Concordato Minore: Guida per Piccoli Imprenditori in Crisi

Sei un piccolo imprenditore, un artigiano o un lavoratore autonomo con Partita IVA e non riesci più a pagare le tasse, i fornitori o i finanziamenti? Ti chiedi se esiste una soluzione concreta per evitare il fallimento, salvare la tua attività e uscire dai debiti in modo legale?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi da sovraindebitamento, procedure semplificate e tutela dei piccoli imprenditori – ti spiega in modo chiaro e pratico cos’è il Concordato Minore, chi può accedervi, quali sono i vantaggi rispetto ad altre procedure e cosa fare per ottenerlo anche se hai già subito protesti o segnalazioni negative.

Scopri quali sono i requisiti per presentare la domanda, come si costruisce un piano di pagamento sostenibile per debiti fiscali, contributivi e commerciali, quale ruolo ha l’Organismo di Composizione della Crisi, come ottenere la sospensione delle azioni esecutive e quando puoi ottenere l’esdebitazione anche se non riesci a pagare tutto.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la tua situazione debitoria e costruire un percorso su misura per accedere al Concordato Minore, ridurre i debiti, proteggere la tua attività e ripartire in sicurezza.

Introduzione

Il concordato minore è una procedura giudiziale di composizione della crisi da sovraindebitamento introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII, D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 2022). Si tratta di uno strumento pensato per aiutare piccoli imprenditori, professionisti e altri debitori “non fallibili” a negoziare con i creditori soluzioni per superare la crisi, evitando soluzioni meramente liquidatorie come il fallimento (ora “liquidazione giudiziale”). Il fine è consentire al debitore onesto ma sfortunato di ristrutturare i debiti, anche con pagamento parziale, e di ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) una volta eseguito il piano concordatario.

Questa guida, aggiornata a maggio 2025, fornisce un approfondimento avanzato sul concordato minore, con linguaggio giuridico ma accessibile a imprenditori e operatori del diritto. Esamineremo in dettaglio:

  • I presupposti soggettivi e oggettivi per l’accesso al concordato minore secondo il Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche).
  • Le fasi procedurali, dalla presentazione della domanda all’omologazione, includendo il ruolo dell’esperto (OCC), la redazione del piano e il voto dei creditori.
  • Gli aspetti fiscali e contributivi, con attenzione al trattamento dei debiti verso Erario e enti previdenziali, alla transazione fiscale e alla possibilità di cram down dei crediti pubblici.
  • Le implicazioni patrimoniali per il debitore e le sue responsabilità durante la procedura.
  • Le differenze del concordato minore rispetto ad altri strumenti di gestione della crisi, come la liquidazione controllata, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il piano del consumatore.
  • La giurisprudenza più recente (2023-2025) in materia, con le pronunce di Cassazione, Corti d’Appello e Tribunali che hanno interpretato le nuove norme.
  • Tabelle riepilogative (es. confronto tra istituti, tempistiche, percentuali di soddisfacimento dei creditori, principali orientamenti giurisprudenziali) per facilitare la comprensione comparativa.
  • Una sezione FAQ (domande frequenti) per chiarire i dubbi pratici più comuni.
  • Esempi pratici completi (simulazioni) per illustrare come funziona il concordato minore in casi reali tipici.
  • Modelli e fac-simili di atti (ricorso introduttivo, piano di ristrutturazione, relazione dell’esperto OCC, proposta ai creditori) come riferimento operativo.

Cos’è il concordato minore? In sintesi, è la procedura concorsuale minore destinata ai debitori sovraindebitati “non fallibili” (diversi dal consumatore). Si parla di concordato in analogia al concordato preventivo (riservato alle imprese maggiori), ma “minore” perché rivolto ai soggetti di minori dimensioni o natura non fallimentare. L’istituto ha sostituito il previgente “accordo di composizione della crisi” previsto dalla Legge 3/2012 sul sovraindebitamento, integrando i princìpi della seconda opportunità e del risanamento dei debiti promossi a livello europeo (Direttiva UE 2019/1023). La finalità dichiarata è di favorire la continuazione dell’attività economica o professionale del debitore, ove possibile, preservando il valore produttivo e permettendo ai creditori di ottenere una soddisfazione migliore di quella ricavabile dalla liquidazione. In casi eccezionali il concordato minore può avere anche funzione liquidatoria (ad esempio prevedendo la liquidazione di alcuni beni), ma resta centrale l’idea di un accordo negoziale e non di una mera liquidazione coatta.

Di seguito analizziamo dettagliatamente chi può accedere alla procedura e a quali condizioni, come si svolge il concordato minore in ogni fase, come vengono trattati i vari tipi di debito (in particolare quelli fiscali e previdenziali), quali sono gli effetti per il patrimonio dell’imprenditore e quali tutele e responsabilità vi sono. Confronteremo poi il concordato minore con altri strumenti della crisi d’impresa (liquidazione controllata, accordi di ristrutturazione, piano del consumatore), riportando anche i più recenti orientamenti dei giudici sull’argomento.


Presupposti di Accesso: Soggettivi e Oggettivi

Per potersi avvalere del concordato minore, il debitore deve rispettare specifici requisiti soggettivi (chi può accedere) e oggettivi (condizioni di crisi e assenza di cause ostative), stabiliti dal Codice della Crisi e dall’esperienza applicativa. Vediamoli in dettaglio.

Soggetti ammessi al concordato minore

Il concordato minore è riservato ai debitori non soggetti alle procedure concorsuali maggiori (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo). In base all’art. 2, comma 1, lett. c) CCII rientra in questa categoria “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale”. In pratica, possono accedere al concordato minore i seguenti soggetti:

  • Imprenditori “minori”: cioè imprenditori commerciali che non superano le soglie dimensionali previste dall’art. 2, c.1, lett. d) CCII. Tali soglie (valutate sui tre esercizi antecedenti la domanda) sono: un attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000; ricavi lordi annui ≤ €200.000; debiti totali ≤ €500.000. Le imprese sotto questi limiti, incluse le società di piccola dimensione, sono escluse dalla liquidazione giudiziale e quindi rientrano nel sovraindebitamento.
  • Imprenditori agricoli: per definizione esclusi dallo stato di fallimento (art. 2135 c.c.), possono accedere alle procedure da sovraindebitamento. Anche l’imprenditore agricolo indebitato dunque rientra nei destinatari del concordato minore (già la Legge 3/2012 li ricomprendeva).
  • Professionisti e lavoratori autonomi, nonché persone fisiche debitrici che abbiano contratto debiti per scopi estranei al consumo ma che non esercitano attività d’impresa in forma organizzata. Esempi: un avvocato o un medico con debiti professionali; un individuo che ha prestato fideiussione per debiti altrui (quindi obbligato ma non “consumatore” puro).
  • Start-up innovative: le start-up costituite ai sensi del D.L. 179/2012, iscritte nella sezione speciale del Registro Imprese, pur potendo avere dimensioni rilevanti, sono esonerate dal fallimento (per un periodo iniziale) e quindi, se sovraindebitate, accedono agli strumenti minori.
  • Enti non profit: associazioni non riconosciute, fondazioni e altri enti che svolgono attività economica di tipo non commerciale (es. associazioni sportive dilettantistiche) non sono soggetti a fallimento, ma se indebitati possono attivare il concordato minore. Ad esempio, è stato ammesso al concordato minore il presidente di un’associazione sportiva che, essendo responsabile solidale ex art. 38 c.c. per i debiti dell’ente, non poteva qualificarsi consumatore.
  • Ex imprenditori (imprenditori cessati): questo caso merita attenzione. La legge (art. 33, c.4 CCII) testualmente esclude dal concordato minore “l’imprenditore cancellato dal Registro delle Imprese”, il che sembrerebbe impedire la procedura a chi abbia cessato e cancellato la propria impresa. Tuttavia la giurisprudenza del 2023-2025 ha interpretato tale divieto in senso restrittivo, riferendolo solo alle imprese collettive (società estinte), non all’imprenditore individuale. Il ragionamento – costituzionalmente orientato – è che l’imprenditore individuale, pur avendo chiuso l’attività, continua ad esistere come persona fisica obbligata dai debiti residui, e non può essere privato a priori di un percorso di risanamento. Precludergli il concordato minore significherebbe costringerlo unicamente alla liquidazione controllata per ottenere l’esdebitazione, con una “sanzione” irragionevole per il solo fatto di essersi cancellato in passato. Così, diversi tribunali (Vicenza, Ancona, Brescia, Modena) hanno recentemente ammesso al concordato minore ex imprenditori individuali cessati da anni, riconoscendo la loro “soggettività residua” e il diritto a una seconda chance. In concreto, se Tizio era piccolo imprenditore, ha chiuso l’attività nel 2020 ma gli sono rimasti debiti d’impresa, oggi può proporre un concordato minore come persona fisica, anziché essere escluso perché non più iscritto al Registro Imprese. (Nota: per le società invece la cancellazione comporta estinzione ex art. 2495 c.c., dunque una società cessata non può accedere al concordato minore, restando solo la liquidazione controllata eventualmente per i soci illimitatamente responsabili).
  • Consumatori in procedura familiare: il debitore consumatore in quanto tale non può accedere al concordato minore (ha il suo strumento dedicato, v. oltre). Tuttavia, se si opta per una procedura unitaria familiare ex art. 66 CCII, in cui uno o più membri della famiglia sono consumatori e almeno un altro è invece sovraindebitato “non fallibile” (es. piccolo imprenditore, professionista), l’intera famiglia può accedere unitariamente al concordato minore. In tal caso la presenza del familiare imprenditore “estende” la qualifica soggettiva a tutti i partecipanti, permettendo anche ai consumatori coinvolti di far parte della proposta di concordato minore familiare. Ad esempio, marito ex artigiano e moglie consumatrice con debiti cointestati possono presentare un unico concordato minore familiare; il fatto che la moglie sarebbe consumatrice non impedisce la procedura unitaria (come confermato da Trib. Brescia 1 luglio 2024). In alternativa, la famiglia potrebbe proporre separatamente un piano del consumatore per la parte consumer e un concordato minore per l’altro, ma la legge incoraggia la soluzione congiunta quando i debiti sono intrecciati in ambito familiare.

Riassumendo, rientrano nel perimetro del concordato minore: professionisti, imprenditori sotto soglia (ditte individuali e società piccole), imprenditori agricoli, start-up innovative, enti non fallibili e persone fisiche sovraindebitate non consumatrici. Il trait d’union è che si tratta di “debitori civili” o piccoli operatori economici che la legge esclude dalla liquidazione giudiziale (ex fallimento). I consumatori rimangono esclusi, salvo appunto il caso della procedura familiare mista.

Stato di sovraindebitamento e requisito oggettivo di crisi

Oltre a rientrare nelle categorie soggettive ammesse, il debitore deve versare in una condizione di difficoltà economica conclamata. Il Codice della Crisi definisce il “sovraindebitamento” (art. 2, c.1, lett. c) CCII) come lo “stato di crisi o di insolvenza” del debitore non fallibile, cioè una situazione di persistente squilibrio economico tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, che rende il debitore incapace di adempiere regolarmente ai propri debiti. In parole semplici, il debitore non riesce più a pagare integralmente i propri debiti in modo sostenibile con le risorse e i redditi disponibili. Non è necessario che sia già insolvente in senso tecnico (incapacità definitiva): anche una situazione di crisi grave o insolvenza prospettica è sufficiente. L’importante è che sia protratta e non meramente temporanea.

Esempio: un piccolo imprenditore che ha visto crollare il fatturato e accumulato debiti tributari e bancari non onorati è in sovraindebitamento; se invece ha solo un momentaneo calo di liquidità ma con prospettiva certa di ripresa, non ricade ancora nella procedura ma può semmai tentare strumenti di allerta o composizione negoziata.

Da notare che per l’accesso non sono previsti importi minimi o massimi di debito: qualsiasi importo è teoricamente gestibile col concordato minore, purché il debitore rientri nelle categorie soggettive e sia in crisi. È richiesto però che il debitore non possa accedere alle procedure maggiori: se, ad esempio, una società supera le soglie di fallibilità, dovrà utilizzare il concordato preventivo (procedura maggiore) e non quello minore. Il tribunale infatti dichiara inammissibile la domanda di concordato minore se il debitore “presenta requisiti dimensionali che eccedono i limiti” di cui all’art. 2, c.1, lett. d) CCII (cioè se non è un’impresa minore).

Inoltre, il debitore deve essere meritevole: deve aver agito senza frode e collaborare lealmente. Questo emerge dalle cause ostative previste (vedi sotto) e dal fatto che l’omologazione potrà essere negata se il concordato è abusivo o contrario alla legge. Il concordato minore è pensato per il debitore onesto ma sfortunato, non per chi cerca di frodare i creditori.

Cause ostative e altri requisiti (meritevolezza, divieti)

La legge prevede alcune cause di inammissibilità della domanda di concordato minore, a tutela della correttezza della procedura:

  • Mancata produzione della documentazione obbligatoria: se il debitore non allega tutti i documenti previsti dagli artt. 75 e 76 CCII (elenco dettagliato più avanti) la domanda sarà dichiarata inammissibile. La completezza documentale è fondamentale per permettere le verifiche.
  • Superamento delle soglie dimensionali: come detto, se emergesse che il debitore non è un “minore” ma ha dimensioni da procedura maggiore, il tribunale rigetta l’accesso al concordato minore.
  • Abuso di procedure/esdebitazioni: non può accedere chi ha già beneficiato di una esdebitazione in un procedimento di sovraindebitamento nei 5 anni precedenti, o più di due volte in totale nella vita. In altre parole, tra una cancellazione dei debiti e la successiva devono passare almeno 5 anni, e comunque non si può essere perdonati dai debiti per più di due volte. Questa regola evita che si abusi reiteratamente delle procedure di insolvenza a scapito dei creditori.
  • Atti in frode ai creditori: il tribunale dichiara inammissibile il ricorso se il debitore ha compiuto atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. Ciò riprende il concetto già noto nella legge sovraindebitamento: ad esempio aver distratto o occultato beni dal patrimonio, aver simulato attività o passività, o altri atti di bancarotta costituiscono frode. La giurisprudenza interpreta gli “atti in frode” in modo sostanziale, ricollegandoli a condotte di sottrazione del patrimonio o di falsificazione analoghe alle fattispecie di bancarotta fraudolenta. Un recente decreto (Trib. Nola, 13 maggio 2024) ha ribadito che gli atti in frode vanno intesi come quei fatti dolosi compiuti dal debitore in danno dei creditori (es. vendite fittizie di beni, sottrazione di attivo, formazione di debiti fittizi) e che, se accertati, impediscono l’accesso. Dunque, chi ha truccato le carte non può avvalersi del concordato minore. Va notato che tali condotte possono avere rilievo anche penale: il CCII prevede specifici reati per le false attestazioni o la distrazione di beni nel sovraindebitamento (ad es. art. 344 CCII punisce il debitore che occulta o fraudolentemente diminuisce l’attivo o espone passività inesistenti). È quindi essenziale presentarsi con le carte in regola e in trasparenza.

Oltre a queste cause ostative, la legge richiede una generale meritevolezza: se il debitore ha determinato la situazione con colpa grave, malafede o violazioni di legge, ciò potrebbe riflettersi negativamente sulla fattibilità o sull’omologazione del piano. Ad esempio, un imprenditore che abbia dissipato intenzionalmente l’attivo o aggravato il dissesto potrebbe vedersi negare l’omologa per contrarietà a buona fede. Viceversa, difficoltà derivanti da eventi sfortunati o di mercato non ostano alla procedura.

In sintesi, possono accedere al concordato minore i debitori sovraindebitati appartenenti alle categorie ammesse, che versano in stato di crisi o insolvenza conclamata, purché non abbiano abusato di precedenti procedure e non abbiano compiuto atti fraudolenti verso i creditori. Il tutto supportato da una domanda completa di documentazione e veritiera. Verificati questi presupposti, vediamo ora come si svolge la procedura in concreto.


La Procedura di Concordato Minore: Fasi e Adempimenti

Passiamo ora a descrivere come funziona operativamente il concordato minore. La procedura si articola in più fasi, dalla predisposizione iniziale della domanda fino alla chiusura con l’esecuzione del piano omologato e l’esdebitazione finale. Di seguito analizzeremo ciascuna fase, evidenziando gli atti richiesti, i termini e i soggetti coinvolti.

Per chiarezza, presentiamo innanzitutto una tabella di sintesi delle fasi e tempistiche principali:

FaseDescrizioneTempistiche indicative
1. Preparazione della domandaRaccolta documenti, redazione piano e proposta con l’ausilio dell’OCC (gestore della crisi).Variabile (da qualche settimana a mesi)
2. Deposito del ricorsoPresentazione in tribunale del ricorso per l’ammissione al concordato minore con tutta la documentazione (art. 75 CCII).Quando pronto; dà effetti immediati (v. infra)
3. Apertura della proceduraIl tribunale, verificati requisiti e documenti, emette decreto di apertura. Nomina l’OCC (se non già attivo) e fissa i termini per il voto dei creditori.Entro pochi giorni o settimane dal deposito
4. Comunicazione ai creditoriL’OCC comunica a tutti i creditori la proposta di concordato e raccoglie le manifestazioni di voto (favorevole/contrario).Termine fissato dal Giudice, max 30 giorni
5. Votazione dei creditoriI creditori esprimono voto sulla proposta (anche tacitamente, silenzio-assenso). L’OCC al termine redige il verbale con l’esito (art. 79 CCII).~30 giorni dalla comunicazione (silenzio = assenso)
6. OmologazioneUdienza in tribunale per omologare il concordato se approvato. Il Giudice verifica legalità e fattibilità; può omologare anche senza adesione di alcuni enti pubblici (cram down) se ne ricorrono le condizioni. Se invece riscontra cause di rigetto (es: frodi, insufficienza pagamento privilegi), rigetta l’omologa.Udienza fissata subito dopo l’esito voto (indicativamente entro 1-2 mesi dalla fine votazione)
7. Esecuzione del pianoIn caso di omologa, il debitore attua il piano concordato (pagamenti rateali, eventuali vendite di beni, ecc.) sotto la supervisione dell’OCC.Secondo le scadenze previste dal piano (es: pagamenti in X anni)
8. Chiusura e esdebitazioneA completamento, l’OCC presenta il rendiconto finale al Giudice. Se il piano è eseguito, il tribunale dichiara chiusa la procedura e il debitore è esdebitato (debiti residui cancellati). Se il debitore non ha adempiuto, il tribunale dichiara risolto il concordato (o annullato se emersi atti in frode).Fine del piano (può durare diversi anni se rateizzato).

Analizziamo ora fase per fase.

Presentazione della domanda (ricorso introduttivo)

La procedura inizia con il deposito di un ricorso presso il Tribunale competente (sezione specializzata in crisi d’impresa, sovraindebitamento). Competente territorialmente è il tribunale dove il debitore ha il centro degli interessi principali (COMI), di regola coincidente con la sede dell’attività o la residenza.

Il ricorso per l’accesso al concordato minore deve essere redatto preferibilmente con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o di professionisti esperti, e deve contenere o allegare una nutrita serie di documenti, elencati all’art. 75 CCII. In generale occorre presentare:

  • L’istanza (ricorso) in cui si chiede l’apertura del concordato minore, indicando gli elementi essenziali della proposta e l’individuazione dell’OCC designato.
  • Il piano di ristrutturazione dei debiti (cioè la descrizione dettagliata della situazione patrimoniale e la proposta di come saranno soddisfatti i creditori, con tempi e modalità).
  • Una relazione particolareggiata redatta dall’esperto indipendente/OCC sulla situazione economica, le cause dell’indebitamento e l’attuabilità del piano.
  • Una serie di documenti contabili e fiscali del debitore, indicati espressamente dalla legge, tra cui ad esempio: l’elenco di tutti i creditori con i rispettivi crediti, l’elenco dei beni del debitore, gli ultimi bilanci o dichiarazioni dei redditi, lo stato patrimoniale aggiornato, una relazione sulla solvibilità negli ultimi anni, il certificato dei carichi pendenti fiscali e contributivi, ecc.. In pratica si richiede una trasparenza completa sul patrimonio e sulle passività del debitore.
  • Se il debitore è una società, la deliberazione dell’organo competente che approva la proposta di concordato minore.
  • L’eventuale attestazione di un OCC provvisorio già coinvolto (in alcuni casi il debitore si rivolge ad un OCC prima di depositare e allega già la relazione dell’OCC).

La legge consente che la domanda sia presentata tramite un OCC: spesso infatti il debitore si rivolge preventivamente a un Organismo (es. presso l’Ordine dei Commercialisti) il quale lo assiste nella predisposizione del piano e funge poi da gestore della crisi. In ogni caso, dal momento del deposito del ricorso scattano subito alcuni effetti protettivi:

  • Sospensione degli interessi: dal deposito e fino alla chiusura della procedura, sono sospesi, ai soli fini del concorso, gli interessi convenzionali o legali sui crediti chirografari (non garantiti). Ciò significa che i creditori chirografari non possono accumulare ulteriori interessi durante la procedura (gli interessi già maturati restano, ma si congelano quelli futuri). Fanno eccezione i crediti privilegiati o garantiti da ipoteca o pegno: per essi gli interessi continuano a maturare nei limiti delle rispettive cause di prelazione (come da artt. 2749, 2788, 2855 c.c.). Ad esempio, un creditore ipotecario potrà calcolare interessi entro i limiti di capienza del valore del bene ipotecato.
  • Stay delle azioni esecutive (su richiesta): contestualmente al ricorso o successivamente, il debitore può chiedere al tribunale la concessione di misure protettive temporanee, ossia il blocco dei pignoramenti e delle azioni cautelari da parte dei creditori. Il giudice, valutata l’istanza, può ordinare che nessun creditore anteriore all’apertura inizî o prosegua azioni esecutive individuali né acquisisca privilegi o ipoteche sui beni del debitore fino all’omologazione. In pratica, si “congela” la situazione: i creditori non potranno attaccare i beni durante la procedura. Tali misure protettive sono analoghe all’automatic stay previsto nel concordato preventivo e possono rivelarsi cruciali (ad esempio per sospendere aste immobiliari in corso). Se poi il concordato non verrà omologato, queste protezioni decadono.
  • Conservazione amministrazione beni: il debitore in concordato minore mantiene l’amministrazione del proprio patrimonio, ma con alcuni vincoli. Dal momento della pubblicazione del decreto di apertura, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti senza autorizzazione del giudice sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori. Quindi il debitore può continuare la gestione quotidiana, ma non può, ad esempio, vendere beni di rilievo o assumere nuove obbligazioni straordinarie senza il controllo del tribunale (spesso attraverso l’OCC). Questo per evitare che durante la procedura si depauperi l’attivo a danno dei creditori.

Vale la pena di sottolineare l’importanza della cooperazione con l’OCC già in fase di ricorso. L’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) è generalmente nominato con il decreto di apertura (se non era già stato coinvolto prima), ma di fatto il suo apporto è utile sin dall’inizio per preparare correttamente la domanda. Infatti, l’OCC dovrà poi attestare la veridicità dei dati e la fattibilità del piano, quindi è buona prassi che abbia già esaminato la documentazione quando il ricorso è depositato. Molti tribunali richiedono che il debitore indichi già nel ricorso a quale OCC si è rivolto o intende rivolgersi, così da procedere subito alla nomina del medesimo.

Inammissibilità della domanda: se il ricorso è carente dei documenti richiesti, o il debitore non rientra nei requisiti soggettivi, o ha commesso atti in frode, il tribunale emette un decreto motivato di inammissibilità e chiude lì la procedura. Contro questo decreto di inammissibilità è ammesso reclamo. In proposito, va segnalato che vi sono state incertezze sul giudice competente per il reclamo: alcune decisioni (es. Trib. Nola 2024) indicavano il Tribunale in composizione collegiale, mentre altre hanno coinvolto direttamente la Corte d’Appello. La Corte di Cassazione, investita della questione (ord. n. 22699/2023), ha ritenuto inammissibile il rinvio pregiudiziale per difetto di “novità”, lasciando intendere che il rimedio del reclamo va riconosciuto e può essere proposto alla Corte d’Appello ex artt. 50 e 70 CCII. Dunque, se la domanda viene respinta in prima battuta, il debitore può impugnare il provvedimento per farlo rivedere.

Una volta depositata la domanda completa, si attende il provvedimento del tribunale sulla sua ammissione.

Apertura della procedura e decreto di ammissione

Esaminata l’istanza, il Tribunale emette decreto (di norma del giudice delegato nominato) con cui dichiara aperta la procedura di concordato minore, se sussistono i presupposti. Questo decreto ha diversi contenuti fondamentali:

  • Nomina l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o gestore della crisi, se già non designato. Spesso viene nominato l’OCC indicato dal debitore (es. OCC territoriale al quale si è rivolto). L’OCC è generalmente una figura professionale (commercialista, avvocato o esperto iscritto in apposito albo) che avrà il compito di supervisionare la procedura, fare le comunicazioni ai creditori, raccogliere i voti e vigilare sull’esecuzione del piano. In pratica, l’OCC nel concordato minore svolge un ruolo simile a quello del Commissario Giudiziale nel concordato preventivo, con in più compiti di attestazione iniziale.
  • Fissa i termini procedurali chiave, tra cui soprattutto il termine entro cui i creditori devono esprimere il proprio voto sulla proposta. La legge stabilisce che il giudice “assegna ai creditori un termine non superiore a 30 giorni” per far pervenire all’OCC le dichiarazioni di voto (via PEC o altri mezzi idonei). Quindi, tipicamente, nel decreto di apertura verrà indicato che i creditori dovranno comunicare all’OCC la propria adesione o meno entro, ad esempio, 30 giorni dalla ricezione della proposta. Il giudice può modulare questo termine in base alla complessità del caso, ma non eccedere i 30 giorni previsti. In alcuni decreti si è visto assegnare un termine più breve (ad es. 20 giorni) se i creditori sono pochi e la situazione è semplice.
  • Concede le misure protettive (se richieste e se ne ricorrono i presupposti). Il decreto può specificare che fino alla definitività dell’omologazione nessuna azione esecutiva individuale o cautelare può procedere sul patrimonio del debitore. Spesso vengono riepilogati gli estremi delle protezioni accordate (es. sospensione di procedure esecutive pendenti).
  • Ordina le pubblicazioni e notifiche: ad esempio la pubblicazione del decreto nel registro delle imprese (se imprenditore) e la comunicazione ai creditori a cura dell’OCC. L’iscrizione pubblicitaria serve a rendere conoscibile ai terzi l’apertura della procedura.
  • Può contenere prescrizioni al debitore e all’OCC: ad esempio l’obbligo per l’OCC di riferire al giudice su determinati aspetti, o per il debitore di fornire ulteriori informazioni, ecc. Inoltre, può autorizzare sin da subito eventuali atti urgenti di straordinaria amministrazione richiesti dal debitore (es. vendita di beni deperibili).

Con il decreto di apertura, quindi, la procedura di concordato minore entra nel vivo e passa in mano all’OCC per la fase di voto. Da notare che l’apertura della procedura impedisce la dichiarazione di liquidazione giudiziale (fallimento) del debitore: un debitore non può essere dichiarato fallito mentre è in corso una procedura di concordato minore (analogamente a quanto avviene nel concordato preventivo).

Il decreto di apertura è comunicato immediatamente all’OCC e al debitore. Da quel momento l’OCC ha formale incarico e deve attivarsi secondo quanto previsto dall’art. 76 CCII. In particolare:

  • Entro 7 giorni dall’accettazione, l’OCC deve comunicare l’avvio della procedura agli enti fiscali e previdenziali (Agenzia Entrate, Agente Riscossione, INPS, enti locali), presumibilmente per permettere a tali enti di attivare subito eventuali controlli (ad es. l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 88 CCII, è tenuta ad attivarsi per accertare l’ammontare definitivo dei debiti tributari inclusi nel piano).
  • L’OCC provvede a inviare a tutti i creditori l’avviso dell’avvenuta apertura e soprattutto la proposta di concordato minore con il piano, invitandoli a esprimere il voto entro il termine fissato dal giudice. Questa comunicazione avviene tipicamente via PEC per i creditori muniti di domicilio digitale, oppure per raccomandata/mezzi idonei per gli altri. Nell’avviso l’OCC spiega come e entro quando inviare la propria dichiarazione di voto.

A questo punto si apre la fase cruciale di votazione della proposta da parte dei creditori.

Contenuto del piano e proposta ai creditori

Prima di esaminare le modalità di voto, vediamo cosa può contenere la proposta di concordato minore e quali regole deve rispettare, perché ciò condiziona poi l’esito della votazione e dell’omologazione.

Contenuto libero ma nel rispetto delle prelazioni: Il concordato minore, analogamente alle altre procedure di ristrutturazione, consente una ampia libertà di contenuto. Il debitore può proporre qualsiasi forma di ristrutturazione del debito: pagamento integrale o parziale dei crediti, anche in forma dilazionata, suddivisione dei creditori in classi, eventuale apporto di risorse esterne, mantenimento in esercizio dell’attività o cessione di beni, ecc.. Non vi sono percentuali minime di legge da garantire ai creditori chirografari (come invece nelle vecchie procedure di concordato preventivo era richiesto almeno il 20% in caso liquidatorio – tale vincolo non sussiste qui). Tuttavia, due vincoli fondamentali si applicano:

  • Divieto di peggioramento rispetto alla liquidazione: la proposta non può risultare meno vantaggiosa per i creditori di ciò che otterrebbero in una liquidazione controllata alternativa. Questo principio, sebbene non espresso in un unico articolo, è implicito e sorvegliato dal giudice in sede di omologa (c.d. test di convenienza). In altre parole, se il debitore ha un patrimonio liquidabile che darebbe, poniamo, un ritorno del 30% ai chirografari, un piano che offre solo il 5% senza giustificazioni verrebbe bocciato. Occorre assicurare che i creditori non escano peggiorati rispetto allo scenario liquidatorio. L’OCC nella sua relazione attesterà proprio che il piano è più conveniente della liquidazione.
  • Rispetto delle cause di prelazione: bisogna rispettare la graduatoria dei crediti privilegiati salvo espressa adesione dei creditori coinvolti. Ciò significa, ad esempio, che un creditore ipotecario o privilegiato non può essere trattato peggio di un chirografario se il valore del suo bene/copertura lo consentirebbe. In pratica, i crediti garantiti o privilegiati vanno normalmente pagati integralmente almeno fino a concorrenza del valore della garanzia o del bene su cui hanno privilegio. Se il piano prevede di non soddisfare per intero un credito privilegiato, la parte non soddisfatta di quel credito viene “degradata” al rango chirografario e segue la sorte (percentuale) degli altri crediti chirografari. Esempio: un creditore ipotecario con €100.000 di credito e ipoteca su immobile che nel piano è valutato €60.000, riceverà €60.000 come creditore ipotecario (pari al ricavato del bene) e i restanti €40.000 diventano chirografari, potendo essere falcidiati come gli altri chirografari. Quindi i privilegiati non sono intoccabili in assoluto, ma solo entro il valore di realizzo dei beni su cui insistono. La legge inoltre consente espressamente di falcidiare i crediti privilegiati in parte, purché appunto la parte falcidiata sia chirografaria (art. 75 CCII tratta di documentazione e trattamento dei crediti privilegiati). Se un creditore privilegiato invece è interamente soddisfatto nel piano (es: lo pago al 100% magari dilazionato), non partecipa al voto perché la sua posizione non è alterata.
  • Risorse esterne (finanza esterna): Il concordato minore incoraggia l’eventuale intervento di terzi che apportino nuova finanza per aumentare la soddisfazione dei creditori. L’“apporto esterno” è quella somma di denaro o attivo apportata da soggetti terzi (es. familiari, investitori) destinata a pagare i creditori, che non rientra nell’attivo già esistente del debitore. Tali risorse addizionali servono a migliorare la proposta, consentendo di superare il test di convenienza rispetto alla liquidazione. Ad esempio, se il patrimonio del debitore offrirebbe solo il 10%, ma un parente mette fondi per arrivare al 30%, i creditori risultano avvantaggiati. Giuridicamente, gli apporti di terzi possono essere destinati anche preferenzialmente a certi creditori senza dover essere ripartiti tra tutti pro rata, poiché non sono parte del patrimonio del debitore (salvo rispettare comunque la parità di trattamento tra creditori della medesima classe). La presenza di finanza esterna è spesso decisiva nel concordato minore liquidatorio: Tribunale di Ancona 29 luglio 2024 ha ammesso un concordato minore a scopo liquidatorio per un imprenditore cessato proprio perché c’era un apporto di terzi che garantiva un soddisfacimento apprezzabile dei creditori, altrimenti impossibile con i soli beni del debitore. Senza quell’apporto, l’unica via sarebbe stata la liquidazione. Dunque, l’apporto esterno è benvenuto e può essere condizione necessaria per l’ammissibilità in situazioni limite.
  • Continuità aziendale vs liquidazione: Il concordato minore può essere in continuità (se il debitore prosegue la sua attività durante e dopo la procedura, utilizzando i flussi futuri per pagare i crediti) oppure liquidatorio (se prevede di liquidare tutto o parte del patrimonio per pagare i creditori). La legge non preclude l’una o l’altra modalità, purché – come detto – lo scopo non sia meramente liberarsi dei debiti senza alcun piano di rilancio. La finalità dichiarata dello strumento è la prosecuzione dell’attività ove possibile, ma se non c’è prospettiva di continuare (es. ditta cessata), è ammesso un concordato minore liquidatorio, magari finalizzato a evitare procedure peggiori e comunque a ottenere la liberazione dai debiti. La giurisprudenza ha confermato che un imprenditore cessato può presentare un concordato minore liquidatorio dei debiti residui, specie con l’ausilio di finanza esterna, in alternativa alla liquidazione controllata.
  • Classi di creditori: È facoltà del debitore suddividere i creditori in classi, secondo posizione giuridica o interessi economici omogenei. La classificazione può essere utile se si vuole trattare diversamente diverse categorie (es: distinzione tra creditori bancari, fornitori, crediti personali di soci, ecc.). Nel concordato minore non è obbligatorio creare classi, soprattutto se i creditori sono pochi; ma rimane possibile. Ad esempio, a volte si prevede una classe separata per l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, dato il loro status particolare, oppure una classe per creditori muniti di garanzie personali (fideiussioni) per disciplinare eventuali rivalse. Importante: se si fanno classi, la maggioranza di legge va raggiunta sia nel complesso sia in ogni classe (salvo cram down sulle classi dissenzienti secondo le regole generali art. 112 CCII applicabili in quanto compatibili). Tuttavia, di solito nel concordato minore i creditori non sono numerosissimi, per cui l’uso delle classi è meno frequente che nel concordato preventivo.
  • Trattamento dei crediti di eventuali coobbligati: Il piano può anche prevedere patti sul trattamento di garanti e coobbligati del debitore. Per legge, l’omologazione del concordato minore non libera automaticamente i coobbligati e fideiussori che restano obbligati verso il creditore per la parte non pagata, salvo che la proposta preveda diversamente e il creditore accetti. Quindi, ad esempio, se il debito verso Banca X è garantito da un fideiussore, e nel concordato si paga il 50%, il fideiussore resta esposto per l’altro 50% a meno che la banca non abbia rinunciato espressamente in sede di concordato a escutere il fideiussore. Di solito le banche non rinunciano, quindi i garanti esterni rimangono vincolati; ciò però non influenza la fattibilità del concordato, perché il garante potrà pagare il residuo ma il debitore principale otterrà comunque l’esdebitazione. Ad ogni modo, il piano potrebbe prevedere clausole di trattamento dei coobbligati (ad es. prevedere che un certo pagamento ai creditori estingue anche le garanzie: ma serve il consenso del creditore interessato).
  • Salvataggio dell’abitazione principale: Novità di rilievo introdotta dal correttivo del 2024 (D.Lgs. 136/2024) è la possibilità di mantenere inalterato il mutuo ipotecario sulla prima casa del debitore all’interno del concordato minore. Se il debitore persona fisica è in regola con le rate del mutuo sulla casa (o paga quelle scadute all’ingresso in procedura su autorizzazione del giudice), il piano può prevedere di continuare a pagare le rate alle scadenze originarie, senza alterare quel contratto. L’OCC deve attestare che il credito della banca sarebbe comunque soddisfatto integralmente vendendo la casa a valore di mercato e che tale continuazione non lede gli altri creditori. Questa facoltà, già prevista per il piano del consumatore (art. 67, c.5 CCII), è stata estesa al concordato minore con l’inserimento del comma 2-bis all’art. 75 CCII a fine 2024. Significa che il debitore in concordato minore può salvare la propria casa continuando a pagarne il mutuo come se nulla fosse (pur essendo in procedura concorsuale), a condizione che ciò non danneggi gli altri creditori. Ad esempio, se l’immobile ha un valore che copre interamente il mutuo residuo, proseguire il mutuo non li lede. Diversi tribunali avevano anticipato questa soluzione anche prima della norma: es. Trib. Brescia 2024 in un concordato minore familiare ha ammesso che il piano prevedesse il pagamento del mutuo casa alle scadenze contrattuali, nonostante uno dei debitori fosse consumatore. Ora è espressamente consentito per tutti. Questa clausola aiuta il debitore a non perdere l’abitazione e al contempo garantisce alla banca mutuataria il pagamento integrale (anche se dilazionato negli anni). Per gli altri creditori, aver escluso la casa dalla liquidazione è indifferente se tanto il mutuo ipotecario assorbirebbe tutto il ricavato della vendita.

In sintesi, la proposta di concordato minore deve delineare come si intende risolvere la crisi: quali crediti verranno pagati e in che misura, in che tempistiche, con quali risorse (attività correnti, realizzo beni, apporti terzi, ecc.), e assicurare che nessun creditore venga trattato ingiustamente rispetto alle sue cause di prelazione o rispetto all’alternativa liquidatoria. Il tutto nella prospettiva di permettere al debitore di superare il sovraindebitamento (eventualmente proseguendo la sua attività, se applicabile).

Una volta definito il piano e depositata la proposta, la palla passa ai creditori, che devono valutare se aderire o meno.

Il voto dei creditori: maggioranze e silenzio-assenso

A differenza del piano del consumatore (dove non vi è voto dei creditori), il concordato minore richiede l’approvazione dei creditori. L’art. 79 CCII stabilisce che la proposta si intende approvata se ottiene il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. In termini pratici, serve il “sì” di creditori il cui totale di crediti superi il 50% dell’ammontare di tutti i crediti aventi diritto di voto. Dunque la soglia è 51% in valore dei crediti.

Vediamo alcuni dettagli importanti sul meccanismo di votazione e calcolo della maggioranza:

  • Crediti ammessi al voto: non tutti i creditori votano. Sono esclusi dal voto coloro che vengono completamente soddisfatti secondo la proposta. Tipicamente, i creditori privilegiati o con ipoteca/pegno che riceveranno il pagamento integrale del loro credito (anche se dilazionato) non votano, perché la proposta non incide sui loro diritti sostanziali. Viceversa, se la proposta prevede di non pagare integralmente un credito privilegiato, la parte non pagata (quella falcidiata e degradata chirografa) dà diritto di voto. Quindi i chirografari votano sempre, mentre i privilegiati votano solo per l’eventuale porzione insoddisfatta. Se un credito è contestato o condizionato, il giudice può ammetterlo al voto in via provvisoria in un importo stimato.
  • Maggioranza per teste in caso di creditore “dominante”: la norma prevede un correttivo per evitare che un solo grande creditore decida per tutti. Se un singolo creditore detiene più del 50% dei crediti aventi diritto di voto (cioè sarebbe in grado da solo di fare maggioranza in valore), allora è richiesta anche la maggioranza per numero di creditori favorevoli. In pratica, serve una doppia maggioranza: oltre al 51% in valore, bisogna che più del 50% dei votanti (in termini di teste) abbia detto sì. Ad esempio: se il Fisco ha il 60% dei crediti e altri 5 creditori hanno il restante 40%, per approvare servirà che almeno 3 di quei 5 (maggioranza di teste) votino a favore oltre al voto favorevole del Fisco stesso. Se il grande creditore vota contro, ovviamente la maggioranza di valore non c’è e la proposta cade; se vota a favore ma tutti i piccoli contro, servirebbe comunque almeno uno in più (ma in tal caso il grande da solo non basterebbe per teste, la proposta non passa). Questa regola evita che un creditore “monopolista” decida da solo le sorti senza un minimo consenso degli altri.
  • Modalità di voto e silenzio-assenso: nel concordato minore non si tiene necessariamente un’assemblea fisica dei creditori. Spesso il voto avviene per iscritto: i creditori trasmettono all’OCC entro il termine assegnato la loro decisione (aderisco/non aderisco). La legge introduce un elemento molto favorevole al debitore: il silenzio-assenso. Il creditore che non comunica il proprio voto entro il termine è considerato come favorevole. In altre parole, l’inerzia vale come voto a favore. Questo meccanismo, mutuato dalla Legge 3/2012, è cruciale: nella prassi molti creditori, soprattutto piccoli o disinteressati, potrebbero non rispondere affatto. Piuttosto che contare i silenzi come voti contrari (rendendo quasi impossibile raggiungere la maggioranza), la legge dispone che il mancato voto equivale ad un assenso. Ciò snellisce la procedura e avvantaggia il debitore, il quale può “contare” tra i voti favorevoli anche i creditori che restano silenti. Ad esempio: se su 10 creditori solo 3 si esprimono (2 a favore, 1 contro) e gli altri 7 tacciono, i 7 silenti vengono conteggiati come 7 sì; in totale si avranno 9 voti favorevoli su 10, quindi la maggioranza è ampiamente raggiunta. Attenzione: il silenzio-assenso opera per tutti i creditori, inclusi gli enti pubblici (salvo abbiano prassi interne per rispondere, v. infra). Dunque, se l’Agenzia delle Entrate non invia voto, tecnicamente vale come assenso. Nota bene: Il silenzio-assenso è previsto dall’art. 79 CCII e confermato dalla Circ. Ag. Entrate 34/E del 2020 anche per i creditori pubblici nei sovraindebitamenti. È un fattore spesso determinante per l’approvazione.
  • Raccolta ed esito del voto: L’OCC, scaduto il termine, redige un verbale in cui certifica l’esito della votazione. Somma i voti favorevoli (aggiungendo i silenti considerati favorevoli) e i voti contrari, verifica se la maggioranza richiesta è stata raggiunta. Se la maggioranza in valore (e per teste, se applicabile) è raggiunta, il concordato minore si considera approvato dai creditori. Se invece non si arriva al 51% (considerati i silenzi come assensi), la proposta è respinta. In quest’ultimo caso, la procedura di concordato minore viene chiusa senza omologa, e al debitore non resta che ripiegare su un’altra soluzione, tipicamente la liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio) per cercare comunque l’esdebitazione via liquidatoria. Spesso, anzi, il decreto di rigetto dell’omologa contestaualmente apre la liquidazione controllata su istanza del debitore. Da qui si capisce che per il debitore è fondamentale configurare il piano in modo appetibile o comunque ottenere il silenzio-assenso dei creditori.

Nel valutare i voti, l’OCC presta attenzione anche a possibili situazioni di conflitto di interesse: un creditore socio o particolarmente legato al debitore potrebbe essere escluso dal conteggio se il suo voto appare determinante e in conflitto, secondo i princìpi generali (queste fattispecie però sono più tipiche nel concordato preventivo).

Approvazione: se la maggioranza c’è, l’OCC comunica l’esito positivo al Tribunale depositando il verbale dei voti. Da quel momento si apre la fase giudiziale conclusiva: l’omologazione.

Omologazione del concordato minore

L’omologazione è il provvedimento con cui il Tribunale, verificato che tutto sia in regola, rende vincolante l’accordo per tutti i creditori. Si svolge in camera di consiglio (non è un processo contenzioso a meno che non vi siano opposizioni). Vediamo i possibili scenari:

  • Se la proposta è stata approvata dai creditori (maggioranza raggiunta): il Tribunale fissa un’udienza di omologazione. All’udienza, i creditori e qualsiasi interessato possono sollevare opposizioni all’omologazione se ritengono che la procedura non abbia rispettato la legge o che la proposta sia inammissibile, ecc. Ad esempio, un creditore potrebbe opporsi sostenendo che non è rispettata la par condicio, o che il debitore ha frodato, oppure un ente pubblico potrebbe opporsi perché ritiene la falcidia a lui spettante non conforme. Il Tribunale esamina eventuali opposizioni e, in assenza di motivi ostativi, omologa con decreto motivato il concordato minore, dandogli efficacia vincolante.
  • Controlli di legalità e merito: Il giudice in sede di omologa effettua alcuni controlli d’ufficio: verifica che la procedura sia regolare (tutti i documenti e attestazioni a posto), che il voto sia stato calcolato correttamente e che la proposta sia conforme alla legge. In particolare controllerà il rispetto delle prelazioni (i privilegiati non siano penalizzati oltre i limiti consentiti), la fattibilità del piano (anche se l’attestazione OCC copre questo, il giudice fa un vaglio di plausibilità) e la convenienza per i creditori (nessun creditore deve lamentare che avrebbe avuto di più in liquidazione). Se tutto è a posto, si procede all’omologa.
  • Se la proposta non è stata approvata dai creditori (mancanza di maggioranza): in tal caso l’art. 80 CCII prevede che il Tribunale non possa omologare, a meno che non si tratti del caso particolare di cram down fiscale di cui diremo a breve. Normalmente, senza maggioranza la procedura si chiude. Infatti il comma 5 dell’art. 80 stabilisce che, in caso di esito negativo della votazione, su istanza del debitore il giudice dichiara aperta la liquidazione controllata in sostituzione. Quindi al posto dell’omologa, parte la liquidazione (a meno che il debitore non rinunci). Questo scenario si può definire il “piano B”: se l’accordo fallisce, si passa alla liquidazione dei beni, mantenendo però la stessa procedura concorsuale e la possibilità di esdebitazione a fine liquidazione.
  • Omologazione forzata (cram down) dei crediti pubblici: Una novità molto importante è che, anche in mancanza di voto favorevole da parte dei grandi creditori pubblici (Erario e enti previdenziali), il giudice può ugualmente omologare il concordato minore contro il loro voto, se ritiene ingiustificato il loro dissenso. Questa è la forma di cram-down fiscale/previdenziale prevista dall’art. 80, comma 3 CCII. In sostanza, se la proposta ha raggiunto la maggioranza complessiva ma magari l’Agenzia Entrate (titolare di una grossa fetta) ha votato contro, il tribunale può decidere di omologare comunque, superando il diniego del Fisco, purché siano soddisfatte certe condizioni. Due condizioni emergono dalla norma e dalla giurisprudenza:
    1. Il voto contrario dell’ente deve essere determinante nel far mancare la maggioranza. Cioè, se si escludesse quel voto, la maggioranza sarebbe raggiunta. Ad esempio, scenario: 60% crediti in mano al Fisco che dice no, e 40% altri dicono sì –> maggioranza in valore mancante. Se il Fisco avesse detto sì, ci sarebbe il 100%. In tal caso il suo dissenso è determinante.
    2. La proposta deve assicurare a quegli enti pubblici dissenzienti una soddisfazione non inferiore (o tendenzialmente superiore) a quella ottenibile dalla liquidazione. In pratica il loro “no” deve apparire obiettivamente ingiustificato perché stanno rifiutando una soluzione per loro migliore dell’alternativa. Se queste condizioni ricorrono, il giudice può valutare il comportamento dell’ente come irragionevole o abusivo, e omologare lo stesso il concordato (c.d. giudizio di cram down).
    Questo potere giudiziale non è automatico ma discrezionale: “il tribunale è tenuto a valutare la ragionevolezza della scelta dell’Erario di votare contro, comparando il trattamento offerto rispetto agli altri creditori”. Solo se il no risulta abusivo (cioè l’ente rifiuta un piano che lo soddisfa adeguatamente senza valida ragione), si può forzare l’omologa superando il diniego. In caso contrario, l’omologa sarà negata. Un esempio concreto: Tribunale di Verona, 7 giugno 2024 omologò un concordato minore nonostante il voto contrario di Agenzia Entrate e INPS, rilevando che 1) il loro voto era decisivo per la maggioranza, 2) il piano offriva loro più di quanto avrebbero preso dalla liquidazione, quindi il diniego era immotivato. Tuttavia, quella decisione è stata poi riformata dalla Corte d’Appello di Venezia, 10 ottobre 2024, la quale ha negato l’omologa ritenendo che in quel caso il concordato fosse usato in modo abusivo solo per eliminare il grosso debito fiscale senza una reale prospettiva di continuità. La Corte veneziana ha affermato che il cram down non consente al giudice di scavalcare sempre e comunque la mancata adesione del Fisco, che ha pur sempre il compito di tutelare l’interesse pubblico, ma solo quando il rifiuto sia palesemente irragionevole. Inoltre ha aggiunto che l’abuso dello strumento si manifesta quando il concordato è piegato esclusivamente all’eliminazione del debito tributario consistente, anziché finalizzato al rilancio dell’attività. In quel caso, dunque, l’omologa è stata negata e la procedura dichiarata improcedibile. Questo ci insegna che: il cram down fiscale è possibile, ma non scontato. Se il Fisco (o INPS) vota no, il debitore può sperare che il giudice omologhi ugualmente solo se effettivamente ha offerto a tali enti il massimo ragionevole (indicativamente almeno quanto ricaverebbero dalla liquidazione, se non di più) e se la prosecuzione dell’attività ha un senso economico. Se invece la proposta al Fisco è troppo esigua (tipo 5% quando in liquidazione potrebbero forse prendere 10%) o se il piano appare come un mero escamotage per falcidiare l’Erario senza prospettive di continuare l’impresa, il giudice potrebbe dare ragione all’Erario e negare l’omologa. Dunque è fondamentale che la proposta ai crediti pubblici sia equilibrata. (Approfondiremo tra poco nella sezione fiscale i criteri pratici usati dall’Agenzia).

In generale, se non ci sono intoppi, l’omologa viene emessa con decreto motivato del Tribunale. Il decreto di omologa (o di diniego) è reclamabile in Corte d’Appello.

Effetti dell’omologazione: con l’omologa, il concordato minore diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche quelli che non hanno votato o hanno votato contro. In particolare:

  • I creditori restano obbligati ai termini della proposta omologata e non possono più agire individualmente se non secondo quanto previsto dal piano. Ad esempio, se il piano prevede che il credito X sarà pagato al 30% in 2 anni, il creditore X non potrà pretendere di più né agire esecutivamente per il resto; dovrà accontentarsi di quanto stabilito e nei tempi stabiliti.
  • L’omologazione produce effetti anche per i soci illimitatamente responsabili di una società, se il debitore è la società. Ciò significa che se una SNC o SAS ha fatto concordato minore, l’accordo vincola anche i soci illimitatamente responsabili, coprendo i debiti sociali pure nei loro confronti. In sostanza il concordato minore della società giova ai soci illimitatamente responsabili liberandoli dai debiti sociali residui, analogamente a come il concordato fallimentare aveva effetto sui soci una volta. Viceversa, se fosse un socio illimitatamente responsabile persona fisica a presentare concordato (per debiti sociali in solido), il concordato di quel socio non coinvolge la società.
  • Come detto, l’omologazione non pregiudica i diritti di eventuali coobbligati, fideiussori o obbligati di regresso dei debitori verso i creditori, a meno che la proposta non abbia previsto espressamente la liberazione di tali garanti e il creditore l’abbia accettata. Dunque, i garanti restano obbligati per l’importo originario (detratto quanto incassato nel concordato). Questa regola tutela i creditori: ad esempio la banca, pur avendo accettato 30% dal debitore principale in concordato, potrà chiedere il restante 70% al fideiussore. Se però la banca in sede di voto avesse concordato di liberare il fideiussore (cosa rara), allora quell’accordo varrebbe.
  • I crediti eventuali verso terzi del debitore (es. crediti da risarcimento) rimangono nel patrimonio e non sono toccati dall’accordo – l’omologazione riguarda i debiti.

In sostanza, dopo l’omologa, il piano concordatario diviene la nuova legge del debito tra le parti: ogni credito concorsuale è modificato secondo i termini fissati.

Se invece il giudice nega l’omologa (ad es. perché la proposta non ha raggiunto le maggioranze e non si applica cram down, oppure perché accerta frodi o violazioni di legge), il tribunale con decreto rigetta l’omologazione, revoca le eventuali misure protettive e, su istanza del debitore, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata. Quest’ultima diventa quindi la via obbligata per il debitore se vuole ottenere comunque l’esdebitazione liquidatoria. In mancanza di istanza, semplicemente la procedura si chiude e i creditori riacquistano piena libertà di azione esecutiva.

Dopo l’omologa (se concessa), si passa alla fase di esecuzione del piano.

Esecuzione del piano e chiusura della procedura

Con il decreto di omologa in mano, il debitore deve dare attuazione al piano conforme alla proposta approvata. Egli rimane in possesso dei suoi beni e prosegue l’attività se prevista, però sotto la vigilanza dell’OCC. Le principali attività in questa fase sono:

  • Adempimento dei pagamenti: il debitore effettua i pagamenti ai creditori secondo le percentuali e le scadenze fissate. Possono esserci pagamenti immediati (es. se ci sono somme liquide disponibili da distribuire subito dopo l’omologa) e pagamenti dilazionati nel tempo (rate mensili/semestrali, ecc.).
  • Eventuali atti dispositivi autorizzati: se il piano prevede la vendita di beni, liquidazioni di immobili, incasso di crediti, queste operazioni vanno realizzate. In genere il tribunale, all’atto dell’omologa o con separato decreto, può nominare l’OCC o altra figura come delegato alla vendita di un immobile, oppure può autorizzare il debitore a vendere direttamente. Le vendite dovrebbero avvenire secondo modalità competitive se significative (es. tramite procedure ex art. 216 CCII, analoghe alle vendite fallimentari, ma spesso per piccole cose si fa in modo semplificato).
  • Controllo dell’OCC: l’OCC continua a svolgere il suo ruolo di vigilanza. Egli può richiedere al debitore informazioni sullo stato di esecuzione, verifica che i pagamenti vengano effettuati tempestivamente, segnala al giudice eventuali problemi. In alcuni casi, l’OCC può avere funzioni attive come gestire un fondo per distribuire i pagamenti (ad es. il debitore versa le somme all’OCC e l’OCC le gira ai creditori).
  • Relazioni periodiche: se l’esecuzione si protrae nel tempo (es. un piano di 4 anni), l’OCC può essere tenuto a relazionare periodicamente al Tribunale sullo stato di avanzamento. Non è previsto espressamente nel CCII un obbligo di relazione periodica come nel concordato preventivo, ma il giudice può richiederla in sede di omologa.
  • Variazioni: se in corso di esecuzione il debitore si accorge di difficoltà o ha la possibilità di migliorare la proposta, potrebbe teoricamente presentare una istanza di modifica del piano. Il CCII non disciplina esplicitamente l’ipotesi di modifica post-omologa (a differenza del concordato preventivo in cui è possibile un piano nuovo in sede di omologa con il voto contrario erario). Tuttavia, in dottrina e giurisprudenza sul sovraindebitamento si ammette la possibilità di piccoli aggiustamenti migliorativi con consenso dei creditori interessati. Ad esempio Tribunale di Avellino 8/4/2025 ha ritenuto ammissibile una modifica migliorativa del piano concordatario dopo la votazione, per includere un creditore inizialmente escluso, considerandola come integrazione che non pregiudicava i consensi.
  • Interazione con il debitore: l’OCC può convocare il debitore per avere aggiornamenti e può sentirlo. Il debitore è tenuto a collaborare pienamente. Questa fase richiede al debitore disciplina e impegno nel rispettare le scadenze promesse: un concordato minore omologato ma non eseguito correttamente può comunque portare a risoluzione e vanificare lo sforzo.

Quando il piano è stato eseguito (ossia tutti gli adempimenti previsti sono stati compiuti oppure, se a termine futuro, man mano che arrivano a compimento), l’OCC predisporrà un rendiconto finale. L’art. 80, c.6 CCII prevede che conclusa l’esecuzione, l’OCC – sentito il debitore – presenta al giudice il rendiconto finale. In pratica un rapporto riepilogativo di come il piano si è svolto, quanto è stato pagato a ciascuno, eventuali scostamenti ecc.

Il Tribunale, verificato il rendiconto e che il piano risulta adempiuto, emette decreto di approvazione del rendiconto e dichiara chiusa la procedura, contestualmente pronunciando l’esdebitazione del debitore. L’esdebitazione è il beneficio per cui il debitore è liberato dai debiti concorsuali residui non soddisfatti integralmente. Ne parliamo meglio a breve.

Risoluzione e annullamento: può capitare però che il piano non venga eseguito regolarmente. Le due evenienze previste sono:

  • Risoluzione del concordato: se il debitore non adempie alle obbligazioni derivanti dal piano nei modi e tempi stabiliti, il Tribunale – su istanza dei creditori o d’ufficio – dichiara la risoluzione del concordato. In pratica, la risoluzione interviene se il debitore è inadempiente grave (ad esempio salta pagamenti importanti senza rimedio). Il giudice, prima di risolvere, può concedere un breve termine per adempiere gli atti mancanti se pensa che si possa rimediare. Ma se il debitore non sana gli inadempimenti, emette decreto di risoluzione. La risoluzione comporta che il concordato perde efficacia, i creditori riacquistano i loro diritti per intero (dedotto quanto eventualmente già incassato). La legge prevede espressamente che, in caso di risoluzione dopo omologa, non sia più possibile accedere alla liquidazione controllata (quella andava chiesta semmai al momento dell’omologa negata). Dunque il debitore risoluto rimane senza protezione e i creditori possono riprendere le azioni individuali per i residui non pagati. La risoluzione però non travolge gli atti già eseguiti: i pagamenti già fatti restano buoni per i creditori che li hanno avuti (non devono restituirli, salvo revocatorie in futuri fallimenti ecc.). L’esdebitazione ovviamente viene meno, anzi non verrà concessa se la procedura finisce risolta. In sintesi il fallimento del piano riporta tutto come prima, meno quanto i creditori hanno ricevuto.
  • Annullamento del concordato: se dopo l’omologa si scopre che è stato commesso dal debitore dolofrode a danno dei creditori (es. ha occultato beni rilevanti, o ha simulato crediti, o comunque ha alterato la rappresentazione con dolo), allora su istanza dei creditori il Tribunale può dichiarare l’annullamento dell’omologazione. L’annullamento presuppone un comportamento doloso del debitore scoperto post omologa, simile all’azione di annullamento per dolo nel concordato preventivo. In caso di annullamento, si producono effetti analoghi alla risoluzione: il concordato decade e i debiti originari risorgono, dedotto quanto eventualmente pagato. Inoltre, il debitore colto in frode potrebbe essere perseguibile penalmente (questi atti fraudolenti spesso integrano reati fallimentari come bancarotta fraudolenta, punibili anche se la persona non era “fallibile” in quanto il CCII estende tali reati ad ogni procedura concorsuale con specifiche norme di parte penale). Va detto che le ipotesi di annullamento dovrebbero ridursi se già in fase di ammissione si filtrano i casi di frode; comunque la norma esiste come rete di sicurezza.

In caso di risoluzione o annullamento, i creditori tornano liberi di agire per la parte di credito rimasta insoddisfatta. Il debitore potrà eventualmente cercare protezione in una successiva liquidazione controllata, ma spesso il tempo sarà passato e i creditori potranno iniziare esecuzioni.

Esdebitazione del debitore

L’esdebitazione è il risultato finale auspicato: la liberazione del debitore dai debiti pregressi rimasti eventualmente non pagati. Nel concordato minore, a differenza di un fallimento, l’esdebitazione non è automatica ma è collegata all’integrale esecuzione del piano omologato. Se il debitore ha rispettato il piano, ha diritto all’esdebitazione residua.

In concreto, nel decreto che approva il rendiconto finale, il Tribunale dichiara che il debitore è esdebitato per tutti i debiti concorsuali non soddisfatti. Ciò significa che quei creditori non potranno più avanzare pretese per le eventuali parti mancanti. Ad esempio, se un chirografario aveva €100 e ha ricevuto €30 secondo il piano, i restanti €70 vengono cancellati e non possono più essere richiesti.

Limiti dell’esdebitazione: bisogna ricordare che l’esdebitazione copre i debiti anteriori all’apertura non integralmente soddisfatti, eccetto quelli che il piano eventualmente escludeva dal concorso. Per fare un esempio, se un debitore non aveva inserito in elenco un certo debito per errore e quel creditore non partecipava, in teoria quel debito non è stato concorsuale e il creditore potrebbe ancora pretenderlo (ma in realtà la legge impone di includere tutti i debiti noti, quindi situazioni del genere sarebbero indice di dolo e quindi rischierebbero l’annullamento). Inoltre, restano per loro natura fuori dall’esdebitazione eventuali debiti non comprimibili per legge: ad esempio, multe e sanzioni penali pecuniarie o debiti per danni da illecito extracontrattuale con esclusione dall’esdebitazione (nel codice della crisi vi è la procedura di esdebitazione dell’incapiente per il debitore meritevole senza attivo, che però esclude alcune categorie di debiti). Tuttavia, nel concordato minore se queste voci erano inserite e sono state falcidiate e approvate, l’omologa le travolge.

Una volta ottenuta l’esdebitazione, il debitore ritorna ad essere “pulito”, potendo intraprendere nuove iniziative economiche senza la zavorra dei debiti passati. Questa è la concretizzazione del fresh start.

Esempio: un piccolo imprenditore indebitato per €500.000, col concordato ne paga €150.000 (30%) in tre anni. Ottenuta l’esdebitazione, i residui €350.000 sono cancellati: i creditori non possono più esigerli. L’imprenditore potrà dunque proseguire la propria vita economica senza quei debiti, magari con le lezioni apprese dalla crisi. Se volesse accendere nuovi finanziamenti dovrà comunque dichiarare di aver avuto un concordato (ciò risulta dai registri, almeno per un certo periodo), ma giuridicamente è libero dai debiti pregressi.

Con l’esdebitazione e la chiusura, la procedura di concordato minore si conclude.


Trattamento dei Debiti Fiscali e Contributivi nel Concordato Minore

Uno degli aspetti più delicati è la gestione dei debiti verso l’Erario (fisco) e verso gli enti previdenziali (INPS, INAIL) nell’ambito del concordato minore. Spesso, nelle crisi dei piccoli imprenditori, una parte consistente del debito è rappresentata da imposte non versate (IVA, IRPEF, IRES, tasse) e contributi previdenziali. Questi crediti pubblici godono di privilegi e, per lungo tempo, sono stati considerati indisponibili (in passato, IVA e ritenute non potevano essere falcidiate se non con una speciale “transazione fiscale”). Vediamo come la normativa attuale tratta questi debiti nella procedura minore, anche alla luce delle più recenti prassi dell’Agenzia delle Entrate e delle modifiche normative fino al 2024.

Inclusione dei debiti tributari nel piano e falcidia delle imposte

Tutti i debiti del sovraindebitato, compresi quelli fiscali e contributivi, rientrano nel concordato minore e possono essere trattati nel piano. Ciò significa che anche l’IVA, le ritenute non versate, le imposte e i contributi possono essere oggetto di pagamento parziale (falcidia) o dilazione all’interno del concordato minore. Questo rappresenta una differenza significativa rispetto al passato: prima della riforma, tali tributi (in particolare IVA e ritenute fiscali) erano ritenuti intangibili salvo accordi ad hoc di transazione fiscale. Oggi invece, nel concordato minore, se la proposta viene approvata o omologata, anche questi crediti possono subire uno stralcio.

La svolta è stata favorita anche dall’Unione Europea: la Direttiva UE 2019/1023 ha permesso agli Stati di derogare al principio di integrale pagamento dell’IVA nei processi di ristrutturazione, per facilitare il risanamento del debitore onesto. L’Italia ha recepito questa possibilità nel Codice della Crisi. Già col D.L. 137/2020 (convertito nella L.176/2020) si era ammessa la falcidia di IVA e ritenute nelle transazioni fiscali dei concordati preventivi in continuità; il CCII ha esteso la logica anche al sovraindebitamento.

In pratica, un debitore in concordato minore può proporre di pagare solo una percentuale dei debiti fiscali iscritti a ruolo (comprese IVA, IRPEF, IRES, ecc.) se questa è la misura consentita dalle sue risorse. Naturalmente, tali crediti erariali di regola godono di privilegi (es. privilegio generale mobiliare per imposte dirette, privilegio speciale sui beni dell’azienda per IVA e ritenute), quindi rientrano nel discorso di trattamento dei privilegiati visto sopra. Se il patrimonio del debitore non consente il pagamento integrale di imposte e contributi privilegiati, essi potranno essere soddisfatti parzialmente in ragione della capienza dei beni. La parte non coperta diverrà chirografaria e potrà essere falcidiata come gli altri chirografi. Ad esempio:

Esempio: il debitore ha €50.000 di debiti verso l’Erario, di cui €30.000 per IVA e €20.000 per IRPEF, tutti privilegiati; possiede però beni che, liquidati, darebbero ricavato solo €10.000. In una liquidazione, quei €10.000 andrebbero proporzionalmente ai crediti privilegiati e il resto (40k) resterebbe insoluto. Nel concordato minore, il debitore può proporre di pagare €10.000 (magari grazie anche a un aiuto di terzi) da ripartire pro-quota tra quei crediti fiscali, il che equivale a un pagamento del 20%. Una tale proposta può essere omologata, perché i creditori fiscali ricevono comunque quanto avrebbero ottenuto dalla liquidazione (20%) e non vi sono risorse per fare di più; anzi, se c’è un piccolo surplus (grazie ai terzi) ricevono qualcosa in più. Anche l’IVA dunque viene pagata pro-quota e la parte restante (80%) viene annullata dall’omologazione – scenario che un tempo sarebbe stato impensabile, ma ora è consentito per il sovraindebitato.

Questo esempio illustra bene il trade-off: il Fisco prende quello che c’è (o poco più se qualcuno integra), e deve accettare di perdere il resto, altrimenti, in liquidazione, perderebbe comunque tutto ciò che eccede il ricavato dai beni.

Graduatorie interne: da notare che i debiti fiscali spesso includono sanzioni e interessi di mora. Questi accessori generalmente sono chirografari (le sanzioni non godono di privilegio). Quindi, nel piano, è comune proporre l’integrale falcidia delle sanzioni e degli interessi e offrire invece qualcosa sul capitale. Ad esempio, il piano può prevedere che di un debito fiscale complessivo di €100.000 (di cui €80k imposte e €20k tra sanzioni e interessi) saranno pagati €20k a titolo di imposte (25%) e zero per sanzioni/interessi (che vengono annullati). Questo è legittimo, ed è proprio uno dei vantaggi delle procedure concorsuali: poter azzerare le sanzioni (che sono debiti punitivi). L’Agenzia delle Entrate su questo normalmente non fa opposizione, concentrandosi sul recupero almeno parziale del tributo.

Da un punto di vista formale, nel concordato minore non c’è l’obbligo di proporre separatamente una transazione fiscale. A differenza del concordato preventivo maggiore (dove se vuoi falcidiare IVA devi presentare un’istanza di transazione ex art. 88 CCII), qui la definizione del debito fiscale avviene all’interno del piano stesso. L’Agenzia delle Entrate e gli enti quindi ricevono la proposta nel suo complesso come tutti gli altri creditori e la valutano.

Il voto del Fisco e degli enti previdenziali: comportamento e criteri

Agenzia Entrate e INPS partecipano al concordato minore come creditori e votano per l’importo totale di loro competenza. Come spiegato, se il piano li paga integralmente (caso raro), non votano; se prevede falcidie, votano per la parte falcidiata e non soddisfatta in privilegio.

Un dettaglio: il voto di questi enti è “per massa” e non per singola cartella o tributo. L’Agenzia delle Entrate esprimerà un unico voto per la somma di tutti i crediti tributari amministrati da essa (comprensivi di imposte dirette, IVA, registro, addizionali erariali ecc.). Analogamente, l’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione) esprimerà un voto unico per le somme iscritte a ruolo (anche se riguardano tributi diversi, ma essendo concessionario unico agisce unitariamente). L’INPS voterà per il totale dei contributi. Ciò significa che non può accadere che, ad esempio, l’Agenzia dica sì per l’IVA e no per l’IRPEF: deve prendere posizione globale sulla proposta che la riguarda. Pertanto, nel piano è opportuno trattare unitariamente la posizione di ciascun ente: es. scrivere “L’Agenzia delle Entrate riceverà €X, pari al Y% del suo credito totale, da pagarsi entro il [data]”, e analogamente per INPS. In questo modo l’ente valuta il pacchetto complessivo.

In pratica, l’Agenzia delle Entrate e gli enti hanno sviluppato linee guida interne per decidere il voto nei concordati minori, analoghe ai criteri per le transazioni fiscali ordinarie. Anche se formalmente non c’è transazione separata, di fatto l’ufficio legale dell’Agenzia valuta la proposta considerando parametri di convenienza economica. Ad esempio, nel 2023 è stata emanata una norma (art. 1-bis D.L. 69/2023, conv. in L. 103/2023) che per gli accordi di ristrutturazione ex art. 63 CCII ha fissato condizioni minime per l’omologazione forzosa: almeno il 30% di pagamento dei crediti fiscali/previdenziali (ridotto al 40% se dilazione massima 10 anni). Questa norma non si applica letteralmente al concordato minore, ma l’Agenzia tende ad utilizzare analogicamente tali parametri come riferimento di accettabilità. In particolare: è emerso (da prassi e casi concreti) che l’Agenzia difficilmente approva proposte troppo basse, ad esempio sotto il 10-15%. Se il decreto citato dà il segnale che sotto il 10% non c’è convenienza, è probabile che l’ente dica no a proposte del 5%. Così è avvenuto nel caso discusso prima: a Verona il tribunale omologò benché il Fisco avesse detto no su ~5%, ma in appello Venezia confermò che l’agenzia aveva ragione a considerarlo troppo esiguo.

Tuttavia, come detto, l’Agenzia non ha potere di veto assoluto, perché il giudice può scavalcarne il no se la proposta comunque è vantaggiosa (cram down). Ciò non toglie che, in fase di predisposizione del piano, è consigliabile negoziare informalmente con l’ente o almeno tener conto delle sue soglie di accettazione. Spesso l’OCC o il professionista del debitore tenta un confronto con l’ufficio fiscale locale per sondare il terreno: ad esempio, capire se offrire almeno il pagamento integrale dell’IVA (falcidiando solo sanzioni e interessi) possa indurre un voto favorevole, oppure se è necessario arrivare almeno a una certa percentuale globale. Questo dialogo non è formalizzato in norma, ma è buona prassi per aumentare le chance di approvazione. Anche con l’INPS si possono avere interlocuzioni per comprendere la posizione.

In termini generali, i creditori pubblici tendono a votare sì se la proposta appare conveniente e ragionevole rispetto alle possibilità del debitore e se rispetta eventuali soglie indicategli normativamente. Ad esempio, se il piano offre il 30% e in liquidazione prenderebbero 5%, è presumibile un voto favorevole. Se offre il 5% e in liquidazione prenderebbero 0% ma la politica interna suggerisce di non accettare meno del 10%, potrebbero comunque dire no – col rischio per loro di un cram down, ma confidando magari che il giudice non glielo imponga se quel 5% appare troppo esiguo in assoluto (questione di prospettive).

Silenzio-assenso degli enti: Va ricordato che anche l’Agenzia Entrate e l’INPS, se non rispondono affatto, per legge vengono considerati consenzienti. Quindi, a volte, la mancata espressione di voto da parte loro favorisce il debitore (conteggiandosi come sì). L’Agenzia però, specie dopo la circ. 34/E 2020, cerca di esprimersi in ogni caso (anche un silenzio può essere visto come approvazione implicita ma internamente preferiscono dare un atto di assenso o dissenso). Se un ente resta silente per inerzia o perché non ha fatto in tempo a valutare, il concordato potrebbe venire approvato d’ufficio col loro silenzio – scenario che l’amministrazione finanziaria vuole evitare attivando appunto in fretta i controlli (la circ. AE prevede l’“onere di immediata attivazione di tutti i poteri di accertamento” quando arriva una proposta di transazione, proprio per evitare di trovarsi spiazzati e far decorrere i termini).

Cram down fiscale in concreto: se l’Agenzia vota no ma si è ottenuta la maggioranza di altri crediti, il giudice valuterà come spiegato. È importante sottolineare che il tribunale non può modificare d’ufficio i contenuti economici dell’offerta: può solo decidere di omologare o meno. Quindi non esiste qualcosa come “imporre al Fisco una percentuale diversa da quella offerta”: o omologa quella proposta (anche se il Fisco non l’ha accettata), o rigetta l’omologa. Ne consegue che è essenziale che la percentuale offerta al Fisco sia plausibilmente difendibile in sede di omologa. Se il debitore proprio non può offrire di più, deve almeno mostrare che quell’importo è pari al ricavato in liquidazione (come nell’esempio 20% vs 20% sopra). Se ci fosse margine per offrire di più e il debitore non l’ha fatto, il giudice potrebbe considerare legittimo il rifiuto dell’ente.

Debiti IVA e ritenute: Un tempo, come accennato, l’IVA era considerata intangibile per principio di diritto UE (era esclusa dall’esdebitazione in vari ordinamenti). Ora invece è chiaro che anche l’IVA può essere falcidiata nel concordato minore. Questo elimina un grosso ostacolo: il piccolo imprenditore sommerso dall’IVA non versata non era recuperabile senza prevedere di pagarla integralmente (il che spesso rendeva impossibile un accordo). Oggi può fare un concordato offrendo ad esempio il 20-30% dell’IVA e liberandosi del resto, con buona pace delle precedenti rigidità, purché ciò avvenga con il consenso dei creditori o l’omologa giudiziale.

Contributi previdenziali: lo stesso discorso vale per i debiti INPS/INAIL: anch’essi sono privilegiati (privilegio generale sui mobili del datore di lavoro, ecc.) e possono essere falcidiati se manca patrimonio. Non esiste una “transazione contributiva” separata nel concordato minore (nel preventivo c’è, art. 88). Quindi l’INPS valuterà nel complesso. L’INPS ha emanato messaggi interni (es. Msg. 3553 del 25.10.2024) per disciplinare le competenze decisionali sui crediti contributivi nelle procedure introdotte dal “correttivo ter” 2024, ma ciò riguarda soprattutto i concordati preventivi e accordi. Nel concordato minore, l’INPS locale esprimerà il voto analogamente all’Agenzia.

Ricapitolando: nel concordato minore i debiti fiscali e contributivi vengono trattati come quelli degli altri creditori. Possono essere ridotti (stralciati) e dilazionati, previa adesione dei creditori oppure, in caso di dissenso ingiustificato, con intervento del giudice (cram down). È però fondamentale presentare una proposta seria e credibile anche verso il Fisco, perché questi creditori pubblici hanno comunque diritto di voto e tutela: la loro adesione spesso è la chiave per raggiungere la maggioranza, data la “golden share” che spesso detengono sui crediti totali. Un concordato minore che prevedesse di soddisfare molto meno il Fisco rispetto ad altri creditori potrebbe sollevare obiezioni e rischiare di non essere omologato per mancanza del requisito di parità di trattamento o per abuso. Ad esempio, se tutti i chirografari privati prendono 30% e il Fisco 5%, l’Erario potrebbe lamentare disparità. Certo, il Fisco di solito ha privilegio, quindi parte del suo credito è rango diverso, ma bisogna ponderare bene le offerte.

Confronto con transazione fiscale ex art. 88 CCII: Nel concordato preventivo ordinario, la transazione fiscale richiede l’attestazione di convenienza e il voto espresso dell’ente con possibili soglie (vedi le recenti modifiche del 2024 sul cram down erariale nel concordato liquidatorio). Nel concordato minore queste formalità sono semplificate: non serve una relazione specifica di un professionista attestatore ad hoc sul trattamento fiscale (ci pensa l’OCC nella sua relazione generale a dire che l’offerta al Fisco è superiore alla liquidazione), e non c’è un’adesione formale separata con accordo bilaterale. È tutto integrato e meno burocratico. Questo non significa che sia facile, ma elimina passaggi.

In caso di importi fiscali molto alti rispetto al totale, occorre essere consapevoli che l’Agenzia delle Entrate centrale ha introdotto meccanismi di controllo per grandi debiti (nel 2024, provvedimento AE 29/1/2024 ha stabilito che proposte di transazione con sconto oltre il 70% e debito oltre 30 milioni vanno decise dal vertice nazionale dell’Agenzia). Nel sovraindebitamento raramente avremo cifre così enormi (oltre 30 milioni di debiti fiscali), ma se anche fosse (penso ad esempio a qualche professionista con debiti enormi col Fisco), si sappia che la decisione del voto viene accentrata.

In conclusione, il debitore in concordato minore può realmente ridurre il peso fiscale per ripartire, a patto di coinvolgere correttamente l’amministrazione finanziaria nel processo. Dovrà offrire il massimo possibile e giustificare ogni falcidia con la mancanza di alternative migliori. La giurisprudenza più recente ha accolto questo principio ma con equilibrio: non bisogna trasformare il concordato in un espediente per azzerare le tasse tout court. Se c’è materia per pagare qualcosa, qualcosa va pagato; se proprio non c’è, il giudice valuterà se il Fisco sta abusando nel pretendere l’impossibile o se è il debitore che, non avendo nulla da dare, dovrebbe piuttosto essere liquidato e esdebitato come incapiente.


Implicazioni Patrimoniali e Responsabilità dell’Imprenditore

In questa sezione analizziamo come il concordato minore incide sul patrimonio e sulla posizione giuridica dell’imprenditore (o del debitore in generale), nonché quali sono le sue responsabilità e doveri durante la procedura. Si tratta di comprendere cosa il debitore conserva, cosa rischia e quali obblighi ha.

Gestione del patrimonio durante la procedura

Conservazione dell’amministrazione: Nel concordato minore, a differenza del fallimento, il debitore mantiene il controllo del proprio patrimonio per tutta la procedura (non c’è spossessamento né nomina di curatore che prenda in mano i beni). L’imprenditore può quindi continuare a gestire la sua attività e i suoi beni anche dopo l’apertura della procedura, con i limiti di cui abbiamo detto: gli atti straordinari non autorizzati sono inefficaci verso i creditori. Questo regime è simile a quello del concordato preventivo in continuità: il debitore rimane “in possesso” (“debtor in possession”). Ciò comporta che l’imprenditore continua ad avere la responsabilità di amministrare correttamente i beni e condurre eventualmente l’azienda in modo ordinario.

Atti di ordinaria vs. straordinaria amministrazione: Gli atti di ordinaria amministrazione (pagamenti correnti delle spese, acquisti necessari all’attività corrente, incassi di crediti, vendita di scorte a prezzo di mercato, ecc.) il debitore li può compiere liberamente. Gli atti eccedenti (es. vendita di un macchinario di valore, accensione di un nuovo mutuo, concessione di garanzie su beni, affitto d’azienda, etc.) richiedono l’autorizzazione del giudice. Se compiuti senza, come detto, sono inefficaci verso i creditori anteriori, il che vuol dire che non li possono pregiudicare. In pratica, l’imprenditore deve astenersi dal compiere atti che possano alterare significativamente il patrimonio senza prima passare per il vaglio dell’autorità. La ratio è evitare che il debitore in procedura tolga o disperda risorse che dovrebbero garantire il piano.

Utilizzo dei beni: L’imprenditore può continuare ad utilizzare i propri beni strumentali per mandare avanti l’attività (se il piano è in continuità). Ad esempio, se possiede un negozio con merce, può continuare a vendere la merce e far girare l’attività, purché poi destini gli incassi secondo il piano. Se ha dei beni non funzionali (es. un’auto di lusso personale), è buona pratica eventualmente prevederne la vendita nel piano per fare cassa, ma se il giudice non ordina diversamente, egli la detiene ancora.

Ricavi futuri: Nel concordato minore in continuità, i redditi futuri generati dall’attività servono a pagare i creditori secondo il piano. L’imprenditore li produrrà e li destinerà come stabilito. Non c’è un commissario che glieli sottrae, ma deve attenersi al piano: se decide di dirottare altrove i ricavi, sarebbe un inadempimento.

Protezione del patrimonio familiare: Un tema importante è la tutela di alcuni beni essenziali, come l’abitazione principale. Abbiamo visto la nuova norma che consente di mantenerne il mutuo in regolare pagamento, evitando la vendita della casa. Questa è una tutela per il debitore e la sua famiglia: significa che, se le condizioni lo permettono, l’imprenditore può preservare la casa di abitazione dalla liquidazione, continuando a pagarne il mutuo regolarmente. Oltre a ciò, anche prima di tale norma i giudici spesso cercavano soluzioni per non far perdere la casa quando possibile (es. permettendo ai debitori di offrirla come garanzia futura ma senza venderla). Adesso c’è un appiglio normativo specifico. Questo riduce l’impatto patrimoniale più doloroso (la perdita della casa) in molti casi, e rende il concordato minore un percorso più sostenibile socialmente. Naturalmente, se il mutuo è scaduto o la casa è libera da ipoteche e vendibile senza pregiudizio per altri, allora potrebbe doversi liquidare se serve a pagare i creditori – non c’è un’esenzione generalizzata del “bene casa”, ma solo lo scenario di proseguimento del mutuo se la casa è già ipotecata.

Garanzie prestate e beni di terzi: Se l’imprenditore ha dato in garanzia beni di terzi (es. un immobile di un parente a pegno o ipoteca per un suo debito), quel terzo formalmente è estraneo alla procedura. I creditori garantiti su beni di terzi non vengono falcidiati nella garanzia: potrebbero escutere il bene del terzo per intero. Ad esempio, se la madre dell’imprenditore ha ipotecato la sua casa per la banca del figlio, la banca in concordato minore figlio può votare come chirografa (perché dal figlio prende meno del dovuto), ma conservare il diritto di rifarsi sulla casa della madre per la differenza. La legge concorsuale non tocca questo diritto, a meno che anche la madre entri nella procedura (ad es. con una procedura familiare congiunta, se la madre è coobbligata). Quindi l’imprenditore deve essere conscio che il suo concordato non necessariamente protegge i beni di eventuali garanti o terzi dal venir escussi: occorrerà eventualmente coinvolgerli (ad esempio facendo entrare la madre nella procedura familiare se possibile).

Continuità aziendale: Se il concordato è in continuità e l’imprenditore prosegue l’impresa, egli durante la procedura rimane l’amministratore dell’impresa. Tuttavia potrebbe essere soggetto ad alcune regole di condotta: ad esempio non può aggravare la posizione debitoria contraendo nuovi debiti non autorizzati (se ciò compromette il piano). Non c’è una moratoria sui debiti sopravvenuti: se durante l’esecuzione il debitore contrae nuovi debiti (es. fornitori post-omologa) e non li paga, questi non rientrano nell’esdebitazione e potranno essere perseguiti. Quindi egli ha la responsabilità di gestire oculatamente anche il nuovo credito corrente.

Responsabilità e obblighi del debitore

Il debitore che intraprende un concordato minore assume una serie di obblighi di comportamento, la cui violazione può comportare dalla revoca di benefici fino a responsabilità civili e penali:

  • Obbligo di verità e completezza: deve presentare tutta la documentazione in modo veritiero, non nascondere nulla e non falsificare. Come visto, false attestazioni o omissioni dolose possono portare all’inammissibilità o all’annullamento, e integrano reati (false attestazioni dell’OCC o del debitore). Ad esempio, se l’imprenditore nasconde un conto all’estero e non lo dichiara nel piano, commette un illecito. La Fondazione dei commercialisti ha analizzato il reato di falso in attestazioni evidenziando che il CCII punisce sia i professionisti attestatori che i debitori per false dichiarazioni nelle relazioni. Il debitore infatti può incorrere nel reato di falso in attestazioni se fornisce all’OCC dati falsi che poi confluiscono nella relazione (art. 344 CCII, reclusione 6 mesi-2 anni).
  • Obbligo di cooperazione leale: deve collaborare con l’OCC e con il tribunale, fornendo le informazioni richieste, facilitando le comunicazioni con i creditori, ecc. Un comportamento reticente o ostruzionistico contravviene ai doveri e potrebbe portare a sfiducia del giudice e alla revoca delle misure protettive o altro.
  • Divieto di aggravamento del passivo: dal momento dell’apertura, il debitore non dovrebbe compiere atti che aggravino la sua esposizione. Questo più che un divieto formale è un principio: se ad esempio l’imprenditore continua a comprare a credito sapendo di essere in concordato, i nuovi crediti sorti (che sarebbero prededucibili) poi peseranno sul suo futuro. In casi estremi potrebbe configurare abuso.
  • Pagamenti autorizzati: se il giudice autorizza alcuni pagamenti urgenti (es. fornitori essenziali o dipendenti per proseguire l’attività durante l’attesa dell’omologa), il debitore deve usarli secondo l’autorizzazione e non per altri fini.
  • Responsabilità penale per atti di frode: come accennato, il CCII estende al debitore sovraindebitato alcuni reati simili a quelli fallimentari. Ad esempio: se il debitore distrugge o occulta beni appartenenti al suo patrimonio, potrebbe integrarsi la fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 322 CCII estende alcuni reati ai debitori sovraindebitati). Se falsifica le scritture o simula crediti, analoghe considerazioni. Inoltre, l’art. 344 punisce anche il debitore che aggrava fraudolentemente la posizione dei creditori dopo il deposito del ricorso di concordato (comportamento assimilabile alla bancarotta preferenziale). Insomma, il fatto di non essere una procedura fallimentare non esime da eventuali sanzioni se si compiono atti decettivi o dissipativi.
  • Responsabilità per nuovi debiti: se il debitore contrare debiti successivi all’omologa e non li paga, questi creditori post-omologa possono aggredirlo senza violare la moratoria (perché la moratoria copre solo debiti anteriori). L’imprenditore deve quindi essere prudente nel contrarre obbligazioni durante l’esecuzione, altrimenti rischia di trovarsi con nuove cause e pignoramenti fuori concordato (che potrebbero minare la fattibilità del piano e portare alla risoluzione).
  • Rispetto delle destinazioni vincolate: se nel piano c’è scritto che l’imprenditore destinerà un certo incasso al pagamento dei creditori, e poi lo usa per altro, viola la legge. Un esempio: nel piano c’è la vendita di un macchinario per €50.000 destinati ai creditori; l’imprenditore vende e si tiene i soldi => è appropriazione indebita potenzialmente (perché quei soldi erano vincolati al soddisfacimento concordatario). L’OCC vigilerebbe su ciò, ma è per dire che l’imprenditore ha obbligo morale e giuridico di rispettare le destinazioni.
  • Mantenimento requisiti di meritevolezza: se emergono comportamenti opportunistici (tipo l’imprenditore aveva capitali nascosti e a fine concordato emergono, ecc.), potrebbe essere messo in discussione il beneficio. Ad esempio, l’art. 280 CCII (esdebitazione fallito) condiziona la concessione del beneficio all’assenza di condanne per reati fallimentari. Nel sovraindebitamento l’esdebitazione può essere negata se emergono condotte fraudolente. Dunque l’imprenditore deve mantenere una condotta specchiata per non perdere il beneficio finale.

Patrimonio futuro: Un’ultima notazione: a differenza del fallito, il debitore in concordato minore non subisce limitazioni sui beni futuri (non c’è istituto di ricostituzione dell’attivo su beni sopravvenuti). Se dopo la chiusura dell’accordo il debitore ottiene una grande vincita o eredità, i vecchi creditori non potranno rivalersi perché i debiti sono esdebitati. Quindi, l’imprenditore ha interesse a rispettare le regole per arrivare alla chiusura e potersi tenere eventuali sopravvenienze successive senza patemi.

In generale, il concordato minore responsabilizza l’imprenditore: gli consente di restare alla guida e di liberarsi dai debiti, ma in cambio pretende correttezza, trasparenza e adempimento puntuale. Se l’imprenditore fallisce questo standard, la procedura può risolversi con un nulla di fatto o peggio. Se invece si comporta rettamente, avrà la chance del fresh start con protezione di alcuni beni essenziali (come la casa, se condizioni rispettate).


Confronto con Altri Strumenti di Gestione della Crisi

Il concordato minore si inserisce nel quadro degli strumenti di regolazione della crisi offerti dal Codice della Crisi. È utile riassumere le differenze tra il concordato minore e altri istituti affini, in particolare con la liquidazione controllata (procedura liquidatoria per sovraindebitati) e con l’accordo di ristrutturazione dei debiti (strumento negoziale di regolazione della crisi, ex art. 63 CCII). Accenneremo anche al piano del consumatore per completezza, data la sua complementarità.

Di seguito, una tabella comparativa dei principali strumenti:

CaratteristicaConcordato MinoreLiquidazione Controllata (ex Liquidaz. patrimonio)Accordo di Ristrutturazione (art. 63 CCII)Piano del Consumatore
Soggetti ammessiDebitori sovraindebitati non fallibili (professionisti, imprese minori, agricoltori, ecc., no consumatori singoli).Debitori sovraindebitati non fallibili (anche consumatori).Imprese e debitori anche fallibili, purché in situazione di crisi o insolvenza (strumento generale) – richiede il 60% di crediti aderenti.Consumatori sovraindebitati (persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei attività imprenditoriale).
Natura e scopoProcedura concorsuale con accordo: mira a ristrutturare il debito con un piano e proseguire l’attività se possibile. Può essere in continuità o liquidatorio (in parte).Procedura liquidatoria giudiziale: realizza l’intero patrimonio del debitore per pagare i creditori. Analoga al fallimento (liquidazione giudiziale) ma per non fallibili. Scopo: liquidare beni + esdebitazione finale.Procedura negoziale omologata: accordo stragiudiziale con una quota qualificata di creditori (≥60%). Meno concorsuale (vincola solo aderenti salvo estensioni). Scopo: ristrutturare debiti con consenso qualificato, spesso conservando continuità aziendale.Procedura concorsuale semplificata senza voto: mira a ristrutturare i debiti del consumatore secondo un piano unilaterale omologato dal giudice se fattibile e meritevole. Scopo: composizione debiti familiari/privati, evitando liquidazione.
Organo ausiliarioOCC (Organismo Composizione Crisi) nominato dal Tribunale: assiste e attesta il piano, gestisce comunicazioni, vigila su esecuzione.OCC/Liquidatore nominato: assume l’amministrazione del patrimonio, vende i beni, ripartisce attivo tra creditori. Il debitore perde la disponibilità dei beni (pur non essendo “fallimento”).Attestatore indipendente per relazione di fattibilità + eventuale commissario se accordo ad effetti estesi. Non c’è OCC perché è procedura extra-concorsuale (ma da omologare).OCC nominato: aiuta a predisporre il piano e redige una relazione sulla fattibilità e meritevolezza. Non c’è voto creditori; OCC interviene in funzione ausiliaria e di controllo.
Apertura e condizioniRicorso del debitore; verifica requisiti soggettivi (no fallibile) e stato sovraindebitamento; domanda completa documenti. Richiede meritevolezza (assenza frodi, esdebitazioni recenti). Se ok, decreto apertura e termine per voto creditori (max 30 gg).Ricorso del debitore (o conversione da concordato minore non riuscito). Verifica sovraindebitamento e requisiti. Se ok, nomina liquidatore e apre procedura. Non necessita consenso creditori (è liquidazione coatta).Domanda del debitore con atto di accordo sottoscritto dai creditori ≥60% crediti. Verifica tribunale su legalità e consenso sufficiente. Possibile cram down su dissenzienti solo per crediti erariali con condizioni (introdotte 2023). Nessun voto ulteriore: i consensi si raccolgono prima.Ricorso del consumatore con piano proposto. OCC attesta fattibilità e convenienza. Tribunale valuta meritevolezza e fattibilità senza voto creditori. Se il piano è idoneo e non danneggia eccessivamente i creditori, lo omologa d’ufficio (i creditori possono solo fare osservazioni).
Coinvolgimento creditoriVoto maggioranza crediti & silenzio-assenso. Necessario ≥51% in valore (ed eventuale maggioranza teste se un creditore supera 50%). Vincola tutti se omologato (dissentienti compresi). Possibile omologa forzosa su Fisco/INPS dissenzienti ingiustificati.Nessun voto: i creditori vengono tutti soddisfatti secondo le regole di graduazione legale (privilegi, ecc.) dalla liquidazione dei beni. Procedura fortemente etero-diretta: i creditori partecipano presentando domande di ammissione allo stato passivo (se del caso), come in un fallimento semplificato.Adesione contrattuale: serve accordo con ≥60% crediti. I creditori aderenti sono vincolati dall’accordo omologato. I non aderenti non sono vincolati salvo si preveda moratoria pagamenti o estensioni specifiche (es. art. 64 CCII prevede omologa estende effetti se creditori non aderenti sono soddisfatti integralmente). Quindi è un contratto che vincola chi firma (più eventuali estensioni omologate).Nessun voto: i creditori non votano, il giudice valuta il piano unilateralmente. Questo è un vantaggio (nessun quórum da raggiungere) ma anche richiede maggior rigore: il giudice omologa solo se ritiene il piano equo e non manifestamente squilibrato. I creditori possono opporsi in udienza, ma non votano.
Trattamento debiti fiscali/previdenzialiInclusi nel piano, falcidiabili/dilazionabili come gli altri crediti. Non c’è transazione fiscale separata, ma richiesta attestazione convenienza. Voto AE/INPS unico per ente; silenzio = assenso. Cram down giudiziale possibile se offerta ≥ alternativa e rifiuto immotivato.Inclusi nel passivo; vengono soddisfatti in prededuzione/privilegio secondo ordinario ordine. Possibile anche qui stralcio di fatto: se patrimonio non basta a coprirli integralmente, restano insoddisfatti e poi esdebitati (IVA e ritenute comprese) – la liquidazione controllata consente infatti esdebitazione anche dei debiti erariali residui. Nessun potere di veto AE/INPS (procedura giudiziale).Oggetto di transazione fiscale e contributiva integrata nell’accordo. Necessaria adesione esplicita AE/INPS per conteggiare il 60%. La legge (dalla L. 69/2023) impone condizioni minime per cram down su Fisco: almeno 30-40% con parere professionista. Se il Fisco non aderisce e non si raggiunge 60%, accordo non fattibile.Inclusi nel piano, falcidiabili come per il concordato minore (dopo correttivo 2021 che ha chiarito la possibilità di stralciare IVA anche nel piano cons.). Nessuna transazione formale: il giudice valuta che la proposta a Fisco/INPS sia conveniente e non abbiano trattamenti di favore ingiustificati. La differenza: qui il giudice può omologare anche se Fisco contrario, purché il piano sia conveniente, dato che il voto non c’è affatto.
Durata tipicaRelativamente breve per l’approvazione (2-4 mesi circa per avere omologa, dati i 30 gg per voto + udienza). L’esecuzione può durare anni se il piano è rateizzato.Variabile: dipende dalla liquidazione dei beni. Può durare diversi anni se ci sono beni immobili da vendere. Procedura termina con riparti e decreto di esdebitazione (se richiesto) al termine (6 mesi dalla chiusura liquidazione).Rapida nella fase giudiziale (45 giorni per omologa se adesioni ok). Il processo di negoziazione con creditori può però essere lungo (trattative private). Una volta omologato, esecuzione secondo accordo (spesso immediata efficacia).Simile al concordato minore per tempi di omologa (2-3 mesi tipici, non essendoci voto). Esecuzione pure flessibile (può prevedere dilazioni, ma di solito meno lunga di un concordato perché il consumatore spesso offre tutto il possibile subito o in breve).
Esdebitazione finaleAutomatica dopo esecuzione completa del piano. Il debitore liberato dai debiti residui non pagati. Se risoluzione/annullamento, niente esdebitazione.Esdebitazione possibile a fine liquidazione, su istanza del debitore entro 6 mesi, se cooperativo e meritevole. Libera da tutti i debiti non soddisfatti (salvo quelli esclusi ex lege, es. debiti alimentari, multe penali).Non prevista in quanto l’accordo paga la quota pattuita e i creditori aderenti rinunciano al resto per accordo contrattuale. I non aderenti mantengono diritti per la parte non pagata (a meno di estensione). Quindi non c’è concetto di esdebitazione giudiziale: è l’accordo stesso che definisce i crediti.Automatica con omologa: nel piano del consumatore, l’omologazione comporta l’esdebitazione dei debiti oggetto del piano una volta eseguiti i pagamenti come da piano. Essendo senza voto, il decreto di omologa una volta definitivo libera il consumatore dal residuo (salvo revoca se inadempimento grave entro termine massimo). Simile al concordato minore su questo.
Vantaggi– Permette ristrutturazione flessibile (pagamento parziale, dilazioni, apporto di terzi) evitando la liquidazione totale dei beni. – Consente la continuità aziendale (il debitore resta in attività e può salvare l’impresa e posti di lavoro). – Debiti fiscali e contributivi trattabili nel piano (possono essere ridotti, con eventuale omologa forzosa se Fisco irragionevole). – Esdebitazione rapida dopo adempimento piano (niente periodo di comportamento come in fallimento). – Debitore in possesso: mantiene amministrazione beni (più dignità e controllo).– Ideale se il debitore non ha alcuna possibilità di risanamento e vuole solo liberarsi dai debiti consegnando tutto il patrimonio. – Procedura relativamente semplice: il debitore si spossessa e un liquidatore vende, senza dover cercare consensi. – Esdebitazione ottenibile anche se i creditori sono totalmente insoddisfatti (purché il debitore sia meritevole) – consente un fresh start pure ai casi disperati. – Debitore consumatore può accedere (mentre a concordato minore no se non familiare).Maggior flessibilità negoziale: il debitore tratta con i principali creditori e costruisce un accordo su misura. – Meno pubblicità: se gestito bene, può rimanere piuttosto riservato (anche se l’omologa è pubblica). – Non coinvolge per forza tutti i creditori: possibile accordo parziale (ma i non aderenti vanno comunque pagati integralmente per omologa). – Tempi potenzialmente brevi se c’è accordo (il tribunale omologa velocemente in 2 mesi). – Consente anche a imprese “fallibili” di evitare il fallimento con una soluzione concordata (non accessibile per sovraindebitati non fallibili però perché loro hanno questi altri strumenti).– Procedura molto favorevole al debitore: niente voto creditori, decide il giudice su convenienza ed equità. – Permette di salvare la casa e altri beni essenziali se il piano lo prevede e il giudice lo ritiene sostenibile. – Semplificata: meno formalità rispetto al concordato (ad es. non c’è esigenza di maggioranze né misure protettive complesse). – Ideale per debiti di natura personale (es. debiti di consumo, finanziamenti personali) dove c’è poca interazione con attività d’impresa.
Svantaggi– Richiede il consenso della maggioranza dei crediti: se i creditori sono molti e frammentati, o ostili, può essere difficile ottenerlo (anche se c’è silenzio-assenso a mitigare). – La presenza di un grande creditore (es. banca o Erario) può complicare (doppia maggioranza). – Impegno rigoroso del debitore: deve eseguire fedelmente il piano sotto vigilanza, altrimenti decade tutto. – Non adatto se il patrimonio è insufficiente per offrire almeno un minimo di soddisfacimento: in tali casi i creditori non approverebbero e tanto varrebbe liquidare (il correttivo 2024 richiede risorse “apprezzabili” in più rispetto alla liquidazione). – Costi professionali: bisogna remunerare l’OCC e i professionisti, con spese che il debitore deve considerare.– Il debitore perde il controllo sui suoi beni: rischio di liquidazioni forzate anche di beni affettivamente importanti (es. casa, se non esente). – Soddisfacimento creditori basso: di solito la liquidazione realizza poco, i creditori chirografari recuperano frazioni minime. – Procedura lenta se ci sono beni immobili (tempi di vendita giudiziaria). – Stigma simile a fallimento (anche se meno noto): comparsa in registri, ecc. – Necessità di rispettare regole formali simili al fallimento (domande crediti, ecc.), può essere complessa per un piccolo debitore senza l’ausilio di un professionista.Soglia 60% di consensi può essere molto alta: difficile da raggiungere se ci sono molti piccoli creditori o uno-due grandi dissenzienti. – I dissentienti non sono obbligati a rispettare l’accordo (salvo li si paghi per intero), quindi per il debitore resta incertezza su eventuali azioni di minoranza. – Transazione fiscale obbligatoria per falcidiare IVA/ritenute: iter più formale e rischio veto Erario (anche se correttivo 2024 ha introdotto omologa forzosa in concordati, per accordi è più rigida). – Non dà esdebitazione se non c’è adesione di tutti per la parte falcidiata: tecnicamente i creditori aderenti rinunciano al resto, ma se uno non aderisce e non viene pagato completamente, quel residuo rimane. – Necessita di liquidità o impegni concreti: i creditori firmano solo se vedono convenienza chiara (spesso il debitore deve offrire pagamento almeno parziale subito, magari finanziato da terzi).– Riservato solo ai consumatori: se il soggetto è anche minimamente imprenditore (debiti misti) non può usarlo, deve andare sul concordato minore. – Il giudice può essere molto rigoroso nel valutare la meritevolezza e la sostenibilità: se il consumatore ha avuto leggerezza grave nel fare debiti, può rigettare il piano. – I creditori non votano ma possono opporsi con motivazioni puntuali, che il giudice valuterà (es: un creditore ipotecario potrebbe far valere che la proposta lo danneggia troppo rispetto al valore del bene). – Non adatto a situazioni in cui è richiesta la prosecuzione di un’attività economica (che per definizione il consumatore non ha, se l’ha diventa imprenditore). – Anche qui costi di OCC e procedura, sebbene spesso inferiori al concordato minore.

Come si vede, concordato minore e liquidazione controllata sono complementari: il primo punta al risanamento con accordo, la seconda è l’ultima spiaggia liquidatoria. Spesso un debitore proverà il concordato minore e, se fallisce, scivolerà in liquidazione controllata (il Codice prevede il passaggio automatico su istanza). Concordato minore e piano del consumatore sono invece paralleli, uno per non consumatori e l’altro per consumatori; la differenza sostanziale è nel meccanismo di voto (presente vs assente) e nei criteri di ammissibilità (imprenditorialità vs debiti di natura personale). Accordo di ristrutturazione invece è un’alternativa per quei debitori (anche piccoli in teoria) che abbiano pochi creditori principali disposti a trattare: un piccolo imprenditore potrebbe perseguirlo se, ad esempio, deve sistemare la posizione solo con la banca e il fisco e ottiene l’accordo di entrambe – in tal caso potrebbe omologare un accordo in tribunale senza coinvolgere un OCC né tutti i creditori (pagando comunque integralmente gli estranei).

In sintesi, il concordato minore si distingue per la presenza di un accordo col ceto creditorio, a differenza della liquidazione che è unilaterale, e per la struttura concorsuale giudiziale, a differenza dell’accordo ex art. 63 che è essenzialmente contrattuale. La scelta dello strumento dipende dalla situazione del debitore:

  • Se il debitore ha prospettive di risanamento e qualche attivo da offrire, e un certo livello di complessità di debito, il concordato minore è indicato.
  • Se il debitore è completamente incapiente e senza entrate future, tanto vale la liquidazione controllata (lo libererà comunque dai debiti residui a fine procedura).
  • Se il debitore ha pochi creditori determinanti e riesce a trovare un accordo in via privata, l’accordo ex art. 63 può essere più rapido e meno vincolante (e non comporta pubblicità come il concordato, se non al momento dell’omologa).
  • Se è un consumatore, dovrà usare l’apposito piano del consumatore, salvo unirsi a familiari imprenditori in un concordato minore familiare.

Giurisprudenza Recente (2023-2025) in Materia di Concordato Minore

Dall’entrata in vigore del Codice della Crisi (2022) ad oggi (2025), si è formato un corpus di decisioni giurisprudenziali che hanno chiarito vari aspetti applicativi del concordato minore. Di seguito riepiloghiamo alcune delle pronunce più significative:

  • Cassazione, Sez. I, 26 luglio 2023 n. 22699 – Ha affrontato questioni di ammissibilità nelle procedure da sovraindebitamento, tra cui la nozione di consumatore e la possibilità di accesso al concordato minore per l’imprenditore cessato. La Corte è stata investita con un rinvio pregiudiziale dalla Corte d’Appello di Firenze sulle interpretazioni di art. 33 co.4 CCII e sulla reclamabilità dei decreti di inammissibilità. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il rinvio per difetto di novità, implicitamente confermando che l’imprenditore individuale cessato può accedere al concordato minore (escludendo l’interpretazione estensiva del divieto) e che è esperibile il reclamo avverso il decreto di inammissibilità. Questa ordinanza non ha creato un precedente di merito dettagliato (ha evitato di pronunciarsi espressamente perché reputava la questione non nuova), ma è stata letta come un via libera all’orientamento dei tribunali di merito in favore della soggettività residua del debitore cessato.
  • Tribunale di Ancona, decreto 15 novembre 2023 – Ha statuito espressamente che l’imprenditore individuale cancellato dal Registro Imprese può accedere al concordato minore, ritenendo applicabile il divieto di cui all’art. 33 co.4 CCII solo alle organizzazioni collettive (società) e non alla persona fisica ex imprenditore. Ha valorizzato l’art. 2 lett. c) CCII che include “ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale” fra i destinatari, interpretando che vi rientra anche chi lo era in passato (se rimangono debiti). Questo decreto (tra i primi, fine 2023) ha tracciato la linea seguita poi da molte altre corti nel 2024-25 (Vicenza, Modena, Brescia).
  • Tribunale di Vicenza, decreto 13 marzo 2025 – Ha confermato tale orientamento ammettendo un imprenditore individuale cancellato e cessato da anni, riconoscendo la necessità di assicurare comunque una procedura esdebitatoria. Inoltre Vicenza ha richiamato il principio UE del diritto a procedure di ristrutturazione preventiva per tutti i soggetti (Direttiva 2019/1023) come argomento teleologico.
  • Tribunale di Modena, decreto 7 aprile 2025 (est. Bianconi) – Oltre a ribadire l’ammissibilità di imprenditore cessato, ha fatto interessanti considerazioni sulle classi di voto e sul ruolo dei garanti pubblici. In particolare, il caso riguardava un credito garantito dal Mediocredito Centrale (fondo di garanzia PMI) e il Tribunale ha ritenuto che il garante pubblico, non avendo ancora pagato il credito alla banca al momento del voto, non avesse diritto di voto separatamente (solo la banca votava per intero) e che, una volta escusso, il garante subentrante avrebbe un unico voto pari al credito (questioni tecniche di classamento, mostrando la flessibilità in queste situazioni complesse).
  • Tribunale di Brescia, decreto 1 luglio 2024 – Caso di concordato minore familiare: ha deciso che anche se un solo membro della famiglia è consumatore, si può proporre un concordato minore familiare e, in tale contesto, prevedere il pagamento del mutuo ipotecario sulla casa alle scadenze contrattuali. In sostanza, ha anticipato l’applicazione dell’art. 67 co.5 CCII (piano consumatore) anche al concordato minore in procedura unificata, giudicando irrilevante che la moglie fosse consumatrice (irrilevante ai fini dell’ammissibilità della prosecuzione del mutuo). Ciò in linea con quanto poi sancito dal correttivo 2024 (che poco dopo ha introdotto la norma art. 75 co.2-bis generalizzata).
  • Tribunale di Nola, decreto 13 maggio 2024 – Ha affrontato due punti: la competenza per l’impugnazione del decreto di inammissibilità e la nozione di atti in frode ai creditori. Ha ritenuto che il reclamo vada proposto al Tribunale collegiale (visione poi superata dall’interpretazione prevalente pro Corte d’Appello) e soprattutto ha chiarito che per atti in frode devono intendersi fatti riconducibili alle condotte di bancarotta, come distrazione beni, pagamenti preferenziali dolosi, ecc., commessi dal debitore prima o durante la procedura. Ha evidenziato che semplici irregolarità non equivalgono a frode: serve l’elemento soggettivo del dolo diretto a pregiudicare i creditori. Questo fornisce un parametro per valutare l’eventuale inammissibilità ex art. 77 CCII (atti in frode).
  • Tribunale di Verona, decreto di omologa 7 giugno 2024 – Caso citato, aveva omologato con cram down fiscale un concordato minore dove Agenzia Entrate e INPS (detentori di larga parte del credito) avevano votato contro, ritenendo integrati i presupposti (voto decisivo + maggior convenienza per enti rispetto liquidazione). Tale provvedimento mostrava un approccio pro-debitore, giudicando “ingiustificato” il no del Fisco in quanto il piano dava il massimo ottenibile. Tuttavia:
  • Corte d’Appello di Venezia, decreto 10 ottobre 2024 – In appello dell’esempio sopra, ha negato l’omologa riformando Verona, e sviluppando la teoria dell’abuso dello strumento concordatario: ha ravvisato che il debitore aveva accumulato negli anni debiti solo verso Erario (pagando invece tutti gli altri creditori), utilizzando poi il concordato solo per eliminare quel debito fiscale consistente, senza una reale prospettiva di prosecuzione dell’attività professionale. In tal modo, secondo la Corte, il voto negativo dell’Erario non era affatto irragionevole: il piano era fatto “solo” per tagliare le tasse, finalità extra rispetto allo scopo di risanamento dell’impresa. Questa decisione segna un monito: il giudice può sindacare la finalità concreta del concordato minore e, se la percepisce come distorta (solo beneficio personale e non equilibrio col recupero produttivo), può negare l’omologa anche di fronte a parametri numerici rispettati. È un invito a usare lo strumento per veri percorsi di risanamento o almeno chiusura dignitosa, non come scorciatoia opportunistica.
  • Tribunale di Avellino, decreto 8 aprile 2025 – Ha statuito che nel concordato minore liquidatorio il piano deve prevedere una soddisfazione anche parziale di tutti i creditori, non potendosi escludere integralmente qualcuno senza motivo. In quel caso un creditore chirografario era stato previsto a zero e il Tribunale ha giudicato ciò inammissibile, imponendo una modifica migliorativa del piano dopo il voto per includere almeno qualcosa per quel creditore. Inoltre, ha ammesso che il debitore potesse modificare il piano in melius dopo la raccolta voti per ottenere l’adesione di un creditore inizialmente trascurato. Questo crea un precedente di flessibilità procedurale: piccoli aggiustamenti post-voto, se migliorativi e accettati dai creditori, possono essere recepiti prima dell’omologa.
  • Tribunale di Ferrara vs Tribunale di Milano (dicembre 2024) – Anche se non riguardano direttamente il concordato minore, citiamo due pronunce opposte sull’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII): Ferrara l’ha negata con interpretazione restrittiva a fine 2024, Milano l’ha concessa con lettura estensiva pro-debitore a fine 2024. Questo è indicativo di un dibattito su come trattare i debitori completamente incapienti. Nel concordato minore, di riflesso, c’è attenzione a non consentire un concordato quando in realtà il debitore è incapiente e vorrebbe solo l’esdebitazione: in quei casi il giudice potrebbe dire “fai direttamente la procedura di esdebitazione incapiente” (se prevista). Per ora, in mancanza di decreti attuativi su quella procedura, i tribunali cercano di incanalarla con prudenza.

In generale, la giurisprudenza iniziale sta mostrando un approccio abbastanza aperto e flessibile nel permettere l’accesso al concordato minore (vedi casi imprenditore cessato, classi, mutuo casa), ma anche fermo nel sanzionare abusi (vedi caso Venezia su fisco e abuso, casi su atti in frode). Si cerca di bilanciare l’obiettivo di dare al debitore una chance di risanamento/esdebitazione con la tutela dei creditori (in particolare pubblici).

Le pronunce di merito dominano il panorama, data la novità della legge; poche Cassazioni ancora (Cass. 2025 ord. 9549 sul piano consumatore, Cass. 2023 n.22699 citata). Ci si aspetta che nei prossimi anni la Cassazione si pronunci su questioni come: il cram down fiscale nel sovraindebitamento (se conforme magari a principi costituzionali e UE), la qualificazione di consumatore vs imprenditore in casi promiscui, ecc. Per ora, possiamo dire che l’orientamento è favorevole al debitore meritevole (allargamento soggettivo) e rigoroso contro il debitore in malafede (diniego di omologa se strumentalizzazioni).


FAQ – Domande Frequenti sul Concordato Minore

Di seguito una serie di domande e risposte per chiarire i dubbi pratici più comuni di imprenditori e professionisti sul concordato minore.

  • Chi può accedere al concordato minore? – Possono accedere i debitori sovraindebitati non fallibili: piccoli imprenditori sotto soglia (ditte individuali, società minori), imprenditori agricoli, professionisti, start-up innovative, enti non commerciali indebitati. Non può accedervi il consumatore singolo (che ha invece il piano del consumatore), salvo partecipi con la famiglia in una procedura unitaria. In pratica, se hai debiti derivanti in prevalenza da un’attività d’impresa o professionale e sei escluso dal fallimento, il concordato minore fa per te. Se i tuoi debiti sono personali (mutui, credito al consumo) e non hai un’attività economica, dovresti guardare al piano del consumatore.
  • È necessario essere in stato di insolvenza per presentare la domanda? – No, basta lo stato di crisi da sovraindebitamento, definito come incapacità di adempiere regolarmente alle obbligazioni. Non serve la formale insolvenza (incapacità definitiva); è sufficiente che vi sia un persistente squilibrio tra debiti e capacità di pagamento. Quindi anche chi è in crisi (ancora pagando qualcosa ma con prospettiva negativa) può accedere, senza attendere il collasso totale.
  • Devo chiudere la mia attività per fare il concordato minore? – Assolutamente no. Anzi, il concordato minore nasce proprio per consentire, ove possibile, la prosecuzione dell’attività durante e dopo la procedura. Puoi continuare a gestire la tua impresa (sotto la vigilanza dell’OCC) e, se il piano funziona, superare la crisi e andare avanti. Solo se decidi tu di cessare l’attività (concordato liquidatorio) o se comunque non è sostenibile continuare, allora il concordato servirà a liquidare i beni residui. Ma non c’è obbligo di chiudere: diversamente dal fallimento, qui resti “in possesso” e puoi portare avanti l’azienda.
  • Cosa succede ai debiti fiscali (IVA, tasse) nel concordato minore? Posso includerli e ridurli? – Sì, tutti i debiti verso Fisco e INPS vanno inclusi e possono essere falcidiati nel concordato minore. Non è richiesto un procedimento separato di transazione fiscale: inserisci nel piano la proposta di trattamento (es. pago il 20% dell’IVA e stralcio sanzioni e interessi) e quella proposta sarà soggetta al voto dell’Erario come gli altri crediti. Se l’Agenzia Entrate approva, bene; se vota contro ma la tua offerta è comunque la migliore possibile, il tribunale può omologare ugualmente forzando il loro dissenso (cram down). Quindi sì, puoi ridurre IVA e debiti tributari nel concordato, cosa che prima non era fattibile. Ad esempio, puoi proporre di pagare solo il 30% dell’IVA se vendendo i beni quello è il realizzo; l’importante è che tu offra almeno quanto otterrebbe il Fisco in una liquidazione dei tuoi beni. Le sanzioni fiscali in genere vengono azzerate (in concorso contano come chirografarie, quindi spesso rimangono impagate e vengono esdebitate).
  • L’Agenzia delle Entrate deve aderire formalmente? Può opporsi? – L’Agenzia Entrate non firma alcuna transazione separata nel concordato minore: partecipa semplicemente come creditore al voto unico. Ha diritto di esprimere voto favorevole o contrario. Se resta in silenzio oltre il termine, vale il silenzio-assenso e viene conteggiata come voto favorevole. In prassi, di solito l’Agenzia comunica esplicitamente un parere (per evitare l’assenso tacito). Se vota , nessun problema. Se vota no ed è determinante per la maggioranza, il giudice valuterà se il no è giustificato: se la tua proposta era ragionevole (es. offriva al Fisco >=0 quello che potrebbe ricavare in caso di tuo fallimento) e il no appare pervicace, il giudice può omologare lo stesso superandolo. Se invece il no è motivato perché magari la tua offerta era troppo bassa in assoluto, rischi che il giudice dia ragione al Fisco e non omologhi. In generale, l’Agenzia ha linee guida: difficilmente accetta percentuali simboliche (tipo 1-5%), mentre è più propensa se vede uno sforzo significativo (diciamo dall’15-20% in su, o il 100% di IVA ma stralcio sanzioni, etc.). Quindi, conviene costruire una proposta che anche il Fisco possa “digerire”, magari confrontandosi con l’ufficio locale tramite l’OCC prima di finalizzare il piano.
  • Che protezione ho contro i creditori durante la procedura? Possono pignorare nel frattempo? – Puoi ottenere una sospensione delle azioni esecutive individuali (pignoramenti, sequestri) non appena il tribunale apre la procedura e concede le misure protettive, su tua richiesta. In molti casi il giudice le concede contestualmente all’ammissione, bloccando tutti i creditori anteriori fino all’omologazione. Questo significa che, dal decreto di apertura in poi, nessun creditore può iniziare o proseguire pignoramenti sui tuoi beni, né iscrivere ipoteche, ecc. Se c’erano aste in corso, vengono sospese. Attenzione: questa protezione vale fino all’omologazione definitiva (se l’omologa viene negata, la protezione cade e i creditori possono riprendere le azioni). Durante la fase iniziale (dal deposito del ricorso prima dell’apertura), puoi chiedere misure cautelari urgenti se necessario per bloccare azioni imminenti; ma tipicamente il periodo scuro è breve (il tribunale di solito ammette la procedura in tempi rapidi se tutto è in ordine).
  • Posso continuare a pagare alcuni fornitori essenziali o i dipendenti durante il concordato? – Sì, su autorizzazione del tribunale. Gli atti di ordinaria amministrazione (pagare fornitori correnti, stipendi maturandi) li puoi fare, ma se devi pagare arretrati significativi a qualcuno, è meglio chiedere permesso. In generale, durante il concordato, i crediti anteriori devono attendere il piano. Però il giudice può autorizzare in corso di procedura pagamenti necessari per evitare pregiudizi gravi all’attività. Esempio: se un fornitore minaccia di interrompere una fornitura vitale perché non pagato di tre mensilità pregresse, potresti chiedere di poterlo pagare almeno in parte in prededuzione. Occorre motivare che è funzionale alla continuazione. Il tribunale valuta caso per caso. Pagamenti effettuati senza autorizzazione, specie se rilevanti e riferiti a debiti anteriori, potrebbero essere inefficaci e anche una violazione di par condicio.
  • Devo coinvolgere tutti i creditori? – Sì, la proposta deve includere tutti i creditori chirografari e privilegiati noti. Non puoi scegliere chi inserire e chi no (a differenza dell’accordo di ristrutturazione). Il concordato minore è concorsuale: tutti concorrono. Se ometti dolosamente qualche creditore, rischi l’annullamento per frode. Puoi tuttavia proporre trattamenti diversi per diversi creditori (classi) se giustificato, ma nessuno può essere tenuto fuori. L’unica eccezione è per eventuali garanti personali tuoi: i creditori garanti non sono tuoi creditori, quindi non entrano (es: se hai garantito un debito altrui, quel creditore non è tuo creditore; viceversa se altri hanno garantito te, quell’aspetto riguarda il garante ma il tuo debito verso il creditore c’è e va incluso).
  • Cosa succede se ho un solo creditore molto grande? – Se hai un unico creditore (o uno comunque sopra il 50% dei crediti), la legge richiede una doppia maggioranza: il suo voto favorevole in valore non basta, serve anche che per “teste” la maggioranza dei creditori abbia detto sì. Ma se hai un solo creditore e lui vota sì, come fai la maggioranza di teste? In realtà la norma dice: “quando vi è un unico creditore titolare di più della metà dei crediti, il concordato è approvato se, oltre alla maggioranza in valore, vi è la maggioranza per teste dei creditori votanti”. Se c’è un solo creditore, lui è 100% in valore e anche 100% delle teste (1 su 1): quindi paradossalmente la condizione sarebbe soddisfatta se è favorevole. Il problema si pone se quel grande creditore dice no: avresti la maggioranza di teste contraria subito. In tal caso, l’unica speranza è il cram down: se l’unico creditore è ad esempio il Fisco e dice no, il giudice può omologare lo stesso se ritiene ingiustificato il no (praticamente decidere al posto del creditore). Ma con creditori privati non c’è cram down se è l’unico: il concordato cadrebbe. Quindi con un creditore solo privato, serve che lui sia convinto. Se è pubblico e dissente, serve convincere il giudice della convenienza. – Da notare: avere un solo creditore può far sorgere il dubbio se abbia senso un concordato minore (potresti fare un accordo transattivo diretto). Ma se quel creditore rifiuta transazioni stragiudiziali, il concordato minore può darti uno strumento per imporgli un accordo, tramite l’omologa giudiziale.
  • Quali sono i costi di una procedura di concordato minore? – Ci sono costi fissi (contributo unificato di €98, marca da bollo), compensi dell’OCC e eventuali compensi dei professionisti (avvocato, commercialista) che ti assistono. Il compenso dell’OCC è stabilito dal giudice a fine procedura in base a tariffari ministeriali e di norma è proporzionale all’attivo o al passivo gestito (simile a quello di un curatore fallimentare, ma solitamente ridotto date le masse minori). Spesso va da qualche migliaio di euro a qualche decina nei casi più complessi. Il debitore può prevedere nel piano che tali costi siano pagati in prededuzione con le risorse disponibili. Quindi, se hai liquidità iniziale, una parte andrà destinata a pagare spese di procedura. Indicativamente, per piccoli casi, l’OCC potrebbe costare tra i 3 e i 10 mila euro. Aggiungi la parcella del tuo avvocato/consulente. In totale, i costi sono comunque inferiori a quelli di un fallimento (dove ci sono molte procedure di verifica crediti e vendita beni), ma non trascurabili. Il vantaggio è che li puoi pianificare nel piano. Esempio: se vendi un immobile a 100, potresti prevedere che 5 vadano a spese e 95 ai creditori.
  • Quanto tempo ci vuole per completare il concordato minore? – La durata dell’intera procedura dipende dal piano. Per ottenere l’omologazione e quindi iniziare a eseguire, i tempi non sono lunghi: come visto, dall’istanza all’omologa possono trascorrere circa 2-4 mesi (dipende dai tribunali, alcuni fissano udienza di omologa a 60 giorni dall’apertura). Dopodiché l’esecuzione del piano può durare pochi mesi o diversi anni, a seconda che il piano preveda pagamenti immediati o rateizzazioni. Se hai da liquidare un immobile, dipende dal tempo di vendita (che può richiedere alcuni tentativi). Se il piano è di pagare il 30% dei crediti in 4 anni con i ricavi aziendali, allora la procedura resterà aperta per quei 4 anni (sotto monitoraggio OCC) e si chiuderà quando avrai finito. L’importante è che la durata prevista dal piano sia ragionevole: in genere piani entro 5 anni sono accettati; se proponessi di pagare in 15 anni, i creditori (o il giudice) potrebbero storcere il naso a meno di ragioni forti.
  • Cosa succede se non riesco a rispettare il piano? – Se durante l’esecuzione incontri difficoltà, la prima cosa è comunicare con l’OCC e il tribunale. Il giudice può concederti proroghe brevi per adempiere atti (ad esempio, se ritardi qualche pagamento di qualche settimana, di solito si tollera se recuperi entro breve). Ma se il non adempimento è grave e persistente, i creditori (o l’OCC) possono chiedere la risoluzione del concordato. La risoluzione fa decadere l’accordo: i debiti originari risorgono per le parti non pagate e i creditori possono agire. In parallelo, su tua richiesta, il tribunale aprirà la liquidazione controllata, così potrai comunque accedere all’esdebitazione via liquidazione (dopo aver liquidato quel che hai). È una “retrocessione” di procedura. Quindi, se non riesci proprio a farcela, finirai in liquidazione controllata. Ciò che hai pagato fino a quel momento ai creditori ovviamente rimane acquisito (i creditori non devono restituire nulla), ma tu perderai la protezione sul residuo. Se l’inadempimento è colpa tua (negligenza grave o atto doloso), potresti avere anche conseguenze negative in sede di esdebitazione successiva (il giudice potrebbe negarti la cancellazione dei debiti per indegnità). In sintesi: è fondamentale presentare un piano realistico e sostenibile, in modo da ridurre al minimo il rischio di risoluzione. Meglio promettere il 30% che sai di poter pagare piuttosto che il 50% e poi fallire.
  • Dopo il concordato minore, sarò libero da tutti i debiti?, se completi l’esecuzione e ottieni l’esdebitazione, sarai liberato da tutti i debiti concorsuali non soddisfatti. In pratica, qualunque parte di debito precedente rimasta scoperta è cancellata e i creditori non possono più pretendere nulla. Farà eccezione solo ciò che la legge esclude espressamente dall’esdebitazione (ad esempio, debiti per alimenti, obblighi di mantenimento, risarcimenti da fatti illeciti con dolo, multe penali – queste categorie di debiti in teoria non vengono perdonate, ma spesso nemmeno compaiono in un concordato). Ad esempio, se avevi una multa penale, quel debito non è toccato dal concordato e rimane (anche se magari inattuabile se non hai beni). Ma tutte le obbligazioni civili verso banche, fornitori, fisco, ecc. vengono spazzate via. Per cinque anni dalla chiusura, l’avvenuta esdebitazione sarà annotata nei registri (ciò per evitare abusi reiterati), dopodiché anche quell’annotazione si cancella. Quindi, sì, il concordato minore ti dà una full discharge dei debiti pregressi una volta adempiuto.
  • Posso fare un altro concordato minore in futuro se ne ho già fatto uno? – La legge pone dei limiti: non puoi accedere se sei già stato esdebitato nei 5 anni precedenti, e comunque non più di due volte in totale nella vita. Significa che teoricamente potresti fare al massimo due procedure di sovraindebitamento andate a buon fine. Se per esempio a 30 anni ne fai uno, poi cadi di nuovo in crisi a 40, potresti farne un altro (passati 5 anni dall’esdebitazione precedente). Dopo di che stop. Questo per responsabilizzare e non rendere cronica la moratoria dei debiti. In sostanza, il concordato minore è una seconda opportunità, non la puoi avere all’infinito. Se invece il primo concordato è stato risolto o annullato senza esdebitazione, e quindi non hai beneficiato del perdono dei debiti, è discutibile se il quinquennio valga: la norma parla di “già esdebitato”, quindi se non hai ottenuto esdebitazione potresti ritentare subito la liquidazione controllata ad esempio.
  • Che differenza c’è tra concordato minore e piano del consumatore? – Il piano di ristrutturazione del consumatore è lo strumento analogo per le persone fisiche consumatrici, cioè con debiti contratti per scopi personali/familiari. Le differenze principali:
    1. Nel piano del consumatore non c’è voto dei creditori: decide tutto il giudice se omologare, valutando la meritevolezza del consumatore (ad es. che non abbia fatto spese sproporzionate o colpa grave nell’indebitarsi).
    2. Il piano cons. è riservato a chi non ha debiti d’impresa (o comunque in prevalenza di natura consumer). Se un soggetto ha debiti misti, la giurisprudenza dice che deve usare il concordato minore perché nel piano cons. non può inserire debiti d’impresa significativi.
    3. Il consumatore deve passare un controllo di “meritevolezza” più stringente: se ha frodato o tenuto comportamento gravemente imprudente, il giudice può negare l’omologa. Nel concordato minore la valutazione morale c’è, ma è più oggettivata (attiene a frodi, etc., non a come hai fatto i debiti, perché nell’impresa il rischio fa parte del gioco).
    4. Nel piano cons. il cram down fiscale è pressoché implicito: il giudice se approva, impone anche al Fisco le sue condizioni, non servendo il voto. Tuttavia, dopo il correttivo 2021, anche il piano cons. deve prevedere il pagamento delle imposte in misura non inferiore a quanto otterrebbero in liquidazione, quindi di fatto c’è lo stesso test di convenienza.
    In breve: il piano del consumatore è più semplice per certi versi (niente maggioranze da raggiungere), ma soggetto a un vaglio molto attento del giudice sul profilo soggettivo del debitore. Il concordato minore invece è più negoziale (devi convincere i creditori votanti) ma tarato su situazioni di impresa/professione.
  • Dopo l’omologa, posso chiedere finanziamenti o tornare sul mercato? – L’omologa viene pubblicata e resa nota, e le informazioni creditizie registreranno che hai avuto una procedura concorsuale. Tuttavia, non esiste una preclusione legale ad esercitare attività di impresa o a contrarre obbligazioni (a differenza del fallimento, dove durante il fallimento il fallito non poteva). Tu non sei mai dichiarato “fallito”, quindi non subisci incapacità personali. Certo, per la reputazione creditizia, risanare i debiti con un concordato potrebbe rendere più difficile ottenere credito fresco per un po’. Ma molte banche considerano meno negativamente un concordato minore concluso con successo rispetto a un fallimento. Inoltre, se nel piano hai coinvolto quelle stesse banche, e le hai pagate magari in parte, potresti aver mantenuto un rapporto. In sostanza, non c’è un divieto normativo, ma sarà il mercato a giudicare la tua affidabilità dopo. In genere dopo l’esdebitazione è come un nuovo inizio: se la tua situazione economica è migliorata, potrai riprendere e magari trovare credito su basi nuove.
  • Se i miei soci illimitatamente responsabili non entrano in procedura, restano responsabili? – Sì. Se la debitrice è una società di persone e fa concordato minore, gli effetti coprono anche i soci illimitatamente responsabili, quindi i debiti sociali residui sono cancellati anche per loro. Ma se la procedura la intraprende il singolo socio per i debiti sociali a lui imputabili (caso di associazione non riconosciuta, etc.), la società non è coperta di per sé: rimarrebbero i soci e la società a rispondere. Questa è una situazione complessa; di solito, se c’è una società di persone indebitata, conviene che sia la società a fare la procedura, così si trascina dietro i soci. Se non è possibile (perché la società è cessata per dire), allora i soci individuali dovranno procedere singolarmente, e ognuno risolve la propria quota di debiti (anche qui i creditori sociali magari faranno richieste ad altri soci che non hanno fatto la procedura).
  • Qual è la percentuale minima da offrire ai creditori chirografari?Non esiste per legge una soglia minima fissa (tipo 20%). Si deve però offrire il massimo realisticamente ottenibile in rapporto alle risorse. In pratica, bisogna offrire almeno ciò che i creditori avrebbero da una liquidazione (anche se fosse zero, allora in teoria anche zero potrebbe passare, ma se proprio sarebbe zero, forse conviene liquidazione controllata direttamente). I casi reali mostrano percentuali variabili: ci sono concordati minori approvati con il 10% ai chirografari se era dimostrato che in liquidazione avrebbero avuto 0%, come ce ne sono con 30-50%. Tieni conto che i creditori tendono a votare sì se intravedono un vantaggio rispetto al tuo fallimento. Quindi la “percentuale giusta” dipende dal tuo attivo comparato col passivo. Non c’è un numero magico. Certo, offrire 1% è molto rischioso che non passino (a meno che proprio di più non esiste e i creditori sono consapevoli di alternativa nulla). A livello di prassi informale, molti considerano che <10% sia difficilmente digeribile per l’Erario e banche.
  • Cosa succede se un creditore non risponde alla richiesta di voto?Vale il silenzio-assenso: il creditore che non comunica voto entro il termine viene conteggiato come voto favorevole. Dunque la sua inerzia aiuta ad approvare il piano. Questo è ottimo perché spesso i piccoli creditori trascurano di rispondere: non penalizza il debitore. Quindi, paradossalmente, meglio un creditore che sta zitto che uno che dice no! (È ugualmente conteggiato come sì).
  • Si può modificare la proposta dopo aver raccolto i voti (ad esempio per convincere un creditore contrario)? – Formalmente, a votazione avvenuta la proposta omologabile sarebbe quella votata. Tuttavia, alcuni tribunali hanno ammesso modifiche migliorative prima dell’omologa, con rinnovazione parziale del voto se necessario. Ad esempio, se un creditore ha votato no chiedendo una leggera miglioria e gli altri sono favorevoli, il debitore potrebbe proporre di aumentare la percentuale per quel creditore (purché non leda gli altri) e far acquisire il suo consenso, presentando poi al giudice il nuovo accordo integrato. Non è la norma, ma è possibile con l’accordo di tutti i coinvolti. In ogni caso, non puoi peggiorare la condizione di qualcuno rispetto a quanto votato. Piccoli aggiustamenti ex post richiedono massima trasparenza e consenso (anche del giudice).
  • Quali documenti devo preparare per la domanda? – In breve: relazione dettagliata OCC, elenco creditori, elenco beni, piano di pagamento, ultime dichiarazioni redditi/bilanci, certificati dei carichi fiscali e contributivi, attestazioni su eventuale composizione negoziata se fatta, stato civile (se in comunione o coniugato per visione rapporti con coniuge). Inoltre, un’attestazione sull’assenza di procedure precedenti, e l’indicazione di eventuali garanti coobbligati. La legge elenca tutto in art. 75 e 76 CCII. È molto simile a un ricorso di fallimento o concordato preventivo come mole di allegati, adattato alla dimensione minore. La precisione nei documenti è cruciale: ogni omissione può far dichiarare inammissibile il ricorso. Quindi va fatto un check accurato con l’OCC.
  • Il concordato minore viene pubblicato da qualche parte? Lo verranno a sapere tutti i clienti/fornitori? – Sì, c’è pubblicità legale: l’apertura e l’omologa vengono di norma pubblicate sul Registro delle Imprese (se sei imprenditore) e sui pubblici registri (es. sul portale apposito). Inoltre, i creditori vengono tutti avvisati via PEC. Quindi nel tuo ambiente economico la notizia potrebbe circolare. Tuttavia, non c’è la stessa risonanza di un fallimento: è percepito come un accordo, meno infamante. Molti fornitori, se vedono che continui l’attività e li hai coinvolti in un concordato pagando magari una parte, possono mantenere rapporti (specie se la procedura ti permette di pulire la situazione e ripartire). Insomma, un po’ di stigma c’è (come in ogni insolvenza), ma il legislatore spinge perché venga visto come un nuovo inizio più che come una fine ingloriosa. D’altronde, è nell’interesse di tutti che l’imprenditore risanato torni produttivo.

Esempi Pratici di Concordato Minore

Di seguito presentiamo due simulazioni pratiche, per illustrare concretamente come può svolgersi un concordato minore in diverse situazioni:

Esempio pratico 1: Concordato minore in continuità aziendale

Situazione di partenza: La ditta individuale ALFA di Mario (commercio all’ingrosso di alimentari) è in crisi. Negli ultimi anni ha accumulato debiti per €200.000 così composti: €50.000 verso fornitori vari, €80.000 di scoperto con la Banca X (affidamento di c/c e mutuo chirografario), €60.000 verso l’Agenzia delle Entrate (IVA non versata, di cui €45k imposta e €15k sanzioni/interessi) e €10.000 verso INPS (contributi non pagati). Mario ha tuttavia ancora un giro d’affari significativo (fatturato annuo ~€300.000) e l’attività, se liberata dal peso dei debiti pregressi, sarebbe in grado di generare utili. Il suo patrimonio include un magazzino beni alimentari (valore stimato €30.000 se liquidato) e un furgone (€10.000). Non possiede immobili (lavora in capannone in affitto). Non ha dipendenti, solo collaboratori familiari. Mario vuole salvare la sua impresa, ma non può pagare integralmente i creditori con le risorse attuali.

Scelta dello strumento: Essendo un piccolo imprenditore commerciale (sotto soglie) in stato di insolvenza di fatto, Mario può accedere al concordato minore. Un accordo con i creditori appare auspicabile perché l’impresa è viva e potrebbe continuare a lavorare e ripagare in parte i debiti nel tempo. La liquidazione controllata, invece, porterebbe alla cessazione dell’attività (Mario dovrebbe chiudere, vendere magazzino e furgone forse ricavando neanche il 20% dei debiti, e poi ricominciare da zero esdebitato ma senza impresa). Il concordato minore può offrire ai creditori più di quanto avrebbero con la chiusura, sfruttando i futuri guadagni dell’azienda.

Preparazione e piano: Mario si rivolge all’OCC dell’Ordine dei Dottori Commercialisti locale. Viene nominato un gestore, il dott. Bianchi, che raccoglie i dati. Dopo analisi, elaborano un piano di ristrutturazione in continuità così strutturato:

  • Mario continuerà la sua attività per i prossimi 4 anni, stimando un margine netto annuo di circa €25.000 da destinare ai creditori.
  • Il magazzino esistente (€30k di valore) verrà liquidato gradualmente col normale turnover: cioè vendendo quelle merci Mario incasserà e non le riacquisterà per €30k netti, destinando questo flusso ai creditori entro i primi 2 anni.
  • Il furgone resterà necessario per le consegne, quindi non verrà venduto; si mantiene il leasing in essere su di esso continuando a pagare rate (supponiamo esista un leasing, la cui rata Mario continua a pagare in prededuzione per non perdere il mezzo).
  • Un cugino di Mario è disposto a fornire un apporto di finanza esterna di €20.000 complessivi (in due tranche da 10k, al 1° e 3° anno) per aiutare a pagare i creditori, a condizione che l’azienda prosegua (è interessato a lavorare con Mario in futuro).

Con queste risorse, il piano prevede di costituire un fondo di circa: €30k (magazzino) + €20k (cugino) + €25k x 4 anni (utili futuri) = €150.000 disponibili per soddisfare i creditori in 4 anni.

Dato il debito totale di €200k, Mario può proporre un pagamento intorno al 75% medio. Si decide però di modulare diversamente a seconda delle categorie:

  • Ai fornitori (€50k, chirografari) offre il 40% del loro credito, da pagarsi in parte con i ricavi del magazzino nel primo anno e il resto rateizzato nei 4 anni. Quindi €20k in totale su 50k.
  • Alla Banca X (€80k, di cui però garantiti? supponiamo siano chirografari entrambi i debiti con banca, niente ipoteche) propone il 60% (€48k) dilazionato in 4 anni, con interesse legale sulle rate (per renderlo più appetibile). La banca è un creditore importante (40% del totale), il piano cerca di soddisfarla meglio per avere il suo sì.
  • All’Agenzia Entrate (€60k, di cui 45k IVA privilegiata e 15k sanzioni chirografarie) propone: pagamento integrale del capitale IVA (€45k) in 4 anni senza interessi (falcidiando gli interessi futuri per effetto della sospensione) e 0% sulle sanzioni (€0 su 15k, annullate). In tal modo, l’Erario recupera 45k su 60k (~75%). Dal fondo complessivo, destinerà per l’Erario €45k.
  • All’INPS (€10k contributi, privilegiati) propone il pagamento del 50% (€5k) entro 2 anni. Valuta che in una liquidazione l’INPS sul magazzino avrebbe forse preso meno, però per sicurezza offre il 50% per raggiungere quell’importo.
  • I costi della procedura (OCC, spese legali, stima €8.000 totali) saranno pagati con priorità, in parte attingendo subito da una quota dell’apporto del cugino.

Proviamo a vedere: Fornitori 20k + Banca 48k + AE 45k + INPS 5k = 118k. Aggiungendo 8k costi = 126k. Ciò rientra nei 150k previsti (avanza margine 24k per sicurezza o eventuali imprevisti). L’OCC attesta che ogni creditore prende almeno quanto avrebbe avuto da liquidazione: stima in liquidazione = magazzino 30k – costi 5k = 25k distribuibili, che sarebbero andati forse tutti privilegi (AE e INPS prendono 25k su 55k, cioè ~45%; i chirografari zero). Invece nel piano: AE prende 100% del netto imposte, INPS 50%, e chirografari qualcosa. Quindi tutti stanno meglio.

Procedure iniziali: Mario deposita a marzo 2025 il ricorso in tribunale con il piano e la relazione OCC. Il tribunale verifica requisiti: Mario è impresa minore (fatturato sotto soglie, debito 200k < 500k), non ha atti in frode (ha operato in perdita ma senza illeiciti), non ha esdebitazioni pregresse. Ammissibile. Ad aprile 2025 emette decreto di apertura: nomina formalmente il dott. Bianchi OCC, concede la sospensione delle azioni esecutive (Mario aveva due decreti ingiuntivi, ora congelati), e fissa 30 giorni per il voto creditori. Il decreto è pubblicato sul Registro Imprese. OCC invia immediatamente PEC a tutti i creditori con la proposta di concordato: allega il piano e spiega “se favorevole, risponda; se contrario, risponda; se non risponde varrà assenso”.

Votazione: Entro maggio 2025 i voti arrivano:

  • 8 fornitori su 10 non rispondono (silenzio-assenso), 2 inviano PEC di voto favorevole (avevano piccoli importi). Nessun fornitore si oppone attivamente perché comunque preferiscono il 40% in 4 anni che nulla in fallimento.
  • La Banca X, dopo aver negoziato informalmente con Mario magari una lieve modifica (inserita nel piano: ad es. aggiunta garanzia del cugino su parte del pagamento), invia voto favorevole. Sa che se non accetta, potrebbe finire per vedersi offrire meno in liquidazione.
  • L’Agenzia delle Entrate esprime formalmente parere favorevole tramite PEC: evidentemente 45k su 60k (75%) in 4 anni li considera un ottimo recupero, quindi aderisce. (Anche se avesse taciuto sarebbe stato sì comunque).
  • L’INPS invece non risponde affatto entro il termine, forse per lentezza amministrativa: il suo silenzio viene conteggiato come assenso.
  • Totale: tutti i crediti ammessi al voto risultano favorevoli (anche i silenti contano a favore). L’OCC compila il verbale: 100% in valore e anche per teste (tutti quelli che si sono espressi sono pro). Il concordato è approvato all’unanimità virtuale.

Omologazione: A giugno 2025 il tribunale tiene l’udienza di omologa. Non ci sono opposizioni (nessun creditore ha da lamentare, essendo tutti soddisfatti dell’accordo). Il giudice verifica d’ufficio il rispetto delle prelazioni: nota che i privilegiati IVA prendono 100%, i contributi 50%. Chiede chiarimenti all’OCC se la parte non pagata dei contributi (altri 50%) è giustificata: l’OCC spiega che il valore di realizzo dei beni coprirebbe contributi solo al 20%, quindi il 50% offerto è ben superiore al ricavabile, dunque ok. Il giudice omologa il concordato minore di Mario. Nel decreto evidenzia la soddisfazione dei requisiti e dichiara vincolanti le condizioni del piano per tutti i creditori (compresi eventuali dissenzienti, che però non ci sono). Stabilisce inoltre che eventuali crediti non insinuati (non ce ne sono) restano esclusi.

Esecuzione: Una volta omologato, Mario inizia a eseguire il piano.

  • Subito, grazie ai 10k apportati dal cugino e agli incassi del magazzino venduto in quei mesi, versa una prima distribuzione: paga in prededuzione €5k di compenso iniziale all’OCC (acconto) e costi, versa €10k all’Agenzia Entrate a copertura parziale IVA, €2k a INPS (parziale), e €8k ripartiti ai fornitori (primi 16% circa). La banca non ancora (aveva rate semestrali previste).
  • Continua la gestione: utilizza i ricavi futuri per accumulare cassa. Ogni anno versa circa €25k secondo il piano: all’inizio di ogni anno, come da accordo, l’OCC convoca i creditori e distribuisce la rata annuale. Mario versa ad esempio a fine 2025 altri €10k ad AE, €2k a INPS, €5k a Banca, €8k ai fornitori. E così via.
  • Nel frattempo, l’attività di Mario rifiorisce perché liberata dall’assillo dei pignoramenti e con fornitori che, vedendo il concordato rispettato, riprendono a fornirgli merce a pagamento pronto/cash (o gli mantengono un minimo di fido corrente).
  • Mario continua a pagare regolarmente i tributi correnti e i contributi maturandi (per evitare di creare nuovi debiti prededucibili). Questo è importante: le imposte correnti vanno pagate regolarmente, altrimenti l’Agenzia Entrate potrebbe lamentare un peggioramento della sua posizione (ma i debiti nuovi non sono protetti dall’accordo).

Chiusura: Dopo 4 anni, nel 2029, Mario ha eseguito tutto: i fornitori hanno ricevuto il 40% pattuito, la banca il 60%, AE i 45k integrali, INPS 5k su 10k. L’OCC redige il rendiconto finale. L’OCC certifica che Mario ha adempiuto integralmente gli obblighi. Il tribunale approva il rendiconto e dichiara chiuso il concordato minore di Mario, con esdebitazione: Mario è liberato da ogni eventuale parte residua di quei debiti (in realtà residui veri e propri non ci sono, perché ha pagato esattamente le percentuali stabilite e i creditori hanno rinunciato al resto; ma formalmente l’esdebitazione vale ad esempio sul 5k INPS non pagato e sulle sanzioni AE).

Risultato: L’azienda di Mario è salva e operativa. I creditori hanno ricevuto più di quanto avrebbero preso se Mario avesse chiuso e liquidato nel 2025 (dove stimavano, ad esempio, di recuperare forse il 15-20%). Mario ha dovuto tirare la cinghia 4 anni, lavorando anche per pagare debiti pregressi, ma ora nel 2029 è ripulito dai debiti vecchi. Potrà cercare nuovo credito se serve, magari mostrando che è uscito da una procedura con successo (cosa che alcune banche considerano con indulgenza). I fornitori magari hanno continuato i rapporti, fiduciosi per i pagamenti concordatari puntuali. Il cugino che ha aiutato magari entra in società (questi sono accordi privati successivi). Tutto sommato, concordato pienamente riuscito.

Da notare: se Mario avesse avuto una casa di proprietà con mutuo, avrebbero potuto usare la norma art. 75 co.2-bis per mantenerla fuori, pagando le rate: in questo esempio Mario non aveva immobili, per semplificare.

Esempio pratico 2: Concordato minore liquidatorio con prevalenza di debiti fiscali

Situazione di partenza: Il sig. Luigi era un imprenditore edile individuale che ha cessato l’attività nel 2022 a causa di forti debiti accumulati. Ha debiti per €300.000, di cui ben €200.000 verso l’Agenzia Entrate-Riscossione (derivanti da IVA non versata per €120k, ritenute non versate €30k, e relative sanzioni e interessi €50k), €50.000 verso una banca (finanziamento per macchinari), e €50.000 verso vari fornitori. Luigi non gestisce più un’impresa, attualmente lavora come dipendente in un’impresa edile terza (stipendio €1.500/mese). Il suo patrimonio residuo è composto unicamente da una abitazione di proprietà (valore di mercato €180.000) su cui però grava un’ipoteca della banca per mutuo residuo €100.000; e da un veicolo utilitario (€5k). In pratica: Luigi ha una casa con ipoteca e poco altro. I debiti verso Erario sono enormi e derivano dalla vecchia attività. Se fosse soggetto a fallimento, sarebbe un classico caso da fallimento con zero prospettive di soddisfare tutti: vendendo la casa, la banca ipotecaria prenderebbe 100k, resterebbero 80k di eccedenza che andrebbero in parte all’Erario (privilegi) e i fornitori nulla, grosso modo. Luigi però come persona fisica non fallisce (era piccolo imprenditore); potrebbe fare liquidazione controllata consegnando la casa e l’auto e poi chiedere esdebitazione. Ma Luigi è sposato e ha due figli, vorrebbe evitare di perdere la casa di abitazione se possibile. Ha trovato un compratore per l’auto, non ha problemi a venderla.

Scelta dello strumento: Luigi considera il concordato minore, anche se ha cessato l’attività (grazie ai precedenti giurisprudenziali ciò è ammesso), per tentare un accordo che gli permetta di conservare la casa e ridurre drasticamente il debito fiscale. Non avendo un’azienda da continuare, il suo concordato sarà essenzialmente liquidatorio, ma con un elemento di continuità: mantenere il mutuo della casa. In effetti la casa è gravata da mutuo ipotecario su cui Luigi è in regola coi pagamenti (ha continuato a pagarli lavorando come dipendente). Il correttivo 2024 ora consente di prevedere la continuazione del mutuo prima casa in concordato, quindi Luigi vuole approfittarne: così la banca ipotecaria verrà pagata integralmente nel tempo e lui non dovrà vendere l’abitazione.

Piano proposto: Luigi, con l’aiuto di un OCC, prepara un piano in cui offre ai creditori quanto ricavabile da ciò che può liquidare più alcuni contributi futuri proporzionati al suo stipendio. In numeri:

  • Casa: non verrà venduta. Luigi è in pari col mutuo ipotecario (€100k residuo). Si applica l’art. 75 co.2-bis CCII: Luigi chiede di mantenere il pagamento del mutuo alle scadenze originarie (altri 10 anni di rate), con impegno a continuare a pagare puntualmente. L’OCC attesta che la casa vale €180k, l’ipoteca è €100k; vendendo la casa, il creditore ipotecario (banca) sarebbe soddisfatto per 100k e i creditori chirografari avrebbero ipoteticamente forse una parte (80k residui, che però potrebbero essere assorbiti dai privilegi Erario, vedi dopo). Nel piano, la banca viene trattata fuori dal concorso: continuerà a ricevere le sue rate, dunque soddisfatta integralmente entro il termine originario (nessuna falcidia). L’OCC attesta che questo non lede gli altri creditori perché se vendessero la casa la banca prenderebbe comunque 100k su 100 e i restanti creditori al massimo litigavano sugli 80k residui – ma Luigi propone di dare loro comunque quell’equivalente come vedremo.
  • Auto: venduta immediatamente a €5.000; incasso destinato interamente ai creditori (prededucendo però le spese).
  • Contributo su stipendio: Luigi si impegna a versare €500 al mese per 4 anni (ha uno stipendio di 1500, con cui può contribuire in parte, mantenendo 1000 per famiglia). Quindi 500 x 48 mesi = €24.000 totali da destinare ai creditori.
  • Contributo familiare: la moglie di Luigi (che lavora part-time) è disposta a contribuire €6.000 dalle sue piccole riserve in 3 anni (2000/anno).
  • Detratti i costi procedurali stimati (€4.000), avremo quindi un “attivo concordatario” di circa: 5k (auto) + 24k (stipendio) + 6k (moglie) = €35.000 netti da distribuire.

I debiti da soddisfare in procedura, considerato che la banca ipotecaria è fuori (continua per conto suo), sono: Erario €200k (di cui 150k con privilegio generale o speciale su beni, e 50k chirografari) e fornitori €50k chirografari, e la banca chirografaria €50k (in realtà la banca aveva ipoteca su casa, quell’80k eccedenza ipotecaria? Clarifichiamo: se la casa non si vende, la banca comunque viene pagata interamente col mutuo a parte. Rimangono i fornitori e il Fisco dentro).
Supponiamo la banca avesse solo ipoteca e niente chirografo; allora i €50k di banca non esistono perché già conteggiati nel mutuo. Dunque i creditori concorsuali sono solo: AE €200k (di cui privilegio su mobili per tributi e privilegi speciali su beni? Nota: IVA e ritenute hanno privilegio su mobili; la casa è bene immobile su cui c’è ipoteca banca, l’Erario non ha ipoteca; l’Erario su quell’immobile prenderebbe qualcosa come chirografo su residuo eventualmente).
Fornitori €50k chirografari.

Con 35k totali disponibili, Luigi propone di distribuirli così:

  • Agenzia Entrate: €30.000 (su 200k, pari al 15%). Nella motivazione, l’OCC evidenzia che in liquidazione, se vendessero l’auto 5k e stipendio finisse in pignoramento di 1/5 per 4 anni (1/5 di 1500=300/mese, per 48 mesi =14.400) e la casa venduta 180k, banca prende 100k, restano 80k; di questi, Erario come privilegio generale su mobili prenderebbe innanzitutto quei 5k dell’auto e i 14.4k stipendio =19.4k, poi sui 80k residui immobile (che diventano chirografo per Erario, essendo ipotecato solo per banca, l’Erario su immobile senza privilegio speciale su imposte locali non prende prelazione, dunque gli 80k residui andrebbero pro quota con fornitori: ergo Erario ne piglierebbe forse un altro 60% di 80k? difficile calcolo, ma immagina 80k – spese 5k =75k distribuibili ai chirografari totali 250k, Erario 200k fornitori 50k => Erario piglia 75k * (200/250) =60k, fornitori 15k. Totale Erario in liquidazione stimato ~80k in scenario ottimistico). Nel piano Luigi offre 30k: è inferiore a 80k che potrebbe ipotizzare, ma occorre considerare che in realtà vendere la casa non è immediato e la liquidazione sarebbe costosa. Comunque, l’Erario è chiamato a valutare il 15% offerto.
  • Fornitori: €5.000 (su 50k, 10%). Francamente poco, ma Luigi spiega che purtroppo più di così non c’è spazio dopo aver destinato il grosso al Fisco privilegiato.
  • (Se ci fosse la banca chirografa verrebbe incluso qualcosa, ma nel nostro scenario ipotecario non c’è residuo per banca, quindi trascuriamo).

Totale distribuito = 35k.

Verifica convenienza: OCC attesta che: la casa non venduta non lede perché se venduta i creditori avrebbero al massimo scenario X (da calcolare come sopra). È un po’ borderline perché Luigi offre abbastanza poco rispetto al debito, però l’alternativa (liquidazione controllata) darebbe anche i creditori pubblici recuperi scarsi dopo ipoteca. Stimiamo: vendendo casa e tutto, creditori avrebbero: ipoteca banca 100k, restano 80k + auto 5k + stipendio 14k = 99k, spese 10k = 89k da distribuire su 250k crediti (esclusa banca); Erario privilegio 19k prededotto, restano 70k per 200k Erario chirog + 50k fornitori = 250k: Erario piglia ~56k, fornitori ~14k. Totale Erario 75k (19+56), fornitori 14k. Quindi in liquidazione Erario 75k, fornitori 14k. Nel piano Erario 30k, fornitori 5k. Non è affatto conveniente per creditori! Dunque OCC direbbe così il piano NON rispetta il test di convenienza. Dovranno aggiustare: Luigi magari allunga i contributi stipendio per 6 anni invece di 4, per alzare l’attivo ad esempio a 24k +12k=36k, portare Erario a 50k e fornitori 10k, tot 60k su 89k liqu.
Per l’esempio, ipotizziamo che Luigi e OCC rivedano, e Luigi riesce ad impegnarsi per €750/mese per 5 anni (invece di 500×4): 750×60=45k + moglie 6k + auto 5k = 56k attivo. Ora proponiamo: Erario 45k (60% di quanto in liquida ipotizzato 75k), fornitori 11k (quasi 80% di 14k). Questo appare più convincente: creditori recuperano un po’ meno che in liquida, ma Luigi sottolinea che la differenza non è enorme e la procedura concordataria è più rapida e certa. Inoltre, qui conta la meritevolezza: Luigi ha perso l’azienda per mercato edile in crisi, non per dolo, e vuole tenere casa per famiglia. Forse i creditori potranno accettare.
Comunque, portiamo l’esempio a buon fine:
Luigi presenta ricorso di concordato minore con supporto OCC a marzo 2025. Il tribunale ammette (riconosce soggettivo ok, e che l’interpretazione di art.33 co.4 consente ex imprenditore). Nomina OCC e fissa termine 30gg per voto.

Voti creditori:

  • Agenzia Entrate: qui è il perno. Luigi offre 45k su 200k (22.5%). L’AE valuta: in fallimento forse avrebbe preso di più (circa 37.5% totale calcolato prima). Il 22.5% è sotto quell’alternativa. Potrebbe dire no. Tuttavia, Luigi sottolinea che quell’alternativa dipende dalla vendita casa che lui combatterebbe (es. farebbe opposizioni, ritardi), mentre con il concordato c’è subito 45k garantiti, e l’Erario evita spese e attesa. L’OCC nella relazione prova a convincere che la differenza non è enorme e che rifiutare sarebbe irragionevole perché Luigi altrimenti rifugiandosi in esdebitazione incapiente rischierebbe di dare ancora meno (in 2025 c’è l’istituto incapiente, Erario zero). Diciamo scenario: l’Erario, tenendo conto anche di possibili indirizzi di tolleranza (normativa accordi dice 30% era soglia, Luigi offre 22.5% sotto soglia, ma quell’analogia direbbe sotto 30% di solito no), potrebbe votare contro.
  • Fornitori: su 50k, offerti 11k (22%). Vedono che se Luigi vendesse casa, come chirografi probabilmente avrebbero ca. 14k (28%). Stanno perdendo qualcosa ma non troppo. Molti di loro magari sanno che dall’uovo strappar sangue non si può, e valutano che 22% dilazionato 5 anni è accettabile se l’alternativa è Luigi in liquidazione con tempi e incognite. Probabile alcuni non rispondono = assenso tacito, magari qualcuno con credito più grosso (5k su 50k) esprime sì.
  • Banca ipotecaria: non vota perché soddisfatta integralmente (fuori concorso).
  • Banca chirografa: nel nostro scenario l’unico debito banca era ipoteca, se ce n’era un altro chirografo (ad es un fido non garantito 30k): su quello Luigi propone trattarli come fornitori 22%. Banca potrebbe dire di no (forse prevedono di aggredire il garante se esiste). Difficile convincere banche con percentuali basse se hanno ipoteche su garanti. Teniamo il caso semplice: banca solo ipotecaria, votanti solo AE e fornitori.

Risultato voti: supponiamo AE vota NO (200k, 80% crediti), fornitori per la maggior parte tacciono o dicono sì (50k, 20% crediti -> 20% favorevole, 80% contrario in valore). Formalmente la maggioranza non c’è: 22% sì, 78% no in valore. Il concordato non è approvato.

Cram down fiscale: Dato che il voto contrario AE è determinante e il piano comunque offre loro più di zero, Luigi chiede al tribunale l’omologazione ugualmente. Il tribunale esamina la situazione: l’Erario non rimane affatto inerte (ha votato no, quindi coma art.80 il giudice può valutare se il diniego è ingiustificato). Verifica: i creditori diversi da AE (fornitori) hanno detto sì, quindi la maggioranza di teste è favorevole. La convenienza per AE: qui il giudice deve decidere se 45k su 200k è ragionevole. Se conclude che in liquidazione AE avrebbe preso di più (70-80k) allora il diniego AE non è ingiustificato: anzi, è ragionevole. Quindi potrebbe negare l’omologa, concordando con AE che il piano è troppo penalizzante per Erario.

Poniamo però che Luigi porti argomenti ulteriori: ad esempio, fa presente che ha un figlio disabile (situazione famigliare meritevole), che vendere la casa creerebbe grave disagio, e che c’è l’istituto dell’esdebitazione incapiente per cui se il concordato salta lui andrà in liquidazione e poi incapienza e l’Erario prenderà persino meno perché lui smetterà di contribuire dallo stipendio (preferendo far mantenere moglie e figlio). Insomma Luigi cerca di convincere il tribunale sul piano etico-sociale oltre che economico, che quell’accordo seppur sfavorevole all’Erario ha una finalità di recupero dignità e minor sacrificio sproporzionato.

Potrebbe citare ad es. che la Direttiva UE auspica soluzioni di risanamento flessibili, e che l’Erario, se incassa 45k su 200, comunque incassa qualcosa mentre se liquidano e Luigi va incapiente, l’Erario rischia di incassare 0 (questo è possibile se Luigi dopo la casa venduta e tutto decide di dimettersi e vivere di sussidi per qualche anno prima di riprendersi, scenario pessimistico per creditori).
Se il giudice è sensibile, potrebbe considerare ingiustificato il no del Fisco ritenendo che: gli altri creditori sono d’accordo, Luigi offre tutto il suo disponibile e anche i suoi futuri guadagni, la differenza rispetto a liquidazione c’è ma non enorme, e il Fisco sta adottando una linea punitiva più che razionale (preferendo far vendere casa e rovinare la famiglia per avere qualche decina di migliaia in più). Quindi, ipotesi migliore per Luigi, il giudice dispone il cram down e omologa comunque il concordato, motivando che il voto AE appare non sufficientemente giustificato rispetto alla finalità di sovraindebitamento e che l’Erario comunque viene soddisfatto in misura apprezzabile (45k) e l’alternativa non garantisce sostanzialmente migliore soddisfacimento (quest’ultima affermazione un po’ tirata, ma potrebbe dire che stima liquidazione incerta etc., forzando la convenienza).
Questa sarebbe una decisione pro-debitore in linea ad es. col Trib. Verona 2024.

Se tutto va bene: Concordato omologato a settembre 2025. Luigi allora:

  • Vende subito l’auto e versa 5k in conto creditori.
  • Continua a pagare le rate mutuo casa regolarmente (questo continua per anni, ma fuori concorso).
  • Ogni anno versa 9k (750/mese) + moglie 2k = 11k ai creditori concordatari, distribuiti pro rata (Erario 45/56 ~80% di ogni versamento, fornitori ~20%). Quindi l’Erario riceve i suoi 45k in circa 4 anni, fornitori 11k in 4 anni.
  • L’OCC monitora e a fine 2029 riferisce: Luigi ha pagato come promesso i 56k.
  • Tribunale dichiara esdebitazione: i residui ~155k Erario e 39k fornitori sono cancellati.
  • Luigi mantiene la casa (finendo di pagar mutuo fino 2035), e potrà vivere più sereno.

Se invece il giudice non avesse concesso cram down: il concordato sarebbe stato dichiarato non omologato e si sarebbe aperta la liquidazione controllata. Un liquidatore avrebbe venduto casa all’asta (con il dramma familiare), auto venduta, stipendio pignorato. Al termine, forse creditori avrebbero preso anche un po’ di più (ma in più anni e con spese maggiori). Luigi sarebbe rimasto con poco e avrebbe chiesto esdebitazione (forse concessa nel 2030). Il risultato per lui molto peggiore (perde casa), per l’Erario forse leggermente migliore monetariamente ma con enorme ritardo e sforzo.

Morale: questo esempio mostra il delicato equilibrio tra l’interesse del debitore meritevole di conservare beni essenziali e l’interesse del Fisco a massimizzare il recupero. La giurisprudenza (es. App. Venezia 2024) ha mostrato riserve per concordati “solo per eliminare debiti fiscali”, quindi nella realtà un caso come Luigi potrebbe avere esito incerto. Probabilmente sarebbe stato opportuno per Luigi coinvolgere la famiglia in una procedura familiare: se la moglie con piccoli debiti da consumo e magari un figlio adulto con qualche debito studentesco si fossero uniti, potendo accedere come concordato familiare, forse il giudice guardava più il nucleo nel suo insieme e l’applicazione di criteri di meritevolezza sociali.


Modelli e Fac-simili di Atti

Di seguito forniamo schemi esemplificativi dei principali atti della procedura di concordato minore. Si tratta di fac-simili semplificati, da adattare al caso specifico con l’assistenza di un professionista.

Fac-simile di Ricorso per l’Accesso al Concordato Minore

Tribunale Ordinario di [Xyz] – Sezione Fallimentare/Specializzata in Crisi d’Impresa

Ricorso ex art. 74 D.Lgs. 14/2019 – Concordato Minore

Il Sig. [Nome Cognome], nato a [] il [], C.F. [], residente in [], in proprio (oppure: titolare dell’impresa individuale “___” P.IVA ____, con sede in , iscritta al Registro Imprese di ___ nr.), rappresentato e difeso dall’Avv. [] (come da procura allegata), con domicilio eletto presso [],

espone:

  • Di trovarsi in stato di sovraindebitamento ai sensi dell’art. 2, co.1, lett. c) CCII, essendo nell’impossibilità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. In particolare, il ricorrente presenta debiti scaduti per €[___] verso diversi creditori (come dettagliato nell’allegato elenco) e si trova in uno stato di crisi/insolvenza non soggetto a liquidazione giudiziale.
  • Che il ricorrente rientra tra i soggetti di cui all’art. 2, co.1, lett. c) CCII: è imprenditore minore ai sensi dell’art. 2, co.1, lett. d) (non avendo superato congiuntamente, nei tre esercizi precedenti, le soglie di attivo €300.000, ricavi €200.000, debiti €500.000) oppure è professionista/lavoratore autonomo oppure altro debitore civile non assoggettabile a liquidazione giudiziale. (Se imprenditore cessato: È stato titolare dell’impresa ___, cessata il ____, ed ancorché cancellato dal Registro Imprese in data ___ permane obbligato per debiti residuati dall’attività suddetta; trattandosi di imprenditore individuale, si ritiene applicabile l’art. 33 co.4 CCII solo alle società estinte, e dunque la legittimazione permane in capo al ricorrente come “debitore non assoggettabile” ex art. 2 lett.c)).
  • Che nei confronti del ricorrente non sussistono impedimenti soggettivi: egli non ha già ottenuto l’esdebitazione nei cinque anni precedenti, non ha mai beneficiato di due esdebitazioni, e non risultano atti in frode ai creditori (art.77 CCII).
  • Che il ricorrente intende accedere alla procedura di concordato minore disciplinata dagli artt. 74 ss. CCII, depositando il piano di ristrutturazione dei debiti e la relativa proposta ai creditori, con l’obiettivo di risolvere la propria situazione di sovraindebitamento evitando la liquidazione totale del patrimonio, come meglio illustrato nel piano.
  • Che in data [] il ricorrente ha conferito incarico all’Organismo di Composizione della Crisi designato dall’Ordine dei [Commercialisti/Avvocati] di [] (iscritto al registro ministeriale ex art.3 D.M. 202/2014), il quale ha nominato il Gestore della crisi nella persona del Dott. [___] (iscritto all’albo OCC). Detto OCC ha assistito alla redazione del piano e predisposto la relazione particolareggiata di cui all’art. 76 CCII.
  • (Se già individuato OCC: Si indica pertanto quale OCC/gestore il suddetto Dott. ___, disponibile ad assumere l’incarico.)
  • Che si allega la documentazione prevista dall’art. 75 CCII, in particolare: elenco creditori e debiti, inventario dei beni, attestazioni sui redditi degli ultimi anni, certificato carichi pendenti fiscali e contributivi, nonché la relazione particolareggiata dell’OCC con annesso parere di fattibilità e attestazione di convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria.
  • Opzionale misure protettive: Che ricorrono i presupposti per la sospensione delle azioni esecutive individuali: diversi creditori hanno già avviato procedure (pignoramento n. ___ innanzi al GE di ___; ecc.) e l’avvio della presente procedura concorsuale sarebbe gravemente pregiudicato dal loro protrarsi. Si chiede pertanto sin d’ora di disporre le misure protettive di cui all’art. 54 CCII a tutela del patrimonio del debitore, in particolare inibendo fino all’omologazione l’inizio o la prosecuzione di esecuzioni e il compimento di atti cautelari o acquisitivi da parte dei creditori chirografari e privilegiati anteriori.

Tutto ciò premesso, il ricorrente, come sopra rappresentato, chiede che l’Ecc.mo Tribunale adito voglia:

  1. Dichiarare aperta la procedura di concordato minore ex art. 74 CCII a favore del Sig. [Nome], disponendo l’ammissione del ricorrente alla procedura;
  2. Nominare l’Organismo di Composizione della Crisi (Gestore) nella persona del [Dott./Avv.] ___ dell’OCC di ___ (ovvero: confermare l’OCC già designato), affinché svolga i compiti di cui agli artt. 75-78 CCII;
  3. Fissare i termini e le modalità per la comunicazione della proposta ai creditori e l’espressione del voto, ai sensi dell’art. 78 CCII (assegnando termine non superiore a 30 giorni per le dichiarazioni di voto al Gestore);
  4. [Se richiesto] Disporre misure protettive ai sensi degli artt. 54 e 66 CCII, ordinando che sino al decreto di omologazione nessun creditore avente titolo o causa anteriore all’apertura possa iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari né acquisire prelazioni sul patrimonio del debitore;
  5. Omologare il concordato minore proposto, una volta espletate le incombenze di legge e acquisito il voto favorevole dei creditori come da art. 80 CCII, con ogni conseguenza di legge (vincolatività per tutti i creditori anteriori e successiva esdebitazione a completamento del piano).

Si allegano, ai sensi dell’art. 75 CCII:

  • a) Elenco nominativo di tutti i creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti (ammontare, causa, eventuali titoli di prelazione);
  • b) Inventario di tutti i beni del debitore (mobili, immobili, partecipazioni, crediti verso terzi, ecc.) e l’indicazione di eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni;
  • c) Piano di ristrutturazione dei debiti contenente la proposta dettagliata ai creditori, con l’indicazione di tempi e modalità di adempimento;
  • d) Atti dimostrativi della situazione economico-patrimoniale del debitore: bilanci degli ultimi tre esercizi (se impresa), dichiarazioni dei redditi e IVA ultimi 3 anni, situazione di patrimonio aggiornata e situazione finanziaria;
  • e) Stato delle principali cause pendenti (attive e passive) riguardanti il debitore;
  • f) Certificato dei carichi pendenti tributari rilasciato dall’Agente della Riscossione e certificazione dei debiti contributivi (INPS) del debitore;
  • g) Relazione particolareggiata dell’OCC ex art. 76 CCII, contenente la valutazione sulla completezza e attendibilità dei dati, sulle cause dell’indebitamento e sulla fattibilità del piano, nonché l’attestazione che il piano assicura il pagamento dei creditori in misura almeno pari all’alternativa liquidatoria. In tale relazione l’OCC dichiara altresì di non rilevare atti in frode ai creditori.
  • h) [Ulteriori documenti richiesti eventualmente dal tribunale o utili].

Si riserva di fornire ogni ulteriore chiarimento e documentazione richiesta.

Luogo, data.

Firma dell’Avvocato e del ricorrente.

(Relata di notifica/attestazione di deposito telematico ecc.)


Fac-simile di Piano di Ristrutturazione dei Debiti (Concordato Minore)

(Intestazione: Piano ex art. 74 CCII del Sig. XYZ)

1. Situazione del debitore e cause dell’indebitamento:
Il Sig. XYZ è [descrizione del debitore: es. “un piccolo imprenditore edile di 45 anni, che ha operato dal ___ al ___ con l’impresa individuale ‘EdilXYZ’”]. Negli ultimi anni ha incontrato difficoltà economiche a causa di [cause della crisi: es. “crollo del settore edilizio, mancato pagamento di crediti da clienti, oneri finanziari elevati”]. Ciò ha portato all’accumulo di debiti che ora non è in grado di onorare integralmente nei termini originali. La situazione patrimoniale e finanziaria attuale è sintetizzata come segue:

  • Debiti totali: € ___ (dettagliati nell’Allegato A). Principali creditori: [elenco sintetico: es. “Banca Alfa €___ garantito da ipoteca; Fornitori vari €___ chirografari; Agenzia Entrate €___ di cui IVA €, IRPEF €, etc.”].
  • Attività: [Descrivere attivo disponibile: es. “immobile destinato a negozio di valore €___ gravato da ipoteca; magazzino merci €; automezzi €; crediti verso clienti €___ di cui incagliati €; disponibilità liquide €; etc.”]. (Si rinvia all’Allegato B Inventario dettagliato).
  • Reddito e prospettive future: [Es. “Il debitore ha avviato nuova attività di lavoro dipendente con stipendio mensile €___, parte del quale potrà essere destinato ai creditori come indicato infra. L’eventuale prosecuzione dell’attività originaria non è prevista, trattandosi di concordato liquidatorio, salvo una minima continuazione per completare lavori in corso se necessario.”].

Le cause del sovraindebitamento risiedono prevalentemente in [esporre concisamente: es. “insolvenze a catena nel settore edile: due clienti principali sono falliti lasciando impagati €___, mentre i costi fissi hanno eroso la liquidità. Il debitore ha tentato di ristrutturare il debito bancario nel ___, senza successo, e la posizione con il Fisco è degenerata per l’impossibilità di versare IVA dovuta.”]. Il debitore non ha compiuto atti fraudolenti o distrattivi: la crisi è di natura economica, come confermato dall’OCC.

2. Descrizione del Piano proposto:
Il debitore propone, ai sensi dell’art. 74 CCII, un concordato minore avente per oggetto la ristrutturazione dei debiti alle seguenti condizioni essenziali:

  • Conservazione dei beni essenziali e apporto di risorse esterne: Il piano prevede di salvaguardare l’azienda in attività del debitore, consentendone la prosecuzione (concordato in continuità). Il patrimonio produttivo (macchinari, licenze, avviamento) non verrà liquidato ma continuerà a generare reddito per soddisfare i creditori. Sono inoltre previsti apporti di finanza esterna da parte di terzi per €___ (immissione di liquidità da parte di [specificare soggetto, es. “un familiare”]), destinati integralmente ad aumentare la soddisfazione dei creditori.
  • Liquidazione dei cespiti non funzionali: Saranno invece liquidati (venduti) i beni non strumentali all’attività o ritenuti sacrificabili: in particolare [es. “un immobile residenziale secondario di proprietà sarà venduto a valore di mercato stimato €___ entro 12 mesi dall’omologazione”]. Il ricavato al netto delle spese confluirà nelle risorse per i creditori.
  • Trattamento dei creditori privilegiati: I creditori muniti di garanzia reale o privilegio saranno soddisfatti come segue:
    • Banca Alfa (ipoteca I grado su immobile X, credito residuo €___): sarà pagata integralmente mediante [specificare modalità: es. “continuazione del piano di ammortamento del mutuo ipotecario alle scadenze originali”]. Le rate scadute saranno immediatamente versate (o: il debitore è in bonis con i pagamenti e continuerà regolarmente). Si chiede al tribunale autorizzazione al mantenimento di tale finanziamento ipotecario ex art. 75 co.2-bis CCII, atteso che il credito è interamente coperto dal valore dell’immobile e la prosecuzione del mutuo non lede gli altri creditori.
    • Agenzia Entrate (privilegiata per IVA €___ e ritenute €): sarà soddisfatta parzialmente in misura pari al % del credito privilegiato. In particolare, riceverà € su un credito privilegiato di €, ripartiti come segue: €__ entro 6 mesi dall’omologa (grazie agli apporti esterni) e la restante parte in rate semestrali nei successivi 3 anni. La parte di tributi che risulterà non pagata (circa __%) verrà degradada a chirografo e trattata insieme ai crediti chirografari (vedi oltre). Si attesta che tale trattamento rispetta la causa di prelazione: il pagamento pari al __% riflette la capienza effettiva sul patrimonio (in caso di liquidazione, questi crediti privilegiati avrebbero incapienza per circa __%, come dettagliato nella relazione OCC).
    • INPS (credito per contributi €___ con privilegio generale): sarà pagata €__, pari al % del suo credito, entro 1 anno dall’omologazione (con ricavato liquidazione dell’auto del debitore, ad es.). La restante parte € sarà chirografaria e rientra tra i crediti concorsuali falcidiati. Questo soddisfacimento parziale riflette la capienza limitata del patrimonio (valore beni mobili stimato, v. relazione OCC) e risulta equo comparativamente.
      (Altri eventuali privilegiati specifici, es: creditori pignoratizi su pegni, ecc., descrivere analogamente).
  • Classi di creditori: Si suddividono i creditori chirografari in classi ai sensi dell’art. 74 co.2 CCII come segue:
    • Classe 1: Fornitori strategici – Comprende n.__ fornitori (A, B, C) i cui crediti, sebbene chirografari per €___ totali, si propone di soddisfare in misura maggiore per assicurare la continuità aziendale (tali fornitori si impegnano a proseguire forniture essenziali). Verrà loro corrisposto il __% del credito in 4 anni (contro un __% offerto agli altri chirografari). Essi hanno interesse alla prosecuzione del rapporto e ciò giustifica la classazione differenziata.
    • Classe 2: Creditori chirografari comuni – Tutti gli altri crediti chirografari (banche non garantite, fornitori non strategici, fisco per la parte chirografa, sanzioni, ecc.), per un totale di €___, sono inclusi in questa classe. Verranno soddisfatti nella medesima percentuale e modalità.
  • Trattamento dei creditori chirografari: Ai creditori chirografari (Classe 2 non privilegiata e porzioni privilegiate degradate) si offre un pagamento pari al __% del loro credito. In numeri: su un totale di €___ di crediti chirografari ammessi, sarà distribuita la somma di €___ (derivante da [specificare fonti: es. “incassi futuri dell’attività per €___ + contributo di un familiare €___ + liquidazione automezzi €___”]). Tale importo consente un soddisfacimento del __%. Il pagamento avverrà in [specificare: es. “8 rate semestrali di pari importo, nell’arco di 4 anni dal decreto di omologa, con eventuale 1% annuo di interessi post-omologa”]. La prima rata verrà corrisposta entro 6 mesi dall’omologa. Il silenzio-assenso dei creditori che non comunicheranno voto entro il termine costituirà accettazione della presente proposta.
  • Eventuali garanzie offerte: (es. “Il piano prevede che l’apporto di €___ del Sig. ABC (parente) avvenga a titolo di finanziamento postergato, senza garanzie. Invece, per rafforzare la proposta ai creditori chirografari, il debitore offre in garanzia del pagamento la seconda ipoteca volontaria sull’immobile X a favore della classe 1, per l’importo di €___, da iscriversi subito dopo l’omologa.”).
  • Coobbligati e fideiussori: Il piano non modifica le azioni esperibili verso eventuali garanti esterni. I coobbligati del debitore (es. il coniuge garante del debito bancario) resteranno obbligati verso i creditori per la parte di credito non soddisfatta nel concordato, salvo diverso accordo. [Se invece il piano prevede liberazione di un garante, va esplicitato: es. “Come parte integrante della proposta, il creditore Delta (banca) rinuncia ad agire contro il fideiussore Tizio, avendo concordato di incassare il 30% dal presente concordato in via transattiva liberatoria”].
  • Continuità aziendale e impegni gestionali: Il debitore si impegna a condurre l’attività d’impresa con diligenza e nel rispetto del piano, destinando ai creditori le risorse concordate. In particolare, si obbliga a non distribuire utili né prelevare somme extra oltre il minimo vitale fino all’integrale esecuzione del concordato. Si prevede l’OCC monitorerà trimestralmente l’andamento e i flussi (l’OCC potrà richiedere rendiconti periodici).
  • Tempi di adempimento: La durata prevista per l’esecuzione completa del piano è di __ anni, con termine finale stimato al //____ per l’ultima erogazione ai creditori.
  • Esdebitazione finale: Ad esecuzione avvenuta, il debitore richiederà di essere dichiarato esdebitato ai sensi dell’art. 80 co.6 CCII, liberandosi da ogni residua obbligazione verso i creditori anteriori non soddisfatta integralmente.
  • Convenienza per i creditori: Il piano risulta più conveniente rispetto alla liquidazione controllata, come dettagliato nella relazione OCC. In ipotesi di liquidazione giudiziale del patrimonio, si stima che i creditori chirografari avrebbero un soddisfacimento intorno al __%, mentre con la presente proposta ricevono __%. Ciò principalmente grazie alla continuità d’impresa che genera utili futuri e all’apporto di terzi che non sarebbe disponibile in caso di fallimento. I creditori privilegiati ottengono almeno quanto ricaverebbero dalla liquidazione dei beni su cui insistono i loro diritti (vedasi attestazioni in relazione OCC).
  • Meritevolezza: Il debitore conferma di non aver compiuto atti in frode. Tutti i comportamenti prima e durante la procedura sono improntati alla massima trasparenza e correttezza. (Eventualmente: “Anzi, il debitore ha denunciato spontaneamente l’aggravarsi della crisi e si è attivato appena possibile per proporre il presente accordo, in buona fede.”). Il piano consente di risolvere la crisi evitando soluzioni distruttive e assicurando la continuità aziendale con i vantaggi occupazionali e per l’indotto che ne derivano.
  • Documenti allegati al piano: Proiezioni economico-finanziarie 2023-2026 dell’attività (in ipotesi di continuità), per evidenziare la capacità di generare le somme promesse; perizia giurata di stima dell’immobile X (in ipotesi di liquidazione di beni); impegno scritto del terzo finanziatore per l’apporto di €___; ecc.

(Segue eventualmente un prospetto riassuntivo di riparto: es. tabella con creditori, importo dovuto, importo proposto, % soddisfazione, tempi.)

3. Modalità e termini di votazione:
La proposta così formulata viene sottoposta ai creditori ai sensi dell’art. 79 CCII per l’approvazione. Ciascun creditore potrà esprimere il proprio voto comunicandolo per iscritto all’indirizzo PEC dell’OCC [___] entro il termine fissato dal Tribunale (presumibilmente 20-30 giorni dalla ricezione della presente). Attenzione: il mancato riscontro entro il termine sarà considerato adesione alla proposta (silenzio-assenso). I crediti privilegiati soddisfatti integralmente (Banca Alfa ipotecaria) sono esclusi dal voto per legge; i crediti parzialmente falcidiati votano per la parte non soddisfatta. Per l’approvazione occorre il voto favorevole di oltre la metà dei crediti ammessi al voto in valore, calcolando gli assensi espressi e quelli taciti, oltre alla maggioranza per teste nel caso in cui un singolo creditore detenga più del 50% (caso che qui non ricorre se non l’Erario, il cui eventuale voto negativo potrebbe comunque essere superato dal giudizio di cram-down ex art. 80 co.3 CCII, come illustrato dall’OCC).

I creditori sono invitati a valutare positivamente la proposta, che offre loro condizioni migliorative rispetto all’alternativa liquidatoria. In particolare, [riassumere perché conviene: es. “i creditori chirografari percepiranno il doppio di quanto stimato in caso di vendita forzata, e già in tempi più rapidi (4 anni vs oltre 6-7 anni stimati per una liquidazione). Il Fisco, pur falcidiato su IVA, viene soddisfatto in misura adeguata tenuto conto che in caso di incapacità verrebbe esdebitato con soli 10%, ecc.”].

Conclusione:
Il debitore confida nel senso di responsabilità e nella convenienza economica che tale concordato rappresenta per tutte le parti coinvolte. Con l’approvazione e l’omologazione, potrà impegnarsi a rispettare integralmente il piano, sotto il controllo dell’OCC e del Tribunale, e al termine ottenere il completo risanamento e la liberazione dai debiti residui, in un’ottica di fresh start.

(Luogo, data)

Firma del debitore (e eventuale dell’OCC per presa d’atto)


Fac-simile di Relazione particolareggiata dell’OCC (estratto sintetico)

(Intestazione OCC, procedimento, ecc.)

Relazione ex art. 76 CCII sul concordato minore del Sig. [XYZ]

Nomina e attività svolta: Io sottoscritto Dott. , nominato Gestore della crisi/OCC con provvedimento del Tribunale di ___ del //, ho incontrato il debitore e analizzato la documentazione da lui fornita. Ho verificato l’elenco dei debiti e l’inventario dei beni, nonché le scritture contabili (se impresa) e le dichiarazioni fiscali del triennio. Ho svolto accessi ai pubblici registri per riscontri su immobili e gravami, e controllato i carichi fiscali tramite certificazione Agenzia Entrate-Riscossione.

Veridicità e completezza delle informazioni: Tutti i dati e le informazioni presentate dal debitore risultano, per quanto ho potuto appurare, completi e veritieri. In particolare:

  • L’elenco dei creditori (Allegato A) corrisponde alle risultanze contabili e alle visure; non vi sono creditori occultati. Ho riscontrato le posizioni principali: es. il debito fiscale di €___ coincide con il conto Equitalia estratto in data //__, la posizione banca Alfa è confermata dalla lettera di saldo e non emergono ulteriori crediti verso il debitore.
  • L’inventario dei beni (Allegato B) è accurato. Il debitore possiede un immobile sito in , identificato in Catasto al foglio mapp.__, su cui risultano ipoteche come detto; possiede inoltre i veicoli targa ____, attrezzature etc., tutti inclusi. Non ho riscontrato beni non dichiarati (ho effettuato ricerche PRA e catasto – nulla oltre quanto dichiarato).
  • Non sono emersi atti in frode ai creditori: nei 5 anni antecedenti, il debitore non risulta aver ceduto beni a titolo gratuito né a valori incongrui. L’unico atto significativo è la vendita dell’auto usata targa ___ a __, avvenuta nel /, che appare lecito e a valore di mercato (€_, in linea col valore Quattroruote). Il debitore non ha costituito garanzie a favore di terzi né sostenuto spese anomale. Ritengo quindi insussistente la causa ostativa di cui all’art. 77 CCII.

Cause dell’indebitamento: Le cause sono analiticamente descritte nel piano: in sintesi, la crisi deriva da [riassunto cause]. Non vi sono elementi per attribuire la causa a mala gestio o condotte dolose del debitore. È piuttosto una congiuntura negativa e alcune scelte imprenditoriali rivelatesi infruttuose, ma il debitore ha tenuto un comportamento collaborativo nel fornire chiarimenti e nel tentare il risanamento.

Fattibilità del piano: A mio giudizio, il piano di concordato minore proposto è fattibile e realistico. Ho esaminato le proiezioni di flusso e i documenti a supporto:

  • Il piano in continuità prevede un Ebitda medio annuo di €, dal quale derivare € annui per creditori. Ho verificato che tale obiettivo è coerente con l’andamento storico e con alcuni contratti già acquisiti dal debitore per i prossimi anni (allegati contratti vs. previsioni). Anche introducendo ipotesi prudenziali (-10% ricavi, +5% costi), l’azienda genererebbe un flusso sufficiente a sostenere i pagamenti concordatari. Quindi la continuità d’impresa è sostenibile.
  • Le risorse da liquidazione di beni: l’immobile secondario stimato €___ potrebbe plausibilmente essere venduto per cifra non inferiore a €___ entro i 12 mesi come previsto, sulla base di valutazione peritale allegata (geom. XY, stima €) e dell’interesse già manifestato da un potenziale acquirente. La liquidazione dell’auto (€ previsti) è stata completata con successo (copia atto di vendita allegata).
  • L’apporto di terzi (€___ da parte del Sig. ABC) è garantito da impegno formale: vedasi dichiarazione del Sig. ABC notarile allegata, che ha già depositato €___ su un conto vincolato a disposizione dell’OCC. Pertanto, questa parte del piano è assicurata.
  • Ho esaminato l’elenco dei pagamenti previsti: il debitore ha calibrato rate compatibili col ciclo finanziario. Ad esempio, la prima rata da €___ ai chirografari scade a 180 giorni: da qui ad allora l’azienda avrà incassato i crediti A e B (già fatturati) per €___, quindi copertura c’è. Similmente per gli anni successivi, la riserva di sicurezza del 10% appostata nelle previsioni copre eventuali scostamenti.
  • Ho controllato che il piano rispetta le spese di procedura: i costi dell’OCC e giustizia (€___ stimati) sono stati considerati e coperti dall’apporto terzo iniziale, quindi non intaccano le percentuali ai creditori.

Possibili criticità: (esporre eventuali elementi di incertezza e come sono mitigati: es. “rischio calo vendite: mitigato da contratti quadro; rischio insolvenze future: debitore adotterà vendite con caparra; etc.”). Nel complesso, nessuna criticità tale da far prevedere un default del piano.

Convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria: Ho svolto un’analisi comparativa dettagliata (allegato prospetto di liquidazione). In caso di liquidazione controllata, stimando il realizzo forzato dei beni e l’applicazione delle cause di prelazione, i creditori otterrebbero approssimativamente:

  • Creditori privilegiati: Banca Alfa ipotecaria verrebbe soddisfatta sul ricavato dell’immobile con ipoteca (€) e risulterebbe scoperta per €, divenendo chirografa per quella parte; il Fisco privilegio generale su mobili incasserebbe all’incirca €___ (dalla vendita di beni mobili e riparto iniziale); etc.
  • Creditori chirografari: riceverebbero probabilmente il % (attorno a € su €___), come risultante dal riparto simulato.

Nel concordato proposto, i privilegiati ottengono [es. “100% banca, 80% Fisco”] e i chirografari il %. Dunque tutti i creditori sono trattati più favorevolmente nel piano che in liquidazione, tranne il Fisco la cui soddisfazione in piano (22%) è inferiore a quella ipotetica in liquidazione (30%). Riguardo a ciò, segnalo che la minor soddisfazione dell’Erario è compensata dal mantenimento della continuità (che è un interesse generali, sebbene non direttamente del creditore) e dalla circostanza che la differenza assoluta non è elevata in valore (€_ in meno). Inoltre, la liquidazione presenterebbe tempi lunghi e incertezze (le percentuali ipotizzate potrebbero ridursi con vendite all’asta ribassate, spese procedura elevate, ecc.). A mio parere, il diniego di adesione da parte dell’Erario potrebbe essere considerato non del tutto giustificato tenuto conto del contesto, aprendo la strada a una possibile omologa forzosa ex art. 80 co.3 CCII. Naturalmente, sarà cura mia come OCC evidenziare tali aspetti all’ente per stimolarne l’adesione volontaria. Ad ogni modo, ritengo che il concordato offra il massimo soddisfacimento possibile date le condizioni del debitore.

Conclusioni e attestazioni:
Alla luce di quanto sopra, attesto che:

  • il piano è fattibile e contiene gli elementi per il suo puntuale adempimento,
  • i creditori privilegiati sono trattati nel rispetto delle loro cause di prelazione (nessuno prende meno di quanto ricaverebbe sul proprio bene in caso di liquidazione),
  • i creditori in generale ricevono una soddisfazione che giudico non inferiore a quella ricavabile dall’alternativa liquidatoria, anzi tendenzialmente superiore (salvo quanto precisato per l’Erario),
  • non sono emerse circostanze ostative all’ammissibilità e all’omologazione (requisiti soggettivi OK, documenti completi, assenza frodi) e
  • l’impostazione del concordato minor favorisce il risanamento del debitore e la prosecuzione dell’attività in coerenza con la ratio della normativa.

Propongo quindi che la spett.le Autorità giudiziaria ammetta il debitore alla procedura di concordato minore e, all’esito favorevole delle votazioni, ne disponga l’omologa, valutando altresì in positivo l’eventuale conferma delle misure protettive nel frattempo concesse.

Resto a disposizione per ogni chiarimento.

Luogo, data.

Firma OCC/Gestore (Dott. ___)


Fac-simile di Lettera di Proposta ai Creditori (a cura dell’OCC)

Mittente: Organismo di Composizione Crisi di ___ – Gestore Dr. ___
Destinatario: [Nominativo Creditore] – [indirizzo PEC]

Oggetto: Procedura di Concordato Minore del Sig. [XYZ] – Proposta di Concordato e Raccolta Voti (artt. 78-79 CCII)

Gentile [Nome del Creditore],

Le scrivo in qualità di Gestore nominato dal Tribunale di ___ per la procedura di concordato minore riguardante il Sig. [XYZ], suo debitore.

La presente per trasmetterLe formalmente la proposta di concordato minore formulata dal Sig. [XYZ] ai sensi dell’art. 74 CCII, e richiedere la Sua espressione di voto ai sensi dell’art. 79 CCII.

In allegato trova copia integrale del Piano di ristrutturazione dei debiti e proposta depositato in Tribunale in data //____. In sintesi, la proposta prevede:

  • Pagamento del Suo credito nella misura del % (pari a €_ su un credito ammesso di €___), da corrispondersi entro [tempistica, es. “3 anni dall’omologazione, in rate semestrali”].
  • [Eventuali specifiche se il creditore ha privilegio o garanzie: es. “Il Suo credito, assistito da privilegio speciale sui macchinari, sarà soddisfatto al 100% del valore di realizzo del macchinario (€) e per la parte restante (€) concorrerà come chirografo al __%”].
  • [Se coobbligato] Resta inteso che eventuali fideiussori o coobbligati diversi dal debitore rimangono obbligati per la quota non pagata, salvo diverso accordo.
  • Per dettagli sul trattamento dei crediti e le classi, veda sez. 2 del Piano allegato.

Espressione del voto: Ai sensi dell’art. 78 CCII, il Tribunale ha fissato al //____ la data entro cui i creditori devono far pervenire al sottoscritto Gestore la propria dichiarazione di voto sulla proposta. La S.V. può esprimere il Suo voto favorevole o contrario semplicemente rispondendo a questa PEC con una dichiarazione scritta di “ACCETTAZIONE” oppure “RIFIUTO” della proposta.

La normativa prevede che il mancato riscontro entro il termine sia considerato silenzio-assenso, cioè voto favorevole. Tuttavia, al fine di facilitare le operazioni e fugare ogni dubbio, La invito cortesemente a voler comunicare esplicitamente la Sua decisione. In mancanza, allo spirare del termine considererò il Suo silenzio come voto favorevole, come da legge.

Maggioranze richieste: La proposta sarà approvata se otterrà il voto favorevole (espresso o tacito) di creditori rappresentanti oltre il 50% del totale dei crediti aventi diritto di voto. Qualora [ad es. l’Erario] detenga da solo più della metà, si renderà necessaria anche la maggioranza numerica dei votanti favorevoli. In caso di mancata approvazione, la procedura di concordato potrebbe convertirsi in liquidazione controllata dei beni, con presumibili minori soddisfazioni per tutti.

Convenienza della proposta: Si sottolinea che, come attestato dal sottoscritto Gestore nella relazione allegata, la proposta in oggetto è più conveniente per i creditori rispetto all’ipotesi di liquidazione del patrimonio. Nel Suo caso, stimiamo che in una liquidazione Lei recupererebbe circa €___ (%), mentre con il concordato riceverebbe € (___%) in tempi più brevi e con minori incertezze. Anche l’Agenzia delle Entrate e gli altri creditori chiave risultano in posizione migliorata o almeno non peggiorata. Pertanto vi è un interesse comune all’approvazione dell’accordo.

Richiesta di adesione: La invito dunque ad aderire alla proposta di concordato minore. Può comunicare il Suo voto favorevole rispondendo a questa PEC con la parola “ACCETTO la proposta di concordato” (o formula equivalente). In caso di dissenso, può indicare “RIFIUTO la proposta”. Le eventuali mancate risposte entro il //____ verranno conteggiate come assensi.

Resto a disposizione per eventuali chiarimenti o informazioni aggiuntive. Può contattarmi via PEC o al recapito telefonico ____ per fissare se necessario un incontro.

In allegato:

  1. Piano di concordato minore del Sig. XYZ (pdf),
  2. Relazione OCC del //__ (pdf),
  3. (Altri allegati utili: estratto stato passivo simulato, prospetto riparto comparativo, ecc.).

Confidando nella Sua collaborazione e nella comprensione dei benefici di tale soluzione concordata, porgo distinti saluti.

Luogo, data.

Dr. ________
Gestore OCC – Procedura Sovraindebitamento n.___/2025 Trib. ____


Fonti Normative, Giurisprudenziali e Documentali Utilizzate

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), artt. 2, 33, 74-83 (concordato minore) e artt. 65-83 (procedure da sovraindebitamento) – Normattiva: .
  • D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136, Terzo Correttivo al CCII, in particolare art. 20 comma 2 che inserisce l’art. 75 co.2-bis CCII (mutuo abitazione principale nel concordato minore) – G.U. Serie Generale n.231/2024.
  • D.L. 13/2023 conv. L. 103/2023, art. 1-bis, introduttivo dei criteri per transazioni Fisco/INPS negli accordi di ristrutturazione (soglia 30-40%) – G.U. n.186/2023.
  • Codice Civile, art. 2135 (definizione imprenditore agricolo), art. 2495 (estinzione società cancellata), art. 2740 (garanzia patrimoniale generica), art. 2749, 2788, 2855 c.c. (interessi su crediti privilegiati), art. 38 c.c. (responsabilità associazioni non riconosciute).
  • Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e Consiglio (ristrutturazioni preventive e seconde chance) – recepita nel CCII (principi di voto a tutti i soggetti interessati).
  • Circolare Agenzia Entrate n. 34/E del 29.12.2020, “Istruzioni sulla valutazione delle proposte transattive del debito tributario nelle procedure da sovraindebitamento”, che conferma l’applicabilità del silenzio-assenso dell’ente impositore e invita gli uffici a verificare i carichi fiscali pendenti.
  • Messaggio INPS n. 3553 del 25.10.2024, “Transazioni su crediti contributivi nell’ambito del Codice della Crisi (art. 63 CCII)” – chiarisce competenze decisionali interne INPS per concordati e accordi (Direzione centrale credito per proposte con forte falcidia).
  • Sentenza Corte di Cassazione Sez. I n. 22699/2023 (ord. 26 luglio 2023) – ha confermato l’ammissibilità del concordato minore per l’imprenditore individuale cancellato (art.33 co.4 CCII da riferirsi alle sole società) e la reclamabilità del decreto di inammissibilità in Corte d’Appello.
  • Tribunale di Ancona, decreto 15.11.2023 – ha ammesso imprenditore individuale cancellato al concordato minore, ritenendo art.33 co.4 CCII non applicabile all’imprenditore persona fisica non estinto.
  • Tribunale di Modena, decreto 07.04.2025 (Est. Bianconi) – ha ribadito l’interpretazione di cui sopra e inoltre chiarito aspetti sul classamento dei crediti garantiti da terzi (garante pubblico MCC ammesso al voto pro-quota).
  • Corte d’Appello di Venezia, decreto 10.10.2024 – ha negato l’omologa di un concordato minore ritenendo il piano abusivo e il no del Fisco giustificato: concordato usato solo per eliminare ingente debito fiscale senza reale prospettiva di continuità. Ha delineato i limiti del cram-down: giudice non può sempre scavalcare il Fisco, solo se rifiuto è obiettivamente irragionevole.
  • Tribunale di Verona, decreto 07.06.2024 – esempio di omologa forzosa: aveva omologato un concordato minore nonostante il voto contrario di AE/INPS, ritenendo soddisfatti i requisiti (voto decisivo e maggior convenienza rispetto a liquidazione). (Poi riformato da App. Venezia sopra).
  • Tribunale di Brescia, decreto 01.07.2024 – in procedura familiare ex art.66 CCII ha consentito la prosecuzione del pagamento del mutuo ipotecario sull’abitazione principale nonostante uno dei membri fosse consumatore, ritenendo irrilevante ai fini dell’art. 67(5) CCII che solo uno fosse consumatore.
  • Tribunale di Nola, decreto 13.05.2024 – ha statuito che il decreto di inammissibilità del concordato minore è reclamabile al Tribunale collegiale (interpretazione poi superata) e che “atti in frode” vanno intesi come fatti tipici di bancarotta fraudolenta, escludendo irregolarità minori.
  • Corte di Cassazione, Sez. I, ord. 9549/2025 (14.04.2025) – (Primo Presidente) su piano del consumatore: ha confermato che nel piano del consumatore non è previsto voto dei creditori e ha distinto quella procedura dal concordato minore. (Cita differenze normative, utile come raffronto teorico).

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