “debitore per sempre perseguitato”, nell’interesse non solo suo ma anche dell’economia generale (un debitore liberato può tornare a produrre e consumare). Naturalmente, l’accesso è riservato ai casi meritevoli – i furbi e i disonesti non trovano scappatoie, anzi le procedure hanno anticorpi contro gli abusi. Al 2025, l’esperienza applicativa mostra un incremento delle omologazioni di piani, accordi e liquidazioni in tutta Italia, con un orientamento giurisprudenziale generalmente favorevole a interpretazioni che agevolino la riuscita delle procedure di sovraindebitamento, nel rispetto della legge. Conoscere bene questi istituti è fondamentale per avvocati, commercialisti e consulenti che assistono soggetti in crisi, così come per gli stessi imprenditori e cittadini indebitati: una corretta procedura di esdebitazione può letteralmente cambiare la vita di una persona o la sorte di un’attività. Questa guida ha cercato di fornire un quadro completo, aggiornato e pratico dell’iter da seguire – dalle nozioni generali, ai passi concreti, alle tutele normative – affinché chiunque si trovi “strozzato” dai debiti possa intravedere una luce in fondo al tunnel e, con gli strumenti di legge, ritrovare un equilibrio finanziario.

Bibliografia Normativa e Giurisprudenziale

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14, in vigore dal 15/07/2022) – Articoli rilevanti: art.2 (definizioni di “sovraindebitamento”, “consumatore”, “debitore minore” etc.), art.65 (Elenco procedure sovraindebitamento), art.66 (Procedure familiari), artt.67-73 (Ristrutturazione dei debiti del consumatore), artt.74-80 (Concordato minore – Accordo di composizione), artt.268-277 (Liquidazione controllata del sovraindebitato), art.283 (Esdebitazione del debitore incapiente).
  • Legge 27 gennaio 2012 n.3 (vecchia Legge sul Sovraindebitamento, ora abrogata): utile per i principi ispiratori e l’evoluzione storica. Articoli importanti erano: art.6-16 (procedure di composizione), art.14-terdecies (Liquidazione del patrimonio), art.14-quaterdecies (introdotto nel 2020, esdebitazione incapiente).
  • Decreto Legge 137/2020 conv. L.176/2020: ha modificato la L.3/2012 anticipando parte della riforma (esdebitazione incapiente, abbassamento quorum accordo, esdebitazione automatica).
  • Direttiva (UE) 2019/1023 (cosiddetta direttiva Insolvency): recepita in Italia col D.Lgs.83/2022 e D.Lgs. 83/2022 (correttivo CCII), da cui derivano alcune novità (cram-down sui crediti erariali, durata massima 3 anni per liquidazione, ecc.).
  • Cassazione Civile – Principali pronunce:
    • Cass. civ. Sez. I, 01/02/2016 n.1869: ha qualificato le procedure L.3/2012 come concorsuali, consentendo l’applicazione analogica di principi fallimentari (ad es. su revocatorie).
    • Cass. Sez. I, 31/01/2022 n.280: ha ribadito il requisito di meritevolezza nel piano del consumatore (disciplina pre-riforma), affermando che il giudice deve valutare la diligenza del debitore nell’assunzione dei debiti (concetto di “merito creditizio” violato dalla finanziaria non esime la colpa grave del consumatore).
    • Cass. Sez. I, 27/07/2023 n.22890: ha evidenziato come la “sudditanza psicologica” del consumatore verso il credito facile non basti a escludere la sua colpa grave; ha inoltre rinviato al giudice di merito la valutazione, sottolineando che con il CCII la meritevolezza è esplicita e va considerata seriamente.
    • Cass. Sez. I, 07/07/2023 n.22699: sul concetto di “consumatore”, ha incluso i soci illimitatamente responsabili (per debiti estranei all’attività sociale) nella definizione ex art.2 lett.e CCII.
    • Cass. Sez. I, 14/02/2023 n.4613: ha confermato un accordo L.3/2012, chiarendo che i motivi di opposizione all’omologa sono limitati e che la convenienza del piano rispetto all’alternativa spetta al prudente apprezzamento del giudice di merito (non sindacabile in Cassazione).
    • Cass. Sez. Unite, 15/11/2021 n.36747: (non citata prima) ha risolto un contrasto sul ruolo del giudice nell’omologa dell’accordo, stabilendo che il tribunale può valutare d’ufficio la convenienza per i creditori dissenzienti ai fini del cram-down, evitando omologhe meramente “numeriche”.
    • Cass. Sez. I, 20/10/2021 n.30125: in tema di liquidazione, ha affermato che l’esdebitazione del sovraindebitato post-liquidazione (nel regime L.3/2012) non copriva le sanzioni amministrative pecuniarie, in analogia all’art. 142 l.fall. (principio ora recepito dall’art.282 CCII).
    • Cass. Sez. I, 19/08/2024 n.22914: (recentissima) ha affrontato un caso di apertura di liquidazione controllata su istanza di creditore, confermando la legittimità di tale istanza ex art.268 CCII e delineando i presupposti (pendenza esecuzioni come indizio di insolvenza sufficiente).
    • Cass. Sez. I, 16/05/2022 n.15804: ha ammesso la falcidia dei crediti ipotecari nel piano del consumatore entro il limite del “valore di realizzo” del bene (principio poi codificato in art.67 co.4 CCII).
  • Tribunali di merito – Pronunce significative:
    • Tribunale di Milano, 06/12/2017: ha ammesso un ricorso congiunto di coniugi (ancor prima della legge) sostenendo la ragionevolezza di un approccio unitario ai debiti familiari. Questo orientamento anticipatorio è ora legge nell’art.66 CCII.
    • Tribunale di Napoli Nord, 18/05/2018: analogamente, ha autorizzato procedura unica per coniugi, evidenziando l’origine comune dei debiti (mutuo casa).
    • Tribunale di Ivrea, 01/08/2023: decreto di rigetto dell’esdebitazione incapiente per un debitore che aveva omesso di versare ai creditori somme disponibili (nel caso, tratteneva stipendio oltre il necessario). Sancisce che l’incapace meritevole non deve avere colpe successive, come aver aggravato il passivo omettendo versamenti.
    • Tribunale di Trapani, 01/02/2023: decreto di accoglimento esdebitazione incapiente per una debitrice nulla tenens, con richiamo alla finalità umanitaria dell’istituto.
    • Tribunale di Foggia, 12/01/2023: ha concesso esdebitazione a fine liquidazione, evidenziando la collaborazione del debitore e facendo riferimento a Cass. 22699/2023 sul concetto di consumatore.
    • Tribunale di Torino, 24/05/2023: (cit. da note pratiche) ha ribadito il limite triennale di durata della liquidazione, rifiutando proroghe richieste dal liquidatore, coerentemente con art. 14 CCII.
    • Tribunale di Roma, 15/02/2023: omologando un accordo con cram-down fiscale, ha applicato l’art. 63 CCII (ora 80 CCII) per superare il dissenso tacito dell’Erario, ritenendo soddisfatta la “convenienza economica rispetto all’alternativa liquidatoria”.
    • Tribunale di Bari, 10/11/2022: in un piano del consumatore, ha considerato come meritevole un debitore che aveva contratto debiti di gioco ma poi intrapreso un percorso di cura per ludopatia, riconoscendo la ludopatia come causa non del tutto volontaria di indebitamento (richiamando Cass. 9087/2018 e Cass. 282/2018 in materia).
    • Tribunale di Mantova, 30/09/2022: (articolo Bianchi-Miccio) ha commentato la novità dell’istanza di liquidazione da parte dei creditori, evidenziando la ratio di evitare l’inerzia dei debitori e parificando i non fallibili ai fallibili in termini di responsabilità patrimoniale.
    • Tribunale di Livorno, Linee guida 2023: consiglia modalità operative, ad es. nella procedura familiare di redigere prospetti separati per ciascun membro.
    • Tribunale di Lecce, Linee guida 2022: evidenzia la necessità di trattare debiti cointestati in modo coordinato e l’impatto del correttivo ter su procedura familiare.

Procedura di Esdebitazione per Privati: Fatti Aiutare Da Studio Monardo

Hai accumulato debiti che non riesci più a pagare?
Hai perso il lavoro, subito un imprevisto o semplicemente non riesci più a far fronte a mutui, bollette e prestiti?

⚠️ La legge ti permette di azzerare i debiti in modo legale, definitivo e protetto.
Si chiama Esdebitazione ed è una procedura rivolta ai privati in grave difficoltà economica.

Cos’è la procedura di esdebitazione

📄 È un percorso previsto dal Codice della Crisi, pensato per:

🔹 Persone fisiche non imprenditori
🔹 Cittadini sovraindebitati in modo irreversibile
🔹 Chi non ha più alcuna possibilità realistica di pagare i propri debiti

🎯 L’obiettivo? Cancellare totalmente i debiti residui, anche verso banche, Agenzia delle Entrate, finanziarie o privati.

Quando puoi richiedere l’esdebitazione

✅ Hai debiti che superano ampiamente il tuo reddito o patrimonio
✅ Non possiedi beni sufficienti per soddisfare i creditori
✅ Sei stato onesto e trasparente nella gestione delle tue finanze
✅ Non hai frodato o nascosto beni per evitare il pagamento

📌 Anche se non hai nulla da offrire, puoi comunque accedere a una procedura semplificata chiamata “esdebitazione del debitore incapiente”.

Cosa ottieni con l’esdebitazione

Azzeramento totale dei debiti non pagati
Stop immediato a pignoramenti, cartelle, solleciti e interessi
Nuova possibilità di vita economica libera e regolare
✅ Nessun bisogno di fallire o vendere beni che non possiedi

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Valuta se hai i requisiti per accedere alla procedura
📑 Predispone tutta la documentazione necessaria
✍️ Presenta la domanda presso l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
⚖️ Ti assiste davanti al giudice per ottenere l’esdebitazione
🔁 Ti segue fino alla cancellazione ufficiale dei tuoi debiti

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in sovraindebitamento e diritto delle famiglie
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Fiduciario OCC per la gestione di casi personali e familiari
✔️ Consulente per cittadini in stato di insolvenza civile

Conclusione

I debiti non devono accompagnarti per tutta la vita.
Con la procedura di esdebitazione puoi ripartire da zero, senza paura e senza più pignoramenti.

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Liberarti dai debiti è possibile. Basta iniziare il percorso giusto.

Leggi con attenzione: se in questo momento ti trovi in difficoltà con il Fisco ed hai la necessità di una veloce valutazione sulle tue cartelle esattoriali e sui debiti, non esitare a contattarci. Ti aiuteremo subito. Scrivici ora. Ti ricontattiamo immediatamente con un messaggio e ti aiutiamo subito.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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