Composizione Negoziata Crisi D’impresa Per Aziende In Difficoltà: La Guida

La tua azienda sta attraversando una fase di difficoltà economica e vuoi evitare il fallimento? Cerchi uno strumento legale che ti consenta di ristrutturare i debiti, proteggerti dai creditori e rilanciare l’impresa con un piano concreto e sostenibile?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa, risanamento aziendale e composizione negoziata – ti spiega in modo chiaro e pratico come funziona la Composizione Negoziata della Crisi, chi può richiederla, quali vantaggi offre e quali sono i passaggi fondamentali per accedervi senza errori.

Scopri quali sono i segnali della crisi che non devi ignorare, come si presenta l’istanza alla Camera di Commercio, quale ruolo ha l’esperto indipendente, come ottenere la protezione dai creditori (misure protettive e cautelari), e come avviare trattative con banche, Fisco e fornitori per ridurre i debiti e salvare l’azienda.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare lo stato della tua impresa e costruire una strategia su misura per accedere alla Composizione Negoziata, bloccare le azioni esecutive e riportare l’azienda in equilibrio grazie agli strumenti del Codice della Crisi.

Introduzione

La composizione negoziata della crisi d’impresa è uno strumento introdotto in Italia nel 2021 per aiutare le aziende in difficoltà a negoziare una soluzione con i creditori prima di ricorrere a procedure concorsuali formali. Si tratta di un percorso volontario e stragiudiziale, nel quale l’imprenditore mantiene la gestione dell’impresa (senza spossessamento) e si avvale dell’assistenza di un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio. L’obiettivo è prevenire lo stato di crisi o insolvenza e favorire il risanamento aziendale attraverso accordi con creditori e altri stakeholder, eventualmente con il supporto di misure protettive e autorizzazioni del tribunale in caso di necessità.

Aggiornamento Maggio 2025: negli ultimi due anni (2024–2025) la disciplina della composizione negoziata ha subito importanti novità normative e interpretative, a seguito dell’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019, detto CCII) e dei suoi correttivi, nonché di numerose pronunce giurisprudenziali. In particolare, il terzo correttivo del Codice (D.Lgs. 136/2024) ha apportato modifiche significative per chiarire dubbi applicativi e incentivare l’utilizzo di questo strumento, che finora aveva trovato scarsa applicazione pratica. Parallelamente, tribunali e prassi ufficiali (linee guida ministeriali, circolari, osservatori) hanno delineato principi interpretativi importanti, offrendo indicazioni su condizioni di accesso, portata delle tutele e rapporti con gli altri istituti.

Questa guida avanzata, rivolta ad avvocati e imprenditori, esamina esclusivamente le novità del biennio 2024–2025 in materia di composizione negoziata. Adottando un linguaggio tecnico giuridico ma dal taglio pratico-divulgativo, la guida affronterà:

  • Le novità normative introdotte dal 2024 in poi (correttivi legislativi al CCII, modifiche di legge e atti interpretativi ufficiali);
  • Le principali novità giurisprudenziali del 2024–2025 (sentenze e orientamenti dei tribunali);
  • Due casi studio esemplificativi che simulano l’andamento di una composizione negoziata in una PMI e in una grande impresa, per evidenziarne peculiarità operative;
  • Alcune tabelle riepilogative che sintetizzano gli adempimenti procedurali, i pro e contro della composizione negoziata rispetto ad altri strumenti, le tempistiche aggiornate e i ruoli dei vari attori coinvolti;
  • Una sezione di Domande e Risposte su questioni avanzate e dubbi interpretativi emergenti nel nuovo quadro normativo;
  • Un elenco finale di Fonti e riferimenti normativi, giurisprudenziali e dottrinali (normativa vigente, pronunce, prassi ufficiali, articoli specialistici) per approfondire.

L’obiettivo è fornire un quadro completo e aggiornato al maggio 2025, utile sia a chi assiste professionalmente le imprese in crisi sia agli stessi imprenditori che vogliono capire come sfruttare al meglio la composizione negoziata alla luce delle ultime innovazioni.

Novità normative 2024–2025

Il terzo correttivo al Codice della Crisi (D.Lgs. 136/2024). Nel settembre 2024 il legislatore è intervenuto per la terza volta sul Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza con un decreto integrativo e correttivo organico. La relazione ministeriale introduttiva chiarisce che lo scopo di questo intervento era di “far fronte alle criticità interpretative o applicative emerse nella fase di prima attuazione del Codice” e di “agevolare l’effettività e l’efficienza” delle nuove procedure. In particolare, con riferimento alla composizione negoziata, il correttivo-ter mirava a introdurre misure “promozionali” per incentivarne il ricorso, dato che fino ad allora lo strumento era stato utilizzato al di sotto delle attese nella prassi. Di seguito riassumiamo le principali novità normative apportate nel 2024 e inizio 2025:

  • Condizioni di accesso e preclusioni: È stata modificata la disciplina delle condizioni ostative all’accesso alla composizione negoziata (art. 25-quinquies CCII). Ora è chiaro che la pendenza di un’istanza di liquidazione giudiziale presentata da un creditore o dal PM non impedisce all’imprenditore di avviare una composizione negoziata. In precedenza vi era incertezza interpretativa sul punto, con alcuni tribunali che negavano l’accesso in presenza di un’istanza di fallimento di terzi per timore di usi dilatori. Il nuovo testo limita il divieto ai soli casi in cui è lo stesso debitore ad aver già presentato (e magari ritirato da meno di 4 mesi) una domanda di liquidazione o altre procedure concorsuali. Questa modifica, in linea con la direttiva UE 2019/1023, consente alle imprese ancora potenzialmente risanabili di tentare la via negoziale anche se un creditore ha già chiesto il fallimento, evitando strumentalizzazioni ma senza precludere salvataggi possibili. Inoltre, per le imprese “sotto-soglia” (piccole imprese non fallibili ai sensi della vecchia legge fallimentare) il correttivo ha uniformato gli esiti accessibili: ora anche queste imprese minori, se avviano una composizione negoziata, possono concluderla con tutti gli strumenti previsti per le imprese maggiori – inclusa la domanda di concordato semplificato ex art. 25-sexies CCII in caso di esito negativo. In sintesi, la composizione negoziata è confermata come strumento aperto a tutte le imprese, commerciali e agricole, di qualsiasi dimensione, salvo preclusioni temporanee legate a iniziative concorsuali pregresse del debitore stesso.
  • Documentazione e semplificazioni procedurali: Resta fermo l’obbligo per l’imprenditore di allegare all’istanza iniziale una serie di documenti (situazioni patrimoniali, elenco creditori, business plan ecc., secondo art. 17 CCII). Tra questi vi sono le certificazioni dei debiti fiscali e contributivi rilasciate da Agenzia Entrate, Agente della Riscossione e INPS. Poiché l’ottenimento di tali certificati richiede tempo, il legislatore ha prorogato la misura transitoria che consente una semplificazione fino al 31 dicembre 2024: il debitore può presentare una dichiarazione sostitutiva attestando di aver richiesto i certificati almeno 10 giorni prima, in luogo dei certificati stessi, qualora non ancora disponibili. Ciò evita ritardi nell’accesso alla procedura dovuti ai tempi burocratici. Dal 2025 in poi, salvo ulteriori proroghe, sarà necessario allegare i certificati effettivi. Si segnala inoltre che la Commissione presso la CCIAA deve provvedere alla nomina dell’esperto entro 5 giorni lavorativi dalla domanda, e l’esperto nominato deve dichiarare l’accettazione entro 2 giorni, dopo aver verificato la propria indipendenza e competenza rispetto al caso.
  • Misure protettive e rapporti bancari: Una delle novità più rilevanti del 2024 è l’introduzione di norme specifiche per impedire che l’accesso alla composizione negoziata inneschi reazioni negative da parte degli istituti di credito. Il correttivo-ter ha esplicitamente vietato alle banche e agli intermediari finanziari (nonché ai cessionari dei loro crediti) di revocare o sospendere gli affidamenti e le linee di credito con la sola motivazione dell’avvio della composizione negoziata. Questo divieto vige per tutta la durata delle misure protettive concesse dal tribunale a beneficio dell’impresa e mira a preservare la continuità finanziaria durante le trattative. Viene fatta salva soltanto l’ipotesi in cui la revoca o sospensione sia necessaria per rispettare le normative prudenziali di vigilanza bancaria, evitando così che la banca violi obblighi regolamentari (è una clausola di salvaguardia della stabilità degli enti creditizi). Contestualmente, la riforma ha ribadito i doveri di comportamento delle banche: esse devono partecipare alle trattative in modo attivo e informato, e la notizia dell’accesso alla composizione negoziata non costituisce di per sé motivo per ridurre le esposizioni o degradare il merito di credito dell’impresa. Queste previsioni recepiscono un principio di collaborazione leale già implicito, rendendolo però chiaro nella legge. In pratica, l’impresa che intraprende la composizione negoziata ha diritto a non veder peggiorare unilateralmente le proprie condizioni bancarie solo a causa del tentativo di risanamento in corso. Inoltre, l’art. 18 CCII è stato integrato prevedendo espressamente che, in presenza di misure protettive, le banche non possano neppure segnalare a Centrale Rischi o CRIF la sospensione dei pagamenti dovuta alle trattative in corso – tutela confermata poi dalla giurisprudenza (v. oltre Trib. Venezia, 13/1/2025). Si tratta di interventi che riequilibrano il rapporto banca-impresa durante la crisi, evitando effetti pregiudizievoli automatici e favorendo la riuscita delle trattative (la Relazione illustrativa parla chiaramente di “bilanciare l’esigenza dell’impresa di continuare ad avere il supporto finanziario…” con le cautele degli intermediari).
  • Introduzione della transazione fiscale: Finalmente, con il D.Lgs. 136/2024 è stato colmato un vuoto normativo prevedendo la possibilità di accordi di transazione su debiti fiscali anche nell’ambito della composizione negoziata. È stato inserito nel CCII l’art. 23, comma 2-bis, che consente all’imprenditore in composizione negoziata di accedere alla transazione fiscale per i debiti tributari. In altre parole, già durante le trattative stragiudiziali è ora possibile negoziare con l’Erario un trattamento dei debiti fiscali (ad esempio stralcio parziale di imposte e sanzioni, dilazioni, ecc.), analogamente a quanto avviene nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti. Questo era un intervento atteso per rendere più efficace il risanamento, dato che spesso la posizione dell’Erario è determinante. Va tuttavia evidenziato che la norma non menziona i debiti contributivi previdenziali: di conseguenza, la transazione contributiva con INPS/Inail non risulta ad oggi espressamente ammessa nell’ambito della composizione negoziata. Si tratta di un limite da tenere presente: in caso di significativi debiti contributivi, l’imprenditore potrebbe dover ricorrere a strumenti formali (accordo di ristrutturazione o concordato) per ottenere un trattamento agevolato di tali crediti, poiché al di fuori di essi gli enti previdenziali possono solo concedere dilazioni nei limiti di legge ma non falcidie. Nonostante questa parziale esclusione, l’introduzione della transazione fiscale nella composizione negoziata rappresenta una novità di grande rilievo, che dottrina e commentatori hanno salutato come una svolta in grado di “dare una notevole spinta all’utilizzo dello strumento”. Nei prossimi paragrafi vedremo come la giurisprudenza più recente si stia rapportando a tale novità.
  • Ruolo ed incentivi per l’esperto negoziatore: Il correttivo 2024 ha ritoccato anche la disciplina dell’esperto indipendente (artt. 16 e 17 CCII) per stimolarne un approccio più proattivo. In particolare, è stato modificato l’art. 17, comma 7, sulla durata dell’incarico e proroghe: si conferma che l’incarico dura di regola 180 giorni dall’accettazione, ma ora è più agevole ottenere una proroga. In precedenza occorreva il consenso di tutte le parti in trattativa per prorogare; adesso basta la richiesta dell’imprenditore (o di una parte coinvolta nelle trattative), unitamente al parere favorevole dell’esperto e alla presenza di concrete prospettive di risanamento. Altre due circostanze giustificano la proroga: la pendenza di ricorsi per misure protettive o autorizzazioni ex art.19 e 22 CCII, oppure la pendenza delle misure protettive stesse o la necessità di eseguire provvedimenti autorizzativi già concessi. In sostanza, se sono in corso procedure giudiziali collegate (ad es. si attende l’esito di un ricorso per protezione o l’autorizzazione a un finanziamento), l’esperto può estendere la durata oltre i 6 mesi, evitando di far concludere prematuramente le trattative per meri limiti temporali. Resta invariato l’obbligo dell’esperto di comunicare e pubblicizzare la proroga tramite la piattaforma informatica e al tribunale. Quanto al compenso dell’esperto, l’art. 25-ter CCII è stato rivisto: viene vietato qualsiasi accordo di remunerazione tra imprenditore ed esperto nei primi 120 giorni dall’inizio della procedura (un patto anticipato sulla parcella sarebbe nullo, dato che il compenso deve commisurarsi all’attività effettivamente svolta). Inoltre, il “bonus” del raddoppio del compenso è ora previsto solo se la negoziazione si conclude con un contratto, convenzione o accordo grazie all’opera dell’esperto. Ciò evita che l’esperto assuma un ruolo meramente notarile: il raddoppio sarà meritato solo se il suo impegno avrà contribuito in modo determinante al buon esito (segno di un ruolo più attivo e negoziale). Infine, è stata rideterminata la misura minima del compenso, innalzandola, per assicurare un’adeguata remunerazione anche nei casi in cui l’esito sia negativo (questo dettaglio è contenuto nel decreto, benché tecnico, come ulteriore incentivo economico a ricoprire l’incarico di esperto). L’insieme di queste misure punta a rendere la figura dell’esperto più incisiva e qualificata, scongiurando derive passivizzanti e garantendo che il professionista guadagni il giusto solo in proporzione all’impegno e ai risultati.
  • Altre disposizioni: Il biennio 2024-2025 non ha visto ulteriori leggi rivoluzionarie sulla composizione negoziata, ma sono da segnalare alcuni atti interpretativi ufficiali e norme di coordinamento. In particolare, il Ministero della Giustizia ha emanato il Decreto Dirigenziale 21 marzo 2023 (aggiornando il precedente protocollo del settembre 2021) che fornisce le Linee guida operative per la conduzione della composizione negoziata, in attuazione dell’art. 17 CCII. Questo Protocollo di conduzione dettaglia, tra l’altro, le modalità con cui l’esperto deve verificare la “ragionevole perseguibilità del risanamento” e condurre le trattative, includendo una check-list patrimoniale e finanziaria e principi come la competizione nella scelta di eventuali acquirenti di asset. Si tratta di prassi ufficiale vincolante per gli esperti iscritti. Inoltre, alcune circolari di prassi hanno chiarito aspetti specifici dopo il correttivo-ter: ad esempio INPS con il Messaggio n. 3553/2024 ha fornito indicazioni sul coordinamento tra transazione contributiva e procedure di concordato/accordi dopo la riforma (ribadendo però che in composizione negoziata la transazione contributiva non è ammessa). Anche Unioncamere, che gestisce la piattaforma telematica nazionale, ha pubblicato nel novembre 2024 un rapporto del proprio Osservatorio con un’analisi statistica delle composizioni negoziate attivate e un’utile nota di approfondimento allegata sulle novità normative del D.Lgs. 136/2024 applicabili alla procedura. Complessivamente, il quadro normativo a maggio 2025 risulta molto più definito e “a regime” rispetto agli esordi: la composizione negoziata, da strumento emergenziale introdotto col D.L. 118/2021, è divenuta parte integrante e stabile del sistema di gestione della crisi, arricchita di nuovi strumenti (transazione fiscale) e garanzie (tutela fidi bancari), nonché armonizzata con le altre procedure (grazie alle norme su accesso e coordinamento).

Novità giurisprudenziali 2024–2025

Il biennio recente ha visto un crescente coinvolgimento della giurisprudenza nell’interpretare e applicare la composizione negoziata, chiarendo molti dubbi. Di seguito, suddividiamo le principali pronunce ed orientamenti emersi nel 2024–2025 per tematica.

a) Condizioni di ammissibilità e rapporto con procedure concorsuali: Prima della riforma di settembre 2024, i tribunali si erano divisi sul se fosse ammissibile avviare una composizione negoziata quando pendeva già un’istanza di fallimento (liquidazione giudiziale) presentata da terzi. Alcune decisioni avevano adottato un orientamento restrittivo, ritenendo che qualsiasi procedura di liquidazione pendente precludesse l’accesso, per evitare usi dilatori dello strumento. Ad esempio, Tribunale di Bari, 30 maggio 2024 (e altre: Trani 30/9/2023, Tempio Pausania 12/10/2023, ecc.) avevano negato l’apertura della composizione negoziata in presenza di un’istanza di fallimento promossa dai creditori, sostenendo che l’art. 25-quinquies CCII (ante riforma) lo impedisse. Altri giudici, invece, propendevano per una lettura estensiva, limitando il divieto ai soli casi di istanza presentata dallo stesso debitore. Il conflitto interpretativo è stato superato normativamente dal correttivo-ter (come visto sopra), che ha recepito la tesi estensiva: lo ha notato la giurisprudenza successiva, sottolineando come ora le imprese possano accedere alla composizione anche in pendenza di un’istanza di liquidazione promossa da terzi, purché vi siano concrete chance di risanamento. Rimane invece confermato il divieto di accedere alla composizione negoziata per il debitore che, nei 4 mesi precedenti, abbia ritirato una propria domanda concorsuale (compreso un concordato “in bianco”), a prevenire abusi di chi attivi e poi cambi strumento al solo scopo dilatorio.

Un diverso punto affrontato dalla giurisprudenza riguarda l’ambito soggettivo: si è ribadito che possono accedere alla composizione negoziata anche soggetti prima esclusi dalle procedure concorsuali tradizionali, come le imprese agricole. Ad esempio, Tribunale di Siena, 6 giugno 2024 (in linea con la legge) ha ritenuto ammissibile la richiesta di un imprenditore agricolo, essendo la composizione negoziata espressamente aperta anche alle imprese minori e agricole dal CCII.

Infine, sul fronte dell’accesso per i gruppi di imprese, si segnala che alcune decisioni hanno iniziato a gestire in modo unitario le situazioni plurisoggettive. La normativa (art. 25, comma 6 CCII) consente già una composizione negoziata unitaria di gruppo, e un caso notevole è quello affrontato da Tribunale di Venezia (Sez. imprese), ordinanza 13 gennaio 2025. In tale vicenda un gruppo societario industriale aveva presentato domanda congiunta di composizione negoziata per varie società interconnesse. Il Tribunale lagunare ha confermato l’ammissibilità del procedimento unitario e, nel merito, ha concesso misure protettive estese all’intero gruppo, ravvisando presupposti di risanamento nonostante alcune società fossero già inattive (prospettando soluzioni di riconversione industriale e continuità indiretta mediante cessione di rami d’azienda con riassorbimento dei lavoratori). Questa pronuncia – oltre a testimoniare l’approccio flessibile dei giudici verso i gruppi – ha anticipato alcuni dei temi di cui diremo a breve, come l’ampiezza delle misure protettive e i limiti alle azioni dei soci.

b) Portata delle misure protettive e cautelari: Molte pronunce del 2024–25 hanno affinato il perimetro e l’efficacia delle tutele accordabili dal tribunale a sostegno della composizione negoziata (artt. 18–20 CCII).

  • Una questione specifica è se le misure protettive possano spingersi a impedire iniziative di terzi estranee ai creditori tipici. Un caso esemplificativo è l’ordinanza del Tribunale di Milano, 2 febbraio 2024 (giud. Pipicelli). In quella vicenda, un socio di minoranza di una grande società in composizione negoziata aveva chiesto al Ministero lo stato di amministrazione straordinaria dell’azienda (procedura concorsuale speciale riservata alle grandi imprese insolventi). La società debitrice ha chiesto al tribunale, nell’ambito delle misure protettive, di inibire al socio tale iniziativa. Il Tribunale di Milano ha negato la misura inibitoria, chiarendo con un principio importante: le tutele previste nella composizione negoziata non possono arrivare al punto di impedire ad un socio (per quanto minoritario) di attivare una procedura di amministrazione straordinaria prevista dalla legge. In altri termini, il “ombrello” protettivo della composizione negoziata copre le azioni esecutive e cautelari dei creditori sul patrimonio del debitore, ma non può limitare i diritti potestativi di soggetti terzi (come i soci) di richiedere procedure diverse previste dall’ordinamento. Questa decisione definisce un limite: la composizione negoziata non può essere usata per paralizzare iniziative che esulano dal novero dei rapporti creditorî tipici (in questo caso una procedura concorsuale pubblicistica come l’amministrazione straordinaria). Il socio quindi rimane libero di tentare quella strada, ferma restando la valutazione del Ministero competente.
  • Sul versante opposto, i tribunali hanno mostrato una certa elasticità nell’estendere le misure protettive quando necessario a tutela delle trattative. In particolare, si è discusso se, oltre alle misure protettive “tipiche” previste dalla legge (sospensione delle azioni esecutive e cautelari, divieto di acquisire titoli di prelazione, ecc.), il tribunale possa emettere misure cautelari “atipiche” di analogo contenuto. Tribunale di Udine, ordinanza 30 aprile 2024 (giud. Calienno) ha affrontato proprio questo tema: nell’ambito di un procedimento cautelare collegato, il giudice friulano ha ritenuto ammissibile concedere misure cautelari con lo stesso contenuto delle misure protettive tipiche durante la composizione negoziata. Ciò significa che il giudice, pur di garantire l’efficacia della negoziazione, può modellare provvedimenti ad hoc (ai sensi dell’art. 669-duodecies c.p.c.) che producano effetti di protezione analoghi a quelli previsti dalla legge, anche in situazioni non espressamente previste. Questa pronuncia conferma un approccio estensivo e funzionale: l’importante è assicurare la stay delle azioni creditorie e un ambiente protetto per le trattative, senza eccessivi formalismi sulla tipologia di provvedimento impiegata.
  • Un altro filone giurisprudenziale riguarda l’obbligo delle banche di rispettare la moratoria dei crediti durante la composizione negoziata, in particolare dopo la riforma del 2024 sull’art. 16, co.5 CCII. Già prima che entrasse in vigore il divieto normativo di revoca affidamenti (settembre 2024), alcuni tribunali avevano preso iniziative in tal senso. Ad esempio, Tribunale di Verona, decreto 22 gennaio 2024 si è pronunciato sulle modalità con cui deve essere comunicata e resa effettiva la sospensione degli affidamenti bancari ex art. 16 co.5 CCII. Il giudice scaligero ha chiarito che, una volta concesse le misure protettive, l’ordine di non revocare gli affidamenti deve essere portato formalmente a conoscenza delle banche interessate, delineando le procedure di comunicazione da seguire (verosimilmente tramite notifica dell’ordinanza alle banche a cura dell’esperto o del debitore). Ciò per assicurare che il divieto di revoca non resti sulla carta ma sia operativo e noto agli istituti creditori. Si tratta di un aspetto pratico, in linea con il nuovo dovere di collaborazione attiva imposto alle banche dal correttivo-ter.
  • La protezione dei finanziamenti garantiti da Stato è stata oggetto di un’importante decisione recente. Nella composizione negoziata molte imprese hanno esposizioni assistite da garanzie pubbliche (es. Fondo MCC) concesse durante la pandemia. Tribunale di Modena, ordinanza 8 marzo 2025 (giud. Bianconi) ha affrontato il caso di una banca creditrice che intendeva escutere la garanzia statale MCC su un finanziamento, mentre era in corso la composizione negoziata. Il Tribunale, in sede cautelare, ha concesso un’inibitoria alla banca dal procedere all’escussione della garanzia pubblica. In pratica, ha ordinato alla banca di non attivare la garanzia statale durante le trattative. Questa misura è molto significativa: pur non essendo una “azione esecutiva” classica contro il patrimonio del debitore, l’escussione della garanzia avrebbe comportato il subentro dello Stato come creditore (con possibile peggioramento della posizione dell’impresa verso l’erario) e avrebbe segnalato un default formale. Il giudice modenese ha valutato che ciò avrebbe potuto compromettere il buon esito delle trattative, e dunque, ravvisati fumus (prospettive di risanamento credibili) e periculum (pregiudizio concreto), ha bloccato temporaneamente l’escussione. Questa pronuncia tutela l’impresa su un fronte delicato e dimostra la flessibilità degli strumenti cautelari utilizzabili a corredo della composizione: la platea dei “creditori” da tenere a bada si estende anche a chi garantisce i crediti (se l’escussione può alterare l’equilibrio delle trattative).
  • Probabilmente la decisione più rilevante e completa in tema di misure protettive è la già citata ordinanza del Tribunale di Venezia del 13 gennaio 2025. Oltre a gestire un caso di gruppo, questo provvedimento (estensore dott. Pitinari) ha affermato principi generali sulla conferma delle misure protettive erga omnes e sul comportamento del ceto bancario. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i presupposti per confermare le misure protettive a favore di tutte le società del gruppo, evidenziando come fossero presenti concrete possibilità di risanamento, anche tramite operazioni di continuità indiretta con tutela dell’occupazione. Ma soprattutto, il giudice ha imposto alle banche un obbligo di “standstill” potenziato: nell’ordinanza si legge che “per le medesime ragioni può essere concessa la misura cautelare dell’inibitoria agli istituti di credito di segnalare in Centrale Rischi e alla CRIF l’intervenuta sospensione dei pagamenti nel corso delle trattative, nonché di revocare le linee di credito già esistenti e utilizzate”. Dunque, a Venezia si è ordinato espressamente alle banche di non segnalare lo stato di sofferenza ai sistemi informativi e di non revocare (né ridurre) i fidi in essere, in coerenza con la nuova normativa. Il provvedimento prosegue bilanciando gli interessi: riconosce che il “pati” (la sofferenza temporanea) imposto alle banche è giustificato dal percorso di risanamento intrapreso e dalle informazioni positive fornite dall’esperto, mentre per le imprese debitrici l’inibitoria produce un chiaro vantaggio in termini di liquidità e possibilità di negoziare. Si salva comunque esplicitamente la facoltà per le banche di sospendere o revocare affidamenti se ciò è richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, ossia se la banca sarebbe altrimenti in violazione delle proprie norme di rischio (eco della riserva già presente nella norma). Questa pronuncia veneziana è paradigmatica nel dare attuazione concreta alle finalità del correttivo-ter: tutela massima all’impresa durante i pochi mesi della negoziazione, sacrificando in modo mirato e temporaneo l’interesse dei creditori finanziari a “correre ai ripari”, nella prospettiva che tale sacrificio paghi in un risanamento di successo. Va notato che provvedimenti di questo tipo, se da un lato sospendono per un breve periodo alcuni diritti delle banche (segnalare e revocare), dall’altro non ledono in modo definitivo le loro ragioni di credito, che restano tutelate: semplicemente, si richiede di congelare la situazione esistente per dare una chance al piano di salvataggio.

In definitiva, la giurisprudenza del 2024–2025 ha creato un nucleo di orientamenti che rafforzano la credibilità della composizione negoziata: da un lato confermando i limiti (no usi dilatori, no interferenze con i diritti dei soci non creditori), dall’altro ampliando le protezioni (stop a escussioni di garanzie pubbliche, misure di blocco per le banche, ecc.) in favore di imprese seriamente intenzionate al risanamento. Questo equilibrio tra garanzie al debitore in crisi e tutela dei diritti essenziali dei terzi emerge chiaramente dalle pronunce analizzate.

c) Altri aspetti (esiti e prassi): Sul fronte degli esiti della composizione negoziata, non risultano ancora pronunce di legittimità (Corte di Cassazione) specifiche, vista la relativa novità dello strumento. Tuttavia, i tribunali di merito hanno iniziato a omologare gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i concordati preventivi che scaturiscono dalle trattative svolte in composizione negoziata. In tali casi, spesso l’esito positivo della composizione viene valorizzato in sede di omologa come indice della fattibilità del piano (avendo già ottenuto il consenso informale di gran parte dei creditori). Tribunale di Parma, sentenza 26 maggio 2024, ad esempio, ha omologato un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII raggiunto grazie a una composizione negoziata, sottolineando nella motivazione il ruolo decisivo dell’esperto nel comporre i dissidi tra creditori e la conseguente adesione qualificata ottenuta.

All’opposto, quando la composizione negoziata si conclude senza accordo, la strada del concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies CCII) è stata percorsa in numerosi casi. Dai dati dell’Osservatorio Unioncamere risulta che nel 2023-24 decine di imprese, fallite le trattative, hanno depositato la domanda di concordato semplificato (109 casi su 892 esiti negativi cumulati fino a metà 2024). Alcuni tribunali hanno già avuto modo di omologare questi concordati “senza voto”, che rappresentano un unicum procedurale. Una delle prime pronunce note è il Decreto Tribunale di Roma, 15 novembre 2023, che ha omologato un concordato semplificato successivo a composizione negoziata, confermando che non è previsto il voto dei creditori ma solo le osservazioni, e verificando d’ufficio la convenienza della proposta per i creditori. Questo decreto – in linea col dettato normativo – ha chiarito che il concordato semplificato è uno strumento liquidatorio puro, la cui convenienza va valutata rispetto all’alternativa liquidatoria fallimentare, e che è riservato ai casi in cui l’esperto attesti l’impossibilità di soluzioni di continuità (presupposto richiesto).

Dal punto di vista delle prassi organizzative, va menzionato che alcuni uffici giudiziari hanno emanato proprie linee guida per disciplinare in modo uniforme la trattazione dei casi di composizione negoziata. Ad esempio, il Tribunale di Livorno (sez. fallimentare) il 21 ottobre 2024 ha pubblicato un vademecum procedurale per la composizione negoziata e l’eventuale concordato semplificato successivo. In tali linee guida locali si dettagliano i documenti da depositare con l’istanza di misure protettive, le tempistiche delle udienze di conferma, i criteri di valutazione della relazione finale dell’esperto e così via, in modo da dare prevedibilità agli operatori (avvocati e attestatori). Analogamente, la prassi ha visto coinvolti anche ordini professionali: il CNDCEC (commercialisti) e il CNF (avvocati) hanno organizzato formazione specifica per gli esperti negoziatori e predisposto materiali di supporto (check-list, massimari di giurisprudenza, ecc.). Ad esempio, l’Organismo Italiano di Valutazione ha pubblicato nel 2024 un Discussion Paper con linee guida sulla valutazione delle aziende in crisi durante la composizione negoziata, fornendo criteri tecnici per stimare il valore dell’azienda e degli asset in funzione di possibili cessioni o ristrutturazioni. Queste iniziative, pur non aventi forza di legge, testimoniano la crescente attenzione verso la procedura e contribuiscono a uniformarne l’applicazione pratica su tutto il territorio nazionale.

In conclusione, le novità giurisprudenziali del 2024–2025 hanno consolidato la cornice applicativa della composizione negoziata: i giudici ne hanno valorizzato le potenzialità (sfruttando al massimo gli strumenti di protezione e favorendone l’accesso anche in situazioni complesse), pur ribadendo i confini di legalità da non oltrepassare. La combinazione di legge aggiornata e orientamenti giurisprudenziali condivisi rende oggi la composizione negoziata uno strumento più affidabile e definito rispetto al passato, pronto per essere utilizzato in modo più diffuso e consapevole da imprese e consulenti nel prossimo futuro.

Simulazioni pratiche: Casi di studio per PMI e grandi imprese

Per illustrare in concreto come opera la composizione negoziata alla luce delle ultime novità, presentiamo di seguito due casi di studio ipotetici: il primo riguarda una piccola-media impresa (PMI) manifatturiera, il secondo una grande impresa (o gruppo). Queste simulazioni mettono in luce le differenze di approccio, benefici e difficoltà tipiche a seconda della dimensione aziendale e della complessità della crisi.

Caso pratico 1: PMI manifatturiera in crisi

Scenario: Alfa S.r.l. è un’azienda familiare manifatturiera (settore tessile) con 50 dipendenti. Negli ultimi anni ha subito un calo di fatturato e accumulato debiti con la banca locale (esposizione per 500 mila € garantita dal Fondo MCC), con fornitori (300 mila € scaduti) e un arretrato fiscale di 100 mila € tra IVA e contributi. Pur essendo in difficoltà finanziaria, Alfa S.r.l. ha ancora un portafoglio ordini interessante e un know-how apprezzato; la crisi è dovuta in parte a investimenti errati e in parte a fattori di mercato, ma l’imprenditore ritiene di poter risanare se ottiene dilazioni sui debiti e nuova liquidità per rilanciare la produzione. La società è sotto-soglia (bilancio sotto i limiti di fallibilità) ma può accedere alla composizione negoziata come previsto dal CCII.

Avvio della procedura: A gennaio 2025 Alfa S.r.l. decide di presentare istanza di composizione negoziata tramite la piattaforma online gestita da Unioncamere. L’imprenditore, assistito dal commercialista, carica i documenti richiesti (situazione patrimoniale aggiornata, elenco creditori, piano finanziario preliminare, certificato debiti tributari e contributivi richiesti 15 giorni prima – in questo caso sfrutta la facoltà di auto-certificazione perché i certificati ufficiali non sono ancora arrivati, essendo entro il 2024). Nella domanda dichiara che l’impresa si trova in situazione di squilibrio patrimoniale e finanziario ma con ragionevoli prospettive di risanamento (attestando di ritenere perseguibile la ristrutturazione). Entro pochi giorni, la Commissione della Camera di Commercio nomina l’esperto indipendente, selezionandolo dall’elenco nazionale: viene designato il dott. B, un commercialista esperto in crisi d’impresa. Il dott. B accetta l’incarico entro 2 giorni, verificando di non avere conflitti di interesse con Alfa S.r.l. e di possedere le competenze richieste (tra cui conoscenza del settore tessile).

Primo incontro e analisi: L’esperto B convoca subito un incontro con l’imprenditore di Alfa S.r.l. e il suo team. Durante il primo meeting (avvenuto entro una settimana dalla nomina), esamina i dati di bilancio, visita lo stabilimento e discute il piano di risanamento preliminare. Applicando la check-list del Protocollo ministeriale 2023, verifica i punti di forza e debolezza: nota che l’azienda ha costi fissi da ridurre e una linea produttiva obsoleta, ma anche ordini potenziali se riesce a finanziare l’acquisto di materie prime. Identifica come obiettivo un accordo con la banca per ristrutturare il debito in 6 anni con 1 anno di pre-ammortamento, un accordo con i fornitori per uno stralcio parziale del 20% sui crediti (o una moratoria lunga sul restante), e la necessità di un finanziamento fresco di 200 mila € per ripartire. Suggerisce inoltre di cercare un investitore di minoranza o un partner industriale che apporti capitali (c’è un concorrente interessato a rilevare una quota e fornire commesse).

Richiesta di misure protettive: Data la situazione di tensione (alcuni fornitori hanno già avviato ingiunzioni e la banca minaccia di revocare il fido di c/c), Alfa S.r.l., con il supporto dell’esperto, deposita subito in tribunale un ricorso per misure protettive. Chiede la sospensione per 4 mesi delle azioni esecutive dei creditori e soprattutto l’inibitoria alla banca di revocare gli affidamenti in corso, in base al nuovo art. 18 CCII. Al ricorso è allegata la dichiarazione dell’esperto che conferma l’esistenza di concrete prospettive di risanamento se l’azienda viene protetta temporaneamente. Il Tribunale competente (es. Tribunale di Prato) emette un decreto tempestivo che concede provvisoriamente le misure protettive richieste (valide erga omnes), fissando udienza di conferma entro 30 giorni. Ciò implica che i creditori di Alfa S.r.l. (compresa la banca e l’Agente della Riscossione) non possono avviare o proseguire pignoramenti né iscrivere ipoteche sui beni, e la banca non può revocare le linee di credito in essere. La banca viene anche formalmente avvisata di non segnalare a Centrale Rischi lo status dell’azienda come default, trattandosi di moratoria autorizzata. Questa protezione fornisce all’impresa la necessaria tregua per negoziare senza il fiato sul collo dei creditori.

All’udienza di conferma, dopo aver sentito brevemente banca e principali creditori (nessuno si oppone in modo sostanziale, confidando nell’esperto), il giudice proroga le misure fino a fine procedura (180 giorni). La banca cerca di sollevare preoccupazioni sulla propria esposizione, ma il giudice – in linea col nuovo orientamento – spiega che il divieto di revoca fidi è imposto dalla legge e che comunque la banca potrà tutelarsi in futuro se il piano fallisse.

Svolgimento delle trattative: Protetta dallo stay, Alfa S.r.l. insieme all’esperto convoca una riunione con i creditori principali (banca e fornitori maggiori). In questa sede, l’esperto B svolge il ruolo di mediatore: presenta un’analisi imparziale della situazione finanziaria e illustra uno schema di possibile accordo. Propone, ad esempio: la banca converte il fido a revoca in un mutuo a medio termine garantito da ipoteca di secondo grado sul capannone, e concede ulteriore affidamento di 50 mila € come liquidità aggiuntiva (assistito da prededuzione ex art.22 CCII su autorizzazione del tribunale); i fornitori accettano un pagamento al 80% del credito in 24 mesi, rinunciando al 20% (o, in alternativa, integralmente ma dilazionato in 5 anni senza interessi); l’Erario (Agenzia Entrate) aderisce a una transazione fiscale: l’IVA e le imposte vengono falcidiate del 30% e il resto rateizzato in 5 anni. L’INPS purtroppo non può legalmente falcidiare i contributi, ma è disposto a rateizzarli in 36 mesi con interesse minimo. Come parte del piano, l’imprenditore si impegna a iniettare 50 mila € di capitali freschi (magari vendendo un immobile personale) e un investitore locale (il concorrente interessato) offre altri 100 mila € per rilevare il 30% delle quote sociali. L’esperto redige uno schematic term-sheet di questi accordi e lo fa circolare tra le parti.

Dopo alcune settimane di negoziati separati e congiunti – in cui l’esperto tiene informato il ceto creditorio sull’andamento e prova a limare le differenze – si raggiunge un accordo di massima: la banca accetta la ristrutturazione del credito (anche perché confortata dalla perizia neutrale dell’esperto sulla bontà del piano industriale) e i fornitori principali, vedendo l’apporto di nuovi fondi e il coinvolgimento di un partner, accettano il sacrificio proposto. L’Agenzia delle Entrate approva la transazione fiscale nei termini proposti (sapendo che, in alternativa, in un concordato potrebbe ottenere percentuali inferiori). Si consolida dunque un “pacchetto” di accordi consensuali.

Autorizzazioni e atti durante la procedura: Nel corso della composizione, Alfa S.r.l. ha bisogno di vendere alcuni macchinari obsoleti per fare cassa (operazione di straordinaria amministrazione). L’esperto suggerisce di richiedere un’autorizzazione al tribunale ex art. 22 CCII per effettuare la vendita senza incorrere in azioni revocatorie future. Il tribunale autorizza la cessione dei macchinari inutilizzati per 30 mila €, somma vincolata al pagamento di materie prime strategiche. Inoltre, l’esperto chiede e ottiene dal giudice il via libera perché l’investitore entri nel capitale durante la composizione (iniezione di equity) senza dover attendere la fine – ciò avviene tramite aumento di capitale deliberato con riserva di nomina di un revisore indipendente che attesti congruità, come da direttive del protocollo.

Conclusione e formalizzazione: Dopo circa 5 mesi dall’avvio, le trattative si concludono positivamente: le intese raggiunte vengono formalizzate in distinti atti contrattuali. In particolare, si sottoscrive un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 57 CCII (ex art.182-bis l.f.) coinvolgendo la banca e i principali fornitori, che rappresentano l’85% dei crediti finanziari e commerciali totali. L’accordo prevede tutti i termini concordati (piani di pagamento, stralci, nuovi apporti). Per darle efficacia anche verso eventuali creditori dissenzienti minori, Alfa S.r.l. decide di depositare l’accordo in tribunale per l’omologazione. Essendo state raccolte le adesioni di oltre il 60% dei crediti, l’accordo di ristrutturazione viene omologato senza difficoltà dal Tribunale di Firenze nel settembre 2025, estendendo gli effetti anche ai pochi fornitori che non avevano firmato (ai sensi delle norme sulla cram down minore, introdotte anch’esse dal correttivo 2022). Parallelamente, la transazione fiscale viene recepita nell’accordo e ottiene l’assenso formale dell’Agenzia Entrate in sede di omologa.

L’esperto B conclude il suo incarico redigendo la relazione finale in cui dichiara che la composizione si è conclusa con successo con la sottoscrizione degli accordi che risolvono la crisi. Entro i 180 giorni previsti, quindi, Alfa S.r.l. ha “virato” dalla procedura negoziata informale a uno strumento di regolazione della crisi omologato. L’azienda ora può concentrarsi sull’esecuzione del piano: grazie al nuovo socio e alla fiducia ristabilita con i creditori, torna gradualmente in bonis. I vantaggi per Alfa S.r.l. sono evidenti: ha evitato il fallimento o un lungo concordato preventivo, ha ottenuto nuova finanza e tagli del debito (incluso fiscale) che in un fallimento sarebbero stati incerti, il tutto in modo relativamente rapido (meno di un anno). I creditori, dal canto loro, pur avendo concesso dilazioni e sacrifici, confidano di recuperare più di quanto avrebbero ottenuto da una liquidazione forzosa. L’esperto, avendo contribuito attivamente alla conclusione degli accordi, matura il diritto al compenso con bonus e termina la propria funzione. La composizione negoziata in questo caso ha funzionato come volano per arrivare a un accordo omologato: senza di essa, probabilmente l’azienda non avrebbe avuto la protezione e la regia necessarie per comporre gli interessi in gioco.

Caso pratico 2: Grande impresa (gruppo) in crisi

Scenario: Beta S.p.A. è la capogruppo di un grande gruppo industriale (settore metalmeccanico) composto da 3 società operative, con un totale di 500 dipendenti. Negli ultimi anni il gruppo Beta ha subito perdite per la contrazione del mercato auto e si trova in una situazione di pre-insolvenza: debiti finanziari per 50 milioni € con varie banche (anche internazionali), debiti verso fornitori per 30 milioni, un bond da 10 milioni collocato presso investitori qualificati, oltre a debiti fiscali e contributivi significativi. Beta S.p.A. ha beni immobili e linee produttive che potrebbero interessare concorrenti esteri. La crisi è grave: senza interventi, alcune società del gruppo diverrebbero insolventi entro pochi mesi. Data la dimensione, Beta rientrerebbe nei requisiti per l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (Legge Marzano), ma i vertici del gruppo preferiscono tentare una soluzione di mercato mediante composizione negoziata, temendo che l’amministrazione straordinaria – con la gestione commissariale – possa svalutare gli asset o portare allo smembramento del gruppo. Scegliendo la composizione negoziata, Beta S.p.A. mantiene l’iniziativa in mano e può negoziare con i creditori strategici un piano di ristrutturazione magari più flessibile.

Accesso unitario di gruppo: Nell’ottobre 2024 il gruppo Beta presenta una domanda congiunta di composizione negoziata per Beta S.p.A. e per due controllate principali (Beta1 e Beta2 S.r.l.). Grazie alla disciplina introdotta dal CCII (artt. 40 e 25 CCII), è possibile avviare un “procedimento unitario” per il gruppo: la Commissione nomina infatti un unico esperto indipendente per tutte e tre le società, data l’interconnessione delle loro posizioni. Viene scelto il prof. T, un advisor aziendale con esperienza internazionale, vista la complessità della situazione. Il prof. T accetta l’incarico e inizia a operare su scala di gruppo, esaminando i bilanci consolidati e le relazioni infragruppo.

Misure protettive “a raggiera”: Considerata la mole di creditori e il rischio immediato di azioni esecutive (alcune banche minacciano di escutere pegni su magazzino e crediti commerciali, e taluni fornitori stanno per interrompere forniture cruciali), Beta S.p.A. richiede subito misure protettive. Il Tribunale competente (Milano, sezione imprese) emette un decreto che estende la protezione a tutte le società del gruppo coinvolte, sospendendo azioni esecutive e vietando nuove garanzie su beni di tutte e tre le società. In aggiunta, su istanza specifica, il tribunale ingiunge alle banche finanziatrici di mantenere provvisoriamente le linee di credito e scoperti di conto, senza revocarli per il solo fatto dell’apertura della procedura (richiamando la nuova norma dell’art. 18 CCII). Viene anche ordinato alle banche di non segnalare le società come in default nelle centrali rischi, visto l’impegno negoziale in corso. Questa “ombrello protettivo” erga omnes consente al gruppo Beta di continuare l’attività operativa (pagando per cassa le forniture correnti essenziali, grazie a un po’ di liquidità residua) e di evitare il tracollo immediato.

Un elemento peculiare è che uno dei soci di minoranza di Beta1 S.r.l., inizialmente scettico, minaccia di rivolgersi al Ministero per chiedere l’amministrazione straordinaria del gruppo (essendo i parametri di legge soddisfatti). Su consiglio dell’esperto, la capogruppo Beta S.p.A. cerca di coinvolgerlo nelle trattative come stakeholder, ma nel contempo, memore del precedente milanese, sa che il tribunale non potrebbe impedirgli di intraprendere quell’azione. Fortunatamente il socio, vedendo l’approccio costruttivo, sospende l’intento in attesa degli sviluppi negoziali.

Gestione delle trattative complesse: L’esperto prof. T convoca una serie di riunioni separate per categorie di creditori, data l’eterogeneità: banche (ci sono 5 banche principali che formano un pool con garanzie comuni), fornitori strategici (una decina, la cui continuità di fornitura è vitale), bondholders (rappresentati da un agente) e enti pubblici (Agenzia Entrate e Inps). Prepara un piano di risanamento di gruppo da usare come base di discussione: il piano prevede la dismissione di Beta2 S.r.l. (vendita a un investitore estero interessato al suo stabilimento), la continuazione delle attività core in Beta S.p.A. e Beta1 S.r.l. con iniezione di nuova finanza, e la ristrutturazione del debito finanziario mediante conversione parziale in strumenti partecipativi. In particolare, propone alle banche un accordo di ristrutturazione in cui: 1) il 50% dell’esposizione complessiva sarà rimborsato in 6 anni, 2) un 30% sarà convertito in strumenti finanziari partecipativi (warrant o quote di partecipazione al capitale futuro) delle società risanande, 3) il restante 20% sarà stralciato. Il bond da 10 milioni subirebbe un haircut simile (20%) e la parte restante verrebbe convertita in equity di Beta S.p.A., facendo entrare i bondholder nel capitale. Sul fronte industriale, il piano ipotizza la cessione di un ramo d’azienda di Beta S.p.A. (relativo alla produzione di componenti x) a un investitore strategico internazionale, con contestuale assorbimento di 200 dipendenti su 300 in organico – quindi un’operazione di continuità indiretta per quella parte di business, come auspicato per salvaguardare l’occupazione (questo scenario è simile a quanto prospettato nell’ordinanza Trib. Venezia citata). Le società residue ridurrebbero la capacità produttiva, ma su linee più redditizie.

Il coinvolgimento del partner industriale per la cessione del ramo è cruciale: l’esperto T organizza un processo competitivo rapido, invitando 3 potenziali interessati a presentare offerte (applicando il principio di competitività previsto dal Protocollo ministeriale e art. 23 CCII). Viene selezionata un’offerta vincolante dalla società Gamma GmbH, che però condiziona l’acquisto al fatto che il gruppo Beta definisca la propria posizione debitoria (cioè serve che banche e creditori approvino il piano di ristrutturazione globale). Questo crea un effetto leva nelle trattative: l’esperto può presentare ai creditori finanziari un potenziale acquirente già individuato, rendendo il piano più credibile (c’è liquidità in arrivo dalla vendita del ramo per, diciamo, 15 milioni €, da destinare pro-quota ai creditori).

Dopo lunghe e delicate negoziazioni, mediando tra interessi divergenti (le banche inizialmente volevano un haircut minore, i bondholder chiedevano azioni Beta in cambio, i fornitori volevano garanzie sulla continuità del gruppo per continuare a rifornire), l’esperto riesce a far convergere i principali attori su uno schema di ristrutturazione concordato. I punti salienti dell’accordo finale di massima sono: le banche accettano il concordato misto (parte cash, parte equity, parte stralcio) con garanzia che se il gruppo tornasse profittevole potranno beneficiare dell’equity upside; i bondholder convertono 100% del credito in azioni Beta S.p.A. (diventando soci di minoranza al 15%); l’Agenzia Entrate aderisce a una transazione fiscale con pagamento del 70% dei debiti tributari e dilazione 5 anni (vista la presenza di un investitore e un piano robusto); l’INPS acconsente a rateazioni sui contributi insoluti ma senza falcidia (non possibile in questa sede). I fornitori strategici ottengono il pagamento integrale dei crediti pregressi ma spalmato in 24 mesi successivi, e soprattutto ottengono la conferma dei contratti di fornitura per i prossimi 3 anni (così continueranno a fare affari col gruppo risanato). Contestualmente, il partner Gamma GmbH firma un preliminare di acquisto per il ramo d’azienda e l’immobile di Beta S.p.A., impegnandosi ad assumere 200 lavoratori: l’operazione avverrà nell’ambito di un concordato preventivo o altra procedura formale, ma con prezzo e condizioni già fissate, sospensivamente condizionate all’omologa di un piano di ristrutturazione del gruppo.

Esito e passaggio alla fase formale: Raggiunta l’intesa quadro, l’esperto T redige la sua relazione finale segnalando che le trattative hanno condotto a una soluzione idonea al superamento della crisi di Beta. La composizione negoziata si chiude dopo circa 8 mesi (è stata necessaria una proroga dell’incarico oltre i 180 giorni iniziali, concessa dal tribunale in quanto erano pendenti le autorizzazioni per la cessione del ramo e la definizione di accordi complessi). A questo punto, il gruppo Beta – con l’assistenza degli stessi professionisti – prosegue il percorso in sede giudiziale: presenta un concordato preventivo di gruppo (con piano unitario e classi di creditori per ogni società) oppure distinti accordi di ristrutturazione dei debiti per ciascuna società, coerenti tra loro. Supponiamo che opti per accordi di ristrutturazione omologati: Beta S.p.A. deposita un accordo ex art. 61 CCII con le banche (che rappresentano l’80% dei crediti finanziari) e i bondholder, Beta1 S.r.l. un accordo con fornitori e Fisco, Beta2 S.r.l. un concordato “in bianco” per vendere in continuità l’azienda all’investitore Gamma (che poi sarà risolta fuori dal gruppo). Il tribunale competente (Milano) esamina contestualmente queste procedure coordinate. Grazie al lavoro preparatorio svolto in composizione negoziata, il tribunale può omologare gli accordi senza particolare opposizione (i creditori minori dissenzienti vengono comunque soddisfatti almeno al livello del 40%, soglia di legge, e non hanno convenienza a opporsi). L’operazione di cessione a Gamma viene autorizzata e perfezionata subito dopo l’omologa, generando gli incassi che alimentano il piano.

Alla fine del 2025, il gruppo Beta risanato emerge con una nuova struttura: Beta S.p.A. e Beta1 S.r.l. continuano l’attività, più snelle, controllate ora in parte dalle banche e bondholder divenuti azionisti (l’imprenditore originario ha perso la maggioranza ma ha comunque salvato l’azienda); Beta2 S.r.l. viene liquidata dopo aver ceduto i suoi asset. I debiti finanziari sono stati drasticamente ridotti e ristrutturati; i dipendenti in esubero (circa 100) purtroppo hanno perso il posto ma possono accedere all’ammortizzatore previsto (NASPI o CIGS), mentre 200 sono transitati al nuovo investitore e altri 200 restano in Beta. In complesso, l’occupazione è stata in buona parte salvaguardata – uno degli obiettivi principali dichiarati anche dal tribunale nel confermare le misure protettive.

Considerazioni: In questo caso, la composizione negoziata è servita come tavolo di concertazione protetto e flessibile per una crisi complessa che coinvolgeva molti attori e procedure potenzialmente molto costose (si pensi al confronto con un’amministrazione straordinaria pluriennale, con intervento pubblico). Grazie all’opera di un esperto abituato a crisi internazionali, il gruppo Beta ha potuto negoziare soluzioni innovative (conversione debito-equity, cessione rami, coinvolgimento di investitori) senza la formalità rigida di un tribunale sino a risultato raggiunto. Solo a quel punto si è passati davanti al giudice per cristallizzare gli accordi. I creditori finanziari in questo scenario hanno accettato sacrifici più complessi (diventare soci) ma l’alternativa sarebbe stata probabilmente peggiore (in A.S. avrebbero recuperato pochissimo, magari dopo anni). L’Erario ottiene un pagamento parziale ma in tempi certi. I tempi totali – circa 1,5 anni tra fase negoziale e omologhe – sono relativamente brevi rispetto alla dimensione della crisi (merito della preparazione in composizione, che ha ridotto le lungaggini del contenzioso). Non sono mancate le difficoltà: costi consulenziali elevati, necessità di gestire la comunicazione alla stampa e ai sindacati (nel corso della procedura, il gruppo Beta ha dovuto informare le rappresentanze dei lavoratori del piano di esuberi; il confronto sindacale è avvenuto parallelamente, con qualche tensione, ma l’esperto ha suggerito all’azienda di avviare subito un dialogo sociale per ridurre opposizioni). Alla fine, il caso Beta dimostra come la composizione negoziata possa funzionare anche per grandi imprese in alternativa ad altre procedure, a patto di avere presupposti di risanabilità, la collaborazione dei creditori maggiori e un esperto capace di tenere insieme i fili di una trattativa multipla.

Tabelle riepilogative

Di seguito vengono presentate alcune tabelle riassuntive che sintetizzano aspetti chiave della composizione negoziata aggiornata al 2025: gli adempimenti procedurali fase per fase, i vantaggi e svantaggi rispetto ad altri strumenti di gestione della crisi, le tempistiche principali della procedura e gli attori coinvolti con i relativi ruoli.

Adempimenti procedurali nella composizione negoziata

Fase / AdempimentoDescrizione e modalità
Presentazione dell’istanza (Giorno 0)L’imprenditore presenta domanda tramite la piattaforma telematica della CCIAA competente. Occorre allegare i documenti previsti dall’art. 17 CCII: ultimi bilanci, situazione aggiornata, elenco creditori e debiti, business plan preliminare, elenco immobili e partecipazioni, etc. Inoltre va allegata la certificazione dei debiti fiscali e contributivi (Agenzia Entrate, Agente Riscossione, INPS). Semplificazione: per le istanze fino al 31/12/2024 è possibile allegare una dichiarazione di avvenuta richiesta dei certificati (almeno 10 gg prima) anziché i certificati stessi. L’istanza contiene la dichiarazione di accettare la composizione e che si tratta di situazione di squilibrio suscettibile di risanamento.
Nomina dell’esperto (+5 giorni ca.)Entro pochi giorni dalla ricezione, la Commissione presso la CCIAA esamina l’istanza e nomina un esperto indipendente scelto dall’elenco nazionale degli esperti (tenuto da Unioncamere). La nomina viene comunicata immediatamente all’esperto e all’imprenditore. L’esperto deve dichiarare entro 2 giorni l’accettazione dell’incarico, dopo aver verificato la propria indipendenza e competenza rispetto al caso. Se l’esperto ricusa per conflitto o altro, la Commissione nomina un supplente.
Primo contatto e piano di risanamento (+7-10 giorni)Accettato l’incarico, l’esperto prende contatto con l’imprenditore e verifica rapidamente la situazione. Convoca un incontro iniziale (anche da remoto sulla piattaforma) con l’imprenditore e gli advisor. In tale sede si analizzano le cause della crisi e si delineano possibili strategie di risanamento. L’imprenditore deve fornire ogni informazione e aggiornare (se necessario) il piano presentato. L’esperto può utilizzare strumenti di diagnosi (check-list finanziarie) per valutare se esistono concrete prospettive di risanamento. Se subito appare che non vi sia alcuna chance (es. patrimonio negativo e attività ferma), l’esperto può segnalarlo e la procedura potrebbe chiudersi anticipatamente per assenza di prospettive. In caso contrario, si prosegue.
Richiesta di misure protettive (opzionale) (entro i primi giorni)Se necessario, l’imprenditore può presentare al tribunale un ricorso per misure protettive e/o cautelari (art. 18 CCII) sin dalla presentazione dell’istanza o anche dopo, con il supporto dell’esperto. Le misure protettive tipiche sono: sospensione o divieto di iniziare azioni esecutive e cautelari sul patrimonio, divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione su crediti anteriori, e congelamento delle obbligazioni contrattuali (salvo pagamento corrente dei fornitori strategici). Il tribunale, ricevuta l’istanza con la documentazione e una dichiarazione motivata dell’esperto sulla necessità delle misure e sulla sussistenza di prospettive di risanamento, emette decreto immediato di concessione provvisoria (entro max 10 gg). Entro 30 giorni tiene udienza di conferma con eventuale contraddittorio con i creditori e decide sulla conferma delle misure fino a 180 giorni. Le misure confermate sono pubblicate nel registro imprese e hanno effetto erga omnes. Novità: Il tribunale può anche concedere misure cautelari specifiche (ex art. 669-quater c.p.c.) per integrare la tutela, ad es. inibire una banca dal revocare affidamenti o dal segnalare a Centrale Rischi. Durante le misure protettive, opera il divieto per le banche di revocare o ridurre le linee di credito esistenti (salvo casi di vigilanza prudenziale).
Svolgimento delle trattative (entro 180 giorni)L’esperto, in accordo con l’imprenditore, predispone un calendario di incontri con i creditori (collettivi o individuali). Il cuore della composizione è la negoziazione: l’esperto facilita il dialogo, propone soluzioni equilibrate, mantiene la riservatezza delle informazioni (i creditori coinvolti devono firmare accordi di riservatezza). L’imprenditore continua a gestire l’impresa durante questo periodo (sotto obbligo di corretta amministrazione senza aggravare il dissesto). Se necessario, l’esperto può aggiornare la lista dei creditori e la situazione ogni 30 giorni sulla piattaforma. Egli può anche consultare, previo consenso dell’imprenditore, terzi potenzialmente interessati (es. investitori, nuovi finanziatori) e coinvolgerli nelle trattative. Tutti i soggetti devono agire in buona fede: comportamenti ostruzionistici possono essere segnalati dall’esperto nella relazione finale. Durante le trattative, l’imprenditore può compiere atti di ordinaria amministrazione liberamente; per atti straordinari (es. cessione di beni rilevanti, accensione di nuovi finanziamenti, pegni/mutui), se servono al piano, deve chiedere l’autorizzazione al tribunale ex art. 22 CCII. Il tribunale valuta l’utilità dell’atto e può autorizzare (eventualmente imponendo condizioni) – gli atti autorizzati godono di esenzione da revocatoria fallimentare. È anche possibile ottenere autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili: nuovi crediti che, se si aprirà poi un fallimento o concordato, verranno rimborsati con precedenza. Verso la scadenza dei 180 giorni, l’esperto forma una valutazione conclusiva: se intravede un accordo vicino, lo favorisce; se constata l’impossibilità di soluzione, ne prende atto.
Proroga (eventuale) (+ ulteriori 180 giorni)Se allo scadere dei 180 giorni le trattative sono in corso ma non concluse, si può ottenere una proroga. Il D.Lgs. 136/2024 ha reso più flessibile la proroga: basta la richiesta motivata dell’imprenditore oppure di una o più parti in trattativa (non serve più il consenso unanime di tutti i creditori) e devono sussistere il consenso dell’esperto e concrete prospettive di risanamento ancora presenti. Inoltre la proroga è automatica se vi sono procedimenti pendenti relativi a misure protettive o autorizzative. L’esperto comunica la proroga via piattaforma e notifica ai creditori e al tribunale. La durata massima complessiva della procedura negoziata diventa dunque 360 giorni circa. Oltre tale termine, salvo casi eccezionali, l’incarico dell’esperto si considera concluso.
Esito e chiusura della composizioneLa composizione negoziata può concludersi in diversi modi: Esito positivo – accordo di risanamento: le trattative producono uno o più accordi con i creditori, tali da ripristinare l’equilibrio aziendale. Può trattarsi di accordi stragiudiziali privati (ad es. contratti bilaterali di ristrutturazione del debito, convenzioni di moratoria ex art.62 CCII) oppure di accordi che avranno effetti tipici di procedure concorsuali (accordo in efficacia 166, co.3, lett.d e 324 CCII, cioè accordi che preludono a futuri concordati preventivi o accordi omologati). Se il debitore intende dare esecuzione vincolante erga omnes, può depositare un accordo di ristrutturazione dei debiti per l’omologazione o un’istanza di concordato preventivo con il piano concordato coi creditori (spesso concordato in continuità). L’esperto redige una relazione finale positiva attestando che è stata individuata una soluzione adeguata alla crisi, e la composizione negoziata si chiude. Da qui in poi l’eventuale procedura formale segue il suo corso (il tribunale omologa l’accordo ex art. 48 CCII o ammette il concordato ex art. 44 CCII). In alternativa, se tutti i creditori sono soddisfatti da accordi stragiudiziali privati, non occorre nemmeno passare dal tribunale: la composizione si chiude e l’impresa prosegue la gestione adempiendo gli accordi.Esito negativo – nessun accordo: se l’esperto riscontra che non è stato possibile raggiungere una soluzione, chiude l’incarico redigendo una relazione in cui descrive le ragioni del mancato accordo. La procedura termina senza un piano di risanamento. In tal caso, il legislatore ha previsto un possibile “piano B”: entro 60 giorni dalla chiusura, l’imprenditore può presentare domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII). Questa è una procedura concorsuale veloce in cui l’azienda viene liquidata sotto controllo del tribunale, senza voto dei creditori ma con distribuzione del ricavato secondo le priorità di legge. Il concordato semplificato è riservato solo a chi ha tentato la composizione negoziata senza successo e richiede che l’esperto abbia dichiarato che non vi erano soluzioni in continuità percorribili. Se nemmeno il concordato semplificato viene attivato o se vi sono istanze di fallimento pendenti, l’epilogo potrebbe essere l’apertura della liquidazione giudiziale (fallimento) dell’impresa su istanza di creditori o d’ufficio. In alcuni casi di esito negativo, comunque, l’impresa potrebbe tentare di ottenere un accordo stragiudiziale con i creditori fuori dal perimetro della composizione (ad es. un piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII), ma senza le protezioni della procedura. In entrambi i casi, l’esperto trasmette la relazione finale agli organi competenti (tribunale se ci sono misure protettive, e Camera di Commercio) e cessa la propria funzione.

Vantaggi e svantaggi della composizione negoziata (rispetto ad altre soluzioni)

Vantaggi della composizione negoziataSvantaggi e limiti della composizione negoziata
Prevenzione precoce: Consente di intervenire prima che la crisi diventi insolvenza conclamata, sfruttando il fattore tempo per salvare l’azienda. – Procedura volontaria e flessibile: L’imprenditore mantiene il controllo della gestione, senza gli oneri di una procedura concorsuale formale (niente commissari o curatori). Le soluzioni negoziate possono essere creative e adattate al caso concreto, senza dover rientrare rigidamente in uno schema legale unico (come il concordato preventivo). – Riservatezza e minor stigmatizzazione: La composizione negoziata è riservata: la domanda non è pubblica (salvo misure protettive visibili nel registro imprese). Ciò riduce il danno reputazionale rispetto a un fallimento o concordato pubblico. Anche i rapporti commerciali possono proseguire con maggiore fiducia se si sa che è in corso un tentativo di risanamento assistito. – Misure protettive efficaci: L’impresa può ottenere dal tribunale una sorta di ombrello protettivo simile all’automatic stay del Chapter 11, bloccando esecuzioni e azioni individuali dei creditori. Questo dà respiro e impedisce il depauperamento del patrimonio durante le trattative. Inoltre, dopo la riforma 2024, i creditori finanziari non possono revocare affidamenti o sconfinamenti per il solo fatto della procedura, preservando la liquidità aziendale. – Costi contenuti (relativamente): Non vi sono spese di giustizia rilevanti né organi giudiziari permanenti da mantenere (come il commissario nel concordato). Il costo principale è il compenso dell’esperto e degli advisor, generalmente inferiore a quello di una lunga procedura concorsuale. Lo stesso esperto è incentivato a chiudere in tempi brevi (massimo ~6-12 mesi). – Possibilità di ottenere nuova finanza e preservare contratti: In composizione negoziata l’impresa può, con autorizzazione del tribunale, contrarre nuovi finanziamenti prededucibili e continuare contratti essenziali senza il rischio di risoluzione per insolvenza (a differenza del concordato, qui l’insolvenza non è dichiarata). Ciò facilita la continuità operativa e l’attuazione di azioni di risanamento immediate. – Esito modulare e reversibile: La composizione negoziata non “ingessa” l’azienda in una procedura lunga: se le trattative portano frutto, si può incanalare la soluzione in accordi omologati o concordato preventivo (il passaggio è abbastanza rapido perché gran parte del lavoro è già fatto in sede negoziale). Se invece non funziona, l’impresa può comunque ripiegare su altre soluzioni (concordato semplificato, concordato pieno, liquidazione) senza aver aggravato troppo la situazione nel frattempo.Necessità di consenso dei creditori: Il punto debole è che la composizione negoziata, di per sé, non può imporre ai creditori dissenzienti un accordo. Tutto si basa sull’adesione volontaria. Se uno o più creditori chiave rifiutano di collaborare, l’accordo non si fa. Questo a differenza del concordato o dell’accordo omologato, dove una volta approvati/omologati sono cram down per i dissenzienti. In composizione negoziata, senza sbocco in un’omologazione, i patti rimangono solo tra chi li sottoscrive. – Tutele temporanee e non definitive: Le misure protettive bloccano temporaneamente le azioni dei creditori, ma sono a tempo determinato (massimo la durata della procedura). Se la negoziazione fallisce, i creditori possono riprendere le azioni (salvo che si passi a un’altra procedura concorsuale). Dunque la protezione è fragile se non conduce a un accordo sostanziale in tempi brevi. – Assenza di effetti immediatamente esecutivi: Un accordo raggiunto in composizione negoziata, se resta stragiudiziale, non beneficia delle esenzioni da revocatoria (salvo autorizzazioni specifiche ex art.22) né di altre prerogative tipiche delle procedure concorsuali (es. scioglimento di contratti onerosi su autorizzazione, vendita di beni liberi da vincoli, ecc.). Per rendere definitivo l’accordo spesso serve comunque un passaggio in tribunale (omologa accordo o concordato), vanificando in parte la riservatezza iniziale. – Affidamento sulla buona fede delle parti: Il successo dipende dalla collaborazione leale di tutti. Un creditore può partecipare alle trattative solo per guadagnare tempo e poi agire in modo opportunistico allo scadere delle protezioni. Oppure l’imprenditore stesso potrebbe abusare dello strumento per rinviare l’inevitabile (sebbene la legge cerchi di evitarlo con cause di inammissibilità e con la vigilanza dell’esperto). In ogni caso, manca l’autorità forte di un giudice che stabilisca regole vincolanti durante il negoziato (al di là delle protezioni passive). – Non adatta a casi di dissesto conclamato: Se l’impresa è ampiamente insolvente e priva di prospettive di risanamento (es. debiti sproporzionati rispetto a qualsiasi ipotesi di recupero), la composizione negoziata non è lo strumento adatto. In tali casi è solo una perdita di tempo e porta inevitabilmente al fallimento, aggravando il dissesto nel frattempo (ad esempio generando ulteriori debiti verso fornitori non pagati che confidavano nel risanamento). Infatti l’esperto ha il dovere etico di segnalare subito l’assenza di prospettive e far terminare la procedura. – Esito in concordato semplificato = nessun voto creditori: Se la composizione fallisce e si passa al concordato semplificato, i creditori si trovano di fronte a una procedura liquidatoria decisa dal debitore e autorizzata dal tribunale, senza poter votare il piano. Ciò può generare insoddisfazione e contenziosi (creditori che contestano l’omologa). Certo, è un effetto collaterale più che uno svantaggio diretto della composizione, ma rientra negli sviluppi possibili. – Costi professionali comunque presenti: Sebbene meno costosa di un lungo concordato, la composizione negoziata richiede comunque l’intervento di professionisti qualificati (esperto, legali, consulenti aziendali per piano, eventuali periti) e il pagamento del compenso all’esperto (a carico dell’impresa). Ciò può gravare sulle casse già stremate dell’impresa in crisi, specie se la procedura si protrae e ancor più se poi non ha esito (in tal caso i costi sostenuti peggiorano l’insolvenza). Il correttivo ha introdotto parametri di compenso per evitare eccessi, ma l’onere rimane. – Interferenza con stakeholder non creditori: La composizione negoziata non coinvolge formalmente i soci (se non su base volontaria) né altri stakeholder come dipendenti o clienti se non indirettamente. In crisi complesse, però, queste categorie possono influire: ad es. i dipendenti possono temere per il lavoro e creare pressioni (scioperi, clamore mediatico), i soci possono opporsi a diluire le proprie quote in un aumento di capitale. Lo strumento in sé non fornisce mezzi per “forzare” contributi dei soci (come invece un concordato può cramdown sulle loro pretese residue) né per gestire conflitti sindacali. Pertanto, in certe situazioni multi-stakeholder, può servire comunque l’intervento di altre procedure o accordi paralleli.

Tempistiche procedurali aggiornate

Legenda: i termini sono indicativi e possono variare caso per caso. I giorni sono da intendersi calendario, salvo diversa indicazione (dove specificato “lavorativi”). Le scadenze in composizione negoziata sono flessibili, ma esistono riferimenti temporali massimi derivanti dalla legge o dalla prassi.

Evento / AttivitàTermine / Durata
Nomina esperto da parte della CommissioneEntro 5 giorni lavorativi dalla ricezione dell’istanza.
Accettazione incarico da parte dell’espertoEntro 2 giorni lavorativi dalla comunicazione della nomina.
Incontro iniziale imprenditore-espertoIndicativamente entro 7-10 giorni dall’accettazione (prassi).
Richiesta misure protettive (facoltativa)Può essere presentata contestualmente all’istanza o in qualsiasi momento delle trattative. Se presentata subito, il tribunale emette decreto inaudita parte in ca. 5-10 giorni. Udienza di conferma entro 30 giorni dal decreto. La durata massima delle misure protettive confermate è 120 giorni rinnovabili fino a 180 (in pratica vengono concesse fino alla scadenza della procedura).
Fase di trattativeFino a 180 giorni dall’accettazione dell’esperto (durata ordinaria).
Proroga della durata (se accordata)Ulteriori 180 giorni al massimo (durata totale max ~12 mesi). La proroga va richiesta prima della scadenza dei 180 gg iniziali e concessa dal tribunale su ricorso di parte o dell’esperto.
Relazione finale esperto e chiusura proceduraEntro la scadenza del termine (180 gg, o 360 se proroga). L’esperto carica la relazione sulla piattaforma e la notifica al tribunale (se vi erano misure prot.) e all’OCRI (Organismo di composizione della crisi) se istituito. La chiusura viene iscritta al registro imprese.
Deposito accordo di ristrutturazione o concordato (se deciso)Entro 60 giorni dalla chiusura della composizione, per beneficiare ancora della prededuzione di eventuali finanziamenti autorizzati durante la composizione e di altri effetti di collegamento (in particolare, entro 60 gg il debitore può presentare il concordato semplificato). 60 giorni è infatti il termine per proporre il concordato semplificato post-composizione. Per accordi di ristrutturazione o concordati ordinari non c’è un termine rigido, ma si tende a depositare subito per non perdere slancio e perché eventuali misure protettive restino efficaci sino al deposito (se presentato ricorso ex art. 19 co.2 CCII per estenderle fino all’omologa).

Attori coinvolti e loro ruoli nella composizione negoziata

AttoreRuolo e compiti principali
Imprenditore (debitore)È il protagonista e promotore della procedura (l’accesso è volontario e può chiederlo solo l’imprenditore, non i creditori). Ha il compito di predisporre l’istanza iniziale con tutti i documenti richiesti e di dichiarare la propria situazione di crisi. Durante la composizione negoziata, egli mantiene la gestione ordinaria dell’impresa e continua l’attività sotto la propria responsabilità. Deve però cooperare lealmente con l’esperto, fornendo tutte le informazioni e i chiarimenti richiesti e aggiornando costantemente i dati aziendali sulla piattaforma. Ha l’onere di formulare proposte di risanamento ai creditori, eventualmente con l’ausilio dell’esperto e dei propri consulenti (avvocati, commercialisti). Spetta all’imprenditore la decisione finale su quali accordi concludere. Egli può chiedere al tribunale le misure protettive (tramite legale) e, in caso di esito negativo, valutare il ricorso a concordato semplificato o altre procedure. In sintesi, l’imprenditore resta “alla guida” ma con obblighi di trasparenza e correttezza: se occulta informazioni o compie atti in frode (es. distrazione di beni durante la composizione), l’esperto lo segnalerà e ciò potrà pregiudicare l’accesso a future procedure o configurare reati.
Esperto indipendenteÈ la figura terza e imparziale nominata per condurre le trattative. Deve essere un professionista con esperienza in risanamenti (iscritto all’elenco nazionale). Compiti: Esaminare la situazione economico-patrimoniale dell’impresa e valutarne la risanabilità (all’inizio e durante il procedimento);Fungere da facilitatore nelle trattative: convoca le parti, propone soluzioni di compromesso, mantiene la fiducia reciproca, facendo da “mediatore” esperto in materia aziendale. Può redigere egli stesso bozze di accordo o piani di risanamento da sottoporre alle parti.Monitorare il comportamento delle parti: deve assicurarsi che sia l’imprenditore che i creditori negozino in buona fede. Se riscontra ostacoli o ostruzionismi, cerca di superarli e può farne menzione nella relazione finale.Attestare determinati requisiti: ad esempio, rilascia la dichiarazione di presenza delle prospettive di risanamento per ottenere misure protettive; nella relazione finale attesta se è stato individuato o meno un sbocco risolutivo. Può anche essere chiamato ad attestare la veridicità dei dati qualora poi si presenti un accordo di ristrutturazione o un concordato (in tal caso spesso l’esperto negoziatore funge da attestatore, se ne ha i requisiti).Cura adempimenti di comunicazione: es. inserisce gli avanzamenti sulla piattaforma, notifica l’eventuale proroga al giudice, redige e trasmette la relazione finale agli organi competenti. L’esperto non ha poteri autoritativi: non può imporre decisioni all’imprenditore né ai creditori. La sua efficacia dipende dall’autorevolezza e dalla capacità di persuasione. È tenuto alla riservatezza sulle informazioni ricevute. Agisce con imparzialità verso tutte le parti (non rappresenta gli interessi del debitore né dei creditori). Ha diritto a un compenso a carico del debitore, determinato in base alla difficoltà e all’esito (con possibilità di aumento fino al doppio in caso di successo grazie al suo operato).
Commissione di nomina (istituita presso la CCIAA)È un organo formato tipicamente da tre membri (un magistrato designato dal presidente del tribunale, un rappresentante della Camera di Commercio, un rappresentante del sistema associativo professionale) previsto dal D.L. 118/2021 e ora dall’art. 13 CCII. Il suo ruolo è selezionare e designare l’esperto appropriato per la composizione negoziata, attingendo dall’Elenco unico nazionale in base a criteri di competenza ed esperienza nel settore dell’impresa in crisi. Deve anche verificare l’assenza di conflitti di interesse tra esperto e impresa. La Commissione opera in tempi rapidi (entro 5 giorni dalla domanda) e notifica la nomina. In caso di rinuncia dell’esperto, provvede a una nuova nomina. Esaurito questo compito, la Commissione non interviene oltre nel merito della singola procedura (non supervisiona le trattative). Tuttavia, in senso lato, la Commissione e Unioncamere vigilano sul funzionamento generale dello strumento, occupandosi della formazione degli esperti e raccogliendo statistiche sugli esiti (Osservatorio).
Tribunale (sezione specializzata in crisi d’impresa)L’autorità giudiziaria non è parte attiva della composizione negoziata, che resta un percorso stragiudiziale. Tuttavia, il tribunale ha alcuni compiti a richiesta delle parti: Decide sull’ammissione ed efficacia delle misure protettive: esamina il ricorso del debitore, può concedere subito le misure e poi confermarle/modificarle/revocarle all’udienza. In tale ambito valuta sommariamente la fattibilità del risanamento (fumus) e l’urgenza (periculum), spesso basandosi sulle attestazioni dell’esperto. Può altresì emettere provvedimenti cautelari peculiari per garantire l’esito delle trattative (come visto per banche e garanzie).Concede, su istanza del debitore e parere dell’esperto, le autorizzazioni ex art. 22 CCII: per atti di straordinaria amministrazione, per finanziamenti prededucibili, per pagamento di crediti pregressi strategici, o per scioglimento/sospensione di contratti in corso (misura introdotta dal correttivo 2022). In pratica, svolge un ruolo di controllo simile a quello svolto nel concordato, ma circoscritto agli atti per cui è richiesto intervento.Riceve dall’esperto comunicazione di eventuale proroga dell’incarico oltre 180 gg (a fini informativi e per annotazione Registro imprese).In caso di esito negativo, se l’imprenditore deposita concordato semplificato, il tribunale sarà chiamato a valutarne l’ammissibilità e poi ad omologarlo (qui con un controllo più penetrante, simile a un giudizio di merito sulla convenienza per i creditori). Oppure, se nel frattempo un creditore ha chiesto il fallimento, il tribunale – esaurita la composizione – deciderà su tale istanza. In sintesi, il tribunale ha un ruolo di garanzia e supporto: non gestisce la procedura ma interviene su input delle parti per fornire la cornice giuridica protettiva. Le sue decisioni sono in forma di decreto motivato, reclamabile (salvo che per concordato semplificato dove è decreto soggetto a reclamo in Corte d’Appello). Da notare che per queste funzioni spesso vengono delegati giudici delle sezioni specializzate impresa o fallimentari.
CreditoriI creditori (finanziari, commerciali, fiscali, previdenziali, etc.) sono i destinatari delle trattative. Il loro ruolo chiave è valutare e aderire o meno alle proposte di ristrutturazione. Diritti e doveri: Non sono obbligati per legge a partecipare, ma le norme e la prassi enfatizzano un dovere di collaborazione attiva: devono presentarsi agli incontri convocati, esaminare le informazioni fornite e negoziare in buona fede soluzioni che massimizzino la soddisfazione dei loro crediti rispetto all’alternativa liquidatoria. Un rifiuto irragionevole potrebbe in teoria configurare abuso di diritto (specie per creditori pubblici, chiamati all’obbligo di motivazione del diniego).Durante la composizione, se il tribunale ha concesso misure protettive, i creditori devono astenersi dal iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, pena nullità degli atti. Devono anche rispettare l’eventuale inibitoria a non revocare fidi o a non interrompere forniture essenziali. Hanno però diritto di difendersi all’udienza di conferma misure se ritengono insussistenti i presupposti.I creditori pubblici (Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione, INPS) partecipano anch’essi: l’Erario può aderire ad una transazione fiscale nel piano (accettando riduzione e dilazione di imposte e interessi); gli enti previdenziali attualmente non possono transigere sul capitale dei contributi ma possono concedere dilazioni e magari riduzione di sanzioni. Questi enti decidono secondo proprie procedure interne e linee guida ministeriali (l’adesione deve assicurare che il recupero prospettato non sia inferiore a quanto otterrebbero altrimenti).Nel corso delle trattative, i creditori possono formulare controproposte o condizioni (ad esempio chiedere garanzie aggiuntive, covenants, impegni da soci). L’esperto agevola questa dialettica cercando un punto d’incontro.Se si arriva ad una bozza di accordo, i creditori la sottoscrivono formalmente. I creditori finanziari in genere firmano un accordo di ristrutturazione ex art. 57 (che sarà poi omologato). I creditori non aderenti restano liberi: tuttavia, se l’accordo viene poi omologato, possono subire gli effetti di eventuali cram-down (es. estensione ai dissenzienti nelle percentuali di legge).In caso di insuccesso e successivo concordato semplificato, i creditori avranno la possibilità di proporre osservazioni ed opposizioni in sede di omologa, ma non un voto. In definitiva, ai creditori è richiesto un cambio di mentalità: da antagonisti in una procedura giudiziale a partner negoziali per trovare una soluzione che – idealmente – sia migliore del fallimento anche per loro (paradigm: “take a haircut now, save the business, get more later”). La normativa post-2022 rafforza questo invito imponendo doveri di correttezza (specie alle banche).
Fisco e enti previdenziali (creditori pubblici)Meritano un richiamo specifico poiché spesso decisivi: L’Agenzia delle Entrate partecipa tramite i propri uffici legali. Con il correttivo-ter, le è consentito concludere una transazione fiscale anche nell’ambito di una composizione negoziata (confluirà poi in un accordo ex art.63 CCII da omologare). Questo le consente di approvare piani con stralcio di imposte e aggi riducendo sanzioni e interessi, se la proposta è conveniente rispetto alla liquidazione. L’adesione deve essere motivata secondo criteri di convenienza economica e di equità (circolari MEF guidano la valutazione). Spesso l’Agenzia chiede come condizione che l’imprenditore versi almeno in parte il debito IVA e che tutti gli altri creditori facciano la loro parte (principio di parità).L’INPS (ed eventualmente Inail) invece al momento non può aderire a una transazione contributiva in composizione negoziata (mancando base normativa, sebbene il correttivo 2024 abbia introdotto la transazione previdenziale in concordati e accordi). Pertanto, l’INPS può concedere solo dilazioni nei limiti di legge (fino a 72 rate) e riduzione di sanzioni civili, ma non ridurre la quota di contributi dovuti. Questo spesso crea un ostacolo: se i contributi sono ingenti, l’impresa dovrà poi necessariamente seguire con un concordato preventivo o accordo omologato per falcidiarli, oppure l’INPS dovrà essere soddisfatta integralmente per la sua parte.Agenzia della Riscossione (ex Equitalia) gestisce la riscossione coattiva di entrate erariali e locali: anch’essa può aderire a piani di dilazione o stralcio dei ruoli nell’ambito di transazione fiscale. Solitamente coordina la sua posizione con Agenzia Entrate. Il ruolo di questi creditori pubblici è spesso determinante perché rappresentano quote rilevanti del passivo e perché la loro adesione è necessaria per evitare che successivamente possano far fallire il debitore (il Pubblico Ministero può essere attivato in caso di debiti tributari elevati non onorati). In composizione negoziata, la loro presenza introduce elementi di formalità e lentezza (devono seguire regolamenti interni), ma anche se la trattativa con loro non si chiude entro la composizione, si può proseguire nella successiva fase di omologa.
Soci dell’impresa (azionisti)Formalmente i soci non sono parte necessaria della composizione negoziata (che riguarda la regolazione dei debiti). Tuttavia, il loro ruolo può rivelarsi cruciale in termini di apporti di capitale o scelte strategiche. Ad es., i soci possono decidere di immettere nuova finanza nell’azienda per facilitarne il risanamento (spesso i creditori lo richiedono come segnale di commitment). In alcuni casi, può essere chiesto ai soci di rinunciare a crediti verso la società o postergarli. Se il piano prevede la ristrutturazione dell’assetto societario (ingresso di nuovi soci, cessione di quote, aumento di capitale), i soci attuali devono aderirvi deliberando le operazioni necessarie. D’altro canto, i soci – soprattutto di società personali o a ristretta base – hanno un interesse diretto a mantenere il controllo e quindi saranno incentivati a trovare accordi con i creditori per evitare soluzioni liquidative. Conflitti: se vi sono soci di minoranza in disaccordo, essi non possono bloccare l’accesso alla composizione (decide l’organo amministrativo), né hanno titolo per opporsi alle misure protettive. Tuttavia, come visto, potrebbero tentare strade alternative (es. chiedere amministrazione straordinaria se grande impresa): la giurisprudenza ha stabilito che non si possono inibire tali iniziative dei soci tramite le misure protettive. Pertanto, l’esperto dovrà cercare di coinvolgere e convincere anche i soci dell’utilità del piano, per evitare sabotaggi. In generale, si auspica che i soci facciano la loro parte nel salvataggio (principio di corretta gestione societaria ex art.2086 c.c.): l’inerzia assoluta o l’ostilità ingiustificata potrebbero portare a conseguenze (ad es. esclusione del socio in una società personale, o azioni di responsabilità).
Dipendenti e sindacatiNeppure i lavoratori sono parte formale della composizione negoziata. Tuttavia, in una crisi aziendale rilevante, soprattutto se la continuità aziendale è in gioco, il mantenimento dei livelli occupazionali è un fattore chiave considerato anche dai tribunali. L’impresa in composizione deve continuare a pagare regolarmente stipendi correnti (le retribuzioni maturate dopo l’accesso sono prededucibili). Eventuali arretrati rientrano tra i debiti da ristrutturare (di solito i dipendenti sono soddisfatti integralmente tramite eventuali Cassa integrazione o fondi di garanzia Inps se l’esito è concorsuale). Coinvolgimento: Non vi è obbligo legale di informativa ai sindacati durante la composizione (a differenza di procedure come l’amministrazione straordinaria). Tuttavia, in situazioni con esuberi previsti, l’azienda spesso attiva un confronto sindacale volontario per gestire eventuali licenziamenti o CIGS. Questo avviene parallelamente: un accordo sindacale può essere inserito come condizione del piano di risanamento. I sindacati possono anche sostenere pubblicamente il piano e fare pressione su creditori pubblici perché accettino, se ciò salva posti di lavoro. Viceversa, opposizioni sindacali forti potrebbero complicare il buon esito (scioperi, calo produttività, ecc.). In definitiva, i lavoratori non trattano sui crediti (non ne hanno, salvo TFR non pagati), ma sono stakeholder di fatto. L’esperto in qualche caso può incontrare i rappresentanti dei lavoratori per illustrare il piano (con consenso dell’azienda) e favorire un clima sociale costruttivo.
CCIAA e UnioncamereLe Camere di Commercio svolgono un ruolo di supporto organizzativo alla composizione negoziata. Unioncamere gestisce la piattaforma telematica nazionale in cui si presentano le istanze e si svolge lo scambio documentale. Ogni CCIAA locale fornisce la segreteria per la Commissione di nomina e spesso mette a disposizione spazi per eventuali incontri. Le CCIAA organizzano anche corsi di formazione per gli esperti iscritti nei propri elenchi. Unioncamere, insieme al Ministero, elabora periodicamente report (Osservatori) sull’andamento della composizione negoziata (numero di istanze, tassi di successo, tipologia di imprese) e propone eventuali migliorìe normative. In sostanza, il sistema camerale è l’infrastruttura che fa funzionare lo strumento: digitalizzazione del procedimento, tenuta degli elenchi, statistiche e coordinamento con le istituzioni.

Domande e Risposte (FAQ avanzate)

D: Un’impresa già insolvente può accedere alla composizione negoziata o è uno strumento solo “pre-crisi”?
R: Può accedere, a patto che vi siano ancora concrete prospettive di risanamento. Inizialmente vi è stato dibattito sul punto, ma la normativa aggiornata chiarisce che anche un’impresa in stato di insolvenza (cioè che non paga regolarmente i debiti) può avviare la composizione negoziata – e anzi dovrebbe farlo il prima possibile – purché non sia già in corso una procedura concorsuale su istanza propria. La legge infatti oggi consente l’accesso anche se pende un’istanza di fallimento presentata da un creditore, mentre lo vieta solo se l’imprenditore stesso ha di recente chiesto il proprio fallimento o concordato e poi vi ha rinunciato (per evitare abusi). Dunque l’insolvenza in sé non preclude l’accesso, se c’è ancora la possibilità di salvare l’azienda tramite accordi. Chiaramente, se l’impresa è insolvente cronica e priva di qualunque chance di risanamento, l’esperto lo segnalerà subito e la procedura terminerà praticamente in anticipo. Ma se, ad esempio, l’insolvenza è dovuta a una crisi di liquidità temporanea e c’è un piano serio di ristrutturazione, la composizione negoziata è lo strumento appropriato. Molte imprese entrano in composizione già tecnicamente insolventi (con debiti scaduti importanti), e riescono a invertire la rotta. In sintesi: lo stato di insolvenza non è più un tabù per l’accesso, il criterio dirimente è la fattibilità del risanamento secondo l’esperto e la convenienza per i creditori di evitare la liquidazione giudiziale.

D: Quali tutele offrono le misure protettive durante la composizione negoziata e come si richiedono?
R: Le misure protettive sono fondamentali perché congelano le azioni dei creditori mentre l’azienda tratta. Vanno richieste dall’imprenditore con ricorso al tribunale (possibilmente già all’avvio o comunque appena si percepisce il rischio di aggressioni dei creditori). Se concesse, le tutele standard sono: sospensione di ogni azione esecutiva o cautelare (pignoramenti, ipoteche, sequestri) sul patrimonio dell’impresa; divieto di iniziarne di nuove; inibizione ai creditori chirografari di acquisire garanzie (pegno, ipoteca) su crediti anteriori. Inoltre il debitore può chiedere di essere autorizzato a pagare fornitori essenziali per la continuità aziendale (cosiddette deroghe al divieto di pagamento di crediti anteriori). Con la riforma 2024, insieme alle protettive il giudice può specificare ulteriori misure: in particolare ordinare alle banche di non revocare fidi e non segnalare a Centrale Rischi la morosità dovuta alla procedura. Questo evita che la notizia della crisi tagli i ponti finanziari. Per ottenere le misure protettive, l’imprenditore deve allegare una dichiarazione dell’esperto che attesti che l’impresa ha possibilità di risanamento e che le misure sono strumentali al buon esito delle trattative (ad es. “senza la sospensione dei pignoramenti, la continuità aziendale verrebbe compromessa irreparabilmente”). Il tribunale valuta questi elementi e, se li ritiene credibili, emette un decreto immediato che rende efficaci le misure per un primo periodo. I creditori sono avvisati e dopo circa 30 giorni c’è un’udienza di conferma: se non emergono fatti nuovi contrari, le misure vengono confermate fino al termine delle trattative (massimo 180+180 giorni). In caso di abuso (es. l’impresa in realtà è senza speranza), i creditori possono opporsi e il giudice potrebbe revocarle. Durante le misure protettive i creditori violando le stesse commetterebbero atti nulli. Attenzione: le misure protettive non coprono i nuovi debiti sorti durante la composizione (es. forniture successive vanno pagate, altrimenti i fornitori possono interrompere le consegne, salvo che il tribunale li vincoli continuare in presenza di pagamenti correnti, come da regola generale del CCII analoga al concordato). In sintesi, le protettive offrono un periodo di “pace giudiziaria” ai debitori, simile al chapter 11 stay, per concentrarsi sul negoziato, ed evitano il fenomeno del rush to the courthouse (corsa dei creditori a pignorare). Vanno però richieste con tempestività e ben motivate.

D: Le banche possono revocare gli affidamenti o congelare i conti durante la composizione negoziata?
R: No, non possono farlo arbitrariamente a causa dell’avvio della composizione negoziata. Questa è una conquista della riforma più recente: la legge (art. 18, co. 5 CCII) ora stabilisce chiaramente che la banca non può revocare né ridurre gli affidamenti già concessi (fidi di cassa, castelletto, anticipi) durante le trattative negoziate, né può rifiutare utilizzi entro i limiti accordati, se l’unica motivazione è l’accesso dell’impresa alla composizione. In passato le banche spesso, appena fiutavano la crisi o venivano a sapere di una procedura di allerta, bloccavano gli utilizzi e chiedevano il rientro immediato, aggravando la crisi di liquidità. Oggi questo comportamento è vietato. La banca può ovviamente revocare per altre ragioni contrattuali (ad es. deterioramento oggettivo del merito creditizio indipendente dalla procedura) o se glielo impone la vigilanza prudenziale (ad es. se la posizione diventa per normativa da classificare a sofferenza deve sospendere nuovi utilizzi), ma non può usare l’attivazione della composizione negoziata come pretesto. Inoltre, come visto, i tribunali possono adottare misure cautelari a rinforzo: Tribunale Venezia 13/1/2025 ha ordinato alle banche non solo di non revocare, ma anche di non segnalare la posizione dell’azienda in Centrale Rischi e CRIF durante la moratoria. Ciò tutela l’impresa dal vedersi chiudere anche rapporti con altre banche o fornitori per effetto di segnalazioni negative. Dunque, in linea generale, le banche devono mantenere lo status quo degli affidamenti mentre l’azienda è protetta, contribuendo allo sforzo di risanamento. Questo non significa che debbano erogare nuovo credito se non vogliono (salvo casi in cui sia concesso su base volontaria e autorizzato come prededucibile), ma semplicemente che non possono togliere il credito esistente. In caso di inosservanza, l’azienda può ricorrere d’urgenza al giudice per far rispettare il divieto. Va sottolineato che se l’impresa non paga le rate dovute durante la negoziazione, la banca può invocare quel inadempimento contrattuale per revocare (non è protetto se è debito sorto dopo l’accesso, come un utilizzo concesso e poi non rientrato secondo accordi). Ma per i fidi a revoca “aperti”, la banca deve attendere l’esito della composizione. In conclusione: la composizione negoziata mette un freno alle revoche “difensive” delle banche, stabilendo un principio di collaborazione creditizia: la banca deve comportarsi come un soggetto che ha interesse al risanamento (perché così recupererà meglio il credito) e non precipitare l’evento negativo.

D: In cosa consiste la transazione fiscale nella composizione negoziata? L’Erario può davvero accettare di ridurre i suoi crediti in questa sede?
R: Sì, la transazione fiscale è la possibilità per il Fisco (Agenzia Entrate e Riscossione) di accordarsi con l’impresa per un pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari, nonché l’abbuono di sanzioni e interessi, come parte integrante del piano di risanamento. Questo strumento esisteva già da tempo nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, ma dal 2024 è stato esteso anche alla composizione negoziata. In pratica, durante le trattative l’imprenditore può formulare una proposta anche per i debiti fiscali: tipicamente, il pagamento di una percentuale (es. 50%) delle imposte dovute, magari privileggiando il pagamento integrale dell’IVA (che di regola il legislatore preferisce non stralciare troppo) e la diluizione in tot anni del restante debito. L’Agenzia delle Entrate valuterà questa proposta alla luce della convenienza economica (confrontandola con quanto otterrebbe in un fallimento o in un concordato liquidatorio). Se la giudica conveniente e conforme alla legge (rispettate le priorità di eventuali crediti con privilegio), aderirà formalmente. Nella composizione negoziata ciò avviene in sede di accordo: l’adesione verrà poi formalizzata in un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato. In altri termini, la transazione fiscale conclusa “durante” la negoziazione per avere efficacia sarà solitamente inserita in un accordo ex art. 63 CCII da presentare al giudice per l’omologa (non può restare puramente privata, perché l’Erario ha bisogno di un titolo giuridico forte per discostarsi dal 100% del credito). Ad ogni modo, la novità consiste nel fatto che l’Erario può sedersi al tavolo e concordare un taglio del suo credito già in fase stragiudiziale, cosa prima non permessa (in passato l’Agenzia neppure rispondeva alle proposte finché non si era in tribunale con un concordato). Ciò “olio” le trattative globali: sapere che il Fisco è disposto a scontare, ad esempio, le sanzioni e parte degli interessi può aiutare altri creditori ad accettare a loro volta sacrifici. Va ricordato però un limite importante: attualmente la transazione fiscale nella composizione non include i debiti previdenziali. Significa che l’INPS non può dire “ti taglio il 30% dei contributi arretrati” in sede di negoziazione (lo potrebbe fare solo nel concordato preventivo dopo il correttivo 2022). Quindi rimane un’area scoperta: spesso si farà la transazione fiscale per IVA e imposte, ma i contributi andranno pagati integralmente o trattati a parte. Alcuni autori hanno definito questa situazione “transazione fiscale ma non previdenziale”, evidenziando l’anomalia. È possibile che in futuro si estenda anche ai contributi, ma allo stato l’imprenditore deve tenerne conto nel piano (magari destinando più risorse a INPS e un po’ meno all’Erario che ha lo strumento di riduzione). In sintesi: la transazione fiscale è ora parte dell’arsenale della composizione negoziata, e può rivelarsi determinante per ridurre il carico fiscale dell’azienda in crisi e dunque facilitarne il risanamento.

D: Cosa succede se la composizione negoziata non porta ad alcun accordo? L’azienda viene dichiarata fallita automaticamente?
R: Non automaticamente, ma bisogna scegliere un’altra strada. Se la composizione fallisce (cioè trascorrono i 180/360 giorni e l’esperto constata che non c’è intesa), la procedura negoziata si chiude senza aver risolto la crisi. A quel punto, l’imprenditore ha alcuni scenari alternativi: Può attivare il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Questa è una procedura concorsuale abbreviata introdotta proprio come “piano B” post-composizione. In pratica, entro 60 giorni dalla fine delle trattative, il debitore deposita un piano di liquidazione di tutti i suoi beni, con un progetto di riparto ai creditori, e il tribunale – sentiti creditori ed esperto – può omologarlo senza seguire il lungo iter di un concordato ordinario e senza voto dei creditori. È una sorta di fallimento pilotato dall’imprenditore, dove però i creditori hanno meno voce in capitolo. Serve l’attestazione dell’esperto che nella composizione non vi erano soluzioni migliori (continuità) e che quella liquidatoria proposta è vantaggiosa per i creditori. Se tali condizioni ci sono, il tribunale omologa e si procede a liquidare l’azienda sotto supervisione. Questo strumento è stato usato in diversi casi (oltre un centinaio nel 2022-24) come via d’uscita ordinata quando il risanamento non era possibile. Non è un esito “lieto” ma è comunque preferibile al fallimento, perché consente un realizzo più veloce e magari la cessione unitaria dell’azienda (spesso l’imprenditore sceglie il concordato semplificato per vendere l’azienda in continuità a un acquirente, operazione non fattibile in fallimento se non con procedure complesse).In alternativa, l’imprenditore potrebbe tentare un concordato preventivo ordinario (in continuità o misto) o un accordo di ristrutturazione in extremis, se durante le trattative qualche base di accordo parziale era stata gettata. Ad esempio, può capitare che le banche fossero d’accordo su un piano ma mancava l’adesione di taluni creditori: l’impresa può comunque provare il concordato preventivo sapendo di avere il voto favorevole delle banche (basta la maggioranza per approvare). Certo, se la composizione è fallita per indisponibilità dei creditori, è difficile poi riuscire in concordato, ma non impossibile, specie se nel frattempo i creditori realizzano che l’alternativa è peggiore.Se l’imprenditore non fa nulla di quanto sopra, allora su istanza di un creditore o del PM potrebbe aprirsi la liquidazione giudiziale (fallimento) classica. Il tribunale esaminerà se c’è insolvenza e, in assenza di prospettive o iniziative del debitore, dichiarerà il fallimento. L’esperto trasmetterà comunque la sua relazione finale, che spesso viene letta dal tribunale fallimentare: se emergono comportamenti in malafede del debitore, questi potrebbero aggravare la posizione (ad es. essere qualificati come atti distrattivi rilevanti nel fallimento). Dunque la chiusura senza accordo della composizione non implica di per sé il fallimento, ma l’azienda torna ad essere esposta alle azioni dei creditori. Se la situazione è grave, uno o più creditori probabilmente chiederanno il fallimento. Se invece l’azienda ha ancora margini, può percorrere una delle soluzioni di cui sopra (concordato semplificato o normale). È importante notare che il periodo di composizione negoziata non viene conteggiato come insolvenza colpevole per eventuale fallimento: anzi, aver tentato in buona fede la composizione potrebbe giocare a favore del debitore (ad esempio in sede di valutare l’eventuale bancarotta semplice o la concessione dell’esdebitazione). In conclusione: se la composizione non risolve, l’impresa deve intraprendere velocemente un’altra iniziativa di regolazione, altrimenti il rischio di fallimento torna concreto. La legge ha predisposto il concordato semplificato proprio per dare un’opzione immediata e snella al debitore onesto che però non è riuscito a salvare l’azienda.

D: Che differenze ci sono tra la composizione negoziata e gli altri strumenti di gestione della crisi, ad esempio l’accordo di ristrutturazione dei debiti o il piano attestato?
R: La composizione negoziata è in realtà complementare a quegli strumenti, più che alternativa. Possiamo dire che si pone a monte, come una procedura di facilitazione che può condurre poi ad adottare uno degli strumenti “classici”. Le differenze principali sono: – Formalità e intervento del tribunale: un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art.57 CCII è un contratto fra debitore e una parte dei creditori che viene poi omologato dal tribunale e diventa vincolante anche per eventuali creditori dissenzienti minori. Richiede quindi un processo davanti al giudice (seppur semplificato rispetto al concordato) e un’attestazione di un esperto indipendente sul piano. La composizione negoziata, di contro, avviene prima e fuori dal tribunale, e serve appunto a raggiungere quel contratto con i creditori che poi sarà presentato al giudice per omologa. Quindi la composizione è uno stadio preliminare: grazie alla protezione e all’esperto, facilita la negoziazione che altrimenti il debitore farebbe da solo. Nulla vieta a un debitore di negoziare un accordo di ristrutturazione senza passare per la composizione negoziata (infatti questo strumento esisteva anche prima del 2021): semplicemente, la composizione offre un contesto protetto e assistito per farlo con più chances di successo. – Vincolatività dell’esito: un piano attestato di risanamento ex art.56 CCII è un accordo privato (anche un insieme di accordi bilaterali) che un debitore fa con alcuni creditori, sulla base di un piano con la dichiarazione di un esperto indipendente che attesta la veridicità dei dati e la fattibilità del piano. È efficace solo tra le parti che lo sottoscrivono, non ha bisogno di omologa ma neppure può imporre nulla ai non aderenti. La composizione negoziata può benissimo sfociare in un piano attestato: l’esperto nominato può anche diventare colui che attesta il piano finale. Di nuovo, la differenza è che il piano attestato un imprenditore potrebbe farlo anche senza composizione, ma farlo all’interno di una composizione negoziata gli dà tempo (grazie allo stay) e metodo (grazie all’esperto) per convincere i creditori a sottoscriverlo. Se però servisse vincolare un creditore dissenziente, allora il piano attestato non basta e serve un omologato. In quel caso, meglio un accordo di ristrutturazione omologato o un concordato. – Concordato preventivo: è una procedura concorsuale giudiziale a tutti gli effetti: si apre con ricorso in tribunale, nomina di un commissario, ammissione, voto dei creditori e omologa. È pubblica e di solito lunga alcuni mesi (o anni). La composizione negoziata è molto più informale e confidenziale. Tuttavia, può essere vista come una sorta di pre-concordato invisibile: nella composizione, l’azienda fa (se vuole) gran parte del lavoro di convincimento dei creditori e di definizione del piano; dopodiché può depositare un concordato preventivo già con i creditori consenzienti in larga misura, garantendosi un iter veloce e l’approvazione. Quindi, più che differenza, c’è complementarità: molti concordati oggi nascono “a valle” di una composizione negoziata riuscita (o semiriuscita). La differenza sostanziale è che nel concordato le decisioni finali le prende il tribunale (omologa) ed è il tribunale che “imprime” l’accordo sui dissenzienti. Nella composizione, come detto, serve la volontà di tutti i principali attori. Un vantaggio del concordato su composizione è che può cramdown i creditori dissenzienti (a certe condizioni, anche classi dissenzienti se omologato in cram-down) e può abbattere anche debiti erariali e contributivi senza il consenso dell’ente (sempre se giudice approva la convenienza). Quindi se c’è un creditore “ostruzionista” fondamentale, alla fine il concordato può superarlo mentre la composizione no. Di contro, il concordato è molto più oneroso, lungo e pubblicamente noto. Diciamo che la composizione negoziata è un tentativo di ottenere i benefici del concordato (ristrutturazione debiti) senza i costi del concordato (formalità, pubblicità, perdita di controllo). Quando funziona, è l’ideale; quando non basta, c’è sempre la possibilità di convertirla in procedura formale. In breve: la composizione negoziata è uno strumento di ausilio procedurale e non esclude né sostituisce gli altri istituti, ma li integra. Potremmo dire che è la “cornice di trattativa” entro cui si può predisporre un accordo di ristrutturazione o un concordato (in continuità o liquidatorio) in modo più rapido ed efficace. Non a caso, la legge prevede espressamente che se durante la composizione si individua una soluzione, questa può concludersi “attraverso uno degli strumenti di regolazione della crisi previsti dall’art. 23, comma 2 CCII”, cioè accordo omologato o concordato. In alternativa, se bastano patti privati, si esce con un piano attestato e stop.

D: Un gruppo di società può utilizzare la composizione negoziata in modo coordinato?
R: Sì. Il Codice della Crisi prevede espressamente la composizione negoziata di gruppo (art. 25-ter e 25-quater CCII). In pratica, più società appartenenti al medesimo gruppo (controllate o collegate) che si trovino in difficoltà possono presentare un’unica istanza congiunta di nomina dell’esperto per gestire la crisi in modo unitario. Verrà nominato preferibilmente un solo esperto per tutte (salvo complessità eccezionali che richiedano più esperti). L’esperto di gruppo condurrà le trattative tenendo conto delle interdipendenze: per esempio, se c’è da vendere un asset da una società all’altra, o da considerare garanzie incrociate tra debiti, lo farà in modo integrato. Le misure protettive possono essere chieste per l’intero perimetro di gruppo: il tribunale competente (unificato presso la sede della società dominante) estenderà la protezione a tutte le società coinvolte. Lo scopo è evitare soluzioni scoordinate (es. salvare la holding e far fallire la controllata, quando magari il salvataggio del gruppo richiede un’operazione complessiva). In Italia già diversi gruppi hanno sperimentato questa via (anche il caso Beta del nostro esempio). Naturalmente, la difficoltà è maggiore, ma l’esperto di gruppo può proporre soluzioni come la continuità perimetro di gruppo (es. fusione, scorporo e aggregazione delle parti sane) oppure concordati di gruppo. Da notare: la composizione negoziata di gruppo comunque culmina anch’essa, se positiva, in strumenti giuridici (accordi o concordati) che possono essere di gruppo (il CCII prevede il concordato preventivo di gruppo con piani coordinati e classi per società). Se fallisce, le società possono anche qui chiedere concordati semplificati, o alcune salvarsi e altre no a seconda dei casi. In sintesi, il meccanismo c’è e funziona: ad esempio, l’ordinanza del Tribunale di Venezia del gennaio 2025 ha gestito proprio un gruppo con più società in composizione negoziata unitaria, confermando protettive erga omnes e analizzando il risanamento del gruppo nel suo complesso. L’Italia è stata tra i primi a prevedere espressamente la trattazione unitaria delle crisi di gruppo (recependo anche qui linee UE). Quindi, un gruppo di imprese può certamente usare la composizione negoziata per affrontare in modo integrato la propria ristrutturazione.

D: In caso di composizione negoziata fallita, cos’è il concordato semplificato per la liquidazione e come funziona?
R: Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII) è una procedura concorsuale speciale riservata al debitore che ha tentato senza successo la composizione negoziata. È definito “semplificato” perché non prevede alcune fasi tipiche del concordato preventivo ordinario: in particolare, non c’è voto dei creditori. Il debitore propone un piano che prevede la liquidazione di tutti i beni (o di quelli non funzionali eventualmente, ma di solito l’intero patrimonio) e la distribuzione del ricavato secondo le cause di prelazione. Il piano può prevedere anche la cessione dell’azienda in esercizio, quindi con continuità indiretta se c’è un acquirente (come abbiamo ipotizzato nel caso Beta2 S.r.l.). Il debitore deposita questa proposta entro 60 giorni dalla fine della composizione negoziata. Il tribunale apre il procedimento, nomina un commissario giudiziale (che supervisiona la liquidazione) e fissa l’udienza di omologa. I creditori vengono informati e possono presentare osservazioni o opposizioni. All’udienza, il tribunale valuta: la regolarità formale (ad esempio che ci sia la relazione finale dell’esperto allegata, che attesti il tentativo di composizione e l’assenza di alternative migliori);la convenienza della proposta per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale fallimentare;l’assenza di pregiudizio per i creditori privilegiati (devono essere soddisfatti almeno per quanto otterrebbero in caso di vendita forzata dei beni su cui hanno garanzia);eventuali condotte in malafede del debitore durante la composizione che potrebbero far dubitare della meritevolezza. Se tutto è in ordine, il tribunale omologa il concordato semplificato con decreto. Da quel momento, si procede alla liquidazione attuando il piano: il commissario (spesso lo stesso esperto, se nominabile, o un curatore nominato ad hoc) vende i beni secondo le modalità previste (aste competitive o trattativa se già c’è un’offerta vincolante per l’azienda) e poi distribuisce il ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (privilegiati in proporzione, poi chirografari se avanza qualcosa). Terminata la liquidazione, il tribunale dichiara chiuso il concordato. Il risultato per il debitore è simile a un fallimento ma con alcune differenze: la gestione resta in capo al debitore fino alla vendita (salvo atti di straordinaria amministrazione dove interviene il commissario), l’azienda può essere ceduta in modo più rapido e unitario, e il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione una volta chiuso. Per i creditori, non c’è voto quindi subiscono la procedura, ma hanno avuto comunque modo di opporsi se ritenevano la proposta iniqua. Questo strumento è stato introdotto per evitare che un debitore che prova in buona fede il risanamento e fallisce debba poi rifare daccapo un lungo concordato o finire per forza fallito: gli si offre un percorso di uscita controllata e veloce. È “semplificato” perché elimina la fase deliberativa (spesso lenta) e va dritto alla liquidazione. Ovviamente è adatto solo se non c’è più speranza di prosecuzione aziendale, ma solo di vendita o liquidazione. È bene ricordare che il concordato semplificato non è un diritto automatico: il tribunale può anche negare l’omologa se la ritiene non vantaggiosa per i creditori (ad esempio se scoprisse che il patrimonio è stato decurtato da atti in frode durante la composizione). In pratica, però, è stato spesso omologato quando richiesto, con percentuali di soddisfo per i chirografari anche modeste, perché comunque comparativamente preferibili al fallimento (dove le spese e i tempi avrebbero forse eroso ancor di più). Riassumendo: è la via per liquidare rapidamente l’impresa con supervisione del giudice, evitando la procedura fallimentare ordinaria, riservata a chi ha provato a ristrutturare con la composizione negoziata ma non ci è riuscito.

D: Che succede se l’imprenditore durante la composizione negoziata non collabora o compie atti pregiudizievoli?
R: La composizione negoziata si basa sulla buona fede e collaborazione del debitore. Se l’imprenditore non coopera (ad esempio non fornisce i dati richiesti, manca agli incontri, nasconde passività importanti, ecc.), l’esperto può segnalarlo e in casi estremi decide di interrompere la procedura. L’esperto infatti non può obbligare il debitore a comportarsi bene, ma se riscontra un atteggiamento ostruzionistico o scorretto, di fatto la negoziazione non può proseguire proficuamente. L’esperto in tal caso redigerà la relazione finale anticipata spiegando che non c’erano le condizioni di trasparenza, e la composizione si chiuderà (spesso con fallimento poi alle porte). Inoltre, se il debitore ha ottenuto misure protettive e poi non rispetta i doveri informativi o compie atti dannosi, i creditori possono chiedere al tribunale la revoca delle misure. Ad esempio, se durante la composizione il debitore distrae beni o favorisce alcuni creditori contro la par condicio, il tribunale – venutolo a sapere – potrebbe revocare la protezione e a quel punto i creditori possono agire. In più, tali condotte potrebbero rilevare in sede penale (si pensi all’ipotesi di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, o bancarotta preferenziale se poi fallisce). Dunque il debitore è incentivato a mantenere un comportamento corretto. Nella relazione finale, l’esperto deve riportare ogni eventuale elemento rilevante sulle condotte tenute. Quella relazione potrà essere letta, ad esempio, dal tribunale fallimentare o dal PM in caso di successivo fallimento, e costituirà un elemento per valutare se il fallimento è stato aggravato da mala gestio. In sintesi: se l’imprenditore non collabora, si autoinfligge un danno, perché l’esperto se ne accorge e di fatto il processo si inceppa, perde le protezioni e probabilmente finisce peggio che senza averla attivata. Se invece cerca di fare il furbo (tipo spostare soldi all’estero durante la “pausa” concessa dai creditori), rischia seriamente conseguenze legali. Ricordiamo che l’esperto può sempre dimettersi dall’incarico se ravvisa situazioni inaccettabili, e in tal caso la composizione negoziata si chiude immediatamente. In oltre un caso l’esperto ha lasciato per mancanza di fiducia nei dati forniti. L’imprenditore deve quindi capire che la composizione negoziata non è un “freeze gratuito” da usare per prendere tempo maliziosamente: è uno strumento da usare lealmente. Gli effetti per chi ne abusa possono essere: revoca delle misure protettive, perdita di credibilità totale verso i creditori (che a quel punto faranno fallire la società immediatamente) e possibili azioni di responsabilità personali (per gli amministratori che hanno aggravato il dissesto, ad esempio).

D: La composizione negoziata ha sostituito le vecchie “procedure di allerta” (OCRI) che erano previste nel Codice della Crisi?
R: Sì, di fatto la composizione negoziata ha rimpiazzato l’istituto dell’allerta e composizione assistita che il legislatore del 2019 aveva inizialmente disegnato (l’OCRI, Organismo di Composizione della Crisi presso le CCIAA). In origine, il CCII prevedeva un sistema di segnalazioni obbligatorie e una fase di allerta in cui un collegio cercava di trovare un accordo coi creditori. Quelle norme però non sono mai entrate in vigore (posticipate più volte e infine abrogate), anche per timore che fossero troppo punitive e burocratiche. Al loro posto, nel 2021 in risposta alla crisi da Covid, è stata introdotta questa procedura volontaria, che ha l’obiettivo simile (far emergere la crisi presto e gestirla negozialmente) ma in modo meno coercitivo. Dunque oggi la composizione negoziata è l’unico strumento di early warning previsto dal nostro ordinamento. Non vi sono più segnalazioni automatiche né obblighi di attivazione di una procedura di allerta: è rimasto solo l’obbligo degli amministratori ex art. 2086 c.c. di attivarsi per tempo per far fronte alla crisi, e la composizione negoziata è lo strumento electivo per farlo. Quindi sì, ha sostituito le procedure di allerta (con un approccio più soft). Un effetto concreto: le camere di commercio che dovevano istituire gli OCRI ora gestiscono la piattaforma della composizione negoziata; i parametri di allerta (indici di crisi) elaborati nel 2019 ora servono come semplici indicatori che l’imprenditore può consultare per capire se attivare la composizione, ma non fanno scattare procedure obbligatorie. Insomma si è passati da un regime “push” (ti segnalano e ti costringono a negoziare) a un regime “pull” (ti offriamo uno strumento se vuoi negoziare). La scommessa è che l’incentivo positivo (protezione, minor stigma) convinca gli imprenditori virtuosi ad attivarsi, piuttosto che la minaccia. È presto per dire se funziona meglio, ma finora qualche centinaio di imprese ha utilizzato la composizione negoziata (circa 1.500 domande nei primi due anni) – non tantissime in verità, segno che c’è ancora da diffondere la cultura dell’emersione anticipata.

Fonti e riferimenti normativi e giurisprudenziali

Normativa vigente (principali testi):

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), entrato in vigore definitivamente dal 15 luglio 2022, come modificato dai successivi correttivi e provvedimenti. Include la disciplina della composizione negoziata (artt. 12-25-sexies) introdotta dal D.L. 118/2021.
  • D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito in L. 147/2021 – Misure urgenti in materia di crisi d’impresa: ha istituito in via sperimentale la composizione negoziata e il concordato semplificato, poi confluiti nel CCII.
  • D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83Primo correttivo al CCII di attuazione Direttiva UE 2019/1023 (c.d. Insolvency): ha integrato la composizione negoziata nel Codice, previsto transazione fiscale in concordato/accordi, e introdotto novità su debiti fiscali e contributivi.
  • L. 21 ottobre 2022, n. 142 – (Conversione del D.L. Aiuti-bis): ha anticipato al 2022 l’entrata in vigore di molte disposizioni CCII, incluso l’istituto composizione negoziata.
  • L. 19 ottobre 2023, n. 103 – (Delega al Governo e altre disposizioni in materia di giustizia e crisi): ha fornito la base per ulteriori integrazioni al CCII, tra cui la proroga regime semplificato documenti.
  • D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136Terzo correttivo al CCII (c.d. “Correttivo-ter”), in vigore dal 28/09/2024. Ha apportato numerose modifiche alla composizione negoziata: condizioni di accesso (art. 25-quinquies), divieto di revoca affidamenti (art. 18, c.5), introduzione transazione fiscale nell’istituto (art. 23, c.2-bis), proroga dell’incarico esperto (art. 17, c.7) etc., come descritto.
  • Direttiva (UE) 2019/1023 – Direttiva su quadri di ristrutturazione preventiva e insolvenza (Insolvency Directive): quadro normativo europeo cui l’Italia si è adeguata col D.Lgs. 83/2022 e successivi, introducendo strumenti come early warning (poi sostituiti) e principi attuati nella composizione negoziata.

Prassi e atti interpretativi ufficiali:

  • Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28 settembre 2021 – Istituzione del Protocollo di conduzione della composizione negoziata. Stabilisce le modalità operative della procedura e gli obblighi dell’esperto (check-list di valutazione, principio di competitività, ecc.).
  • Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 21 marzo 2023Aggiornamento del Protocollo di conduzione (in recepimento dell’art. 17 CCII). Definisce in dettaglio la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e altre indicazioni per l’esperto (coordinamento con eventuali procedure pendenti, formato relazione finale, ecc.).
  • Linee guida Tribunale di Livorno 21 ottobre 2024 – “Linee guida per le procedure di composizione negoziata della crisi e per il concordato semplificato”. Esempio di prassi locale: fornisce istruzioni su documentazione, criteri di conferma misure protettive, modalità di trattazione congiunta composizione/concordato semplificato.
  • OIV (Organismo Italiano di Valutazione)Discussion Paper n. 1/2024 (14 ottobre 2024) sulla valutazione delle aziende in crisi. Documento tecnico che propone metodologie uniformi per valutare patrimoni e piani industriali nelle composizioni negoziate.
  • INPS, Messaggio n. 3553 del 28/10/2024 – Chiarimenti sulle novità normative in materia di transazione dei crediti contributivi dopo il terzo correttivo. Riguarda in particolare l’ambito degli accordi di ristrutturazione e concordati, ma conferma che nella composizione negoziata pura la transazione contributiva non è contemplata.
  • Unioncamere – Osservatorio sulla crisi d’impresa (pubblicazioni periodiche). In particolare: VI Edizione, novembre 2024, contenente un’analisi statistica delle composizioni negoziate attivate (numero istanze, percentuali di successo) e un’appendice sulle novità introdotte dal D.Lgs. 136/2024.

Giurisprudenza rilevante (2024–2025):

  • Tribunale di Verona, decreto 22 gennaio 2024 (dott.ssa Attanasio) – Ha definito le modalità di comunicazione alle banche della sospensione degli affidamenti ex art. 16 co.5 CCII, affermando che le banche vanno tempestivamente notificate del provvedimento protettivo per darvi esecuzione.
  • Tribunale di Milano, ordinanza 2 febbraio 2024 (est. Pipicelli) – Caso Gruppo in A.S.: ha stabilito che le misure protettive non possono inibire a un socio (anche di minoranza) di presentare richiesta di amministrazione straordinaria ai sensi del D.Lgs. 270/99. Limite oggettivo della portata protettiva verso procedure concorsuali diverse promosse da soci.
  • Tribunale di Udine, ordinanza 30 aprile 2024 (est. Calienno) – Conferma la possibilità di misure cautelari atipiche a contenuto equivalente alle misure protettive tipiche durante la composizione negoziata. Ha ammesso provvedimenti cautelari richiesti dall’imprenditore per ottenere effetti non espressamente previsti dall’art.18 CCII ma funzionali alle trattative.
  • Tribunale di Venezia (Sez. Imprese), ordinanza 13 gennaio 2025 (est. Pitinari) – Provvedimento di riferimento su misure protettive di gruppo e obblighi delle banche: ha confermato le misure protettive erga omnes per un gruppo di società in composizione negoziata, rilevando concrete prospettive di risanamento di gruppo. Inoltre, ha concesso un’inibitoria alle banche dal segnalare a Centrale Rischi e dal revocare linee di credito durante le trattative, giustificando tale misura in base al fumus di risanabilità e al bilanciamento degli interessi contrapposti.
  • Tribunale di Modena, ordinanza 8 marzo 2025 (est. Bianconi) – Ha disposto, in via cautelare, l’inibitoria per la banca di escutere la garanzia MCC (garanzia pubblica su finanziamento) nel corso di una composizione negoziata. Pronuncia innovativa che estende la protezione anche all’escussione di garanzie statali, per evitare aggravio del debito verso lo Stato e mantenere la trattativa.
  • (Altre pronunce degne di nota): Tribunale di Bergamo, decreto 23 gennaio 2024 (aveva interpretato estensivamente il divieto di accesso con istanza fallimento pendente, poi superato dalla riforma); Tribunale di Bari, decreto 30 maggio 2024 e altre di merito (sulla preclusione da liquidazione giudiziale pendente, anche superate da legge); Tribunale di Parma, sentenza 26 maggio 2024 (omologa accordo ex art. 57 CCII con richiamo al ruolo positivo della composizione negoziata precedente); Tribunale di Roma, decreto 15 novembre 2023 (primo concordato semplificato omologato post-composizione). Cassazione civile: al momento non risultano sentenze di legittimità specifiche sulla composizione negoziata, trattandosi di strumento recente e stragiudiziale (eventuali questioni passano in Cassazione indirettamente tramite reclami su misure protettive, ma finora senza pronunce pubblicate).

Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa: Perché Affidarti a Studio Monardo

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Hai bisogno di bloccare i creditori, trattare il debito e salvare l’attività, senza entrare in procedure fallimentari?

⚠️ La composizione negoziata della crisi d’impresa è oggi lo strumento più avanzato per affrontare la crisi in modo riservato, protetto e stragiudiziale, con l’aiuto di un esperto nominato dalla Camera di Commercio.

✅ Blocca azioni esecutive, decreti ingiuntivi e pignoramenti
✅ Permette di trattare con il Fisco, INPS, banche e fornitori, con il supporto di un esperto indipendente
✅ Evita il fallimento e ti consente di continuare a lavorare mentre risani l’azienda
✅ Può essere avviata anche senza dover dimostrare l’insolvenza, già ai primi segnali di squilibrio

Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo

✅ Analizza in profondità la situazione economica e fiscale dell’azienda, verificando i requisiti per avviare la composizione negoziata

✅ Ti assiste nella redazione dell’istanza e nella predisposizione del piano, insieme ai tuoi consulenti

✅ Ti guida durante l’intero percorso con l’esperto nominato dalla Camera di Commercio, salvaguardando l’operatività

✅ Blocca azioni dei creditori con misure protettive autorizzate dal tribunale

✅ Ti rappresenta nelle trattative con banche, Fisco, enti previdenziali e fornitori per ottenere dilazioni, sconti e accordi sostenibili

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

🔹 Avvocato esperto in crisi d’impresa e ristrutturazione aziendale
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi

Perché agire subito

⏳ La composizione negoziata è efficace solo se avviata prima che la crisi diventi irreversibile

⚠️ Se non intervieni in tempo, rischi liquidazione giudiziale, perdita dell’attività, responsabilità personali e penali

📉 Rischi concreti: blocco dei conti, interruzione dei contratti, isolamento bancario e reputazionale

🔐 Solo un avvocato esperto può attivare lo strumento in modo corretto, gestire i creditori e proteggere la tua impresa

Conclusione

La composizione negoziata della crisi d’impresa è oggi la via più intelligente per uscire dalla crisi senza perdere il controllo dell’azienda.
Ti permette di trattare, difenderti e risanare con il supporto della legge.

Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al tuo fianco una guida esperta nella gestione della crisi aziendale, nella protezione del patrimonio e nel salvataggio dell’impresa.

Qui sotto trovi tutti i riferimenti per richiedere una consulenza riservata e immediata.
Se la tua azienda è in difficoltà, il momento per agire è adesso.

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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