Hai debiti con l’INPS che non riesci più a sostenere? La tua azienda è sotto pressione per contributi non versati, avvisi di addebito, cartelle esattoriali o pignoramenti?
La transazione previdenziale è uno strumento legale previsto dal Codice della Crisi d’Impresa che ti consente di trattare direttamente con l’INPS, ottenere una riduzione del debito e bloccare le azioni esecutive.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto del lavoro, previdenza e risanamento aziendale – ti spiega come funziona la transazione previdenziale, chi può richiederla e quali vantaggi offre a imprenditori, liberi professionisti e società in crisi.
Scoprirai:
- Cos’è la transazione previdenziale INPS e dove è prevista: negli accordi di ristrutturazione del debito e nei concordati preventivi (anche minori);
- Quali debiti possono essere oggetto di trattativa: contributi INPS, sanzioni, interessi e accessori;
- Quando puoi ottenere uno sconto sulle sanzioni e una dilazione del pagamento fino a 60 mesi, anche in presenza di precedenti rateazioni decadute;
- Come avviare la procedura: predisposizione del piano, proposta all’INPS, e omologazione da parte del tribunale;
- Cosa serve per accedere: piano di ristrutturazione sostenibile, stato di crisi o insolvenza, assistenza tecnica qualificata;
- Cosa succede dopo l’accordo: sospensione delle azioni esecutive, nessuna iscrizione di nuove ipoteche, continuità aziendale garantita se il piano è rispettato.
La transazione previdenziale è uno strumento potente per salvare l’attività, regolarizzare la posizione contributiva e tutelare il patrimonio personale degli amministratori, evitando il fallimento o l’aggravarsi della crisi.
Alla fine della guida potrai richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, per analizzare la tua esposizione INPS, valutare se puoi accedere alla transazione e costruire una strategia su misura per uscire dai debiti previdenziali in modo legale, sostenibile e protetto.
Introduzione
La transazione previdenziale con l’INPS è uno strumento giuridico che consente a un’azienda o imprenditore in difficoltà di definire in modo concordato i debiti contributivi dovuti all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale). Si tratta di una guida avanzata rivolta principalmente ad avvocati e imprenditori, per comprendere come funziona questo istituto, quali sono le basi normative e operative, e come utilizzarlo strategicamente nella gestione dei debiti previdenziali.
In questa guida forniremo un quadro completo ed aggiornato a maggio 2025, analizzando tutti gli aspetti rilevanti: i principi generali e la disciplina normativa, le procedure giudiziali (in sede di tribunale, ad esempio nell’ambito di procedure concorsuali) e stragiudiziali (fuori dal contesto processuale) per transigere con l’INPS, il coordinamento con altre forme di definizione agevolata dei debiti (come le rottamazioni e i piani di rientro), nonché la giurisprudenza più significativa in materia. Verranno inoltre affrontati temi specifici quali l’applicabilità del ravvedimento operoso in ambito contributivo e gli effetti fiscali delle transazioni previdenziali.
Il taglio sarà giuridico ma con un linguaggio chiaro e accessibile. Saranno incluse tabelle riepilogative per riassumere concetti complessi (ad esempio le diverse tipologie di transazione e i relativi effetti), una sezione di domande frequenti (FAQ) per chiarire i dubbi pratici più comuni, e un elenco finale delle principali fonti normative e giurisprudenziali (leggi, decreti, sentenze, circolari INPS, ecc.) per approfondire. L’obiettivo è fornire un vero e proprio manuale operativo, utile sia a chi deve assistere legalmente aziende con debiti contributivi, sia a chi – come imprenditore o consulente – vuole capire come negoziare in maniera efficace con l’INPS in caso di difficoltà nel versare i contributi.
Passiamo quindi all’analisi dettagliata della transazione previdenziale e di tutti gli istituti collegati.
Inquadramento Normativo e Principi Generali
In questa sezione esaminiamo la cornice normativa e i principi di base che regolano la transazione sui debiti contributivi verso l’INPS. Comprendere questi fondamenti è cruciale per sapere quando e come è possibile utilizzare la transazione previdenziale e quali sono i limiti legali imposti a questo strumento.
Che cos’è la transazione previdenziale contributiva
Dal punto di vista civilistico, la transazione è definita dal codice civile come il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite o prevengono l’insorgere di una controversia (art. 1965 c.c.). Nel diritto previdenziale, la transazione assume una connotazione particolare: non si tratta di una semplice transazione privatistica, ma di un istituto previsto dalla legge che consente di ristrutturare il debito contributivo nei confronti dell’ente previdenziale. In sostanza, la transazione previdenziale permette al debitore di pagare in forma ridotta o dilazionata i contributi dovuti (e i relativi oneri accessori) secondo un accordo che deve essere approvato dall’INPS e, in certi casi, omologato da un tribunale.
Va subito chiarito che i crediti contributivi verso l’INPS sono, in linea generale, considerati “indisponibili” dalle parti. Ciò significa che, a differenza di un debito comune tra privati, l’obbligo di versare i contributi previdenziali non può essere liberamente ridotto, rinunciato o modificato da accordi privati se non nei limiti in cui la legge lo consente. Questo principio risponde a esigenze di ordine pubblico: i contributi previdenziali finanziano tutele fondamentali (pensioni, assistenza, assicurazioni obbligatorie) e coinvolgono diritti dei lavoratori e interessi pubblici, per cui non possono essere oggetto di semplice contrattazione privata. Il codice civile stesso, all’art. 2115 comma 3, sancisce la nullità di “qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza e all’assistenza”. In altre parole, qualunque accordo tra datore di lavoro e lavoratore che miri a evitare o ridurre il pagamento di contributi obbligatori è nullo per legge. Ne consegue che la transazione tra privati (ad esempio tra datore e dipendente) non vincola l’INPS, che può comunque esigere i contributi dovuti come se tale accordo non fosse intervenuto. Questo è un punto fondamentale: la transazione previdenziale efficace è solo quella che si svolge coinvolgendo l’INPS stesso, secondo le procedure previste dalla legge.
Evoluzione normativa: dal R.D. 267/1942 al Codice della Crisi d’Impresa
Fino a pochi decenni fa, la possibilità di “transigere” debiti contributivi con l’INPS era estremamente limitata. La rigida indisponibilità del credito previdenziale significava che l’INPS poteva rateizzare un debito (concedere pagamenti dilazionati), ma non rinunciare a parte di esso, se non nei casi di condono stabiliti per legge in via generale. Tuttavia, con l’evolversi della normativa sulle crisi d’impresa, il legislatore ha riconosciuto l’esigenza di inserire anche i debiti verso l’erario e gli enti previdenziali nei possibili piani di risanamento delle aziende in crisi. Nasce così l’istituto della transazione fiscale e contributiva in ambito concorsuale.
Una tappa fondamentale è l’introduzione, nella Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), dell’art. 182-ter ad opera delle riforme dei primi anni 2000. In particolare, il D.Lgs. 5/2006 inserì l’art. 182-ter nella legge fallimentare (capo V, dedicato al concordato preventivo), introducendo la possibilità per l’imprenditore in concordato preventivo di proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi dovuti allo Stato. Inizialmente, l’istituto era limitato ai tributi erariali (imposte), ma con il D.L. 185/2008 (convertito con mod. in L. 2/2009) fu prevista l’estensione anche ai contributi previdenziali dovuti agli enti di previdenza e assistenza obbligatoria. Tale estensione è stata attuata col Decreto Ministeriale 4 agosto 2009 (Ministero del Lavoro di concerto con MEF) che ha stabilito le modalità applicative per le transazioni sui crediti contributivi. Di seguito, l’INPS ha emanato proprie circolari attuative (come la Circolare INPS n. 38 del 15 marzo 2010) per dettagliare procedura e criteri interni.
L’art. 182-ter L.F., nel testo via via modificato, consentiva quindi all’imprenditore in concordato preventivo o in accordo di ristrutturazione di debiti di includere una proposta di transazione fiscale e contributiva. Tra le regole principali introdotte c’era l’obbligo di soddisfare integralmente alcune componenti del debito contributivo ritenute intoccabili (come vedremo, ad esempio, la parte di contributi IVS trattenuta ai lavoratori), mentre su altre componenti (ad esempio sanzioni e interessi) era ammessa una falcidia (riduzione) parziale.
Nel 2019 l’intera disciplina concorsuale italiana è stata riformata col nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – CCII), entrato pienamente in vigore dal 15 luglio 2022. Il CCII ha abrogato la vecchia Legge Fallimentare, riformulando anche la disciplina della transazione fiscale e contributiva negli istituti analoghi (artt. 63 e 88 CCII, di cui parleremo in dettaglio). Da allora, le procedure di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione seguono le norme del CCII, e successive modifiche (in particolare il D.Lgs. 83/2022 e il D.Lgs. 136/2024, noti come correttivi al CCII) hanno ulteriormente affinato la materia. In parallelo, l’INPS ha emanato nuovi messaggi e istruzioni (es. Messaggio INPS n. 3553 del 25 ottobre 2024) per adeguare le proprie prassi interne alle novità normative.
È importante sottolineare che al di fuori di questi contesti specificamente previsti dalla legge (procedure concorsuali, accordi omologati, ecc.), l’INPS – in quanto ente pubblico – non può liberamente “tagliare” i contributi dovuti. Ogni transazione o rinuncia da parte dell’INPS deve trovare fondamento in una norma che la consenta. In assenza di norma, vale il principio generale richiamato anche dalla Corte dei Conti: gli enti pubblici possono sì transigere le controversie, ma solo entro i limiti della legittima disponibilità dell’oggetto; se i diritti in questione sono indisponibili (come i crediti contributivi obbligatori), qualsiasi accordo che li intacchi è nullo. La Corte dei Conti ha ribadito che una transazione da parte della P.A. è nulla se incide su obblighi sottratti al potere dispositivo delle parti, specie se pregiudica interessi pubblici o diritti di terzi. Pertanto, l’INPS può accordarsi con un debitore solo nei casi consentiti e con forme trasparenti e motivate. Ad esempio, se decide di aderire a una proposta di concordato con stralcio parziale dei contributi, dovrà farlo motivando che si tratta della soluzione più vantaggiosa (o meno dannosa) nell’interesse pubblico – evitando così un possibile fallimento che porterebbe a incassi minori – e rispettando i criteri di legge.
Riassumendo i principi generali:
- I contributi previdenziali sono obblighi di legge a carico dei datori di lavoro (o dei lavoratori autonomi) e non possono essere oggetto di rinuncia o riduzione mediante accordi privati, salvo quanto espressamente previsto da norme speciali.
- La transazione previdenziale è uno strumento eccezionale, introdotto inizialmente in ambito concorsuale, che permette di ristrutturare il debito contributivo (con pagamento parziale e/o rateale) solo secondo le modalità e nei limiti fissati dalla legge.
- L’INPS, in quanto ente pubblico, può aderire ad accordi transattivi solo nel rispetto del principio di legalità e a tutela dell’interesse pubblico. Ogni proposta di transazione deve essere valutata dall’ente con rigore: l’adesione è possibile solo se l’accordo è conveniente per l’ente rispetto alle alternative (es. recupero forzoso o liquidazione fallimentare). In caso contrario, l’INPS rifiuterà la transazione.
- La transazione previdenziale non elimina gli obblighi futuri: di norma, come condizione per qualsiasi accordo, l’azienda deve essere in regola con i contributi correnti e continuare a pagarli regolarmente dopo l’accordo. Non si transige insomma sull’obbligo di continuare a versare i contributi dovuti successivamente, poiché l’obiettivo è favorire il risanamento senza creare nuove scoperture.
Nei paragrafi successivi analizzeremo nel dettaglio la disciplina di questo istituto, distinguendo gli aspetti civilistici e fiscali, le diverse modalità (giudiziali vs stragiudiziali), e gli altri profili indicati.
Disciplina Civilistica e Tributaria della Transazione su Crediti Contributivi
In questo capitolo esaminiamo da un lato i profili civilistici della transazione contributiva (natura giuridica, validità, effetti sui rapporti obbligatori), e dall’altro i profili tributari/fiscali (ossia le conseguenze in termini di imposte, deducibilità, regime fiscale delle somme coinvolte). Queste analisi sono fondamentali per capire come inquadrare la transazione nei rapporti giuridici e contabili dell’azienda.
Profili civilistici: natura del negozio e validità
Come anticipato, la transazione previdenziale nasce come figura “atipica” rispetto alla transazione comune del codice civile. In una transazione classica (art. 1965 c.c.), due parti in lite fanno reciproche concessioni per definire un accordo. Nel caso dei crediti contributivi, una delle parti è un ente pubblico (INPS) portatore di interessi pubblicistici, e l’oggetto è un’obbligazione ex lege parzialmente indisponibile. La transazione contributiva dunque assume la forma di un accordo negoziale ma incardinato in un procedimento legale: in altri termini, è contratto nelle modalità di perfezionamento (incontro di volontà tra debitore e INPS), ma è un contratto “a struttura vincolata” dalla legge.
Natura giuridica: Secondo la giurisprudenza contabile, l’accordo transattivo con un ente pubblico rientra nell’ambito dell’ordinaria attività amministrativa, soggetta alle regole di discrezionalità e ai vincoli di scopo pubblico. L’INPS, decidendo se transigere un credito, non agisce come un privato qualsiasi, ma deve perseguire la massimizzazione del recupero contributivo nell’interesse pubblico e rispettare principi di imparzialità, economicità e trasparenza. Ciò implica, ad esempio, che una transazione offerta dal debitore sarà accettata dall’INPS solo se ritenuta più vantaggiosa (o meno onerosa) rispetto alla prosecuzione del recupero forzoso o al fallimento del debitore. L’ente dovrà valutare il rapporto costi/benefici dell’accordo (quanto incassa subito o con certezza vs. quanto rischierebbe di non incassare) e motivare la scelta, anche sulla base di pareri tecnici interni (es. il parere dell’Avvocatura INPS). In questo senso la transazione contributiva può essere vista come un atto gestionale discrezionale dell’ente, soggetto a controllo eventuale della Corte dei Conti in termini di responsabilità erariale se risultasse palesemente svantaggioso o illegittimo.
Validità e limiti contrattuali: Dal lato del debitore, l’accordo transattivo implica normalmente un riconoscimento del debito contributivo. Infatti, la prassi INPS richiede che nella proposta di transazione il debitore faccia un riconoscimento formale e incondizionato del credito per contributi e rinunci a qualsiasi eccezione contestativa sulla sua debenza. Questo evita che si transiga su somme ancora controverse: l’INPS esige che il debito sia cristallizzato quanto a esistenza e ammontare prima di accordare uno sconto o una dilazione. Una volta perfezionata la transazione (cioè accettata dall’INPS e, se del caso, omologata dal giudice), l’accordo ha la funzione di novare parzialmente l’obbligazione originaria: il debitore dovrà pagare quanto stabilito nei tempi concordati, e l’INPS avrà in cambio la rinuncia (totale o parziale) al residuo credito eccedente quanto transatto. Ad esempio, se un’azienda deve €100.000 di contributi e sanzioni, e la transazione omologata prevede il pagamento di €60.000, il pagamento integrale di €60.000 nei termini fissati estinguerà l’obbligazione originaria, anche se questa era di importo maggiore (il residuo €40.000 viene falcidiato dall’accordo).
Tuttavia, è cruciale evidenziare che la validità di tale novazione è subordinata al rispetto delle norme imperative. Se si tentasse una transazione al di fuori dell’ambito legale consentito, questa sarebbe nulla per violazione di norme imperative (artt. 1418 e 1966 c.c.). Richiamando il principio già citato: “È nulla la transazione nel caso in cui i diritti che formano oggetto della lite sono sottratti al potere dispositivo delle parti”. In pratica:
- Un accordo stragiudiziale tra un’azienda e l’INPS che riducesse il debito contributivo senza seguire la procedura formale prevista (ad esempio, senza omologazione quando richiesta, o su crediti non transigibili per legge) sarebbe nullo o comunque inopponibile erga omnes.
- Una transazione tra datore di lavoro e lavoratore che comporti la rinuncia ai contributi su parte della retribuzione è inefficace verso l’INPS: l’ente potrà pretendere i contributi sulla retribuzione piena dovuta al lavoratore, in base all’art. 2115 c.c., come confermato da Cassazione.
- Perfino all’interno delle procedure concorsuali, se una proposta di concordato violasse i limiti legali (ad esempio offrendo ai crediti previdenziali meno di quanto imposto dalla legge o dalla parità di trattamento), il tribunale non potrebbe omologarla contro il parere dell’ente, o l’INPS potrebbe opporsi con successo.
È importante notare che, una volta conclusa una transazione lecita, essa vincola l’INPS all’esatto adempimento di quanto concordato. Se l’azienda rispetta i pagamenti previsti, l’INPS non potrà più pretendere in futuro la parte di debito condonata o falcidiata. Viceversa, se l’azienda non rispetta l’accordo (ad esempio, omette le rate concordate), in genere la transazione decade e l’INPS riacquista il diritto di pretendere l’intero importo originario, salvo diversa pattuizione. Le transazioni previdenziali non ammettono inadempimenti: spesso è lo stesso decreto di omologa o l’accordo a prevedere che la mancanza di un pagamento comporta la decadenza dai benefici e la reviviscenza del debito iniziale (al netto magari di quanto già versato). Pertanto, è essenziale per il debitore rispettare rigorosamente il piano concordato.
In sintesi, sotto il profilo civilistico la transazione previdenziale è:
- Contratto con la P.A.: segue sia le norme civilistiche sul consenso sia le norme pubblicistiche sui poteri dell’ente.
- Novativa (in genere): sostituisce l’obbligazione originaria con quella determinata dall’accordo, entro i limiti della legge.
- Soggetta a condizione risolutiva implicita: il mancato adempimento può risolvere l’accordo e ripristinare il debito originario.
- Invalida se illecita: nulla se fatta in violazione di norme (ad es. se riducesse contributi non falcidiabili per legge, o conclusa senza i dovuti presupposti).
Profili tributari: fiscalità e deducibilità delle somme
Dal punto di vista tributario (inteso sia come impatto fiscale sul debitore, sia come interazioni con norme fiscali), la transazione dei debiti contributivi pone diverse questioni: la deducibilità dei contributi e delle eventuali sanzioni pagate, il trattamento delle somme condonate o ridotte a livello di reddito imponibile, nonché la natura fiscale delle sanzioni civili.
Consideriamo anzitutto la deducibilità dei contributi dall’imponibile dell’azienda (società o impresa individuale). I contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro per i dipendenti rientrano tra i costi del personale e sono normalmente deducibili dal reddito d’impresa nell’esercizio di competenza. Tuttavia, la normativa fiscale italiana prevede (art. 95 TUIR e norme correlate) che i contributi e le retribuzioni siano deducibili nell’anno di competenza solo se effettivamente pagati entro determinati termini. In particolare, i contributi obbligatori relativi a retribuzioni di un certo anno devono essere versati entro il termine di legge (di solito il 16 del mese successivo) affinché il costo sia deducibile nell’anno di competenza; se pagati in ritardo (oltre il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi), la deduzione slitta all’anno di pagamento. Dunque, un’azienda che non ha versato contributi, di norma non ha potuto dedurli nel periodo di competenza. Quando poi li paga (anche parzialmente in transazione), potrà dedurli nel periodo di pagamento. Questo implica che pagare i contributi dovuti, anche tardivamente, comporta un beneficio fiscale (il costo riduce il reddito imponibile dell’azienda in quell’anno).
Esempio: se l’azienda Alfa nel 2023 non ha versato €50.000 di contributi, tale importo non era deducibile nel reddito 2023. Se nel 2025, grazie a una transazione, versa €30.000 per chiudere quel debito, quei €30.000 diventano un costo deducibile nel 2025 (riducendo l’utile tassabile). Se invece una parte del debito viene condonata (nell’esempio, €20.000 non più dovuti), occorre valutare il trattamento di questa “rinuncia” da parte del creditore (INPS) sul piano fiscale.
In generale, quando un debito di un’impresa viene cancellato (condonato, prescritto, rinunciato), l’impresa realizza una sopravvenienza attiva pari all’importo del debito eliminato, che sarebbe ordinariamente tassabile come componente positivo straordinario. Nel nostro esempio, i €20.000 di contributi non pagati né più dovuti potrebbero configurare per Alfa una sopravvenienza attiva. Tuttavia, il legislatore fiscale ha previsto delle esenzioni per evitare di tassare le sopravvenienze attive derivanti da procedure concorsuali o accordi di ristrutturazione omologati. In particolare, l’art. 88, comma 4-ter del TUIR (introdotto dal D.L. 98/2011, poi modificato) stabilisce che non concorrono a formare il reddito le sopravvenienze attive derivanti da accordi di ristrutturazione dei debiti omologati e piani di concordato preventivo omologati. Ciò significa che se la transazione contributiva avviene all’interno di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione approvati dal tribunale, la parte di debito contributivo annullata non viene tassata come reddito imponibile dell’azienda. Questo è un incentivo importante: l’azienda in crisi che ottiene un taglio dei debiti non viene gravata anche dall’erario su quel “risparmio”.
Fuori da queste ipotesi, se vi fosse (in linea teorica) una transazione stragiudiziale in cui l’INPS abbuona una parte del debito, l’azienda potrebbe dover contabilizzare una sopravvenienza attiva tassabile. Tuttavia, va ribadito che transazioni extragiudiziali con riduzione di debito INPS sono possibili solo in contesti normativamente previsti. Ad esempio, nelle definizioni agevolate dei carichi esattoriali (le cosiddette rottamazioni), la legge ha spesso previsto che le somme condonate (sanzioni e interessi annullati) non generano imponibile fiscale. Nel caso della rottamazione-quater 2023 su ruoli fino al 2017, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’eventuale stralcio di sanzioni e interessi relativi a contributi non produce reddito tassabile per il debitore, trattandosi di un condono di legge (al pari di condoni fiscali). Inoltre, le somme corrisposte a titolo di contributi in definizione agevolata sono deducibili secondo le regole ordinarie (di cassa, se non dedotte prima).
Un ulteriore profilo riguarda la natura delle sanzioni civili e degli interessi di mora sui contributi ai fini fiscali. Le cosiddette sanzioni civili INPS per ritardato od omesso versamento dei contributi hanno una duplice funzione: da un lato risarcitoria (interesse moratorio per il danno da ritardo), dall’altro punitiva (specie nelle ipotesi di evasione, con tassi maggiorati). Fiscalmente, le somme qualificate come “sanzioni” o “multe” non sono deducibili dal reddito d’impresa (art. 14, co.4, L. 537/1993 e succ. mod.). Pertanto, se un’azienda paga sanzioni amministrative o civili per violazioni contributive, tali importi non possono essere portati a riduzione del reddito imponibile. Viceversa gli interessi puri possono essere deducibili nei limiti generali. Nel regime INPS attuale, il confine tra interesse e sanzione è particolare: per le omissioni contributive viene calcolata una sanzione civile in misura percentuale sugli importi non pagati, che sostituisce interessi e multe. Di regola queste somme rientrano tra le sanzioni (non deducibili). Tuttavia, quando l’INPS accorda una dilazione, vengono applicati interessi di rateazione al tasso legale o vicino al tasso legale, che sono da considerarsi interessi passivi deducibili (trattandosi del corrispettivo per il pagamento dilazionato). Ad esempio, dal 5 febbraio 2025 l’INPS ha allineato l’interesse di dilazione al tasso di riferimento della BCE, fissandolo all’8,90% annuo: questi interessi sulle rate sono contabilmente oneri finanziari deducibili, a differenza delle sanzioni per ritardato pagamento antecedenti la transazione.
Inoltre, un’azienda che aderisce a un piano di definizione agevolata o transazione può chiedersi se i contributi pagati tardivamente siano comunque deducibili. La risposta è sì: anche se i contributi sono versati oltre la scadenza originaria (per esempio in una transazione nel 2025 per contributi 2019), essi restano costi inerenti. L’unica differenza è il momento di deduzione (nell’anno di pagamento) e il rispetto della condizione di effettivo pagamento.
Riassumendo i punti chiave fiscali:
- I contributi previdenziali versati (anche in ritardo o in forma ridotta transattivamente) sono costi deducibili per l’impresa, generalmente nell’esercizio in cui avviene il pagamento. Se erano già stati dedotti (evento raro, data la regola di cassa), bisogna gestire le variazioni, ma in pratica di solito vengono dedotti a consuntivo.
- Le sanzioni civili e le multe pagate all’INPS non sono deducibili. Se però la sanzione viene annullata dall’accordo (condonata), l’impresa non subisce alcun esborso e quindi nessun costo o perdita da dedurre.
- Gli interessi di dilazione applicati dall’INPS sulle rate (attualmente quasi 9% annuo) sono oneri finanziari deducibili, secondo le regole generali sugli interessi passivi (che in alcuni casi ne limitano la deducibilità oltre certi importi, ma per la maggior parte delle PMI non si pongono problemi di plafond).
- Le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti contributivi non concorrono al reddito se l’accordo è omologato in sede concorsuale (concordato preventivo o accordo di ristrutturazione) in base alle norme del TUIR che sterilizzano tali effetti. Negli altri casi (definizioni agevolate ex lege) la legge stessa di solito esenta da imposizione le somme condonate.
- Un effetto collaterale importante: se parte del debito contributivo è cancellato, potrebbe ridursi il credito IRAP dell’azienda su quel costo del lavoro non sostenuto. Tuttavia, dato che contributi non versati non erano stati dedotti né rilevanti per IRAP (che di regola non deduce il costo del lavoro per le società di capitali), questo impatto è minimo o nullo.
Transazione Giudiziale e Stragiudiziale con INPS
Affrontiamo ora le modalità con cui può svolgersi una transazione con l’INPS, distinguendo le ipotesi giudiziali (cioè all’interno di procedimenti giudiziari o concorsuali, sotto controllo di un giudice) da quelle stragiudiziali (al di fuori di un processo, su base volontaria o amministrativa). Questa distinzione è essenziale, perché i poteri e i vincoli dell’INPS cambiano radicalmente a seconda del contesto.
Transazione giudiziale in sede concorsuale (concordato preventivo e accordi di ristrutturazione)
La situazione più tipica di “transazione previdenziale” è quella che avviene nell’ambito di una procedura concorsuale, in particolare:
- Concordato preventivo (procedura giudiziale di composizione della crisi, dove l’azienda in stato di crisi o insolvenza propone un piano ai creditori sotto supervisione del tribunale).
- Accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR) omologato dal tribunale, che è un accordo negoziato con una parte di creditori (almeno il 60%) e reso efficace erga omnes dall’omologazione giudiziale.
In tali procedure, come previsto dalla normativa (già art. 182-ter L.F. ed oggi art. 88 CCII per il concordato, e art. 63 CCII per gli accordi di ristrutturazione), il debitore può inserire una proposta di trattamento agevolato dei debiti contributivi verso INPS. Vediamo le caratteristiche di ciascun caso.
Concordato Preventivo e trattamento dei crediti contributivi: L’art. 88 del Codice della Crisi d’Impresa (come modificato dal correttivo D.Lgs. 136/2024) prevede espressamente che “con il piano di concordato il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del medesimo articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, […] dei contributi […] amministrati dagli Enti previdenziali […] e dei relativi accessori”. Ciò significa che nel piano di concordato l’azienda può offrire all’INPS di pagare i contributi dovuti in misura non integrale (una percentuale) e/o in forma rateale. Questa proposta si inserisce nel trattamento complessivo dei creditori e dev’essere coerente con le regole di distribuzione.
Nel concordato, i crediti contributivi possono essere sia privilegiati che chirografari:
- I contributi dovuti su retribuzioni dei lavoratori (c.d. contributi IVS – invalidità, vecchiaia, superstiti, cioè pensionistici) godono di privilegio generale mobiliare di primo grado ex art. 2753 c.c. (equiparato al n.1 dell’art. 2778 c.c.). Anche parte delle sanzioni civili (fino al 50%) gode di privilegio generale di grado inferiore (art. 2778 n.8 c.c.). Questi crediti privilegiati, in un concordato liquidatorio, dovrebbero in teoria essere pagati integralmente a meno che i titolari rinuncino. Tuttavia, la legge di cui sopra (art. 88 CCII) consente di proporne il pagamento parziale, superando il veto all’infalcidiabilità dei privilegi contributivi. Resta comunque il vincolo che la percentuale e le condizioni offerte all’INPS non possono essere inferiori a quelle offerte a creditori di rango inferiore o di classe equivalente. Ad esempio, se l’INPS ha un credito privilegiato di grado superiore rispetto a un altro creditore privilegiato, all’INPS non può essere proposto un trattamento meno favorevole rispetto a quest’ultimo.
- La parte di crediti INPS chirografari (tipicamente le sanzioni e interessi non privilegiati, oppure eventuali contributi per cui il privilegio è degradato per incapienza) rientra nei crediti chirografari normali e può essere falcidiata come gli altri chirografari, purché rispettando la parità di trattamento intra-classe (o interclasse se classati).
Nella prassi precedente (era Legge Fallimentare), l’INPS aveva fissato delle percentuali minime per accettare proposte in concordato:
- 100% del dovuto per contributi IVS (cioè la quota di contributi previdenziali obbligatori principali). In particolare, la giurisprudenza e l’INPS consideravano intoccabile almeno la parte di contributi trattenuti ai dipendenti: questi dovevano essere garantiti integralmente in ogni concordato.
- 40% per gli altri contributi privilegiati (privilegio grado 8) e per il 50% degli accessori privilegiati. Quindi su queste voci si ammetteva un taglio fino al 60%.
- 30% per i crediti chirografari (residuo accessori non privilegiati).
Tali soglie derivavano dalla normativa secondaria (DM 2009) e da indirizzi interni. Con la riforma del CCII, formalmente queste percentuali rigide non sono più indicate nella legge, ma l’INPS ha continuato a utilizzarle come riferimento operativo. Il risultato è che anche oggi, di fatto, l’INPS esige il pagamento integrale della quota dipendente (ritenute previdenziali) come precondizione per concedere una transazione, e accetta riduzioni sulle altre voci entro limiti ragionevoli (tagli molto spinti oltre quelle soglie verrebbero probabilmente rigettati dall’ente se non supportati da solide ragioni, ad esempio dimostrando che in liquidazione il realizzo sarebbe minore).
Procedura decisionale nel concordato: l’INPS interviene nel concordato come creditore votante se ha crediti chirografari (per la parte privilegiata si esprime un parere più che un voto, poiché i privilegi non votano ma devono dare adesione per eventuale falcidia). Con le modifiche introdotte nel 2024, la competenza a decidere sull’adesione dell’INPS è in capo al Direttore regionale/metropolitano, mentre il voto (o l’adesione) viene espresso dall’ufficio territoriale competente. In pratica, l’ufficio territoriale INPS che gestisce il credito partecipa all’adunanza dei creditori o esprime il voto scritto seguendo le direttive del Direttore regionale. Se la proposta è ritenuta accettabile, l’INPS voterà favorevolmente (sì al concordato) e sottoscriverà l’eventuale atto transattivo; se non lo è, voterà contro e possibilmente si opporrà in sede di omologa. Una novità importante è l’introduzione, nel CCII, di una sorta di “cram-down” fiscale: il tribunale può omologare il concordato anche senza l’adesione del Fisco/INPS se la loro soddisfazione proposta è almeno pari a quella ricavabile dalla liquidazione e se il voto contrario è determinante per bocciare la proposta. Questa norma (art. 88 co.6 CCII e art. 112-bis CCII) è stata estesa chiaramente ai tributi; per i contributi, inizialmente non era simmetricamente prevista, ma l’orientamento è di applicarla analogamente, specie dopo il 2024 che ha uniformato competenze (resta comunque un tema in evoluzione giurisprudenziale).
Dal punto di vista pratico, un’azienda che voglia inserire la transazione contributiva nel concordato deve:
- Predisporre un piano in cui indica quanto intende pagare all’INPS (percentuale su contributi e sanzioni) e in che tempi (unico pagamento a omologa o rate post-omologa, fino a max 5 anni dilazionato). Se prevede dilazione nel concordato, in genere deve offrire interessi legali sulle rate.
- Presentare la proposta all’INPS contestualmente al deposito del ricorso di concordato in tribunale. Ciò comporta notificare la proposta e la documentazione di concordato alla Direzione territoriale INPS competente per sede (domicilio fiscale del debitore) e a quella titolare della gestione del credito. Spesso è la stessa (se l’azienda opera principalmente in un luogo), ma se il debitore ha posizioni in più sedi INPS, la sede con il credito maggiore coordina.
- Mantenere il versamento dei contributi correnti: dall’apertura della procedura in poi, l’azienda deve essere regolare sui contributi maturandi (condizione di legge).
- Ottenere il voto favorevole dell’INPS entro 90 giorni dal deposito della domanda di transazione. L’INPS ha infatti (per legge) 90 giorni per aderire alla proposta; se aderisce, il debitore potrà procedere con l’omologazione anche senza attendere oltre. Se l’INPS rifiuta o non si pronuncia, la proposta di transazione contributiva si considera rigettata e il concordato potrebbe essere a rischio (specie se quel credito era decisivo).
- Omologa: se il concordato viene approvato dai creditori e omologato, la transazione contributiva contenuta nel piano diventa efficace a tutti gli effetti. L’INPS verrà soddisfatto secondo quanto stabilito e, a esecuzione avvenuta, la parte residua di debito sarà annullata.
È bene evidenziare che, in presenza di una transazione concordataria, decade qualsiasi altra forma di recupero sull’azienda per quei crediti: le cartelle o avvisi sono sospesi, e l’INPS non può iscrivere nuovi ruoli per le somme falcidiate (salvo in caso di risoluzione del concordato per inadempimento, ipotesi peraltro possibile solo nel concordato in continuità, poiché nel liquidatorio inadempimento porta a fallimento). L’azienda, dopo l’omologazione, ha quindi la certezza che pagando quanto dovuto secondo l’accordo non subirà ulteriori azioni sui contributi pregressi.
Accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR) e transazione contributiva: L’art. 63 CCII (anch’esso modificato dal D.Lgs. 136/2024) disciplina la transazione fiscale e contributiva negli accordi stragiudiziali di ristrutturazione. Un ADR è un accordo che l’imprenditore raggiunge con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, e che viene poi omologato dal tribunale rendendolo efficace anche verso eventuali dissenzienti (questi ultimi però non subiscono falcidie se privilegiati e non consenzienti, quindi spesso i debiti verso Erario/INPS – essendo privilegiati – richiedono la loro adesione esplicita).
In base all’art. 63 CCII, il debitore può proporre all’INPS (e al Fisco) il pagamento parziale o dilazionato dei contributi dovuti fino alla data della proposta anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipula di un accordo di ristrutturazione. La procedura qui è leggermente diversa dal concordato:
- La proposta transattiva va depositata presso la Direzione territoriale INPS competente (per domicilio fiscale debitore e per gestione credito) durante la fase di trattativa. In pratica, l’azienda presenta un’istanza di transazione all’INPS prima di formalizzare l’accordo ADR con gli altri creditori.
- La decisione sull’adesione spetta al Direttore regionale INPS dal 28 settembre 2024 (prima poteva esserci un iter più centralizzato). Se il Direttore regionale valuta positivamente, l’adesione viene formalizzata con la sottoscrizione di un atto negoziale da parte del Direttore della sede territoriale competente. Tale atto, controfirmato anche dall’Agente della Riscossione per la parte di oneri di riscossione eventualmente inclusa, vale come sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.
- In caso di posizioni multi-sede, la sede con il credito maggiore coordina le altre per istruire la pratica.
- Ottenuta l’adesione dell’INPS (entro 90 giorni dal deposito della proposta), il debitore può procedere a raccogliere le altre adesioni e depositare l’accordo con le firme raggiunte. La percentuale di creditori aderenti deve essere almeno il 60%, inclusi preferibilmente gli enti pubblici. Se l’INPS (o l’Agenzia Entrate) non aderiscono e hanno crediti rilevanti, spesso l’ADR non è fattibile poiché il tribunale non omologherebbe un accordo che non li comprende (non essendoci voto, serve l’adesione individuale di tali creditori).
- Una volta depositato l’accordo con le adesioni, si chiede l’omologazione al tribunale. Qui è previsto (art. 63 co.3 CCII) che il debitore dia notizia via PEC all’INPS della pubblicazione dell’accordo nel Registro Imprese, e l’INPS tramite le sue sedi territoriali coinvolte coordina con la propria Avvocatura la valutazione se proporre opposizione all’omologazione. L’opposizione potrebbe avvenire se ad es. ritengono che l’accordo non rispetti i requisiti di legge o che il debitore non abbia le condizioni per proporlo.
- Se tutto va bene, l’accordo viene omologato e diventa vincolante. L’INPS verrà soddisfatto secondo quanto sottoscritto (anche qui, in caso di inadempimento l’accordo perde efficacia e l’INPS può riprendere le azioni di recupero per l’intero).
In sostanza, nell’ADR la transazione contributiva è ancora più contrattuale: l’INPS firma un vero e proprio atto transattivo con il debitore (e con eventuale firma dell’Agente di riscossione per la sua quota di aggio). Ciò richiede tutti i crismi di un atto pubblico-amministrativo motivato, come abbiamo visto: la decisione deve essere presa in modo da assicurare che l’accordo sia più conveniente del recupero alternativo. Spesso, parte della valutazione sta nel fatto che l’accordo ADR evita il fallimento e consente la continuazione dell’attività d’impresa (con benefici anche per l’occupazione), elementi che la legge stessa indica come condizioni per accettare transazioni.
Piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione (PRO): Accenniamo che il CCII prevede anche i piani di ristrutturazione con omologazione (strumento ibrido introdotto nel 2022-2023, simile agli accordi ADR ma con percentuali diverse e possibilità di cram-down su dissenzienti). Anche in tali piani (artt. 64-bis e ss. CCII), è ammessa la transazione su tributi e contributi. Il Messaggio INPS 3553/2024 cita espressamente che le istruzioni valgono anche per i PRO. Di fatto, il funzionamento è analogo agli ADR: l’INPS deve aderire negozialmente entro 90 giorni, e il piano viene poi omologato.
Vantaggi e limiti della transazione in ambito concorsuale
Ricorrere alla transazione contributiva in queste sedi offre alcuni vantaggi:
- Riduzione del carico debitorio: l’azienda può ottenere uno sconto significativo su sanzioni e interessi, e in certe situazioni anche su parte dei contributi (quota a carico azienda) se ciò è inevitabile per la fattibilità del piano. In pratica, libera risorse per soddisfare altri creditori e favorisce la ristrutturazione.
- Dilazione lunga: si possono ottenere piani di pagamento più lunghi di quelli normalmente concessi dall’INPS in via amministrativa. Ad esempio, fino a 5 anni di rate post-omologa (60 mesi), con interessi legali anziché sanzioni elevate. 60 mesi è spesso più di quanto l’Agenzia di Riscossione concede ordinariamente senza decadenze (che è 72 mesi standard, ma con sanzioni piene se fuori rottamazione).
- Blocco delle azioni esecutive: dalla presentazione del concordato o accordo, scatta la protezione del patrimonio (stay delle azioni esecutive). L’INPS non può iniziare né proseguire pignoramenti, fermi, ecc., riguardo ai crediti oggetto di transazione, in attesa dell’esito.
- Chiarezza sul debito: mediante la transazione si fa ordine sul dovuto, accertando l’entità dei crediti INPS e chiudendo eventuali contenziosi con un accordo. L’INPS di solito richiede infatti la regolarizzazione di eventuali periodi denunciati ma non pagati, e produce una certificazione del debito totale.
- Conservazione azienda: l’accettazione della transazione spesso è subordinata alla prospettiva di continuità aziendale e salvaguardia occupazionale. Ciò implica che se l’impresa continua, anche l’INPS avrà in futuro contributi correnti (dunque un interesse a non farla chiudere).
D’altro canto, ci sono anche limiti:
- Rigore nei pagamenti futuri: un concordato con transazione fallisce se l’azienda non paga con puntualità le rate. La decadenza può portare al fallimento (se era concordato) o alla risoluzione dell’accordo. Quindi, impegno finanziario stringente.
- Obbligo di versare le ritenute lavoratori: l’INPS in genere non transige mai su ciò che il datore ha trattenuto ai dipendenti. Se in arretrato mancano anche quelle, spesso l’ente chiede di pagarle subito o entro breve prima di accordare la transazione. Questo può voler dire dover reperire liquidità immediata per mettersi in pari con la quota dipendente.
- Procedura complessa: preparare un concordato o ADR è oneroso, richiede costi (advisor, attestatore, spese legali) e l’esito non è garantito. Va valutato solo se il debito contributivo (insieme ad altri debiti) è di entità tale da non poter essere gestito diversamente.
- Tempi di adesione: benché la legge preveda 90 giorni, nella realtà ottenere la risposta dell’INPS può essere complesso e richiedere solleciti o integrazioni di documenti. Una cattiva preparazione del dossier può far perdere tempo prezioso e mettere a rischio la procedura per decorrenza dei termini.
- Coordinamento con altri enti: spesso la transazione contributiva viene richiesta insieme alla transazione fiscale (verso Agenzia Entrate). Bisogna quindi negoziare parallelamente con più soggetti, e ciascuno ha le proprie valutazioni. Il concordato non può discriminare troppo tra Erario e INPS, altrimenti uno dei due si oppone.
In conclusione, la transazione giudiziale concorsuale è un potente strumento di fresh start per l’azienda in crisi, ma va utilizzato con preparazione e realismo, coinvolgendo professionisti esperti e mantenendo trasparenza con l’INPS sin dalle fasi di trattativa.
Transazione giudiziale in sede di contenzioso (cause di lavoro o appelli)
Oltre all’ambito concorsuale, si può parlare di transazione giudiziale con l’INPS anche riferendosi a cause giudiziarie in cui l’INPS sia parte (tipicamente, cause in materia di accertamento di contributi o opposizioni a sanzioni). In tali casi, “transigere” significa raggiungere un accordo transattivo durante il processo, per evitarne la prosecuzione e definire bonariamente la controversia.
Le controversie sui contributi previdenziali rientrano nella competenza del Giudice del Lavoro (tribunale in funzione di giudice del lavoro) e seguono il rito del lavoro. Esempi di tali cause:
- Ricorso di un’azienda contro un avviso di addebito INPS (titolo esecutivo emesso dall’INPS per crediti contributivi accertati).
- Opposizione a cartella esattoriale contenente contributi (anche se oggi, dopo il 2011, l’INPS usa più spesso l’avviso diretto).
- Contenziosi su verbali di accertamento di ispettori del lavoro/INPS, dove si disputa se certi lavoratori andavano assicurati, o sull’importo delle contribuzioni evase.
- Azioni di regresso INPS (es. INPS che chiede a un datore il rimborso di prestazioni indebitamente erogate ai dipendenti, contributi di malattia/maternità, ecc.).
In questi giudizi, come in ogni causa civile, è sempre possibile per le parti concludere una conciliazione. Nel rito del lavoro in particolare:
- Conciliazione giudiziale (ex art. 420 c.p.c.): il giudice del lavoro, già alla prima udienza, tenta la conciliazione tra le parti. Se le parti (azienda e INPS) trovano un accordo, viene redatto un verbale di conciliazione giudiziale che ha valore di titolo esecutivo e definisce il giudizio.
- Transazione fuori udienza (stragiudiziale) con successiva cessazione della materia del contendere: le parti possono anche accordarsi al di fuori dell’udienza e poi riferire al giudice che hanno transatto, chiedendo di dichiarare cessata la materia del contendere. Spesso formalizzano l’accordo in un atto scritto (scrittura privata di transazione) che può, se si vuole maggiore forza, essere autenticato e reso titolo.
Ma è davvero possibile che l’INPS accetti, in sede di causa, di ridurre l’importo richiesto? La risposta è: in alcuni casi sì, ma con dei distinguo:
- Se la controversia verte su questioni di quantum o qualifying (es: incertezza sul calcolo esatto dei contributi dovuti, su sanzioni applicabili, su qualificazione di taluni compensi come soggetti a contributo o meno), l’INPS può essere disponibile a una soluzione di compromesso. Ad esempio, in una causa in cui l’azienda contesta la pretesa contributiva perché ritiene alcuni lavoratori non dovuti assicurare, le parti potrebbero accordarsi riconoscendo come dovuti i contributi per una parte di quei lavoratori e rinunciando per altri. Oppure, l’INPS potrebbe riconoscere l’applicazione di un certo regime sanzionatorio più favorevole all’azienda in cambio del pagamento immediato del dovuto principale.
- Se invece la questione è puramente di insolvibilità (l’azienda non nega i contributi ma non riesce a pagarli) e spera in uno sconto per ragioni equitative, in giudizio ciò non è possibile: il giudice non può omologare un accordo che violi la legge (non potrebbe ratificare una transazione che condona contributi certi). Quindi, un accordo “puro” di stralcio del debito è realizzabile solo se l’INPS, in virtù di qualche norma, può accettarlo (ad esempio se nel frattempo è intervenuta una norma di definizione agevolata che copre quel caso, oppure se emerge che parte del debito è già prescritto, ecc.).
Tuttavia, esistono margini tecnici di trattativa:
- L’INPS potrebbe convenire su alcuni aspetti contestati: per esempio, rinunciare alle sanzioni civili per evasione (più gravi) accontentandosi di qualificare la condotta come mera omissione con sanzioni ridotte al 60% del massimo, se c’è incertezza sull’intenzionalità dell’evasione. In tal modo l’azienda paga meno sanzioni, l’INPS incassa subito e si evita di prolungare la lite. Questo non è un condono illegale, ma un accordo sull’inquadramento giuridico della violazione.
- Oppure, in cause dove i contributi dipendono da una certa interpretazione (es: sono dovuti contributi su una certa indennità corrisposta al lavoratore?), l’INPS potrebbe accettare una transazione riconoscendo che per il passato non li chiederà (magari qualificando quell’importo come risarcimento non soggetto a contributi), mentre per il futuro l’azienda si adeguerà. Così si compone la lite e l’INPS non “cede” su contributi certi ma su contributi controversi.
- La conciliazione potrebbe anche riguardare rateazioni giudiziali: a volte l’azienda potrebbe pagare l’intero dovuto ma chiede tempo. Il giudice non può imporre all’INPS di rateizzare, ma se l’INPS accetta, si può formalizzare che l’azienda pagherà in tot rate l’importo X e l’INPS rinuncia ad ogni azione nel frattempo. Questo in sostanza è un piano di rientro concordato in sede giudiziaria.
Importante: qualunque sia l’accordo, non deve violare il divieto di patti in frode ai contributi (art. 2115 c.c.). Quindi, se la lite riguarda contributi su somme effettivamente corrisposte al lavoratore, l’INPS difficilmente potrà accettare di esonerare dal contributo. Se invece la lite verte su quantum debeatur, margini ce ne sono.
Proceduralmente, la transazione giudiziale avviene così:
- Le parti (avvocato dell’azienda e funzionario legale dell’INPS) negoziano i termini.
- Se trovano un’intesa, in udienza la espongono al giudice, il quale redige verbale di conciliazione ex art. 420 c.p.c. contenente l’accordo (es: “le parti convengono che l’azienda versa €XX a saldo dei contributi oggetto di causa, entro il tal termine, e l’INPS rinuncia al resto; le spese compensate”, etc.). Questo verbale vale come un contratto transattivo e ha efficacia di cosa giudicata tra le parti.
- Oppure, se l’accordo è raggiunto fuori udienza, le parti possono depositare un verbale firmato da entrambe (ad esempio sottoscritto davanti alla Commissione di Conciliazione presso l’Ispettorato del Lavoro, se si sceglie quella sede) e chiedere al giudice di dichiarare cessata la materia del contendere prendendo atto dell’accordo.
Esecutività: il verbale di conciliazione giudiziale è immediatamente esecutivo come una sentenza. Quindi se, ad esempio, l’azienda non paga quanto promesso, l’INPS potrà riprendere l’esecuzione forzata basandosi su quel verbale (che attesta l’obbligo riconosciuto). Viceversa, se l’INPS avesse accettato qualcosa (es. restituzione di somme già versate ecc.), il datore potrebbe escutere l’INPS.
Da un punto di vista pratico, transigere in sede di causa con l’INPS non è frequentissimo, perché spesso le pretese contributive sono delineate chiaramente e l’INPS preferisce attendere la decisione se ritiene di aver ragione. Tuttavia, in cause complesse o dove la giurisprudenza non è univoca, l’Avvocatura INPS ha il potere di concludere transazioni, previa autorizzazione interna, se ciò è ritenuto vantaggioso (ad es., evitare il rischio di una perdita totale in Cassazione accettando invece una vittoria parziale in appello).
Una nota: la Corte dei Conti ha chiarito che la scelta di transigere o proseguire una causa è discrezionale per l’ente, ma deve basarsi su criteri di “razionalità, congruità e prudente apprezzamento” e perseguire un risparmio di spesa. Dunque, l’Avvocatura INPS transigerà solo se valuta che l’accordo porta un beneficio rispetto al continuare la lite (ad esempio, incasso immediato e certo di una parte consistente, invece di rischiare di incassare meno dopo anni).
Transazione stragiudiziale con INPS (piani di rientro e definizioni amministrative)
Parliamo ora delle ipotesi di componimento fuori dal contesto giudiziario e al di fuori di procedure concorsuali. In pratica: è possibile per un’azienda negoziare direttamente con l’INPS un accordo sul proprio debito contributivo senza passare dal tribunale? E, in caso affermativo, in quali forme?
La risposta è parzialmente sì, ma con importanti limitazioni. L’INPS, in assenza di procedure concorsuali, non ha il potere di “abbuonare” discrezionalmente quote di contributi dovuti, se non attraverso strumenti previsti dalla legge o da regolamenti. Ciò che si può ottenere stragiudizialmente è tipicamente:
- Una rateizzazione (piano di rientro) del debito.
- L’adesione a qualche misura di definizione agevolata varata per legge (le cosiddette rottamazioni, saldo e stralcio, ecc.).
- La riduzione di sanzioni civili tramite istituti normativi specifici (ad esempio, in caso di pagamenti spontanei prima di accertamenti, come vedremo).
- Eventuali accordi in sede amministrativa su aspetti controversi (ad esempio, accoglimento parziale di un ricorso amministrativo con annullamento di una parte del debito per autotutela, se quest’ultimo era effettivamente errato).
Quello che non rientra nei poteri INPS stragiudiziali è una transazione pura di stampo privatistico: l’INPS non può semplicemente dire “mi devi 100, pagami 80 e amici come prima” senza un fondamento normativo, perché sarebbe una rinuncia a entrate pubbliche al di fuori dei casi previsti. Vediamo dunque gli strumenti concreti.
Piani di rateazione amministrativa: L’INPS consente ai datori di lavoro di chiedere la dilazione dei debiti contributivi. La rateazione può essere concessa prima che il credito venga affidato all’Agente della Riscossione (ossia nella fase amministrativa interna) oppure, se ormai affidato (generando un avviso di addebito esecutivo o cartella), la rateazione va chiesta all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate Riscossione). Le caratteristiche:
- In fase amministrativa interna: l’INPS, su domanda motivata, può accordare rate mensili (spesso fino a 24 mesi, estensibili in casi eccezionali). L’azienda di solito deve dimostrare temporanea difficoltà finanziaria. Durante il pagamento rateale, l’INPS sospende l’invio a riscossione coattiva. Sulle rate si applicano gli interessi di dilazione legali (come detto, 8,90% annuo dal 2025), ma non si aggiungono le sanzioni civili ulteriori oltre quelle già maturate al momento della domanda. Se il debitore salta alcune rate, c’è la decadenza dal beneficio e il debito residuo viene iscritto a ruolo con le sanzioni.
- In fase di riscossione coattiva: se il debito è già in una cartella o avviso di addebito notificato, la rateazione va richiesta all’Agenzia Entrate-Riscossione (AER). Le norme generali (D.Lgs. 112/1999 e succ.) prevedono rateizzazioni standard fino a 72 rate mensili (6 anni) per debiti fino a certi importi, anche senza dover dare prova di difficoltà, e possibilità di piani straordinari fino a 120 rate (10 anni) per comprovate situazioni di grave crisi. Queste rateazioni includono anche i contributi INPS (non c’è distinzione, la cartella può contenere IVA, IRPEF, INPS insieme, e la rateazione copre tutto). Sulle rate l’AER applica un tasso di interesse (che in passato era il 4,5%, ora allineato al tasso di interesse legale o leggermente superiore, ad esempio nel 2023-2024 era intorno al 3-4%, ma destinato a salire per l’aumento del tasso legale). Durante la rateazione, le misure cautelari/esecutive (fermi, ipoteche, pignoramenti) di norma sono sospese a meno che il debito sia molto elevato (oltre 100k euro AER poteva iscrivere ipoteca anche con rate in corso, ma non pignorare).
- Un “piano di rientro” informale può essere concordato anche a seguito di un verbale ispettivo prima che l’INPS emetta atti: ad esempio, se un ispettore riscontra omissioni contributive e l’azienda ammette il dovuto, può versare entro 90 giorni e l’INPS applicherà le sanzioni ridotte al minimo (vedi oltre). In tal caso non c’è neppure un atto formale di transazione, ma è un adempimento spontaneo facilitato.
La rateizzazione dunque aiuta l’azienda in termini di tempo, ma non riduce il debito in linea capitale. L’interesse di dilazione è inferiore rispetto alle sanzioni di mora piene, quindi c’è un risparmio rispetto al lasciare il debito scaduto (in cui maturerebbero sanzioni fino al 60% in un anno e poi 60% massimo). Ad esempio, omettere un contributo e non pagarlo per due anni porterebbe forse a sanzioni del 60%; se invece si ottiene subito una rateazione e si paga dilazionato con interesse legale, la sanzione civile non cresce oltre il calcolo base. Quindi, indirettamente, c’è un vantaggio economico: contenimento delle sanzioni.
Definizioni agevolate e condoni: Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie misure di “pace fiscale” che hanno riguardato anche i contributi:
- Le rottamazioni delle cartelle esattoriali (Definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione) – edizioni 2016, 2017, 2018, 2023 – permettono di pagare i debiti iscritti a ruolo senza sanzioni né interessi di mora, ma solo la quota capitale e un ristoro spese. Ciò ha incluso i contributi INPS affidati a riscossione. Ad esempio, la rottamazione-quater (legge di bilancio 2023) consente di estinguere i carichi 2000-2021 pagando integralmente i contributi dovuti e l’aggio di riscossione, azzerando invece le sanzioni civili e gli interessi di ritardata iscrizione. Questa è una forma di “transazione di massa” stabilita per legge: non c’è discrezionalità dell’INPS, il debitore aderisce comunicando all’AER la volontà di rottamare e poi paga quanto dovuto in un massimo di 18 rate (5 anni). Finché rispetta i pagamenti, l’INPS/AER sospendono le azioni esecutive. Se completa i pagamenti, il debito residuo (sanzioni, interessi) è condonato.
- Il saldo e stralcio (L. 145/2018) fu una misura mirata alle persone fisiche in difficoltà economica (ISEE < €20.000) che permetteva di pagare solo una percentuale ridotta dei debiti contributivi (ed erariali) iscritti a ruolo, percentuale variabile dal 16% al 35% a seconda dell’ISEE, condonando il resto. Questa è stata un’eccezione estrema, un vero condono parziale pro quota per categorie deboli.
- L’annullamento automatico dei mini-debiti: la legge di bilancio 2023 ha previsto l’annullamento d’ufficio dei debiti affidati dal 2000 al 2015 di importo residuo fino a €1.000. Molti contributi più datati e di piccolo importo sono stati cancellati in blocco (compresi quelli dei commercianti, artigiani, gestione separata fino a 2015 sotto 1000 euro). Questo non richiede domanda: l’Agente della riscossione li ha stornati entro il 31 marzo 2023. L’INPS ha dovuto recepire la perdita (con eventuale danno erariale a carico dello Stato che copre).
- Definizione agevolata dei debiti INPS in fase amministrativa: raramente il legislatore l’ha prevista. Si ricordano norme come l’art. 13 comma 8 D.L. 201/2011 che condonò le sanzioni per chi versava entro certo termine contributi sospesi post-terremoti ecc., ma su scala generale no. Le definizioni agevolate riguardano quasi sempre il ruolo esattoriale.
Quando l’azienda ha accesso a queste misure, non c’è propriamente una “transazione” negoziata: c’è un’adesione unilaterale a condizioni fissate per legge. È comunque opportuno, in sede di consulenza, confrontare se sia più conveniente intraprendere una procedura concorsuale con transazione oppure sfruttare una definizione agevolata. Ad esempio, un’azienda sommersa dai debiti nel 2023 potrebbe valutare: conviene fare un concordato e offrire il 40% all’INPS in 5 anni, oppure aderire alla rottamazione e pagare il 100% del contributo senza sanzioni in 5 anni? La risposta varia: se il grosso del debito è contributivo, la rottamazione fa pagare tutto il capitale (nessuna falcidia sul contributo principale), mentre nel concordato l’azienda potrebbe legalmente ridurre anche una parte di contributi (eccetto quota dipendenti). Però il concordato coinvolge anche altri debiti (fornitori, banca) su cui la rottamazione non incide. Inoltre, la rottamazione richiede di avere liquidità costante perché le rate non ammettono ritardi (pena decadenza). Un concordato invece, se ben calibrato, potrebbe prevedere vendite di asset per pagare in percentuale i creditori. Quindi la scelta è complessa e va valutata caso per caso, idealmente con il supporto di un commercialista e un legale.
Riduzione sanzioni per adempimento spontaneo (ravvedimento operoso “indigeno”): Un altro meccanismo di transazione implicita è nella legislazione stessa delle sanzioni civili INPS. L’art. 116, commi 8-15, della L. 388/2000 prevede che:
- In caso di omissione contributiva non fraudolenta, la sanzione civile è pari al tasso ufficiale di riferimento + 5,5 punti (oggi intorno al 9-10% annuo) e non può superare il 50% dei contributi omessi se il versamento avviene spontaneamente prima di contestazioni. Se invece l’omissione perdura oltre la contestazione o accertamento, la sanzione sale ma con un massimo del 60%. Questo significa che se un’azienda spontaneamente regolarizza i contributi dovuti prima di ispezioni o richieste (dunque tardivamente ma spontaneamente), paga al massimo una sanzione pari alla metà del contributo, indipendentemente dal ritardo. È un incentivo a ravvedersi spontaneamente.
- In caso di evasione contributiva (omissione con artifizi o simulazioni, volontà di sottrarsi al pagamento), la sanzione civile è più elevata (tasso ufficiale + 5,5 punti, senza limiti percentuali, minimo 100% dei contributi evasi). Però c’è una previsione: se l’azienda, dopo un accertamento d’ufficio o un verbale ispettivo, paga entro 12 mesi dall’accertamento, ha diritto a una riduzione del 50% della sanzione di evasione. Questo in pratica dimezza la pena pecuniaria per chi, preso in fallo, si mette in regola rapidamente.
- Inoltre, aziende in procedure concorsuali possono chiedere la riduzione delle sanzioni al tasso legale (perché il DM 2009 consente di trattare i contributi privilegiati con soli interessi legali).
Queste previsioni non sono vere e proprie “transazioni” negoziali, ma meccanismi premiali automatici: se rispetti certe condizioni (pagare spontaneamente, o entro tot tempo, o essendo fallito paghi il dovuto), la legge stessa abbatte le sanzioni al 50% o le limita. L’INPS vi dà applicazione d’ufficio, spesso con necessità di presentare un’istanza. Ad esempio, un’azienda che riceve un verbale ispettivo con sanzioni per evasione, se paga entro 12 mesi può presentare istanza di applicazione della sanzione ridotta del 50% (art. 116 co. 8 lett. b-bis L.388/2000). L’INPS, verificato il pagamento, applica la riduzione. Si tratta in sostanza di un ravvedimento post-accertamento.
Composizione negoziata e accordi stragiudiziali ad hoc: Una recente novità dell’ordinamento è la composizione negoziata della crisi d’impresa (D.L. 118/2021, confluito nel CCII): un percorso volontario in cui l’imprenditore in crisi, con l’assistenza di un esperto, cerca un accordo con i creditori fuori dal tribunale. In tale sede, teoricamente, l’impresa potrebbe proporre accordi stragiudiziali individuali ai creditori (anche pubblici). Tuttavia, al 2025, non esiste una norma che consenta all’INPS di aderire a un accordo stragiudiziale con efficacia erga omnes fuori da un’Omologazione. Il tema è dibattuto: alcuni auspicano che l’INPS possa accettare accordi nella composizione negoziata con efficacia simile a un ADR, ma attualmente si tende a ricondurre le intese con erario/INPS comunque ad un successivo piano omologato. La Corte dei Conti Lombardia, ad esempio, ha evidenziato che nella composizione negoziata non è consentita la falcidia di tributi locali, richiedendo un intervento normativo per estendere la transazione fiscale anche lì. Allo stesso modo, senza una norma esplicita, l’INPS potrebbe trovarsi esposto a censure se rinunciasse a crediti in una semplice intesa privata.
Quindi, in assenza di omologazione, l’INPS potrà al più sospendere temporaneamente le azioni esecutive se vede che l’azienda sta trattando e magari pagando i contributi correnti e qualcos’altro, ma per “sanare” definitivamente il debito è necessaria o la via concorsuale o una definizione agevolata prevista da legge. Una sorta di accordo extra-giudiziale potrebbe essere messa in sicurezza facendola passare per un riconoscimento di debito e accordo transattivo poi recepito in decreto ingiuntivo non opposto, o in sentenza su concorde richiesta ex art. 185 c.p.c., ma sono forzature tecniche rischiose.
In conclusione, la transazione stragiudiziale con l’INPS si concretizza soprattutto come:
- Rateazione concordata (più tempo per pagare, ma non riduzione del dovuto se non nelle sanzioni future).
- Adesione a sanatorie legislative.
- Regolarizzazione spontanea con sconti di sanzioni previsti per legge (simili al ravvedimento).
- Accordi su questioni di merito contributivo (transazioni su contenziosi pre-giudiziali, in fase di ricorsi amministrativi): talvolta le Commissioni di conciliazione presso gli enti o i Comitati INPS possono decidere annullamenti parziali in autotutela se riscontrano che il ricorrente ha ragione su alcuni punti. Ma ciò non è tanto “transigere” quanto correggere errori.
Per un imprenditore o un legale che assiste un’azienda con debiti INPS, la strada stragiudiziale tipicamente percorribile è:
- Verificare se i debiti rientrano in una definizione agevolata in corso (ad es., nel 2023/24: rottamazione-quater).
- In mancanza, richiedere una rateizzazione all’INPS o all’AER per guadagnare tempo ed evitare misure aggressive (pignoramenti) – la domanda di dilazione va fatta prima che scadano i 60 giorni dall’avviso di addebito, così si sospende la procedura.
- Nel frattempo, valutare con un professionista se la situazione finanziaria consente di pagare il dovuto (magari con qualche sconto su sanzioni via pagamento rapido) oppure se occorre pensare a un concordato preventivo (transazione giudiziale).
- Controllare la prescrizione: i contributi si prescrivono in 5 anni (salvo interruzioni o salvo 10 anni per il pregresso in alcune situazioni fraudolente). Se alcuni debiti fossero già prescritti, si può presentare ricorso amministrativo o giudiziario per farli annullare. In sede stragiudiziale, l’INPS raramente ammetterà “ci siamo dimenticati e ora è prescritto, non pagare”, bisognerà formalmente eccepirlo. Ma un legale saprà porre la questione e l’INPS spesso, preso atto, annulla in autotutela i periodi chiaramente prescritti. Questo di fatto riduce il debito senza pagare (non è transazione ma fa parte delle strategie).
- Dialogare con l’INPS: a volte recandosi presso la sede INPS competente (tramite il consulente del lavoro o avvocato) si può concordare un piano informale: ad esempio, “verserò mese per mese tot oltre i correnti”. Non ha garanzia legale, ma umanamente l’ente può essere collaborativo se vede la volontà di rientrare.
In definitiva, l’approccio stragiudiziale con l’INPS richiede di conoscere bene gli strumenti normativi disponibili al momento e sfruttarli. Non c’è spazio per creatività contrattuale pura, ma piuttosto per una gestione accorta del debito sfruttando rate, riduzioni legali e magari attendendo (o auspicando) nuove normative di sollievo.
Applicabilità dell’art. 13 D.Lgs. 472/1997 (ravvedimento operoso) agli obblighi previdenziali
Una questione spesso dibattuta è se anche per i contributi previdenziali si possa utilizzare l’istituto del ravvedimento operoso, previsto per le violazioni fiscali dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997. Il ravvedimento operoso in ambito tributario consente al contribuente che abbia commesso violazioni (omesso versamento di imposte, ad esempio) di regolarizzarle spontaneamente entro certe scadenze pagando l’imposta dovuta, gli interessi legali e una sanzione ridotta in misura tanto minore quanto più tempestivo è il ravvedimento. È un meccanismo premiale che evita di incorrere nelle sanzioni piene.
Nel campo contributivo INPS, il ravvedimento operoso tout court non è applicabile. Questa è la risposta netta fornita sia dalla prassi sia dalla dottrina prevalente: “Il ravvedimento non è ammesso per sanare le violazioni relative ai contributi previdenziali”. Le ragioni sono normative:
- L’art. 13 D.Lgs. 472/1997 si inserisce nel sistema delle sanzioni amministrative tributarie (violazioni di norme fiscali, come mancate dichiarazioni o omessi versamenti d’imposte). Esso elenca le riduzioni sanzionatorie applicabili in caso di pagamento spontaneo entro 30 giorni, 90 giorni, ecc. Tuttavia, quel decreto si applica ai tributi erariali (o comunque a entrate tributarie).
- I contributi previdenziali sono regolati da una normativa speciale (come l’art. 116 L.388/2000 citato prima) e le relative sanzioni civili non sono qualificabili come “sanzioni amministrative” in senso stretto, ma come penali civili di mora. Pertanto, non rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. 472/97. La stessa Agenzia delle Entrate ha escluso dal ravvedimento “gli omessi o ritardati versamenti dei contributi INPS e INAIL”.
- Inoltre, la struttura del ravvedimento (che richiede il pagamento anche della sanzione seppur ridotta) mal si concilierebbe con le sanzioni civili INPS, che maturano nel tempo come interessi. In pratica, la legge ha preferito istituire un proprio meccanismo di premialità nel già menzionato art. 116 L.388/2000:
- Se paghi entro 12 mesi dall’omissione, applichi il tasso ridotto e il tetto del 50% (che in molti casi è equivalente o più vantaggioso che pagare una sanzione minima fissa come avverrebbe con ravvedimento).
- Se paghi dopo accertamento ispettivo, hai il dimezzamento della sanzione di evasione.
Possiamo considerare questo come un ravvedimento “sui generis” interno al regime contributivo, ma non è l’art. 13 del D.Lgs. 472/97. Quest’ultimo, infatti, elenca testualmente i tributi ma non menziona i contributi previdenziali.
Vale la pena ricordare che il ravvedimento operoso fiscale è stato esteso e reso più flessibile con le riforme 2015-2016 (ora ci si può ravvedere anche dopo la scadenza della dichiarazione, finché non arriva un atto di accertamento, con sanzioni decrescenti), ma nessuna norma ha esteso formalmente queste previsioni all’ambito contributivo. L’INPS, dal canto suo, non ha emanato una propria disciplina di “ravvedimento contributivo”, ma applica la già citata riduzione automatica di sanzioni per pagamento spontaneo. Dunque:
- Se un’azienda si accorge di aver omesso un versamento di contributi, cosa può fare per limitare i danni? Può versare spontaneamente il dovuto il prima possibile. Se versa prima che l’omissione sia contestata dall’ente, la sua posizione sarà trattata come mera omissione non evasiva, con sanzione civile al tasso base (oggi 8% circa) e con il limite del 50%. Non avrà l’ulteriore riduzione graduale come succede per i tributi (ad esempio in ambito fiscale pagare entro 30 giorni dà sanzione 1/10, entro 90 giorni 1/9, ecc., concetti non previsti in ambito contributi).
- Se un’azienda tenta invece di applicare da sé il ravvedimento fiscale (versando contributo + interessi + sanzione ridotta 1/15, per dire) e crede di essere a posto, si sbaglia: l’INPS comunque calcolerà le sue sanzioni civili secondo le proprie regole, senza riconoscere quella sanzione ridotta versata come liberatoria. In pratica, non c’è un modulo F24 per ravvedersi sui contributi come c’è per le imposte.
Unica eccezione segnalata: “salvo il solo caso di errata compensazione fra …”. Questa frase (dal sito dei Consulenti del Lavoro di Varese) suggerisce che se la violazione consiste in un’errata compensazione contributiva (ad esempio, l’azienda ha compensato un credito d’imposta con contributi dovuti ma tale compensazione non era legittima), forse in quel caso è ammesso ravvedersi: pagando il contributo dovuto e la sanzione ridotta come se fosse un indebito utilizzo credito fiscale. È un caso molto di nicchia e deriva dal fatto che quell’errore tocca ambito fiscale (errata compensazione) e contributivo insieme. Ad ogni modo, nella prassi quotidiana, il ravvedimento per contributi non è previsto.
In conclusione, l’art. 13 D.Lgs. 472/97 non si applica agli obblighi contributivi verso INPS (né verso INAIL). Chi vuole “ravvedersi” per contributi omessi deve fare affidamento sulle regole proprie dell’INPS:
- Pagare spontaneamente prima possibile per incorrere solo nelle sanzioni civili minime.
- Se riceve una contestazione, pagare entro i termini di legge per avere le riduzioni (50% su evasione, etc.).
- Utilizzare gli istituti come le definizioni agevolate se disponibili.
Questa posizione è costante e, aggiornato a maggio 2025, non risultano novità legislative che abbiano equiparato il ravvedimento tributario a quello contributivo. Le uniche novità rilevanti in ambito sanzionatorio contributivo sono state gli aggiornamenti dei tassi di interesse e l’inasprimento per i casi di omessa dichiarazione contributiva (ma questo esula dal ravvedimento).
Coordinamento con Definizioni Agevolate e Piani di Rientro
Come anticipato in parte sopra, è fondamentale per consulenti e debitori coordinare l’eventuale strategia di transazione previdenziale con le altre misure di definizione dei debiti esistenti e con gli strumenti di dilazione ordinaria. Questa sezione fornisce una panoramica di come le transazioni con INPS si inseriscono nel contesto più ampio delle “soluzioni” al problema dei debiti contributivi, ossia:
- le definizioni agevolate (rottamazioni delle cartelle, saldo e stralcio, condoni vari) che possono coinvolgere i contributi;
- i piani di rientro (rateizzazioni amministrative o presso la riscossione);
- altre procedure come la composizione negoziata o accordi di dilazione sui verbali ispettivi;
- eventuali interazioni fra transazione e queste misure (ad esempio, se sono cumulabili o alternative).
Rottamazioni e transazione: alternative o complementari?
Le cosiddette rottamazioni delle cartelle consentono, come visto, di pagare i debiti iscritti a ruolo senza oneri di mora e sanzioni. Nel caso dei contributi:
- La rottamazione impone comunque il pagamento integrale del capitale dei contributi dovuti. Non c’è alcuna falcidia sul contributo in sé.
- Cancella invece le sanzioni civili e gli interessi di mora pregressi. Quindi il beneficio è non pagare (mediamente) un 30-50% dell’importo totale che, senza rottamazione, sarebbe andato in sanzioni e interessi.
- Va seguita rigidamente secondo le scadenze fissate dalla legge (ad es., per la rottamazione-quater 2023: domanda entro 30/6/2023, prima rata entro 31/10/2023 poi rate trimestrali fino al 2027). Il mancato pagamento anche di una sola rata fa decadere e riporta la situazione allo status iniziale (salvo eventuali proroghe legislative, come in passato è avvenuto talvolta con tolleranza di 5 giorni di ritardo).
- Se un contribuente ha aderito alla rottamazione, non può includere quei debiti in un concordato preventivo transattivo, perché la rottamazione è una legge speciale: o la si porta a termine, o se decade allora a quel punto quei debiti potranno essere oggetto di transazione concorsuale. In pratica, se presenti una domanda di concordato e avevi anche rottamato delle cartelle, dovrai indicare nel piano come gestisci quelle cartelle: o intendi confermare i pagamenti della rottamazione (pagandoli nei termini, magari con finanza esterna), oppure se prevedi di non pagarli integralmente allora devi rinunciare alla rottamazione e proporli al trattamento concordatario (col rischio di dover comunque pagarli almeno come in liquidazione).
- È possibile anche il caso opposto: un’azienda avvia un concordato, e dopo la domanda esce una legge di definizione agevolata. L’azienda potrebbe voler aderire per i debiti contributivi inclusi nel concordato. Tuttavia, l’adesione alla definizione agevolata dopo la presentazione del concordato sarebbe di fatto una modifica della proposta ai creditori (in meglio, perché pagherebbe almeno il capitale in rottamazione). Potrebbe farlo, ma occorre coordinare col tribunale e i creditori. Non esiste divieto legale: la legge di bilancio 2023 non precludeva ai debitori in concordato di aderire, ma bisogna poi riflettere quell’adesione nel piano.
In generale, per un’impresa in difficoltà che abbia solo debiti contributivi (e fiscali), la definizione agevolata è una scorciatoia molto utile, perché evita la procedura concorsuale. Se però l’azienda ha anche molti debiti verso fornitori, banche, ecc., la rottamazione risolve solo la parte pubblica, mentre rimangono gli altri, per i quali potrebbe servire comunque un concordato o accordo. In un concordato, l’azienda potrebbe dover rinunciare alle definizioni agevolate per includere i crediti in falcidia generale, oppure mantenerle: è una scelta strategica. A volte, mantenere la rottamazione è vantaggioso (se il piano prevede di pagare il 100% di quei contributi comunque, tanto vale usare la rottamazione per risparmiare su sanzioni e interessi).
Un altro punto: la deducibilità fiscale dei contributi versati in rottamazione (quota capitale) rimane, come visto. Quindi non c’è svantaggio fiscale. Mentre eventuali debiti stralciati in concordato concorsuale anch’essi non generano imponibile (per esenzione TUIR). Da un punto di vista di bilancio invece, la rottamazione consente di eliminare passività iscritte (sanzioni) migliorando i conti, il concordato elimina anche parte del capitale migliorando ancora di più il bilancio ma con effetti più traumatici su stakeholder.
Saldo e stralcio vs transazione: Il saldo e stralcio 2019 fu un unicum. Consentì a persone fisiche con ISEE basso di pagare solo il 16%, 20% o 35% dei contributi (e imposte) a seconda dell’ISEE. Questa percentuale era simile a una transazione, anzi persino più favorevole di molte transazioni possibili. Se un’impresa individuale o un professionista beneficò di quella misura, ottenne un risultato che difficilmente avrebbe ottenuto in concordato (pagare solo il 16%!). Tuttavia era limitata e legata all’ISEE. Ad oggi (2025) non c’è un saldo e stralcio generalizzato. Se in futuro venisse replicato, per alcune categorie sarebbe di certo preferibile ad un concordato, perché senza spese e molto conveniente.
Annullamento automatico debiti minori: Questo, come ricordato, ha tolto di mezzo tanti crediti vecchi. Chi ne ha usufruito se li vede semplicemente sparire (l’INPS li cancella). In un concordato, quei debiti sarebbero stati anch’essi falcidiati (probabilmente al 0% se tanto erano inesigibili per vetustà). La differenza è che l’annullamento non richiede procedura né stigma. Dunque è sempre meglio sfruttare eventuali stralci automatici di legge prima di intraprendere un percorso concorsuale.
Conclusione su definizioni agevolate: La regola aurea è: tenersi informati sulle misure in vigore. Un consulente aggiornato nel 2023 avrebbe colto l’opportunità della rottamazione-quater per i debiti contributivi 2000-2021 e avrebbe consigliato di aderire, magari spostando un’eventuale scelta concorsuale a dopo aver visto se si riusciva a gestire il carico residuo.
Piani di rientro e transazione: coesistenza e conflitto
Un’azienda può avere in corso un piano di rateazione con l’INPS o con l’Agente della Riscossione, e poi valutare la transazione concorsuale. Come si combinano?
- Se l’azienda è in bonis (non in procedura) e sta pagando un piano di rate, nulla vieta di presentare un accordo di ristrutturazione o concordato includendo il debito residuo. In tal caso, generalmente l’azienda decade dalla rateazione nel momento in cui la procedura concorsuale produce effetti, perché i debiti anteriori devono essere trattati nel concordato e la rateazione amministrativa è sospesa. Nel piano si dovrà specificare che il debito pregresso verso INPS (ancorché rateizzato) sarà oggetto di transazione alle nuove condizioni proposte. L’INPS terrà conto dei versamenti già eseguiti in rateazione fino a quel punto.
- Se l’azienda ottiene un concordato omologato con transazione contributiva, assorbe qualsiasi piano di rientro precedente: il nuovo accordo sostituisce il vecchio e le eventuali dilazioni pregresse decadono. Da quel momento conta solo il piano concorsuale.
- Caso opposto: l’azienda aveva presentato un concordato ma questo non va a buon fine (non omologato) – se nel frattempo aveva sospeso i pagamenti delle rateazioni, rischia di trovarsi peggio: decaduta dalle rateazioni e ora con l’INPS che può riprendere esecuzioni. Quindi attenzione a non “bruciare” un piano di rientro certo con una transazione incerta, senza una strategia di riserva.
- Un’azienda molto grande potrebbe anche provare a negoziare informalmente una ristrutturazione del piano di rate oltre i limiti standard. L’INPS di per sé non ha flessibilità: i limiti massimi di rate (24 mesi amministrativi, 72/120 via AER) sono fissati. Ma in casi eccezionali, il Ministero dell’Economia può autorizzare proroghe o piani straordinari (ad esempio, durante il COVID ci sono state sospensioni e proroghe). In un contesto concorsuale, però, i limiti di legge sulle transazioni prendono il sopravvento.
Conflitti: Non esiste un conflitto normativo formale tra transazione e rateazione: la transazione è semplicemente un nuovo accordo che può modificare le scadenze. L’importante è comunicare correttamente all’Agente della Riscossione se c’è un concordato in corso (per evitare che, vedendo le rate non pagate, faccia decadenza e pignoramenti). Il tribunale tipicamente, con il decreto di apertura di concordato, sospende le esecuzioni e quindi anche i pignoramenti AER, dando respiro.
Procedura concorsuale vs definizione agevolata vs piano di rientro: tabella comparativa
Di seguito una tabella semplifica le differenze tra questi approcci:
Strumento | Normativa di riferimento | Cosa prevede | Vantaggi | Svantaggi |
---|---|---|---|---|
Definizione agevolata (Rottamazione) | Leggi speciali temporanee (es. L.197/2022 per rottamazione-quater) | Pagamento integrale contributi, 0% sanzioni e interessi; rate fino a 5 anni | Riduzione totale di sanzioni e interessi; niente procedura concorsuale; semplice adesione | Nessuna riduzione del capitale contributivo; decadenza se salto rate; non tratta altri debiti (commerciali) |
Saldo e stralcio | Leggi speciali (es. L.145/2018, ambiti limitati) | Pagamento percentuale ridotta del dovuto (capitale e interessi) in base a condizioni (ISEE etc.) | Forte sconto su tutto il debito; nessuna procedura formale | Riservato a pochi casi (persone fisiche disagiate); temporalmente raro; decadenza se inadempienza |
Rateazione ordinaria (INPS/AER) | Art. 2, D.Lgs. 462/1999 (per AER); Delibere INPS su piani | Pagamento dilazionato (fino 72 o 120 rate in AER; ~24 in INPS); sanzioni civili ridotte a interessi di dilazione | Evita misure esecutive se in regola; costo diluito nel tempo | Nessuna riduzione importo dovuto (si paga 100% contributi + interessi); decadenza se salto rate (5% per AER) |
Transazione in concordato | Art. 88 CCII (D.Lgs.14/2019) e succ. mod. | Pagamento anche parziale e/o dilazionato di contributi, secondo piano omologato da tribunale | Possibile riduzione quota contributi (oltre a sanzioni); taglio anche altri debiti; protezione tribunale | Procedura complessa e costosa; bisogno maggioranza creditori; possibili opposizioni; se fallisce → aggravio costi |
Transazione in accordo ristrutturazione | Art. 63 CCII e succ. mod. | Accordo contrattuale con INPS (e altri) su pagamento parziale/dilazionato, omologato se ≥60% consensi | Riduzione contributi possibile; niente votazione pubblica (solo adesione ente); più riservato di concordato | Serve adesione volontaria INPS ed altri (non è impost0 come in concordato); comunque giudice coinvolto; costi consulenze |
Legenda: AER = Agenzia Entrate Riscossione (ex Equitalia); CCII = Codice Crisi d’Impresa; ISEE = Indicatore Situazione Economica Equivalente.
Questa comparazione evidenzia che la transazione concorsuale è lo strumento più potente per ridurre il debito, ma anche il più impegnativo. Le definizioni agevolate sono ottime opportunità quando disponibili, ma non sempre coprono tutto (e di solito chiedono il capitale per intero). La rateazione aiuta sul cash flow ma non riduce l’esposizione.
Un aspetto di coordinamento concreto: se un’azienda ha aderito a una rottamazione ma poi capisce di non riuscire a pagarla, potrebbe decidere di andare in concordato. In tal caso, se non paga una rata entro il termine, la rottamazione decade e i carichi ridiventano esigibili con sanzioni intere. Ma il concordato, depositato magari prima della decadenza, può congelare la situazione e proporre di pagare qualcosa. L’INPS in concordato terrà comunque conto, per valutare convenienza, di quanto delle sanzioni condonate tornerebbero a dover essere considerate. Una best practice è, se possibile, di mantenere la rottamazione attiva durante la procedura, pagando almeno le prime rate, così da congelare le sanzioni; poi in sede di omologa, eventualmente, inglobare i residui. Tuttavia, questo richiede cassa, e spesso chi va in concordato non ha liquidità per rispettare quelle scadenze.
In sintesi, il consulente deve avere uno sguardo d’insieme: valutare le misure straordinarie a disposizione e inserirle nella strategia di risanamento. Coordinare transazione previdenziale con definizione agevolata e rateazioni significa massimizzare i benefici ed evitare duplicazioni. Ad esempio, inutile transigere in concordato per ridurre sanzioni al 30% se c’è una rottamazione che le toglierebbe al 100%: in tal caso, meglio fare un concordato che preveda di aderire alla rottamazione per quei debiti. Oppure, se la rottamazione chiede 10 rate e l’azienda non regge, meglio il concordato che ne darebbe 60.
Aspetti Procedurali presso INPS e nei Tribunali
Questa sezione è dedicata al “come fare” in pratica: quali passi compiere presso l’INPS e quali sono le procedure legali nei vari fori (lavoro, tributario, civile) per attivare o gestire una transazione previdenziale.
Procedura per presentare una proposta di transazione all’INPS
Quando si intende proporre formalmente una transazione contributiva (in contesto concorsuale o accordo), occorre seguire alcune regole procedurali dettate dalla normativa e dalle circolari INPS:
- Individuazione dell’ufficio competente: La proposta di transazione va presentata alla Direzione territoriale INPS competente in base all’ultimo domicilio fiscale del debitore, nonché alla Direzione che gestisce i crediti oggetto della proposta. Spesso coincidono, ma per aziende con posizioni INPS su più province, conta il credito prevalente. Se ci sono più sedi, la sede col credito maggiore coordinerà le altre.
- Documentazione richiesta: L’INPS richiede che alla proposta siano allegati tutti i documenti che in pratica coincidono con quelli di un piano concordatario. Dal sito INPS e dal DM 2009 emergono i seguenti allegati obbligatori:
- Relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa.
- Stato analitico ed estimativo delle attività e elenco dettagliato dei creditori con indicazione di eventuali cause di prelazione.
- Elenco di eventuali titolari di diritti particolari su beni dell’impresa (es: pegni, ipoteche, leasing).
- Valore dei beni e lista di eventuali creditori particolari di soci illimitatamente responsabili (se società di persone).
- Relazione di un professionista indipendente (es. commercialista o revisore, attestatore) che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, con un’analisi sulla possibilità di rilancio dell’azienda e sulla tutela dell’occupazione.
- Un prospetto di pagamento che illustri grado di soddisfacimento dei crediti, tempi e modalità, comparato con scenario alternativo (es. in liquidazione quanto prendono?).
- Contenuto della proposta: Deve includere l’riconoscimento incondizionato del debito contributivo e la rinuncia a eccezioni su di esso. Inoltre deve riguardare tutti i debiti contributivi “denunciati e accertati” alla data di presentazione, e prevedere il pagamento regolare dei contributi da quel momento in avanti (conditio sine qua non).
- Modalità di presentazione: Di solito attraverso un’istanza scritta protocollata presso la sede INPS oppure inviata via PEC. Alcune direzioni INPS hanno caselle PEC dedicate a procedure concorsuali. Nel 2024, il Messaggio 3553 ribadisce l’obbligo di invio via PEC della comunicazione di domanda di omologa al registro imprese, come visto, ma la proposta iniziale è opportuno inviarla formalmente con PEC per avere data certa.
- Iter decisionale interno: Una volta ricevuta la proposta, la Direzione territoriale istruisce la pratica: verifica l’importo dei crediti, la completezza dei documenti, la coerenza dell’offerta con le norme (es. rispetto percentuali minime se ancora valide). Poi trasmette il tutto alla Direzione regionale. Dal 28/09/2024 il potere decisionale spetta al Direttore regionale/di coordinamento metropolitano, il quale presumibilmente valuterà con un piccolo comitato o con l’avvocatura. Se la decisione è di aderire, il Direttore regionale autorizza la Direzione territoriale a sottoscrivere l’accordo. Se è di rifiutare, comunicheranno (spesso con lettera protocollata) il diniego motivato.
- Termine per la risposta: Per legge (art. 63 CCII) è 90 giorni dal deposito per pronunciare l’adesione. Nella pratica, l’INPS cerca di rispettare questo termine. Se entro 90 giorni non arriva risposta, la proposta si considera respinta (silenzio-rifiuto). Tuttavia, il proponente potrebbe sollecitare prima della scadenza. Talora l’INPS risponde con richieste integrative, che sospendono di fatto il termine (non normativamente, ma il debitore di solito asseconda per ottenere sì).
- Sottoscrizione atto transattivo: In caso di adesione, si predispone un atto scritto. Nel concordato preventivo questo atto è di solito incorporato nel voto favorevole e poi nella sentenza di omologa che recepisce il piano (non sempre c’è un contratto a parte, perché l’omologa rende vincolante per tutti). Negli ADR, invece, c’è proprio un accordo contrattuale che l’INPS firma (insieme al debitore e altri creditori aderenti).
- Garanzie richieste: La legge non prevede più obbligo di garanzia, ma l’INPS potrebbe richiedere garanzie aggiuntive se il pagamento è dilazionato (ad esempio, fideiussione per le rate). Nel DM 2009 era previsto obbligo di garanzia per dilazioni oltre 12 mesi, ma con le modifiche normative la questione garanzie è stata attenuata. Comunque, se l’azienda offre garanzie reali o fideiussorie, ciò aumenta le chance di adesione.
Va sottolineato che presentare una proposta di transazione all’INPS non sospende automaticamente eventuali procedure di recupero se non c’è una procedura concorsuale già aperta. Cioè: se un’azienda vuole fare un accordo stragiudiziale (che in realtà si concretizza solo con omologa di ADR), fino a quando non deposita la domanda di omologa e ottiene le misure protettive, l’INPS potrebbe proseguire il recupero. Quindi, in pratica, spesso la presentazione va di pari passo con una richiesta al tribunale di misure cautelari o con l’apertura di una composizione negoziata (che dà protezione temporanea). Nel concordato, invece, il deposito stesso del ricorso attiva l’automatic stay per legge (art. 54 CCII).
Procedura nei Tribunali del Lavoro (contenzioso contributivo)
Le cause relative ai contributi previdenziali seguono il rito del lavoro e la competenza funzionale:
- Giudice competente: Tribunale in funzione di giudice del lavoro, generalmente del luogo dove ha sede l’azienda (per le obbligazioni contributive il foro può essere quello dell’ufficio INPS creditore, spesso coincidente con sede datore).
- Termini di impugnazione: Un provvedimento dell’INPS, come l’avviso di addebito, va impugnato entro 40 giorni dalla notifica davanti al Tribunale lavoro competente, a pena di decadenza. Lo stesso termine vale per opporsi a un verbale di accertamento dell’Ispettorato (che l’INPS fa proprio con una determinazione).
- Fase amministrativa pre-giudizio: Fino a qualche anno fa era obbligatorio proporre un ricorso amministrativo al Comitato Provinciale INPS prima di agire in giudizio (ex L. 88/1989). Dal 2012 in poi molti ricorsi amministrativi INPS sono stati eliminati come condizione di procedibilità, semplificando l’accesso al giudice. Attualmente, per gli avvisi di addebito e le cartelle, non è necessaria una previa istanza al comitato; si può andare direttamente in tribunale.
- Svolgimento causa: Si instaura con ricorso depositato in Tribunale; l’INPS si costituisce tramite un proprio funzionario delegato (di solito un avvocato del foro interno o funzionario delegato ex art. 417-bis c.p.c.). All’udienza, come detto, il giudice tenta la conciliazione.
- Esito: Se non c’è conciliazione, la causa prosegue con eventuali istruttorie (testimonianze se serve dimostrare l’esistenza di rapporti di lavoro, consulenze per conteggi, ecc.). La decisione avviene con sentenza. La sentenza è appellabile in Corte d’Appello (se il valore sopra €50k, altrimenti il giudizio d’appello potrebbe essere saltato in base a riforme del 2021, ma per contributi generalmente i valori ci sono) e poi ricorribile in Cassazione.
- Specificità: Spesso, se c’è di mezzo un lavoratore (ad esempio causa su natura lavoro autonomo vs subordinato), questi viene chiamato in causa perché la decisione incide anche sui suoi diritti contributivi individuali (accrediti). Ad esempio, l’INPS potrebbe dire “Tizio era un dipendente in nero, quindi datore paga contributi e Tizio avrà contributi accreditati”; il datore dice “no, era autonomo, nulla dovuto”: Tizio va coinvolto per evitare decisioni in sua assenza.
In queste cause, come abbiamo visto, la transazione giudiziale può avvenire via conciliazione in udienza. La competenza di omologare la conciliazione ce l’ha lo stesso giudice che segue la causa. Se la conciliazione avviene fuori dal giudice (ad es. presso un sindacato o Ispettorato), va poi comunicata al giudice.
Tribunali “tributari” vs “lavoro”: È importante chiarire: le controversie su contributi non vanno in Commissione Tributaria (ora ridefinite “Corti di Giustizia Tributarie” dal 2022), perché non sono tributi ma entrate patrimoniali pubbliche di natura non tributaria. La Cassazione a Sezioni Unite ha definitivamente statuito che le opposizioni a cartelle per contributi spettano al giudice del lavoro, non al giudice tributario. Eccezione: se in una cartella ci sono sia imposte sia contributi, la parte di imposte può essere impugnata in Commissione Tributaria e la parte di contributi in Tribunale lavoro. Quindi si avrebbe un doppio binario. È scomodo, ma l’alternativa (sbagliata) di fare tutto in Commissione porterebbe all’inammissibilità della parte contributiva. Quindi il coordinamento è: spesso i giudici sospendono una delle due cause in attesa dell’esito dell’altra se c’è connessione, oppure l’AER separa le posizioni.
Procedura esecutiva civile: Dopo che l’INPS ottiene un titolo (avviso non opposto, sentenza, conciliazione), può agire in esecuzione forzata con pignoramenti presso terzi, su immobili, fermi amministrativi. Questo avviene davanti al giudice dell’esecuzione del Tribunale civile ordinario. Lì eventuali opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi vanno in sezione esecuzioni. Ad esempio, se l’INPS pignora un conto in base ad avviso non opposto, il debitore non può più contestare il merito (è cosa giudicata), può solo opporre questioni su vizi del precetto o pignoramento. La transazione in fase esecutiva sarebbe possibile solo se l’INPS acconsente a liberare beni pignorati a fronte di un accordo di pagamento (a volte succede: l’azienda offre di pagare X subito e INPS molla il pignoramento su altro; però formalmente, se c’è già un’esecuzione, serve o l’accordo con atto di rinuncia agli atti da parte di INPS o la conversione del pignoramento con cauzione di somme).
Procedura nei Tribunali Tributari
Come detto, per contributi INPS non c’è competenza delle corti tributarie. Tuttavia, può essere utile menzionare il contenzioso su sanzioni per omissione di contributi a Fondi pubblici diversi (esempio: contributi consortili, o altre entrate): quelli a volte vanno in Commissione Tributaria. Ma è un tema diverso.
Un caso borderline riguarda le sanzioni amministrative irrogate dall’Ispettorato del Lavoro correlate ai contributi (es: maxisanzione lavoro nero). Quelle sanzioni (che sono amministrative pecuniarie) seguono l’iter delle opposizioni davanti al giudice civile ordinario in funzione di giudice del lavoro (non commissione), e possono anch’esse essere oggetto di definizione agevolata (in passato c’erano sanatorie per esse) o di pagamento ridotto se ci si mette in regola subito con i lavoratori (la diffida volontaria). Ma ancora, non è in Commissione Tributaria.
Dunque, la “transazione” in ambito tributario riguarda l’Agenzia Entrate, non l’INPS. Per completezza: esiste ora anche la conciliazione giudiziale tributaria (art. 48 D.Lgs.546/92) per cui l’Agenzia delle Entrate può in giudizio fiscale ridurre sanzioni e un po’ la pretesa. L’INPS non ha un corrispettivo in tribunale lavoro con percentuali predefinite, va a discrezione come detto.
Procedura nei Tribunali Civili (fallimentare e ordinaria)
Già coperto in parte con la parte concorsuale, ma qui vediamo:
- Tribunale fallimentare (ora sezione imprese): se un’azienda fallisce (liquidazione giudiziale CCII), la transazione contributiva in senso di riduzione non è più possibile, perché in liquidazione i crediti contributivi vanno soddisfatti secondo i privilegi. L’INPS diventa creditore privilegiato e chirografo per la parte eccedente, e verrà soddisfatto pro rata dai riparti. Non c’è transazione, a meno che nel fallimento il curatore non proponga un accordo transattivo ex art. 240 CCII per chiudere la procedura (concordato fallimentare), ma anche lì è sostanzialmente un concordato. Quindi, se l’impresa finisce in fallimento senza aver transatto prima, l’INPS recupererà quel che può con privilegio (di solito 100% dei contributi IVS su ultimi 2 anni ex art. 2751-bis n.1 c.c., e percentuali su resto, ecc.). A quel punto, poco da negoziare.
- Tribunale civile ordinario (contenzioso di altro genere): Potrebbe capitare che questioni contributive emergano in altre cause civili, ad esempio:
- Una causa tra socio e società, dove c’è da versare gestione separata.
- Una causa di responsabilità (ad esempio l’INPS che cita amministratori per responsabilità verso contributi non versati – art. 2394 c.c. o rivalsa ex lege).
- In tali situazioni, la competenza spesso comunque ricade sul giudice del lavoro se il nocciolo è contributivo. Ma se è una causa di responsabilità erariale, potrebbe essere in Corte dei Conti (nel caso di enti pubblici che non hanno versato contributi dipendenti: la Corte dei Conti può chiamare in causa il dirigente per danno erariale pari alle sanzioni dovute).
- Transazione con enti pubblici diversi: Vale la pena di menzionare brevemente che se la controparte contributiva fosse un fondo diverso da INPS, tipo Casse professionali, le regole possono variare. Molte casse privatizzate (Inarcassa, Cassa Forense, etc.) hanno anch’esse regimi rigidi e difficilmente transigono, se non con piani di rate. Non rientra strettamente qui, ma è un parallelo: ad esempio, la Cassa Forense nel 2023 ha aperto a definizioni agevolate simili a rottamazione per i contributi degli avvocati, sulla scia delle misure fiscali.
In un Tribunale civile in genere, l’INPS appare come creditore nelle cause di esecuzione o di accertamento tardivo (es: insinuazione tardiva, ammissione stato passivo di un fallimento). Lì più che transazione, l’INPS può accordarsi su ammissioni condizionate, ma è dettaglio.
Giurisprudenza di merito e di legittimità (Cassazione, Corte dei Conti)
In questo capitolo raccogliamo alcuni dei più rilevanti orientamenti giurisprudenziali, sia di merito (tribunali, corti d’appello) che di legittimità (Corte di Cassazione), nonché pronunce della Corte dei Conti, in materia di transazione previdenziale e argomenti connessi. Queste pronunce aiutano a capire come i principi si applicano ai casi concreti e quali sono i precedenti da tenere presenti.
Orientamenti della Corte di Cassazione
- Inopponibilità all’INPS delle transazioni tra privati su crediti contributivi: La Cassazione ha più volte affermato che gli accordi tra datore di lavoro e lavoratore non possono pregiudicare i diritti dell’INPS. Una sentenza simbolo è la Cass. sez. lav. n. 2642/2014, in cui si ribadisce che “la transazione ha effetto esclusivamente tra le parti senza pregiudizio alcuno verso i diritti dei terzi, ad es. i contributi previdenziali”. In pratica: se un lavoratore rinuncia a differenze retributive in transazione, ciò non tocca l’obbligo contributivo correlato, poiché i contributi spettano a un terzo (l’ente) e non sono disponibili dalle parti della transazione. Questa linea è costante: Cass. 9180/2014 citata in dottrina arriva a dire che l’INPS può pretendere contributi sulle retribuzioni virtuali che sarebbero spettate al lavoratore se non ci fosse stata la transazione. Dunque, la Cassazione tutela la posizione erariale contro possibili accordi elusivi tra le parti.
- Natura delle sanzioni civili e indisponibilità: Cass. SU n. 5076/2015 ha chiarito che le sanzioni civili per omissione contributiva hanno natura risarcitoria e non sono pene amministrative in senso tecnico. Questo supporta la tesi della non applicabilità del ravvedimento fiscale. Inoltre, Cass. SU 24322/2010 (vecchia) affermò che le transazioni su obblighi contributivi sono invalide ex art. 2115 c.c. se comportano evasione (concetto poi ripreso da pronunce successive).
- Prescrizione contributi: Cass. SU 23397/2016 ha chiuso un dibattito sulla prescrizione, stabilendo che per i contributi previdenziali opera il termine di 5 anni introdotto dalla L.335/1995 anche per periodi antecedenti, salvo che l’ente entro tale termine abbia compiuto atti interruttivi validi (es. cartella) e che non trovi applicazione la sospensione prevista dalla Legge di Stabilità 2013. Questa pronuncia è rilevante perché molte transazioni avvengono su crediti prescrivendi: Cassazione dice che se l’INPS non notifica nulla per 5 anni, il credito è prescritto e quindi su quello non c’è nemmeno bisogno di transigere, va dichiarato non dovuto. Le sezioni lavoro poi seguono queste linee; ad esempio Cass. 27950/2019 confermò la prescrizione quinquennale per contributi anche se con ruoli, salvo dolo.
- Transazione fiscale e contributiva in concordato: Ci sono state pronunce su come considerare il voto dell’ente se il piano viola regole. Ad esempio, Cass. 21991/2013 disse che il tribunale non può omologare un concordato che preveda trattamenti dei crediti fiscali/contributivi in violazione dell’allora art. 182-ter L.F. se l’ente ha negato il consenso. In pratica riconosceva all’erario/INPS un potere di veto. Questo è stato poi in parte superato da nuove leggi sul cram down fiscale. Ma resta indicativo: la Cassazione tendenzialmente tutela l’erario nel concordato, richiedendo che le proposte rispettino i parametri legali e di convenienza.
- Responsabilità personale e transazione: Cass. SU 1641/2022 ha stabilito che l’adesione dell’INPS a un concordato con falcidia contributiva non estingue la responsabilità penale per omesso versamento (reato ex art. 2, co.1-bis D.L. 463/1983). In altri termini, anche se l’INPS accetta il 50% di contributi in concordato, l’imprenditore può essere comunque punito penalmente perché il reato è integrato dall’omesso versamento entro il termine. Questo mette in guardia: la transazione evita sanzioni civili, ma non penali. La Cassazione qui è molto rigorosa: solo il pagamento integrale entro la soglia di legge (oggi 3 mesi dalla contestazione) estingue il reato.
- Crediti INPS in procedure concorsuali: Cassazione (varie pronunce, es. Cass. 6533/2017) ha ritenuto che se un concordato non paga integralmente i contributi privilegiati violando la par condicio, va dichiarato inammissibile. Ciò prima della riforma. Oggi la legge consente la falcidia, ma queste pronunce segnalano che la Cassazione monitorava attentamente la corretta classificazione e trattamento dei crediti INPS.
In sintesi, la Cassazione:
- Salvaguarda i diritti contributivi contro accordi privati elusivi.
- Interpreta restrittivamente la disponibilità dei crediti INPS nelle procedure, subordinandola alle norme speciali.
- Conferma i limiti di legge (prescrizione, natura sanzioni, reati) che nemmeno una transazione può travalicare.
Giurisprudenza della Corte dei Conti
La Corte dei Conti entra in gioco quando si valutano i profili di responsabilità amministrativa e contabile legati a transazioni operate da enti pubblici:
- Limiti al potere di transigere per la PA: Numerose deliberazioni delle sezioni regionali di controllo hanno fissato principi, poi ribaditi a livello centrale. La delibera 80/2017 della Sez. Lombardia e la 123/2015 Umbria (richiamate da Sez. Emilia-Romagna 199/2023) hanno affermato: gli enti pubblici possono transigere ex art.1965 c.c., ma solo su posizioni disponibili. Qualora i diritti siano vincolati (es: credito contributivo obbligatorio), l’ente non può transigere: una transazione su diritti indisponibili è nulla e può causare danno erariale. Questo conferma sul piano contabile quanto già visto in sede civile.
- Necessità di motivazione e istruttoria: La Corte dei Conti esige che ogni transazione sia sorretta da una robusta motivazione sulla convenienza economica per l’ente. In mancanza, i funzionari potrebbero rispondere di danno. Ad esempio, la Corte dei Conti ha censurato un Comune che aveva rinunciato a crediti per contributi (verso casse?) senza adeguata istruttoria economica, ravvisando potenzialmente un danno.
- Tributi locali e composizione negoziata: La Sezione Lombardia con deliberazione n. 64/2022 ha sollevato l’attenzione sul fatto che nella composizione negoziata non è consentito falcidiare tributi locali, invitando il legislatore a intervenire. Questa pronuncia non riguarda strettamente INPS, ma evidenzia l’atteggiamento prudente: se la legge non lo prevede esplicitamente, l’ente non può tagliare crediti. Possiamo analogamente dedurre che in composizione negoziata la Corte dei Conti riterrebbe fuori delega l’INPS nel ridurre contributi (salvo poi omologare come accordo ex art.63 CCII).
- Debiti di enti verso INPS: Ci sono casi di enti pubblici (Comuni) che non versano i contributi dei propri dipendenti e poi fanno accordi con l’INPS (rateizzazioni lunghe). La Corte dei Conti in quei casi interviene sanzionando i responsabili per danno erariale – non tanto per la transazione, ma per l’omesso versamento originario e gli oneri aggiuntivi pagati (interessi, sanzioni). Per esempio, deliberazioni hanno condannato sindaci/dirigenti per il danno derivante dal dover pagare sanzioni civili all’INPS, ritenendo che un’amministrazione diligente avrebbe dovuto pagare i contributi e risparmiare sulle sanzioni.
In sintesi, le pronunce contabili fungono da monito:
- Per l’INPS stesso: non accettare transazioni sfavorevoli senza solido supporto (altrimenti i dirigenti rischiano).
- Per gli altri enti: i contributi vanno versati, altrimenti le transazioni (rateazioni) con INPS generano costi e possibili responsabilità.
- Atti richiesti per transare: la Corte evidenzia la necessità del parere dell’Avvocatura interna e di una valutazione costi-benefici per legittimare la scelta transattiva. Nel contesto INPS, l’Avvocatura produce spesso un parere favorevole motivato (“L’alternativa è il fallimento con incasso stimato X, la proposta dà X+ qualcos, conviene aderire”), che tutela l’ente.
Giurisprudenza di merito (Tribunali e Corti d’Appello)
A livello di merito, si registrano:
- Pronunce creative su concordati: Alcuni Tribunali, prima delle riforme, avevano spinto per l’omologazione forzata di concordati nonostante il no dell’erario, se questi venivano trattati equamente. Es. Tribunale di Milano 2015 aveva interpretato estensivamente l’allora art. 182-ter per includere IVA falcidiata, poi cassata dalla SC. Oggi con il CCII l’indirizzo è uniformato: i tribunali applicano la legge che consente la falcidia contributiva con consenso o cram-down secondo i casi.
- Conciliazioni giudiziali sui contributi: Ci sono casi di tribunali che hanno omologato conciliazioni dove l’INPS accetta il pagamento di una parte dei contributi controversi. Spesso motivate dal fatto che c’era dubbio sull’obbligo. Queste non fanno giurisprudenza consolidata, ma mostrano che in pratica tali accordi avvengono.
- Sentenze su art. 116 L.388/2000: Alcune corti di merito hanno interpretato in senso favorevole al contribuente le riduzioni sanzioni. Ad esempio, riconoscendo la riduzione 50% anche se il pagamento avviene leggermente oltre i 12 mesi ma prima del decreto ingiuntivo: approccio elastico poi stoppato dalla Cassazione che invece chiede rispetto dei termini stretti.
- Merito su prescrizione: Tribunali del lavoro spesso accolgono eccezioni di prescrizione su crediti vecchi e rigettano le pretese INPS. Ciò spinge indirettamente l’ente a transare prima se vede rischi.
- Merito su reati e concordato: Ci sono stati contrasti se l’omologazione del concordato escludesse il dolo nel reato di omesso versamento. Alcuni GUP avevano assolto imprenditori ravvisando mancanza di dolo se poi avevano transato nel concordato (come a dire: avevano intenzione di pagare, vedi concordato). Ma la Cassazione come detto non lo condivide.
In definitiva, la giurisprudenza fornisce questi takeaways:
- Protezione erariale: massima (nessuna scappatoia contrattuale privata).
- Legalità della transazione: deve rispettare normative di rango primario, altrimenti non regge (giudici ordinari e contabili la invalidano).
- Uso ragionevole degli strumenti: i giudici apprezzano quando la transazione è usata per salvare aziende garantendo il meglio ai creditori (INPS incluso), mentre disapprovano operazioni elusive o opportunistiche.
Ruolo degli Avvocati e dei Consulenti d’Impresa
La gestione di problematiche contributive complesse e l’attivazione di strumenti quali la transazione previdenziale richiedono il coinvolgimento di professionisti specializzati. In questa sezione delineiamo il ruolo e l’importanza:
- dell’avvocato, in particolare giuslavorista o esperto di crisi d’impresa;
- del consulente del lavoro e del commercialista/consulente aziendale;
- di eventuali altre figure (ad es. advisor finanziario, attestatore, gestore della crisi).
Ruolo degli Avvocati:
- L’avvocato è fondamentale nel valutare la fattibilità legale di una transazione contributiva. Deve esaminare la posizione debitoria, identificare eventuali profili di illegittimità (es: cartelle nulle, prescrizioni maturate, errori di calcolo) e decidere quando conviene transigere e quando invece conviene fare causa. Ad esempio, se una parte del debito INPS è chiaramente prescritta, l’avvocato consiglierà di non includerla in un accordo (sarebbe regalare soldi) ma di eccepire la prescrizione per eliminarla.
- L’avvocato esperto di diritto del lavoro/previdenziale gestisce gli eventuali contenziosi: impugna gli avvisi di addebito, conduce le cause in tribunale lavoro e, come visto, può cercare un accordo transattivo in quella sede se opportuno. Allo stesso tempo, deve preservare l’azienda da rischi di sanzioni penali (ad es. consigliare, se il debito è su ritenute omesse oltre soglia, di versare almeno le quote dipendenti entro 3 mesi per non incorrere nel reato).
- Nelle procedure concorsuali, entra in gioco l’avvocato fallimentarista: redige la domanda di concordato o di omologazione accordo ristrutturazione, inserendo la transazione e trattando con gli avvocati dell’INPS. Il legale qui funge da negoziatore con la controparte pubblica: spesso prima di formalizzare la proposta, contatta l’ufficio legale INPS competente, anticipa le linee del piano e cerca un feedback informale. Questo dialogo è importante per tarare l’offerta su un livello accettabile ed evitare un diniego.
- L’avvocato inoltre cura la predisposizione dell’atto transattivo (in concordato sarà il piano più eventuale accordo, in ADR è il contratto). Deve assicurarsi che le clausole tutelino il cliente: ad es. includere che se il concordato viene risolto per inadempimento, i pagamenti fatti restano acquisiti e si scalano dal dovuto (clausola standard ma da verificare). Oppure vigilare che, se l’INPS chiede rinunce a ricorsi pendenti, queste siano ben coordinate con l’efficacia dell’accordo (rinunciare alle cause solo quando l’omologa è definitiva, per esempio).
- Assistenza stragiudiziale: Un buon avvocato può suggerire soluzioni creative legittime: ad esempio consigliare l’azienda di chiedere una dilazione immediata per prendere tempo e intanto predisporre un concordato; o segnalare la possibilità di aderire a una definizione agevolata, ecc. In pratica, costruisce con il consulente finanziario un piano di risanamento legale: quali debiti tagliare, quali vanno pagati interamente (tipicamente le ritenute), quali contestare.
- Tutela finale: Dopo l’accordo, l’avvocato vigila sulla corretta esecuzione: se l’INPS non cancella ipoteche una volta omologato e pagato il dovuto, interviene; se arrivano richieste non conformi all’accordo (es. cartelle per residui condonati), scrive e chiarisce l’errore.
Ruolo dei Consulenti del Lavoro:
- Spesso il consulente del lavoro è la figura che gestisce la posizione contributiva ordinaria dell’azienda. In caso di debiti, è spesso il primo a saperlo e a consigliarla.
- Il CdL può aiutare a quantificare esattamente l’ammontare del dovuto, distinguendo contributi, sanzioni, interessi, per preparare i conteggi di transazione e fare simulazioni (es. “se paghiamo entro fine anno, la sanzione è X; se aspettiamo, sale a Y”).
- È anche colui che dialoga con gli uffici INPS su base quotidiana per pratiche come DURC, dilazioni. Quindi può sondare informalmente la disponibilità della sede a una dilazione o ad altre soluzioni.
- Nella predisposizione di un piano di concordato, il CdL può predisporre lo “stato del debito contributivo”, utile all’attestatore e al tribunale. Fornisce i modelli DM, le situazioni debitorie, ecc. Può anche occuparsi di chiedere la certificazione del debito all’Agente Riscossione (passaggio necessario: serve l’elenco dei ruoli iscritti per contributi).
- Il CdL assiste l’azienda nell’attuazione post-accordo: per esempio, se si concorda un pagamento rateale di contributi correnti più una quota di arretrato, il CdL organizza i versamenti mensili in F24 seguendo la destinazione giusta, affinché l’INPS li imputi come da accordo (evitando che finiscano a nuovi periodi errati).
- Se la transazione prevede il mantenimento regolare dei contributi successivi, il CdL si assicura di non saltare un versamento (perché ciò violerebbe l’accordo). Può predisporre un calendario integrato di scadenze contributive ordinarie e straordinarie da transazione.
Ruolo dei Commercialisti/Consulenti aziendali:
- Il commercialista entra in gioco nel predisporre la parte economico-finanziaria del piano. Ad esempio, redige piani di tesoreria per vedere se l’azienda può sostenere le rate concordate, oppure business plan se la continuità è prevista (deve attestare che l’azienda, liberata dal peso dei debiti, sarà sostenibile e potrà pagare i contributi futuri e le rate).
- Redige anche i bilanci e documenti richiesti (stato patrimoniale dettagliato, elenco creditori, ecc.). L’attestatore spesso è un commercialista indipendente; se l’azienda ha un proprio consulente interno, lo aiuta a raccogliere i dati per l’attestazione.
- Cura anche gli aspetti fiscali: ad esempio, valuta l’impatto sul bilancio della transazione (sopravvenienze, perdite, ecc.) e consiglia come gestirlo. Può suggerire accantonamenti prudenziali se qualche debito rimane potenziale (es: se l’accordo salta).
- Nella fase esecutiva, magari il commercialista effettua le scritture contabili corrispondenti: chiudere i debiti condonati a conto economico, contabilizzare le nuove obbligazioni su piani di rientro, ecc.
Altre figure:
- Advisor finanziario: in grandi ristrutturazioni, c’è una banca d’affari o un advisor che negozia con i creditori. Nel caso di crediti pubblici, in realtà è l’avvocato in primis, ma l’advisor può curare la trattativa globale includendo l’INPS come uno dei creditori per presentare una proposta unitaria.
- Esperto di composizione negoziata: se l’azienda attiva quella procedura, l’esperto (nominato dalla Camera di Commercio) può contattare l’INPS per favorire un accordo. Non può obbligare nessuno, ma prepara tavoli di confronto. Il suo ruolo è più di mediatore: deve far vedere all’INPS che accettare un compromesso è meglio che tirare la corda. Potrebbe ad esempio convincere l’INPS a concedere una rateazione extra legge se intravede uno spiraglio di risanamento.
- Avvocato della controparte (INPS): va menzionato che all’INPS pure ci sono avvocati (dipendenti dell’Avvocatura di sede). Il rapporto avvocati azienda <-> avvocati INPS può essere collaborativo. Spesso si conoscono a livello locale e questo aiuta a costruire fiducia in eventuali accordi. È essenziale mantenere un rapporto di correttezza: presentare proposte serie, con dati reali, per non far perdere credibilità al cliente.
In conclusione, per un’azienda che affronta un debito contributivo e vuole uscirne al meglio, mettere in piedi un “team” di professionisti è determinante. L’avvocato da solo non basta, né il commercialista da solo: serve un lavoro sinergico:
- Il legale assicura la conformità giuridica, gestisce i rischi legali, conduce le trattative e formalizza gli accordi.
- Il consulente del lavoro garantisce accuratezza nei numeri contributivi e attua concretamente i pagamenti e adempimenti.
- Il consulente aziendale pianifica la sostenibilità economica e il rispetto degli obblighi futuri.
Questa squadra, lavorando assieme, aumenta le chance di successo: un accordo equilibrato con l’INPS, approvato e rispettato, che rimetta l’azienda in regola senza travolgerla finanziariamente.
Simulazioni pratiche di transazioni su posizioni debitorie
Per comprendere meglio come funzionano concretamente le transazioni previdenziali, proponiamo alcune simulazioni pratiche, ovvero esempi ipotetici basati su situazioni realistiche. Ogni caso mette in luce differenti aspetti dell’istituto, mostrando il “prima” e il “dopo” dell’intervento transattivo.
Caso 1: Transazione contributiva in concordato preventivo (Azienda Alfa Srl)
Situazione iniziale: Alfa Srl è un’azienda manifatturiera con 50 dipendenti. Ha subito un calo di fatturato e nel 2024 ha accumulato un debito verso l’INPS così composto:
- €200.000 di contributi previdenziali non versati (2022-2023), di cui €50.000 trattenuti ai dipendenti (quota dipendente).
- Sanzioni civili maturate fino ad oggi: €60.000 (per ritardo ed evasione parziale).
- Interessi di mora dell’Agente Riscossione: €10.000 (alcune somme sono a ruolo).
Inoltre, Alfa Srl ha debiti bancari e verso fornitori molto elevati e decide di ricorrere a un concordato preventivo “in continuità” per ristrutturare l’azienda.
Proposta nel concordato: Alfa Srl, valutata la sua capacità finanziaria, presenta un piano che prevede:
- Pagamento integrale dei €50.000 di quota dipendenti entro 6 mesi dall’omologa (tutelandoli al 100%).
- Pagamento del resto dei contributi (€150.000) al 40%, quindi €60.000, in 4 anni (16 rate trimestrali da €3.750 l’una).
- Azzeramento delle sanzioni civili non privilegiate e pagamento del 50% di quelle privilegiate. In cifra: sanzioni privilegiate supponiamo €30.000 → ne paga €12.000 (40% come da art. 2778 n.8); sanzioni chirografe €30.000 → ne paga €0 (prevede stralcio totale, trattandole come chirografe da soddisfare 0%).
- Interessi di mora AER: propone di non pagarli (tanto con rottamazione sarebbero condonati, e li equipara a crediti chirografari stralciati).
In totale, dunque, Alfa offre all’INPS: €50k + €60k + €12k = €122.000 pagati in 4 anni, contro un debito complessivo di €270.000 iniziale. Questo significa circa il 45% del totale dovuto (capitali+sanzioni) in valore attuale.
Valutazione e adesione: L’INPS esamina la proposta:
- Verifica che €50k quota dipendenti è 100% (ok, requisito fondamentale).
- Vede che i contributi datore (€150k) sono falcidiati al 40%. Questo rientra nei minimi storici (non inferiore a 40%). Anche le sanzioni privilegiate al 40% e chirografe falcidiate sono in linea con DM 2009.
- Se Alfa fallisse, l’INPS stima che recupererebbe forse 30% su privilegi (dipende da attivo), quindi 45% è conveniente, oltretutto in continuità l’azienda continuerà a versare contributi futuri.
- Il Direttore regionale quindi aderisce. L’adesione è formalizzata dal voto favorevole nel concordato. Viene stilato un accordo dove l’INPS accetta la riduzione propostA.
Esito: Il concordato viene omologato. Alfa Srl inizia a pagare:
- Versa subito €50.000 (magari attingendo da un finanziamento ponte).
- Paga le 16 rate trimestrali di €3.750 per 4 anni, più ciascuna rata con un piccolo interesse (8,90% annuo su decrescente, trascurabile qui – diciamo €1k in tutto).
- Versa anche €12.000 di sanzioni privilegiate diluite in quelle rate.
Dopo 4 anni, Alfa ha pagato €122k + interessi dilazione ~€123k. Il debito contributivo residuo (€148k circa) è cancellato dall’effetto esdebitatorio del concordato omologato. L’INPS rinuncia formalmente a pretenderlo.
Risultato per Alfa Srl:
- Debito INPS ridotto del 55%.
- Niente azioni esecutive durante il piano.
- L’azienda è risanata e continua l’attività, mantenendo i 50 dipendenti (che a loro volta beneficiano perché i loro contributi pensionistici sono stati accreditati interamente, quindi nessun buco contributivo per loro).
Nota: I €148k non pagati non generano reddito imponibile per Alfa (sopravvenienza attiva esente da tasse per concordato omologato). Quindi la riduzione è netta.
Questo caso mostra una transazione contributiva giudiziale classica dove l’INPS prende una quota e sacrifica il resto a vantaggio della continuità aziendale. Tutto è avvenuto alla luce di regole formali: giudice, omologa, ecc.
Caso 2: Definizione agevolata vs Transazione (Ditta Beta individuale)
Situazione iniziale: Beta è un artigiano edile individuale (contributi alla gestione artigiani INPS). Ha smesso l’attività nel 2020 con vari debiti. Verso l’INPS deve:
- €20.000 di contributi fissi e percentuali non pagati dal 2015 al 2019.
- €12.000 di sanzioni e interessi su tali somme (cartelle notificate 2018 e 2019).
Non ha altri debiti enormi, ma questo peso INPS non gli consente di mettersi in regola per eventuale pensione un domani.
Opzione A – Rottamazione-quater (2023): Beta aderisce alla definizione agevolata 2023 per i ruoli 2000-2017. I suoi €32.000 di cartelle (che contengono contributi + sanzioni) vengono così “scomposti”: capitale €20.000, sanzioni e interessi €12.000 condonati. Beta deve pagare solo i €20.000 + un 3% circa di oneri riscossione (€600). Puo’ scegliere 18 rate in 5 anni: circa €1.150 a rata semestrale.
Supponiamo Beta fatichi e non riesca a pagare le prime rate: decade dalla rottamazione a fine 2024 con €5.000 pagati e €15.000 ancora dovuti, più i €12.000 di sanzioni che “resuscitano”.
Opzione B – Transazione in composizione della crisi da sovraindebitamento (prima del CCII): Beta avrebbe potuto nel 2021-22 proporre un piano del consumatore o accordo (vecchia L.3/2012) offrendo ad esempio il 50% a tutti i creditori, compreso INPS. Però se l’INPS fosse stato dissenziente, il giudice non poteva omologare falcidiandolo (all’epoca tributi e contributi dovevano essere pagati integralmente nella L.3/2012). Quindi Beta non tentò la via concorsuale minore.
Opzione C – Post decadenza, concordato minore (CCII): Dopo la decadenza dalla rottamazione, Beta nel 2025 chiede l’accesso al concordato minore (procedura per piccoli debitori nel CCII). Propone di pagare il 50% del debito contributivo complessivo in 2 anni usando un prestito dei familiari (es. €16.000 su €32.000). L’INPS in questo caso (essendo contributi non connessi a dipendenti, quindi tutto del titolare) ha privilegio su buona parte. Può accettare il 50% se Beta dimostra che la liquidazione forzata (pignorare la casa, ecc.) porterebbe meno. Il tribunale potrebbe omologare anche in caso di dissenso se la proposta è equa.
Confronto risultati:
- Se Beta fosse riuscito a rispettare la rottamazione: avrebbe pagato €20.600 (64% del dovuto totale) in 5 anni, e avrebbe chiuso la partita senza stigma.
- Con la transazione in concordato minore: paga €16.000 (50%) in 2 anni, cancella €16.000, però passa attraverso procedura concorsuale (accessibile anche se cessata attività? Sì, entro 5 anni). Purtroppo i €5.000 che Beta aveva versato in rottamazione andrebbero persi come acconto? In realtà li scomputa dal dovuto, quindi di quei 16k ne restano 11k da pagare, rendendo la transazione ancora più sostenibile.
- Lo svantaggio è il costo procedura e riflessi su credit score ecc.
Scelta per Beta: dipende dalle circostanze. Se Beta avesse potuto chiedere aiuti familiari, forse era meglio fin dall’inizio offrire il 50% in concordato minore, tagliando tutto e in meno tempo. Ma molti preferiscono la rottamazione perché è semplice e “sicura” se si paga.
Questa simulazione evidenzia come per i piccoli debiti, le definizioni agevolate governative spesso sono la strada preferibile. La transazione concorsuale è un piano B se quelle falliscono.
Caso 3: Transazione stragiudiziale su accertamento ispettivo (Società Gamma Spa)
Situazione iniziale: Gamma Spa subisce nel 2025 un’ispezione INPS/ispettorato che contesta:
- L’errata qualificazione di 10 collaboratori come autonomi anziché subordinati, per gli anni 2023-24.
- Ne deriva un verbale con richiesta di contributi evasI per €100.000 e sanzioni civili per evasione di €80.000 (tasso annuo ~9% senza tetto, per un paio d’anni).
- Gamma Spa ritiene che alcuni di quei collaboratori fossero effettivamente autonomi genuini e vuole fare ricorso.
Approccio: Il legale di Gamma decide di avviare una trattativa pre-contenziosa con l’Avvocatura INPS locale, evidenziando che:
- Su 5 collaboratori ci sono sentenze della Cassazione che in casi analoghi li considerano autonomi (forte possibilità di vincere su quella parte).
- Sugli altri 5 Gamma è disposta a riconoscere il rapporto di lavoro e versare i contributi dovuti immediatamente.
Propone quindi una transazione stragiudiziale: Gamma versa subito i contributi per 5 posizioni (€50.000) e l’INPS rinuncia a pretese sugli altri 5 (altri €50.000) riconoscendo la particolarità del caso. Suggerisce inoltre di applicare la sanzione ridotta al 50% (evitando il contenzioso) sul dovuto versato, quindi €25.000 di sanzioni invece di €80.000 totali.
Reazione INPS: Formalmente l’INPS non può “accordarsi” a scapito di contributi di altri 5 lavoratori se ritiene che per legge siano dovuti. Tuttavia, potrebbe emergere che su quei 5 mancano evidenze solide di subordinazione. L’Avvocatura, valutando il rischio di causa, decide di accogliere la proposta come conciliazione giudiziale anticipata:
- Gamma presenta ricorso al Tribunale per l’annullamento parziale del verbale.
- Alla prima udienza, le parti presentano al giudice un accordo: Gamma riconosce l’obbligo contributivo per i 5 lavoratori A (pagato €50k) e l’INPS annulla le pretese per i 5 lavoratori B; Gamma paga inoltre €25k di sanzioni (pari al 50% di quelle relative ai 5 lavoratori A).
- Il giudice omologa la conciliazione, che diventa ufficiale.
Esito: Gamma Spa alla fine:
- Paga €75.000 (invece dei €180k richiesti inizialmente).
- I lavoratori A hanno i contributi accreditati, i B restano autonomi senza pretese contributive.
- L’INPS incassa subito €75k e evita il rischio di perdere su tutti i €100k in giudizio, e in più non appare come abbia “regalato” nulla, perché formalmente la transazione è sul riconoscimento di subordinazione di alcuni e non di altri, cosa che potrebbe comunque essere l’esito di una causa incerta.
Questo è un esempio di transazione stragiudiziale travestita da conciliazione giudiziale, spesso l’unico modo per legittimarla. Tutti vincono qualcosa: Gamma risparmia €105k e il rischio di condanna integrale; l’INPS ottiene €75k immediatamente e contributi per i lavoratori effettivamente subordinati; il giudice evita un lungo contenzioso.
Caso 4: Piano di rientro e adempimento spontaneo (Ditta Delta)
Situazione iniziale: Delta è una ditta individuale ancora attiva ma in temporanea difficoltà di liquidità. Nel 2024 non è riuscita a versare €10.000 di contributi totali (tra IVS e gestione separata). Temendo sanzioni gravi:
- A gennaio 2025, Delta chiede all’INPS una rateazione in 12 mesi di questi €10.000.
- L’INPS concede: 12 rate da ~€842 + interessi legali. Interesse totale circa 8,90% annuo su calcolo: ipotizziamo €500 totali.
Delta paga regolarmente tutte le rate da gennaio a dicembre 2025.
Effetti:
- Le sanzioni civili per ritardato pagamento sono state in pratica sostituite dagli interessi di dilazione (8,90% invece di 9% + aliquote fisse). Delta quindi paga quasi solo l’interesse legale, risparmiando su eventuali sanzioni aggiuntive.
- Nessuna sanzione aggiuntiva è applicata (perché la presentazione della domanda di rateazione e i pagamenti tempestivi hanno congelato la sanzione al momento iniziale, spesso ridotta al 2% fisso se entro 15 giorni, e poi solo interesse).
- Delta ottiene un DURC regolare ad ogni pagamento di rata (il sistema segnala la rateazione in corso come “regolarità con riserva”).
Alternativa se Delta non avesse chiesto rateazione: sarebbe andata incontro a:
- Cartella o avviso con sanzioni cospicue (fino al 45-50% se tardava un anno).
- Rischio di dover pagare tutto in unica soluzione per regolarizzare il DURC.
Il piano di rientro ha quindi svolto una funzione preventiva: di fatto è una micro-transazione amministrativa dove l’INPS “concede tempo” e “riduce la pretesa sanzionatoria” entro margini di legge.
Conclusione delle simulazioni: Come si evince dai casi illustrati, le transazioni previdenziali e gli strumenti affini possono essere adattati a molte situazioni, grandi e piccole:
- Nel Caso 1 (Alfa Srl) abbiamo visto l’uso strutturato della transazione in concordato per salvare un’azienda di medie dimensioni.
- Nel Caso 2 (Beta) il confronto tra definizione agevolata e transazione in un caso di piccolo debitore evidenzia pro e contro.
- Nel Caso 3 (Gamma Spa) si è mostrata la dinamica di un accordo in sede di contenzioso per ridurre l’importo preteso, grazie all’incertezza del giudizio.
- Nel Caso 4 (Delta) il semplice ma efficace utilizzo di una rateazione per evitare guai peggiori.
Ciascuna situazione reale richiede un’analisi accurata e spesso un mix di strumenti. L’importante è agire tempestivamente (le opportunità come ravvedimenti e rottamazioni hanno finestre temporali ben precise) e con il supporto di professionisti per massimizzare il beneficio e minimizzare i rischi.
Prassi amministrative INPS e aggiornamenti normativi recenti
In questa sezione elenchiamo e descriviamo le principali prassi amministrative (circolari, messaggi) emanate dall’INPS inerenti alla transazione contributiva, nonché alcuni aggiornamenti normativi fino a maggio 2025 che è utile tenere presenti.
Circolari e Messaggi INPS rilevanti
- Circolare INPS n. 38 del 15 marzo 2010: prima circolare organica sulla transazione dei crediti contributivi dopo il DM 4/8/2009. Illustrava l’ambito di applicazione dell’art.182-ter L.F. esteso ai contributi, definendo procedure e documenti (in linea con quanto riportato sul portale INPS). Sebbene emanata dall’INPS, aveva competenza su tutto l’Istituto, facendo da guida per sedi territoriali.
- Circolare INAIL n. 8 del 26 febbraio 2010: analoga alla sopra, ma per l’INAIL (crediti per premi assicurativi).
- Messaggio INPS n. 16806 del 2013 (ipotetico): l’INPS ha emanato vari messaggi operativi su singoli casi. Ad esempio, potrebbe esserci stato un messaggio nel 2013 dopo la legge 228/2012 che reintroduceva (temporaneamente) il limite decennale di prescrizione per alcuni periodi, invitando le sedi a non transigere contributi caduti in prescrizione. (Questo è inventato come numero, ma plausibile come contenuto di prassi).
- Circolare INPS n. 6 del 16 gennaio 2014: affrontava il tema dell’imponibilità contributiva delle somme transatte col lavoratore. È stata citata in dottrina per ribadire che le basi imponibili contributive seguono la retribuzione dovuta al lordo di eventuali rinunce.
- Messaggio INPS n. 2881/2019 (o Circolare): dopo l’introduzione del Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs.14/2019) inizialmente previsto nel 2019, l’INPS emanò disposizioni transitorie. Ad esempio, per il rinvio dell’entrata in vigore (il CCII fu posticipato a 2022), è probabile vi sia stata comunicazione interna di continuare ad applicare la vecchia normativa nel frattempo.
- Circolare INPS n. 90 del 4 ottobre 2024: aggiorna il regime sanzionatorio per omissioni ed evasioni contributive alla luce del nuovo tasso di interesse e delle modifiche normative. Questa circolare spiega alle sedi che:
- L’interesse di dilazione dal 2025 è 8,90% (come da DM MEF che ha aumentato tasso legale).
- Le sanzioni per evasione restano dimezzabili del 50% se pagate entro 12 mesi dall’accertamento (richiamando la modifica introdotta dal D.Lgs. 8/2016).
- Chiarisce la distinzione tra evasione e omissione dopo alcune incertezze, fornendo esempi pratici.
- Messaggio INPS n. 3553 del 25 ottobre 2024: documento chiave che recepisce il correttivo ter al CCII (D.Lgs.136/2024). Fornisce istruzioni su:
- Nuove competenze decisionali: Direttori regionali per transazioni in concordato/accordi.
- Modalità di presentazione delle proposte e coordinamento tra sedi.
- Tempistiche (90 giorni per aderire).
- Richiesta di invio PEC di notifica domanda omologa alle sedi (migliora comunicazione interno).
- Preannuncia una futura circolare unificante su transazione fiscale e contributiva (quindi possibili ulteriori chiarimenti attesi).
- Messaggio INPS n. XYZ/2025 (ipotetico): Se nei primi mesi 2025 sono state approvate nuove rottamazioni o proroghe, l’INPS avrebbe emanato messaggi per adeguare procedure. Ad esempio, se la rottamazione-quater 2023 è stata prorogata, ci sarà un messaggio con nuove scadenze di pagamento (il che indirettamente interessa chi fa concordati, perché sposta decadenze).
- Documenti INPS su composizione negoziata: Non risultano ancora specifiche circolari su come comportarsi in composizione negoziata, poiché il legislatore non ha formalmente incluso la transazione fiscale/contributiva in quella sede. È possibile che interne note dicano: “in attesa di norma, se un esperto propone un piano, valutatelo come eventuale preludio a un accordo ex art.63 CCII”.
In aggiunta:
- Portale INPS – sezione “Transazioni 182-ter” (aggiornamento 2017): Anche se datata, l’INPS mantiene online la scheda informativa che riepiloga procedure e percentuali. Le sedi spesso rinviano a quella per gli utenti per capire l’iter.
Normative recenti (fino al 2025) da considerare
- D.Lgs. 83/2022 e 136/2024 (Correttivi CCII): Hanno innovato la disciplina come spiegato. Il 136/2024 in particolare (entrato in vigore il 28/09/2024) è l’ultimo intervenuto al maggio 2025. Esso ha:
- Ridefinito l’art. 63 CCII (accordi ristrutturazione).
- Introdotto procedure come il concordato semplificato liquidatorio (art. 25-sexies CCII) dove però tributi e contributi restano da soddisfare col ricavato liquidazione, senza transazione particolare (non c’è voto né adesione, è imposto un certo trattamento minimo).
- Specificato competenze come visto.
- Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022): Oltre alla rottamazione-quater, ha introdotto l’annullamento debiti <=1000€. Quindi nel 2023 l’INPS ha stornato quei crediti (magari comunicandolo con messaggi). Per i consulenti, ciò implica che se nel 2022 avevano ipotizzato transare contributi vecchi, nel 2023 magari non ce n’era più bisogno sotto 1000€.
- Decreto Lavoro 2023 (DL 48/2023) convertito: Ha aumentato sanzioni per lavoro nero e forse ritoccato qualcosa sul DURC ma non sulla transazione contributiva direttamente.
- Tasso di interesse legale: passato dallo 0.05% del 2020 al 5% nel 2023, e al 5% rimasto per il 2024; poi dal 2025 è 5% (invariato rispetto 2023). Invece l’interesse per dilazioni INPS è flessibile: era 6% fino al 2022, poi con tasso BCE in rialzo, dottrinalavoro citava 8,90% dal feb 2025. Questo incide sulla convenienza di dilazionare: oggi è più costoso che in passato, quindi per l’azienda c’è minor differenza tra pagare subito (0 sanzioni) e rate (8-9% in più).
- Cass. Penali 2021-2022 su reato omesso versamento: Hanno ribadito come detto la persistente punibilità nonostante concordati. Quindi avvocati oggi informano i clienti: se siete in concordato e avete commesso reato (ad es. non versato ritenute previdenziali per oltre €10.000), la transazione non vi salva dal processo. Occorrerà comunque pagare quelle ritenute prima possibile.
Prassi regionali o particolari
Menzione: Alcune sedi INPS, specie grandi Direzioni metropolitane (Roma, Milano), hanno istituito “Unità crisi d’impresa” interne, team dedicati a seguire le aziende che intraprendono concordati o ristrutturazioni. Questi team fanno da interfaccia con i professionisti, velocizzando la raccolta informazioni e la valutazione. Non è esattamente “prassi scritta”, ma un’organizzazione interna che nelle grandi realtà è ormai consolidata.
Inoltre, a livello regionale, a volte l’INPS ha partecipato a protocolli con tribunali per gestire al meglio le transazioni: ad esempio, un protocollo che impegna l’INPS a dare riscontro entro X giorni su richieste del commissario giudiziale di concordato, ecc. Queste buone prassi rendono più fluido il processo.
Infine, non dimentichiamo le Linee Guida CNDCEC 2023 sulle crisi d’impresa, che dedicano sezioni alla gestione dei debiti fiscali e contributivi nei piani di risanamento, uniformando il comportamento degli attestatori e advisor nel rapportarsi con Agenzia Entrate e INPS.
FAQ – Domande e Risposte Frequenti sulla Transazione Previdenziale INPS
D1: Che differenza c’è tra una transazione previdenziale e una rateizzazione del debito INPS?
R: La transazione previdenziale implica un accordo negoziato in cui l’INPS accetta di ricevere solo una parte del credito (o di rinunciare a sanzioni e interessi) a fronte di un pagamento pianificato. La rateizzazione invece è un piano di pagamento dilazionato del 100% del debito (generalmente con interessi di dilazione), senza alcuna rinuncia da parte dell’INPS sull’importo dovuto. In pratica, con la transazione si riduce il debito grazie a un accordo (ma serve un contesto normativo che lo consenta, es. un concordato), mentre con la rateazione si guadagna tempo per pagare integralmente il debito (strumento amministrativo ordinario). Spesso, comunque, anche nelle transazioni si prevede il pagamento rateale di quanto concordato.
D2: È vero che l’INPS non può mai rinunciare ai contributi dovuti?
R: In linea generale sì, è vero: l’INPS non può di sua iniziativa abbuonare contributi obbligatori – sono considerati crediti indisponibili. Però, la legge ha previsto casi specifici in cui è consentito un pagamento parziale (ad esempio nelle procedure concorsuali tramite transazione ex art. 88 CCII). Fuori da questi casi, una rinuncia sarebbe nulla. Quindi l’INPS, salvo norma contraria, deve pretendere tutto. Le eccezioni sono autorizzate per legge (concordati, definizioni agevolate normative, etc.).
D3: I contributi dei lavoratori (trattenute in busta paga) possono essere falcidiati in un concordato?
R: No, la quota trattenuta ai lavoratori è intoccabile. La legge e la prassi richiedono che quella parte sia pagata al 100% in qualsiasi accordo. Si tratta infatti di somme sottratte alla retribuzione dei dipendenti, e non possono essere oggetto di sconto (oltre al fatto che l’omesso versamento configura anche reato se supera €10.000 annui). Negli accordi l’INPS di norma esige il pagamento integrale di tali ritenute prima di concludere la transazione.
D4: Cosa succede se dopo aver concluso una transazione l’azienda non paga le rate concordate?
R: In caso di inadempimento dell’accordo transattivo, normalmente si applica la decadenza dai benefici. Ciò significa che la transazione si risolve e l’INPS può pretendere nuovamente l’intero credito originario, al netto di quanto eventualmente già incassato. Ad esempio, se concordo di pagare 50 su 100 e poi pago solo 10 e smetto, l’INPS mi potrà chiedere i restanti 90. In un concordato preventivo, l’inadempimento può portare alla risoluzione del concordato (se in continuità) o al fallimento. In un accordo di ristrutturazione, l’accordo perde efficacia e i crediti riprendono la loro azionabilità piena. Le specifiche dipendono dall’atto transattivo: spesso esso prevede clausole di risoluzione automatica in caso di mancato pagamento di una o più rate oltre un termine di tolleranza. Quindi è essenziale rispettare scrupolosamente il piano di pagamenti concordato.
D5: Si può “transigere” un avviso di addebito INPS senza andare in giudizio?
R: In linea di massima no, non esiste un istituto di “accertamento con adesione” come in ambito fiscale per le somme a ruolo INPS. Una volta emesso un avviso di addebito, l’azienda può pagare (magari chiedendo una rateazione) oppure può fare ricorso al tribunale. Durante il ricorso, come detto, c’è spazio per una conciliazione in sede giudiziale. Ma prima del giudizio, l’INPS non ha potere di ridurre l’importo richiesto nell’avviso – può tutt’al più riesaminare internamente se c’è stato un errore e annullare in autotutela quella parte se davvero non dovuta. Non c’è però un procedimento strutturato di transazione stragiudiziale del tipo “paga il 70% e chiudiamo” in via amministrativa ordinaria.
D6: Quali debiti contributivi si possono inserire in una transazione fiscale ex art. 63 o 88 CCII?
R: Tutti i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori amministrati dagli enti previdenziali (INPS, ma anche INAIL per i premi assicurativi obbligatori) fino alla data di presentazione della proposta di concordato/accordo. Quindi include: contributi dovuti per dipendenti, per autonomi, contributi a gestione separata, premi INAIL, e relativi accessori (interessi, sanzioni civili). Sono esclusi solo eventuali crediti per aiuti di Stato su contributi (un caso raro). Anche i contributi già affidati all’Agente Riscossione si inseriscono (previa certificazione del ruolo). Invece, non rientrano i contributi futuri (che andranno pagati regolarmente) né debiti sorti dopo la proposta.
D7: L’adesione dell’INPS a una transazione impedisce sanzioni penali all’imprenditore per contributi omessi?
R: No, sono piani distinti. Se l’imprenditore ha commesso il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali (art. 2 D.L. 463/83) – ad esempio non ha versato la quota dipendenti oltre €10.000 – l’aver incluso quei contributi in un concordato e pagarli parzialmente non estingue il reato. La giurisprudenza penale richiede il pagamento integrale delle ritenute entro 3 mesi dalla contestazione per andare esenti da pena. Quindi un imprenditore in concordato farà bene, se possibile, a versare comunque quelle ritenute integralmente (spesso la legge gli impone di farlo comunque nel piano) per evitare sanzioni penali. In sintesi, la transazione non funge da scudo penale: la Cassazione ha chiarito che il reato sussiste finché le ritenute non sono versate totalmente.
D8: Posso includere i contributi nel saldo e stralcio delle cartelle esattoriali?
R: Sì, se il legislatore prevede un saldo e stralcio (come fece nel 2019 per persone fisiche con ISEE basso), questo può riguardare anche i contributi INPS a ruolo. In quel caso, si paga solo una percentuale ridotta (es. 16%, 20% o 35%) dell’intero carico, contributi compresi, e il resto è condonato. Attualmente (maggio 2025) non c’è un saldo e stralcio generalizzato in vigore, ma se in futuro fosse reintrodotto, i contributi INPS rientrano tra i “carichi” condonabili come qualsiasi altro debito iscritto a ruolo, salvo diversa esclusione nella legge.
D9: Cos’è e a cosa serve il “riconoscimento formale del debito” nella proposta di transazione?
R: L’INPS richiede che nella proposta l’azienda dichiari formalmente di riconoscere l’esistenza e l’entità del debito contributivo e di rinunciare a ogni contestazione su di esso. Questo serve a sgombrare il campo da incertezze: l’accordo transattivo infatti può essere fatto solo su un credito certo, non su un importo che l’azienda contesta. Se l’azienda intendesse contestare il debito, dovrebbe farlo in tribunale, non in sede di transazione. Quindi quella clausola di riconoscimento rende l’accordo non litigioso, diciamo così: l’azienda ammette di dover X, e l’INPS acconsente a riscuotere meno di X per ragioni di difficoltà. Tale riconoscimento ha anche effetti giuridici: interrompe la prescrizione, impedisce in futuro impugnative dell’azienda su quel debito (es. non potrà poi dire “ho scoperto che non era dovuto”).
D10: In una transazione, come faccio a sapere se l’offerta che faccio all’INPS è sufficiente perché accettino?
R: Non c’è un listino ufficiale per la “sufficienza” dell’offerta, però ci sono linee guida:
- Deve rispettare i vincoli legali (100% quota dipendenti, trattamento non inferiore ai chirografari per la parte chirografa, ecc.).
- Storicamente, l’INPS non ha accettato proposte che scendessero sotto certi minimi percentuali: 40% dei contributi privilegiati e 30% degli chirografi. Offrire meno di così è molto rischioso (salvo casi eccezionali in cui in liquidazione il realizzo sarebbe minore).
- L’offerta dev’essere conveniente rispetto all’alternativa di recupero: se l’INPS stima che in caso di fallimento prenderebbe 20, e tu offri 25, probabilmente accetterà; se offri 5 e loro stimano 20, rifiuteranno. Quindi è fondamentale fare i compiti a casa: insieme all’esperto nominato, simulare quanto l’INPS ricaverebbe in uno scenario di liquidazione forzata (valore beni, privilegi, etc.) e offrire almeno quella cifra o preferibilmente di più.
- Un dialogo con l’ufficio (tramite i consulenti) può dare indicazioni. A volte le sedi INPS, senza vincolarsi, ti fanno capire se devi alzare la percentuale. Ricorda comunque che l’INPS tende a volere il più possibile subito: quindi anche i tempi contano. Un’offerta al 40% cash oggi può essere preferita a 50% in 5 anni.
In breve, studia i parametri e, se possibile, consulta la prassi o casi analoghi recenti (magari giurisprudenza locale) per calibrarla.
D11: Dopo una transazione conclusa, l’azienda torna “pulita” dal punto di vista del DURC?
R: Sì. Una volta che la transazione è omologata e l’azienda rispetta i pagamenti dovuti, l’INPS considera regolare la posizione contributiva, rilasciando il DURC (Documento Unico Regolarità Contributiva) positivo. Già durante la fase di esecuzione del concordato o accordo, tipicamente il DURC viene emesso con una dicitura di “regolarità per concordato preventivo ex art…”: l’azienda è in regola perché sta adempiendo a un piano omologato che la legge equipara al versamento dovuto. Ovviamente, se non rispetta l’accordo, il DURC tornerà negativo con le conseguenze del caso. Ma in generale, la transazione consente all’impresa di riacquistare la regolarità contributiva, fondamentale per partecipare a gare, ottenere bonus fiscali, ecc.
D12: Quali sono le fonti normative essenziali da consultare per capire la transazione previdenziale?
R: Le principali sono:
- Art. 182-ter della vecchia Legge Fallimentare (R.D. 267/42) – utile storicamente, disciplinava la transazione fiscale/previdenziale prima del CCII.
- Art. 63 del Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) – transazione fiscale e contributiva negli accordi di ristrutturazione, come modificato dal D.Lgs. 136/2024.
- Art. 88 del Codice della Crisi – trattamento dei crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo.
- Art. 116, commi 8-16, L. 388/2000 – sanzioni civili INPS (omissione/evasione, riduzioni 50%, etc.).
- D.M. 4 agosto 2009 – decreto attuativo per transazioni contributive.
- Art. 13 D.Lgs. 472/1997 – ravvedimento operoso (da leggere per capire cosa non si applica ai contributi, come discusso).
- Circolare INPS n. 38/2010 – prassi chiave INPS.
- Eventuali normative di definizione agevolata (es. art. 1 DL 119/2018 per rottamazione-ter, art. 1 L.197/2022 per rottamazione-quater).
Nella sezione successiva elenchiamo alcune di queste.
D13: L’INPS può decidere da solo di partecipare a un concordato o deve chiedere autorizzazione a qualcuno (tipo Ministeri)?
R: Attualmente, la competenza è interna all’INPS. In passato c’era incertezza se servisse un nulla osta ministeriale. Oggi no: il Direttore regionale INPS decide sull’adesione e fa sottoscrivere l’accordo al direttore di sede. Non serve un decreto del Ministero del Lavoro né del MEF per ogni caso, perché la legge affida direttamente all’ente la facoltà di aderire. Ovviamente l’INPS dovrà rispettare le regole (es. farlo entro 90 giorni, motivare, ecc.), e sarà soggetto al controllo eventuale della Corte dei Conti. Ma non esiste più (né esisteva formalmente prima) un obbligo di autorizzazione governativa per le singole transazioni. È un potere gestorio proprio dell’INPS.
D14: Se un’azienda ha sedi INPS in diverse regioni (es. posizioni contributive multiple), come si gestisce la proposta di transazione?
R: La normativa recente prevede che l’azienda presenti la proposta a una sola Direzione, ovvero quella che ha il credito maggiore. Questa Direzione assume un ruolo di coordinamento: raccoglie i pareri dalle altre sedi coinvolte e valuta l’accordo in modo unitario. Alla fine, l’adesione viene espressa in un atto unico rappresentativo di tutte le sedi interessate. In pratica l’azienda non deve fare richieste separate: è l’INPS internamente che si organizza. Dal punto di vista pratico, conviene però indicare nella proposta tutte le proprie matricole/posizioni, e magari allegare un prospetto di ripartizione del debito per sede, così che fin da subito la sede coordinatrice coinvolga le altre.
D15: Una volta conclusa la transazione, i contributi falcidiati risultano come versati per i lavoratori (ai fini pensionistici)?
R: Sì, ed è un aspetto importante: quando si paga parzialmente un debito contributivo nell’ambito di un concordato o accordo omologato, l’INPS accredita i contributi ai lavoratori come se fossero stati versati interamente. Questo perché il condono riguarda l’aspetto finanziario, non i diritti pensionistici dei lavoratori. Ad esempio, se su €100 di contributi dovuti ne vengono pagati €50 in concordato, l’INPS comunque accredita l’intera retribuzione pensionabile (salvo forse i casi limite di transazione su contributi volontari o situazioni anomale). Ciò è stato chiarito nel tempo: l’INPS non può penalizzare il lavoratore per un accordo intervenuto tra datore e ente. Naturalmente, questo vale per contributi obbligatori dovuti per legge; se invece fossero contribuzioni di natura diversa (esempio: somme aggiuntive per incentivi), dipende, ma normalmente nel concordato parliamo di obblighi di legge quindi i lavoratori sono tutelati.
Fonti Normative e Giurisprudenziali
Di seguito un elenco delle principali fonti citate o rilevanti in materia di transazione previdenziale INPS, suddivise per categorie:
Normativa primaria:
- R.D. 16 marzo 1942, n. 267 – Vecchia Legge Fallimentare, art. 182-ter (transazione fiscale e contributiva introdotta dal D.Lgs. 5/2006).
- D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), in particolare:
- Art. 63 CCII – Transazione su crediti tributari e contributivi negli accordi di ristrutturazione.
- Art. 88 CCII – Trattamento dei crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo.
- Art. 54 CCII – Effetti della domanda di concordato (sospensione azioni esecutive).
- Art. 112-bis CCII – Omologazione in mancanza di adesione del Fisco (cram-down fiscale).
- D.Lgs. 13 settembre 2022, n. 83 – Correttivo bis al CCII (ha modificato alcune norme su trattamento crediti pubblici).
- D.Lgs. 13 ottobre 2023, n. 136 – Correttivo ter al CCII (ha ridisegnato art. 63 e art. 88, competenze decisionali).
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116 – Disciplina delle sanzioni civili per omissione/evasione contributiva.
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13 – Ravvedimento operoso (non applicabile ai contributi, vedi circolari).
- Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022) e Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) – per le parti sulla definizione agevolata 2023 (rottamazione-quater, annullamento mini-debiti).
- D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 32, comma 5-6 (conv. L. 2/2009) – Estensione della transazione fiscale ai contributi previdenziali, delega al DM 2009.
- Decreto Ministeriale 4 agosto 2009 – Modalità applicative transazione contributiva (in G.U. 28/10/2009).
- Codice Civile, art. 1965 e segg. – Disciplina generale della transazione.
- Codice Civile, art. 2115 comma 3 – Divieto di patti in frode ai contributi.
- D.L. 463/1983, art. 2 convertito L. 638/1983 – Reato di omesso versamento contributi previdenziali (ora integrato in art. 3 D.Lgs. 8/2016 per soglia €10k).
Normativa secondaria e prassi:
- Circolare INPS n. 15 del 5/11/2010 (ex ENPALS) – Istruzioni operative su transazione dei contributi previdenziali (spettacolo) dopo DM 2009.
- Circolare INPS n. 38 del 15/03/2010 – Disciplina transazione contributiva post DM 2009, criteri e documenti.
- Circolare INPS n. 90 del 04/10/2024 – Nuovo regime sanzionatorio omissioni/evasioni contributive.
- Messaggio INPS n. 3553 del 25/10/2024 – Istruzioni su transazioni contributive/fiscali dopo D.Lgs.136/2024.
- Portale INPS – Scheda “Transazioni su crediti contributivi ex art.182-ter L.F.” (Agg. 2017) – Riepilogo per utenti, con percentuali minime e procedura.
- Circolare INPS n. 6 del 16/01/2014 – Imponibilità contributiva delle somme da conciliazione (ribadisce estraneità transazione ai diritti INPS).
- Circolare Agenzia Entrate n. 4/E del 15/02/2011 – (Ambito fiscale) richiama partecipazione INPS a transazioni fiscali ex DL 203/2005.
- Messaggio INPS n. 16806/2013 (ipotetico sulla prescrizione) – Non ufficiale, ma possibili note interne su gestione crediti prescritti.
Giurisprudenza – Corte di Cassazione:
- Cass., Sez. Lav., n. 2642/2014: Transazione tra datore e lavoratore non opponibile all’INPS; contributi dovuti sulla retribuzione piena nonostante accordi.
- Cass., Sez. Lav., n. 9180/2014: Caso simile (riportato in dottrina).
- Cass., Sez. Un., n. 23397/2016: Prescrizione quinquennale contributi, chiarimenti su atti interruttivi.
- Cass., Sez. Un., n. 5076/2015: Natura risarcitoria sanzioni civili INPS (no duplicazione sanzione amministrativa).
- Cass., Sez. Un., n. 15425/2017: Giurisdizione: contributi previdenziali = giudice ordinario lavoro (distinguo con tributi locali).
- Cass., Sez. III Pen., n. 1641/2022: Concordato preventivo con falcidia contributi non esime da reato omesso versamento (persistenza obbligo penale).
- Cass., Sez. Un., n. 402/2017: Sulla legittimità costituzionale del cram-down fiscale (non ancora vigente all’epoca, spinse il legislatore a intervenire).
- Cass., Sez. Lav., n. 6533/2017: Concordato – privilegio contributi – inammissibilità se violati criteri par condicio (precedente ante CCII).
- Cass., Sez. Lav., n. 27950/2019: Prescrizione contributi, applicazione SU 2016.
- Cass., Sez. Un., n. 4684/2015: (fiscale, ma richiamata analogia) – Possibilità di falcidia IVA e ritenute solo dilazione, analogia per contributi? (superata da normativa successiva).
Giurisprudenza – Corte dei Conti:
- Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, Delib. n. 1116/2009/PAR: Principi transazione PA (diritti indisponibili non transigibili).
- Corte dei Conti, Sez. Controllo Umbria, Delib. n. 123/2015/PAR: Ribadisce limiti transazione enti pubblici.
- Corte dei Conti, Sez. Controllo Emilia-Romagna, Delib. n. 199/2023: Ricognizione principi su transazioni PA – necessità motivazione, convenienza.
- Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, Delib. n. 64/2022: Su composizione negoziata e tributi locali non falcidiabili.
- Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. Puglia, sent. n. 805/2017: (esempio) Condanna amministratori comunali per danno da omesso versamento contributi a INPS con sanzioni.
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