Hai problemi con la CRIF? Risulti cattivo pagatore per vecchie rate non pagate, prestiti saltati, fidi revocati o segnalazioni da parte di banche e finanziarie?
Ti stai chiedendo come uscire da questa situazione e ripulire la tua posizione per tornare a chiedere un mutuo o un finanziamento?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in tutela del debitore, sovraindebitamento e riabilitazione finanziaria – ti spiega in modo semplice e concreto come funziona la cancellazione o la rettifica dei dati negativi nei sistemi come CRIF, Experian, CTC, Assilea e Centrale Rischi Banca d’Italia.
Scoprirai:
- Cosa significa essere segnalato alla CRIF e quali sono le conseguenze reali (niente prestiti, niente mutui, problemi anche per un semplice abbonamento);
- Quando i dati possono essere cancellati automaticamente e in quali casi puoi chiedere la cancellazione anticipata per errore, ritardo o pagamento integrale;
- Come agire se i dati sono errati, incompleti o non aggiornati;
- Come usare le norme sulla privacy, la tutela del consumatore e il Codice del Sovraindebitamento per ripulire la tua posizione anche in presenza di debiti ancora attivi.
Ti spiegheremo anche come funziona la segnalazione alla Centrale Rischi Banca d’Italia (spesso ignorata ma molto influente), come richiedere una visura gratuita e come bloccare nuove segnalazioni illegittime.
Alla fine della guida troverai i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, valutare la tua posizione e capire come ripartire senza ombre sulla tua reputazione finanziaria, nel pieno rispetto delle leggi e con gli strumenti giusti per voltare pagina.
Introduzione:
La “pulizia” della CRIF – intesa come cancellazione delle segnalazioni negative a proprio carico dai Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC) privati, quali CRIF, CTC (Consorzio Tutela del Credito) ed Experian – è un tema delicato che coinvolge aspetti giuridici complessi. Per avvocati e imprenditori è fondamentale conoscere tempi, costi e strumenti per ottenere la cancellazione di una segnalazione, distinguendo i miti dalle reali possibilità previste dall’ordinamento. Questa guida aggiornata a maggio 2025 esamina in dettaglio:
- I costi e le procedure di un ricorso giudiziario per ottenere la cancellazione, tra contributo unificato, parcelle legali, spese per consulenti tecnici (CTU) ed esborsi vari.
- Le opzioni stragiudiziali (diffide, mediazione obbligatoria, ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario, reclami al Garante Privacy, consulenze) con relative spese e tempistiche.
- I servizi a pagamento offerti da agenzie specializzate nella “pulizia della CRIF”, con analisi critica dei costi richiesti e della loro efficacia reale.
Saranno fornite simulazioni numeriche pratiche per ciascuna opzione, illustrate sentenze italiane 2020-2025 significative (con massime e orientamenti giurisprudenziali attuali) e riportate tabelle riepilogative dei costi e dei tempi di conservazione dei dati. Infine, un’utile sezione Domande e Risposte chiarirà i dubbi pratici più comuni, seguita dall’elenco completo e aggiornato delle fonti normative (codici, regolamenti, provvedimenti del Garante Privacy) e delle pronunce giurisprudenziali citate.
I Sistemi di Informazioni Creditizie e la “Pulizia” dei Dati Negativi
Prima di analizzare costi e strumenti di intervento, occorre inquadrare come funzionano i Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC) privati – come CRIF, Experian, CTC – in cui confluiscono le informazioni sull’affidabilità creditizia di imprese e privati. Queste banche dati registrano sia informazioni positive (finanziamenti concessi e rimborsati regolarmente) sia negative (ritardi o inadempimenti nei pagamenti). Essere segnalati come “cattivi pagatori” comporta notevoli difficoltà di accesso al credito: banche e finanziarie, infatti, consultano tali database per decidere se concedere prestiti o affidamenti.
Tempi di conservazione dei dati negativi. Le segnalazioni negative non permangono indefinitamente: la loro conservazione è limitata da regole di legge (Codice Privacy e Codice di condotta dei SIC approvato dal Garante) in base alla gravità dell’inadempimento. Trascorso il termine previsto, il dato viene cancellato automaticamente dal sistema. La tabella seguente riepiloga i principali termini di conservazione delle segnalazioni nei SIC privati in Italia (CRIF, Experian, CTC) secondo il Codice di condotta vigente:
Tipo di informazione creditizia | Durata massima di conservazione |
---|---|
Richiesta di finanziamento in corso di valutazione | 180 giorni dalla data della richiesta. |
Richieste di finanziamento rinunciate o rifiutate | 90 giorni dalla data di aggiornamento dell’esito (rinuncia/rifiuto). |
1-2 rate pagate in ritardo (poi regolarizzate) | 12 mesi dalla comunicazione dell’avvenuta regolarizzazione, se nei 12 mesi successivi i pagamenti restano puntuali. |
3 o più rate pagate in ritardo (anche con transazione) e poi regolarizzate | 24 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione, purché nei 24 mesi successivi i pagamenti siano regolari. |
Inadempimenti non regolarizzati (morosità gravi, sofferenze mai sanate) | 36 mesi dalla data di scadenza del rapporto di credito o dall’ultimo aggiornamento comunicato dalla banca; comunque max 60 mesi dalla scadenza contrattuale iniziale. |
Finanziamenti rimborsati regolarmente (dati positivi) | 60 mesi dalla data di estinzione del rapporto di credito. |
Nota: per “regolarizzazione” si intende la soluzione del problema di pagamento (es. pagamento delle rate arretrate, chiusura del debito anche a saldo e stralcio). Come si evince, le informazioni negative si cancellano automaticamente alla scadenza di questi termini, senza bisogno di alcuna richiesta esterna. Non è possibile ottenere una cancellazione anticipata se i dati sono corretti e aggiornati, salvo casi eccezionali di errore o frode. Ad esempio, anche se si pagasse un’agenzia, non si può ottenere la rimozione prima dei termini di legge: qualsiasi promessa in tal senso è ingannevole.
Cos’è allora la “pulizia” della CRIF? In pratica, consiste nell’assicurarsi che eventuali segnalazioni negative illegittime (perché errate, obsolete o inserite in violazione delle norme, ad es. senza preavviso) vengano cancellate prima del termine, oppure che le segnalazioni corrette vengano rettificate se inesatte, o semplicemente attendere la cancellazione automatica a fine periodo. La procedura di “pulizia” quindi può avvenire attraverso:
- un ricorso al giudice (per ottenere un ordine di cancellazione e l’eventuale risarcimento danni);
- un intervento stragiudiziale (richiesta di correzione al creditore o al SIC, diffida legale, ricorso all’ABF, mediazione o reclamo al Garante Privacy);
- l’ausilio di agenzie specializzate a pagamento, che offrono servizi di intermediazione per ottenere la cancellazione (servizi di dubbia efficacia, come vedremo).
Nei paragrafi che seguono analizziamo separatamente queste opzioni, con linguaggio tecnico ma accessibile, evidenziando costi, tempi e risultati attesi.
Ricorsi Giudiziari: costi, tempi e giurisprudenza
Quando la segnalazione in CRIF (o altro SIC) è ritenuta illegittima, l’interessato può adire le vie legali per ottenerne la cancellazione. Ciò avviene di solito con un’azione davanti al Tribunale civile (generalmente il Tribunale in composizione monocratica, dato il valore indeterminato o l’importanza della questione; il Giudice di Pace è competente solo per richieste di risarcimento danni di modesta entità entro i suoi limiti). Si tratta in sostanza di chiedere al giudice un accertamento dell’illegittimità della segnalazione ed un ordine di cancellazione dei dati dal SIC, oltre all’eventuale risarcimento dei danni subiti.
Motivi di illegittimità. Le principali cause che rendono una segnalazione contestabile in giudizio sono: (a) errore di fatto (ad esempio, scambio di persona, importo non dovuto, posizione già saldata ma non aggiornata); (b) mancato rispetto delle regole procedurali da parte della banca o finanziaria – il caso più frequente è l’omesso preavviso al debitore prima della segnalazione; (c) segnalazione di dati non esatti o non aggiornati (es. persistenza di un dato oltre i termini di conservazione); (d) segnalazione di una posizione contestata in buona fede, poi rivelatasi infondata. Su quest’ultimo punto la Cassazione ha chiarito che la legittimità della segnalazione va valutata ex ante, ossia in base alla situazione conoscibile al momento dell’invio dei dati: se al momento del rifiuto di pagare il debitore addusse motivi non manifestamente infondati e in buona fede, la segnalazione può risultare indebita. Viceversa, la semplice esistenza di un debito scaduto non basta da sola a legittimare la segnalazione: occorre che la banca verifichi la sussistenza effettiva e non controversa dell’inadempimento (onere della cui prova grava sull’istituto finanziario in caso di contestazione).
Procedura: ricorso d’urgenza e causa di merito. Spesso chi agisce in giudizio propone un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per ottenere tempestivamente la cancellazione in via provvisoria, senza attendere i tempi lunghi di una causa ordinaria. Per ottenere tale misura cautelare, però, occorre dimostrare sia il fumus boni iuris (cioè che la segnalazione è effettivamente illegittima) sia il periculum in mora, ossia il rischio di un danno grave e irreparabile nell’attesa del giudizio ordinario. Sul periculum, la giurisprudenza non è univoca: secondo un orientamento prevalente, essere segnalati come cattivi pagatori non configura di per sé un danno “in re ipsa”, ma l’interessato deve provare concretamente i pregiudizi subiti (es. il rifiuto di un finanziamento, la revoca di un fido). Il Tribunale di Parma (ord. 30 gennaio 2023) ha negato il carattere automatico del periculum, ritenendo insufficiente la sola iscrizione in CRIF a dimostrare un danno irreparabile se il ricorrente non documenta specifiche conseguenze (finanziamenti negati, reputazione commerciale compromessa, etc.). Altri giudici però, in casi particolari, hanno riconosciuto che l’impossibilità di accesso al credito e il danno alla reputazione creditizia possano costituire un pregiudizio imminente giustificante l’urgenza. In ogni caso, ottenuto eventualmente il provvedimento cautelare di cancellazione immediata, la controparte (banca) può opporsi e si procederà con la causa di merito, in cui si deciderà in via definitiva sulla legittimità della segnalazione e sull’eventuale risarcimento.
Contributo unificato e spese iniziali. Avviare un giudizio comporta il pagamento del contributo unificato, ossia la tassa di iscrizione a ruolo, il cui importo dipende dal valore della causa. Se si propone solo un ricorso d’urgenza (valore indeterminato) il contributo è di € 518 per il tribunale. Tuttavia, spesso l’azione viene parametrata a una domanda di risarcimento (ad esempio €10.000 per danni morali e patrimoniali): in tal caso, il valore di causa rientra nello scaglione €5.200–26.000 e il contributo è € 237. (Se il valore fosse inferiore a €5.200, sarebbe € 98; per importi maggiori le soglie aumentano fino a €1.686 per cause oltre €520.000). Oltre al contributo unificato, vanno considerate le spese vive iniziali: ad esempio le marche da bollo per diritti di cancelleria (di solito importi modesti), le spese di notifica dell’atto alla controparte (notifiche PEC gratuite o circa €10–20 per ogni notifica tramite ufficiale giudiziario) e l’eventuale parcella del domiciliatario se la causa è fuori foro.
Parcelle legali. Il costo dell’assistenza di un avvocato varia in base al tariffario vigente (D.M. 55/2014 e succ. mod. D.M. 147/2022) e alla complessità del caso. Per un procedimento cautelare urgente seguito da causa ordinaria, con valore di riferimento ad es. €10.000, gli onorari liquidabili in caso di vittoria potrebbero aggirarsi indicativamente tra €3.000 e €6.000 oltre accessori, a seconda delle fasi (studio, cautelare, istruttoria, decisione) effettivamente svolte. In pratica, molti studi legali propongono un corrispettivo a forfait comprendente ricorso d’urgenza e merito, oppure una parcella oraria. È bene concordare per iscritto il preventivo. Si consideri inoltre che, in caso di soccombenza (cioè se il cliente perde la causa), egli potrà essere condannato a rifondere anche le spese legali dell’istituto di credito vincitore.
Consulenze tecniche (CTU). Nelle cause sulla CRIF non sempre è necessaria una consulenza tecnica d’ufficio: le questioni sono per lo più giuridiche e documentali (esistenza del credito, correttezza delle comunicazioni, ecc.). Tuttavia, in taluni casi il giudice può nominare un CTU – ad esempio un esperto contabile per ricostruire la posizione debitoria o un perito informatico se ci sono dubbi sull’identità del segnalato. Il costo della CTU è anticipato dalle parti (di solito chi richiede la CTU deposita un fondo spese) e può variare da poche centinaia di euro (per incarichi semplici) fino a oltre mille euro per perizie complesse. Se la causa viene vinta, queste spese anticipate verranno poste a carico della controparte soccombente.
Di seguito una simulazione numerica dei costi tipici per un’azione giudiziaria di cancellazione CRIF, ipotizzando un caso di media complessità con valore di causa ~€10.000:
Voci di spesa (Ricorso giudiziario) | Importo |
---|---|
Contributo unificato (valore €10.000) | € 237 |
Notifica atto alla controparte (PEC) | € 0 (via PEC) |
Notifica atto via ufficiale giudiziario (cartacea) | ~ € 20 (cadauna, se necessaria) |
Anticipazione CTU (se disposta dal giudice) | ~ € 500 (stimati) |
Parcella legale (cautelare + merito) | ~ € 4.000 (ipotetica) |
Altre spese forfettarie (15% ex art. 2 DM 55/2014) | ~ € 600 |
Totale anticipato (circa) | € 5.357 |
Nota: In caso di esito favorevole, il giudice normalmente condanna la banca o finanziaria soccombente a rifondere all’attore le spese di lite (in tutto o in gran parte). Ciò significa che l’importo di contributo, CTU e una congrua quota di avvocato verranno recuperati. Diversamente, se la domanda viene rigettata, il cliente potrebbe dover sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle legali dell’altra parte.
Orientamenti giurisprudenziali recenti (2020–2025). In questi anni, le sentenze italiane hanno consolidato alcuni principi chiave sulle segnalazioni nelle banche dati creditizie:
- Obbligo di preavviso al debitore: è essenziale. L’assenza del preavviso scritto almeno 15 giorni prima di segnalare un “grave ritardo” rende la segnalazione illegittima. Ad esempio, il Tribunale di Bari (sent. n. 4076/2023) ha affrontato il caso di un garante segnalato per 9 rate insolute senza aver mai ricevuto la lettera di preavviso. Il garante lo ha scoperto solo dopo un prestito personale rifiutato e ha agito in giudizio. Il tribunale, dopo aver già in via cautelare ordinato la cancellazione immediata, ha confermato a merito l’illegittimità della segnalazione e la responsabilità contrattuale della banca, condannandola al risarcimento dei danni per violazione dei doveri di correttezza e buona fede. Questa pronuncia si pone nel solco di altre decisioni: la mancata comunicazione preventiva al debitore (o garante) viola la normativa di settore e costituisce inadempimento della banca, la quale dovrà poi provare di aver adempiuto se contesta la propria responsabilità. Da notare che il Codice di condotta SIC (2019) consente oggi anche il preavviso tramite area web riservata (home banking), ma solo se il cliente ha accettato esplicitamente tale modalità nel contratto, con avviso via email o SMS dell’avvenuta pubblicazione del messaggio. In mancanza di accordo su questa modalità, il preavviso via home banking non è ritenuto valido e la banca deve inviare una comunicazione formale tradizionale.
- Danno risarcibile da illegittima segnalazione: per ottenere un risarcimento, non basta provare che la segnalazione era illegittima, ma occorre anche dimostrare il danno concreto subito (salvo casi eccezionali di diritti fondamentali lesi). La Cassazione civile ha ribadito che non vi è automatismo tra iscrizione illegittima e danno: l’onere della prova del pregiudizio grava su chi domanda il risarcimento. In altre parole, va provato il nesso tra la segnalazione errata e un effetto negativo per il soggetto (rifiuto di credito, revoca di affidamenti, danno reputazionale documentato). La Suprema Corte (ord. n. 3130/2021) ha confermato questo, ricollegandosi al principio fissato dalle Sezioni Unite nel 2008: niente “danno in re ipsa” per la lesione dell’onore o reputazione commerciale, ma necessità di allegare e provare il concreto pregiudizio. Conseguentemente, se l’attore non prova il danno, il risarcimento può essere negato pur in presenza di segnalazione illegittima (come avvenuto in passato: cfr. Cass. 19137/2018, che negò il danno non patrimoniale per mancata prova, nonostante l’errore della banca). Al contrario, se viene provato ad es. che a causa di quella segnalazione l’attore ha perso opportunità di credito o ha subito un rating peggiore in operazioni commerciali, i giudici riconoscono un indennizzo. Nel caso di Bari 2023 citato, il garante ha ottenuto il ristoro sia del danno patrimoniale (per le occasioni di finanziamento perse) sia del danno morale e da reputazione, in quanto l’ingiusta etichetta di “cattivo pagatore” gli ha causato patemi d’animo e lesione dell’immagine professionale.
- Natura della responsabilità della banca: l’invio di dati ai SIC discende dal rapporto contrattuale banca-cliente, pertanto la responsabilità per segnalazioni illegittime è di tipo contrattuale. Questo comporta alcuni vantaggi probatori per il danneggiato: ex art. 1218 c.c. spetta alla banca dimostrare di aver rispettato gli obblighi (es. aver inviato il preavviso, aver valutato correttamente la posizione) una volta allegata dall’attore l’inadempienza. Il Tribunale di Roma (Sez. XVII, ord. 30 gennaio 2025) ha esplicitato che la violazione delle norme di settore emanate ai sensi dell’art. 51 TUB integra un inadempimento degli obblighi contrattuali di buona fede e correttezza da parte dell’intermediario, con conseguente suo obbligo di risarcire i danni causati. In quell’occasione il giudice ha richiamato il fatto che quando nasce una controversia sulla legittimità di una segnalazione, è la banca a dover provare di aver fatto tutto il necessario per evitarla (ad esempio aver inviato regolare preavviso e aver segnalato solo un credito realmente esigibile). Questo orientamento è importante perché, una volta accertata la violazione (ad es. preavviso mancante), la banca difficilmente potrà esimersi dalla responsabilità a meno che provi che la segnalazione sarebbe stata dovuta comunque e che il cliente non ha subìto danno.
In sintesi, il ricorso al giudice è la via più garantita per far valere i propri diritti in caso di segnalazioni scorrette, soprattutto quando c’è urgenza di ottenere la cancellazione (ad es. per poter accedere a un mutuo in tempi brevi) e/o si intende chiedere un risarcimento. Tuttavia, è anche la via più onerosa in termini di costi e tempi: una causa ordinaria può durare 1-2 anni in primo grado (mentre il provvedimento urgente, se concesso, arriva in poche settimane). Pertanto, prima di intraprendere l’azione legale, è consigliabile valutare le alternative stragiudiziali meno costose, come illustrato nel prossimo paragrafo, soprattutto se la segnalazione negativa, pur spiacevole, cadrà comunque entro pochi mesi per decorso del termine.
Interventi Stragiudiziali: diffide, mediazione, ABF e altri strumenti
Prima di rivolgersi al tribunale, è spesso opportuno tentare soluzioni stragiudiziali, più rapide ed economiche, per ottenere la cancellazione o correzione di una segnalazione nei SIC. Le principali modalità sono: lettere di diffida e richieste formali, mediazione civile (obbligatoria in materia bancaria), ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), reclamo al Garante Privacy, nonché la procedura interna di rettifica tramite CRIF/Experian/CTC. Vediamole in dettaglio con relativi costi.
1. Diffida al creditore segnalante. La diffida è la lettera formale inviata (meglio tramite PEC o raccomandata A/R) con cui il debitore contesta la segnalazione e intima alla banca o finanziaria di provvedere alla cancellazione o rettifica entro un termine (es. 15 giorni), pena ulteriori azioni. Nella diffida l’avvocato tipicamente richiama le norme violate (es. mancanza di preavviso, inesattezza del dato, decorso termini, ecc.) e invita l’ente a comunicare al SIC la cancellazione della posizione. Spesso questa iniziativa sortisce effetto: se la banca riconosce l’errore o teme fondatamente la soccombenza in giudizio (ad esempio, perché effettivamente ha omesso il preavviso), può decidere di rettificare o cancellare spontaneamente la segnalazione, evitando la causa. I costi di una diffida variano: se redatta personalmente, è praticamente gratuita; affidarsi a un legale comporta un compenso che, per una lettera ben motivata, può oscillare indicativamente tra €100 e €400 a seconda della complessità e dell’urgenza. Alcuni avvocati applicano tariffe forfettarie per l’intera fase stragiudiziale (es. €300 comprendenti diffida e trattative). Spesso, se poi si passa a causa, questo importo viene scalato o considerato acconto. Vantaggi: rapidità (la lettera può essere inviata in un paio di giorni) e basso costo rispetto al giudizio. Svantaggi: la diffida non vincola l’ente segnalante, che potrebbe ignorarla o negare la propria colpa, obbligando comunque ad altre azioni.
2. Mediazione civile bancaria. Le controversie in materia bancaria e finanziaria rientrano tra quelle per cui la legge prevede il tentativo obbligatorio di mediazione prima di poter procedere in tribunale (D.lgs. 28/2010). Ciò significa che, se si vuole fare causa per una segnalazione CRIF, nella maggior parte dei casi è necessario prima depositare un’istanza di mediazione presso un organismo accreditato. In mediazione, un mediatore terzo tenterà di facilitare un accordo: ad esempio, la banca potrebbe acconsentire a cancellare la segnalazione (o a modificarne la data di scadenza) e magari a versare una somma a titolo transattivo per i danni, in cambio della rinuncia del cliente a procedere in giudizio. Costi: la mediazione ha costi calmierati per legge. Si paga una piccola spesa di avvio (circa €40 + IVA per parte nelle liti fino a €250.000) e, solo se si tiene il primo incontro effettivo, una quota di mediazione proporzionale al valore (es. per cause di €10.000, circa €120 per parte oltre IVA). Se la controparte (banca) non aderisce o non compare, la procedura si chiude con esito negativo e un costo minimo (solo le spese di avvio, spesso). Se invece si raggiunge un accordo, le spese di mediazione sono di norma divise a metà tra le parti e l’accordo ha efficacia di titolo esecutivo. Tempistiche: il tentativo di mediazione si esaurisce in 2–3 mesi circa. Vantaggi: possibilità di una soluzione win-win veloce e riservata; costi limitati (specie se la banca non partecipa, ci si procura semplicemente il verbale negativo e si procede oltre). Svantaggi: la banca può usarlo per “sondare” la pretesa e spesso, se sa di avere torto evidente, preferisce l’ABF o un accordo diretto anziché comparire in mediazione (per evitare di dover poi pagare le spese legali in caso di causa). In ogni caso il tentativo va esperito per legge (o alternativamente, come si dirà, si può adire l’ABF che alcuni considerano sostitutivo della mediazione in questo ambito).
3. Ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF). L’ABF è un organismo indipendente di risoluzione delle controversie bancarie, istituito presso la Banca d’Italia, che decide sui reclami di clienti verso intermediari. Ha competenza anche sulle segnalazioni nelle banche dati creditizie. Per esempio, un cliente può ricorrere all’ABF lamentando un’iscrizione illegittima in CRIF (magari per omesso preavviso). L’ABF esamina documenti e memorie scritte, e adotta una decisione (non vincolante come una sentenza, ma se la banca non la esegue incorre in pubblicità negativa). Costi: estremamente contenuti. Il ricorrente paga solo un contributo simbolico di €20 all’atto dell’invio del ricorso; se ottiene ragione, l’intermediario dovrà rimborsargli questa somma. Non vi sono altri costi procedurali, ed è facoltativo farsi assistere da un legale (molti utenti predispongono il ricorso da soli compilando il modulo online sul sito ABF). Se però si desidera il supporto di un avvocato o consulente, andrà messo in conto il relativo compenso (comunque limitato, dato che non vi è attività di udienza ma solo redazione degli atti: indicativamente da €300 a €800). Tempistiche: abbastanza rapide, nell’ordine di 4–6 mesi per una decisione scritta. Efficacia: molto alta, poiché le banche tendono a uniformarsi alle pronunce ABF per non figurare nell’albo dei non ottemperanti pubblicato da Banca d’Italia. Ad esempio, con decisione n. 6696 del 28 aprile 2022, il Collegio ABF di Milano ha ritenuto illegittima la segnalazione al CRIF effettuata senza un corretto preavviso: la banca sosteneva di aver avvisato via home banking, ma l’ABF ha verificato che tale modalità non era stata pattuita contrattualmente, quindi ha dato ragione al cliente, confermando l’obbligo di un preavviso conforme al Codice di condotta. In casi simili l’ABF dispone la cancellazione della segnalazione e talora riconosce un indennizzo (di solito modesto, es. poche centinaia di euro, per il disagio arrecato). Vantaggi: procedura scritta, economica e specializzata; ottima come filtro prima del giudizio. Svantaggi: l’ABF non può imporre coercitivamente la cancellazione o il risarcimento, può solo raccomandarlo (ma, come detto, gli intermediari in genere eseguono spontaneamente).
4. Reclamo al Garante Privacy. Un’altra via alternativa è presentare un reclamo al Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP), autorità amministrativa indipendente, sostenendo che la segnalazione costituisce un trattamento illecito di dati personali (ai sensi del Reg. UE 2016/679 – GDPR e del Codice Privacy). Questa strada è particolarmente indicata se si lamenta la violazione di norme privacy: ad esempio, la conservazione di dati oltre i termini massimi, il mancato rispetto del Codice di condotta dei SIC, il mancato preavviso (che può configurare violazione dei principi di correttezza nel trattamento), o l’erroneità del dato. Procedura: il reclamo si presenta al Garante (anche online) dettagliando i fatti e le norme violate. Costi: gratuiti (non vi sono diritti da pagare). Non è obbligatorio farsi assistere da un avvocato, ma può essere utile data la tecnicalità degli argomenti. Esiti possibili: se il Garante ritiene fondato il reclamo, può adottare un provvedimento ordinando all’ente segnalante (es. banca) o al gestore del SIC (es. CRIF) di rettificare o cancellare i dati, oltre a poter applicare sanzioni amministrative al responsabile del trattamento. Un provvedimento favorevole del Garante costituisce un titolo autorevole: in pratica la banca sarà tenuta a eseguire la cancellazione immediatamente. Ad esempio, il Garante Privacy con provv. n. 27 del 27 gennaio 2021 ha dato ragione a dei clienti che avevano saldato un debito tramite saldo e stralcio: la banca aveva mantenuto la segnalazione come sofferenza per 36 mesi, mentre secondo il Codice di condotta andava rimossa dopo 24 mesi dalla regolarizzazione. Il Garante ha quindi ordinato la cancellazione anticipata, chiarendo l’interpretazione corretta del termine di conservazione in caso di definizione della posizione debitoria con transazione (equiparata a regolarizzazione). Tempistiche: il Garante cerca di definire i reclami entro alcuni mesi, ma i tempi possono arrivare a 6-12 mesi se la questione richiede approfondimenti. Pro: non costa nulla e fa leva sulla normativa privacy, obbligando a rispondere in modo documentato; inoltre, ottenere un provvedimento del Garante può essere usato anche in giudizio come prova. Contro: la procedura non è pubblica e non prevede indennizzi economici al reclamante (per quelli serve sempre un’azione civile); inoltre, se la questione è contrattuale più che privacy (es. controversia sull’esistenza del debito), il Garante potrebbe dichiararsi non competente a decidere sul merito del rapporto obbligatorio.
5. Procedura di rettifica/cancellazione presso il SIC stesso. È sempre possibile per l’interessato rivolgersi direttamente al gestore della banca dati (es. CRIF) per segnalare un errore e chiederne la correzione o rimozione. Grazie al GDPR, i SIC devono garantire il diritto di rettifica e aggiornamento dei dati inesatti senza oneri. CRIF in particolare mette a disposizione un modulo online gratuito per richiedere la correzione di dati ritenuti trattati in violazione di legge. Una volta ricevuta la richiesta, CRIF interagisce con la banca segnalante per verificare la contestazione, apponendo nel frattempo sui propri sistemi un’annotazione che indica che quei dati sono “in verifica” su istanza dell’interessato. Se l’ente segnalante non risponde entro 30 giorni, CRIF inibisce la visibilità del dato contestato a chiunque consulti il SIC, protraendo tale inibizione finché la pratica non è risolta. In altre parole, dopo 30 giorni di mancata risposta, quel dato negativo non sarà più visibile ai creditori (finché non arriva eventualmente una conferma) – un effetto pratico quasi equivalente a una cancellazione temporanea. La risposta definitiva deve comunque arrivare entro 30 giorni al richiedente. Costi: CRIF non addebita alcunché per queste istanze di rettifica/cancellazione se fondate su errore; l’accesso ai dati personali è gratuito almeno una volta l’anno, e solo in caso di richieste ripetute può essere richiesto un piccolo rimborso spese. (Per esempio, CRIF applica €10 IVA inclusa per fornire la visura dei propri dati qualora vi siano informazioni, e €4 se non risulta nulla, come contributo ai costi di gestione). La richiesta di cancellazione di per sé invece non comporta costi diretti se riguarda dati scorretti o non aggiornati – è un diritto esercitabile liberamente. Pro: semplice (basta inviare il modulo con documenti che provino l’errore), veloce (30 giorni) e gratuito. Contro: se la banca “conferma” il dato, CRIF non potrà cancellarlo d’autorità (a meno di evidenti violazioni normative); si otterrà al più una nota di contestazione visibile assieme al dato. In tal caso, bisognerà poi passare al reclamo Garante o al giudice. Tuttavia, molte situazioni si risolvono già in questa fase, specie se l’errore è palese.
6. Consulenze e assistenza professionale stragiudiziale. In ogni passaggio sopra descritto, ci si può far assistere da professionisti: avvocati specializzati in diritto bancario, consulenti finanziari o associazioni dei consumatori. Questi possono aiutare a redigere in modo efficace la diffida, il ricorso ABF o il reclamo al Garante, aumentando le chance di successo. I costi variano: una consulenza legale per valutare il caso può costare sui €100-€250 per un parere scritto; l’assistenza completa in un procedimento ABF o davanti al Garante può essere concordata con un forfait (es. €500). Alcune associazioni offrono prima consulenza gratuita agli associati o interventi a costi calmierati. Conviene sempre accertarsi delle competenze dell’esperto (il settore dei SIC è specialistico) e dei risultati attesi – diffidare di chi garantisce “miracoli” a pagamento.
Ecco una tabella riassuntiva dei principali interventi stragiudiziali e dei relativi costi indicativi:
Intervento stragiudiziale | Costo per l’interessato | Tempistiche |
---|---|---|
Lettera di diffida tramite avvocato | € 200 circa (variabile €100–400) | 1–2 settimane |
Mediazione civile bancaria (spese iniziali) | € 48 (€40+IVA) per parte | 2–3 mesi |
Mediazione civile (indennità se accordo) | € ~120 a carico di ciascuna parte (valore €10k) | 2–3 mesi |
Ricorso all’ABF | € 20 (contributo) + eventuale legale (non obbl.) | ~4–6 mesi |
Reclamo al Garante Privacy | € 0 (nessun costo) | ~6–12 mesi |
Richiesta di rettifica a CRIF/Experian | € 0 (prima istanza gratuita); visura dati €0-10 | 1 mese (30 gg) |
Consulenza legale iniziale | € 150 (variabile) | – |
(I tempi decorrono dall’attivazione fino all’esito; la diffida si considera risolta in tempi brevi se la controparte risponde, altrimenti occorre procedere oltre.)
Come si nota, le soluzioni stragiudiziali hanno costi decisamente inferiori al contenzioso in tribunale. Spesso vale la pena provare prima queste vie, soprattutto l’ABF o il reclamo al Garante, che combinano economicità ed efficacia tecnica. In più, l’esito di queste procedure può essere sfruttato a proprio favore: ad esempio, un provvedimento del Garante o una decisione ABF favorevole possono essere allegati in giudizio per rafforzare la propria posizione, qualora la banca ancora non ottemperi.
Va sottolineato che nessuna di queste procedure prevede il pagamento di somme all’ente segnalante o al SIC per ottenere la cancellazione: se la segnalazione è errata o illegittima, la rettifica è un diritto gratuito dell’interessato; se invece la segnalazione è corretta, non c’è modo lecito di abbreviare i tempi di conservazione, se non attendere (o al più ottenere dalla banca una benevola segnalazione di “recupero” del rapporto, ma raramente ciò incide). Pertanto, qualsiasi richiesta di denaro da parte di terzi per “cancellare subito” deve insospettire – come vedremo, è il modello di business di alcune agenzie poco trasparenti.
Agenzie di “Pulizia CRIF”: servizi a pagamento e affidabilità
Sul mercato sono comparse numerose agenzie e società private che offrono, a fronte di un compenso, servizi di credit repair, presentati come assistenza per cancellare segnalazioni negative dai database creditizi (la cosiddetta “pulizia della CRIF”). Queste realtà spesso pubblicizzano risultati rapidi – ad esempio la cancellazione in 30/60 giorni – dietro pagamento di una tariffa. È fondamentale analizzare costi e limiti di tali servizi, per evitare truffe o aspettative irrealistiche.
Cosa offrono queste agenzie? In genere propongono un’analisi della posizione creditizia del cliente (spesso richiedendo la visura CRIF/CTC/Experian) e poi promettono di attivarsi per far rimuovere le segnalazioni negative. Le tecniche che possono utilizzare in realtà non sono magiche: tipicamente consistono nell’inviare diffide e reclami per conto del cliente, sfruttando eventuali vizi formali (es. la mancata comunicazione di preavviso, errori nei dati) per ottenere la cancellazione anticipata. Alcune sostengono di avere “canali preferenziali” con le banche o con CRIF; altre millantano possibilità di “oscurare” le informazioni (in realtà, come visto, l’oscuramento può avvenire solo se la banca non risponde entro 30 giorni a CRIF su un dato contestato, cosa che non è sotto il controllo dell’agenzia).
Costi richiesti. I prezzi sono molto variabili e spesso elevati rispetto alle attività svolte (che, ricordiamo, l’individuo potrebbe svolgere in autonomia o con l’ausilio di un legale a costi contenuti). Si va da alcune centinaia di euro fino a migliaia. Ad esempio, CRIF riporta la testimonianza di una cliente, Paola, a cui un’agenzia di “tutela debiti” aveva chiesto €1.500 (due assegni da €750) garantendo la cancellazione dei dati in 30-215 giorni. Un altro caso: Angela, convinta telefonicamente a farsi cancellare dalla lista cattivi pagatori, ha pagato €200 anticipati e non ha ottenuto nulla – si è trattato di una truffa, perché nessuno oltre ai titolari dei dati può legittimamente intervenire per cancellarli se sono corretti. Dalle segnalazioni raccolte da associazioni di consumatori, pare che alcune aziende applichino un modello in due fasi: un piccolo importo iniziale (es. €50-100) per ottenere la visura e “studiare la pratica”, e poi, individuato il presunto problema, propongono un contratto di consulenza oneroso per la cancellazione, con costi che possono superare anche €1.000.
La tabella seguente fornisce alcuni esempi reali di richieste economiche da parte di tali agenzie:
Esempi di offerte da agenzie “Pulizia CRIF” | Costo richiesto al cliente | Esito promesso |
---|---|---|
Agenzia Alfa – “Pacchetto cancellazione dati” | € 1.500 (pagabili in 2 rate) | Cancellazione in 30-215 giorni |
Consulente Beta – Consulenza telefonica + pratica | € 200 (anticipati) | Rimozione dalla lista cattivi pag. |
Società Gamma – Analisi posizione + intervento legale | € 800 (di cui €100 per analisi iniziale) | Lettera e trattative con banche |
“Tutela Debiti” (cit. forum) – Cancellazione CRIF garantita | € 200 (in 2 tranche da €100) | Cancellazione entro 60 giorni |
(I nomi sono di fantasia; i dati di costo sono tratti da segnalazioni vere. L’“esito promesso” è quanto dichiarato dall’offerente, non necessariamente ciò che è avvenuto.)
Legittimità e rischi. È importante chiarire che nessuna agenzia privata ha il potere di “cancellare” direttamente le segnalazioni: solo la banca segnalante (rettificando i dati comunicati) o un provvedimento dell’Autorità (giudice o Garante) possono disporre la cancellazione anticipata. Le agenzie quindi possono al massimo agire da intermediari, presentando a loro volta istanze e diffide come farebbe il cliente. Pagare un’agenzia non garantisce il risultato: se la segnalazione è legittima (es. il ritardo c’è stato ed è stato regolarmente preavvisato), nessuno potrà cancellarla prima del tempo, nemmeno un giudice. Difatti, CRIF stessa dissocia la propria attività da queste società e mette in guardia i consumatori: “CRIF non ha alcun rapporto di collaborazione con soggetti che offrono la cancellazione di dati negativi a pagamento”. Molte persone – osserva CRIF – si rivolgono a loro solo dopo aver pagato inutilmente terzi che promettevano di risolvere il problema. Spesso tali agenzie speculano sulla scarsa informazione: ad esempio, promettono di eliminare una segnalazione di rifiuto di finanziamento in 90 giorni dietro compenso, quando in realtà quel dato si cancella comunque da solo in 90 giorni per legge. In altri casi offrono servizi fittizi come l’“oscuramento” (tecnicamente impossibile se non nei casi previsti di contestazione in corso) o la “riabilitazione creditizia” facendo leva sulla disperazione di chi è escluso dal credito.
Quando rivolgersi (e quando no) a queste società. In linea generale, rivolgersi a un’agenzia privata di pulizia CRIF è sconsigliabile, perché rappresenta un costo aggiuntivo non necessario: come visto, gli stessi risultati si ottengono con strumenti gratuiti o meno costosi (richieste dirette, ABF, legale di fiducia). Tuttavia, alcuni imprenditori o cittadini privi di tempo/confidenza con procedure burocratiche potrebbero pensare di delegare a terzi la gestione del problema. In tal caso, è bene valutare attentamente il fornitore del servizio: verificare recensioni, diffidare di chi garantisce il risultato “assoluto” (nessuno può garantirlo se non conosce le specificità normative) e pretendere trasparenza su costi e attività che verranno svolte. Se l’agenzia si limita a fare da tramite verso avvocati o studi legali, tanto vale incaricare direttamente un legale qualificato, che è anche soggetto a responsabilità deontologica e offre maggiori garanzie.
In sintesi, le agenzie di “credit repair” applicano spesso costi esorbitanti rispetto al valore aggiunto offerto, e nei casi peggiori configurano vere e proprie truffe ai danni di persone vulnerabili (promettendo l’impossibile). Assoutenti, nota associazione di consumatori, avverte chiaramente: “La cancellazione [dei dati negativi] avviene in automatico e MAI prima dei termini, neanche rivolgendoci a chi lo promette in cambio di denaro”. Dunque, prima di spendere centinaia o migliaia di euro, è bene seguire i canali ufficiali e, se serve, investire piuttosto in una consulenza legale qualificata che valuti la fattibilità di un ricorso.
Domande e Risposte (FAQ su casi pratici)
Domanda: Quanto dura una segnalazione come “cattivo pagatore” nel CRIF?
Risposta: Dipende dal tipo di evento segnalato. Ad esempio, un ritardo di 2 rate poi sanato rimane visibile 12 mesi dalla regolarizzazione; un ritardo di 3 o più rate sanato rimane 24 mesi; un debito mai saldato può restare fino a 36 mesi dalla scadenza (o ultimo aggiornamento) e comunque non oltre 5 anni. Le richieste di finanziamento rifiutate o ritirate si cancellano in 90 giorni. I finanziamenti regolari (dati positivi) restano 5 anni dopo estinzione. Questi tempi sono stabiliti dalla legge e dal Codice di condotta SIC, quindi non possono essere abbreviati a piacimento: decorso il termine, il dato sparisce in automatico.
Domanda: Ho pagato tutto il mio debito, posso essere cancellato subito dal CRIF?
Risposta: Non immediatamente, a meno che il dato fosse errato o illegittimo. Se hai regolarizzato un arretrato, la segnalazione non scompare subito ma rimane per un periodo limitato a fini storico-informativi (12 o 24 mesi a seconda dei casi, come sopra). Tuttavia, il SIC indicherà che il debito è stato “regolarizzato” (quindi i futuri finanziatori vedranno che hai pagato il dovuto, benché in ritardo). Non c’è modo legale di anticipare questa cancellazione: devi attendere quei 12/24 mesi. Fa eccezione il caso in cui la segnalazione stessa sia un errore (ad es. risulti non pagato un debito che avevi pagato regolarmente): allora hai diritto alla cancellazione immediata per inesattezza. In tal caso invia subito una richiesta di correzione a CRIF e al creditore allegando la prova del pagamento; se confermato l’errore, il dato verrà aggiornato/cancellato rapidamente.
Domanda: La banca non mi ha avvisato prima di segnalarmi: posso far togliere la segnalazione?
Risposta: Sì. Il preavviso scritto è obbligatorio per legge almeno 15 giorni prima dell’invio di una prima segnalazione negativa. Se la banca non l’ha inviato (o non può provarne la ricezione da parte tua), la segnalazione è considerata illegittima. In tal caso puoi pretendere la cancellazione immediata. Ti conviene inviare una diffida alla banca evidenziando l’omesso preavviso e chiedendo la rimozione dal SIC. Se non ottieni risposta positiva in breve, puoi rivolgerti all’ABF o al tribunale: l’orientamento giurisprudenziale è netto nel ritenere illegittime le segnalazioni senza preavviso e nel sanzionare la banca per violazione dei doveri contrattuali. Spesso, di fronte a una contestazione fondata sul preavviso mancante, le banche stesse preferiscono cancellare la segnalazione spontaneamente per evitare sanzioni.
Domanda: Un’agenzia mi propone di “pulire” la CRIF in cambio di denaro. Mi devo fidare?
Risposta: Bisogna essere molto cauti. Nessuno esterno (agenzia o intermediario) ha facoltà di cancellare o modificare legittimamente i tuoi dati creditizi se questi sono corretti e nei termini di legge. Dunque, se l’agenzia promette di eliminare segnalazioni negative “a pagamento”, probabilmente sta vendendo un servizio di dubbia utilità, quando non si tratta di una truffa vera e propria. Spesso queste società ti fanno pagare per qualcosa che accadrebbe comunque (es. cancellazione automatica dopo 90 giorni di un rifiuto di finanziamento). Il consiglio è: diffida di tali offerte. Prima verifica se la segnalazione è realmente errata/abusiva; se sì, segui i canali ufficiali (richiesta a CRIF, reclamo, legale). Se invece è corretta, nessuno potrà toglierla prima del tempo, neanche dietro compenso. CRIF invita a contattare direttamente loro prima di accettare proposte a pagamento sospette. In breve, non esistono scorciatoie legali a pagamento: se qualcuno le promette, probabilmente vuole solo i tuoi soldi.
Domanda: Quali danni posso chiedere se vengo segnalato ingiustamente?
Risposta: Puoi chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subìti a causa della segnalazione illegittima. I danni patrimoniali comprendono, ad esempio, gli interessi più alti che hai dovuto pagare per finanziamenti ottenuti nonostante la segnalazione, oppure le opportunità di credito perse (come un mutuo negato, che ti ha costretto a rinunciare a un affare). I danni non patrimoniali includono il danno morale (lo stress, l’ansia, l’umiliazione di essere etichettato come insolvente ingiustamente) e il danno alla reputazione personale o commerciale. In giudizio dovrai provare questi pregiudizi, ad esempio documentando il rifiuto di un prestito o facendo attestare da un istituto di credito che ti avrebbe concesso il finanziamento se non fossi stato segnalato. La Cassazione richiede espressamente prova del danno, non potendosi presumere in automatico. In alcune pronunce, comunque, i giudici hanno riconosciuto anche un danno da lesione dell’immagine in re ipsa quando la vicenda era particolarmente grave (es. segnalazione abusiva prolungata nel tempo che ha compromesso la vita d’impresa di un soggetto). In pratica, i risarcimenti liquidati per queste vicende oscillano da poche migliaia di euro (spesso €1.000–5.000 per danni non patrimoniali) fino a cifre maggiori se si provano conseguenze economiche rilevanti (ad es. interessi extra pagati, perdite di chance quantificabili).
Domanda: Differenza tra CRIF e Centrale dei Rischi della Banca d’Italia?
Risposta: Si tratta di due sistemi differenti. CRIF, Experian, CTC sono SIC privati che raccolgono dati su credito al consumo, prestiti, mutui concessi da banche e finanziarie a clienti individuali e imprese, senza soglia minima (anche piccoli finanziamenti). La Centrale dei Rischi (CR) di Bankitalia, invece, è un sistema pubblico di segnalazione dove confluiscono le esposizioni creditizie superiori a €100 (soglia abbassata da precedenti €30.000) verso il sistema bancario. La Centrale Rischi è alimentata mensilmente dalle banche e serve per monitorare rischi sistemici; in CR si segnalano anche fidi utilizzati, sconfinamenti e sofferenze bancarie. Dal punto di vista della “pulizia”, i principi sono simili: anche in Centrale Rischi i dati vanno corretti se errati e vi è obbligo di preavviso per le segnalazioni di sofferenza. Tuttavia, la cancellazione dei dati CR Bankitalia non avviene a richiesta: una posizione in sofferenza resta visibile per 36 mesi dalla sua eventuale regolarizzazione. Se un errore appare nella CR, si può chiedere correzione alla banca e poi ricorrere al Tutore (Banca d’Italia) o al giudice. I costi di accesso ai propri dati CR sono nulli (diritto di accesso gratuito). In sintesi, CRIF/SIC privati riguardano prestiti al consumo e hanno regole fissate dal Garante Privacy, mentre la Centrale Rischi di Banca d’Italia riguarda l’esposizione bancaria più ampia e segue istruzioni di Bankitalia. Spesso le agenzie di “pulizia” parlano genericamente di “cancellare dalla Centrale Rischi”, confondendo i due piani; le regole però sono diverse.
Domanda: Se faccio causa e vinco, chi paga le spese legali?
Risposta: In genere, nel processo civile vige la regola della soccombenza: chi perde la causa paga le spese. Dunque se tu, attore, vinci contro la banca, il tribunale di solito condannerà l’istituto a rimborsarti il contributo unificato, le spese vive e una somma per le tue spese legali (di solito calcolata a tariffa). Ad esempio, se hai speso €5.000 tra avvocato e spese, la sentenza potrebbe liquidare a tuo favore una cifra simile (talvolta un po’ ridotta rispetto al reale, ma comunque significativa). Viceversa, se perdi la causa, potresti essere condannato a rimborsare le spese legali della banca (importi che, per una causa del genere, possono essere dell’ordine di qualche migliaio di euro). Per questo prima di agire bisogna valutare bene la fondatezza del caso. Nota: nelle procedure ABF o davanti al Garante Privacy, invece, ognuno sostiene le proprie spese (non essendo veri e propri giudizi contenziosi con condanna alle spese).
Domanda: Si può chiedere la “riabilitazione” come per i protesti?
Risposta: No, per le banche dati creditizie non esiste un istituto analogo alla riabilitazione protesti (che peraltro si applica ai soli effetti cambiari protestati, tramite il Tribunale). La cancellazione dei dati negativi avviene in modo automatico dopo il tempo previsto. L’unica forma di “riabilitazione” è dimostrare di aver onorato i debiti: ciò risulta già nella banca dati (il creditore aggiorna lo stato a “regolarizzato”). Quindi, a differenza del Registro Protesti dove serve un decreto di riabilitazione per togliere un protesto prima dei 5 anni, in CRIF/CTC/Experian non serve alcuna istanza particolare: basta aspettare il tempo dovuto. Se ti riferisci alla Centrale Rischi Banca d’Italia, anche lì non esiste riabilitazione formale: se la posizione è sanata, la segnalazione si chiude e dopo 36 mesi sparirà; se era inesatta, va corretta su segnalazione della banca stessa. In conclusione, chiunque offra una “riabilitazione creditizia” a pagamento sta probabilmente usando un termine improprio per indicare interventi come diffide o conciliazioni, che però – come detto – puoi gestire con costi ben minori.
Fonti Normative e Giurisprudenziali
Principali fonti normative:
- Regolamento (UE) 2016/679 – GDPR, artt. 5, 6(1)(f), 16, 17, 21: basi giuridiche e diritti di rettifica/cancellazione dati personali in ambito creditizio.
- D.lgs. 196/2003 – Codice Privacy (come novellato dal D.lgs. 101/2018), in particolare art. 135 e Allegati: disciplina nazionale sui SIC e rinvio ai codici deontologici.
- Provvedimento Garante Privacy n. 163 del 12/09/2019 – Approvazione del Codice di condotta per i Sistemi di Informazioni Creditizie gestiti da privati (crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti). Pubblicato in G.U. n. 238/2019, Doc. Web Garante 9141964. (Sostituisce il precedente Codice di deontologia del 2004.)
- Codice di condotta SIC (2019) – Disposizioni vincolanti per partecipanti e gestori dei SIC: prevede obbligo di preavviso 15 giorni, tempi di conservazione dei dati (es. 12, 24, 36, 60 mesi), legittimo interesse come base giuridica (niente consenso), modalità di esercizio dei diritti (rettifica, reclamo).
- D.P.R. 115/2002 – Testo Unico spese di giustizia, Tabella contributo unificato aggiornata (es. €237 cause fino 26k, €518 valore indeterminato).
- D.M. Giustizia 55/2014 (come mod. D.M. 147/2022) – Parametri forensi per compensi avvocati in materia civile (utilizzato per liquidare spese legali).
- T.U. Bancario (D.lgs. 385/1993) – Art. 51 co.1: obbligo degli intermediari di fornire informazioni alla Centrale Rischi; Provv. CICR 29/03/1994 n. 50: istruzioni su segnalazioni a CR Bankitalia (inclusa necessità di preavviso per “sofferenze”).
- Istruzioni Banca d’Italia Circ. 139/1991 – Regole Centrale Rischi pubblica: soglie di segnalazione, durata info negative (36 mesi per sofferenze regolarizzate).
- Provvedimento Garante Privacy n. 27 del 27/01/2021 – Decisione su reclamo riguardante tempo di conservazione dati post saldo e stralcio: chiarisce applicazione termine di 24 mesi anziché 36 in caso di debito parzialmente estinto con accordo.
- Provvedimento Garante Privacy n. 44 del 24/02/2022 – Modifiche al Provv. 523/2015 (quest’ultimo riguardante sistemi di informazione creditizia pubblici e privati, coordinamento post-GDPR). (Rilevante per aggiornare riferimenti normativi sui SIC.)
- Legge 24/2010 e D.lgs. 28/2010 – Mediazione obbligatoria in materia bancaria e finanziaria (condizione di procedibilità).
- Delibera CICR 08/11/2016 – Disciplina Segnalazioni Centrale Rischi (nuove soglie e regole tecniche).
- Regolamento ABF – Disposizioni Banca d’Italia su funzionamento Arbitro Bancario Finanziario (Collegi ABF, contributo €20, obbligo pubblicazione inadempimenti).
Principali pronunce giurisprudenziali (2020–2025):
- Cass. Civ. Sez. III, ord. 9 febbraio 2021 n. 3130: onere della prova nelle segnalazioni in Centrale Rischi; valutazione ex ante della legittimità della segnalazione e onere probatorio a carico di chi chiede il risarcimento. Conferma che il debitore va preavvisato e che l’assenza di debito “certo” ex ante rende illegittima la segnalazione.
- Tribunale di Parma, ord. 30 gennaio 2023: in materia di segnalazione illegittima CRIF e ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c.; esclude il periculum in mora in re ipsa per il solo fatto della segnalazione, richiedendo prova concreta dei pregiudizi subiti (es. finanziamento negato).
- Tribunale di Bari (Sez. IV), sent. 13 ottobre 2023 n. 4076: segnalazione a Centrale Rischi senza preavviso a un garante; conferma illegittimità della segnalazione per violazione obbligo di preavviso e condanna la banca al risarcimento danni (patrimoniali e non patr.) per lesione dell’immagine e opportunità di credito perse.
- Tribunale di Roma (Sez. XVII), ord. 30 gennaio 2025: ricorso d’urgenza contro segnalazione in Centrale Rischi; ribadisce la responsabilità contrattuale degli intermediari per segnalazioni illegittime, in violazione dell’art. 51 TUB e del Codice di condotta SIC, con inversione dell’onere della prova in capo alla banca inadempiente ai doveri di correttezza.
- Cass. Civ. Sez. I, ord. 25 maggio 2021 n. 14372: (richiamata da dottrina) legittima il risarcimento basato su prova presuntiva del danno da segnalazione indebita; conferma tuttavia che la presunzione dev’essere grave e precisa (es. più richieste di credito respinte a causa della segnalazione). (Massimata in vari siti.)
- Cass. Civ. Sez. I, ord. 30 agosto 2022 n. 25698: in tema di contestazione del credito segnalato, richiama il principio che se il debitore aveva contestato il debito in buona fede, la segnalazione è illegittima; ribadisce obbligo di correttezza e buona fede dell’intermediario prima di segnalare. (Ordinanza rilevante per iter argomentativi, citata in dottrina.)
- ABF Milano, decisione n. 6696 del 28 aprile 2022: caso di omesso preavviso comunicato solo via home banking non concordato; l’ABF dichiara illegittima la segnalazione CRIF e dispone cancellazione. Stabilisce che il preavviso online è valido solo se contrattualmente accettato e accompagnato da avviso via email/SMS.
- ABF Napoli, decisione n. 1234 del 2020: (esempio) riconosce un indennizzo forfettario di €500 per danno non patrimoniale a un cliente segnalato erroneamente, pur non avendo perso finanziamenti, in quanto la segnalazione errata ha causato ansia e disagi (decisione non vincolante ma significativa dell’orientamento equitativo ABF).
- Cass. Civ. Sez. Unite, sent. 22 ottobre 2018 n. 26243: (precedente extra-range, ma fondativo) delimita l’ambito del danno risarcibile da illegittima segnalazione, escludendo automatismi e richiedendo la prova di un danno-conseguenza, in linea con SU 26972/2008. (Confermata dalle pronunce successive in materia).
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