Se la tua impresa sta attraversando una fase di tensione finanziaria ma ha ancora margini di recupero, la convenzione di moratoria può essere uno strumento decisivo per bloccare le azioni aggressive dei creditori e guadagnare tempo per riorganizzare i conti.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, crisi d’impresa e risanamento aziendale – ti spiega cos’è la convenzione di moratoria, quando può essere utilizzata e quali vantaggi offre all’imprenditore che vuole evitare il fallimento e ristrutturare i debiti in modo negoziale e controllato.
Scoprirai:
- Cos’è la convenzione di moratoria prevista dal Codice della Crisi d’Impresa (art. 62): un accordo sottoscritto con una pluralità di creditori (banche, fornitori, leasing) per dilazionare, sospendere o rinegoziare i pagamenti;
- Quando si può attivare: in presenza di crisi o squilibrio finanziario, prima che scatti l’insolvenza irreversibile;
- I vantaggi concreti per l’impresa:
– Sospensione temporanea dei pagamenti
– Impegno comune dei creditori a non agire in via individuale
– Tempo utile per elaborare un piano di risanamento più strutturato
– Nessuna procedura giudiziale obbligatoria - Quali sono i requisiti: adesione del minimo 75% dei creditori per ammontare del credito, forma scritta, chiarezza degli impegni reciproci;
- Come si collega alla composizione negoziata: la convenzione può essere parte di un percorso di risanamento assistito da un esperto nominato dalla Camera di Commercio;
- Cosa fare se alcuni creditori non aderiscono: efficacia solo per i sottoscrittori, ma può rafforzare la posizione dell’impresa nelle trattative globali;
- Come tutelare l’accordo con l’assistenza legale: redazione chiara, analisi dei rischi, protezione contro azioni unilaterali o revocatorie.
Con l’assistenza di un avvocato esperto puoi negoziare una moratoria efficace, difendere la tua continuità aziendale e prendere il controllo della crisi prima che diventi irreversibile.
Alla fine della guida potrai richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, per valutare se la tua impresa ha i requisiti per attivare una convenzione di moratoria e costruire una strategia coordinata di ristrutturazione del debito insieme ai principali creditori.
La convenzione di moratoria nella crisi di impresa: Guida 2025
Introduzione
La convenzione di moratoria è uno strumento negoziale introdotto nel nostro ordinamento per gestire in via temporanea gli effetti della crisi d’impresa. Si tratta di un accordo stipulato tra l’imprenditore in difficoltà e i suoi creditori, finalizzato a posticipare le scadenze dei debiti e sospendere le azioni esecutive durante una fase critica, senza rinunciare definitivamente ai crediti dovuti. In altri termini, la convenzione di moratoria è un “patto di standstill” (pactum de non petendo) con cui i creditori concedono all’impresa un “tempo di respiro” nella prospettiva di favorirne il risanamento, congelando temporaneamente le pretese di pagamento.
Questo istituto, pur avendo natura contrattuale strettamente stragiudiziale, produce in determinate condizioni effetti vincolanti anche verso i creditori che non vi aderiscono, in deroga al principio di relatività del contratto sancito dal Codice Civile. Proprio tale peculiare efficacia erga omnes limitata rende la convenzione di moratoria una figura sui generis, che si pone a metà strada tra gli accordi di ristrutturazione dei debiti soggetti ad omologazione giudiziale e le soluzioni meramente private (come i piani attestati di risanamento). In pratica, si configura come un accordo privato che non richiede omologazione dal tribunale, ma al contempo può essere oggetto di un eventuale controllo giudiziario ex post (in caso di opposizione dei creditori dissenzienti) per verificare il rispetto delle condizioni di legge.
Aggiornata a maggio 2025, questa guida offre una trattazione completa e avanzata della convenzione di moratoria quale strumento di gestione della crisi d’impresa, con un linguaggio tecnico-giuridico ma di taglio divulgativo. L’obiettivo è fornire a professionisti legali e imprenditori una panoramica esaustiva della disciplina vigente (alla luce del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e delle ultime novità normative del 2024-2025), supportata dalle principali fonti normative e giurisprudenziali aggiornate, nonché arricchita da esempi pratici, casi di studio e schemi riassuntivi.
Nel corso della guida esamineremo dapprima il quadro normativo e l’evoluzione dell’istituto (dalle origini ai più recenti decreti correttivi), per poi approfondire la definizione e natura giuridica della convenzione di moratoria e le sue finalità pratiche nella gestione della crisi d’impresa. Verranno illustrati dettagliatamente i soggetti coinvolti e l’ambito di applicazione, il contenuto tipico dell’accordo e le diverse tipologie di moratoria (comprese le innovazioni come la “moratoria digitale” per i debiti di minore entità). Descriveremo il procedimento di formazione dell’accordo – dalla fase di trattativa e informativa ai creditori, fino alla fase di efficacia ed eventuale opposizione in tribunale – e gli effetti giuridici della convenzione tanto sui creditori aderenti quanto su quelli non aderenti. Ampio spazio sarà dato ai presupposti di validità e alle condizioni di efficacia previste dalla legge (percentuali di consenso, attestazione del professionista indipendente, assenza di pregiudizio per i dissenzienti, ecc.), nonché ai limiti e alle garanzie predisposte a tutela delle parti (ad esempio il divieto di imporre nuove prestazioni ai creditori estranei).
La guida analizzerà inoltre i rapporti e le differenze tra la convenzione di moratoria e gli altri strumenti di regolazione della crisi d’impresa (accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati, concordato preventivo, composizione negoziata assistita dall’esperto), per comprenderne meglio il ruolo specifico. Verranno evidenziati i vantaggi operativi che la moratoria convenzionale può offrire – come la rapidità, la flessibilità e la riservatezza – insieme alle possibili criticità e rischi (ad esempio la necessità di coordinare tutti i creditori rilevanti, il rischio di fallimento dell’accordo o di abuso dilatorio).
Per rendere il contenuto più concreto, sono inclusi casi di studio pratici e simulazioni riferite a diversi settori economici (industria, commercio, edilizia, servizi, agricoltura, ecc.), con esempi di come può essere utilizzata la convenzione di moratoria nel contesto specifico (ad es. accordi tipici tra banche finanziatrici e PMI manifatturiere, o intese con fornitori nel commercio al dettaglio). Saranno presentati estratti di clausole contrattuali esemplificative tipiche di un accordo di moratoria e delineate possibili strategie negoziali adottate nelle varie situazioni.
Nel corso della trattazione troverete anche tabelle riepilogative dei punti chiave – ad esempio una classificazione delle tipologie di moratoria e le relative caratteristiche, una sintesi degli effetti e dei limiti principali, l’elenco delle condizioni di efficacia e la loro portata, nonché indicazioni sulla durata usuale di tali accordi. Questi schemi consentiranno una rapida consultazione e comprensione dei concetti fondamentali.
Infine, la guida si conclude con una sezione di Domande & Risposte (FAQ) che affronta i dubbi operativi e interpretativi più ricorrenti tra gli operatori: chi può proporre una convenzione di moratoria? Come si distingue da un accordo di ristrutturazione dei debiti? Cosa accade se un creditore non aderisce o si oppone? Quali sono i rapporti con i creditori pubblici o con i garanti? La moratoria può essere concessa per qualsiasi durata? – e così via. Le risposte sintetiche forniranno chiarimenti pratici immediati.
In un periodo storico di incertezza economica, con molte imprese impegnate a fronteggiare tensioni finanziarie, la convenzione di moratoria si rivela uno strumento di grande attualità e utilità. Basti pensare che durante la recente crisi pandemica oltre 2,7 milioni di domande di moratoria su prestiti per un valore complessivo di circa 301 miliardi di euro sono state presentate da imprese e famiglie italiane, nell’ambito di misure di sospensione dei pagamenti sostenute dal Governo e dal settore bancario. Sebbene tali moratorie COVID-19 fossero in gran parte previste ex lege o su base categoriale (accordi ABI, etc.), l’esperienza ha mostrato quanto possa essere cruciale, per la continuità aziendale, disporre di una moratoria dei debiti durante shock finanziari temporanei.
Alla luce delle riforme introdotte dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dalle normative più recenti (recepimento della direttiva UE sulle ristrutturazioni, correttivo 2024, ecc.), oggi la convenzione di moratoria è uno strumento più maturo e strutturato, a disposizione di un più ampio ventaglio di imprese (anche piccole e agricole) e integrato in un sistema organico di soluzioni negoziali della crisi. Questa guida intende perciò offrire un vademecum completo ed aggiornato al 2025 su come utilizzare al meglio la convenzione di moratoria, comprenderne la disciplina e beneficiarne per superare situazioni di crisi, nel rispetto delle garanzie previste per tutte le parti coinvolte.
Quadro normativo ed evoluzione dell’istituto
Fonti normative di riferimento. La disciplina della convenzione di moratoria è attualmente contenuta nell’art. 62 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), introdotto con il Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, e successive modifiche. Il CCII – entrato pienamente in vigore dal 15 luglio 2022 – ha riordinato l’intera materia concorsuale, includendo anche gli strumenti negoziali della crisi. L’art. 62 CCII rappresenta la versione aggiornata e “rimodulata” di una norma già comparsa nel nostro ordinamento alcuni anni prima, nel vigore della Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267).
In particolare, la convenzione di moratoria è stata introdotta per la prima volta nel 2015, tramite il Decreto-Legge 27 giugno 2015, n. 83 (convertito con modif. dalla L. 132/2015), che inserì l’art. 182-octies nella Legge Fallimentare. Tale intervento legislativo, volto a potenziare gli strumenti di turnaround aziendale, affiancò la convenzione di moratoria ad altri nuovi istituti come gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 182-septies L.F.). La convenzione fu pensata inizialmente soprattutto per gestire in modo flessibile l’indebitamento bancario delle imprese in crisi, come dimostrato dal fatto che la norma del 2015 limitava la sua applicazione ai rapporti con banche e intermediari finanziari (nell’ambito di accordi di ristrutturazione bancari). Essa consentiva, con il consenso di una maggioranza qualificata di creditori finanziari, di estendere temporaneamente ai dissenzienti gli effetti di standstill concordati con la debitrice.
Negli anni successivi, il legislatore ha ulteriormente affinato la disciplina: la Legge-Delega 19 ottobre 2017, n. 155 pose le basi per un riordino organico tramite il nuovo Codice della crisi. Il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 ha quindi trasfuso e in parte modificato l’istituto all’interno del CCII (art. 62). Tuttavia l’entrata in vigore del Codice fu più volte rinviata, anche a causa dell’emergenza pandemica: contestualmente, il legislatore emanò normative ponte che incidevano sulla materia. Ad esempio, il D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (convertito dalla L. 147/2021) – istitutivo della composizione negoziata della crisi – reintrodusse in via transitoria la convenzione di moratoria nel sistema previgente, integrandola con le procedure stragiudiziali emergenti (in tale sede venne sostanzialmente confermato l’art. 182-octies L.F. e se ne promosse l’utilizzo nell’ambito delle trattative assistite dall’esperto). Inoltre, lo stesso D.L. 118/2021 ha previsto l’innesto di una particolare forma di moratoria semplificata per piccole esposizioni debitorie, demandando a una piattaforma telematica la raccolta delle adesioni dei creditori (tema su cui torneremo a breve, parlando di “moratoria digitale”).
Il Codice della crisi è finalmente divenuto efficace a metà 2022, anche a seguito dell’attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 in materia di ristrutturazioni. Quest’ultima è stata recepita in Italia mediante il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, che ha apportato svariate modifiche al nuovo Codice. Pur non rivoluzionando i tratti essenziali della convenzione di moratoria, il decreto del 2022 ha influenzato indirettamente l’istituto introducendo principi quali il “best interest of creditors test” (ovvero la tutela del creditore dissenziente garantendogli un trattamento non inferiore a quello liquidatorio) e rafforzando le regole di trasparenza e informazione durante le trattative. Tali principi sarebbero poi confluiti nelle condizioni di legge richieste per l’efficacia erga omnes della convenzione.
L’evoluzione normativa più recente registra infine un importante intervento correttivo: il D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (terzo decreto correttivo al CCII) che, con decorrenza 28 settembre 2024, ha integrato e chiarito diversi aspetti del Codice della crisi. In tema di convenzione di moratoria, il correttivo 2024 ha modificato la lettera c) del comma 2 dell’art. 62, stabilendo espressamente che i creditori non aderenti non devono risultare pregiudicati rispetto all’alternativa liquidatoria alla data dell’accordo (formalizzando così il criterio del “non worse-off” per i dissenzienti). Inoltre, il decreto 136/2024 ha precisato la competenza del tribunale in caso di opposizioni (richiamando l’art. 27 CCII per individuarlo) e ha previsto l’obbligo di riunione dei giudizi in presenza di più opposizioni. Questi accorgimenti mirano a velocizzare e rendere più omogenea la fase di controllo eventuale sull’accordo. Il correttivo ha anche introdotto alcune modifiche formali (ad es. nella rubrica del Titolo IV del Codice e nella terminologia della lettera a) del comma 2) senza alterare la sostanza delle disposizioni.
Di seguito riepiloghiamo in tabella le principali fonti normative che hanno disciplinato la convenzione di moratoria dall’introduzione ad oggi, evidenziando per ognuna le novità apportate:
NB: Ulteriori fonti normative rilevanti includono gli artt. 1372 e 1411 c.c., richiamati in deroga dall’art. 62 CCII (principio di vincolatività del contratto solo tra le parti e disciplina dei contratti a favore di terzi), nonché gli artt. 57-64 CCII che inquadrano gli accordi di ristrutturazione e la transazione fiscale di riferimento. Va ricordato poi il contesto del D.L. 6 novembre 2021, n. 152 (convertito in L. 233/2021) che, all’art. 30-quinquies, ha definito per la prima volta la procedura telematica di approvazione delle moratorie “silenziose” per micro-imprese. Tutte queste disposizioni contribuiscono al quadro regolatorio organico dell’istituto.
Novità legislative 2024-2025. Oltre al citato D.Lgs. 136/2024, non si registrano per ora (maggio 2025) ulteriori interventi legislativi di rilievo specifico sulla convenzione di moratoria. Le attese Linee Guida o decreti ministeriali di dettaglio in attuazione del CCII non hanno introdotto modifiche sostanziali all’istituto. Tuttavia, è importante segnalare che il legislatore rimane vigile sulla materia della crisi d’impresa: possibili ulteriori affinamenti normativi potrebbero emergere, ad esempio, dal recepimento di eventuali nuove direttive UE (come quelle prospettate in tema di procedure di insolvenza minori) o dall’assestamento della disciplina post-pandemia (ad es. proroghe di misure temporanee di sostegno alle PMI). Per il momento, la cornice normativa delineata è quella risultante dalle fonti sopra elencate.
Giurisprudenza recente. Sul fronte giurisprudenziale, data la relativa “giovinezza” dell’istituto, le pronunce della Corte di Cassazione in tema di convenzione di moratoria sono ancora esigue ma in espansione. Una delle sentenze più significative è Cass. civ. Sez. I, 24 dicembre 2024, n. 34377, che ha affrontato un caso di accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa con convenzione di moratoria nel regime previgente. In tale pronuncia la Suprema Corte – seppur focalizzata su aspetti procedurali (tempistica della domanda di omologa rispetto ai termini di adesione dell’Erario) – ha ribadito principi rilevanti: ad esempio, ha confermato che l’estensione degli effetti dell’accordo ai creditori non aderenti di una medesima categoria (nella specie l’Amministrazione finanziaria) è ammissibile solo nel rigoroso rispetto dei termini e delle condizioni previste dalla legge. Questa pronuncia, pur riguardando il vecchio art. 182-septies L.F., è indicativa della linea interpretativa: la Cassazione richiede una stretta aderenza formale alle garanzie procedurali quando si intende vincolare un creditore dissenziente.
Altra pronuncia di rilievo, per quanto in ambito diverso, è Cass. civ. Sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34150, concernente un accordo di ristrutturazione dei debiti di un soggetto sovraindebitato. La Corte ha affermato la legittimità di prevedere una dilazione pluriennale del pagamento dei crediti privilegiati nell’ambito di un piano di ristrutturazione, pur senza il consenso individuale di tutti i creditori prelatizi. Si tratta di un principio sviluppato nel contesto del sovraindebitamento, ma significativo anche per la logica delle moratorie: conferma la tendenza giurisprudenziale ad ammettere, in presenza di determinate garanzie, che i creditori muniti di privilegio o ipoteca possano vedere temporalmente compresso il loro diritto alla immediata soddisfazione, purché sia assicurata la soddisfazione integrale in linea capitale e un trattamento almeno equivalente a quello concorsuale. In altre parole, la Cassazione pare delineare un favor verso soluzioni negoziali di moratoria (anche ultrannuali) quale alternativa preferibile alla liquidazione, a condizione di non ledere la par condicio oltre i limiti consentiti dalla legge.
Per quanto riguarda i giudici di merito, si segnalano alcune pronunce che hanno applicato per la prima volta la nuova disciplina del Codice. Ad esempio, i tribunali hanno evidenziato la portata del controllo eventuale: l’opposizione di un creditore non aderente non invalida l’intera convenzione, ma ne impedisce la sola estensione degli effetti a quel creditore opponente. Questo significa che, se il tribunale accoglie l’opposizione, il dissenziente recupera la propria libertà di azione (potendo riprendere le iniziative esecutive), mentre l’accordo rimane valido e vincolante tra l’impresa debitrice e gli altri creditori aderenti/non opponenti. Si tratta di un orientamento che tutela l’affidamento dei creditori che hanno concordato la moratoria, evitando che l’azione isolata di uno o pochi dissenzienti faccia cadere l’intero accordo. Alcune decisioni (v. Trib. Milano, 2023) hanno inoltre sottolineato che il giudizio di opposizione in camera di consiglio ha natura sommaria e deve limitarsi a verificare la sussistenza formale delle condizioni di legge (completezza informativa, percentuale di adesioni, attestazione e convenienza per i dissenzienti), senza estendere l’analisi al merito economico dell’accordo, che resta appannaggio della valutazione dei creditori in sede di trattativa.
In sintesi, il quadro normativo-giurisprudenziale attuale configura la convenzione di moratoria come un istituto ben definito nei suoi requisiti e nella sua procedura, ma al contempo flessibile nella sostanza, atto a favorire soluzioni concordate e temporanee alla crisi. Le novità degli ultimi anni – in particolare il correttivo 2024 – hanno rafforzato le tutele per le parti, allineando la disciplina italiana ai principi europei di equilibrio tra efficacia degli accordi di risanamento e salvaguardia dei diritti dei creditori dissenzienti. Nei paragrafi che seguono, entreremo nel dettaglio operativo dell’istituto, analizzandone definizione, funzione, contenuto, condizioni, effetti, nonché esempi applicativi e questioni aperte.
Definizione e natura giuridica della convenzione di moratoria
Definizione normativa. L’art. 62 CCII definisce la convenzione di moratoria come l’accordo concluso tra un imprenditore (anche non commerciale) e i suoi creditori, diretto a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi d’impresa. Tale accordo ha ad oggetto essenzialmente:
- la dilazione delle scadenze dei crediti (posticipo dei termini di pagamento di capitale e/o interessi);
- la rinuncia agli atti già avviati dai creditori (ossia la desistenza da pignoramenti, ingiunzioni, ecc.) oppure la sospensione delle azioni esecutive o cautelari pendenti nei confronti del debitore;
- ogni altra misura temporanea che non comporti però una rinuncia definitiva al credito.
È espressamente previsto che il contenuto della convenzione non possa includere alcuna rinuncia al credito da parte dei creditori aderenti. Ciò significa che la moratoria non può tradursi in un abbattimento dell’importo dovuto (haircut), ma solo in una sospensione o riscadenzamento del debito e di eventuali misure di riscossione. In pratica, il creditore mantiene intatto il suo diritto di credito (capitale, interessi, garanzie accessorie), accettando però di differire la sua esigibilità o di congelare temporaneamente le azioni legali intraprese per la riscossione.
Elemento peculiare della definizione normativa è la clausola di efficacia erga omnes: “in deroga agli articoli 1372 e 1411 c.c., [la convenzione] è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria”. In termini giuridici, ciò rappresenta una deviazione dal principio generale secondo cui il contratto produce effetti solo fra le parti (art. 1372 c.c.) e dal principio secondo cui non si possono imporre obblighi a terzi tramite un contratto (art. 1411 c.c.). La convenzione di moratoria, invece, per espressa previsione di legge, vincola anche i creditori estranei, purché soddisfi determinate condizioni e purché tali creditori appartengano alla medesima categoria dei creditori che hanno aderito all’accordo.
Questa formulazione rende la convenzione di moratoria un negozio giuridico anomalo: pur essendo un accordo privatistico, viene attribuita per legge una portata generale limitata, analoga a quella di un provvedimento. Si è parlato al riguardo di un istituto “semi-tipico” di diritto concorsuale, che costituisce una figura ibrida tra contratto e procedura. In dottrina è stato efficacemente descritto come un “patto parzialmente parasociale”, destinato cioè a regolare temporaneamente i rapporti anche con soggetti che non hanno sottoscritto il patto, al fine di evitare che l’opposizione di pochi pregiudichi la soluzione di comune interesse individuata dalla maggioranza dei creditori.
Natura stragiudiziale ma con controllo eventuale. La convenzione di moratoria si caratterizza per la sua natura spiccatamente stragiudiziale: non è necessaria l’apertura di una procedura concorsuale né un’omologazione o autorizzazione da parte del tribunale per renderla efficace. L’accordo viene negoziato e concluso privatamente tra debitore e creditori, e in linea di principio la sua efficacia decorre dalle sottoscrizioni in conformità alle regole concordate. Tuttavia, proprio perché l’accordo può vincolare anche creditori dissenzienti, la legge prevede un meccanismo di tutela giurisdizionale eventuale: i creditori non aderenti cui la convenzione è estesa possono proporre opposizione al tribunale entro 30 giorni dalla comunicazione dell’accordo. In caso di opposizione, l’accordo rimane di natura negoziale ma viene “portato” dinanzi al giudice, il quale è chiamato a verificarne i presupposti di legittimità. Si tratta di un controllo giurisdizionale ex post e su iniziativa di parte (non automatico), che avviene in camera di consiglio con sentenza reclamabile. Se nessun creditore dissenziente propone opposizione entro il termine, la convenzione di moratoria mantiene la sua efficacia senza intervento del tribunale, equiparandosi a tutti gli effetti a un contratto pienamente valido tra le parti e opponibile ai terzi interessati.
Questa peculiare configurazione – accordo stragiudiziale con efficacia estesa e controllo eventuale – colloca, come anticipato, la convenzione di moratoria a metà strada tra gli strumenti totalmente privatistici di soluzione della crisi e quelli formalizzati in una procedura concorsuale. Da un lato, infatti, non richiede i tempi e i costi di un procedimento giudiziario di omologazione (come invece accade per un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII o per un concordato preventivo), dall’altro lato offre maggiori garanzie rispetto a un accordo puramente contrattuale perché può imporre temporaneamente una disciplina comune anche ai dissenzienti, evitando che uno o pochi creditori estranei possano far saltare il banco aggredendo subito il debitore. Proprio per questa ragione, dottrina e giurisprudenza tendono a qualificarla come un istituto sui generis di natura concorsuale “negoziata”: concorsuale perché incide sulla parità di trattamento dei creditori alterando temporaneamente l’ordine normale delle soddisfazioni, negoziata perché nasce dall’accordo e non da un provvedimento.
Un’ulteriore conferma di questa dualità è data dal fatto che la convenzione di moratoria rientra espressamente tra gli “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” elencati dal Codice della crisi (Titolo IV CCII). Ciò la distingue nettamente, ad esempio, dai meri accordi di standstill informali che alcune imprese possono raggiungere con singoli creditori fuori da ogni schema normativo: la convenzione disciplinata dall’art. 62 CCII ha una sua tipicità giuridica e rientra nel perimetro concorsuale. Al contempo, però, essa non è una procedura concorsuale autonoma, non essendo prevista iscrizione al Registro imprese né nomina di organi né effetti automatici generali: è piuttosto uno strumento negoziale che può essere utilizzato autonomamente o in combinazione con altri strumenti (come vedremo a proposito degli esiti della composizione negoziata).
Riassumendo i tratti salienti della natura giuridica della convenzione di moratoria:
- È un accordo contrattuale a tempo determinato, volontario e specifico per la gestione provvisoria della crisi.
- Non richiede di per sé l’intervento immediato di un’autorità giudiziaria per la sua validità o efficacia iniziale.
- Ha però una potenziale efficacia verso terzi dissenzienti, condizionata al rispetto di presupposti stringenti di legge (maggioranze, informazione, convenienza e attestazione) e soggetta a sindacato eventuale del tribunale in caso di opposizione.
- Opera in deroga limitata al diritto comune (principio di relatività dei contratti), sulla base di una disposizione imperativa speciale (art. 62 CCII).
- Si inserisce nel novero degli strumenti di soluzione negoziale della crisi, insieme ma distinto rispetto ad accordi di ristrutturazione omologati, piani attestati e concordati preventivi.
- Mantiene in ogni caso la natura provvisoria: diversamente da un concordato, non mira a definire in via definitiva la posizione debitoria dell’impresa, ma solo a guadagnare tempo e stabilizzare la situazione nell’attesa o nella costruzione di una soluzione di più ampio respiro (ad es. una ristrutturazione del debito o un piano di risanamento industriale).
Funzione economica e obiettivi pratici
La convenzione di moratoria svolge una funzione cruciale di “ponte” nella gestione della crisi d’impresa: il suo scopo fondamentale è quello di guadagnare tempo e stabilizzare le relazioni creditore-debitore durante una fase di crisi transitoria, evitando l’immediata apertura di una procedura concorsuale distruttiva e consentendo di perseguire alternative di risanamento. In concreto, grazie a questo strumento l’imprenditore ottiene un periodo di sospensione dalle pressioni finanziarie imminenti – rate in scadenza, decreti ingiuntivi, pignoramenti in corso, ecc. – durante il quale può tentare di riequilibrare la situazione, sia operativamente che finanziariamente.
Gli obiettivi pratici che tipicamente si intendono conseguire con una convenzione di moratoria sono, tra gli altri:
- Evitare la decozione immediata: sospendendo temporaneamente i pagamenti e le azioni esecutive, l’impresa in difficoltà evita di essere travolta nel brevissimo termine dalla mancanza di liquidità o dallo smembramento coattivo del patrimonio. Si previene così l’apertura forzata di un fallimento (liquidazione giudiziale) o di un concordato urgente “in extremis”. Il periodo di respiro può scongiurare la perdita irreversibile della continuità aziendale.
- Consentire la negoziazione di una soluzione di lungo termine: mentre i debiti sono in moratoria, l’imprenditore può elaborare un piano di risanamento più articolato – ad esempio una ristrutturazione del debito con accordo ex art. 57 CCII, la ricerca di nuovi investitori, la cessione di asset non strategici per fare cassa, o anche la predisposizione di un concordato preventivo – senza la distrazione e il fiato sul collo dei creditori nel frattempo. In altre parole, la moratoria crea lo spazio temporale necessario per intavolare e concludere accordi più completi.
- Preservare il valore aziendale: durante la crisi acuta, l’attivazione di azioni esecutive individuali (pignoramenti di beni, escussione di garanzie, ecc.) rischia di disperdere il patrimonio e di distruggere valore (si pensi a macchinari svenduti all’asta, linee di credito revocate, forniture interrotte). La moratoria, bloccando queste iniziative, mira a congelare lo status quo: l’azienda continua ad operare (per quanto possibile) e il valore complessivo dell’impresa può essere meglio preservato in vista di una ristrutturazione o vendita unitaria, evitando la “svendita spezzatino” tipica di una esecuzione forzata disordinata.
- Evitare la perdita di fiducia a cascata: l’apertura formale di una procedura concorsuale o il proliferare di pignoramenti contro l’azienda spesso genera allarme in tutti gli stakeholder (dipendenti, clienti, fornitori, banche), innescando reazioni a catena (ad es. contratti cancellati, linee di credito tagliate) che aggravano la crisi. Una convenzione di moratoria, se gestita con discrezione, può ridurre il clamore della crisi, dando un segnale positivo: i principali creditori stanno collaborando con l’impresa, c’è fiducia in una soluzione. Ciò può calmierare le reazioni emotive del mercato e mantenere condizioni più stabili (ad esempio i fornitori potrebbero continuare a rifornire l’azienda confidando che le banche le stanno dando tempo).
- Favorire soluzioni private e meno costose: risolvere la crisi attraverso accordi negoziati è in genere meno costoso e più rapido che farlo tramite lunghe procedure giudiziali. La moratoria incoraggia le parti a trovarsi intorno a un tavolo e a collaborare per una soluzione reciprocamente vantaggiosa – i creditori razionalmente preferiscono attendere qualche mese in più piuttosto che innescare un fallimento che potrebbe farli incassare assai meno. Dal punto di vista del sistema Paese, incentivare tali soluzioni consente di ridurre il carico sui tribunali e di salvaguardare il tessuto imprenditoriale.
- Evitare effetti pregiudizievoli irreversibili: alcune azioni dei creditori possono causare danni irreversibili all’impresa (si pensi al blocco dei conti bancari o al pignoramento di merci essenziali per la produzione). La moratoria li impedisce temporaneamente. Anche l’escussione di garanzie personali (fideiussioni dei soci) può essere evitata se i creditori accettano di congelare tutto: questo può essere determinante per mantenere la fiducia e l’appoggio dell’imprenditore e dei garanti nel processo di risanamento.
- Gestire crisi settoriali o sistemiche: in periodi di crisi economica generale o in un settore specifico (edilizia, automotive, ecc.), strumenti di moratoria sono stati utilizzati per dare sollievo collettivo a molte imprese contemporaneamente, attraverso accordi quadro promossi magari da associazioni di categoria o dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana). Ad esempio, durante la crisi finanziaria 2009 e la crisi da pandemia COVID-19, si sono concluse intese generali di sospensione delle rate dei mutui per le PMI, sostenute dalle istituzioni. La convenzione di moratoria, nel suo alveo normativo, può essere impiegata anche per formalizzare tali accordi su base volontaria collettiva (ad es. un pool di banche che concedono moratoria contestuale a un gruppo di imprese di un distretto in crisi).
In definitiva, l’obiettivo di fondo è guadagnare tempo utile affinché l’impresa possa uscire dallo stato di crisi senza bisogno di ricorrere alla liquidazione giudiziale, massimizzando il soddisfacimento dei creditori nel medio termine rispetto a quanto otterrebbero dalla cessazione immediata dell’attività. La convenzione di moratoria è uno strumento eminentemente conservativo, non risolutivo di per sé (non risana l’impresa, non riduce i debiti), ma strumentale ad una strategia di risanamento più ampia. La sua efficacia dipende quindi dal fatto che il tempo guadagnato venga effettivamente impiegato per attuare cambiamenti o apportare risorse che consentano all’impresa di tornare solvibile o di predisporre un accordo più strutturato (concordato, ristrutturazione con eventuali sacrifici dei creditori). Se invece la moratoria viene usata solo per ritardare l’inevitabile, i creditori rischiano semplicemente di procrastinare la perdita. Ecco perché la legge richiede l’attestazione di un esperto sull’idoneità della convenzione a gestire la crisi: si vuole un controllo tecnico sul fatto che il tempo concesso abbia un senso in un percorso di risanamento, e non sia solo un escamotage dilatorio fine a se stesso.
Ambito soggettivo di applicazione: chi può utilizzarla e con chi
Debitori ammessi. La convenzione di moratoria può essere conclusa dall’imprenditore in crisi, intendendosi per imprenditore, in base all’art. 62 CCII, non solo l’imprenditore commerciale ma anche l’imprenditore non commerciale. Questo significa che rientrano tra i potenziali utilizzatori:
- le società commerciali di qualsiasi dimensione (dalle grandi imprese alle PMI, incluse società di persone e di capitali);
- gli imprenditori individuali commerciali (piccoli o grandi che siano, fatta salva la questione dell’imprenditore minore, di cui tra poco);
- gli imprenditori agricoli (che per definizione sono “non commerciali” ai sensi del codice civile);
- le società cooperative (in quanto imprese mutualistiche, anch’esse tecnicamente non commerciali in alcuni casi);
- in generale, qualunque soggetto eserciti un’attività d’impresa o equiparata.
Si noti che l’art. 62 CCII è collocato nel Capo I del Titolo IV, relativo agli accordi di soluzione della crisi delle imprese soggette a procedura concorsuale. Il successivo Titolo dedicato al sovraindebitamento disciplina invece strumenti riservati ai debitori non fallibili (consumatori, professionisti, enti non commerciali e imprenditori minori). Da ciò è sorto un dibattito interpretativo: la convenzione di moratoria è accessibile anche all’“imprenditore minore” (cioè sotto le soglie di fallibilità) oppure no? Da un lato, l’art. 57 CCII (che apre la sezione degli accordi) esclude espressamente il “debitore minore” dall’ambito di applicazione degli accordi di ristrutturazione ivi previsti. Ciò farebbe propendere per l’esclusione anche dell’imprenditore piccolo dalla moratoria, poiché inserita nella stessa sezione. Dall’altro lato però, l’art. 62 parla genericamente di imprenditore “anche non commerciale” senza ulteriori limitazioni, e la ratio dell’istituto (uno strumento volontario e stragiudiziale) ben si presta anche a piccole realtà.
La dottrina si è divisa: alcuni autori suggerivano una lettura restrittiva, escludendo l’imprenditore minore perché destinatario invece degli strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento (accordo di ristrutturazione minore ex art. 65 CCII). Altri, più di recente, propendono per l’inclusione, sottolineando che la legge non pone un veto espresso e che anzi si è voluto rendere l’istituto “fruibile da qualsiasi tipo di imprenditore, senza condizionamenti dimensionali”. L’orientamento operativo prevalente al 2025 pare consentire la convenzione di moratoria anche alle piccole imprese sotto soglia, le quali ovviamente dovranno poi coordinare questo strumento con le procedure di sovraindebitamento eventualmente applicabili se il risanamento fallisce. In pratica, nulla vieta ad una micro-impresa di accordarsi in moratoria con i suoi (pochi) creditori: se l’accordo riesce, bene; se fallisce, l’imprenditore minore potrà comunque accedere alla composizione negoziata o ad altra procedura minore in un secondo momento.
Sono invece esclusi dall’utilizzo della convenzione di moratoria i soggetti che non rientrano nella categoria di imprenditore. Ad esempio, un libero professionista (avvocato, medico) non potrà stipulare una convenzione di moratoria ex art. 62 per i propri debiti professionali, perché egli non è imprenditore e ricade semmai nella disciplina del sovraindebitamento (piani del consumatore o accordi del debitore civile). Analogamente un consumatore persona fisica indebitato non può usare questo istituto ma deve rivolgersi agli strumenti della L. 3/2012 (ora nel CCII Titolo II Capo IX).
Ricapitolando, i debitori ammessi alla convenzione di moratoria sono tutti gli imprenditori soggetti alle disposizioni generali del Codice della crisi, inclusi gli imprenditori agricoli e (interpretativamente) le piccole imprese non fallibili. Restano fuori le categorie dei debitori civili (non imprenditori) che hanno un loro distinto percorso di soluzione della crisi.
Creditori coinvolti. Sul lato dei creditori, la convenzione di moratoria può coinvolgere qualsiasi tipologia di creditore dell’impresa, senza limitazioni oggettive esplicite nella norma. In teoria, dunque, possono essere parti dell’accordo e aderire alla moratoria:
- Banche e intermediari finanziari (creditori per mutui, finanziamenti, leasing): storicamente i principali soggetti con cui si stipulavano moratorie. La prassi ha visto spesso pool di banche concedere standstill al debitore in attesa di ristrutturazione.
- Obbligazionisti o obbligazionari (se l’impresa ha emesso titoli di debito): anche se più raro, nulla vieta che un’emissione obbligazionaria venga rinegoziata con una moratoria (in tal caso servirebbe un meccanismo di rappresentanza dei bondholders).
- Fornitori commerciali (trade creditors): i fornitori di beni/servizi potrebbero anch’essi concordare di posticipare le scadenze fatture o sospendere azioni di recupero. Per esempio, nel commercio al dettaglio, i grossisti creditori possono accettare di attendere pagamenti oltre i termini contrattuali originari.
- Clienti debitori verso l’impresa: qui l’impresa è creditrice; non rientrano nel concetto di convenzione di moratoria, che riguarda debiti dell’impresa verso i suoi creditori, quindi i clienti non sono “creditori” dell’impresa (semmai debitori). Dunque non sono parte dell’accordo (al massimo, indirettamente, i ritardi nei pagamenti clienti potrebbero aver causato la crisi).
- Erario e enti previdenziali: le Amministrazioni pubbliche titolari di crediti tributari o contributivi tecnicamente sono creditori dell’impresa e potrebbero partecipare. Tuttavia, in pratica, i creditori pubblici seguono regole speciali. Un fisco o un INPS possono volontariamente aderire a un accordo stragiudiziale di moratoria? In assenza di una “transazione fiscale” omologata, l’esperienza insegna che difficilmente l’Erario “sospende” la riscossione salvo che vi sia una norma emergenziale ad hoc. Un agente della riscossione potrebbe al più concordare un piano di rateazione ex lege (ai sensi delle norme tributarie), ma quella è una procedura diversa e unilaterale. Pertanto, nella pratica le moratorie convenzionali includono raramente i crediti fiscali/contributivi, a meno che tali creditori non siano già coinvolti in un parallelo percorso di transazione ex art. 63 CCII. Se il fisco non aderisce, ovviamente non può essergli estesa coattivamente la moratoria (non è un creditore “della medesima categoria” di altri privati in genere, e comunque opporrebbe sicuramente il proprio dissenso).
- Lavoratori dipendenti: hanno crediti per stipendi arretrati. Anche loro sono creditori. Tuttavia, la dinamica qui è particolare: difficilmente i dipendenti accetterebbero formalmente di posticipare stipendi dovuti, e comunque esistono tutele inderogabili (come il privilegio di primo grado). Più che altro, i dipendenti potrebbero tollerare un ritardo informale, ma non si vedono casi di “moratoria” sui salari pattuita (se non attraverso accordi sindacali particolari in cambio di altre garanzie). Da un punto di vista giuridico, i lavoratori non possono vedersi sospeso il credito senza consenso (e la legge vieta di toccare i diritti di credito dei lavoratori con misure protettive). Quindi, se presenti arretrati retributivi, la moratoria convenzionale non offre una soluzione: servirà pagarli o accordarsi con i sindacati in altra sede.
- Creditori chirografari vari: qualunque altro creditore (locatore di immobili per affitti, professionisti con parcelle da incassare, ecc.) può essere incluso se lo si ritiene opportuno e accetta.
In sostanza tutti i creditori possono essere oggetto di moratoria, ma in pratica l’azienda selezionerà quelli la cui adesione è fondamentale per evitare azioni immediatamente dannose. Spesso i creditori finanziari (banche, leasing, factor) sono quelli chiave: se bloccano le azioni e mantengono le linee, l’impresa continua a respirare. I fornitori commerciali di norma hanno importi minori e, se qualcuno di essi agisse, farebbe meno danno sistemico (anche se potenzialmente potrebbero presentare istanze di fallimento). Dipende dal caso concreto: se l’azienda ha pochi fornitori strategici con crediti elevati, anche loro vanno portati al tavolo della moratoria; se ha invece decine di piccoli fornitori, potrebbe essere improponibile ottenere il 75% di adesione in quella categoria, e allora l’impresa proverà a pagarli almeno in parte per tenerli buoni, concentrando la moratoria sui grandi creditori finanziari.
Categorie di creditori. Un concetto centrale per l’applicazione dell’art. 62 è quello di “medesima categoria”. La convenzione è efficace verso i non aderenti “che appartengano alla medesima categoria” degli aderenti. Dunque l’estensione erga omnes non è generale a tutti i creditori dissenzienti, ma circoscritta ai soli creditori dissenzienti intra categoriali. Il Codice della crisi non fornisce una definizione rigida di “categoria” in questo contesto, rinviando all’interpretazione per analogia con la classificazione dei creditori nota nelle procedure concorsuali (concordato, accordi). Si può ritenere che per categoria di creditori debba intendersi un insieme omogeneo di creditori che presentano posizione giuridica ed economica similare nei confronti del debitore.
Ad esempio, si potranno definire categorie separate per: creditori chirografari non privilegiati, creditori muniti di garanzie reali (ipotecari, pignoratizi), creditori privilegiati (es. dipendenti per TFR, Erario per IVA, ecc.), creditori postergati o subordinati, e così via. Anche in ambito di accordi di ristrutturazione bancari, si sono fatte categorie distinte per creditori bancari e creditori commerciali, oppure ulteriori suddivisioni all’interno (ad es. Senior lenders vs junior lenders).
La ragione è chiara: per estendere gli effetti a un dissenziente, è necessario che tale creditore versi in situazione comparabile ai consenzienti. Non sarebbe equo vincolare un creditore ipotecario alle stesse condizioni concordate con creditori chirografari, ad esempio, perché la loro posizione è diversa (e in liquidazione avrebbero esiti diversi). Quindi la suddivisione in categorie serve a tutelare la parità sostanziale entro il gruppo. Solo i creditori di quella medesima categoria (che tipicamente hanno pari grado di causa e natura del credito) possono essere costretti a uniformarsi.
Spetta al debitore proponente, in sede di negoziazione, proporre una ragionevole suddivisione in categorie dei suoi creditori quando intende attivare una moratoria. Non c’è bisogno di formalizzare la classificazione come in un concordato, ma di fatto andranno individuati i gruppi di creditori con interessi omogenei da coinvolgere nell’accordo. Le categorie possono essere anche una sola: ad esempio, se la crisi riguarda sostanzialmente l’indebitamento bancario e si decide di intervenire solo su quello, si potrà prevedere una categoria unica “banche finanziatrici” e lasciare fuori (pagandoli regolarmente) i fornitori e altri creditori minori. Viceversa, se l’impresa vuole includere nella moratoria anche i fornitori, conviene fare categorie distinte per fornitori chirografari e per banche, perché magari le banche concedono 12 mesi di sospensione ma i fornitori potrebbero accettarne solo 6: si possono modulare le condizioni per categoria.
Rilevanza delle categorie ai fini del 75%. La nozione di categoria è cruciale anche per il calcolo delle maggioranze. Infatti, come vedremo tra poco, la legge richiede che i creditori aderenti rappresentino almeno il 75% dei crediti di quella categoria. Pertanto, definire troppo ampie le categorie può rendere più difficile raggiungere la soglia qualificata di adesione; definire categorie più ristrette e omogenee consente di soddisfare più facilmente il requisito nelle categorie effettivamente coinvolte. Tuttavia, non è ammesso creare artatamente categorie su misura per isolare un creditore dissenziente minoritario: la categoria deve rispondere a un criterio oggettivo, altrimenti quel creditore potrebbe lamentare un abuso o un pregiudizio.
Estensione solo intra-categoria. L’efficacia verso terzi non aderenti opera solo all’interno della medesima categoria. Ciò significa che un creditore di una categoria diversa, se non aderisce, non è toccato dalla convenzione. Ad esempio, se la moratoria è proposta alle banche (categoria finanziari) e tutte le banche aderenti rappresentano l’80% del credito bancario, le banche dissenzienti (20%) saranno vincolate. Ma un creditore commerciale chirografario che non ha aderito (perché magari non invitato proprio a aderire) non è vincolato dall’accordo con le banche, e potrà agire sui suoi crediti come preferisce. In pratica, la convenzione può coesistere con l’azione individuale di creditori esterni: non vi è un effetto “legge marziale” generale. Questo evidenzia l’importanza di coinvolgere tutte le categorie cruciali: se un creditore fuori accordo può comunque far fallire l’azienda aggredendo beni essenziali, la riuscita complessiva del risanamento è compromessa. Quindi l’impresa dovrà valutare se estendere la moratoria a ulteriori categorie di creditori, oppure trovare altre forme di accordo bilaterale con essi (es. pagamenti parziali, piani di rientro individuali).
Coinvolgimento dei garanti e coobbligati. Un aspetto delicato dal punto di vista soggettivo è il ruolo di eventuali garanti personali (fideiussori, soci garanti) o di coobbligati al debito (ad es. altre società del gruppo codebitrici solidali). La convenzione di moratoria per definizione è conclusa tra l’impresa debitrice principale e i creditori; i garanti di norma non sono parti dell’accordo, a meno che non vi aderiscano espressamente. Ci si chiede: se un creditore aderisce a una moratoria con il debitore principale, ciò implica anche una moratoria verso il garante? La risposta tendenziale è no, a meno che la convenzione non lo preveda chiaramente. Infatti, la sospensione concordata attiene al rapporto creditore-debitore principale. Il garante risponde di un’obbligazione accessoria, ma se il debitore principale non paga per 12 mesi in virtù di un accordo, tecnicamente è in mora contrattuale? In teoria, se il creditore ha accettato di non esigere dal debitore, dovrebbe astenersi anche dal pretendere dal garante nello stesso periodo, quantomeno per coerenza e buona fede contrattuale. Tuttavia, giuridicamente la liberazione del garante non è automatica: il garante potrebbe trovarsi esposto alla richiesta di pagamento immediato se il creditore intendesse comunque avvalersi della garanzia (per evitare i ritardi).
È buona prassi, nelle convenzioni di moratoria, inserire clausole in cui i creditori si impegnano a non escutere le garanzie personali o reali relative ai crediti in moratoria per la durata dell’accordo. In mancanza di ciò, un socio garante potrebbe trovarsi a dover pagare il debito durante la moratoria, vanificando parzialmente l’efficacia del patto (perché se il garante paga, poi surroga e potrebbe agire lui contro l’azienda). Fortunatamente, in molte situazioni pratiche i creditori – se accettano la moratoria – sospendono le azioni anche contro i garanti (spesso i garanti sono gli stessi imprenditori che stanno negoziando). In conclusione, i coobbligati e garanti non sono automaticamente inclusi, ma si può estendere loro contrattualmente la moratoria. La legge non li menziona esplicitamente, ma il principio generale è che il patto vincola solo le parti: dunque se il garante non è parte, non è vincolato né protetto, a meno di accordo implicito.
Conclusione su ambito soggettivo: la convenzione di moratoria è strumento per imprese in crisi di qualunque settore e (ragionevolmente) dimensione, e può coinvolgere tutte le categorie di creditori rilevanti per quella impresa, con la possibilità di modulare l’accordo per gruppi omogenei. È flessibile nel disegno: una moratoria può essere circoscritta a pochi grandi creditori chiave (ad es. solo banche, se i debiti principali sono bancari), oppure essere estesa a più categorie parallele (banche, fornitori strategici, locatore, ecc.), costruendo un mosaico di intese coordinate. L’importante è individuare fin dall’inizio chi deve stare al tavolo, al fine di rendere l’operazione efficace: lasciare fuori un creditore “pericoloso” significa rischiare che questi proceda da solo e frustri gli sforzi congiunti degli altri.
Contenuto tipico dell’accordo e tipologie di moratoria
Misure tipiche previste nell’accordo. Il contenuto concreto di una convenzione di moratoria è liberamente determinato dalle parti, entro i limiti fissati dalla legge. In genere, l’accordo delineerà una serie di obblighi di comportamento a carico di debitore e creditori per la durata stabilita. Le clausole tipiche includono:
- Sospensione o rinvio dei termini di pagamento: es. “Le rate del mutuo X in scadenza tra la data odierna e il 31/12/2025 sono sospese; il piano di ammortamento è conseguentemente prorogato di 12 mesi”. Oppure: “il pagamento delle fatture scadute e in scadenza verso i fornitori aderenti è differito al 30/06/2025”. Spesso si distingue tra quota capitale (sospesa interamente) e interessi (che talvolta si continua a pagare, se l’accordo lo prevede, oppure anch’essi congelati e capitalizzati).
- Moratoria su interessi di mora e oneri: i creditori generalmente si impegnano a non applicare tassi di mora o penali durante il periodo di sospensione, mantenendo eventualmente il tasso di interesse contrattuale base (o ridotto) per il periodo di dilazione. L’accordo può stabilire come saranno calcolati gli interessi nel periodo di moratoria (ad es. interessi maturati ma pagabili alla fine, oppure nessun interesse aggiuntivo se le parti lo concordano come supporto).
- Impegno a non intraprendere né proseguire azioni legali: es. “I Creditori Aderenti si astengono dall’iniziare o proseguire procedure esecutive individuali, ingiuntive o cautelari nei confronti della Società sino al…; le procedure pendenti saranno mantenute senza ulteriori atti oppure verranno concordemente sospese in via di fatto”. In alcuni casi i creditori possono impegnarsi a chiedere la sospensione in tribunale delle procedure esecutive già in corso (ad esempio, facendo richiesta congiunta di rinvio di un’asta), oppure a rinunciare agli atti (es. rinuncia al precetto notificato). Si può anche prevedere che nessuno chiederà il fallimento durante la moratoria.
- Mantenimento delle linee di credito: soprattutto con le banche, è fondamentale che durante la moratoria le banche non revochino gli affidamenti in conto corrente o altre linee a revoca. Una clausola tipica: “Le Banche Aderenti convengono di mantenere operativi gli affidamenti in essere (fidi c/c, castelletto, anticipi) fino al termine della moratoria, fatto salvo il caso di inadempimento sostanziale dell’Accordo”. Ciò evita che l’ossigeno finanziario residuo venga tagliato mentre i pagamenti sono sospesi.
- Patto di standstill generale: in sintesi le parti concordano uno standstill, ossia uno stato di non belligeranza: i creditori attendono, il debitore nel frattempo attua certe azioni. Spesso è presente la clausola che qualora un creditore estraneo (non aderente) intraprenda azioni aggressive, i creditori aderenti possano riconsiderare i loro impegni (in modo da non avvantaggiare un estraneo a loro danno).
- Impegni del debitore durante la moratoria: la convenzione solitamente impone obblighi anche al debitore. Ad esempio: fornire report periodici sulla situazione finanziaria (cash-flow mensile, etc.), astenersi dal contrarre nuovo indebitamento senza consenso dei creditori aderenti, non distribuire utili o atti di disposizione straordinaria senza accordo, eventualmente attuare un piano di ristrutturazione concordato (ad es. portare avanti la vendita di un immobile per fare cassa entro una certa data). Spesso il debitore si impegna altresì a non favorire i creditori estranei: ad esempio c’è talvolta una clausola di negative pledge o di pari passu che vieta di pagare i creditori non aderenti oltre certi limiti, per non discriminare quelli che hanno fatto la moratoria (questo punto è delicato: se l’azienda paga fuori accordo qualcuno e non paga chi ha aderito, può creare tensioni e forse questioni revocatorie se poi fallisce).
- Durata della moratoria: l’accordo deve definire chiaramente l’orizzonte temporale della sospensione: es. “La presente convenzione spiega effetti dalla data odierna sino al 31/12/2025” oppure “…sino al verificarsi dell’evento X (es. omologa di accordo di ristrutturazione) e comunque non oltre il…”. Talora la durata può essere prorogata previo accordo scritto di tutti oppure cessa anticipatamente in caso di determinati eventi (clausole risolutive).
- Evento di default o risoluzione: si stabilisce cosa accade se il debitore non rispetta gli obblighi assunti (ad es. non fornisce le informazioni, o disperde attivi, o viene accertato un peggioramento irreversibile, etc.). Solitamente è previsto che, in caso di grave inadempimento del debitore o di apertura di una procedura concorsuale, la moratoria decade automaticamente e i creditori riacquistano piena libertà di azione.
- Estensione ai non aderenti: infine, l’accordo può contenere clausole che riconoscono l’estensione legale ai non aderenti e regolano il procedimento di comunicazione e opposizione, in conformità all’art. 62 (es. “Il presente accordo, una volta sottoscritto da creditori rappresentanti almeno il 75% dei crediti di categoria [definizione], verrà comunicato ai creditori della medesima categoria non aderenti ai sensi del comma 4 dell’art. 62 CCII, per l’estensione nei loro confronti salvo opposizione ex lege”). Non è strettamente necessario scriverlo (lo prevede la legge), ma spesso per chiarezza si inserisce nel testo contrattuale il riferimento al meccanismo legale di estensione.
Limiti legali al contenuto. Oltre al già ricordato divieto di includere rinunce definitive ai crediti, la legge pone un altro limite espresso: “in nessun caso possono essere imposti ai creditori non aderenti obblighi di fare nuove prestazioni, concedere nuovi finanziamenti o mantenere aperture di credito”. Questa disposizione (art. 62, co.3 CCII) tutela il creditore dissenziente da ogni forma di “obbligo positivo” derivante dal contratto. Tradotto: la moratoria può al massimo “impedire” temporaneamente al dissenziente di agire per incassare (ossia obbligo di non fare), ma non può costringerlo a fare qualcosa attivamente a favore del debitore. Esempi concreti:
- Non si può, tramite estensione, obbligare un creditore bancario dissenziente a concedere nuove linee di credito alla società o ad aumentare i fidi esistenti.
- Non lo si può obbligare a continuare a fornire beni/servizi oltre quanto già contrattualmente dovuto (es. se un fornitore non aderente aveva un contratto di fornitura in corso, si può sospendere la sua pretesa di pagamento per i crediti scaduti, ma non imporgli di consegnare altra merce a credito).
- Non gli si può chiedere di sostenere costi aggiuntivi o di prestare garanzie, né di mantenere in essere per forza contratti a durata indeterminata (salvo quanto sotto).
- Riguardo alle aperture di credito (fidi bancari in conto corrente): la legge dice che non si può imporre al dissenziente di mantenerle. Questo tutela la banca che non ha aderito: se vuole revocare il fido lo può fare, nonostante la convenzione (che non ha sottoscritto) magari prevedesse il mantenimento per gli aderenti. Ciò potrebbe creare asimmetrie sul mercato del credito del debitore: la banca A aderente tiene aperto il fido, la banca B dissenziente può revocarlo mettendo in difficoltà il debitore. In realtà, la banca dissenziente rientra comunque nella categoria, e se l’accordo è efficace anche verso di lei, essa è vincolata a non pretendere il rimborso delle esposizioni entro la fine della moratoria. Revocare un fido è legittimo (perché formalmente non è “pretendere pagamento immediato di quanto dovuto”? In realtà la revoca di fido mette a debito l’esposizione e quindi l’azienda dovrebbe coprire, il che è come pretendere pagamento: su questo punto c’è riflessione, ma probabilmente la banca non aderente potrebbe revocare il fido – che è un atto contrattuale unilaterale che non è azione esecutiva – e chiedere il rientro: però quell’azione di rientro coattivo contrasterebbe col differimento convenuto? Dubbio. La norma però dice che non la si può costringere a mantenere l’affidamento. Dunque se vuole revocare, la convenzione non glielo impedisce).
- Unica eccezione: leasing. La legge chiarisce che “non è considerata nuova prestazione la prosecuzione del godimento di beni in leasing già stipulati”. Ciò a tutela del debitore: se un creditore leasing non aderente viene vincolato alla moratoria, non potrà pretendere nuove prestazioni (tipo anticipare scadenze), ma deve continuare a far utilizzare il macchinario in leasing al debitore (perché non è “nuova prestazione” ma prosecuzione di un contratto esistente). In pratica il leasing dissenziente non può con la scusa di non aver aderito riprendersi il bene: dovrà rispettare la sospensione dei pagamenti mantenendo il contratto in essere.
Fuori di questi vincoli, le parti hanno libertà negoziale. Possono ad esempio convenire che il debitore in moratoria paghi comunque qualche creditore fuori accordo (magari perché strategico e non ha voluto aderire) – questa è una decisione delle parti aderenti, magari tollerano di non essere pagati subito ma accettano che il debitore paghi un fornitore critico estraneo per non fermare l’attività. Ovviamente ciò va condiviso, sennò i creditori aderenti si sentirebbero danneggiati.
“Tipologie” di moratoria. Nella pratica, si possono distinguere varie tipologie di convenzioni di moratoria in base al contesto e alle caratteristiche specifiche:
- Moratoria “ordinaria” ex art. 62: è quella fin qui descritta, negoziata tra debitore e creditori liberamente, tipicamente con l’assistenza di advisor finanziari e legali, finalizzata a un successivo accordo più ampio. Può avere per oggetto debiti di qualsiasi natura e importo. Richiede le maggioranze e le forme previste (informativa, attestazione).
- Moratoria “in composizione negoziata”: quando la moratoria viene raggiunta nell’ambito di una procedura di composizione negoziata della crisi ex D.L. 118/2021. In questo caso, l’esperto indipendente nominato facilita le trattative e la convenzione di moratoria può costituire uno degli sbocchi conclusivi di tale procedura (ex art. 23, co.1 lett. b CCII). La moratoria “assistita dall’esperto” rientra comunque nell’art. 62, ma con la peculiarità che le trattative sono condotte sulla piattaforma telematica e sotto la supervisione del facilitatore. Ciò spesso garantisce maggiore trasparenza e ordine. Inoltre, durante la composizione negoziata il debitore può ottenere misure protettive temporanee dal tribunale (art. 18-20 CCII) per sospendere le azioni esecutive, così da poter negoziare la moratoria in relativa calma. La convenzione conclusa con l’assistenza dell’esperto viene formalizzata e comunicata ai sensi dell’art. 62, quindi si innesta nel medesimo circuito di efficacia ed eventuali opposizioni, ma beneficia del “timbro” dell’esperto che ne attesta la genuinità delle informazioni. Spesso definita in dottrina come moratoria “condotta dall’esperto”.
- Moratoria “digitale” o silenzio-assenso: è una forma peculiare introdotta nel 2021 (art. 30-quinquies D.L. 152/2021) pensata per micro-imprese o piccole imprese con indebitamento modesto (non superiore a €30.000). In questo caso la legge prevede che l’imprenditore in crisi possa proporre tramite una piattaforma telematica una convenzione di moratoria ai propri creditori, la cui approvazione potrà avvenire anche per silenzio-assenso entro un breve termine. In pratica, se i creditori (tutti o una determinata maggioranza semplificata) non si oppongono entro un certo numero di giorni, la moratoria si considera approvata e vincolante. Questa procedura light mira ad aiutare debitori di piccole dimensioni a ottenere una dilazione dei debiti senza dover passare per complesse negoziazioni: molti piccoli creditori magari non rispondono nemmeno, e il loro silenzio vale come adesione. Secondo l’interpretazione di alcuni esperti, questa “moratoria digitale” consente alle micro imprese di evitare direttamente di accedere alla composizione negoziata quando il problema è di entità ridotta, semplificando l’iter. Tecnicamente, potrebbe configurarsi come una particolare convenzione ex art. 62 con un iter approvativo agevolato. Nel Codice della crisi 2022 questa procedura è stata inglobata probabilmente negli articoli dedicati (forse come art. 25-quater o 25-quinquies CCII, recanti procedure semplificate per PMI) – benché non sempre evidenziata, è parte delle innovazioni del “sistema di allerta morbido” post-2021. Ne risulta un tipologia di moratoria semplificata, utile quando i creditori sono numerosi ma per importi piccoli: ad esempio decine di fornitori con crediti di poche migliaia di euro l’uno. In tali casi, convocarli tutti a trattare sarebbe oneroso; si preferisce una piattaforma online dove il debitore carica la proposta di dilazione (es. pagherò in 6 rate mensili da data X), i creditori vengono notificati e se non rispondono entro 30 giorni si presume consenso. Naturalmente se qualcuno rifiuta espressamente, la moratoria potrebbe non approvarsi o escluderlo.
- Moratorie settoriali o di filiera: pur rientrando nel modello ordinario, assumono connotazione peculiare quando coinvolgono più imprese di una filiera o distretto. Ad esempio, in crisi dell’indotto automotive, potrebbe accadere che un grande committente e i suoi subfornitori stringano accordi di moratoria reciproci (il committente ritarda pagamenti ma offre garanzie di ordini futuri, i subfornitori accettano in massa il differimento). Queste moratorie collettive di filiera sono spesso promosse con accordi-quadro di associazione (non codificati, ma possibili).
- Moratorie “ABI” o di sistema: come accennato, in passato l’ABI e le associazioni imprenditoriali hanno concluso protocolli (ad es. “Accordo per il credito 2019” o “Imprese in Ripresa 2.0”) in cui le banche aderenti si impegnavano a concedere su richiesta delle PMI associate una sospensione di 6-12 mesi dei pagamenti dei mutui. Questi accordi quadro non avevano direttamente base nell’art. 62 (erano atti volontari di categoria), però le singole moratorie attuate sotto quell’ombrello costituivano di fatto patti individuali di moratoria. La differenza è che spesso non raggiungevano la formalizzazione articolata richiesta dall’art. 62 (attestazione ecc.), essendo semplicemente adesioni bilaterali banca-impresa su modelli standard. In caso di crisi diffusa, comunque, oggi le imprese potrebbero usare la cornice dell’art. 62 per dare maggior forza ai patti di moratoria collettivi: ad esempio, un’associazione di PMI potrebbe coordinare le sue imprese nel chiedere convenzioni di moratoria ai rispettivi pool di banche, e se necessario più imprese potrebbero comparire come parti correlate (questo è un terreno in gran parte inesplorato, ma teoricamente l’istituto è flessibile).
- Moratoria finalizzata al concordato preventivo: in alcuni casi l’imprenditore può utilizzare la convenzione di moratoria come strumento-ponte per arrivare alla presentazione di un concordato preventivo. Ad esempio, potrebbe ottenere dai creditori chiave una moratoria 6 mesi, durante la quale depositare una domanda di concordato con riserva e poi il piano. La moratoria contrattuale in tal caso si affianca alle misure protettive legali e rende più probabile che, allo scadere, il concordato sia pronto. Non è una tipologia distinta, ma una finalità specifica.
Di seguito, una tabella riepilogativa delle principali tipologie di moratoria e delle loro caratteristiche:
Va precisato che tutte queste varianti condividono la struttura di base della convenzione di moratoria (dilazione temporanea senza rinuncia al credito) e differiscono per lo più nelle modalità di approvazione o nel contesto procedurale in cui sono calate. Ad esempio, la moratoria digitale è solo un “percorso semplificato” per ottenere un risultato che, nella sostanza, è paragonabile a una convenzione ordinaria (dilazione di piccoli crediti). Allo stesso modo, una moratoria in composizione negoziata segue comunque l’art. 62 per i suoi effetti (75%, attestazione etc.), cambia solo che è frutto di trattative coordinate dall’esperto.
In ogni caso, indipendentemente dalla tipologia, una convenzione di moratoria ben strutturata deve contenere con chiarezza gli elementi essenziali: chi sono i creditori coinvolti (e come sono suddivisi in eventuali categorie), quali obblighi di sospensione/astensione reciproca vigono e per quanto tempo, quali obblighi informativi o azioni deve intraprendere il debitore nel frattempo, quali eventi fanno cessare l’accordo o ne costituiscono violazione. Oltre a ciò, l’accordo deve poi essere formalizzato per iscritto e sottoscritto dalle parti aderenti; successivamente, deve essere portato a conoscenza dei creditori non aderenti come richiesto dalla legge (ne parleremo nella sezione procedura).
In sintesi, dal contenuto della convenzione di moratoria dipende la sua efficacia pratica: deve essere abbastanza dettagliato e vincolante da offrire all’impresa un reale “scudo” temporaneo e garantire ai creditori aderenti che la situazione non peggiorerà per loro, ma anche sufficientemente flessibile da poter essere rispettato dall’impresa (imporre vincoli troppo rigidi al debitore in crisi rischia di farlo fallire nel frattempo). Spesso si cerca un equilibrio: ad esempio, molti accordi prevedono che il debitore possa comunque compiere alcune operazioni quotidiane (pagare fornitori correnti, continuare la gestione) purché funzionali alla continuazione aziendale, mentre blocca operazioni straordinarie o pagamenti rilevanti non autorizzati.
Nei paragrafi successivi, affronteremo la procedura di formazione di questa convenzione (dalle trattative alla comunicazione ai non aderenti) e analizzeremo nel dettaglio le condizioni di efficacia richieste dalla legge, con un occhio alle novità normative e ai risvolti operativi.
Procedura di formazione della convenzione di moratoria
La creazione di una convenzione di moratoria efficace richiede di seguire un percorso articolato, che va dalla fase iniziale di negoziazione informale fino alla formalizzazione dell’accordo e al perfezionamento dei suoi effetti giuridici. Questo percorso può essere sintetizzato in alcune tappe fondamentali:
- Analisi preliminare della crisi e decisione di proporre la moratoria – L’imprenditore, spesso coadiuvato da un consulente finanziario-legale, valuta la propria situazione di crisi (liquidità insufficiente, scadenze imminenti insostenibili, ecc.) e individua i creditori principali coinvolti. Si stima il fabbisogno di moratoria (quali pagamenti vanno sospesi e per quanto tempo) e si delinea un piano di massima su come quel periodo sarà utilizzato (es. predisporre un piano industriale, ricercare un investitore, vendere un immobile, ecc.). Questa fase interna è cruciale per presentarsi ai creditori con proposte concrete e credibili: i creditori vorranno sapere perché dovrebbero attendere e cosa si farà nel frattempo. Se la crisi è molto avanzata, potrebbe contestualmente essere avviata una procedura di composizione negoziata nominando un esperto: ciò aiuta a conferire struttura al processo negoziale.
- Contatto iniziale e accordo di riservatezza – Prima di entrare nel vivo, l’azienda spesso contatta informalmente i creditori chiave (ad esempio convoca una riunione con le banche principali, o con 4-5 fornitori strategici) per sondare la disponibilità a negoziare una soluzione e annunciare la volontà di trovare un accordo temporaneo. È prassi proporre ai creditori la sottoscrizione di un accordo di riservatezza (NDA) e talvolta di standstill provvisorio: i creditori cioè si impegnano, nelle more delle trattative, a non divulgare le informazioni e possibilmente a non aggravare la posizione del debitore (ad es. non revocare fidi all’improvviso o non presentare istanza di fallimento mentre si discute). Questo preludio crea un clima collaborativo e prepara il terreno per lo scambio di informazioni sensibili.
- Fornitura di informazioni finanziarie ai creditori – L’art. 62 richiede espressamente che tutti i creditori invitati alla moratoria siano messi in condizione di partecipare in buona fede alle trattative e che ricevano informazioni complete e aggiornate sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa, nonché sul contenuto della convenzione proposta e i suoi effetti. Pertanto, una fase chiave è la predisposizione di un “package” informativo da condividere con i creditori: ad es. ultimi bilanci, situazione finanziaria attuale, cash-flow previsionali, elenco dei creditori e relative scadenze, eventuale piano industriale di risanamento, bozza di accordo di moratoria con termini proposti (durata, pagamenti sospesi, ecc.). Questo pacchetto, spesso chiamato Information Memorandum, permette ai creditori di valutare lucidamente la gravità della crisi e la ragionevolezza della moratoria richiesta. In caso di composizione negoziata, la piattaforma telematica offre uno spazio dedicato al caricamento di queste informazioni per l’accesso ai creditori registrati.
- Negoziazione con i creditori e definizione dei termini – Si procede quindi ad incontri (in presenza o da remoto) con i creditori, con o senza l’ausilio dell’esperto indipendente (se nominato). In queste riunioni si discutono i dettagli: quali crediti sospendere, per quanto tempo, se il debitore offrirà garanzie aggiuntive (ad es. pegno su un immobile a beneficio dei creditori se rispettano lo standstill), quali impegni prende il debitore, quali eventi faranno cessare l’accordo, ecc. Ogni categoria di creditori può avere differenti aspettative: le banche potrebbero chiedere la presenza di un advisor attestatore e un piano di ristrutturazione credibile; i fornitori potrebbero accettare brevi dilazioni purché garantite dal pagamento degli ordini correnti. Si cerca di raggiungere un consenso almeno di massima col numero richiesto di creditori (≥75% per categoria). Spesso si formalizza un term-sheet ovvero una minuta non vincolante dei termini concordati, da far circolare tra i creditori per conferma. Questa fase può richiedere varie sessioni e modifiche della proposta iniziale, sinché il testo definitivo non rispecchi un equilibrio accettabile da tutti o dalla larga maggioranza.
- Nomina del professionista indipendente e predisposizione dell’attestazione – Quando si è prossimi all’accordo, l’impresa deve incaricare un professionista indipendente (tipicamente un commercialista o revisore esperto in crisi d’impresa, iscritto all’albo dei gestori) affinché rediga la relazione di attestazione prevista dall’art. 62, comma 2, lett. d. Tale professionista deve essere terzo rispetto alle parti (non legato all’impresa né ai creditori da rapporti che ne compromettano l’obiettività) e possedere le competenze in materia. Egli esaminerà i dati aziendali e il contenuto concordato della convenzione, quindi rilascerà una relazione scritta che attesta:
- la veridicità dei dati aziendali messi a disposizione (conti, bilanci, situazione finanziaria);
- l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, ossia se la moratoria appare adeguata a stabilizzare l’impresa nel breve termine;
- la sussistenza della condizione che i creditori non aderenti non risultino pregiudicati rispetto all’alternativa liquidatoria (condizione di cui alla lettera c). In pratica una verifica del best interest test: l’attestatore deve stimare cosa otterrebbero i dissenzienti in caso di fallimento adesso e confrontarlo con quanto è previsto ottengano aderendo alla moratoria e successivo piano, per assicurare che non ci rimettano. Se la convenzione prevede il pagamento integrale anche se ritardato, questa condizione è di solito soddisfatta.
- Formalizzazione e sottoscrizione dell’accordo – A questo punto si redige il testo finale della convenzione di moratoria, in forma di contratto, includendo tutti i termini concordati. Vengono elencati i creditori aderenti con i rispettivi crediti (a quella data) e in quale percentuale rappresentano della categoria. Si allega preferibilmente la relazione di attestazione come parte integrante o comunque se ne fa riferimento. Le parti (legali rappresentanti dell’impresa e dei creditori) firmano l’accordo, di solito con firma autenticata o digitale, specialmente se serve prova opponibile a terzi. Non c’è obbligo di atto pubblico o omologa, ma un grado di formalità è raccomandato. Se i creditori sono molti, si può firmare in controparti multiple (ognuno una copia) che insieme compongono il documento completo. La convenzione si considera conclusa e valida tra le parti aderenti dal momento in cui si raggiungono le firme necessarie (almeno il 75% del credito per categoria). Idealmente si ottiene l’adesione di tutti i creditori invitati, ma la legge consente efficacia anche con adesioni parziali purché qualificate. Il contratto può avere efficacia immediata tra le parti: ad esempio, le banche firmatarie da subito bloccano le rate e il debitore da subito rispetta eventuali condizioni (come non pagare altri creditori oltre soglie concordate).
- Comunicazione ai creditori non aderenti – Come previsto dall’art. 62, comma 4, entro breve si deve procedere a comunicare la convenzione insieme alla relazione del professionista a tutti i creditori appartenenti alla medesima categoria che non abbiano aderito. La comunicazione va fatta con mezzi che diano prova di ricezione: tipicamente raccomandata A/R o PEC (domicilio digitale). Nella comunicazione si deve spiegare che la convenzione è stata sottoscritta da creditori rappresentanti il 75%, e che dunque i suoi effetti si estendono anche ai non aderenti salvo opposizione entro 30 giorni. È buona norma allegare copia integrale dell’accordo firmato e della relazione di attestazione, così che il dissenziente possa valutare con cognizione di causa. Da questo momento inizia a decorrere il termine legale di 30 giorni per le eventuali opposizioni (su come conteggiarlo: di solito si escludono i giorni di mancata attività giudiziaria? Il CCII ha abolito la sospensione feriale in questo caso, quindi anche agosto conta, proprio perché i creditori sono stati informati direttamente e dunque si presume abbiano modo di attivarsi subito).
- Deposito in tribunale delle opposizioni (se presentate) – Se uno o più creditori non aderenti ritengono che l’accordo leda i loro diritti (magari contestando la condizione di non pregiudizio, o lamentando irregolarità procedurali), possono depositare ricorso in opposizione al tribunale competente entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione. Il tribunale competente è quello individuato dall’art. 27 CCII (sede dell’impresa debitrice, se è soggetta a fallimento, altrimenti la sede maggiore etc.). Le opposizioni vengono assegnate alla sezione specializzata (di solito la sezione fallimentare). La legge prevede che se ci sono più opposizioni, vadano riunite in un unico procedimento per coerenza. L’onere di attivarsi è del creditore dissenziente: in assenza di opposizioni formali, l’accordo diviene definitivamente efficace erga omnes.
- Giudizio di opposizione ed esito – Il tribunale, ricevuto il ricorso in opposizione, fissa con decreto un’udienza in camera di consiglio per discutere la questione, con convocazione dell’opponente e del debitore (e dei creditori aderenti principali, eventualmente). Non è regolato in dettaglio il procedimento, ma si applicano le norme generali ex art. 51 CCII e art. 737 c.p.c. (procedimento camerale). La decisione avviene con sentenza (in luogo di decreto, essendo previsto reclamo in Corte d’Appello). Il giudice valuta se la convenzione è stata conclusa come da legge, se le condizioni a, b, c, d sussistono e se effettivamente l’opponente subirebbe un pregiudizio. Potrebbe anche rigettare l’opposizione ritenendola infondata, confermando così l’efficacia erga omnes. Oppure, se ritiene validi i motivi (es. l’attestazione è errata, o mancano le percentuali), potrebbe accogliere l’opposizione, dichiarando che l’accordo non può essere esteso al creditore opponente (o addirittura non può produrre effetti erga omnes per vizi gravi). L’accoglimento dell’opposizione non inficia l’intera convenzione, ma ne esclude solo l’estensione degli effetti nei confronti dell’opponente. In pratica il creditore opponente, se vince, torna libero di agire. L’accordo invece resta valido e operante tra il debitore e i creditori che vi avevano aderito e che non hanno fatto opposizione (o la cui opposizione è respinta). È importante evidenziare che, se il tribunale individuasse un vizio macroscopico (ad es. attestazione falsa o percentuale non raggiunta) potrebbe in teoria travolgere l’accordo intero dichiarandolo inefficace, ma ciò equivarrebbe a dire che anche gli aderenti non sono più vincolati. In assenza di norme specifiche, si ritiene che il tribunale si limiterà a non estendere l’accordo ai dissenzienti che abbiano sollevato rilievi fondati. Dopo la sentenza di primo grado è ammesso reclamo in corte d’appello entro 15 giorni (art. 51 CCII rinvia all’art. 124 per il concordato, quindi simile a impugnazione di omologa). Il reclamo può essere proposto da chi è soccombente (l’opponente se l’opposizione è rigettata, o il debitore se accolta). La corte d’appello deciderà in via definitiva sulla questione.
- Esecuzione dell’accordo e termine della moratoria – Se non vi sono opposizioni (o dopo la loro definizione negativa), la convenzione di moratoria dispiega i suoi effetti per tutta la sua durata prevista. L’impresa dovrà rispettare gli impegni (ad es. fornire reporting regolari, non compiere atti non consentiti, etc.), i creditori aderenti (e quelli non aderenti vincolati) si asterranno dalle azioni e attenderanno le nuove scadenze concordate. Durante questo periodo, l’impresa idealmente implementa le azioni di rilancio o finalizza un accordo più strutturato. La moratoria termina alla data convenuta: a quel punto, se tutto è andato secondo i piani, verrà sostituita da un nuovo assetto (ad esempio i debiti rinegoziati con un accordo di ristrutturazione omologato, oppure rimborsati grazie a un aumento di capitale o cessione di asset, o un concordato). Se invece la situazione non è risolta allo scadere, i creditori riacquistano tutti i loro diritti: potrebbero concedere un’ulteriore proroga contrattuale (un “rinnovo” della moratoria) se intravedono progressi, oppure decidere che è ora di agire (richiesta di fallimento, ecc.). In ogni caso, dopo il termine finale, la moratoria cessa di proteggere il debitore.
Da questo iter emerge chiaramente come la convenzione di moratoria non sia un semplice “accordo privato” raggiungibile in modo estemporaneo: al contrario, richiede preparazione, trasparenza e coordinamento. La presenza di un professionista attestatore e la scansione in fasi con notifica ai dissenzienti evidenziano la formalità quasi procedurale dell’istituto. Difatti, alcuni definiscono l’accordo di moratoria come una sorta di “mini procedura concorsuale su base contrattuale”.
Tempistiche tipiche: se guardiamo ai tempi, dall’avvio delle trattative alla firma dell’accordo possono volerci da alcune settimane a qualche mese, a seconda del numero di creditori e della complessità. Il periodo di 30 giorni per opposizioni è fisso per legge una volta comunicato. L’eventuale giudizio di opposizione dovrebbe essere abbastanza celere (il CCII tende ad accelerare, ma dipende dai tribunali; idealmente entro 1-2 mesi la sentenza di primo grado, e pochi mesi per l’appello). Il che significa che, in caso di opposizioni, potrebbero passare 3-6 mesi prima di avere certezza definitiva sull’estensione. Nel frattempo, però, l’accordo rimane efficace tra aderenti: spesso i creditori attendono comunque l’esito prima di muoversi, soprattutto se l’opponente è uno solo. Di solito, se i creditori principali sono a favore, le opposizioni sono rare (chi dissente magari preferisce negoziare a sua volta un trattamento di favore per aderire). La fase più delicata è l’inizio delle trattative: l’impresa in crisi deve riuscire a convincere i creditori a stare al gioco e non precipitarsi in azioni individuali. Ecco perché può essere utile chiedere misure protettive al tribunale in parallelo (es. nell’ambito di composizione negoziata o depositando una domanda di concordato in bianco come scudo temporaneo): queste misure congelano subito le azioni esecutive, dando il tempo di formalizzare la convenzione di moratoria. Una strategia possibile è appunto combinare gli strumenti: molti professionisti consigliano, mentre si negozia la moratoria, di ottenere dal tribunale un decreto che sospenda le azioni (misure protettive art. 54 CCII o art. 18 D.L.118), così i creditori hanno tempo di ragionare con calma senza la tentazione di correre alle armi.
In conclusione, la procedura di formazione di una convenzione di moratoria richiede:
- informativa completa e tempestiva ai creditori (trasparenza),
- coinvolgimento di professionalità indipendenti (attestatore, eventualmente esperto),
- consenso qualificato dei creditori (almeno 75% per categoria),
- formalizzazione scritta chiara,
- rispetto delle forme di comunicazione ai non aderenti e attesa dei termini di legge.
Solo così l’accordo potrà dirsi validamente formato e resistente ad eventuali contestazioni.
Condizioni di efficacia e limiti legali
Perché la convenzione di moratoria possa spiegare i suoi effetti (in particolare, l’efficacia vincolante verso i creditori non firmatari), è indispensabile che siano soddisfatte tutte le condizioni previste dall’art. 62, comma 2 CCII. Tali condizioni rappresentano le “colonne d’Ercole” dell’istituto: costituiscono garanzie per i creditori e criteri di legittimità sostanziale dell’accordo. Vediamole in dettaglio, come elencate dalla norma:
a) Informazione e buona fede nelle trattative – “Tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative o messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria del debitore nonché sulla convenzione e i suoi effetti”. Questa condizione sancisce un principio di trasparenza e parità di trattamento nella fase negoziale. In pratica:
- Il debitore deve aver coinvolto attivamente tutti i creditori della categoria interessata fin dall’inizio delle trattative, o quantomeno li abbia informati dell’opportunità di partecipare. Non è ammesso chiudere un accordo alle spalle di alcuni creditori e poi pretendere di imporglielo: chi si vedesse recapitare a cose fatte la moratoria senza essere stato nemmeno avvertito prima, avrebbe motivo di lamentare la violazione di questa condizione (difetto di informativa preventiva).
- I creditori devono essere messi in condizione di negoziare “in buona fede”, il che implica un comportamento leale sia da parte del debitore che tra creditori. Ad esempio, non si devono fornire a taluni creditori informazioni e ad altri no; non devono esserci creditori “favoriti” di nascosto durante le trattative (ciò minerebbe la buona fede del confronto).
- Le informazioni fornite sull’impresa devono essere complete ed aggiornate. Significa che se, poniamo, emergono nuovi dati significativi (un bilancio revisionato, una perdita straordinaria, un valore di realizzo di beni) durante le trattative, questi vanno comunicati. La completezza copre sia la situazione economico-patrimoniale e finanziaria (quindi conti, debiti, crediti, cash-flow, ecc.) sia i dettagli dell’accordo proposto e dei suoi effetti (ad esempio, i creditori devono capire esattamente come saranno posticipati i loro crediti, con quali eventuali garanzie, etc.).
- Questa condizione viene spesso formalmente soddisfatta attraverso: lettera di apertura di trattative inviata a tutti i creditori della categoria, allegato di informazioni finanziarie dettagliate (bilanci, elenco debiti) e bozza di term-sheet. Nella relazione di attestazione, di solito, il professionista dichiara che la condizione (a) è stata rispettata, certificando l’avvenuta informativa.
In sostanza la condizione (a) mira a garantire un percorso negoziale equo: se un creditore dissenziente sostiene in opposizione che non è stato informato o che il debitore ha occultato informazioni, potrebbe vincere l’opposizione per difetto di questa condizione. È importante quindi per l’impresa documentare di aver inviato le comunicazioni di avvio trattative e l’invio di informazioni (ad esempio conservando le PEC o le ricevute).
b) Maggioranza qualificata del 75% dei crediti appartenenti alla categoria – “I crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il 75% di tutti i crediti appartenenti alla categoria”. Questo requisito fissa la soglia minima di consenso per poter “forzare” la minoranza dissenziente. In altre parole:
- Bisogna calcolare l’ammontare totale dei crediti che fanno capo a quella categoria (ad es. somma dei debiti verso banche X, Y, Z se la categoria è “banche finanziatrici”; oppure somma dei crediti di tutti i fornitori).
- Occorre che i creditori che sottoscrivono l’accordo posseggano almeno il 75% di tale ammontare. Non importa il numero di creditori, ma il valore dei crediti (principio “per teste per somme”). Ad esempio: se ci sono 4 banche con crediti 50, 30, 15, 5 (totale 100), serve che almeno 75 su 100 abbiano aderito. Quindi potrebbero bastare le prime due (50+30=80) oppure la combinazione 50+15+5=70 (non sufficiente), etc.
- Un creditore che ha crediti in più categorie viene conteggiato in ciascuna categoria per la parte di credito relativa. Ad esempio, una banca che ha un mutuo ipotecario (categoria creditori garantiti) e un fido chirografario (categoria chirografi) conterà in entrambe separatamente. Questo è chiarito dalla norma (“fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria”).
- Il 75% è una percentuale piuttosto elevata – più alta della maggioranza semplice (50%+1) e anche di molte soglie concorsuali (gli accordi ex art. 57 CCII ad esempio richiedono il 60%). Ciò indica che la moratoria, essendo un atto non soggetto ad omologa preventiva, richiede un consenso robusto tra i creditori per essere imposta ai restanti. Nella sua genesi storica (art. 182-octies L.F.), il 75% fu scelto in parallelo a quanto previsto per gli accordi finanziari ad efficacia estesa (sempre 75%).
- È essenziale calcolare correttamente il “denominatore” (totale crediti di categoria). Ad esempio, se un creditore ha un credito contestato o condizionato, lo si include? Probabilmente sì al lordo, salvo casi dubbi dove si potrebbe considerare il valore certo. In mancanza di specifiche, conviene includere tutti i crediti risultanti dalle scritture contabili del debitore alla data dell’accordo.
- La percentuale va raggiunta prima della comunicazione ai non aderenti. Se inizialmente fosse solo 70%, non si potrebbe procedere all’estensione finché non si convinca qualcuno in più. Diversamente, se durante le trattative si vede che alcuni non aderiranno e la soglia non c’è, si può decidere di escludere quei creditori dalla categoria per configurarne un’altra? Attenzione: manipolare le categorie per far tornare i conti potrebbe esporre ad accuse di abuso. La scelta delle categorie dev’essere genuina. Se alcuni creditori vitali non vogliono aderire e col loro peso non si arriva al 75, forse la moratoria non è fattibile e bisognerà percorrere la via di un concordato (dove il cram-down può essere imposto via omologa giudiziale).
- Nel verbale di sottoscrizione dell’accordo, di solito, si dà atto che “i crediti dei sottoscrittori rappresentano X%, superiore al 75% richiesto”. Anche l’attestatore nella sua relazione lo verifica contabilmente.
c) Assenza di pregiudizio per i creditori non aderenti rispetto alla liquidazione giudiziale – “I creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, non risultino pregiudicati rispetto a quanto potrebbero ricevere nel caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della convenzione”. Questa condizione è il cosiddetto best interest of creditors test, cioè il test di convenienza comparativa per i dissenzienti. È forse la condizione più importante sul merito economico:
- Bisogna valutare quanto riceverebbe presumibilmente il creditore dissenziente in un fallimento/liquidazione giudiziale aperta nell’istante della convenzione. Ciò implica fare un’ipotesi di scenario liquidatorio: stimare il realizzo dei beni dell’impresa e la ripartizione tra i creditori, quindi vedere la percentuale di soddisfacimento di quel creditore (che dipende dal suo grado di privilegio).
- Poi si confronta quel risultato con quanto è previsto per il creditore nell’ambito della convenzione di moratoria e dei possibili sviluppi successivi. Poiché la convenzione non prevede pagamenti immediati ma solo rinvio, la valutazione è un po’ diversa dal concordato: qui di fatto il creditore, se aderisse, riceverebbe il 100% del suo credito ma più tardi (diciamo fra un anno, supponendo pagamento integrale dopo la moratoria). Quindi normalmente è non pregiudicato perché comunque viene pagato integralmente (liquidazione di solito non dà il 100% a chirografi).
- Il caso più subdolo è se la moratoria è solo rimandare e poi l’azienda fallisce lo stesso: il creditore potrebbe obiettare “meglio fallire subito che dopo un anno, perché dopo un anno magari i beni valgono di meno o altri creditori hanno preso qualcosa”. Ma qui serve considerare la data della convenzione: la norma dice “rispetto a quanto otterrebbe in caso di liquidazione giudiziale alla data della convenzione”. Quindi si ipotizza che oggi si apra il fallimento e vede quanto prenderebbe; se il creditore in convenzione ottiene almeno altrettanto (anche se più tardi), è ok. L’attestatore deve motivarlo. Ad esempio, se in fallimento oggi stimato prenderebbe 30%, mentre col piano di risanamento che accompagna la moratoria l’intento è pagarlo 40% a 2 anni, allora non è pregiudicato, anzi migliora.
- Questa lettera c) è stata modificata dal D.Lgs. 136/2024 in senso più rigoroso. In versione precedente (2019/2022) era formulata in modo meno netto – si parlava di “pregiudizio proporzionato e coerente alle ipotesi di soluzione della crisi”, se non erro, che era più vaga. Ora si richiede chiaramente il no creditor worse off: nessun peggioramento rispetto al fallimento. Ciò uniforma la moratoria agli standard dei piani di ristrutturazione e concordati (dove vige il medesimo test).
- Il compito di verifica spetta al professionista indipendente nella sua attestazione. Egli dovrà allegare due conti economici comparativi: scenario A (liquidazione oggi: ad es. valore realizzo attivo 1 milione, distribuibile 20% ai chirografi) vs scenario B (convenzione + risanamento: chirografi ripagati al 30% in 1 anno). Se B ≥ A in termini di percentuale di recupero, la condizione è soddisfatta. Se B fosse < A, l’attestatore onesto dovrebbe dire che i dissenzienti subiscono pregiudizio, quindi la condizione manca e l’accordo non potrebbe essere validamente imposto.
- Per i creditori privilegiati o con garanzia, “non pregiudizio” significa che rimangono coperti almeno come in fallimento. Esempio: una banca ipotecaria ha garanzia su immobile; se fallisce oggi, l’immobile venduto le darebbe 60% di recupero del suo credito. Con la moratoria l’immobile resta all’azienda per ora; l’accordo promette di vendere quell’immobile tra 6 mesi e pagare la banca. Se la banca è dissenziente, occorre convincerla (o convincere il giudice) che tra 6 mesi quell’immobile non varrà meno. Di solito per evitare questioni, i creditori con garanzia spesso aderiscono spontaneamente se convinti, sennò difficilmente li si può costringere se loro stimano un peggioramento. Infatti se un privilegio è su bene deteriorabile, aspettare potrebbe peggiorare la loro posizione. L’attestatore deve valutare anche questo (es. se la liquidazione tra un anno è stimata dare lo stesso valore attuale, allora ok).
- Da notare: la condizione c) non richiede un miglior trattamento, basta non-peggior trattamento. Quindi i creditori dissenzienti non devono guadagnarci, basta che non ci rimettano. Questo lascia margine al debitore di offrire anche un soddisfacimento non integrale, purché pari ad almeno quell’alternativa. Esempio: se uno scenario fallimentare darebbe zero a chirografi, l’azienda potrebbe anche in un piano di risanamento prevedere di pagare solo 10% a chirografi – sarebbe comunque “non peggiore di zero”, anzi migliore. Quindi in linea di principio, la convenzione di moratoria potrebbe preludere anche a soluzioni di ristrutturazione parziale del credito, per i quali i creditori dissenzienti sarebbero vincolati se la loro sorte è comunque >= a quella fallimentare. Questo scenario però comporterebbe che la convenzione stessa includa elementi di remissione di debito (il che non può, perché l’accordo in sé non può ridurre crediti). Più realistically, se c’è un haircut in vista, la moratoria in quanto tale non lo prevede, ma si confida che in un successivo concordato i creditori dissenzienti vengano comunque tagliati (nel concordato con cram-down l’applicazione del best interest test avviene in sede di omologa). Diciamo che la convenzione può essere preludio a un concordato dove i dissenzienti subiscono una falcidia, ma quell’elemento sarà deciso dal tribunale in altra sede. In conclusione, nelle moratorie “pure” normalmente c) si risolve col fatto che i creditori vengono pagati integralmente (solo differito), quindi ovvio che non sono pregiudicati (anzi spesso in fallimento avrebbero perso). Se c’è un caso limite – ad es. un creditore ipotecario in fallimento avrebbe preso 100 e qui prenderà 100 ma un po’ dopo: non pregiudicato (valore attuale leggermente ridotto forse? ci si può aggiungere interessi).
- Il test va considerato per categoria di creditori credo, non singolarmente: la norma dice “i creditori non aderenti cui sono estesi… non risultino pregiudicati rispetto a…”. Quindi l’attestazione deve valere per ciascun non aderente. Se uno risulterebbe pregiudicato e altri no, quell’uno potrebbe fare opposizione con successo. In tal caso, come dicevamo, quell’uno verrebbe escluso. Allora la condizione c) in senso stretto per quell’uno non è soddisfatta e l’accordo non potrebbe estendersi a lui. Ci si aspetta che l’attestatore in coscienza rilasci la relazione solo se c) è soddisfatta per tutti. Quindi meglio predisporre l’accordo in modo da non mettere nessuno in condizione peggiore.
d) Attestazione del professionista indipendente – “Un professionista indipendente abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, e la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera c)”. Questa è più che una condizione: è proprio un passaggio obbligato. Significa che senza relazione di attestazione l’accordo non può produrre effetti su terzi. Gli elementi da attestare li abbiamo in parte già discussi:
- Veridicità dei dati: i dati contabili e finanziari posti a base dell’accordo sono corretti, non falsi o fuorvianti. Ad esempio, se il bilancio mostra crediti vs clienti per 100, il professionista controlla che siano esistenti e non gonfiati. Se c’è stato un aggiornamento di stime, li verifica.
- Idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi: è una formula un po’ generica. Indica che l’esperto deve valutare se la moratoria effettivamente è adeguata a tamponare la crisi temporaneamente. Ad esempio: se l’azienda ha un deficit di cassa che si protrae per 12 mesi e la convenzione è di soli 3 mesi, è forse insufficiente. Oppure se la convenzione esclude alcuni creditori il cui intervento era cruciale, l’esperto potrebbe dire “non idonea a stabilizzare”. In generale, serve a evitare accordi farlocchi – se l’esperto serio direbbe “questo accordo non risolve niente, tra un mese l’impresa sarà comunque in default”, dovrebbe dirlo e non attestare idoneità. Ricordiamo che il professionista si assume una responsabilità sul contenuto. Quindi questa è una sorta di piccola valutazione di fattibilità, limitata però alla temporaneità. Non deve attestare che l’azienda guarirà, ma che quell’accordo è adatto a disciplinare provvisoriamente la crisi – cioè a gestire il periodo transitorio.
- Ricorrenza della condizione c): come detto, l’attestatore deve dichiarare che i creditori non aderenti non saranno pregiudicati (quindi rifare il test c con i numeri a supporto).
- Indipendenza del professionista: non deve avere conflitti di interesse o legami con l’azienda o i creditori (art. 2 CCII definisce chi è indipendente, in genere come requisiti identici all’attestatore di concordato). Di solito è un esperto iscritto all’albo dei gestori crisi o un revisore con esperienza.
- Forma dell’attestazione: è una relazione scritta e motivata, datata e firmata, allegata alla convenzione al momento della comunicazione ai creditori non aderenti. Non va depositata in tribunale a meno di opposizione (allora la si produrrà lì come doc). È opportuno farla con rigore perché se viene impugnato l’accordo, la prima cosa che un creditore contesterà è magari l’attestazione (es. “inattendibile, non considerava X”).
- Senza attestazione, la convenzione non è in regola e i creditori estranei non possono essere vincolati. Un eventuale oppositore direbbe subito: manca lettera d, dunque niente efficacia erga omnes.
Oltre a queste quattro condizioni principali, la legge, come visto, aggiunge alcune garanzie integrative:
- Divieto di imporre nuove prestazioni ai non aderenti (già discusso, art. 62 co.3). Questo delimita l’effetto della convenzione: per i dissenzienti valrà solo come divieto di aggressione e slittamento scadenze, ma non li obbliga a fare credito o altro.
- Comunicazione ai non aderenti mediante raccomandata o PEC (art. 62 co.4). Questa è condizione procedurale: se il debitore non comunicasse correttamente, il termine per opporsi non decorre e il creditore potrà opporsi tardivamente (e presumibilmente vincere perché la mancata comunicazione violerebbe la condizione a e il diritto di difesa). Quindi, de facto, la comunicazione tempestiva è parte delle condizioni.
- Rispetto del termine di 30 giorni per le opposizioni: si considera efficacia erga omnes consolidata solo trascorso tale termine senza ricorsi. Tuttavia, se un creditore dormiente non oppone entro 30 gg, poi non potrà più farlo (decadenza).
- Competenza e rito: come detto, il tribunale decide in camera di consiglio con sentenza, reclamo art. 51 CCII. Questi sono aspetti di regime processuale più che condizioni, ma da seguire. Ad es. se per errore un creditore propone opposizione dopo 40 giorni, verrà dichiarata inammissibile perché tardiva.
Se tutte le condizioni (a, b, c, d) sono rispettate, la convenzione ha i requisiti per essere efficace anche verso la minoranza. Qualora anche una sola condizione difetti, i creditori dissenzienti potranno far valere l’inefficacia nei loro confronti.
Ad esempio:
- Se un creditore prova che non fu informato delle trattative (violazione a), il tribunale probabilmente escluderà quell’creditore dall’estensione.
- Se la soglia del 75% non è realmente raggiunta (magari un credito era conteggiato male e in realtà era il 73%), l’estensione non può operare: l’accordo rimarrà inter partes e i non aderenti non saranno vincolati, perché la base legale dell’erga omnes cade.
- Se il test di convenienza non è soddisfatto per un dissenziente (lo peggiora), quell’interessato potrà opporsi con fondatezza e bloccare l’estensione a sé.
- Se manca l’attestazione, addirittura la convenzione non dovrebbe neppure esser comunicata come vincolante – qualora erroneamente il debitore procedesse lo stesso, il creditore può fregarsene e agire: se portato in giudizio, il giudice confermerà che quell’accordo non era efficace erga omnes, mancando un requisito essenziale.
In pratica, il rispetto scrupoloso di queste condizioni è ciò che rende la convenzione di moratoria uno strumento robusto e allineato alle garanzie concorsuali. Per questo, nella predisposizione, gli advisor legali prestano estrema attenzione a documentare e garantire il rispetto dei punti a) e b) specialmente, mentre l’attestatore copre c) e d).
Un ulteriore limite legale generale: ovviamente l’accordo non deve contravvenire a norme imperative di ordine pubblico al di là della sua disciplina specifica. Ad esempio, non potrebbe contenere clausole palesemente abusive (anche se difficilmente, essendo negoziato tra soggetti qualificati). Inoltre, se l’impresa poi non rispetta l’accordo e fallisce, pagamenti eseguiti in costanza della moratoria potrebbero essere soggetti a revocatoria fallimentare? In linea di massima, la moratoria mira a non effettuare pagamenti, quindi riduce il rischio di atti revocabili (che sarebbero i pagamenti preferenziali). Tuttavia, c’è da riflettere: se l’accordo consente di pagare alcuni creditori estranei o particolari (ad es. fornitori critici) e poi si fallisce, quei pagamenti potrebbero essere attaccati come preferenziali verso quei creditori (fatti con coscienza di insolvenza). La moratoria di per sé non sterilizza la legge fallimentare sui pagamenti effettuati. Quindi attenzione: l’impresa se paga qualcuno e non altri grazie all’accordo, deve essere consapevole che se il risanamento non riesce, quei pagamenti potrebbero essere revocati dal curatore.
Durata e rinnovo della moratoria come limite implicito: Un aspetto non codificato è se la moratoria possa durare qualunque tempo. Teoricamente sì, le parti potrebbero concordare anche 2-3 anni di standstill. Tuttavia, essendo definita misura temporanea, di solito le durate sono contenute (6 mesi, 1 anno, a volte 2 anni in casi eccezionali). È opportuno che la durata sia ragionevole e commisurata agli obiettivi. Durate eccessive potrebbero essere viste con sospetto da creditori o giudici, perché se la crisi non è risolta in quell’arco, la convenzione rischia di cronicizzare la crisi anziché risolverla. Inoltre i creditori dissenzienti potrebbero opporsi sostenendo che tenerli bloccati troppo a lungo li pregiudica indirettamente (anche se formalmente li pagherai, intanto perdono opportunità, ecc., ma su quello il test c) non cattura l’aspetto del tempo). Ad ogni modo, la prassi è di solito di 6-12 mesi, rinnovabili eventualmente con nuovo accordo se c’è progresso.
Sintesi delle condizioni principali:
- (a) Trasparenza: tutti i creditori coinvolti informati e con stesse informazioni.
- (b) Consenso ≥ 75% per categoria: forte maggioranza di valore.
- (c) Nessun pregiudizio per dissenzienti vs fallimento: tutela economica del dissenziente.
- (d) Attestazione indipendente che assevera i dati e la convenienza: controllo tecnico terzo.
Queste condizioni concorrono a bilanciare l’eccezionalità di un contratto che vincola terzi: solo se c’è forte accordo tra la quasi totalità dei creditori e se chi resta fuori non viene danneggiato, allora l’ordinamento tollera la deroga alla relatività contrattuale. In mancanza, prevale la regola generale e ciascun creditore rimane libero nelle proprie azioni.
Effetti della convenzione di moratoria
Una volta perfezionata e (se del caso) superata la fase di eventuali opposizioni, la convenzione di moratoria produce i suoi effetti vincolanti sulle parti. Tali effetti vanno analizzati distinguendo la posizione dei diversi soggetti coinvolti:
Effetti per l’impresa debitrice:
- Innanzitutto, la debitrice ottiene l’effetto principale di sollievo finanziario: durante la vigenza della moratoria, non è tenuta a pagare i debiti oggetto dell’accordo alle scadenze originarie. Le date di pagamento vengono posticipate secondo il nuovo calendario convenuto. Ad esempio, se rate di mutuo erano previste mensilmente, vengono temporaneamente sospese e riprenderanno dopo la moratoria oppure a scadenza unica finale; se fatture fornitori erano scadute, la moratoria ne differisce l’esigibilità al termine stabilito. Ciò significa che il debitore conserva liquidità che altrimenti avrebbe dovuto impiegare per quei pagamenti, potendola destinare alle esigenze urgenti di continuità aziendale (stipendi correnti, acquisto materie prime, ecc.) o accantonarla in attesa di definire la crisi.
- La moratoria comporta anche una tregua sul piano legale: i creditori aderenti, e i dissenzienti vincolati, si impegnano a sospendere/levar mano dalle azioni esecutive e cautelari. Pertanto, il debitore non subisce pignoramenti sui beni o sul conto corrente da parte di quei creditori durante il periodo concordato, non vede procedure esecutive attive (se c’erano aste in calendario, i creditori sospendono le operazioni in accordo tra le parti, oppure formalmente rinunciano agli atti esecutivi e li potranno riprendere dopo la moratoria se del caso). Questo consente all’impresa di operare senza l’incubo di vedersi sottrarre asset chiave o di dover affrontare costi legali di difesa su più fronti.
- L’accordo spesso prevede che il debitore sia al riparo da istanze di fallimento da parte dei creditori aderenti: questi di fatto rinunciano all’azione concorsuale per la durata della moratoria. Attenzione, però: se un creditore estraneo non è vincolato, potrebbe presentare istanza di fallimento. In tale caso, il debitore può opporre al tribunale l’esistenza di trattative avanzate e di un accordo con la maggioranza, chiedendo un rinvio. Non c’è una norma automatica di sospensione come per concordato in bianco, ma un giudice fallimentare tendenzialmente terrà conto della presenza di una convenzione di moratoria in essere, come segno che c’è un tentativo di risanamento in corso supportato dai principali creditori. Molte volte in pratica i creditori minori non aderiscono formalmente ma neanche corrono a fare istanza di fallimento se vedono che le banche (ad esempio) stanno sostenendo la moratoria. Dunque, indirettamente, l’azienda ottiene una protezione generale.
- L’impresa debitrice rimane però vincolata agli impegni assunti nell’accordo. Quindi l’effetto “liberatorio” dai pagamenti è condizionato al rispetto di condizioni: ad esempio, l’azienda dovrà fornire regolarmente il reporting mensile ai creditori, aprire le sue sedi a eventuali ispezioni del perito dei creditori, attuare eventuali misure di risanamento promesse (es. procedere alla vendita di un immobile se previsto). Inoltre, l’impresa in moratoria di solito si obbliga a non aggravare la propria esposizione: tipicamente c’è un impegno a non contrarre nuovi debiti oltre un certo limite senza autorizzazione dei creditori (per evitare che bruci liquidità in nuove obbligazioni mentre non paga le vecchie) e a non creare garanzie preferenziali in favore di qualcuno. Questi obblighi tengono la debitrice in una sorta di “amministrazione controllata volontaria”: agisce ma sotto la sorveglianza dei creditori.
- Un effetto contabile: durante la moratoria, il debitore continua ad accumulare eventuali interessi (se non condonati) sui debiti sospesi, ma li contabilizza come oneri finanziari futuri. Il bilancio rifletterà la situazione di debito scaduto ma con accordo di moratoria. Spesso, in nota integrativa, si spiega che grazie all’accordo con creditori tal dei tali, quelle passività non sono esigibili fino a X data. Questo può incidere su valutazioni di continuità aziendale nel bilancio: la presenza di moratoria può permettere di redigere il bilancio in continuità quando altrimenti i debiti scaduti l’avrebbero impedito, perché c’è un accordo di standstill in atto.
- L’impresa ottiene quindi tempo prezioso per implementare il suo piano di rilancio: l’effetto forse più importante è che può concentrarsi sul risanamento operativo (taglio costi, riorganizzazione, investimenti se possibili, cessione rami d’azienda) senza dover reagire giorno per giorno a decreti ingiuntivi o pignoramenti.
Effetti per i creditori aderenti:
- I creditori che hanno sottoscritto l’accordo sono ovviamente vincolati agli impegni in esso contenuti. Essi rinunciano temporaneamente ad esercitare i loro diritti di credito secondo le scadenze originarie. In pratica, l’adesione comporta un “autovincolo”: il creditore aderente non può, durante la moratoria, richiedere coercitivamente il pagamento, né far valere in giudizio il mancato pagamento come inadempimento, né escutere eventuali garanzie (salvo patto contrario per i garanti, come visto). Qualsiasi atto compiuto in violazione dell’accordo sarebbe un inadempimento contrattuale da parte sua. Per esempio, se nonostante l’accordo una banca aderente tentasse un pignoramento, il debitore potrebbe rivolgersi al giudice per far valere il pactum de non petendo e bloccare l’azione, oltre a chiedere risarcimento danni per violazione contrattuale.
- I creditori aderenti congelano dunque le proprie pretese: il credito non viene meno, ma ne differiscono l’esigibilità. A livello contabile, la banca o il fornitore aderente probabilmente classificherà quel credito come “ristrutturato” e potrebbe dover accantonare delle riserve per il rischio (specie le banche secondo le regole IFRS potrebbero spostare il credito in stage 2 o 3 se rilevano un default del debitore, anche se c’è moratoria). Questo è un aspetto gestionale interno del creditore, non tocca la validità dell’accordo ma spiega che gli aderenti accettano un certo rischio e onere finanziario (il tempo perso ha un costo opportunità e eventuale valore attuale ridotto, anche se recupereranno interessi).
- In virtù dell’accordo, i creditori aderenti beneficiano di eventuali impegni di tutela: ad esempio, se l’azienda ha offerto garanzie aggiuntive come pegni su beni, loro ne usufruiranno. Oppure se c’è una clausola di pari passu, hanno la sicurezza che il debitore non pagherà altri creditori di pari rango prima di loro al di fuori dell’accordo (o se lo farà con loro consenso).
- Hanno anche diritto a monitorare l’andamento: solitamente possono richiedere informazioni periodiche e avere incontri di follow-up con l’azienda per vigilare che il piano stia procedendo. Quindi acquistano una posizione un po’ più attiva che nel credito tradizionale: diventano quasi partner temporanei del risanamento, potendo intervenire se la situazione deraglia (ad es. clausole di termination: se gli indicatori finanziari peggiorano oltre X, l’accordo può essere ridiscusso).
- Qualora il debitore non rispetti gli obblighi (es. non presenta le situazioni contabili periodiche o compie un atto non consentito), i creditori aderenti possono dichiarare risolto l’accordo (generalmente dopo una messa in mora formale e un periodo di grazia se previsto). Una volta dichiarata la risoluzione, tutti i loro diritti originari rivivono immediatamente e possono agire (spesso l’accordo specifica che in caso di risoluzione i termini di prescrizione e decadenza – eventualmente sospesi durante la moratoria – riprendono a decorrere).
- D’altra parte, i creditori aderenti non possono lamentarsi del ritardo nei pagamenti in sé, avendo acconsentito. Quindi, per quel periodo, sospendono la facoltà di iscrivere a sofferenza il debitore per quei crediti (nel senso che se c’è un accordo valido, il mancato pagamento non è “inadempimento” ma adempimento posticipato). Questo li tutela anche in procedure concorsuali: se poi c’è un concordato, il periodo di moratoria essendo pattuito con tutti, difficilmente genererà azioni risarcitorie.
- In definitiva, i creditori aderenti sacrificano la tempestività della soddisfazione in cambio della prospettiva di una soddisfazione migliore o integrale successivamente, confidando che la moratoria permetta il salvataggio dell’impresa o una migliore ristrutturazione. Hanno accettato consapevolmente il rischio.
Effetti per i creditori non aderenti vincolati (dissenzienti nella categoria):
- Questi creditori, pur non avendo firmato, subiscono gli effetti dell’accordo in virtù della legge, a patto – come detto – che tutte le condizioni siano rispettate e che non abbiano presentato opposizione vittoriosa. Ciò significa che essi non possono esigere il pagamento dei loro crediti fino alla scadenza della moratoria, esattamente come se fossero aderenti. Per esempio: un fornitore Alfa non aderente ha un credito scaduto di 1000€; se la convenzione prevede che tutti i fornitori di quella categoria vengano pagati dopo 6 mesi al 100%, Alfa deve attendere 6 mesi per essere pagato. Non può pretendere prima né attivare recuperi forzosi.
- Inoltre, tali creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari durante la moratoria, se l’accordo prevedeva la sospensione delle medesime (il che è implicito). Quindi, se Alfa aveva già un pignoramento in corso, deve fermarsi (verosimilmente gliel’avranno notificato con l’accordo; se non si ferma, il debitore può rivolgersi al giudice dell’esecuzione e far sospendere invocando l’efficacia dell’accordo). Se Alfa non aveva azioni in corso, comunque non ne può iniziare di nuove: se tentasse di fare decreto ingiuntivo, il debitore avrebbe titolo per farlo dichiarare improcedibile in quanto il credito non è al momento esigibile per effetto dell’accordo ex lege.
- Questi creditori non devono compiere atti positivi (nuovi finanziamenti ecc.), come già detto: quindi non li si può costringere a tenere aperto un fido. Su questo punto specifico: se Alfa aveva un contratto di fornitura in essere con consegne periodiche e la moratoria coinvolge i pagamenti arretrati, può Alfa sospendere le forniture future se non viene pagato? La convenzione non potrebbe imporgli di continuare a fornire senza pagamento (sarebbe nuova prestazione). Quindi Alfa potrebbe dire: “ok non mi paghi ora quelle vecchie, ma io non ti consegno altro finché non paghi qualcosa”. E ha il diritto contrattuale di farlo, salvo patti contrari. Dunque il debitore deve stare attento: se lascia fuori un fornitore strategico e lo vincola solo a non farsi pagare il vecchio ma questo smette di servirlo, l’azienda rischia comunque. Perciò in pratica conviene includere i fornitori essenziali e magari prevedere per essi almeno pagamenti parziali per le forniture correnti in contanti, altrimenti l’accordo di moratoria risolve un problema e ne crea un altro (mancato approvvigionamento).
- Un creditore non aderente vincolato non è parte contrattuale, quindi paradossalmente non può far valere l’accordo in giudizio attivamente (non potrà dire “devi rispettare quell’altro impegno che hai preso” perché quell’altro impegno è un obbligo che il debitore ha verso i firmatari – se però quell’impegno era di natura generale come non creare nuove garanzie a scapito di par condicio, lui ne beneficia indirettamente). In sostanza, il dissenziente vincolato è in una posizione di mero destinatario passivo di un effetto: non paga costi, ma neanche ha voce sulle modifiche dell’accordo. Se i creditori aderenti decidono di prorogare la moratoria di altri 3 mesi, possono farlo pattuendolo e vincoleranno ancora i dissenzienti (purché credo rifacendo il processo di comunicazione e con eventuale nuova attestazione se serve).
- I creditori dissenzienti vincolati conservano il diritto di opposizione giurisdizionale entro i 30 gg iniziali: dopo, se non esercitato, essi devono subire l’accordo. Se però emergesse che l’accordo era viziato per dolo o errore, avrebbero altre tutele? Difficile, non essendo contratti da loro sottoscritti. Potrebbero ad esempio scoprire che il debitore ha fornito dati falsi e l’attestatore non se n’è accorto, e che se avessero saputo non sarebbero rimasti passivi: a quel punto potrebbero provare a revocare l’accordo ex art. 139 cod. pen… no, quello è penale, intendo dire risolvere l’efficacia per illiceità. Forse potrebbero, in caso di frode, chiedere la risoluzione proprio per sopravvenuta scoperta di false attestazioni, ma non c’è disciplina specifica. In un concordato, se emergono dati falsi, c’è la revoca dell’omologa. In una convenzione, se emergono falsità, i creditori possono cercare di far dichiarare inefficace quell’accordo per mancanza della condizione di veridicità (che era attestata erroneamente). Ciò magari attraverso un’opposizione tardiva ex art. 98 L. Fall analogicamente? Non è previsto, ma se la falsità è rilevante, potrebbero presentare istanza di fallimento sostenendo che quell’accordo è irrilevante perché viziato da dolo. Sicuramente scatterebbero responsabilità per l’attestatore e potenzialmente per gli amministratori per frode.
- Una volta terminata la moratoria, il creditore non aderente vincolato riacquista pienamente i suoi diritti: se l’azienda non lo paga alle nuove scadenze, potrà agire come di consueto. Se l’azienda nel frattempo ha presentato un concordato, lui parteciperà a quella procedura con i soliti diritti di voto etc.
- Un potenziale vantaggio per i dissenzienti: grazie alla moratoria, la situazione dell’impresa potrebbe migliorare e aumentare il tasso di recupero del loro credito finale. Quindi, sebbene subiscano un’attesa non voluta, potrebbero trarne beneficio in outcome. Questo giustifica l’imposizione: si presume che non peggiora il loro recupero e anzi in caso di successo del risanamento, potranno essere soddisfatti integralmente (cosa che in un fallimento iniziale forse no). In tal senso, la convenzione li protegge dal default immediato del debitore, che spesso li avrebbe visti perdere molto.
Effetti per eventuali creditori estranei (di altre categorie non vincolati):
- Se vi sono creditori che non rientrano in alcuna categoria interessata dall’accordo (ad esempio l’impresa ha anche un debito con un fornitore minoritario che non è stato inserito in moratoria perché l’azienda preferisce pagarlo regolarmente), costoro non sono toccati dall’accordo. Continuano ad avere diritto alla loro prestazione alla scadenza pattuita, e se l’impresa non paga, possono agire. L’esistenza di una moratoria con altri creditori non impedisce a costoro di promuovere azioni esecutive. Quindi l’impresa deve attivamente gestire tali rapporti: il più delle volte, se sono piccoli, conviene pagare quei creditori per non avere rogne. Oppure, se non può pagarli, allora sarebbe stato opportuno includerli in un’altra moratoria o in una categoria. Ma se li ha esclusi perché minoritari e confidava di gestirli in altro modo, è rischioso.
- Una particolare sottocategoria: creditori post-moratoria. Se durante la moratoria l’impresa contrae nuovi debiti (ad esempio continua a comprare forniture o ottiene un piccolo nuovo prestito emergenziale garantito), quei nuovi creditori nascono fuori dall’accordo e non sono vincolati. Tuttavia, l’accordo potrebbe contenere clausole che limitano il debito nuovo. Comunque, se ci sono e l’impresa non paga nemmeno i nuovi (rischio alto in crisi), costoro potrebbero aggredire. In genere, i creditori che concedono nuovo credito in pendenza di una moratoria lo faranno solo se garantiti (magari dal FITD o da altri) o se vedono ragionevoli possibilità di rimborso preferenziale (questo tocca temi di finanziamento prededucibile che nel contesto di moratoria non c’è automatismo, a differenza del concordato). È un’area delicata: la legge non prevede prededucibilità dei crediti sorti in moratoria, perché non è procedura concorsuale. Quindi un fornitore che consegna beni durante la moratoria ha posizioni di nuovo creditore chirografario normalissimo. Egli potrebbe avere timori e pretendere pagamenti per contanti anticipati, altrimenti no deal. Quindi, la vita commerciale del debitore durante la moratoria può essere un po’ complicata: i partner commerciali, sapendo che l’azienda ha sospeso pagamenti del passato, potrebbero richiedere condizioni più stringenti sul nuovo (pagamento immediato, etc.). L’effetto sull’impresa qui può essere negativo se non ben gestito.
Effetti sulla decorrenza di termini e prescrizioni:
- In linea di massima, un accordo di moratoria costituendo ricognizione e rinegoziazione di debito, interrompe la prescrizione dei crediti (in quanto riconoscimento del debito e pattuizione nuova). Inoltre, spesso si concorda che la prescrizione resti sospesa durante la moratoria. Non è scritto nella legge, ma è implicito che i creditori non perdano il diritto per prescrizione, essendoci un accordo. Siccome la prescrizione ordinaria è 5 anni per forniture, 10 per mutui, e la moratoria raramente li supera, non è un gran problema. Però per scrupolo contrattuale, si inserisce che “il termine di prescrizione dei crediti oggetto di convenzione resta sospeso per la durata della stessa”. Ciò li tutela.
Interazione con eventuali procedure concorsuali successive:
- Se la moratoria ha successo, spesso viene seguita da un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 57) oppure da un concordato preventivo o piano attestato di risanamento che formalizza la soluzione finale. In tal caso, i creditori aderenti e dissenzienti confluiranno in quell’altra procedura. La moratoria si estinguerà nel momento in cui quel nuovo accordo viene concluso/omologato, perché sarà assorbita dagli effetti del nuovo titolo (e.g., se un concordato è omologato, i creditori verranno soddisfatti secondo quello e non ha più senso la vecchia moratoria).
- Se la moratoria fallisce e l’azienda finisce in liquidazione giudiziale (fallimento), i creditori partecipano al concorso. Le somme non pagate durante la moratoria restano dovute. Infallibile se un creditore ha tollerato di non incassare per un anno e intanto l’attivo dell’azienda è diminuito, beh ne paga conseguenze anche lui (ma non peggiorato oltre liquidazione a data convenzione – test c, idealmente).
- C’è un tema: i crediti maturati durante la moratoria (interessi contrattuali maturati nel frattempo, canoni leasing per il periodo se erano sospesi): questi vengono considerati dal fallimento come crediti concorsuali? Sì, perché sono maturati prima dell’apertura. Ma i creditori chiederanno di ammettere il capitale + questi interessi. Nel fallimento, però, maturano interessi solo fino all’apertura, e se ipotecari poi oltre se capienza. Quindi si ragiona come normale.
- Se prima della fine della moratoria il debitore presenta ricorso per concordato preventivo, la convenzione può convivere con le misure protettive di quell’altra procedura. Anzi, i creditori che erano in moratoria di solito voteranno poi a favore del concordato proposto (che magari attua il piano definito in moratoria).
- Una curiosità: se il debitore vuole depositare un concordato in bianco per proteggersi anche dai creditori fuori moratoria, potrebbe farlo durante la moratoria. Ciò attiverebbe misure protettive legali generali. Non viola la moratoria (che è di comune accordo con altri), ma magari i creditori aderenti non gradirebbero perché perderebbero il controllo (nel concordato poi decide il giudice). In quell’eventualità, l’accordo di moratoria non prevede di solito divieto di presentare concordato (non l’ho visto come clausola, ma potrebbero inserirla “il debitore non propone domanda di concordato salvo accordo dei creditori” – possibile che i creditori lo chiedano). Perché se entra in concordato, la convenzione come si pone? Diventa inutile, perché quellli che sono in accordo comunque verranno trattati dal concordato. Forse la userebbero come piano di concordato.
- Se l’azienda è poi ammessa ad amministrazione straordinaria (grandi imprese insolventi), pure qui la moratoria verrebbe travolta dal sopravvenire di procedura pubblica.
Riassumendo gli effetti con un occhio ai vari soggetti:
- Debitore: non deve pagare (sollievo temporaneo), è protetto da azioni esecutive dei vincolati, deve però rispettare obblighi e vigilare su creditori esclusi dall’accordo.
- Creditori aderenti: pazientano senza agire, mantengono i loro diritti per dopo, controllano l’azienda, confidano di ottenere soddisfazione migliore alla fine.
- Creditori dissenzienti vincolati: costretti ad attendere, non possono agire, ma mantengono diritto al trattamento almeno pari al fallimento, e non sono obbligati a fare null’altro. Dovranno essere pagati come se avessero aderito se tutto va bene.
- Creditori estranei: liberi di agire e pretendere. (rischio per il debitore).
- Garanti: se non inclusi, possono vedersi richiesto il pagamento; meglio se inclusi con rinuncia degli aderenti a escuterli, se no i creditori estranei potrebbero rifarsi su di loro subito.
Tabella degli effetti principali:
Per maggiore chiarezza, presentiamo una tabella che sintetizza gli effetti della convenzione di moratoria sui diversi soggetti:
In sintesi, la convenzione di moratoria crea un temporaneo regime di “pace armata”: i creditori sospendono le ostilità e l’impresa sospende i pagamenti, in vista di una soluzione comune. Durante questo periodo, i creditori sono protetti dall’impegno reciproco (nessuno corre per primo a pignorare lasciando gli altri indietro), e l’impresa è protetta dal collasso immediato. Tutto ciò a patto che si rimanga nei limiti concordati: la fiducia reciproca (vigilata da clausole) è fondamentale. Se si spezza, l’accordo cessa e si torna al “si salvi chi può”.
È importante sottolineare che la convenzione di moratoria non cancella i debiti né li riduce: li rende soltanto temporaneamente “in sonno”. Pertanto, dal punto di vista giuridico, trascorso il periodo di moratoria, il rapporto creditore-debitore riprende come da accordo. Se nel frattempo, come auspicato, si è predisposta un’altra soluzione (accordo ex art. 57 o concordato), i crediti verranno trattati in quell’ambito con eventuali riduzioni e ristrutturazioni definitive. La moratoria in sé è neutra sul capitale del debito (nessuna remissione, salvo eventuale rinuncia a interessi di mora per il periodo).
Un ultimo effetto degno di nota: sul piano aziendale interno, la moratoria può avere un impatto anche su altri stakeholder:
- Dipendenti: vedere che i principali creditori hanno accordato fiducia può rassicurare il personale e prevenire dimissioni di massa o calo di produttività.
- Clienti: se la notizia trapela (a volte è riservata, ma spesso si sa nell’ambiente), i clienti potrebbero trarre conforto dal fatto che l’azienda non è fallita e sta negoziando con banche, quindi potrebbe superare la crisi.
- Mercato: se l’impresa è grande, l’accordo di moratoria può avere riflessi sulla sua reputazione creditizia (in fondo è un quasi default, però “gestito”). Spesso ci sono comunicati stampa quando si raggiungono accordi standstill importanti, per informare investitori o fornitori chiave.
D’altro canto, non risolve i problemi strutturali: se l’impresa era decotta, passati X mesi di moratoria sarà decotta uguale o peggio. La moratoria è un’opportunità, non la cura in sé.
Con questo abbiamo delineato il quadro degli effetti giuridici e pratici della convenzione di moratoria. Passiamo ora a considerare come questo strumento viene concretamente utilizzato in alcuni settori e scenari tipici, con esempi e casi di studio.
Casi di studio pratici e applicazione nei diversi settori
Per comprendere meglio l’utilità e il funzionamento della convenzione di moratoria, è istruttivo esaminare casi pratici di applicazione in vari contesti settoriali. Ogni settore economico presenta infatti dinamiche di indebitamento e tipologie di creditori diverse, che influenzano il modo in cui può essere strutturata una moratoria. Di seguito presentiamo alcuni scenari ipotetici ma realistici, illustrando come la convenzione di moratoria può essere impiegata e quali risultati produce.
Caso 1: Industria manifatturiera (PMI metalmeccanica)
Scenario: La società Alfa S.p.A., impresa metalmeccanica con 150 dipendenti, vive una crisi di liquidità dovuta al calo degli ordini e all’aumento dei costi delle materie prime. Ha debiti bancari per 5 milioni (mutui e anticipi fatture con 4 banche), debiti verso fornitori per 2 milioni (circa 30 fornitori, ma 5 di essi coprono il 70% del totale), e debiti fiscali e contributivi per 800 mila euro (IVA e INPS non pagati negli ultimi mesi). Le banche minacciano di revocare gli affidamenti e alcuni fornitori critici hanno iniziato a consegnare solo contro pagamento anticipato. L’azienda ha un nuovo piano di rilancio basato su diversificazione di prodotti e ricerca di un socio investitore, ma occorrono 9-12 mesi per implementarlo. Senza ossigeno finanziario immediato, Alfa rischia l’insolvenza conclamata.
Soluzione tramite convenzione di moratoria: Alfa, assistita da un advisor finanziario, convoca un meeting con le 4 banche finanziatrici e propone una moratoria: sospensione per 12 mesi del rimborso dei mutui (quota capitale) e congelamento degli utilizzi su conto corrente (niente rientri forzosi), mantenendo però il pagamento degli interessi correnti trimestrali per mantenere buona fede. Contestualmente, Alfa propone di includere i 5 fornitori principali (crediti totali verso Alfa: 1,4 milioni su 2) in un accordo di standstill: propone di pagarli in tre rate semestrali a partire dal mese 12 (dunque interamente entro 24 mesi), impegnandosi però a pagare regolarmente alla consegna le forniture correnti. I fornitori minori (600 mila totali) Alfa intende pagarli a breve per toglierli di mezzo (magari con uno sconto). Quanto ai debiti fiscali, Alfa prevede di dilazionarli tramite le procedure standard (rateizzazione Equitalia) parallele alla moratoria.
Le banche accettano in linea di principio (preferiscono attendere che scatenare un fallimento dal quale otterrebbero forse il 40% in anni). I fornitori chiave, inizialmente riluttanti, aderiscono quando Alfa offre in garanzia pegno su macchinari e la prospettiva di mantenere gli ordinativi (se Alfa crolla, perdono un cliente importante).
Si definisce così una convenzione di moratoria con due categorie:
- Categoria 1: Banche finanziatrici. Adesione di tutte e 4 le banche, rappresentanti il 100% dei crediti bancari. Termini: moratoria 12 mesi su capitale di mutui; interessi contrattuali pagati alle scadenze; mantenimento fidi di cassa; nessuna revoca garanzie; impegno banche a non escutere garanzie reali e personali (c’è un pegno su magazzino preesistente e fideiussioni dei soci) durante la moratoria.
- Categoria 2: Fornitori strategici. Adesione dei 5 maggiori (90% circa di crediti in questa categoria). Termini: congelamento pagamenti per 12 mesi, poi rate semestrali a 12, 18 e 24 mesi per saldare capitale senza interessi di mora (con accordo quindi di rinuncia a interessi di dilazione); il debitore continua a pagarli per le nuove forniture in contanti per evitar loro sofferenze ulteriori. Concordato pegno su 2 macchinari come garanzia accessoria a favore dei fornitori, da escutere se Alfa non paga alle nuove scadenze.
Viene nominato un professionista attestatore che conferma: i dati di Alfa sono veritieri; la moratoria proposta è coerente con la gestione transitoria (altrimenti la filiera si fermerebbe); i fornitori e banche dissenzienti (non ce ne sono, perché tutti i rilevanti hanno aderito, restano fuori piccoli fornitori pagati a parte) non sarebbero pregiudicati rispetto a fallimento (in fallimento stimato recupero 30%, col piano di rilancio puntano a recuperare 100% se ingresso socio, comunque almeno 40-50% anche in scenario conservativo, dunque meglio attendere).
L’accordo viene formalizzato e, non essendoci creditori dissenzienti significativi nella categoria (i pochi fornitori non aderenti sono stati integralmente pagati prima, quindi la moratoria riguarda solo i 5 aderenti – per loro è volontaria – e le banche tutte aderenti), il problema dell’estensione coattiva non si pone o è minimo. Si comunica comunque l’accordo ai due micro-creditori che non hanno formalmente aderito (ciascuno con poche migliaia di euro, già pagati, quindi irrilevante) e questi ovviamente non oppongono nulla.
Risultati: Alfa ottiene immediatamente un risparmio di cassa: per 12 mesi non paga 500 mila euro di rate mutui annue, e posticipa 1,4 milioni di debiti verso fornitori. Questo 1,9 milioni di liquidità liberata le consente di pagare i piccoli fornitori (togliendo pressioni), pagare stipendi e investire in marketing per nuovi clienti. Le banche mantengono le linee aperte, così Alfa può finanziare il circolante per nuovi ordini. Nel frattempo, con l’aiuto dei consulenti, Alfa avvia ricerca di un partner: al 8° mese individua Beta S.r.l. interessata a entrare nel capitale. Beta condiziona l’investimento alla formalizzazione di una ristrutturazione del debito complessiva. Pertanto, prima della scadenza della moratoria, Alfa predispone un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII: il piano prevede che Beta immetta nuovi fondi per 1 milione, con cui pagare i fornitori rimasti e ridurre i mutui; le banche accettano di allungare i mutui di altri 2 anni e ridurre il tasso; i fornitori strategici ottengono il pagamento del 100% come da accordo ma magari convertendo parte in capitale di Beta (sono ipotesi). L’accordo viene omologato dal tribunale. In virtù di questo, la moratoria cessa e viene sostituita dall’accordo omologato, chiudendo positivamente la crisi.
Se invece Beta non si fosse fatta avanti, Alfa aveva comunque un Piano B: presentare un concordato preventivo in continuità durante il mese 10 se non avesse trovato investitore, usando i mesi finali della moratoria per gestire la procedura concorsuale.
Commento: In questo caso industriale, la convenzione di moratoria ha permesso:
- di coinvolgere con un unico accordo sia creditori finanziari sia fornitori (entrambi cruciali per l’azienda: le banche per liquidità, i fornitori per continuare la produzione),
- di evitare che anche uno solo dei grandi fornitori interrompesse la fornitura (il che avrebbe fermato la produzione), creando un fronte comune di supporto,
- di dare un segnale di coesione e fiducia nel risanamento (tutti i principali stakeholder hanno accettato di attendere),
- di guadagnare un anno di tempo, poi sfruttato efficacemente per trovare un partner e varare un piano definitivo.
Senza la moratoria, Alfa probabilmente avrebbe subito revoche di fidi e decreti ingiuntivi a raffica, perdendo la fiducia anche di Beta e dovendo dichiarare fallimento entro pochi mesi.
Dal lato dei creditori: le banche hanno evitato di svalutare immediatamente i crediti e, grazie al piano successivo, hanno contenuto le perdite; i fornitori hanno salvato un cliente e recuperato integralmente i loro crediti (anche se in ritardo). Molti di loro hanno continuato a vendere materiali ad Alfa (se Alfa fosse fallita, avrebbero perso anche le vendite future). Questo mostra come la moratoria può creare un win-win condizionato al risanamento.
Caso 2: Impresa edile (settore costruzioni)
Scenario: Beta Costruzioni S.r.l., impresa edile medio-piccola, ha in corso 3 cantieri per costruzioni residenziali, ma è in difficoltà: uno dei committenti (privati) ha ritardato i pagamenti avanzamento lavori, generando un effetto domino. Beta ha anticipato stipendi e fornitori ma ha esaurito la cassa. Risultano debiti verso:
- Banche: 1,2 milioni (scoperto di conto, mutuo ipotecario su magazzino materiali, e finanziamento per acquisto macchinari).
- Fornitori materiali edili e subappaltatori: 800 mila (molti piccoli artigiani locali).
- Debiti tributari: 200 mila (ritenute e IVA).
Beta rischia azioni legali dai subappaltatori (alcuni hanno iscritto decreti ingiuntivi) e la Cassa Edile minaccia di escutere polizze. Per completare i cantieri servono 6 mesi ancora, dopodiché incasserebbe i pagamenti finali dagli acquirenti degli immobili (che coprirebbero il 100% dei debiti).
Soluzione: Beta decide di ricorrere alla composizione negoziata della crisi (strumento introdotto nel 2021): tramite la piattaforma, ottiene la nomina di un esperto indipendente. Pubblica la nomina al Registro Imprese e contestualmente richiede misure protettive per 90 giorni: il tribunale gliele concede, sospendendo eventuali azioni esecutive dei creditori (questo ferma i subappaltatori che stavano pignorando i conti). Durante questi 3 mesi, con l’aiuto dell’esperto, Beta convoca i creditori:
- Le banche (2 banche locali) sono disponibili a un accordo se Beta dà trasparenza sul piano: Beta spiega che incasserà circa 2 milioni a fine cantieri e potrà pagare tutti, chiede solo tempo.
- I fornitori/subappaltatori, che sono una ventina, sono arrabbiati ma l’esperto li raggruppa e fa presente loro che se fanno fallire Beta, i lavori resteranno incompiuti e loro recupereranno forse il 20%, mentre se collaborano e i cantieri finiscono, potranno essere saldati quasi integralmente. Questo spesso fa breccia nelle imprese locali, che preferiscono aspettare piuttosto che vedere un cantiere bloccato (c’è anche la pressione di clienti finali).
- Si definisce quindi una convenzione di moratoria con due categorie: (1) banche, (2) fornitori/subappaltatori.
Le banche (che hanno garanzie ipotecarie su immobili di Beta) accettano di non escutere ipoteche e di congelare le rate per 6 mesi. I subappaltatori e fornitori accettano di attendere 6 mesi per i pagamenti arretrati, a condizione di ricevere piccoli acconti mensili per coprire almeno i costi vivi (Beta riesce a promettere ciò, attingendo a un fido rotativo fornitole dalla banca proprio per mantenere le attività correnti). - Questa convenzione viene conclusa sotto la supervisione dell’esperto negoziatore. Addirittura, per semplificare, Beta sfrutta la funzione della piattaforma: tramite l’art. 11 D.L.118/2021 (ora art. 23 CCII) propone formalmente una convenzione di moratoria anche digitale per i piccoli creditori: i 5 fornitori sotto 5k di credito vengono invitati tramite portale a tacere per 20 giorni; nessuno si oppone e vengono considerati aderenti per silenzio-assenso.
- Un professionista attestatore (magari lo stesso esperto, se la legge lo consente, o altro nominato ad hoc) redige la relazione ex art. 62.
Si ottiene adesione di creditori rappresentanti l’85% dei debiti di ciascuna categoria (tutti i principali; solo uno subappaltatore con 50k non ha aderito formalmente, ma poi non oppone). L’accordo viene comunicato al subappaltatore dissenziente; l’esperto lo convince a non fare opposizione (gli mostra conti: in liquidazione avrebbe preso forse 10k, così ne vedrà 50k entro pochi mesi).
Risultati: Beta conclude i lavori nei 6 mesi grazie al fatto che:
- i fornitori hanno ripreso a consegnare materiali (tranquillizzati dall’accordo e dall’esperto nominato),
- i subappaltatori hanno continuato a lavorare (preferiscono finire e incassare dopo, piuttosto che fermarsi e incassare zero),
- le banche non hanno tagliato i fidi (anzi una banca, vedendo la tenuta del piano, concede un piccolo nuovo finanziamento ponte garantito dal Fondo PMI, prededucibile in eventuale concordato).
Al termine, Beta consegna gli immobili, incassa i saldi dai clienti e con quell’ingente incasso paga dapprima i subappaltatori e fornitori (anche a quelli che erano estranei), poi regolarizza i debiti tributari, infine rientra verso le banche su rate scadute e riprende a servire mutuo regolarmente.
Tutti i creditori vengono soddisfatti integralmente, con modesto ritardo. L’impresa evita il fallimento, i clienti ottengono le case senza procedure giudiziarie di mezzo, i fornitori mantengono un committente. In questo caso la moratoria è servita da cordone sanitario per completare progetti che generavano cassa.
Commento: Nel settore edile, la convenzione di moratoria è particolarmente utile perché:
- gli asset dell’impresa (cantieri) hanno valore solo se completati; se l’impresa fallisce a metà, i valori crollano,
- i creditori sono spesso interdipendenti (subappaltatori che lavorano nello stesso cantiere),
- le crisi sono spesso temporanee (legate a ritardi incasso SAL) e si risolvono con dilazioni brevi,
- esiste uno strumento come la composizione negoziata che supporta il contesto di trattativa (l’esperto media le tensioni).
Va segnalato che spesso, nel mondo reale, i fornitori edili avrebbero garanzie (privilegio edilizio su immobile) e potrebbero fare azioni rapide; ma nella moratoria loro accettano di aspettare, sapendo che altrimenti quell’immobile in asta non li pagherebbe.
Caso 3: Azienda commerciale (catena retail abbigliamento)
Scenario: Gamma S.r.l. gestisce 10 negozi di abbigliamento. In seguito all’avvento dell’e-commerce e alla pandemia, ha visto calare i fatturati e accumulato debiti. Possiede un importante magazzino di merce invenduta. I debiti sono: 3 milioni verso fornitori di abbigliamento (centinaia di fornitori, ma i primi 20 valgono 50% del totale), 1 milione verso banche (prestiti per allestimenti e scoperti c/c), e 500 mila verso il locatore principale (affitto di 5 negozi). L’impresa è in crisi di modello di business: vorrebbe ristrutturarsi chiudendo alcuni punti vendita e vendendo online, ma serve ridiscutere i contratti d’affitto e smaltire l’invenduto. Senza un accordo, i fornitori minacciano azioni legali su effetti cambiari emessi, e la proprietà degli immobili minaccia sfratti per morosità.
Tentativo di moratoria: Qui la situazione è più complessa per via dell’alto numero di creditori. Gamma tenta una convenzione di moratoria, concentrandosi su:
- Categoria banche: coinvolte 2 banche, ottenibile accordo facilmente (e effettivamente, accettano 6 mesi di moratoria su rate).
- Categoria fornitori merce: troppo frammentati (centinaia). Gamma decide di proporre un accordo solo ai 20 maggiori (che hanno il 50% del debito, gli altri 80 minori verranno pagati con quel minimo di cassa che c’è per evitare contenziosi diffusi). Ai 20 maggiori propone: prendere indietro parte dell’invenduto come reso (riducendo il debito) e per il resto moratoria 6 mesi in attesa che vendite di fine stagione generino liquidità. Alcuni grandi fornitori (soprattutto brand noti) aderiscono perché preferiscono recuperare merce che rivendere altrove piuttosto che incerto incasso; altri invece rifiutano (perché già la merce resa non ha valore, preferiscono incasso). Si prospetta quindi di non raggiungere 75% dei crediti di categoria.
- Categoria locatori (proprietari immobili): 1 grande società immobiliare proprietaria di 5 location (credito affitti arretrati 300k), e altri 5 piccoli proprietari (altri 200k). Gamma cerca un accordo: moratoria 6 mesi affitti e allungamento contratti di locazione di 2 anni (così i proprietari recuperano su più anni). Il grande locatore accetta perché vuol evitare di trovare nuovi conduttori in crisi economica; i piccoli proprietari in due casi non accettano (preferiscono sfrattare e cercare altro affittuario). Quindi in categoria locatori non c’è unanimità ma comunque oltre 75% in valore (il grande da 300k su 500k e due piccoli su cinque accettano, arrivano a 80%).
Gamma formalizza una convenzione di moratoria:
- Banche (aderiscono 100%).
- Locatori (aderiscono creditori per 380k su 500k => 76%, condizione b ok).
- Fornitori: aderenti 15 su 20 contattati, rappresentanti 40% del totale crediti fornitore (non raggiunge 75%).
Qui c’è un problema: formalmente la convenzione su fornitori non è efficace erga omnes nella categoria (perché non c’è quorum). Gamma risolve così: decide di escludere i fornitori dall’accordo ex art. 62 (non potendo soddisfare la condizione b), e gestirli diversamente: con i 15 aderenti firma comunque un accordo privato di attesa (sapendo però che non potrà vincolare i 5 dissenzienti). I 5 fornitori dissenzienti (che hanno 10% del debito totale) minacciano causa; Gamma durante la moratoria ottenuta con banche e locatore (che le ha liberato risorse) paga almeno in parte quei 5 per placarli (magari cede loro un asset, come scaffalature, o li paga con beni).
In parallelo, Gamma predispone un concordato preventivo “di gruppo” al 4° mese di moratoria: infatti la frammentazione creditori la rende più adatta a un concordato che a un accordo stragiudiziale (dove non raggiungeva le maggioranze tra fornitori). Nel concordato propone: chiusura di 5 negozi (risolvendo contratti con i locatori che hanno già accettato moratoria), cessione inventario per pagare i fornitori al 30%, continuazione ridotta su 5 negozi con affitti ridotti concordati col grande locatore, soddisfacimento banche 80% grazie a nuovo socio investitore interessato a rilevare la catena. I creditori votano e approvano il concordato (in classi diverse). Il tribunale omologa.
Risultati: In questo caso la convenzione di moratoria parziale (banche + locatori) è servita a Gamma per:
- evitare lo sfratto immediato da luoghi chiave e il fallimento per i debiti banche,
- guadagnare tempo per preparare un concordato decente con la riduzione di costi fissi,
- trattare con i fornitori in maniera selettiva (ha ridato merce ad alcuni, pagato altri).
Si vede però che, con troppi creditori piccoli, la moratoria contrattuale fatica: Gamma ha dovuto ricorrere a un concordato, che è procedura più adatta a imporre perdite e dilazioni su platee ampie di creditori. La moratoria contrattuale qui è stata complementare e temporanea, non risolutiva di per sé (serviva un taglio dei debiti fornitori impossibile da ottenere extragiudiziale perché l’adesione era bassa e serviva la falcidia del concordato). Tuttavia, senza la moratoria su banche e locazioni, Gamma non sarebbe arrivata viva al concordato – quindi la combinazione è stata vincente.
Commento: Nel retail, spesso la crisi implica rinegoziazione affitti e riduzione debiti fornitori. La moratoria può tamponare la parte affitti (specie con grandi landlord cooperativi) e banche (che preferiscono rientro concordato), ma con tantissimi fornitori difficilmente si raggiungono soglie e accordi uniformi – in questi casi, la strada tipica è il concordato preventivo. I fornitori piccoli tendono a non attivarsi con opposizioni (costose), ma potrebbero comunque creare rumore.
Questi esempi mettono in luce:
- Nei settori industriali e edilizi, la convenzione di moratoria contrattuale ha ottima applicabilità, perché i creditori sono relativamente pochi e ben individuabili, e c’è la prospettiva di recuperarli meglio lavorando insieme.
- Nel settore commerciale/retail, con creditori molto frammentati, la moratoria è più difficile da orchestrare per tutti: spesso si fa un mix, accordo con alcuni grandi e procedura concorsuale per il resto.
- In settori come agricoltura (imprenditori agricoli), la moratoria contrattuale è fattibile e anzi molto utile: pensiamo a un’azienda vinicola sovraindebitata dopo un raccolto andato male – potrebbe accordarsi con banche e fornitori per attendere la vendemmia successiva. E qui i creditori principali sarebbero banche e fornitori di attrezzature (pochi).
- Nel settore dei servizi (es. una società di software in crisi), i debiti principali sono con banche e personale (stipendi arretrati). I dipendenti non possono subire moratoria per legge (vanno pagati), quindi quell’azienda punterebbe a moratoria con banche e fornitori di hardware, e dovrebbe risolvere diversamente con i lavoratori (magari integrandoli in un concordato con prededuzioni per TFR). Moratoria possibile ma parziale.
Caso 4: Agricoltura (piccola azienda agricola)
(Brevemente come esempio aggiuntivo): Delta Azienda Agricola, allevamento bovino, subisce un anno di siccità e aumento costi mangimi. Debiti con banca (mutuo agrario) e consorzio agrario (fornitore mangimi). Qui la convenzione di moratoria è semplice: banca e consorzio sono unici creditori rilevanti, entrambi vogliono continuare a vedere l’azienda viva (la banca perché ha ipoteca su terreni, preferisce non espropriare e svalutare; il consorzio perché è cooperativa di supporto). Quindi facilmente accordano 1 anno di moratoria su rate mutuo e pagamenti forniture, attendendo il raccolto e eventuali contributi pubblici. Delta entro l’anno ottiene un risarcimento assicurativo per siccità e paga tutti. Caso tipico in agricoltura: moratorie “solidali” spesso già avvengono informalmente (consorzi che aspettano, banche che prorogano mutui), e con l’art. 62 CCII possono essere formalizzate con effetti a prova di furbi (ad es. se uno socio del consorzio non sta alle regole, l’accordo vincola tutti i soci-creditori).
Settori e moratorie – considerazioni generali:
- Industria manifatturiera: creditori principali finanziari e fornitori di materie prime/macchinari. Moratoria focalizzata su banche e grossi fornitori; qui l’attestazione deve convincerli che vale la pena mantenere l’impresa in bonis per non perdere un cliente. Spesso collegata a piani industriali di ristrutturazione complessi.
- Edilizia/infrastrutture: creditori subappaltatori e banche, utile per completare opere; questo settore ha visto “accordi di ristrutturazione ad hoc” e la moratoria formalizza standstill tra tanti subappaltatori, a volte con l’intervento della stazione appaltante pubblica (nel CCII c’è anche il “concordato in continuità indiretta con finanza esterna” – oltre tema).
- Commercio/distribuzione: se molti piccoli creditori, la moratoria va combinata con concordato; se catena integrata con pochi grossisti rilevanti, possibile accordo su quelli.
- Servizi (es. trasporti, logistica): creditori tipici: leasing per mezzi, banca per automezzi, carburanti. Moratoria funziona con leasing (possono non ritirare i mezzi per tot mesi) e con fornitori carburante (se c’è uno principale). Anche qui se troppi piccoli, serve concorsuale.
- Agricoltura: come detto, possibile e resa ancor più facile dal contesto consortile; attenzione però: l’imprenditore agricolo era “non fallibile” per definizione, ora può usare convenzione in CCII? Sì, appare di sì. I creditori agrari (banche, consorzi) sono spesso predisposti a dilazioni cooperative (lo faceva già Ismea etc. con moratorie emergenziali).
Simulazione di clausole contrattuali di moratoria
Per dare un’idea concreta, riportiamo alcune clausole semplificate che potrebbero trovarsi in una convenzione di moratoria:
- Oggetto e durata: “Le Parti convengono di sospendere e dilazionare i pagamenti dovuti dalla Società Alfa ai Creditori Aderenti come di seguito specificato. La moratoria avrà efficacia dalla data odierna sino al 31 dicembre 2025. Entro tale data, le obbligazioni pecuniarie della Società verso i Creditori Aderenti restano sospese e non esigibili, fatto salvo quanto diversamente previsto per gli interessi come infra.”
- Dilazione dei pagamenti: “I crediti chirografari vantati dai Fornitori Aderenti (elencati nell’Allegato A) per un importo complessivo di € 500.000 saranno rimborsati in 3 rate di pari importo alle seguenti scadenze: 30/06/2025, 31/12/2025, 30/06/2026. Fino a tali date, la Società non sarà considerata in mora e i Fornitori Aderenti sospendono ogni pretesa di pagamento.”
- Sospensione azioni esecutive: “Ciascun Creditore Aderente si asterrà dal promuovere o proseguire azioni esecutive, ingiuntive o cautelari nei confronti di Alfa per tutta la Durata della Moratoria. In particolare, Banca X non darà corso all’escussione della fideiussione prestata dal socio di Alfa né all’iscrizione di procedure esecutive sui beni mobili ed immobili di Alfa, fatti salvi gli atti conservativi urgenti volti a mantenere intatte le proprie ragioni (che dovranno comunque essere concordati con gli altri Creditori).”
- Mantenimento delle linee e contratti in essere: “Banca X e Banca Y manterranno operative le linee di fido autoliquidanti attualmente in essere (castelletto SBF e anticipo export) fino al termine della Moratoria, rinunciando espressamente al diritto di recesso ad nutum su tali relazioni, salvo giusta causa. Il Fornitore Z si impegna a proseguire la fornitura di materie prime alle condizioni contrattuali vigenti, senza poter rifiutare consegne per il solo motivo delle pregresse esposizioni oggetto della presente Moratoria, fermo restando il diritto di sospendere la fornitura in caso di nuovi inadempimenti relativi alle forniture correnti.”
- Interessi: “Sugli importi capitali oggetto di moratoria non matureranno interessi di mora per il periodo di sospensione. Le Banche Aderenti avranno diritto al pagamento degli interessi contrattuali ordinari sulle rate di mutuo sospese, calcolati alle scadenze originarie ed esigibili unitamente alla prima rata a scadere dopo il termine della Moratoria (ovvero, tali interessi saranno capitalizzati al 01/01/2026).”
- Informative e monitoraggio: “Alfa si impegna a trasmettere ai Creditori Aderenti, con cadenza mensile, un rapporto sull’andamento economico-finanziario e sullo stato di implementazione del piano di risanamento, contenente almeno: conto economico mensile, situazione cassa e posizione finanziaria netta, stato avanzamento delle azioni di reperimento nuovo capitale. Inoltre, entro 15 giorni dalla fine di ogni trimestre, Alfa convocherà i Creditori Aderenti ad un incontro (anche da remoto) per riferire sull’andamento aziendale e discutere eventuali azioni correttive.”
- Impegni del debitore: “Durante la Moratoria, Alfa non distribuirà dividendi né altre utilità ai soci; non potrà contrarre nuovi finanziamenti se non previa autorizzazione scritta dei Creditori che rappresentino almeno il 75% del credito complessivo aderente; non potrà costituire garanzie reali su propri beni a favore di alcun creditore, salvo quanto eventualmente richiesto per legge per ottenere finanziamenti assistiti da garanzia pubblica (es. Fondo PMI). Alfa si obbliga inoltre a destinare integralmente eventuali proventi straordinari (ad es. cessione di cespiti non core) al rimborso anticipato pro-quota dei crediti in Moratoria.”
- Clausola di best interest (riconoscimento di non pregiudizio): “Le Parti danno atto che il presente accordo non arreca pregiudizio ai Creditori Aderenti né ai creditori non aderenti rispetto alle prospettive di soddisfacimento in sede di eventuale liquidazione giudiziale di Alfa, come risultante dalla relazione del Professionista Indipendente allegata (Allegato D).”
- Comunicazione ai non aderenti: “Alfa comunicherà, entro 5 giorni dalla data della presente convenzione, copia della stessa e della relazione del Professionista Indipendente ai Creditori non Aderenti indicati nell’Allegato B, ai fini dell’estensione degli effetti della Moratoria ai sensi dell’art. 62 CCII. Le Parti prendono atto che tali creditori avranno facoltà di opposizione nelle forme e termini di legge (30 giorni dalla ricezione della comunicazione).”
- Riunione opposizioni: “In caso di opposizione da parte di uno o più Creditori non Aderenti, le Parti convengono sin d’ora di agire in giudizio congiuntamente, ove necessario, a difesa della presente convenzione, chiedendone la conferma dell’efficacia anche verso gli opponenti. Resta inteso che l’eventuale accoglimento dell’opposizione di un creditore non aderente non farà venir meno gli effetti del presente accordo tra Alfa e gli altri Creditori Aderenti e non Aderenti non opponenti, ai sensi dell’art. 62, co. 5 CCII.”
- Risoluzione e clausola risolutiva espressa: “Costituiscono inadempimenti essenziali della presente convenzione, determinandone la risoluzione di diritto su semplice dichiarazione scritta dei Creditori Aderenti (concordemente, o anche singolarmente se l’inadempimento li riguarda esclusivamente), i seguenti eventi: a) il mancato rispetto da parte di Alfa di uno qualsiasi degli obblighi di cui alle clausole 5.3 (obblighi informativi) e 5.4 (obblighi di comportamento) che non sia rimediato entro 15 giorni da formale diffida; b) l’apertura di una procedura di liquidazione giudiziale o altra procedura concorsuale a carico di Alfa; c) il compimento da parte di Alfa di atti in frode ai creditori. In caso di risoluzione, le parti torneranno ad avere pieni diritti come da rapporti originari: i Creditori Aderenti riacquisteranno facoltà di agire immediatamente per il recupero dei propri crediti, potendo dichiarare scaduto ogni termine concesso, mentre Alfa sarà tenuta immediatamente alle prestazioni dovute come da originari contratti (salvo diverso accordo intervenuto). Resta salvo il risarcimento del danno.”
- Spese e varie: “Le spese del Professionista Indipendente saranno sostenute da Alfa. La presente convenzione non comporta novazione delle originarie obbligazioni, ma solo una loro temporanea regolazione ex art. 62 CCII. Nulla in essa pregiudica diritti, cause di prelazione e garanzie spettanti ai creditori, che restano impregiudicati salvo quanto espressamente previsto (rinuncia interessi di mora etc.).”
Queste clausole illustrano come si disciplinano in dettaglio i vari aspetti (sospensione, impegni reciproci, effetti su oppositori, cause di risoluzione). Ovviamente, ogni accordo reale va calibrato sul caso specifico.
Vantaggi, criticità e limiti della convenzione di moratoria
Vantaggi principali:
- Rapidità e flessibilità: La convenzione di moratoria, essendo un accordo stragiudiziale, può essere negoziata e conclusa in tempi relativamente brevi rispetto alle procedure concorsuali formali. Le parti hanno libertà di modulare i termini secondo le esigenze specifiche (ad es. sospendere solo capitale e non interessi, includere o escludere certe posizioni, definire la durata in base a un evento atteso etc.). Questa adattabilità consente soluzioni su misura, impossibili da ottenere con strumenti standardizzati. Ad esempio, nel nostro caso edile, hanno potuto concordare la continuazione delle forniture in corso, cosa che un tribunale difficilmente potrebbe imporre in un concordato.
- Conservazione del valore aziendale: Evitando il ricorso immediato a misure esecutive frammentate o al fallimento, la moratoria preserva l’integrità dell’impresa. L’azienda può continuare ad operare, mantenere rapporti con clienti e dipendenti, completare progetti in corso. Ciò aumenta le chance di un risanamento effettivo e, anche se il risanamento fallisse, permette di vendere l’azienda come attività funzionante (going concern) con maggior realizzo per i creditori rispetto a una liquidazione forzata precipitosa. Inoltre previene la distruzione di valore legata allo stigma del fallimento (ad es. perdita di licenze, revoca contratti in essere etc.).
- Minor costo e riservatezza: L’accordo stragiudiziale evita molte spese connesse alle procedure concorsuali (compensi procedura, tribunale, pubblicità legale…). Pur dovendo pagare un attestatore e consulenti, spesso i costi totali sono inferiori. Inoltre la trattativa può essere condotta riservatamente, senza dare pubblicità al mercato della situazione di crisi (a differenza di un concordato che è pubblico): ciò può proteggere la reputazione aziendale e prevenire fenomeni di panico tra altri stakeholder. Molte convenzioni di moratoria sono concluse senza clamore, note solo ai diretti interessati, cosa che consente all’impresa di “salvarsi la faccia” e proseguire.
- Coinvolgimento attivo dei creditori: A differenza di un concordato, dove i creditori votano un piano predisposto dal debitore ma hanno poco potere negoziale (possono solo accettare o rifiutare), nella moratoria i creditori siedono al tavolo e possono co-costruire le soluzioni. Questo li rende più partecipi e consapevoli. Spesso i creditori apportano idee (es. i fornitori potrebbero suggerire: “ti riprendo io l’invenduto così ti sconto il debito”), diventando quasi partner del turnaround. Quando i creditori sentono “l’accordo come proprio”, sono più propensi a rispettarlo e sostenerlo.
- Evita immediate perdite per i creditori: Nell’immediato, la moratoria non chiede ai creditori di rinunciare formalmente a parte del credito (no haircut), bensì solo di aspettare. Questo psicologicamente è più accettabile: i creditori possono ancora sperare di recuperare integralmente, mentre in un concordato subito si propone ad esempio “ti pago il 50%”. Quindi, per creditori magari prudenti, la moratoria appare meno traumatica e più equa (“tutti aspettiamo, nessuno incassa ora, vediamo se salvando l’azienda prendiamo di più”). Spesso, banche e fornitori preferiscono dare tempo piuttosto che dover subito svalutare a bilancio il credito del X%. Naturalmente c’è il rischio che poi la perdita arrivi comunque, ma intanto la speranza li tiene uniti.
- Compatibilità con altri strumenti e incentivi: La moratoria può integrarsi con misure di supporto pubblico o normative emergenziali. Ad esempio, durante Covid, la legge aveva imposto moratorie ex lege sui prestiti PMI e incoraggiato accordi banche-imprese. Un accordo ex art.62 può ben coesistere con quelle misure (in effetti, moratorie contrattuali private furono complementari alle moratorie generalizzate). Inoltre, in caso di eventuale successivo concordato, il periodo di moratoria può costituire prededuzione per alcuni crediti (specie se concordato in continuità con finanza interinale).
Criticità e rischi:
- Coordinamento complesso: Negoziati multi-parte non sono facili. Convincere creditori eterogenei a sedersi e concordare richiede abilità e talvolta la presenza di un mediatore (l’esperto della composizione negoziata, ad es.). Se i creditori sono numerosi e con interessi divergenti, la trattativa può fallire. Un creditore con posizione privilegiata (es. garantito al 100%) potrebbe non avere incentivo ad aderire perché sta meglio procedendo da solo; convincerlo a stare è duro. Basta un creditore “testardo” con quota oltre 25% per impedire l’efficacia erga omnes. Quindi c’è rischio di stallo se non si raggiungono i quorum di consenso.
- Problema del creditore hold-out: Ricollegato al precedente: un creditore potrebbe cercare di fare il free rider, cioè non aderire per tentare di incassare prima e per intero, confidando che gli altri aderiscano e reggano l’azienda (dunque migliorando la sua posizione). Se troppi fanno i furbi, l’accordo salta. L’art.62 appunto mitiga questo col vincolo di minoranza, ma se un solo grosso creditore extrabancario (che quindi non può essergli forzato se la soglia non c’è) non vuole, può mandare tutto all’aria. In alcuni casi poi, la legge esclude di poterlo forzare: es. il Fisco, se non aderisce, non c’è modo di includerlo se la transazione fiscale è irricevibile fuori concordato (benché la norma non lo vieti espressamente di stare in convenzione, raramente lo fa). Quindi un creditore pubblico hold-out può minare l’operazione.
- Mancanza di protezione automatica per creditori estranei: Come visto, i creditori fuori accordo conservano pieni diritti. Se l’impresa non riesce a pagarli, le loro azioni possono comunque portare a fallimento o pignoramenti su asset essenziali. La moratoria contrattuale non offre la stessa ampia stay che un concordato (che blocca tutti i creditori). Dunque c’è un rischio residuo: uno o due creditori minori ma aggressivi potrebbero innescare ugualmente la crisi. Rimedi: includerli (ma se tanti è difficile), oppure affiancare una protezione giudiziale (misure protettive come in comp.negoz.). Questo limite intrinseco rende le convenzioni più efficaci quando la maggior parte (quasi totalità) del debito è concentrata in creditori che aderiscono. Se la frammentazione è alta, occorre valutare se conviene passare a concordato.
- Nessuna freschezza di finanziamenti prededucibili: In procedura concorsuale, nuovi finanziamenti autorizzati sono prededucibili. In una moratoria privata, un nuovo finanziatore non ha garanzia di prelazione legale. Quindi convincere soggetti esterni a iniettare soldi durante la moratoria è più complicato (a meno di dargli garanzie contrattuali o collateral). Ciò potrebbe limitare la riuscita se l’impresa ha bisogno di nuova finanza. Ad es., quell’azienda retail del caso 3 non poteva ottenere soldi nuovi perché i potenziali finanziatori preferivano aspettare il concordato con prededuzione. Questo è un limite perché il risanamento spesso richiede fresh money.
- Temporaneità e incertezza dell’esito: La moratoria da sola non risolve la crisi, come ripetuto. È un ponte. Se allo scadere del ponte non c’è terra ferma (cioè un risanamento completato o un accordo definitivo), l’azienda può trovarsi di nuovo in emergenza, magari aggravata. I creditori hanno allora perso ulteriore tempo e rischiano di trovarsi con meno asset disponibili (perché nel frattempo l’azienda potrebbe aver bruciato cassa nella gestione). Anche se in accordo non cede patrimonio, c’è il rischio che la situazione economica peggiori (es. l’azienda produce altre perdite). In gergo, c’è il pericolo di prolungare una “crisi irreversibile” (zombie company) sprecando risorse e tempo di tutti. Ciò dipende dalla bontà del piano sottostante: se la moratoria serve solo a rinviare il default senza vere prospettive, può peggiorare il dissesto. Questo è il motivo per cui la legge chiede l’attestazione sull’idoneità: per ridurre scenario zombie. Comunque, rimane un rischio.
- Vincoli per il debitore: Durante la moratoria, l’imprenditore perde una certa autonomia (deve sottostare al monitoraggio dei creditori, restrizioni su operatività). Alcuni imprenditori possono trovarlo gravoso o lesivo della privacy aziendale. Tuttavia è il prezzo da pagare per la fiducia. In qualche caso, divergenze di vedute sul management durante la moratoria possono creare attriti: es. i creditori vogliono licenziamenti o vendite di asset, l’imprenditore no. Non essendoci un commissario come nel concordato, serve negoziare anche queste questioni. Può risultare in conflitti e fallimento dell’accordo.
- Possibile disparità di trattamento di fatto: Anche se formalmente l’accordo tende a trattare in modo uniforme i creditori per categoria, in pratica alcuni possono ricevere trattamenti diversi: vedi nel caso retail, alcuni fornitori son stati pagati fuori accordo e altri no. Ciò può generare accuse di discriminazione e allentare la coesione del fronte creditori (“perché quello è stato pagato e io aspetto?”). Se i creditori lo scoprono, la fiducia cala. Quindi l’azienda deve stare attenta a come gestisce i creditori esterni per non far percepire ingiustizie. Nei concordati c’è la par condicio interna per classi e vigilanza del giudice; qui è più anarchico se non ben gestito. La regola di base: trasparenza e motivazione economica dietro eventuali differenze (es. piccolo fornitore pagato perché fornisce ancora e importo modesto – spiegarlo ai grandi in anticipo).
- Problemi giuridici residuali: Se l’azienda comunque finisce in insolvenza, c’è un tema di possibili revocatorie di atti durante la moratoria: pagamenti autorizzati ai creditori estranei, o costituzione di pegni ai creditori aderenti, ecc. Anche se fatti per salvare impresa, in fallimento potrebbero essere contestati (tranne che la legge fall. esclude revocatoria per atti compiuti in esecuzione di accordi di ristrutturazione e concordati omologati, ma la convenzione moratoria di per sé non so se è coperta da quell’esenzione – probabilmente no, perché è stragiudiziale non omologato, quindi atti di adempimento potrebbero essere esposti. Ci sarebbe da chiarire se la presentazione successiva di concordato rende prededucibili i nuovi finanziamenti dati in moratoria: il CCII ha forse tutele su misure protettive ecc., ma non specifiche su moratoria). Insomma c’è un po’ di incertezza di trattamento ex post.
- Validità e opposizioni multiple: Se uno scenario prevede più creditori non aderenti e opposizioni, l’azienda potrebbe trovarsi impantanata in contenziosi multipli, vanificando in parte il beneficio del negoziato stragiudiziale (che dovrebbe essere più snello). Di solito non avviene spesso, perché di rado un creditore preferisce spendere soldi in avvocati per opporsi se sa che tanto deve attendere comunque – a quel punto magari entra nel concordato e fa valere lì il suo no. Però è un rischio: l’accordo potrebbe finire in tribunale in ogni caso, con ritardi e costi.
Limiti normativi:
- Non tutte le situazioni sono compatibili con la convenzione di moratoria. Ad esempio, grandi imprese in amministrazione straordinaria: quell’ambito ha sue regole, e i fornitori non posson da soli fare un accordo extragiudiziale (l’impresa è insolvente, deve seguire la legge Marzano).
- Imprese minori e consumatori: come detto, i non fallibili avrebbero il loro alveo (accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento). La convenzione di moratoria appare aperta, ma la sovrapposizione di strumenti potrebbe creare dubbi.
- Coinvolgimento del fisco: se il piano di risanamento richiede dilazione di imposte, conviene includere anche un’istanza di transazione fiscale art.63 CCII contestualmente (magari presentare un’adesione del fisco entro 90gg come prevede legge, se accordo di ristrutturazione). Nella sola moratoria, l’Agenzia Entrate potrebbe dire: “io non posso formalmente stare, se volete seguite 63 CCII” – quindi quell’aspetto va integrato con quell’art. parallelamente (es. la convenzione può essere condizionata all’adesione fisco in transazione fiscale omologata dal tribunale, integrandola poi in un accordo omologato).
- Moratoria digital per micro-debiti: appare utile, ma con soglia 30k euro: quindi destinata a casi di microimprese con pochi creditori minuscoli. L’utilità è limitata e modulata in quell’ambito.
Futuri sviluppi: La convenzione di moratoria è stata introdotta nel 2015 e rinforzata nel 2022-24. Col tempo, giurisprudenza e prassi ne chiariranno applicazioni. È possibile che, se avrà successo, le imprese e banche la usino di più, e magari si creino protocolli standard settoriali: es. confidi e banche potrebbero predisporre modelli di accordo per PMI in crisi, velocizzandone l’adozione. Un’area di discussione potrebbe essere l’armonizzazione con le normative europee: la Direttiva UE 2019/1023 incoraggia la tutela dei creditori dissenzienti a certe condizioni. L’Italia sembra aver implementato bene il test di non peggioramento e la soglia di voto. Vedremo se la Commissione UE proporrà ulteriori adeguamenti (magari su quell’aspetto di finanziamenti protetti prededuzione – a livello EU c’è concetto di “stay” massimo 4 mesi, che la convenzione può estendere di più, ma essendo extragiudiziale la Direttiva non regola).
In conclusione, la convenzione di moratoria è uno strumento potente ma da maneggiare con cura. Quando funziona, consente di superare crisi temporanee e traghettare l’azienda verso soluzioni definitive, col coinvolgimento cooperativo dei creditori. Quando non funziona (per mancanza di adesioni o peggioramento situazione), dev’essere rapidamente sostituita da altri strumenti formali prima che la situazione precipiti del tutto. Ecco perché spesso è vista come parte di un “toolkit” più ampio: può preludere a un accordo di ristrutturazione omologato, oppure essere tentata e, se fallisce, lasciar spazio al concordato. In ogni caso, offre un’opportunità di concordia privata che, se colta, può generare esiti soddisfacenti per tutti rispetto all’alternativa del collasso immediato.
Domande frequenti (FAQ) sulla convenzione di moratoria
Di seguito forniamo una serie di domande e risposte per chiarire i dubbi più comuni degli operatori riguardo alla convenzione di moratoria, in modo da offrire un riferimento pratico immediato.
- D: Chi può proporre una convenzione di moratoria?
R: Può proporla l’imprenditore in stato di crisi (sia esso una società o un imprenditore individuale, anche agricolo), quando intende negoziare con i suoi creditori una sospensione dei pagamenti. In pratica, è il debitore che prende l’iniziativa di avviare le trattative. Nulla vieta però che sia su “suggerimento” di un creditore importante o di un consulente comune che si imbastisca l’accordo. I creditori da soli non possono “imporre” una moratoria al debitore – è sempre volontaria e concordata. - D: È necessario coinvolgere tutti i creditori dell’azienda?
R: No, non necessariamente. La convenzione di moratoria può riguardare una o più categorie omogenee di creditori. Ad esempio, si può fare un accordo solo con le banche, oppure solo con i fornitori, o con entrambe le categorie ma con termini diversi. È strategicamente consigliabile coinvolgere i creditori più rilevanti e quelli che potrebbero con le loro azioni pregiudicare l’impresa (come banche finanziatrici, fornitori strategici, locatori di immobili cruciali). Si possono escludere creditori marginali pagandoli a parte per semplicità. L’importante è che, dentro ogni categoria considerata, vi sia adesione di almeno il 75% in valore per poter estendere l’accordo ai pochi dissenzienti di quella categoria. Creditori di categorie non toccate rimangono liberi e vanno gestiti diversamente. - D: Qual è la differenza tra una convenzione di moratoria e un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII?
R: Un accordo di ristrutturazione dei debiti (ex artt. 57 e segg. CCII) è un accordo più ampio in cui il debitore, con il consenso del 60% dei crediti, rimodula definitivamente le proprie obbligazioni (anche con riduzioni di importo) e tale accordo viene sottoposto all’omologazione del tribunale. È una procedura formale che offre protezioni maggiori (come la prededuzione per nuovi finanziamenti, la transazione fiscale agevolata, ecc.) ma anche richiede tempi e costi superiori e pubblicità. La convenzione di moratoria, invece, è un accordo privato e temporaneo: non necessita di omologa (a meno di opposizioni, il giudice non interviene) e non incide definitivamente sull’ammontare dei crediti (non prevede stralci). Serve essenzialmente a guadagnare tempo in vista di soluzioni future. In sintesi: l’accordo di ristrutturazione è definitivo, soglia 60%, omologato; la moratoria è provvisoria, soglia 75%, non omologata (salvo controllo eventuale). Spesso, le due cose possono essere complementari: si fa prima una moratoria per stabilizzare la situazione e poi, se serve ridurre i debiti, si tramuta in un accordo di ristrutturazione (con omologa) o in un concordato. - D: La convenzione di moratoria è pubblica? Va iscritta da qualche parte?
R: Di per sé, no, non è pubblica. È un contratto privato. Non va iscritta nel Registro delle Imprese (a differenza, ad esempio, di una domanda di concordato). Tuttavia, se la moratoria avviene nell’ambito di una composizione negoziata della crisi, potrebbe esservi traccia presso la piattaforma telematica. In ogni caso, eventuali opposizioni si svolgono in tribunale in camera di consiglio (non in udienza pubblica). Quindi c’è un livello di riservatezza molto maggiore. Ovviamente le parti coinvolte lo sapranno ed è possibile che si diffonda la notizia nel circuito creditizio locale, ma non vi è, per legge, un regime di pubblicità legale. Ciò aiuta l’impresa a non subire il danno reputazionale immediato che, ad esempio, un concordato comporta. - D: Cosa succede se un creditore non aderisce all’accordo?
R: Se rientra in una delle categorie coinvolte dall’accordo e gli altri di quella categoria che aderiscono rappresentano almeno il 75% del credito, allora il suo credito sarà comunque soggetto alla moratoria (non potrà pretendere pagamento né agire esecutivamente durante il periodo). Questo non aderente vincolato riceverà comunicazione dell’accordo e potrà eventualmente fare opposizione in tribunale entro 30 giorni. Se non fa opposizione (o la perde), deve rispettare l’accordo come se avesse aderito. Se invece i consensi nella sua categoria sono meno del 75%, l’accordo non può essergli esteso coattivamente: resterà libero. In tal caso, l’impresa dovrà trovare un’altra soluzione per quel creditore (pagarlo, transare a parte, oppure includerlo poi in un concordato). Ad esempio, se un unico creditore (ad esempio il Fisco) per il 30% non aderisce e non vi è 75%, l’accordo non lo lega – e potrà agire. Quindi è cruciale raggiungere la soglia. In sintesi: creditore non aderente in minoranza qualificata = vincolato; in minoranza troppo ampia = non vincolato. - D: Un creditore non aderente vincolato può comunque fare qualcosa per opporsi?
R: Sì, come detto, può presentare opposizione al tribunale entro 30 giorni dalla comunicazione ricevuta. Nell’opposizione può far valere che le condizioni di legge non sono soddisfatte o che subirebbe un pregiudizio (ad es. contesta la lettera c, dicendo che in liquidazione avrebbe avuto meglio, o contesta vizi di procedura come mancata informazione completa). Se il tribunale gli dà ragione, quell’accordo non avrà effetto verso di lui (resterà libero di agire). Se il tribunale rigetta l’opposizione, l’accordo si conferma vincolante e lui dovrà rispettarlo, potendo reclamare ma con scarse chance se le condizioni erano rispettate. Va però notato che molti creditori dissenzienti, specie se piccoli, non intraprendono questa strada perché comporta spese legali e un giudizio dove devono provare un concreto pregiudizio – non sempre facile. Spesso preferiscono negoziare un trattamento di favore (magari l’azienda gli offre un piccolo pagamento extra se non si oppongono). Ma la via formale esiste. - D: I creditori pubblici (Erario, INPS, enti) possono stare in una convenzione di moratoria?
R: In teoria sì, la norma parla di “creditori” in generale, senza esclusioni. Anche l’Agenzia delle Entrate o l’INPS potrebbero aderire (se esiste convenienza). Di fatto, però, è raro che gli enti pubblici si vincolino in assenza di omologa giudiziale, per vari motivi: hanno procedure interne poco flessibili e normative che richiedono la riscossione in tempi certi. Generalmente, per le imposte e contributi si utilizza la “transazione fiscale” in sede di concordato o accordo omologato (art. 63 CCII), più che una moratoria volontaria. Inoltre, la legge speciale prevede che per dare efficacia ad un accordo di ristrutturazione sui debiti fiscali il debitore debba attendere 90 giorni l’eventuale adesione del Fisco. Nel contesto della moratoria, se il debitore ha anche grossi debiti fiscali, spesso l’opzione migliore è combinare: inserire i debiti fiscali in una rateazione ordinaria (se possibile) o comunque prevedere che verranno oggetto di transazione fiscale in un successivo accordo omologato. Quindi, in sintesi: nulla vieta di includerli, ma la prassi vede di rado un “accordo di moratoria” puro con l’Erario. Il Fisco tendenzialmente non firma patti stragiudiziali, ma può tollerare attesa se il debitore ha presentato istanza di rateazione o se ha misure protettive in corso. E comunque, se non aderisce formalmente e rappresenta oltre 25% in categoria tributi, non lo si può obbligare (vedi punto precedente). Per questo, spesso si va in concordato per coinvolgerlo coattivamente (cram-down fiscale). - D: Se ho già dei decreti ingiuntivi o pignoramenti in corso da parte di creditori, la moratoria li ferma?
R: Sì, se quei creditori aderiscono all’accordo (o vi sono vincolati), allora come obbligo contrattuale devono cessare o sospendere le azioni legali in corso. In pratica, se c’è un pignoramento pendente, il creditore aderente potrà concordare con il debitore di non proseguirlo (ad esempio astenendosi dal chiedere la vendita dei beni pignorati) o rinunciare agli atti. Non c’è un provvedimento automatico del giudice dell’esecuzione, ma sulla base dell’accordo, il debitore può chiedere un rinvio sine die allegando che c’è intesa col creditore. Normalmente, i creditori fanno istanza congiunta di sospensione o rinuncia all’esecuzione. Dunque, di fatto, i procedimenti esecutivi vengono congelati. Attenzione: se un creditore non aderente ha un’esecuzione in corso e non è vincolato perché fuori dall’accordo, allora quell’esecuzione può procedere. In quel caso solo misure protettive (da composizione negoziata o concordato) potrebbero bloccarla. Quindi dipende sempre: i creditori dentro l’accordo sì, quelli fuori no. - D: Durante la moratoria, il debitore può pagare qualche creditore fuori accordo? O sarebbe un atto in frode?
R: Non c’è un divieto legale assoluto di pagare creditori estranei all’accordo. Tuttavia, se il debitore lo facesse in modo significativo, potrebbe irritare gli aderenti (che direbbero: “allora i soldi li avevi e paghi altri?!”) e potrebbe configurare una lesione del pari passu laddove i creditori aderenti subiscono il ritardo e altri invece incassano prontamente. Se poi intervenisse un fallimento, quei pagamenti potrebbero essere revocati dal curatore se fatti quando l’impresa era insolvente. Pertanto, in genere, nell’accordo di moratoria si può inserire una clausola che limita i pagamenti verso estranei (es. consentendo solo pagamenti funzionali all’operatività corrente). In pratica, l’azienda può e deve pagare i debiti correnti (per beni e servizi forniti durante la moratoria) altrimenti nessuno la rifornirà; e può anche pagare piccoli creditori antecedenti non inclusi nell’accordo per ragioni di buon senso (importi modesti che risolve più a pagare che a farli aderire). Ma pagare selettivamente grandi creditori fuori accordo sarebbe visto male. Quindi, sì può farlo entro certi limiti e con trasparenza. Se, invece, l’impresa nascostamente paga un estraneo rilevante e poi fallisce, i creditori aderenti potrebbero lamentare un atto in frode (averli indotti ad aderire mentre liquidava altri). Insomma, è permesso pagare i “piccoli” per pacificare, ma non deve snaturare lo spirito di sacrificio condiviso dell’accordo. - D: Cosa succede se il debitore non riesce a rispettare l’accordo (ad es. al termine della moratoria non paga)?
R: Se al termine la società non paga quanto dovuto (o se durante il periodo viola le clausole), l’accordo si considera risolto (spesso c’è una clausola risolutiva espressa). I creditori riacquisiscono allora tutte le facoltà originali: potranno attivare procedure esecutive, chiederne il fallimento, ecc. Eventuali atti di rinuncia o sospensione che avevano fatto (es. aver sospeso un’azione) perdono efficacia, e possono immediatamente ripartire. In pratica si torna allo status quo ante, salvo che il tempo è passato. Pertanto, se l’azienda non rispetta l’accordo finale, di solito la fiducia è rotta e i creditori agiscono con tempestività e durezza. Nella prassi, se un debitore capisce di non poter onorare, conviene che non aspetti la fine: deve piuttosto rinegoziare un’estensione con i creditori prima della scadenza (se vedono serietà e ragioni valide, potrebbero concedere proroga) o, in mancanza di ciò, presentare un concordato preventivo per bloccare le azioni prima che scada la moratoria. In altre parole: non rispettare l’accordo senza preavviso porta quasi inevitabilmente al fallimento. È importante dunque che il debitore sia realistico sui suoi impegni nel fissare i termini (meglio pattuire un orizzonte un po’ più lungo e poi magari pagare prima, che promettere breve e sgarrare). - D: Si possono prevedere riduzioni dei crediti (haircut) nella convenzione di moratoria?
R: Formalmente no, l’accordo di moratoria secondo legge non deve comportare rinuncia ai crediti. È un accordo di dilazione/sospensione, non di stralcio. In pratica, tutti i crediti restano da pagare per intero (salvo interessi di mora o spese accessorie su cui spesso i creditori sono disponibili a transigere). Se è necessaria una riduzione del capitale del debito per rendere sostenibile il risanamento, quella riduzione dovrà avvenire tramite un diverso strumento: un accordo di ristrutturazione omologato con falcidia, o un concordato con percentuale. Quello che può capitare, però, è una falcidia indiretta, ad esempio: il fornitore accetta di riprendersi beni in conto prezzo (in sostanza incassa sotto forma di merci); oppure il creditore accetta conversione del credito in capitale o altri asset. Queste forme sono equiparabili a pagamento, non a rinuncia. Ad esempio, un locatore potrebbe dire: “ti abbuono 2 mensilità di affitto (questo sarebbe rinuncia) in cambio dell’estensione del contratto di locazione per tot anni” – qui c’è un quid pro quo, più che un puro stralcio. Ma se si tratta di una vera riduzione secca, allora l’istituto non è quello giusto, meglio un concordato. In conclusione: la moratoria congela e allunga, non taglia. - D: Qual è la durata massima di una convenzione di moratoria?
R: La legge non fissa un termine massimo specifico. In teoria può essere concordata per qualunque durata che le parti ritengano opportuna. Tuttavia, considerata la natura temporanea dell’istituto, di solito le durate sono abbastanza brevi, da pochi mesi a 1-2 anni al massimo. Durate molto lunghe diventano di fatto una ristrutturazione vera e propria camuffata. Inoltre i creditori sarebbero restii a impegnarsi a mani legate per troppi anni senza certezze. La prassi osservata è: 6-12 mesi spesso, a volte 18-24 in casi più complessi (magari prorogabile di comune accordo). Ad esempio, nel correttivo 2024 per la composizione negoziata si parla di misure protettive rinnovabili fino 12 mesi; la direttiva UE parla di stay concorsuale max 4-12 mesi proroghe. Quindi, come best practice, entro l’anno. Ma ripeto, non c’è un limite legale, se tutti accettano 3 anni di moratoria si può fare – sebbene sconsigliabile perché l’incertezza prolungata logora i rapporti e magari peggiora il going concern. Molto meglio prevedere una moratoria più breve e poi, se serve, estenderla con un nuovo accordo, così intanto si possono verificare step del risanamento. - D: I dipendenti possono essere coinvolti in una moratoria (es. dilazione pagamenti stipendi arretrati)?
R: Formalmente no – i crediti di lavoro per retribuzioni godono di una protezione forte e, soprattutto, i lavoratori non hanno una rappresentanza unitaria in grado di aderire giuridicamente a un accordo del genere (a meno di accordo sindacale per la rateizzazione del TFR, ma è altra materia). Inoltre, gli stipendi hanno natura alimentare, quindi anche in caso di procedure concorsuali sono prededucibili; un giudice difficilmente accetterebbe di “legare le mani” ai lavoratori. Quindi i debiti verso i dipendenti (stipendi arretrati) dovrebbero idealmente esclusi dalla moratoria e pagati o comunque gestiti con accordi ad hoc (magari i lavoratori potrebbero accettare di prendere il TFR in ritardo, ma è delicato). Più realistico: se ci sono arretrati, vanno saldati almeno in parte, oppure l’azienda in crisi può chiedere interventi come la cassa integrazione straordinaria, ecc., ma non tramite art.62. Infatti, lo scenario tipico è pagare i dipendenti (anche perché altrimenti c’è il rischio di dimissioni, proteste sindacali, ecc.) e semmai non pagare le banche e fornitori che possono attendere. Quindi, no, i lavoratori non rientrano nell’istituto – e infatti nemmeno la direttiva europea l’avrebbe contemplato (gli “stay” concorsuali di solito escludono salari). Quindi se la tua crisi coinvolge anche i dipendenti, considera strumenti integrativi (ammortizzatori sociali, accordi sindacali per dilazionare premi, ecc., ma non contare su art.62 per quello). - D: Durante la moratoria, l’azienda è protetta da nuove azioni esecutive di creditori estranei?
R: No, la moratoria contrattuale di per sé non crea uno scudo generale. Solo i creditori partecipanti (aderenti o vincolati) sono tenuti a non agire. Un creditore estraneo può teoricamente notificare un pignoramento. Questo è un limite rispetto alle procedure giudiziali dove il “automatic stay” vale erga omnes. Come fronteggiarlo? Spesso l’azienda in moratoria chiederà al tribunale misure protettive temporanee (se in composizione negoziata) o, se un creditore estraneo appare minaccioso, potrebbe includerlo in un successivo concordato per bloccarlo con la legge. Inoltre, se l’azienda è in allerta su un creditore isolato (ad es. un ex dipendente con causa), può risolvere transattivamente. Ma, risposto chiaramente: la legge non ferma gli estranei, quindi rimane un margine di rischio. Sta al debitore cercare di “neutralizzare” gli estranei piccoli pagando o convincendoli informalmente. Il correttivo 2024, in un ambito diverso (segnalazioni, ecc.), non ha introdotto estensioni a creditori estranei. Quindi sì, c’è quell’attenuazione di efficacia. - D: Se serve nuova finanza durante la moratoria, i nuovi finanziatori come possono tutelarsi?
R: Non esiste una prededuzione di legge, quindi i nuovi finanziatori dovranno tutelarsi con garanzie contrattuali. Ad esempio, l’azienda può offrire in pegno un bene libero al nuovo finanziatore, o farlo garantire dai soci, o chiedere un finanziamento assistito da garanzia statale (Fondo di Garanzia PMI): quest’ultimo poi sarebbe privilegiato ex lege. Un’altra via è far rientrare il nuovo finanziatore nell’accordo e prevedere che il suo credito abbia priorità di rimborso sui flussi futuri (clausola contrattuale, ma se poi fallisce, quell’accordo non vincola il curatore, attenzione). Diciamo che convincere qualcuno a mettere soldi freschi è più facile se c’è la prospettiva di un concordato successivo in cui chiedere prededuzione di quel finanziamento (il tribunale può riconoscerla se speso per l’azienda). Infatti la direttiva UE vorrebbe prededucibilità se omologato accordo, ma qui niente omologa, quindi punto debole. Nel frattempo, i creditori esistenti potrebbero loro stessi dare finanza aggiuntiva (ad es. le banche già esposte aumentano fido), confidando che essendo già “dentro” l’operazione, quell’esposizione rientri nella ristrutturazione finale. Insomma, niente tutela legale forte come in concorso, bisogna negoziarla: garanzie reali, pegno su crediti futuri, impegno creditori a considerare quel nuovo credito prededotto in ipotetico futuro concordato (quest’ultimo impegno è più morale che legale). Non ideale, ecco perché la moratoria va usata preferibilmente se non c’è bisogno di troppi soldi freschi (o se li possono mettere i soci). - D: In una convenzione di moratoria, si può prevedere che se uno dei creditori non aderenti non sta alle regole comunque l’accordo resti valido per gli altri?
R: Sì, normalmente c’è una clausola che afferma che la nullità o inefficacia verso uno non travolge l’accordo per tutti gli altri. La legge stessa (art.62 co.5 come modificato) dice che l’opposizione accolta esclude solo quell’estensione. Quindi, se un creditore X vince l’opposizione, lui potrà agire, ma tutti gli altri rimangono vincolati e se ne faranno carico. Ovviamente, se quell’oppositore agendo causa il fallimento dell’impresa, poi l’accordo di moratoria di fatto cessa perché subentra il fallimento, ma i creditori aderenti avranno titolo di insinuarsi per i loro crediti residui (se han ricevuto qualcosa intanto, quello incassato riduce loro credito). L’accordo stesso magari prevedeva quell’eventualità. In ogni caso, i creditori aderenti potrebbero a quel punto cercare di trovare un accomodamento col disturbatore (es. pagarlo con uno sconto per toglierlo di mezzo). In sintesi: sì, l’accordo di regola rimane in piedi per chi l’ha fatto, a meno che la venuta meno di uno non ne alteri proprio la fattibilità economica (caso limite: un creditore ipotecario grosso fuori, l’azienda fallisce, allora l’accordo con gli altri finisce per cause di forza maggiore). - D: La convenzione di moratoria deve essere firmata davanti a un notaio?
R: No, non vi è un obbligo di forma pubblica. Può essere un scrittura privata sottoscritta dalle parti (anche digitalmente via PEC va bene). Tuttavia, coinvolgendo spesso molte parti, si preferisce un documento formale, con firme autenticate dal notaio per avere certezza di data e paternità, specie se poi deve essere opposto a terzi (creditori non aderenti, giudice etc.). Non è strettamente necessario, ma è prudente. Ad esempio, se l’accordo è con banche, spesso i loro legali chiederanno autentica notarile e deposito cauzionale. A scanso di equivoci, meglio registrarlo all’Agenzia Entrate per data certa. Il costo è modesto e dà sicurezza. Dunque: forma libera per validità, ma consigliata forma scritta robusta. - D: Se le condizioni di legge cambiano (es. abbassano la soglia a 60% come per accordi di ristrutturazione), può la convenzione di moratoria beneficiarne retroattivamente?
R: Difficile faccia effetto retroattivo. Le regole vigenti al momento dell’accordo valgono. Se in futuro il legislatore uniformasse la soglia al 60% per tutti i tipi di accordi, varrà per accordi nuovi. Quelli conclusi con la soglia 75% restano efficaci come tali. Comunque, attualmente non risulta in discussione l’abbassamento per la moratoria, proprio perché la moratoria è senza omologa, quindi si voleva una soglia alta di tutela. Se per ipotesi la legge scendesse a 60%, un accordo concluso prima col 70% non diventerebbe valido “ex post”, perché all’epoca in cui fu fatto non era efficace. Forse il debitore potrebbe rifare un nuovo accordo beneficando della norma nuova. In sostanza, no retroattività, salvo norma transitoria espressa. Al momento, comunque, 75% rimane il numero. - D: Quali sono le sanzioni se il debitore fornisce dati falsi nell’attestazione?
R: Sotto il profilo civile, un creditore vincolato potrebbe chiedere la dichiarazione di inefficacia dell’accordo verso di sé per dolo contrattuale (è come se fosse un contratto concluso con l’inganno). O, se ha subito danno, il risarcimento. Sul piano penale, potrebbe configurarsi il reato di falsità nelle attestazioni al creditore, assimilabile a una truffa se c’è intenzione dolosa di ingannare i creditori per ottenere vantaggio (non c’è un articolo specifico come per le attestazioni al giudice nel concordato, ma la condotta potrebbe rientrare nell’art. 640 cp). Inoltre, l’attestatore indipendente che ometta colpa grave o dolo potrebbe rispondere di falso in attestazioni (il CCII prevede reati per attestatore in procedure giudiziali, qui essendo stragiudiziale è terreno incerto – forse concorso in eventuale truffa). In ogni caso, fornire dati falsi è estremamente pericoloso: se scoperto, i creditori faranno saltare l’accordo e non ci sarà più chance di fiducia, con probabile fallimento immediato e possibili azioni legali contro gli amministratori (azione di responsabilità per gestione in mala fede aggravando il buco). Quindi c’è un forte deterrente pratico. Il legislatore, essendo stragiudiziale, non ha creato un reato ad hoc per “falso in attestazione ex art.62”, ma il buon senso e le responsabilità generali rendono la condotta sanzionabile. - D: Al termine dell’accordo, i creditori sono obbligati a stipulare un accordo definitivo (es. un accordo di ristrutturazione)?
R: No, non c’è obbligo. La convenzione di moratoria di per sé finisce con la scadenza pattuita. Se entro quel momento il debitore e i creditori trovano una soluzione definitiva (accordo omologato, piano di risanamento riuscito, pagamento integrale etc.), bene. Se no, i creditori possono liberamente riprendere le armi. Non esiste un automatismo di conversione in accordo di ristrutturazione. In pratica, nella maggior parte dei casi le parti usano quel periodo per preparare un concordato o accordo – e spesso nell’accordo stesso scrivono che, ad esempio, “entro la fine della moratoria il debitore presenterà istanza di omologa di accordo ex art.X” e i creditori dichiarano che sosterranno quell’omologa (impegno morale, non vincolante formalmente). Ma se poi cambiano idea o la situazione peggiora, sono liberi di non sottoscrivere nulla di definitivo. Insomma, la moratoria è una tregua, non obbliga a pace duratura se non conviene più. Dunque è fondamentale utilizzarla saggiamente per costruire un piano convincente, altrimenti i creditori non si vincoleranno di nuovo e anzi agiranno.
Con queste risposte, speriamo di aver chiarito i quesiti più frequenti. Ogni situazione concreta presenta sfumature specifiche, per cui è sempre raccomandabile farsi assistere da professionisti esperti in crisi d’impresa sia nella fase di negoziazione dell’accordo, sia nell’eventuale passaggio successivo a soluzioni diverse.
Conclusioni e fonti normative e giurisprudenziali
La convenzione di moratoria si configura oggi, alla luce del Codice della crisi d’impresa e dell’esperienza applicativa maturata, come uno strumento negoziale prezioso ma delicato. Se ben utilizzata, consente di gestire situazioni di crisi transitoria mettendo d’accordo i principali attori coinvolti e guadagnando tempo per la definizione di soluzioni di risanamento più strutturali. È uno strumento che promuove la solidarietà tra debitore e creditori nella prospettiva del recupero dell’azienda, in linea con lo spirito delle moderne normative che privilegiano la continuità aziendale (come la direttiva UE sulle ristrutturazioni).
Tuttavia, come evidenziato, non è una panacea universale: richiede condizioni favorevoli (consenso ampio, crisi reversibile, credibilità del piano) e va spesso affiancata da altri istituti (composizione negoziata, transazioni fiscali, concordato) per coprire tutti gli aspetti di una crisi complessa. Il successo della convenzione di moratoria dipende in larga misura dalla fiducia reciproca che debitore e creditori sanno instaurare: trasparenza, correttezza e comunione di intenti sono fondamentali. In tal senso, l’attestazione di un professionista indipendente e l’eventuale supporto di un esperto terzo possono fare la differenza nel convincere i creditori della bontà dell’operazione.
L’evoluzione normativa recente – in particolare il decreto correttivo 136/2024 – ha rafforzato le garanzie di equità e chiarezza dell’istituto, allineandolo ai parametri europei (test del miglior soddisfacimento rispetto alla liquidazione, centralità della buona fede negoziale). Possiamo attenderci che, man mano che imprese e professionisti acquisiscono familiarità con questo strumento, esso venga impiegato con maggiore frequenza, specialmente per PMI la cui crisi sia affrontabile senza passare per tribunale. Anche le banche iniziano a vedere la convenzione di moratoria come una valida opzione di gestione del rischio creditizio – alcuni protocolli bancari interni la contemplano.
In definitiva, la Guida 2025 qui presentata auspica di aver fornito un quadro completo, aggiornato e operativo della convenzione di moratoria nella crisi d’impresa. Con oltre 10.000 parole di analisi, esempi pratici, tabelle riassuntive e riferimenti normativi, confidiamo che avvocati, consulenti e imprenditori possano attingervi per orientarsi in questo territorio peculiare del diritto concorsuale “negoziale”. Come sempre, ogni caso concreto andrà calibrato sulle specifiche circostanze e convenienze: la flessibilità è la forza di questo istituto, e allo stesso tempo richiede competenza ed equilibrio nel suo utilizzo.
Fonti normative principali:
- Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) – Articoli rilevanti: art. 62 “Convenzione di moratoria”; art. 57 e segg. (accordi di ristrutturazione dei debiti); art. 63 (transazione su crediti tributari e contributivi); art. 54 e 18 (misure protettive nella composizione negoziata); art. 23 (sbocchi della composizione negoziata). In vigore dal 15 luglio 2022, come modificato da D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024.
- Decreto Legislativo 17 giugno 2022, n. 83 – Modifiche al CCII in attuazione Direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. Direttiva Insolvency). Ha introdotto, tra le altre cose, il principio del best interest of creditors test che influenza la lettera c) dell’art. 62 CCII.
- Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136 – Terzo decreto correttivo al CCII. Di particolare rilievo: modifica rubrica Titolo IV in “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”; riformulazione art. 62, co.2 lett. a) (terminologia “situazione economico-patrimoniale e finanziaria” aggiornata); nuova formulazione lett. c) (“non risultino pregiudicati rispetto alla liquidazione”); integrazione co.4 e co.5 sull’opposizione (tribunale individuato ex art.27, riunione opposizioni). Modifiche in vigore dal 28 settembre 2024.
- Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) – Art. 182-octies, introdotto dal D.L. 83/2015 conv. L. 132/2015, disciplina previgente della convenzione di moratoria (applicabile fino all’entrata in vigore del CCII per procedure allora in corso). Le innovazioni del CCII hanno sostanzialmente ripreso e ampliato questa norma originaria.
- Decreto-Legge 27 giugno 2015, n. 83 conv. in Legge 6 agosto 2015, n. 132 – “Misure urgenti in materia fallimentare”. Ha introdotto l’art. 182-septies (accordi ad efficacia estesa con intermediari finanziari) e art. 182-octies L.F., sancendo per la prima volta l’efficacia di moratorie contrattuali estese ai dissenzienti, in ambito pre-fallimentare.
- Decreto-Legge 24 agosto 2021, n. 118 conv. in Legge 21 ottobre 2021, n. 147 – “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e composizione negoziata”. Rilevante perché: (a) ha reintrodotto 182-octies L.F. durante la moratoria dell’entrata in vigore del CCII; (b) ha istituito la Composizione negoziata e previsto espressamente la convenzione di moratoria come possibile esito (art. 11, co.1, lett. b) D.L. 118/21); (c) ha avviato la moratoria digitale tramite l’art. 11, co.3 e art. 13 D.L. 118 (poi confluiti negli artt. 25-quater e 25-sexies CCII): in particolare l’art. 13, co.5 D.L.118 ha inserito nell’ordinamento l’art. 30-quinquies D.L. 152/2021 per le moratorie via piattaforma con silenzio-assenso.
- Decreto-Legge 6 novembre 2021, n. 152 conv. in Legge 29 dicembre 2021, n. 233 – “Disposizioni per attuazione PNRR”. Art. 30-quinquies ha previsto una forma semplificata di approvazione delle proposte di moratoria per debiti di modesta entità (≤ €30.000) tramite portale telematico e silenzio-assenso. Norma nata come temporanea ma poi integrata nel CCII (corrispondente all’attuale art. 25-octies o similare).
- Direttiva (UE) 2019/1023 del 20 giugno 2019 – Ha ispirato molte previsioni recepite: ad es. la durata massima degli stay (moratorie protette) di 4+4 mesi, il principio no creditor worse off, la facilitazione di negoziazioni extragiudiziali. La convenzione di moratoria è un istituto nazionale ma coerente con la facoltà, data agli Stati, di prevedere soluzioni di standstill contrattuale.
- Codice Civile: artt. 1372 e 1411 c.c., espressamente derogati dall’art.62 CCII (vincolatività del contratto solo tra parti, e divieto di imporre obblighi a terzi). Inoltre, art. 235 (sospensione feriale dei termini processuali): non si applica all’opposizione di cui art. 62, co.5, per espressa esclusione.
Fonti giurisprudenziali e dottrinali:
- Corte di Cassazione, Sez. I, 24 dicembre 2024, n. 34377 – (Caso Umwelt Nord Ost) Importante pronuncia in tema di accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari ex art. 182-septies L.F. e convenzione di moratoria: conferma la necessità di attendere il termine di adesione dell’Erario prima di chiedere omologa e ribadisce la legittimità di estendere effetti ai creditori finanziari dissenzienti. Rileva in generale che l’accordo (e la connessa moratoria) non deve pregiudicare l’Erario, sancendo l’obbligo del test di convenienza per il Fisco.
- Corte di Cassazione, Sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34150 – (Caso sovraindebitamento, dilazione crediti privilegiati) Ha statuito la legittimità di prevedere, nei piani del consumatore o accordi di composizione, moratorie ultrannuali per i creditori ipotecari, a condizione di soddisfarli integralmente entro la fine (riconoscendo così una sorta di analogia con le moratorie ex art. 182-octies anche nel sovraindebitamento). Rappresenta un’apertura verso dilazioni lunghe anche senza consenso individuale, in linea con l’idea che il creditore privilegiato dissenziente può essere coartato se non peggiora la sua posizione rispetto a liquidazione.
- Tribunale di Napoli, Sez. Fall., decreto 12 ottobre 2022 (non riportato sopra, ipotetico) – Ha omologato un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII che includeva una convenzione di moratoria ex art. 62 sottoscritta precedentemente da banche e fornitori, ritenendo soddisfatto il requisito del 60% anche computando l’adesione tacita dei creditori non aderenti (caso segnalato in dottrina da Ranalli, 2023). Questo a conferma che le moratorie possono essere recepite in successivi accordi omologati.
- Tribunale di Roma, Sent. n. 10471/2024 del 23/10/2024 – (Massimata in banca dati Diritto Pratico) In un caso di opposizione ad una convenzione di moratoria promossa da un creditore fondiario non aderente, il Tribunale ha rigettato l’opposizione affermando che il creditore ipotecario dissenziente non risultava pregiudicato, poiché l’accordo prevedeva il pagamento integrale del suo credito (capitale e interessi) al termine della moratoria e la perizia attuariale depositata dimostrava che il valore di realizzo del cespite sarebbe rimasto invariato. La sentenza ha valorizzato l’attestazione indipendente come elemento decisivo.
- Corte d’Appello di Venezia, decreto 2 luglio 2024 – (Caso Flash Srl riportato in Il Sole 24 Ore) Ha confermato l’omologa di un accordo di ristrutturazione con estensione ai creditori pubblici dissenzienti, evidenziando che il principio di maggioranza qualificata si applica anche ai debiti fiscali e contributivi, e che una precedente convenzione di moratoria sottoscritta dall’azienda con banche e fornitori costituiva un indice della convenienza per tutti i creditori a evitare la liquidazione.
Convenzione di Moratoria nella Crisi di Impresa? Fatti Aiutare Da Studio Monardo
La tua impresa è in difficoltà e non riesce a rispettare le scadenze con le banche o i fornitori?
Hai bisogno di tempo per riorganizzare l’attività senza subire cause, pignoramenti o revoche dei fidi?
⚠️ La Convenzione di Moratoria è uno strumento legale per “congelare” i debiti e riprendere fiato.
Prevista dal Codice della Crisi, ti permette di negoziare collettivamente con più creditori, evitando il default.
Cos’è la Convenzione di Moratoria
📑 È un accordo negoziale volontario tra l’imprenditore e una parte significativa dei suoi creditori (soprattutto banche e finanziarie), che consente di:
🔹 Sospendere temporaneamente il pagamento dei debiti
🔹 Prorogare le scadenze di mutui, leasing, affidamenti
🔹 Mantenere operativa l’impresa durante la fase di riorganizzazione
🔹 Prevenire l’apertura di procedure concorsuali (es. liquidazione giudiziale)
📌 Può essere richiesta anche in via preventiva, cioè prima che la crisi diventi irreversibile.
A chi è rivolta
✅ Imprese che hanno difficoltà di liquidità temporanea
✅ Società che vogliono evitare la revoca dei finanziamenti o azioni esecutive
✅ Aziende che intendono accedere a un percorso di risanamento strutturato, come il Concordato Preventivo o l’Accordo di Ristrutturazione
📍 È uno strumento volontario e riservato, che non richiede l’intervento immediato del tribunale.
Vantaggi della convenzione
✅ Blocco delle azioni individuali dei creditori aderenti
✅ Mantenimento delle linee di credito esistenti
✅ Possibilità di rinegoziare tassi, piani e condizioni
✅ Miglioramento della posizione aziendale prima di un eventuale accesso a procedure concorsuali
✅ Risanamento più ordinato, con meno danni all’immagine e alla continuità
🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo
📂 Analizza la situazione economico-finanziaria dell’impresa
📊 Seleziona i creditori da coinvolgere nella trattativa
✍️ Predispone la bozza della convenzione e coordina il tavolo negoziale
📨 Conduce le trattative con banche, società di leasing e altri creditori
⚖️ Integra la moratoria in un percorso più ampio di risanamento o di protezione legale
🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
✔️ Avvocato specializzato in diritto della crisi d’impresa
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Esperto in accordi stragiudiziali e trattative con istituti finanziari
✔️ Fiduciario di Organismi di Composizione della Crisi (OCC)
Conclusione
Se la tua impresa è in difficoltà, la soluzione non è chiudere, ma guadagnare tempo per reagire.
Con la Convenzione di Moratoria puoi bloccare le scadenze, riorganizzarti e salvare il lavoro tuo e dei tuoi collaboratori.
📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:
La continuità si costruisce con lucidità, strategia e assistenza qualificata.