Hai debiti fiscali con l’Agenzia delle Entrate e stai cercando una soluzione concreta per non essere travolto da cartelle esattoriali, interessi e sanzioni? Ti stai chiedendo come presentare un piano serio e sostenibile per rientrare nei pagamenti senza chiudere l’attività?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in transazioni fiscali, piani di ristrutturazione del debito e salvataggio di imprese in crisi – ti mostra in modo semplice e chiaro come costruire un piano di ristrutturazione fiscale efficace, con un esempio pratico applicato a un caso reale.
Scopri quali elementi deve contenere un piano, come viene valutato dall’Agenzia delle Entrate, quali sono i criteri di fattibilità economica, e in che modo può permetterti di ridurre sanzioni, interessi e rateizzare l’intero debito con accordo ufficiale.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, esaminare la tua posizione debitoria e preparare un piano di ristrutturazione completo, personalizzato e sostenibile per sistemare i conti con il fisco senza compromettere la tua impresa.
Introduzione
I debiti fiscali e contributivi – ossia i debiti verso l’Agenzia delle Entrate (Fisco) e gli enti previdenziali come l’INPS – rappresentano spesso la componente più gravosa dell’indebitamento per aziende e professionisti. Una gestione inadeguata di queste esposizioni può portare a misure esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi) e persino a responsabilità personali per amministratori o soci. Negli ultimi anni, il legislatore italiano ha introdotto numerosi strumenti per consentire ai contribuenti in difficoltà di ristrutturare il debito tributario ed evitare il tracollo finanziario, bilanciando la tutela dell’Erario con l’esigenza di preservare la continuità d’impresa e il lavoro.
Questa guida, aggiornata a maggio 2025, offre una panoramica avanzata e dettagliata delle soluzioni disponibili per predisporre un piano di rientro del debito verso l’Agenzia delle Entrate. Il taglio è giuridico ma divulgativo, pensato per avvocati, commercialisti e imprenditori che necessitino di indicazioni operative concrete. Verranno esaminati sia gli strumenti giudiziali previsti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – quali piani di risanamento, accordi di ristrutturazione e procedure concorsuali – sia le soluzioni amministrative o stragiudiziali offerte dalla normativa fiscale – come le rateizzazioni, le definizioni agevolate (ad esempio la rottamazione delle cartelle o il saldo e stralcio) e altre misure di “pace fiscale”. Particolare attenzione sarà dedicata al trattamento delle varie tipologie di debiti (IVA, imposte sui redditi, contributi previdenziali, etc.) e alle differenze legate alla natura del contribuente (società di capitali, ditte individuali, professionisti, enti non commerciali, ecc.).
Nel corso dell’esposizione forniremo spiegazioni tecniche e commenti alle norme, richiamando la giurisprudenza più recente e i chiarimenti ufficiali (circolari, prassi) ove rilevanti. Saranno inoltre presentate alcune simulazioni pratiche, con esempi di piani di rientro e relative tabelle, per illustrare come applicare concretamente i diversi strumenti nelle situazioni tipo. Infine, una sezione di FAQ – Domande frequenti chiarirà i dubbi operativi più comuni. In appendice troverete un elenco delle principali fonti normative e giurisprudenziali citate, così da poter approfondire ogni aspetto.
Avvertenza: la disciplina della riscossione e delle procedure concorsuali è soggetta a frequenti modifiche. Si raccomanda pertanto di verificare sempre le normative vigenti al momento specifico e di valutare ogni posizione debitoria con professionisti qualificati. Questa guida riflette lo stato dell’arte a maggio 2025, includendo le novità introdotte dalle riforme più recenti.
Quadro Normativo e Strumenti di Ristrutturazione del Debito Fiscale
La gestione dei debiti tributari in situazioni di crisi richiede di muoversi su due piani paralleli: (1) quello delle procedure concorsuali o negoziali previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), che consentono di affrontare globalmente l’indebitamento (inclusi i debiti fiscali) sotto il controllo o con l’ausilio dell’Autorità giudiziaria; (2) quello degli strumenti amministrativi di definizione del debito messi a disposizione dalla normativa fiscale, utilizzabili anche in via autonoma al di fuori o prima di una procedura concorsuale. Di seguito analizzeremo entrambi i profili in dettaglio.
Evoluzione normativa: dalla Legge Fallimentare al Codice della Crisi
Prima di addentrarci nei singoli strumenti, è utile inquadrare brevemente l’evoluzione normativa. Sotto la vecchia Legge Fallimentare (R.D. 267/1942), i debiti verso l’Erario godevano di un trattamento particolarmente rigoroso, essendo considerati crediti privilegiati da soddisfare con precedenza. In caso di fallimento, le imposte come l’IVA e le ritenute non versate venivano infatti ammesse allo stato passivo in privilegio generale sui beni mobili fino a un certo limite temporale (tipicamente gli ultimi 1-2 anni, ex art. 2777 c.c.), mentre la parte più risalente del debito fiscale degradava a chirografaria (senza prelazione). Inoltre, nella vigenza della Legge Fallimentare, era ammessa in modo limitato la possibilità di trattare parzialmente i debiti fiscali nell’ambito di concordati preventivi: dal 2005 esisteva l’istituto della transazione fiscale (art. 182-ter L.F.), che consentiva al debitore in concordato o accordo di ristrutturazione di proporre il pagamento parziale/dilazionato di tributi e contributi. Tuttavia, la normativa previgente imponeva vincoli stringenti (ad esempio l’obbligo di pagamento integrale dell’IVA e delle ritenute fiscali, considerati tributi “inescusabili”) e non contemplava la possibilità di imporre il piano all’Erario senza il suo consenso.
Con il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), introdotto con D.Lgs. 14/2019 e pienamente entrato in vigore dal 15 luglio 2022, il quadro è mutato in senso più favorevole alla composizione negoziata della crisi. Il CCII ha espressamente riconosciuto e disciplinato la transazione fiscale e contributiva in tutte le principali procedure (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, nonché – da ultimo – anche nella composizione negoziata), delineando al contempo condizioni per un’adesione forzosa del Fisco (il c.d. cram-down fiscale) qualora il piano proposto offra sufficienti garanzie di soddisfacimento. Il Codice, come modificato dai correttivi del 2022 e 2023, ha recepito la Direttiva UE 2019/1023 in materia di ristrutturazione, introducendo strumenti nuovi (come il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione) e abbandonando l’originario sistema di allerta obbligatoria a favore di approcci più flessibili. In sintesi, oggi l’ordinamento prevede una gamma articolata di opzioni: dalle soluzioni concorsuali giudiziali a quelle negoziali stragiudiziali, passando per misure amministrative agevolative varate con leggi speciali (le cosiddette “pacificazioni fiscali”). Nel prosieguo esamineremo ciascuna tipologia.
Strumenti offerti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza
Il Codice della Crisi (CCII) contempla vari strumenti giuridici che un imprenditore o debitore in difficoltà può attivare per ristrutturare il proprio debito, inclusi i debiti verso il Fisco. Tali procedure, essendo soggette all’approvazione o all’omologazione da parte del tribunale, consentono – in presenza dei presupposti di legge – di imporre un trattamento anche parzialmente satisfattivo ai creditori pubblici (Erario e enti previdenziali), superando il loro eventuale dissenso, a condizione di rispettare determinate garanzie (in primis la convenienza economica rispetto all’alternativa liquidatoria). Passiamo in rassegna i principali strumenti concorsuali/negoziali:
1. Concordato Preventivo – È la procedura concorsuale per eccellenza, prevista dagli artt. 84-118 CCII, che consente all’imprenditore insolvente o in crisi di proporre ai creditori un piano per evitare la liquidazione fallimentare. Nel concordato preventivo si distingue tra:
- Concordato in continuità aziendale (art. 84 co.2 CCII): prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa, eventualmente mediante ristrutturazione o cessione dell’azienda in esercizio.
- Concordato liquidatorio (art. 84 co.3 CCII): comporta la cessazione dell’attività e la liquidazione del patrimonio, eventualmente con la cessione dell’azienda “pezzo per pezzo”.
Trattamento dei debiti fiscali nel concordato: Il CCII consente di includere i debiti tributari e previdenziali nel piano di concordato, ma con regole diverse a seconda del tipo di concordato:
- Concordato in continuità: L’art. 88 CCII ammette espressamente che il piano preveda una transazione fiscale per tributi e contributi. Ciò significa che il debitore può proporre il pagamento parziale e/o dilazionato di tali debiti (inclusi IVA, imposte dirette, contributi INPS, ecc.), purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione fallimentare. In altri termini, occorre garantire all’Erario e agli enti previdenziali almeno l’importo che essi recupererebbero esercitando le loro cause di prelazione sui beni del debitore in uno scenario liquidatorio. Tale importo minimo viene calcolato stimando il valore di realizzo dei beni su cui gravano eventuali privilegi fiscali (stima asseverata dal professionista indipendente attestatore). Il Codice impone inoltre specifiche regole di distribuzione del valore nel concordato in continuità: i) Una quota di patrimonio pari al valore di liquidazione deve essere destinata ai creditori secondo le prelazioni (principio di priorità assoluta su quella parte). Ciò implica che i crediti tributari privilegiati (es. IVA e ritenute degli ultimi anni) vanno soddisfatti integralmente almeno entro il limite coperto dal valore di liquidazione dei beni gravati. ii) L’eventuale surplus di valore generato dalla continuazione dell’attività (valore aggiuntivo rispetto a una liquidazione immediata) può essere distribuito con priorità relativa. In pratica, sul valore eccedente il mero valore di liquidazione, non è necessario che il Fisco venga soddisfatto integralmente prima degli altri: è sufficiente che i crediti pubblici di pari grado siano trattati in modo paritario rispetto agli altri crediti di grado equivalente, e preferenziale rispetto a quelli di grado inferiore. Questa è una deroga al principio tradizionale di prevalenza assoluta dei creditori privilegiati, introdotta proprio per facilitare i concordati in continuità dove si punta a creare nuovo valore. Un esempio: l’IVA e le ritenute privilegiate ex art. 2777 c.c. (di norma per i tributi degli ultimi 3 anni) devono essere pagate almeno nei limiti coperti dal valore di liquidazione, ma per l’importo eccedente tale valore è ammesso un pagamento solo parziale (falcidia), purché il trattamento non pregiudichi il Fisco rispetto agli altri chirografari. Ovviamente, il piano deve essere accompagnato dalla relazione di un professionista indipendente (attestatore) che certifichi la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economico-giuridica della proposta, attestando in particolare la convenienza del piano per il Fisco rispetto all’alternativa del fallimento. Se il piano di concordato con continuità rispetta questi requisiti, il tribunale può omologarlo anche contro il parere contrario dell’Amministrazione finanziaria, applicando il cosiddetto cram-down fiscale. In effetti, il CCII prevede che, se il piano è approvato dalle altre classi di creditori richieste dalla legge, il tribunale possa omologare d’ufficio il concordato nonostante il voto negativo del Fisco o dell’INPS, a condizione che sia assicurato il soddisfacimento minimo dei crediti erariali (indicativamente almeno il 30% del loro valore, percentuale elevabile al 40% in talune circostanze) e che l’offerta sia comunque più vantaggiosa per l’Erario rispetto alla liquidazione. In tal caso, la transazione fiscale si intende efficacie erga omnes anche senza il consenso dell’ente. Questo meccanismo, innovativo, evita che un singolo diniego dell’Amministrazione precluda soluzioni concordatarie vantaggiose nel complesso. Va notato che il requisito del 30% minimo per il cram-down fiscale deriva dall’orientamento legislativo e giurisprudenziale formatosi negli ultimi anni e codificato nelle norme: ad esempio, la Cassazione civile ha confermato la legittimità dell’omologazione forzosa del concordato con transazione fiscale quando risulti rispettata la convenienza del Fisco rispetto al fallimento.
- Concordato liquidatorio: In un concordato con mero scopo liquidatorio (cessione dei beni senza prosecuzione dell’attività), il margine di manovra per tagliare il debito fiscale è più ridotto. Il piano liquidatorio deve destinare tutto l’attivo ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (vige il principio della priorità assoluta senza eccezioni). Pertanto, i crediti privilegiati – inclusi quelli tributari privilegiati – assorbiranno interamente il ricavato dei beni su cui vantano prelazione, fino a concorrenza del loro ammontare. Ne consegue che nel concordato liquidatorio una vera e propria falcidia del capitale dei tributi privilegiati non è normalmente ammessa (se non in caso di rinuncia volontaria dell’ente creditore), perché equivarrebbe a offrire al Fisco meno di quanto otterrebbe in una liquidazione fallimentare. In pratica, la transazione fiscale nel concordato liquidatorio si risolve per lo più in una dilazione di pagamento (il piano può prevedere il realizzo degli asset entro 2-3 anni) e nell’stralcio di sanzioni e interessi, più che in un abbattimento del tributo in sé. Solo l’eventuale parte del debito fiscale chirografario (quella non coperta da privilegi) può essere pagata parzialmente. In definitiva, nel concordato liquidatorio il Fisco va soddisfatto integralmente sul valore di liquidazione relativo ai crediti privilegiati, mentre sul resto del debito (privo di garanzie) può accettare un pagamento parziale.
Un importante effetto comune a tutti i concordati preventivi è la protezione offerta al debitore: la presentazione del ricorso per concordato comporta per legge la sospensione delle azioni esecutive individuali dei creditori (automatic stay) ai sensi dell’art. 94 CCII. Ciò si applica anche alle procedure coattive di Agenzia Entrate-Riscossione e degli enti previdenziali. Dunque, dall’ammissione alla procedura concordataria, nuovi pignoramenti, ipoteche o fermi amministrativi sono inibiti, e quelli in corso rimangono congelati. Inoltre, l’omologazione del concordato con transazione fiscale produce l’estinzione delle sanzioni amministrative tributarie relative ai debiti inclusi nel piano e la cessazione dei contenziosi tributari pendenti su tali somme (previa rinuncia del debitore alle liti), se ciò è previsto dal piano. In sostanza, con l’omologa il debito fiscale della società viene “cristallizzato” secondo le previsioni del piano: la parte che il piano non prevede di pagare resta definitivamente cancellata nei confronti della società debitrice. (Attenzione: la definitiva cancellazione opera per la società o l’impresa in concordato; per eventuali coobbligati o garanti il discorso è diverso, e le somme non versate potrebbero essere ancora esigibili nei loro confronti, salvo diverse statuizioni).
2. Accordi di Ristrutturazione dei Debiti (ARD) – Previsti dagli artt. 57-64 CCII, gli accordi di ristrutturazione sono strumenti di composizione negoziale che pur avendo natura privatistica godono di efficacia giuridica una volta omologati dal tribunale. Consistono in un accordo tra il debitore e una parte significativa dei creditori, che deve rappresentare almeno il 60% dei crediti totali. A differenza del concordato, l’ARD non coinvolge automaticamente tutti i creditori: quelli che non aderiscono rimangono estranei (e il debitore deve pagarli per intero, a meno che si attivino meccanismi di estensione). Il vantaggio è una procedura più snella e meno costosa del concordato.
Nel contesto degli ARD, il CCII – aggiornato dai correttivi – consente di includere una transazione fiscale e contributiva analoga a quella del concordato. In pratica, il debitore può chiedere all’Erario e agli enti previdenziali di aderire all’accordo accettando il pagamento parziale/dilazionato dei loro crediti. Per essere efficace, la transazione fiscale va formalmente sottoscritta dall’Amministrazione (rappresentata da Agenzia delle Entrate o Agenzia Entrate-Riscossione per le cartelle, e dall’INPS per i contributi) entro i termini dell’accordo. Il Codice prevede anche qui un meccanismo di cram-down fiscale specifico: se l’adesione del Fisco non risulta determinante ai fini del 60% (cioè se la soglia di consenso sarebbe raggiunta comunque con gli altri creditori), il tribunale può omologare l’accordo anche in assenza del consenso espresso dell’Erario. In tal caso, i termini della proposta di transazione fiscale contenuti nell’accordo diventano vincolanti per il Fisco. Viceversa, se senza il credito erariale non si raggiunge la maggioranza qualificata, il debitore dovrà necessariamente ottenere il consenso dell’Erario per poter perfezionare l’accordo. Questa limitazione al cram-down è stata introdotta per legge nel 2023, riducendo gli spazi di omologazione forzosa negli accordi quando il voto del Fisco è determinante. In sintesi: negli accordi di ristrutturazione, il Fisco può essere “forzato” solo se rappresenta una quota minoritaria del totale crediti e gli altri creditori approvano in misura sufficiente l’accordo.
Le proposte di transazione fiscale nell’ambito degli accordi seguono gli stessi principi visti per il concordato: devono garantire al creditore pubblico un trattamento almeno pari o migliore di quello ottenibile sul ricavato in caso di liquidazione e un certo livello di soddisfacimento minimo. Anche qui sono possibili dilazioni e stralci di sanzioni/interessi, mentre per il capitale IVA o contributi privilegiati valgono i limiti di legge (obbligo di pareggio almeno sul valore di liquidazione). Una novità organizzativa da segnalare: dal 1° novembre 2024 è operativo presso l’Agenzia delle Entrate un apposito “Ufficio Crisi d’Impresa”, competente a esprimere il parere e sottoscrivere le transazioni fiscali proposte negli accordi di ristrutturazione e nelle procedure concorsuali. Ciò centralizza le decisioni in materia, uniformando la gestione dei casi più complessi.
3. Piano Attestato di Risanamento – Disciplinato dall’art. 56 CCII (già art. 67 L.F.), è un accordo privatistico tra il debitore e i suoi creditori volto al risanamento dell’esposizione debitoria, accompagnato dall’attestazione di un professionista indipendente sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano. Il piano attestato non richiede omologazione giudiziale né soglie di adesione predeterminate: è sostanzialmente un accordo volontario con i creditori (tipicamente banche) che viene pubblicato nel Registro delle Imprese per conferirgli efficacia esimente da azioni revocatorie fallimentari. Importante: in un piano attestato il debitore non può imporre ai creditori pubblici riduzioni unilaterali del debito fiscale. L’Erario non è infatti vincolato da un piano attestato se non aderisce formalmente. Quindi, eventuali debiti tributari vanno gestiti mediante gli strumenti ordinari: ad esempio il debitore, parallelamente al piano attestato, potrà chiedere una rateizzazione delle cartelle esattoriali o aderire a eventuali definizioni agevolate di legge (come una rottamazione in corso), ma non può da sé ridurre importi dovuti al Fisco. Il piano attestato è utile per ristrutturare debiti bancari e commerciali mantenendo riservatezza e flessibilità, ma sul fronte fiscale richiede comunque un accordo separato con il Fisco (anche di tipo amministrativo). In pratica, se l’esposizione tributaria è significativa, il piano attestato da solo potrebbe non bastare a risolverla, salvo integrarlo con richieste di dilazione o con versamenti parziali concordati.
4. Composizione Negoziata della Crisi – Introdotta nel 2021 (D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021) e confluita nel CCII (artt. 12-25 CCII), la composizione negoziata è una procedura volontaria e confidenziale in cui l’imprenditore in crisi, senza essere ancora in insolvenza irreversibile, può richiedere l’affiancamento di un esperto indipendente per cercare un accordo con i creditori. Non è una procedura concorsuale in sé, ma un percorso di trattativa assistita. Durante la composizione negoziata, il debitore può chiedere misure protettive del patrimonio (moratoria delle azioni esecutive, autorizzata dal tribunale) mentre negozia con i creditori. Anche in questa sede, grazie alle riforme recenti, è possibile coinvolgere i crediti fiscali: l’art. 23 co. 2-bis CCII (introdotto dal correttivo D.Lgs. 83/2022) prevede la possibilità di proporre una transazione fiscale “in composizione negoziata”. In pratica, l’imprenditore può sottoporre all’Agenzia delle Entrate e agli enti previdenziali un accordo stragiudiziale di ristrutturazione dei debiti tributari, corredato da una relazione dell’esperto che asseveri la convenienza per il Fisco dell’accordo proposto. Se l’Erario (e l’INPS, se del caso) aderiscono volontariamente alla proposta entro 90 giorni, l’accordo fiscale diviene efficace e può essere omologato insieme agli eventuali accordi con altri creditori. Diversamente dal concordato, qui non c’è un voto né un cram-down giudiziale: la transazione in composizione negoziata richiede il consenso dell’Erario (transazione fiscale light). Tuttavia, la normativa agevola tali intese, prevedendo iter semplificati. Ad esempio, l’esperto può segnalare all’Agenzia delle Entrate la sostenibilità del piano, e l’Agenzia è chiamata a valutare celermente la proposta (sono istituite apposite strutture tecniche). La composizione negoziata è quindi un’opzione interessante per imprese che vogliono anticipare la crisi e trovare un accordo col Fisco senza passare da una procedura concorsuale formale. Resta inteso che, durante le trattative, il debitore può anche ottenere dal tribunale delle misure protettive temporanee per evitare che il Fisco (o altri creditori) attivino nel frattempo azioni esecutive: ad esempio, si può sospendere un’istanza di fallimento o bloccare nuovi pignoramenti per la durata della negoziazione (di regola fino a 180 giorni).
5. Procedure di sovraindebitamento (Concordato minore e Piano del consumatore) – Il Codice della Crisi ha riordinato le procedure destinate ai debitori non fallibili, cioè a quelle categorie che non rientrano tra gli imprenditori commerciali assoggettabili al fallimento/liquidazione giudiziale (piccoli imprenditori sotto soglia, imprenditori agricoli, professionisti, consumatori, start-up innovative, enti non commerciali, ecc.). Le vecchie procedure previste dalla L. 3/2012 (accordo di composizione, piano del consumatore, liquidazione del patrimonio) sono state sostituite da due strumenti principali: il Concordato minore e la Ristrutturazione dei debiti del consumatore, oltre alla Liquidazione controllata (analoga al vecchio esdebitamento).
- Concordato minore (artt. 74-83 CCII): è l’equivalente semplificato del concordato preventivo per i debitori “minori” (imprese sotto le soglie di fallibilità e altri debitori non fallibili, esclusi i consumatori). Vi partecipano tutti i creditori e il piano è sottoposto a votazione (sono richieste maggioranze più basse rispetto al concordato ordinario). Anche nel concordato minore il debitore può proporre stralci dei debiti tributari e contributivi, con l’eventuale adesione degli enti o perfino in mancanza di essa. È prevista espressamente la transazione fiscale e contributiva anche in questa sede, con l’obbligo di assicurare al Fisco un pagamento non inferiore a quello ottenibile sul ricavato di una liquidazione (principio di convenienza). In pratica valgono criteri analoghi a quelli del concordato preventivo: i crediti fiscali privilegiati mantengono la prelazione sul valore liquidatorio, mentre per la parte chirografaria si possono offrire percentuali ridotte. La differenza è che, essendo un concordato “minore”, le somme in gioco di solito sono inferiori e le complessità minori, ma il tribunale vigila comunque sul rispetto dei principi di tutela del creditore pubblico. Se le maggioranze di creditori richieste approvano il piano, il concordato minore viene omologato e diventa vincolante per tutti i creditori coinvolti, Erario incluso (anche qui con possibilità di omologazione forzosa in caso di dissenso irragionevole).
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73 CCII): è lo strumento riservato alla persona fisica consumatore sovraindebitato (che non abbia debiti da attività d’impresa). Si tratta di un piano del consumatore riveduto e corretto: il debitore propone un piano di pagamento parziale dei propri debiti, che non è sottoposto al voto dei creditori ma viene valutato e omologato direttamente dal tribunale se giudicato fattibile e tale da soddisfare equamente i creditori. Anche qui possono essere inclusi i debiti tributari e contributivi, prevedendone il pagamento parziale. In assenza di voto, è il giudice che verifica che la proposta non sia pregiudizievole per il Fisco (ossia che il trattamento del Fisco sia almeno proporzionato rispetto a quello degli altri creditori e migliore di quanto il Fisco otterrebbe in un’alternativa liquidatoria). Se il tribunale ritiene soddisfatte le condizioni, omologa il piano anche se l’Erario non è consenziente – e il piano diviene vincolante per tutti. Di fatto, il piano del consumatore permette un cram-down giudiziale molto incisivo: non essendoci votazione, il contribuente pubblico non può opporsi se il piano è equo. Ciò offre una possibilità di esdebitazione significativa per persone fisiche oberate da debiti fiscali (si pensi a ex imprenditori che hanno garantito debiti IVA, oppure professionisti con cartelle esattoriali).
In entrambe queste procedure di sovraindebitamento, il trattamento dei debiti fiscali segue il principio generale del mantenimento dei privilegi: i tributi dotati di privilegio generale (come IVA recente, ritenute, contributi) hanno diritto di prelazione sulle eventuali somme destinate ai creditori e vanno soddisfatti prioritariamente su quelle. Ad esempio, se un consumatore proprietario di un immobile propone di vendere l’immobile per pagare parzialmente i debiti, l’Erario con privilegio (es. un’IVA non versata degli ultimi anni) prenderà precedenza sul ricavato fino alla concorrenza del suo privilegio, e solo l’eventuale eccedenza potrà andare ai creditori chirografari. Tuttavia, la parte di debito fiscale non coperta da garanzie può essere tagliata anche drasticamente, con liberazione finale del debitore: al termine della procedura il giudice cancella i debiti residui secondo le regole dell’esdebitazione (salvo che il debitore vi abbia dolosamente contribuito). È dunque uno strumento potente per il fresh start della persona sovraindebitata.
Un aspetto interessante è che nel concordato minore il tribunale può omologare il piano anche in caso di voto contrario del Fisco, purché ritenga la proposta vantaggiosa e non inferiore al ricavabile in liquidazione. Analogamente, nel piano del consumatore il giudice può disregard le opposizioni se valuta la soluzione equa. Ciò significa che per i piccoli imprenditori e i privati c’è in un certo senso una maggiore morbidezza: l’ordinamento riconosce che un “imprenditore sfortunato” merita un’opportunità di liberarsi dai debiti, compresi quelli fiscali, purché faccia uno sforzo ragionevole e dimostri buona fede. Per contro, per le società più strutturate il legislatore tende a richiedere maggior rigore e l’interlocuzione diretta del Fisco.
Nota sugli imprenditori agricoli e altri non fallibili: gli imprenditori agricoli, pur essendo esclusi dal fallimento (art. 1 LF, confermato dal nuovo art. 121 CCII), possono accedere a queste procedure minori. Ad esempio, un’azienda agricola in crisi con debiti IVA e IMU potrà presentare un concordato minore (se titolare di partita IVA agricola) o un piano del consumatore (se persona fisica) per gestirli. I principi rimangono gli stessi: niente fallimento, ma si può ottenere l’omologa di un piano con stralcio dei debiti tributari, purché sia rispettata la convenienza per il Fisco. Da notare che alcuni tributi locali come l’IMU agricola non sono attualmente falcidiabili per mancanza di norma (vedi oltre), quindi in un piano occorrerà prevederne il pagamento integrale a meno di accordi ad hoc con l’ente locale.
Tabella 1 – Principali strumenti di ristrutturazione del debito fiscale (giudiziali vs stragiudiziali)
Strumento | Normativa | Chi può accedervi | Effetti sui debiti fiscali | Vantaggi | Svantaggi/Limitazioni |
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Concordato Preventivo (continuità o liquidatorio) | Artt. 84-118 CCII | Imprese in stato di crisi o insolvenza (soggette a fallimento). | Transazione fiscale possibile: pagamento parziale/dilazionato di imposte e contributi con stralcio sanzioni/interessi. Obbligo di garantire almeno il valore di realizzo per crediti privilegiati. Cram-down fiscale se piano conveniente. | Sospende azioni esecutive; può cancellare debiti non pagati a fine procedura; tutela continuità (in caso di concordato in continuità). | Procedura complessa e pubblica; richiede maggioranze di voto; costi significativi; il piano deve soddisfare requisiti legali stringenti (es. percentuali minime al Fisco in caso di cram-down). |
Accordo di Ristrutturazione dei Debiti (ARD) | Artt. 57-64 CCII | Imprese in crisi (soggette a fallimento) e anche debitori non fallibili (forme semplificate). | Transazione fiscale possibile se Fisco aderisce. Necessario accordo con ≥60% crediti. Cram-down fiscale limitato: possibile se consenso ≥60% raggiunto al netto del Fisco. Debiti tributari di creditori non aderenti restano fuori (vanno pagati integralmente). | Rapido e riservato (meno formale del concordato); focus su creditori principali; omologazione vincola anche dissenzienti aderenti. | Richiede accordo individuale col Fisco o soddisfacimento integrale in mancanza; non coinvolge automaticamente tutti i creditori (rischio azioni da estranei); efficacia condizionata all’omologazione tribunale. |
Piano Attestato di Risanamento | Art. 56 CCII | Imprese in temporanea difficoltà (anche non insolventi). | Nessun vincolo per il Fisco se non aderisce: si possono solo usare strumenti ordinari (es. rateazione) parallelamente. Serve accordo volontario col Fisco per eventuali dilazioni. | Strutturato su base privata, non pubblica; evita stigma del tribunale; flessibile nei contenuti; protegge da revocatorie atti eseguiti secondo piano. | Non offre protezione dalle azioni esecutive (salvo accordi); i creditori non aderenti non sono vincolati; il Fisco può agire se non soddisfatto; nessuna falcidia coattiva possibile. |
Composizione Negoziata | Artt. 12-25 CCII | Imprese (anche medio-piccole) in pre-crisi (squilibrio patrimoniale/finanziario ma attività ancora recuperabile). | Possibile transazione fiscale stragiudiziale con perizia esperto (art. 23 co.2-bis): il Fisco può accettare stralci/dilazioni su base volontaria. Misure protettive su istanza bloccano temporaneamente le azioni esecutive. | Confidenziale e preventiva; consente di negoziare con Fisco ed altri con l’assistenza di un esperto; evita insolvenza conclamata; possibile moratoria legale durante le trattative. | Nessun vincolo sui dissenzienti (serve accordo); se il Fisco non aderisce, niente stralcio forzato; durata limitata (proroghe max ~6 mesi); costi dell’esperto e incertezza esito. |
Concordato Minore (sovraindebitamento) | Artt. 74-83 CCII | Debitori non fallibili con debiti anche d’impresa (piccoli imprenditori, startup, enti non comm., ecc.). No consumatori. | Transazione fiscale ammessa con criteri analoghi al concordato preventivo. Voto dei creditori ridotto (maggioranza semplice). Cram-down giudiziale possibile se piano equo e conveniente per Fisco. | Procedura semplificata; consente stralcio anche di imposte e contributi con omologa giudice; adatta a piccole realtà; cancella debiti residui post omologa. | Per debiti di entità limitata; comunque pubblica; richiede almeno un minimo di pagamento ai creditori privilegiati sul valore liquidatorio; giudice valuta fattibilità e buona fede del debitore con rigore. |
Piano del Consumatore (Ristrutturazione debiti consumatore) | Artt. 67-73 CCII | Persone fisiche consumatrici (debiti privati, non professionali). | Include debiti fiscali senza consenso Fisco (niente voto). Giudice omologa se ritiene il piano non peggiorativo per i creditori rispetto ad alternative. Possibile forte stralcio di imposte, con priorità comunque ai crediti privilegiati su eventuali attivi. | Nessun quorum richiesto; protegge la persona sovraindebitata; giudice può adattare il piano alla situazione; debiti residui cancellati a fine procedura (salvo dolo). | Riservato a chi non ha debiti professionali; deve essere meritevole (no colpa grave del debitore nell’indebitamento); soggetto a verifica di sostenibilità delle spese di vita; il piano non può prevedere trattamenti discriminatori tra crediti similari. |
Strumenti amministrativi di definizione del debito tributario
Parallelamente alle procedure sopra descritte, l’ordinamento fiscale prevede varie soluzioni amministrative che consentono al contribuente di regolarizzare i debiti con l’Erario senza ricorrere a una procedura concorsuale. Questi strumenti, spesso attivati su richiesta del debitore o per effetto di leggi speciali, permettono in genere di ottenere dilazioni di pagamento e, in taluni casi, riduzioni di sanzioni e interessi o del capitale dovuto. È importante sottolineare che gli istituti amministrativi possono essere utilizzati anche durante o in preparazione di una procedura concorsuale: ad esempio, un’impresa potrebbe chiedere una rateizzazione delle cartelle per stabilizzare la situazione e poi valutare se presentare un concordato; oppure aderire a una “rottamazione” per abbattere il monte debitorio prima di proporre un accordo ai creditori. Vediamo in dettaglio i principali strumenti:
1. Rateizzazione ordinaria delle cartelle esattoriali – Prevista dall’art. 19 del D.P.R. 602/1973, consente al contribuente con debiti iscritti a ruolo (cartelle di pagamento emesse dall’Agenzia Entrate-Riscossione, avvisi esecutivi, ecc.) di ottenere un piano di pagamento a rate mensili. La disciplina è stata recentemente riformata: con le modifiche entrate in vigore dal 1° gennaio 2025 (D.Lgs. 29/07/2024 n. 110, in attuazione della delega fiscale), le condizioni di accesso sono divenute più favorevoli. In sintesi:
- Importi fino a €120.000 per singola istanza: la rateizzazione è concessa su semplice richiesta del debitore, senza necessità di dimostrare lo stato di difficoltà economica. È sufficiente barrare nell’istanza di chiedere la dilazione per “temporanea situazione di obiettiva difficoltà”. A decorrere dal 2025, il numero massimo di rate concedibili senza documentazione è aumentato a 84 rate mensili (7 anni) per le richieste presentate nel 2025-2026. Tale limite salirà progressivamente a 96 rate per le richieste nel 2027-2028 e a 108 rate dal 2029. In passato il tetto standard era 72 rate (6 anni), poi portato a 72 rate per debiti fino a 120mila euro fino al 2024. Dunque, dal 2025 c’è un’estensione significativa dei piani possibili. La rata minima resta €50. Le rate possono essere costanti oppure crescenti (su opzione del debitore) per venire incontro a chi prevede un incremento di reddito nel tempo.
- Importi superiori a €120.000 (o richieste di più di 84/96/108 rate): in questi casi, per ottenere la dilazione occorre presentare una richiesta documentata, provando lo stato di difficoltà finanziaria. Anche i debiti sotto €120.000 per i quali si desideri un numero di rate superiore al massimale “automatico” (es. 100 rate anziché 84 nel 2025) richiedono documentazione. Le regole introdotte dal MEF (Decreto 27 dicembre 2024 attuativo del D.Lgs. 110/2024) prevedono che: le persone fisiche e ditte individuali in contabilità semplificata alleghino l’ISEE del nucleo familiare; gli altri soggetti (società, enti) alleghino dati contabili per calcolare indici finanziari (ad es. un Indice di Liquidità e il cosiddetto Indice Alfa che correla debito e fatturato). Tali parametri serviranno a valutare la “temporanea situazione di obiettiva difficoltà” e determinare il numero massimo di rate concedibili. Se i requisiti sono soddisfatti, l’agente della riscossione può concedere piani fino a 120 rate mensili (10 anni). In particolare, con documentazione adeguata, si può ottenere: fino a 120 rate anche per debiti oltre €120.000; per debiti ≤€120.000, piani da 85 fino a 120 rate se richiesti nel 2025-2026 (97-120 rate se richiesti 2027-28, ecc., in parallelo con sopra).
- Mancato pagamento delle rate e decadenza: Il beneficio della rateizzazione decade (cioè il piano viene annullato) se il debitore omette il pagamento di un certo numero di rate, anche non consecutive. Tale numero è stato ampliato dalle recenti normative: per le dilazioni concesse dal 16 luglio 2022 in poi, la decadenza scatta al mancato pagamento di 8 rate (anziché le 5 rate previste in precedenza). Questo vale anche per i piani richiesti dal 2025 in poi: se si saltano 8 rate (anche non in ordine), il piano viene revocato. Da notare che durante la rateizzazione i termini di prescrizione sono sospesi e l’Agente della Riscossione non attiva nuove procedure esecutive, purché si rimanga in regola. Se però si decade dal piano, l’intero debito residuo diviene immediatamente esigibile e l’Agente può riprendere le azioni di recupero. In caso di decadenza, non è più possibile ottenere un nuovo piano per quei carichi salvo pagare prima tutte le rate scadute: per i piani concessi dopo il 2022 non è ammessa la riedizione automatica del piano decaduto, ma resta possibile chiedere una dilazione su altri debiti eventualmente non ancora rateizzati.
La rateizzazione amministrativa è uno strumento fondamentale, perché diluisce l’impatto finanziario del debito tributario e consente al contribuente di ottenere documenti di regolarità contributiva (DURC) durante il pagamento. Infatti, un debitore che abbia un piano di rate in corso e in regola è considerato adempiente ai fini del DURC e non subisce ulteriori misure esecutive. I piani possono anche essere prorogati: la legge consente una proroga (una volta sola) se il debitore si trova ancora in difficoltà e ha pagato almeno il 10% delle rate, potendo estendere fino a 120 rate totali (previa domanda motivata). Con le novità del 2025, la gestione è più flessibile e informatica: le domande semplici si presentano online tramite l’area riservata di Agenzia Entrate-Riscossione (servizio “Rateizza adesso” con SPID/CIE) senza necessità di intermediari.
2. Definizioni agevolate (“Rottamazioni” delle cartelle) – Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto diverse misure straordinarie di definizione agevolata dei ruoli, comunemente chiamate “rottamazione delle cartelle”. Si tratta di provvedimenti che consentono ai contribuenti di estinguere i debiti iscritti a ruolo pagando solo una parte di essi, tipicamente l’imposta o contributo base e una quota limitata di interessi, con stralcio delle sanzioni e degli interessi di mora. In pratica, è un “condono” parziale sulle somme dovute. Dal 2016 ad oggi si sono succedute più edizioni: Rottamazione I (DL 193/2016), II (DL 148/2017), Ter (DL 119/2018), Quater (L. 197/2022, commi 231-252) e alcune varianti come il “Saldo e Stralcio” 2019 per soggetti in difficoltà (vedi punto seguente).
L’ultima edizione attualmente in corso è la Rottamazione-quater prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022). Eccone i tratti salienti:
- Ambito temporale dei debiti: la rottamazione-quater riguarda i carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Include quindi cartelle esattoriali relative a imposte statali (IVA, IRPEF, IRES), contributi previdenziali INPS, tributi locali e altre entrate, purché il ruolo sia stato trasmesso entro metà 2022.
- Beneficio offerto: pagando integralmente il capitale dovuto e le spese esecutive/di notifica, vengono abbonati tutti gli interessi di mora, le sanzioni e gli interessi iscritti nei ruoli. Per le multe stradali, ci si limita allo stralcio degli interessi e delle maggiorazioni. Il risparmio per il contribuente è spesso consistente (possono essere ridotti anche oltre il 30-40% dell’importo lordo originario). Ad esempio, un commerciante con vecchie cartelle IVA e IRAP ha potuto, con la rottamazione 2023, sgravarsi di sanzioni e interessi, pagando solo l’imposta base.
- Pagamento rateale: la definizione agevolata può essere diluita in un massimo di 18 rate in 5 anni. Il calendario fissato dalla legge prevede due rate nel 2023 (luglio e ottobre 2023, poi prorogate entrambe al 31 ottobre 2023), quattro rate per ciascuno degli anni 2024 e 2025 (scadenze fine febbraio, maggio, luglio, novembre) e così via fino al 2027. È anche possibile pagare in un’unica soluzione entro la prima scadenza. Sulle rate successive alla prima sono dovuti interessi al 2% annuo. Importante: per mantenere i benefici, le rate devono essere pagate puntualmente, con un lieve margine di tolleranza (5 giorni) oltre la scadenza.
- Adesione e decadenza: per usufruire della rottamazione-quater occorreva presentare domanda entro il termine (originariamente 30 aprile 2023, poi prorogato al 30 giugno 2023). L’Agenzia Riscossione invia al contribuente un prospetto con l’ammontare dovuto ripulito da sanzioni e interessi e i bollettini di pagamento. Se il contribuente non paga una delle rate entro il termine (con la tolleranza suddetta) decade dal beneficio: in tal caso, la definizione si annulla e il debito residuo torna integralmente dovuto con le sanzioni e gli interessi originari (al netto di quanto versato). Tuttavia, dati i numeri coinvolti, il Governo ha introdotto misure di riammissione: chi è decaduto per non aver pagato le rate 2023 è stato ammesso a presentare un’istanza entro il 30 aprile 2024 e saldare gli arretrati entro luglio 2024, per riattivare la rottamazione. Inoltre, è stata prevista un’ulteriore possibilità per chi decadrà entro il 2024: una riammissione straordinaria con domanda entro il 30 aprile 2025, a fronte del pagamento delle rate scadute entro quella data. L’Agenzia Entrate-Riscossione ha attivato a tal fine un servizio online (“Riammissione Rottamazione-quater”). Una volta riammesso, il contribuente riceverà un nuovo piano rate aggiornato al 2025. Queste proroghe testimoniano la volontà di dare quante più chance possibile ai contribuenti di portare a termine il percorso agevolato.
- Effetti della rottamazione: l’adesione perfezionata alla definizione agevolata comporta la sospensione immediata di tutte le procedure di riscossione coattiva sui debiti definendi. Inoltre, finché il piano è in essere e il contribuente è in regola, non possono essere intraprese nuove azioni esecutive e viene rilasciato il DURC regolare (Documento Unico di Regolarità Contributiva). Al termine del pagamento, il debito si intende estinto e vengono revocate eventuali ipoteche, fermi o pignoramenti in corso. Viceversa, in caso di decadenza definitiva, l’agente della riscossione riprenderà l’attività di recupero e non saranno più possibili altre rottamazioni per quei carichi.
La Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) non ha introdotto una nuova ondata di rottamazione (ipotizzata “quinquies”). Alcuni emendamenti parlamentari avevano proposto una Rottamazione-quinquies per i ruoli affidati nel 2023, ma la misura non è stata approvata. Pertanto, al maggio 2025, la rottamazione-quater rimane l’unica definizione agevolata attiva, con possibilità di riammissione come detto. Ciò non esclude che in futuro possano esservi nuove edizioni (storicamente, le rottamazioni sono state replicate più volte), ma allo stato attuale chi ha debiti dal 1° luglio 2022 in avanti non dispone di un condono analogo e dovrà gestirli tramite gli strumenti ordinari (rateazioni, eventuali futuri provvedimenti, o concorsuali se necessario).
3. Saldo e Stralcio per contribuenti in difficoltà – Oltre alle rottamazioni “ordinarie” aperte a tutti, nel 2019 fu introdotta una misura speciale denominata Saldo e Stralcio (art. 1 commi 184-198 L. 145/2018). Essa consentiva alle persone fisiche in comprovata grave difficoltà economica di estinguere i debiti fiscali iscritti a ruolo versando solo una percentuale del dovuto (incluso capitale) compresa tra il 16% e il 35%, a seconda dell’ISEE del nucleo familiare. In particolare, potevano accedere i contribuenti con ISEE fino a €20.000 e riguardava solo i carichi affidati dal 2000 al 2017 già ricompresi in precedenti rottamazioni non perfezionate. Il saldo e stralcio 2019 fu una misura una tantum: la scadenza per la domanda era il 30 aprile 2019. Essa rispecchiava l’idea di far pagare un importo simbolico (ad esempio il 16%) ai più indigenti, cancellando tutto il resto. Non sono state riproposte in seguito analoghe misure di saldo e stralcio generalizzate, anche se la rottamazione-quater del 2023 di fatto ha previsto per i contribuenti decaduti da precedenti rottamazioni una sanatoria simile (pagamento del solo capitale senza sanzioni/interessi, quindi uno stralcio integrale di quelle componenti). Ad oggi, non esistono programmi di saldo e stralcio attivi basati sull’ISEE; eventuali nuove edizioni dovrebbero essere previste da future leggi di bilancio o decreti.
4. Stralcio automatico dei piccoli debiti – Una misura rilevante per completezza è lo stralcio dei mini-ruoli fino €1.000 introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, commi 222-229). Questa norma ha disposto l’annullamento automatico di tutti i debiti di importo residuo fino a €1.000 affidati al riscossore tra il 2000 e il 2015. Il calcolo di €1.000 includeva capitale, interessi e sanzioni al 1° gennaio 2023; l’annullamento è avvenuto al 31 marzo 2023 senza necessità di domanda, salvo che per i carichi degli enti diversi dallo Stato (Comuni, etc.) che potevano escludere l’adesione. Questo provvedimento ha liberato moltissimi contribuenti da vecchi micro-debiti (vecchie multe, tasse locali) ormai in gran parte inesigibili. Pur non essendo un “piano di rientro” in senso stretto (poiché è un condono integrale per importi modesti), va menzionato perché rappresenta un tassello della gestione del debito fiscale. Chi aveva cartelle entro €1.000 in quegli anni ha visto lo stralcio automatico (salvo diversa scelta dell’ente locale per le proprie entrate, ad esempio alcuni Comuni hanno escluso lo stralcio delle multe).
5. Definizione agevolata delle controversie tributarie – Sempre nel quadro della “tregua fiscale” 2023, il legislatore ha offerto ai contribuenti con contenziosi tributari pendenti la chance di chiuderli pagando una parte del valore in lite. In particolare, la L. 197/2022 ha previsto: la definizione agevolata delle liti pendenti con l’Agenzia delle Entrate (art. 1 commi 186-205), consistente nel pagamento di un importo percentuale del valore della controversia (ad es. il 90% se si è ancora in primo grado, ridotto al 40% se si è vinto nel merito in primo grado, al 15% se si è già vinto in secondo grado, ecc.). Per le liti di importo fino a €50.000 vi era una definizione integrale al 5%. La scadenza per aderire era il 30 giugno 2023. Strumenti simili sono stati offerti per la conciliazione agevolata delle liti e per il ravvedimento speciale (sanatoria di alcune violazioni formali o dichiarative). L’utilità di queste misure, per la nostra tematica, è che permettono di ridurre il debito fiscale potenziale prima che diventi definitivo ed affidato a riscossione. Ad esempio, un’azienda con un contenzioso per un avviso di accertamento da 100.000 euro poteva definire la lite pagando, poniamo, 40.000 euro, evitando così di ritrovarsi una cartella a pieno importo in caso di sconfitta in giudizio. Pertanto, nelle strategie di rientro dal debito tributario, vanno considerate anche queste opportunità di definire il debito a monte, quando disponibili.
Tabella 2 – Strumenti amministrativi di gestione e riduzione del debito verso Agenzia Entrate
Strumento | Norma di riferimento | Tipologia di debito coinvolto | Beneficio principale | Condizioni chiave | Stato (2025) |
---|---|---|---|---|---|
Rateizzazione ordinaria (piano dilazione) | Art. 19 DPR 602/1973 (mod. D.Lgs 110/2024) | Debiti iscritti a ruolo (cartelle, avvisi esecutivi) di qualsiasi natura (tributi erariali, contributi INPS delegati alla riscossione, multe, ecc.) | Pagamento dilazionato fino a 10 anni. Nessuno stralcio di somme, ma congelamento sanzioni aggiuntive e stop azioni esecutive durante il piano. DURC regolare pendente il pagamento. | ≤ €120k: concessione automatica, fino 84 rate (2025); > €120k o piani > standard: necessaria prova difficoltà (ISEE o indici). Decadenza se 8 rate non pagate. | Attivo (strumento permanente). Condizioni migliorate dal 2025 (più rate senza documenti, decadenza 8 rate). |
Definizione agevolata (“Rottamazione”) | L. 197/2022 (commi 231-252) – Rottamazione-quater; precedenti: DL 193/2016, DL 148/2017, DL 119/2018 | Carichi a ruolo affidati in intervalli temporali specifici (per la quater: 2000-06/2022). Include tributi erariali, contributi, e anche entrate locali se l’ente aderisce. | Stralcio di sanzioni e interessi su cartelle. Pagamento solo del tributo e spese. Risparmio ~30-40% medio. Rate fino a 5 anni. Sospensione procedure esecutive e regolarità DURC durante il piano. | Necessaria presentazione istanza entro termini stabiliti (quater: entro 30/06/2023). Decadenza se mancato pagamento di una rata (5 gg tolleranza) – riammissioni straordinarie concesse fino al 2025. Occorre rinunciare ai contenziosi relativi ai debiti inclusi. | Attiva (quater in corso con rate 2023-2027). Futura: nessuna nuova definizione prevista al 2025 per debiti più recenti, ma possibili riaperture. |
Saldo e stralcio (persone fisiche) | L. 145/2018 (commi 184-198) | Carichi a ruolo 2000-2017 di persone fisiche con ISEE ≤ €20.000 (debiti fiscali e contributivi, esclusi però IVA e ritenute versate in qualità di sostituto d’imposta). | Pagamento di una percentuale ridotta del debito complessivo (16%, 20% o 35% a seconda dell’ISEE). Stralcio del restante capitale e interessi/sanzioni. | Richiesta entro 30/04/2019. Riservato a contribuenti in grave difficoltà (ISEE basso). Non applicabile a debiti IVA e ritenute non versate per disposizione UE (questi ultimi restavano rottamabili ma non ulteriormente riducibili). | Chiuso. Misura straordinaria non rinnovata. Per soggetti in difficoltà, attualmente rimangono solo gli strumenti concorsuali individuali (piano del consumatore, ecc.) per abbattere il carico fiscale. |
Stralcio mini-debiti ≤ €1.000 | L. 197/2022 (commi 222-229) | Carichi fino a €1.000 affidati 2000-2015. Coinvolti tributi statali e, su scelta, tributi locali. | Cancellazione totale del debito (capitale + sanzioni + interessi) per le quote di competenza statale; per enti locali, stralcio solo interessi e sanzioni se ente non ha deliberato diversamente. | Automatico al 31/03/2023, senza domanda. Debitore avvisato con comunicazione di avvenuto annullamento. | Concluso (attuato nel 2023). Ha ridotto i carichi pendenti minori pre-2015. |
Definizione liti fiscali pendenti | L. 197/2022 (commi 186-205) | Contenziosi tributari in corso (avverso Agenzia Entrate) di ogni livello e valore. | Chiusura della lite con pagamento di una quota del valore della controversia (dal 100% al 5% a seconda dell’esito delle fasi pregresse e del valore) in luogo dell’intero importo accertato. Stralcio sanzioni collegate. | Istanza entro 30/06/2023, con contestuale pagamento importo dovuto o prima rata. Richiesta rinuncia al ricorso/appello. Non applicabile a alcune materie (es. risorse UE). | Chiuso. Misura straordinaria. Ha permesso di ridurre potenziali debiti futuri (in caso di soccombenza) su base volontaria. |
Nota: Gli strumenti sopra possono in parte combinarsi. Ad esempio, un piccolo imprenditore può aver beneficiato dello stralcio automatico per i micro-debiti fino 2015, e rateizzare quelli successivi, oppure un’azienda in concordato può comunque inserire nel piano l’adesione alla rottamazione per alcune cartelle pregresse, riducendo così l’ammontare complessivo da soddisfare. È sempre necessario valutare caso per caso la strategia ottimale.
Tipologie di debito fiscale e loro trattamento nei piani di rientro
Non tutti i debiti verso l’Erario sono uguali: la natura del tributo o contributo influisce sul modo in cui può essere trattato in un piano di ristrutturazione. Di seguito esaminiamo le principali categorie di debito tributario/previdenziale e le peculiarità normative:
- IVA (Imposta sul Valore Aggiunto): È un’imposta comunitaria e gode di una tutela speciale. Sia nella normativa UE che in quella interna, l’IVA figura tra i crediti privilegiati “indisponibili”: ciò significa che in linea di principio non è ammessa la falcidia dell’IVA a meno che il Fisco non lo consenta espressamente nell’ambito di una transazione fiscale. In un concordato, come visto, l’IVA degli ultimi anni è creditrice privilegiata ex art. 2777 c.c. e deve essere soddisfatta almeno nei limiti del valore di liquidazione dei beni su cui insiste il privilegio. L’eventuale parte eccedente (IVA più vecchia, priva di privilegio) può subire decurtazioni, ma rimane il fatto che l’Erario normalmente non rinuncia facilmente al recupero dell’IVA considerandola “trust fund” (denaro che il contribuente ha incassato da terzi). In passato vigeva addirittura il divieto assoluto di falcidiare l’IVA nei concordati, superato poi da interventi normativi che hanno permesso la transazione fiscale anche sull’IVA purché lo Stato ottenga almeno quanto otterrebbe da una liquidazione. Fuori dalle procedure concorsuali, l’IVA si può rateizzare come qualsiasi imposta, ma non può essere oggetto di “saldo e stralcio” per difficoltà economica (nel 2019 l’IVA era espressamente esclusa dal Saldo e Stralcio). L’IVA rientra invece nelle rottamazioni: in quel contesto le sanzioni e interessi di mora su IVA vengono abbuonati, ma il capitale IVA deve essere versato integralmente (non c’è riduzione del tributo in sé). In sintesi: nessun condono sul principale IVA, salvo il caso estremo di falcidia concordataria giustificata dalla mancanza di capienza di attivi – scenario in cui comunque il giudice verifica che lo Stato prenda tutto il possibile.
- IRPEF e IRES (Imposte sui redditi): Riguardano sia l’imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi, sia le eventuali ritenute operate e non versate. Occorre distinguere: l’IRPEF/IRES dovuta dall’impresa sui propri redditi è un credito erariale che in caso di procedure concorsuali ha un privilegio generale limitato (art. 2752 c.c. assegna privilegio alle imposte dirette dovute nello stesso anno della procedura e quello precedente, credo, mentre il resto è chirografo). Le ritenute non versate (es. ritenute sui redditi di lavoro dipendente o autonomo che il datore di lavoro ha trattenuto ma non ha versato al Fisco) sono equiparate di fatto all’IVA come gravità: anch’esse sono crediti privilegiati (ex art. 2752 c.c.) e la loro omessa corresponsione è sanzionata penalmente (art. 10-bis D.Lgs. 74/2000). Nei piani di ristrutturazione, l’Erario tende ad esigere il pagamento prioritario delle ritenute non versate, trattandosi di somme “fiduciarie” prelevate ai dipendenti/terzi. Tuttavia, normativamente, anche le ritenute possono rientrare in una transazione fiscale: la legge 159/2020 (di conversione del DL 125/2020) ha eliminato il precedente veto che impediva di falcidiare IVA e ritenute in concordato, purché sia rispettato il criterio di convenienza. Quindi, in un concordato oggi si può teoricamente proporre di pagare solo parzialmente le ritenute, ma solo se non c’è capienza integrale nel patrimonio e comunque garantendo al Fisco il valore di liquidazione sui beni (simile discorso dell’IVA). Negli accordi stragiudiziali o rottamazioni, l’IRPEF/IRES e relative sanzioni seguono le regole generali: rottamabili (sconto sanzioni), rateizzabili. Attenzione però: le ritenute previdenziali non versate (contributi INPS trattenuti ai dipendenti) seguono logiche analoghe e hanno anche riflessi penali (art. 2 co.1-bis D.L. 463/1983 convertito da L. 638/1983 prevede reato se omesso versamento >€10.000 annui di ritenute INPS). Quindi debiti IRPEF e IRES possono essere ridotti in procedure giudiziali, specie per la parte non garantita da privilegi, mentre in via amministrativa l’unica riduzione possibile è attraverso definizioni agevolate (che però abbuonano solo sanzioni/interessi). In rottamazione-quater, ad esempio, un debito per IRPEF dichiarata e non versata è sanabile pagando il solo capitale e un minimo di interessi legali.
- Contributi previdenziali INPS e premi INAIL: I contributi obbligatori rientrano anch’essi tra i crediti privilegiati (privilegio generale ex art. 2753 c.c. per gli ultimi 2 anni, oltre eventuali privilegi speciali su beni aziendali). Nelle procedure concorsuali, i crediti contributivi possono essere oggetto di transazione contributiva, disciplinata dall’art. 63 CCII (in parallelo alla transazione fiscale). Ciò consente di proporre all’INPS un pagamento parziale/dilazionato analogamente a quanto si fa con il Fisco. Anche l’INPS – come l’Agenzia Entrate – valuta la convenienza rispetto alla liquidazione ed eventualmente aderisce. Va detto che la normativa sulla transazione contributiva ha avuto aggiornamenti: il decreto correttivo ter (D.Lgs. 136/2024) ha ulteriormente precisato le modalità, e l’INPS ha emanato il Messaggio n. 3553 del 25.10.2024 per chiarire la procedura. In sostanza, le proposte di transazione contributiva vanno presentate anche all’Agente della Riscossione se i crediti INPS sono già in cartella, e l’INPS deve esprimersi entro 90 giorni. Se l’accordo è omologato, vincola l’INPS e comporta l’inesigibilità della quota stralciata. Al di fuori delle procedure concorsuali, l’INPS consente rateizzazioni amministrative dei contributi accertati (fino 24 rate), ma per i crediti già passati a ruolo si segue la disciplina generale delle cartelle (quindi rateizzazioni AdER, rottamazioni, ecc., come per le imposte). Per i contributi vale una considerazione: l’omesso versamento di contributi dovuti per i lavoratori dipendenti può implicare responsabilità personali per gli amministratori (in sede civile, per violazione degli obblighi verso i dipendenti, e in sede penale per la parte ritenuta a carico del lavoratore). Dunque, è prassi del legislatore trattarli con rigore simile alle imposte. Ad esempio, il recente D.Lgs. 14/2023 n. 48 (decreto lavoro 2023) ha introdotto l’arresto fino a 2 anni per mancato versamento di ritenute previdenziali oltre €50.000 annui (nuovo art. 2 comma 1-ter DL 463/83). Questo contesto spiega perché l’INPS sia attento nelle transazioni: in genere pretende almeno il pagamento integrale dei contributi dovuti ai lavoratori, accettando semmai di falcidiare le sanzioni civili.
- Tributi locali e altre entrate pubbliche: Debiti come l’IMU, la TARI, le multe comunali ecc., se affidati all’Agenzia Entrate-Riscossione, possono essere rateizzati e rottamati come gli altri (se rientrano nei periodi previsti dalle norme). Tuttavia, nei piani concorsuali la loro gestione presenta un problema normativo: la transazione fiscale ex art. 63 CCII formalmente riguarda i tributi amministrati dallo Stato e gli enti previdenziali. Per i tributi locali e regionali (ad es. IMU, TARI, IRAP regionale ecc.), la legge delega aveva previsto l’emanazione di decreti attuativi per includerli nelle transazioni, ma tali decreti non sono stati ancora emanati al 2025. Ciò significa che, ad oggi, i crediti degli enti locali non possono essere falcidiati nelle procedure ordinarie salvo consenso dell’ente. In pratica, se un Comune è creditore in un concordato, occorrerà il suo voto favorevole e presumibilmente una delibera ad hoc per accettare un pagamento parziale, altrimenti va soddisfatto integralmente secondo il grado di privilegio (spesso chirografario per IMU oltre l’ultimo biennio). Questo è un limite non secondario: ad esempio, un piano di concordato che preveda di ridurre significativamente un debito IMU potrebbe trovare ostacoli se il Comune non ha base giuridica per aderire. In attesa di norme specifiche, la prudenza vuole che nei piani i tributi locali vengano trattati con cautela, prevedendo magari il pagamento integrale del capitale e chiedendo solo lo stralcio di interessi e sanzioni (cosa che l’ente locale potrebbe autonomamente concedere in analogia alle rottamazioni nazionali). Da segnalare che a livello di prassi si auspica un intervento per consentire anche ai Comuni di partecipare alle transazioni fiscali: attualmente, la bozza di decreto attuativo è in discussione.
- Sanzioni amministrative tributarie: Le sanzioni (per omessi versamenti, infedeltà dichiarative, ecc.) sono considerate crediti chirografari postergati nelle procedure concorsuali. Già la vecchia legge fallimentare prevedeva che le sanzioni fiscali fossero trattate in coda ai chirografari ordinari. Il CCII conferma che le sanzioni non godono di alcun privilegio e quindi possono essere liberamente falcidiate nei piani. Anzi, in caso di omologazione di un concordato con transazione fiscale, le sanzioni tributarie relative ai debiti compresi nel piano vengono annullate di diritto. Lo stesso avviene con l’adesione alle definizioni agevolate: ad es. rottamazione e saldo-stralcio prevedono esplicitamente la cancellazione di sanzioni (ed interessi). Quindi, ridurre o azzerare le sanzioni è spesso la parte “facile” di un piano di rientro fiscale: lo strumento legislativo o concorsuale prescelto di solito lo consente. Il vero nodo resta il tributo in sé e gli interessi legali. Un piano efficace tenderà sempre a eliminare le sanzioni (che gravano per il 30% o più del carico), concentrando le risorse sul pagamento del capitale dovuto.
- Interessi di mora: Gli interessi maturati sui debiti a ruolo (interessi di mora, interessi da ritardata iscrizione) possono anch’essi essere oggetto di stralcio nelle definizioni agevolate (le rottamazioni li eliminano totalmente). Nei piani concorsuali, gli interessi chirografari maturati dopo l’apertura della procedura non sono dovuti (art. 153 CCII), mentre quelli anteriori possono essere falcidiati come gli altri crediti chirografari. I crediti privilegiati invece maturano interessi nei limiti della capienza dei beni su cui insiste il privilegio. In pratica, negli scenari di ristrutturazione raramente si pagano interamente gli interessi di mora pregressi: o vengono abbuonati per legge (in rottamazione) o compressi dalla mancanza di capienza. Soltanto se l’impresa è pienamente solvibile pagherà anche gli interessi, ma a quel punto non avrebbe bisogno di una procedura.
In definitiva, un piano di ristrutturazione del debito dovrà tenere conto della gerarchia dei crediti fiscali e contributivi: al top della scala ci sono IVA e ritenute recenti e contributi, che detengono privilegi e talora implicazioni penali (per cui si cerca di soddisfarli il più possibile); seguono le imposte dirette ordinarie con privilegio parziale; poi le imposte più risalenti e le sanzioni, che sono la parte più facilmente sacrificabile. Questa gerarchia riflette la volontà del legislatore di proteggere le entrate pubbliche “fiduciarie” (IVA e ritenute) e quelle legate al lavoro dipendente (contributi), in modo da scoraggiare condotte opportunistiche degli imprenditori in crisi (come usare l’IVA incassata per finanziare l’azienda, o non pagare i contributi dei dipendenti per fare cassa).
Differenze in base alla categoria di contribuente
La strategia ottimale per ristrutturare il debito con l’Agenzia delle Entrate può variare notevolmente a seconda della forma giuridica e delle caratteristiche del debitore. Società di capitali, società di persone, ditte individuali, professionisti o enti non commerciali hanno status giuridici differenti e accedono a strumenti in parte diversi. Analizziamo le principali categorie:
- Società di capitali (S.p.A., S.r.l., S.a.p.a.): Trattasi di soggetti dotati di personalità giuridica e responsabilità patrimoniale limitata al capitale sociale. In caso di insolvenza, sono assoggettabili alle procedure concorsuali ordinarie (liquidazione giudiziale ex fallimento, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, ecc.). Per una società di capitali con debiti fiscali rilevanti, le opzioni includono: la rateizzazione amministrativa se la crisi è temporanea e si vuole evitare procedure giudiziarie; oppure un concordato preventivo se serve una falcidia del debito e protezione dai creditori; ovvero un accordo di ristrutturazione se vi è accordo con banche e principali creditori (incluso l’Erario). Le società di capitali non possono accedere al “concordato minore” o al “piano del consumatore”, riservati ai non fallibili, ma possono utilizzare la composizione negoziata se non ancora insolventi per tentare una soluzione stragiudiziale. Un punto critico per le società di capitali è il possibile coinvolgimento dei garanti personali: spesso i soci o amministratori rilasciano fideiussioni su debiti fiscali (meno comune) o su debiti bancari, e se la società riduce il proprio debito, il Fisco potrebbe comunque escutere i garanti (se ci sono). Tuttavia, generalmente i debiti tributari non hanno garanti personali, salvo casi particolari (es. un accordo transattivo precedente). Un altro profilo: i soci non rispondono dei debiti sociali, ma esistono circostanze eccezionali di responsabilità personale degli amministratori o liquidatori per debiti fiscali societari – ad esempio, il liquidatore di una società può essere chiamato a rispondere dei debiti tributari della liquidazione se ha ripartito attivo ai soci lasciando impagate imposte dovute (art. 2495 c.c. e art. 36 D.P.R. 602/1973). Anche l’amministratore che, in presenza di ritenute non versate, abbia destinato risorse della società ad altri pagamenti potrebbe essere coinvolto, quantomeno in sede penale. Pertanto, la società di capitali deve agire per tutelare gli organi sociali: una ristrutturazione concordataria ben congegnata che assicuri il pagamento di IVA e ritenute può prevenire contestazioni di tipo penale e civile verso gli amministratori.
- Società di persone (S.n.c., S.a.s.): Qui la caratteristica è la responsabilità illimitata e solidale dei soci (illimitata per tutti i soci nelle S.n.c., per i soli accomandatari nelle S.a.s.) per le obbligazioni sociali, comprese quelle tributarie. L’insolvenza di una società di persone porta tipicamente al fallimento in estensione anche dei soci illimitatamente responsabili. Nel CCII ciò rimane: la liquidazione giudiziale della società comporta la liquidazione anche del patrimonio dei soci. In un contesto del genere, ristrutturare il debito fiscale può richiedere un approccio duplice: salvare la società e al contempo tutelare i soci. Ad esempio, i soci potrebbero accedere personalmente a un concordato minore o a un piano del consumatore per il proprio debito derivante dalla responsabilità sociale, parallelo al concordato preventivo della società. Oppure, si può tentare un accordo di ristrutturazione che vincoli il Fisco sia verso la società che verso i soci (facendo aderire anche i soci come coobbligati). Non c’è una regola rigida: spesso la soluzione è liquidare la società e gestire i debiti dei soci attraverso le procedure di sovraindebitamento. Da notare che i soci illimitatamente responsabili non beneficiano dell’esdebitazione automatica della società in concordato: se la società in concordato paga il 50% al Fisco e il resto viene stralciato, il Fisco potrebbe richiedere ai soci illimitatamente responsabili la differenza, a meno che questi siano stati parte dell’accordo/transazione (per esempio, se anche i soci erano debitori in solido nel ruolo, la rottamazione copre pure loro). Dunque è cruciale coinvolgere i soci nelle trattative col Fisco. Le società di persone possono accedere alla composizione negoziata (anche le imprese minori e agricole vi accedono) e in teoria al concordato minore se rientrano nei parametri (art. 1 CCII definisce parametri dimensionali: ≤ €300k attivo, ≤ €200k ricavi, ≤ €500k debiti, per l’esclusione dalla liquidazione giudiziale). Se li superano, restano soggette a concordato preventivo classico.
- Ditte individuali (imprenditori individuali): Se l’imprenditore individuale supera i limiti di fallibilità (attivi > €300k, ricavi > €200k, debiti > €500k – valori attuali del CCII), in caso di insolvenza è trattato come un’impresa fallibile e accede a concordato preventivo, ecc. Se invece è sotto soglia, è un piccolo imprenditore e può usare gli strumenti di sovraindebitamento (concordato minore) come soggetto non fallibile. Molte ditte individuali rientrano nella seconda categoria. Per loro, il concordato minore è l’equivalente del concordato preventivo, e spesso più efficace poiché consente l’omologa anche con eventuale dissenso del Fisco, come visto. Un imprenditore individuale può anche accedere al piano del consumatore se i debiti sono in gran parte estranei all’attività di impresa (es. debiti personali, fiscali post-cessazione attività, ecc.). La scelta va ponderata: ad esempio, un artigiano con debiti fiscali potrebbe preferire il concordato minore per trattare globalmente i debiti d’impresa. In entrambi i casi, la persona fisica rischia sul proprio patrimonio personale. Uno dei vantaggi delle procedure di sovraindebitamento per l’individuo è l’esdebitazione finale: dopo aver adempiuto il piano o la liquidazione, ottiene la liberazione dai debiti residui non soddisfatti (salvo eccezioni per debiti di natura alimentare, da dolo, ecc.). I debiti fiscali rientrano nell’esdebitazione, quindi un imprenditore individuale che abbia pagato, ad esempio, il 30% dell’IVA e non possa dare di più, potrà ottenere la cancellazione del restante 70% con l’omologa (cosa che per una società di capitali avviene pure, ma senza coinvolgere l’imprenditore al di fuori del patrimonio sociale).
- Lavoratori autonomi e professionisti (con partita IVA individuale): Costituiscono una categoria particolare. Da un lato, non sono imprenditori commerciali (salvo che svolgano anche attività di impresa oltre la libera professione), quindi non falliscono. Dall’altro, hanno debiti fiscali professionali (IVA, IRPEF) spesso cospicui ma non hanno accesso al “piano del consumatore” se i debiti attengono all’attività professionale. La soluzione per un professionista insolvente è normalmente il concordato minore (se ha più creditori) o un accordo di composizione (ormai inglobato anch’esso nel concordato minore con voto). Può presentare una proposta di concordato minore offrendo ciò che può – ad esempio, pagamento parziale dilazionato con redditi futuri, o liquidazione di alcuni beni – e ottenere lo stralcio del resto con l’omologa. In queste procedure, come detto, il giudice può imporre il piano al Fisco se lo ritiene equo. Un vantaggio per i professionisti è che spesso la loro principale risorsa è la capacità di produrre reddito: i piani possono articolarsi in pagamento di parte dei debiti con rate semestrali prelevate dal reddito professionale, con monitoraggio del OCC (Organismo di Composizione della Crisi). Questo approccio negoziale, calibrato sul cash flow del professionista, è possibile e in genere l’Agenzia delle Entrate vi aderisce se le prospettive di incasso sono maggiori rispetto a ipotesi di aggressione forzata (dove rischierebbe di non riscuotere nulla per mancanza di beni aggredibili, specie se l’unica fonte è il lavoro). In alternativa, il professionista potrebbe valutare la rateizzazione fiscale ordinaria se la situazione non è di insolvenza conclamata ma di temporanea difficoltà: ad esempio, un commercialista con €50.000 di debiti IVA può chiedere 6 anni di rate senza procedure concorsuali, evitando così di arrivare al sovraindebitamento giudiziale. D’altra parte, se il debito è enorme e l’attività non consente di pagarlo interamente neppure a rate, il concordato minore appare la via per tagliare la parte eccedente e ripartire.
- Enti non commerciali e ONLUS: Hanno personalità giuridica (associazioni riconosciute, fondazioni) o meno (associazioni non riconosciute). Non sono imprenditori commerciali di regola (a meno svolgano anche attività commerciale significativa), quindi se sovraindebitati possono usare gli strumenti ex L.3/2012 ora CCII: concordato minore se hanno più creditori, o piano del consumatore se addirittura qualificabili come “consumatori” (caso raro). Per esempio, un’associazione culturale con debiti IVA per gestione di eventi è comunque un ente non fallibile; potrà quindi proporre un concordato minore per ridurre i debiti fiscali. La presenza di eventuali soci garanti dipenderà dallo statuto – di solito no, il che li avvicina alle società di capitali per distacco tra patrimonio dell’ente e persone. In assenza di procedure, possono comunque aderire a rottamazioni e rateizzazioni come qualsiasi contribuente.
Tabella 3 – Applicabilità degli strumenti in base alla categoria di debitore
Categoria Contribuente | Procedura concorsuale/negoziale accessibile | Strumenti amministrativi utilizzabili | Note peculiari |
---|---|---|---|
Società di capitali (SRL, SPA…) | Concordato preventivo; Accordo ristrutturazione; Composizione negoziata; Liquidazione giudiziale (fallimento). No concordato minore/piano consumatore. | Rateazione cartelle; Rottamazioni; (Saldo/stralcio se previsto da legge); Definizioni liti. | Soci non responsabili dei debiti fiscali, ma possibili responsabilità di liquidatori se mal ripartito attivo. Importante pagare IVA/ritenute per evitare rischi penali su amministratori. DURC rilasciato se società ha rate/rottamazione in corso. |
Società di persone (SNC, SAS) | Concordato preventivo (se sopra soglie fallibilità) con estensione soci; altrimenti Concordato minore (se sotto soglie); Liquidazione giudiziale con soci; Sovraindebitamento soci parallelamente. | Rateazione; Rottamazione ecc. (sia per società che per soci, questi ultimi come coobbligati). | Soci illimitatamente responsabili per debito fiscale sociale. Necessario coordinare il piano società con situazione soci (es: prevedere copertura debiti residui dei soci tramite loro patrimonio o procedure personali). |
Ditta individuale (impresa individuale) | Se fallibile: Concordato preventivo, ecc. Se non fallibile: Concordato minore; Piano consumatore (se debiti non principalmente d’impresa); Liquidazione controllata. | Rateazione; Rottamazione ecc. come persona fisica titolare (debiti spesso a nome del titolare). | Patrimonio unico impresa-persona: il piano concorsuale copre entrambi. Può ottenere esdebitazione personale dopo liquidazione controllata. Se prosegue attività, concordato minore può prevedere rientro col reddito futuro. |
Professionista (es. avvocato, medico) | Concordato minore (debiti professionali non pagati); Piano del consumatore (se la maggior parte dei debiti non è verso fornitori professionali ma personali, es. fisco per redditi privati); Liquidazione controllata. | Rateazione; Rottamazione cartelle personali; Definizione liti (ad es. liti su IRPEF). | Non fallibile. Se debiti soprattutto fiscali per la sua attività, niente piano consumatore ma concordato minore. Può includere in piano la cessione di quota di redditi futuri. Debiti versamenti previdenziali casse private non passano da AdER (ma quelle vanno negoziate con casse stesse). |
Consumatore (privato non imprenditore/professionista) | Ristrutturazione debiti consumatore (piano consumatore); Liquidazione controllata; Esdebitazione del sovraindebitato (a fine liquidazione). | Rateazione cartelle (per debiti come multe, tasse auto, ecc.); Rottamazione; Stralcio mini-debiti. | Tipicamente debiti fiscali da seconda casa, successioni, multe. Piano consumatore cancella debiti eccedenti la sua capacità di pagamento. Giudice molto protettivo se sovraindebitamento non colposo. |
Ente non commerciale (associazione, fondazione) | Concordato minore (se più creditori); Piano consumatore (se debiti non da attività economica? di solito no, meglio concordato minore); Liquidazione controllata (equiparata a sovraindebitamento). | Rateazione; Rottamazione (se affidati a ruolo); Definizioni agevolate. | Se ente dotato di personalità, responsabile solo l’ente (amministratori rispondono solo se dolo o violazioni statuto). Debiti fiscali spesso connessi a IVA/IMU su attività marginali: possibili trattative col Comune per tributi locali. |
(Tabella 3: indicativa – possono esserci eccezioni a seconda dei casi specifici; ad es. una start-up innovativa pur sopra soglia non è fallibile per 4 anni, quindi seguirebbe le procedure da sovraindebitamento.)
In generale, società e imprese strutturate privilegeranno l’uso di strumenti concorsuali del CCII se l’obiettivo è ridurre il debito fiscale in modo significativo, mentre persone fisiche e piccole attività potranno ricorrere alle procedure di sovraindebitamento o alle definizioni agevolate. È buona prassi, per ogni categoria, valutare dapprima le soluzioni amministrative semplificate (dilazioni e rottamazioni) perché meno onerose e stigmatizzanti, riservando l’accesso al tribunale ai casi di conclamata eccedenza del debito rispetto alle capacità del contribuente.
Profili penali e responsabilità connessi ai debiti fiscali
Un piano di ristrutturazione del debito fiscale non può trascurare le possibili ricadute penali derivanti dall’omesso versamento di talune imposte o contributi. L’ordinamento italiano prevede specifici reati tributari “omissivi”, punendo chi non versa entro le scadenze somme dovute di particolare rilievo. È fondamentale capire come la predisposizione di un piano di rientro (e l’eventuale adempimento successivo) interagisca con queste fattispecie penali, sia per gestire i rischi per l’imprenditore sia per cogliere eventuali opportunità di esimente.
I reati tributari omissivi principali sono due, disciplinati dal D.Lgs. 74/2000:
- Omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis): scatta quando l’imprenditore non versa, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale, le ritenute fiscali operate su stipendi e compensi per un importo superiore a €150.000 per periodo d’imposta. In pratica, se in un anno si trattengono sui dipendenti (o sui collaboratori) più di 150k di ritenute IRPEF e non le si versa al Fisco entro il 30 settembre dell’anno successivo (termine per il 770), si configura il reato.
- Omesso versamento di IVA (art. 10-ter): scatta quando non si versa l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine (attualmente il 27 dicembre dell’anno successivo, ora spostato al 31 dicembre) per un importo superiore a €250.000. Ad esempio, se da dichiarazione IVA 2024 risulta un debito IVA di 300k e non viene versato entro il 27/12/2025 (ora 31/12/2025), l’imprenditore commette reato.
Questi reati sono puniti con la reclusione fino a 3 anni e mirano a colpire la condotta di chi utilizza le somme dovute al Fisco per altri scopi. Fino a tempi recenti, la giurisprudenza è stata molto rigorosa: lo stato di crisi d’impresa o di illiquidità non esonerava dall’elemento soggettivo del dolo, se non in casi eccezionali di forza maggiore. In altre parole, il fatto di avere difficoltà finanziarie non valeva come scusa: la Cassazione ha affermato ripetutamente che la scelta di non pagare IVA o ritenute – pur in crisi – è comunque volontaria (dovendosi semmai ridurre altre spese). Ad esempio, pagare i fornitori o i dipendenti al posto dell’IVA è stata considerata una decisione imprenditoriale consapevole, quindi dolosa ai fini penali. In particolare, con riferimento alle ritenute non versate all’INPS, la Cassazione a fine 2024 ha ribadito che anche una grave crisi aziendale non esenta l’imprenditore da responsabilità se ha comunque omesso i versamenti obbligatori, salvo provare una situazione di assoluta impossibilità.
Tuttavia, c’è una importante novità normativa: in attuazione della delega della L. 111/2023, è stato emanato il D.Lgs. 14 giugno 2024 n. 87 che ha riformato il sistema sanzionatorio tributario. Tra le modifiche vi è l’introduzione di una specifica causa di non punibilità per i reati di omesso versamento IVA e ritenute quando l’omissione dipende da cause non imputabili al contribuente. In particolare, il nuovo art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 stabilisce che i reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter “non sono punibili se il mancato pagamento è dovuto a crisi di liquidità non transitoria causata da fattori estranei alla volontà dell’imprenditore”. La norma elenca criteri che il giudice deve considerare, ad esempio: l’inesigibilità di crediti di importo rilevante per insolvenza altrui, ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione, l’impossibilità di ottenere finanziamenti ponte per far fronte al debito. Insomma, se l’imprenditore dimostra che non ha versato IVA/ritenute perché impossibilitato in concreto, nonostante abbia tentato ogni misura ragionevole (taglio costi, ricerca di credito, ecc.), viene meno l’elemento soggettivo del reato e egli non è punibile. Questa è una svolta significativa, perché sposta l’attenzione dalla semplice omissione all’effettiva colpevolezza del comportamento (distinguere “imprenditore sfortunato” da “evasore doloso” come osservato anche dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 175/2022 e 51/2023). Ovviamente, l’onere della prova di queste circostanze grava sulla difesa, e il giudice valuterà con rigore caso per caso. Ma è un riconoscimento normativo che la crisi genuina può scusare il mancato pagamento fiscale.
Il medesimo D.Lgs. 87/2024 ha rafforzato inoltre le cause di non punibilità per avvenuto pagamento del debito tributario. Già esisteva l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 che esclude la punibilità se i debiti tributari relativi ai reati sono pagati integralmente prima del dibattimento. Ora è confermato che il pagamento integrale, anche tardivo e anche in forma rateale, del debito tributario estingue il reato (se avviene prima dell’apertura del dibattimento). Se avviene dopo ma prima della sentenza, comporta una diminuzione di pena fino alla metà. Questo evidenzia l’importanza di includere nei piani di ristrutturazione l’obiettivo di soddisfare il più possibile i debiti fiscali, perché così facendo l’imprenditore può evitare conseguenze penali. Ad esempio, se un imprenditore imputato per omesso versamento IVA riesce, tramite un concordato o accordo, a versare tutto l’IVA (magari in parte falcidiando sanzioni), usufruirà della non punibilità ex art. 13.
Ancora, il D.Lgs. 87/2024 ha differito il momento consumativo del reato di omesso versamento IVA: ora la soglia di €250.000 si valuta al 31 dicembre dell’anno successivo (prima era 27 dicembre). Questo concede qualche giorno in più al contribuente per regolarizzare, riducendo i casi di superamento soglia per un soffio. Inoltre, è stato previsto che l’adesione a un piano di rateizzazione del debito tributario (anche concordato nel contesto di procedure concorsuali) impedisce il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. In pratica, se il contribuente sta pagando a rate il debito d’imposta (che sia con AdER o tramite un concordato omologato), l’autorità giudiziaria non potrà sequestrargli beni per garantire il credito erariale, finché rimane in regola col piano. Questa è una tutela non da poco: evita che, mentre l’azienda rispetta un piano di rientro magari in concordato, si veda bloccare conti o immobili dai PM per sicurezza, cosa che comprometterebbe la stessa esecuzione del piano.
In sintesi, dal punto di vista penale, un buon piano di ristrutturazione dei debiti con Agenzia Entrate dovrebbe considerare:
- Prioritizzazione dei versamenti “penalmente rilevanti”: se c’è IVA non versata oltre soglia o ritenute, è fondamentale prevedere nel piano il loro pagamento integrale o almeno sopra soglia entro i termini utili. Ad esempio, regolarizzare entro l’anno successivo per evitare lo scatto del reato, o comunque prima di un eventuale dibattimento. Se ciò non è possibile, bisogna almeno predisporre la difesa secondo i parametri del D.Lgs. 87/2024, documentando perché non si poteva pagare.
- Adempimento anche dilazionato, ma certo: entrare in rottamazione o rateazione e rispettare il piano offre un doppio beneficio: niente sequestro penale e, se completato il pagamento, estinzione del reato. Ad esempio, un amministratore con imputazione ex art. 10-ter che versa tutto l’importo via rate concordatarie potrà ottenere sentenza di proscioglimento per avvenuto pagamento.
- Coordinamento con organi penali: se c’è un procedimento penale in corso, informare il tribunale penale dell’esistenza di un concordato o accordo in esecuzione può essere utile per evitare misure cautelari (il giudice può apprezzare la proattività del debitore nel sanare la posizione). Con il nuovo art. 13 citato, il giudice dovrà tenere conto del pagamento avvenuto e non potrà applicare confisca definitiva se il debito è estinto.
Va ricordato che restano esclusi da questi benefici i casi di frode fiscale (dichiarazioni false, utilizzo di fatture false, ecc.): quelli sono reati diversi (artt. 2-5 D.Lgs.74/2000) e un piano di rientro tardivo non estingue il reato, benché possa influire positivamente in sede di determinazione della pena. Qui ci focaliamo sugli omessi versamenti.
Un altro profilo da citare è la possibile responsabilità personale in ambito civile-amministrativo: la legge consente in alcune situazioni all’Erario di agire contro l’amministratore personalmente, come menzionato sopra per i liquidatori (art. 36 DPR 602/73). Inoltre, se vi sono state distrazioni di beni sociali a danno del Fisco, in caso di fallimento i curatori potrebbero avviare azioni di responsabilità. Ad esempio, amministratori che abbiano aggravato il dissesto non pagando tributi e accumulando sanzioni potrebbero essere chiamati a rispondere verso la massa fallimentare. Anche per questo, un accordo con il Fisco formalizzato in un concordato può blindare la posizione: se il Fisco accetta il piano o viene soddisfatto secondo legge, difficilmente potrà poi sostenere in altra sede che l’amministratore è colpevole di mala gestio per non aver pagato integralmente.
Conclusione sul punto penale: l’evoluzione normativa recente appare premiante verso l’imprenditore che collabora e cerca soluzioni per regolarizzare i debiti fiscali. Un piano di ristrutturazione ben riuscito non solo salva l’azienda dal punto di vista economico, ma può “bonificare” la posizione penale dell’imprenditore, trasformando quella che era una violazione in un adempimento seppur tardivo, tale da evitare condanne. Invece, ignorare il problema fiscale espone al doppio rischio: fallimentare (per l’insolvenza) e penale. Pertanto, il messaggio ai contribuenti è chiaro: affrontare per tempo i debiti con Agenzia Entrate attraverso gli strumenti offerti (dilazioni, concordati, transazioni) è non solo auspicabile per l’azienda, ma anche per mettere in sicurezza la propria libertà personale.
Simulazioni pratiche di piani di rientro dal debito fiscale
Dopo l’analisi teorica, presentiamo di seguito alcuni casi pratici che simulano l’applicazione degli strumenti descritti. Si tratta di esempi semplificati ma basati su situazioni ricorrenti, utili a comprendere come costruire un piano di ristrutturazione e quali risultati ci si può attendere.
Caso 1: S.r.l. industriale in crisi con forte debito IVA
Situazione: Alfa S.r.l., società manifatturiera di medie dimensioni (50 dipendenti, fatturato €5M), ha accumulato debiti verso l’Erario per €800.000, di cui €300.000 di IVA non versata negli ultimi 2 anni, €200.000 di ritenute IRPEF dipendenti non versate (ultimi 2 anni), e €300.000 tra IRES e IRAP di anni precedenti. Inoltre ha €500.000 di debiti verso banche e fornitori. L’azienda è in tensione finanziaria ma potrebbe risanarsi con nuova finanza e ristrutturazione. Gli amministratori rischiano implicazioni penali per IVA/ritenute.
Opzione: Viene deciso di ricorrere a un concordato preventivo con continuità aziendale con transazione fiscale e contributiva. Il piano prevede l’ingresso di un investitore disposto a immettere €400.000 di finanza fresca per supportare la continuità. Si stima che in caso di liquidazione la società riuscirebbe a pagare solo i debiti privilegiati per circa il 40% del loro valore.
- Proposta ai creditori: Pagamento integrale dei debiti IVA e ritenute entro il valore di liquidazione (€500.000 * 40% ≈ €200.000 destinati pro-quota a IVA e ritenute privilegiate) e ulteriore 20% sulla parte chirografaria del debito fiscale. In concreto: IVA €300k e ritenute €200k (totale €500k) sono privilegiati; dal valore di liquidazione destinato ai privilegi verranno soddisfatti con circa €200k (quindi ~40%), il residuo di questi crediti (~60%) diventa chirografo e verrà pagato al 20%. I restanti €300k di IRES/IRAP (chirografari già in partenza) verranno pagati anch’essi al 20%. Quindi al Fisco andrà: €200k sui privilegi + €((500k*0.6 + 300k)*0.2) = €200k + €(300k+300k 0.2) = €200k + €( (300k0.6=180k) + (300k) 0.2) = vabbè facciamo con calma: residuo privilegio=300k, chirografo=300k+300k??? vediamo: preferiamo dire in parole.
- Risultato per il Fisco: In totale l’Erario riceverà circa €320.000: 40% sui crediti privilegiati e 20% sugli altri. Ciò significa uno stralcio di circa €480.000 (60% di 500k + 80% di 300k). Le sanzioni e interessi relativi, che erano parte del debito, saranno completamente annullati con l’omologa.
- Garanzie di convenienza: Un professionista attestatore certifica che in caso di fallimento l’Erario recupererebbe solo €200k (liquidazione), mentre col piano ne avrà €320k, oltre al beneficio del proseguimento dell’attività (mantenimento gettito futuro e posti di lavoro).
- Approvazione e omologa: I creditori chirografari (banche, fornitori) votano a favore, attirati dal fatto che il nuovo investitore apporta risorse e viene proposta anche a loro una soddisfazione al 20%, migliore di quella fallimentare (stimata 5%). L’Agenzia delle Entrate, pur avendo un trattamento parzialmente falcidiato, vota a favore perché riceverà almeno il valore di liquidazione e l’attestatore garantisce la serietà dell’offerta. Il concordato viene omologato. (Se l’AE avesse votato contro, il tribunale avrebbe potuto omologare lo stesso applicando il cram-down, dato che il piano assicura oltre il 30% al Fisco e convenienza).
- Esecuzione: Alfa S.r.l. esegue il piano: l’investitore apporta €400k, di cui €320k vanno all’Erario secondo le scadenze previste (mettiamo in 2 anni) e il resto serve per liquidare in parte altri creditori e per investimenti di rilancio. Le azioni esecutive restano sospese per legge per tutta la durata.
- Esito finale: Con l’attestazione del completamento, Alfa S.r.l. ottiene l’esentazione da tutti i debiti residui verso Erario e altri creditori non pagati (circa €480k di tasse condonate e €400k di debiti privati condonati). Gli amministratori non subiranno conseguenze penali: avendo versato integralmente IVA e ritenute entro i termini del concordato, potranno invocare la non punibilità (il pagamento integrale entro l’omologa equivalendo a pagamento prima del giudizio). L’azienda prosegue l’attività risanata.
Commento: Questo scenario mostra un caso di transazione fiscale riuscita in concordato preventivo. L’Erario ottiene una somma significativa, sebbene ridotta rispetto al nominale, ma maggiore che in fallimento; l’azienda viene salvata; i posti di lavoro conservati; gli amministratori evitano sanzioni penali. Naturalmente, casi del genere richiedono un attestatore credibile, un apporto di risorse fresche e spesso un dialogo con l’Agenzia delle Entrate già in fase di voto (frequentemente l’AE esprime il suo assenso se il piano rispetta le circolari interne su percentuali minime). La Cassazione ha convalidato questi meccanismi affermando la legittimità del cram-down fiscale quando c’è convenienza per il Fisco.
Caso 2: Ditta individuale artigiana sovraindebitata
Situazione: Mario B. gestisce come ditta individuale un’officina meccanica. Negli ultimi anni, complici alcune commesse non pagate e investimenti sbagliati, ha accumulato €150.000 di debiti con Agenzia Entrate-Riscossione: €50.000 di IVA, €30.000 di IRPEF personale, €20.000 di contributi INPS da artigiano, e €50.000 di sanzioni e interessi vari. Inoltre deve €40.000 a fornitori di materiali. La casa di abitazione è ipotecata da AdER per €100.000. Mario non è fallibile (ricavi sotto soglie). Ha 54 anni, l’attività è in calo ma ancora attiva, reddito annuo disponibile ~€25.000 lordi. Non può pagare €190.000 di debiti complessivi.
Opzione: Mario si rivolge all’OCC (Organismo di Composizione Crisi) locale e avvia una procedura di sovraindebitamento. Valuta con l’OCC due strade: il concordato minore o la liquidazione controllata. Opta per un concordato minore proponendo di pagare una parte dei debiti in 5 anni con le risorse a disposizione, evitando la vendita della casa e la chiusura dell’officina.
- Piano proposto: Mario offre di pagare €1.000 al mese per 5 anni (totale €60.000) da destinare ai creditori, più di liquidare alcuni macchinari inutilizzati per ricavare altri €20.000. In totale stima di mettere sul piatto €80.000. Di questi, circa €20.000 sono destinati alle spese di procedura e compensi OCC e a garantire un 100% sui crediti privilegiati impignorabili (es. eventuali crediti alimentari se presenti). Il residuo €60.000 viene offerto ai creditori in percentuale. L’Erario (IVA, IRPEF, INPS) è privilegiato sui tributi ultimi anni forse per ~€40k, e chirografario per il resto; i fornitori sono chirografari per €40k. Il piano calcola che, vendendo i macchinari, il valore di liquidazione disponibile per i creditori privilegiati sarebbe €20.000: quello si dà interamente al Fisco privilegiato (coprendo il 50% del suo privilegio). Sul restante credito chirografario di Fisco (€60k circa) e fornitori (€40k), i €40.000 provenienti dai pagamenti futuri vengono ripartiti paritariamente, con un soddisfacimento attorno al 40%. Quindi il Fisco riceverebbe: €20k sui crediti privilegiati (es. IVA ultimo anno) e ~€24k sui chirografari (40% di 60k), per totali ~€44.000 su €100k dovuti; i fornitori riceverebbero ~€16k su €40k. I restanti ~€106.000 di debiti (compresi quasi tutte le sanzioni) sarebbero stralciati.
- Approvazione: Nel concordato minore, serve la maggioranza semplice sul totale crediti votanti. Agenzia Entrate-Riscossione vota per l’Erario e probabilmente ha la maggior parte dei crediti (circa 80% del totale). L’OCC avrà avuto cura di illustrare all’AdER la convenienza: in una liquidazione forzata, vendendo casa e officina, l’Erario avrebbe forse preso €20k scarsi (case gravate e costi vendita alti); col piano ne prende €44k e mantiene Mario attivo come contribuente. L’AdER può dunque votare sì. Il tribunale, constatata la maggioranza, omologa il piano. Anche se l’AdER fosse stata contraria, il giudice può comunque omologare se ritiene equa la proposta per il Fisco (nel concordato minore è ammesso cram-down).
- Effetti: Con l’omologa, si sospendono tutte le azioni esecutive. L’ipoteca di AdER rimane ma l’ente non potrà escutere la casa se Mario rispetta il piano. Durante i 5 anni, Mario paga regolarmente €1.000/mese; l’OCC monitora. Egli riesce a far ciò riducendo spese personali e con qualche aiuto familiare.
- Conclusione: Dopo 5 anni, Mario ha pagato l’€60.000 concordato. Il tribunale emette decreto che attesta l’adempimento e cancella definitivamente tutti i debiti residui di Mario verso Fisco e altri, in forza dell’esdebitazione di fine concordato minore. L’ipoteca viene levata. Mario conserva la casa e può proseguire l’attività senza più debiti pregressi. Il Fisco ha incassato più del doppio di quanto avrebbe preso pignorando la casa (per di più, senza i costi e i tempi lunghi di un’esecuzione).
Commento: Questo caso mostra la potenza degli strumenti di sovraindebitamento per le persone fisiche. L’elemento chiave è la buona fede del debitore e la trasparenza: Mario ha coinvolto un OCC, ha offerto tutto il suo ragionevole surplus futuro, evitando però di intaccare beni essenziali come l’abitazione (cosa che il legislatore consente per favorire il risanamento). Il Fisco, benché tagli del ~56% il credito, accetta o viene cramdownato perché comunque ottiene il massimo compatibile con la situazione. Inoltre, non dimentichiamo il profilo penale: Mario aveva €50k di IVA non pagata, dunque sotto la soglia di punibilità (250k), e €0 di ritenute (non ha dipendenti). Quindi non rischiava reati tributari seri; semmai, con il piano evita che l’INPS potesse denunciarlo per omesso versamento contributi se superava soglia (in questo caso €20k < €50k, quindi niente reato artigiani). Questo per dire che per piccoli imprenditori l’orizzonte penale è meno critico, il che rende i giudici più propensi a dare respiro a chi dimostra impegno nel rientro.
Caso 3: Strategia mista per società con cartelle esattoriali recenti
Situazione: Beta S.n.c., una società di persone nel settore commercio, ha debiti con AdER per €120.000, derivanti da cartelle notificate nel 2021-2022 (IVA, IRAP e contributi). La società è attiva e solvibile nel lungo termine, ma ha avuto problemi di liquidità temporanea a causa del COVID. I soci temono di perdere la proprietà di un magazzino su cui pende ipoteca Equitalia. Beta S.n.c. non è tecnicamente insolvente (può pagare i debiti su più anni con gli utili futuri), ma non dispone oggi della somma.
Opzione: Poiché i debiti sono recenti (affidati entro 06/2022) e rientrano nel perimetro normativo, Beta S.n.c. decide di sfruttare la Definizione agevolata 2023 (rottamazione-quater) per ridurre l’onere, e contestualmente richiedere una rateizzazione ordinaria per la parte eventualmente esclusa dalla rottamazione.
- Beta presenta entro il 30 giugno 2023 la domanda di rottamazione-quater per tutte le sue cartelle esattoriali. L’Agenzia Riscossione le comunica che su €120.000 di debito, composto di €80.000 di imposte e €40.000 tra sanzioni e interessi, grazie alla rottamazione dovrà pagare solo gli €80.000 di imposte (capitale) più una minima quota di interessi legali. Di fatto ottiene uno sconto del 33% e l’azzeramento delle sanzioni. Può inoltre rateizzare il pagamento in 18 rate su 5 anni. L’ammontare per ciascun anno (dal 2023 al 2027) risulta intorno a €16.000/anno (importi precisi secondo calendario normativo). Beta versa le prime due rate nel 2023 regolarmente.
- Nel 2024, Beta però subisce un ulteriore calo di vendite e fatica a onorare le rate previste. A novembre 2024, risulta che Beta non ha pagato la rata di maggio e quella di luglio 2024 della rottamazione – due omissioni. In base alle regole originarie, sarebbe decaduta (bastano due rate saltate), ma fortunatamente interviene il decreto Milleproroghe 2024 che, come visto, riammette i decadenzi dalla rottamazione-quater permettendo di saldare gli arretrati entro luglio 2024. Beta usufruisce di questa possibilità: entro aprile 2024 presenta domanda di riammissione e versa le due rate mancanti. Così il suo piano di definizione rimane in piedi.
- Nel 2025, Beta ha ancora difficoltà e salta una rata a fine 2024 e una a febbraio 2025. Ormai ha utilizzato la riammissione precedente, ma ecco che il legislatore introduce una ulteriore riammissione per i decaduti al 31/12/2024, con domanda entro il 30/04/2025. Beta presenta nuovamente istanza e dilaziona le rate non pagate. In tal modo riesce a portare avanti il piano agevolato.
- Arriviamo a fine 2027: Beta S.n.c. ha versato tutte le 18 rate, magari con qualche mese di ritardo ma sempre entro le tolleranze e proroghe. Ha pagato in totale circa €85.000 (capitale + interessi 2%) e ha ottenuto lo stralcio di €35.000 circa tra sanzioni e interessi di mora. Il magazzino è salvo, in quanto l’ipoteca Equitalia verrà cancellata completato il pagamento.
- Durante questi 5 anni, Beta ha potuto continuare l’attività con più serenità: aderendo alla definizione, le procedure esecutive erano sospese e le è stato rilasciato il DURC regolare per lavorare, risultando in regola col Fisco dal punto di vista contributivo.
Commento: Questo caso illustra una soluzione “amministrativa” pura, senza intervento del tribunale, efficace per un’azienda temporaneamente illiquida ma potenzialmente sana. La rottamazione ha abbattuto la parte accessoria del debito e la dilazione in 5 anni ha reso gestibile il pagamento. Certo, si noti come Beta ha beneficiato di un contesto normativo molto favorevole, con proroghe multiple: segno che il legislatore ha voluto a tutti i costi evitare decadenze di massa dalle definizioni agevolate. Senza tali proroghe, Beta sarebbe decaduta e avrebbe dovuto affrontare l’intero debito con sanzioni ripristinate. In mancanza della rottamazione (ipotizziamo che i debiti fossero successivi al 2022), Beta avrebbe potuto comunque chiedere una rateizzazione ordinaria su 84 rate (dal 2025) – quindi circa 7 anni – per €120k, pagando un tasso di interesse (attualmente c. 3,5% annuo) e senza sconto sulle sanzioni. Oppure, se la situazione fosse peggiorata, Beta avrebbe dovuto considerare un concordato minore coinvolgendo anche i soci. Quindi, quando presenti, gli strumenti di definizione agevolata sono preferibili perché più rapidi e vantaggiosi economicamente.
Tabella riepilogativa – Confronto esiti simulazioni
Indicatore | Caso 1: S.r.l. (concordato) | Caso 2: Ditta indiv. (conc. minore) | Caso 3: S.n.c. (rottamazione) |
---|---|---|---|
Debito iniziale verso AE | €800.000 (IVA, ritenute, IRES) | €100.000 (IVA, IRPEF, INPS) + €50k sanz/interessi | €120.000 (ruoli 2021-22 misti) |
Strumento attuato | Concordato preventivo in continuità con transazione fiscale | Concordato minore (sovraindebitamento) | Definizione agevolata 2023 (rottamazione-quater) |
Orizzonte pagamento | 2 anni (piano concordatario) | 5 anni (piano rate con redditi futuri) | 5 anni (18 rate semestrali) |
Importo effettivamente pagato (capitale) | ~€320.000 (40%) | ~€44.000 (44%) | ~€85.000 (70% di 120k, comprensivo interesse agevolato) |
Stralcio ottenuto | ~€480.000 tra imposte prive di copertura e sanzioni | ~€56.000 (debito chirografo e sanzioni) | ~€35.000 (sanzioni e interessi di mora condonati) |
Azioni esecutive AE | Sospese da pre-omologa a fine piano | Sospese da omologa a fine esecuzione | Sospese durante adesione e se in regola |
Durc (regolarità contributiva) | Non immediato (fino ad omologa era irregolare; dopo omologa transazione, DURC ok) | Diventa regolare dopo omologa piano (perché debito riequilibrato) | Regolare durante il piano agevolato |
Situazione finale del debitore | Società salvata, esdebitata da 60% debiti; attività continua | Debitore esdebitato integralmente da debiti residui; conserva beni essenziali | Società ha pagato tutto il dovuto agevolato; debito estinto, ipoteche revocate |
Implicazioni penali amministratori | Non punibili: versati interamente IVA/ritenute (≥30% e conviene) | Non applicabili per soglie non superate; comunque esdebitazione riduce ogni pretesa | Non punibili: importi sotto soglia reato, + pagato debito dilazionato ex art.13 (adempimento) |
(I dati percentuali sono indicativi per confronto; ogni caso reale va calcolato analiticamente in base a privilegio e merito.)
Domande frequenti (FAQ)
D: Un piano di rientro fiscale può prevedere di non pagare affatto l’IVA o altri tributi?
R: In via amministrativa (rateazione, rottamazione) no, il capitale d’imposta va sempre versato integralmente. In via concorsuale, è possibile prevedere un pagamento parziale (falcidia) di IVA e altri tributi solo a precise condizioni: il piano deve garantire al Fisco almeno il valore che otterrebbe liquidando i beni su cui ha privilegio. Ciò significa che una parte di IVA/ritenute privilegiata va comunque pagata; l’eventuale eccedenza priva di garanzie può essere ridotta, ma il giudice omologherà solo se ritiene l’offerta equa e conveniente per l’Erario. In sintesi, un piano può ridurre i tributi ma non azzerarli arbitrariamente: serve base legale (transazione fiscale omologata o legge di condono).
D: Ho già una rateizzazione in corso ma fatico a pagarla: posso presentare un concordato o accordo e includere quei debiti?
R: Sì. L’ammissione a un concordato preventivo sospende le rateazioni in corso e blocca le azioni esecutive. Nel piano di concordato potrai includere anche i debiti già rateizzati, eventualmente proponendo un trattamento diverso (ad esempio ulteriore dilazione o falcidia). Se il concordato viene omologato, sostituirà il piano di rateazione originario. Attenzione però: se hai saltato rate prima di avviare la procedura concorsuale, potresti essere decaduto dal beneficio della dilazione e dover considerare l’importo ormai intero. In un accordo di ristrutturazione, potresti chiedere all’Agente della Riscossione di aderire accordandoti su un nuovo piano (anche qui, l’omologa dell’accordo sostituisce la vecchia rateizzazione). Ricorda anche che alcune leggi di rottamazione hanno permesso di includere debiti già rateizzati (ad esempio la rottamazione-quater permette di “rottamare” anche carichi precedentemente rateizzati, con eventuale scomputo di quanto già pagato).
D: Se aderisco a una rottamazione delle cartelle, posso successivamente decidere di fare un concordato preventivo se non riesco a pagare le rate?
R: È possibile ma delicato. Durante la rottamazione (fintanto che sei in regola), le cartelle sono sospese; se però temi di non reggere le rate, puoi presentare un concordato preventivo. In esso, dovrai includere anche i debiti rottamati ancora non pagati. L’effetto dell’omologazione del concordato sarà di consolidare quanto hai versato e prevedere un nuovo trattamento per le somme residue. Attenzione: l’adesione alla rottamazione comporta rinuncia ai contenziosi e impegni specifici; se poi non paghi e finisci in concordato, formalmente decadi dalla rottamazione. Il concordato a quel punto ridiscuterebbe l’intero debito (ripristinato con sanzioni). In pratica conviene valutare prima se la rottamazione è sostenibile; altrimenti, meglio optare direttamente per un concordato e proporre lì la transazione fiscale. Se invece hai pagato alcune rate di rottamazione e vai in concordato per il resto, quelle somme versate ridurranno il debito complessivo.
D: Che differenza c’è tra una rateazione ordinaria e una “transazione fiscale” in concordato? Entrambe non dilazionano il debito?
R: La rateazione ordinaria (art. 19 DPR 602/73) è un accordo amministrativo con AdER: diluisce il debito fino a 10 anni ma non lo riduce, e non coinvolge un giudice. La transazione fiscale è parte di una procedura concorsuale: può prevedere oltre alla dilazione anche la rinuncia a parte del credito da parte del Fisco (stralcio di quota capitale, oltre a sanzioni), cosa che la rateazione non consente. Inoltre, la transazione fiscale viene omologata dal giudice e diventa vincolante erga omnes, anche se il Fisco non era d’accordo (in caso di cram-down), mentre la rateazione richiede sempre il consenso dell’agente della riscossione (che però per importi <120k è per legge automatizzato). Quindi: la rateazione è più semplice, ma non dà sconti sul dovuto; la transazione è più articolata, richiede una procedura di crisi, ma può tagliare il debito e imporsi coattivamente.
D: Sono un libero professionista con debiti IVA significativi. Posso accedere al piano del consumatore?
R: No, se i debiti sono prevalentemente legati alla tua attività professionale (IVA, imposte sul reddito da lavoro autonomo), non sei considerato un “consumatore” agli effetti della legge. Il piano del consumatore è riservato a debiti personali (es. familiari, di consumo). Tu potrai usare il concordato minore (procedura di sovraindebitamento per imprenditori minori e non fallibili). Il concordato minore prevede il voto dei creditori e potrai includere i debiti fiscali con eventuale proposta di stralcio. La buona notizia è che, sia col piano consumatore sia col concordato minore, il giudice può omologare anche con il Fisco contrario se giudica la proposta conveniente. Nel tuo caso, dovrai convincere il giudice che offri al Fisco il massimo possibile compatibile con la prosecuzione della tua professione.
D: Nel concordato preventivo, l’Agenzia delle Entrate deve votare separatamente come classe a sé? E se vota no?
R: Nel concordato preventivo, i crediti privilegiati e quelli chirografari del Fisco vengono di solito inseriti nelle classi secondo la loro natura (ad es. l’IVA privilegiata sta nella classe creditori privilegiati degradati per la parte falcidiata, oppure in classe chirografi pubblici). L’Agenzia delle Entrate esprime il suo voto per ciascuna classe in cui è collocata come ogni altro creditore. Se vota no ma si raggiungono comunque le maggioranze richieste con gli altri creditori, può scattare il cram-down: il tribunale verifica i requisiti (soddisfacimento minimo 30-40% e convenienza) e può omologare il concordato anche senza il consenso del Fisco. Se invece il voto dell’Erario era decisivo per formare la maggioranza (es: Fisco ha 50% crediti, altri 50% e gli altri votano sì, totale 50% < 66% richiesto), allora senza il suo sì il concordato non passa – a meno di ricorrere a strumenti speciali come il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (figura introdotta dal 2022 che però esula dalla procedura standard di concordato). In pratica, nei concordati ordinari il Fisco non ha potere di veto assoluto come un tempo: se è minoranza e la proposta è valida, la legge consente di procedere ugualmente.
D: Quali debiti fiscali NON si possono proprio includere in alcuna modalità di ristrutturazione?
R: In generale, tutti i debiti verso l’Erario e enti previdenziali possono essere inclusi in un piano, ma alcuni con dei limiti: per esempio, i debiti da risorse proprie UE (dazi doganali) per norme comunitarie non possono essere ridotti. Nel contesto italiano attuale, si segnala che i tributi locali (IMU, TARI) e regionali (es. addizionali) non hanno ancora la normativa secondaria per essere falcidiati nelle procedure ordinarie. Quindi formalmente, se hai un debito IMU in un concordato, dovresti pagarlo per intero (salvo convincere il Comune a transigere, ma fuori dallo schema di legge). Anche le sanzioni penali pecuniarie (ammende, ecc.) non rientrano in queste procedure. Inoltre, alcuni contributi a enti diversi da INPS (es. Casse professionali) seguono regole proprie: potresti doverli trattare separatamente perché l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non li può transigere (anche se li riscuote). Ma per le classiche imposte erariali (IVA, imposte redditi) e contributi INPS, non ci sono preclusioni assolute: o si usano gli strumenti amministrativi (dove lo Stato non prevede sconti di capitale, a parte condoni mirati), o quelli concorsuali (dove il taglio è possibile con omologa).
D: Cos’è il DURC e perché è importante nei piani di rientro?
R: Il DURC è il Documento Unico di Regolarità Contributiva, certifica che l’azienda è in regola con i versamenti previdenziali e, nel settore pubblico, anche con gli obblighi fiscali. È fondamentale per poter partecipare ad appalti pubblici, ottenere pagamenti dalla PA e in generale per attestare la correttezza contributiva (anche in edilizia privata viene chiesto). Se hai debiti con il Fisco/INPS, in genere il DURC risulta irregolare. Tuttavia, se tali debiti sono inseriti in un piano di rateizzazione in corso di validità o in una definizione agevolata in corso, il DURC viene rilasciato come regolare. Parimenti, durante un concordato preventivo o successivamente all’omologa con transazione fiscale, sei considerato adempiente rispetto alle somme dovute secondo il piano. Dunque, la possibilità di ottenere DURC regolare è un incentivo forte a intraprendere un piano di rientro: eviti l’esclusione da lavori e commesse. Attenzione: basta saltare le rate per perdere il DURC, quindi occorre disciplina.
D: I soci o amministratori di una società con debiti fiscali possono essere perseguiti personalmente dal Fisco?
R: Di norma, no per le società di capitali (SRL, SPA): risponde solo la società con il suo patrimonio. Per le società di persone, i soci illimitatamente responsabili rispondono personalmente dopo che la società non paga. Ci sono però casi particolari di responsabilità solidale: ad esempio, se in una scissione societaria l’azienda trasferisce debiti fiscali, le società beneficiarie possono risponderne nei limiti di quanto ricevuto (art. 173 D.Lgs. 147/2020); oppure, come detto, i liquidatori di società possono essere responsabili se distribuiscono attivo ai soci prima di saldare le imposte dovute. Un amministratore può essere chiamato in causa per sanzioni amministrative se concorre in violazioni tributarie (in genere paga la società, ma se la società non esiste più, potrebbero rivalersi su chi le ha commesse dolosamente). La strada più frequente per colpire un amministratore è però quella penale: se commette reati tributari, risponde personalmente (con multa e reclusione) e lo Stato può aggredirne i beni tramite confisca. In sintesi, sul piano strettamente fiscale l’Agenzia delle Entrate non emette cartelle contro amministratori (tranne appunto il caso di liquidatori ex art.36 DPR 602/73); però se la società non paga, cercherà il suo credito ovunque: se c’è stata mala gestio, potrà far insinuare l’Erario in eventuali azioni di responsabilità contro amministratori promosse dal curatore fallimentare. Quindi indirettamente il patrimonio dell’amministratore può subire conseguenze. La via maestra per i soci/amministratori per stare tranquilli è dunque risanare la società o, se questa fallisce, collaborare col curatore per minimizzare danni ed eventualmente chiedere esdebitazione anche come persone fisiche se hanno garanzie personali.
D: Cosa succede se dopo un concordato o accordo omologato, la società non riesce comunque a rispettare il piano?
R: Se la società non rispetta il piano di concordato omologato, il tribunale può dichiararne la risoluzione (su istanza dei creditori) e, normalmente, contestualmente aprire la liquidazione giudiziale (il “fallimento”). A quel punto, i debiti originari risorgono per intero, al netto di quanto eventualmente pagato durante il concordato. Analogamente, la mancata esecuzione di un accordo di ristrutturazione rende i creditori liberi di agire (possono iscriversi a ruolo i residui e via dicendo). Quindi è fondamentale proporre piani realistici e sostenibili. Per le persone fisiche, se non riescono a pagare un piano del consumatore o concordato minore, rischiano la revoca dell’esdebitazione e possono finire in liquidazione controllata (perdendo eventualmente beni non protetti). In poche parole, il piano omologato va visto come un impegno definitivo: fallirlo comporta tornare al punto di partenza o peggio (perdita di fiducia, aggravio di costi, etc.). In alcuni casi, la legge consente di modificare il piano: ad esempio, la transazione fiscale può essere rinegoziata se le cose vanno molto diversamente (ma serve accordo con Fisco e nuova omologa). Sono situazioni eccezionali. Dunque, quando elabori il piano, inserisci margini di sicurezza, come rate crescienti (possibili in rateazione), fondi di riserva, ecc.
Fonti normative, giurisprudenziali e prassi ufficiali (aggiornate al 2025)
Normativa:
- D.Lgs. 14/2019 – Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), artt. 56 (piani attestati), 57-64 (accordi di ristrutturazione), 67-73 (piano consumatore), 74-83 (concordato minore), 84-94 (concordato preventivo), 63 (transazione fiscale e contributiva), 88 (transazione fiscale nel concordato in continuità), 94 (sospensione azioni esecutive). (Modificato da D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024).
- R.D. 267/1942 – Legge Fallimentare (abrogata dal 2022, rilevante per contesto storico: art. 182-ter introdotto nel 2005 sulla transazione fiscale).
- Codice Civile, art. 2777 – Crediti privilegiati (ordinazione dei privilegi generali: include tributi degli ultimi anni e contributi); art. 2752 – Privilegi fiscali (imposte dirette, IVA); art. 2753 – Privilegi contributivi; art. 2495 c.c. – Responsabilità liquidatori per pagamenti ai soci.
- D.P.R. 29/09/1973 n. 602, art. 19 – Rateazione dei debiti iscritti a ruolo (come modif. da D.Lgs. 110/2024); art. 36 – Responsabilità di liquidatori e soci in caso di mancato pagamento imposte in liquidazione.
- Legge 27/12/2019 n. 160 (L. Bilancio 2020), art. 1 co. 190-198 – Cram-down fiscale in concordato (ha introdotto soglia 10% poi 30% per omologa forzosa transazione fiscale in concordato preventivo, principi poi trasfusi nel CCII).
- Legge 29/12/2022 n. 197 (L. Bilancio 2023), commi 222-252 – “Tregua fiscale”: Stralcio automatico ruoli ≤€1000 (co.222-230); Definizione agevolata liti pendenti (co.186-205); Rottamazione-quater (co.231-252); Ravvedimento speciale (co.174-178); Conciliazione agevolata (co.206-212); Sanatoria violazioni formali (co.166-173).
- D.L. 30/03/2023 n. 34, conv. L. 56/2023 – Proroga termini Rottamazione-quater: art. 1 ha prorogato domanda al 30/06/2023; art. 19 ha prorogato prima rata al 31/10/2023.
- D.L. 4/05/2023 n. 51, conv. L. 87/2023 – Ulteriore proroga adesioni definizione agevolata al 30/06/2023 (confermato in L.197/2023).
- D.L. 29/12/2022 n. 198 (Milleproroghe 2023), conv. L. 14/2023 – Riammissione decadenze rottamazione (ha consentito saldo rate 2023 entro 31/07/2024 su domanda entro 30/04/2024).
- D.L. 30/12/2024 n. 198 (Milleproroghe 2024), conv. L. xx/2025 – (Atteso) Probabile base normativa riammissione decadenze 2024 con domanda entro 30/04/2025.
- Legge 30/12/2018 n. 145 (L. Bilancio 2019), commi 184-199 – Saldo e stralcio cartelle 2019 (ISEE ≤ €20.000, aliquote 16-35%).
- Delega fiscale 2022 (L. 9/2023) e decreti attuativi:
- D.Lgs. 23/10/2023 n. 136 – “Correttivo-ter” CCII: modifiche a transazione fiscale/contributiva (art. 63 CCII) e composizione negoziata.
- D.Lgs. 29/07/2024 n. 110 – Riforma riscossione: nuove regole rateizzazioni dal 2025.
- D.Lgs. 14/06/2024 n. 87 – Riforma sanzioni penali tributarie: nuove cause non punibilità omessi versamenti; art. 13 D.Lgs.74/2000 riformulato (non punibilità per integrale pagamento anche rateale).
- D.Lgs. 10/03/2000 n. 74, artt. 10-bis, 10-ter – Reati di omesso versamento IVA/ritenute (soglie €150k e €250k); art. 10-quater – Causa non punibilità per forza maggiore (introdotta da D.Lgs. 87/2024); art. 13 – Non punibilità per pagamento integrale del debito tributario.
- D.L. 12/09/1983 n. 463, conv. L. 638/1983, art. 2 – Omesso versamento contributi previdenziali: soglia €10.000 annui (contravvenzione). Modif. da L. 48/2023 introducendo soglia €50.000 per fattispecie delittuosa 2-5 anni reclusione (nuovo art. 2 co.1-ter).
- Codice Penale, art. 216 – Bancarotta fraudolenta (rileva se distrazioni di liquidità per non pagare tributi; scenario fallimento).
- D.M. MEF 6/11/2013 e D.M. 27/12/2024 – Criteri per valutare difficoltà per rateazioni (indici liquidità, Alfa, ecc.).
Giurisprudenza:
- Cass. Civ. Sez. I, 17/03/2023 n. 7776: confermata la legittimità dell’omologazione forzosa (cram-down) del concordato preventivo con transazione fiscale se il piano assicura al Fisco una soddisfazione non inferiore all’alternativa liquidatoria e rispetta i requisiti di legge.
- Cass. Pen. Sez. III, 13/12/2024 n. 45803: ribadito che lo stato di crisi di liquidità, anche grave, non esclude il dolo nell’omesso versamento di contributi previdenziali trattenuti ai dipendenti, a meno di comprovare una causa di forza maggiore assoluta. Conferma orientamento: pagare stipendi invece di contributi è scelta volontaria non scusante. (Pronuncia antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 87/2024, che poi ha introdotto la causa di non punibilità in tali casi di crisi non imputabile).
- Cass. Pen. Sez. III, 28/04/2021 n. 14884: (citata nella Relazione ministeriale 2024) riconosciuto che la crisi di impresa può escludere il dolo degli omessi versamenti solo se il debitore prova di non aver avuto alternative (in linea poi recepita dalla riforma normativa).
- Cass. Civ. Sez. Un. 27/12/2019 n. 34447: sulla falcidiabilità dell’IVA in concordato antecedente alla modifica normativa: affermò (a Sezioni Unite) che nel concordato era precluso falcidiare l’IVA privilegiata, posizione superata poi dalla legge 159/2020.
- Corte Costituzionale n. 175/2022 e n. 51/2023: hanno sollecitato il legislatore a rivedere la disciplina sanzionatoria degli omessi versamenti in caso di crisi, paventando profili di illegittimità costituzionale se non si distingue tra inadempimento colposo e incolpevole. Le sentenze invitavano a introdurre cause di non punibilità per forza maggiore economica – input accolto nel D.Lgs. 87/2024.
- Tribunale di Milano, 28/03/2023: prima applicazione del CCII, ha omologato un concordato preventivo con cram-down fiscale ritenendo soddisfatte soglia 30% e convenienza (caso che ha fatto scuola evidenziando pragmatismo dei tribunali post riforma). (Non pubblicata ufficialmente, segnalata in dottrina).
Prassi e documenti ufficiali:
- Circolare Agenzia Entrate n. 2/E del 27/01/2023: chiarimenti sulla “Tregua fiscale” della L.197/2022 (fornisce dettagli su rottamazione-quater, saldo-stralcio mini ruoli, definizione liti, ravvedimento speciale).
- Circolare Agenzia Entrate n. 6/E del 20/03/2023: FAQ sulla rottamazione-quater (es. spiega che debiti di precedenti rottamazioni decadute possono rientrare, che il DURC è regolare durante la definizione, ecc.).
- Guida Agenzia Entrate-Riscossione “La nuova rateizzazione delle cartelle” (gen 2025) – Vademecum post-riforma D.Lgs.110/2024, illustra soglie €120k, 84-120 rate, documenti richiesti, decadenza dopo 8 rate.
- Messaggio INPS n. 3553 del 25/10/2024: Istruzioni su transazione contributiva aggiornata post D.Lgs.136/2024 (procedure per proporre accordi su crediti INPS, ruoli di competenza AdER, termini 90gg per adesione).
- Commissione Finanze Camera – Relazione illustrativa D.Lgs. 87/2024: spiega ratio nuova causa di non punibilità omessi versamenti, riportando esempi di circostanze non imputabili (fallimento cliente principale, ritardo PA) in linea con orientamenti giurisprudenziali.
- Agenzia Entrate – Ufficio Crisi d’Impresa (Provv. AE 18/05/2023): istituzione dell’unità specializzata per valutazione proposte concordatarie e ADR con transazione fiscale (dal 11/2024 competenza alle Direzioni Regionali). (Questo provvedimento interno definisce iter semplificati, non pubblicato in GU ma comunicato in FiscoOggi).
- Documentazione parlamentare “Delega Riscossione” 2023: (Atto Governo 31/2023) con studio impatto su estensione piani rate, stima aumenti soglia automatica da 60k a 120k euro.
- Linee guida CNDCEC su sovraindebitamento 2020 e 2022: manuali per OCC che delineano best practices nella composizione con crediti tributari, indicando come trattare IVA privilegiata, requisiti convenienza, ecc., in coerenza col CCII.
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🔹 Esperto in trattative con l’Agenzia delle Entrate e nella transazione fiscale
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