Piano del Consumatore e Pignoramento: Cosa Sapere

Hai uno o più pignoramenti in corso su conto corrente, stipendio, pensione o altri beni?
Se sei una persona fisica sovraindebitata – magari a causa di finanziamenti, carte di credito, bollette o vecchi debiti con il fisco – puoi bloccare tutto legalmente attraverso il piano del consumatore, uno strumento previsto dal Codice della Crisi.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto del sovraindebitamento e difesa del patrimonio personale – ti spiega cos’è il piano del consumatore, chi può accedervi e come può fermare immediatamente i pignoramenti e le azioni esecutive.

Scoprirai:

  • Chi può usare il piano del consumatore: ogni persona fisica che ha debiti non legati a un’attività imprenditoriale in corso (dipendenti, pensionati, disoccupati, ex autonomi, famiglie in difficoltà);
  • Cosa succede una volta presentato il piano:
    Sospensione automatica dei pignoramenti e delle procedure esecutive
    – Blocco delle azioni dei creditori, anche per banche e Agenzia delle Entrate
    – Protezione del reddito e del patrimonio minimo vitale
  • Come funziona il piano:
    – Si propone un pagamento parziale e sostenibile dei debiti in base alle proprie reali capacità economiche
    – Viene approvato dal Tribunale, senza bisogno di consenso da parte dei creditori
    – Alla fine del piano, i debiti residui vengono cancellati (esdebitazione)
  • Quali sono i requisiti principali: buona fede, documentazione completa, affidabilità delle informazioni, incapacità oggettiva di pagare integralmente i debiti;
  • Cosa puoi salvare: lo stipendio minimo vitale, la casa, il conto, e bloccare nuove trattenute se sei già colpito da pignoramento;
  • Quando agire: prima è meglio, perché ogni giorno che passa può peggiorare la situazione patrimoniale e ridurre le possibilità di accesso alla procedura.

Con l’aiuto di un avvocato esperto puoi costruire un piano del consumatore su misura, bloccare le aggressioni dei creditori e finalmente riprendere il controllo della tua vita economica, nel pieno rispetto della legge.

Alla fine della guida potrai richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, per valutare la tua situazione, capire se puoi accedere al piano del consumatore e fermare il pignoramento in corso in modo legale e definitivo.

Introduzione

Il piano del consumatore – oggi chiamato piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore – è uno strumento giuridico introdotto per aiutare persone fisiche in grave indebitamento (i sovraindebitati) a uscire dalla spirale dei debiti evitando di subire passivamente i pignoramenti dei propri beni. Introdotto inizialmente con la cosiddetta “legge salva-suicidi” (legge n. 3/2012) e poi confluito nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022), il piano del consumatore consente al debitore non fallibile di proporre un programma di rientro sostenibile, sotto il controllo del tribunale, in modo da soddisfare – anche solo parzialmente – i creditori ed ottenere la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione).

Questa guida, aggiornata a maggio 2025, fornisce una panoramica completa dell’istituto e del suo rapporto con le procedure esecutive (pignoramenti). Si rivolge in particolare ad avvocati e imprenditori, con linguaggio giuridico ma dal taglio divulgativo, e affronta tutte le questioni chiave: i requisiti per l’accesso, le tipologie di debiti coinvolti (da quelli fiscali ai mutui bancari), le novità normative e giurisprudenziali, il ruolo fondamentale dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) nella procedura, i benefici concreti del piano rispetto al pignoramento e le prassi operative attuali. Troverete inoltre tabelle riassuntive sugli strumenti disponibili, una sezione di FAQ (domande frequenti) e simulazioni pratiche di casi italiani, il tutto corredato da riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati.

Obiettivo del piano del consumatore: dare una “seconda possibilità” al debitore civile onesto ma sfortunato, in linea con principi di solidarietà e di giustizia sociale, evitando che una situazione debitoria fuori controllo si traduca inevitabilmente nella perdita della casa, dei beni essenziali e nella estinzione forzata (pignoramento) di tutto il patrimonio. Il piano, se correttamente utilizzato, può bloccare le esecuzioni in corso, ridurre drasticamente l’ammontare dovuto e salvare i beni primari (come l’abitazione principale) trovando un equilibrio tra i diritti dei creditori e la dignità del debitore. Nelle sezioni seguenti analizzeremo in dettaglio come funziona questo strumento, quali sono le condizioni per accedervi e quali vantaggi offre rispetto al normale pignoramento.

Dal “Salva-Suicidi” al Codice della Crisi: quadro normativo

Il piano del consumatore nasce con la legge 27 gennaio 2012 n. 3, nota anche come legge sul sovraindebitamento o “anti-suicidi”, emanata in un periodo di crisi economica per arginare i drammi personali dei piccoli debitori insolventi. La legge 3/2012 prevedeva tre procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento:

  • Accordo di composizione dei debiti (detto anche accordo con i creditori, su base negoziale);
  • Piano del consumatore (riservato ai debitori consumatori, con omologazione giudiziale senza necessità di accordo dei creditori);
  • Liquidazione del patrimonio (procedura di liquidazione volontaria dei beni del debitore).

Nel 2020, a seguito di esperienze applicative, è intervenuta la legge n. 176/2020 (di conversione del D.L. 137/2020 “Decreto Ristori”) che ha modificato la legge 3/2012, anticipando alcune novità poi riprese nel nuovo Codice della crisi. Tra queste novità vi è la semplificazione dei requisiti di accesso e l’introduzione di una procedura di esdebitazione per il debitore incapiente (ossia la possibilità, in casi estremi, di cancellare i debiti senza alcun pagamento, come vedremo).

Il vero punto di svolta è stata però l’entrata in vigore, il 15 luglio 2022, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 – che ha abrogato la legge 3/2012 unificandone la disciplina nel nuovo corpus normativo. Il Codice ha rinominato il piano del consumatore in “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore” (artt. 67 e seguenti CCII), collocandolo insieme al “concordato minore” (ex accordo con i creditori) e alla “liquidazione controllata” (ex liquidazione del patrimonio) come strumenti per la composizione della crisi da sovraindebitamento. In sostanza:

  • Il piano del consumatore resta la procedura riservata al debitore consumatore, con omologazione giudiziale senza il voto dei creditori. È disciplinato dagli artt. 67-73 CCII (Capo II del Titolo IV).
  • L’accordo con i creditori per i soggetti non consumatori viene sostituito dal concordato minore (artt. 74-83 CCII), in cui i creditori votano sulla proposta.
  • La liquidazione controllata dei beni (artt. 268-277 CCII) sostituisce la precedente liquidazione; al termine di essa il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione.
  • È confermata la possibilità di esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII), già introdotta nel 2020, che consente – a certe condizioni – di cancellare i debiti anche senza alcun pagamento.

In questa guida ci concentreremo sul piano del consumatore, ossia lo strumento dedicato ai debitori civili (privati) che permette di superare la crisi di sovraindebitamento evitando gli effetti più dirompenti dei pignoramenti. Faremo tuttavia cenno, ove utile, alle altre procedure per evidenziare differenze e offrire un quadro completo.

Importante: sebbene useremo spesso il termine tradizionale piano del consumatore, esso va inteso secondo l’attuale disciplina del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore. I principi generali restano analoghi, tenendo conto delle modifiche normative sopravvenute (ad es. nuovi criteri di meritevolezza, nuove cause di inammissibilità, ecc. introdotte nel 2020 e nel Codice).

Cos’è e come funziona il Piano del Consumatore

Il piano del consumatore è una procedura giudiziale di ristrutturazione dei debiti rivolta esclusivamente a persone fisiche consumatori, ossia individui che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. In pratica, ne può beneficiare il privato cittadino sovraindebitato (o anche l’ex piccolo imprenditore non fallibile i cui debiti siano prevalentemente personali, come vedremo). Attraverso il piano, il debitore propone al tribunale un programma di pagamento dei propri debiti sostenibile e calibrato sulle sue effettive capacità economiche, anche prevedendo il pagamento solo parziale di alcuni crediti (“stralcio” del debito). I creditori non votano sull’accordo – a differenza di quanto accade in un concordato – ma possono eventualmente sollevare opposizione; sarà il giudice a valutare ed eventualmente omologare il piano, rendendolo vincolante per tutti i creditori inclusi.

In sostanza, nel piano del consumatore il giudice svolge un ruolo di garanzia: verifica che il piano rispetti i requisiti di legge (onestà del debitore, fattibilità, trattamento equo dei creditori) e, se del caso, lo omologa anche senza il consenso dei creditori. Una volta omologato, il piano diventa obbligatorio per i creditori anteriori e impedisce nuove azioni esecutive individuali. Il debitore dovrà quindi eseguire il piano (ad esempio pagando le rate previste o liquidando determinati beni secondo il programma); all’esito positivo otterrà l’esdebitazione, cioè la liberazione definitiva dai debiti residui non soddisfatti.

Vediamo più da vicino le caratteristiche fondamentali:

  • Procedura giudiziale concorsuale: il piano del consumatore si svolge davanti al Tribunale competente. Si tratta di una procedura concorsuale in cui tutti i creditori concorrono a una soluzione unitaria della crisi. Il tribunale apre un procedimento su ricorso del debitore assistito dall’OCC, nomina un giudice delegato e infine emette una sentenza di omologazione (sotto la vigenza della l.3/2012 era un decreto).
  • Nessun voto dei creditori: a differenza dei concordati, i creditori non sono chiamati ad approvare il piano. Questo è un vantaggio enorme per il debitore, perché evita che un singolo creditore o una minoranza possa bloccare la procedura. Il contrappeso è che il giudice effettuerà un controllo particolarmente rigoroso sulla correttezza e fattibilità del piano, tutelando gli interessi dei creditori in sede di omologa.
  • Continuità possesso dei beni: durante la procedura il debitore mantiene il possesso dei suoi beni (salvo diverso accordo nel piano stesso). Non vi è spossessamento come nel fallimento; anzi, spesso il piano è finalizzato proprio a consentire al debitore di conservare beni essenziali (ad es. l’abitazione principale) attraverso un pagamento dilazionato ai creditori garantiti piuttosto che subire il pignoramento e la vendita forzata.
  • Soddisfazione parziale dei creditori: il piano può prevedere il pagamento non integrale di taluni debiti (la cosiddetta falcidia o stralcio del debito). Ad esempio, si può offrire ai creditori chirografari solo una percentuale del dovuto, oppure pagare un creditore ipotecario in misura ridotta rispetto all’intero debito residuo. Ciò è possibile purché il piano offra ai creditori almeno quanto otterrebbero in una liquidazione dei beni del debitore (principio di convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria). Su questo punto la giurisprudenza ha sviluppato importanti orientamenti, specie riguardo ai creditori privilegiati, di cui diremo oltre.
  • Flessibilità e durata variabile: non esistono vincoli normativi stringenti sulla durata del piano. Essa dipende dal tempo necessario a pagare le somme promesse coi flussi di reddito previsti. In molti casi pratici i piani durano alcuni anni (3, 5, 7 anni), ma vi sono esempi di piani pluridecennali ammessi dai tribunali in situazioni particolari: ad esempio 26 anni (Trib. Foggia, omologa 12.03.2020) o 20 anni (Trib. Como, 25.05.2018), oppure 10 anni (Trib. Cuneo, 23.03.2022). Ciò evidenzia la flessibilità dello strumento: il piano viene tagliato su misura del debitore, purché appaia realistico e non vessatorio per i creditori.
  • Controllo di meritevolezza: uno dei cardini del piano del consumatore (nella previgente legge 3/2012) era la verifica della meritevolezza del debitore. Il giudice doveva accertare che il consumatore non avesse colposamente aggravato la propria esposizione, ad esempio assumendo debiti oltre le proprie possibilità in modo irresponsabile. Con la riforma del 2020, questo criterio è cambiato: oggi conta principalmente l’assenza di “colpa grave, mala fede o frode” nel determinare il sovraindebitamento (art. 69 CCII). In pratica, il piano è inammissibile se il debitore ha causato la propria insolvenza con dolo o colpa grave – ad esempio sperperando denaro in modo deliberato o fraudolento – mentre non viene più richiesta la “ragionevole previsione di adempimento” per ogni debito assunto. La Corte di Cassazione ha chiarito nel 2023 che la valutazione della meritevolezza va ora calibrata sul nuovo parametro legislativo, più oggettivo e limitato ai casi di grave colpevolezza o frode. Questo abbassa in parte la soglia: il debitore non deve essere perfetto, basta che non abbia tenuto comportamenti gravemente scorretti o ingannato i creditori.
  • Coinvolgimento dell’OCC: il debitore non opera da solo ma con l’ausilio obbligatorio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e di un Gestore nominato. L’OCC svolge funzioni cruciali: aiuta a redigere il piano, verifica la veridicità dei dati, predispone una relazione particolareggiata sulla situazione economica e sulle cause dell’indebitamento, attestando la fattibilità del piano e la sussistenza dei requisiti (assenza di colpa grave, convenienza del piano per i creditori, ecc.). Senza l’attestazione e la relazione dell’OCC, il piano non può essere presentato validamente. Approfondiremo più avanti il ruolo dell’OCC.

In definitiva, il piano del consumatore rappresenta una alternativa al pignoramento che consente al debitore di riprendere in mano la situazione: invece di subire passivamente l’esecuzione forzata dei propri beni a iniziativa dei creditori (con il rischio di restare comunque con debiti insoddisfatti), il debitore propone un piano di soluzione complessiva della crisi debitoria, sotto la regia del tribunale, impegnandosi a pagare quanto effettivamente può. In cambio, ottiene la tutela dalle azioni esecutive e, se tutto va bene, la cancellazione dei debiti residui alla fine del percorso.

Nel prossimo paragrafo vedremo chi può accedere al piano e con quali condizioni. Successivamente esamineremo le varie categorie di debiti e come vengono trattati, per poi passare agli aspetti procedurali, ai benefici in rapporto ai pignoramenti e agli esempi pratici.

Chi può accedere al Piano del Consumatore: requisiti soggettivi

L’accesso al piano del consumatore è riservato ai debitori non fallibili che siano persone fisiche “consumatori”. In dettaglio, i requisiti soggettivi e le cause di esclusione sono:

  • Consumatori non soggetti a fallimento: il richiedente deve essere un consumatore, cioè una persona fisica che ha contratto obbligazioni per scopi estranei ad attività d’impresa o professionale (art. 2, co.1, lett. e) CCII). Ciò significa che imprenditori e professionisti in attività generalmente non possono accedere al piano del consumatore. Tuttavia, possono accedere alle altre procedure (concordato minore o liquidazione controllata) se rientrano nelle soglie di non fallibilità. Il concetto di “non fallibilità” include i piccoli imprenditori sotto le soglie di legge, gli imprenditori agricoli, le start-up innovative e altri soggetti esclusi dalla liquidazione giudiziale (il “nuovo fallimento”). In pratica, il tipico candidato al piano è il privato cittadino sovraindebitato (es. padre di famiglia con mutuo e debiti vari, pensionato garante di un prestito, ecc.).
  • Debiti personali (eventuale presenza di debiti d’impresa): l’orientamento oggi prevalente in giurisprudenza ammette il piano del consumatore anche se il debitore ha debiti misti – in parte personali, in parte derivanti da una passata attività d’impresa – purché i debiti di natura personale siano prevalenti in termini quantitativi e qualitativi. Ad esempio, un piccolo imprenditore cessato che abbia debiti verso fornitori ma soprattutto debiti familiari e bancari personali, può accedere al piano se la parte principale dell’esposizione non è legata all’attività d’impresa. Diversi tribunali (Reggio Emilia, Trani, Grosseto, Spoleto, Napoli) hanno adottato questo criterio della “prevalenza”, ritenendo che la qualifica di consumatore non venga inficiata dal fatto che alcuni debiti abbiano origine imprenditoriale, guardando piuttosto all’insieme e alla natura predominante del debito. Di contro, un orientamento più restrittivo (Trib. Milano 4.10.2017, Trib. Roma 28.2.2018) negava l’accesso al piano se vi erano anche solo debiti da attività d’impresa, richiedendo che il consumatore non avesse mai assunto obbligazioni riconducibili all’attività imprenditoriale (neppure come fideiussore). La tendenza attuale, confermata da pronunce recentissime (es. Tribunale di Napoli, sent. n. 78/2025), è però quella di consentire il piano in presenza di debiti misti quando il debito consumeristico prevale e di escludere dal piano gli eventuali debiti d’impresa secondari. In tal caso, il piano tratterà i debiti personali e lascerà fuori quelli professionali (che potranno essere al limite oggetto di altra procedura). È comunque fondamentale, se si hanno debiti di doppia natura, fornire al giudice e all’OCC una chiara suddivisione dell’origine e della percentuale di ciascun debito.
  • Onestà e assenza di condotte fraudolente: il debitore deve aver tenuto un comportamento corretto e trasparente. La legge esclude espressamente l’accesso se il sovraindebitamento è stato causato da “colpa grave, malafede o frode” del debitore (art. 69, co.1, CCII e già art. 7, co.2, lett. d-ter, l.3/2012 novellata). In concreto, è precluso il piano a chi abbia, ad esempio, accumulato debiti volontariamente e in malafede, confidando di non pagarli, oppure abbia frodato i creditori sottraendo o simulando atti sul patrimonio. Va segnalato che prima della riforma 2020 il criterio di “meritevolezza” era più ampio e guardava anche alla imprudenza del consumatore (es. aver fatto spese sproporzionate alle proprie capacità); oggi conta soprattutto l’assenza di dolo o colpa grave. Resta fermo invece che atti in frode ai creditori compiuti nei 5 anni precedenti possono costituire causa di inammissibilità – ad esempio donazioni del proprio patrimonio fatte poco prima di chiedere il piano. Su questo punto il Codice della crisi ha attenuato i divieti rispetto alla l.3/2012: ora anche se vi sono atti potenzialmente revocabili, la procedura può essere aperta (sarà eventualmente il liquidatore, nella liquidazione controllata, a esercitare l’azione revocatoria autorizzato dal giudice). Il concetto di “frode” rilevante ai fini dell’ammissione al piano implica comunque un intento ingannatorio verso i creditori, non la mera esistenza di atti pregiudizievoli se questi sono dichiarati apertamente dal debitore e conosciuti. In sintesi, il debitore deve presentarsi al tribunale in buona fede, senza aver nascosto informazioni o aggravato la propria posizione dolosamente.
  • Documentazione completa e veritiera: il debitore ha l’onere di dichiarare e documentare tutta la propria situazione economica: elenco di tutti i creditori e relativi importi, elenco dei beni di proprietà, redditi, spese essenziali, eventuali atti di disposizione compiuti di recente, procedimenti pendenti, ecc. La legge richiede la massima trasparenza. L’OCC redigerà una relazione attestando la completezza e attendibilità dei dati forniti. Omettere colpevolmente un credito o altri elementi rilevanti può portare all’inammissibilità o, se scoperto dopo, alla revoca del beneficio.
  • Assenza di procedure simili recenti: il beneficio dell’esdebitazione non può essere concesso più di una volta in un breve arco temporale. In base all’art. 69, co.2, CCII, il consumatore non può accedere al piano se è già stato esdebitato (ossia ha già beneficiato di una cancellazione dei debiti residui) nei 5 anni precedenti la domanda. Inoltre, non può accedere chi ha già beneficiato dell’esdebitazione due volte in passato (anche oltre i 5 anni). Queste previsioni mirano a evitare abusi e “seriali” utilizzi dell’istituto. Va precisato però che se un precedente tentativo di sovraindebitamento è stato dichiarato inammissibile o non omologato, ciò non preclude di per sé una nuova domanda: ad esempio, secondo la giurisprudenza, una procedura precedente respinta o revocata non vale come “beneficio” ottenuto, quindi non scatta il divieto quinquennale a riprovarci. Resta comunque il fatto che il debitore dovrà spiegare perché una nuova richiesta dovrebbe andare a buon fine (correggendo magari le cause di inammissibilità precedente).
  • Ulteriori cause ostative: non può accedere al piano (né alle altre procedure di sovraindebitamento) il debitore che:
    • Ha subito la revoca di un precedente piano o accordo perché inadempiente. Ad esempio, chi ha ottenuto l’omologazione di un piano ma poi se l’è fatto annullare per inadempimento, perde credibilità e non può proporre un nuovo piano immediatamente.
    • È sottoposto a liquidazione giudiziale (fallimento) o vi sarebbe soggetto: se il debitore è in stato di insolvenza grave tale da essere assoggettabile a liquidazione giudiziale (fallibile e superate soglie), non può “ripiegare” sul piano del consumatore. Il sovraindebitamento è riservato ai non fallibili. Analogamente, se pende già una procedura concorsuale maggiore (es. un fallimento o concordato preventivo) sul soggetto, non può essere iniziato un piano del consumatore in parallelo.
    • Non risiede in Italia: la competenza è del tribunale del luogo di residenza (o centro interessi) del debitore. Un soggetto non residente potrebbe incontrare ostacoli, salvo casi di giurisdizione italiana applicabile.

In sintesi, il profilo tipico del beneficiario è: persona fisica (o famiglia) sommersa dai debiti, non imprenditore in esercizio, che agisce con trasparenza e buona fede, non ha soluzioni alternative (né patrimonio sufficiente né reddito per soddisfare tutto né accesso a concordati preventivi, ecc.), e non ha già abusato di questa opportunità in tempi recenti. Per gli imprenditori o professionisti sovraindebitati, l’alternativa è il concordato minore (se piccole dimensioni) o la liquidazione controllata, strumenti affini di cui diremo brevemente più avanti.

Un caso particolare: famiglie indebitate. La normativa attuale prevede espressamente che più membri della stessa famiglia possano presentare un unico progetto di piano se conviventi o se il sovraindebitamento ha origine comune. Ciò consente, ad esempio, a marito e moglie entrambi indebitati (magari per fideiussioni reciproche o spese familiari) di accedere insieme alla procedura con un piano familiare unitario, evitando duplicazioni e coordinando i pagamenti.

Tipologie di debiti nel Piano del Consumatore

Uno degli aspetti cruciali è capire quali debiti possono essere inclusi nel piano del consumatore e come essi vengono trattati. In linea generale, tutti i debiti del sovraindebitato possono rientrare nella procedura, indipendentemente dalla loro natura (fiscale, bancaria, civile, ecc.), ad eccezione di alcune specifiche categorie di crediti che per legge non possono essere cancellati nemmeno dopo l’esdebitazione. Di seguito esaminiamo le principali tipologie:

  • Debiti fiscali ed erariali (Agenzia Entrate Riscossione): i debiti verso il Fisco (imposte statali, tasse locali, IVA) e verso gli enti previdenziali (es. INPS) possono essere inclusi nel piano. Questo significa che anche somme dovute all’Erario, cartelle esattoriali, contributi non versati, possono essere oggetto di ristrutturazione e parziale pagamento. È un punto fondamentale: il piano del consumatore offre una via d’uscita anche a chi è oppresso dai debiti fiscali, senza necessità di adesione formale da parte dell’Agente di Riscossione (che però verrà sentito e potrà fare osservazioni). Quanto si paga ai crediti fiscali? Dipende dal caso: se il debitore ha qualche patrimonio o reddito, di solito il piano prevede di riconoscere almeno il valore che quei crediti otterrebbero dalla vendita forzata dei beni (in base al loro grado di privilegio). Ad esempio, un debito IVA o IRPEF privilegiato deve ricevere nel piano almeno il dividendo corrispondente al realizzo dei beni su cui grava il privilegio, altrimenti il giudice potrebbe ritenere i creditori erariali trattati peggio che in liquidazione e quindi non omologare. Tuttavia, se il debitore non possiede nulla, è possibile proporre anche un pagamento fortemente ridotto dei debiti fiscali (o perfino nullo in casi estremi), poiché in caso di liquidazione essi non otterrebbero comunque niente. Esempio: un consumatore con €50.000 di debiti Equitalia e nessun bene, ma solo uno stipendio modesto, potrebbe proporre di pagarne una parte (es. 20%) in 4–5 anni; se questo è il massimo ricavabile, il piano potrebbe essere approvato. Va ricordato che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha fornito indicazioni (Circolare AE n.19/2015) in passato su come trattare i piani del consumatore, richiedendo la relazione dell’OCC e una valutazione caso per caso. In ogni caso, anche i debiti tributari possono subire un forte “taglio”: emblematico è il caso di piani omologati che falcidiano le cartelle esattoriali quasi integralmente, quando il debitore è incapiente. Al termine del piano, la parte di imposte non pagata viene definitivamente annullata dall’esdebitazione (salvo il caso di sanzioni penali autonome, di cui si dirà tra poco).
  • Debiti bancari e finanziari: rientrano tutti i debiti verso banche, società finanziarie, carte di credito, leasing, cessioni del quinto, ecc. Spesso il sovraindebitato ha accumulato prestiti personali, scoperti di conto, ratei di finanziamento insoluti. Nel piano è possibile rinegoziare questi debiti, ad esempio proponendo un saldo a stralcio parziale. I crediti bancari sono di norma chirografari (senza garanzie reali) salvo vi sia un’ipoteca o pegno; quindi in assenza di garanzie saranno trattati insieme agli altri chirografari, ricevendo una certa percentuale. Se invece vi sono garanzie (es. mutuo ipotecario, leasing auto), si veda il punto successivo sui debiti con garanzia. Le banche non votano sul piano, ma possono depositare osservazioni e opposizioni: in particolare potrebbero contestare la fattibilità o la convenienza del piano. Tuttavia, se il giudice ritiene il piano equo e sostenibile, può omologarlo anche contro il parere della banca. Un aspetto importante: l’omologazione del piano impedisce alla banca di iniziare o proseguire pignoramenti per quei crediti (es. pignoramento del conto, stipendio, ecc. verranno bloccati). Per il debitore, dunque, inserire i debiti finanziari nel piano significa congelare gli interessi di mora e le azioni esecutive, pagando solo quanto stabilito (magari il capitale residuo senza interessi, o una quota ridotta di esso).
  • Mutui ipotecari e altri debiti garantiti (pignoramento immobiliare): molti piani del consumatore riguardano casi in cui il debitore ha un mutuo sulla prima casa che non riesce più a sostenere, ed è magari già partita una procedura di pignoramento immobiliare. Questa è una situazione drammatica ma in cui il piano può fare la differenza tra perdere la casa all’asta o conservarla. In generale, un debito garantito da ipoteca o pegno può essere trattato nel piano in due modi: o continuando a pagare regolarmente il debito (magari dilazionando eventuali arretrati), oppure ristrutturandolo, cioè modificandone le condizioni (allungando i termini, riducendo interessi) e persino prevedendo il pagamento parziale del credito se il valore del bene non copre l’intero debito. Ad esempio, se resta un mutuo residuo molto superiore al valore attuale della casa, il piano può proporre di pagare soltanto quanto la casa vale. La giurisprudenza ha aperto la porta a tagli considerevoli dei mutui ipotecari in tali casi, basandosi proprio sulla convenienza rispetto all’alternativa esecutiva: se vendendo all’asta l’immobile il creditore ipotecario ricaverebbe poco, è ragionevole omologare un piano che gli offra una somma anche sensibilmente inferiore al credito, ma comunque maggiore di quanto otterrebbe dalla vendita forzata. Emblematico è un caso del Tribunale di Nola (2020), dove il mutuo residuo di circa €150.000 gravante sull’abitazione è stato ridotto a €55.000 (37% circa) da pagare in 7 anni: il Collegio ha valutato che, dati i ripetuti ribassi d’asta, probabilmente l’immobile non avrebbe fruttato più di quella cifra all’asta, dunque tanto valeva accettare il piano che evitava la vendita e garantiva al creditore la stessa (se non maggiore) soddisfazione. In altri termini, il piano può cramdown del creditore ipotecario (imporre un accordo al ribasso) se ciò non lo penalizza rispetto alla liquidazione. Occorre però fare attenzione: non tutti i tribunali inizialmente erano d’accordo su questa possibilità. Alcune decisioni rigide hanno ritenuto che non si possa falcidiare un credito ipotecario senza il consenso del creditore, se non alle condizioni espressamente previste dalla legge. Ad esempio, il Tribunale di Torino (decr. 5.11.2021) ha respinto un piano che prevedeva di pagare solo il 62% di un mutuo ipotecario, ritenendo inapplicabile l’eccezione che consente la prosecuzione del mutuo ex art. 8, co.1-ter, l.3/2012, quando comunque il piano ne modificava l’importo dovuto. Invece il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (decr. 2.11.2021) ha adottato un approccio favorevole al debitore, consentendo persino di iniziare a pagare il creditore ipotecario oltre il limite di un anno dall’omologa (moratoria più lunga), argomentando che altrimenti si vanificherebbe la ratio della normativa di sovraindebitamento. Oggi, grazie anche alle novità del Codice della crisi, l’orientamento è più favorevole alla ristrutturazione di questi debiti: se il piano dimostra che il pagamento parziale al creditore ipotecario è comunque la soluzione migliore anche per il creditore, il giudice può omologare. Naturalmente devono essere rispettate le cause legali di prelazione: se, ad esempio, l’immobile vale più del debito, non si potrà in genere ridurre il credito sotto quel valore (perché il creditore sarebbe danneggiato rispetto a vendere il bene). Diverso è se il bene ha valore insufficiente: in tal caso il creditore ipotecario di secondo grado potrebbe anche essere degradato a chirografario per la parte scoperta, e trattato di conseguenza. Esecuzioni immobiliari pendenti: se è già in corso un pignoramento sulla casa, la presentazione del piano consente di chiedere al giudice la sospensione dell’asta fino alla decisione sull’omologa. Molti tribunali concedono tale sospensione per evitare che, durante l’istruttoria del piano, l’immobile venga venduto vanificando tutto (il Codice lo prevede espressamente all’art. 70 CCII). Ad esempio, il Tribunale di Nola ha sospeso un’esecuzione immobiliare a 20 giorni dall’asta proprio in funzione di un piano del consumatore presentato dai debitori. Se poi il piano viene omologato, l’esecuzione viene definitivamente estin­ta (non si può proseguire né iniziarne di nuove per quei crediti). Questo rappresenta forse il beneficio più concreto: il piano del consumatore è uno strumento potentissimo per bloccare il pignoramento della casa e proporre una soluzione alternativa (pagamento rateale parziale) che eviti la perdita dell’immobile. Inoltre esistono strumenti specifici che possono integrarsi con il piano: ad esempio la rinegoziazione del mutuo sulla prima casa prevista dall’art. 41-bis D.L. 124/2019 (conv. in L. 157/2019). Questa norma consente al debitore-consumatore in procedura esecutiva sulla prima casa, a certe condizioni, di chiedere al giudice un’imposizione di un nuovo piano di ammortamento alla banca o l’intervento di un finanziatore terzo con surroga ipotecaria. Tale istanza può essere formulata anche nell’ambito di un piano del consumatore, come via subordinata: il giudice potrebbe invitare la banca a valutare la rinegoziazione prima di procedere. Sono misure eccezionali per casi di crisi grave, introdotte dal legislatore (cd. fondo salva-casa e simili). Pur essendo strumenti paralleli, meritano attenzione perché confermano la finalità di salvaguardare l’abitazione principale del debitore sovraindebitato ove possibile.
  • Debiti personali e verso privati (prestiti tra parenti, fornitori, privati): qualunque debito di natura privata (non professionale) che il soggetto abbia contratto – ad esempio un prestito da un familiare, una scrittura privata di mutuo, debiti verso amici o conoscenti, oppure anche debiti verso fornitori se riferiti a spese personali – può essere inserito nel piano. Questi debiti sono normalmente chirografari e dunque in sede di piano possono subire i maggiori abbattimenti. Non vi sono trattamenti di favore previsti per legge: il debitore può proporre di pagarli in parte, o anche di non pagarli affatto se le risorse mancano (sarà il giudice a valutare l’equità complessiva). Ad esempio, un debito di €5.000 verso un parente potrebbe non essere pagato per nulla se già si destinano tutte le risorse ai crediti più importanti; il familiare-creditore verrà comunque vincolato dall’esdebitazione finale a rinunciare al suo credito non soddisfatto. Importante: quando si hanno debiti informali, non risultanti da atti ufficiali, è essenziale dichiararli comunque e includerli per trasparenza, altrimenti rischiano di emergere dopo ed esporre il debitore all’accusa di aver tratto in inganno i creditori (omettendo debiti).
  • Debiti per canoni, bollette, condominio: rientrano nel piano anche i debiti verso il condominio (quote condominiali arretrate), le utenze domestiche insolute, e simili. Spesso chi è indebitato accumula morosità anche in queste voci. Tali debiti non hanno garanzie reali, ma ad esempio i crediti condominiali godono di un privilegio sui mobili del condomino moroso (ex art. 2764 c.c.) e possono dar luogo a decreto ingiuntivo e pignoramento. Il piano del consumatore permette di bloccare anche queste azioni: il condominio non potrà procedere col pignoramento se il piano è omologato e lo include. Questi crediti privilegiati potranno essere soddisfatti almeno parzialmente: di norma conviene destinare qualcosa alle spese condominiali perché in un’eventuale vendita forzata dell’immobile sarebbero comunque tra i primi in graduatoria sul ricavato.
  • Debiti da risarcimento danni e sanzioni: particolare attenzione va posta ai debiti derivanti da illeciti (civili o penali) e alle sanzioni amministrative o penali. Questi debiti possono essere inseriti nel piano, ma non saranno oggetto di esdebitazione se non soddisfatti. La legge infatti esclude dall’esdebitazione:
    • gli obblighi di mantenimento e alimentari (es. assegni di mantenimento a coniuge e figli);
    • i debiti da risarcimento del danno causato da fatto illecito extracontrattuale;
    • le sanzioni penali e amministrative pecuniarie non accessorie a debiti estinti.
    Ciò significa che, ad esempio, un debito per multa o per sanzione penale rimarrà comunque a carico del debitore anche dopo la conclusione della procedura, a meno che non sia stato pagato per intero nel piano. Lo stesso vale per i debiti derivanti da un incidente stradale con condanna al risarcimento: non vengono cancellati dall’esdebitazione finale (art. 278, co.7 CCII). Il piano può comunque includerli e prevedere pagamenti parziali; semplicemente, se resta qualcosa di insoddisfatto, quel residuo resterà dovuto (non “si cancella” automaticamente). Per gli alimenti arretrati dovuti a familiari (mantenimento), il discorso è simile: vanno pagati integralmente oppure resteranno esigibili. In pratica, questi crediti “imprescindibili” devono trovare adeguata considerazione nel piano, altrimenti il giudice potrebbe non omologare per contrarietà alla legge (non si può omologare un piano che dichiari di esdebitare un debito alimentare, cosa vietata). In alcuni casi, la soluzione è escludere tali debiti dal piano: essi rimangono fuori e il debitore dovrà gestirli a parte. Ad esempio, un debitore con arretrati di mantenimento potrebbe decidere di lasciarli fuori dal piano e continuare a gestire quel pagamento separatamente, in modo da non sottoporli a esdebitazione (che sarebbe inefficace). È importante discutere con l’OCC la strategia per questi crediti speciali.
  • Debiti futuri o condizionali: il piano del consumatore riguarda i debiti esistenti al momento della presentazione. Debiti futuri o condizionati (es. una fideiussione che potrebbe attivarsi, una causa in corso il cui esito debitorio è incerto) vanno trattati con cautela. Se molto probabili, conviene inserirli come eventuali. In ogni caso, i debiti sorti dopo l’omologazione restano esclusi e andranno pagati normalmente (il debitore dovrà evitare di contrarre nuovi debiti durante l’esecuzione del piano, perché non potrebbe farvi fronte né farli rientrare nell’esdebitazione).

Riassumendo: praticamente ogni tipo di debito può essere compreso nel piano del consumatore, permettendo al debitore di affrontare in un colpo solo l’intero fardello debitorio. Persino lo Stato, le banche, i privati – tutti vengono trascinati nella soluzione concorsuale. Ovviamente, i creditori privilegiati o con garanzie reali dovranno ricevere un trattamento coerente col loro grado (ma non necessariamente integrale, come visto, se la realtà economica giustifica una falcidia). Alcuni crediti (alimenti, risarcimenti, multe) non beneficiano della cancellazione finale: se non li si paga restano dovuti. A parte queste eccezioni, il piano può liberare il debitore da ogni altro debito pregresso, dando quel “colpo di spugna” che in assenza della procedura sarebbe impossibile.

Di seguito, tabella riepilogativa delle principali tipologie di debito e del loro trattamento nel piano:

Tipologia di debitoInclusione nel pianoTrattamento e note
Debiti fiscali e contributiviSì (inclusi tributi, IVA, INPS, ecc.)Possibile falcidia se il piano offre almeno quanto il Fisco otterrebbe da una liquidazione. Debiti erariali privilegiati da trattare con rispetto del grado (es.: IVA privilegiata paga almeno il realizzo sui beni). Sanzioni pecuniarie autonome non si estinguono se non pagate.
Finanziamenti bancari/chirografariRistrutturabili liberamente. Possibile stralcio parziale (es. pagamento di una percentuale). Nessuna garanzia = crediti chirografari, di solito pagano ultimi. Creditori vincolati dall’omologa anche se contrari.
Mutuo ipotecario (prima casa, ecc.)Sì, ristrutturabile. Possibile dilazione e riduzione importo se il valore del bene è inferiore al debito. Se pignoramento in corso: sospensione asta ottenibile. Il creditore ipotecario deve ricevere almeno quanto otterrebbe dall’asta (valore perizia al netto costi) altrimenti il giudice può negare omologa.
Debiti personali verso privatiInclusi (prestiti da familiari, amici, fornitori per spese personali). Di norma chirografari: possono essere anche totalmente falcidiati se mancano risorse. Se creditori parenti, massima trasparenza per evitare censure.
Bollette, canoni, condominioInclusi. I crediti condominiali godono di privilegio limitato: opportuno pagarli almeno in parte. Bollette insolute trattate da chirografari. Eventuali distacchi di utenze: il piano può prevedere accordi con i fornitori di servizi per dilazionare.
Risarcimenti danni da illecitoSì (ma esdebitazione limitata)Inclusi, ma non si cancellano se non pagati. Il piano dovrebbe prevederne il pagamento integrale o almeno in parte significativa, altrimenti il residuo resterà esigibile anche dopo.
Obblighi di mantenimento (alimenti)Sì (ma esdebitazione limitata)Inclusi come debiti privilegiati personali, ma non si cancellano se rimangono insoluti. Necessario prevedere pagamento completo degli arretrati; in pratica spesso esclusi dal piano per essere pagati a parte dal debitore (non soggetti a stralcio).
Multe e sanzioni pecuniarieSì (amministrative/penali)Non si cancellano se non pagate. Il piano può includerle, ma l’eventuale residuo non pagato continuerà a essere dovuto dopo. Se sanzioni accessorie a tributi già estinti nel piano, allora si estinguono (es.: interessi di mora su tasse si estinguono se la tassa è pagata).
Debiti futuri/condizionali(Non applicabile)Il piano copre debiti esistenti. Debiti futuri non possono essere inseriti. Debiti incerti: possibile citarli per informare (es. causa pendente) ma l’esdebitazione coprirà solo quelli già determinati o determinabili sorti prima.

(Legenda: “Sì” = generalmente inclusi e trattabili nel piano; “non si cancellano” = esclusi dall’esdebitazione residua secondo art. 278 CCII.)

Come si evince, il piano del consumatore abbraccia praticamente ogni debito, salvo rispettare alcune priorità e limitazioni di legge. Questa onnicomprensività è ciò che lo rende risolutivo: dove un semplice accordo stragiudiziale non potrebbe vincolare tutti i creditori (specie Fisco o banche recalcitranti), il piano – una volta omologato – li lega tutti e disinnesca i loro poteri di aggressione patrimoniale individuale.

Procedura: come si presenta e si ottiene l’omologazione del Piano

Passiamo ora alla procedura pratica per accedere al piano del consumatore, passo per passo, evidenziando il ruolo dell’OCC, gli atti da depositare, i poteri del giudice e le tempistiche, nonché le interazioni con eventuali pignoramenti in corso.

1. Raccolta documentazione e attivazione dell’OCC. Il debitore che intende avviare la procedura deve innanzitutto raccogliere tutta la documentazione sulla propria situazione economica. In particolare occorre predisporre:

  • L’elenco completo di tutti i creditori con l’indicazione dei rispettivi importi dovuti, natura del credito, eventuali diritti di prelazione (garanzie, privilegi).
  • L’elenco di tutti i beni di proprietà del debitore (mobili, immobili, partecipazioni) e di eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi anni (vendite, donazioni, pagamenti rilevanti).
  • L’indicazione di redditi e spese: fonti di reddito del debitore e del suo nucleo familiare, spese mensili necessarie al sostentamento (vitto, affitto, bollette, etc.), carico familiare.
  • Gli atti relativi a procedimenti esecutivi o giudiziari in corso: ad es. decreti ingiuntivi, atti di pignoramento, precetti, cause pendenti.
  • Le ultime dichiarazioni dei redditi presentate, gli estratti conto bancari recenti e ogni altro documento utile a fotografare la situazione patrimoniale e finanziaria.

Una volta reperita la documentazione, il debitore deve rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) competente per territorio. Gli OCC sono istituiti presso enti pubblici (come Camere di Commercio) o ordini professionali (Ordine dei Commercialisti, Ordine degli Avvocati, ecc.) e sono iscritti in un registro ministeriale. In alternativa, se in un dato circondario non vi è un OCC attivo, il debitore può chiedere al tribunale di nominare un professionista gestore individuale (scelto da un albo ministeriale di gestori della crisi). Il passaggio dall’OCC è obbligato: la legge prevede che la domanda di accesso al piano sia presentata tramite un OCC, che svolge funzioni di ausilio e controllo.

All’atto del contatto con l’OCC, verranno fornite le informazioni sul costo della procedura. Gli OCC applicano tariffe approvate secondo il DM 202/2014 (percentuali sul passivo trattato, con minimi stabiliti). In genere, l’OCC chiederà un acconto spese per avviare la pratica e poi riceverà il compenso definitivo solo a omologazione avvenuta (spesso come credito prededucibile nel piano stesso). Ad esempio, molti OCC applicano una quota iniziale fissa (p.es. €200-€500) e poi un compenso proporzionale se la procedura va a buon fine. Il debitore deve concordare queste condizioni con l’OCC inizialmente. Da notare che per la procedura in sé il contributo unificato è minimo (€98, essendo volontaria giurisdizione, più pochi diritti).

2. Preparazione della proposta di piano e relazione dell’OCC. Il Gestore della crisi designato dall’OCC lavorerà col debitore per elaborare la proposta di piano del consumatore. Questa consiste in un documento che descrive:

  • La situazione debitoria dettagliata (elenco creditori e importi).
  • Le cause del sovraindebitamento (es. perdita lavoro, malattia, crisi economica, ecc.).
  • Le risorse disponibili per soddisfare i creditori: redditi futuri, beni liquidabili (se del caso), eventuali apporti di terzi.
  • La proposta concreta di ristrutturazione: ossia chi si intende pagare, in che misura e in che tempi. Si tratta del cuore del piano: può prevedere pagamenti rateali mensili con determinate percentuali ai vari creditori, oppure la liquidazione di un immobile e la distribuzione proporzionale del ricavato, o una combinazione di queste cose, il tutto accompagnato da eventuali garanzie, ecc.
  • Un piano finanziario che dimostri la sostenibilità: es. se il debitore prevede di pagare €300 al mese per 5 anni, dovrà far vedere che, detratti i bisogni di sostentamento, dispone di almeno €300/mese di reddito libero per quel periodo. Il gestore aiuterà a calcolare la “rata sostenibile” in base al reddito del debitore e al mantenimento suo e della famiglia.
  • Eventuali classi di creditori: per legge non è obbligatorio suddividere in classi i creditori nel piano del consumatore (differenza dal concordato), ma in alcuni casi si può distinguere il trattamento (ad es. separare chirografari e privilegiati per chiarezza).
  • Eventuali garanzie o cessioni: il debitore può offrire cessione del quinto dello stipendio, o la vendita volontaria di un bene (auto secondaria, terreno non essenziale) con ricavato ai creditori, ecc. Tali impegni vanno indicati chiaramente.
  • Durata del piano: va esplicitata (mesi o anni previsti).
  • Clausole eventuali: es. se il debitore conta su un evento futuro (vendita di un immobile ereditato, etc.), si può inserire una condizione o impegno futuro.

Parallelamente, l’OCC (nella persona del gestore) redige una Relazione particolareggiata ai sensi dell’art. 70 CCII (già art. 9, co.3-bis, l.3/2012). Questa relazione deve attestare:

  • La completezza e attendibilità della documentazione prodotta dal debitore, con richiamo agli atti esaminati.
  • Le cause dell’indebitamento e le ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni (es. evento imprevisto, calo di reddito, e se c’è stata colpa).
  • Il giudizio sulla meritevolezza ai nuovi sensi: ovvero se il debitore ha tenuto una condotta conforme a buona fede, senza colpa grave o frode nel contrarre i debiti. L’OCC deve segnalare se emergono elementi di frode (es. atti di trasferimento beni non dichiarati, anomalie).
  • Una valutazione sulla fattibilità del piano e sulla convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria per i creditori. In pratica l’OCC deve dichiarare se, a suo avviso, il piano è sostenibile (il debitore riuscirà a pagare quelle somme con quelle scadenze, dati i suoi mezzi) e se i creditori non sarebbero trattati meglio in caso di liquidazione del patrimonio del debitore. Questo secondo aspetto è cruciale: l’OCC spesso stila un bilancio comparativo, stimando cosa otterrebbero i creditori se si vendessero tutti i beni (liquidazione) e confrontandolo con quanto propone il piano. Ad esempio: se un creditore ipotecario in caso di vendita della casa recupererebbe forse €50.000, mentre il piano gliene offre €55.000, l’OCC evidenzierà la convenienza del piano.
  • L’indicazione eventuale di criticità o condizioni: l’OCC può suggerire aggiustamenti al piano prima del deposito, se qualcosa lo rende inammissibile (ad es. un debito omesso, o un pagamento ingiusto). L’OCC infatti agisce un po’ come “controllore preventivo” e consulente, per presentare al giudice un piano già verificato.

3. Deposito della domanda in tribunale. Una volta pronta la proposta di piano firmata dal debitore e la relazione dell’OCC, si predispone il ricorso per l’accesso alla procedura, che viene depositato presso il tribunale competente (residenza del debitore). Il ricorso è di volontaria giurisdizione: in esso si chiede al tribunale di omologare il piano del consumatore allegato. Si allegano:

  • la proposta di piano sottoscritta;
  • la relazione dell’OCC;
  • tutta la documentazione comprovante lo stato di sovraindebitamento (elenco creditori e beni firmato dal debitore, dichiarazioni redditi, ecc.);
  • una certificazione di stato di famiglia se utile (per far valere spese familiari);
  • l’attestazione di residenza e altre eventuali certificazioni richieste dal tribunale.

Il giudice designato, ricevuto il ricorso, verifica innanzitutto la completezza formale e l’assenza di cause ostative immediate (es.: controlla dal ricorso se risulta che il debitore ha già fatto procedure nei 5 anni, o se mancano documenti indispensabili). Se tutto è in ordine, il tribunale apre il procedimento e fissa un’udienza per l’omologazione.

Notifica ai creditori: il giudice ordina che la proposta e la relazione OCC siano comunicate ai creditori, i quali hanno diritto di essere informati e possono presentare eventualmente opposizioni o osservazioni. Nel vecchio procedimento ex l.3/2012, i creditori potevano presentare opposizione entro 10 giorni prima dell’udienza di omologa (art. 12 co.1); il CCII prevede una fase similare di trattazione delle eventuali contestazioni. In sostanza, il creditore che ritenga il piano inammissibile (magari perché il debitore ha agito in mala fede, o ha calcolato male i suoi crediti) o dannoso per sé (pensa di ottenere meno del dovuto rispetto alla liquidazione), può far pervenire le sue deduzioni. Tuttavia il loro ruolo resta limitato: non c’è un voto da esprimere, contano solo argomentazioni giuridiche e fattuali che il giudice valuterà. Ad esempio, il creditore ipotecario potrebbe opporsi sostenendo che la casa vale di più e che il piano lo penalizza – starà al giudice verificare la fondatezza.

Sospensione dei pignoramenti pendenti: un passaggio fondamentale – soprattutto per chi ha pignoramenti in corso – è la possibilità di ottenere subito una tutela urgente. L’art. 70 CCII consente, su istanza del debitore, che il giudice disponga la sospensione di eventuali azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore fino alla conclusione della procedura. Questo significa che, ad esempio, un’asta immobiliare fissata verrà sospesa, un pignoramento mobiliare o del quinto verrà bloccato temporaneamente. Il giudice valuta se tali azioni pregiudicano la fattibilità del piano – in genere se il piano prevede di soddisfare quel creditore esecutante in altra forma, ha senso sospendere la sua esecuzione. Molti tribunali concedono la sospensione inaudita altera parte (d’urgenza) per evitare danni irreparabili (es. vendita della casa). In alcuni casi, il giudice dell’esecuzione deve prenderne atto: ad esempio, il GE dell’esecuzione immobiliare non ha discrezionalità se il giudice del sovraindebitamento sospende – deve rinviare l’asta. Questa fase è critica: per massimizzare le chance, è bene depositare subito insieme al ricorso anche l’istanza motivata di sospensione, allegando ad esempio la copia dell’avviso di vendita all’asta. L’esperienza mostra che il fattore tempo è essenziale: il debitore esecutato deve attivarsi quanto prima col piano, preferibilmente prima che l’asta abbia luogo, altrimenti dopo l’aggiudicazione il bene può essere perduto nonostante l’omologa (il piano omologato a immobile già venduto all’asta sarebbe inutile, perché l’obiettivo di salvare il bene verrebbe meno).

4. Udienza e omologazione del piano. Arrivati all’udienza, il giudice (o collegio) esaminerà il caso. Se non vi sono opposizioni dei creditori, deciderà de plano. Se vi sono opposizioni, le sentirà in contraddittorio. Il giudice può anche assumere informazioni integrative o chiedere chiarimenti all’OCC. Alla fine, dovrà decidere se omologare (approvare) il piano oppure respingerlo. I criteri per l’omologa, in base all’art. 12-bis l.3/2012 (come novellato) e alle norme CCII, sono:

  • Requisiti soggettivi e di merito: il debitore è ammesso alla procedura? (non è soggetto escluso, non c’è frode, ecc.) e il piano presenta i contenuti richiesti? (documenti completi, presenza relazione OCC). Questo è il primo filtro, dove si valuta anche la meritevolezza in senso di assenza di colpe gravi. Se emergesse che il debitore ha colpa grave o frode, il giudice non omologa (dichiarando inammissibile).
  • Fattibilità del piano: il giudice deve essere convinto che il piano sia attuabile. Qui pesa molto l’attestazione dell’OCC. Se il giudice ritiene che le entrate prospettate siano fantasiose, o che i costi del debitore siano sottostimati, può negare l’omologa per carenza di fattibilità (il piano risulterebbe un libro dei sogni). Ad esempio, piani con durata eccessiva senza garanzie, o con pagamenti concentrati alla fine senza basi solide, potrebbero sollevare dubbi. Tuttavia, come visto, alcuni giudici hanno accettato durate lunghe confidando nella costanza del debitore. L’importante è che il piano mostri coerenza finanziaria: rate sostenibili, eventuali realizzi di beni plausibili (meglio se già opzionati), e magari preveda margini di sicurezza.
  • Convenienza per i creditori: il giudice verifica che nessun creditore venga trattato ingiustamente rispetto ad altri di pari rango e soprattutto che nessun creditore ottenga dal piano meno di quanto potrebbe ragionevolmente ottenere pignorando i beni del debitore (principio di best interest of creditors). Questa comparazione spesso si riduce a: se non ci fosse il piano, i creditori potrebbero far fallire il debitore? No, perché è non fallibile, quindi l’alternativa è il pignoramento spezzettato dei beni. Allora si guarda: quanto ricaverebbe ogni creditore col pignoramento? Ad es., il creditore ipotecario – il più delicato – ricaverebbe il valore d’asta della casa. Se il piano gli dà di meno, è un problema; se gli dà uguale o di più (anche se in più tempo), è conveniente. Il giudice dunque potrebbe non omologare se ritenesse, ad esempio, che un bene liquidabile non venga sufficientemente valorizzato dal piano (tipo: il debitore tiene l’auto di lusso senza venderla e offre poco ai creditori – qui c’è un problema di disequità).
  • Assenza di atti in frode o di aggravamento del debito: se emergono elementi che il debitore ha occultato parti di patrimonio o ha aumentato i debiti in malafede prima di chiedere il piano, l’omologa sarà negata.

Se tutte queste condizioni sono soddisfatte, il tribunale emette il Decreto (o Sentenza) di omologazione del piano del consumatore. Nel regime attuale, l’omologazione avviene con sentenza (titolo giudiziale) che viene anche comunicata agli uffici pubblici competenti per eventuali annotazioni (es. Conservatoria per notare che l’immobile del debitore è oggetto del piano, se del caso).

Effetti dell’omologazione: con l’omologa, il piano del consumatore diventa efficace e vincolante:

  • I creditori anteriori (cioè tutti quelli inseriti nel piano) sono vincolati a quanto stabilito dal piano e non possono più agire esecutivamente contro il debitore per pretendere somme diverse. In pratica, se un creditore vantava €50.000 e il piano prevede che ne riceverà €20.000, non potrà fare pignoramenti per i restanti €30.000: dovrà accontentarsi di quanto fissato dal piano.
  • I pignoramenti in corso perdono efficacia. Il decreto di omologa viene comunicato ai giudici delle esecuzioni pendenti e questi dichiarano estinte le procedure esecutive in base alla norma di legge che lo impone. Già la vecchia legge 3/2012 era chiara: i creditori con titolo esecutivo anteriore all’omologa “non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari” contro il debitore. Questa regola rimane valida: l’omologa del piano sostituisce le esecuzioni individuali con la soluzione concordataria.
  • I creditori postergati o esclusi: eventuali creditori sorti dopo la pubblicazione del decreto di omologa, o che per qualche ragione non hanno partecipato, non possono rivalersi sui beni oggetto del piano omologato. Ad esempio, se un creditore successivo pretende di pignorare uno dei beni che il piano destina al soddisfacimento dei crediti inclusi, non potrà farlo. In generale, il patrimonio oggetto del piano è “blindato” per portare a compimento il programma di ristrutturazione.
  • Il debitore è tenuto a eseguire integralmente il piano come omologato, sotto la vigilanza dell’OCC o di eventuali altri ausiliari nominati. Non c’è un curatore, ma il Gestore OCC può essere chiamato a sovraintendere alla distribuzione delle somme ai creditori.
  • Se il debitore non adempie agli obblighi del piano, i creditori possono chiedere la revoca dell’omologazione. La legge prevede infatti che in caso di inadempimento rilevante (di solito un ritardo superiore a 90 giorni o il mancato pagamento di quanto dovuto complessivamente per oltre il 10% delle somme, salvo diverse indicazioni del piano stesso) il tribunale, su istanza dei creditori, annulla il piano. Gli effetti protettivi vengono meno e i creditori riacquistano piena libertà di azione per la parte di credito non soddisfatta. In tal caso, inoltre, il debitore perde (di regola) la possibilità di un’esdebitazione residua. Potrà tuttavia valutare di attivare eventualmente la liquidazione controllata come ultima spiaggia, ma senza i benefici costruiti dal piano.
  • Durante l’esecuzione del piano, il debitore dovrà mantenere un comportamento corretto: non può compiere atti di straordinaria amministrazione non previsti senza autorizzazione del giudice (es.: non può vendere un bene fondamentale se era destinato ai creditori, o contrarre nuovo debito rilevante). Il giudice può adottare misure conservative (like restrictions) to ensure the plan’s success.
  • Modifica del piano in corso: a differenza delle procedure concorsuali per imprese, non è espressamente disciplinata la modifica del piano del consumatore dopo l’omologazione. Tuttavia, la legge prevede che in caso di “sopravvenute ragioni di squilibrio” non imputabili al debitore (es. grave malattia, perdita lavoro non colposa), il debitore possa chiedere al tribunale di rimodulare le scadenze o le modalità del piano, purché resti fermo l’ammontare totale da pagare (questo era previsto dall’art. 13, co.4-ter l.3/2012). Nel CCII potrebbe ricorrere l’art. 81 (norma generale di esecuzione del concordato minore) per analogia. In sostanza, c’è un certo margine per adeguare il piano se eventi imprevedibili impediscono temporaneamente l’adempimento, ma la sostanza degli impegni deve rimanere. Al limite, il debitore impossibilitato potrà passare a liquidazione controllata rinunciando a mantenere i beni.

5. Esdebitazione finale. Una volta eseguito il piano – pagate tutte le rate, effettuati gli atti previsti – il debitore può ottenere dal tribunale l’attestazione di avvenuto adempimento e quindi l’esdebitazione dei crediti residui. Con il Codice della crisi, l’esdebitazione è diventata automatica: non serve più un’apposita domanda, ma è un effetto conseguente all’esecuzione della procedura. Il giudice verifica l’avvenuto adempimento (anche grazie alla relazione finale dell’OCC) e dichiara inesigibili tutti i debiti anteriori rimasti non pagati (salvo quelli non esdebitabili, come detto). Da quel momento, il debitore è ufficialmente libero dai debiti: i creditori non potranno più avanzare pretese. Si tratta del risultato liberatorio più atteso, quello che permette al debitore di ricominciare la propria attività economica o vita quotidiana senza l’ombra costante dei vecchi debiti – il cosiddetto fresh start.

Va evidenziato che l’esdebitazione non tocca eventuali coobbligati o fideiussori dei debiti (ad es. il garante del mutuo, il condebitore solidale): i creditori potranno rivalersi su di loro per la parte di credito non soddisfatta. Il piano del consumatore libera soltanto il debitore procedurale.

Tempi della procedura: mediamente, dall’incarico all’OCC all’omologazione possono trascorrere alcuni mesi. Dipende dalla complessità del caso e dal carico del tribunale. In situazioni urgenti (es. asta imminente) l’OCC può preparare il ricorso in poche settimane e il tribunale può sospendere l’asta e decidere in tempi brevi (anche 1-2 mesi). Se non c’è urgenza, il percorso tipico può durare 4-6 mesi per ottenere l’omologa, tra preparazione documenti, udienza, eventuale reclamo. L’esecuzione del piano poi durerà quanto previsto (anni). Durante tutto il periodo, il debitore beneficia comunque della protezione contro nuove azioni esecutive una volta omologato (e spesso già dalla fase di ammissione con provvedimenti provvisori).

Se per ipotesi il giudice rifiuta l’omologa (dichiara inammissibile o rigetta il piano), il debitore può proporre reclamo (appello) al tribunale collegiale o, a seconda dei casi, direttamente in Corte d’Appello, entro tempi stretti (15 giorni). Ci sono stati casi in cui il collegio ha ribaltato la decisione del giudice singolo ammettendo il piano (es. vicende di valutazione di atti in frode o meritevolezza). Ad esempio, in materia di sovraindebitamento esiste un reclamo ex art. 737 c.p.c. se l’omologa è negata, ed è importante considerarlo perché può sospendere nel frattempo l’esecuzione in corso. Tuttavia, se il rigetto è motivato da elementi oggettivi difficilmente superabili (ad es. palese inaffidabilità dei dati del debitore), il reclamo avrà poche chance.

Conclusione della procedura: con l’esdebitazione, la procedura si chiude. Il debitore, se ha conservato beni come la casa grazie al piano, ne resta proprietario; se li ha venduti come parte del piano, li ha sacrificati ma in modo controllato. L’aspetto più significativo è che può tornare a investire, richiedere credito (anche se realisticamente avrà segnalazioni negative per qualche tempo nelle banche dati creditizie, ma legalmente non ha più debiti in sospeso). Può anche avviare nuove attività senza il timore che i guadagni futuri vengano immediatamente pignorati da vecchi creditori.

Riassumiamo i punti chiave della procedura in un diagramma semplificato:

  1. Preparazione pratica (debitoriale): raccolta documenti, analisi debiti/beni.
  2. Coinvolgimento OCC: nomina gestore, stesura piano e relazione OCC.
  3. Ricorso in Tribunale: deposito proposta + relazione + atti. Richiesta eventuale sospensione pignoramenti.
  4. Fase giudiziale pre-omologa: notifiche ai creditori, possibili opposizioni, udienza di omologa.
  5. Provvedimento del Giudice: sentenza di omologa (se requisiti ok) oppure rigetto (se problemi).
  6. Esecuzione del piano: pagamento rate/atti secondo programma, con vigilanza OCC. Pignoramenti sospesi/estinzione.
  7. Fine ed esdebitazione: completato il piano, il giudice dichiara l’esdebitazione dei debiti residui. Chiusura procedura.

Ogni fase va affrontata con rigore e trasparenza, preferibilmente con l’assistenza di legali competenti in materia, data la tecnicità degli aspetti coinvolti.

Il ruolo dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) e le prassi operative

L’OCC (Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento) è un protagonista centrale in tutte le procedure ex legge 3/2012 e ora CCII. Si tratta, come detto, di enti terzi imparziali (costituiti da Ordini professionali, Camere di Commercio, enti pubblici o società autorizzate) che hanno il compito di assistere il debitore e favorire la composizione della crisi, garantendo al contempo la correttezza del procedimento. Analizziamo più nel dettaglio il suo ruolo e le prassi aggiornate al 2025:

  • Nomina e composizione: il debitore sceglie l’OCC dall’elenco ufficiale disponibile sul portale del Ministero della Giustizia, in base al proprio territorio. Ogni OCC ha una lista di gestori della crisi (professionisti quali avvocati, commercialisti, consulenti) che vengono assegnati ai casi. Il gestore ha doveri di indipendenza, imparzialità e riservatezza. Se non vi è un OCC attivo, il tribunale può nominare un professionista individuale (spesso scelto tra i curatori fallimentari del luogo) su richiesta del debitore. Questa flessibilità garantisce che il debitore possa sempre avere un gestore assegnato.
  • Funzione di consulenza e predisposizione del piano: sin dal primo incontro, l’OCC svolge un’opera di consulenza tecnica. Aiuta il debitore a:
    • Ricostruire il quadro dei debiti e del patrimonio.
    • Individuare la migliore strategia (ad esempio: conviene il piano del consumatore? O meglio proporre un concordato minore se ha debiti d’impresa? Oppure liquidare tutto?).
    • Redigere materialmente la proposta di piano in forma giuridicamente corretta. Spesso il debitore medio non saprebbe come formulare un piano complesso; il gestore mette a disposizione modelli e know-how. In pratica “co-scrive” il piano col debitore, recependo le sue indicazioni ma adattandole ai requisiti di legge.
    • Raccogliere le certificazioni e verificare i dati: l’OCC può chiedere visure catastali, controllare importi con i creditori (ad esempio tramite PEC per conferma saldi), acquisire la Centrale Rischi bancaria, ecc., per assicurarsi che la lista debiti sia esatta.
    • Calcolare le percentuali di soddisfo e fare eventuali stime. Ad esempio, l’OCC potrebbe far stimare un immobile per valutare la convenienza del piano rispetto all’asta.
  • Relazione particolareggiata: come descritto nel paragrafo precedente, il gestore redige una relazione fondamentale in cui mette nero su bianco tutto quanto emerso: cause del sovraindebitamento, analisi della condotta del debitore, stato patrimoniale, elenco debiti, e giudizio su fattibilità e convenienza del piano. Questa relazione è cruciale perché il giudice vi farà grande affidamento. L’OCC in pratica “certifica” la bontà del piano (pur senza sostituirsi al giudice). Ad esempio, se l’OCC attesta che il debitore è incolpevole e che il piano è la soluzione migliore per i creditori, difficilmente il giudice avrà un’opinione diversa, a meno di errori macroscopici. Pertanto, i gestori hanno una grande responsabilità: la loro relazione può decidere la sorte del piano. Le prassi aggiornate suggeriscono relazioni molto dettagliate, con analisi numeriche, tabelle comparativa tra piano e liquidazione, e anche un parere espresso sulla meritevolezza in riferimento ai nuovi parametri normativi.
  • Deposito telematico e iter burocratico: l’OCC spesso si occupa anche di depositare il ricorso in tribunale tramite gli appositi canali telematici (PCT). Molti tribunali richiedono che sia l’OCC a presentare il ricorso con firma digitale, allegando la relazione e i documenti scansionati, oltre alla firma del debitore sulla proposta. L’OCC può essere anche nominato formalmente dal tribunale come ausiliario (specie se si tratta di professionista nominato ex art. 68 CCII) e quindi agire all’interno del fascicolo.
  • Comunicazioni ai creditori: l’organismo generalmente si fa carico di notificare o comunicare la proposta ai creditori secondo le modalità disposte dal giudice (PEC, raccomandata, o deposito in cancelleria e avviso). Ciò garantisce che ogni creditore sia informato e possa interloquire.
  • Durante l’udienza: il gestore dell’OCC solitamente partecipa all’udienza di omologazione, assistendo il debitore (che di norma avrà anche il suo avvocato). Il gestore può chiarire eventuali aspetti tecnici al giudice, soprattutto se qualche creditore contesta punti finanziari. In alcune sedi, il giudice delega proprio all’OCC la verifica di eventuali accordi transattivi con i creditori in udienza (ad esempio se qualche creditore chiede lieve modifica del piano e il debitore acconsente, l’OCC può ridigere un verbale integrativo).
  • Vigilanza sull’esecuzione: dopo l’omologa, l’OCC spesso mantiene un ruolo di controllo. In base all’art. 73 CCII, il tribunale può anche nominare un “ausiliario per la fase esecutiva”, spesso coincidente con l’OCC stesso, per sovraintendere ai pagamenti. In pratica, il debitore potrebbe versare le rate su un conto dedicato gestito dall’OCC, che provvede a distribuirle ai creditori come da piano, riferendo periodicamente. Oppure l’OCC verifica ogni tot mesi che il debitore stia pagando regolarmente i creditori diretti e redige una relazione finale a saldo.
  • Segnalazione di inadempimenti o miglioramenti: se il debitore non adempie, l’OCC lo segnala al tribunale e ai creditori. Viceversa, se durante il piano il debitore avesse sostanziali miglioramenti nelle proprie finanze (es. eredità inaspettata), vi è l’obbligo di informare l’OCC e il tribunale, perché potrebbe essere richiesto di destinare parte di questi sopravvenuti ai creditori (per equità). L’OCC in tali casi funge da vigilante dell’equilibrio del piano.
  • Compenso dell’OCC: come anticipato, il compenso è fissato in base al DM 202/2014 e normative successive. Ad oggi, in base al principio dell’unicità della procedura, l’OCC percepisce un compenso proporzionale all’attivo o al passivo gestito, con scaglioni decrescenti (ad es. 12-14% sull’attivo fino a 16.000€, poi percentuali a scalare su importi eccedenti). Tuttavia, poiché spesso il piano del consumatore non prevede una liquidazione di attivo ma pagamenti da reddito, a volte si prende a riferimento il passivo stralciato o l’importo effettivamente movimentato. In pratica, le prassi variano: alcuni OCC chiedono un compenso calcolato sul debito annullato, altri sulla somma pagata. È previsto un minimo di €1.000 per l’esdebitazione dell’incapiente (procedura dove nulla viene pagato), per evitare che vi siano pratiche a compenso zero. Il pagamento del compenso OCC è in prededuzione, cioè viene prima di ogni altro pagamento ai creditori (quindi va previsto nel piano come costo). Molto spesso però l’OCC concorda con il debitore di ricevere parte del compenso a conclusione del piano, confidando nel buon esito, oppure rateizzandolo. L’OCC può anche sospendere la procedura se il debitore non corrisponde le quote concordate, ma ciò è raro nei piani del consumatore (più frequente in liquidazioni). Di norma i debitori riescono a trovare un accordo ragionevole sulle competenze OCC, magari pagando a valle col ricavato di vendite.
  • Aggiornamenti normativi sugli OCC: il Codice della crisi ha introdotto un albo di Gestori della crisi tenuto dal Ministero, con requisiti di formazione specifici per chi vuole gestire sovraindebitamenti. Gli OCC devono inoltre tenere un registro informatico degli affari trattati e rispettare linee guida nazionali (ad esempio esistono linee guida dei commercialisti e degli avvocati sui compensi e sulle prassi). L’obiettivo è uniformare il più possibile i comportamenti. In alcune città, gli OCC hanno predisposto modulistica standard per aiutare i debitori (ad es. modelli di piano, check-list di documenti).

In pratica, per il debitore l’OCC è sia un angelo custode che un controllore severo: aiuta a redigere un piano credibile, ma pretende verità e correttezza. Dal lato dei creditori, l’OCC è garanzia che il piano non sia un bluff: la sua attestazione di fattibilità è una comfort letter che rassicura che quel che viene promesso è realistico. Un O.C.C. ben funzionante media in qualche modo tra debitore e creditori: valuta anche proposte migliorative, ad esempio potrebbe consigliare al debitore di offrire qualcosa in più a certi creditori per rendere il piano più equilibrato (evitando possibili opposizioni). Inoltre, come suggerito in dottrina, l’OCC dovrebbe considerare il criterio della “prevalenza” dei debiti (di natura personale vs d’impresa) anche nel valutare la convenienza rispetto alla liquidazione, offrendo al giudice un quadro chiaro se ci sono debiti misti.

Dal punto di vista pratico, l’assistenza di un OCC efficiente rende il percorso molto più snello: senza OCC, il debitore difficilmente saprebbe come uscire dal labirinto legale. Non a caso la legge ne impone la presenza. Per gli avvocati e consulenti d’impresa, dialogare con l’OCC è fondamentale: occorre fornirgli tutte le informazioni utili e coinvolgerlo nelle scelte tecniche del piano.

Conclusione: il ruolo dell’OCC è paragonabile a quello di un “regista” tecnico della procedura. Aggiornato al 2025, con un albo dedicato e best practice consolidate, l’OCC è oggi un interlocutore affidabile sia per i tribunali che per le parti. Affidarsi tempestivamente a un OCC specializzato può fare la differenza tra un piano del consumatore di successo e uno destinato a naufragare per errori formali o sostanziali.

Benefici del Piano del Consumatore rispetto al Pignoramento

Confrontiamo ora in modo diretto il percorso del piano del consumatore con l’alternativa “in assenza di piano”, cioè il classico pignoramento dei beni da parte dei creditori. Per un debitore sovraindebitato, continuare senza far nulla significa esporsi alle iniziative esecutive dei creditori, con tutti i noti effetti negativi. Il piano del consumatore offre invece una serie di vantaggi notevoli. Ecco i principali punti di confronto:

  • Blocco delle azioni esecutive – “scudo” contro i pignoramenti: Presentando un piano del consumatore si può ottenere la sospensione immediata delle esecuzioni in corso e, dopo l’omologa, la definitiva cessazione di tutti i pignoramenti relativi ai debiti anteriori. Senza piano, il debitore subisce il pignoramento di stipendio, conto corrente, immobili etc. fino a completo soddisfo dei creditori (o fino a esaurimento dei beni). Il piano dunque protegge il patrimonio residuo: evita che la casa venga venduta all’asta (se il piano va a buon fine) e ferma prelievi forzosi su redditi, consentendo al debitore di disporne secondo il piano concordato. In pratica, dove il pignoramento toglie risorse al debitore in modo unilaterale e disorganizzato, il piano mette ordine e congela le pretese, fornendo respiro al debitore.
  • Conservazione dei beni essenziali: Nel pignoramento, l’immobile pignorato viene venduto, l’auto pignorata viene tolta, e così via, senza considerazione per l’utilità che quei beni hanno per il debitore. Il piano invece è pensato per salvaguardare i beni primari: tipicamente la prima casa. Attraverso il piano il debitore può mantenere la proprietà della casa, pagando i creditori ipotecari gradualmente e per l’importo sostenibile. Allo stesso modo può conservare l’autovettura necessaria al lavoro, prevedendo nel piano che quel bene non venga liquidato ma che i creditori siano soddisfatti altrimenti. In sintesi, il piano evita la liquidazione forzata immediata dei beni, puntando su una ristrutturazione. Questo vantaggio è cruciale anche dal punto di vista sociale: impedisce che famiglie perdano la casa e finiscano in condizioni peggiori, quando c’è la possibilità di un recupero concordato.
  • Riduzione dell’ammontare dovuto (stralcio dei debiti): Probabilmente il beneficio più appetibile: il piano consente di pagare meno di quanto dovuto originariamente, se il debitore non è oggettivamente in grado di pagare l’intero. Nel pignoramento, il creditore, finché trova beni o redditi, può procedere a riscuotere l’intero credito più interessi e spese. Se anche dopo la vendita dei beni qualcosa resta impagato, il debitore rimane formalmente debitore per quella differenza (in teoria il creditore potrebbe tornare alla carica su futuri guadagni). Invece, col piano del consumatore, il debitore concorda di pagare solo la parte di debito che realisticamente può; la parte restante viene condonata con l’esdebitazione finale. Si può arrivare a ridurre drasticamente l’esposizione: casi reali mostrano tagli del debito anche del 60-80% complessivo. Ad esempio, il caso citato prima: mutuo ridotto al 37%, oppure sovraindebitamento da 100k ridotto a pagamento di 30k. Questo è possibile perché il giudice tiene conto dell’incapienza del debitore e dell’alternativa (se il debitore fallisse o non pagasse nulla, i creditori prenderebbero zero – meglio allora il piano con un 30%). Il pignoramento non prevede alcuna forma di clemenza: o paghi tutto (fin dove trovano beni) o resti debitore a vita. Il piano invece pianifica una rinuncia parziale dei creditori in cambio di una soluzione ordinata e definitiva.
  • Sostenibilità dei pagamenti e mantenimento di un tenore di vita dignitoso: Quando un creditore pignora lo stipendio, prende di regola un quinto dell’importo, indipendentemente dalle spese familiari del debitore (salvo casi di minima). Così il debitore può trovarsi con un reddito insufficiente per le necessità. Con il piano del consumatore, i pagamenti ai creditori sono stabiliti tenendo conto di ciò che il debitore può realmente permettersi dopo aver mantenuto se stesso e la famiglia. Si individua la “rata sostenibile” come descritto: l’OCC detrae le spese essenziali dal reddito e ciò che rimane va ai creditori. Ne risulta che il debitore sotto piano vive in condizioni più dignitose di chi è soggetto a pignoramenti multipli (dove in teoria potrebbero togliergli un quinto dello stipendio, più un altro quinto per altro pignoramento, e così via, lasciandogli magari il minimo vitale). Il piano porta ordine e razionalità: ad esempio può prevedere che per 5 anni il debitore versi €300 mensili totali, invece di subire un prelievo del quinto (€500) che lo strangola. Inoltre nel piano gli interessi di mora e sanzioni si fermano alla data di omologa: i creditori non possono più maturare interessi oltre quanto previsto. Nel pignoramento invece gli interessi legali e moratori continuano ad accumularsi finché il debito non è saldato.
  • Chiusura definitiva della vicenda debitoria (fresh start): Con il pignoramento tradizionale, spesso accade che dopo aver perso tutto, il debitore resti comunque con debiti residui (es. casa venduta a meno del debito ipotecario, rimane una sofferenza; oppure l’esecuzione non copre tutti i crediti). Questi residui inseguono il debitore potenzialmente per sempre, a meno che i creditori rinuncino spontaneamente. Col piano del consumatore, invece, se il debitore adempie alla sua parte, viene liberato da ogni residuo di debito ex lege. L’esdebitazione è un colpo di spugna che il sistema del pignoramento individuale non prevede. Ciò significa che il debitore può tornare economicamente “pulito”, privo di pendenze. Per un imprenditore che voglia ripartire o per una famiglia che vuole ricostruire la propria stabilità, questo è fondamentale. In altre parole, il piano del consumatore garantisce il “secondo tempo”: dopo il periodo di sacrificio concordato, c’è la fine del gioco e la libertà. Il pignoramento invece può essere un girone dantesco che non finisce finché c’è qualcosa da prendere, e i debiti non si estinguono se non pagati.
  • Unicità della procedura e riduzione dei costi complessivi: Se un debitore ha 10 creditori, potrebbe subire 10 diverse cause o esecuzioni, con decuplicazione di costi legali, spese di esecuzione, perizie, ecc. Il piano del consumatore unifica tutto in un unico processo. Questo comporta un risparmio di costi (certo, ci sono i costi OCC, ma si evitano magari 10 CTU, 10 procedure lunghe, commissioni d’asta, ecc.). Inoltre gli atti del piano, essendo volontaria giurisdizione, hanno costi di giustizia ridotti (contributo unificato fisso basso). Anche il tempo speso in tribunale si riduce: un’unica udienza per l’omologa invece di più udienze per singoli procedimenti. Quindi c’è una efficienza procedurale. Dal lato del debitore, affrontare un solo interlocutore (il tribunale tramite l’OCC) è psicologicamente e logisticamente più semplice che essere bersagliato da più fronti (banca, Equitalia, finanziaria, ecc. ognuno col suo legale).
  • Possibilità di interventi correttivi e negoziazione: Nel pignoramento non c’è molto spazio di manovra: il debitore può solo pagare tutto per farlo cessare, oppure cercare un accordo fuori dal procedimento (saldo e stralcio col singolo creditore) ma se ha più creditori non coordinati è difficile. Nel piano invece, vi è intrinsecamente una logica negoziale: anche se i creditori non votano, il debitore di solito propone condizioni ragionevoli proprio per evitare opposizioni. In alcuni casi i creditori stessi potrebbero venire a più miti consigli durante la procedura: ad esempio, davanti a un piano che offre il 30%, un creditore potrebbe contattare l’OCC e dire “accetterei il 35% immediato, troviamo un accordo”, e il debitore può adeguare un po’ la proposta con beneficio di entrambi. Questo tipo di dialogo è possibile nel contesto del sovraindebitamento (e spesso auspicato dai giudici). Invece nel pignoramento il rapporto è conflittuale e non c’è sede per aggiustamenti concordati se non extra-procedurali.
  • Mantenimento di rapporti commerciali e reputazione: Subire pignoramenti a ripetizione distrugge la reputazione commerciale e spesso porta il soggetto in uno stato di emarginazione economica (black list, segnalazioni Crif, ecc.). Il piano del consumatore, pur risultando anch’esso visibile nelle banche dati dei procedimenti, ha una connotazione diversa: mostra che il debitore ha intrapreso un percorso responsabile per sistemare le cose e che c’è un’autorità giudiziaria che garantisce per lui. In alcuni casi, una volta omologato il piano, le banche riattivano fiducia minima nel cliente (sanno che se paga secondo piano, quell’incaglio viene risolto). Inoltre, completare con successo un piano ed ottenere l’esdebitazione può riabilitare il debitore anche socialmente, un po’ come l’istituto della riabilitazione del protestato. Questo aspetto è intangibile ma reale: per un imprenditore, ad esempio, poter dire “ho concluso la procedura di sovraindebitamento, ora sono senza debiti” è molto meglio che avere ancora code di esecuzioni pendenti.

Naturalmente, per completezza, occorre menzionare anche i limiti o vincoli del piano del consumatore rispetto alla via del pignoramento:

  • Serve la collaborazione attiva del debitore: il piano richiede impegno, trasparenza, e un periodo di sacrificio controllato. Non è una semplice attesa passiva. Alcuni debitori potrebbero preferire “lasciar fare al destino” e subire l’esecuzione – ma questa è raramente una scelta razionale.
  • Costi iniziali e iter tecnico: il piano ha costi (OCC, eventuale avvocato) e richiede uno sforzo documentale consistente. Il pignoramento viene dai creditori e il debitore subisce (non spende, se non in eventuali difese). Tuttavia, va detto che i costi del piano sono di solito marginali rispetto ai benefici (es. pagare €2-3.000 di spese per eliminarne decine di migliaia).
  • Durata dell’impegno: un pignoramento immobiliare magari in un anno vende casa e chiude (con esiti nefasti per il debitore, ma finisce). Un piano può durare invece, come visto, anche molti anni di pagamento. Quindi c’è un impegno prolungato. Bisogna valutare se il debitore è disposto a “tenere duro” per quel periodo. Se la situazione è senza speranza di risanamento (nessun reddito né beni), forse conviene direttamente la liquidazione e chiudere subito – ma se c’è la volontà di conservare la casa o altri beni, il piano anche duraturo è preferibile.

Possiamo ora sintetizzare alcuni di questi punti in una tabella comparativa tra “scenario con pignoramento” e “scenario con piano del consumatore”, per evidenziare le differenze in modo schematico:

AspettoSenza piano: Pignoramento/EsecuzioniCon Piano del Consumatore
IniziativaDalle singole creditori: ognuno può attivare pignoramenti su beni o redditi.Dal debitore (con OCC) davanti al Tribunale: un’unica procedura concorsuale.
Controllo sulla proceduraIl debitore è passivo; ogni creditore attraverso il tribunale esecutivo aggredisce dove può.Il debitore propone un piano unitario; il Tribunale sovraintende all’intero processo concorsuale (tutti i creditori coinvolti insieme).
Tempi di azioneVariabili: un pignoramento immobiliare può durare 1-3 anni; un pignoramento stipendio prosegue finché il debito è estinto (anche molti anni). I creditori possono agire in tempi diversi, anche a distanza di anni l’uno dall’altro.Procedura di omologa ~6 mesi; esecuzione del piano secondo durata pianificata (spesso 4-5 anni, ma può estendersi). Tutto è pianificato ex ante, niente sorprese dopo l’omologa.
Effetti sui beniVendita forzata dei beni pignorati (casa, auto, ecc.) tramite aste giudiziarie; il debitore perde la disponibilità dei beni pignorati.Conservazione dei beni essenziali: la casa di abitazione di solito non viene venduta, ma il debito ipotecario è ristrutturato e la procedura esecutiva estinta. Il debitore rimane proprietario se rispetta il piano.
Ammontare da pagareL’intero debito + interessi e spese di esecuzione. Se i beni venduti non coprono tutto, il residuo rimane a carico del debitore (che può essere inseguito su futuri redditi). Nessuna riduzione automatica.Solo la parte di debito prevista dal piano: possibile stralcio significativo dei crediti. Interessi di mora bloccati alla data di omologa. I crediti residui non soddisfatti vengono cancellati (esdebitati) a fine piano.
Protezione del redditoPignoramento di stipendio/pensione fino a 1/5 (o più fra creditori diversi); il debitore deve vivere con il residuo, anche se insufficiente. Possibile cumulo di pignoramenti (fino a 50% dello stipendio in casi estremi).Il piano tiene conto del mantenimento necessario al debitore: si stabilisce una rata sostenibile dopo le spese vitali. Esempio: se servono €1.200/mese per vivere e si guadagna €1.500, il piano può destinare solo €300 ai creditori, lasciando il resto al debitore.
Situazione creditoriCaotica: “chi primo arriva meglio alloggia”. Un creditore aggressivo può saturare le capacità del debitore, lasciando poco/niente agli altri. Possono crearsi disparità.Ordinata e paritaria: tutti i creditori noti sono inclusi e soddisfatti secondo un ordine di priorità legale ma in forma proporzionale ed equa. Nessuno può prendere più di quanto stabilito dal piano, nessuno resta escluso se chirografario (partecipano tutti al dividendo).
Esiti finali sul debitoSe i beni liquidati non coprono tutto, debito residuo sopravvive. Il debitore resta obbligato e i creditori potranno eventualmente rivalersi su futuri beni o redditi non appena possibile. In pratica, il debitore potrebbe non liberarsi mai completamente (a meno di accordi transattivi successivi).Esdebitazione: i crediti concorsuali insoddisfatti sono definitivamente inesigibili. Il debitore, adempiuto il piano, è legalmente libero dai debiti pregressi (eccetto obblighi alimentari, danni e sanzioni non pagati). Ottiene un fresh start e può ripartire senza strascichi legali dei vecchi debiti.
Effetti sui coobbligatiIl creditore può in ogni momento aggredire anche eventuali fideiussori o condebitori solidali, parallelamente o successivamente (ciascuno risponde del 100%).Invariati: l’omologazione del piano non libera i coobbligati o garanti. Il vantaggio indiretto è che se il piano paga una parte del debito, si riduce l’esposizione per i garanti. Ma legalmente il creditore potrà chiedere ai garanti la parte di debito non pagata dal piano.
Costi di proceduraA carico dei creditori anticipanti (es. spese legali, perizia d’asta) ma di fatto aggiunti al debito del debitore (che nelle esecuzioni paga spese in prededuzione sul ricavato). Molteplici procedimenti aumentano i costi totali.Costi unificati: compenso OCC e contributo unificato limitato. Questi costi sono inseriti nel piano come spese prededucibili e pagati all’interno della procedura. L’assenza di aste e più procedimenti fa sì che il costo complessivo sia generalmente inferiore a quello di molte esecuzioni scoordinate.
Gravami su reputazioneIl debitore subisce protesti, segnalazioni, pignoramenti pubblici: la sua posizione finanziaria appare disastrosa, il che può compromettere rapporti di lavoro e credito.La pendenza di una procedura di sovraindebitamento è comunque informativa, ma indica un percorso di risanamento in atto con avallo giudiziario. A esdebitazione ottenuta, il debitore è riabilitato dall’insolvenza pregressa. Può più agevolmente ricostruirsi un merito creditizio (anche se ci vorrà tempo).

Come appare dalla comparazione, il piano del consumatore offre vantaggi nettissimi al debitore sovraindebitato rispetto al subire i pignoramenti tradizionali. In particolare, l’“arma segreta” è l’esdebitazione finale: il debitore ha la prospettiva concreta di uscire dal tunnel, mentre con i soli pignoramenti questo non è garantito affatto.

Dal punto di vista dei creditori, va detto che il piano del consumatore non è un male assoluto nemmeno per loro: se ben congegnato, può dare loro un risultato (seppur ridotto) in tempi certi, evitando lungaggini e rischi delle esecuzioni individuali (aste deserte, spese, etc.). Ad esempio, un creditore chirografario che in esecuzione non vedrebbe un euro potrebbe prendere un 10% dal piano – poco, ma meglio di nulla. Un creditore ipotecario potrebbe incassare in 7 anni una somma simile al valore d’asta ma senza dover inseguire l’esecuzione e rischiare ribassi. La legge cerca proprio un bilanciamento: il piano deve essere equo anche per loro, infatti se fosse troppo penalizzante il giudice non lo approverebbe. Quindi, idealmente, il piano è un win-win attenuato: il debitore sacrifica il possibile ma non la vita, i creditori ottengono il massimo ragionevolmente ottenibile da quel debitore.

In conclusione, per un imprenditore o un professionista che valuti la situazione di un proprio cliente indebitato, consigliare il piano del consumatore (se ne ricorrono i presupposti) significa inquadrare la questione in modo proattivo e risolutivo, invece di attendere l’erosione lenta e incerta del patrimonio via pignoramenti. Naturalmente occorre valutare caso per caso, ma la convenienza complessiva del piano, sia economica che sociale, risulta nella maggior parte delle situazioni di grave sovraindebitamento.

Durata e fattibilità del piano: quanto può durare un Piano del Consumatore?

Uno dei dubbi frequenti è: “Quanto a lungo posso impiegare per pagare i miei debiti nel piano? Esiste un limite di durata?” Come già accennato, la normativa sul piano del consumatore non fissa un tetto massimo di durata. La durata deve essere quella necessaria e sufficiente a realizzare il piano, in relazione alle possibilità del debitore. In teoria, quindi, il piano potrebbe protrarsi anche per periodi molto lunghi – ed effettivamente in giurisprudenza si è andati ben oltre la classica soglia di 5 anni (che per analogia a procedure simili viene talvolta considerata un orizzonte “ragionevole”).

Alcuni precedenti giurisprudenziali:

  • Tribunale di Foggia ha omologato un piano della durata di 26 anni (decr. 12/03/2020): caso eccezionale in cui probabilmente il debitore aveva un’età relativamente giovane e redditi limitati, per cui si è spalmato il rimborso su un quarto di secolo!
  • Tribunale di Como: piano di 20 anni omologato (decr. 25/05/2018).
  • Tribunale di Napoli: piano di circa 10 anni (9 anni e 9 mesi, decr. 17/06/2022).
  • Tribunale di Cuneo: 10 anni (decr. 23/03/2022).
  • Tribunale di Foggia: 8 anni (decr. 31/12/2022).

Questi esempi dimostrano che, purché il piano sia fattibile, i giudici non escludono durate lunghe. Naturalmente, più il piano è lungo, più è esposto a rischi (cambiamenti nella vita del debitore, ecc.) e più il giudice sarà attento nel valutarne la credibilità. Infatti, come notato in dottrina, un piano ventennale equivale quasi a una scommessa sul futuro: il debitore potrebbe perdere il lavoro, ammalarsi, o semplicemente entrare in pensione con reddito inferiore durante quei 20 anni. Quindi, di regola, un piano molto lungo sarà accettato se vi sono elementi solidi: ad esempio, nel caso di Foggia a 26 anni, forse si trattava di pagare un mutuo residuo spalmato nella durata originaria, nulla di più, e il debitore era giovane e stabile.

Durata media: in base all’esperienza, molti piani del consumatore vengono concepiti su 4–5 anni. Questo anche perché ricorda la durata di 5 anni dei piani del consumatore in altri ordinamenti (ad esempio l’istituto inglese dell’IVA, o il Chapter 13 USA – pure durate 5 anni). Cinque anni sono un orizzonte ragionevole per tenere “impegnato” il debitore. Tuttavia non c’è nulla di vincolante in quel numero.

Cosa incide sulla durata?:

  • Entità del debito da falcidiare: se i debiti sono enormi rispetto al reddito disponibile, o c’è un taglio, oppure se si volesse pagare integralmente ci vorrebbero decenni. Quindi la scelta è tra stralciare di più (se possibile) o diluire nel tempo. Spesso c’è un mix: un certo taglio e un certo dilazionamento. La durata è figlia di quanto taglio e quanto pago. Un taglio eccessivo però può rendere il piano inaccettabile per i creditori; allora si allunga la durata per dare qualcosina in più.
  • Capacità mensile di pagamento: l’OCC individua quanto il debitore può pagare al mese. Se, poniamo, emerge che può destinare €200 al mese ai creditori, allora in un anno paga €2.400, in 5 anni €12.000. Se i debiti chirografari da soddisfare sono €60.000 e si vuole dare almeno il 20%, servono €12.000: ecco i 5 anni. Se i crediti fossero di più, potrebbe servire prolungare. Es: per dare 30% di €60.000 occorrono €18.000, con €200/mese servono 7,5 anni. Questi calcoli semplici fanno capire la logica: durata = importo totale da dare / risorse annue disponibili.
  • Eventuali liquidazioni di beni: se il piano prevede anche di vendere un bene entro un certo tempo (es. vendere un terreno tra due anni per incassare €20k), allora la durata può includere quell’aspettativa e poi i pagamenti successivi. A volte il piano dura fino all’ultimo pagamento da effettuare, comprensivo di eventuale vendita.
  • Età e aspettative di vita/lavoro del debitore: un debitore prossimo alla pensione magari preferirà un piano più breve possibile, perché dopo le sue entrate caleranno. Uno più giovane può proporsi di pagare anche per 15 anni. I giudici tengono conto di questo: in un caso un debitore molto anziano che propone un piano ultradecennale potrebbe non essere ritenuto fattibile (perché andrebbe oltre la vita lavorativa prevedibile).
  • Tasso di interesse nel piano: se il piano riconosce anche degli interessi (non obbligatorio per i chirografari, ma talvolta volontariamente si offre un piccolo interesse compensativo se la dilazione è lunga), questo può influire sulla durata sostenibile. Es.: se si diluisce su 10 anni magari si offre un 1-2% annuo di interessi ai creditori per renderlo più accettabile, però ciò richiede risorse aggiuntive.

La legge originaria (art. 8 l.3/2012) prevedeva che nel piano del consumatore non potessero essere modificate le scadenze dei crediti muniti di privilegio o ipoteca per oltre un anno dall’omologa, salvo consenso del creditore. Questa era una forte limitazione: significava che un mutuo ipotecario andava ripreso a pagare entro un anno altrimenti serviva il sì della banca (che spesso non c’era). Ma questa norma è stata reinterpretata e modificata: la l.176/2020 l’ha eliminata per i consumatori (vale semmai nel concordato minore) rendendo quindi possibile pagare i creditori ipotecari anche oltre l’anno, come confermato dai tribunali recenti. Nel caso di Santa Maria C.V. 2021 citato, hanno ammesso pagamento dell’ipotecario dopo più di un anno dall’omologa proprio con questa ratio.

Fattibilità vs durata: un piano lungo è fattibile se il debitore è costante e protetto. Uno troppo breve potrebbe fallire perché rate troppo alte. Quindi c’è un equilibrio: meglio un piano più lungo ma sostenibile che uno corto ma ingestibile per il debitore. I giudici tendono ad essere d’accordo su questo principio, purché – ripetiamo – il piano lungo non sia basato su troppe incognite.

Esempio pratico: un debitore percepisce stipendio netto €1.800 e può impegnarne €500/mese nel piano dopo le spese familiari. Debito totale €100.000 di cui ipotecario €50.000 (casa), chirografario €50.000. Possibile piano: paga integrale l’ipotecario €50k in 7 anni (€500/mese → €42k + magari 8k da TFR finale o piccola vendita), e offre ai chirografari il residuo del TFR o altre risorse minori, esdebitando il resto. Oppure paga qualcosa anche ai chirografari in 7 anni riducendo la quota ipotecaria (se la casa vale meno di 50k magari). Diciamo che in 7 anni versa €50084 = €42.000: col consenso ipotecario (o convenienza come da caso di Nola) può darsi che €30k vadano all’ipotecario (che magari all’asta ne avrebbe presi 25k) e €12k ai chirografari su 50k (24%). Finito il settimo anno, stop, residuo cancellato. Un creditore potrebbe dire: perché 7 anni e non 5? Perché 5 anni sarebbero 60 mesi€500=30k totali, troppo pochi per arrivare a quella divisione (ci perderebbe l’ipotecario). Allungando a 7 anni si è data soddisfazione sufficiente. Ecco perché spesso i piani vanno oltre 5 anni: per far quadrare equamente i conteggi.

In conclusione, la durata del piano del consumatore è elastica e viene calibrata sul singolo caso. Non esiste un “limite legale” se non la ragionevolezza e la fattibilità. È però interesse del debitore non protrarre inutilmente: più si allunga, più anni di vincolo e di incertezza (basta un incidente di percorso per far saltare anni di sforzi). Quindi anche l’OCC tende a trovare una durata ottimale minima compatibile con le risorse. Spesso i 4-5 anni sono considerati ottimali; se servono 10 anni li si propongono, ma andando oltre potrebbe essere veramente al limite.

Vale la pena notare che, una volta omologato un piano ad esempio di 12 anni, il debitore se le cose migliorano può anticipare i pagamenti e chiudere prima. Non c’è nulla che gli vieti di pagare anticipatamente le somme dovute e chiedere la chiusura anticipata della procedura (i creditori certo non si opporranno se ricevono tutto prima). Quindi la durata stabilita è un massimo. Se invece sopravvengono difficoltà, come detto, piccole variazioni possono essere autorizzate (es. saltare una rata e spostarla in coda), mentre grosse variazioni possono portare alla conversione in liquidazione o all’annullamento.

Difficoltà sopravvenute: il nuovo Codice tutela il debitore meritevole anche di fronte a imprevisti. Ad esempio, se durante l’esecuzione di un piano il debitore subisce un infortunio e non può lavorare per 6 mesi, il tribunale può sospendere l’esecuzione per un certo periodo o rivedere il piano (questo sulla base dei principi generali di buona fede e del fatto che l’art. 9, co.3-quater, l.3/2012 introdotto nel 2020 lo prevedeva). C’è un contemperamento: la legge 176/2020 introdusse la possibilità di modifica delle condizioni del piano in caso di “grave e giustificato motivo” sopravvenuto (es. calo reddito non imputabile al debitore). Quindi oggi un piano lungo non è rigidissimo: c’è un margine di adattamento con l’ok del giudice, sempre però nell’ottica di non ledere i creditori.

In sintesi, “quanto può durare il piano?”: quanto serve, se motivato. La durata va costruita su misura e negoziata con il tribunale (e di riflesso con i creditori che faranno opposizione se troppo lunga senza garanzie). Non esistono durate standard, ma per esperienza e prudenza i piani più comuni vanno dai 3 ai 7 anni. Pianificazioni oltre 15-20 anni sono davvero eccezionali e solo se il caso lo giustifica chiaramente (come mutui residui di giovane famiglia).

Confronto con le altre procedure di sovraindebitamento

Abbiamo sin qui approfondito il piano del consumatore nei dettagli. Per completezza, è utile uno sguardo di insieme alle altre procedure disponibili per i debitori civili non fallibili, sia per capire quando il piano è la scelta giusta, sia per aver chiari i “concorrenti” strumenti con cui condivide molti aspetti. Le procedure oggi vigenti (post riforma) sono, lo ribadiamo:

  1. Ristrutturazione dei debiti del consumatore (il nostro piano del consumatore): riservato a persone fisiche consumatori.
  2. Concordato minore (già accordo di composizione): per debitori non consumatori (piccoli imprenditori, professionisti, start-up, enti non fallibili, ecc.).
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (già liquidazione del patrimonio): aperta a tutti i debitori sovraindebitati non fallibili (consumatori o imprenditori minori).
  4. Esdebitazione del debitore incapiente: procedura semplificata per persone fisiche nullatenenti e senza reddito, introdotta nel 2020 (art. 283 CCII).

Vediamo le differenze essenziali in una tabella riassuntiva, e poi qualche commento:

ProceduraChi può accedereCome funzionaVincoli e caratteristicheBenefici finali
Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore)Consumatori (persone fisiche non fallibili con debiti di natura personale prevalente).Proposta di piano di pagamento parziale o dilazionato di tutti i debiti. Nessun voto dei creditori; decide il giudice sull’omologazione. OCC assevera fattibilità.Richiede assenza di colpa grave/frode del debitore. Possibile falcidia di crediti privilegiati con rispetto convenienza. Durata flessibile.Blocco delle azioni esecutive e, a termine piano, esdebitazione completa dei debiti residui (eccetto alimenti, danni, sanzioni non pagati). Debitore mantiene beni essenziali (es. casa).
Concordato minore (ex accordo di composizione dei debiti)Debitori non consumatori non fallibili: es. imprenditori sotto soglie, professionisti, start-up, enti non commerciali insolventi. Anche consumatore può teoricamente optare, ma in genere sceglie il piano se può.Proposta di accordo ai creditori con pagamento parziale dei debiti, eventualmente suddivisi in classi. Voto dei creditori: serve il sì del 60% dei crediti (maggioranza qualificata) per l’approvazione. Il giudice omologa se maggioranza raggiunta e piano conforme a legge.Debitore può essere imprenditore. Necessario consenso delle maggioranze di creditori → componente negoziale forte. Occorre informativa completa ai creditori (simile ad un concordato preventivo in piccolo). Giudice verifica meritevolezza ma con criteri diversi (per concordato minore, si parla di assenza di frode e rispetto delle cause di inammissibilità analoghe).Se omologato, vincola i creditori dissenzienti e sospende le azioni esecutive. A termine, esdebitazione dei debiti residui non soddisfatti (con gli stessi limiti delle altre procedure). Il debitore può proseguire attività se piano in continuità.
Liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio)Qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore o imprenditore minore) che voglia/debba liquidare i propri beni. Spesso scelta se non c’è reddito sufficiente per un piano, o se i creditori non concordano su concordato.Procedura simile a un fallimento: nominato un liquidatore (spesso l’OCC stesso). Il debitore mette a disposizione tutto il patrimonio (attuale e, per redditi futuri, generalmente quelli dei successivi 4 anni). Il liquidatore vende i beni, ripartisce il ricavato tra i creditori secondo i privilegi.Il debitore perde la disponibilità dei beni (spossessamento). Procedura gestita dal liquidatore con supervisione del giudice. Non occorre consenso dei creditori, è un procedimento giudiziale concorsuale d’ufficio. Può essere aperta anche su istanza dei creditori o del PM (forzosa) se il debitore è inattivo e ci sono beni.Sospende i pignoramenti e unisce tutti i crediti. Dopo la liquidazione, il debitore persona fisica ottiene esdebitazione dei debiti insoddisfatti (salvo eccezioni di legge) senza bisogno di ulteriore adempimento (nel CCII è automatica se condizioni rispettate). Novità: durata massima 3 anni per la liquidazione del reddito futuro, per evitare liquidazioni eterne. Debitore però perde i beni (salvo quelli impignorabili per legge).
Esdebitazione dell’incapiente (detta anche “esdebitazione senza utilità” o fresh start del nullatenente)Persona fisica consumatore sovraindebitato che non abbia beni né redditi da liquidare, neanche parzialmente, e che sia meritevole (no frodi, no atti in malafede). Procedura accessibile una sola volta.Si tratta di presentare al tribunale un’istanza di esdebitazione dichiarando la propria totale incapienza. L’OCC verifica l’assenza di attivo. Non c’è pagamento ai creditori (eventuali risorse minime possono essere riservate per spese procedurali). Il giudice concede l’esdebitazione “a zero” se ritiene il debitore meritevole di rilancio.È richiesta la dimostrazione di aver tentato soluzioni (es.: se possibile, almeno la liquidazione controllata, ma qui parliamo di chi non ha nulla da liquidare). Il debitore non deve avere rifiutato offerte di lavoro adeguate in last 4 years e non deve prevedibilmente poter pagare nulla. Se ha anche solo poche centinaia di euro di capacità, di solito gli si fa fare un piccolo piano o liquidazione.Il beneficio è la cancellazione di tutti i debiti senza pagamento (tranne i soliti non esdebitabili). Però c’è un periodo di “pegno” di 4 anni successivi: se entro 4 anni dall’esdebitazione il debitore dovesse percepire redditi o ereditare beni che eccedono il necessario per il sostentamento, dovrà informare il tribunale e questi beni saranno destinati ai vecchi creditori (fino a concorrenza dei debiti cancellati). Passati i 4 anni “di prova”, l’esdebitazione diventa definitiva. Questo meccanismo evita abusi (esdebitazione e poi vincita alla lotteria subito dopo…).

Dalla comparazione emerge che il piano del consumatore e il concordato minore sono in parte analoghi (entrambi cercano un accordo, ma uno senza voto creditori e l’altro con voto). Il piano è calibrato sul consumatore e offre maggiore paternalismo (giudice che decide al posto dei creditori), mentre il concordato minore assomiglia di più a un concordato preventivo “light” per piccole imprese, dove i creditori esprimono volontà e il giudice omologa in caso di maggioranza.

La liquidazione controllata è la scelta di ultima istanza o comunque la via se si vuole una soluzione immediata attraverso la vendita dei beni. Un debitore magari la sceglie se non ha nulla da proteggere e vuole chiudere la partita in tempi brevi. La legge incoraggia anche la liquidazione: notare che i creditori possono chiedere d’ufficio la liquidazione se il debitore propone piani inammissibili o non presenta nulla, così da evitare stalli. In un certo senso, piano e concordato minore sono tentativi di soluzione concordata; la liquidazione è la soluzione autoritativa se i primi falliscono o non praticabili.

L’esdebitazione incapiente è una possibilità speciale per situazioni disperate: consente di non escludere dal beneficio anche i più poveri, per i quali persino la liquidazione (che richiede almeno pagare i costi) sarebbe inutile. È però utilizzabile con parsimonia e con severi controlli di meritevolezza (ad esempio va negata se si scopre che il debitore ha nascosto anche un piccolo bene o non ha collaborato a sufficienza).

Quale scegliere? Se il soggetto è un consumatore, conviene quasi sempre tentare il piano del consumatore perché:

  • Non dover ottenere il voto dei creditori è un vantaggio enorme.
  • Si può modulare ad hoc la soddisfazione creditori senza la rigidità di maggioranze.
  • Il giudice può forzare il dissenso dei creditori in virtù della tutela del debitore meritevole.

Se il soggetto è un imprenditore minore o professionista, il piano del consumatore non è disponibile (a meno di mascherarsi da consumatore, ma oggi l’orientamento prevalente evita forzature – vedi debiti misti dove comunque se c’è impresa si analizza prevalenza). Quindi lì la scelta è:

  • Concordato minore se c’è prospettiva di pagare un minimo e si vogliono magari tenere attivi beni o continuare attività (il concordato può essere in continuità).
  • Liquidazione controllata se non c’è proprio margine di risanamento e serve vendere tutto e chiudere i debiti.

Va detto che la riforma ha equiparato, ai fini di esdebitazione, anche i soggetti diversi dalle persone fisiche: perfino le società di persone in liquidazione controllata ottengono esdebitazione (per la società e per i soci illimitatamente responsabili, art. 278 co.4 CCII) – novità notevole. Ma nel nostro contesto (avvocati e imprenditori che leggono) interessa perlopiù la persona fisica.

Interazione con pignoramento: anche il concordato minore e la liquidazione sospendono/impediscono i pignoramenti:

  • Con il concordato minore, una volta presentata l’istanza e ottenute eventuali misure protettive, i creditori chirografari sono bloccati, e dopo omologa c’è effetto esdebitativo analogo.
  • Con la liquidazione controllata, all’apertura il tribunale stabilisce la sospensione di tutte le esecuzioni e convoglia i beni nella liquidazione (i pignoramenti pendenti confluiscono e i beni pignorati vengono acquisiti dal liquidatore).

Il piano del consumatore rimane comunque l’unico in cui i creditori non hanno potere decisionale e ciò lo rende peculiare. Questo è giustificato dal fatto che si tratta di consumatori, considerati la parte debole da tutelare maggiormente (un approccio di “diritto dei deboli”). In letteratura si è discusso se questa “espropriazione del voto” dei creditori sia giusta: ma la Cassazione ha sostenuto la conformità costituzionale di questo meccanismo, perché bilanciato dalla valutazione di meritevolezza e convenienza fatta dal giudice.

In sintesi: il piano del consumatore è uno strumento speciale e dedicato per i debitori civili, diverso dalle procedure per piccole imprese (concordato minore) per la mancanza di voto e la centralità del giudice, e diverso dalla liquidazione perché conserva i beni e punta al rientro, non alla liquidazione. In un certo senso, il piano del consumatore è assimilabile a un “concordato preventivo con continuità” per persona fisica: il debitore continua la sua vita (mantiene beni, redditi futuri, etc.), mentre la liquidazione è paragonabile a un fallimento personale (perde beni, ma viene liberato dai debiti).

Proprio come nelle imprese si cerca prima la via concordataria e solo se fallisce si liquida, per il consumatore indebitato conviene provare il piano (se c’è un minimo di reddito o beni da giocarsi) e tenere come ultima spiaggia la liquidazione controllata o l’esdebitazione “gratuita” se proprio non c’è nulla.

Simulazioni pratiche di casi italiani

Per concretizzare quanto detto, presentiamo alcune simulazioni di casi pratici basati su situazioni tipiche riscontrate in Italia. Questi esempi illustrano come un piano del consumatore può essere costruito e quale confronto c’è con lo scenario senza piano (pignoramento).

Caso 1: Famiglia con mutuo e stipendi ridotti – Salvataggio della prima casa
Situazione: Mario e Giulia, coniugi 45enni, due figli, proprietari di un appartamento prima casa. Hanno un mutuo ipotecario residuo di €120.000 con la banca (rate arretrate da 6 mesi perché Mario ha perso il lavoro per un periodo). Hanno inoltre circa €30.000 di debiti con carte di credito e prestiti personali (banche/finanziarie) e €10.000 di bollette arretrate e spese condominiali. Attualmente il solo reddito è lo stipendio di Giulia, insegnante, €1.500 netti/mese; Mario ha trovato un nuovo impiego part-time €800/mese. Il pignoramento dell’immobile da parte della banca è già iniziato (procedura esecutiva immobiliare avviata, casa stimata €100.000, asta fissata tra 3 mesi). I creditori minori intanto minacciano decreti ingiuntivi.

Senza piano (scenario pignoramento): la banca continuerebbe con il pignoramento, probabilmente all’asta la casa potrebbe venir aggiudicata per circa €80.000 (dato che base d’asta spesso più bassa della stima, specie se al secondo tentativo). Con €80k la banca (creditore ipotecario) prenderebbe tutto (ma ancora non sarebbe completamente soddisfatta: il mutuo residuo è 120k + interessi, resterebbero scoperti ~40-50k) e potrebbe eventualmente agire sui futuri stipendi per il residuo. Gli altri creditori (€40k tra vari) non vedrebbero nulla dal pignoramento immobiliare perché la banca assorbirebbe l’intero ricavato. Però, una volta persa la casa, quei creditori potrebbero pignorare lo stipendio di Giulia o Mario (il quinto, ecc.). La famiglia resterebbe senza casa (dovendo magari andare in affitto) e con parte dello stipendio pignorato, ancora indebitata per decine di migliaia di euro. In più, avrebbe speso magari soldi in avvocati per difendersi (opposizioni varie). Insomma, un incubo finanziario e familiare.

Con Piano del consumatore: Mario e Giulia, assistiti dall’OCC, presentano un piano per bloccare l’asta e risolvere i debiti. Ecco come potrebbe essere strutturato il piano:

  • Sospensione immediata dell’esecuzione: chiedono subito al giudice di sospendere l’asta sulla casa. Il tribunale accoglie, data la presentazione della procedura di sovraindebitamento.
  • Proposta sulla casa (creditore ipotecario): riconoscono che la casa vale €100.000 sul mercato libero (forse in asta sarebbe meno). Propongono di rinegoziare il mutuo: ad esempio, allungare la durata residua a 15 anni con rate sostenibili, e di pagare in totale €80.000 invece di €120.000, sostenendo che €80k è il valore di mercato attuale. In pratica offrono di pagare circa il 67% del debito ipotecario, suddiviso in 180 rate mensili da ~€500 (sommando i redditi, 500€ è fattibile). Questo 67% (80k) è maggiore rispetto ai ~€60-70k netti che la banca forse ricaverebbe dall’asta al primo tentativo. Quindi la banca non è danneggiata, anzi evita spese e incertezza d’asta.
  • Proposta ai chirografari (carte, prestiti): offrono di pagare loro un dividendo del 20%: su €30k farebbero €6.000, più un 10% alle spese condominiali (€1.000 su 10k) perché i crediti condominiali sono privilegiati sui mobili. In totale ~€7.000 ai crediti chirografari.
  • Modalità di pagamento agli altri creditori: prevedono che queste €7.000 siano versate in parte con il TFR di Mario (che ha maturato €5.000) immediatamente, e la restante parte (€2.000) a rate nei primi 2 anni (€83/mese circa, incluso nelle rate da 500 sopra – che quindi 417 andranno alla banca, 83 ai chirografari per 24 mesi).
  • Trattamento spese bollette: su quelle €10k di bollette e conguagli, supponiamo €4k siano verso il gestore luce/gas (che è chirografario, incluso nel 20%), €6k condominio (che ha privilegio). Il condominio riceverà di più: magari nel piano destinano €3.000 (50%) al condominio, vista la natura particolare, mentre gli altri chirografari finanziari prendono una percentuale più bassa.
  • Durata del piano: 15 anni totali (180 mesi) per pagare ipotecario; i chirografari però escono prima (in 2 anni pagati con TFR+rate). Dopo i primi 2 anni, rimarrà solo la banca da pagare con il mutuo rinegoziato (che di fatto continua come fosse un piano in continuità).
  • Mantenimento famiglia: la rata di €500/mese è calibrata su un reddito familiare di €2.300; ciò lascia ~€1.800 per le spese mensili, giudicate adeguate per famiglia di 4 con alcune austerità ma sostenibile.
  • Meritevolezza: l’OCC nella relazione evidenzia che il sovraindebitamento è dipeso dalla perdita temporanea di lavoro di Mario e da spese vive per i figli, non da colpa grave. Nessuna frode (non hanno ceduto la casa a parenti, nulla del genere).
  • Convenienza per creditori: la relazione OCC calcola che in caso di liquidazione forzata: la banca prend avrebbe ~€60k (dopo costi d’asta), i chirografari zero; col piano la banca prende €80k in 15 anni (valore attuale ~€65k attualizzato, comunque > €60k) e i chirografari prendono €7k invece di zero – quindi tutti stanno meglio del fallback scenario. Il condominio prende metà credito subito, contro il rischio di nulla (poiché se la casa all’asta non copriva ipoteca, loro non prendevano).

Il tribunale esamina e omologa il piano. Effetti: l’asta è revocata, la casa è salva; Mario e Giulia riprendono a pagare regolarmente la nuova rata di mutuo come da piano, sapendo che se la rispetteranno per 15 anni, la casa sarà libera da ipoteca e soprattutto i debiti con le finanziarie saranno spariti (poiché dopo 2 anni di pagamenti parziali e l’esdebitazione finale, quei creditori non potranno più chiedere nulla). La famiglia mantiene l’abitazione, i figli possono restare nella loro casa; il budget familiare è ridotto ma gestibile. I creditori sono stati soddisfatti in misura ragionevole: la banca in realtà incasserà i suoi €80k e non ha spese legali ulteriori; i piccoli creditori almeno qualcosa l’hanno visto senza dover inseguire stipendi.

A fine piano (trascorso il periodo e pagato tutto il dovuto), il tribunale li esdebitera: Mario e Giulia saranno liberi dal residuo mutuo non pagato (che però coincide con la quota falcidiata) e da ogni altro debito residuo. Il condominio non potrà pretendere il restante 50%, le finanziarie non potranno più nulla oltre quel 20%. I bilanci familiari potranno anche migliorare: finito di pagare la banca, avranno €500 in più di liquidità mensile.

Commento: Questo caso mostra la classica funzione del piano per salvare la prima casa. Si noti come qui c’è stata anche la possibilità di applicare quell’art. 41-bis sulla rinegoziazione mutuo: difatti il piano in pratica rinegozia i termini del mutuo (durata e importo). La banca potrebbe anche formalmente rifiutare, ma se il giudice omologa comunque il piano, la banca deve adeguarsi. In molte situazioni reali, le banche – di fronte a piani ben congegnati – preferiscono non opporsi, perché riconoscono che l’alternativa (asta) è peggiore. Nel nostro esempio, il recovery per la banca col piano è 80k vs 60k stimato in asta: un 20k in più. Per la banca, inoltre, mantenere il cliente pagante (seppur ridotto) è spesso preferibile a dover chiudere un sofferenza con perdita. Questo spiega perché molti piani del consumatore su mutui vengono omologati anche senza l’accordo formale della banca: il giudice vede la convenienza e la vincola, e di solito la banca non fa reclamo perché sa di aver evitato il peggio.

Caso 2: Artigiano cessato con debiti misti – Prevalenza debiti personali e piano del consumatore
Situazione: Luca, ex artigiano idraulico fifty-year-old, ha chiuso la sua ditta individuale due anni fa per problemi di salute. Ha debiti per €20.000 con fornitori e €15.000 di debiti IVA e INPS riferiti alla sua ex attività (quindi debiti “professionali”), oltre a €40.000 di debiti personali (prestiti bancari e finanziamenti al consumo fatti per esigenze familiari). In totale €75.000. Non possiede immobili (vive in affitto), ha un’auto di modesto valore (€3.000). Oggi Luca lavora come dipendente (stipendio €1.300) perché non può più svolgere lavoro pesante autonomo. I creditori hanno iniziato a muoversi: Equitalia (Agenzia Riscossione) gli ha notificato cartelle per IVA e INPS e potrebbe pignorare il conto o stipendio; alcuni fornitori hanno decreto ingiuntivo in mano; la finanziaria del prestito personale minaccia azioni legali. Luca è molto preoccupato perché con il suo stipendio non riuscirebbe a onorare tutte queste pretese (solo la finanziaria vuole €400/mese, impossibile insieme all’affitto e spese).

Scelta procedura: Luca è un caso di debiti misti: parte da attività d’impresa (fornitori, IVA, INPS) e parte personali (prestiti). È non fallibile (piccolo artigiano). Potrebbe accedere al concordato minore (perché era impresa) oppure al piano del consumatore se considerato consumatore. Qui la giurisprudenza recente (come visto in Trib. Napoli 2025 e altri) adotta criterio di prevalenza funzionale: se i debiti personali prevalgono quantitativamente e qualitativamente, Luca può essere trattato come consumatore. Nel suo caso: personali €40k, professionali €35k – i personali leggermente prevalenti in valore e, inoltre, sono “di natura diversa” (consumo vs obblighi fiscali/fornitori). Molti giudici ammetterebbero Luca al piano del consumatore, escludendo magari i debiti d’impresa o comunque tenendoli in conto subordinato. Mettiamo che Luca, assistito dall’OCC, intraprenda un piano del consumatore (le alternative sarebbero concordato minore con necessità di accordo creditori – complicato, o liquidazione dell’auto e stipendio per 4 anni – che darebbe ben poco ai creditori e lo lascerebbe con debiti di alimenti e affitto da gestire).

Proposta di piano:

  • Debiti personali (€40k): propone di pagarli al 30%. Ha una piccola liquidazione/TFR di €5.000 dall’assunzione come dipendente (diciamo) che offre integralmente ai creditori personali, più €7.000 da versare in 5 anni tramite rate mensili di ~€120 (compatibili con il suo reddito). Totale €12k su €40k (30%). Questi creditori (banche/finanziarie) se provassero pignoramento dello stipendio forse otterrebbero un quinto €260/mese per x anni; in 5 anni sarebbero €15.600, ma Luca non potrebbe pagare affitto e campare. Il piano offre leggermente meno, ma in forma certa e cooperativa.
  • Debiti d’impresa (€35k, tra fornitori e fisco): qui c’è un distinguo. I fornitori (€20k) tecnicamente sono chirografari comuni ma di origine imprenditoriale. L’IVA e INPS (€15k) sono debiti privilegiati verso l’erario. Luca non ha beni da liquidare; ipotizzando che in una liquidazione quei crediti fiscali prenderebbero qualcosa forse dal pignoramento stipendio (ma su stipendio prima va eventuale mantenimento famiglia?). L’OCC può sostenere che destinare una parte del pagamento mensile anche al fisco è giusto. Ad esempio, Luca propone di includere nel piano anche questi, dando: per fornitori d’impresa un 20% (sono crediti vecchi non garantiti), per IVA/INPS un 40% (per tener conto del loro privilegio).
  • In cifre: fornitori 20k * 20% = 4k; fisco 15k * 40% = 6k. Totale altri 10k destinati ai crediti “d’impresa”.
  • Come li paga: oltre ai 12k destinati ai debiti personali, aggiunge €10k in 5 anni per questi, cioè altri €167/mese circa. Totale rata mensile per tutti creditori: ~€120+€167 = €287. Con stipendio €1.300, affitto e spese supponiamo €900, Luca può destinare €287 ragionevolmente (restano ~€113 di margine – un po’ stretto ma fattibile con qualche sacrificio; OCC deve valutare attentamente il budget).
  • Auto: valore basso €3k, utile per lavorare? L’OCC può suggerire di non venderla perché serve a Luca per recarsi al lavoro (bene strumentale indispensabile). Magari Luca si impegna a non cambiarla e tenerla per almeno tot anni.
  • Durata: 5 anni (60 mesi) di pagamenti. Un orizzonte non lungo.
  • Meritevolezza: Luca ha chiuso l’attività per seri motivi, non ha fatto spese pazze, il sovraindebitamento deriva da crisi dell’attività e problemi di salute (documentabili). Nessuna frode (non ha trasferito beni, l’auto è ancora sua, niente di anomalo).
  • Convenienza: L’OCC evidenzia che se Luca venisse messo in liquidazione controllata: venduta l’auto €3k (di cui costi liquidatore magari 1k, resterebbero 2k per creditori), e prelievo di uno spicchio di stipendio per 4 anni (ipotizziamo un giudice potrebbe dargli minimo vitale €800 e prendere €500/mese *48 mesi = €24k raccolti). Totale in liquidazione distribuibile = circa €26k. Ordine di prelazione: IVA/INPS privilegiati prendono per intero i €15k (potrebbero saturare i primi 15k, restano 11k per il resto). Fornitori e finanziarie (chirografari totali 60k) si dividono 11k → 18% circa. Quindi risultato ipotetico liquidazione: fisco 100%, altri 18%. Con il piano proposto: fisco 40% (6k su 15k), fornitori 20% (4k su 20k), finanziarie 30%. Il fisco riceve di meno, quindi a prima vista il piano non è conveniente per quel creditore. Però attenzione, il fisco in realtà in liquidazione prenderebbe quei 15k solo se Luca versa costantemente 500/mese per 4 anni; Luca però con 500 di prelievo potrebbe non reggere (affitto 500, gli resterebbe 300, un disastro, magari smette di lavorare formalmente…) e la liquidazione rischierebbe di non raccogliere tutto. Il piano è più sostenibile, quindi riduce l’incasso fisco ma con minor rischio. Bisogna vedere se il giudice accetterebbe la minor soddisfazione del fisco: qui incide il fatto che Luca è consumatore sui generis. Forse meglio ritoccare: magari dare 50% al fisco (7.5k) e ridurre qualcos’altro: es. portare i personali dal 30% al 25%. Questo aggiustamento l’OCC potrebbe farlo per mostrare che l’Erario non è eccessivamente penalizzato. In ogni caso, ipotizziamo che su €75k di debiti totali, Luca offra €22k totali (di cui 7.5k fisco, 4k fornitori, 10.5k personali).
  • L’OCC scrive nella relazione che Luca merita un “fresh start” perché la sua crisi è stata sfortunata ma non dolosa; se i creditori lo pignorano finiranno per farlo licenziare o lavorare in nero (evenienza comune), quindi anche per il fisco è meglio incassare qualcosa in 5 anni che rischiare di non vederlo mai. Inserisce magari che Luca è pronto a cedere eventuali bonus futuri (es. se avrà bonus Renzi, li mette dentro, per rassicurare).

Il tribunale ammette Luca al piano del consumatore, accettando il criterio di prevalenza: i debiti personali (40k) sono leggermente maggiori e comunque il sovraindebitamento complessivo è misto, ma Luca ora è chiaramente un consumatore (dipendente) e il suo intento è risanare la sfera personale; i debiti d’impresa li tratta con minor favore (infatti paga meno su IVA rispetto all’intero, ma l’attività è cessata). Omologa il piano, magari con un lieve richiamo ad “escludere i debiti d’impresa dall’esdebitazione per la parte falcidiata” – qualche giudice lo fa ma la legge ora non distingue, quindi no, se omologa il piano li esdebitata comunque.

Effetti: Equitalia sospende le cartelle, i fornitori non possono più agire. Luca inizia a pagare la rata da ~€370 (22k/60 mesi) al riparto tra creditori. Per 5 anni stringe la cinghia ma ce la fa (affitto €500, rata €370, rimangono €430 per vivere – difficile ma considera che potrebbe avere qualche integrazione come assegni familiari o riduzione affitto, comunque è dura ma fattibile con aiuti sociali forse). Dopo 5 anni, Luca ha pagato i €22k. Il tribunale emette un decreto che lo libera dai restanti €53k di debiti. Significa che, ad esempio, il fornitore a cui ha dato 4k su 20k deve rinunciare al resto; lo Stato rinuncia ai restanti 7.5k di IVA/INPS; le banche al loro 70% residuo. Luca ora non ha più debiti. Non ha perso beni (aveva solo l’auto che ha tenuto). La sua vita ricomincia con il suo stipendio libero (prima non lo era perché dedicava quell’importo ai creditori). In pratica, Luca ha fatto una sorta di mini-concordato da consumatore, pagando circa il 30% ai creditori chirografari e un po’ di più al fisco, ed è tornato solvibile.

Senza il piano: molto probabilmente Equitalia avrebbe pignorato il suo quinto stipendio (€260) e qualche finanziaria magari un altro quinto (€260). Totale €520 trattenuti. Luca avrebbe avuto €780 per affitto e tutto: non avrebbe retto, forse avrebbe smesso di pagare affitto accumulando sfratto, sarebbe potuto cadere nel lavoro in nero per evitare i pignoramenti. In definitiva, uno scenario pessimo, forse anche per lo Stato che non recupera perché Luca diventa irreperibile. Con il piano invece c’è stata ufficialità e ordine.

Questo caso evidenzia il tema dei debiti misti e conferma perché l’orientamento attuale è di ammettere questi soggetti al piano se i debiti personali prevalgono. Altrimenti uno come Luca, se costretto al concordato minore, avrebbe dovuto convincere il 60% dei creditori (tra cui Equitalia) a votare sì – improbabile; oppure liquidare l’auto e stipendio, che gli avrebbe creato più problemi. Il tribunale di Napoli nel 2025 ha proprio sottolineato che negare il piano solo per la presenza di alcuni debiti d’impresa è eccessivamente punitivo, e occorre guardare alla finalità del sovraindebitamento: dare una seconda chance al debitore civile meritevole. Luca, nonostante provenienza mista dei debiti, è un esempio di debitore “civile incolpevole” che beneficia della norma.

Caso 3: Debitore completamente incapiente – Esdebitazione senza piano
Situazione: Anna, thirty-year-old disoccupata, vive ospite da parenti, nessun reddito ufficiale, nessun bene intestato, salute precaria. Ha debiti per €25.000 derivanti da un finanziamento bancario e da bollette non pagate, contratti anni fa quando aveva un lavoro poi perso. Attualmente non ha alcuna capacità di rimborso e difficilmente troverà lavoro a breve (ha problemi di salute che la limitano). I creditori l’hanno perseguita per un po’, poi visto che non possiede nulla hanno smesso (magari c’è qualche decreto ingiuntivo e segnalazione a credit bureau, ma non è pignorabile perché nulla da prendere). Anna tuttavia vorrebbe ripartire, cercare magari un lavoretto compatibile con la sua situazione, ma i debiti la scoraggiano (sa che se inizia a lavorare formalmente, subito i vecchi creditori potrebbero pignorarle stipendio).

Questo caso è estremo di incapienza totale. Il piano del consumatore classico non si può fare perché non c’è nulla da offrire ai creditori (zero reddito, zero patrimonio). Similmente, un accordo o concordato minore sarebbe ridicolo (pagherebbe 0% – chi lo vota?). E neanche la liquidazione controllata: se non ha beni, non c’è cosa da liquidare, e neppure potrebbe pagare il compenso del liquidatore.

Grazie alla riforma, esiste la procedura di Esdebitazione del debitore incapiente: Anna può rivolgersi all’OCC e presentare direttamente un’istanza al giudice per farsi cancellare i debiti senza pagare nulla. Deve però dimostrare di essere in buona fede (cioè che è povera ma non per colpa sua intenzionale, e che non ha nascosto asset in realtà). Supponiamo che ci riesca: l’OCC verifica che sul suo codice fiscale non risultano proprietà (visure catastali, PRA niente, conti in banca vuoti ecc.), certifica che vive di aiuti, e che la causa dell’indebitamento è la perdita lavoro e malattia, non spese voluttuarie. Il tribunale – sentiti i creditori eventualmente – può disporre l’esdebitazione di tutti i €25.000 di Anna, senza alcun pagamento.

Le imporrà tuttavia degli obblighi:

  • Se entro 4 anni Anna dovesse ottenere un impiego stabile o un miglioramento economico significativo, dovrà versare ai creditori una quota di ciò che guadagna oltre la soglia del necessario. In pratica, i creditori hanno un diritto di seguito per 4 anni su eventuali sopravvenienze attive di Anna. Ad esempio, se entro 3 anni Anna guarisce e trova un lavoro da €1.200/mese con cui potrebbe teoricamente rimborsare qualcosa, il giudice potrebbe disporre che per il tempo rimanente di quei 4 anni Anna versi il quinto dello stipendio ai vecchi creditori (ma c’è discrezionalità). Se ereditasse una casa entro 4 anni, i creditori potrebbero pretendere di soddisfarsi su di essa.
  • Dopo i 4 anni di “probation”, qualunque cosa succeda i creditori non potranno più chiedere nulla: l’esdebitazione diventa definitiva.

Senza questa procedura: Anna resterebbe tecnicamente debitrice a vita, con il rischio latente che qualunque miglioramento (un contratto di lavoro) attiri i creditori per riscuotere. Sappiamo che spesso, in queste situazioni, i debitori per paura restano nell’economia sommersa per non farsi pignorare eventuali entrate, e ciò è negativo per tutti (né loro si regolarizzano, né creditori recuperano realmente nulla). Con l’esdebitazione incapiente, invece, Anna ha un incentivo a rimettersi in carreggiata: se trova lavoro, ha quel periodo di 4 anni in cui se guadagna bene, paga qualcosa ai creditori, ma poi è libera e non è più segnata dal passato. I creditori almeno hanno la chance per 4 anni di prendere se appare qualcosa (mentre ora come ora non han nulla comunque). È un meccanismo di fresh start condizionato.

Va detto che questa procedura è complementare al piano del consumatore: se Anna trovasse anche un minimo reddito, le consiglierebbero di fare un piano (es. se potesse offrire anche il 5-10%, sarebbe più facilmente digerito dai creditori e dal giudice). Ma se veramente non ha nulla, la legge le dà comunque una via d’uscita, riconoscendo un principio umano: “Non si può cavar sangue da una rapa”, e tenere una persona per sempre schiava di debiti impagabili non giova a nessuno.

Caso 4: Sovraindebitamento di un piccolo imprenditore – Concordato minore vs piano
(Questo caso extra serve a mostrare differenza procedurale, ma essendo guida sul piano del consumatore, possiamo citare brevemente)

Luigi, titolare di una SNC commerciale (piccola), con debiti totali €200.000 (verso banche, fornitori, Fisco), e patrimonio limitato (un capannone del valore €150k ipotecato per €100k dalla banca, merci modeste). Non persona fisica consumatore, quindi niente piano consumatore. Luigi deve usare concordato minore o liquidazione. Se facesse un “piano” simile, dovrebbe convincere i creditori. Mettiamo sceglie di fare un concordato minore offrendo: vendita capannone e pagamento banca ipotecaria integrale (€100k), residuo €50k ricavato va ai chirografari su 100k di crediti = 50%. Presenta proposta con OCC ecc. Votazione: se i creditori votano sì (dovrebbe convincere il 60% di chirografari, e l’erario se c’è, ecc.), il giudice omologa. Luigi salva la SNC dalla liquidazione, ripaga i debiti in parte e continua attività magari ridimensionata. Se creditori votano no, finisce in liquidazione controllata (che è come fallimento, vendono capannone etc). Qui notiamo la differenza: se Luigi fosse persona fisica consumatore, avrebbe potuto costringere i creditori ad accettare 50% chirografari senza voto; ma essendo imprenditore, ha dovuto ottenere il voto.

Questo evidenzia perché il piano del consumatore per le persone fisiche è un privilegio notevole rispetto a come le procedure funzionano per imprese.

Domande frequenti (FAQ)

D: Chi può richiedere il piano del consumatore?
R: Possono accedere al piano del consumatore le persone fisiche sovraindebitate che siano consumatori, ossia che hanno debiti contratti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale. In pratica privati cittadini (o ex piccoli imprenditori non fallibili i cui debiti siano prevalentemente personali). Sono esclusi gli imprenditori in esercizio sopra le soglie di fallibilità e, in generale, chi ha debiti principalmente di natura professionale (in tal caso c’è il concordato minore). Inoltre occorre essere meritevoli: niente frodi o colpe gravi nel causare il debito. Non può accedere chi è già stato esdebitato nei 5 anni precedenti o più di due volte in assoluto. In breve, è destinato alle famiglie e individui in difficoltà economica onesti ma sfortunati.

D: Quali debiti posso inserire nel piano del consumatore?
R: Tutti i debiti del debitore possono essere inclusi, di qualsiasi natura: debiti bancari, mutui, finanziamenti, bollette, affitti, tributi (Agenzia delle Entrate, cartelle esattoriali), contributi previdenziali, debiti verso fornitori, verso familiari, ecc. La procedura è onnicomprensiva. Vanno indicati tutti i creditori noti con i rispettivi importi. Anche eventuali debiti contestati o non ancora scaduti dovrebbero essere elencati. Ci sono tuttavia alcuni crediti che, pur potendo essere inclusi, non verranno cancellati dall’esdebitazione finale se non pagati: sono i debiti per mantenimento familiare, i debiti da risarcimento danni per fatti illeciti e le sanzioni penali o amministrative autonome. Questi debiti conviene prevedere di soddisfarli integralmente nel piano (o lasciarli fuori per pagarli a parte), poiché se rimangono insoluti resteranno esigibili anche dopo. Tutti gli altri, se rimane un residuo a fine piano, vengono definitivamente annullati. Non è possibile invece includere debiti contratti dopo la presentazione del piano (quelli restano estranei e andranno pagati a parte).

D: I debiti fiscali (es. con Agenzia delle Entrate Riscossione) rientrano? Posso ridurre cartelle esattoriali con il piano?
R: Sì, i debiti verso il Fisco (imposte, IVA, IRPEF, cartelle ex Equitalia) possono essere ristrutturati nel piano del consumatore al pari degli altri. Non c’è un trattamento di favore obbligatorio per il Fisco, se non il rispetto delle sue eventuali garanzie e privilegi. In concreto, si può proporre anche un saldo e stralcio parziale di tasse e contributi: è stato fatto in molti piani omologati. Bisogna però assicurarsi che il confronto con l’alternativa liquidatoria sia rispettato: se la legge darebbe priorità di incasso al Fisco su certi beni, il piano deve far ottenere all’Erario almeno quanto otterrebbe liquidando quei beni. Ad esempio, se c’è un immobile ipotecato da Agenzia Entrate, nel piano occorre destinare all’Erario una somma non inferiore al presumibile ricavato di quell’ipoteca. Se il debitore non ha beni, è legittimo offrire anche una percentuale ridotta del debito fiscale (in quanto in liquidazione il Fisco non vedrebbe comunque soddisfazione). In sintesi: sì, si possono “tagliare” anche i debiti tributari all’interno di un piano, e al termine la parte non pagata viene cancellata (salvo eventuali sanzioni penali autonome). Va notato che l’Agenzia delle Entrate spesso non aderisce spontaneamente agli stralci, ma nel piano del consumatore conta la decisione del giudice, quindi il Fisco è vincolato dall’omologa.

D: Serve l’accordo o il voto dei creditori per il piano del consumatore?
R: No. Questa è una differenza cruciale del piano del consumatore rispetto ad altre procedure: non è necessaria l’approvazione dei creditori. Il giudice può omologare il piano anche se i creditori non sono d’accordo. Ovviamente i creditori vengono informati e hanno diritto di presentare opposizione se ritengono il piano irregolare o non conveniente. Ma non c’è una “votazione” né la necessità di raggiungere maggioranze di consensi. Quindi il debitore non deve contrattare direttamente con ogni creditore (anche se può farlo informalmente per rendere il piano più liscio). Sarà il Tribunale, valutate le circostanze, a decidere in via imparziale se imporre il piano. Ciò consente ad esempio di superare l’opposizione irragionevole di un singolo creditore: una volta omologato, il piano è vincolante per tutti i creditori anteriori. In definitiva, il consumatore non deve convincere i creditori a “firmare” – deve convincere il giudice della bontà del piano.

D: Cosa succede ai pignoramenti in corso? Il piano blocca subito tutto?
R: Sì, il piano del consumatore può bloccare immediatamente i pignoramenti in corso. Quando si deposita la richiesta di piano, il debitore può chiedere al giudice la sospensione di tutte le procedure esecutive pendenti. Il giudice, se la richiesta è fondata (ad esempio c’è un’asta imminente sulla casa che renderebbe inutile il piano), emette un provvedimento di sospensione che i giudici dell’esecuzione devono rispettare. Ciò congela i pignoramenti fino alla decisione sul piano. Una volta che il piano viene omologato, tutti i pignoramenti relativi ai debiti compresi nel piano sono definitivamente interrotti/estin­ti: nessun creditore potrà proseguire l’azione esecutiva individuale, dovendo accontentarsi di quanto previsto dal piano. Ad esempio, se era in corso un pignoramento immobiliare, con l’omologa del piano esso viene dichiarato estinto e l’immobile liberato dall’esecuzione (eventuali ipoteche rimangono ma soggette al piano). Se c’era un pignoramento dello stipendio, non potrà più essere effettuato perché quel credito sarà regolato dal piano (o se era già in essere, il datore di lavoro verrà liberato dall’obbligo di trattenuta). In pratica, il piano del consumatore funge da “scudo” contro i pignoramenti. Importante: la tutela parte dalla data di provvedimento di sospensione connessa al ricorso. Quindi è bene presentare il piano prima che si perfezionino atti esecutivi irreversibili (come l’aggiudicazione all’asta). Se si interviene tardivamente (es. dopo che l’immobile è già stato venduto in asta), il piano non potrà restituire il bene perduto, potrà solo gestire la distribuzione del ricavato. Perciò, chi ha pignoramenti in corso dovrebbe attivarsi il prima possibile con l’OCC per sfruttare la sospensione.

D: Se il piano viene omologato, i creditori possono ancora chiedere interessi o altre somme?
R: No, dall’omologazione in poi i creditori sono vincolati ai contenuti del piano. Non possono pretendere interessi ulteriori, penali o spese diverse da quelle eventualmente incluse nel piano. Tutto ciò che è maturato prima è cristallizzato secondo quanto riconosciuto nel piano; dal momento dell’omologa cessano gli interessi di mora sui crediti chirografari (salvo forse interessi compensativi se il piano li prevede per dilazioni lunghe). I creditori privilegiati come la banca possono avere diritto agli interessi per il tempo del piano se così è stabilito (ad esempio, se continui a pagare il mutuo, pagherai anche gli interessi pattuiti), ma non possono applicare nuove azioni o aumenti unilaterali. Inoltre non possono iniziare azioni su eventuali coobbligati per recuperare la parte di credito non soddisfatta dal piano nei confronti del debitore principale fino a che il piano è in corso (dopo potrebbero, ma spesso i coobbligati sono anch’essi in difficoltà). In generale l’omologa è un punto fermo: il credito rimane quello ristrutturato e decurtato come da piano, e ulteriori pretese sono inibite.

D: Cosa succede se, dopo l’omologa, il debitore non rispetta il piano?
R: L’omologazione non è un traguardo definitivo se poi il piano non viene eseguito. Se il debitore diverge in modo significativo dagli obblighi del piano, i creditori o l’OCC possono rivolgersi al tribunale per dichiarare l’annullamento o la risoluzione del piano. Ad esempio, se il debitore smette di pagare le rate e accumula un ritardo grave (oltre 90 giorni, o comunque oltre i limiti indicati dalla legge o dal piano stesso), il giudice – verificato l’inadempimento – annulla l’omologazione. A quel punto tornano efficaci le azioni dei creditori: i debiti ritornano esigibili per intero al netto di quanto eventualmente già pagato. I creditori potranno riprendere o iniziare pignoramenti come se il piano non ci fosse mai stato (anche se dovranno tenere conto di eventuali somme incassate durante il piano, ovviamente). Il debitore perde il beneficio dell’esdebitazione. Dunque è fondamentale rispettare il piano. La legge ammette piccole tolleranze (ad esempio, molti tribunali concedono che un lieve scostamento, sotto il 10% del dovuto, non faccia saltare tutto) e consente, in caso di temporanee difficoltà non dipendenti dalla volontà, di chiedere una modifica del piano. Ma se il debitore semplicemente non paga senza giustificazione, il piano viene meno. Il debitore a quel punto può solo percorrere altre vie concorsuali residue: ad esempio, potrebbe aprire una liquidazione controllata per evitare l’assalto individuale e tentare comunque l’esdebitazione via liquidazione. Però l’aver fallito il piano può anche ostacolare l’accesso immediato ad altra procedura (c’è una norma che vieta una nuova procedura nei 5 anni successivi se la precedente è stata revocata per dolo o colpa grave del debitore). Quindi, impegnarsi a fondo per rispettare il piano è essenziale. In pratica, il piano del consumatore va intrapreso solo se si ha la ragionevole certezza di potervi adempiere; altrimenti, se la situazione è troppo incerta, meglio optare magari direttamente per la liquidazione.

D: Il piano del consumatore cancella tutti i debiti? Anche quelli verso lo Stato o altre categorie speciali?
R: Al termine del piano, il debitore ottiene l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui non pagati nel piano. Questo vale per tutti i crediti concorsuali, con tre eccezioni previste dalla legge:

  1. gli obblighi di mantenimento e alimentari (es. assegni di mantenimento al coniuge o ai figli, dovuti per sentenza);
  2. i debiti da risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale (danni civili per sinistri, etc.);
  3. le sanzioni penali o amministrative pecuniarie non accessorie (multe, ammende).
    Questi non vengono esdebitati: restano dovuti anche dopo. Pertanto, se il piano non li ha soddisfatti integralmente, il creditore potrà ancora chiederli. Per tutti gli altri debiti, inclusi quelli verso lo Stato (tributi, contributi) e verso banche, privati, ecc., l’esdebitazione li estingue definitivamente. Ad esempio: debito IVA residuo? Cancellato. Residuo di mutuo ipotecario non pagato? Cancellato (ma l’ipoteca sui beni resta per la parte pagata: se il bene non era venduto, l’ipoteca si riduce, in quanto i crediti residui non esigibili non possono dare luogo ad esecuzione). Debito con fornitori? Sparito. – L’importante è che fossero crediti anteriori all’omologazione e che il creditore sia stato messo in condizione di partecipare al concorso (in pratica, se era noto). Anche i creditori che non hanno presentato domanda nel piano ma erano stati avvisati vengono esdebitati. L’esdebitazione avviene con decreto del giudice a fine piano e non richiede domanda separata. Quindi sì, il piano del consumatore cancella tutti i debiti residui pagabili, tranne quelle categorie particolari sopra dette. È per definizione la chiusura della “spirale debitoria” per il soggetto.

D: Quanto dura la procedura e quali sono i tempi principali?
R: La procedura si divide in due fasi: la fase di omologazione e la fase di esecuzione del piano. La fase di omologazione, da quando si deposita il ricorso in tribunale a quando il giudice omologa il piano, può durare mediamente tra 2 e 6 mesi, a seconda della complessità e del carico di lavoro del tribunale. In casi urgenti (es. asta imminente) si può avere un’udienza in poche settimane con immediata sospensione esecutiva. Se ci sono opposizioni dei creditori, la fase può allungarsi un po’ (magari 6-8 mesi). Una volta omologato, parte l’esecuzione: la durata del piano dipende da quanto previsto nel programma di pagamento. Può essere 1 anno, 5 anni, 10 anni… anche oltre, come visto in alcuni casi eccezionali. Quindi la procedura complessiva dura fino a che il piano non è completato. Ad esempio, se presento ricorso oggi e il mio piano prevede pagamenti per 4 anni, la procedura finirà fra circa 4 anni e qualche mese (incluso il tempo di omologa). Al termine, il giudice emanerà il decreto di esdebitazione subito (oggi è contestuale). – Per riassumere: Tempi chiave:

  • ~1-3 mesi per preparare documenti con OCC (fase stragiudiziale);
  • ~3-6 mesi in tribunale per omologa;
  • X anni di esecuzione secondo piano;
  • subito dopo, esdebitazione.
    Ovviamente se paragoniamo al pignoramento: un pignoramento immobiliare in Italia dura spesso 2-3 anni; un piano può definire tutto in meno di 1 anno (omologa) e poi diluire i pagamenti, ma con la tranquillità per il debitore acquisita già dall’omologa.

D: Quanto costa fare un piano del consumatore?
R: Ci sono alcune voci di costo:

  • Il compenso dell’OCC: viene determinato secondo tariffari ministeriali basati sull’attivo/passivo e la complessità. In pratica, per piccoli debiti il minimo è ~€1.000, per debiti più consistenti può salire (ad es. su €100k di debiti potrebbe essere qualche migliaio di euro). Spesso l’OCC chiede una parte iniziale (per istruttoria) e il resto lo inserisce nel piano a carico della massa.
  • L’eventuale onorario dell’avvocato che assiste il debitore (se nominato): non è obbligatorio avere un avvocato, ma è consigliabile. Molti OCC comunque includono nell’assistenza anche la parte legale. I costi legali possono variare; alcuni professionisti applicano tariffe calmierate essendo la materia sociale.
  • Il contributo unificato per il ricorso: €98 (importo fisso per queste procedure).
  • Alcune spese vive: bolli, notifiche, PEC, spesso irrisorie (pochi decine di euro).
    Quindi, indicativamente, per un caso semplice, il costo complessivo può aggirarsi sui 2.000-3.000 euro. Per casi più complessi e debiti molto alti, i costi OCC salgono percentualmente ma spesso vengono imputati ai creditori prededuttivamente (ossia li paga il debitore, ma all’interno del piano stesso). È importante accordarsi chiaramente all’inizio con l’OCC su come verrà calcolato il compenso e se serve un fondo spese iniziale. Ad ogni modo, spesso questi costi valgono il beneficio ottenuto (cancellare magari decine di migliaia di euro di debiti). Inoltre, il tribunale di solito liquida il compenso OCC solo a fine procedura e in base all’effettivo esito, il che tutela anche il debitore (non paga per intero se la procedura non va in porto).

D: Devo comparire in tribunale di persona?
R: In genere sì, è prevista un’udienza in cui il debitore viene sentito dal giudice in camera di consiglio. Tuttavia, si tratta di una procedura informale, in cui il giudice può fare domande al debitore (sulla sua situazione, sui motivi del sovraindebitamento, sulla sostenibilità del piano). Non è un interrogatorio ostile: è più che altro un modo per il giudice di valutare la sincerità e buona fede del debitore. Il suo avvocato e l’OCC saranno presenti con lui. Se il debitore per gravi motivi non può comparire (es. malattia), si può chiedere di tener conto solo della documentazione o fare collegamento da remoto. Ma nella maggior parte dei casi il debitore si presenta: è anche un segnale di serietà. Dopo l’omologa, raramente il debitore dovrà comparire di nuovo in tribunale (a meno che non ci siano contestazioni in esecuzione); la maggior parte delle comunicazioni avviene tramite l’OCC.

D: Cosa succede se, mentre sono in un piano del consumatore, mi arrivano nuovi debiti o ne scopro di vecchi dimenticati?
R: È fondamentale dichiarare tutti i debiti noti all’inizio. Se dovesse emergere un credito dimenticato dopo l’omologa, la situazione è delicata:

  • Se il credito era anteriore e il creditore non è stato avvisato, in teoria quel creditore non è vincolato dal piano e potrebbe agire a parte (e potrebbe perfino chiedere la revoca dell’esdebitazione se il debitore lo aveva dolosamente omesso). Spesso conviene, una volta scoperto, informare il tribunale e cercare di includerlo (magari con un ricorso per modifica) prima dell’omologa. Dopo l’omologa, se è un errore veniale, il creditore omesso concorre ugualmente all’esdebitazione ma con diritto di recuperare nei limiti in cui avrebbe avuto soddisfo (questo è complesso: la legge dice che l’esdebitazione opera verso i creditori che non hanno partecipato per la parte eccedente il dividendo che avrebbero preso). Quindi conviene non omettere crediti.
  • Debiti sorti dopo la presentazione del piano (ad esempio contraggo un nuovo debito, o una bolletta riferita a periodo successivo): questi non sono coperti dal piano. Il debitore dovrà pagarli regolarmente, altrimenti potrà subire azioni su di essi, perché la protezione riguarda solo i debiti anteriori. Quindi, se possibile, durante il piano non bisognerebbe contrarre nuovi debiti se non strettamente necessari. In particolare, se compaiono spese impreviste (es. spese mediche), il debitore farebbe bene a informare l’OCC e il giudice, magari chiedendo un aggiustamento del piano piuttosto che fare nuovi prestiti.
    In sintesi: nessuna nuova obbligazione è coperta dall’esdebitazione, e i crediti anteriori non dichiarati rischiano di restare fuori. La diligenza nella fase preparatoria evita questi problemi.

D: Posso fare un altro piano del consumatore in futuro se ne ho già fatto uno?
R: La legge lo limita fortemente. Si può accedere di nuovo a una procedura di sovraindebitamento solo dopo 5 anni da un’eventuale esdebitazione precedente. E comunque non più di due volte in totale (non puoi ottenere l’esdebitazione per più di due procedure). Quindi, il piano del consumatore non è uno strumento da usare a ripetizione: è pensato come una seconda opportunità, non come una scorciatoia da ripercorrere di frequente. Se hai risolto i debiti con un primo piano e poi, malauguratamente, dopo molti anni ricadi in un altro sovraindebitamento, potresti fare un altro piano (passati almeno 5 anni dal decreto di esdebitazione precedente). Ma sarebbe il secondo e ultimo. Se invece il primo tentativo è fallito (piano revocato o inammissibile), in certi casi puoi provare a ripresentare un piano (magari modificato) anche prima dei 5 anni, perché la preclusione di legge vale per chi ha già beneficiato di esdebitazione e completato la procedura. Attenzione però: i giudici guarderanno con sospetto chi abusa dello strumento. In pratica, il piano del consumatore è un’arma da giocarsi bene una volta (o al massimo due nella vita, in casi eccezionali). Dopo, se uno si indebita di nuovo, non avrà facile scampo.

D: I miei garanti o coobbligati (es. il fideiussore, il condebitore di un mutuo) sono protetti dal piano?
R: No, il piano del consumatore riguarda solo il debitore che lo presenta. I coobbligati non beneficiano dell’esdebitazione, come sancisce la legge. Ad esempio, se Tizio aveva un prestito co-firmato dal padre, e Tizio fa un piano del consumatore riducendo quel debito del 50%, la finanziaria potrà comunque rivalersi sul padre per l’altro 50% (il padre non è protetto dal piano). Stessa cosa per i garanti di mutui o i soci obbligati in via di regresso: i loro obblighi restano intatti. A volte, però, i garanti presentano contestualmente anch’essi procedure di sovraindebitamento proprie, magari coordinate. Ad esempio, coppia con mutuo cointestato: entrambi possono fare un piano familiare congiunto se conviventi, includendo l’intero debito e liberando entrambi. Oppure, se un socio ha garantito un debito sociale e sia lui che la società sono sovraindebitati, ognuno dovrà procedere secondo la propria sede (la società col concordato minore o liquidazione, il socio col piano se consumatore). Quindi è importante distinguere: il piano “cura” il debitore che lo fa, ma non automaticamente le obbligazioni altrui legate. Questo va spiegato anche ai garanti: se il debitore principale si esdebitata, il garante rimane obbligato in solido per intero (salvo poi rivalersi moralmente sul debitore esdebitato, che però sarà liberato legalmente). È un aspetto delicato, ma di solito conosciuto dalle banche che infatti, se un debitore fa piano, spesso poi perseguitano il garante per la parte tagliata. Dunque, in molti casi pratici, è opportuno che anche il garante (se anch’egli è persona fisica sovraindebitata) valuti di accedere a sua volta a una procedura per risolvere la propria posizione. Ad esempio, genitore pensionato che fece da garante al mutuo del figlio: se il figlio fa piano e il genitore si ritrova con la banca che gli chiede il resto, il genitore stesso potrebbe ricorrere a un piano del consumatore o a una liquidazione per non pagare tutto (se è a sua volta indebitato o incapiente).

D: Posso includere nel piano anche debiti contestati o condizionali (ad esempio una causa in corso)?
R: Sì, il debitore deve indicare tutti i debiti conosciuti, anche se oggetto di contestazione giudiziale. Ad esempio, se c’è una causa civile dove potrebbe emergere un debito a mio carico, devo segnalarlo. Di solito tali crediti vengono considerati sub iudice e l’esdebitazione li coprirà solo se sono già determinati entro la chiusura. In pratica, se ho una causa per risarcimento danni in corso e faccio un piano, due sono i casi: (1) se la causa si definisce prima dell’omologa con condanna, quel debito rientra e andrà trattato (attenzione: se è danno extracontrattuale non si estinguerà completamente comunque); (2) se la causa è pendente anche dopo, il creditore futuro non avendo partecipato formalmente potrebbe non essere toccato dall’esdebitazione (a meno che il giudice non consideri che doveva attivarsi). In questi casi, spesso l’OCC suggerisce di accantonare un importo a riserva per quel possibile debito. Ad esempio, “c’è causa X di €10.000, nel piano non pago nulla per ora, ma se entro 2 anni viene condannato, quel creditore potrà chiedere di soddisfarsi sul fondo accantonato o sui pagamenti residui”. È materia complessa. In ogni caso, sì: vanno dichiarati e tecnicamente li si può includere, magari come credito condizionale che verrà pagato solo se accertato. Se la condizione si verifica dopo la chiusura del piano, l’esdebitazione di solito non copre i debiti “sopravvenuti” come quello (perché formalmente sorto quando viene accertato dopo). In sintesi: includete tutto ciò che è pendente; per cause future c’è incertezza, ma la trasparenza è d’obbligo.

D: Dopo l’esdebitazione, rimane traccia? Potrò ottenere nuovi finanziamenti in futuro?
R: La procedura di sovraindebitamento viene registrata nei pubblici registri (p.es. registro delle procedure concorsuali tenuto dai tribunali) e i dati rimangono storicamente consultabili. Inoltre, i creditori finanziari segnalano le posizioni chiuse a sofferenza nelle banche dati creditizie (CRIF, etc.) con menzione dell’accordo o perdita subita. Questo significa che, per alcuni anni dopo la conclusione, il debitore potrebbe avere difficoltà ad ottenere nuovi prestiti, in quanto la sua storia di insolvenza resterà visibile alle banche. Non c’è però uno “stigma” legale permanente: trascorsi alcuni anni (tipicamente 36 mesi dalle ultime informazioni, secondo i codici deontologici delle CRIF), la posizione viene oscurata e il soggetto può ricostruirsi pian piano un merito creditizio. Inoltre, l’esdebitazione fa venir meno anche eventuali cause di interdizione da cariche (ad es. in passato il fallito non poteva fare l’imprenditore per un certo tempo; con la liquidazione e esdebitazione queste cause cessano). Quindi, a livello giuridico, dopo l’esdebitazione la persona è pienamente riabilitata: può anche aspirare ad esempio a cariche societarie (prima del Codice c’erano limitazioni). Sul piano economico, dovrà riconquistare la fiducia del mercato, ma almeno non avrà più quelle pendenze. Possiamo dire che un debitore esdebitato è paragonabile a chi ha avuto una storia negativa ma l’ha sanata. Ci sono già casi di persone che, dopo un paio d’anni di vita finanziaria regolare post-esdebitazione, sono riuscite ad ottenere piccoli finanziamenti (magari con tassi un po’ più alti) e ricominciare.

D: Se ho già un pignoramento dello stipendio in atto, presentare il piano lo ferma?
R: Sì, può fermarlo. Occorre comunicare subito al Giudice dell’Esecuzione che è stato presentato un ricorso ex l.3/2012 (ora CCII) e che il giudice del sovraindebitamento ha sospeso le azioni (se già ottenuta sospensione). Il giudice dell’esecuzione emetterà un’ordinanza di sospensione del pignoramento presso terzi (datore di lavoro). Se la sospensione non è stata ottenuta dal giudice del piano, la questione è un po’ più tecnica: in passato qualche GE sospendeva comunque in attesa dell’omologa, ma ora con art. 70 CCII è bene chiedere formalmente la sospensione al giudice del piano. Una volta omologato il piano, il pignoramento viene revocato/estinto e il datore di lavoro deve cessare le trattenute. Attenzione: i soldi già trattenuti e non ancora distribuiti ai creditori pignoranti potrebbero dover essere restituiti alla procedura (andando nel monte del piano) a seconda di quanto decide il giudice. Se invece sono già stati versati al creditore prima, restano acquisiti da quel creditore e verranno contabilizzati come acconto sul suo trattamento nel piano. È utile coordinarsi con l’OCC e magari farlo notificare al datore di lavoro, così non sbaglia.

D: Cosa succede dei debiti verso i parenti o amici che magari non voglio coinvolgere?
R: Tecnicamente dovresti inserire tutti i creditori, anche i familiari che ti hanno prestato soldi. Però, se non vuoi coinvolgerli (perché magari ti hanno detto “ripagami solo se puoi”), hai due opzioni: o li escludi esplicitamente (cioè non li elenchi come creditori perché loro formalmente non chiederanno nulla; questo è rischioso solo se poi cambiano idea e ti chiedono soldi ufficialmente, ma se c’è fiducia reciproca e magari firmano quietanza dicendo che rinunciano, potresti escluderli), oppure li inserisci ma prevedi di pagarli integralmente nel piano (così non subiscono decurtazione). Molti tribunali vedono di malocchio l’omissione di crediti, anche se “amichevoli”: potrebbe sembrare volontà di tenere fuori qualcuno per favoritismo. Meglio allora inserirli e, se vuoi agevolarli, pagarli interamente nel piano (ad es. restituire a mamma tutte le 5.000€ che ti diede, magari rateizzate, mentre tagli altri crediti). Ricorda che, se li escludi totalmente e poi emergono, potresti perdere l’esdebitazione per quell’importo. Dunque la via più corretta è includere anche i parenti, magari in classe separata pagando 100% (è lecito differenziare tra creditori se c’è giustificazione, come la natura affettiva del prestito? Formalmente no, però se l’importo è piccolo e il piano lo permette, nessuno si opporrà di solito perché non incide su altri). In conclusione: massima trasparenza, anche con i prestiti tra amici. Puoi sempre dire loro: “ti includo ma ti pago tutto perché moralmente voglio così”; il giudice non avrà nulla in contrario se il piano regge.


Queste FAQ affrontano i dubbi più ricorrenti. È sempre consigliabile, per casi specifici, consultarsi con un professionista o con l’OCC, poiché la materia è complessa e in evoluzione. Con le basi fornite, tuttavia, un avvocato o imprenditore lettore di questa guida dovrebbe avere un quadro chiaro di come il piano del consumatore funzioni e di quali enormi potenzialità abbia per risolvere situazioni debitorie apparentemente senza via d’uscita.

Fonti normative e giurisprudenziali aggiornate (Maggio 2025)

Normativa di riferimento:

  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – “Disposizioni in materia di usura e di composizione delle crisi da sovraindebitamento” (cosiddetta legge sul sovraindebitamento o “salva suicidi”). (G.U. n.24 del 30-1-2012). – Introduce le procedure di accordo, piano del consumatore e liquidazione.
  • D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176 – (Decreto Ristori) – Modifiche urgenti alla legge 3/2012 in materia di sovraindebitamento. – Ha anticipato varie novità in favore del debitore: abbassamento soglia meritevolezza, esdebitazione incapiente, piano familiare, ecc.
  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). (G.U. n.38 del 14-2-2019, in vigore dal 15 luglio 2022). – Articoli rilevanti:
    • artt. 65-73 (Capo II – “Ristrutturazione dei debiti del consumatore”) – disciplina attuale del piano del consumatore;
    • artt. 74-83 (Capo III – Concordato minore);
    • artt. 268-277 (Liquidazione controllata del sovraindebitato);
    • artt. 278-282 (Esdebitazione nella liquidazione controllata);
    • art. 283 (Esdebitazione del debitore incapiente);
    • artt. 54-55 (Misure protettive nelle procedure di sovraindebitamento).
  • D.M. Giustizia 24 settembre 2014, n. 202 – Regolamento istitutivo dell’albo degli OCC e determinazione compensi. – Stabilisce requisiti degli OCC e criteri di calcolo dei compensi (percentuali sul valore dell’attivo/passivo).
  • Codice Civile, art. 2916 e segg. – (coord.) Effetti delle procedure concorsuali sulle esecuzioni individuali.

Giurisprudenza di legittimità (Corte Suprema di Cassazione):

  • Cass., Sez. I, 27 luglio 2023, n. 22890 – Conferma che la valutazione di meritevolezza nel piano del consumatore va compiuta secondo il nuovo art. 69 CCII: piano inammissibile solo se debitore con colpa grave, malafede o frode nel sovraindebitamento, superando il precedente più stringente criterio (no debiti assunti oltre le proprie possibilità).
  • Cass., Sez. I, 14 febbraio 2023, n. 4613 – Pronuncia sull’atto in frode e sulla meritevolezza: chiarisce che atti di disposizione compiuti prima della procedura, se dichiarati e noti ai creditori (e revocabili solo in via ordinaria), non integrano di per sé “frodi” ostative al sovraindebitamento. Inoltre distingue la meritevolezza applicabile al consumatore (prima della riforma) dalla diversa valutazione per altri debitori.
  • Cass., Sez. I, 21 gennaio 2021, n. 942 (Sez. Un. 2021? – conf. indirizzo) – Sancisce la compatibilità costituzionale dell’omologazione del piano del consumatore senza voto dei creditori, stante il controllo giudiziale di convenienza e meritevolezza (principio di proporzionalità).
  • Cass., Sez. I, 3 febbraio 2020, n. 24214 – (sul sovraindebitamento – prima attuazione legge 3/2012) – Riconosce la possibilità di trattamento differenziato dei crediti nel piano purché giustificato e rispettoso delle cause legittime di prelazione.
  • Cass., Sez. I, 29 gennaio 2016, n. 1869 – Importante precedente sul concetto di consumatore e ammissibilità del piano in presenza di debiti misti: afferma che va considerata la composizione complessiva dei debiti e la prevalenza della natura consumeristica per qualificare il debitore come consumatore.

Giurisprudenza di merito (Tribunali): (selezione di pronunce significative e recenti)

  • Tribunale di Napoli, Sez. Nord, sent. n. 78/2025 (9 maggio 2025) – Ha affermato che la presenza di debiti d’impresa non preclude l’accesso al piano del consumatore purché i debiti personali siano prevalenti per entità e causa. Decisione innovativa a tutela del debitore civile “incolpevole”, evidenzia finalità costituzionale della seconda chance.
  • Tribunale di Trani, decr. 2 maggio 2023 e 20 aprile 2023 – Ammesso piano del consumatore con debiti misti, adottando il criterio della prevalenza qualitativa e quantitativa dei debiti da consumatore.
  • Tribunale di Reggio Emilia, decr. 20 ottobre 2022 e 2 febbraio 2023 – In linea con l’orientamento favorevole: riconosciuta l’ammissibilità di piano ex l.3/2012 in presenza di debiti anche imprenditoriali purché accessori/marginali rispetto a quelli personali (criterio di prevalenza funzionale).
  • Tribunale di Grosseto, decr. 22 giugno 2021 – Ha dichiarato ammissibile un piano del consumatore con debiti di natura mista, sottolineando che la qualifica di consumatore rimane se i debiti consumeristici sono largamente prevalenti. Ha escluso dal piano i debiti d’impresa residui, ristrutturando solo quelli personali.
  • Tribunale di Milano, decr. 4 ottobre 2017 – Esempio di indirizzo restrittivo (ora minoritario): rigettata domanda di piano in caso di qualunque debito riconducibile ad attività d’impresa, sostenendo incompatibilità dello status di consumatore in presenza anche di fideiussioni aziendali.
  • Tribunale di Roma, decr. 28 febbraio 2018 – Simile orientamento a Milano 2017: negato piano a soggetto che aveva anche debiti professionali, richiesto totale estraneità ad ambito impresa per accedere.
  • Tribunale di Nola, decr. 30 giugno 2020 – Caso paradigmatico di piano del consumatore in corso di pignoramento immobiliare: il tribunale ha sospeso l’asta e omologato un piano che prevedeva la decurtazione del mutuo ipotecario al 37% (€55.000 rispetto a €150.000 dovuti) da pagare in 7 anni, salvando la casa dei debitori. Provvedimento innovativo, evidenzia che spesso il prezzo d’asta sarebbe inferiore alla somma offerta nel piano, giustificando la falcidia. (Cfr. Trib. Nola, “Omologato piano in corso di pignoramento immobiliare”).
  • Tribunale di Torino, decr. 5 novembre 2021 – Ha rigettato un piano che prevedeva la falcidia (taglio) del 38% di un credito ipotecario (pagamento 62%): il giudice ha ritenuto non rispettata la condizione dell’art. 8 co.1-ter l.3/2012 (moratoria ipotecari) perché comunque il piano decurtava il capitale. Esempio di approccio più prudente sui diritti dei creditori garantiti.
  • Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, decr. 2 novembre 2021 – Ha ammesso pagamento al creditore ipotecario oltre il limite di un anno dall’omologa senza consenso, argomentando che la ratio della normativa è favorire la composizione della crisi e che un’interpretazione rigida (moratoria max 1 anno) frusterebbe tale finalità.
  • Tribunale di Como, decr. 25 maggio 2018 – Omologato piano decennale (20 anni) di rientro, confermando che la legge 3/2012 non impone limiti di durata se la sostenibilità è attestata.
  • Tribunale di Foggia, decr. 12 marzo 2020 – Omologato piano ventennale (26 anni) di ristrutturazione; e Tribunale di Foggia, decr. 31 dicembre 2022 – piano di 8 anni. Entrambi evidenziano elasticità della durata ammessa.
  • Tribunale di Cuneo, decr. 23 marzo 2022 – Omologa piano 10 anni; degno di nota perché successivo all’entrata in vigore del CCII, confermando continuità con precedenti orientamenti flessibili.
  • Tribunale di Napoli, decr. 17 giugno 2022 – Omologa piano 9 anni e 9 mesi, segnalando l’ampiezza della discrezionalità giudiziale nel valutare la fattibilità caso per caso.
  • Tribunale di Spoleto, decr. 23 dicembre 2022 – Si allinea al criterio della prevalenza per debiti misti (cfr. Reggio Emilia, Trani) – ribadito da pronunce nel 2023.

Piano del Consumatore e Pignoramento: Fatti Aiutare Da Studio Monardo

Hai debiti che non riesci più a pagare e stai subendo un pignoramento sul conto, stipendio o pensione?
Temi di perdere i tuoi beni o che la tua situazione peggiori ogni giorno di più?

⚠️ Con il Piano del Consumatore puoi bloccare il pignoramento e rientrare dai debiti in modo sostenibile.
È una procedura legale prevista dal Codice della Crisi, pensata per le persone fisiche sovraindebitate che vogliono salvarsi senza fallire.

Cos’è il Piano del Consumatore

📄 È uno strumento di composizione della crisi da sovraindebitamento, riservato a chi:

🔹 È un privato cittadino (non imprenditore o solo ex imprenditore)
🔹 Ha debiti fuori controllo con banche, finanziarie, fisco o privati
🔹 Ha un reddito o un bene da valorizzare e vuole pagare ciò che può, in modo equo e protetto

🎯 L’obiettivo? Evitare il pignoramento e proporre un piano di rientro su misura, approvato direttamente dal Tribunale.

Cosa succede se hai un pignoramento in corso?

🛑 Appena il giudice ammette il piano, scatta la sospensione automatica delle azioni esecutive:

❌ Bloccato il pignoramento dello stipendio
❌ Sospeso il pignoramento del conto corrente
❌ Interrotta ogni azione forzata da parte di creditori, Agenzia Entrate, banche o finanziarie

📌 Una volta omologato, il piano sostituisce tutte le rate e le richieste di pagamento pregresseCosa puoi ottenere con il Piano del Consumatore

Riduzione o taglio dei debiti, secondo quanto puoi realisticamente offrire
Rate mensili sostenibili, calcolate in base al tuo reddito
Stop ai pignoramenti e alle segnalazioni negative
Esdebitazione finale: al termine del piano, i debiti residui vengono cancellati

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza la tua posizione debitoria, reddituale e patrimoniale
📊 Predispone un piano sostenibile da presentare al giudice
📑 Ti assiste nella raccolta dei documenti e nei rapporti con OCC e creditori
⚖️ Blocca ogni pignoramento in corso grazie alla protezione della procedura
🔁 Ti segue fino all’omologazione del piano e alla liberazione definitiva dai debiti

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in sovraindebitamento e tutela dei consumatori
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Consulente per famiglie, lavoratori e pensionati in difficoltà economica
✔️ Fiduciario di Organismi di Composizione della Crisi (OCC)
✔️ Riconosciuto per la difesa da pignoramenti, cartelle e debiti personali

Conclusione

Se hai un pignoramento in corso, non aspettare che ti portino via tutto.
Con il Piano del Consumatore puoi difenderti legalmente, ridurre i debiti e ripartire con dignità.

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Il pignoramento si può fermare. La soluzione esiste e si chiama protezione legale.

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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