Hai accumulato troppi debiti e non riesci più a far fronte a rate, cartelle esattoriali, finanziamenti o pendenze con l’Agenzia delle Entrate? Ti stai chiedendo quali debiti possono essere cancellati o ristrutturati con la Legge 3 (oggi confluita nel Codice della Crisi)?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento, diritto tributario e procedure di esdebitazione – ti spiega in modo semplice e concreto quali debiti possono rientrare nelle procedure previste dal Codice della Crisi, chi può beneficiarne e come presentare una domanda valida per ottenere la liberazione legale dai debiti.
Scopri se puoi includere debiti fiscali, contributivi, bancari, finanziari, da affitto, da forniture o da fideiussioni personali, cosa succede con le cartelle di pagamento e i pignoramenti già in corso, e quali sono i requisiti per ottenere l’omologazione del piano da parte del tribunale.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la tua situazione debitoria e costruire una strategia efficace per azzerare i debiti insostenibili, bloccare le azioni esecutive e ripartire senza più il peso delle passività pregresse.
1. Introduzione
La Legge 3/2012 (cosiddetta “salva-suicidi”) ha introdotto in Italia le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, destinate a debitori “non fallibili” (persone fisiche, piccoli imprenditori, professionisti, enti non commerciali, ecc.) impossibilitati a pagare i propri debiti. Dal 15 luglio 2022, le disposizioni della Legge 3/2012 sono confluite nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato), che ne ha aggiornato la disciplina in linea con le direttive europee e con un approccio di favor verso le soluzioni concordate e il fresh start del debitore meritevole. Questa guida, aggiornata a maggio 2025, fornisce un’analisi approfondita di quali debiti possono essere inclusi nelle procedure di sovraindebitamento (ex Legge 3/2012) oggi regolate dal Codice della Crisi, e del funzionamento di tali procedure.
Struttura della Guida: Dopo un inquadramento normativo, verranno esaminate le categorie di debitori ammissibili e, soprattutto, quali tipi di debiti rientrano nelle procedure di esdebitazione. Si approfondiranno i profili fiscali e previdenziali (debiti tributari verso l’Erario, cartelle esattoriali, debiti INPS, tributi locali, etc.), spesso centrali nei casi pratici. Verranno poi illustrate nel dettaglio le diverse procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione del debitore incapiente), con simulazioni ed esempi concreti di applicazione.
La guida adotta un linguaggio giuridico ma accessibile, con sezioni organizzate logicamente e arricchite da tabelle riepilogative, domande e risposte su casi pratici, nonché modelli di atti esemplificativi (come il ricorso introduttivo e gli schemi di piano/proposta). In chiusura, un’appendice normativa e giurisprudenziale elenca le fonti di legge più rilevanti e le pronunce giurisprudenziali citate, aggiornate a maggio 2025.
2. Evoluzione Normativa: dalla Legge 3/2012 al Codice della Crisi
Per contestualizzare l’attuale disciplina, è utile ripercorrere brevemente l’evoluzione normativa:
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3: introdusse per la prima volta in Italia una procedura concorsuale alternativa al fallimento per debitori civili e piccoli imprenditori sovraindebitati. La legge prevedeva tre strumenti principali: l’accordo di composizione dei debiti (accordo con i creditori), il piano del consumatore e la liquidazione del patrimonio, con successiva possibile esdebitazione (cancellazione dei debiti residui). Questa legge ha aperto la strada alla “seconda possibilità” anche per chi era escluso dalle procedure fallimentari tradizionali.
- Modifiche 2015–2020: Negli anni successivi, la Legge 3/2012 è stata integrata da vari interventi. Da segnalare la L. 176/2020 (conversione del D.L. 137/2020 “Ristori”) che ha rafforzato l’accesso alle procedure: ad esempio introducendo la possibilità di procedura familiare unitaria per membri dello stesso nucleo e la nuova figura dell’esdebitazione del debitore incapiente (debitor meritevole ma privo di beni, liberabile dai debiti senza dover pagare nulla). Sono state anche semplificate alcune condizioni di accesso e ridotti i termini per ripresentare le domande.
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019): Questo nuovo corpus normativo, entrato in vigore definitivamente il 15 luglio 2022, ha riordinato e aggiornato l’intera disciplina delle procedure concorsuali. La materia del sovraindebitamento è ora regolata nel Codice della Crisi (artt. 65 e ss. C.C.I.I.), che ha rinominato gli strumenti della Legge 3/2012 e li ha coordinati con i principi del diritto dell’insolvenza europeo (Direttiva UE 2019/1023). In particolare: il Piano del consumatore è ora parte della procedura di Ristrutturazione dei debiti del consumatore; l’Accordo di composizione per i debitori non consumatori assume la forma del Concordato minore; la Liquidazione del patrimonio diventa Liquidazione controllata del sovraindebitato; l’Esdebitazione viene prevista sia a seguito della liquidazione controllata (art. 278 C.C.I.I.) sia, in via speciale, per il debitore incapiente (art. 283 C.C.I.I.).
- Novità introdotte dal Codice della Crisi: Tra le innovazioni più rilevanti vi sono: l’istituto del “cram-down” fiscale e previdenziale, che consente al giudice di omologare un concordato minore anche senza il voto favorevole dell’Erario o dell’INPS quando il loro dissenso risulti ingiustificato; la riduzione dei tempi di procedura (ad esempio la liquidazione controllata di una persona fisica deve concludersi entro 3 anni al massimo); la automaticità dell’esdebitazione dopo la liquidazione (non è più necessaria un’apposita istanza separata: il tribunale, chiusa la liquidazione, dichiara il debitore esdebitato d’ufficio se non emergono ragioni ostative); e il già menzionato meccanismo dell’esdebitazione senza utilità per i debitori totalmente incapienti (un “fresh start” immediato, soggetto a condizioni). Tutte queste modifiche mirano a incentivare l’utilizzo di soluzioni concordate e il recupero del debitore come attore economico, relegando la liquidazione forzata a extrema ratio.
Di seguito, esamineremo in dettaglio chi può accedere a queste procedure e quali debiti vi possono essere compresi, per poi illustrare il funzionamento dei singoli istituti alla luce della normativa vigente (aggiornata al 2025).
3. Soggetti Ammissibili alle Procedure di Sovraindebitamento
Le procedure di sovraindebitamento sono riservate ai debitori non assoggettabili alle ordinarie procedure fallimentari (oggi “liquidazione giudiziale” nel Codice della Crisi). In altri termini, vi rientrano tutti i soggetti che non possono (o non devono) essere dichiarati falliti o sottoposti a liquidazione coatta amministrativa. L’art. 2, comma 1, lett. c) C.C.I.I. definisce infatti lo stato di sovraindebitamento come quello del consumatore, professionista, imprenditore minore, imprenditore agricolo, start-up innovativa e “di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale o a liquidazione coatta amministrativa”. Vediamo le principali categorie di debitori ammessi:
3.1 Consumatori
Il consumatore è definito dall’art. 2, comma 1, lett. e) C.C.I.I. come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta”. In pratica, si tratta della persona fisica che ha contratto debiti principalmente per scopi personali o familiari, al di fuori di un’attività d’impresa. Anche un soggetto che in passato ha svolto attività d’impresa può essere considerato consumatore ai fini dell’accesso alla procedura dedicata, purché i debiti oggetto della crisi non siano di natura imprenditoriale (ad esempio, un ex imprenditore fallito con soli debiti personali residui potrà accedere come consumatore per quei debiti).
La figura del consumatore è centrale nel sistema: a lui è riservata una procedura semplificata e protetta (la ristrutturazione dei debiti del consumatore, ex piano del consumatore) in cui non è richiesto l’accordo dei creditori, ma solo la valutazione positiva del giudice sulla fattibilità e sull’onestà del debitore. Si noti che se una persona fisica ha debiti misti sia personali sia derivanti da attività professionale/imprenditoriale, non potrà usare la corsia del consumatore per l’intera massa debitoria: in tal caso dovrà probabilmente accedere al concordato minore (si parla infatti di sovraindebitamento “misto” in dottrina).
3.2 Imprenditori minori
Rientrano in questa categoria gli imprenditori commerciali di dimensioni piccole che non superano le soglie di fallibilità previste dalla legge. Il Codice della Crisi, riprendendo in parte il vecchio art. 1 L.Fall., definisce l’impresa minore (art. 2, comma 1, lett. d) C.C.I.I.) come l’impresa che nei tre esercizi precedenti ha avuto: attivo patrimoniale ≤ €300.000, ricavi lordi ≤ €200.000 annui, debiti ≤ €500.000. Tali soglie possono essere aggiornate con decreto ministeriale (restano tuttavia immutate al 2025). Gli imprenditori commerciali che rispettano questi limiti non sono assoggettabili a liquidazione giudiziale (ex fallimento) e pertanto possono ricorrere alle procedure di sovraindebitamento in caso di insolvenza.
Chi rientra concretamente? Ad esempio piccoli commercianti, artigiani sotto soglia, titolari di ditte individuali o società di persone con volume d’affari ridotto. Anche le società di persone (S.n.c., S.a.s.) di modesta entità, tradizionalmente fallibili indipendentemente dalle soglie, oggi beneficiano delle soglie del Codice della Crisi: se i parametri sono sotto i limiti, la società stessa e i soci illimitatamente responsabili potrebbero accedere al concordato minore o alla liquidazione controllata in luogo del fallimento. In ogni caso, l’impresa minore in crisi può proporre un concordato minore ai creditori o chiedere la liquidazione controllata, salvaguardando eventualmente la continuità aziendale quando possibile.
3.3 Professionisti e lavoratori autonomi
Liberi professionisti (avvocati, commercialisti, medici, ingegneri, ecc. iscritti a ordini) e lavoratori autonomi non sono soggetti al fallimento in quanto non qualificati come imprenditori commerciali. Ciò non toglie che possano trovarsi sovraindebitati – si pensi ad uno studio professionale sommerso dai debiti per calo di fatturato o insolvenze dei clienti. Ebbene, professionisti, artisti e autonomi rientrano tra i debitori ammessi alle procedure ex Legge 3/2012. Essi possono accedere sia al concordato minore (se hanno creditori professionali/fornitori da soddisfare) sia, in taluni casi, al piano del consumatore se i debiti sono prevalentemente di natura personale (ad esempio debiti fiscali personali, debiti familiari, ecc.).
Un esempio tipico: un avvocato indebitato per spese dello studio e tributi non versati può utilizzare queste procedure per ristrutturare i debiti e ripagare parzialmente il fisco e i fornitori, ottenendo la protezione dalle azioni esecutive mentre riorganizza la propria attività. Anche società tra professionisti (STP) possono accedere, in quanto equiparate a studi professionali (non sono soggette a fallimento ordinario).
3.4 Imprenditori agricoli
Gli imprenditori agricoli sono storicamente esclusi dal fallimento (art. 2135 c.c. e art. 1 L.F. previgente) e rimangono tali anche nel Codice della Crisi. L’art. 2, comma 1, lett. c) C.C.I.I. menziona espressamente l’“imprenditore agricolo” tra i soggetti del sovraindebitamento. Agricoltori, allevatori, cooperative agricole in crisi possono dunque utilizzare gli strumenti di composizione del debito.
Ad esempio, un’azienda vitivinicola familiare travolta dai debiti (ma non soggetta a liquidazione giudiziale perché agricola) potrà proporre un concordato minore ai creditori o chiedere la liquidazione controllata dei suoi beni. In passato queste realtà non avevano vie d’uscita se non accordi informali o legge agraria speciale; con la Legge 3/2012 prima e il Codice della Crisi poi, anche l’agricoltore insolvente può ottenere la esdebitazione liberatoria, preservando quando possibile la continuazione dell’attività agricola (bene tutelato dal nostro ordinamento).
3.5 Start-up innovative
Le start-up innovative (riconosciute ai sensi del D.L. 179/2012, conv. L. 221/2012) rappresentano un caso peculiare. Il legislatore ha previsto per queste società neonate e ad alto tasso di innovazione un regime concorsuale di favore: nei primi anni di attività esse non possono essere dichiarate fallite. Di conseguenza, qualora si trovino sovraindebitate, possono fare ricorso alle procedure ex Legge 3/2012. Il Codice della Crisi lo conferma includendo le start-up innovative tra i soggetti del sovraindebitamento.
In pratica, una start-up innovativa in crisi (ad esempio una SRL innovativa dopo 2 anni di attività, con debiti verso fornitori e banche) potrebbe proporre un concordato minore ai creditori. Ciò consente di gestire il fallimento di un progetto innovativo in modo meno traumatico, magari liquidando l’azienda ma liberando i garanti e soci da parte dei debiti. Va ricordato che il regime di non fallibilità è temporaneo (per le start-up innovative è limitato ai primi 5 anni dall’iscrizione nella sezione speciale del registro imprese). Tuttavia, anche dopo, se la start-up rientra nei limiti dell’impresa minore, potrà comunque accedere al sovraindebitamento.
3.6 Soci illimitatamente responsabili
Una menzione specifica meritano i soci di società di persone (Snc, Sas, S.a.p.a.) a responsabilità illimitata. Costoro rispondono personalmente dei debiti sociali e, in caso di insolvenza della società, rischiano il proprio patrimonio. Storicamente, se la società veniva dichiarata fallita, fallivano anche i soci illimitatamente responsabili. Oggi, grazie alle soglie di non fallibilità, molte piccole società di persone non sono soggette a liquidazione giudiziale: di conseguenza, i loro soci possono essere trattati alla stregua di debitori civili sovraindebitati.
Il Codice (art. 2, lett. e) specifica che una persona fisica socia di una società commerciale può accedere come “consumatore” per i debiti estranei a quelli sociali. Ma per i debiti sociali garantiti personalmente, il socio illimitatamente responsabile può avvalersi delle procedure di sovraindebitamento come qualunque imprenditore minore. In pratica, se la Snc Alfa (non fallibile) è insolvente con debiti per €200.000, i creditori sociali possono agire sui beni personali dei soci. I soci, per evitare pignoramenti a raffica, possono presentare un concordato minore personale includendo i debiti sociali di cui rispondono, oppure chiedere la liquidazione controllata del loro patrimonio personale. Ciò consente di gestire unitariamente la crisi, con effetti di esdebitazione che si estendono anche ai debiti sociali in capo al socio (salvo che la società in quanto tale resti obbligata per eventuali eccedenze, ma se priva di beni il problema è solo teorico).
3.7 Enti del Terzo Settore ed enti non profit
Gli enti non commerciali (associazioni, fondazioni, ONLUS, enti del Terzo Settore) che svolgono attività non d’impresa, se sovraindebitati, possono accedere alle procedure ex Legge 3/2012. Essi infatti non sono soggetti a fallimento (salvo che svolgano anche attività commerciale rilevante, ma in tal caso sarebbero imprenditori “di fatto”). Pertanto, ad esempio, un’associazione sportiva dilettantistica sommersa dai debiti potrà proporre un concordato minore ai creditori (fornitori, Fisco, ecc.) per evitare lo scioglimento, oppure attivare una liquidazione controllata del proprio patrimonio sotto il controllo del tribunale.
Va precisato che gli enti pubblici in senso stretto (Stato, Regioni, Comuni) non rientrano in queste procedure in quanto essi, se in dissesto, sono soggetti a normative speciali (es. gli enti locali seguono la procedura di dissesto finanziario disciplinata dal T.U. enti locali). Invece, società a partecipazione pubblica (società “in house” o a controllo pubblico) seguono le regole ordinarie delle società e, se non fallibili per limiti dimensionali, potrebbero teoricamente accedere a queste procedure (anche se nella pratica ciò è raro). In generale, dunque, le procedure di sovraindebitamento coprono la quasi totalità dei soggetti non fallibili per legge, includendo i debitori “civili” (persone fisiche o enti non economici).
3.8 Altri soggetti particolari
Nel panorama dei debitori ammissibili rientrano ulteriori figure espressamente o implicitamente contemplate dalla definizione di sovraindebitamento. Ad esempio, gli eredi di un imprenditore defunto: se un imprenditore commerciale muore e l’impresa non viene continuata come azienda (quindi niente fallimento), gli eredi possono trovarsi con i debiti ereditari. L’erede che abbia accettato l’eredità (magari pure con beneficio d’inventario) e si trovi impossibilitato a pagare i debiti del de cuius, può accedere alle procedure da sovraindebitamento come qualunque persona fisica insolvente. In tal caso verranno inclusi i debiti ereditari.
Ancora, ex imprenditori: l’art. 1, comma 2, lett. b) L.Fall. (richiamato anch’esso nel Codice) esclude dal fallimento gli imprenditori cessati da oltre un anno. Ciò significa che un imprenditore che abbia chiuso l’attività da più di 12 mesi, se i creditori non hanno fatto istanza di fallimento in tempo, non è più dichiarabile fallito; rimane però responsabile dei debiti impagati. Tale soggetto, essendo ormai “non assoggettabile” a fallimento, può ricorrere alle procedure di composizione. Un caso tipico: Tizio ha chiuso la sua azienda due anni fa ma ha ancora debiti bancari e fiscali; i creditori non hanno potuto farlo fallire per decorso dei termini – Tizio oggi può presentare un piano del consumatore o un concordato minore per regolare quella situazione debitoria pregressa.
Concludendo, le procedure ex Legge 3/2012 (ora Codice della Crisi) sono aperte a una platea ampia di soggetti: tutte le persone fisiche (consumatori o meno) e gli enti non fallibili in stato di insolvenza o grave difficoltà economica. Il denominatore comune è lo “stato di sovraindebitamento”, definito originariamente dall’art. 6, co. 2 L.3/2012 e oggi ripreso sostanzialmente dal Codice: uno squilibrio persistente tra i debiti assunti e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, tale da determinare l’incapacità di adempiere regolarmente le obbligazioni. Verificata questa condizione e l’appartenenza a una delle categorie sopra viste, il debitore potrà accedere alla procedura, salvo rispettare ulteriori requisiti soggettivi di meritevolezza di cui diremo più avanti (ad es. assenza di frodi ai creditori, di condanne per reati fallimentari, di utilizzo abusivo di procedure in passato, ecc.).
4. Debiti Ammissibili: quali debiti si possono includere?
Quali debiti “rientrano” nella legge sul sovraindebitamento? In linea generale, tutti i debiti del soggetto sovraindebitato possono essere compresi nelle procedure, a prescindere dalla loro natura (privati o verso enti pubblici, chirografari o con privilegio/ipoteca, ecc.). L’obiettivo infatti è regolare l’intera situazione debitoria del soggetto in crisi. Vi sono però alcune eccezioni importanti riguardo all’effetto di esdebitazione (cancellazione) di specifici debiti, che la legge esclude dal beneficio finale. Inoltre, per talune categorie di crediti (es. i debiti con garanzie reali, i debiti fiscali e contributivi) la legge prevede particolari condizioni di trattamento all’interno del piano o accordo.
Passiamo in rassegna le principali tipologie di debiti, indicando se e come possono essere inclusi nelle procedure di sovraindebitamento:
- Debiti bancari e finanziari: SÌ, rientrano a pieno titolo. Mutui ipotecari, finanziamenti personali, scoperti di conto corrente, prestiti con cessione del quinto dello stipendio, leasing e ogni altra esposizione verso banche o società finanziarie possono essere inclusi nel piano/accordo. Anche le rate scadute di mutuo o di finanziamenti già in sofferenza sono comprese. Ad esempio, se il debitore ha una casa gravata da mutuo, potrà inserire il mutuo nel piano: a seconda dei casi potrà prevedere di continuare a pagare le rate (magari dilazionando gli arretrati), oppure vendere l’immobile e pagare parzialmente la banca con il ricavato, liberandosi del residuo debito. L’inclusione nel piano comporta il blocco delle azioni esecutive: ad esempio, una cessione del quinto in corso viene sospesa all’avvio della procedura, perché il creditore finanziario verrà soddisfatto secondo le nuove modalità previste dal piano omologato.
- Debiti verso fornitori e altri debiti commerciali: SÌ, tutti i debiti derivanti da forniture, prestazioni di servizi, affitti commerciali non pagati, canoni, bollette di utenze insolute, e simili possono essere inseriti. Questi in genere sono debiti chirografari (senza garanzia) e in sede di piano/accordo saranno spesso soggetti a falcidia (riduzione parziale) e/o dilazione. Ad esempio, fatture non pagate ai fornitori potranno essere soddisfatte al, poniamo, 20% in 4 anni, se ciò è quanto il debitore può offrire e risulta comunque superiore a quanto i fornitori otterrebbero in caso di liquidazione dei beni (criterio della convenienza). Anche debiti verso privati (es. un prestito ricevuto da un familiare, un debito verso il condominio per spese condominiali arretrate) sono inclusi. Le spese condominiali insolute vengono trattate come debiti chirografari (salvo eventuali privilegi ex art. 2764 c.c. per alcune annualità): il piano potrà prevederne il pagamento parziale, ferma restando l’esclusione dall’esdebitazione di eventuali obblighi di contribuzione futura (le quote condominiali restanti dovranno comunque essere pagate se il condomino resta proprietario dell’immobile).
- Debiti fiscali verso l’Erario (Stato): SÌ, i debiti tributari rientrano nelle procedure, inclusi quelli risultanti da cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia). IRPEF, IVA, IRES, IRAP, ritenute non versate, imposte locali erariali (es. bollo auto, registro) – tutti questi possono essere oggetto di ristrutturazione. È possibile proporre il pagamento parziale (stralcio) di imposte e relativi interessi e sanzioni, così come la dilazione su più anni. Nella prassi, sovente i debiti erariali sono tra i più consistenti nei procedimenti di sovraindebitamento (ad es. un lavoratore autonomo con tasse non pagate). La legge non esclude affatto il taglio del debito fiscale: l’unico limite è che nel concordato minore i crediti fiscali e previdenziali privilegiati votano e se dissentono il tribunale può omologare solo verificando che la loro soddisfazione proposta non sia inferiore a quella ricavabile dalla liquidazione (principio del “best interest test”). Come vedremo (§6), il Codice prevede il cram-down dell’Erario/INPS in caso di voto negativo ingiustificato. In sostanza, anche i debiti verso Agenzia Entrate possono essere ridotti o dilazionati tramite la procedura, purché il piano dimostri di trattarli equamente rispetto agli altri crediti e in misura non inferiore al valore di realizzo in liquidazione. Ad esempio, un debito IVA può essere falcidiato (in deroga al divieto che vigeva nel concordato preventivo ordinario) se l’alternativa liquidatoria offrirebbe all’Erario ancora meno.
- Debiti verso l’Agenzia Entrate-Riscossione (ex Equitalia): SÌ, sono compresi poiché l’Agente della Riscossione agisce per conto di vari enti (Erario, INPS, Comuni, ecc.). Le cartelle esattoriali cumulative che includono imposte, contributi e sanzioni possono essere interamente ricomprese nel piano. In pratica, il debitore elencherà le proprie cartelle e potrà proporne il pagamento parziale/dilazionato. Le procedure di sovraindebitamento sono spesso una soluzione per chi ha molte cartelle e non riesce ad aderire alle definizioni agevolate ordinarie: col piano del consumatore, ad esempio, si può ottenere la cancellazione di una quota rilevante del debito iscritto a ruolo, con l’approvazione giudiziale anche se l’ADER non fosse d’accordo (nel piano del consumatore il voto dei creditori non è previsto).
- Debiti verso enti previdenziali (INPS, Casse di previdenza): SÌ, anche i contributi previdenziali non versati rientrano. Un professionista sovraindebitato potrà includere i debiti verso la propria Cassa di previdenza, un’impresa potrà includere i contributi INPS dipendenti non pagati, ecc. Questi crediti hanno natura privilegiata per legge, quindi il piano dovrà prevedere un trattamento conforme alla loro graduazione: in caso di falcidia (riduzione), il soddisfacimento proposto deve comunque rispettare il parametro del valore di liquidazione. Se l’INPS (o altro ente) esprime voto contrario nel concordato minore, il giudice verificherà se tale diniego sia ragionevole o se invece si possa disattendere tramite cram-down. Ad esempio, se la proposta offre all’INPS il 30% del credito, e in una liquidazione fallimentare l’ente prenderebbe solo il 10%, un diniego potrebbe essere ritenuto ingiustificato e il concordato sarebbe omologabile d’ufficio dal tribunale.
- Tributi locali (Comuni, Regioni) e altre entrate pubbliche: SÌ, imposte comunali (IMU, TARI, TOSAP…), tributi regionali (IRAP, addizionali) e altre entrate pubbliche (multe stradali comunali, sanzioni amministrative regionali, canoni vari) possono essere inseriti. Per i tributi locali si applicano criteri analoghi a quelli erariali: in caso di falcidia, occorre assicurare che la quota offerta sia almeno pari a quanto l’ente recupererebbe in sede esecutiva o liquidatoria. Spesso i Comuni – creditori per multe o tasse – non partecipano attivamente (possono non votare); il Codice prevede che il loro silenzio valga adesione nell’accordo/concordato (silenzio-assenso), e comunque il giudice può omologare se il piano è conveniente per l’ente creditore. Dunque anche i debiti verso Comuni e altri enti locali possono essere sostanzialmente “tagliati” all’interno della procedura.
- Sanzioni amministrative e multe: SÌ, con distinguo. Le multe per violazioni amministrative (ad esempio le sanzioni per infrazioni stradali) sono debiti verso l’ente pubblico che le ha irrogate (Comune, Prefettura, ecc.) e rientrano tra le passività concorsuali. Possono quindi essere oggetto di stralcio o dilazione nel piano/accordo. Discorso diverso meritano le sanzioni penali: le multe e ammende derivanti da sentenze penali di condanna non sono considerate debiti estinguibili: la legge esclude espressamente dall’esdebitazione le sanzioni penali pecuniarie. In pratica, se Tizio è condannato penalmente a pagare un’ammenda, quel debito non verrà cancellato dalla procedura (dovrà comunque pagarla, anche se può includerla nel piano per rateizzarla). Anche le sanzioni amministrative pecuniarie “non accessorie a debiti estinti” sono escluse dalla liberazione finale. Ciò significa che se la sanzione è autonoma (es. una multa stradale pura), essa non viene cancellata dall’esdebitazione? In realtà, la norma va intesa così: se una sanzione amministrativa è connessa a un debito principale che viene pagato o estinto in procedura, la sanzione accessoria può seguire la sorte; se invece la sanzione è indipendente, la sua natura punitiva impedisce di considerarla estinta per effetto dell’esdebitazione. È dunque prudente prevedere nei piani il pagamento almeno parziale delle sanzioni amministrative autonome, per evitare contestazioni sulla loro cancellazione.
- Debiti derivanti da risarcimento danni: SÌ, sono inclusi ma con un limite: la legge stabilisce che l’esdebitazione “non opera per i debiti da risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale”. In altre parole, se il debitore deve soldi per aver provocato un danno (ad esempio un risarcimento danni da incidente stradale causato, o da responsabilità civile per un illecito), quel debito non verrà cancellato dalla procedura. Può però essere inserito nel piano per disciplinarne il pagamento (magari parziale): semplicemente, se a fine procedura resta un importo non pagato, il creditore danneggiato potrà comunque pretenderlo, in quanto il debitore non viene liberato da questa specifica obbligazione. La ratio è tutelare il danneggiato e sanzionare l’autore di un illecito, evitando che quest’ultimo si liberi facilmente dei debiti verso le vittime. Attenzione: l’eccezione riguarda il risarcimento da fatto illecito “extracontrattuale”, quindi i danni derivanti da reato o da torto civile. Non comprende invece, ad esempio, le penali contrattuali o i debiti da inadempimento contrattuale, che sono liberamente falcidiabili e cancellabili. Pertanto, un debito da causa civile per risarcimento danni sarà incluso ma non esdebitabile, mentre un debito da causa per inadempimento contrattuale (es. mancato pagamento di forniture, risoluzione contrattuale) potrà essere cancellato a fine procedura.
- Obblighi alimentari e di mantenimento: NO, questi debiti non possono essere oggetto di esdebitazione. La legge è chiara nel prevedere che il debitore non viene liberato dai debiti per alimenti e mantenimento dovuti per legge a coniuge, figli o altri familiari. Si tratta infatti di crediti di natura personalissima e indisponibile. Di conseguenza, se il soggetto ha arretrati di assegni di mantenimento verso l’ex coniuge o verso i figli, potrà certamente inserirli nel piano per pagarli (in tutto o in parte, previo accordo col creditore familiare), ma se non vengono integralmente soddisfatti il residuo non verrà condonato dalla procedura: resterà dovuto. Nella prassi, i debiti per alimenti sono spesso esclusi dalle proposte, obbligando il debitore a farvi fronte separatamente. In ogni caso un piano che pretendesse di cancellare d’ufficio il debito alimentare non sarebbe omologabile nella parte in cui lede i diritti del beneficiario degli alimenti.
- Debiti privilegiati, ipotecari o pignoratizi (garanzie reali): SÌ, anche i crediti assistiti da garanzia reale (pegno o ipoteca) rientrano, ma con particolare attenzione. Il piano o accordo può certamente includere ad esempio un mutuo ipotecario o un finanziamento garantito da pegno. Il trattamento di tali crediti dipenderà dalla strategia: se il debitore intende mantenere il bene su cui grava la garanzia (es. la casa ipotecata), in genere dovrà continuare a pagare almeno in parte il creditore ipotecario per non perdere il bene. Se invece il debitore è disposto a liquidare il bene, potrà offrire al creditore quanto ricaverebbe vendendolo (spesso inferiore al credito). La legge consente di falcidiare i crediti con prelazione, ma a condizione che al creditore venga garantito almeno il valore di mercato del bene su cui insiste la garanzia (nettizzato delle spese di realizzo). Questo principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità ed ora recepito nel Codice, fa sì che un creditore ipotecario non possa essere trattato peggio di quanto farebbe da solo pignorando e vendendo il bene. Dunque, se ho un mutuo residuo di €100.000 e la casa ipotecata vale €50.000 sul mercato, il piano può prevedere di pagare alla banca €50.000 (anche in forma rateale) e la banca dovrebbe accettare perché è quanto otterrebbe dalla vendita. Viceversa, non si può offrire al creditore ipotecario meno di quel valore, pena la violazione del suo diritto di prelazione (salvo che egli acconsenta). Un aspetto importante: nella procedura di concordato minore, i crediti privilegiati soddisfatti integralmente non votano né contano per la maggioranza; invece, se si propone loro un pagamento non integrale, essi hanno diritto di voto per la parte non soddisfatta (degradata a chirografo). Nel piano del consumatore, non essendoci voto, se è prevista una dilazione/lacuna di pagamento ai privilegiati, occorre comunque dare loro modo di esprimere osservazioni al giudice (e la Cassazione ha chiarito che è ammissibile dilazionare il pagamento dei crediti privilegiati oltre un anno, purché i titolari possano intervenire e non vengano lesi nei loro diritti sostanziali). In sintesi, sì ai creditori con pegno/ipoteca, ma rispettandone le garanzie: o pagamento integrale (magari dilazionato), o pagamento parziale ma almeno pari al valore di realizzo del collaterale.
- Debiti futuri, condizionali o contestati: Le procedure riguardano in linea di massima i debiti esistenti al momento del deposito della domanda. Tuttavia, vanno inseriti anche i debiti non ancora scaduti (futuri) o non certi nell’importo. Ad esempio, se il debitore ha firmato una fideiussione per un debito altrui, e questo potrebbe escutere in futuro, tale obbligazione andrebbe segnalata. I debiti contestati (oggetto di cause pendenti) vanno inclusi indicando che sono sub iudice: il piano potrà prevedere accantonamenti o modalità di soddisfazione condizionate all’esito del giudizio. In ogni caso, se dopo l’omologazione emergono ulteriori debiti preesistenti non noti (ad esempio, un avviso di accertamento fiscale per annualità passate emesso dopo), la legge non li estingue: l’esdebitazione non copre i debiti fiscali con causa anteriore ma accertati successivamente sulla base di nuovi elementi. Ciò significa che, ad esempio, un debito IVA relativo al 2020 scoperto da un controllo nel 2025 (dopo la chiusura della procedura) rimarrà esigibile; il debitore non se ne è liberato perché non l’aveva inserito (non potendo conoscerlo). È quindi fondamentale, per chi accede, dichiarare e includere tutti i debiti noti o ragionevolmente prevedibili, al fine di coprirli. I debiti sopravvenuti dopo l’apertura della procedura (es. nuove bollette, nuove tasse) sono fuori dal procedimento e dovranno essere pagati normalmente dal debitore (che deve quindi mantenersi in regola con le nuove obbligazioni durante l’esecuzione del piano, per non ricadere in insolvenza).
Tabella riepilogativa – Ammissibilità dei debiti nelle procedure ex L.3/2012 (Codice della Crisi):
Tipo di Debito | Incluso nella procedura? | Note sul trattamento |
---|---|---|
Debiti bancari/finanziari (mutui, prestiti, cessioni V) | SÌ | Falcidiabili e dilazionabili. Sospese le trattenute (es. quinto). |
Debiti verso fornitori e privati | SÌ | Falcidiabili/dilazionabili come chirografari. |
Bollette, affitti, spese condominiali | SÌ | Inclusi come chirografari; obblighi futuri esclusi da esdebitazione (es. quote condominiali correnti). |
Debiti fiscali erariali (imposte, IVA, ecc.) | SÌ | Possibile stralcio/dilazione. Offerta ≥ valore di liquidazione. Cram-down se rifiuto ingiustificato. |
Cartelle esattoriali (Agenzia Entrate-Riscossione) | SÌ | Incluse integralmente (sommando imposte, sanzioni, interessi). |
Debiti previdenziali (INPS, casse) | SÌ | Possibile stralcio/dilazione con rispetto del privilegio. Cram-down analogo all’Erario. |
Tributi locali, multe stradali | SÌ | Possibile stralcio/dilazione. Multe amministrative: esdebitazione dubbia se autonome (preferibile pagarle parzialmente). |
Sanzioni penali pecuniarie | NO (non estinte) | Da pagare integralmente: non cancellate dall’esdebitazione. |
Risarcimenti danni da fatto illecito | NO (non estinti) | Inclusi nel piano ma non cancellati a fine procedura. |
Assegni di mantenimento/alimenti | NO (non estinti) | Possibile inserirli per pagarli, ma residui non esdebitati. |
Debiti con ipoteca o pegno (es. mutuo casa) | SÌ | Possibile pagamento dilazionato. Se falcidia: garantire almeno valore bene. Creditori privilegiati parziali votano (concordato minore). |
Fideiussioni e garanzie personali | SÌ | L’obbligazione del garante è inseribile (se escusso o probabile escussione). Il coobbligato può fare procedura separata per liberarsi della garanzia escussa. |
Debiti futuri/condizionali | SÌ (se causa anteriore) | Da segnalare e trattare con riserva/accantonamento. Se accertati post chiusura (fiscali) non estinti. |
N.B.: “Incluso nella procedura” significa che il debito può essere inserito tra quelli oggetto della proposta e quindi sottoposto agli effetti della procedura (sospensione azioni esecutive, pagamento secondo piano, possibile falcidia e successiva esdebitazione). Non estinto dall’esdebitazione significa che, al termine della procedura, quel particolare debito residuo rimane comunque dovuto dal debitore (art. 278, co. 3 C.C.I.I. per mantenimento, illeciti e sanzioni pecuniarie).
Come si evince, il ventaglio dei debiti ammissibili è molto ampio. La filosofia delle procedure da sovraindebitamento è infatti quella di offrire una soluzione unitaria alla crisi debitoria del soggetto, includendo quante più passività possibile per pervenire a una “esdebitazione” totale. Solo pochi debiti di carattere “personale” o punitivo rimangono fuori dalla liberazione finale, per ragioni di ordine pubblico (es. alimenti, risarcimenti da illecito, sanzioni).
5. Le Procedure di Sovraindebitamento: tipi e funzionamento
La normativa prevede diversi strumenti procedurali per regolare la crisi da sovraindebitamento, a seconda della tipologia del debitore e delle soluzioni perseguite. Nel passaggio dalla Legge 3/2012 al Codice della Crisi vi è stata qualche ridenominazione, ma la sostanza di base rimane: abbiamo una procedura dedicata ai consumatori, una procedura negoziale per i debitori diversi dal consumatore, una procedura di liquidazione dei beni e infine la possibilità di esdebitazione immediata per il debitore incapiente. A queste si aggiungono regole particolari come le procedure familiari. Di seguito analizziamo ciascuna procedura.
5.1 Ristrutturazione dei debiti del consumatore (Piano del consumatore)
Questo strumento, riservato esclusivamente ai debitori consumatori, rappresenta l’evoluzione dell’originario piano del consumatore della Legge 3/2012. Si tratta di una procedura concorsuale giudiziale semplificata, in cui il debitore propone un piano di ristrutturazione dei propri debiti senza bisogno del consenso dei creditori. In breve, il consumatore presenta al tribunale un piano dettagliato di pagamento (anche parziale) dei debiti, commisurato alle proprie disponibilità economiche, e sarà il giudice ad omologarlo se ne verifica i presupposti, rendendolo vincolante per tutti i creditori.
Fasi principali: La procedura si avvia con un ricorso depositato presso il Tribunale competente (residenza del debitore) con l’assistenza di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) nominato. Il ricorso contiene la proposta di piano e la documentazione completa sui debiti, sul patrimonio, sul reddito del debitore e sul suo nucleo familiare. Un gestore della crisi (professionista dell’OCC) redige una relazione particolareggiata sulla situazione, evidenziando le cause dell’indebitamento, la diligenza del debitore nell’assumere obblighi, la fattibilità del piano e la convenienza per i creditori rispetto a un’alternativa liquidatoria. Questa relazione è fondamentale perché aiuta il giudice a valutare la meritevolezza del debitore e la fattibilità del piano.
Dopo il deposito, il tribunale fissa un’udienza (non c’è voto dei creditori, ma essi vengono avvisati e possono eventualmente presentare osservazioni o opposizioni). Nel frattempo, il giudice può disporre in via d’urgenza la sospensione delle azioni esecutive contro il debitore, per congelare la situazione. All’udienza, esaminate eventuali contestazioni, il Tribunale procede a valutare: (a) la fattibilità economica del piano, ossia se le risorse promesse (redditi futuri, liquidazione di beni, interventi di terzi) sono realistiche e sufficienti; (b) la convenienza per i creditori, cioè che nessun creditore riceva meno di quanto otterrebbe in una liquidazione; (c) la meritevolezza e buona fede del debitore – tradizionalmente, per il piano del consumatore, la legge richiede che il consumatore non abbia colposamente determinato il proprio indebitamento con violazione dei principi di correttezza e buona fede (ad esempio, aver fatto spese sproporzionate o contratto debiti sapendo di non poterli pagare potrebbe portare a negare l’omologazione). Su quest’ultimo punto, le modifiche normative hanno attenuato un po’ il rigore: oggi si guarda più che altro che non vi siano stati atti in frode (es. aver nascosto beni ai creditori) e che il debitore abbia fornito tutta la documentazione con diligenza.
Se il Tribunale omologa il piano (ossia lo approva con decreto), questo diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche dissenzienti. I creditori non possono più agire individualmente (pignoramenti, ecc. restano bloccati) e dovranno accontentarsi di quanto previsto nel piano. Il debitore quindi eseguirà il piano sotto la sorveglianza del gestore nominato (che riferirà periodicamente al giudice). Ad esempio, se il piano prevede che il debitore versi €500 al mese per 5 anni in un fondo per i creditori, dovrà attenersi a ciò; oppure se prevede la vendita di un immobile entro 6 mesi, dovrà adoperarsi in tal senso. Al termine dell’esecuzione (o anche prima, se il piano prevede pagamenti dilazionati oltre l’orizzonte temporale), il giudice dichiara esdebitato il debitore, cioè cancellati tutti i debiti residui inclusi nel piano. L’esdebitazione nel Codice della Crisi è pressoché automatica a fine procedura per il consumatore adempiente: non serve un’apposita domanda e non occorre pagare una percentuale minima (anche il pagamento parziale promesso, se effettuato correttamente, è sufficiente a liberare dal resto).
Caratteristiche salienti:
- Nessun voto dei creditori: a differenza delle altre procedure concorsuali, qui i creditori non votano sul piano. Ciò tutela il consumatore sovraindebitato dall’inerzia o dal rifiuto pregiudiziale di creditori (tipicamente banche o Fisco) che potrebbero bloccare soluzioni ragionevoli. Il contrappeso è il controllo di meritevolezza affidato al tribunale.
- Flessibilità del piano: il consumatore può proporre le modalità più varie di ristrutturazione: dilazioni anche lunghe (non c’è un limite massimo di durata per legge; Cassazione ha confermato la possibilità di superare 5 anni se sostenibile), stralci parziali del debito chirografo, cessione di beni non essenziali, mantenimento di beni essenziali (es. la prima casa, magari continuando a pagare il mutuo per non perderla), intervento di terzi (es. parenti che versano una somma una tantum), ecc. L’importante è che il piano sia realistico e garantisca ai creditori il miglior risultato possibile nelle condizioni date.
- Protezione del debitore: dalla data di ammissione alla procedura, scattano il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali e lo stop alle decorrenze degli interessi (salvo che sui crediti ipotecari nei limiti della garanzia). Il consumatore dunque ottiene respiro e può concentrare risorse nel piano invece che fronteggiare i singoli pignoramenti.
- Effetti sugli obblighi del debitore: durante l’esecuzione del piano, il consumatore deve rispettare fedelmente gli impegni. Se per motivi sopravvenuti (es. malattia, perdita temporanea del lavoro) non riesce a pagare qualche rata, può chiedere al giudice una modifica del piano o una moratoria. È previsto infatti che in caso di aggravamento della situazione non imputabile al debitore, il giudice possa autorizzare modifiche nelle tempistiche di adempimento. Se invece il debitore inadempie volontariamente o causa il fallimento del piano (es. omettendo pagamenti senza motivo), il tribunale può dichiarare la risoluzione del piano: in tal caso i creditori riacquistano la libertà di agire per intero, e il debitore perde il beneficio (non verrà esdebitato). Spesso però, prima di dichiarare risolto un piano del consumatore, il giudice può valutare soluzioni alternative (ad esempio convertire la procedura in liquidazione controllata, se richiesta).
- Meritevolezza: come detto, è un requisito peculiare: il giudice deve valutare se il consumatore ha assunto i debiti con colpa grave o malafede. Ad esempio, se emergesse che il debitore ha accumulato debiti facendo spese voluttuarie ben oltre le sue possibilità confidando di non pagarle, oppure che ha mentito nella documentazione presentata, l’omologazione sarebbe negata per indegnità. Anche frodi ai creditori (aver sottratto o simulato atti a detrimento di qualcuno nei 5 anni precedenti) impediscono l’accesso. In pratica però, la giurisprudenza tende a riconoscere il beneficio salvo condotte davvero dolose o fraudolente, sposando un approccio orientato al fresh start (seconda opportunità) purché non vi sia abuso.
Esempio sintetico: Mario (impiegato) ha debiti per €80.000 (prestiti personali, carte di credito, €15.000 di tasse arretrate) e uno stipendio di €1.600 al mese, con famiglia a carico. Propone un piano quinquennale offrendo €500 al mese (per 60 mesi = €30.000, da ripartire proporzionalmente ai chirografari) e destinando il TFR futuro a fine rapporto ai creditori. Il piano prevede di pagare integralmente le imposte €15.000 (magari con rateizzazione dentro i 5 anni) e di soddisfare le banche al 30% circa. Il gestore OCC attesta che i creditori, in una liquidazione dei (pochi) beni di Mario, otterrebbero forse il 10%, quindi il piano al 30% è conveniente. Mario è stato diligente (i debiti derivano da necessità familiari e non da spese futili). Il tribunale omologa il piano. Le finanziarie e la banca (che magari erano pronte al pignoramento dello stipendio) devono fermarsi e accettare i pagamenti ridotti come da piano. Se Mario adempie regolarmente ai pagamenti mensili per 5 anni, al termine otterrà l’esdebitazione e la cancellazione dei restanti €50.000 circa non pagati. I suoi obblighi verso quei creditori cesseranno definitivamente.
5.2 Concordato minore (Accordo di ristrutturazione per soggetti non consumatori)
Il concordato minore (artt. 74-83 C.C.I.I.) è la procedura destinata ai debitori non consumatori: imprenditori minori, professionisti, start-up, enti, soci illimitatamente responsabili, ecc. Esso riprende ed evolve l’accordo di composizione della crisi previsto dalla L.3/2012. A differenza del piano del consumatore, qui c’è una negoziazione con i creditori: il debitore formula una proposta di concordato e questa deve ottenere l’approvazione di una certa maggioranza di crediti per poter essere omologata dal tribunale. In sostanza, è un accordo concorsuale con i creditori, mediato dal tribunale.
Avvio e contenuto della proposta: Come per il consumatore, la procedura parte con un ricorso al tribunale, assistito da un OCC. Il debitore illustra la propria proposta di concordato minore, che consiste in un piano contenente le modalità di ristrutturazione dei debiti e le eventuali garanzie. Ad esempio, un imprenditore individuale potrebbe proporre: pagamento integrale dei creditori privilegiati mediante dilazione, pagamento al 20% dei creditori chirografari in 4 anni, grazie ai proventi futuri dell’attività o alla vendita di determinati beni, ecc. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi se opportuno (ed è obbligatorio farlo se ci sono creditori garantiti da terzi, come fideiussori, per gestire eventuali trattamenti differenziati). Come nell’accordo L.3/2012, è possibile prevedere la continuità aziendale (ossia proseguire eventualmente l’attività d’impresa durante la procedura e dopo, se il piano lo contempla) oppure la cessazione dell’attività con liquidazione dei beni – o formule miste.
L’OCC redige una relazione attestando la veridicità dei dati e la fattibilità del piano, nonché la convenienza per i creditori (deve risultare che il concordato offre ai creditori non meno di quanto otterrebbero dalla liquidazione controllata del patrimonio del debitore). Se la proposta appare ammissibile, il tribunale apre la procedura e ordina che venga data comunicazione ai creditori fissando i termini per le votazioni.
Votazione dei creditori: I creditori vengono chiamati ad esprimere il proprio voto (che può essere espresso in forma scritta comunicandolo all’OCC, oppure in adunanza se prevista). Hanno diritto di voto tutti i creditori chirografari e i creditori prelatizi (privilegiati/ipotecari) che risultano incisi dalla proposta. Come visto, se un creditore privilegiato viene pagato integralmente e tempestivamente, non vota e non conta per la maggioranza. Se invece un privilegiato viene parzialmente degradato a chirografo (per la parte non soddisfatta) o ritarda oltre un anno il pagamento, allora partecipa al voto per la parte del credito non soddisfatta nei termini privilegiati. I creditori privilegiati che volontariamente rinunciano alla prelazione (accettando trattamenti al ribasso) votano anch’essi. La legge prevede che la proposta è approvata se ottiene il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto (maggioranza per valore). Inoltre, per evitare che un unico grande creditore “monopolista” decida da solo, se un singolo creditore detiene più del 50% dei crediti, occorre anche la maggioranza per teste dei votanti favorevoli. Se ci sono classi di creditori, è richiesto anche che la maggioranza per valore sia raggiunta nella maggior parte delle classi. In pratica, queste regole ricalcano quelle del concordato preventivo semplificandole un po’. Da notare: il silenzio-assenso – se un creditore non comunica il proprio voto entro il termine, si considera come voto favorevole. Ciò è molto utile soprattutto per i creditori pubblici, spesso silenti: la norma consente di non far fallire l’accordo per inerzia.
Omologazione e cram-down: Una volta raggiunte le maggioranze, l’OCC riferisce l’esito al tribunale. I creditori dissenzienti o astenuti hanno la possibilità di fare opposizione in sede di omologazione, sollevando eventualmente eccezioni di convenienza (tipicamente, un creditore dissenziente può lamentare che per lui il concordato è meno conveniente della liquidazione). Il tribunale fissa udienza e valuta sia la regolarità della procedura sia il merito delle opposizioni. Se le maggioranze sono state ottenute e il piano è fattibile e conveniente, il tribunale omologa il concordato minore, rendendolo efficace verso tutti i creditori (anche quelli che hanno votato contro). In questa fase interviene l’istituto innovativo del cram-down fiscale/previdenziale: se tra i creditori dissenzienti ci sono l’Erario o enti previdenziali, il giudice può disregardare il loro voto negativo e omologare comunque, purché reputi il diniego ingiustificato rispetto all’offerta fatta (ad esempio, Fisco contrario nonostante il piano gli paghi più di quanto recupererebbe altrimenti). La Cassazione ha definito il cram-down fiscale una “dirompente novità” volta a superare le resistenze irragionevoli dei creditori pubblici. Ci sono però limiti: non è un automatismo, il tribunale valuta caso per caso se il no dell’Erario/INPS sia abusivo o se invece la proposta sia inaccettabile (ad esempio, se il debitore cerca di eliminare solo il proprio ingente debito fiscale senza reali prospettive di continuare l’attività, la corte potrebbe ravvisare un abuso). In definitiva, se il piano è equilibrato, la mancanza di adesione del Fisco non impedirà l’omologazione.
Una volta omologato, il concordato minore vincola tutti i creditori anteriori, compresi quelli che non hanno votato o hanno votato contro (cram-down). Gli effetti sono analoghi al piano del consumatore: sospensione/cessazione di pignoramenti individuali, divieto di azioni esecutive fuori dal piano, cristallizzazione dei crediti (nessuno può pretendere interessi o somme oltre quelle concordate). Il debitore deve attuare quanto promesso nel concordato: se è prevista la continuazione dell’attività, dovrà seguire il piano industriale; se è prevista la vendita di cespiti, dovrà attivarsi ecc. Un commissario/gestore (spesso lo stesso OCC) monitora l’esecuzione. Se il debitore adempie correttamente, a fine piano ottiene l’esdebitazione per i debiti residui. Se invece non rispetta gli obblighi sostanziali, i creditori possono chiederne la risoluzione (si torna come prima, salvi importi già pagati ripartiti tra creditori). Anche qui è possibile, in caso di difficoltà non imputabili, chiedere una modifica del concordato (rimodulazione di tempi) o la conversione in liquidazione controllata.
Differenze rispetto al piano consumatore: In sintesi, il concordato minore richiede il consenso dei creditori (maggioranza), mentre il piano consumatore no. Inoltre, il controllo del tribunale è un po’ meno paternalistico: non si giudica la “meritevolezza” in senso stretto del proponente (anche se frodi e atti in malafede ostano comunque all’ammissione), bensì si punta sulla convenienza economica e sul rispetto delle regole di formazione delle classi e delle prelazioni. Il concordato minore è più vicino al modello di un concordato preventivo semplificato, calibrato su piccole realtà e persone fisiche non consumatrici. Ricordiamo che il vecchio accordo L.3/2012 richiedeva il voto favorevole del 60% dei crediti chirografari: oggi la soglia è la maggioranza assoluta (50% + 1), il che rende più agevole raggiungere l’approvazione.
Esempio sintetico: Alfa S.n.c. (imprenditore minore) ha debiti per €300.000, di cui €100.000 privilegiati (dipendenti, INPS, Fisco) e €200.000 chirografari (fornitori, banca per scoperto). Propone un concordato minore liquidatorio: l’attività verrà cessata, si venderanno i macchinari e l’immobile aziendale (valore stimato €150.000) e un terzo verserà €20.000 per evitare la vendita di alcuni mezzi indispensabili al socio per proseguire come ditta individuale. Il piano prevede di pagare integralmente i dipendenti e in parte i crediti privilegiati pubblici (diciamo al 50%), mentre ai chirografari andrà il 20%. I crediti privilegiati degradati (ad esempio l’INPS riceve 50%: il restante 50% diventa chirografo e vota) e tutti i chirografari votano. Supponiamo che aderisca il 70% dei crediti (per valore). Un fornitore dissenziente contesta che il suo 20% sia poco, ma l’OCC attesta che in una liquidazione fallimentare prenderebbe forse 10%. Il tribunale omologa comunque. L’Erario, che magari ha votato contro per la falcidia, viene “cramdownizzato” perché riceve il 50% invece di zero ipotetico in liquidazione (giudice considera ingiustificato il suo diniego). Si procede a vendere i cespiti, pagare i creditori nelle percentuali previste. Al termine, la società viene estinta liberamente dai debiti residui; i soci sono salvi da pretese ulteriori (attenzione: i soci illimitatamente responsabili dovranno anch’essi aver eventualmente fatto accesso parallelo per non restare obbligati personalmente – spesso in pratica il concordato minore di una società di persone coinvolge anche i soci sul loro patrimonio personale). Il risultato è la chiusura dignitosa della piccola impresa con pagamento parziale dei creditori e nessun fallimento.
5.3 Liquidazione controllata del sovraindebitato
La liquidazione controllata (artt. 268-277 C.C.I.I.) è l’equivalente della liquidazione del patrimonio prevista dalla Legge 3/2012, ovvero una procedura concorsuale in cui tutti i beni del debitore vengono liquidati (venduti, riscossi) per soddisfare i creditori, sotto la direzione di un liquidatore nominato dal tribunale. È, in sostanza, una procedura di tipo liquidatorio analoga al fallimento (ora liquidazione giudiziale) ma riservata ai soggetti non fallibili o alle situazioni in cui il debitore stesso sceglie la strada liquidatoria.
Iniziativa e apertura: La liquidazione controllata si apre su istanza del debitore (non è necessaria l’adesione dei creditori né il loro voto). A differenza del fallimento, infatti, i creditori non possono chiederla – salvo il caso particolare in cui un piano/accordo omologato fallisce, dove i creditori potrebbero sollecitare la conversione in liquidazione. Ma normalmente è il debitore sovraindebitato che, valutando di non avere una ragionevole prospettiva di offrire un concordato soddisfacente, decide di mettere a disposizione il proprio patrimonio per una liquidazione concorsuale, al termine della quale chiederà l’esdebitazione.
Il ricorso per aprire la liquidazione è presentato al tribunale, con l’assistenza dell’OCC (che predispone anche qui una relazione iniziale). Non è richiesto il difensore (il debitore può presentare istanza personalmente, anche se è consigliata l’assistenza tecnica). Il tribunale verifica i presupposti (stato di sovraindebitamento e qualifica di soggetto ammesso, assenza di atti in frode ecc.) e dichiara aperta la liquidazione con decreto. Nel decreto nomina un Giudice Delegato e un Liquidatore (solitamente un professionista indipendente, diverso dal gestore OCC, scelto dall’apposito albo). Da quel momento, il patrimonio del debitore diviene un “patrimonio liquidatorio” gestito dal Liquidatore per pagare i creditori.
Effetti dell’apertura: Gli effetti sono analoghi a una dichiarazione di fallimento, ma con alcune attenuazioni: il debitore perde la gestione e la disponibilità dei suoi beni (salvo quelli dichiarati impignorabili o necessari al sostentamento); tutti i creditori devono far valere i propri crediti nella procedura (presentando domanda di insinuazione al passivo); le azioni esecutive individuali vengono sospese e poi decadono; gli eventuali pignoramenti in corso si spostano in capo al liquidatore. Si forma così la massa attiva (insieme dei beni e crediti del debitore) e la massa passiva (l’elenco dei debiti ammessi). La liquidazione ha carattere universale: riguarda tutti i beni del debitore esistenti al momento dell’apertura e quelli che egli potrà acquisire entro un certo periodo (nel fallimento erano i beni sopravvenuti nei successivi 12 mesi; nel Codice della Crisi la disciplina è simile, con l’eccezione che per il consumatore persona fisica è stato introdotto un limite di durata al programma di liquidazione di 3 anni, come vedremo).
Svolgimento: Il Liquidatore procede a redigere un inventario dei beni e a predisporre un programma di liquidazione (es. vendere immobile X tramite asta, cedere azienda Y, riscuotere crediti Z, ecc.). Questo programma, approvato dal Giudice Delegato, guida le operazioni. I creditori presentano le loro domande di ammissione e vengono vagliati; il Giudice Delegato forma lo stato passivo dei crediti ammessi (indicando per ognuno l’importo e l’eventuale grado di privilegio). Il Liquidatore quindi realizza gli attivi: vende immobili e mobili (secondo regole semplificate rispetto alle esecuzioni individuali, spesso affidandosi a procedure competitive), riscuote crediti, impugna se del caso atti revocabili compiuti dal debitore prima della procedura (sono previste azioni revocatorie? Nel sovraindebitamento originario c’erano limiti: la L.3/2012 escludeva la revocatoria se la liquidazione era avviata su istanza del debitore stesso, ma il Codice sembra aver ricalcato quelle previsioni prevedendo anch’esso che non si applichino tout court le revocatorie fallimentari standard). In genere, si cerca di massimizzare il realizzo in tempi non eccessivamente lunghi.
Quando si ottengono disponibilità, si procede a ripartizioni a favore dei creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione: prima si pagano (in tutto o in parte) i creditori con privilegio generale mobiliare, poi quelli con ipoteca/pegno sul ricavato del bene vincolato, ecc., e infine i chirografari con l’eventuale residuo. Il tutto sotto controllo del Giudice Delegato, che approva i piani di riparto.
Durata e chiusura: Un elemento innovativo apportato dal Codice è l’indicazione che per le liquidazioni di persone fisiche la procedura dovrebbe concludersi in 3 anni. In pratica, il programma di liquidazione persona fisica avrà un orizzonte triennale: beni non liquidati oltre tale termine potrebbero essere restituiti (questo per conformarsi alla direttiva UE 2019/1023 che auspica il fresh start in 3 anni). Una volta liquidato il possibile, la procedura si chiude con decreto di chiusura del tribunale, che certifica le somme distribuite ai creditori. Normalmente, come nel fallimento, la maggior parte dei crediti rimane insoddisfatta (è la ragione per cui esiste l’esdebitazione).
Esdebitazione del debitore dopo la liquidazione: Dopo la chiusura, il debitore persona fisica ha diritto di essere liberato dai debiti residui (salvo quelli non esdebitabili visti prima). Nel regime attuale, l’esdebitazione è quasi automatica: il tribunale la concede su istanza del debitore o anche d’ufficio, purché non emergano comportamenti dolosi/fraudolenti o violazioni gravi. Il Codice prevede che non serve una specifica domanda separata: di regola, nel provvedimento di chiusura o con decreto contestuale, il giudice pronuncia la esdebitazione del debitore, previa verifica del rispetto degli obblighi e dell’assenza di cause ostative. Il termine di 3 anni funge da “purgatorio” oltre il quale il debitore onesto è riabilitato finanziariamente. Un importante correttivo: se entro i 4 anni successivi alla chiusura della liquidazione il debitore beneficia di sopravvenienze attive rilevanti (es. un’inaspettata eredità, vincita o arricchimento), allora c’è l’obbligo di pagarne ai vecchi creditori almeno il 10% (soglia di rilevanza). Questa clausola (art. 279, co. 3 e art. 283, co. 4 C.C.I.I.) evita che un debitore fortunato subito dopo la liberazione tenga tutto per sé: se ha fortuna entro 4 anni, deve in parte retrocedere valore ai creditori originari, pena la revoca dell’esdebitazione su istanza dei creditori. Trascorsi quei 4 anni, qualunque nuova ricchezza resta definitivamente sua.
Quando si sceglie la liquidazione controllata? Spesso è la via per il debitore senza un reddito sufficiente né possibilità di accordo. Ad esempio, un disoccupato proprietario di un immobile ipotecato potrà preferire liquidare tutto, vendere la casa e pagare i creditori col ricavato, uscendo poi libero dai debiti residui. Oppure un imprenditore minore la cui azienda non è più salvabile opterà per la liquidazione per evitare conseguenze peggiori (pignoramenti multipli). La liquidazione può essere richiesta anche come soluzione di ripiego se falliscono le altre procedure: il Codice consente, ad esempio, che il debitore, in caso di mancata omologazione di un concordato minore o di cessazione di effetti di un piano, chieda contestualmente l’apertura della liquidazione controllata (evitando il caos di esecuzioni). Il tribunale, al momento della domanda di liquidazione, controlla che non vi siano cause ostative: ad esempio, la legge prevede che chi ha già beneficiato di una esdebitazione nei 5 anni precedenti non possa ottenerne un’altra, oppure se emergono frodi (aver creato debiti con dolo, aver dissipato patrimonio in prossimità della procedura) il giudice può non ammettere o successivamente revocare la liquidazione su istanza di creditori danneggiati.
Effetti sul debitore: Durante la liquidazione, il debitore persona fisica può conservare ciò che la legge dichiara impignorabile (es. stipendio minimo vitale, beni personali di uso quotidiano, pensioni sociali, ecc.). Può inoltre svolgere attività lavorativa e tenere per sé i redditi futuri man mano (salvo la parte che eventualmente il programma destina ai creditori). In pratica, non viene privato dei mezzi per vivere dignitosamente. Tuttavia, eventuali entrate eccedenti possono dover essere versate (il liquidatore può chiedere al giudice di destinare ai creditori la parte di stipendio eccedente il necessario per il mantenimento decorso un anno dall’apertura, similmente al prelievo in ambito fallimentare). Fortunatamente, queste restrizioni hanno un termine: decorso il periodo previsto (massimo 3 anni), il debitore può tornare in bonis e godere appieno dei suoi redditi, a seguito dell’esdebitazione.
Esempio sintetico: Lucia, ex commerciante, ha chiuso il negozio ed è sommersa da €250.000 di debiti (banche, fornitori, Equitalia) senza alcuna prospettiva di poter offrire un piano credibile (nessun reddito fisso, qualche bene). Decide per la liquidazione controllata: presenta istanza. Il tribunale la ammette nominando liquidatore. Il patrimonio di Lucia consiste in: appartamento di proprietà (prima casa) su cui c’è un’ipoteca, qualche risparmio e arredi. Il liquidatore vende la casa all’asta (il ricavato paga in parte la banca ipotecaria, il residuo va agli altri creditori), liquida i risparmi e chiude la procedura in 2 anni. Alla fine i creditori chirografari hanno preso una piccola percentuale e resterebbe un enorme debito scoperto, ma il tribunale contestualmente esdebita Lucia: tutti i debiti residui di Lucia verso quei creditori sono cancellati. Le verrà precluso di accedere ad altra esdebitazione per 5 anni e, se entro 4 anni ereditasse dei soldi, dovrebbe restituire il 10% ai vecchi creditori. Ma superati questi termini, Lucia avrà davvero voltato pagina.
(Va notato che con la liquidazione, Lucia perde la casa di abitazione; se avesse voluto provare a salvarla magari offrendo ai creditori un pagamento graduale, avrebbe potuto tentare un piano del consumatore, ma con i rischi di non essere fattibile. La liquidazione è severa ma relativamente rapida e definitiva.)
5.4 Esdebitazione del debitore incapiente (c.d. “esdebitazione senza utilità”)
Questa è una procedura del tutto nuova (introdotta a fine 2020 e confermata nel Codice all’art. 283) che consente al debitore persona fisica sovraindebitato privo di qualunque capacità di rimborso di ottenere comunque la cancellazione dei debiti, senza dover preventivamente liquidare beni. In altre parole, è un fresh start immediato per chi è completamente incapiente. Si pensi al caso di un disoccupato, nullatenente, con debiti magari derivanti da vecchie attività o fideiussioni: costui non avrebbe beni da mettere in liquidazione né redditi da offrire in un piano – resterebbe tecnicamente insolvente a vita. La legge, per evitare “debiti perpetui”, gli concede la liberazione, al ricorrere di stretti presupposti.
Condizioni per l’accesso (meritevolezza e incapienza): Il debitore deve dimostrare di essere “totalmente incapiente”, ovvero di non essere in grado, col proprio patrimonio, di offrire alcuna utilità concreta ai creditori – neppure in prospettiva futura – fatta salva la quota di reddito necessaria al mantenimento proprio e della famiglia. In sostanza: niente beni liquidabili, nessun reddito pignorabile, nessuna aspettativa di guadagni tali da pagare i debiti. Inoltre, deve risultare meritevole: non deve avere colpa grave o dolo nel proprio indebitamento e non deve aver già beneficiato di esdebitazione nei precedenti 5 anni, né aver fatto atti in frode ai creditori, similmente ai requisiti delle altre procedure. È prevista espressamente una causa ostativa se i debiti derivano da procedure concorsuali di cui il debitore è stato protagonista come imprenditore (per evitare che un ex fallito di fresco usi questa scorciatoia per debiti professionali, ma questa limitazione è complessa e meriterebbe trattazione a parte). In sintesi, il paradigma è: debitore onesto ma sfortunato, nullatenente e senza reddito, meritevole di compassione giuridica.
Procedimento: Si presenta un’istanza al tribunale, analogamente alle altre procedure, sempre con ausilio OCC. Il gestore OCC verifica l’effettiva condizione di incapienza e stila una relazione. I creditori vengono avvisati e possono eventualmente opporsi, adducendo magari che il debitore invece qualche risorsa l’ha o che ha nascosto beni. Se tutto è regolare, il tribunale omologa l’esdebitazione dell’incapiente con decreto. Tale decreto cancella tutti i debiti chirografari del debitore. I crediti privilegiati subiscono anch’essi la cancellazione, ma rimane la garanzia: attenzione, ciò significa che se ad esempio c’era un creditore ipotecario, il debitore personale è liberato, però l’ipoteca sul bene (se quel bene non è del debitore? Diciamo se era un bene del debitore, in realtà sarebbe liquidabile… L’ipotesi si pone più che altro per coobbligati e garanti: la legge chiarisce che l’esdebitazione incapiente non pregiudica eventuali diritti verso terzi obbligati – fideiussori, coobbligati – e non toglie eventuali garanzie reali su beni di terzi). In pratica, i creditori non possono più agire contro il debitore incapiente, ma se per caso uno di essi aveva un’ipoteca su un immobile di proprietà di un terzo (garante), potrà comunque escuterla; se c’era un coobbligato, il creditore può rivalersi su di lui.
Obblighi dopo la concessione: Il debitore incapiente esdebitato ha un periodo di “probation” di 4 anni: se durante questo quadriennio egli dovesse conseguire “utilità rilevanti” (come definite all’art. 283, co. 2: redditi o acquisizioni oltre la soglia del mantenimento e calcolate su base ISEE familiare), egli ha l’obbligo di pagamento verso i creditori originari fino ad almeno il 10% dell’ammontare complessivo dei debiti estinti. In pratica, se entro 4 anni l’incapiente trova un buon lavoro o riceve un’eredità, deve destinare ai vecchi creditori una parte di queste sopravvenienze fino a raggiungere almeno il 10% di quanto doveva in origine. Se non lo fa spontaneamente, rischia la revoca dell’esdebitazione. Se invece trascorrono 4 anni senza che siano intervenute migliorie economiche significative, l’esdebitazione diviene definitiva e irrevocabile. Questa clausola sottolinea che l’istituto è pensato per chi proprio non ha nulla: se la situazione cambia in meglio in tempi brevi, i creditori hanno diritto a un dividendo.
Effetti e frequenza d’uso: L’esdebitazione incapiente è un potente strumento di clemenza verso le situazioni disperate. Nella pratica, va usato con cautela: il tribunale scrutinerà attentamente la condotta pregressa del debitore. Ad esempio, non verrà concessa se risulta che il debitore ha sperperato patrimoni poco prima per poi dichiararsi nullatenente (sarebbe considerato abuso o frode). Inoltre, è one-shot: la legge la concede una sola volta nella vita al debitore. Quindi chi ne beneficia deve poi stare attento a non ricadere in debiti perché non potrà replicare.
Esempio: Giovanni, ex imprenditore edile, ha chiuso l’attività dopo il tracollo e si ritrova senza alcun bene (aveva una casa ma la banca se l’è presa, nient’altro) e senza lavoro fisso. Ha debiti per €500.000 tra fornitori, banca, fisco. Non può offrire niente, nemmeno €100 al mese. Tramite OCC chiede l’esdebitazione incapiente. Dalla relazione risulta che Giovanni non ha davvero nulla, vive in affitto in condizione modesta, e i debiti risalgono a una società poi fallita di cui lui era garante (quindi in parte è già stato punito). Il tribunale omologa l’esdebitazione: tutti quei €500.000 vengono cancellati e i creditori non possono più perseguitarlo. Tre anni dopo però Giovanni riceve in eredità un piccolo appartamento (valore €100.000): essendo nel quadriennio, è tenuto a liquidarlo o a fare un finanziamento per dare almeno €50.000 (10% di 500k) ai suoi ex creditori. Se lo fa, resta libero; se non lo facesse, rischierebbe la revoca del beneficio.
Quest’istituto è ancora giovane ma costituisce un elemento importante del sistema: completa la rete di salvataggio sociale per quei debitori civili ai quali davvero nessuna altra via sarebbe servita (piano impossibile, liquidazione inutile perché zero attivo). La sua introduzione attua pienamente il principio del fresh start sancito anche a livello europeo per i debitori onesti ma sfortunati.
5.5 Procedure familiari e altre particolarità
Una novità già anticipata è la possibilità di procedura unitaria familiare: l’art. 66 C.C.I.I. consente a più membri dello stesso nucleo familiare conviventi, tutti sovraindebitati, di presentare un unico progetto di composizione della crisi (piano o concordato) quando i debiti hanno origine comune. Ad esempio, marito e moglie coobbligati verso banche e fisco, oppure padre e figlio garanti l’uno dell’altro, ecc. In tal caso, invece di due procedure separate con costi doppi, si può fare un ricorso congiunto e un piano unico che tenga conto del bilancio familiare complessivo. Questo strumento, già praticato in via di fatto da alcuni tribunali sotto la vigenza della L.3/2012, ora è formalmente regolato: mira a semplificare e ridurre i costi quando l’insolvenza coinvolge un intero nucleo. Resta necessario che i rapporti economici siano intrecciati e la convivenza effettiva. Se accettata, la procedura familiare produce effetti per tutti i membri e i rispettivi creditori.
Altre particolarità del sistema sovraindebitamento:
- Revocatorie e azioni di inefficacia: Nella L.3/2012 era previsto che in caso di liquidazione del patrimonio chiesta dal debitore, non si applicavano le revocatorie fallimentari, salvo atti in frode (e analogamente nel piano/accordo era sanzionato l’aver compiuto atti in frode nei 5 anni precedenti). Il Codice conferma un approccio simile: la massa attiva è quella esistente al momento e gli atti anteriori raramente vengono toccati, salvo quelli dolosi verso creditori. Quindi, se un debitore ha regalato beni ai figli poco prima, rischia piuttosto l’inammissibilità per atti in frode che non una revocatoria classica. Questo per incoraggiare i debitori a usare la procedura senza temere troppi “claw-back” temporali, ma dall’altro lato li dissuade con la minaccia di esclusione se hanno barato.
- Transazione fiscale e contributiva: Nelle procedure minori non c’è uno strumento di transazione fiscale separato come nel concordato preventivo maggiore. Tuttavia, la proposta stessa verso Fisco/INPS funge da transazione. Il Codice incentiva le trattative: durante la fase preparatoria, il debitore può chiedere all’ente pubblico di esprimersi su una proposta di trattamento del suo credito. Se l’ente rifiuta e la proposta era comunque migliore dell’alternativa, interverrà il giudice in sede di cram-down. Da segnalare: la legge di bilancio 2023 ha previsto che le eventuali sanzioni e interessi abbuonati all’Erario in un concordato minore non necessitano di autorizzazione ministeriale (semplificando la burocrazia interna delle Agenzie).
- Tassazione delle somme stralciate: Buona notizia per il debitore: i “tagli” di debito ottenuti tramite queste procedure non generano reddito imponibile a fini IRPEF/IRES. Le cosiddette sopravvenienze attive da esdebitazione sono escluse da tassazione in virtù dell’art. 88, comma 4-ter T.U.I.R., introdotto nel 2015 e confermato, che esenta i debiti annullati in sede concorsuale. Pertanto, se un debitore ottiene la cancellazione di 50.000 € di debiti, non dovrà pagare imposte su quel “guadagno contabile” – a differenza delle rinunce dei creditori in bonis che di regola genererebbero un ricavo tassabile. Questo è essenziale per non vanificare il fresh start con nuove passività fiscali.
In conclusione, il ventaglio di procedure offre soluzioni diversificate ma coordinate: il piano del consumatore e il concordato minore puntano alla ristrutturazione concordata (con o senza voto) e al possibile proseguimento dell’attività economica del debitore; la liquidazione controllata è la via di liquidazione totale dei beni con successiva liberazione; l’esdebitazione dell’incapiente è la rete di ultima istanza per i casi umani più gravi. Il sistema è improntato a un principio di favor debitoris meritevoli: la liquidazione forzata è residuale e comunque finalizzata all’esdebitazione. Per contro, restano esclusi dai benefici i comportamenti scorretti: chi abusa o froda è punito con l’inammissibilità e può incorrere in sanzioni penali (sono previste fattispecie di reato simili a quelle fallimentari, ad esempio l’omessa collaborazione con l’OCC o l’occultamento di beni durante la procedura). Complessivamente, l’impianto consente oggi – nel 2025 – di affrontare a 360 gradi il problema del sovraindebitamento civile, offrendo strumenti giuridici avanzati sia agli avvocati che assistono tali debitori sia agli imprenditori che, come creditori, devono valutare come gestire posizioni in cui un cliente/fornitore ricorre a queste procedure.
6. Profili Fiscali e Previdenziali nelle Procedure di Sovraindebitamento
I debiti fiscali e contributivi (verso Agenzia Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione, INPS, ecc.) rivestono un ruolo cruciale in molte situazioni di sovraindebitamento. Spesso costituiscono una fetta significativa del passivo e presentano caratteristiche particolari (privilegi, interessi e sanzioni, rilevanza di interesse pubblico). Analizziamo quindi più in dettaglio come la normativa affronta questi crediti all’interno delle procedure ex Legge 3/2012, anche alla luce delle prassi giurisprudenziali aggiornate.
1. Ammissibilità e trattamento: Come visto, i debiti fiscali e previdenziali possono essere inclusi nelle procedure al pari degli altri debiti. Non esiste più (già dal 2012) un principio di indisponibilità assoluta del credito erariale: anche l’IVA o le ritenute non versate possono essere oggetto di falcidia nel piano/accordo del sovraindebitato. Questa è una differenza dal concordato preventivo “ordinario”, dove fino a poco tempo fa vigevano limitazioni al taglio dell’IVA. Nel sovraindebitamento, invece, la logica è che il Fisco è un creditore come gli altri, salvo il rispetto della par condicio e delle cause di prelazione. Pertanto, se un credito fiscale è privilegiato (ad esempio l’IVA, l’IRPEF per alcune annualità) dovrà essere soddisfatto almeno in misura pari al valore del bene su cui insiste il privilegio (in genere il patrimonio mobiliare generico per i privilegi generali) o comunque ricevere un trattamento equo rispetto agli altri crediti di pari grado. Se ha natura chirografaria (ad esempio sanzioni tributarie prive di privilegio, interessi oltre il capitale, ecc.), può essere falcidiato liberamente come gli altri chirografari.
2. Transazione fiscale implicita: Nelle procedure minori non esiste l’istituto formale della “transazione fiscale” ex art. 182-ter L.F. (ora art. 63 C.C.I.I.) perché quella norma si applica ai concordati preventivi delle imprese fallibili e agli accordi di ristrutturazione. Tuttavia, di fatto, ogni piano o concordato minore contenente debiti tributari è una proposta di transazione al Fisco. Spesso l’Agente della Riscossione (ADER) e l’Agenzia Entrate vengono coinvolti durante la stesura del piano: l’OCC trasmette loro la bozza e può dialogare per capire se vi sono soglie di accettabilità. L’ordinamento interno dell’ADER prevede commissioni che valutano caso per caso le proposte. Ad esempio, Agenzia Entrate-Riscossione ha il potere di valutare piani del consumatore e concordati minori e di esprimere un parere, ma in difetto di risposta vige, come detto, il principio del silenzio-assenso per facilitare la chiusura.
3. Cram-down fiscale e previdenziale: La vera innovazione del Codice è la previsione del cram-down: se il Fisco o l’INPS non aderiscono alla proposta e questa però offre loro una soddisfazione oggettivamente vantaggiosa (in confronto all’alternativa liquidatoria), il giudice può omologare lo stesso l’accordo superando il loro diniego. Questo meccanismo, disciplinato in particolare dall’art. 80, comma 3 C.C.I.I., è un antidoto alla prassi passata in cui a volte l’Erario rifiutava ogni falcidia per rigidità o lentezza burocratica, facendo saltare l’intera procedura. Adesso, la valutazione passa al giudice: durante l’omologazione, se il voto negativo appare ingiustificato, il tribunale può convertire quel voto in favorevole. Cosa rende ingiustificato il no? Tipicamente, il fatto che la proposta rispetti la convenienza economica del creditore pubblico (ossia, come detto, offra almeno quanto il creditore otterrebbe ipoteticamente pignorando e liquidando da sé i beni del debitore) e che non vi siano elementi di abuso (ad es. il debitore ha accumulato solo debiti fiscali volendo scaricarli deliberatamente, ipotesi in cui qualche giudice ha negato l’omologa per abuso del diritto). La Corte d’Appello di Venezia nel 2024 ha evidenziato che il giudice non può sempre e comunque sovrastare il Fisco: deve farlo quando il rifiuto è chiaramente contrario a logica e a interesse pubblico, mentre se il piano appare finalizzato unicamente a cancellare il grosso debito fiscale senza un reale risanamento, allora il cram-down potrebbe non essere concesso. In sostanza, c’è un bilanciamento: la legge privilegia la soluzione concordata e il recupero del debitore (favor concorsuale), ma riconosce che l’Erario tutela un interesse pubblico e non va sempre bypassato. La Cassazione (sent. n. 1033/2024) ha definito il cram-down fiscale “una dirompente novità” finalizzata proprio a superare le ingiustificate resistenze degli enti pubblici in queste procedure. Questo strumento sta trovando applicazione pratica: ad esempio, il Tribunale di Genova nel 2025 ha omologato un concordato minore con esclusivo debito fiscale di 38 milioni pagato quasi al 100% in 8 anni, sebbene formalmente l’adesione dell’Erario fosse pervenuta fuori tempo (in quel caso l’Agenzia aveva poi aderito, ma l’osservazione era che comunque non si sarebbe potuto dichiarare inammissibile un piano che pagava quasi integralmente il fisco a fronte di un eventuale silenzio).
4. Percentuali e linee guida: Non esistono percentuali fisse di stralcio per legge (come il famoso 5% minimo per l’IVA nel concordato fallibile, ora abolito). Tuttavia, Agenzia delle Entrate e INPS internamente seguono criteri: tendono ad accettare piani che offrano almeno qualcosa di concreto (non zero) e possibilmente in tempi ragionevoli. Le prassi mostrano che, se si offre meno del 10-15%, l’Agente pubblico spesso non partecipa (anche se poi può intervenire il giudice come detto). Un fattore importante è la tempistica: un pagamento magari non integrale ma abbastanza rapido può essere visto meglio di uno integrale ma posticipato troppi anni. La Cassazione con sent. n. 4622/2024 ha chiarito che anche nei piani del consumatore e accordi il pagamento dei privilegiati (incluso Erario con privilegio) può essere dilazionato oltre l’anno dalla omologazione, norma che in passato era dubitata per via del richiamo all’art. 8 L.3/2012 che vietava dilazioni oltre un anno salvo consenso. Dunque ora è pacifico che, ad esempio, l’IVA privilegiata possa essere pagata a rate su 4-5 anni, purché ciò sia compensato con la corresponsione di interessi e – fondamentale – con il riconoscimento del diritto di voto al creditore pubblico per il ritardo nel soddisfo. In un piano del consumatore, non c’è voto, ma la Cassazione dice: devi dare modo al creditore di esprimersi sulla proposta, il che avviene tramite l’udienza (il creditore può fare osservazioni).
5. Debiti fiscali sopravvenuti: Attenzione va posta, come accennato, ai debiti fiscali scoperti dopo. Se il debitore viene esdebitato e spuntano fuori nuovi accertamenti per annualità pregresse, quei debiti non sono toccati dall’esdebitazione. Quindi il rapporto col Fisco potrebbe non essere chiuso del tutto. Ad esempio, Caio fa un piano e viene esdebitato, poi nel frattempo l’Agenzia scopre redditi non dichiarati anni prima e notifica cartelle: Caio dovrà pagarle, essendo debiti esclusi. Questo implica che il debitore e il suo consulente legale dovrebbero, se possibile, anticipare queste eventualità (includendo ad es. nel piano una riserva per controversie tributarie pendenti o potenziali).
6. Ruolo dell’OCC e comunicazioni: Il Codice impone all’OCC di dare notizia all’Agente della Riscossione e agli uffici fiscali competenti dell’apertura di una procedura di sovraindebitamento. Questo per assicurare che l’Erario sia sempre al corrente e possa partecipare. Molti comuni problemi nascevano dalla mancata partecipazione del Fisco per difetti di notifica; ora la legge enfatizza la comunicazione all’ultimo domicilio fiscale del debitore per coinvolgere l’Amministrazione finanziaria.
7. Effetti dell’omologazione sui debiti fiscali: Una volta omologato il piano o accordo, le somme dovute al Fisco diventano quelle previste nel piano. L’eventuale eccedenza viene scaricata: da un lato, il debitore non potrà più essere perseguito per quella differenza (beneficio dell’esdebitazione), dall’altro lato lo Stato “perdona” quel credito. A livello contabile, se trattasi di tributi erariali, l’Agenzia Entrate prende atto con proprio provvedimento dell’avvenuta esdebitazione (spesso su istanza del debitore si ottiene lo sgravio delle cartelle per la parte eccedente pagata in procedura). È utile conservare copia del decreto di omologa e di esdebitazione per esibirli agli enti creditori, qualora risultassero ancora iscrizioni a ruolo o pendenze formali. Ad esempio, se Equitalia non avesse ancora cancellato una cartella, l’interessato potrà presentare l’omologa e far cessare la riscossione coattiva. In caso di liquidazione controllata, il decreto di chiusura con esdebitazione ugualmente determina lo stralcio dei residui: l’Agenzia Entrate-Riscossione su input del Liquidatore e del giudice andrà a sgravare i ruoli.
8. Crediti erariali di natura personale non falcidiabili: Ricordiamo infine che alcune voci particolari legate al fisco non sono cancellate: tra queste rientrano le sanzioni penali pecuniarie comminate nell’ambito di reati tributari (che esulano come visto) e un dettaglio: l’art. 279, co. 3 C.C.I.I. esclude dall’esdebitazione i debiti fiscali accertati dopo l’apertura per fatti anteriori scoperti poi. Non rientrano invece eccezioni come quelle esistenti nel fallimento riguardo all’IVA dovuta per rivalsa (nel fallimento l’IVA non pagata poteva esserle in parte non esdebitabile se il fallito l’aveva incassata dai clienti: concetto di debiti da dolo. Nel sovraindebitamento, su questo non c’è menzione specifica, sebbene potrebbe considerarsi debito da fatto illecito se interpretato come appropriazione indebita di ritenute non versate – questione però non chiarita, che probabilmente rientra nel concetto di illecito extracontrattuale solo se c’è reato tributario accertato).
In definitiva, Agenzia delle Entrate e INPS possono trovarsi nella posizione di creditori concorsuali e devono adeguarsi a regole concorsuali: è un cambiamento culturale importante. I professionisti che assistono i debitori devono saper predisporre proposte credibili al Fisco (documentando la convenienza) e conoscere gli strumenti per affrontare un eventuale dissenso (richiesta di cram-down). D’altro canto, gli avvocati che rappresentano i creditori pubblici devono valutare con attenzione i piani: un’opposizione fine a sé stessa rischia di essere respinta dal giudice se il piano è ragionevole. Ciò spinge anche l’amministrazione verso una maggiore collaborazione.
Un ultimo cenno: detrazioni e crediti d’imposta del debitore. Se il sovraindebitato vanta crediti verso il Fisco (rimborsi, crediti IVA), questi entrano nell’attivo e il liquidatore li riscuote per distribuirli ai creditori. In un piano, si potrebbe prevedere di utilizzare un credito d’imposta in compensazione per pagare parte dei debiti: teoricamente, nulla lo vieta se è tempestivo e autorizzato (anche se durante la procedura concorsuale le compensazioni sono limitate per evitare preferenze). Su questo terreno, però, si entra in tecnicismi fiscal-contabili che esulano dalla trattazione principale.
(In sintesi, la presenza del Fisco nelle procedure da sovraindebitamento è stata normata per assicurare equilibrio: il debitore può ridurre il carico fiscale per ripartire da zero, ma deve offrire al Fisco un trattamento equo e trasparente. Le ultime pronunce giurisprudenziali confermano la tendenza a non dare al credito pubblico un veto assoluto, equilibrandolo con l’interesse generale alla remissione dei debiti non più pagabili e al reinserimento del debitore nell’economia legale.)
7. Domande Frequenti (FAQ) – Casi Pratici e Soluzioni
Di seguito una serie di domande e risposte che affrontano dubbi ricorrenti degli operatori e dei debitori in materia di sovraindebitamento ex Legge 3/2012:
Q1: Un consumatore con principalmente debiti verso banche può includerli tutti e ottenere uno sconto?
A1: Sì. Tutti i debiti verso banche/finanziarie (mutui, prestiti, carte revolving) possono essere ristrutturati nel piano del consumatore. Il giudice può omologare un piano che preveda il pagamento parziale di tali debiti, se il debitore non è in grado di pagarli per intero. Ad esempio, un piano che offra alle finanziarie il 30% dilazionato è ammissibile, purché il 30% sia più di quanto incasserebbero pignorando i beni del debitore. Una volta eseguito il piano omologato, il resto viene cancellato. Durante la procedura, inoltre, le rate in corso e gli addebiti automatici vengono sospesi, così il debitore non subisce ulteriori addebiti mentre si riorganizza.
Q2: Ho un mutuo sulla prima casa in corso e sono indietro con le rate: posso evitare di perdere la casa?
A2: È possibile. Nella procedura, la casa di abitazione gode di tutela indiretta: puoi proporre un piano che mantenga il pagamento del mutuo (magari spostando in coda le rate arretrate) in modo da non far intervenire la banca con l’esecuzione ipotecaria. Se il tuo reddito consente di continuare a sostenere le rate, il giudice può omologare un piano dove i creditori chirografari subiscono stralci ma il mutuo viene onorato (magari allungando la scadenza). La banca potrebbe essere formalmente dissenziente, ma se il piano le paga il dovuto – magari solo allungando i termini – non avrebbe motivo di opporsi. Anche se opposta, il tribunale può autorizzare la dilazione oltre un anno purché al creditore ipotecario sia riconosciuto il suo diritto di esprimersi. In pratica, molti piani del consumatore prevedono la salvaguardia dell’abitazione principale: ad esempio il debitore continua a pagare la banca e intanto falcidia altri debiti (carta di credito, prestiti minori) che mettessero a rischio la sostenibilità del mutuo. Va però valutato caso per caso: se il debito complessivo è troppo alto, a volte mantenere la casa non è possibile e occorre venderla in liquidazione; altre volte un parente può intervenire (es. i genitori acquistano l’immobile o pagano una parte del mutuo arretrato) per aiutare.
Q3: Ho solo debiti verso il Fisco (es. cartelle per tasse e multe). Posso usare la legge 3/2012?
A3: Sì. La definizione di sovraindebitamento include le situazioni in cui i debiti sono esclusivamente tributari. La procedura può benissimo riguardare un debitore che deve solo imposte e sanzioni. Un concordato minore o un piano del consumatore “monocreditorio” (cioè con unico creditore o pochi, come Agenzia Entrate e INPS) è fattibile. In tal caso, non c’è nemmeno questione di maggioranza (basta il silenzio-assenso del Fisco). Giurisprudenza recente (Trib. Ferrara 2023, App. Venezia 2024) ha affrontato casi di concordato minore con unico grande creditore pubblico: si può omologare se la proposta è vantaggiosa e l’Erario ingiustificatamente rifiuta. Quindi sì, è possibile risolvere anche le sole cartelle esattoriali: spesso il debitore offre di pagare solo una percentuale (grazie magari a un aiuto familiare) e cancella il resto. Attenzione: a differenza delle rottamazioni ordinarie, con la procedura ex L.3/2012 il taglio riguarda pure l’IVA e le ritenute (non ci sono preclusioni) e si possono includere tutte le cartelle, anche le più datate o già in fase di pignoramento. Naturalmente, se il tuo debito fiscale è frutto di evasione fraudolenta con condanna penale, la sanzione penale relativa rimane (non viene cancellata).
Q4: Sono un piccolo imprenditore e ho molti debiti con fornitori; alcuni di essi sono garantiti da fideiussioni dei miei parenti. Cosa accade a queste garanzie se faccio il concordato minore?
A4: Il concordato minore (o il piano) non libera i coobbligati e garanti dal loro obbligo, salvo pattuizioni specifiche. Cioè, se tuo padre ha firmato una fideiussione verso un fornitore, e tu nel concordato paghi quel fornitore al 30%, il fornitore potrà – in teoria – chiedere a tuo padre (garante) il restante 70%. Questo è importante: la legge 3/2012 non ha un effetto release generalizzato sui garanti (diversamente da alcune procedure americane). Però c’è un risvolto: spesso i garanti sono essi stessi sovraindebitati (perché magari hanno garantito più debiti) e possono a loro volta accedere alla procedura. Nel caso di famiglia, conviene valutare una procedura familiare congiunta: tu e il garante presentate un unico piano dove si stabilisce quanto complessivamente va al creditore. Così, l’esdebitazione riguarderà entrambi. Se questo non è fatto, il creditore potrà tecnicamente escutere il garante per la parte non pagata da te. In pratica però, molti creditori accettano la liberazione del garante come condizione del piano (soprattutto se il garante ha poco patrimonio): preferiscono ottenere qualcosa nel concordato e liberare tutti, piuttosto che inseguire il garante poi. È un dettaglio negoziale: nulla vieta di inserire nella proposta che l’omologazione comporta la liberazione dei garanti – ma questo vincola solo i creditori aderenti (nel concordato minore se è approvato a maggioranza e omologato, vincola anche i dissenzienti sui debitori principali, ma per i garanti terzi la giurisprudenza non ha chiarito se possano essere liberati ex lege. Di sicuro, in un accordo extragiudiziale parallelo, il creditore può rinunciare alla fideiussione in cambio del pagamento concordatario). Dunque, presta attenzione: se non vuoi lasciare “nei guai” i tuoi garanti, coinvolgili nel piano o assicurati di soddisfare i creditori garantiti in misura sufficiente da far rinunciare all’escussione.
Q5: Se faccio una procedura e ottengo l’esdebitazione, poi rimarrò segnalato come cattivo pagatore per sempre?
A5: No, non per sempre. Certo, i dati relativi a una procedura concorsuale rimangono per un periodo nelle banche dati creditizie e nei registri pubblici: l’omologazione viene pubblicata sul Registro delle Imprese (se eri imprenditore) o comunicata ai sistemi di informazione creditizia. Tuttavia, l’esdebitazione è concepita per darti una riabilitazione economica. Sul piano legale, dopo la chiusura positiva della procedura, non risulti più protestato per quei debiti (eventuali protesti si possono cancellare decorso il termine, con il decreto di riabilitazione del tribunale). Inoltre, decorso un certo periodo (di solito 36 mesi) le segnalazioni nelle centrali rischi private decadono. Ad esempio, CRIF mantiene traccia dei default fino a 3 anni dall’ultima segnalazione o dal provvedimento di esdebitazione; dopo, su richiesta, li cancella. Diverso è per i dati pubblici: l’elenco dei soggetti che hanno fatto sovraindebitamento è consultabile da banche e finanziarie in Camera di Commercio per alcuni anni, quindi è realistico aspettarsi che per un po’ di tempo ottenere nuovo credito sarà difficile. Tuttavia, anche senza procedura lo sarebbe comunque se avevi inadempimenti. Almeno con l’esdebitazione puoi dire di essere formalmente “pulito” dai debiti pregressi. Esiste anche un istituto di esdebitazione del fallito nel codice civile (art. 142 L.F., ora art. 278 C.C.I.I.) che equipara l’effetto: dopo ottenerlo, sei civilmente riabilitato. Quindi, in sintesi: sì, nel breve termine verrai probabilmente classificato come soggetto che ha fatto default (il che è vero), ma nel medio termine potrai ricostruirti una reputazione creditizia. Ad esempio, dopo qualche anno di lavoro con reddito stabile e senza altri intoppi, potrai accedere di nuovo a finanziamenti modesti. Va ricordato che la legge non prevede un “divieto di indebitarsi” futuro: sei libero, una volta esdebitato, di contrarre nuovi finanziamenti (si spera in modo più cauto). Solo, non potrai chiedere un’altra esdebitazione prima di 4 anni (5 anni per chi veniva da fallimento, ora unificato a 4 nel Codice mi pare). Quindi le banche sanno che se ricadi, non hai più la protezione immediata.
Q6: Quanto costa e quanto dura in media una procedura ex Legge 3/2012?
A6: I costi fissi vivi sono relativamente contenuti: il contributo unificato per il ricorso è €98 (volontaria giurisdizione) più marca €27 per diritti (come da indicazioni normative). Se ti rivolgi direttamente a un OCC senza passare dal tribunale per la nomina, quell’OCC spesso applica una tariffa iniziale di qualche centinaio di euro (200-400€) per la fase istruttoria. I compensi dell’OCC e degli organi della procedura (gestore, eventuale liquidatore) sono stabiliti dal giudice a fine procedimento, in percentuale sul passivo o sull’attivo distribuito, e vengono pagati di solito all’interno della procedura stessa (cioè fanno parte delle spese che si cerca di coprire coi versamenti del piano o col ricavato di liquidazione). In alcuni casi è richiesto al debitore un piccolo fondo spese iniziale. In ogni caso, parliamo di importi ben più bassi di quelli di un fallimento: la normativa vuole facilitare l’accesso, quindi spesso i gestori OCC lavorano a compensi calmierati. Sul fronte onorari legali, se ti affidi a un avvocato dovrai considerare le tariffe professionali per attività concorsuale: molti avvocati offrono pacchetti a costo fisso per seguire l’intera procedura, modulati in base alla complessità (possono variare da poche migliaia di euro per casi semplici a di più se molto complessi). Alcuni costi possono essere dilazionati o subordinati all’esito.
La durata varia a seconda dello strumento:
- Un piano del consumatore tipicamente, dall’istanza all’omologazione, può durare circa 6 mesi (talora meno, talora di più a seconda del tribunale e se ci sono opposizioni). Dopodiché c’è la fase esecutiva del piano che può durare gli anni previsti (es. piano quinquennale: 5 anni di pagamenti). Quindi il debitore potrebbe vedere l’esdebitazione dopo aver completato i pagamenti, ma attenzione: il giudice può già dichiararlo esdebitato e poi lasciare che i pagamenti seguano (in effetti il Codice dice che la domanda di esdebitazione viene contestuale e il provvedimento è all’interno della procedura stessa, non dopo – differenza rispetto al fallimento).
- Un concordato minore può richiedere un po’ più tempo per la fase di voto: magari 6-8 mesi per arrivare all’omologa, specie se va raccolto il voto di molti creditori (c’è il termine di 30 giorni per votare, eventuale proroga, poi opposizioni ecc.). Dopo l’omologa, se prevede pagamenti pluriennali, la procedura rimane aperta per la fase di adempimento, sotto controllo OCC.
- Una liquidazione controllata è la più lunga: la legge auspica 3 anni max per persona fisica, ma nella pratica dipende dalla difficoltà di liquidare i beni. Se c’è un immobile da vendere, potrebbero volerci 1-2 anni per venderlo bene. Diciamo che in 2-3 anni molte liquidazioni si chiudono. Alcune, se ci sono contenziosi o patrimoni complessi, potrebbero andare oltre. Tuttavia, non avendo la complessità di un fallimento di società (dove ci sono azioni revocatorie, insinuazioni tardive, cause, etc.), di norma i tempi sono più rapidi. Ad esempio, se un debitore ha solo beni mobili limitati, la liquidazione potrebbe chiudersi in 1 anno.
- L’esdebitazione incapiente è la più veloce: può concludersi in 3-4 mesi dall’istanza se tutto fila liscio, poiché non c’è fase esecutiva (subito decreto di omologa). Dopo c’è però il monitoraggio di 4 anni sulle sopravvenienze, ma in assenza di eventi, non c’è attività procedurale in senso stretto (solo l’obbligo del debitore di depositare ogni anno un’attestazione su eventuali miglioramenti reddituali).
Q7: Cosa succede se, durante l’esecuzione del piano/concordato, non riesco a pagare una rata o subisco un imprevisto (es. malattia, perdita temporanea del lavoro)?
A7: Il Codice ha previsto strumenti di flessibilità. Il debitore può rivolgersi al Giudice Delegato (tramite l’OCC) per chiedere una sospensione o proroga dei termini di adempimento, se c’è un’oggettiva impossibilità temporanea non imputabile a lui. Ad esempio, durante la pandemia Covid molte persone non riuscivano a rispettare i piani: il CNDCEC suggerì ai giudici di sospendere le scadenze e permettere di presentare piani modificati. Oggi è norma di buon senso: se perdi il lavoro, puoi chiedere di attendere alcuni mesi per riprendere i pagamenti quando trovi nuova occupazione. Il giudice valuterà caso per caso, spesso sentendo anche i creditori (nel concordato minore magari tramite nuova votazione su modifica). Se l’impedimento è permanente (es. invalidità che riduce stabilmente il reddito), si può presentare un piano modificato da omologare (una sorta di “piano del consumatore bis” più leggero). L’importante è non agire di testa propria interrompendo i pagamenti senza informare: farlo porterebbe i creditori a chiedere la risoluzione. Ma se ci si muove in anticipo chiedendo aiuto al tribunale, spesso si può salvare la procedura. La legge incoraggia a trovare soluzioni per portare a termine la composizione, evitando la risoluzione. Nei casi peggiori, se davvero non puoi più eseguire il piano, l’extrema ratio è la conversione in liquidazione controllata: metti i beni rimasti a disposizione e chiudi lì (il che comunque ti dà esdebitazione, anche se magari perdi qualcosa in più di quanto speravi di salvare col piano).
Q8: Un mio creditore non è stato avvisato della procedura (per errore) e l’ho conclusa; posso liberarmi dal suo debito?
A8: Questo è un punto delicato. Tutti i creditori noti vanno necessariamente indicati e avvertiti. Se per errore involontario hai omesso un creditore (magari un vecchio debito dimenticato) e la procedura si è chiusa, la situazione varia a seconda della procedura e della natura del debito:
- Nel piano del consumatore omologato, il decreto vincola tutti i crediti anteriori, anche se non noti al momento. Tuttavia, il creditore pretermesso potrebbe teoricamente opporsi ex post sostenendo di essere stato leso (c’è una finestra per opposizioni in caso di scoperta di frodi o errori). Se la cosa viene fuori a procedimento chiuso, quel creditore potrebbe sostenere di non essere stato incluso e quindi di non essere toccato: la giurisprudenza sul fallimento dice che il creditore incolpevolmente non avvisato non è pregiudicato dalla procedura e può rivalersi sul debitore (questo però nel fallimento con esdebitazione, c’era discussione). Il Codice qui all’art. 278 co. 3 specifica l’eccezione solo per i debiti fiscali accertati dopo, non parla di creditori civilistici ignoti. Probabilmente, un creditore non incluso rimane comunque esdebitato se la sua pretesa era antecedente e il debitore l’ha dichiarata in buona fede altrove. Ma in pratica, conviene cercare una soluzione: magari quel creditore può essere pagato in parte spontaneamente dal debitore per evitare contenziosi. In linea di massima, la procedura mira a chiudere tutto il pregresso; se c’è un errore scusabile, il debitore può chiedere al tribunale un’interpretazione estensiva del decreto di esdebitazione includendo quel credito.
- Nel concordato minore, un creditore non avvisato potrebbe impugnare l’omologa per violazione del diritto di voto. Se però i tempi per impugnare sono passati, e l’omologa è definitiva, resta un problema: quel creditore potrebbe sostenere di non essere vincolato perché non ha potuto votare. I giudici potrebbero analogicamente applicare la regola del fallimento (creditore tardivo non insinuato perde l’esdebitazione se non è colpa sua?). Non c’è ancora casistica chiara su questo. Prudenza vuole che il debitore tratti quel creditore per cercare un accordo postumo, oppure chieda al giudice (se la procedura è ancora aperta in esecuzione) di riaprire in parte lo stato passivo per ammetterlo al riparto esdebitatorio, anche tardivamente.
In sintesi: meglio evitare queste omissioni. Da qui l’importanza di fare un elenco debiti estremamente accurato con l’OCC all’inizio.
Q9: Ho già beneficiato di un’esdebitazione anni fa a seguito di fallimento, ora sono di nuovo pieno di debiti personali: posso usare la Legge 3/2012?
A9: Dipende dai tempi e dal tipo di procedura. La legge vieta di concedere una nuova esdebitazione se ne hai avuta un’altra nei 5 anni precedenti. Il Codice ha uniformato la tempistica a 4 anni per le procedure da sovraindebitamento (ma per prudenza diciamo 5 perché è quello storico e potrebbe variare a seconda di come calcolano). Quindi, se la precedente esdebitazione (fallimentare o da sovraindebitamento) è oltre questo limite, sì, puoi accedere di nuovo. Se è più recente, devi aspettare. Inoltre, se la precedente procedura è in corso (es. sei in piano e vorresti aprirne un altro su altri debiti – non si può fare, devi unire tutto in uno). E c’è un concetto di abuso: se ti indebiti di nuovo deliberatamente pensando tanto c’è la legge salva debiti, il giudice potrebbe stavolta negartela per mancanza di buona fede. Quindi, una seconda chance è concessa, una terza o quarta diventano sospette. Un caso tipico: piccolo imprenditore che fece fallimento e fu esdebitato 6 anni fa, ora ha debiti personali col fisco – sì, può fare piano del consumatore perché passati >5 anni. Invece, un consumatore che ottenne esdebitazione incapiente 2 anni fa non può presentare un altro ricorso (e speriamo non ne abbia bisogno, sarebbe segno di qualcosa di anomalo).
Q10: La procedura di sovraindebitamento può evitare il pignoramento dello stipendio o la vendita all’asta di un bene già iniziata?
A10: Sì, ed è uno degli effetti più apprezzati. Quando depositi il ricorso per piano o accordo, puoi chiedere al giudice la sospensione delle azioni esecutive in corso. I tribunali spesso emettono un decreto di sospensione che viene notificato all’ufficiale giudiziario, al datore di lavoro (per bloccare un pignoramento presso terzi) o alla sede d’asta. Ad esempio, se hai la casa all’asta, presentando la domanda e ottenendo la sospensione, l’asta viene congelata (in alcuni tribunali, con il solo deposito la vendita viene differita in attesa della decisione). Una volta omologata la procedura, tutte le esecuzioni decadono definitivamente (il piano omologato produce inefficacia dei pignoramenti pendenti). Dunque, è un ottimo strumento salva-casa o salva-stipendio, a patto di muoversi prima che la vendita sia avvenuta o che lo stipendio sia assegnato definitivamente. Se ormai la casa è stata aggiudicata all’asta prima dell’omologa, purtroppo non si torna indietro. Ma se sei ancora in tempo, la procedura ti tutela. Naturalmente devi poi nel piano gestire quel creditore pignoratizio: se era la banca con ipoteca, nel piano dovrai prevedere come soddisfarla (es. vendendo comunque la casa ma in modo controllato, oppure pagando le rate etc.). Se era Equitalia a pignorare lo stipendio, nel piano dovrai includere Equitalia e offrire qualcosa. Non esiste la moratoria pura senza pagare nulla. Ma guadagni tempo e la regia del processo torna a te sotto supervisione del giudice.
Queste FAQ coprono alcune situazioni tipiche. Ogni caso pratico può avere sfumature diverse: è importante consultare un professionista o l’OCC per valutare la strategia migliore. Di seguito, presentiamo anche alcune simulazioni di casi concreti, per illustrare come si applicano in pratica le procedure.
8. Esempi Pratici e Simulazioni di Applicazione
Esempio 1 – Piano del consumatore per debiti familiari:
Scenario: Maria è una dipendente 45enne, con stipendio netto di €1.400/mese. Vive con il marito (disoccupato) e due figli. Ha debiti cumulati per ~€60.000: €30.000 di prestiti personali (due finanziarie), €5.000 di bollette arretrate e spese condominiali, €15.000 con l’Agenzia delle Entrate (IRPEF non pagata anni passati) e €10.000 su carte di credito revolving. È in difficoltà perché le trattenute sullo stipendio per il prestito (€300/mese cessione del quinto) le lasciano poco per vivere.
Soluzione proposta: Maria si rivolge all’OCC e presenta un piano del consumatore. Offre di pagare €400 al mese per 5 anni utilizzando il suo stipendio (importo leggermente maggiore del quinto ma sostenibile poiché nel frattempo ha ridotto altre spese) – totale €24.000. Inoltre, destina il TFR che maturerà (stimato €6.000) a fine piano. Così, ai creditori saranno disponibili circa €30.000. Il piano prevede: pagamento integrale dell’IRPEF €15.000 (perché Maria vuole sanare le tasse, magari utilizzando i primi €15.000 del TFR+rate), pagamento al 50% dei crediti delle finanziarie e carte (che in totale erano €40.000, ne riceveranno €20.000). Bollette e condominio sono incluse anch’esse nel 50% chirografario. Quindi ciascuno dei creditori chirografari prende metà del dovuto, proporzionalmente. Nessun creditore è interamente soddisfatto, ma l’OCC attesta che se Maria fosse aggredita, considerando che non ha immobili (vive in affitto) e l’unica cosa pignorabile è lo stipendio per un quinto (€280 al mese), in 5 anni i creditori avrebbero preso meno di €17.000 tutti assieme. Il piano offre €30.000, quindi è nettamente migliore. Maria è stata sovraindebitata a causa di spese mediche familiari e del periodo di disoccupazione del marito, non per colpa grave.
Esito: Il Tribunale omologa il piano. Le finanziarie, informate, avevano fatto opposizione perché riceveranno solo metà credito, ma il giudice, verificata la convenienza e la buona fede di Maria, approva comunque (nel piano del consumatore il loro dissenso non blocca). Viene sospesa immediatamente la cessione del quinto: quei €300 mensili invece confluiscono nel budget di €400 che Maria versa all’OCC. Maria esegue regolarmente i pagamenti mensili di €400. Dopo 5 anni e versato anche il TFR, Maria ha adempiuto €30.000. Il tribunale dichiara l’esdebitazione: i restanti €30.000 di debiti (l’altra metà non pagata) sono cancellati. Maria e la sua famiglia possono ripartire senza più rate pendenti né minacce di pignoramenti.
(Nota: in questo esempio l’Erario è pagato al 100% e gli altri al 50%. Avrebbe anche potuto essere il contrario, ma spesso si tende a non falcidiare troppo il Fisco per facilitare l’omologa e per ragioni etiche di equità verso la collettività. In ogni caso, la scelta dipende dalle priorità e dal tipo di debito: nulla vieta di stralciare anche parte del debito fiscale se il totale disponibile fosse minore.)
Esempio 2 – Concordato minore di un imprenditore individuale in continuità:
Scenario: Luigi gestisce una piccola impresa di trasporti (ditta individuale). Ha debiti per €120.000 totali: €20.000 con dipendenti (arretrati salari, privilegiati), €30.000 con il Fisco (IVA e contributi, privilegiati), €70.000 con fornitori di carburante e leasing (chirografari). Possiede 3 automezzi indispensabili per lavorare e nessun immobile. Il calo di lavoro lo ha messo in crisi, ma ora ha ordini stabili per i prossimi anni che gli garantirebbero un margine per rientrare in parte. Se subisse esecuzioni, dovrebbe chiudere l’attività.
Soluzione proposta: Luigi presenta un concordato minore “in continuità aziendale”. Propone di proseguire l’attività e pagare i debiti con i profitti futuri. Offre un piano a 4 anni: i crediti privilegiati (dipendenti e fisco) verranno pagati integralmente in 48 rate mensili (con gli interessi legali), così da diluire l’impatto (questo significa che i dipendenti e il Fisco attendono 4 anni per avere tutto, ma è meglio che nulla – e in concordato preventivo classico servirebbe il loro consenso per oltre 1 anno, qui si applica comunque la regola con eventuale voto). I fornitori chirografari riceveranno il 40% dei loro crediti, pagato in 16 tranche semestrali (ogni semestre 2.5% circa, per un totale del 40% in 8 semestri = 4 anni). In tal modo, Luigi calcola di destinare circa €2.000 al mese del suo cash flow ai creditori per 4 anni. Il business plan preparato dall’OCC mostra che è fattibile, considerati i contratti di trasporto in essere. La proposta è di non liquidare gli automezzi, altrimenti Luigi non potrebbe generare reddito: i creditori dunque trarranno soddisfazione dalla continuità. Luigi chiede anche ai parenti un supporto: suo fratello si impegna a versare €10.000 al momento dell’omologazione, da distribuire subito ai dipendenti (così questi ottengono buona parte dei loro arretrati subito). Questo rende più robusto il piano.
Esito: Si indice la votazione tra i creditori. Tutti i dipendenti votano sì (vogliono salvare l’azienda e peraltro prendono subito grazie al fratello). L’Erario esprime formalmente parere contrario (politica interna che disapprova dilazioni lunghe, benché riceva 100%). I fornitori, che rappresentano la maggioranza del credito, in buona parte votano sì perché preferiscono continuare ad avere Luigi come cliente solvente al 40% che vederlo chiudere e magari portare i libri in tribunale (dove forse prenderebbero 5-10% e niente futuri affari). Mettiamo che si raggiunge il 70% di sì in valore, quindi abbondantemente sopra la maggioranza richiesta. Si forma una classe separata per i dipendenti (ma loro sono pagati integralmente, quindi non avevano bisogno di votare). Il Fisco rimane isolato col suo no. In sede di omologa, l’Agenzia delle Entrate contesta che Luigi aveva accumulato debiti IVA per più anni in maniera ripetuta (insinuando scarsa meritevolezza). Il tribunale, tuttavia, valuta che: Luigi offre il 100% al Fisco, solo dilazionato; se l’attività chiudesse, l’Erario forse otterrebbe molto meno perché vendere i camion coprirebbe a malapena i privilegi; la prosecuzione dell’impresa consente anche in futuro gettito fiscale (Luigi pagherà le tasse sui nuovi redditi). Pertanto, giudica il diniego ingiustificato e dispone il cram-down: omologa il concordato minore alle condizioni proposte. L’Erario dovrà accontentarsi di prendere i €30.000 in 48 rate (con interessi).
Luigi esegue fedelmente il piano: ogni mese versa €2.000 all’OCC che ripartisce tra creditori secondo le percentuali. Dopo 4 anni di sforzi, adempie tutto: dipendenti e fisco saldati, fornitori ricevuto il 40%. Il tribunale emette decreto di adempimento e Luigi viene liberato dal 60% residuo dei debiti verso fornitori. La sua impresa è salva e ora pulita dai vecchi debiti, in grado di operare normalmente (anzi, con credibilità accresciuta perché ha rispettato un concordato).
(Nota: in questo esempio la continuità ha permesso di soddisfare integralmente i privilegiati in forma dilazionata – una soluzione gradita ai giudici perché non falcidiare contributi e IVA evita possibili opposizioni. Se Luigi non fosse riuscito a pagare integralmente i privilegiati, avrebbe dovuto dimostrare che comunque dava loro >= valore liquidatorio, e avrebbe contato sul voto favorevole di alcuni per passare. Nell’ipotesi, grazie all’apporto del fratello, è stato più convincente.)
Esempio 3 – Liquidazione controllata con esdebitazione di un privato insolvente:
Scenario: Marco è un ex piccolo imprenditore edile che ha cessato attività. Ha 50 anni, al momento disoccupato, senza reddito se non lavoretti occasionali. Ha debiti ingenti, oltre €300.000 (soprattutto banche e fornitori insoddisfatti dal fallimento della sua ditta, e garanzie personali escusse). Non ha immobili né beni di valore intestati, a parte un’auto utilitaria e pochi risparmi (<€5.000). Tecnicamente, è nullatenente. Non potrebbe offrire nulla di significativo in un accordo, e nessuno gli farebbe credito per pagarne i debiti.
Soluzione proposta: Verifica di non aver commesso atti di frode (non ha nascosto patrimoni: la casa se l’era già venduta per pagare parte dei debiti prima, i soldi finiti, ecc.), Marco opta per la liquidazione controllata del suo (poco) patrimonio, al fine di chiudere i conti e ripartire. Presenta istanza con l’OCC. Nella documentazione dichiara tutti i debiti e l’assenza di attivo rilevante: il bene principale è l’auto (€4.000 di valore), qualche mobile usato, e null’altro. Il tribunale apre la procedura e nomina un liquidatore. Questi vende l’auto (ricavando €3.500 netti) e preleva i €5.000 dal conto di Marco. Raccoglie in totale circa €8.500. Le spese procedurali e i compensi assorbono una parte (diciamo €2.500), restano €6.000 da dividere tra i creditori (che, insinuati, ammontano a €300.000 – prenderanno dunque circa il 2%). Viene fatto un riparto finale: ogni creditore riceve un’inezia proporzionale. Dopodiché non c’è altro da liquidare. La procedura dura solo 1 anno.
Esdebitazione: Marco chiede subito di essere esdebitato. Avendo collaborato e non avendo occultato beni, e vista l’assenza di contestazioni, il tribunale concede l’esdebitazione al termine della liquidazione. Tutti i €294.000 circa di debiti rimasti sono cancellati. Marco torna un uomo libero dai creditori. Poiché è la prima volta che ricorre, il beneficio è concesso pienamente. Nei 4 anni successivi, Marco trova impiego come operaio edile e mette da parte un po’ di soldi. Se nei 4 anni dovesse ricevere somme significative (oltre la sua soglia di sopravvivenza), dovrebbe avvisare il tribunale/liquidatore: in questo caso, supponiamo che rimanga comunque con reddito modesto, quindi non scatta alcun obbligo di pagare altro. I creditori non potranno mai più perseguirlo per quei debiti.
(Praticamente, è come un fallimento personale, ma volontario e con esdebitazione immediata: Marco sapeva di non poter pagare nulla di serio, quindi ha usato l’extrema ratio per tagliare i debiti. Avrebbe potuto tentare l’esdebitazione “incapiente” saltando la liquidazione? Sì, poteva, vista l’assenza di attivo. Se assistito bene, l’avvocato avrebbe potuto proporre direttamente la procedura di esdebitazione ex art. 283. In quel caso i creditori non avrebbero preso neanche il 2% ma poco cambiava. Marco ha preferito liquidare quel poco che aveva per buona fede, o magari perché l’istituto incapiente non era ancora conosciuto. In ogni caso, l’esito finale – liberazione dai debiti – è il medesimo.)
Esempio 4 – Esdebitazione del debitore incapiente (fresh start senza dare nulla):
Scenario: Anna, 30 anni, ex studentessa, ha contratto €50.000 di debiti tra prestiti per studi all’estero e finanziamenti per attività poi non avviata. Attualmente è disoccupata, senza beni di proprietà (vive con i genitori), senza redditi se non piccoli lavoretti saltuari. Non possiede auto né immobili, né aspettative di eredità a breve. I creditori (banche) la stanno perseguitando legalmente ma di fatto non trovano nulla da pignorare. Anna però vive nell’angoscia del debito perenne.
Soluzione proposta: Anna si rivolge all’OCC e valuta l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 C.C.I.I.). È il caso classico: debitrice onesta (i soldi li ha spesi per mantenersi agli studi, poi non ha trovato lavoro stabile), completamente incapiente. Presenta ricorso esponendo la sua situazione economica, allegando ISEE, situazione patrimoniale (zero). Dichiara di non poter offrire alcuna utilità ai creditori, neanche futura, se non quella minima di legge (es. se troverà lavoro, per 4 anni verserà eventuali eccedenze oltre il necessario). L’OCC certifica che Anna non ha beni né redditi, che i debiti derivano da prestiti concessi con leggerezza forse dalle banche (valutazione merito creditizio fallace, ma questo è secondario). Verifica che Anna non ha altre procedure né atti in frode.
Esito: Il Tribunale, sentiti i creditori (le banche probabilmente faranno notare che Anna è giovane e in teoria potrebbe lavorare e pagare in futuro, ma è proprio ciò che la norma risolve imponendo la condizione dei 4 anni di monitoraggio), emette decreto di esdebitazione immediata di Anna. I €50.000 di esposizioni vengono cancellati. Le banche non possono più agire contro di lei (infatti le eventuali cause di decreto ingiuntivo o pignoramento decadono). Anna non ha dovuto pagare nulla (salvo le spese vive di procedura, spesso molto contenute e in parte anticipate dall’erario o dall’OCC). Anna ora può cercare lavoro senza il terrore che il primo stipendio le venga pignorato per intero. Ovviamente, dovrà comportarsi diligentemente: se nei prossimi anni otterrà un buon reddito, una parte dovrà destinarla ai vecchi creditori fino al 10%. Poniamo che dopo 2 anni trovi un lavoro a €1.500/mese. Con un ISEE calcolato, potrebbe emergere un “utile rilevante” annuo di un paio di migliaia di euro (sopra la soglia di mantenimento). Allora Anna dovrà mettere da parte quella somma e, a fine quadriennio, versare complessivamente almeno 10% di 50.000 = €5.000 ai suoi ex creditori. Può farlo ratealmente in quei 2 anni rimanenti o con un’unica soluzione. Così adempie all’obbligo di legge. Se invece Anna restasse disoccupata per tutti i 4 anni, allo scadere nessun obbligo: i creditori non vedranno nulla, ma la legge glielo impone per il principio di fresh start. Anna potrà rifarsi una vita e in futuro indebitarsi di nuovo (si spera in modo prudente). Non potrà però chiedere un’altra esdebitazione incapiente per ottenere sconti su eventuali futuri debiti: l’istituto è una tantum.
Questi esempi mostrano come le procedure vengano calate nelle situazioni reali: ogni piano o accordo è su misura del debitore, e il successo dipende da una progettazione attenta (sia economico-finanziaria che legale). Il ruolo degli OCC e degli avvocati è proprio quello di “costruire” soluzioni credibili da sottoporre al vaglio del giudice e dei creditori.
9. Modelli di Atti Esemplificativi
Di seguito si forniscono alcuni schemi di atti relativi alle procedure ex Legge 3/2012 (Codice della Crisi), utili come riferimento per i professionisti. Si tratta di fac-simili semplificati, da adattare caso per caso.
9.1 Ricorso per l’apertura della procedura (istanza di ammissione)
Modello generico di ricorso ex art. 68 C.C.I.I. (valido per piano del consumatore o concordato minore, con opportune modifiche):
TRIBUNALE ORDINARIO DI [___]
Ricorso ex art. 68 D.Lgs. 14/2019 per l’apertura della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento
Il Signor [Nome e Cognome], nato a [__] il [__], C.F. [__], residente in [__], elettivamente domiciliato in [__] presso lo studio dell’Avv. [__] (CF [__]) che lo rappresenta e difende giusta procura in calce/allegata, assistito dall’Organismo di Composizione della Crisi [denominazione OCC] con sede in [__], nella persona del Gestore nominato Dott. [__],
**premesso che:**
- Il ricorrente si trova in stato di sovraindebitamento ai sensi dell’art. 2, co.1, lett. c) del Codice della Crisi, non essendo in grado di adempiere alle proprie obbligazioni (come da dettagliata attestazione OCC allegata) e non essendo soggetto a procedure concorsuali diverse;
- In particolare, la situazione debitoria è così composta: [breve descrizione del tipo di debiti, numero creditori, importi];
- Le cause dell’indebitamento risiedono in [es. calo reddito, spese straordinarie…] e il debitore non ha colpe gravi o condotte rilevanti ostative (art. 69 co.1 lett. b in tema di meritevolezza, nel caso di consumatore);
- [Se piano consumatore:] Trattasi di **consumatore** ex art. 2, co.1 lett. e) C.C.I.I., atteso che il ricorrente è persona fisica che ha contratto i debiti per scopi estranei ad attività di impresa o professionale;
- È stato designato l’OCC [indicare se nominato dal Tribunale su istanza o scelto dal debitore da registro OCC], che ha predisposto la relazione particolareggiata ex art. 68, co.2 e art. 69 C.C.I.I., allegata al presente;
- Il ricorrente ha predisposto, con l’ausilio dell’OCC, una proposta di [“piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore” oppure “concordato minore”] contenente le modalità di soluzione della crisi, come di seguito sintetizzate;
- In sintesi, il piano/proposta prevede: [esporre sinteticamente punti principali: pagamenti proposti, eventuali garanzie, apporti di terzi, percentuali, ecc.];
- La suddetta proposta appare fattibile e vantaggiosa per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria, come risulta dalla relazione OCC che attesta la convenienza e l’assenza di atti in frode;
- Si allega l’elenco dettagliato di tutti i creditori con l’indicazione di somme dovute e cause di prelazione, nonché l’inventario del patrimonio e la documentazione di legge (art. 67 co.3 lett. a – d C.C.I.I.);
- Non risultano precedenti procedure di sovraindebitamento né esdebitazioni nei cinque anni precedenti a carico del ricorrente, né condanne per reati che impediscano l’accesso (art. 69 co.1 lett. c).
**Tutto ciò premesso**, il ricorrente,
*ai sensi degli artt. 67 e segg. C.C.I.I. (per il consumatore) ovvero artt. 74 e segg. C.C.I.I. (per concordato minore),*
**chiede** che l’Ill.mo Tribunale adito voglia:
1. Dichiarare aperta la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento in oggetto;
2. Disporre, ove occorra, la sospensione di eventuali procedure esecutive pendenti ai sensi dell’art. 54 C.C.I.I. (facoltativo: indicare se pendeno pignoramenti da sospendere d’urgenza);
3. Ammettere il ricorrente alla procedura di **[piano del consumatore / concordato minore]** proposta, fissando l’udienza di omologazione (e, se concordato, le modalità e termini per l’espressione del voto dei creditori);
4. Omologare conseguentemente la proposta di piano/concordato nei termini di cui alla documentazione allegata, con ogni conseguente provvedimento di legge, incluso, in caso di regolare adempimento, l’esdebitazione finale del ricorrente dai debiti residui.
**Allega:**
- Attestazione OCC e relazione particolareggiata ex art. 69 C.C.I.I.;
- Piano di ristrutturazione / Proposta concordataria dettagliata sottoscritta;
- Elenco creditori, elenco atti rilevanti ultimi 5 anni, stato di famiglia (se piano consumatore, per nucleo familiare), dichiarazioni dei redditi ultimi 3 anni, documenti di reddito, situazione patrimoniale, ISEE, ecc.;
- [Eventuale] Dichiarazione di meritevolezza e non frode ai sensi art. 69 co.1 C.C.I.I.;
- Procura alle liti e documenti di identità;
- Dichiarazione OCC di avvenuto avviso agli uffici fiscali e agenti riscossione competenti (art. 69 co.2).
Luogo, data.
Firmato: Avv. ____________ Il debitore ____________
(Nota: Il ricorso va adattato: se è un concordato minore di un imprenditore, non si parlerà di “consumatore” e si inserirà la richiesta di nomina del GD e del Comitato creditori se necessario. Per il piano consumatore, enfatizzare la condizione di consumatore e la meritevolezza. Per l’istanza di liquidazione controllata, il ricorso sarà diverso: si richiederà la liquidazione ex art. 268 C.C.I.I., elencando i beni e dichiarando disponibilità a liquidarli, ecc. La struttura base però – indicazione debiti, cause crisi, documenti allegati – resta simile.)
9.2 Struttura del Piano del consumatore (schema contenuti)
Il piano del consumatore non ha una forma sacramentale ma la legge e le linee guida OCC indicano i contenuti da toccare. Ecco uno schema sintetico:
- Intestazione: Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 C.C.I.I. proposto da [Nome Cognome].
- 1. Identità e composizione familiare del consumatore: Descrizione anagrafica, età, professione, composizione del nucleo familiare e soggetti a carico. (Utile per capire il fabbisogno familiare durante il piano).
- 2. Elenco analitico dei debiti: Tabella con tutti i debiti: credito, importo, data, titolo, se assistito da garanzie (pegno/ipoteca) o privilegi, eventuali coobbligati. (Obbligo ex lege elencarli tutti). Esempio:
- Banca X: €… (mutuo ipotecario prima casa)
- Finanziaria Y: €… (prestito personale)
- Agenzia Entrate: €… (Cartella n… IRPEF 20XX)
- Tizio: €… (prestito infruttifero da parente)
etc.
- 3. Cause dell’indebitamento e comportamento tenuto: Spiegazione del perché si è generato il sovraindebitamento. Esempio: “Il consumatore riferisce che dal 2018, a causa del licenziamento e di spese mediche impreviste per un familiare, ha fatto ricorso al credito per sopravvivere…”. Si illustra che il ricorso al credito non è avvenuto con leggerezza o frode (meritevolezza): es. “Pur avendo cercato di ridurre le spese, il debitore ha contratto nuovi prestiti convinto ragionevolmente di poterli rimborsare trovando un nuovo impiego, cosa non avvenuta…”. Si menzionano eventuali atti in 5 anni rilevanti (es. non ha ceduto beni per sottrarli ai creditori; se lo ha fatto, indicarlo sinceramente perché tanto OCC lo evidenzia).
- 4. Patrimonio del debitore: Descrizione di beni mobili e immobili posseduti, conti correnti, eventuali polizze o TFR maturato. Se non ha nulla di significativo, dichiararlo. Se ha una casa: indicare valore stimato, gravami (ipoteche). Se prevede di liquidare qualche bene come parte del piano, specificarlo. Indicare anche eventuali azioni giudiziarie in corso (pignoramenti pendenti).
- 5. Redditi e spese correnti: Indicare stipendio/pensione mensile media, altre entrate (assegni familiari, etc.), reddito del coniuge se rilevante. Elencare spese mensili necessarie: affitto/mutuo, bollette, alimentari, spese mediche, etc. Da ciò risulti qual è la quota disponibile per i creditori nel piano. Ad esempio: entrate €1500, spese vitali €1000, residuo €500 mensili offerti.
- 6. Dettaglio della proposta di pagamento: Esemplificare come intende pagare i creditori. Ad esempio: “Il debitore propone di:
- versare €500 al mese per 60 mesi, per un totale di €30.000, da ripartire tra i creditori chirografari;
- destinare il ricavato dell’eventuale vendita dell’auto (€5.000 stimati) al pagamento parziale del credito ipotecario della banca X;
- mantenere il pagamento regolare delle rate del mutuo ipotecario (€300/mese) fuori piano, così da preservare l’abitazione;
- ottenere la falcidia del [resto dei debiti] nella misura risultante.”
Deve emergere chi prende cosa e quando. Spesso conviene fare una tabella di riparto: creditori A, B, C con accanto importo iniziale, importo proposto nel piano, percentuale di soddisfo. Es: - Banca X (chirografo): credito €10.000 -> piano paga €4.000 (40%) in 5 anni;
- Agenzia Entrate (privilegiato): €5.000 -> paga €5.000 (100%) in 5 anni (rateizz.);
- Fornitore Y: €8.000 -> paga €2.400 (30%).
Totale fondo da versare = €…, suddiviso in [rate etc.].
Indicare tempi e modalità (versamenti semestrali tramite OCC, ecc.).
- 7. Convenienza per i creditori rispetto alla liquidazione: Dimostrare, numeri alla mano, che se il debitore venisse liquidato coattivamente, i creditori otterrebbero meno. Esempio: “In caso di liquidazione, i creditori chirografari avrebbero solo il ricavato della vendita dell’auto (€5.000) tolte spese, quindi ~5%. Con il piano ricevono 30%.” Per i privilegiati: “il Fisco in liquidazione avrebbe forse €2.000 residuali, qui ne ottiene €5.000 interi.” Questa parte spesso è confermata dall’attestazione OCC, ma è bene riassumerla.
- 8. Attestazione di fattibilità: Spiegare perché il piano è fattibile: “L’importo offerto deriva da redditi certi (stipendio a tempo indeterminato del debitore), già al netto delle spese di sostentamento, ed è sostenibile. Il pagamento tramite OCC assicura controllo. Non sono previsti eventi aleatori salvo [eventuale vendita di bene minore già organizzata]. Pertanto, il piano risulta fattibile con ragionevole sicurezza.” Spesso si cita che l’OCC ha verificato e attesta la fattibilità.
- 9. Documenti allegati: Elencare come allegati al piano: elenco creditori, elenco spese mensili, stato di famiglia, buste paga, dichiarazioni redditi, perizia immobile (se rileva), relazione OCC ecc. (Molti saranno già allegati al ricorso, ma nel piano si può richiamare per completezza).
- Firma del debitore e visto dell’OCC: Il piano va sottoscritto dal debitore proponente e di solito vistato dall’OCC (spesso l’OCC firma per attestazione di veridicità dei dati e coerenza).
(N.B.: Questo schema va adattato alle specificità. Se fosse un concordato minore, il contenuto sarebbe simile ma chiamato “Proposta di concordato minore” e includerebbe magari una sezione su classi di creditori, diritto di voto, ecc. Nel concordato è meno rilevante la meritevolezza e più la descrizione dell’azienda se c’è continuità.)
9.3 Schema di proposta di Concordato minore (accordo con i creditori)
Nel concordato minore, l’atto principale è la “proposta” accompagnata dal piano e dall’attestazione OCC. Può essere redatto come un documento unico. Ecco i punti salienti da includere (oltre a quelli già visti per il piano del consumatore, dove applicabili):
- Dichiarazione di essere imprenditore minore/professionista sovraindebitato (non consumatore).
- Descrizione analitica dell’attività svolta (se impresa in esercizio: storia, settori, cause crisi).
- Eventuale piano industriale se c’è continuità aziendale: come si prevede di risanare l’azienda, proiezioni di fatturato, interventi di efficientamento, ecc. (questa parte giustifica come verranno generati i flussi per pagare il concordato).
- Classi di creditori: Se vengono create classi, elencarle (es: “Classe 1: creditori privilegiati ipotecari Banche – soddisfatti 40% in 2 anni; Classe 2: chirografari fornitori – soddisfatti 20% in 4 anni; Classe 3: creditori postergati soci – nulla”). Se nessuna classe, dichiarare che non si effettua classificazione (ma attenzione: art. 74 C.C.I.I. obbliga classe separata se crediti con garanzie di terzi, ecc.).
- Percentuali e modalità di soddisfo: Indicare come saranno soddisfatti i creditori di ogni classe o categoria. Esempio: “Si propone di soddisfare integralmente i creditori con privilegio generale (dipendenti, Erario privilegiato) mediante versamenti periodici nell’arco di 24 mesi; i creditori ipotecari Banca X e Y saranno soddisfatti al 60% del loro credito, mediante vendita dell’immobile [o con dilazione]; i creditori chirografari riceveranno il 25%, in 5 rate annuali…”. Indicare se eventuali garanti pagheranno differenze (es: “I soci garanti rinunciano al regresso e copriranno la quota chirografaria di alcuni creditori” ecc.).
- Apporti di finanza esterna: es. aumento di capitale dei soci, versamento di terzi, cessione di beni personali del titolare, ecc., che migliorano l’offerta.
- Moratoria eventuale sui privilegiati: Il Codice consente, come nel concordato preventivo, di pagare certi privilegiati oltre 1 anno solo con consenso. Se il piano lo prevede (es: pagamento immobili in 2 anni per ipotecari), evidenziarlo e predisporre che quei creditori possano votare.
- Attestazione di convenienza: ribadire che ogni classe prende di più che in liquidazione controllata. L’OCC nella sua relazione dovrà attestarlo, ma la proposta dovrebbe anticipare il concetto per convincere i creditori in sede di voto.
- Meccanismi di voto: informare che “La proposta sarà sottoposta al voto dei creditori ammessi ex art. 79 C.C.I.I.: si precisa che i privilegiati integralmente soddisfatti non votano; i privilegiati parzialmente falcidiati voteranno per la parte degradata; il silenzio varrà assenso se non esprimeranno voto entro [termine]”.
- Eventuali garanzie: se c’è un garante che garantisce il rispetto del concordato (es. un immobile di terzo in ipoteca a favore dei creditori come garanzia), scriverlo.
- Risoluzione/annullamento: avvisare in proposta che, in caso di inadempimento rilevante, il concordato potrà essere risolto ex art. 81 C.C.I.I. su istanza dei creditori (questo spesso è standard).
(Molti di questi elementi poi vengono riportati nel decreto di omologa. Lo schema completo sarebbe lungo; qui si offre solo una checklist. In pratica, una proposta di concordato minore somiglia molto a una di concordato preventivo, solo più semplificata e con riferimenti al Codice della Crisi attuale).
9.4 Istanza di apertura della Liquidazione controllata (fac-simile)
Per completezza, ecco un brevissimo modello di ricorso per liquidazione controllata:
TRIBUNALE ORDINARIO DI [___]
Ricorso per apertura di Liquidazione Controllata del Sovraindebitato ex art. 268 D.Lgs. 14/2019
Il Signor [___] (generalità complete, CF, residenza), rappresentato dall’Avv. [___], premesso di trovarsi in stato di insolvenza e sovraindebitamento, ed essendo legittimato in quanto debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale (trattandosi di persona fisica / imprenditore minore ecc.),
**espone**:
- Di avere debiti per complessivi €[___] verso [elenco sintetico creditori principali] come da elenco dettagliato allegato;
- Che lo stato di sovraindebitamento perdura, non essendo il ricorrente in grado di far fronte regolarmente alle predette obbligazioni;
- Che le cause di tale situazione risiedono in [es. esito negativo attività, perdita lavoro, ecc.] e che non vi sono atti in frode posti in essere negli ultimi anni (ex art. 269 co.1 lett. b);
- Che il patrimonio attivo del ricorrente risulta composto dai seguenti beni: [descrivere immobili, mobili, crediti, eventuali redditi futuri], come dettagliato nell’inventario allegato;
- [Se persona fisica] Che il ricorrente non è in grado di proporre un piano o concordato idoneo a soddisfare i creditori, per assoluta insufficienza del proprio patrimonio e reddito, ritenendo dunque la liquidazione controllata l’unica soluzione percorribile, nell’ottica di soddisfare i creditori con l’intero patrimonio disponibile e quindi accedere al beneficio dell’esdebitazione ex art. 277-278 C.C.I.I.;
- Che non sussistono cause ostative all’accesso alla procedura: in particolare il ricorrente non ha già beneficiato di esdebitazione negli ultimi 4 anni, né ha fatto ricorso fraudolento al credito o violato i doveri di cui all’art. 269 co.1 lett. a) e b) C.C.I.I.;
- È stato nominato l’Organismo di Composizione della Crisi [___], che ha predisposto la relazione particolareggiata ex art. 269 C.C.I.I. attestante la completezza e accuratezza della documentazione e l’assenza di atti in frode, nonché l’avvenuto avviso agli enti fiscali e agenti della riscossione competenti (art. 269 co.3).
**Tutto ciò premesso**, il ricorrente **chiede**:
- Che l’Ecc.mo Tribunale voglia dichiarare aperta la procedura di **Liquidazione Controllata** del patrimonio del ricorrente [Nome Cognome] ai sensi degli artt. 268 e segg. C.C.I.I.;
- Nominare un Giudice Delegato e un Liquidatore per la procedura;
- Disporre ogni opportuno provvedimento ai fini dell’inventariazione e vendita dei beni, con i poteri di legge al Liquidatore nominando;
- Dare atto che il ricorrente mette a disposizione *tutto il proprio patrimonio* per il soddisfacimento dei creditori concorsuali;
- Conseguentemente, a chiusura della liquidazione, voler accordare il beneficio dell’**esdebitazione** al ricorrente, ai sensi degli artt. 278-279 C.C.I.I., liberandolo dai debiti concorsuali residui.
**Documenti allegati:** Situazione patrimoniale dettagliata, elenco creditori e debiti, inventario beni, relazione OCC ex art. 269, stato di famiglia, dichiarazioni redditi [se any], ecc.
Luogo, data.
Firma Avvocato e Firma debitore
(Questo ricorso, una volta accolto, porta a un decreto di apertura contenente anche l’ingiunzione ai creditori di presentare domande, ecc. Dopo la liquidazione il Liquidatore presenterà piano di riparto e infine il debitore istanza di esdebitazione se non concessa d’ufficio.)
Nota finale: I modelli suindicati sono semplificati. Nella pratica forense, gli atti dovranno essere più dettagliati e adattati alle linee guida del tribunale competente (molti tribunali emanano protocolli con formulari da seguire). È comunque importante includere tutte le informazioni obbligatorie per legge, perché l’omissione di documenti o dati rilevanti può causare l’inammissibilità del ricorso. Un controllo incrociato con l’art. 67 (per piano) o 74 (per concordato) e 268 (per liquidazione) del Codice della Crisi è sempre raccomandato durante la redazione.
10. Appendice Normativa e Giurisprudenziale (Fonti)
Di seguito si elencano le principali fonti normative, le disposizioni del Codice della Crisi rilevanti, nonché alcune pronunce giurisprudenziali citate o utili in materia, aggiornate a maggio 2025:
Normativa:
- Legge 27 gennaio 2012, n. 3 – “Disposizioni in materia di usura e di composizione delle crisi da sovraindebitamento”. (GU n.24 del 30-1-2012). – [Legge originaria sul sovraindebitamento, ora abrogata dal Codice della Crisi].
- Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 – “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (C.C.I.I.), entrato in vigore il 15/07/2022. – [Artt. 2 (definizioni: sovraindebitamento, consumatore, imprenditore minore, etc.); 65-83 (Procedure di composizione da sovraindebitamento: piano del consumatore – ora ridenominato “ristrutturazione dei debiti del consumatore”, concordato minore – accordo con i creditori, disposizioni comuni come meritevolezza, cram-down art. 80 co.3); 268-277 (Liquidazione controllata del sovraindebitato); 278-283 (Esdebitazione: art. 278 per esdebitazione del sovraindebitato a seguito liquidazione, art. 279 condizioni, art. 280-282 disposizioni, art. 283 esdebitazione del debitore incapiente)].
- D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 – Decreto correttivo al Codice della Crisi. – [Ha modificato varie disposizioni, anticipando tra l’altro l’introduzione dell’“esdebitazione incapiente” poi all’art. 283, e abbassando da 5 a 4 anni alcuni termini].
- Decreto-Legge 28 ottobre 2020, n. 137 (c.d. “Decreto Ristori”), conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176 – [Ha apportato modifiche immediate alla L.3/2012: es. introduzione procedura familiare (art. 7-bis L.3), esdebitazione di nullatenenti (art. 14-quaterdecies L.3), ecc., che hanno anticipato l’analogo istituto nel Codice].
- Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio – “sui quadri di ristrutturazione preventiva, insolvenza e remissione dei debiti” – [Recepita in parte dal Codice, enfatizza tra l’altro la durata massima di 3 anni per l’esdebitazione di debitori onesti].
- Articolo 88, comma 4-ter, TUIR (D.P.R. 917/1986) – [Esenzione fiscale delle sopravvenienze attive da concordato o da piani di ristrutturazione omologati – quindi i debiti rimessi ai sensi di procedure concorsuali non generano reddito imponibile].
- Codice Penale, art. 16 – [Prevede che la sentenza di fallimento (ora liquidazione giudiziale) comporta l’interdizione dai pubblici uffici per il fallito; per il sovraindebitamento non vi è analoga sanzione]. (Inoltre vari reati previsti dal Codice della Crisi artt. 344-347 puniscono condotte fraudolente nelle procedure di composizione: es. attestazioni false OCC, omessa collaborazione del debitore, ecc.).
Giurisprudenza (Corte di Cassazione):
- Cass., Sez. I civ., 21 febbraio 2024, n. 4622 – Si può dilazionare il pagamento dei creditori privilegiati oltre l’anno nei piani del consumatore e accordi di composizione, purché ai creditori venga riconosciuto il diritto di voto/espressione.
- Cass., Sez. I civ., 27 novembre 2024, n. 30543 – In accordo di sovraindebitamento con soddisfazione non integrale di un creditore ipotecario, va assicurato a tale creditore almeno l’equivalente di quanto otterrebbe dalla liquidazione del bene ipotecato, avuto riguardo al valore di mercato del medesimo; in caso contrario, quel creditore conserva diritto di opporsi all’omologa per mancata convenienza. (Conferma orientamento: Cass. 26328/2016, Cass. 4270/2021)
- Cass., Sez. I civ., 10 gennaio 2024, n. 1033 – Conferma la legittimità del “cram-down fiscale”: il tribunale può omologare il concordato minore nonostante il voto negativo di Fisco/INPS quando la proposta è più vantaggiosa per l’erario rispetto alla liquidazione e il diniego appare irragionevole. I creditori pubblici non hanno un veto assoluto nelle procedure di sovraindebitamento, stante la ratio di favorire soluzioni concordate e il fresh start.
- Cass., Sez. I civ., 19 dicembre 2019, n. 34105 – Nel piano del consumatore il giudice non può imporre d’ufficio modifiche peggiorative al debitore (es: alienare la casa) se non previste dal piano. Il controllo giudiziale attiene a fattibilità e meritevolezza, ma la configurazione del piano spetta al proponente. (Principio di autonomia e limite del potere di omologazione).
- Cass., Sez. VI-1 civ., 1 marzo 2021, n. 4270 – (Massima) I creditori privilegiati completamente soddisfatti nel piano/acccordo non votano; se prevista soddisfazione parziale, concorrono al voto per la parte falcidiata come chirografari – confermato ora dall’art. 79 C.C.I.I..
- Cass., Sez. I civ., 7 ottobre 2021, n. 27301 – La verifica della meritevolezza del consumatore va riferita alla condotta tenuta al momento di contrarre i debiti (criterio della ragionevolezza nel ricorso al credito), non alle vicende successive. Eventuali inadempimenti per sopravvenienze negative non implicano malafede originaria. (Orienta interpretazione pro-debitore della “colpa grave”).
- Cass., Sez. I civ., 31 gennaio 2020, n. 2318 – L’accordo di composizione dei debiti omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori, ancorché non votanti o dissenzienti; eventuali atti esecutivi compiuti dopo l’omologa sono nulli. (Estensione effetti a creditori estranei).
- Cass., Sez. I civ., 13 ottobre 2016, n. 20416 – Nel sovraindebitamento il creditore privilegiato non soddisfatto integralmente può opporsi per far valere la lesione del suo diritto di prelazione se la quota proposta è inferiore al valore di realizzo del bene vincolato. (Concetto poi cristallizzato nella giurisprudenza successiva e recepito in Codice).
- Cass., Sez. I civ., 18 dicembre 2020, n. 28914 – In tema di esdebitazione (post-fallimentare, ma principio esteso), restano esclusi dall’efficacia liberatoria i debiti per obblighi di mantenimento e alimentari, i debiti da risarcimento danni extracontrattuali e le sanzioni pecuniarie per illecito. (Riprende art. 142 L.F., analogo all’art. 279 C.C.I.I.).
Giurisprudenza di merito (selezione):
- Corte d’Appello di Venezia, decreto 10 ottobre 2024 – Concordato minore: sul cram-down dell’Erario. Stabilisce che il giudice può superare il voto negativo dell’Agenzia Entrate/INPS solo se tale voto è manifestamente abusivo, valutando comparativamente il trattamento del credito erariale rispetto agli altri e l’eventuale finalità esclusiva del debitore di liberarsi del debito fiscale senza reale piano di prosecuzione.
- Tribunale di Milano, sez. Fallimentare, linee guida 2022 – Protocollo per la gestione delle procedure da sovraindebitamento post Codice della Crisi. (Fornisce modelli di ricorso e check-list documentale uniformati).
- Tribunale di Genova, decreto 13 febbraio 2025 – Omologato concordato minore con prevalente debito fiscale di €38 milioni, prevedente pagamento quasi integrale in 8 anni; applicazione del cram-down fiscale in presenza di silenzio/inerzia dell’Erario, ritenendo inammissibile una bocciatura per abuso del diritto data la soddisfazione offerta quasi totale.
- Tribunale di Ferrara, decreto 28 giugno 2023 – Concordato minore con un solo creditore erariale preponderante: richiamo alla necessità di valutare ragionevolezza del diniego dell’Erario; in assenza di adesione, se il pagamento proposto è pressoché integrale (quasi 100%), ritiene il cram-down doveroso. (Causa citata nella nota [33]).
- Tribunale di Pistoia, decreto 25 marzo 2023 – Primo caso di omologa di esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 C.C.I.I.: applicati criteri di meritevolezza rigorosi ma concessa esdebitazione a soggetto nullatenente con debiti derivati da fideiussione escussa, imponendo l’obbligo quadriennale di pagamento di sopravvenienze.
- Tribunale di Roma, decreto 15 gennaio 2023 – Rigetto di omologazione di piano del consumatore per difetto di meritevolezza: il debitore aveva mantenuto un tenore di vita sproporzionato e omesso di pagare volontariamente alcuni debiti pur avendo liquidità, configurando colpa grave nell’indebitamento. (Esempio negativo: vigilanza sulla buona fede).
- Tribunale di Napoli, sez. Fall., decreto 5 maggio 2022 – Ammessa procedura familiare ex art. 66 C.C.I.I.: coniugi coobbligati presentano piano comune; il tribunale individua come requisito l’origine comune dei debiti (nel caso, entrambi garanti di mutuo e debiti di uno a beneficio della famiglia) e omologa un unico piano familiare.
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Conclusione
Non serve più vivere nella paura delle telefonate dei creditori. Se i tuoi debiti sono tra quelli ammessi dalla Legge 3, puoi ottenere una cancellazione legale, duratura e protetta dal Tribunale.
Affidati all’Avvocato Giuseppe Monardo per verificare subito se la tua posizione rientra nella procedura e attivare la richiesta di esdebitazione.
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