Composizione Negoziata Della Crisi E Rapporti Bancari: Cosa Sapere

Hai avviato o stai valutando una procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa? Ti stai chiedendo come gestire i rapporti con le banche, cosa puoi proporre, e fino a dove si possono spingere le trattative sul debito bancario?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in composizione negoziata, ristrutturazione aziendale e rapporti con il sistema bancario – ti spiega in modo chiaro e operativo come affrontare le trattative con le banche durante la composizione negoziata, quali strumenti hai a disposizione e come ottenere soluzioni sostenibili senza bloccare la tua attività.

Scopri come presentare un piano di risanamento credibile, quali proposte puoi formulare per il rientro dei fidi, mutui o scoperti, cosa valutano le banche in fase di negoziazione, come ottenere la sospensione dei pagamenti, e quando puoi proporre un taglio del debito bancario o una ristrutturazione delle garanzie.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, valutare la tua esposizione bancaria e costruire una strategia legale per trattare con le banche in modo efficace, salvare la continuità aziendale e uscire dalla crisi con un accordo su misura.

Introduzione

La Composizione Negoziata della Crisi è un innovativo strumento introdotto nell’ordinamento italiano per prevenire il fallimento e favorire il risanamento delle imprese in difficoltà economico-finanziaria. In questa guida avanzata – aggiornata a maggio 2025 – forniremo un quadro completo di cosa comporta la composizione negoziata nei rapporti con le banche, rivolgendoci in particolare a avvocati e imprenditori. Il taglio sarà giuridico ma divulgativo, per chiarire concetti complessi con un linguaggio comprensibile e orientato alla pratica professionale.

Obiettivo della guida: spiegare come la composizione negoziata incide su mutui, affidamenti bancari, garanzie e altri rapporti creditizi, quali obblighi hanno le banche, quali tutele e opportunità esistono per l’imprenditore, e quali aspetti fiscali e tributari vanno considerati. Il tutto tenendo conto delle novità normative più recenti (Codice della Crisi d’Impresa – D.Lgs. 14/2019 e correttivi, D.L. 118/2021 convertito, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024, ecc.) e della giurisprudenza aggiornata (sentenze di Cassazione, Tribunali) sino al 2025.

Ambito settoriale: la composizione negoziata è concepita per tutte le imprese di qualsiasi settore – dall’industria all’artigianato, dal commercio ai servizi, fino all’edilizia e all’agricoltura. In ciascun ambito economico le relazioni con le banche assumono sfumature specifiche, che esamineremo con esempi pratici. Per esempio, un’azienda industriale potrebbe avere un pool di banche finanziatrici e impianti dati in garanzia; un’impresa edile può dipendere da fideiussioni bancarie per gli appalti; un’impresa agricola potrebbe avere finanziamenti assistiti da garanzie pubbliche (ISMEA) o mutui agrari; il commerciante invece può basarsi su linee di credito di cassa o factoring. Questa guida tiene conto di tali differenze, fornendo indicazioni utili indipendentemente dal settore di appartenenza.

Cosa troverete in questa guida:

  • Panoramica normativa aggiornata: spiegheremo cos’è la composizione negoziata, come si accede e quali norme la regolano, citando i riferimenti chiave del Codice della Crisi e delle leggi collegate.
  • Rapporti bancari nella crisi: analizzeremo in dettaglio temi come moratorie bancarie, rinegoziazioni dei debiti, garanzie reali e personali, privilegi dei crediti, segnalazioni in Centrale Rischi, piani di risanamento e l’impatto della procedura sui contratti bancari in essere.
  • Profili fiscali e tributari: dedicheremo una sezione alle implicazioni fiscali della composizione negoziata (IVA, imposte dirette), illustrando le agevolazioni e sospensioni previste (riduzione di interessi e sanzioni, rateizzazioni straordinarie, trattamento delle sopravvenienze attive da riduzione del debito).
  • Simulazioni pratiche: proporremo alcuni casi pratici ispirati a situazioni reali, evidenziando le possibili strategie di difesa legale dell’imprenditore e del suo consulente. Questi esempi concreti mostreranno come affrontare, ad esempio, la revoca improvvisa di un fido bancario, la richiesta di nuove finanze durante la procedura, o la pressione di una banca su un garante personale.
  • Tabelle riepilogative: al termine di diverse sezioni troverete tabelle di sintesi che riassumono i punti chiave (ad esempio gli effetti della procedura sui vari tipi di contratti bancari, le scadenze fiscali e relative sospensioni, il destino delle garanzie, ecc.), per facilitare una consultazione rapida.
  • FAQ – Domande frequenti: una raccolta di quesiti e risposte, basata su casistica reale, chiarirà i dubbi più comuni degli imprenditori (es. “La banca può revocare i fidi se avvio la composizione negoziata?”, “Posso ottenere nuovi prestiti durante la procedura?”, “Quali benefici fiscali sono previsti?”, ecc.).
  • Approfondimenti giurisprudenziali: indicheremo e commenteremo le più recenti pronunce dei Tribunali e della Corte di Cassazione in materia, nonché i documenti di prassi (circolari di Banca d’Italia, linee guida ABI, pareri del CNDCEC, note dell’Agenzia Entrate, ecc.) che completano il quadro normativo.

Questa guida si propone quindi come uno strumento completo per orientarsi nella gestione negoziata della crisi d’impresa in rapporto alle banche, fornendo agli avvocati elementi utili per tutelare i propri clienti imprenditori, e agli imprenditori stessi informazioni preziose per interloquire consapevolmente con le banche e sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla normativa vigente.

La Composizione Negoziata: quadro generale

La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è stata introdotta con il D.L. 24 agosto 2021 n.118 (convertito con modifiche in L.147/2021), poi confluita nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – D.Lgs.14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022. Si tratta di una procedura volontaria e stragiudiziale attivabile dall’imprenditore (sia commerciale che agricolo) in condizione di squilibrio economico-patrimoniale tale da far presagire la crisi o l’insolvenza, ma che presenti prospettive ragionevoli di risanamento. In altre parole, è uno strumento di allerta precoce e intervento assistito per evitare che un’impresa in difficoltà degeneri in fallimento.

Le caratteristiche salienti della composizione negoziata sono:

  • Accesso su iniziativa dell’imprenditore: solo il debitore può attivare la procedura, non i creditori né d’ufficio (a differenza delle procedure concorsuali classiche). L’imprenditore presenta un’istanza telematica tramite una piattaforma nazionale gestita dalle Camere di Commercio (Unioncamere). Deve allegare documenti aziendali (bilanci, elenco creditori, situazione patrimoniale aggiornata, un piano finanziario a 6 mesi, ecc.) e una dichiarazione in cui descrive la propria situazione e attesta di trovarsi in difficoltà ma con concrete prospettive di risanamento.
  • Nomina di un esperto indipendente: entro pochi giorni dalla domanda, viene nominato dalla Camera di Commercio un Esperto Indipendente scelto da un apposito elenco nazionale. L’esperto è in genere un professionista qualificato (commercialista, avvocato o consulente di esperienza) con competenze in crisi d’impresa. Il suo ruolo è facilitare le trattative tra l’imprenditore e i creditori, in primis le banche, per individuare possibili soluzioni di risanamento. L’esperto agisce come figura super partes, verifica i dati dell’azienda, convoca le parti e cerca di guidare verso un accordo equo e sostenibile.
  • Durata della procedura: la composizione negoziata non ha una durata fissa predefinita dalla legge, ma vi sono dei riferimenti temporali. In genere, le trattative con l’aiuto dell’esperto si svolgono nell’arco di alcuni mesi (indicativamente 3-6 mesi). La legge prevede che l’esperto rediga relazioni periodiche (almeno una ogni 30 giorni) sullo stato delle trattative e possa segnalare al tribunale eventuali abusi o mancanza di prospettive. Le misure protettive eventualmente concesse (come vedremo) hanno una durata iniziale massima di 120 giorni, estendibile solo entro certi limiti, il che di fatto incoraggia la conclusione delle negoziazioni entro pochi mesi.
  • Volontarietà e riservatezza: la procedura è volontaria e tendenzialmente riservata. Senza il consenso dell’imprenditore, i creditori non sono informati automaticamente, a meno che egli stesso li coinvolga nelle trattative. Attenzione: se l’imprenditore richiede al tribunale le misure protettive o cautelari, allora l’istanza e l’accettazione dell’esperto vengono pubblicate nel Registro delle Imprese, rendendo noto ai terzi che è in corso una composizione negoziata. In assenza di misure protettive, invece, la procedura può svolgersi in modo confidenziale. Ciò è un elemento importante: molte imprese esitano a rendere pubblica la propria crisi per timore di perdere la fiducia di fornitori e banche; la composizione negoziata, rispetto ad un concordato preventivo, offre una fase iniziale non pubblica (salvo appunto quando si ricorre alla protezione del tribunale).
  • Nessuno spossessamento: l’imprenditore rimane alla guida della sua azienda durante la procedura. Non c’è un commissario che gestisce l’impresa (come accade nel concordato preventivo in certi casi); l’esperto ha un ruolo di controllo e facilitazione, ma non amministrativo. L’imprenditore continua quindi la gestione ordinaria (sebbene con il dovere di preservare il patrimonio e non aggravare la situazione in danno dei creditori). Se la situazione lo richiede, però, l’imprenditore dovrà condividere le decisioni straordinarie con l’esperto e agire secondo buona fede e trasparenza verso di lui e verso i creditori.
  • Finalità di risanamento: a differenza delle procedure liquidatorie, la composizione negoziata mira alla continuità aziendale. L’obiettivo primario è trovare un accordo con i creditori che consenta all’impresa di proseguire l’attività, recuperare equilibrio finanziario e superare la crisi. Non si tratta quindi di liquidare l’azienda, bensì di ristrutturare i debiti e magari riorganizzare l’impresa per riportarla in bonis. In tal senso, la composizione negoziata incarna lo spirito della recente riforma ispirata anche alla Direttiva UE 2019/1023 (direttiva Insolvency): privilegiare le soluzioni preventive e negoziali di regolazione della crisi, evitando per quanto possibile l’irreversibilità del fallimento.

Evoluzione normativa recente: il quadro normativo è stato oggetto di aggiustamenti successivi. Da segnalare:

  • Il D.Lgs. 83/2022 (c.d. correttivo del Codice della Crisi) ha integrato la disciplina della composizione negoziata nel CCII dopo l’entrata in vigore del Codice nel luglio 2022, allineando le nuove procedure alle previsioni europee.
  • Il D.Lgs. 136/2024 (terzo decreto correttivo, in vigore dal 29 settembre 2024) ha introdotto modifiche importanti, ad esempio specificando gli obblighi delle banche nella valutazione del merito creditizio durante la composizione (come vedremo, è stato riformulato l’art.16 comma 5 CCII).
  • Il Titolo II del CCII relativo alle procedure di allerta esterna (segnalazioni obbligatorie da parte di creditori pubblici qualificati) è entrato in vigore dal 31 dicembre 2023. Ciò significa che, parallelamente alla composizione negoziata volontaria, dal 2024 alcune istituzioni (Agenzia Entrate, INPS, Agenzia Riscossione) hanno ripreso a segnalare alle imprese e all’OCRI il superamento di soglie di debito che presumibilmente porteranno ad attivare strumenti di composizione. Questa “allerta” pubblica può indirettamente spingere l’imprenditore a ricorrere in tempo alla composizione negoziata prima che la situazione precipiti. Le banche non rientrano tra i soggetti obbligati all’allerta esterna, ma di fatto monitorano attentamente indicatori di difficoltà: se l’impresa tarda nei pagamenti, subisce protesti o ha centralizzazioni del rischio (Centrale Rischi), le banche possono sollecitare il debitore a prendere provvedimenti (pur non potendo esse stesse attivare l’istanza, possono sicuramente incoraggiare l’impresa a farlo per trovare una soluzione strutturata).

Esiti possibili della procedura: la composizione negoziata è una cornice di trattativa da cui possono scaturire diversi esiti:

  • Il raggiungimento di un accordo stragiudiziale con i creditori (banche incluse) sotto forma di contratto o piano attestato, eventualmente con taluni benefici legali (vedi infra art. 11, comma 1 lett. a e c). Questo accordo può prevedere nuovi termini di pagamento, eventuali rinunce parziali al credito, mantenimento di linee di credito, ecc., ed è formalizzato privatamente. Se l’esperto attesta che l’accordo assicura la continuità aziendale per almeno 2 anni, e l’accordo viene pubblicato nel Registro Imprese, esso produce gli effetti premiali previsti dall’art.14 (riduzione interessi e sanzioni fiscali, ecc.).
  • La conclusione di una convenzione di moratoria ex art.182-octies L.F. (ora CCII): è un accordo specifico tra l’impresa e le banche, in cui una maggioranza di banche consente una moratoria dei pagamenti e tale accordo può essere reso vincolante anche per eventuali banche dissenzienti (purché appartenenti alla stessa categoria). Questo strumento (già previsto dal 2020) è utile se ci sono più istituti finanziatori: le banche che rappresentano almeno il 75% dei crediti di una certa categoria possono convenire la sospensione dei pagamenti per un certo periodo, obbligando anche le restanti banche a rispettarla. Nella composizione negoziata, una convenzione di moratoria raggiunta con l’ausilio dell’esperto potrà essere formalizzata in tribunale per l’efficacia erga omnes.
  • La scelta di ricorrere a una procedura concorsuale giudiziale in caso di accordo non trovato o non sufficiente: ad esempio l’imprenditore, esito delle trattative, può presentare un accordo di ristrutturazione dei debiti da omologare (ex art.182-bis e ss. L.F., ora artt. 57 e ss. CCII) con adesione del 60% dei creditori invece del 75% se è frutto della composizione. Oppure, se proprio non c’è prospettiva di continuità, può optare per un concordato preventivo (anche nella forma speciale del concordato semplificato per la sola liquidazione, introdotto dall’art.18 D.L.118/2021). Tali scelte più drastiche di solito sono l’extrema ratio: la composizione negoziata può fungere da “anticamera” anche a un concordato, ma il suo scopo primario è evitarlo trovando un’intesa prima.
  • L’archiviazione della procedura senza accordo: se le trattative falliscono e l’imprenditore non accede ad altre soluzioni, la composizione viene semplicemente chiusa (“archiviata”) dall’esperto. In tal caso, attenzione, l’impresa torna esposta alle azioni individuali dei creditori e al possibile fallimento. La legge prevede che, se la procedura si chiude con archiviazione, l’imprenditore non possa presentare una nuova istanza di composizione negoziata prima che sia trascorso un anno, per evitare abusi reiterati di richieste protettive.

Dati di utilizzo: sebbene introdotta di recente, la composizione negoziata sta diventando uno strumento rilevante. Secondo l’Osservatorio Unioncamere, tra novembre 2021 e maggio 2024 sono state presentate circa 1.450 istanze di composizione, con un netto incremento negli ultimi trimestri. Di queste, circa il 19-20% si sono concluse con un esito positivo (accordo di qualche tipo) mentre le restanti hanno portato l’impresa verso procedure diverse o all’archiviazione. Le imprese di piccole e medie dimensioni sono le principali utilizzatrici dello strumento, ma non mancano casi di aziende più grandi. Rilevante è l’uso anche nel settore agricolo, grazie all’esplicita apertura della norma agli imprenditori agricoli (tradizionalmente esclusi dal fallimento, ora protagonisti in uno strumento di risanamento su base volontaria).

In sintesi, la composizione negoziata rappresenta oggi in Italia un’opportunità di gestione negoziale della crisi, incentivando l’imprenditore a muoversi per tempo e offrendo un quadro legale di protezione limitata ma efficace per condurre trattative con i creditori, in primis le banche, come vedremo nel dettaglio nelle prossime sezioni.

Ruolo delle banche nella Composizione Negoziata

Le banche sono quasi sempre attori chiave nelle crisi d’impresa: tipicamente figurano tra i principali creditori (sotto forma di mutui, linee di credito, leasing, garanzie rilasciate, ecc.) e il loro comportamento può determinare il successo o l’insuccesso di un tentativo di risanamento. Il legislatore, consapevole di ciò, ha previsto specifiche disposizioni per regolare il rapporto banca-impresa nell’ambito della composizione negoziata, improntate ai principi di leale collaborazione e di tutela della continuità aziendale.

Ecco i punti fondamentali riguardanti il ruolo e gli obblighi delle banche nella composizione negoziata:

  • Partecipazione attiva e informata: sin dall’avvio della procedura, banche e intermediari finanziari sono tenuti per legge a partecipare alle trattative in modo attivo e informato. Ciò significa che, una volta invitate al tavolo negoziale dall’imprenditore con l’ausilio dell’esperto, le banche devono cooperare, esaminare i piani proposti e fornire riscontri tempestivi e motivati. Non è ammesso un atteggiamento puramente passivo o ostruzionistico: tutte le parti devono “collaborare lealmente e sollecitamente” con l’imprenditore e l’esperto, mantenendo al contempo la riservatezza sulle informazioni ricevute. Questo obbligo generale di buona fede negoziale è cruciale per instaurare un dialogo costruttivo: in pratica, la banca dovrebbe valutare concretamente le proposte di ristrutturazione del debito, eventualmente formulare controproposte o condizioni, anziché limitarsi a un rifiuto aprioristico.
  • Nessuna revoca automatica dei fidi: uno dei timori principali degli imprenditori è che segnalare la crisi alla banca o avviare una procedura possa spingere la banca a revocare immediatamente gli affidamenti concessi (fidi di cassa, scoperti, castelletti anticipo fatture, ecc.), aggravando così la crisi. La normativa interviene in modo chiaro: “L’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore” (ora trasfuso nell’art.16, comma 5 CCII). In altri termini, la sola decisione dell’imprenditore di avviare la composizione non può essere usata dalla banca come pretesto per chiudere le linee di credito o chiedere il rientro immediato. Si tratta di un principio fondamentale di neutralità: la legge vuole evitare che l’impresa sia “punita” dalle banche per aver cercato di risanarsi. Ad esempio, se una società di commercio attiva la procedura, la banca non può ipso facto revocarle il fido di conto corrente adducendo come motivo l’avvio della composizione negoziata. Questo concetto è stato ulteriormente rafforzato nel 2024: il nuovo art.16 comma 5 CCII (come modificato dal D.Lgs.136/2024) impone espressamente alle banche di valutare il merito creditizio del debitore non in base al mero avvio della procedura, ma sulla base della sostenibilità del piano di risanamento proposto. In pratica, la banca deve guardare ai contenuti del piano e alle prospettive concrete, non scattare in modalità “difensiva” appena l’impresa dichiara di essere in composizione negoziata.
  • Obbligo di mantenere le linee (salvo deterioramento concreto): coerentemente con quanto sopra, la Cassazione – tramite il proprio Ufficio del Massimario – ha chiarito a inizio 2025 che le banche non possono neppure sospendere l’operatività delle linee di credito solo a causa dell’accesso del debitore alla procedura, né ridurne unilateralmente gli importi disponibili senza valide ragioni. In un importante commento pubblicato il 30 gennaio 2025, la Suprema Corte parla di ricostruzione garantista del rapporto banca-debitore: chi avvia la procedura deve poter “continuare ad utilizzare le linee di fido” affinché la sua iniziativa di risanamento non finisca per aggravare la crisi invece che risolverla. Le banche, secondo gli “ermellini”, non possono inibire o sospendere le linee di affidamento (ad esempio congelando un fido o bloccando gli utilizzi) solo per il fatto che l’impresa è entrata in composizione. Questa posizione trova riscontro anche nei provvedimenti dei tribunali di merito: ad esempio, il Tribunale di Parma (decreto 10 luglio 2022) ha confermato, nel vigore del D.L.118/2021, una misura cautelare che impediva alla banca di far estinguere un’apertura di credito in conto e un finanziamento autoliquidante, ritenendo che l’interesse del singolo istituto doveva cedere il passo di fronte all’obiettivo del risanamento e alla tutela della continuità aziendale. In quel caso, l’imprenditore in composizione aveva chiesto al tribunale di ordinare alla banca di non pretendere il rientro delle esposizioni durante le trattative, e il giudice ha accolto per 120 giorni la misura, vietando l’estinzione degli affidamenti in corso. Questi elementi mostrano come tanto la legge quanto i giudici stiano tracciando un perimetro ben definito: la banca deve astenersi dal compiere atti che possano far fallire sul nascere gli sforzi di salvataggio, a meno che emergano elementi oggettivi di peggioramento (di ciò diremo a breve).
  • Valutazione basata sul piano e comunicazione trasparente: ciò non significa che le banche siano obbligate a finanziare a oltranza imprese decotte. La Cassazione stessa puntualizza che la banca può e deve valutare criticamente il merito creditizio del debitore nel corso delle trattative, ma sulla base di indicatori oggettivi: “devono valutare, all’apertura e nel corso delle trattative, se le azioni di risanamento pianificate siano adeguate e sufficienti e se il comportamento del debitore nell’utilizzo delle linee di affidamento sia diligente e corretto”. In altre parole, la banca durante la composizione negoziata deve monitorare se l’impresa sta seguendo il piano concordato, se sta migliorando la gestione, se rispetta eventualmente i nuovi termini concordati per i pagamenti correnti, ecc. Se così fosse, non vi sarebbe ragione di revocare i crediti; se invece il debitore abusa delle linee fido (es. le usa per finalità diverse dal risanamento, oppure accumula ulteriore insolvenza) o se il piano di risanamento appare manifestamente inadeguato, allora la banca – in linea con le regole di vigilanza prudenziale – potrà considerare un peggioramento del rating ed eventualmente ridurre o revocare le linee. Tuttavia, anche in quest’ultimo caso, la banca deve motivare adeguatamente le sue scelte e comunicarle in modo trasparente al debitore. Nel contesto della composizione negoziata, pertanto, l’interlocuzione è fondamentale: la banca dovrebbe fornire feedback sul piano (ad esempio: “lo riteniamo non sostenibile perché sovrastima le vendite future; proponiamo quindi di integrare garanzie o capitale”), e qualora decida di non aderire a una proposta, dovrebbe spiegare le ragioni tecniche (magari suggerendo condizioni diverse per poter dare esito positivo).
  • Bilanciamento con le norme prudenziali: è importante ricordare che le banche sono soggette anche a normative di vigilanza (Banca d’Italia, BCE) e principi contabili che impongono di classificare i crediti a seconda del rischio. La Banca d’Italia, attraverso comunicazioni di prassi, ha chiarito che le banche non devono penalizzare indebitamente le imprese che accedono agli strumenti di regolazione della crisi: ad esempio, in un aggiornamento delle istruzioni della Centrale dei Rischi, si prescrive che nelle procedure concorsuali, anche in fase “prenotativa” (anticipatoria), le banche adottino criteri di classificazione che non pregiudichino il risanamento. Nel caso di un concordato preventivo con riserva (analogo sotto certi aspetti all’avvio di una composizione negoziata con misure protettive), Banca d’Italia ha indicato che l’esposizione del debitore vada classificata tra le “inadempienze probabili” (UTP), a meno che non fosse già classificata a sofferenza in precedenza o sopraggiungano elementi oggettivi nuovi che giustifichino la sofferenza. La ratio dichiarata è quella di “non ostacolare il percorso avviato, congelando la qualificazione del debito durante la procedura e ripristinando solo al suo esito gli ordinari parametri di classificazione”. Tradotto: durante la composizione, la banca dovrebbe evitare di classificare il credito come “sofferenza” (cioè credito ormai dato per irrecuperabile), e mantenerlo piuttosto come “UTP” in attesa di vedere gli esiti del piano. Questo evita ripercussioni estreme sul debitore (una segnalazione a sofferenza ha effetti gravemente negativi sulla reputazione creditizia) fintanto che c’è una trattativa in corso. Allo stesso tempo, le regole di vigilanza non vengono sospese: se davvero l’impresa non merita più fiducia (perché il piano fallisce o perché emergono elementi di insolvenza conclamata), la banca dovrà adeguare la classificazione e prendere le misure conseguenti. In definitiva, il percorso indicato per gli istituti di credito è uno stretto sentiero tra due opposte esigenze: da un lato sostenere ragionevolmente l’impresa in crisi che cerca di salvarsi (per non aggravare la crisi stessa e massimizzare le chance di recupero del credito), dall’altro lato tutelarsi da perdite e da possibili contestazioni di “attendismo colpevole”.
  • Rischio di responsabilità per concessione abusiva di credito: proprio quest’ultimo punto merita attenzione. La giurisprudenza ha elaborato il principio della “concessione abusiva di credito”, per cui una banca che continui a finanziare un’impresa ormai decotta, ritardandone il fallimento e aggravando il passivo, può essere chiamata a rispondere di danni verso gli altri creditori quando l’impresa infine fallisce. La Cassazione con ordinanza n. 28320 del 4 novembre 2024 ha ribadito i presupposti di questa azione risarcitoria: serve che la banca abbia erogato o mantenuto il credito nonostante la conoscenza (o conoscibilità) dello stato di insolvenza del cliente, contribuendo così ad aumentare il dissesto. Questo scenario estrema è da evitare sia per le banche che per l’impresa. Cosa significa in pratica per la composizione negoziata? Che le banche, pur sostenendo l’impresa durante la procedura, non possono ignorare la realtà economica: se il piano di risanamento appare chiaramente irrealistico e l’impresa insolvente, prolungare artificiosamente i fidi potrebbe esporle a responsabilità. D’altro canto, un’interruzione precoce dei fidi può far deragliare un piano potenzialmente valido. La soluzione di equilibrio è: l’impresa deve presentare alle banche piani credibili e informazioni trasparenti; le banche devono valutare con professionalità il piano e se decidono di sostenere l’impresa, possono farlo anche rivedendo le condizioni (ad esempio adeguando i tassi per riflettere il maggior rischio, nei limiti della normativa antiusura), o richiedendo nuove garanzie, ma senza agire in modo contraddittorio. È preferibile che eventuali restrizioni del credito vengano concordate e graduali, piuttosto che revoche improvvise.

In conclusione, il ruolo delle banche nella composizione negoziata è regolato da un delicato bilanciamento normativo: collaborazione e neutralità all’ingresso, flessibilità e monitoraggio durante le trattative, disciplina prudenziale come limite ultimo. Per l’imprenditore e i suoi consulenti legali è fondamentale conoscere questi principi, così da pretendere (con garbo ma fermezza) il rispetto dei propri diritti dalla banca – ad esempio richiamando l’attenzione sul dettato dell’art.16 co.5 CCII se la banca minaccia revoche ingiustificate – e al contempo dimostrare alla banca la serietà del proprio piano, per metterla nelle condizioni di continuare il sostegno senza violare i propri obblighi di vigilanza.

Di seguito entreremo negli aspetti specifici dei rapporti bancari nella composizione negoziata: dalle misure protettive (lo “scudo” che l’imprenditore può ottenere dal tribunale per congelare temporaneamente le azioni dei creditori), alle moratorie volontarie e rinegoziazioni dei debiti, dal destino delle garanzie alle modifiche dei contratti bancari in corso, fino alle implicazioni in Centrale Rischi e ai profili fiscali.

Prima di procedere, è utile consultare la Tabella 1 qui sotto, che riassume in modo schematizzato gli obblighi e divieti principali per le banche durante la composizione negoziata:

Tabella 1 – Banche e Composizione Negoziata: obblighi e divieti chiave

AspettoObbligo/Divieto per la bancaRiferimento normativo
Partecipazione alle trattativeObbligo di partecipare in buona fede, attivamente e con risposte motivateArt. 4 co.6 D.L.118/2021 (ora art.16 CCII)
Revoca fidi per accesso proceduraDivieto: l’accesso alla procedura non è causa di revoca degli affidamentiArt. 4 co.6 D.L.118/2021 (ora art.16 co.5 CCII)
Sospensione/riduzione utilizzi fidoVietato sospendere o ridurre operatività fido solo per l’ingresso in procedura (consentito solo se motivato da altre ragioni oggettive)Cass., Massimario 2025; Trib. Parma 10/7/22
Valutazione merito creditizioObbligo di basarsi su sostenibilità del piano e condotta del debitore, non sul mero status proceduraArt.16 co.5 CCII novellato
Comunicazioni e trasparenzaObbligo di comunicare tempestivamente eventuali decisioni (es. diniego adesione accordo) con motivazioni chiarePrincipio generale di buona fede ex art.4 D.L.118/21
Classificazione del credito (Centrale Rischi)Divieto di classificare a sofferenza solo per avvio procedura; mantenere UTP salvo peggioramento rilevanteIstruz. Banca d’It. (Circolare CR)
Azioni esecutive durante trattative (se misure protettive concesse)Divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitoreArt. 6 co.1 D.L.118/21 (ora art.18 CCII)
Recesso “ad nutum” da finanziamentiLimite: il recesso da contratti di finanziamento a tempo indeterminato deve rispettare buona fede (no pretestuosità legata a procedura)Art. 6 co.5 D.L.118/21; art. 134 (CCII) analogia contratti pendenti
Concessione nuovo credito in proceduraFacoltà vigilata: possibile previa valutazione rigorosa; se autorizzato dal tribunale può essere prededucibileArt. 10 co.2 lett. a D.L.118/21; Cass. 28320/2024 (rischio abuso credito)

(Legenda: CCII = Codice Crisi d’Impresa e Insolvenza; UTP = Unlikely To Pay, “inadempienza probabile”)

Come si evince dalla tabella, l’approccio richiesto alle banche è radicalmente diverso dal passato: non più una reazione difensiva immediata (riduzione affidamenti, richiesta rientri) appena percepita la crisi, ma un coinvolgimento costruttivo guidato dalla prospettiva del recupero attraverso il risanamento. Nei paragrafi che seguono analizzeremo come questi principi si applicano nelle varie situazioni concrete.

Misure protettive: il “congelamento” temporaneo delle azioni esecutive

Una delle novità più importanti della composizione negoziata è la possibilità, per l’imprenditore, di richiedere al tribunale delle misure protettive e/o cautelari a tutela del patrimonio aziendale durante lo svolgimento delle trattative. Si tratta, in sostanza, di un “congelamento” temporaneo delle azioni individuali dei creditori, simile (ma non identico) al automatic stay delle procedure concorsuali. Approfondiamo questo strumento fondamentale, con particolare riguardo agli effetti sui rapporti con le banche.

Richiesta e ottenimento delle misure protettive: l’imprenditore può presentare l’istanza di misure protettive contestualmente alla domanda di nomina dell’esperto, oppure anche successivamente, se inizialmente aveva tentato la via riservata. La richiesta si propone con ricorso al tribunale competente, il quale emette un decreto di conferma (o diniego) delle misure entro pochi giorni, dopo aver valutato se le trattative sono avviate in buona fede e se le misure sono funzionali al buon esito delle stesse. Non è richiesta l’audizione di tutti i creditori, ma vanno sentiti eventuali creditori specificamente incisi da misure ad personam (es. se si chiede di sospendere una certa azione esecutiva, il relativo creditore verrà sentito). Il tribunale, nel concedere le misure, ne stabilisce la durata, che per legge non può superare i 120 giorni (4 mesi) iniziali. In casi particolari può essere data una proroga, ma sempre entro un limite complessivo (ad es. altri 60 giorni) e solo se strettamente necessario alle trattative. Le misure possono essere anche limitate solo ad alcune iniziative o creditori (possono cioè essere “mirate”). Il tribunale può revocarle anticipatamente o abbreviarne la durata se esse non servono più allo scopo di favorire le trattative oppure se arrecano pregiudizio eccessivo ai creditori.

Effetti delle misure protettive: a partire dalla pubblicazione dell’istanza di misure protettive nel Registro Imprese (che avviene appena l’esperto accetta l’incarico e viene formalizzata la richiesta) si producono i seguenti effetti principali:

  • Sospensione delle azioni esecutive e cautelari: i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive (pignoramenti, esecuzioni immobiliari, mobiliari) né azioni cautelari (sequestri) sul patrimonio dell’impresa o sui beni e diritti con cui viene esercitata l’attività. In pratica, se una banca aveva già avviato un pignoramento di macchinari dati in pegno o stava per escutere un’ipoteca, tali azioni vengono bloccate per la durata delle misure. Analogamente, non potranno essere avviati nuovi pignoramenti (es. la banca non potrà procedere a pignorare i conti correnti né i crediti verso terzi dell’azienda). Questo “freeze” offre respiro all’impresa e garantisce la par condicio tra i creditori durante le trattative (evitando che il primo che arriva porti via tutto). Nota: le procedure esecutive in corso sono sospese (non estinte, salvo diversa disposizione – di solito riprenderanno se non si raggiunge un accordo); le scadenze dei crediti invece tecnicamente restano, ma come vedremo più avanti, i creditori non possono pretenderne il pagamento forzoso durante la protezione.
  • Divieto di acquisire nuove garanzie sui beni del debitore: dal giorno di pubblicazione, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore, a meno che ciò non sia concordato con l’imprenditore. Questo impedisce, ad esempio, che una banca corra a iscrivere una nuova ipoteca o un pignoramento per garantirsi una posizione di vantaggio mentre sa che la società è entrata in composizione. Qualsiasi ipoteca giudiziale o pegno notificato dopo l’inizio delle misure sarebbe inefficace. Fanno eccezione solo le garanzie concordate: se cioè l’imprenditore stesso offre volontariamente un nuovo collaterale nell’ambito di un accordo (ad esempio, per ottenere nuova finanza prededucibile, il tribunale può autorizzare la concessione di ipoteca di primo grado su un immobile aziendale), allora quella è ammessa. Altrimenti, vige il divieto di nuove garanzie unilaterali.
  • Sospensione delle istanze di fallimento: durante il periodo protetto non può essere dichiarato il fallimento (liquidazione giudiziale, nel nuovo linguaggio) né accertato lo stato di insolvenza. Questo è cruciale: se, poniamo, una banca o un altro creditore aveva già depositato un’istanza di fallimento, essa non può essere accolta finché le trattative sono in corso e protette. Il procedimento per dichiarativo può essere sospeso. Attenzione però: se l’istanza di fallimento era stata presentata prima e la società non chiede misure protettive, la Cassazione ha chiarito che la pendenza della composizione negoziata non impedisce al tribunale di dichiarare il fallimento, se ne ricorrono i presupposti. Quindi, per proteggersi dal rischio di un fallimento anticipato occorre attivare le misure protettive tempestivamente. (Questo scenario può capitare in particolare quando i creditori non hanno fiducia e cercano di “bruciare sul tempo” l’imprenditore: l’unica difesa è chiedere subito le misure protettive alla presentazione dell’istanza di composizione).
  • Tutela dei contratti in essere – blocco delle clausole risolutive: questo aspetto è centrale per i rapporti bancari. La legge prevede che i creditori interessati dalle misure protettive non possono unilateralmente rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti, né provocarne la risoluzione, né anticiparne la scadenza, né modificarli in danno del debitore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori alla pubblicazione dell’istanza. In sostanza, si vietano quelle clausole contrattuali (dette ipso facto clauses) per cui il contratto si risolve o può essere risolto se il debitore entra in procedura concorsuale o ritarda pagamenti. Nel contesto bancario, ciò significa ad esempio:
    • La banca non può chiudere un contratto di leasing e pretendere la restituzione immediata del bene solo perché l’impresa non ha pagato qualche canone prima dell’inizio della composizione negoziata. Deve continuare a permettere l’utilizzo del bene (ovviamente l’impresa dovrà ricominciare a pagare i canoni futuri).
    • Una banca non può recedere da un contratto di apertura di credito in conto corrente motivando il recesso esclusivamente con il fatto che il cliente ha saltato delle rate di rimborso o sconfini pregressi prima della protezione. Né può abbassare il plafond di fido unilateralmente come “ritorsione” per gli insoluti passati. Il mancato pagamento di crediti scaduti prima del periodo protetto non può da solo giustificare la risoluzione o modifica peggiorativa del rapporto.
    • Se l’impresa aveva ottenuto dalla banca una linea di anticipi su fatture (conto anticipo), e al momento di accedere alla composizione vi erano delle fatture insolute e la banca avrebbe potuto tecnicamente chiudere la linea per inadempimento, ebbene durante la protezione la banca non può risolvere il contratto di conto anticipi per gli insoluti pregressi. Lo evidenzia anche la giurisprudenza: nel caso del Tribunale di Parma citato, si parla espressamente di “sospensione dei contratti di affidamento e finanziamento su fatture con divieto di estinguere la posizione creditoria”. Ciò ha permesso all’impresa di continuare a utilizzare (entro i limiti) quelle linee necessarie alla liquidità, mentre negoziava con la banca una ristrutturazione.
    • Un altro esempio: se c’è un mutuo in essere e la società è in arretrato di diverse rate, la banca durante le misure protettive non può risolvere il mutuo (o accelerarlo chiedendo il pagamento immediato del capitale residuo) basandosi sulle rate scadute prima della procedura. Non può nemmeno considerare decadenze dal beneficio del termine per quegli arretrati. Dovrà attendere l’esito delle trattative, salvo che il debitore stesso non concordi una rinegoziazione delle scadenze.
    Questa protezione dei contratti pendenti è fondamentale per garantire la continuità operativa: i flussi di cassa dell’impresa derivano spesso proprio dall’utilizzo di fidi bancari, dal leasing di macchinari, da finanziamenti a breve termine. Se venissero interrotti bruscamente, l’impresa collasserebbe. La legge quindi li mette al riparo da reazioni contrattuali dei creditori, a patto che la controprestazione corrente sia mantenuta (ad esempio, l’impresa deve continuare a pagare i canoni di leasing che scadono dopo l’avvio delle misure, altrimenti il discorso cambia).
  • Eccezioni: sono esclusi dalle misure protettive i crediti dei lavoratori. Ciò significa che salari, stipendi, TFR dei dipendenti non sono congelati: se un lavoratore avesse, ad esempio, uno stipendio arretrato e volesse agire esecutivamente, in teoria non sarebbe bloccato dalle misure protettive. Questa esclusione tutela il ceto dei dipendenti, considerato “debole” e già protetto con privilegio in caso di insolvenza. Fortunatamente, in molti casi pratici i lavoratori attendono l’esito delle trattative, anche perché spesso l’INPS interviene con ammortizzatori (CIGS per crisi, ecc.), ma è bene sapere che la loro posizione è differenziata. Un’altra esclusione implicita è quella dei crediti estranei all’impresa: ad esempio, se un socio o un fideiussore personale dell’imprenditore ha garantito il debito, un’eventuale azione contro il garante esterno non è tecnicamente un’azione sul patrimonio dell’impresa, e potrebbe non essere coperta dalle misure. Quindi, se la banca ha una fideiussione omnibus di un parente dell’imprenditore, durante la composizione non può agire contro l’azienda ma potrebbe, in teoria, escutere il garante. Nella prassi, molte banche attendono comunque per evitare di destabilizzare il negoziato, ma giuridicamente la protezione non si estende ai co-obbligati estranei al perimetro aziendale (a differenza di quanto avviene negli accordi di ristrutturazione omologati, dove si può chiedere la protezione anche per i coobbligati ex art.61 CCII). Su questo punto, l’imprenditore e il suo legale faranno bene a negoziare informalmente con la banca una moratoria che includa anche i garanti, per evitare che la banca cambi corsia e colpisca i fideiussori nel frattempo.

Misure cautelari atipiche: oltre al blocco “standard” delle azioni, il tribunale può emettere ulteriori provvedimenti cautelari ritenuti necessari per condurre a termine le trattative (art.7 D.L.118/21). Abbiamo visto l’esempio di Parma dove il giudice ha ordinato alla banca di non far rientrare gli affidamenti (divieto di rientro forzoso). Altre misure possibili: autorizzare il pagamento di fornitori strategici nonostante il blocco generale (per assicurare la continuità); sospendere temporaneamente l’esecuzione di un contratto di fornitura in perdita (per dare respiro e negoziare nuove condizioni); oppure nominare un perito per stimare un bene oggetto di trattativa di cessione, ecc. Queste misure “atipiche” vengono modellate caso per caso, su richiesta motivata dell’imprenditore e sentito l’esperto, e servono ad affrontare situazioni specifiche non coperte dal blocco generico. Nel contesto bancario, la più tipica – come detto – è la sospensione dell’obbligo di rientro: ad es., l’impresa chiede che la banca non disdica le linee autoliquidanti e non compense automaticamente gli incassi in conto per abbattere lo scoperto durante la trattativa, in modo da mantenere la liquidità circolante necessaria a proseguire l’attività. I tribunali hanno mostrato una certa apertura a queste misure, purché l’esperto certifichi che l’istanza non è dilatoria e che tali misure sono strumentali all’elaborazione del piano.

Doveri dell’imprenditore durante le misure protettive: va ricordato che il debitore che beneficia della protezione ha comunque dei precisi obblighi:

  • Innanzitutto di aggiornare il tribunale sullo stato delle trattative. Egli deve depositare i numero di ruolo del procedimento di composizione nel Registro Imprese entro 30 giorni e presentare al giudice eventuali relazioni dell’esperto. L’esperto stesso, entro 60 giorni, riferisce se sono in corso negoziazioni efficaci o se l’imprenditore sta deviando (in tal caso può anche “segnalare” l’eventuale inattività ai sensi dell’art.7 co.6 D.L.118/21, preludio ad una revoca delle misure).
  • L’imprenditore ha il dovere di corretta gestione: deve astenersi da atti che possano pregiudicare ingiustamente i creditori durante la protezione. Ad esempio non può dilapidare risorse o favorire un creditore a scapito di altri. Se compie atti di mala fede, il tribunale può revocare le misure protettive d’urgenza.

Effetti sulla posizione delle banche: per le banche, le misure protettive significano in pratica:

  • Impossibilità di escutere immediatamente eventuali garanzie reali: se avevano ipoteca su un immobile, non possono eseguire l’asta finché dura la protezione. Il tempo però non gioca a loro sfavore se poi si arriva a un accordo (potrebbero spuntare soluzioni migliori del realizzo forzato).
  • Congelamento dei termini di decadenza: se la banca aveva inviato un’intimazione di pagamento dando termine oltre il quale avrebbe risolto il contratto, quel termine resta in sospeso.
  • Necessità di accantonare l’azione legale e passare al tavolo di negoziazione: le direzioni legali delle banche, ricevuta la notifica del provvedimento di protezione, in genere sospendono le procedure di recupero e attivano le strutture di ristrutturazione crediti interne per valutare la proposta del debitore.
  • Dal punto di vista contabile, se un credito era scaduto da oltre 90 giorni al momento della protezione e quindi era già classificado come deteriorato, rimane tale; ma la banca – come visto – dovrebbe evitare di peggiorare la classificazione a default irreversibile fintanto che il debitore sta seriamente trattando.

Scadenza delle misure protettive: terminato il periodo concesso (es. 4 mesi), le misure decadono automaticamente se non interviene una proroga o un’evoluzione (ad es. la presentazione di un ricorso per omologazione di un accordo). Le azioni dei creditori potrebbero quindi riprendere. In molti casi, se le trattative sono in fase avanzata, l’imprenditore ottiene una proroga breve oppure nel frattempo deposita un ricorso per omologare un accordo ex art.182-bis o un concordato, attivando così la protezione propria di quelle procedure (che sostituisce quella negoziata). Se invece non si raggiunge accordo e non si passa ad altra procedura, l’imprenditore si troverà nuovamente esposto. Per questo motivo la tempestività è essenziale: le misure protettive vanno usate come un periodo per concludere realmente un’intesa, non come un mero rinvio.

Ricapitolando in breve con una tabella gli effetti principali delle misure protettive per un’azienda in composizione negoziata e i riflessi sui creditori bancari:

Tabella 2 – Misure protettive: effetti sul debitore e sui creditori (banche)

EffettoSignificato pratico per l’impresaImpatto per le banche
Sospensione azioni esecutiveLe esecuzioni in corso sono sospese; nessun nuovo pignoramento durante la composizioneImpossibile procedere a escutere garanzie o pignorare beni dell’azienda per recuperare il credito durante il periodo di protezione
Blocco azioni cautelariNessun sequestro o misura cautelare sui beni dell’impresaLa banca non può ottenere sequestri sui conti o beni a garanzia del credito nel frattempo
Divieto nuove prelazioniL’impresa non subisce nuove ipoteche, pegni, privilegi da creditori durante la proceduraLa banca non può migliorare la propria posizione garantendosi sul patrimonio aziendale (salvo accordo con l’imprenditore, es. nuova garanzia autorizzata)
Divieto risoluzione contratti per inadempienze pregresseI contratti essenziali restano in vita nonostante ritardi pre-procedura (leasing, fidi, forniture)La banca deve mantenere attivi i rapporti (fido, mutuo, anticipo) e non può risolverli per rate scadute prima dell’avvio delle misure protettive
Divieto revoca affidamenti (durante protezione)L’impresa può continuare a utilizzare le linee accordate (salvo diverse condizioni concordate)La banca non può revocare o sospendere l’utilizzo del fido salvo peggioramento oggettivo (il provvedimento del giudice può contenere divieti espliciti di recesso)
Sospensione istanze di fallimentoL’imprenditore non può essere dichiarato fallito finché è protettoLa banca non può ottenere sentenza dichiarativa di fallimento, deve attendere l’esito della composizione (eventualmente presentare istanza dopo la scadenza se non c’è accordo)
Eccezioni (crediti lavoro e garantiti da terzi)L’impresa deve comunque gestire i pagamenti lavoratori; i garanti terzi restano espostiLa banca può escutere eventuali garanti esterni (fideiussori) non coperti dalla protezione; rimane anche libera di agire verso eventuali coobbligati non imprenditori

Caso pratico (Simulazione) – Revoca di fidi bancari impedita da misure protettive:
Immaginiamo un’azienda manifatturiera (settore industriale) che accede alla composizione negoziata. Essa ha un fido di cassa di 200.000 € con la Banca Alfa e utilizza linee di anticipo fatture per 300.000 € con la Banca Beta. A causa della crisi, presenta qualche rata insoluta sugli utilizzi. Temendo che le banche revochino i fidi, l’imprenditore – con l’ausilio del suo legale – contestualmente all’istanza di nomina esperto chiede al tribunale misure protettive e in particolare una cautelare specifica: che sia ordinato alle banche di non revocare né ridurre le linee durante le trattative.

Il tribunale competente concede le misure: nel decreto, valido 120 giorni, dispone che “i creditori non possano escutere garanzie né proseguire azioni esecutive” e accoglie anche la misura atipica chiesta, ossia vieta a Banca Alfa e Banca Beta di revocare o sospendere le linee di credito concesse per la durata delle trattative, essendo ciò strumentale al risanamento. Contestualmente, l’azienda è tenuta a non superare i limiti fido e a pagare regolarmente gli interessi maturandi.

Grazie a ciò, l’azienda continua ad avere liquidità: Banca Alfa non può chiudere il conto né ridurre il plafond a 0 (come forse avrebbe fatto), Banca Beta continua ad anticipare le fatture (magari chiedendo però all’imprenditore di approvare che i nuovi crediti anticipati siano ben selezionati). Nel frattempo l’esperto negozia con le banche un accordo: la proposta è di mantenere i fidi per 12 mesi ancora, riducendoli gradualmente man mano che la società incassa e ripiana i debiti, evitando un rientro immediato. Le banche inizialmente erano restie, ma il giudice ha anticipato di fatto l’effetto, obbligandole a mantenere lo status quo temporaneo.

Se l’imprenditore rispetta gli impegni e mostra segnali positivi (es. aumento ordini, attivazione di nuovi soci finanziatori ecc.), è probabile che entro la fine del periodo protetto si arrivi a un contratto di ristrutturazione con Alfa e Beta – formalizzato magari come piano attestato pubblicato, così che le banche possano dedurre le perdite e l’azienda non tassi gli stralci. In caso contrario, se la trattativa non decolla, allo scadere dei 120 giorni le banche (dopo aver comunicato il recesso motivato) potranno legittimamente revocare i fidi e iniziare le azioni di recupero. L’azienda quindi sfrutta la finestra protetta per convincerle con un solido piano.

In definitiva, le misure protettive nella composizione negoziata sono un potentissimo strumento di difesa legale dell’imprenditore, da attivare senza indugio quando c’è il rischio di iniziative aggressive da parte delle banche o altri creditori. Allo stesso tempo vanno maneggiate con responsabilità, perché il tribunale e l’esperto vigilano: se la protezione viene usata solo per procrastinare l’inevitabile, sarà revocata o non rinnovata. Ma se c’è un serio tentativo in corso, queste misure assicurano la stabilità necessaria a trovare soluzioni concordate con le banche, evitando l’assalto alla diligenza.

Moratorie volontarie e rinegoziazione dei debiti bancari

Oltre alle misure protettive “imposte” dal tribunale, esiste un intero spettro di possibili accordi volontari tra l’impresa e le banche per gestire i debiti durante la composizione negoziata. In questa sezione esamineremo le moratorie sui finanziamenti (sospensioni concordate delle scadenze), la rinegoziazione delle condizioni dei prestiti e l’eventuale concessione di nuove finanze (c.d. finanza ponte o finanza interinale) funzionali al risanamento.

Accordi di moratoria (sospensione dei pagamenti)

Spesso la prima cosa che un imprenditore in crisi chiede alla banca è: “posso sospendere il pagamento delle rate per qualche tempo?”. Durante la composizione negoziata, questa richiesta può assumere forme diverse:

  • Moratoria unilaterale di sistema: in particolari situazioni (si pensi alla pandemia Covid-19) le banche hanno concesso moratorie su base generalizzata, anche grazie ad accordi quadro con le associazioni di categoria e all’intervento normativo. Oggi (2025) non c’è una moratoria di legge generalizzata come nel 2020, ma l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) e le principali organizzazioni imprenditoriali hanno siglato il 3 marzo 2025 delle nuove Linee Guida per la sospensione del pagamento delle rate dei finanziamenti alle imprese in temporanea difficoltà. Queste linee guida offrono un percorso standard per richiedere alla banca la sospensione fino a 12 mesi delle rate di mutui e leasing, con corrispondente allungamento del piano di ammortamento. La finalità è aiutare aziende che hanno problemi di liquidità ma prospettive di ripresa, anche al di fuori di procedure formali. Nel contesto della composizione negoziata, tali linee guida possono integrare l’arsenale dell’imprenditore: ad esempio, un’azienda agricola colpita da un’annata negativa può chiedere la sospensione per 6-12 mesi delle rate del mutuo agrario alla banca, seguendo la procedura ABI semplificata, ottenendo magari anche l’allungamento delle garanzie pubbliche (es. ISMEA). Le Linee Guida ABI 2025 enfatizzano la necessità di agire tempestivamente e di mantenere il dialogo costante con la banca sullo stato delle difficoltà e sulla ripresa attesa. Questo si sposa perfettamente con la logica della composizione: l’imprenditore che lancia un allarme tempestivo trova più facilmente comprensione e strumenti di sollievo temporaneo. Un punto importante: l’ABI e le associazioni hanno chiesto alle autorità europee di allentare le regole che limitano l’uso delle moratorie (perché, dal punto di vista regolamentare, una moratoria può far classificare il credito come “forborne” e quindi deteriorato). Ciò significa che, finché tali regole non cambiano, non sempre la banca potrà concedere moratorie senza conseguenze sul suo bilancio. Tuttavia, le linee guida servono proprio a uniformare criteri e documentazione affinché le moratorie siano concesse solo a chi ha difficoltà temporanee e credibili prospettive, evitando che siano interpretate come segno di default conclamato.
  • Convenzioni di moratoria ex art.182-octies LF (ora art. 63 CCII): se più banche sono coinvolte, la composizione negoziata consente di facilitare un accordo collettivo di moratoria. Come anticipato, l’art.182-octies L.F. (richiamato dall’art.11 co.1 lett. b D.L.118/21) consente a una maggioranza qualificata di banche di accordarsi per sospendere o posticipare le scadenze di rimborso, e tale accordo, se omologato, vincola anche le banche dissenzienti della stessa categoria. Nella pratica, l’imprenditore tramite l’esperto può mettere attorno a un tavolo tutte le banche finanziatrici e proporre: “Congeliamo i pagamenti quota capitale per 6 mesi, pago solo interessi, e nel frattempo definiamo il piano di rientro”. Se le banche che rappresentano ad esempio il 80% dell’esposizione concordano, la convenzione può essere formalizzata e resa efficace per tutte al 100%. Questo strumento è molto utile se c’è disparità di vedute: magari 9 banche su 10 sono disponibili a una tregua, ma la decima (magari con piccola esposizione) vorrebbe agire. La convenzione impedirebbe al dissenziente di far saltare il banco. È comunque richiesta, per legge, la certificazione di un esperto (in questo caso l’esperto composizione può svolgere il ruolo di attestatore sulla idoneità della moratoria a non recare danno ai creditori). Tali accordi di moratoria hanno carattere principalmente temporaneo: sospendono e differiscono i termini, ma non riducono il debito.
  • Moratorie individuali pattizie: anche al di fuori di schemi formali, una singola banca e l’impresa possono stipulare un accordo ad hoc per la moratoria. Ad esempio, una banca locale potrebbe autonomamente concedere all’azienda edile X di sospendere le rate di leasing macchinari per 4 mesi, aggiungendole in coda, per aiutarla a superare l’inverno. Tali accordi spesso vengono presi in via riservata e sottoposti ad alcune condizioni (ad esempio la banca può chiedere il pagamento delle sole quote interessi, oppure l’impegno a non fare nuovi debiti nel frattempo con altri istituti). Nella composizione negoziata, simili intese possono essere formalizzate come parte del piano generale: l’esperto potrà includere nel “contratto” conclusivo il fatto che la Banca Tizio accetta la moratoria su un finanziamento, mentre la Banca Caio ad esempio accorda un periodo di preammortamento su un altro.

È chiaro che le moratorie sono un sollievo immediato ma risolvono solo la dimensione temporale del problema (il debito rimane, solo slitta in avanti). Spesso sono il preludio a ulteriori accordi su rinegoziazione e riscadenzamento.

Rinegoziazione e riscadenzamento dei finanziamenti

Per ristrutturare il debito bancario dell’impresa in crisi, nella composizione negoziata si fa largo uso degli strumenti di rinegoziazione: ciò include il riscadenzamento (allungamento delle durate dei mutui, ridefinizione del piano di ammortamento), la riduzione dei tassi di interesse, talvolta la remissione parziale (stralcio) di una quota di debito, o la conversione di parte del credito in strumenti partecipativi (equity o strumenti finanziari partecipativi).

Ecco come possono presentarsi tali interventi e come gestirli:

  • Allungamento delle scadenze (refinancing): una soluzione tipica è prendere un debito a breve termine e trasformarlo in debito a medio-lungo termine. Ad esempio, un’impresa commerciale può avere uno scoperto di c/c di 100.000 € diventato permanente e difficile da colmare: la banca potrebbe essere disponibile a “convertirlo” in un mutuo a 5 anni, con rate mensili, consolidando l’esposizione. Oppure un mutuo residuo di 7 anni potrebbe essere esteso a 12 anni riducendo l’importo delle rate. Queste operazioni migliorano l’equilibrio finanziario dell’impresa (riducendo l’esborso periodico) e aumentano la probabilità di rimborso integrale per la banca (se l’azienda sopravvive e torna redditizia). Nella composizione negoziata, riscadenzare i debiti bancari è spesso la colonna portante del piano di risanamento: l’esperto può aiutare a costruire un piano di rientro sostenibile in base ai flussi di cassa prospettici dell’azienda, convincendo le banche che un poco di pazienza porterà a recuperare tutto, mentre pretendere subito porterebbe a default e incassi minori. Importante: se l’accordo di riscadenzamento è formalizzato come accordo di ristrutturazione ex art.57 CCII (ex 182-bis L.F.) omologato, allora per le banche dissenzienti l’effetto vincolante c’è solo se si raggiungono le percentuali di legge (60% dei crediti bancari aderenti, in caso di composizione negoziata pregressa). Se si rimane in ambito stragiudiziale puro, ogni banca deve aderire volontariamente. Quindi potrebbe esserci necessità di trovare un compromesso accettabile da tutte.
  • Riduzione del tasso di interesse: un’altra leva è abbassare i tassi applicati ai finanziamenti, soprattutto se l’impresa in difficoltà sta pagando tassi alti (magari per sconfinamenti). Ad esempio, un conto scoperto con interesse di sconfinamento al 10% potrebbe essere convertito in mutuo al tasso del 4% annuo: l’impresa spende meno in interessi, potendo destinare più risorse a investimenti di ripresa o a pagare i fornitori. Le banche in sede di accordo spesso sono disponibili a rivedere i tassi, anche perché – dopo la riforma del 2024 – se intendessero aumentarli per compensare il rischio (pratica comune in passato), troverebbero un limite legale nella normativa antiusura. Infatti, la Cassazione fa notare che ricaricare troppo i tassi per rischio di credito potrebbe scontrarsi col tetto antiusura. Pertanto, più che alzarli, in un contesto di ristrutturazione è logico abbassarli (spesso a un tasso legale o poco superiore) per favorire la sostenibilità. Non a caso l’art.14 D.L.118/21 prevede che, dall’accettazione dell’incarico dell’esperto fino al termine delle trattative, gli interessi sui debiti tributari siano ridotti alla misura legale; analogamente, molte banche, per fair play, nelle moratorie non applicano interessi di mora o li limitano.
  • Periodi di grazia (grace period) e preammortamento: un ulteriore aspetto di rinegoziazione è prevedere un periodo iniziale in cui l’impresa paga importi minimi. Ad esempio, preammortamento: per i prossimi 6 mesi paga solo interessi, e inizia a rimborsare il capitale dal settimo mese in poi. Questo può essere essenziale se l’impresa ha un ciclo di recupero un po’ più lungo (p.es. l’edilizia dove i flussi arrivano a chiusura cantiere, l’agricoltura dove si incassa dopo il raccolto). In una composizione negoziata, le banche spesso accettano preammortamenti di 6-12 mesi se credono che daranno il respiro per ripartire.
  • Stralcio parziale (haircut): la riduzione dell’ammontare del debito (haircut) è la misura più difficile da ottenere dalle banche, ma talvolta necessaria. Le banche tendono a concedere stralci principalmente se: (a) il debito è chirografario (non garantito) e in caso di fallimento recupererebbero poco comunque, oppure (b) c’è un intervento esterno (ad es. un investitore che acquisisce l’azienda chiedendo uno sconto sui debiti per subentrare). Nella composizione negoziata, uno stralcio può essere inserito ma richiede solitamente l’unanimità (a differenza del concordato dove si può imporre a maggioranza). Dunque tipicamente avviene su base volontaria e reciproca: ad esempio la banca accetta di ridurre del 20% il capitale se l’imprenditore si impegna a pagare il restante 80% in tempi rapidi e magari con garanzie aggiuntive. Se l’accordo finale viene pubblicato nel Registro Imprese, l’impresa ottiene un vantaggio fiscale importante: la quota di debito stralciata non verrà tassata come sopravvenienza attiva (grazie all’applicazione dell’art.88 co.4-ter TUIR esteso alla composizione negoziata). Allo stesso tempo, la banca-creditrice potrà dedurre la perdita automaticamente ai fini IRES ex art.101 TUIR. Questo rende più appetibile per entrambi considerare uno stralcio concordato. Da notare: un haircut bancario in un accordo puramente privato resta esposto al rischio di revocatoria fallimentare se entro 2 anni la società fallisce, a meno che l’accordo sia formalizzato come piano attestato o accordo omologato (che beneficiano di esenzione da revocatoria). Ecco perché l’art.11 D.L.118/21 lett. c) ha previsto l’accordo sottoscritto dall’esperto che produce gli effetti del piano attestato ex art.67 L.F. senza necessità di ulteriore attestazione: se il nostro imprenditore convince la banca a tagliare il 20% e quell’accordo è asseverato dall’esperto e pubblicato, se anche malauguratamente l’impresa fallisse successivamente, la banca non dovrebbe restituire allo stato passivo quel 20% condonato (mentre in assenza di tale formalità, il curatore potrebbe contestare l’abuso del credito con remissione e chiederne la revoca come atto in frode, a seconda delle tempistiche).
  • Conversione del credito in partecipazione (debt-equity swap): ipotesi rara, ma non impossibile, è che la banca accetti di convertire il proprio credito (o parte) in capitale sociale o in uno strumento finanziario partecipativo dell’azienda. Ciò avviene di solito in crisi di aziende medio-grandi con banche disposte a diventare socie per attendere una valorizzazione futura (spesso coordinate dal Fondo di Ristrutturazione o simili). La composizione negoziata non prevede specifici incentivi per ciò, ma nulla lo vieta nel contratto di risanamento. La banca dovrà valutare i vincoli regolamentari (di solito le banche non possono detenere partecipazioni industriali se non temporaneamente). Uno scenario pratico è coinvolgere una merchant bank o un investitore terzo che rilevi la quota di debito dalla banca e la converti in equity, con la banca che esce. Ma questo esula dalla procedura in sé, è più un’operazione straordinaria contestuale.

Nuova finanza e finanziamenti ponte: spesso, per attuare il piano di risanamento, all’impresa servono ulteriori risorse finanziarie (ad esempio liquidità per pagare fornitori strategici, per fare manutenzioni, per ricostituire scorte). Durante la composizione negoziata, vi sono diversi modi per procurarsi nuova finanza:

  • Finanziamenti prededucibili autorizzati: l’art.10 co.2 lett. a D.L.118/21 prevede che, su autorizzazione del tribunale, l’imprenditore possa contrarre finanziamenti che saranno prededucibili ai sensi dell’art.111 L.F. (ora art.99 CCII). La prededuzione significa che, se poi si arriva a un fallimento o concordato, quei finanziamenti verranno rimborsati con priorità assoluta. Questa è una garanzia per chi presta i soldi (banche o soci). Quindi, se la banca è disposta a dare un nuovo credito durante la composizione negoziata, l’imprenditore può chiedere al giudice di autorizzarlo, garantendo così la banca che il credito nuovo verrà ripagato prima di tutti gli altri in caso di rovina. Ciò riduce il rischio per la banca e la rende più incline a erogare. L’esperto deve presumibilmente esprimere parere favorevole (infatti la norma dice “sentito l’esperto”). Tali finanziamenti possono essere anche postergati all’esito se invece il risanamento va bene (diventano normali crediti se l’azienda guarisce). In pratica, un’azienda di servizi digitali potrebbe convincere la Banca X a darle 50.000 € extra per investire in marketing durante la composizione, promettendo di restituirli comunque vada (in prededuzione se va male).
  • Finanziamenti dei soci: analogamente, la lettera b) dell’art.10 co.2 consente di autorizzare finanziamenti da parte dei soci senza applicazione della regola di postergazione ex artt.2467 cc. Quindi i soci possono immettere denaro in azienda come prestito e, se poi si va in insolvenza, quel prestito non sarà subordinato (solitamente i finanziamenti soci in crisi sono postergati). Questo è un incentivo notevole per i soci a mettere liquidità: sanno che se tutto fallisce, verranno rimborsati come fornitori (prededucibili se autorizzati, o almeno chirografari non postergati). Molti piani di risanamento prevedono l’apporto di nuova finanza dai soci stessi, beneficiando di questa norma.
  • Utilizzo cauto delle linee esistenti: in mancanza di nuovi prestiti, a volte l’unica risorsa è sfruttare appieno le linee di credito disponibili. Le misure protettive aiutano, come visto, a mantenerle aperte. Tuttavia, qui c’è un equilibrio da rispettare: tirare al massimo gli affidamenti durante la composizione può essere visto male dalle banche se sembra un azzardo (perché potrebbe configurare aggravamento del passivo). L’esperto di solito consiglia di utilizzarle per reale circolante necessario, non per coprire buchi improduttivi. Ad esempio, se c’è ancora margine su un fido, l’azienda lo userà per pagare materie prime che servono a evadere ordini (quindi generare incasso nuovo), non per pagare vecchi debiti non strategici (che sarebbe togliere liquidità senza futuro).
  • Garanzie pubbliche e supporto esterno: l’impresa in composizione negoziata può cercare di ottenere fondi con l’aiuto di garanzie statali. Es.: rivolgersi al Fondo PMI (gestito da MCC) per avere garanzia su un nuovo finanziamento bancario finalizzato al rilancio. Oppure, se è agricola, ottenere una garanzia ISMEA su un credito di conduzione. Nel 2023 è stato rinnovato il regime di garanzia SACE “SupportItalia” post-Covid per situazioni di temporanea carenza di liquidità. Queste opzioni, se disponibili, vanno coordinate col piano e con le banche: tipicamente la banca dirà “ti do nuovo prestito solo se coperto 80% da fondo centrale”, etc. L’esperto e i consulenti fiscali valuteranno la compatibilità con la normativa sugli aiuti e i requisiti.
  • Conservazione dell’affidamento autoliquidante: spesso la miglior nuova finanza è fare in modo che le banche continuino a anticipare i crediti futuri (es. anticipo fatture, anticipo export). Se l’impresa continua ad avere ordini e spedisce merci, le banche – se vedono serietà – continueranno a scontare le fatture. Questo flusso nuovo di anticipo su crediti commerciali funziona come ossigeno per l’azienda in procedura senza configurarsi neppure come “nuovo prestito” in senso stretto. Naturalmente la banca starà attenta a non aumentare l’esposizione totale oltre certe soglie, ma mantenere i castelletti attivi è già un contributo significativo.

Esempio pratico integrato: un’impresa edile in composizione negoziata ha in corso un mutuo ipotecario con Banca A (residuo € 500k, rata € 10k/mese) e uno scoperto di c/c con Banca B (€ 200k). Inoltre ha bisogno di € 100k per avviare un nuovo cantiere che le darà margini. Nel piano concordato con l’esperto, si prospetta che: Banca A allunghi il mutuo di 5 anni (riducendo la rata a € 6k/mese) e applichi tasso fisso ridotto dal 4% al 2%; Banca B trasformi lo scoperto in un finanziamento a 5 anni con 1 anno di preammortamento (nessun rimborso di capitale il primo anno, poi rate trimestrali); entrambe le banche sospendano ogni pretesa per 6 mesi (moratoria iniziale). Inoltre i soci della società edile apporteranno € 50k come finanziamento soci autorizzato (prededucibile) e un consorzio di garanzia fidi (Confidi) garantirà un nuovo prestito di € 50k da parte di Banca B per finanziare l’inizio del cantiere. Le banche aderiranno a queste condizioni e firmeranno un accordo con l’imprenditore e l’esperto. L’accordo verrà pubblicato e omologato come accordo di ristrutturazione, così i € 50k dei soci non saranno postergati e le banche potranno dedurre gli interessi non percepiti senza problemi.Questo esempio mostra una combinazione di misure: moratoria breve, riscadenzamento, abbassamento tassi, nuova finanza con garanzia, finanziamento soci. Un mix del genere è spesso necessario per far quadrare i conti di un risanamento.

La prospettiva delle banche nella rinegoziazione

Dal lato delle banche, come vivono queste rinegoziazioni?

In generale, le banche preferiscono soluzioni di allungamento e garanzie aggiuntive piuttosto che stralci. Ciò perché devono minimizzare le perdite e rispettare normative di bilancio. Tuttavia, c’è anche l’esigenza di evitare di tenere a lungo in bilancio crediti deteriorati che non producono interessi: ecco perché, se il piano appare debole, potrebbe paradossalmente convenire alla banca accettare un haircut e chiudere la posizione subito, piuttosto che congelare il credito per anni con scarsa remunerazione e rischio incerto.

Le autorità (BCE, EBA) valutano con attenzione le misure di forbearance (tolleranza) come rinegoziazioni di scadenze e tassi. Queste operazioni vengono classificate come “esposizioni oggetto di concessioni” (forborne exposures) e richiedono alla banca di tenerle monitorate per almeno 2-3 anni. Se l’impresa riprende a pagare regolarmente secondo il nuovo piano, l’esposizione potrà tornare “in bonis” dopo un certo periodo di osservazione. Questo fornisce una forte motivazione alla banca per costruire piani realistici: se fanno una ristrutturazione troppo ottimistica che poi fallisce, dovranno riclassificare a sofferenza e peggiorare la loro perdita. Se invece il piano è prudente e raggiungibile, hanno speranza di recuperare il credito e riclassificare a performing il debitore in futuro.

Documentazione e pareri esperto: per concludere con successo la rinegoziazione dei debiti bancari, un buon piano di risanamento attestato è essenziale. L’esperto indipendente, a termine delle trattative, redige una relazione finale che attesta quali soluzioni sono state trovate e se sono idonee a garantire la continuità. Se ad esempio l’esperto certifica che grazie alla dilazione e alla nuova finanza l’impresa potrà regolarmente far fronte ai debiti per almeno 2 anni di attività continuativa, quell’accordo avrà basi solide e potrà essere eventualmente reso pubblico per i benefici di legge. Le banche leggono attentamente la relazione dell’esperto e l’eventuale attestazione professionale di un esperto contabile sul piano. Spesso, parallelamente alla composizione, viene incaricato un professionista di stilare una attestazione di veridicità e fattibilità (simile a quella ex art.56 CCII per piani attestati) per dare comfort a banche e fisco. Ciò non è formalmente richiesto per l’accordo ex composizione (se firmato dall’esperto ne fa le veci), ma nella pratica le banche gradiscono numeri certificati.

In sintesi, la composizione negoziata offre un contenitore flessibile entro cui costruire una nuova “piramide” del debito più sostenibile: si sposta il breve sul medio termine, si modulano i pagamenti alle capacità effettive dell’impresa, si taglia il costo del debito, e ci si assicura risorse fresche per tornare a crescere. È una trattativa complessa, che richiede competenze legali, finanziarie e la buona volontà di entrambe le parti. Le banche, da parte loro, seguono linee guida interne per le ristrutturazioni (credit policy): tendono a chiedere piani industriali credibili, impegni dei soci, e garanzie aggiuntive (reali o personali). Ad esempio, potrebbero richiedere che un nuovo socio apporti capitale proprio (non solo prestito) a fondo perduto, oppure che il socio di riferimento offra una garanzia ipotecaria sul proprio immobile per garantire i nuovi piani di rientro. Ogni caso è una negoziazione a sé, ma la cornice protettiva e negoziale messa a disposizione dalla composizione consente a tali discussioni di svolgersi con ordine e con un orientamento al risultato, invece che in un clima conflittuale.

Tabelle riepilogative – Ristrutturazione dei debiti bancari nella composizione negoziata

StrumentoDescrizioneVantaggio per impresaVantaggio per banca
Moratoria pagamenti (volontaria)Sospensione temporanea pagamento rate (capitale o intera rata) per X mesiSollievo immediato cassa; tempo per attuare pianoEvita default immediato; preserva chance recupero integrale se l’impresa si riprende
Allungamento scadenze (riscadenziamento)Estensione durata mutui/fidi (consolidamento debito breve in mutuo LT)Rate più basse, flussi coerenti con capacità di rimborso futuraMaggior probabilità di rimborso completo, riduzione rischio insolvenza
Riduzione tassi interesseAbbassamento tasso su prestito ristrutturatoRiduce oneri finanziari, migliora utili futuriAumenta sostenibilità piano, riduce probabilità di nuovo default (NB: possibile rinuncia a parte interesse)
Preammortamento / grace periodPeriodo iniziale senza rimborso capitale (solo interessi o nulla)Concentra esborsi quando la situazione migliora (es. dopo 6-12 mesi)Aumenta chances che l’impresa superi fase critica e poi paghi; nel frattempo incassa almeno interessi (se previsti)
Stralcio parziale debito (haircut)Cancellazione concordata di una quota di credito (capitale o interessi maturati)Riduce indebitamento complessivo a livello sostenibile; elimina parte di passivitàIncasso immediato della parte restante (se concordato pagamento rapido); evita lunghe attese e costi legali; deducibilità fiscale perdita
Conversione debito in equityBanca (o terzo) converte credito in quota capitale o strumenti partecipativi dell’impresaAlleggerisce la posizione debitoria, rafforza patrimonio netto (migliora leverage)Potenziale recupero indiretto tramite futuro valore azienda; evita di dover svalutare completamente il credito (lo trasforma in investimento)
Nuovo finanziamento prededucibileNuovo credito concesso durante composizione (autorizzato da giudice) con prelazione di rimborsoAggiunge liquidità per sostenere il rilancio (fornitori, scorte, investimenti)Rischio contenuto: se l’azienda fallisce poi, la banca è prededucibile (prioritaria) e viene pagata per prima
Finanziamento soci non postergatoApporto di denaro dai soci come prestito da restituire (autorizzato)Aumento risorse disponibile senza diluizione immediata; soci incentivati a investire perché credito non verrà subordinato– (non riguarda banca, ma migliora situazione patrimoniale debitrice, quindi indirettamente banca più tutelata)
Convenzione di moratoria (collettiva)Accordo con la maggioranza delle banche per sospendere scadenze, efficace anche su minoranza dissenziente (se omologato)Moratoria generalizzata su esposizioni bancarie, evitando che una banca agisca separatamenteGestione unitaria del rischio creditizio; ottiene impegno di più banche (tutte vincolate dalle stesse condizioni)

Nelle colonne dei vantaggi si evidenzia come molte misure siano win-win se ben calibrate: l’impresa evita il collasso e la banca massimizza il recupero evitando la via giudiziale (dove, ricordiamo, le percentuali di soddisfo per i chirografari possono essere assai basse e i tempi lunghi).

Nota settoriale: in alcuni settori, certe misure sono più frequenti: nell’agricoltura ad esempio gli allungamenti di mutui agrari sono spesso accompagnati da moratorie sulle cambiali agrarie e intervento di ISMEA; nell’edilizia le banche spesso puntano a conversioni di crediti in partecipazioni nei veicoli immobiliari (per completare cantieri e vendere); nel settore commercio le moratorie su mutui immobiliari di locali commerciali possono essere coordinate con riduzioni temporanee di affitti (dunque banche e locatori entrambi “concedono fiato”); nel settore servizi avanzati (IT, startup) è più probabile vedere conversioni debito-equity se la banca ha un braccio di venture capital o se subentrano investitori. L’imprenditore, col supporto del professionista, deve conoscere le prassi del proprio settore e magari riferirsi a casi analoghi di successo per proporre soluzioni credibili alle banche.

Simulazione (Caso Pratico) – Negoziare con la banca una ristrutturazione del mutuo:
Un piccolo hotel (settore servizi-turismo) ha un mutuo residuo di €1 milione con scadenza in 8 anni, ma a causa di due anni di perdite non riesce a pagare le rate da 6 mesi. Entra in composizione negoziata. Con l’aiuto dell’esperto e un business plan aggiornato che mostra prenotazioni in ripresa, negozia con la Banca: propone di estendere il mutuo a 15 anni, capitalizzare gli arretrati (aggiungerli al capitale residuo) e abbassare il tasso dal 3% al 2%, ottenendo così una rata dimezzata. La banca valuta che, se dichiarasse default e pignorasse l’hotel, il valore d’asta oggi sarebbe forse €700k (per via del mercato ancora debole). Invece, sostenendo l’albergo, potrebbe recuperare €1M spalmato nel tempo, con interessi seppur minori. Decide quindi di accettare la rinegoziazione, magari chiedendo come contropartita una garanzia statale su una parte del credito (fa aderire l’operazione al Fondo PMI turismo). L’accordo viene formalizzato come piano attestato ex art.56 CCII e pubblicato. L’hotel riprende i pagamenti regolarmente secondo il nuovo piano.

In questo caso la banca ha preferito allungare e ridurre tasso, anziché portare l’azienda al fallimento con probabile forte decurtazione del credito. La presenza della composizione negoziata e la relativa procedura con esperto ha aiutato a creare fiducia, grazie anche all’attestazione indipendente sulle stime di ripresa del turismo locale.

I consulenti legali e finanziari dovranno stendere gli accordi in modo chiaro: ad esempio, in un Contratto di Ristrutturazione allegato alla relazione finale dell’esperto, si dettaglierà per ogni banca: nuovo piano di ammortamento, eventuale garanzia aggiuntiva, clausole di salvaguardia (ad es. impegno dell’impresa a destinare il 50% di eventuali extra-profitti al rimborso anticipato). Tali accordi una volta sottoscritti sono vincolanti come qualsiasi contratto; se poi si vuole dargli più forza esecutiva, si può chiedere l’omologazione in tribunale (nel caso di accordi ex art.57 CCII). Ma attenzione: anche senza omologa, se l’accordo è pubblicato con l’intervento dell’esperto, esso produce gli effetti protettivi di legge (niente tasse su stralci, niente revocatoria, ecc.).

Chiudiamo questa parte con un’occhiata alle possibili domande frequenti legate a moratorie e rinegoziazioni, che poi svilupperemo meglio nella sezione FAQ:

  • Le banche sono obbligate a concedere moratorie o allungamenti?No, è frutto di negoziazione volontaria. La legge impone di trattare, ma non può imporre alla banca di accettare condizioni se non le reputa ragionevoli. Sta all’imprenditore costruire una proposta convincente. Tuttavia, il quadro di crisi spinge spesso le banche ad aderire, perché l’alternativa (il default del cliente) è peggiore.
  • Cosa succede se una banca non vuole aderire ma le altre sì? – Se è minoritaria, si può valutare la convenzione di moratoria a maggioranza (per sospendere) o un accordo di ristrutturazione omologato cram-down (se si raggiunge il 60-75% di consensi). Se è determinante e rifiuta, l’impresa dovrà forse ripiegare su un concordato preventivo per imporre la falcidia (con tutti i pro e contro del caso).
  • Durante le trattative posso smettere di pagare i debiti bancari correnti? – Pagare o meno le rate in corso dipende dall’accordo sulle misure protettive. Se hai protezione, i creditori non possono costringerti a pagare quelle scadute. È però buona prassi pagare almeno gli interessi maturanti e magari quote capitali se sostenibile: dimostra buona fede e riduce l’accumulo di arretrati. Ogni euro pagato in più, comunque, va in conto al piano. Se c’è moratoria concordata, seguirai quella (es. paghi solo interessi).
  • La rinegoziazione del debito bancario ha costi o spese? – Solitamente la banca può richiedere il rimborso di spese vive (es. spese notarili se serve atto per ipoteca integrativa, commissioni legali per modificare contratti, imposta sostitutiva su mutui nuovi ecc.). In generale, però, molte banche nel contesto di ristrutturazione rinunciano a commissioni aggiuntive, anche perché eventuali costi potrebbero essere considerati come nuovi oneri sul debitore in crisi (non ben visti). Sul piano fiscale, gli atti di rinegoziazione spesso beneficiano del regime di esenzione dall’imposta di registro se parte di accordi di ristrutturazione omologati (ma in contesto puramente privatistico, l’imposta di registro su garanzie ipotecarie aggiuntive rimane proporzionale, un problema segnalato anche dagli esperti).

Dopo aver esaminato come negoziare la materia viva del credito (scadenze, tassi, importi), passiamo a guardare più da vicino cosa accade alle garanzie e ai privilegi bancari nella composizione negoziata, nonché alle segnalazioni in Centrale Rischi – aspetti strettamente connessi alle dinamiche fin qui descritte.

Garanzie e privilegi: effetti della procedura sulle tutele dei creditori

Nel contesto dei rapporti banca-impresa, un ruolo cruciale è giocato dalle garanzie che assistono i crediti bancari. Queste possono essere garanzie reali (ipoteche su immobili, pegni su macchinari, su merci o crediti, privilegio speciale su beni agrari o industriali) oppure garanzie personali (fideiussioni di soci o terzi, avalli, lettere di patronage). Vi sono poi i privilegi legali di cui godono alcuni crediti (es. il privilegio generale sui mobili ex art.2745 c.c. per le banche che hanno finanziato l’acquisto di macchinari in leasing, ecc.). Analizziamo come la composizione negoziata influenza queste garanzie e privilegi.

Garanzie reali (ipoteche, pegni)

Durante la composizione negoziata: le misure protettive impediscono la escussione delle garanzie reali da parte delle banche. Quindi:

  • Se vi è un’ipoteca su un immobile aziendale (es. capannone a garanzia di mutuo), la banca ipotecaria non potrà iscrivere ipoteca di grado ulteriore per credito residuo (divieto nuovi diritti di prelazione) né avviare/eseguire un’espropriazione immobiliare (divieto azioni esecutive) fino a scadenza delle misure.
  • Nel caso di pegno su beni mobili registrati (es. pegno su quote societarie) o su beni mobili (scorte, magazzino) a favore della banca, questa non può venderli (come sarebbe suo diritto dopo intimazione) durante la protezione.
  • I privilegi speciali (come il privilegio agrario o quello su impianti industriali ex art.46 TUB in caso di mutuo fondiario) di per sé non si “perdono”: restano in essere, ma la banca titolare di privilegio non può procedere alla vendita forzata del bene gravato durante il periodo protetto.

La composizione negoziata di per sé non prevede riduzioni coattive dei diritti di prelazione (a differenza ad esempio del concordato preventivo dove si può prevedere la soddisfazione parziale dei creditori con privilegio). Pertanto:

  • Le garanzie reali restano intatte nella loro efficacia. Questo è importante da spiegare anche alle banche: partecipare alla composizione negoziata non fa decadere le ipoteche o i pegni. Esse rimangono a garantire i crediti sottostanti per tutta la procedura e anche oltre, se non diversamente pattuito. Ad esempio, se la banca ha ipoteca di 1° grado su un immobile di valore 500k a fronte di credito 400k, quell’ipoteca rimane come sicurezza. Nel caso in cui la composizione fallisca e si arrivi a fallimento, la banca sarà un creditore privilegiato (ipotecario) con diritto di prelazione su quel cespite.
  • Tuttavia, se l’accordo di ristrutturazione comporta modifica dell’importo dovuto, la portata della garanzia si adegua: se la banca acconsente a ridurre il credito del 20%, l’ipoteca ovviamente garantirà solo il nuovo importo, mentre per l’eccedenza non dovuta l’ipoteca in teoria potrebbe essere ridotta (la banca dovrebbe acconsentire a ridurre l’ipoteca proporzionalmente, anche se non sempre ciò avviene formalmente immediatamente). Se invece il piano prevede solo allungamento e non falcidia, le ipoteche permangono integralmente a garanzia del pagamento integrale differito.
  • Le banche a volte richiedono estensione o rinnovo di garanzie nel contesto dell’accordo. Ad esempio, se un’ipoteca decennale sta per scadere (ipoteche giudiziali, ipoteche volontarie si devono rinnovare dopo 20 anni), la banca potrebbe chiedere all’imprenditore di rinnovarla come condizione dell’accordo, oppure di incrementare il grado (ponendo un’ipoteca di 2° grado se c’è capienza, per garantire eventuali ulteriori interessi futuri). Tali atti, se fatti dopo la presentazione dell’istanza di composizione, richiedono l’accordo del debitore e l’autorizzazione del tribunale (perché potrebbero essere considerati nuovi vincoli su beni del debitore, teoricamente vietati senza consenso). In genere, vengono predisposti come parte integrante del piano e l’autorizzazione viene concessa contestualmente all’omologa dell’accordo (se c’è omologa) o come clausola del contratto pubblicato.
  • Caso particolare: garanzie su linee autoliquidanti. Spesso le banche hanno pegno su titoli o su crediti commerciali a fronte di anticipi. Se i crediti anticipati non vengono pagati dai debitori ceduti, la banca ha il diritto di rivalersi sul debitore cedente. Durante la composizione, se le fatture anticipate prima della procedura non vengono incassate, la banca di solito compensa quei mancati incassi con il fido (cioè riduce il castelletto di pari importo). Le misure protettive e l’accordo possono disciplinare come trattare queste situazioni: ad esempio, il tribunale può vietare di escutere immediatamente pegni su effetti cambiari, chiedendo di attendere la trattativa (come visto in Trib. Parma 2022, divieto di operazioni di rientro su linee autoliquidanti). Nel piano finale poi si stabilirà come ripartire perdite su crediti non incassati (a volte la banca se li addebita sul conto del debitore, aumentando l’esposizione consolidata).
  • Effetti su revocatoria fallimentare: uno dei vantaggi dell’operare in composizione negoziata è proteggere le garanzie da eventuali contestazioni di revocatoria se successivamente la crisi sfocia in fallimento. Ad esempio, se la banca durante la trattativa ottiene una nuova ipoteca per maggior credito o accetta un pagamento, potrebbe temere la revocatoria (pagamenti e garanzie nei 6-12 mesi prefallimento sono di solito revocabili ex art. 164 e 166 CCII). Ebbene, l’art.12 D.L.118/21 (ora recepito nel CCII) prevede che gli atti autorizzati dal tribunale ex art.10 (come nuove garanzie concesse, pagamenti eseguiti secondo il piano autorizzato dall’esperto) conservano i loro effetti anche se successivamente si passa a concordato o fallimento. Inoltre, se l’accordo è concluso e pubblicato, i pagamenti e garanzie ivi previsti non saranno soggetti a revocatoria (come da regole generali su piani attestati e accordi omologati esenti da revoca). Quindi, le banche possono stare relativamente tranquille che un’ipoteca concessa come parte di un piano di salvataggio non verrà poi rimossa dal curatore, a patto di rispettare le formalità (far risultare l’ipoteca come attuazione di accordo ai sensi di legge). Se invece un accordo non c’è e l’impresa fallisce, eventuali ipoteche prese dopo l’inizio negoziazioni ma senza ombrello legale potrebbero essere contestate.

E dopo la composizione, se fallisce il risanamento? Se malauguratamente la composizione non porta a un risanamento duraturo e l’impresa finisce in liquidazione giudiziale (fallimento):

  • Le garanzie reali precedenti (ipoteche iscritte prima, pegni costituiti prima) restano valide e i crediti delle banche saranno privilegiati sul ricavato di quei beni. Ad esempio, la banca con ipoteca sul magazzino sarà ammessa al passivo come ipotecaria. La differenza rispetto a prima è che le eventuali nuove garanzie costituite durante la composizione, se autorizzate, sono anch’esse valide (non cadono nel principio della par condicio violata). Se non autorizzate, potrebbero essere inefficaci se costituite in periodo sospetto.
  • Qualunque rinuncia alle garanzie concordata nell’accordo rimane valida. A volte le banche potrebbero aver accettato di liberare una garanzia (es. togliere pegno su determinati beni per permetterne la vendita e incasso a beneficio del piano). Se ciò è avvenuto come adempimento di accordo poi non concluso felicemente, la banca ha perso quella garanzia (a meno che l’accordo prevedesse la riacquisizione della garanzia in caso di default, ma ciò è raro e complesso).
  • In sede fallimentare, poi, i crediti bancari saranno insinuati per l’importo eventualmente ristrutturato. Ad esempio, se la banca aveva accettato uno stralcio del 30%, supponiamo che l’impresa poi fallisca prima di pagare tutto il 70%. La banca potrà insinuarsi solo per il 70% (quello residuo riconosciuto), non potrà ripristinare il vecchio importo (salvo tentare di risolvere l’accordo per inadempimento, ma in fallimento conclamato è improbabile). Viceversa, se l’accordo prevedeva pagamento integrale ma in tempi più lunghi, la banca insinuerà l’intero capitale residuo, meno eventuali acconti incassati.

Garanzie personali (fideiussioni, avalli)

Fideiussioni di soci o terzi: la composizione negoziata, come accennato, non estende automaticamente la protezione ai garanti personali. Ciò ha implicazioni importanti:

  • La banca, se vede l’azienda in difficoltà e sotto composizione, potrebbe attivarsi per chiedere il pagamento ai fideiussori (spesso i soci o gli amministratori che hanno garantito i debiti bancari). Questo può mettere pressione sull’imprenditore – a volte voluta dalla banca come leva negoziale. La legge non lo vieta espressamente, perché l’azione verso il fideiussore non è un’azione sul patrimonio del debitore. Tuttavia, eticamente e in ottica di buona fede, se c’è un dialogo in corso e i fideiussori sono spesso le stesse persone che stanno cercando di salvare l’impresa, molte banche sospendono volontariamente anche l’escussione dei garanti durante le trattative, oppure la subordinano all’esito (ad es. inserendo clausole nel nuovo accordo in cui si mantiene la fideiussione ma non la si escute a patto di rispetto del piano). A volte le banche chiedono ai garanti di firmare un atto di stabilità: per esempio, il garante conferma la fideiussione anche per il debito ristrutturato e la banca si impegna a non agire se il debitore rispetta il piano. Su questo terreno è tutta negoziazione contrattuale, non ci sono obblighi legali precisi.
  • Se la banca invece procedesse contro il fideiussore durante la composizione e ottenesse il pagamento da lui, cosa succede? Il garante subentrerebbe (surroga) nei diritti della banca, diventando creditore dell’impresa. Formalmente questo non infrange la protezione dell’impresa (perché il pagamento è venuto dal garante, non dall’impresa), ma potrebbe complicare le trattative: il garante a quel punto avrà un credito in più da soddisfare. Idealmente, sarebbe opportuno integrare nel piano anche la posizione dei garanti: ad esempio, prevedendo che se il piano va a buon fine e i debiti sono pagati, la banca libererà il garante; se il piano salta, allora potrà rivalersi sul garante. Tale pattuizione “stand-by” spesso appare nei patti aggiuntivi.
  • Nel caso di garanti professionali (es. Confidi, fondi di garanzia pubblici): questi soggetti di solito pagano la banca in caso di inadempimento e poi rivaleggono come creditori. Durante la composizione, se la banca attiverebbe la garanzia Confidi per incassare, quell’incasso è come un pagamento ricevuto (quindi la banca sarebbe soddisfatta, e il Confidi diverrebbe creditore surrogato dell’impresa). Anche qui, l’impresa deve tenere conto di questi attori: può essere utile coinvolgere il Confidi al tavolo per concordare un eventuale contributo (magari il Confidi preferisce prolungare la garanzia invece di pagare subito, se crede nel piano).
  • Liberazione dei garanti: un punto che spesso interessa all’imprenditore è liberare i garanti personali (tipicamente i propri familiari) dall’incubo della fideiussione. Con la composizione negoziata, ciò può essere ottenuto contrattualmente: ad esempio, l’accordo potrebbe prevedere che ad esito positivo (pagamento integrale del 80% pattuito del debito) la banca rinuncia formalmente alle fideiussioni. Tale clausola è auspicabile ma la banca la concederà solo se ha fiducia e se i garanti magari offrono qualche supporto (ad esempio, il garante ipoteca un suo bene in favore della banca per il nuovo piano, ma in cambio la sua fideiussione viene limitata). Se non pattuito, la regola generale è che la soddisfazione parziale del credito non libera il fideiussore dal residuo, salvo che il creditore abbia espressamente rinunciato pro quota. Quindi, attenzione: se la banca fa uno sconto 20% al debitore principale ma non dichiara nulla sul garante, in teoria potrebbe ancora chiedere al garante quel 20% (a titolo di obbligazione accessoria, l’obbligazione del fideiussore eccede ciò che è dovuto dal debitore? Ci sono questioni giuridiche – di solito la giurisprudenza dice che il garante non può essere tenuto a più di quanto deve il debitore, quindi se il debito è stato ridotto legalmente, anche la garanzia si riduce – vedi considerazioni su sopravvenienza attiva da stralcio e pubblicazione piano, che implica efficacia erga omnes). Comunque, è bene formalizzare la posizione dei garanti nell’accordo per evitare contenziosi futuri.

Privilegi e rango dei crediti bancari

Nel caso l’impresa poi acceda a un concordato o fallimento, i crediti bancari saranno soddisfatti secondo il loro rango:

  • Crediti ipotecari: privilegiati fino a capienza del bene ipotecato.
  • Crediti chirografari (senza garanzie): qui i crediti delle banche concorrono con altri creditori chirografari. Una particolarità: le banche che hanno fornito credito in conto corrente, anticipi ecc., spesso sono considerate creditori “ordinari” senza privilegio. Non c’è alcun privilegio generale per i crediti bancari (a differenza dei lavoratori o del fisco). Quindi se non c’è garanzia, sono chirografari puri.
  • Crediti assistiti da privilegio legale: ad esempio, l’art. 46 del Testo Unico Bancario dava un privilegio speciale su impianti e beni per finanziamenti a medio termine a imprese artigiane (questa norma però con l’entrata in vigore del CCII potrebbe aver subito abrogazioni, quindi occorre verificare caso per caso).
  • Nuova finanza prededucibile: come detto, se autorizzata, la banca che ha dato finanziamento durante la composizione sarà in prededuzione, quindi super-prioritaria (anche sopra i crediti con privilegio).
  • Interessi nelle procedure concorsuali: ricordiamo che in fallimento gli interessi maturano solo fino alla data di apertura procedura concorsuale per i chirografari (si fermano), e per gli ipotecari maturano fino ai limiti di capienza del valore bene. Nel concordato, di regola gli interessi ultraprocedurali non sono dovuti salvo patti. Nella composizione negoziata, invece, non essendoci una procedura concorsuale, gli interessi continuano a maturare contrattualmente. Ecco perché è importante regolare negli accordi il trattamento degli interessi: se si sospendono le rate per 6 mesi, occorre chiarire se gli interessi di quei 6 mesi si accumulano (capitalizzati) o se l’impresa li paga comunque. L’art.14 D.L.118/21 taglia gli interessi su debiti fiscali al tasso legale, ma non c’è analoga norma per gli interessi bancari (che dipendono dal contratto). Quindi, conviene contrattare una soluzione equa (es: niente interessi di mora per il periodo di moratoria, applicare solo tasso base, ecc.).

Riassumendo in ottica difensiva per l’imprenditore:

  • Salvaguardare i beni dati in garanzia: se alcuni beni aziendali essenziali (capannoni, macchinari) sono ipotecati o pignorati, la composizione con misure protettive li mette al riparo temporaneamente. Durante quel periodo, potrebbe essere valutato se vendere volontariamente qualche bene per ridurre il debito (magari vendere un immobile non strategico per incassare e pagare la banca ipotecaria parzialmente – il tribunale può autorizzare la vendita senza aste e senza perdere l’ipoteca, secondo art.10 co.2 lett. d D.L.118/21). Ad esempio, un agriturismo ipotecato potrebbe vendere un terreno secondario libero da ipoteca con autorizzazione e destinare il ricavato alla banca per abbattere il mutuo.
  • Proteggere i garanti: l’avvocato dell’imprenditore dovrebbe subito contattare le banche chiedendo espressamente una moratoria anche sulle escussioni delle fideiussioni, almeno durante la procedura. Se una banca si mostra aggressiva verso un garante, valutare se ciò violi i doveri di buona fede (non è chiaramente vietato, ma in caso di eccesso si potrebbe prospettare un ricorso d’urgenza sostenendo che la banca abusa). Non esistono precedenti noti di tribunali che inibiscano la banca dall’agire verso un garante, ma chissà in futuro (alcuni autori ipotizzano che l’estensione ai coobbligati sarebbe opportuna in sede di riforma).
  • Chiarire le sorti delle garanzie nel piano finale: ad esempio inserire clausole su liberazione di pegni o riduzione ipoteche contestuali all’esecuzione del piano. Se l’imprenditore offre nuove garanzie (es. una seconda ipoteca su casa del socio), contrattare che siano cancellate a esito avvenuto per la parte di debito pagata.
  • Consapevolezza dei limiti: se la componibilità con le banche non è possibile perché chiedono sacrifici troppo grandi (ad esempio garanzie che l’imprenditore non ha, o piani di rientro insostenibili), la composizione negoziata non potrà imporli. In tali casi estremi, l’unica via è un concordato preventivo liquidatorio o con continuità, dove le banche ipotecarie possono essere soddisfatte fino a concorrenza del valore del bene e i chirografari prendono quello che rimane. Tuttavia, l’esperto avviserà se il piano appare non fattibile per mancanza di accordo su garanzie: se una banca ipotecaria non aderisce e blocca tutto, l’impresa può chiedere concordato per vendere il bene ipotecato in procedura (dove la banca verrà soddisfatta col ricavato).

Tabella 3 – Garanzie e fideiussioni: impatto della composizione negoziata

Tipo di GaranziaStato durante composizioneConsiderazioni
Ipoteca su immobile aziendaNon escutibile (asta sospesa se avviata) durante misure protettive; rimane a garanzia integrale del credito (salvo accordo di riduzione)L’ipoteca resta valida, banca ipotecaria privilegiata. Possibile vendita autorizzata dell’immobile senza aste con consenso banca (trattativa privata)
Pegno su beni mobili / titoliNon escutibile (vendita sospesa) durante protezione; rimane vincolanteL’accordo può prevedere liberazione di pegno se banca riceve pagamenti parziali. Se pegno su crediti anticipati, banca compensa insoluti nel piano di ristrutturazione.
Fideiussione omnibus socioBanca può escutere il garante (non protetto da misure). In pratica molte sospendono volontariamente l’escussione durante trattativeOpportuno negoziare standstill su fideiussioni. Prevista surroga: se garante paga, subentra come creditore. Inserire clausole di liberazione garante a fine piano se possibile.
Garanzia Stato / ConfidiSe attivata, ente paga banca e diventa creditore surrogato (spesso chirografario privilegiato ex legge)Meglio coordinare col piano: chiedere a garanzia pubblica di prolungare copertura su prestito rinegoziato invece di escutere subito.
Nuove garanzie concesse in pianoNecessarie autorizzazione tribunale (se su beni esistenti del debitore) e accordo debitoreGaranzie concesse in attuazione piano e autorizzate non soggette a revocatoria. Banco consapevole di formalizzare tali atti come parte dell’accordo.
Privilegi legali su beni (es. privilegio macchinari)Azione esecutiva sospesa, privilegio permaneNei piani, crediti con privilegio vanno soddisfatti almeno per valore bene sottostante se venduto; se l’azienda prosegue, privilegio continua finché debito non pagato.

Questa panoramica evidenzia che la composizione negoziata offre un periodo cuscinetto in cui le garanzie non vengono toccate ma neppure fatte valere: tutto è congelato per permettere un accordo. Sta poi all’accordo ridefinire (se del caso) la struttura di garanzie a lungo termine accettabile per entrambe le parti.

Centrale dei Rischi e segnalazioni: impatto della crisi sulla reputazione creditizia

Un elemento delicato nel rapporto tra impresa e banche è la gestione delle segnalazioni in Centrale dei Rischi di Banca d’Italia (e analoghe SIC – Sistemi di Informazione Creditizia privati). Quando un’impresa entra in una fase di crisi conclamata, c’è il rischio che le banche classifichino le sue esposizioni come “sofferenze” o “inadempienze probabili (UTP)”, il che viene segnalato e può precludere la concessione di nuovo credito. Nel contesto della composizione negoziata, l’obiettivo è evitare che l’accesso alla procedura si traduca automaticamente in una “condanna” reputazionale definitiva, mentre al contempo mantenere una corretta rappresentazione del rischio.

Vediamo i punti chiave:

  • Status pre-procedura: prima dell’accesso alla composizione negoziata, l’azienda potrebbe già avere segnalazioni di tipo “a incaglio” (vecchio termine per UTP) o sofferenza se la situazione era degradata. Se invece era relativamente in bonis ma in peggioramento, potrebbe avere solo segnalazioni di sconfino o ritardo. La decisione di avviare la composizione spesso coincide con un momento in cui la situazione sta per deteriorarsi, quindi magari è stata anticipata di poco la classificazione come deteriorato.
  • Linee guida Banca d’Italia: come accennato, Banca d’Italia con gli aggiornamenti alle Istruzioni della Centrale Rischi ha esortato a non classificare immediatamente a sofferenza un’impresa solo perché ha avviato una procedura di regolazione della crisi (specie se essa è finalizzata al risanamento e non alla liquidazione). La distinzione tipica è:
    • Sofferenza: dovrebbe essere riservata ai debitori in stato di insolvenza grave e irreversibile, quando c’è quasi certezza di perdite. Implica un giudizio di “insolvibilità totale o equiparabile”.
    • Inadempienza probabile (UTP): si usa quando il debitore è in difficoltà ma recuperabile, o comunque quando la banca ritiene improbabile che il debitore adempia integralmente senza azioni come ristrutturazione, ma non c’è insolvenza conclamata.
    • Scaduto/sconfinante: quando vi sono arretrati oltre 90 giorni oltre una certa soglia ma non necessariamente segni di insolvenza duratura.
    Nel contesto di una composizione negoziata attiva, l’indicazione è di classificare come UTP (Unlikely To Pay) i crediti verso l’impresa, a meno che – come detto – vi fossero già elementi da sofferenza (ad esempio, l’azienda ha azzerato patrimonio e cessato i pagamenti, allora anche in composizione di fatto è insolvente). E anche quell’UTP dovrebbe rimanere tale sospensivamente, attendendo l’esito della procedura. L’ABI con i suoi documenti (e.g. circolari del Comitato crediti) ha diffuso questo approccio, poiché segnalare a sofferenza prematuramente potrebbe “uccidere” il paziente.
  • Implicazioni pratiche per l’impresa: una segnalazione a “inadempienza probabile” in Centrale Rischi è comunque una segnalazione di credito deteriorato, ma di gravità minore rispetto alla sofferenza.
    • Con UTP ancora c’è speranza: la banca indica che sta seguendo un percorso di rientro. Altre banche, vedendo la CR, capiscono che quell’impresa è in difficoltà ma non definitivamente persa. Potranno comunque essere restie a dare nuovo credito, però potrebbero mantenere le linee esistenti condizionate.
    • Una segnalazione a sofferenza invece equipara l’impresa a un insolvente: le banche devono accantonare molto capitale a rischio, non possono per regole interne erogare altro, e spesso chiudono ogni rapporto. Inoltre la sofferenza in CR è visibile a tutti gli intermediari finanziari e anche a controparti (assicurazioni, società di leasing) e comporta l’azzeramento del rating.
    Quindi è cruciale per l’imprenditore cercare di evitare la sofferenza in CR. Come? Presentando il proprio caso alle banche in modo da convincerle ad attuare la linea ABI/Banca d’Italia. In pratica, quando si avvia la composizione, l’imprenditore (magari tramite l’esperto) può scrivere alle banche qualcosa del tipo: “Abbiamo avviato la composizione negoziata con prospettive di risanamento, vi preghiamo di gestire la posizione in CR come UTP e non sofferenza, in coerenza con le Istruzioni di vigilanza, in attesa di definire l’accordo”. Non è un diritto codificato, ma è supportato dalle raccomandazioni di sistema.
  • Se l’impresa era già segnalata a sofferenza: può succedere che l’impresa acceda tardivamente, quando la banca l’ha già degradata. In tal caso, difficilmente la banca “declassa” indietro ad UTP solo perché c’è la composizione (una volta in sofferenza, di solito rimane tale finché c’è esposizione). Tuttavia se l’accordo viene raggiunto e attuato, la banca potrà eventualmente riportare la posizione a in bonis (soprattutto se c’è stata transazione del debito, quindi il debito residuo è nuovo e performing).
  • Mancato accordo e segnalazioni: se la composizione fallisce, la banca quasi sicuramente passerà a sofferenza il credito (se già non lo era) e attiverà le procedure.
  • Completamento con successo: se un accordo viene concluso e l’impresa riprende a pagare regolarmente le rate secondo piano, le banche – di solito dopo qualche mese di performance positiva – potranno riclassificare l’esposizione come “in bonis ristrutturato”. Formalmente sarà considerata forborne performing per un periodo di monitoraggio (due anni ad esempio), dopodiché se tutto ok, torna standard. Quindi, a posteriori, il “marchio” può essere tolto.
  • Altri sistemi di informazione creditizia (CRIF, Cerved ecc.): oltre alla CR gestita da Banca d’Italia (che copre crediti >30k e in generale sistema bancario), esistono SIC privati dove vengono registrate informazioni creditizie come ritardi nei pagamenti di finanziarie, leasing ecc., e informazioni pregiudizievoli (protesti, pignoramenti). Se l’impresa beneficia di misure protettive, ad esempio, e quindi un creditore non ha potuto pignorarla, quell’informazione positiva non appare (meglio per rating). Ma se ci sono ritardi su finanziamenti <30k, potrebbero risultare su CRIF come “posizione ristrutturata” ecc. Insomma, la reputazione creditizia subisce comunque un colpo. L’impresa deve essere consapevole che, durante e immediatamente dopo la composizione, ottenere nuovo credito sul mercato libero sarà difficile.
    Le banche stesse di solito congelano le nuove erogazioni: non è obbligatorio, ma quasi sempre sospendono l’uso di linee per nuovi investimenti (concentrandosi sul mantenere quelle esistenti). Solo la banca eventualmente coinvolta in nuovo finanziamento prededucibile fa eccezione (ma appunto, quello è coperto).
  • Centrale Rischi e imprenditori individuali: Nel caso di imprese individuali o società di persone, la segnalazione a sofferenza colpisce anche la persona fisica imprenditore (codice fiscale) in CR. Ciò può avere riflessi su eventuali affidamenti personali. Nella composizione, se la ditta individuale negozia con le banche, la persona fisica corrisponde ad essa e patisce le stesse segnalazioni. Un motivo in più per battersi per la classificazione meno penalizzante possibile.

Giurisprudenza sulla Centrale Rischi: La Cassazione già da tempo ha stabilito che la segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi deve avvenire solo quando il debitore versi in stato di insolvenza grave e non per mero ritardo temporaneo. Segnalare indebitamente un cliente come sofferente può dar luogo a responsabilità risarcitoria della banca per lesione dell’immagine creditizia. Ci sono state cause in cui imprenditori hanno ottenuto risarcimenti perché la banca li aveva segnalati a sofferenza senza giusta causa, compromettendo i rapporti con altre banche. Nel contesto della composizione negoziata, se una banca segnalasse sofferenza pur in presenza di un piano ragionevole in corso, si potrebbe arguire che la segnalazione è prematura e foriera di danno (perché rischia di far saltare la trattativa stessa, togliendo fiducia degli altri). Il documento del Massimario Cassazione 2025 sottolinea proprio questo: “Chi avvia la procedura deve poter contare sulla neutralità dell’accesso”, e che le banche non possono modificare la classificazione solo per l’accesso alla procedura. Tale affermazione, pur non essendo in una sentenza di merito, offre un chiaro indirizzo interpretativo: la semplice notizia dell’accesso alla composizione non equivale automaticamente a default, quindi da sola non giustifica l’iscrizione a sofferenza.

Cosa può fare dunque l’imprenditore/professionista:

  • Dialogare con gli uffici fidi delle banche per concordare come verrà gestita la segnalazione. Chiedere esplicitamente: “al momento state segnalando come inadempienza, vero? Bene, tenetela così in attesa del piano, come da linee guida Bankit.”
  • Monitorare mensilmente il proprio stato in Centrale Rischi. L’impresa può ottenere una visura mensile della CR (c’è anche il servizio online di Banca d’Italia). Questo è utile per verificare eventuali peggioramenti e, se del caso, intervenire. Se si scopre una segnalazione “illegittima”, si possono mandare diffide alla banca citando giurisprudenza e intimando la rettifica.
  • Spiegare ai fornitori la situazione: se i fornitori (che accedono a loro volta a report di solvibilità via agenzie) vedono peggiorare il rating, fargli sapere che è in corso una procedura di risanamento sotto controllo, così da mantenere la fiducia. A volte, per evitare malintesi, l’impresa può decidere di comunicare volontariamente ad alcune controparti di peso l’avvio della composizione, rassicurando che c’è un esperto nominato, che i pagamenti futuri saranno regolari, ecc. Questo per evitare, ad esempio, che un fornitore leggendo di possibili segnali negativi decida di bloccare le forniture (il che saboterebbe il risanamento).
  • Attendere prima di richiedere nuovo credito extrabancario: finché la posizione è in ristrutturazione, meglio evitare di cercare finanziamenti altrove (salvo quelli pianificati) perché verrebbero quasi certamente negati e lascerebbero traccia di richieste rifiutate. Una volta concluso con successo il risanamento e ripulite le segnalazioni (ci vorranno almeno 1-2 anni di storico positivo), allora si potrà tornare a pieno accesso al credito.

Cenno sulla Centrale Rischi settoriale: Alcuni settori hanno sistemi di informazione dedicati (es. agricoltura tramite ISMEA). Comunque la CR di Bankit è trasversale.

Crediti di firma e garanzie attive: Oltre ai crediti per cassa, in CR sono segnalate anche le garanzie rilasciate (fideiussioni prestate dall’impresa, avalli, ecc.) e i crediti di firma (fideiussioni ricevute). Se l’impresa in crisi aveva garantito obbligazioni di terzi, e queste vengono escusse, ci sarà riflesso. Ma di solito non è il focus qui. Più rilevante: se l’impresa ha affidamenti per garanzie (es. la banca emette fideiussioni per appalti), durante la crisi la banca potrebbe ridurre tali impegni e segnalare in CR meno disponibilità.

In conclusione su CR: la composizione negoziata vuole essere “neutra” sulla reputazione creditizia (principio di neutralità citato dalla Cassazione). Resta però un evento significativo. La strategia migliore è gestire proattivamente la comunicazione e farsi alleati gli interlocutori bancari, anche su questo fronte. A volte includere una lettera congiunta dell’esperto e dell’imprenditore sul corretto comportamento in CR può essere utile. E per il consulente legale, saper impugnare eventuali scorrettezze (fino a portarle in un ricorso d’urgenza se rovinano irreparabilmente le possibilità di risanamento) è un’arma da considerare.

Domanda frequente: “Il mio rating migliorerà subito se firmo un accordo?” – Non immediatamente: in CR rimarrà la traccia di “ristrutturato” per un po’, ma col tempo (due anni di puntuale adempimento) la posizione sarà considerata risolta positivamente e le segnalazioni negative verranno a mancare. In altre parole, il premio reputazionale è differito. Però firmare un accordo permette almeno di evitare ulteriori peggioramenti.

Caso reale: Una PMI commerciale segnalata UTP su 3 banche nel 2022 è riuscita, grazie a un piano di risanamento in composizione negoziata, a evitare la sofferenza. Nel 2023, a accordo concluso e pubblicato, le banche l’hanno mantenuta UTP ma “performing” (cioè in bonis soggetto a concessioni). Dopo 12 mesi di regolarità, due delle tre banche l’hanno riclassificata come “rimessa in bonis” e non appare più come deteriorata nelle segnalazioni 2024. Ciò ha consentito all’impresa di partecipare a un bando regionale che chiedeva assenza di sofferenze.Questo esempio (di cui abbiamo riscontro da Unioncamere) evidenzia l’importanza di evitare la sofferenza: l’UTP è stato gestito e poi rimosso, permettendo all’azienda di tornare ad avere opportunità finanziarie.

Profili fiscali e tributari nella composizione negoziata

Oltre agli aspetti civilistici e bancari, la composizione negoziata ha implicazioni significative anche sul piano fiscale e tributario. Una crisi d’impresa infatti si accompagna spesso a debiti verso l’Erario (IVA non versata, ritenute, imposte dirette) e verso enti previdenziali; inoltre, le operazioni di ristrutturazione del debito possono generare effetti fiscali (ad esempio sopravvenienze attive tassabili se i debiti vengono ridotti). Il legislatore ha previsto alcune agevolazioni fiscali specifiche per incentivare il risanamento tramite composizione negoziata, in parte estendendo regimi già noti per concordati e accordi di ristrutturazione. D’altro canto, l’impresa in crisi deve tenere conto di come gestire i propri adempimenti tributari durante le trattative.

Tratteremo i seguenti aspetti:

  • Regime IVA: note di variazione IVA in caso di accordo con stralcio di crediti.
  • Imposte dirette: sopravvenienze attive da riduzione debiti e relative esenzioni.
  • Misure premiali ex art.14 D.L.118/21: riduzione interessi e sanzioni fiscali e contributive, rateazioni straordinarie.
  • Transazione fiscale e contributiva: possibilità di accordo con il Fisco per il pagamento parziale o dilazionato dei tributi.
  • Sospensione dei termini e adempimenti tributari durante la procedura (se previste).
  • Altre agevolazioni o impatti (ad es. esoneri da imposte indirette su atti, aspetti di bilancio fiscale del risanamento).

IVA e note di credito

Nel caso in cui la composizione negoziata porti a un accordo di riduzione dei debiti verso fornitori (inclusi i casi in cui una banca rinuncia a interessi contrattuali maturati, ecc.), si pone il tema della IVA sulle fatture originarie non completamente pagate.

Principio generale: l’art.26 del DPR 633/72 consente ai creditori di emettere una nota di variazione in diminuzione (nota di credito) per recuperare l’IVA relativa a crediti non incassati, quando il mancato pagamento diventa definitivo (ad esempio, in caso di procedura concorsuale del debitore). Fino a poco tempo fa, però, la norma non menzionava espressamente la composizione negoziata, essendo stata scritta prima dell’introduzione di questa procedura.

Novità normativa: con il Decreto “PNRR 3” (D.L. 13/2023), art.38 comma 2, il legislatore ha esteso l’applicazione dell’art.26 IVA anche alle ipotesi di accordo di composizione negoziata. Ciò significa che, a partire dal 2023, se la composizione negoziata si conclude con un accordo che prevede il pagamento parziale di un credito e lo stralcio della restante quota, il creditore (anche la banca, se soggetta a IVA, ma in genere qui parliamo di fornitori di beni/servizi) può emettere subito una nota di credito per l’IVA relativa alla parte di credito non incassata.

  • Esempio: un fornitore aveva emesso fattura da €100.000 + IVA €22.000 a un’azienda poi entrata in crisi. Nell’accordo di composizione, si stabilisce che ne riceverà €60.000 a saldo e stralcio. Prima della riforma, il fornitore avrebbe potuto recuperare l’IVA solo dopo l’infruttuoso esperimento di esecuzione o l’apertura di fallimento. Ora, grazie all’art.26 modificato, può emettere nota di credito per €40.000 di imponibile non incassato e i corrispondenti €8.800 di IVA, non appena l’accordo è formalizzato (pubblicato). Quegli €8.800 diventano un credito IVA per lui verso l’Erario (o compensazione), evitando di pagarci sopra l’IVA non riscossa.
  • Per l’azienda debitrice, specularmente, la riduzione del debito comporta di norma l’obbligo di ridurre la detrazione IVA (se in precedenza l’aveva detratta). Ma dato che l’accordo è ufficiale, l’azienda dovrà registrare la nota di credito e restituire la detrazione relativa al debito non pagato. Insomma, tutto coerente.

Quindi, IVA e composizione negoziata: grazie alla modifica normativa del 2023, i creditori (fornitori) che aderiscono a un piano di risanamento pubblicato possono recuperare l’IVA sui crediti perduti subito, senza aspettare un eventuale fallimento. Questo allinea il trattamento IVA della composizione a quello già previsto per concordati e accordi ex 182-bis. In passato vi era un’asimmetria: i piani attestati o accordi stragiudiziali non davano diritto a nota di credito IVA (salvo fallimento successivo). Ora invece, per espressa previsione, i piani attestati ex art.56 CCII e gli accordi derivanti da composizione negoziata danno diritto a note di variazione. Tale norma si applica alle procedure avviate dal 26 maggio 2021 in poi, e note di credito dalla data di accordo pubblicato. L’Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello n.222 del 13/11/2024, ha confermato che i piani di risanamento pubblicati (e.g. ex art.56 CCII) beneficiano del regime dell’art.88 co.4-ter TUIR, segno che l’apparato di agevolazioni è integrato.

Consiglio pratico: L’imprenditore che propone ai fornitori uno stralcio nel piano deve evidenziare questo vantaggio: “Accettando uno stralcio del 30%, recupererete subito l’IVA su quella parte non pagata con nota di credito, quindi la vostra perdita effettiva sarà minore”. Questo può convincere più fornitori ad aderire. Per le banche il discorso IVA è diverso poiché l’IVA non è presente sui crediti finanziari (eccetto il caso di leasing, dove c’è IVA sui canoni: lì la società di leasing può fare nota di credito per canoni non riscossi, ora anche in composizione negoziata, si suppone di sì se l’accordo è pubblicato).

Sopravvenienze attive e imposte sui redditi

Quando un’impresa riesce a ridurre i propri debiti mediante rinuncia dei creditori (es. stralcio 20% del debito banca, abbuono interessi, remissione di debito fornitori ecc.), dal punto di vista fiscale si genera, in linea di principio, una sopravvenienza attiva tassabile: infatti il TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi) considera ricavo l’importo di debito di cui si è liberati senza pagarlo.

Tuttavia, già da molto tempo la normativa prevede delle eccezioni per favorire la ristrutturazione: in particolare l’art. 88, comma 4-ter del TUIR stabilisce che non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti ottenute:

  • in sede di concordato preventivo omologato,
  • in sede di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato,
  • ovvero nell’ambito di un piano attestato di risanamento ex art.67 L.F. (ora art.56 CCII) pubblicato nel registro imprese.

Questa norma (art.88(4-ter) TUIR) è cruciale perché consente all’impresa di non dover pagare IRES/IRAP su quello che di fatto è un “guadagno” contabile derivante dallo sconto sui debiti. Per giunta, essa specifica che la parte eccedente le eventuali perdite fiscali pregresse non è tassabile senza limiti di utilizzo (contrariamente alla regola generale sulle perdite utilizzabili solo entro l’80%).

Applicazione alla composizione negoziata: l’art.14 comma 5 D.L.118/21 ha previsto che, se all’esito della composizione vengono pubblicati un contratto ex art.11 co.1 lett. a) o un accordo ex lett. c) (che richiama proprio il piano attestato) o accordi unitari ex co.2, si applicano le disposizioni dell’art.88 co.4-ter TUIR e 101 co.5 TUIR. In altre parole, se la composizione negoziata produce un esito concreto (accordo con creditori) e questo esito viene reso pubblico (registro imprese):

  • la riduzione dei debiti non genera sopravvenienza attiva imponibile per l’impresa;
  • correlativamente, i creditori (banche, fornitori) possono dedurre la perdita su crediti in modo automatico (art.101 co.5 TUIR).

Questo è un incentivo fiscale potentissimo: ad esempio, se senza tale norma l’impresa avrebbe dovuto dichiarare un reddito straordinario di 1 milione (debiti condonati) e pagare 240k di imposte su di esso, con la norma non paga nulla. Ciò evita che la “cura” risanamento produca un aggravio fiscale insostenibile.

Misure premiali tributarie specifiche (art.14 D.L.118/21): oltre all’esenzione sulle sopravvenienze attive, ci sono altre misure previste:

  • Interessi ridotti al tasso legale sui debiti tributari dall’accettazione dell’esperto fino a fine procedure. Significa che, se l’azienda ha debiti fiscali su cui maturano interessi di mora (per esempio su cartelle non pagate), durante il periodo in cui è in composizione negoziata gli interessi si calcolano solo al tasso legale (attualmente molto basso, circa 5% nel 2023) e non all’alto tasso di mora. Questo contenimento del debito fiscale è un piccolo aiuto.
  • Sanzioni tributarie ridotte al minimo: se durante la procedura scadono termini per pagare sanzioni ridotte (oblazioni), si applica la misura minima. Inoltre, se la composizione va a buon fine con accordo o piano attestato pubblicato, le sanzioni e interessi su debiti tributari sorti prima della procedura e oggetto di composizione sono ridotti della metà, nelle ipotesi di continuità aziendale (art.11 commi 2 e 3). Questo implica che, ad esempio, un debito IVA da annualità pregresse, su cui pendono sanzioni 30% e interessi 3%, verrà rideterminato con sanzioni dimezzate al 15% e interessi dimezzati. Tale riduzione scatta solo se la procedura sfocia in un accordo con continuità o esdebitazione concordata. Se poi l’azienda comunque fallisce dopo, allora tornano dovuti per intero (art.14 co.6).
  • Rateazione straordinaria dei debiti fiscali: se l’accordo viene concluso e pubblicato, l’Agenzia delle Entrate, su istanza dell’imprenditore sottoscritta anche dall’esperto, può concedere un piano di rateazione fino a 72 rate mensili (6 anni) per i debiti tributari non iscritti a ruolo (quindi ancora in autocertificazione, es. debiti da dichiarazione). Questo è interessante perché normalmente le rateazioni ordinarie sono in 8 rate o 16 rate al massimo se iscritte a ruolo, mentre qui si apre la possibilità di diluire su 6 anni i debiti fiscali accumulati (IVA, ritenute, imposte reddito, IRAP) dando fiato, senza dover passare per una transazione fiscale giudiziaria. La richiesta deve essere fatta appena c’è l’accordo (coincidendo con pubblicazione registro imprese). La firma dell’esperto attesta la “temporanea situazione di obiettiva difficoltà” e giustifica l’eccezionale dilazione. Attenzione: se poi l’impresa non paga anche una sola di queste rate concordate, decade dal beneficio e l’intero debito residuo torna esigibile. Inoltre, se in seguito l’impresa finisce comunque in fallimento, lo sconto su sanzioni e interessi concesso prima viene revocato (co.6).
  • Imposte differite e altre agevolazioni del decreto 118/21: oltre a quanto sopra, il D.L.118/21 prevedeva misure come l’esonero dall’obbligo di riduzione capitali sociali per perdite 2020-21 (non direttamente legato a composizione), e norme a tutela degli organi di controllo diligenti (se segnalano per tempo, no responsabilità per omesso controllo). Non entro nei dettagli perché sono collaterali. Vale menzionare invece che, sul piano delle imposte indirette, non è stato previsto un esonero generale per gli atti relativi alla composizione: ciò è stato evidenziato come lacuna. Ad esempio, un eventuale atto di ipoteca richiesto nell’accordo paga imposta ipotecaria proporzionale (0.5%) e non fissa, perché la legge non l’ha previsto agevolato, diversamente da concordati dove l’imposta è fissa.

Transazione fiscale e contributiva

La transazione fiscale (art.63 CCII, ex art.182-ter L.F.) è lo strumento che consente nelle procedure concorsuali di proporre al Fisco (e agli enti previdenziali) il pagamento parziale delle imposte e contributi dovuti, ottenendone l’assenso e l’omologazione. Nella composizione negoziata, non essendo una procedura concorsuale in senso stretto, non c’è formalmente una “transazione fiscale” omologata. Tuttavia:

  • Se l’imprenditore decide di presentare un accordo di ristrutturazione omologato (182-bis) a esito delle trattative, allora può inserirvi la transazione fiscale, con le regole ordinarie (pagare almeno il capitale IVA e ritenute per intero, salvo eccezioni normative temporanee, e proporre percentuale su altri tributi, ecc.). In tal caso l’Agenzia Entrate valuterà la proposta secondo le sue circolari (tenendo conto di quanto otterrebbe in liquidazione).
  • Durante la composizione, però, l’imprenditore può cercare un dialogo informale con il Fisco: presentare memorie, chiedere la dilazione ex art.14 co.4-5 (72 rate) e soprattutto sfruttare le definizioni agevolate se esistenti. Ad esempio, se nel 2023-24 sono attive rottamazioni delle cartelle o piani straordinari (come la rottamazione-quater), l’imprenditore in composizione può aderire per ridurre i carichi pendenti. Questo va coordinato col piano: se aderisce a rottamazione (niente sanzioni e interessi di mora su cartelle), poi deve essere in grado di pagarne le rate. L’esperto e i consulenti fiscali inseriranno nel piano il fabbisogno per onorare quelle rate (magari usando la rateazione 72 mesi se possibile in combinata).
  • Ci sono ipotesi in cui l’Agenzia può, su base di legge speciale, sospendere le sue azioni: per la composizione negoziata in sé non c’è un ordine di sospensione dei termini di decadenza fiscale (a differenza del concordato, dove certi termini si sospendono). Quindi l’azienda deve comunque presentare dichiarazioni annuali, versare in F24 corrente quanto dovuto per competenza. L’Agenzia Entrate Riscossione, se c’è un provvedimento di misure protettive, non può pignorare beni, ma può comunque iscrivere fermi amministrativi o ipoteche su immobili dell’imprenditore? Teoricamente, l’art.6 co.1 vieta nuove prelazioni, quindi neanche Equitalia può iscrivere ipoteca (che è prelazione) dopo il decreto di protezione. È lecito però che continui l’attività di notifica cartelle o solleciti, che non sono azioni esecutive. Quindi, l’impresa vedrà arrivare atti ma nessun pignoramento effettivo.
  • In composizione negoziata l’imprenditore non può imporre un taglio al debito fiscale in via unilaterale, come invece può tentare in concordato (col voto dell’Erario). Questo significa che, se anche tutti i fornitori e banche gli stralciassero il 40%, l’Erario rimane creditore per 100% (salvo utilizzo di definizioni agevolate di legge). Ciò a volte è un ostacolo: il debito fiscale può rappresentare una fetta importante e meno flessibile. D’altra parte, per quello sono state introdotte le misure di riduzione sanzioni/interessi e la lunga rateazione, per renderlo più sostenibile.

Trattamento di IVA e ritenute non pagate: normative recenti (D.L.125/2020 e D.L.73/2021) hanno temporaneamente permesso di falcidiare IVA e ritenute in concordato e accordi, ma questo era legato all’attuazione della direttiva UE. Ad oggi, in un accordo di ristrutturazione conseguente a composizione, è possibile includere la riduzione di IVA/ritenute? La delega fiscale 2023 sembra volerne discutere (c’era un disegno di estendere transazione fiscale a più casi). Ma per ora, se rimaniamo in piano stragiudiziale, l’Agenzia non può formalmente rinunciare a IVA/ritenute se non via legge (es. rottamazione). Quindi, uno scenario tipico è: l’accordo stragiudiziale prevede che l’impresa pagherà integralmente IVA e contributi, ma con la rateazione 6 anni e con sanzioni dimezzate ex lege. Questo è il massimo concedibile fuori dall’omologazione.

Altre agevolazioni fiscali: in caso di aumento di capitale dei soci contestuale al piano, c’erano (forse scadute) delle detrazioni/deduzioni possibili (es. ACE). Non strettamente legate a composizione, ma l’imprenditore deve considerare che un rafforzamento patrimoniale può portare benefici di deduzione ACE o crediti d’imposta. Alcuni decreti in pandemia hanno introdotto crediti d’imposta per aumenti capitale deliberati 2021. Andrebbero valutati con commercialista.

Trattamento contabile-fiscale del piano: la composizione negoziata non è un procedura concorsuale giudiziaria, quindi l’impresa non adotta le regole di “periodo unico” previste per il concordato (dove la tassazione avviene sull’intero risultato di procedura). La delega fiscale accennata su NT+ diceva che nel Codice della Crisi vogliono distinguere regimi fiscali per risanamento vs liquidazione. Al 2025, comunque, l’impresa in composizione continua a fare bilanci annuali ordinari:

  • Se c’è un accordo concluso, nel bilancio di quell’anno iscriverà a conto economico la quota di debiti annullata come provento. Ma per effetto dell’art.88 4-ter, quel provento non concorrerà al reddito tassabile (va in variazione extracontabile). Lo stesso bilancio potrà evidenziare anche la riduzione di passività nell’attivo circolante.
  • L’Agenzia delle Entrate vigila che l’accordo sia effettivo: generalmente richiede la pubblicazione nel Registro Imprese dell’accordo o piano attestato come condizione per la detassazione. Senza quel requisito formale, la detassazione non spetta (es: se si fa accordo privato e non lo si pubblica, fiscalmente la remissione sarebbe imponibile). Quindi è importante espletare quell’adempimento (che è previsto come doveroso, tra l’altro).

Misure previdenziali e locali: il legislatore non ha previsto misure specifiche per debiti contributivi come ha fatto per tributi. Tuttavia, l’INPS spesso si allinea: ad esempio, l’INPS concede rateazioni su contributi fino a 6 anni, che è in linea con AE. E se c’è un accordo sul resto, l’INPS può decidere di non opporsi e magari attendere il pagamento dilazionato. L’imprenditore tramite consulente del lavoro potrebbe contattare l’INPS locale proponendo di allineare i pagamenti contributivi al piano, magari segnalando che c’è la composizione in corso.

In tema di tributi locali (IMU, TARI, ecc.), alcune amministrazioni possono mostrare flessibilità (rate, sospensione interessi) su richiesta motivata; non c’è però una norma dedicata nella composizione, a differenza del concordato dove gli enti pubblici possono votare. Quindi qui è più una gestione da farsi ex post: i debiti locali se non pagati andranno in cartella, e poi stessi discorsi di rottamazioni.

Ricapitoliamo con tabella i principali benefici fiscali connessi:

Tabella 4 – Vantaggi fiscali e agevolazioni nella composizione negoziata

Aspetto fiscaleTrattamento durante/composizioneRiferimenti
IVA su crediti non incassati (fornitori dell’impresa in composizione)Possibilità di emettere nota di variazione IVA per detrarre l’IVA sul credito stralciato, dalla data di accordo/piano pubblicatoArt.26 DPR 633/72 come modificato da DL 13/2023
Sopravvenienze attive da riduzione debitiNon tassabili (esenti IRES/IRAP) per la parte eccedente perdite pregresse, se accordo/piano pubblicato su reg. impreseArt.88 co.4-ter TUIR, reso applicabile dall’art.14 co.5 DL 118/21
Perdite su crediti per i creditori (banche, fornitori)Deduzione integrale delle perdite da accordo di composizione (nessuna limitazione)Art.101 co.5 TUIR, reso applicabile (come sopra)
Interessi su debiti tributari durante trattativeRidotti a tasso legale invece che al tasso di moraArt.14 co.1 DL 118/21
Sanzioni tributarie durante trattativeRidotte al minimo edittale se il termine di pagamento agevolato scade durante la proceduraArt.14 co.2 DL 118/21
Sanzioni e interessi su debiti fiscali oggetto di accordoRidotti del 50% se si raggiunge un accordo con continuità (o piano attestato) o un concordato semplificato ex art.11 commi 2-3Art.14 co.3 DL 118/21
Rateazione straordinaria debiti fiscaliPossibile concessione di piano fino a 72 rate mensili (6 anni) per imposte dirette, IVA, ritenute, IRAP non iscritte a ruolo, su istanza congiunta esperto-imprenditoreArt.14 co.4 DL 118/21 (e co.5 sulle norme applicabili)
Transazione fiscale / contributivaNon prevista in sede stragiudiziale pura; possibile se si passa a procedura omologata (accordo 182-bis o concordato)Art.63 CCII (ex 182-ter LF) – applicabile solo se omologa in tribunale
Rottamazione cartelle / definizioniFruibili se previste per legge generale (non legate a composizione, ma componibili con piano)Es. DL 34/2023 (rottamazione-quater) – l’impresa in composizione può aderire e inserire nei flussi di piano le rate dovute
Imposte d’atto (registro, ipocatastali) su accordi e garanzieNessuna agevolazione specifica prevista: atti di garanzia o trasferimenti nell’ambito accordo scontano imposte ordinarie (salvo applicazione esenzioni generali per piani concordatari se convertito)– (Criticità segnalata su tassazione ipoteche in interesse Erario, vedere Il Sole 24 Ore)

Come si nota, il quadro fiscale incentiva fortemente il ricorso a soluzioni di risanamento: di fatto lo Stato rinuncia a una parte delle sue pretese (sanzioni, interessi, gettito su sopravvenienze) per favorire il recupero della continuità aziendale. All’imprenditore conviene approfittarne presentando l’istanza di composizione in tempo utile e concludendo accordi regolari e pubblicati, per poter attivare questi benefici.

Simulazione – Riduzione del debito fiscale in composizione negoziata:
*Una società di trasporti ha €300.000 di debiti verso il Fisco (IVA e INPS) dovuti a difficoltà negli ultimi 2 anni. Entra in composizione negoziata per ristrutturare i debiti bancari (500k) e quelli verso fornitori (200k). Il piano prevede la continuità aziendale. Grazie all’art.14:

  • Gli interessi di mora sull’IVA (al 4%) vengono ridotti al tasso legale (0,5%) per il periodo delle trattative (risparmio di ca. €10k).
  • Le sanzioni per omessi versamenti (pari al 30% di IVA) saranno ridotte della metà se l’accordo va in porto (risparmio di altri €15k).
  • L’Agenzia Entrate accetta di spalmarle su 60 rate mensili (€5k/mese) grazie alla norma delle 72 rate (preferisce meno di 72 per dare margine).
  • La società pubblica l’accordo di ristrutturazione in registro imprese: così i €100k di debiti fornitori condonati non genereranno alcuna tassazione IRES.
  • Le banche deducono i €50k di interessi rinunciati senza limitazioni.*

In tal modo, il “cuneo fiscale” del risanamento viene ridotto. L’azienda nei 5 anni paga tutto il dovuto (capitale imposte e contributi), ma senza l’aggravio pieno di sanzioni e interessi, e con un piano sostenibile. Il professionista fiscale la guiderà nel rispettare rigorosamente le rate, poiché un solo default la farebbe decadere con ripristino integrale di sanzioni e interessi!

Un ultimo cenno: profili tributari locali e regionali. Spesso le Regioni (es. attraverso leggi sul sostegno PMI) o le Camere di Commercio possono prevedere crediti d’imposta o esoneri per imprese che attuano piani di risanamento. Ad esempio, la Regione X può dire: esonero dal bollo auto per 2 anni alle imprese di autotrasporto in crisi che abbiano sottoscritto accordi su piattaforma. Oppure contributi a fondo perduto per spese di consulenza sostenute nella composizione (questo è reale: alcune Camere hanno stanziato voucher per pagare in parte l’esperto o il legale). Sono misure esterne, segnalate sui siti camerali: l’imprenditore farebbe bene a informarsi se ci sono bandi attivi (Unioncamere ha pubblicato talvolta statistiche e proposte di incentivi).

Con ciò abbiamo completato un esame dettagliato dei principali aspetti giuridici della composizione negoziata e dei rapporti bancari, arricchito di considerazioni fiscali e pratiche. Prima di concludere, presentiamo una sezione di Domande Frequenti (FAQ) che riassume e chiarisce molti dubbi operativi, seguita da alcune considerazioni finali e dall’elenco delle fonti utilizzate.

Domande Frequenti (FAQ) sulla composizione negoziata e rapporti bancari

D. La banca può chiudere il fido o revocare gli affidamenti non appena comunico di aver avviato la composizione negoziata?
R. No, la banca non può revocare o ridurre le linee di credito solo a causa dell’accesso alla composizione negoziata. La legge (art.16 co.5 CCII) lo vieta espressamente, e la Cassazione ha ribadito che l’impresa deve poter continuare ad usare i fidi normalmente durante le trattative. Se la banca tenta comunque di revocare senza altra giusta causa, l’imprenditore può opporsi, anche chiedendo al tribunale un provvedimento d’urgenza (misura cautelare) che glielo impedisca. È importante però che l’impresa rispetti le condizioni del fido durante la procedura (non aggravando lo scoperto oltre i limiti concordati). Solo se emergono gravi peggioramenti (es. il piano di risanamento è inattuabile o l’azienda abusa del fido) la banca potrà, con motivazione, valutare di revocare il credito, ma mai ipso facto per la procedura.

D. Cosa succede se avevo delle rate di mutuo scadute prima di entrare in composizione? La banca può dichiarare subito la decadenza dal beneficio del termine e chiedere tutto il debito?
R. No, se hai ottenuto le misure protettive, i creditori (banche incluse) non possono risolvere i contratti per mancato pagamento di crediti anteriori alla procedura. Ciò significa che la banca non può dichiarare la decadenza dal termine del mutuo basandosi sulle rate scadute prima dell’avvio della composizione. Né può invocare eventuali clausole risolutive automatiche legate allo stato di crisi. Il mutuo resta in essere. Durante le trattative, normalmente si sospende il pagamento delle rate scadute e ci si concentra su come ristrutturare il debito. Quelle rate insolute verranno ricomprese nell’accordo finale (ad es. sommate al capitale residuo e diluite). Se invece non ci sono misure protettive attive (procedura riservata), la banca teoricamente avrebbe il diritto di attivare le clausole di inadempimento secondo contratto. In tal caso è opportuno coinvolgere subito la banca nelle trattative e magari farsi accordare una moratoria informale fino a definizione del piano. Una volta raggiunto l’accordo, si regolarizzeranno le scadenze mancate secondo i nuovi termini convenuti.

D. Devo continuare a pagare le rate di finanziamento e leasing che scadono durante la composizione negoziata?
R. In assenza di un accordo o provvedimento specifico, , dovresti cercare di pagare le scadenze correnti per quanto possibile. Le misure protettive non vietano i pagamenti dovuti; vietano semmai ai creditori di agire se non paghi. Ciò significa che non sei obbligato a pagare immediatamente (nessuno può pignorarti nel frattempo), ma è consigliabile farlo se la liquidità lo consente, specie se si tratta di contratti essenziali (es. canoni di leasing per macchinari che usi). In pratica, molti piani prevedono la sospensione temporanea di quote capitale, ma il pagamento degli interessi e canoni correnti. Ogni situazione va valutata: se il piano di risanamento ipotizza la moratoria totale per 6 mesi, allora durante quei 6 mesi non pagherai le rate (né capitale né interessi) secondo l’accordo di moratoria. In mancanza di accordo, meglio pagare almeno gli interessi per dimostrare buona fede e ridurre l’accumulo del debito.

D. Posso ottenere nuovi finanziamenti mentre sono in composizione negoziata?
R. Sì, è possibile ma non facile. La legge consente di richiedere al tribunale l’autorizzazione a contrarre nuovi finanziamenti prededucibili durante la procedura, il che li rende appetibili per eventuali finanziatori (ad es. banche o soci). In concreto, le banche spesso sono riluttanti a “mettere altri soldi” se non vedono un piano quasi concluso. Più frequente è ottenere liquidità indiretta: ad es. continuando a usare le linee autoliquidanti (anticipi fatture, scoperti) o con apporti dai soci (anche questi autorizzabili e non postergati). Se hai bisogno di cassa per urgenze (pagare fornitori critici, stipendiare dipendenti), rivolgiti all’esperto e al tuo legale: possono chiedere al giudice un decreto per ottenere un finanziamento ponte. Nel piano attestato finale, quel finanziamento sarà rimborsato con priorità (prededuzione) e quindi la banca potrebbe concederlo se vede prospettive di successo. In sintesi, nuovo credito in composizione si può ottenere solo per finalità di risanamento, con il benestare dell’esperto e solitamente garantito (prededuzione o garanzie collaterali).

D. Le banche hanno richiesto ai miei parenti di firmare fideiussioni sui prestiti. Ora che sono in composizione, possono aggredire subito i garanti?
R. Purtroppo le misure protettive non coprono i garanti personali. La banca tecnicamente potrebbe chiedere ai fideiussori (tuoi parenti) di pagare al posto tuo perché tu sei inadempiente. Molte banche però attendono l’esito delle trattative prima di escutere i garanti, specie se vedono che stai negoziando in buona fede. È fondamentale coinvolgere i garanti nella strategia: informa le banche che un’azione verso i garanti comprometterebbe il piano (perderebbero supporto), e chiedi magari di sottoscrivere accordi di standstill sulle fideiussioni. Ad esempio, nel tuo accordo potresti inserire una clausola: “la banca si impegna a non escutere il garante Tizio a condizione che l’impresa rispetti il presente piano”. Oppure se ristrutturi il debito, far firmare al garante la conferma di garanzia sul nuovo debito, in cambio della rinuncia all’escussione sul vecchio (soluzione di compromesso). Quindi, attenzione: legalmente la banca può perseguire i garanti in qualsiasi momento se il contratto di garanzia lo consente, ma hai spazio di negoziare una moratoria anche su quello. Se una banca agisse aggressivamente sui garanti mentre sei protetto, potresti far leva sul dovere di correttezza contrattuale per contestarne l’abuso, ma non c’è una tutela automatica come per la società. Spesso i garanti, se patrimonialmente capienti, vengono chiamati dalle banche al tavolo per contribuire (es. mettendo denaro per ridurre il debito garantito); fa parte delle dinamiche possibili.

D. Se la composizione fallisce e la mia azienda viene dichiarata fallita, cosa succede agli accordi presi e ai debiti con le banche?
R. Se, nonostante gli sforzi, la composizione non porta a un risanamento e finisci in liquidazione giudiziale (fallimento), gli accordi presi decadono (a meno che non fossero già stati eseguiti). Le banche torneranno a essere creditori per l’importo originale salvo quanto eventualmente già pagato. Tuttavia, alcune cose rimangono:

  • I finanziamenti nuovi che avevi ottenuto con autorizzazione saranno prededucibili nel fallimento (quindi la banca verrà soddisfatta prima degli altri creditori).
  • Le garanzie che hai concesso con autorizzazione (es. ipoteca su un bene per ottenere un prestito ponte) restano valide e non revocabili.
  • I pagamenti che hai fatto durante la composizione in esecuzione del piano autorizzato non sono soggetti a revocatoria fallimentare, quindi le banche non dovranno restituirli alla procedura fallimentare.
  • Gli sconti che le banche ti avevano accordato (es. rinuncia interessi) decadranno se erano condizionati all’esecuzione integrale del piano. In assenza di un accordo omologato o simili, nel fallimento le banche chiederanno l’intero credito originario, salvo dimostrare che hanno formalmente rinunciato a parte di esso. (Ad esempio, se avevi un accordo privato di saldo a stralcio e hai pagato solo la prima rata, nel fallimento la banca può insinuarsi per il debito residuo come se l’accordo non ci fosse stato, perché non è stato completato).
  • I benefici fiscali: purtroppo se fallisci, vengono meno le agevolazioni di riduzione sanzioni e interessi fiscali (art.14 co.6: in caso di fallimento successivo, interessi e sanzioni sul debito fiscale tornano dovuti per intero). Inoltre, le sopravvenienze attive “risparmiate” potrebbero non essersi consolidate (ma in fallimento comunque non pagheresti tasse sui debiti condonati, perché avresti altre perdite).
    In definitiva, se la composizione sfocia in fallimento, si perdono i vantaggi negoziali e si torna alle regole concorsuali ordinarie. Ciò sottolinea perché è importante costruire piani realistici: un fallimento successivo può vanificare gli sforzi e le concessioni fatte.

D. Qual è la differenza tra la composizione negoziata e un concordato preventivo?
R. Sono due strumenti diversi: la composizione negoziata è una procedura stragiudiziale e volontaria in cui non c’è l’apertura formale di procedura concorsuale né il controllo del tribunale sulle decisioni (a parte le misure protettive). Serve per trovare accordi con i creditori, senza essere soggetto a votazioni o omologazioni (salvo tu decida di formalizzare dopo). Il concordato preventivo, invece, è una procedura concorsuale giudiziale: presenti un piano al tribunale, i creditori votano e il tribunale omologa; durante il concordato sei protetto (stay) ma anche limitato negli atti di gestione, e se il concordato viene omologato, i creditori sono obbligati ad accettare quanto deciso a maggioranza. In sintesi:

  • La composizione è flessibile, riservata (finché vuoi), concordata solo con i creditori che vogliono aderire, e può concludersi in vari modi (contratto, accordo 182-bis, concordato semplificato ecc.). Non impone soluzioni, richiede volontà delle parti.
  • Il concordato impone una soluzione erga omnes se approvata (ad es. falcidia crediti chirografari), ma è pubblica e porta allo spossessamento parziale dell’imprenditore, con costi maggiori e tempi più lunghi spesso.
    In molti casi la composizione negoziata viene usata come anticamera: se funziona, bene, altrimenti si passa al concordato. Ma se già prevedi che avrai bisogno di imporre sacrifici a creditori non consenzienti (es. devi tagliare un loro credito e sai che non accetteranno), allora forse conviene subito il concordato, perché la composizione si basa sulla negoziazione volontaria. Inoltre, la composizione negoziata può essere attivata anche con lieve anticipo, prima che tu sia in stato di crisi conclamata (basta “squilibrio”), mentre il concordato richiede almeno uno stato di crisi o insolvenza.

D. La composizione negoziata è applicabile anche alle imprese agricole? Cosa cambia per loro (settore agricoltura)?
R. Sì, la composizione negoziata si applica espressamente anche all’imprenditore agricolo, che tradizionalmente era escluso dal fallimento. Per l’imprenditore agricolo dunque è un’opportunità molto rilevante di ristrutturare debiti. Le differenze principali riguardano eventuali procedure alternative: per l’agricoltore esisteva la composizione della crisi da sovraindebitamento (legge 3/2012) che ora è stata in parte assorbita. Nella composizione negoziata standard, però, il trattamento è uguale a un’impresa commerciale. Un punto pratico: le banche agrarie e ISMEA spesso hanno crediti privilegiati su prodotti agricoli e macchinari. Nella composizione, l’agricoltore può negoziare con esse come farebbe un commerciante con la banca. Ci sono accordi specifici di settore? Nel 2025 l’ABI ha incluso anche le imprese agricole nelle linee guida per moratorie, e Ismea prevede di solito l’estensione delle sue garanzie se il finanziamento viene allungato. Quindi, direi: per l’agricoltura nessuna differenza normativa, solo l’eventuale coinvolgimento del creditore pubblico (Ismea) e la considerazione che eventuali procedure liquidatorie finali sarebbero quelle di sovraindebitamento se sotto soglia.

D. Ho molti debiti con il Fisco: posso includerli nella composizione negoziata? Il Fisco accetterà un taglio?
R. Il Fisco partecipa come creditore alle trattative, ma non può formalmente “transare” in sede stragiudiziale una riduzione delle imposte dovute. Quello che puoi ottenere sono le agevolazioni di legge: sanzioni e interessi dimezzati, lunga dilazione (6 anni), e sfruttare eventuali definizioni agevolate (rottamazioni) se disponibili. Se hai bisogno di un taglio sul capitale del debito fiscale (IVA, IRPEF), l’unica via è un accordo giudiziale (concordato o accordo omologato con transazione fiscale) dove l’Agenzia Entrate può accettare una percentuale sul suo credito. In composizione negoziata pura, ciò non è possibile unilateralmente. Quindi, devi pianificare di pagare integralmente i tributi principali, magari chiedendo tempo e riduzione accessori. La buona notizia è che col recente cambio normativo l’Agenzia sta diventando più flessibile nelle procedure di concordato (anche sull’IVA), e c’è l’intenzione di estendere qualcosa anche alle situazioni di risanamento come la tua. Ad ogni modo, porta l’Agenzia al tavolo: presenta loro il tuo progetto di risanamento e chiedi ad esempio la rateazione 72 rate. Se poi deciderai di andare verso un concordato preventivo con transazione fiscale, la trattativa fatta prima in composizione ti tornerà utile.

D. Quali sono i costi della procedura di composizione negoziata? Dovrò pagare anche se non raggiungo un accordo?
R. La composizione negoziata ha costi relativamente contenuti rispetto a un concordato. Ci sono:

  • il compenso dell’esperto indipendente, fissato per legge a percentuale sull’attivo dell’impresa, con scaglioni decrescenti (5% sui primi 100k, 1.25% tra 100k e 500k, etc.), eventualmente riducibile del 40% se l’accordo non si raggiunge. Questo compenso è dovuto all’esperto per il lavoro svolto. Se la procedura va a buon fine (accordo firmato), l’esperto prende anche un incremento del 10%. Diciamo che per un’azienda media il compenso potrà essere qualche migliaio di euro (es. attivo 1 milione → compenso circa 0.8% dell’attivo = 8k €).
  • le spese vive di procedura: bolli, diritti camerali (minimi), eventuali costi per perizie se ne commissioni (non obbligatorie, a volte l’esperto chiede valutazioni).
  • i compensi dei consulenti che decidi di coinvolgere (avvocato, commercialista) per assisterti. Questi non sono “della procedura”, li contratti tu. Spesso la CCIAA mette a disposizione l’esperto gratuitamente fino a esito? No, l’esperto va remunerato dall’impresa (anche se nominato dalla CCIAA). Tuttavia, alcune Camere di Commercio hanno previsto incentivi, ad es. voucher per coprire parte dei costi di consulenza.
  • se poi formalizzi accordi in atti notarili (es. nuove ipoteche, finanziamenti), avrai costi notarili e imposte relative.

In generale, confrontato col costo di un fallimento o di un concordato (dove ci sono spese di giustizia, curatore/commissario, e un lungo elenco di oneri), la composizione negoziata è economicamente vantaggiosa. E si paga di solito dopo: l’esperto riceve a fine incarico, i consulenti magari a rate o a successo. Quindi, la liquidità immediata richiesta è minima. Se non raggiungi un accordo, dovrai comunque pagare l’esperto per l’opera svolta, ma in misura ridotta (prende solo la parte base, senza bonus di successo). Investire in una buona consulenza può farti risparmiare molti più soldi evitando errori o contenziosi, quindi è un costo che vale la pena.

D. La procedura di composizione negoziata rimane riservata? Chi lo verrà a sapere?
R. Dipende dalle scelte che fai: se non richiedi misure protettive, l’intera procedura può svolgersi in modo confidenziale. L’istanza e i documenti sono caricati su una piattaforma accessibile solo all’esperto e a te. I creditori verranno a saperlo solo perché li coinvolgerai tu nelle trattative (spontaneamente). Non c’è una pubblicità legale iniziale. Se invece richiedi al tribunale le misure protettive o cautelari, l’istanza verrà pubblicata nel Registro delle Imprese, rendendo noto a terzi che sei in composizione negoziata. Inoltre, i decreti del tribunale (di conferma delle misure) sono pubblici. Anche l’esito finale: se concludi un accordo e scegli di pubblicarlo (per ottenere i benefici), quell’accordo o un estratto va depositato e sarà pubblico. Quindi la riservatezza piena c’è solo nella fase iniziale “facoltativa”. In pratica, la maggior parte delle imprese finisce per emergere pubblicamente, perché quasi tutte chiedono misure protettive (oltre 72% delle istanze secondo statistiche 2023). Questo vuol dire che fornitori, concorrenti, media locali potrebbero venire a saperlo (ad esempio alcune CCIAA pubblicano un elenco procedure avviate). D’altra parte, la pubblicità dà anche serietà al percorso e attiva le protezioni legali. Se hai timore dello stigma, considera che presentare la composizione negoziata spesso viene visto meglio che subire un protesto o un pignoramento: dimostra che stai affrontando i problemi in modo strutturato. Ciò detto, in fase di trattativa l’esperto e le parti sono tenuti alla riservatezza: nessuno (banca compresa) dovrebbe diffondere informazioni sensibili apprese nel negoziato. Hanno il vincolo legale di mantenere il riserbo, proprio per non danneggiare l’azienda. Quindi, almeno finché sei in procedura, quelle notizie non dovrebbero trapelare oltre la cerchia ristretta.

D. Dopo aver risanato l’azienda con la composizione negoziata, quando potrò tornare a chiedere finanziamenti in modo normale?
R. Dovrai avere un po’ di pazienza. Tipicamente, una volta firmato l’accordo, la tua azienda sarà ancora etichettata come “ristrutturata” per qualche tempo nei sistemi bancari. Le banche aderenti non ti daranno nuovo credito significativo finché non vedono che rispetti puntualmente il piano almeno da 6-12 mesi. Le altre banche, se interpellate nel frattempo, vedranno dalla Centrale Rischi che avevi posizioni deteriorate (UTP o simili) e chiederanno molte garanzie per prestarti soldi – non conviene rivolgersi a nuovi istituti troppo presto. In genere, dopo 2 anni di pagamenti regolari, la Centrale Rischi tornerà pulita (nel senso: le posizioni forborne potranno essere riclassificate in bonis). A quel punto il tuo merito creditizio migliora sensibilmente. Se il risanamento produce bilanci in utile, capitale aumentato e magari garanzie libere da vincoli, potrai presentarti come soggetto nuovamente affidabile. Un trucco: mantenere rapporti con le banche che ti hanno supportato – se dimostri affidabilità, quelle stesse banche gradualmente potranno estendere nuovo credito perché conoscono la tua storia e hanno fiducia. Insomma, una volta risanata, la tua azienda dovrà “ricostruirsi la reputazione”: direi almeno 1-3 anni per un ritorno alla normalità creditizia. Nel frattempo, sfrutta strumenti alternativi come factoring pro-soluto (che finanzia sui crediti commerciali, meno basato sul tuo rating) o leasing (garantito dal bene). E soprattutto, evita assolutamente nuovi segnali negativi (protesti, insoluti) perché con la storia passata recente ogni sbavatura verrebbe amplificata.

Conclusioni operative

La composizione negoziata della crisi è diventata in breve tempo uno strumento centrale nell’arsenale di difesa delle imprese italiane in difficoltà e dei loro consulenti legali. In questa guida abbiamo esplorato dettagliatamente come essa impatti sui rapporti bancari e sulle dinamiche di finanziamento dell’impresa, evidenziando rischi e opportunità. Possiamo riassumere alcune linee guida operative emerse:

  • Muoversi in anticipo e con trasparenza: Coinvolgere le banche prima che la situazione degeneri è fondamentale. La procedura offre un quadro protetto per farlo. Presentare alle banche un’analisi onesta della crisi e un abbozzo di piano di risanamento, magari con il supporto dell’esperto, aumenta la credibilità e la disponibilità delle banche a collaborare. Al contrario, negare la crisi o muoversi quando ormai le banche hanno già perso fiducia (sofferenze conclamate) limita molto i margini di manovra.
  • Usare gli strumenti di protezione ma senza abusarne: Le misure protettive sono un potente scudo per guadagnare tempo e impedire azioni disgregative. Vanno richieste con giudizio, mirate a ciò che serve davvero (es. bloccare un singolo pignoramento critico, o sospendere tutte le azioni per qualche mese). Attenzione a non prolungare inutilmente lo stato di “limbo”: i giudici revocano la protezione se vedono inerzia. Quindi l’impresa deve sfruttare quel periodo per lavorare alacremente a soluzioni, non per “mettere la testa sotto la sabbia”. Inoltre, misure come il blocco dei fidi vanno bilanciate: ottenerlo è utile, ma poi l’impresa deve auto-limitarsi nei prelievi perché comunque dovrà restituirli secondo piano.
  • Coinvolgere tutti gli attori rilevanti: Oltre alle banche, vanno portati al tavolo, se possibile, anche i fornitori maggiori, il Fisco (per la parte di dilazioni), eventuali garanti/Confidi, e i soci dell’impresa. Una ristrutturazione completa spesso richiede il contributo di ciascuno: le banche allungano i termini, i fornitori mantengono le forniture magari accettando pagamenti dilazionati, il Fisco spalma il suo credito, i soci immettono nuovo capitale o liquidità, i garanti confermano supporto. L’esperto può aiutare a orchestrare questo “concerto” di interessi.
  • Conoscere i propri diritti e farli valere con tatto: Un imprenditore assistito da un buon legale sa, ad esempio, che la banca non può revocare un affidamento in modo arbitrario durante la composizione, o che eventuali clausole contrattuali di decadenza automatiche non operano grazie alla legge. Questa consapevolezza permette di condurre le trattative da una posizione di maggiore equilibrio. Non si subiscono passivamente richieste improprie (come rientri forzosi immediati), ma si richiamano le norme a proprio favore. Al contempo, occorre essere realisti nelle pretese: sapere che la banca, ad esempio, difficilmente accetterà di perdere il 70% del credito se l’alternativa fallimentare la vedrebbe perdere il 50%. Quindi le richieste vanno calibrate su basi oggettive (business plan e valori di liquidazione comparati).
  • Tenere sempre d’occhio l’aspetto fiscale: Le agevolazioni fiscali facilitano il risanamento, ma vanno opportunamente attivate (pubblicazione accordo, domanda rateazione 72 rate, ecc.). Ignorare il fisco sarebbe un grave errore: i debiti tributari “non spariscono” e l’Agenzia delle Entrate è un creditore spesso determinante. Molti piani falliscono se non considerano come pagare l’IVA arretrata o le ritenute: predisporre un percorso, magari con transazione fiscale se serve, è parte integrante della strategia. Oggi il sistema è più accondiscendente – sanzioni dimezzate, lungo periodo – quindi c’è margine per includere il fisco nella soluzione.
  • Documentare tutto e usare le leve contrattuali: Ogni accordo con le banche deve essere messo per iscritto, meglio se nel quadro di un unico contratto di ristrutturazione con tutti. Questo evita fraintendimenti e vincola formalmente ai termini concordati. Se qualcosa non è scritto, non potrai lamentarti dopo. Ad esempio: se la banca “verbalmente” dice che non escuterà il garante, fai inserire tale impegno nell’accordo. Se si concedono moratorie, definire la durata esatta, cosa succede alla scadenza (es. ripartenza pagamenti), interessi durante, ecc. La chiarezza contrattuale è protezione per il futuro. E, come visto, depositare/pubblicare l’accordo gli dà uno status di “ufficialità” che porta benefici legali e fiscali.
  • Valutare soluzioni alternative se le banche non collaborano: Non sempre la composizione va a buon fine. Se una banca significativa rifiuta qualunque accordo e magari ha garanzie forti, potrebbe convenire a quell’istituto farvi fallire per escutere le garanzie. In tali casi, l’imprenditore deve valutare piani B: ad esempio un concordato preventivo (dove quell’istituto verrebbe soddisfatto sul valore di stima del bene, evitando che prenda più a scapito degli altri creditori) oppure un finanziatore terzo che rilevi il credito di quella banca (un fondo che compri il credito e accetti condizioni migliori per l’impresa). La composizione negoziata è uno strumento, non la panacea universale. Sapere quando “cambiare marcia” e passare a un’altra procedura fa parte delle decisioni strategiche, e qui il ruolo del professionista è cruciale nel consigliare.

In definitiva, la composizione negoziata incarna un cambio di paradigma nella gestione delle crisi: dalla conflittualità legale alla negoziazione guidata, dal “muoia Sansone con tutti i Filistei” del fallimento alla ricerca del win-win (per quanto possibile) tra debitore e creditori. Le banche, in particolare, sono passate dall’essere spettatrici impaurite o carnefici precipitose a dover agire come partner del risanamento, valutando i piani e accompagnando l’impresa. Questo richiede anche alle banche un cambio culturale, che normative e giurisprudenza stanno stimolando: come abbiamo visto la Cassazione parla apertamente di “svolta culturale e giuridica nel rapporto banca-debitore” in ottica di prevenzione.

Per avvocati e consulenti, assistere un’impresa in composizione negoziata significa avere un approccio multidisciplinare: legale sì, ma con comprensione finanziaria, fiscale, e con capacità di mediazione. Occorre saper parlare con i direttori di banca in loro lingua (quella del rischio e del rendimento), saper rassicurare i fornitori sulla continuità, saper interloquire con l’Agenzia Entrate sul piano di rientro dei tributi. È un lavoro di squadra e di finezze, dove le soft skills (capacità negoziali, credibilità, problem-solving creativo) contano quanto la conoscenza delle norme.

L’esperienza dei primi anni di applicazione (2021-2024) sta mostrando che la composizione negoziata può funzionare: molte aziende stanno evitando il fallimento grazie ad essa, e anche le banche stanno recuperando più crediti di quanto avrebbero altrimenti. Certo, serve perseveranza e buona fede da entrambe le parti. I casi di successo hanno in comune un imprenditore proattivo e trasparente, e banche lungimiranti che hanno concesso fiducia monitorando da vicino.

Questa guida, completa di riferimenti normativi, tabelle riepilogative, esempi pratici e pronunce giurisprudenziali, intende essere un vademecum per affrontare con competenza le questioni che sorgono tra banche e imprese nel percorso di risanamento tramite composizione negoziata. Ci auguriamo che sia utile sia al professionista legale nel predisporre la migliore strategia difensiva per il proprio cliente imprenditore, sia all’imprenditore stesso per comprendere i propri diritti, doveri e opportunità in un momento tanto critico quanto potenzialmente foriero di rinascita per la sua azienda.

In calce forniamo tutte le fonti e riferimenti utilizzati, così da consentire approfondimenti ulteriori su punti specifici. La normativa è in evoluzione e occorre stare aggiornati (ad es. nuove prassi ABI, eventuali riforme fiscali nel 2025), ma l’ossatura concettuale delineata rimane valida. Affrontare la crisi con un approccio negoziale, strutturato e informato è oggi “cosa sapere” – e saper fare – per chiunque operi nel diritto d’impresa.

Fonti e Riferimenti Normativi e Bibliografici

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14) – Articoli rilevanti: art.16 (divieto revoca affidamenti), art.18 (misure protettive), art.54-64 (accordi di ristrutturazione), art.56 (piani attestati).
  • Decreto-Legge 24 agosto 2021 n.118 (conv. L.147/2021) – Introduzione composizione negoziata. In particolare: art.4 (obblighi banche e divieto revoca fidi), art.6-7 (misure protettive e procedimento), art.10 (poteri autorizzativi tribunale), art.11 (conclusione trattative: lettere a, b, c), art.14 (misure premiali fiscali), art.15 (segnalazione organo controllo), art.17 (imprese sotto soglia).
  • D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024 – Decreti correttivi al CCII. Hanno integrato la composizione negoziata nel Codice e modificato art.16 co.5 CCII (valutazione merito creditizio su base piano).
  • Comunicazioni di Banca d’Italia – Circolare Centrale Rischi aggiornata: indicazioni su classificazione delle imprese in concordato “in bianco” come UTP.
  • ABI e Associazioni di Impresa (Linee Guida marzo 2025) – Linee guida per moratorie volontarie su finanziamenti alle imprese in temporanea difficoltà.
  • Cassazione Civile (Ufficio Massimario), Relazione 30/01/2025 n.10 – Commento all’art.16 CCII: principio di neutralità dell’accesso, banche non revocano affidamenti solo per composizione. Rassegna Cassazione su obblighi banche e concessione abusiva di credito (ord. 28320/2024).
  • Tribunale di Parma, decreto 10 luglio 2022 – Misure protettive e cautelari: sospensione contratti di affidamento e divieto di rientro durante composizione.
  • Tribunale di Salerno, 9 maggio 2022 – Sulla necessaria generalizzazione del blocco delle azioni esecutive per efficacia trattative.
  • Tribunale di Verona, 10 marzo 2025 – (cfr. Unijuris) rigetto misure protettive per mancanza prospettive concrete (caso di studio di quando la protezione può essere negata).isi (rivista online):
    • “Composizione negoziata, la banca non chiude il fido” (NT+ Diritto, marzo 2025) – evidenziato Cassazione e aggiornamento regole vigilanza: banche non declassano né riducono affidamenti.
    • “Composizione negoziata, torna in campo la transazione fiscale” (NT+ Fisco, 22/3/2023) – delega fiscale per estendere vantaggi (irrilevanza sopravvenienze attive art.88(4-ter), deducibilità perdite art.101(5), variazioni IVA art.26) a tutte le procedure.

Fonti accessibili online:

  • Gazzetta Ufficiale e normativa sul sito di giustizia (documenti.camera.it, def.finanze.it).
  • Siti specializzati (ilcaso.it, dirittodellacrisi.it, ilfallimentarista.it) con commenti e casi.
  • Comunicati e focus Unioncamere (unioncamere.gov.it, composizionenegoziata.camcom.it).
  • Approfondimenti da riviste giuridiche e testate economiche (Sole24Ore, ItaliaOggi, IPSOA).

Questa raccolta di fonti potrà servire per eventuali approfondimenti specifici. Si raccomanda di tenere d’occhio futuri sviluppi normativi – ad esempio l’attuazione della Delega Fiscale 2023 potrebbe portare novità sulla transazione fiscale semplificata o ulteriori incentivi a strumenti di allerta come la composizione negoziata.

In conclusione, “Composizione Negoziata della Crisi e Rapporti Bancari: Cosa Sapere” si conferma un tema vasto e interdisciplinare: conoscere le norme è imprescindibile, ma ugualmente importante è l’arte di applicarle nel caso concreto, coinvolgendo gli attori giusti e costruendo fiducia. Con la preparazione fornita da questa guida, avvocati e imprenditori dovrebbero poter navigare con maggiore sicurezza nelle acque agitate della crisi d’impresa, intravedendo all’orizzonte non solo rischi ma anche concrete opportunità di risanamento e rilancio.

Composizione Negoziata della Crisi e Rapporti Bancari: Perché Affidarti a Studio Monardo

La tua impresa è in difficoltà e hai ricevuto revoche di fidi, chiusure di affidamenti o pressioni dalle banche?
Temi che la crisi aziendale possa portare alla chiusura dei conti, al blocco della liquidità o alla segnalazione in centrale rischi?

⚠️ Con l’attivazione della composizione negoziata della crisi d’impresa, hai diritto a trattare con le banche in modo protetto e strutturato, evitando decisioni unilaterali che potrebbero danneggiare l’intera attività.

✅ Le banche sono obbligate a partecipare alle trattative avviate nell’ambito della composizione negoziata
✅ È possibile ottenere proroghe, moratorie e rinegoziazione dei debiti bancari
✅ Puoi chiedere l’autorizzazione a contrarre nuova finanza per salvare l’azienda
✅ Il tribunale può bloccare revoche e azioni aggressive, se pregiudicano la continuità aziendale

Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo

✅ Analizza la posizione debitoria dell’impresa verso il sistema bancario e finanziario

✅ Ti assiste nella redazione dell’istanza di composizione negoziata e nell’attivazione di misure protettive sui rapporti bancari

✅ Ti rappresenta nelle trattative con le banche, proponendo soluzioni praticabili, dilazioni, tagli e piani di rientro

✅ Richiede al tribunale le misure necessarie a tutelare la liquidità aziendale e autorizzare nuova finanza

✅ Ti guida fino alla chiusura della crisi, proteggendo anche la posizione personale degli amministratori

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

🔹 Avvocato esperto in crisi d’impresa, negoziazioni bancarie e strumenti del Codice della Crisi
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi

Perché agire subito

⏳ Le banche possono bloccare i conti anche con un preavviso minimo, aggravando la crisi

⚠️ Senza una composizione negoziata, non hai strumenti per impedire revoche e chiusure improvvise

📉 Rischi concreti: paralisi della gestione aziendale, insolvenza, segnalazioni in CRIF e Centrale Rischi

🔐 Solo un avvocato esperto può attivare tutele legali immediate e trattare con gli istituti di credito da una posizione forte

Conclusione

La composizione negoziata è lo strumento più potente per trattare con le banche in un momento di crisi, proteggendo la continuità aziendale e la tua reputazione finanziaria.
Ma va attivata e gestita con precisione, autorevolezza e strategia.

Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al proprio fianco una guida esperta nella difesa dell’imprenditore e nei rapporti con il sistema bancario durante la crisi.

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Se le banche stanno comprimendo la tua liquidità, il momento per agire è adesso.

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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