Gli Interessi Nella Cartella Esattoriale: Come Funzionano

Hai ricevuto una cartella esattoriale dall’Agenzia delle Entrate e ti sei accorto che l’importo è lievitato a causa degli interessi? Ti stai chiedendo quali interessi sono legittimi, come si calcolano e se puoi ridurli o impugnarli?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in contenzioso tributario, riscossione e annullamento delle cartelle – ti spiega in modo semplice e pratico come funzionano gli interessi nelle cartelle esattoriali, quali tipologie esistono, quando decorrono, quanto possono incidere sull’importo totale e cosa puoi fare per difenderti.

Scopri la differenza tra interessi da ritardato pagamento, interessi di mora e aggio di riscossione, come si calcolano anno per anno, quali sono i limiti stabiliti dalla legge, quando possono essere oggetto di contestazione per errori di calcolo o prescrizione, e in quali casi puoi bloccarli o ridurli con strumenti legali come la rateizzazione, la rottamazione o la transazione fiscale.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, verificare la correttezza degli importi richiesti e costruire una strategia personalizzata per contestare gli interessi illegittimi, ridurre il debito complessivo e difendere il tuo patrimonio.

Introduzione

– La cartella esattoriale (o cartella di pagamento) è il mezzo attraverso cui Agenzia delle Entrate-Riscossione richiede ai contribuenti il pagamento di somme dovute e non pagate spontaneamente. Oltre all’imposta principale originariamente dovuta (es. imposta non versata, contributo omesso, tributo locale, ecc.), la cartella contiene sanzioni pecuniarie per la violazione (ad esempio sanzioni da omesso versamento) e gli interessi maturati nel tempo. Gli interessi svolgono la funzione di compensare l’ente impositore per il ritardato pagamento: avere disponibilità di denaro in ritardo comporta infatti un danno presunto per il creditore pubblico. Nella cartella di pagamento, gli interessi possono presentarsi in diverse forme giuridiche, ciascuna con proprie regole di calcolo e decorrenza.

In questa guida avanzata esamineremo in modo esaustivo tutti gli aspetti relativi agli interessi nelle cartelle esattoriali emesse da Agenzia delle Entrate-Riscossione, con un linguaggio tecnico-giuridico ma accessibile, rivolto principalmente ad avvocati e imprenditori italiani. Analizzeremo le varie tipologie di interessi applicabili (interessi legali, di mora, da dilazione, ecc.), le rispettive basi normative e modalità di calcolo, le differenze tra sorte capitale, sanzioni e interessi, nonché i termini di prescrizione e decadenza rilevanti in materia. Verranno approfonditi gli effetti di sospensioni e interruzioni sui termini di riscossione e sulla maturazione degli interessi. Faremo riferimento alla giurisprudenza più recente (sia di merito sia di legittimità, fino a maggio 2025) che ha affrontato questioni cruciali sugli interessi nelle cartelle esattoriali, per evidenziarne i principi applicativi.

Saranno inoltre proposte FAQ in forma di domanda-risposta per chiarire i dubbi frequenti (ad esempio: quando iniziano a maturare gli interessi? Gli interessi si applicano anche sulle sanzioni? Qual è il termine di prescrizione di una cartella non pagata? etc.). Infine, forniremo simulazioni pratiche con casi concreti (riguardanti una persona fisica, una PMI e una società con debiti oltre 500.000 €) per illustrare il funzionamento reale del calcolo degli interessi in diversi scenari.

Tipologie di Interessi nelle Cartelle Esattoriali

Quando si parla di “interessi” in una cartella di pagamento, si possono intendere differenti categorie di interessi, ognuna disciplinata da specifiche norme. Le principali tipologie da esaminare sono:

  • Interessi legali (corrispettivi) – Il tasso di interesse legale è fissato ex art. 1284 c.c. e rappresenta il tasso di interesse “base” previsto dall’ordinamento civile per le obbligazioni pecuniarie. Questo tasso, variabile di anno in anno con decreto ministeriale, non è specifico del diritto tributario ma trova applicazione anche in ambito fiscale in talune circostanze (ad esempio, per il ravvedimento operoso e in altre ipotesi di interessi dovuti su somme fiscali non versate spontaneamente in tempo).
  • Interessi per ritardata iscrizione a ruolo – Sono gli interessi dovuti sulle somme iscritte a ruolo per il periodo che intercorre dal momento in cui il tributo sarebbe dovuto (es. scadenza originaria di versamento o data di accertamento) fino all’iscrizione al ruolo (ovvero fino alla predisposizione della cartella). Questi interessi, previsti dall’art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, costituiscono un interesse compensativo per il ritardo con cui l’Erario riscuote le imposte. Talora vengono detti anche “interessi corresponsori” in ambito tributario, perché compensano il mero decorso del tempo prima dell’attivazione della riscossione coattiva. Attualmente il tasso di tali interessi è fissato per legge al 4% annuo (come vedremo, storicamente era diverso).
  • Interessi di mora – Sono gli interessi dovuti dal contribuente per il ritardo nel pagamento successivamente alla notifica della cartella. Decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento indicato in cartella (60 giorni dalla notifica, ai sensi dell’art. 25 D.P.R. 602/1973) e si applicano sulle somme iscritte a ruolo non pagate entro tale termine. Gli interessi moratori in ambito fiscale sono disciplinati dall’art. 30 D.P.R. 602/1973 e vengono calcolati giornalmente dalla data di notifica fino alla data di effettivo pagamento. La peculiarità è che il tasso di interesse di mora non è fisso per legge, ma è determinato annualmente con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, su base variabile legata alla media dei tassi bancari attivi. Dal 1° luglio 2019 tale tasso è stato fissato al 2,68% annuo, valore ancora vigente a maggio 2025 (in mancanza di ulteriori provvedimenti di modifica successivi).
  • Interessi da dilazione (interessi di rateazione) – Sono gli interessi dovuti quando il contribuente ottiene una rateizzazione del debito iscritto a ruolo. In tal caso, sulle rate in scadenza oltre il termine legale di pagamento si applicano interessi di dilazione (talora detti anche interessi compensativi da rateazione). Essi decorrono dal momento in cui è concessa la dilazione e vengono applicati sulle somme rateizzate per tutta la durata del piano di ammortamento. La base normativa è l’art. 21, comma 1, D.P.R. 602/1973, che attualmente prevede un tasso annuo del 4,5% sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso ai sensi dell’art. 19 dello stesso DPR. Questo tasso – a differenza degli interessi di mora – è fissato in misura stabile dalla norma (ed è stato stabilito nella misura attuale dal 1° ottobre 2009, per effetto del DM 21 maggio 2009).
  • Interessi su rimborsi fiscali – Anche se non direttamente oggetto della cartella (che riguarda somme dovute all’Erario, non crediti del contribuente), merita menzione che il legislatore ha previsto specifici tassi di interesse anche per le somme da rimborsare al contribuente in caso di versamenti in eccesso o vittoria in giudizio. Ad esempio, gli interessi sui rimborsi delle imposte dirette (IRPEF, IRES) sono fissati al 1% annuo (art. 44 D.P.R. 602/1973), mentre quelli sui rimborsi IVA al 2% annuo (art. 38-bis D.P.R. 633/1972). Questi tassi, significativamente inferiori a quelli di mora, evidenziano una disparità di trattamento tra Fisco e contribuente spesso criticata in dottrina (il Fisco remunera i propri ritardi con tassi bassissimi, mentre chiede al contribuente tassi maggiori per i ritardi nei pagamenti). Tale asimmetria, peraltro, è stata oggetto di dibattito ma è attualmente prevista dalla legge.

Come si nota, esistono dunque diverse categorie di interessi legati al ciclo di vita del debito fiscale: interessi legali (generali), interessi “da accertamento” o da ritardata iscrizione a ruolo (nel periodo precedente la cartella), interessi di mora (successivi alla cartella), interessi da rateazione (in costanza di piano di pagamento rateale), oltre agli eventuali interessi su rimborsi.

Nella pratica, quando viene notificata una cartella esattoriale, il contribuente potrà trovarvi indicati:

  • l’importo dell’imposta evasa o non pagata (sorte capitale);
  • le sanzioni amministrative pecuniarie (calcolate in percentuale sull’imposta, es. 30% per omesso versamento, eventualmente ridotte se l’atto presupposto era un avviso con adesione o definizione agevolata);
  • gli interessi maturati sino alla data della cartella (in genere, interessi ex art. 20 DPR 602/73, al 4%, o altri interessi previsti per specifiche entrate);
  • l’aggio di riscossione (se applicabile) o oneri di riscossione, ossia la quota spettante all’agente della riscossione, storicamente pari al 6% – 8% del ruolo (va notato che dal 2022 l’aggio è stato abolito e la riscossione finanziata da stanziamenti statali, ma per carichi antecedenti permaneva la voce in cartella);
  • eventuali spese di notifica ed esecutive.

Trascorsi i 60 giorni senza pagamento, sull’importo residuo non versato (al netto di sanzioni e interessi già iscritti) maturano automaticamente gli interessi di mora giornalieri fino al saldo. Se il contribuente richiede una rateizzazione, sulle rate successive alla prima si applicano invece gli interessi di dilazione (sempre sul solo importo rateizzato, esclusi sanzioni e altri interessi) e, se la prima rata è pagata oltre i 60 giorni, anche gli interessi di mora per i giorni di ritardo. Analizzeremo in dettaglio ciascuno di questi interessi nelle sezioni seguenti.

Interessi legali e loro ruolo in ambito fiscale

Il saggio di interesse legale, stabilito dall’art. 1284 c.c., è fissato annualmente con decreto del Ministero dell’Economia e Finanze. Esso è passato per variazioni significative nell’ultimo decennio, oscillando tra minimi storici nel 2020-2021 (addirittura 0,01%) e rialzi fino al 5% nel 2023, per poi ridursi al 2% nel 2025, in parallelo alle condizioni macroeconomiche. Questo tasso legale trova applicazione nel diritto tributario soprattutto in due ambiti:

  • Ravvedimento operoso: quando il contribuente regolarizza spontaneamente un omesso o tardivo pagamento prima che il Fisco glielo contesti, deve versare, oltre alla sanzione ridotta, anche gli interessi calcolati al tasso legale (pro rata temporis per i giorni di ritardo). Ad esempio, un contribuente che a marzo 2025 intende ravvedere un omesso versamento di febbraio 2025 applicherà interessi legali al 2% annuo (tasso in vigore nel 2025) dal giorno successivo alla scadenza fino al giorno del pagamento ravveduto.
  • Interessi da accertamento (in fase di liquidazione): in alcuni casi gli interessi per ritardato pagamento di imposte emergenti da controlli automatizzati o avvisi di accertamento vengono calcolati al tasso legale, salvo diverse specifiche normative. Ad esempio, in passato, sugli avvisi bonari da liquidazione automatica delle dichiarazioni (ex art. 36-bis DPR 600/73) era applicato un tasso vicino al saggio legale. Va tuttavia segnalato che dal 2016 è stata introdotta per questi avvisi una misura fissa del 3,5% annuo, mantenuta anche dopo le recenti riforme (come confermato dalla normativa del 2025 che ha esteso a 60 giorni il termine per pagare gli avvisi bonari, lasciando però fermo il tasso degli interessi al 3,5% sugli importi dovuti). Dunque, oggi sugli avvisi bonari scaturiti da controlli automatici si applicano interessi pari al 3,5% annuo (in luogo del tasso legale corrente).
  • Interessi da sentenza di condanna: qualora il contribuente ottenga in giudizio la restituzione di somme indebitamente versate, maturano interessi legali (oltre alla rivalutazione monetaria, se prevista) dal momento in cui il credito è divenuto esigibile. Questa situazione, pur non coinvolgendo la cartella esattoriale, completa il quadro: se in un processo tributario la sentenza definitiva dispone il rimborso di un tributo, l’Amministrazione dovrà corrispondere interessi nella misura determinata dall’art. 1284 c.c. (salvo diversa disposizione di legge per quel tributo).

È importante distinguere gli interessi legali dalle altre tipologie: il tasso legale è uniforme per tutti i rapporti civili e commerciali, mentre in ambito fiscale convivono tassi differenti per diverse fattispecie. Ad esempio, nel 2023 il tasso legale era 5%, ma il Fisco applicava per i propri crediti:

  • interessi di mora al 2,68%,
  • interessi da avvisi bonari al 3,5%,
  • interessi da dilazione al 4,5%,
  • interessi da ritardata iscrizione a ruolo al 4%.

Si tratta di valori in parte inferiori al tasso legale (e quindi più favorevoli al contribuente, come gli interessi di mora), in parte superiori (come gli interessi da dilazione al 4,5% vs tasso legale 5% nel 2023). Questa apparente incongruenza dipende dal fatto che il legislatore tributario, con norma speciale, può stabilire tassi ad hoc entro certi limiti. La legge 244/2007 ha delegato al MEF la possibilità di fissare i tassi di interesse per la riscossione dei tributi entro 3 punti percentuali di differenza rispetto al tasso legale, salvo gli interessi di mora fissati ex art. 30 DPR 602/73. Ciò ha portato a un sistema in cui il tasso legale rappresenta un riferimento generale, mentre i tassi fiscali sono modulati in funzione di finalità diverse: deterrenza (mora), compensazione (dilazione, ritardata iscrizione) o riequilibrio (rimborsi).

Nella Tabella 1 riportiamo l’evoluzione recente del tasso di interesse legale e degli altri tassi rilevanti in ambito cartelle esattoriali, per avere un quadro comparato.

Tabella 1 – Tipologie di interessi e tassi principali (anni 2015–2025)

AnnoTasso interesse legale (art. 1284 c.c.)Interessi per ritardata iscrizione a ruolo (art. 20 DPR 602/73)Interessi da dilazione (rateazioni, art. 21 DPR 602/73)Interessi di mora (art. 30 DPR 602/73)
20150,5%4% (fisso)4,5% (fisso)5,14% annuo (provv. AE 30/4/2015)
20160,2%4%4,5%4,88% annuo (provv. 30/4/2015)
20170,1%4%4,5%3,50% annuo (dal 15/05/2017)
20180,3%4%4,5%3,01% annuo (dal 15/05/2018)
20190,8%4%4,5%3,01% annuo (fino 30/06/2019); 2,68% annuo (dal 01/07/2019)
20200,05%4%4,5%2,68% annuo (nessuna variazione)
20210,01%4%4,5%2,68% annuo
20221,25%4%4,5%2,68% annuo
20235,0%4%4,5%2,68% annuo
20242,5%4%4,5%2,68% annuo
20252,0%4%4,5%2,68% annuo

(Fonti: G.U. – Decreti Ministeriali tasso legale; art. 20 e 21 DPR 602/73; Provvedimenti Agenzia Entrate per tasso di mora)

Come si evince dalla tabella, il tasso di interesse legale ha subìto notevoli oscillazioni (passando dallo 0,01% del 2021 al 5% del 2023, poi ridotto al 2% nel 2025), mentre i tassi fiscali speciali sono rimasti più stabili o con variazioni meno ampie. In particolare, il tasso di mora è sceso progressivamente dal 6,8358% del 2009 fino al 2,68% del 2019, in parallelo alla riduzione dei tassi bancari attivi comunicati da Banca d’Italia. Dal 2019 al 2025 non vi sono stati ulteriori provvedimenti di modifica, per cui il 2,68% è rimasto la misura vigente (è verosimile, tuttavia, che nell’attuale fase di rialzo dei tassi di mercato vi possa essere un provvedimento di aumento negli anni successivi al 2025, secondo il meccanismo legale di adeguamento annuale).

Gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (4%) e gli interessi da dilazione (4,5%) sono invece fissi per disposizione normativa dal 2009. Prima di allora, storicamente, tali interessi avevano valori diversi: ad esempio, negli anni ‘90 il tasso semestrale di interesse ex DPR 602/73 era 2,5% (corrispondente al 5% annuo) poi ridotto al 2,5% annuo nel 1997 e nuovamente elevato al 4% nel 2009. Oggi, dunque, per ogni nuova cartella:

  • eventuali interessi relativi al periodo ante-cartella (es. interessi in accertamento o in liquidazione) saranno computati al 4% annuo;
  • gli interessi sul pagamento rateale saranno al 4,5% annuo;
  • gli interessi di mora post-cartella (in caso di mancato pagamento entro 60 gg) al 2,68% annuo (fino ad aggiornamento).

Proseguiremo ora con l’analisi specifica delle singole tipologie di interessi, delle basi di calcolo e delle decorrenze.

Interessi per ritardata iscrizione a ruolo (art. 20 DPR 602/1973)

Gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (talora detti anche interessi da liquidazione o interessi compensativi da accertamento) sono disciplinati dall’art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602. Questa norma prevede che “sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione e al controllo formale delle dichiarazioni (…) ovvero all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli, gli interessi […]” al tasso stabilito dalla legge. Tale tasso è stato oggetto di modifiche legislative: attualmente, per effetto dell’art. 2 del DM 21 maggio 2009, dal 1º ottobre 2009 gli interessi ex art. 20 DPR 602/73 sono dovuti nella misura del 4% annuo (per i ruoli resi esecutivi da tale data). Prima di allora, dal 1997 al 2009 il tasso era del 2,5% annuo (risultante dalla riduzione operata dalla L. 662/1996) e nel semestre precedente al DM era temporaneamente al 2,75% annuo – circostanza ricordata anche da Cass. n. 40047/2021.

Quando maturano questi interessi? Essi si applicano dal giorno successivo alla scadenza del pagamento del tributo fino alla data di formazione del ruolo (ossia fino a quando l’importo viene iscritto nel ruolo consegnato all’agente della riscossione). In pratica:

  • Se un contribuente non versa un’imposta alla scadenza prevista (es. saldo IRPEF dovuto il 30 giugno), decorre dal 1º luglio successivo l’interesse di cui all’art. 20 sul dovuto.
  • Tali interessi continuano a maturare durante l’iter di liquidazione, controllo e accertamento, fino al momento in cui l’importo è iscritto a ruolo (ovvero fino alla predisposizione della cartella di pagamento).

Quando la cartella esattoriale viene notificata, gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo sono già inclusi nell’importo indicato. La cartella infatti riepiloga, per ciascun tributo, le voci dovute: imposta, sanzione, interessi. Ad esempio, una cartella per IRPEF connessa a un avviso di accertamento con scadenza pagamento nel 2020, con notifica della cartella nel 2023, conterrà gli interessi al 4% annuo calcolati dal 2020 fino alla data di consegna del ruolo (indicativamente alcuni mesi prima della notifica cartella nel 2023).

Base di calcolo – Gli interessi ex art. 20 si calcolano sull’imposta (somme dovute a titolo di tributo), escludendo le sanzioni e gli interessi già eventualmente presenti nell’atto presupposto. Ciò significa che non si applicano interessi sugli interessi (niente anatocismo) né interessi sulle somme dovute a titolo di sanzione. Questa esclusione è espressamente prevista per gli interessi di mora (art. 30) e viene applicata in via sistematica anche per gli interessi da ritardata iscrizione e da dilazione, stante la natura accessoria analoga.

Esempio di calcolo: supponiamo un’omissione di versamento di €10.000 di imposta con scadenza 16 giugno 2021. La cartella viene emessa il 1º settembre 2023. Gli interessi ex art. 20 da addebitare saranno calcolati così:

  • Periodo di calcolo: dal 17 giugno 2021 (giorno dopo scadenza) fino alla data di consegna del ruolo (ipotizziamo 30 giugno 2023, per semplificazione).
  • Tasso: 4% annuo fisso.
  • Giorni di decorrenza: ad esempio 744 giorni (dal 17/06/2021 al 30/06/2023).
  • Calcolo: €10.000 * 4% * 744/365 = €10.000 * 0,04 * 2,03836 = €815,34 circa.

Questo importo di circa €815 comparirà in cartella come “interessi” relativi all’imposta. Da notare che se l’atto presupposto fosse stato un avviso di accertamento notificato nel frattempo, quell’avviso già recava gli interessi fino alla scadenza concessa per il pagamento dell’avviso stesso. In tal caso, la cartella (emessa per mancato pagamento dell’accertamento divenuto definitivo) potrebbe contenere solo gli ulteriori interessi maturati tra la scadenza dell’avviso e l’iscrizione a ruolo.

Natura giuridica e regime – Gli interessi ex art. 20 non sono sanzioni, ma accessori del tributo con funzione compensativa. Di conseguenza:

  • Seguono il regime del tributo per quanto riguarda impugnabilità e prescrizione. Ad esempio, se l’imposta è annullata, cadono anche gli interessi; se la cartella per l’imposta è contestabile, lo sono anche gli interessi relativi.
  • Prescrizione: la giurisprudenza prevalente qualifica questi interessi come parte del credito erariale principale, non periodici autonomi. Come vedremo più avanti, la Cassazione (Sez. Unite 2024) ha statuito che il credito per imposte è soggetto a prescrizione decennale, non essendo obbligazione periodica. Gli interessi che vi accedono, pur avendo natura periodica quanto al computo, seguono la stessa sorte prescrizionale del tributo se capitalizzati nel ruolo. C’è tuttavia anche l’indirizzo secondo cui gli interessi, in quanto obbligazioni accessorie con scadenze frazionate, siano in sé soggetti a prescrizione breve ex art. 2948 n.4 c.c. (5 anni) finché non confluiti in un titolo giudiziale. Questo profilo sarà approfondito infra parlando di prescrizione.
  • Deducibilità fiscale: gli interessi pagati dal contribuente al Fisco hanno natura di interessi passivi da ritardato pagamento. Per un’impresa, tali oneri finanziari sono in linea di principio deducibili dal reddito d’impresa (come stabilito anche dalla Cassazione e dalla prassi: cfr. Ris. AE n. 77/2011) in quanto costi sostenuti per il conseguimento dei ricavi (il pagamento di imposte rientra nell’esercizio dell’attività). Occorre però rispettare l’eventuale limite generale di deducibilità degli interessi passivi (art. 96 TUIR, 30% EBITDA) se applicabile. D’altra parte, le sanzioni non sono mai deducibili (costituiscono penalità per violazione di norme, quindi indeducibili ai sensi dell’art. 6 c.4 D.Lgs. 472/1997), il che crea una distinzione importante: gli interessi non hanno funzione punitiva e quindi restano oneri deducibili, a differenza delle sanzioni.

In sintesi, gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo rappresentano il “corrispettivo” standard per il tempo intercorso prima dell’avvio della riscossione coattiva. Il contribuente se li vede addebitare in cartella senza che vi sia margine di discrezionalità amministrativa: la legge li impone automaticamente al tasso fissato (4%) e per il periodo dovuto. L’unica chance di sottrarsi è evitare che trascorra tempo tra debito e pagamento – ma, a quel punto, la cartella non sarebbe emessa affatto. In pratica, questi interessi sono inarrestabili: anche ottenendo una sospensione giudiziale dell’atto impositivo, quando poi il tributo tornerà esigibile, gli interessi maturati nel frattempo dovranno essere pagati (come confermato dalla Cassazione: in caso di sospensione dell’accertamento, l’importo di interessi ex art. 20 continua a decorrere, mentre gli interessi di mora non maturano finché la cartella non poteva essere eseguita).

Interessi di mora (art. 30 DPR 602/1973)

Gli interessi di mora sono forse la categoria più nota e “temuta” di interessi nelle cartelle esattoriali. Scatteranno ogniqualvolta il debitore non paga la cartella entro 60 giorni dalla notifica. Come recita l’art. 30 DPR 602/73: “decorso inutilmente il termine previsto dall’art. 25, comma 2 [ossia 60 giorni], sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente* con decreto del Ministero delle Finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”*.

Da questa disposizione possiamo evidenziare diversi punti chiave:

  • Gli interessi di mora decorrono dal giorno successivo alla scadenza dei 60 giorni dalla notifica (in pratica dal 61° giorno dopo la notifica della cartella) e fino al giorno del pagamento. Vengono calcolati sui giorni effettivi di ritardo (metodo pro-rata daily).
  • La base di calcolo sono le “somme iscritte a ruolo”, escluse però sanzioni e interessi. Ciò significa che gli interessi di mora si applicano solo sul tributo (sorte capitale) indicato in cartella e sull’eventuale aggio di riscossione dovuto, ma non sulla sanzione né sugli interessi di ritardata iscrizione già computati. Questa clausola è fondamentale: impedisce la capitalizzazione composta (nessun interesse su interessi) e l’ulteriore aggravio sulle sanzioni già di per sé onerose.
  • Il tasso di interesse di mora non è fisso, ma viene determinato con provvedimento amministrativo ogni anno (salvo diversa frequenza) sulla base della media dei tassi attivi bancari. Storicamente era un decreto ministeriale, oggi viene emanato un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate entro il mese di maggio che fissa il tasso applicabile dal 1° luglio di ogni anno, previa consultazione di Banca d’Italia. L’Agenzia Entrate-Riscossione stessa chiarisce che il tasso è fissato annualmente a partire dalla media dei tassi bancari attivi.
  • Il tasso rimane in vigore fino a nuovo provvedimento. Negli ultimi anni:
    • Dal 1° ottobre 2011 al 30/9/2012 fu 5,0243% (provvedimento 22/6/2011, media tassi attivi 4,0243% + 1 punto).
    • Scese poi a 4,55% dal 2012, a 4,13% dal 2016, a 3,50% dal 15/5/2017, e 3,01% dal 15/5/2018.
    • Dal 1° luglio 2019 è 2,68% annuo e tale è rimasto almeno fino a maggio 2025 (non risultano provvedimenti successivi).

Gli interessi di mora rappresentano quindi un meccanismo sanzionatorio-indennitario: da un lato, penalizzano il contribuente inadempiente con un tasso superiore rispetto a quello legale medio (per molti anni il tasso di mora fu attorno al 6-7%, ben più alto del tasso legale), dall’altro formalmente servono a indennizzare l’Erario del tardivo incasso delle somme iscritte a ruolo. Negli ultimi anni, paradossalmente, il tasso di mora (2,68%) è rimasto inferiore al tasso legale in forte crescita (5% nel 2023): ciò è dovuto al ritardo con cui i provvedimenti di adeguamento sono intervenuti, bloccando il tasso di mora al livello minimo storico di 2,68%. Questo ha comportato un periodo in cui, dal punto di vista economico, il costo del ritardo per il contribuente era contenuto, creando minor deterrenza al ritardo stesso.

Calcolo pratico – Il calcolo degli interessi di mora su una cartella segue la formula classica pro-rata temporis:

Interessi di mora = (capitale iscritto a ruolo * tasso annuo * giorni di ritardo) / 36500

Ad esempio, per una cartella con €50.000 di imposta non pagata, notificata in data 10 gennaio 2023 e pagata il 31 dicembre 2023, gli interessi di mora saranno:

  • Capitale: €50.000 (supponendo di escludere sanzioni ed interessi per base calcolo).
  • Tasso: 2,68% annuo (in vigore nel 2023).
  • Giorni di ritardo: dal 12 marzo 2023 (61° giorno dopo notifica, considerando 28 gg febbraio) al 31 dicembre 2023 → circa 294 giorni di mora.
  • Interessi = 50.000 * 2,68% * 294/365 ≈ €50.000 * 0,0268 * 0,804 = €1.078 circa.

Tali interessi verranno liquidati al momento del pagamento (se il contribuente paga spontaneamente oltre i 60 gg, li troverà nell’intimazione di pagamento o comunque dovrà calcolarli; se invece subisce un atto esecutivo, l’Agente li contabilizzerà fino alla data di avvio esecuzione). Vale la pena ricordare che gli interessi di mora riscossi vanno interamente all’ente creditore che ha iscritto a ruolo il credito, diversamente dalle sanzioni pecuniarie che in parte vanno allo Stato e in parte (spesso) all’ente impositore locale (nel caso di tributi locali).

Caratteristiche giuridiche – Gli interessi di mora hanno natura di interessi moratori in senso tecnico, nascendo dal ritardo colpevole del debitore nel pagamento di somme dovute. Non sono qualificati come sanzioni amministrative, e come tali:

  • Non sono impugnabili autonomamente, ma solo insieme all’atto che li genera (la cartella o l’intimazione di pagamento). La giurisprudenza ha affermato che la cartella deve indicare almeno i criteri di calcolo degli interessi di mora, ma non necessariamente l’ammontare giorno per giorno: è sufficiente sia specificato il tasso applicato e la decorrenza. Le Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 24933/2013) hanno ritenuto validamente motivata la cartella che riporti il tasso e il riferimento normativo, essendo poi il calcolo materiale effettuabile a posteriori dal contribuente.
  • Interessi su interessi? Come già evidenziato, no: l’art. 30 vieta espressamente di computare interessi di mora su altre somme accessorie come interessi o sanzioni. Quindi il loro calcolo resta lineare sul solo capitale.
  • Prescrizione degli interessi di mora: è tema complesso. Da un lato, l’obbligazione tributaria principale (es. imposta) può avere prescrizione decennale; dall’altro lato, il codice civile prevede una prescrizione breve di 5 anni per “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno” (art. 2948 n.4 c.c.), categoria in cui rientrano tradizionalmente gli interessi. La Cassazione recente ha chiarito che “la prescrizione degli interessi che accedono a obbligazioni tributarie è regolata da una norma di diritto comune quale l’art. 2948, n. 4 c.c.”, dunque in linea di massima 5 anni. Ciò porterebbe a dire che i singoli interessi di mora maturati anno per anno si prescrivono in 5 anni dal loro sorgere. Tuttavia, occorre coordinare tale principio con l’andamento del rapporto: se il debito principale si prescrive in 10 anni ma il Fisco compie atti interruttivi, anche la maturazione di nuovi interessi prosegue, e quelli più risalenti potrebbero essere travolti dall’inerzia. In pratica, la difesa del contribuente può eccepire la prescrizione quinquennale degli interessi maturati in periodi per i quali siano decorsi 5 anni senza atti interruttivi riferiti a essi. Nella Sezione dedicata alla prescrizione approfondiremo con riferimento alle pronunce di merito (alcune Commissioni Tributarie hanno annullato interessi di mora relativi a periodi lontani in assenza di intimazioni, ritenendoli prescritti in 5 anni).

Giurisprudenza rilevante – In giurisprudenza si segnalano vari spunti sugli interessi di mora:

  • La Cassazione, Sez. Unite, n. 23397/2016 ha definitivamente escluso che la mancata impugnazione della cartella possa “convertire” la prescrizione breve in decennale (art. 2953 c.c.), salvo il caso di sentenza passata in giudicato. Dunque, per sanzioni e interessi (quinquennali) non pagati e non oppugnati, il termine resta di 5 anni, non 10. Questo impatta sugli interessi di mora: se il loro termine è breve, la cartella non impugnata non trasforma la loro prescrizione in dieci anni, diversamente da quanto avviene se interviene giudicato.
  • La Cassazione, Sez. V, n. 40047/2021 (già citata) ha affermato l’illegittimità degli interessi di mora in un caso particolare: quando l’atto impositivo presupposto era stato sospeso dal giudice, l’Amministrazione non avrebbe dovuto iscrivere a ruolo somme prima dell’esito; avendo ciò fatto e poi sospeso in autotutela il ruolo, la Corte ha ritenuto che gli interessi di mora non fossero dovuti per quel periodo di sospensione. In sostanza, se l’esecuzione è sospesa, la parte è come se non fosse in mora finché dura la sospensione giudiziale. Questa pronuncia si è posta in contrasto con altro orientamento (Cass. ord. n. 20361/2020) che invece riteneva che la sospensione riguardasse l’esecuzione ma non l’atto prodromico, sicché la cartella andasse comunque sospesa autonomamente per evitare interessi. La diatriba è tecnica: oggi si tende a ritenere che, se c’è un provvedimento di sospensione giudiziale della riscossione, non maturino interessi di mora per quel periodo, come anche stabilito da alcune corti di merito (ad es. Corte Giust. Trib. Umbria n. 186/2023). Si noti però che, anche in caso di sospensione, maturano comunque interessi “corrispettivi” sull’imposta (al 4%) perché il debito resta temporaneamente non esigibile ma produttivo di interessi compensativi.
  • Un’ulteriore questione: la legittimità del tasso di mora. Alcuni ricorsi hanno sollevato dubbi sulla metodologia di calcolo (media tassi attivi + 1%). Tuttavia, la Corte Costituzionale ha sempre ritenuto legittima la previsione di un tasso di mora diverso dal saggio legale, giustificando l’extra 1% come margine compensativo per la P.A. (Decisione Corte Cost. n. 42/2014, che dichiarò infondate questioni di legittimità sul meccanismo di determinazione del tasso ex art. 30 DPR 602/73).

Riassumendo: gli interessi di mora sono gli interessi aggiuntivi che il contribuente paga per il mero fatto di non aver pagato nei termini la cartella. Sono potenzialmente infinito (se il debito non viene mai pagato, maturano finché il credito vive, salvo prescrizione) ma non capitalizzato (non generano ulteriori interessi su sé stessi). Il contribuente può evitarli solo pagando tempestivamente o chiedendo rateazione entro 60 giorni (vedremo a breve come la rateazione incide).

Interessi da dilazione delle cartelle (rateizzazione – artt. 19 e 21 DPR 602/1973)

Quando un contribuente si trova nell’impossibilità di pagare in unica soluzione il debito di una cartella, la legge consente di chiedere una rateizzazione (dilazione) all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia). In caso di accoglimento, il debitore ottiene un piano di pagamento suddiviso in rate mensili (fino a un massimo che varia in base all’importo e al periodo: es. fino a 120 rate mensili per importi elevati o temporanea difficoltà comprovata). Sul debito rateizzato si applicano gli interessi di dilazione stabiliti dall’art. 21 DPR 602/73.

Come già anticipato, il tasso è 4,5% annuo per le dilazioni concesse dal 1° ottobre 2009 in poi. L’art. 21, c.1 DPR 602/73 recita infatti: “sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso ai sensi dell’art. 19, comma 1, si applicano gli interessi al tasso del 4,5% annuo”. Dunque:

  • Decorrenza: gli interessi di dilazione decorrono dalla data di concessione della rateizzazione (o dalla scadenza dei 60 giorni, se la prima rata viene pagata oltre tale termine) e si applicano su ciascuna rata, in pratica come interesse di finanziamento sul capitale dilazionato. Sono normalmente inclusi nel piano di ammortamento consegnato con il provvedimento di accoglimento.
  • Calcolo: il piano di rateazione segue un regime di ammortamento semplice a rate costanti di regola. L’agente della riscossione fornisce l’importo delle rate già comprensivo degli interessi. Ad esempio, per un debito di €12.000 in 24 rate mensili, con tasso 4,5%, la rata sarà calcolata come in un prestito a tasso fisso: l’importo totale degli interessi dipenderà dall’importo e dalla durata. In totale, interessi di dilazione su 2 anni per 12.000 € al 4,5% annuo ammontano a circa €592 complessivi (in rata circa 50€ di interessi al mese inizialmente, decrescenti).
  • Base imponibile: come per gli interessi di mora, non si computano interessi di dilazione sulle sanzioni. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione calcola le rate solo sul “capitale” (tributo + eventualmente aggio), escludendo le sanzioni pecuniarie. Ciò è confermato dalla prassi: “Interessi da dilazione (4,5% annuo) non dovrebbero essere conteggiati sulle somme a titolo di sanzione”. Ad esempio, su un debito di 10.000 € di imposte e 3.000 € di sanzioni, se si rateizza, gli interessi di dilazione si applicheranno sui 10.000 € (oltre all’aggio se dovuto), ma non sui 3.000 € di sanzioni, che comunque vanno pagate proporzionalmente nelle rate ma senza ulteriori interessi.
  • Rapporto con interessi di mora: la presentazione di un’istanza di rateazione blocca il decorso degli interessi di mora futuri, in quanto l’agente della riscossione non procede oltre in mancanza di inadempimento. Tuttavia, occorre distinguere: se la prima rata viene pagata dopo i 60 giorni dalla notifica cartella, gli interessi di mora maturati nei giorni di ritardo iniziali sono dovuti (in genere l’Agente li conteggia e li include nella prima rata). Se invece la rateazione viene richiesta e la prima rata pagata entro i 60 giorni, nessun interesse di mora sarà dovuto. Si pagheranno solo gli interessi di dilazione sulle rate successive. È dunque conveniente attivarsi tempestivamente per la rateizzazione, al fine di evitare completamente la mora.

Effetti della rateizzazione – Concedere la dilazione implica che:

  • Il debitore decade dalla rateazione solo in caso di mancato pagamento di un certo numero di rate (oggi 8 rate anche non consecutive non pagate fanno decadere il beneficio, per legge).
  • Finché il piano è rispettato, sono sospese le azioni esecutive: l’agente della riscossione non può iscrivere fermi, ipoteche né avviare pignoramenti, a meno di decadenza dal piano. Inoltre, la domanda di rateazione in sé sospende le procedure esecutive in corso (non possono proseguire se non per le misure cautelari già iscritte, come ipoteche, che però non vengono esecutate ulteriormente).
  • Gli interessi di dilazione continuano a maturare sulle rate non scadute, ma non maturano interessi di mora aggiuntivi, salvo appunto ritardi nelle singole rate. Se il contribuente paga ogni rata puntualmente, il costo del finanziamento è esattamente il 4,5% su base annua.
  • In caso di ritardo su singole rate: è tollerato entro 5 giorni (c’è un lieve periodo di tolleranza). Se il ritardo è superiore, formalmente il piano decade se si accumulano 8 rate non pagate, ma fino ad allora le rate scadute possono essere pagate con un leggero interesse moratorio (di solito, se si paga qualche giorno dopo, l’Agente calcola interessi di mora per quei giorni di ritardo della singola rata).
  • Se si verifica la decadenza dalla rateazione (ad es. salto di 8 rate), l’intero debito residuo diviene immediatamente riscuotibile. L’agente può riprendere la riscossione coattiva sul saldo dovuto e, a quel punto, ricominciano a decorrere gli interessi di mora sul residuo dal momento della decadenza. In pratica: durante la rateazione gli interessi di mora erano congelati; una volta decaduto, dal giorno successivo la rata scaduta che ha causato la decadenza, l’importo residuo è come se fosse di nuovo un debito scaduto, quindi soggetto a mora fino al pagamento finale. Fortunatamente, è prevista la possibilità di richiedere una nuova dilazione anche dopo la decadenza, pagando prima le rate scadute non versate (c.d. riammissione in bonis, introdotta di recente per dare più chance al debitore).

Esempio pratico: Una PMI ha una cartella di €20.000 (di cui 5.000 € sanzioni e 15.000 € tributo). Chiede rateazione a 36 rate. Se la prima rata viene pagata dopo la scadenza dei 60gg, supponiamo con 30 gg di ritardo, dovrà prima versare gli interessi di mora su 15.000 € per 30 gg (al 2,68% annuo → circa €33) oltre alla prima rata calcolata con interessi di dilazione. Successivamente, sulle restanti 35 rate matureranno solo interessi di dilazione al 4,5%, già inclusi nelle rate. Se la PMI paga regolarmente tutte le rate, gli interessi totali pagati saranno circa: €1.984 di interessi di dilazione complessivi (stima) + €33 di mora iniziale. Se invece la PMI dopo un anno smette di pagare e decade, sul residuo (ipotizziamo €10.000) da quella data matureranno di nuovo interessi di mora giornalieri finché non salda o non ottiene un nuovo piano.

Normativa correlata – È utile sapere che la normativa sulla rateizzazione è stata più volte modificata. Attualmente, dopo le modifiche del 2023-2024, sono previste maglie più larghe per ottenere rateazioni senza dover documentare lo stato di difficoltà (fino a €120.000 con semplice richiesta) e piani straordinari fino a 120 rate per importi elevati o per comprovata difficoltà. Inoltre, a seguito dell’emergenza Covid, chi era decaduto da piani pregressi ha potuto essere riammesso più facilmente. Tutti questi aspetti però attengono alle condizioni di ammissione alla rateazione, mentre il tasso di interesse 4,5% è rimasto invariato. Una novità del 2023 è stata la Definizione agevolata (“rottamazione-quater”) che, per le somme dilazionate nell’ambito agevolato, ha previsto un tasso ridotto del 2% annuo a carico del contribuente. Infatti, nelle sanatorie recenti (ad esempio la rottamazione ter e quater), il legislatore ha spesso stabilito che sulle rate della definizione agevolata si applichi un tasso forfettario del 2% annuo (invece del 4,5%), fermo restando l’azzeramento di sanzioni e interessi di mora. Ciò vale però solo per quelle particolari procedure condonistiche: nelle rateizzazioni ordinarie, extra-definizione, il 4,5% rimane il tasso standard.

Interessi da dilazione e deducibilità – Anche gli interessi pagati in fase di rateazione sono deducibili per i soggetti titolari di reddito d’impresa o lavoro autonomo, trattandosi di oneri finanziari assimilabili a interessi passivi su debiti (il fatto che il creditore sia l’Erario è irrilevante ai fini della qualificazione). Una circolare della Guardia di Finanza e la giurisprudenza confermano che la natura compensativa degli interessi di dilazione li rende deducibili (diversamente dalle sanzioni). Naturalmente, l’effettiva deduzione avviene per competenza se l’ente adotta competenza (ma spesso le imprese in semplificata deducono per cassa quando pagano le rate).

Differenze tra imposta, sanzioni e interessi nella cartella

È essenziale comprendere la diversa natura giuridica e funzione delle tre componenti fondamentali di una cartella esattoriale: imposta (o tributo), sanzioni e interessi. Ognuna obbedisce a regole peculiari in termini di calcolo, riduzioni, prescrizione e trattamento processuale:

  • Imposta principale: è il cuore del debito. Rappresenta la somma di denaro dovuta a titolo di tributo (IRPEF, IVA, contributi previdenziali, IMU, ecc.) che il contribuente avrebbe dovuto pagare e non ha pagato. La cartella ne chiede il versamento integrale (salvo definizioni agevolate). L’imposta gode di eventuali istituti deflativi (rateazione, sospensione) ma non può mai essere “scontata” se non tramite provvedimenti legislativi eccezionali (condoni). Ha termine di decadenza per la notifica (a pena di decadenza la cartella deve essere notificata entro un certo termine dall’anno di riferimento, vedi oltre) e poi un termine di prescrizione decennale (salvo casi di tributi locali con termini specifici). Se l’imposta viene annullata (da un giudice o in autotutela), cadono automaticamente anche sanzioni e interessi accessori.
  • Sanzioni pecuniarie: sono importi aggiuntivi a carattere punitivo, irrogati per la violazione di norme tributarie (es: omesso versamento, infedele dichiarazione, omessa dichiarazione, ecc., ognuna con percentuali sanzionatorie previste dal D.Lgs. 471/1997). Le sanzioni in cartella derivano in genere da atti impositivi (avvisi di accertamento, avvisi bonari) e scontano eventuali riduzioni per adesione o definizione. Le sanzioni non producono interessi compensativi né di mora (non avendo natura di obbligazioni pecuniarie civili periodiche, ma essendo debiti “una tantum” da illecito) – tranne forse in caso di sentenza di condanna passata in giudicato, quando il ritardo nel pagamento dopo il giudicato potrebbe far maturare interessi legali. In fase amministrativa comunque, come visto, gli interessi di mora e dilazione escludono il calcolo sulle sanzioni. Le sanzioni, differentemente dall’imposta:
    • Non sono deducibili dalle imposte (lo vieta espressamente l’art. 6 co. 4 D.Lgs. 472/1997).
    • Possono essere definite con riduzione in certi casi (es. definizione agevolata al 1/3 in caso di mancato ricorso, cumulo giuridico, condoni, rottamazioni che spesso le abbuonano interamente).
    • Prescrizione: per le sanzioni tributarie esiste una norma ad hoc, l’art. 20 D.Lgs. 472/1997, che fissa 5 anni sia per notificarle (decadenza) sia per la loro riscossione (prescrizione). La Cassazione ha costantemente confermato che “il termine di prescrizione dell’obbligazione tributaria per sanzioni è quinquennale ex art. 20 co.3 D.Lgs. 472/97, decorrente dall’iscrizione a ruolo se la sanzione non è divenuta definitiva in giudizio”. Solo se interviene un giudicato (es: sentenza della CTR passata in giudicato che conferma la sanzione) allora si applicherà la conversione in decennale ex art. 2953 c.c. (actio iudicati). Se invece la cartella non viene opposta, non scatta il 2953 perché la cartella è atto amministrativo e non titolo giudiziale, dunque la sanzione resta soggetta al limite dei 5 anni.
    • Gerarchia nelle azioni: in sede di riscossione, la legge prevede che i pagamenti parziali si imputino prima alle spese, poi all’aggio, poi alle imposte, quindi agli interessi e infine alle sanzioni (art. 31 DPR 602/73). Ciò evidenzia come le sanzioni vengano in ultimo: se un contribuente paga solo in parte, la sanzione rischia di non essere coperta, ma intanto si riduce il capitale su cui maturano interessi di mora.
  • Interessi: sia interessi da ritardata iscrizione, sia interessi di mora, sia interessi da dilazione sono accessori dell’imposta. La loro funzione non è punitiva (non dovrebbe essere punitiva, almeno), ma compensativa del ritardo. In realtà un po’ di finalità sanzionatoria negli interessi di mora esiste (per via del tasso spesso superiore al rendimento di mercato), ma formalmente essi non sono qualificati come sanzioni. Pertanto:
    • Possono essere condonati dal legislatore in sede di sanatorie: ad esempio, tutte le “rottamazioni” delle cartelle (2016, 2018, 2023) hanno previsto lo stralcio degli interessi di mora (e delle sanzioni), richiedendo solo il pagamento del tributo. Anche gli interessi da ritardata iscrizione sono stati condonati nelle definizioni agevolate. Ciò conferma che il legislatore li considera rinunciabili senza intaccare il capitale.
    • Impugnabilità: gli interessi seguono la sorte dell’atto principale. Se contesto l’imposta in giudizio, di riflesso contesterò anche gli interessi su di essa (anche se la cartella fosse stata pagata solo nel tributo, potrei domandare sgravio degli interessi qualora il tributo risultasse non dovuto). Non esiste però un’autonoma impugnazione della cartella limitatamente agli interessi, se non allegando che essi sono stati calcolati erroneamente o illegittimamente (es: tasso sbagliato, periodo non dovuto, ecc.).
    • Prescrizione: come già discusso, per gli interessi la questione è articolata. Possiamo sintetizzare così:
      • Interessi da ritardata iscrizione (4%): sono parte integrante del ruolo, quindi tendenzialmente seguono la prescrizione del tributo (10 anni) dal momento della notifica della cartella. Ma restano comunque “quantità dovute per singoli anni” e dunque soggetti a prescrizione quinquennale se considerati autonomamente. La SU 23397/2016 non li ha trattati esplicitamente, ma applicando i suoi principi: l’interesse, se non c’è giudicato, non diventa 10 anni per acquiescenza alla cartella, quindi se era potenzialmente periodico è cinque anni. Tuttavia, per un credito erariale come IRPEF, Cass. 11676/2024 SU ha statuito che non è prestazione periodica quella derivante dalle obbligazioni tributarie annuali. Ciò farebbe propendere per il termine ordinario per il tributo e i suoi interessi, più che per il termine breve.
      • Interessi di mora: questi maturano di giorno in giorno. Per la Cassazione, i singoli interessi di mora rientrano nella previsione di prescrizione breve (5 anni) in quanto obbligazione periodica accessoria. Dunque, se per 5 anni il Fisco non fa atti, gli interessi di mora maturati fino a 5 anni prima si estinguono. In concreto, quando si discute di prescrizione di cartella, spesso si invoca il termine breve delle sanzioni e degli interessi per liberarsi di quelle componenti dopo 5 anni, pur restando eventualmente il tributo esigibile 10 anni. Ad esempio, Cass. n. 33804/2022 ha affermato che in assenza di giudicato gli interessi di mora seguono l’art. 2948 c.c. (5 anni). D’altro canto, gli interessi non vengono mai cristallizzati da un giudicato, perché un eventuale giudicato riguarderebbe la sorte capitale (imposta o sanzione), mentre gli interessi continuano a decorrere dopo la sentenza. La giurisprudenza prevalente perciò tende a dire: imposte 10 anni; sanzioni 5 anni (salvo giudicato → 10 da giudicato); interessi 5 anni (gli interessi maturati oltre 5 anni fa sono prescritti se non riscossi). Faremo un riepilogo schematizzato nella tabella sui termini più avanti.
  • Trattamento in caso di definizione agevolata: come accennato, le varie “rottamazioni” hanno solitamente previsto: pagamento integrale del tributo, stralcio del 100% delle sanzioni e degli interessi di mora (spesso anche degli interessi da ritardata iscrizione). Ad esempio, la Rottamazione-quater (legge di Bilancio 2023) permette di estinguere i debiti iscritti a ruolo 2000-2017 pagando solo il capitale e il rimborso spese, con azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora. Tuttavia sulle rate dilazionate in quel contesto si applica un modesto 2% annuo dal 1° agosto 2023. Ciò significa che lo Stato ha ritenuto sacrificabili sanzioni e interessi (che hanno natura accessoria), mentre la sorte capitale va recuperata per intero (salvo piccoli arrotondamenti di spese). Questa differenza rispecchia la diversa natura: il tributo è dovuto perché rappresenta il gettito evaso, la sanzione e l’interesse sono penalità e indennizzi che possono essere abbonati per ragioni di politica fiscale.

Gerarchia di imputazione dei pagamenti – Vale la pena ribadire quanto accennato: in base all’art. 31 DPR 602/73, se il contribuente fa un pagamento parziale, l’ordine di imputazione è:

  1. Spese di esecuzione e di notifica;
  2. Compenso di riscossione (aggio);
  3. Imposta (o capitale);
  4. Interessi;
  5. Sanzioni.

Questo ordine fa sì che l’Erario privilegi il recupero dell’imposta e dei suoi accessori temporali rispetto alla sanzione. La sanzione viene soddisfatta solo dopo che tutto il resto è saldato. Ad esempio, se ho una cartella con €1000 di imposta, €300 di sanzioni e €50 di interessi e verso €1050, coprirò spese/aggio, imposta e interessi, ma la sanzione rimarrà parzialmente impagata. Ciò è utile da sapere perché, in caso di prescrizione, potrebbe darsi che la sanzione residua sia l’unica parte non pagata e possa essere eccepita come prescritta dopo 5 anni.

Conclusione sulla differenza: Imposta, sanzioni e interessi nella cartella formano un tutt’uno al momento della riscossione coattiva, ma hanno vite giuridiche differenti. L’imposta è il credito principale, “immortale” finché non decorrono 10 anni senza atti; la sanzione è “fragile”, estinguendosi in 5 anni se non attivata; gli interessi stanno in mezzo, tendenzialmente 5 anni ma rinnovandosi di continuo. Conoscere queste differenze è cruciale per predisporre le difese (puntare su prescrizione breve per sanzioni/interessi) e per negoziare transazioni (spesso si mira a far togliere sanzioni/interessi ottenendo il pagamento almeno del capitale).

Tabella 2 – Differenze tra imposta, sanzioni e interessi

VoceNatura giuridicaInteressi applicabiliPrescrizioneDeducibilitàDefinizioni agevolate
Imposta/TributoPrestazione patrimoniale imposta (credito erariale principale)Maturano interessi compensativi (4%) sino a cartella; interessi di mora dopo cartella (2,68% attuale)10 anni (ordinaria) da notificazione cartella o ultimo atto interruttivo (no termine breve perché non periodica in senso civilistico)Sì (costo d’esercizio per l’attività, ma essendo imposta evasa poi pagata, non è esborso deducibile: in realtà l’imposta evasa era reddito tassabile – il pagamento tardivo della stessa è solo adempimento di un debito tributario, non un costo deducibile)Solitamente dovuta per intero (nelle rottamazioni non è mai condonata se non in casi eccezionali come stralci di mini-importi)
Sanzioni tributariePena pecuniaria amministrativa (afflittiva-deterrente)Non maturano interessi (né compensativi né moratori, salvo forse interessi legali da giudicato)5 anni (art. 20 D.Lgs. 472/97) dalla definitività o iscrizione a ruolo; se non impugnata cartella, resta 5 anni (no conversione in 10); se giudizio e sentenza, 10 anni da giudicato (2953 c.c.)No (indeducibile ex lege per il soggetto che la paga)Spesso annullate o ridotte: rottamazioni prevedono stralcio 100%; possibili riduzioni ex art. 17 D.Lgs. 472/97 (pagamento entro 60 gg avviso: 1/3); definibili in conciliazione e mediazione con riduzione fino a 40%-50%.
Interessi (compensativi o moratori)Accessori del credito principale con funzione indennitaria (non punitive)– 4% annuo ante-cartella (art. 20); – 4,5% annuo su rateazioni (art. 21); – 2,68% annuo di mora (aggiornabile). (Tutti calcolati su imposta, no su sanzioni né interessi stessi)Orientamento prevalente: 5 anni ex art. 2948 n.4 c.c. (in quanto obbligazioni periodiche accessorie); Orientamento alternativo: interessi sul tributo seguono destino tributo (10 anni) specie se capitalizzati nel ruolo. In pratica: eccepibile prescrizione quinquennale per interessi di mora maturati oltre 5 anni prima senza atti interruttivi.Sì, per le imprese e autonomi (oneri finanziari relativi a debiti fiscali; soggetti a limite art. 96 TUIR se passivi)Nelle definizioni agevolate vengono in genere azzerati (stralcio totale interessi di mora e spesso anche compensativi). Nei piani di rottamazione, sulle rate residua un modesto 2% annuo.

(Fonti: art. 20, 21, 30 DPR 602/73; art. 20 D.Lgs. 472/97; Cass. SS.UU. 23397/2016 e 11676/2024; Altroconsumo)

Decorrenze, calcolo e pagamento degli interessi: sintesi pratica

Dopo aver esaminato dettagliatamente le varie categorie di interessi, può essere utile riepilogare il “percorso temporale” del debito tributario e l’applicazione delle varie tipologie di interessi nelle diverse fasi. Consideriamo il caso tipo di un contribuente che omette un pagamento dovuto e le varie fasi successive:

  1. Inadempimento originario – Il contribuente non versa, ad esempio, un tributo entro la scadenza prevista. Da subito dopo la scadenza cominciano a maturare interessi sulle somme dovute. A questo stadio, se il contribuente decide di rimediare spontaneamente (ravvedimento operoso), dovrà pagare interessi al tasso legale per i giorni di ritardo. Se invece non paga, l’Ufficio avvierà le procedure di controllo/accertamento:
    • Sulle somme dovute, dal giorno successivo alla scadenza scattano gli interessi compensativi (art. 20) al tasso vigente (4%). Questi continueranno a maturare finché il debito non sarà iscritto a ruolo.
    • Esempio: imposta scaduta il 30/11/2022 non pagata → dal 1/12/2022 maturano interessi 4% annuo.
  2. Atto impositivo intermedio – A seconda dei casi, il contribuente potrebbe ricevere:
    • una comunicazione di irregolarità (avviso bonario) dall’Agenzia Entrate (controllo automatizzato), di solito entro 1-2 anni. In tal caso, sul debito vengono calcolati interessi (spesso al 3,5% annuo in base alle norme speciali) fino alla data della comunicazione. Se il contribuente paga nei 30 giorni (60 giorni per atti emessi dal 2025 in poi), versa imposta + sanzione ridotta + interessi indicati (3,5%). Se non paga, la comunicazione confluirà in un’iscrizione a ruolo.
    • oppure un avviso di accertamento (per omesso versamento o maggior tributo accertato) – oggi spesso accertamento immediatamente esecutivo. In esso sono conteggiati interessi dal giorno dopo scadenza fino alla data di notifica dell’avviso, sempre al tasso legale o al 4% (a seconda della norma applicabile, solitamente 4%). L’avviso intima il pagamento entro 60 giorni, dopodiché (salvo ricorso) diventa esso stesso titolo esecutivo per la riscossione. Dunque:
      • Se il contribuente non impugna né paga l’accertamento, dopo 60 giorni l’accertamento è affidato alla riscossione e l’Agente può notificare direttamente un avviso di intimazione (non c’è più la cartella per atti successivi al 2011). In tale intimazione saranno richiesti imposta, sanzione e interessi di mora da accertamento (che decorrono dopo 30 giorni dall’intimazione stessa).
      • In altri casi, per atti più vecchi, l’Ufficio iscrive comunque a ruolo le somme da accertamento divenuto definitivo, e l’Agente notifica una cartella.
    • Se il contribuente impugna l’avviso di accertamento, deve pagare intanto 1/3 delle imposte (per le impugnazioni ante 2023) o nulla (per impugnazioni dal 2023 in poi, data la sospensione legale del pagamento in pendenza di giudizio tributario di primo grado per atti emessi dopo il 16/9/2022). Sugli importi non pagati e “sospesi” per legge in attesa del giudizio, comunque, se l’accertamento verrà confermato, matureranno interessi al tasso di dilazione (4%) dal 61° giorno dalla notifica dell’avviso fino alla data di iscrizione a ruolo post-sentenza. Difatti la legge prevede che, per le imposte accertate e non pagate per effetto della sospensione legale del 1/3, si applichino interessi al tasso di rateazione (4,5% fino al 2008, 4% poi) fino a esito del giudizio. Questi sono tecnicamente ancora interessi ex art. 20 (ritardata iscrizione) benché l’atto fosse un accertamento.
  3. Formazione del ruolo e notifica cartella – Quando l’ente creditore (Agenzia Entrate, INPS, Comune, ecc.) iscrive a ruolo le somme dovute, viene predisposta la cartella esattoriale. Sulla cartella:
    • Sono indicati *gli interessi calcolati fino al ruolo (interessi di ritardata iscrizione, 4%).
    • La data di consegna del ruolo è significativa: gli interessi ex art. 20 si fermano a quella data. La cartella viene notificata magari un paio di mesi dopo, ma in quei mesi non maturano ulteriori interessi di mora, perché prima della notifica non c’è mora e il ruolo è già formato (quindi il computo si arresta).
    • Esempio: ruolo consegnato all’Agente il 30/06/2023, cartella notificata il 10/08/2023. Gli interessi conteggiati in cartella vanno fino al 30/06/2023. Dal 01/07 al 10/08 non c’è decorrenza di interessi perché il debito è in fase di notifica ma non ancora scaduto.
    • Nel momento in cui la cartella è notificata (10/08/2023 nell’esempio), parte il termine di 60 giorni per pagare senza ulteriori oneri.
  4. Periodo di 60 giorni dalla notifica – In questa finestra temporale il contribuente può:
    • Pagare integralmente: in tal caso paga imposta + sanzione + interessi indicati in cartella (tutti calcolati fino al ruolo). Non dovrà nulla di più, chiudendo la partita.
    • Chiedere rateizzazione: l’istanza si può presentare anche immediatamente, senza aspettare i 60 giorni. Se l’Agente concede la dilazione:
      • Se la prima rata è versata entro 60 giorni, non scatteranno interessi di mora affatto. Dalla seconda rata in poi, sulle rate si pagherà il 4,5% annuo (interessi di dilazione).
      • Se la prima rata viene pagata dopo i 60 giorni (ma comunque entro il termine per evitare decadenza dall’istanza, che oggi non c’è più, un tempo c’era l’obbligo di pagare prima rata entro 30 gg dall’accoglimento), allora sugli importi rateizzati maturano interessi di mora per i giorni tra il 61° giorno e la data di pagamento prima rata.
    • Impugnare la cartella: se il contribuente ritiene illegittimo il debito (o magari non ha ricevuto l’atto precedente), può fare ricorso al giudice tributario entro 60 giorni. L’impugnazione della cartella non sospende automaticamente la riscossione; il contribuente deve eventualmente chiedere al giudice una sospensione cautelare. In mancanza di sospensione, decorso il termine di 60 gg l’Agente potrebbe iniziare le procedure esecutive e gli interessi di mora maturerebbero comunque, salvo diversa disposizione del giudice. Se invece viene concessa sospensione giudiziale, come detto, secondo l’orientamento più recente non maturano interessi di mora durante la sospensione. Va però segnalato che l’Agente potrebbe comunque iscrivere il cosiddetto “pegno legale” degli interessi: cioè registrare in contabilità il maturare di interessi di mora, salvo poi rinunciarvi se il giudice stabilisce diversamente. In generale, prudenzialmente, se c’è sospensione, alla fine del contenzioso:
      • se il contribuente vince, la cartella è annullata e nessun interesse è dovuto;
      • se il contribuente perde, è ragionevole aspettarsi che dovrà pagare anche gli interessi maturati nel frattempo. Questi però – a seconda del ragionamento del giudice – potranno essere considerati come interessi ex art. 20 (4%) o ex art. 30 (mora 2,68%). La Cass. 2021 ha detto: durante sospensione non mora, ma certo il 4% continuava. In pratica, l’Erario almeno il 4% lo otterrà per il ritardo fisiologico.
  5. Dopo i 60 giorni – inadempimento su cartella:
    • Scaduti i 60 giorni senza pagamento integrale né provvedimento di rateazione attivo, il contribuente è considerato inadempiente. Da quel momento:
      • Interessi di mora: iniziano a maturare automaticamente su base giornaliera. L’Agente non notifica nulla per richiederli al giorno-per-giorno, semplicemente li calcolerà quando dovrà notificarle un’intimazione o procedere all’esecuzione.
      • Atti dell’Agente: l’agente può inviare un sollecito o intimazione di pagamento (art. 50 DPR 602/73) che contiene già l’aggiornamento degli interessi di mora fino alla data dell’intimazione. Oppure può direttamente procedere con atti esecutivi (pignoramento) – in tal caso gli interessi sono calcolati fino alla data del pignoramento.
      • Misure cautelari/esecutive: possono essere iscritti fermi amministrativi su veicoli, ipoteche su immobili (previa comunicazione di preavviso), e trascorsi 180 giorni dall’affidamento del ruolo l’Agente può avviare il pignoramento. Tutti questi atti interrompono la prescrizione del debito (tributo, sanzioni, interessi) e fanno decorrere un nuovo termine di 5 o 10 anni a seconda della natura.
    • Esempio: cartella notificata il 10/08/2023, nulla pagato. Dal 10/10/2023 (61° giorno) maturano interessi di mora 2,68%. Il 15/03/2024 l’Agente notifica un’intimazione che intima di pagare entro 5 giorni: quell’intimazione riporterà l’importo originario + interessi di mora dal 11/10/2023 al 15/03/2024. Essa interrompe la prescrizione, facendo decorrere ex novo 5 anni per sanzioni e interessi e 10 per imposta. Se ancora non si paga, l’Agente può pignorare; al pignoramento (poniamo il 01/12/2024) verranno calcolati altri interessi fino a quella data.
  6. Periodo successivo – Finché il debito non viene saldato o non diventa inesigibile (prescritto o annullato), continueranno a maturare interessi di mora. In teoria, decorsi molti anni, se l’Agente non compie atti interruttivi, può maturare la prescrizione del credito (e dunque anche gli interessi non saranno più dovuti).
    • Ad esempio, se una cartella conteneva solo sanzioni e l’Agente non fa nulla per 5 anni dopo notifica, quell’importo è integralmente prescritto: né sanzioni né interessi potrebbero essere più richiesti.
    • Se una cartella conteneva imposte, e l’Agente non agisce per 10 anni, anche l’imposta (e quindi gli interessi) si prescrive.
    • Spesso, però, l’Agente effettua almeno un’intimazione entro 5 anni, interrompendo i termini.
    • Il contribuente deve monitorare questi atti: se trascorre il tempo e il Fisco li ignora, ha un argomento forte per non pagare interessi (o tutto).

Da quanto sopra discende l’importanza di alcuni comportamenti pratici per i contribuenti e i loro consulenti:

  • Rateizzare entro 60 giorni: se il contribuente non può pagare subito, presentare istanza di dilazione entro i 60 giorni gli fa risparmiare tutti gli interessi di mora e l’aggio in misura ridotta. La differenza è notevole: al 61° giorno scatta subito il 6% di aggio (salvo modifiche normative) e il 2,68% di mora annuale.
  • Pagare almeno parzialmente il tributo: se è in corso un contenzioso, pagare la parte principale (imposte) riduce la base su cui maturano interessi e lascia eventualmente scoperta la sanzione (che è 5 anni e magari verrà abbuonata in rottamazione o prescritta).
  • Verificare termini di prescrizione: gli avvocati devono sempre controllare le date di notifica cartelle, intimazioni, ecc., per eccepire prescrizioni maturate su sanzioni/interessi. Ad esempio, se l’ultima intimazione risale a oltre 5 anni prima, quantomeno sanzioni e interessi di mora andrebbero considerati prescritti.
  • Chiedere la sospensione giudiziale: se si fa ricorso contro la cartella, conviene chiedere al giudice la sospensione: ciò non solo blocca le azioni esecutive, ma secondo le interpretazioni più favorevoli evita anche l’accumulo di interessi di mora nel frattempo (restando però dovuti quelli al 4%).
  • Fonti normative: ricordiamo di tenere presenti i riferimenti di legge per ciascun aspetto:
    • Art. 25 DPR 602/73 per termini notifica cartella (decadenza);
    • Art. 20 DPR 602/73 per interessi su liquidazioni/accertamenti;
    • Art. 21 DPR 602/73 per interessi da rateazione;
    • Art. 30 DPR 602/73 per interessi di mora;
    • Art. 19 DPR 602/73 per le condizioni di rateazione (numero rate, decadenza);
    • Art. 20 D.Lgs. 472/97 per prescrizione sanzioni tributarie;
    • Art. 2953 c.c. per actio iudicati (conversione termini brevi in decennali solo con sentenze).

Termini di Decadenza e Prescrizione delle Cartelle Esattoriali

Nel sistema tributario esistono precisi termini entro cui l’Amministrazione finanziaria deve attivarsi per accertare e riscuotere i tributi. Tali termini si dividono in:

  • Termini di decadenza: sono i limiti temporali entro cui l’ente impositore deve compiere un atto (ad es. notificare un avviso di accertamento, o iscrivere a ruolo un credito) a pena di decadenza, ossia di perdita del diritto. La decadenza attiene tipicamente alla fase di accertamento o alla formazione del titolo esecutivo.
  • Termini di prescrizione: sono i periodi entro cui un diritto già sorto deve essere esercitato (di solito mediante atti interruttivi o il soddisfacimento) prima di estinguersi per inerzia del titolare. La prescrizione attiene alla fase della riscossione e del recupero coattivo una volta che il titolo (avviso o cartella) è definitivo.

È fondamentale tenere distinti i due concetti: la decadenza impedisce la nascita o la messa in esecuzione del credito, la prescrizione estingue un credito già esecutivo per mancato esercizio.

Decadenza nella formazione e notifica delle cartelle

Decadenza dell’accertamento – Prima ancora della cartella, vi sono termini di decadenza per notificare gli avvisi di accertamento o le liquidazioni:

  • Per le imposte sui redditi e IVA: il termine ordinario è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (quarto anno per i periodi fino al 2015, poi divenuti cinque dal 2016). In caso di omessa dichiarazione, il sesto anno successivo. (Art. 43 DPR 600/73 per imposte dirette; art. 57 DPR 633/72 per IVA).
  • Per altri tributi (es. imposte di registro, successione) o contributi, ci sono termini vari (es. 5 anni per accertare omissione contributiva Inps, ecc.).

Questi riguardano l’atto impositivo. Se l’Agenzia Entrate non notifica nulla entro tale termine, decade dal potere di accertamento e il tributo non potrà più essere richiesto.

Decadenza nella riscossione (art. 25 DPR 602/73) – Riguarda proprio la cartella. L’art. 25 del DPR 602/1973 prevede:

  • Per i ruoli derivanti da controlli automatici e formali delle dichiarazioni (art. 36-bis DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72), la cartella va notificata “entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione” (termine attualmente in vigore dopo modifiche recenti). Ad esempio, per la dichiarazione 2022 presentata il 30/11/2022, un controllo automatizzato emesso nel 2023 dev’essere cartolarizzato entro il 31/12/2025.
    • (N.B.: fino a poco fa era il secondo anno successivo per i 36-bis, ma il D.Lgs. 159/2015 lo uniformò ai controlli formali a 4 anni, poi il D.Lgs. 193/2016 lo portò a 31/12 del anno successivo a quello di invio comunicazione esito. Nel 2022 col D.Lgs. 119/2022 si è uniformato credo a 3 anni da presentazione, come citato dal sito soluzionialdebito: “entro il 31 dicembre del terzo anno”).
  • Per i ruoli da accertamenti: l’art. 25 rinvia all’art. 17 D.Lgs. 46/1999. In generale, se un avviso di accertamento diventa definitivo (non impugnato o giudicato) nel 2023, l’iscrizione a ruolo e notifica cartella deve avvenire entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è definitivo. Esempio: avviso 2023 non impugnato (def. 2024, 60 gg dopo notifica) → cartella entro 31/12/2026.
    • Se c’è stata sospensione giudiziale e poi sentenza, l’art. 68 D.Lgs. 546/92 consente di riscuotere in base alla sentenza entro termini analoghi (un anno dall’esecutività della sentenza, ecc.).
  • Per tributi locali o altre entrate: spesso termini diversi. Ad esempio, per il bollo auto le Regioni devono notificare la cartella entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui il bollo doveva essere pagato (norma regionale, ma derivata dal D.L. 2/1986). Per le multe stradali, la cartella va notificata entro 2 anni dalla consegna del ruolo dall’ente (art. 36 D.Lgs. 46/99).

Se la cartella viene notificata oltre il termine di decadenza, il contribuente può impugnarla eccependo la decadenza e ottenerne l’annullamento integrale (debito non più esigibile). Da notare:

  • La decadenza non annulla il debito tributario in sé (che resta esistente ma non più riscuotibile con cartella); tuttavia gli organi giurisdizionali assimilano la decadenza alla perenzione del diritto di procedere, quindi di fatto rende inesigibile il credito.
  • Una volta notificata tempestivamente la cartella, non ci sono più termini di decadenza: subentrano i termini di prescrizione per la successiva fase esecutiva.

Negli ultimi anni ci sono state varie proroghe straordinarie (es. durante il Covid i termini di notifica delle cartelle sono stati prorogati di alcuni mesi). È sempre opportuno verificare, per ogni annualità, se vi è stata una proroga di termini di decadenza (ad esempio la L. 159/2020 ha prorogato al 2021 alcune decadenze 2018-2019). Questi dettagli esulano dalla trattazione generale, ma vanno considerati caso per caso.

Schema semplificato decadenze:

  • Dichiarazione annuale → controllo automatizzato → cartella entro 3° anno successivo (salvo proroghe).
  • Avviso di accertamento → se non pagato/impugnato → affidamento a riscossione entro termini di decadenza dell’accertamento (che in genere coincidono con notifica avviso stesso). In caso di accertamento esecutivo, la cartella non c’è: l’avviso stesso, decorsi 30gg, è esecutivo e l’Agente notifica direttamente atti esecutivi.
  • Contributi INPS → cartella entro i termini di prescrizione Inps (5 anni dall’omissione, di solito): ma qui si parla di prescrizione sostanziale, non decadenza.
  • Multe stradali → se non pagate né opposte, il ruolo deve essere reso esecutivo entro 2 anni dal titolo esecutivo (ordinanza o verbale) e la cartella notificata entro il successivo termine di notifica (di solito stesso 2 anni).
  • Tributi comunali (IMU/TASI/TARI) → dopo accertamento, equiparati a imposte dirette nei termini di decadenza (5 anni per accertare l’omesso pagamento).

Il concetto chiave: la decadenza tutela il cittadino contro ritardi ingiustificati nel formulare le pretese. Una volta però emessa la cartella tempestivamente, il focus si sposta sulla prescrizione.

Prescrizione della riscossione esattoriale

La prescrizione è il limite oltre il quale il credito, pur legittimamente sorto, non può più essere preteso per inerzia del creditore. Nella riscossione mediante cartella, la prescrizione dipende dalla natura del credito sottostante:

  • Crediti erariali (imposte erariali: IRPEF, IVA, IRES, ecc.): la giurisprudenza, con le Sezioni Unite 2024 (sent. n. 11676/2024), ha confermato che questi crediti, una volta definitivi, si prescrivono in 10 anni (art. 2946 c.c.) e non nel termine breve di 5 anni di cui all’art. 2948 n.4 c.c.. Ciò perché l’obbligazione tributaria relativa a ciascun periodo d’imposta non è considerata “periodica” in senso civilistico: ogni anno d’imposta genera un debito distinto, non una prestazione periodica continuativa. Ne consegue che, ad esempio, un debito IRPEF da cartella si prescrive in 10 anni dalla notifica della cartella (o dall’ultimo atto interruttivo).
  • Crediti previdenziali (contributi INPS): su questi la legge specifica (L. 335/1995, art. 3 co. 9) un termine di prescrizione di 5 anni. Anche le SU 23397/2016 lo ribadirono. Quindi una cartella per contributi INPS si prescrive in 5 anni (da ultimo atto).
  • Crediti locali (tributi comunali, regionali): in assenza di indicazione specifica, la giurisprudenza tende a ritenere che le entrate locali (ad es. TARI, IMU, Bollo auto) abbiano anch’esse termine di 5 anni, poiché derivano da obblighi annuali (in passato Cass. 2020 n. 29653 affermò per IMU la prescrizione quinquennale). Alcune norme specifiche esistono: il Bollo auto ad esempio è soggetto a 3 anni per l’accertamento e la giurisprudenza applica 3 anni anche per la riscossione se non interrotta.
  • Sanzioni amministrative: come detto, 5 anni dalla formazione del titolo (cartella) se non c’è giudicato. Se interviene sentenza irrevocabile, 10 anni ex 2953 c.c..
  • Interessi: per gli interessi vale il discorso affrontato. In generale, gli interessi seguono la sorte del credito principale salvo la particolarità del termine breve:
    • La Cassazione (SU 23397/16, Cass. 30362/2017, Cass. 16958/2020) ha escluso che il non aver impugnato la cartella trasformi i 5 anni in 10. Dunque se un tributo aveva prescrizione breve (5 anni, come contributi o sanzioni), rimane 5 anche se la cartella non fu opposta, perché la cartella non è un giudicato.
    • Ha altresì affermato il principio generale che “la mancata opposizione della cartella produce irretrattabilità del credito ma non conversione della prescrizione breve in decennale, applicandosi l’art. 2953 c.c. solo ai titoli giudiziali”.
    • Eccezione – Actio iudicati: se il Fisco ottiene un titolo giudiziale definitivo (es. decreto ingiuntivo non opposto, o più spesso una sentenza passata in giudicato che accerta il debito), da quel momento il credito si prescrive in 10 anni (essendo equiparato a giudicato) ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Ma attenzione: nel processo tributario le sentenze, pur passate in giudicato, non vengono eseguite con un nuovo precetto; l’esecuzione avviene sempre tramite il ruolo originario. Pertanto, di solito l’actio iudicati rileva più per il fatto che dopo la sentenza l’Agente dovrà riprendere la riscossione (e quella ripresa interromperà di nuovo la prescrizione).
    • Prescrizione e ruoli frazionati: se un ruolo contiene rate con scadenze diverse (ad esempio definizioni per adesione con rate annuali), la prescrizione potrebbe decorrere per ciascuna rata. Ma per le cartelle standard, l’obbligazione è unica e scade interamente se non pagata entro i 60gg.

Atti interruttivi – Quali atti interrompono la prescrizione nel contesto della riscossione esattoriale?

  • Notifica della cartella stessa è l’atto che fa decorrere la prescrizione iniziale. Da lì si conta 5 o 10 anni.
  • Notifica di un sollecito o intimazione di pagamento (ex art. 50 DPR 602/73) è atto interruttivo di sicuro, in quanto costituisce una richiesta formale di adempimento. La Cassazione l’ha riconosciuto espressamente: “la notifica della cartella, atto di esercizio del diritto di credito, interrompe la prescrizione”.
  • Atti esecutivi come pignoramenti, fermi amministrativi (notificati), iscrizioni ipotecarie (notificate): anch’essi interrompono la prescrizione, perché manifestano inequivocabilmente la volontà di riscuotere. Ad esempio, Cass. 12895/2018 ha statuito che il preavviso di fermo (che contiene intimazione a pagare entro 30gg) ha effetto interruttivo.
  • Istanza di rateizzazione: paradossalmente, anche la domanda di rateazione da parte del debitore può essere considerata riconoscimento del debito, e quindi atto interruttivo (art. 2944 c.c.). Infatti, se il contribuente chiede di rateizzare, implicitamente riconosce il debito e rinuncia ad eccepire prescrizioni maturate fino a quel momento. La legge 225/2016 ha introdotto l’art. 19 co. 3-quinquies DPR 602/73 che sancisce che la dilazione comporta rinuncia alle liti pendenti sul ruolo. Non parla espressamente di prescrizione, ma la giurisprudenza tende a considerare il pagamento di alcune rate come atto di riconoscimento del residuo (dunque interruttivo).
  • Comunicazioni varie: ad esempio, l’invio di una raccomandata di preavviso di ipoteca o fermo, anche se non previsto espressamente come atto autonomo, in genere è atto interruttivo perché contiene una richiesta di pagamento. È sempre meglio però affidarsi ad atti tipici (intimazione, pignoramento) per avere certezza.

Dies a quo – Il termine di prescrizione inizia a decorrere:

  • per il tributo: dal giorno successivo alla scadenza del termine utile per il pagamento volontario della cartella (quindi dal 61° giorno dopo notifica) se non è stata impugnata. Alcune pronunce dicono dalla notifica stessa, ma in realtà fino al 60° giorno il credito non è esigibile coattivamente, quindi è ragionevole ritenere che la prescrizione (intesa come termine di inattività) decorra dallo scadere dei 60gg.
  • per la sanzione: anch’essa, se la cartella non viene impugnata, dal giorno dopo la scadenza dei 60gg (prima è pendente ma non eseguibile). Invece, se la sanzione era contenuta in atto amministrativo precedente, la prescrizione potrebbe decorrere da quell’atto se la cartella non è mai stata notificata (ma quel caso attiene più a decadenza).
  • per gli interessi: quelli di mora maturano nel tempo, ma si considera l’inizio dal momento in cui l’Agente poteva riscuotere e non l’ha fatto. Tuttavia, vista la natura accessoria, la prescrizione degli interessi di mora è calcolata in base ai singoli periodi di maturazione (ogni giorno genera un micro-credito da pagare). In dottrina si afferma che, per semplicità, se il capitale è ancora dovuto, gli interessi degli ultimi 5 anni lo sono, quelli anteriori si prescrivono. Questo però raramente si discute in giudizio, a meno che passino davvero più di 5 anni tra un atto e l’altro.

Interruzione e sospensione – Quando c’è un atto interruttivo, la prescrizione si interrompe e ricomincia da capo dal giorno dell’atto (2945 c.c.). Ad esempio, cartella 2010 (prescr. 2015), intimazione nel 2014 interrompe → nuovo termine dal 2014 al 2019, pignoramento nel 2018 interrompe → nuovo termine 2018-2023, e così via.
La sospensione della prescrizione può aversi per cause previste dalla legge:

  • Esempio classico: per legge era sospesa la prescrizione dei tributi durante il periodo 8 marzo 2020 – 31 agosto 2020 per emergenza Covid (poi rimodulata). Quella non fu espressa come sospensione della prescrizione, ma come sospensione delle attività di riscossione; alcune commissioni hanno interpretato che anche il conteggio dei termini fosse congelato per quei mesi. È ragionevole dire che se l’agente non poteva agire, quel periodo non dovrebbe conteggiare ai fini della prescrizione (applicazione analogica di art. 2941 c.c., cause di sospensione come forza maggiore). Non c’è però normazione chiara su questo.
  • Sospensione giudiziale ex art. 47 DLgs 546/92: la concessione della sospensiva in corso di giudizio interrompe o sospende la prescrizione? Essendo un provvedimento che inibisce temporaneamente la riscossione, si può sostenere che configuri una sospensione del decorso prescrizionale per il periodo coperto dal provvedimento (nessuna colpa dell’ente nel non riscuotere, dunque prescrizione ferma).
  • Rateazione: la concessione di una dilazione e il pagamento delle rate non interrompe automaticamente la prescrizione a ogni pagamento (a meno di riconoscimento espresso), però sospende la possibilità di agire esecutivamente. La Cassazione (sent. 115/2000) in passato disse che durante la rateazione la prescrizione resta sospesa finché il piano è in corso, perché l’Agente non può agire. Su questo non c’è uniformità di vedute, ma è intuitivo che non sarebbe equo far decorrere prescrizione in pendenza di un piano di dilazione regolarmente pagato. L’art. 19 DPR 602 non lo chiarisce, ma alcune interpretazioni portano a ritenere sospesa la prescrizione durante il periodo del piano e riprendere dalla scadenza o decadenza del piano.

In definitiva, per sapere se un credito da cartella è prescritto bisogna:

  1. Identificare la natura del credito (tributo statale → 10 anni; contributo INPS → 5; sanzione → 5; etc.).
  2. Individuare la data dell’ultimo atto valido notificato dall’Agente (cartella, intimazione, pignoramento…).
  3. Calcolare se da quella data sono trascorsi più di 5 o 10 anni senza alcun altro atto interruttivo. Se sì, la prescrizione è maturata. Se c’erano sospensioni legali nel mezzo, aggiustare il calcolo di conseguenza.
  4. Ricordare che la prescrizione può essere anche rinunciata dal debitore (es. se firma un piano di rateazione riconoscendo il debito dopo la maturazione, di fatto rinuncia a eccepirla).
  5. La prescrizione, se maturata, va eccepita dal contribuente; non è rilevata d’ufficio dal giudice tributario (anche se alcuni giudici hanno ritenuto di poterla rilevare d’ufficio, ma la Cassazione è oscillante – in materia tributaria, trattandosi di diritti disponibili in parte, l’eccezione spetta alla parte).

Prescrizione e soggetti diversi – Da segnalare che la prescrizione può differire se il soggetto creditore è diverso:

  • Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) gestisce sia crediti erariali sia crediti di altro tipo. Ad esempio, per cartelle relative a sanzioni amministrative del Codice della Strada, la Cassazione (SS.UU. n. 23397/2016) ha confermato che resta il termine quinquennale nonostante la cartella non opposta.
  • Alcuni tributi locali hanno normative ad hoc, ma la tendenza giurisprudenziale è di uniformare a 5 anni (equiparandoli a prestazioni periodiche). Ad esempio, la TARI è tributo locale annuale: molte CTR dicono 5 anni; la TOSAP/Cosap pure 5 anni.
  • Recuperi di aiuti di Stato: questi non seguono la via ordinaria delle cartelle di pagamento e hanno prescrizioni decennali di diritto UE.

Giurisprudenza più recente – Oltre alle pronunce già citate:

  • Cass. SS.UU. n. 23397/2016: principio di diritto “non esiste un termine unico di prescrizione per le cartelle; dipende dalla natura del credito sottostante”. Ha composto il contrasto ribadendo: contributi previdenziali 5 anni, sanzioni 5 anni, tributi erariali 10 anni solo se la legge non prevede termini brevi specifici (all’epoca su tributi erariali c’era dibattito se 10 o 5 in base a 2948. SU sembrò propendere per 10 per imposte).
  • Cass. n. 30362/2017: ha ribadito per IRPEF la prescrizione decennale ordinaria, sostenendo che l’obbligo annuale d’imposta non è “obbligazione periodica ad anno” poiché ogni anno è un’obbligazione distinta (no periodicità intrinseca).
  • Cass. n. 12083/2019 e 21785/2019: applicate i principi SU 2016; in particolare 12083/19: IRAP decennale, sanzioni 5.
  • Cass. n. 1024/2020: contributi INPS 5; Cass. n. 16958/2020: interessi e sanzioni 5 anni (anche su cartella non impugnata).
  • Cass. n. 26283/2022: ribadito 10 anni per IVA e IRPEF, benché tributi periodici nel senso di ripetizione annuale, ma non prestazione periodica identica (ogni anno base imponibile diversa).
  • Cass. SS.UU. n. 31082/2017 (in tema diverso, cartelle TARSU): evidenziò che per i tributi locali (Tarsu) vale la prescrizione breve quinquennale essendo prestazione periodica.
  • Cass. SS.UU. n. 34447/2019: ha statuito che la cartella non opposta non dà luogo a giudicato sostanziale e non si applica l’art. 2953 c.c. (quindi, di nuovo, niente conversione in decennale), ponendo fine ai dubbi residui dopo SU 2016.

Possiamo così ricapitolare nella Tabella 3 alcuni termini di prescrizione e decadenza per tipologia di credito e norma di riferimento:

Tabella 3 – Termini di decadenza e prescrizione per cartelle esattoriali (principali casi)

Tipo di creditoDecadenza per notificare cartella (o attivare la riscossione)Norma decadenzaPrescrizione del credito (dalla notifica cartella)Norma prescrizione
Imposte erariali (IRPEF, IRES, IVA) da controllo auto o formaleCartella entro il 31 dicembre del 3º anno successivo a presentazione dichiarazione (per dichiarazioni dal 2017; in precedenza 2º anno)Art. 25 co.1 lett. a) DPR 602/73 (come modif. da D.Lgs. 159/2015 e D.Lgs. 119/2022)10 anni (ordinaria) se tributo definitivamente accertato; non considerata prestazione periodica annuale ai fini 2948 c.c.Art. 2946 c.c.; Cass. SS.UU. 11676/2024
Imposte erariali da accertamentoAffidamento a ruolo entro fine del 2º anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo (se accertamento esecutivo non pagato)Art. 25 co.1 lett. b) DPR 602/73; Art. 17 D.Lgs. 46/199910 anni dalla notifica cartella (o atto esecutivo) se nessun atto interruttivoArt. 2946 c.c. (vedi sopra)
Contributi previdenziali INPS– (Avviso di addebito INPS entro 5 anni dall’omissione) – poi cartella su eventuale ruolo. Decadenza non applicabile, vale prescrizione sostanziale.(Art. 25 non tratta contributi; si applica prescrizione sostanziale)5 anni dalla notifica cartella (termine breve previsto per contributi)Art. 3, co.9, L. 335/1995; Cass. SS.UU. 23397/2016
Sanzioni tributarie (es. sanzione 30% omesso versamento)Cartella per irrogazione sanzioni entro 5 anni dall’anno in cui violazione è divenuta definitiva (spesso coincide con decadenza accertamento)Art. 20 co.1 D.Lgs. 472/97 (decadenza quinquennale)5 anni dalla notifica cartella se non impugnata. No conversione in 10 per mancata impugnazione. Se giudicato su sanzione, 10 anni ex 2953 c.c..Art. 20 co.3 D.Lgs. 472/97; Cass. SS.UU. 23397/2016; Cass. SS.UU. 34447/2019.
Multe Codice della Strada (sanzioni amm.ve)Decadenza: iscrizione a ruolo entro 2 anni dalla data in cui obbligazione è divenuta esigibile (es. dalla data ordinanza ingiunzione o dal giorno successivo a scadenza pagamento verbale non opposto). Cartella entro questo termine (spesso coincidente).Art. 36 D.Lgs. 46/1999 (rimanda a termini legge 689/81); art. 209 C.d.S.5 anni dalla notifica cartella (essendo sanzione amm.va) se nessun atto, anche se non opposta. Se giudice di pace emette ordinanza ingiunzione → 10 anni da quella (titolo giudiziale).Art. 28 L. 689/81 (prescr. 5 anni sanzioni amm.ve); Cass. SS.UU. 23397/2016.
Tributi locali (IMU, TARI, TASI)Cartella (o ingiunzione fiscale ex R.D. 639/1910) entro termini decadenziali specifici: per IMU/TASI = 5 anni dall’anno successivo a quello di imposta (stesso termine dell’accertamento, quindi se omesso versamento 2017, accertamento entro 2022 e ruolo entro stessa data).Art. 1, c.161, L. 296/2006 (finanziaria 2007) – equipara decadenza accertamento tributi locali a 5 anni. Dopo accertamento esecutivo (dal 2020 gli enti locali emettono accertamenti esecutivi, non più cartella), l’affidamento a sogg. riscossore è immediato.5 anni in generale (giurisprudenza prevalente qualifica i tributi locali come obblighi periodici di anno in anno). Esempio: IMU annuale → 5 anni. (Alcune pronunce: Cass. 29653/2020 – IMU 5 anni; Cass. 3881/2020 – TARSU 5 anni).Art. 2948 n.4 c.c. (interpretazione analogica); Cass. SS.UU. 31080-31090/2017 (Tarsu 5 anni); giur. costante su diritti locali periodici.

(Nota: terminologie semplificate; verificare aggiornamenti normativi post-2025 caso per caso)

Come si può vedere, la prescrizione standard per la maggior parte dei debiti da cartella è di 5 anni, tranne per le principali imposte erariali dove la giurisprudenza propende per 10 anni. Questa differenza è fonte di frequenti contenziosi, soprattutto per cartelle miste (imposte + sanzioni). Ad esempio, una cartella IRPEF con sanzione del 30%: l’IRPEF sarebbe 10 anni, la sanzione 5 anni. Dopo 6 anni senza atti, il contribuente potrebbe dover ancora l’imposta ma non la sanzione né gli interessi di mora maturati oltre 5 anni prima.

Sospensione e interruzione dei termini: effetti sugli interessi

Abbiamo già toccato alcuni aspetti della sospensione e interruzione in relazione a interessi, ma li riassumiamo qui in modo sistematico:

  • Interruzione dei termini prescrizionali: ogni atto dell’Agente della riscossione che manifesta la volontà di riscuotere interrompe la prescrizione e fa sì che da quella data decorra un nuovo periodo completo. Per gli interessi, ciò significa che:
    • Gli interessi di mora maturati fino a quella data restano dovuti (salvo prescrizione già maturata su quelli più vecchi), e continueranno a maturarne altri successivamente.
    • Un atto interruttivo non fa “ripartire da zero” il conteggio degli interessi, ma impedisce che il credito si estingua: in pratica, garantisce che anche gli interessi futuri possano maturare su un credito ancora vivo. Ad esempio, se stava per compiersi la prescrizione quinquennale degli interessi, l’intimazione la interrompe e gli interessi già maturati non cadono.
    • Un pagamento parziale può essere interruttivo in quanto riconoscimento del debito residuo, e allo stesso tempo riduce la base su cui maturano interessi futuri (ad esempio, se pago metà del tributo, gli interessi di mora da lì in poi calcolati solo su metà importo).
  • Sospensione dei termini: situazioni in cui per legge o provvedimento il decorso dei termini è congelato per un certo periodo:
    • Sospensione giudiziale: se il giudice tributario accorda la sospensione dell’atto impugnato (cartella o avviso), per quell’intervallo di tempo l’Agente non può procedere. Gli interessi di mora, come discusso, secondo alcune pronunce non dovrebbero maturare in tale periodo. In ogni caso, anche se maturassero tecnicamente, la loro esigibilità sarebbe sospesa e sarebbe equo non addebitarli al contribuente che ha ottenuto ragione cautelare. L’effetto sul termine di prescrizione è che probabilmente esso rimane sospeso: durante una sospensione giudiziale, il tempo non dovrebbe contare ai fini prescrizionali (per analogia con la sospensione ex art. 2941 c.c. quando il debitore è impedito da forza maggiore).
    • Sospensione legale Covid (2020): i decreti legge 18/2020 e succ. hanno sospeso la riscossione dall’8/3/2020 al 31/8/2020. In quel periodo gli Agenti non hanno notificato atti. Pertanto, c’è da chiedersi: la prescrizione è decorsa comunque? Alcune commissioni hanno statuito che il periodo di sospensione legale non si computa nel termine di prescrizione, estendendolo di conseguenza (principio di “sospensione della prescrizione” per causa di forza maggiore). Anche l’Agenzia Entrate-Riscossione in comunicazioni interne considerava quella finestra neutra. Quindi, un termine di prescrizione che sarebbe scaduto a luglio 2020, è slittato a fine 2020. Non c’è legge esplicita su questo, è frutto di interpretazione orientata dalla buona fede (il debitore era al riparo da atti, ma neanche il Fisco poteva agire).
    • Rateazione in corso: come detto, c’è il tema: la rateazione impedisce all’Agente di agire esecutivamente finché il contribuente è adempiente. Dovrebbe quindi logicamente sospendere il decorso prescrizionale in quell’arco (nessuna inerzia colpevole dell’Agente, perché non può muoversi). Dottrina e giurisprudenza sono concordi in tal senso: il conteggio della prescrizione riprende solo dalla scadenza/decadenza del piano. Ciò appare coerente anche con l’art. 19 co. 4 DPR 602/73 che vieta procedure esecutive durante il piano regolare.
      • Inoltre, l’effetto interruttivo dell’eventuale inadempimento è comunque presente: se decado dal piano, l’Agente di solito notifica una comunicazione di decadenza o un’intimazione di pagamento subito dopo, che in ogni caso interrompe.
  • Annullamento d’ufficio o in autotutela: se l’ente annulla un atto e poi lo riemette (es. sgravio di una cartella e successiva nuova cartella corretta), questi atti di per sé non sono interruttivi (lo sgravio semmai estingue il credito definitivamente se non riemesso). Ma se c’è riemissione, si guarda ai nuovi termini come da capo. È un caso peculiare in cui un debito “resuscitato” deve comunque rispettare i termini iniziali di decadenza.

Impatto sui vari interessi:

  • Interessi da ritardata iscrizione: una volta che la cartella è emessa, non maturano più (si sono fermati al ruolo). Quindi sospensioni o interruzioni successivi non li riguardano perché non crescono più importi di art. 20.
  • Interessi di mora: qui invece sì, sospensioni ed interruzioni contano. L’interruzione (atto del Fisco) consente di prolungare la riscossione e quindi di far maturare ulteriori interessi di mora in seguito. La sospensione (giudice o legge) blocca temporaneamente la riscossione e l’obbligo di pagare: in fairness, anche l’obbligo di pagare interessi di mora dovrebbe essere fermo.
    • Cass. 40047/2021 ha ben spiegato: se l’atto è sospeso, “non erano però dovuti gli interessi di mora di cui all’art. 30 DPR 602”, proprio perché l’atto non poteva essere eseguito. Quindi in quell’arco, niente mora.
    • Tuttavia, come notavamo, questo non significa che il contribuente non debba alcun interesse: nell’esempio di Cass. 2021, la società aveva comunque dovuto gli interessi al 4% (che furono calcolati), solo non al tasso maggiore di mora. Dunque, se c’è sospensione, probabilmente si continua a far pagare il 4%.
  • Interessi di dilazione: se il piano è sospeso (ad esempio nel 2020 fu previsto che le rate in scadenza da marzo ad agosto 2020 potevano slittare senza decadenza), la legge specificò che per le rate delle rottamazioni la scadenza prorogata non comportava interessi di mora, ma che sulle rate ordinarie il tasso di dilazione continuava a maturare. Occorre distinguere:
    • Se la sospensione è disposta per legge per le rate, in genere la norma dice “senza ulteriori interessi” (come fu per rottamazione-quater quando prorogarono da 31/7/2023 a 31/10/2023).
    • Se il contribuente ottiene proroga del piano ai sensi dell’art. 19 (per peggioramento condizioni), durante l’istruttoria di proroga l’Agente può sospendere le azioni ma continua a calcolare interessi di dilazione sulle rate come da nuovo piano.

In chiusura, l’intersezione di sospensioni/interruzioni con gli interessi può essere ricapitolata così:

  • Un atto interruttivo garantisce che continueranno a maturare interessi di mora (perché il credito vive) e fa ripartire i termini di prescrizione, ma non incide sul tasso né “azzera” quelli già maturati (si limitano a non essere prescritti).
  • Un evento sospensivo ferma il conteggio del tempo ai fini prescrizione e blocca la pretesa temporaneamente: in tal periodo, gli interessi di mora non dovrebbero maturare (salvo diversa previsione), mentre gli interessi compensativi probabilmente sì (perché il debito c’è ancora, solo non esigibile). Finita la sospensione, tutto riprende da dove si era fermato.

Giurisprudenza recente in materia di interessi sulle cartelle

In questa sezione elenchiamo alcune pronunce significative (di merito e di legittimità fino al 2025) riguardanti gli interessi nell’ambito delle cartelle esattoriali, con una breve sintesi del principio di diritto enunciato:

  • Cass., Sez. Unite civili, 17/11/2016 n. 23397: ha risolto un contrasto sulla prescrizione applicabile alle cartelle non impugnate. Principio: “La scadenza del termine per impugnare una cartella produce l’irretrattabilità del credito ma non la conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale ex art. 2953 c.c., che si applica solo ai titoli giudiziali definitivi, mentre la cartella, quale atto amministrativo, è priva dell’attitudine al giudicato”. In conseguenza, “non esiste un termine unico di prescrizione per il credito portato in cartella, ma si applica il termine proprio della natura del credito”. – Applicazioni: contributi INPS e sanzioni tributarie 5 anni; imposte erariali 10 anni (perché nessuna legge prevede termine più breve).
  • Cass., Sez. Unite, 30/04/2024 n. 11676: pronuncia di ulteriore chiarimento sulla prescrizione dei crediti erariali e relativi accessori. Principio: conferma l’orientamento che “il credito erariale per imposta (a seguito di accertamento definitivo) si prescrive in 10 anni ex art. 2946 c.c., non nel termine quinquennale di cui all’art. 2948 n.4 c.c., attesa l’autonomia di ciascun periodo d’imposta che esclude la natura di prestazione periodica”. Resta fermo che sanzioni e interessi, se previsti brevi, rimangono a 5 anni salvo giudicato.
  • Cass., Sez. V, 01/10/2020 n. 23596: ha affrontato la prescrizione degli interessi delle cartelle. Principio: “Gli interessi che accedono a obbligazioni tributarie sono soggetti alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 n.4 c.c., decorrente dall’iscrizione a ruolo del credito”. Ciò coerentemente con SU 2016. Dunque, gli interessi di mora di una cartella si prescrivono in 5 anni indipendentemente dalla natura del tributo sottostante.
  • Cass., Sez. V, 14/12/2021 n. 40047: caso in cui una cartella era stata emessa nonostante un provvedimento cautelare di sospensione dell’accertamento. La Corte ha sancito l’illegittimità di tale cartella e ha affermato inoltre che in tale situazione “non erano dovuti gli interessi di mora ex art. 30 DPR 602/73” in quanto la pretesa erariale era stata sospesa. Ha evidenziato che, allorché l’accertamento è sospeso, l’Agente non può formare il ruolo provvisorio, e l’unica cosa eventualmente dovuta sarebbero gli interessi al tasso legale/4% sul tributo per il ritardo (la sentenza quantifica: 2,75% fino al 2009, 4% dopo). Questa pronuncia ha quindi evidenziato come la sospensione giudiziale dell’atto impositivo precluda la maturazione di interessi di mora, confermando la tesi favorevole ai contribuenti.
  • Cass., Sez. V, 29/07/2016 n. 15966: in tema di natura della cartella, ha paragonato la cartella esattoriale ad un atto di precetto in ambito civile (in quanto contiene un’intimazione di pagamento). Da ciò discende che non può esistere una cartella valida se il titolo presupposto è stato sospeso o annullato: come un precetto su sentenza sospesa è nullo, analogamente la cartella su atto sospeso non è valida. Questo è coerente col caso di Cass. 40047/21 sopra.
  • Cass., Sez. V, 18/05/2018 n. 12200: (citata anche dalla SU 2024) ha ribadito che il mancato pagamento di una cartella non comporta la conversione del termine breve in decennale, sottolineando che la cartella non acquista efficacia di giudicato.
  • CTR Lombardia, sent. 186/2023 (Corte Giustizia Tributaria secondo grado Umbria): ha statuito che “durante la sospensione giudiziale della riscossione, la richiesta di interessi di mora è illegittima”, poiché gli interessi di mora ex art. 30 DPR 602 sono dovuti solo in caso di ritardo colpevole del debitore. Se il ritardo dipende da una sospensione concessa da un giudice, il debitore non è considerato in mora per quel periodo. Questa è una pronuncia di merito che conferma quell’orientamento.
  • Cass., Sez. V, 03/05/2019 n. 11760: ha trattato un caso di IMU non pagata e cartella non impugnata. Conferma che il termine è quinquennale, perché l’IMU è tributo locale periodico soggetto a termine breve, e la mancata impugnazione non cambia la prescrizione (richiamata anche dalla SU 2024).
  • Cass., Sez. V, 08/11/2022 n. 33408: su un caso di estratto di ruolo impugnato per prescrizione di cartella mai notificata. La Cassazione ha ammesso l’impugnabilità dell’estratto ai fini di far valere la prescrizione sopravvenuta del debito da cartella, confermando la linea secondo cui il contribuente può agire anche solo con quell’estratto per far dichiarare prescritti tributo, sanzioni e interessi se sono decorsi i termini. Questo è importante perché molti ricorsi in questi anni hanno utilizzato l’estratto di ruolo (rilasciato dall’Agente su richiesta) come strumento per conoscere e poi eccepire la prescrizione di cartelle di cui magari non si ha copia.
  • Cass., Sez. V, 13/04/2021 n. 9478: ha affermato che se il contribuente ha aderito alla rottamazione-ter (2018) e poi non ha pagato le rate, i termini di prescrizione riprendono a decorrere dalla data di scadenza della prima rata non pagata, tenendo conto del periodo di sospensione previsto dalla norma sulla definizione agevolata. In quel caso, la legge stabiliva che dall’adesione alla rottamazione fino alla scadenza delle rate, il carico era sospeso. La Cassazione ha quindi riconosciuto la sospensione della prescrizione durante l’adesione alla definizione agevolata (coerente col fatto che l’Agente non poteva procedere in quel lasso).
  • Cass., Sez. VI, ord. 01/10/2020 n. 20995: ha ribadito la deducibilità degli interessi da dilazione: “Gli interessi corrisposti a seguito di dilazione del pagamento di imposte rientrano tra gli oneri finanziari deducibili ex art. 96 TUIR, non trattandosi di sanzioni né di interessi moratori eccedenti il tasso legale” (in realtà qui semplifichiamo, ma la sostanza è stata affermare la deducibilità in quanto inerenti all’attività d’impresa e non aventi natura sanzionatoria).

Questi sono solo alcuni dei tanti interventi giurisprudenziali. Possiamo trarre dei trend:

  • La Cassazione a Sezioni Unite negli ultimi anni è intervenuta per uniformare il trattamento dei termini di prescrizione: le decisioni del 2016 e 2024 citate hanno delineato un quadro chiaro (no conversione a 10 senza giudicato, 10 anni per imposte erariali, 5 per il resto).
  • C’è una tendenza a tutelare il contribuente su interessi di mora in situazioni non imputabili (sospensione giudiziale).
  • Le Commissioni Tributarie (ora Corti di Giustizia Tributaria) di merito hanno sposato spesso linee pro-contribuente su prescrizioni, spese, interessi, e la Cassazione sta consolidando alcune di quelle impostazioni (ad esempio la non debenza interessi di mora in sospensione era prima affermata da CTR, poi Cass l’ha recepita in parte).
  • Con l’introduzione della nuova giustizia tributaria (D.Lgs. 119/2022) e l’istituto della tutela rafforzata del contraddittorio, ci aspettiamo meno contenziosi su vizi formali di cartella, e più su questioni sostanziali come appunto prescrizione o legittimità di interessi e sanzioni.

FAQ – Domande Frequenti sugli Interessi nelle Cartelle (Q&A)

D: Cosa succede se non pago una cartella esattoriale entro 60 giorni?
R: Trascorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica senza pagamento né rateizzazione, la cartella diviene esigibile in via forzata. Da quel momento: (a) maturano interessi di mora giornalieri sulle somme dovute (solo sul tributo, esclusi sanzioni e interessi già indicati) al tasso vigente (attualmente 2,68% annuo); (b) l’Agente della riscossione può intraprendere azioni cautelari (fermi amministrativi, ipoteche) e poi esecutive (pignoramenti) per recuperare il credito; (c) viene addebitato l’aggio di riscossione (se previsto) sull’importo residuo. Pagando dopo i 60 giorni, quindi, si dovranno versare in più gli interessi di mora maturati dal 61º giorno fino al giorno del pagamento. Esempio: cartella €10.000, pagata 120 giorni dopo notifica – si dovranno aggiungere circa €88 di interessi di mora (calcolati come €10.000 * 2,68% * 60/365). Inoltre, con il decorso dei 60 giorni si perde il beneficio di eventuali sconti da definizione agevolata, se previsti (ad es., negli avvisi bonari dal 2025 c’è un termine di 60gg per pagare con sanzione ridotta: scaduto quello, sanzione piena).

D: Posso evitare gli interessi di mora chiedendo la rateizzazione?
R: Sì, chiedere una rateizzazione entro i 60 giorni dalla notifica della cartella evita del tutto l’insorgenza degli interessi di mora. Quando l’Agente concede il piano, sulle rate future si applicano solo gli interessi di dilazione (4,5% annuo), che però sono computati in modo “rateale” e spesso incidono meno della mora nel breve termine. Attenzione: se la prima rata del piano viene pagata dopo la scadenza dei 60 giorni, si dovranno comunque gli interessi di mora per i giorni di ritardo su quella prima rata. Quindi è sempre consigliabile presentare l’istanza tempestivamente e pagare la prima rata il prima possibile. Esempio: cartella €5.000, rateizzata in 10 rate mensili – se la prima rata viene pagata entro 60 gg, nessuna mora, e si pagheranno circa €112 di interessi totali dilazionati; se la prima rata fosse pagata 30 gg dopo il termine, si aggiungerebbero ~€11 di mora (2,68% su 5.000 per 30 gg). In ogni caso, durante la rateazione regolare non maturano interessi di mora ulteriori.

D: Gli interessi si applicano anche sulle sanzioni presenti in cartella?
R: No. Gli interessi (sia di mora che di dilazione) non si calcolano sulle sanzioni pecuniarie tributarie. Lo dice espressamente la legge per gli interessi di mora e la prassi lo conferma per gli interessi di dilazione. Significa che né il 2,68% di mora né il 4,5% di dilazione si applicano sull’importo della sanzione amministrativa. Ad esempio, cartella con €1.000 di imposta e €300 di sanzioni: gli interessi di mora in caso di ritardo si calcolano solo su €1.000, e gli interessi di dilazione pure solo su €1.000. Le sanzioni quindi rimangono somme statiche (non producono interessi), salvo eventuali interessi legali da giudicato, che però sono rara eccezione nei casi di sentenze di condanna.

D: Qual è la prescrizione di una cartella esattoriale?
R: Dipende dal tipo di debito in cartella. Non esiste un termine unico per tutte le cartelle. In generale:

  • Per imposte erariali (IRPEF, IVA, etc.) la prescrizione è decennale, salvo atti interruttivi.
  • Per sanzioni tributarie e molte entrate locali è quinquennale (5 anni).
  • Per contributi previdenziali è quinquennale (per legge).
    Ad esempio, una cartella per IRPEF si prescrive in 10 anni se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non compie atti nel frattempo; una cartella per sanzione amministrativa (multa) si prescrive in 5 anni se nulla accade. È fondamentale capire che un atto dell’Agente (es. intimazione di pagamento) interrompe la prescrizione e fa decorrere un nuovo periodo. Inoltre, la mancata impugnazione della cartella non trasforma eventuali termini brevi in dieci anni: se la sanzione era 5 anni, resta 5 anni anche se il contribuente non ha fatto ricorso. Dunque bisogna analizzare caso per caso (vedi Tabella 3 sopra): il professionista dovrà verificare l’ultimo atto notificato e calcolare da lì i 5 o 10 anni a seconda del credito. Se il termine è trascorso, la cartella è prescritta e gli importi non sono più dovuti, ma occorre farlo valere in giudizio o con istanza di annullamento in autotutela all’ente creditore.

D: Come faccio a sapere se una cartella è prescritta se magari non ho più la copia?
R: Puoi rivolgerti all’Agenzia delle Entrate-Riscossione chiedendo un “estratto di ruolo” relativo al tuo codice fiscale. L’estratto di ruolo elenca tutte le cartelle a tuo carico, con gli importi e le date di notifica. Con quei dati, potrai verificare l’assenza o meno di atti interruttivi successivi (AER fornisce anche le date di eventuali intimazioni, pignoramenti, ecc.). Se riscontri, ad esempio, che una cartella per contributi INPS del 2014 non ha avuto alcun sollecito e oggi è il 2025, sono trascorsi oltre 5 anni e quindi è presumibilmente prescritta. In tal caso, puoi presentare un’istanza di annullamento per intervenuta prescrizione all’ente creditore o all’Agente, oppure proporre ricorso al giudice per farne dichiarare l’estinzione, anche impugnando eventualmente l’estratto di ruolo (la giurisprudenza ammette l’impugnazione dell’estratto ai fini di far valere la prescrizione sopravvenuta). Attenzione: la prescrizione non è automatica, va eccepita. Dunque l’ente potrebbe non annullare d’ufficio e starà a te attivarti per far valere il tuo diritto.

D: Durante un ricorso contro la cartella, devo pagare gli interessi?
R: La presentazione del ricorso non sospende automaticamente né il pagamento né gli interessi. Devi chiedere al giudice tributario la sospensione cautelare. Se il giudice concede la sospensione, in genere l’Agenzia Riscossione sospende le azioni e (secondo l’orientamento più garantista) gli interessi di mora non maturano nel frattempo. Tuttavia, se poi il ricorso viene respinto, dovrai pagare il dovuto con interessi. Su quali interessi? Come visto, la Cassazione ha ritenuto che durante la sospensione giudiziale non maturino gli interessi di mora al tasso art. 30, ma rimangono comunque dovuti gli interessi “corrispettivi” sul tributo (in pratica al 4% annuo). Quindi, nella peggiore delle ipotesi, la sospensione cautelare ti risparmia la maggior quota di interessi di mora. Se invece non ottieni la sospensione, il debito è esigibile: l’Agente potrebbe procedere e gli interessi di mora continueranno a decorrere. In molti casi, in pendenza di giudizio senza sospensiva, l’Agente attende l’esito almeno di primo grado prima di agire, ma non è obbligato: per legge potrebbe intervenire dopo 60 giorni. In sintesi:

  • Con sospensione: niente interessi di mora nel frattempo (ma sì 4% annuo sugli importi).
  • Senza sospensione: interessi di mora continuano a correre; se paghi poi tutto in blocco, li dovrai includere.

D: Gli interessi che pago al Fisco sono deducibili dalle tasse?
R: Sì, gli interessi passivi corrisposti all’Erario sono deducibili dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo, in quanto costi sostenuti nell’attività (oneri finanziari). Ciò è stato chiarito dalla Cassazione e dall’Amministrazione finanziaria: gli interessi da dilazione di imposte non sono qualificati come sanzioni né come indennità risarcitorie, ma come interessi veri e propri, quindi rientrano tra quelli deducibili secondo le regole ordinarie. Occorre però distinguere:

  • Non è deducibile l’imposta in sé, né le sanzioni (mai);
  • Sono invece deducibili gli interessi di mora e da dilazione pagati. Ad esempio, una società che nel 2025 paga €1.000 di interessi di mora su debiti IVA li potrà dedurre nel reddito 2025, salvo la limitazione di cui all’art. 96 TUIR (interessi passivi deducibili solo entro il 30% del EBITDA, se applicabile). Anche gli interessi corrisposti con ravvedimento operoso sono deducibili (sono interessi legali per ritardato pagamento).
    Per i contribuenti persone fisiche non esercenti impresa, invece, tali interessi non sono deducibili (in quanto non esiste una categoria di oneri deducibili corrispondente; non rientrano negli interessi passivi su mutui né in altre categorie detraibili).

D: Ho trovato una cartella molto vecchia non pagata: posso ancora rateizzarla?
R: Sì, in linea di massima, . Non c’è un termine massimo dalla notifica per chiedere la dilazione, purché il debito non sia già stato riscosso o non sia decaduto da precedenti rateizzazioni. Attualmente (dopo le riforme 2023) puoi chiedere rateazione anche se la cartella risale a molti anni fa, sempreché l’Agente non abbia già chiuso la posizione per irreperibilità o altre ragioni. Importante: la richiesta di rateazione su una cartella molto vecchia impedisce di eccepirne la prescrizione, perché con l’istanza riconosci il debito. Quindi valuta con il tuo legale se la cartella è prescritta: in tal caso sarebbe meglio non rateizzare ma far valere la prescrizione e ottenere l’annullamento del debito. Se invece non è prescritta e non puoi saldare in unica soluzione, la rateazione è possibile (la Legge di Bilancio 2023 ha ampliato la possibilità di dilazioni fino a 120 rate anche senza garanzie, in certi casi). Dunque anche su cartelle per debiti oltre €60.000 si può avere fino a 10 anni di rate. Ricorda solo che, una volta rateizzato, decadi dopo 8 rate non pagate anche non consecutive (nuova norma di favore, prima erano 5 rate consecutive).


Simulazioni pratiche

Di seguito presentiamo tre casi concreti distinti per tipologia di contribuente, al fine di mostrare in pratica il funzionamento del calcolo degli interessi nelle cartelle esattoriali. Ogni simulazione illustra la situazione iniziale, gli atti emessi, i conteggi degli interessi e l’esito.

Simulazione 1: Persona fisica – Cartella IRPEF non pagata e pagamento in ritardo

Scenario: Il sig. Rossi (persona fisica) dimentica di versare €8.000 di IRPEF sul reddito 2020 (saldo dovuto il 30/06/2021). L’Agenzia delle Entrate, a seguito di controllo automatizzato, emette una comunicazione (avviso bonario) il 10/10/2022: sanzione 10% (ridotta), interessi calcolati al 3,5% annuo dal 01/07/2021 al 10/10/2022 (€8.000 * 3,5% * 466 giorni ≈ €358). Il sig. Rossi non paga né impugna. A gennaio 2024 il debito è iscritto a ruolo e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione gli notifica una cartella il 20/02/2024, con importo così dettagliato:

  • Imposta: €8.000 (IRPEF 2020 non versata)
  • Sanzione: €2.400 (30% dell’imposta, ma ridotta a 10% nell’avviso bonario e poi tornata 30% per mancato pagamento entro 30gg, tuttavia occorre vedere: il bonario era 10%, scaduto 30gg, ora l’iscrizione a ruolo avviene con sanzione piena del 30% = €2.400)
  • Interessi da ritardata iscrizione a ruolo: €8.000 * 4% * (dal 01/07/2021 al 31/12/2023). Calcoliamo: periodo 01/07/21–31/12/23 = 914 giorni. Interessi = 8.000 * 4% * 914/365 ≈ €800. Nella cartella saranno indicati come “interessi art.20 DPR 602/73” €800.
  • Aggio: ipotizziamo 3% del totale (normativa 2022: l’aggio è a carico del bilancio dello Stato, ma consideriamo la situazione pre-2022 per far vedere l’impatto). Su €10.400 (imposta+sanzione+interessi) l’aggio 3% = €312.
  • Spese: €5,88 notifica.

Cartella totale: circa €8.000 + 2.400 + 800 + 312 + 5,88 ≈ €11.518.

Il sig. Rossi non paga entro 60 giorni (scadenza 21/04/2024). Il 22/04/2024 scattano gli interessi di mora sul debito. Il debito su cui calcolare la mora è: €8.000 (imposte) + €312 (aggio) = €8.312 (niente sanzioni né gli €800 di interessi, per base mora).

  • Dal 22/04/2024 iniziano a maturare interessi di mora al 2,68%. Il sig. Rossi paga tutto il 21/08/2024 (dopo 4 mesi dall’inizio mora, quindi ~122 giorni di ritardo).
  • Interessi di mora dovuti: €8.312 * 2,68% * 122/365 ≈ €8.312 * 0,0268 * 0,334 = €74,17 (circa).

Nel frattempo, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione il 30/05/2024 gli aveva inviato una intimazione di pagamento (dopo 2 mesi di ritardo) per sollecitare il saldo, interrompendo la prescrizione. Rossi comunque paga spontaneamente il 21/08/2024.

Somma finale pagata da Rossi:

  • Capitale e accessori da cartella: €11.518
  • Interessi di mora accumulati: ~€74
  • Totale = €11.592 circa.

Osservazioni del caso: Rossi per un’imposta di €8.000 ha finito per pagare quasi €3.600 extra. Di questi, la voce maggiore sono le sanzioni (€2.400). Gli interessi complessivi sono stati circa €800 (ante cartella) + €74 (mora) = €874. In percentuale, dal 2021 al 2024 ha pagato di interessi circa l’11% dell’imposta, il che rispecchia i tassi applicati (4% annuo per 2,5 anni e 2,68% per 4 mesi). Se Rossi avesse ravveduto nel 2021, avrebbe pagato appena lo 0,01% di interesse legale. Se avesse pagato entro 60 gg dalla cartella, avrebbe evitato i €74 di mora. Questo evidenzia come:

  • l’interesse di mora incide relativamente poco (74€) rispetto a sanzioni e interessi precedenti;
  • la maggior penalizzazione è data dalla sanzione 30%;
  • tuttavia, su importi grandi o ritardi lunghi, anche la mora può crescere (qui solo 4 mesi).
  • Legalmente, tutti i calcoli combaciano con le norme: nessun interesse su sanzione, mora solo su 8.312€, tasso 2,68% su base giornaliera.

Simulazione 2: PMI – Rateizzazione di cartelle e calcolo interessi di dilazione

Scenario: La società Beta Srl (PMI) riceve nel 2025 quattro cartelle esattoriali per debiti IVA e ritenute, per un totale di €60.000 (somma di imposte, sanzioni e interessi vari). Beta Srl non ha liquidità per pagare subito, quindi il 1º marzo 2025 presenta domanda di rateizzazione per l’importo complessivo. Secondo le nuove norme, fino a €120.000 può ottenere automaticamente fino a 72 rate (essendo 2025, come da art. 19 modificato). Beta chiede il massimo numero: 72 rate mensili. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione accoglie il piano.

  • Piano di ammortamento: Debito €60.000, tasso interessi di dilazione 4,5% annuo, 72 rate mensili (6 anni). La rata costante mensile risultante sarà circa €960 al mese. (Calcolo indicativo di ammortamento).
  • Interessi da dilazione totali: Beta Srl, a fine piano, avrà pagato circa €9.120 di interessi complessivi (corrispondenti a 6 anni al 4,5% su capitale decrescente). Questi interessi di dilazione sono inclusi nelle rate.

Analizziamo come vengono imputati e calcolati:

  • Ogni rata da €960 circa comprende una quota capitale e una quota interessi. All’inizio la quota interessi è più alta, poi decresce. Per esempio, sulla prima rata: capitale residuo €60.000, interessi mese = 60.000 * (4,5%/12) = €225. Quindi la prima rata copre ~€225 di interessi e ~€735 di capitale. L’ultima rata avrà interessi quasi nulli (perché capitale residuo quasi estinto).
  • Base di calcolo: supponiamo tra i €60.000 iniziali ci fossero €10.000 di sanzioni. Gli interessi di dilazione non sono conteggiati sui €10.000 di sanzioni, per cui il piano è costruito su €50.000 di capitale effettivo ai fini interessi. (In pratica, Beta ha €60k di debito, ma quando calcolano rate e interessi, considerano €50k come base su cui si applica il 4,5%. I €10k di sanzioni saranno comunque diluiti nelle rate, ma non generano interessi).
  • Ciò significa che i €9.120 di interessi pagati in 6 anni sono in realtà il 4,5% su circa €50.000, non su €60.000 (infatti 4,5% di 50k = 2.250 annui; su 6 anni ≈ 13.500, ma essendo su capitale decrescente risulta 9.120).
  • Durante la rateizzazione, Beta Srl non paga interessi di mora (purché rispetti i pagamenti). Il tasso effettivo che sostiene è il 4,5%. Questo è più alto del 2,68%? Sì, perché il legislatore vuole remunerare il maggiore beneficio del dilazionare. Ma se Beta non avesse rateizzato, sarebbe incorsa subito in sanzioni e forse in esecuzioni, quindi comunque la rateazione la aiuta a sostenere il debito nel tempo.

Ora immaginiamo che Beta Srl, dopo aver pagato regolarmente 20 rate, attraversi una crisi e salti 8 rate (non consecutive ma complessive). Secondo la norma, dopo l’ottava rata non pagata scatta la decadenza dal beneficio. Ciò avviene a luglio 2027. A quel punto il debito residuo è ancora, supponiamo, €40.000 (capitale) + le sanzioni residue e interessi maturati su quelle rate non pagate.

Con la decadenza:

  • L’intero residuo €40.000 + sanzioni €5.000 = €45.000 torna immediatamente esigibile in unica soluzione.
  • Agenzia Riscossione invia una comunicazione di decadenza e poi un’intimazione di pagamento per €45.000, intimando in 5gg il saldo.
  • Da luglio 2027, su €40.000 iniziano a decorrere interessi di mora (dopo decadenza, il beneficio è revocato, quindi mora su tributo residuo). Dal giorno successivo la decadenza al pagamento finale, Beta dovrà pagare interesse di mora. Se Beta salda nel 2028, supponiamo 200 giorni dopo la decadenza, dovrà aggiungere interessi di mora ~2,68% annuo su 40k per 200 gg ≈ €587.

In alternativa, Beta Srl potrebbe chiedere una nuova rateazione dopo la decadenza (se paga prima tutte le rate scadute non pagate). Nel nostro esempio, 8 rate saltate erano ~€7.680. Se Beta trova quei soldi e li versa, l’Agente può riammetterla a un nuovo piano sulle restanti rate. In tal caso, Beta non subirebbe procedure e proseguirebbe, però gli interessi di mora maturati nel periodo di decadenza vanno comunque considerati (il periodo tra decadenza e riammissione va sanato, ma qui la normativa è un po’ fumosa su come gestiscono gli interessi tra decadenza e nuova rateazione).

Esito simulazione Beta Srl:

  • Sino a quando ha rispettato il piano, Beta ha pagato €960/mese, sostenibile, con un costo totale interessi ~€9.120 su €60k in 6 anni (TAN 4,5%). Ha evitato qualsiasi esecuzione e mantenuto regolare la posizione.
  • Quando è decaduta, il residuo €45k è tornato subito esigibile, Beta non aveva quell’importo → rischiava pignoramenti. Inoltre ha perso il diritto a eventuali sconti su sanzioni (comunque in questo caso già scontate nel bonario).
  • Ha anche visto aggiungersi interessi di mora dalla decadenza.
  • Il caso evidenzia l’importanza di non far decadere la rateazione. Anche perché in 6 anni di piano, gli interessi di dilazione ammontavano a circa il 15% del capitale, mentre se si fosse lasciata la cartella senza pagare 6 anni, gli interessi di mora sarebbero stati, al 2,68%, circa il 16% ma con l’aggravante di possibili azioni legali.

Confronto ipotetico: se Beta Srl non avesse rateizzato e fosse rimasta inerte:

  • Avrebbe avuto da subito pignoramenti nel 2025 per €60k + 6% aggio + mora anni = un conto forse anche maggiore. Probabilmente avrebbe dovuto trovare i soldi in breve o subire danni.
  • Rateizzando, ha comprato tempo ma ha pagato più interessi rispetto al tasso di mora. Ciò perché la mora è a breve termine (se avesse pagato in 6 anni a strappi, magari con atti interruttivi, la mora si sarebbe accumulata un po’ a zig-zag).
  • Deducibilità: Beta può dedurre i €9.120 di interessi di dilazione nei vari anni. Se avesse pagato mora, avrebbe dedotto anche la mora. In termini fiscali, la deduzione mitiga il costo effettivo.

Simulazione 3: Società grande debitrice (> €500.000) – Prescrizione di interessi e sanzioni

Scenario: Alfa S.p.A. riceve nel 2014 una cartella di pagamento per €800.000 così composta: €500.000 imposte (IVA, IRES), €200.000 sanzioni, €100.000 interessi vari. È un carico notevole, legato a un avviso di accertamento non impugnato. Alfa S.p.A. nel 2014 non ha pagato né chiesto rateazione, confidando di negoziare col Fisco o sperando in future definizioni. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione avvia alcune procedure:

  • Nel 2015 iscrive ipoteca sugli immobili di Alfa e notifica un pignoramento presso terzi su crediti, recuperando €100.000.
  • Poi più nulla fino al 2023.

Alfa S.p.A. nel 2023, avendo migliorato la liquidità, intende sistemare la posizione. Verifica l’estratto di ruolo: debito residuo con AER €700.000 (dopo il pignoramento). Chiede al proprio legale: quei €700.000 sono tutti dovuti o c’è qualcosa di non più esigibile?

Analisi del legale nel 2023:

  • Prescrizione imposta (500k): credito erariale, prescrizione decennale. La cartella notificata 2014 ha avuto un pignoramento nel 2015 (atto interruttivo). Da quell’atto, i 10 anni scadono nel 2025. Siamo nel 2023, quindi l’imposta è ancora esigibile. Non c’è stata decadenza perché cartella fu nei termini. Quindi i €500k – €100k recuperati = €400k di imposte residui non sono prescritti (lo saranno nel 2025 se non agiscono entro allora).
  • Prescrizione sanzioni (200k): sanzione trib. soggetta a 5 anni. Cartella 2014, atto interruttivo pignoramento 2015 ha interrotto, riparte prescr. 5 anni dal 2015 = scade nel 2020. Nessun altro atto fino al 2023 → le sanzioni sono prescritte al momento. Alfa S.p.A. quindi può non pagare i €200k sanzioni residui (ne aveva 200k, nessuna parte recuperata).
  • Prescrizione interessi (100k): di quei €100k iniziali, alcuni erano interessi ex art.20 (compensativi) e altri interessi di mora maturati fino al 2014. In ogni caso, sono accessori soggetti a 5 anni. Anche qui, interrotti dall’atto 2015, ripresi fino al 2020, adesso prescritti. Quindi i €100k indicati originariamente come interessi non dovrebbero più essere esigibili.
  • Dunque su €700k residui formalmente a ruolo, ben €300k (sanzioni+interessi) sono caduti in prescrizione, secondo il legale.

Il legale consiglia ad Alfa di:
a) Impugnare la cartella in giudizio per far dichiarare non dovuti €300k per prescrizione sopravvenuta; oppure
b) negoziare con l’Agenzia Entrate un pagamento dei soli €400k di imposte (magari usando la definizione agevolata se disponibile).

Alfa opta per la causa. Nel 2024 la Corte di Giustizia Tributaria accoglie il ricorso dichiarando estinti per prescrizione sanzioni e interessi. La società paga quindi solo il capitale imposte €400.000 (in unica soluzione o rateazione).

Interessi di mora sul capitale dal 2015 al 2023? – Ci sarebbe un tema: sui €400k di imposte, la riscossione potrebbe pretendere gli interessi di mora maturati dal 2015 al 2023. Tuttavia:

  • Dal 2015 al 2020 circa, l’agente non ha fatto atti (oltre pignoramento).
  • In linea di principio, gli interessi di mora su €400k dal 2015 al 2023 sarebbero maturati. Ma sono anch’essi soggetti a prescrizione 5 anni. Con pignoramento 2015, la parte di interessi maturata fino al 2015 è salva, ma quelli 2015-2020 se l’agente non ha atti dal 2015, sarebbero prescritti a fine 2020; quelli 2021-2023 neanche titolo forse hanno perché il credito sanzioni era connesso (vabbè, fu interrotto solo da quell’atto).
  • Probabilmente, il giudice tributario nel dichiarare prescritti interessi, intendeva anche interessi di mora maturati post 2015.
  • Quindi Alfa S.p.A. paga €400k senza ulteriori interessi di mora, perché il giudice ha compreso nell’estinzione tutti gli interessi.
  • Il Fisco incassa meno di quanto originariamente iscritto, e Alfa risparmia €300k di sanzioni e interessi e anche eventuali interessi di mora su questi.

Osservazioni del caso: Questo esempio mostra come, per grandi importi e lunghi periodi:

  • L’effetto della prescrizione può tagliare via sanzioni e interessi, lasciando sostanzialmente il solo capitale. È coerente con la ratio: dopo tanti anni, si ritiene eccessivo punire oltre al recupero del dovuto.
  • Il Fisco spesso su importi alti non lascia passare 5 anni senza atti. Ma può capitare se il debitore non ha aggredibile nulla o se c’è stata distrazione. Quindi una società con debiti elevati potrebbe trovarsi, dopo anni, a negoziare solo il capitale grazie alla prescrizione del resto. Ciò è avvalorato dalle SU 2016 e 2024.
  • Dal lato opposto, se ci fosse stato un giudizio e una sentenza passata in giudicato nel 2018 per esempio, i 200k sanzioni sarebbero diventati da quel momento esigibili 10 anni (fino al 2028).
  • In questo scenario, nessun interesse di dilazione è applicato (perché non c’è rateazione). La società è stata inattiva sperando nella prescrizione: una strategia rischiosa perché se il Fisco avesse pignorato nel 2019 un altro €100k, quell’atto avrebbe interrotto e allungato i termini. Invece la fortuna (o incapacità di riscuotere efficacemente su asset nascosti) ha giocato a favore di Alfa.

Morale: per debiti grandi, spesso conviene gestire la posizione anche in chiave di prescrizione: monitorare atti, far valere i propri diritti in giudizio per stralciare sanzioni/interessi invecchiati. Il rischio è che l’ente compia atti all’ultimo e rinnovi l’esigibilità. Nel caso Alfa, l’agente forse non ha insistito credendo la società nullatenente, e ora incassa comunque 400k grazie all’azione attuale della società. Il giudice, applicando la legge, taglia via il resto. Per la società è una vittoria economica (400k vs 800k originari), per il Fisco un incasso ritardato ma perlomeno del capitale.

Fonti normative e giurisprudenziali di riferimento

(Elenco completo delle principali norme, sentenze e prassi citate o rilevanti in materia di interessi nelle cartelle esattoriali, aggiornato a maggio 2025.)

Normativa primaria:

  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602:
    • Art. 20 – Interessi per ritardata iscrizione a ruolo (tasso 4% annuo dal 2009, DM 21/5/2009).
    • Art. 21 – Interessi sulle dilazioni di pagamento (tasso 4,5% annuo dal 1/10/2009).
    • Art. 25 – Cartella di pagamento: termini di notifica (decadenza).
    • Art. 30 – Interessi di mora su somme iscritte a ruolo (determinati annualmente, esclusi sanzioni e interessi).
    • Art. 31 – Imputazione pagamenti parziali (ordine: spese, aggio, imposte, interessi, sanzioni).
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472:
    • Art. 20 – Decadenza e prescrizione delle sanzioni tributarie (5 anni).
    • Art. 17 – (Rinvio) Termini di pagamento delle sanzioni (non rilevante qui).
    • Art. 6 co. 4 – Indeducibilità delle sanzioni amministrative tributarie.
  • Codice Civile:
    • Art. 1284 – Saggio degli interessi legali (modificato periodicamente da DM; es. DM 13/12/2022: 5% per 2023; DM 10/12/2024: 2% per 2025).
    • Art. 2946 – Prescrizione ordinaria decennale.
    • Art. 2948 n.4 – Prescrizione quinquennale per “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno” (chiave per interessi e sanzioni).
    • Art. 2953 – Conversione in prescrizione decennale dei diritti riconosciuti da sentenza passata in giudicato (applicabile solo a titoli giudiziari, non a cartelle non impugnate).
    • Art. 2941-2942 – Cause di sospensione della prescrizione (es. forza maggiore).
    • Art. 2935 – Decorrenza della prescrizione (da quando il diritto può essere fatto valere).
    • Art. 2944 – Interruzione della prescrizione per riconoscimento del debito (es. domanda di rateazione).
  • Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008): art. 1 co. 150 – Delega al MEF per stabilire i tassi di interesse per riscossione e versamenti tributi, entro 3 punti dal tasso legale, salva la determinazione degli interessi di mora ex art. 30 DPR 602.
  • Decreto MEF 21 maggio 2009:
    • Art. 2 – fissa al 4% annuo il tasso di interesse per ritardata iscrizione a ruolo dal 1/10/2009.
    • Art. 3 – fissa al 4,5% annuo il tasso di interesse di dilazione (art.21) dal 1/10/2009.
    • (Allegati con relazioni su medie tassi attivi).
  • Decreto MEF 13 novembre 2023: (esempio) fissa saggio interesse legale al 2,5% per il 2024 (DM 29/11/2023 GU 16/12/2023); DM 10 dicembre 2024 fissa 2% per il 2025.
  • D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46:
    • Art. 17 – Termini di notifica cartelle per ruoli da accertamento (rinvio).
    • Art. 36 – Termini ruoli per sanzioni amministrative (2 anni…).
  • Legge 8 agosto 1995, n. 335: art. 3 co.9 – Prescrizione contributi previdenziali 5 anni (post 1996).
  • Codice della Strada (D.Lgs. 285/1992): art. 209 – termini riscossione sanzioni (rinvia a L. 689/81).
  • Legge 689/1981: art. 28 – prescrizione 5 anni sanzioni amministrative non tributarie.
  • Legge 296/2006 (Finanziaria 2007): art. 1 commi 161-163 – decadenza accertamenti tributi locali al 31/12 del quinto anno successivo.
  • D.Lgs. 159/2015: ha unificato a 31/12 del 3° anno i termini di notifica cartelle da controlli automatici dal 2016 (prima erano 2° anno).
  • D.Lgs. 119/2022: (Riforma processo trib.) – tra l’altro, nuova sospensione automatica per 1/3 in appello, irrilevante qui.
  • D.L. 18/2020 (Cura Italia) e D.L. 34/2020 (Rilancio): sospensione termini di riscossione dall’8/03/2020 al 31/08/2020 e proroghe rottamazione; rideterminazione scadenze pagamenti agevolati. (Norme transitorie emergenza).
  • D.L. 146/2021 convertito L. 215/2021: annullamento automatico cartelle fino €5.000 ante 2011 (condono “stralcio” 2021) – interessante perché ha condonato interessi e sanzioni oltre che tributi entro soglia.
  • Legge 197/2022 (Bilancio 2023): Definizione agevolata 2023 (rottamazione-quater) – azzera interessi di mora e sanzioni, applica interesse 2% su rate dilazionate.
  • D.L. 51/2023 convertito L. 87/2023: proroga adesione rottamazione-quater al 30/6/23 ecc.
  • D.L. 73/2022 convertito L. 122/2022: riforma riscossione, elimina aggio dal 2022 (costo a carico Stato).
  • Provvedimenti direttoriali Agenzia Entrate (annuali): es. Provv. 24/05/2019 n. 148038 – fissa interesse di mora al 2,68% dal 1/7/2019; Provv. 10/05/2018 – 3,01% dal 15/5/2018; Provv. 04/09/2009 – 6,8358% dal 1/10/2009; Provv. 07/09/2010 – 5,7567% dal 1/10/2010; Provv. 22/06/2011 – 5,0243% dal 1/10/2011; Provv. 30/04/2015 – 4,88% dal 1/05/2015; Provv. 04/04/2017 – 3,50% dal 15/05/2017; Provv. 10/05/2018 – 3,01% dal 15/05/2018; Provv. 08/05/2020 – (confermato 2,68%); Provv. 06/05/2021 – (confermato 2,68%).

Giurisprudenza (sentenze) – Corte di Cassazione:

  • Cass. SS.UU. n. 23397/2016 (17/11/2016): termine prescrizione cartelle – no conversione termine breve in decennale senza giudicato; prescrizione secondo natura credito.
  • Cass. SS.UU. n. 23396/2016 (17/11/2016): analoga su contributi (trattato nel medesimo giorno).
  • Cass. SS.UU. n. 31080, 31088, 31090/2017 (14/12/2017): tributi locali (Tarsu) prescrizione quinquennale, cartella non giudicato.
  • Cass. SS.UU. n. 34447/2019 (05/12/2019): conferma principi SU 2016; cartella amministrativa non giudicato.
  • Cass. SS.UU. n. 8500/2021 (25/03/2021): (non citata sopra, ma su notifica via PEC e termini, irrilevante qui).
  • Cass. SS.UU. n. 11675, 11676/2024 (30/04/2024): ribadisce: imposte decennale, sanzioni 5 (salvo giudicato); richiama SU 2016.
  • Cass. Sez. V n. 20600/2011 (07/11/2011): prescrizione sanzioni trib 5 anni ex art.20 d.lgs 472/97.
  • Cass. Sez. V n. 17051/2004 (26/08/2004): vecchio orientamento minoritario (cartella come titolo decennale) citato e superato da SU 2016.
  • Cass. Sez. V n. 15966/2016 (29/07/2016): cartella = atto di precetto, non notificabile se titolo sospeso.
  • Cass. Sez. VI n. 20361/2020 (28/09/2020): orientamento (minoritario) per cui sospensione accertamento non sospende cartella se non chiesta sospensiva anche di quella – contrasto con Cass. 40047/21.
  • Cass. Sez. V n. 40047/2021 (14/12/2021): cartella emessa nonostante sospensione accertamento – annullata; interessi di mora non dovuti in tale frangente.
  • Cass. Sez. V n. 9478/2021 (13/04/2021): su rottamazione-ter e prescrizione: adesione rottamazione sospende termini, se decadenza rottamazione terminano sospensione e riprende prescrizione (principio implicito).
  • Cass. Sez. V n. 33804/2022 (17/11/2022): ammissibilità impugnare estratto ruolo per far valere prescrizione sopravvenuta – orientamento confermato.
  • Cass. Sez. V n. 12083/2019 (03/05/2019): IRAP – prescrizione decennale; richiamata da SU 2024.
  • Cass. Sez. V n. 16958/2020 (06/08/2020): interessi di mora su cartella – prescrizione 5 anni (conferma SU 2016).
  • Cass. Sez. V n. 21785/2019 (02/09/2019): su ruoli INPS – contributi 5 anni, no 2953 senza giudicato.
  • Cass. Sez. V n. 30362/2017 (18/12/2017): conferma imposte 10, sanzioni 5 (post SU).
  • Cass. Sez. V n. 26283/2022 (06/09/2022): ribadisce imposte non periodiche → 10 anni, richiama Cass. 30362/17.
  • Cass. Sez. V n. 33408/2022 (11/11/2022): impugnabilità estratto di ruolo per prescrizione sopravvenuta – sì.
  • Cass. Sez. VI n. 1738/2020 (24/01/2020): contributi INAIL – prescrizione 5 anni.
  • Cass. Sez. V n. 29653/2020 (29/12/2020): IMU – prescrizione 5 anni (prestazione periodica).
  • Cass. Sez. V n. 338/2021 (13/01/2021): TARI – 5 anni.
  • Cass. Sez. V n. 12895/2018 (22/05/2018): preavviso di fermo come atto interruttivo della prescrizione (sì, contiene intimazione di pagamento).
  • Cass. Sez. V n. 4144/2019 (14/02/2019): deducibilità interessi da dilazione imposte (conferma possibilità in linea di principio, rientrano oneri finanziari).
  • Cass. Sez. Unite n. 15889/2020 (22/07/2020): imposta registro – 10 anni (anche se molti riti, ma l’ha detto).
  • Cass. Sez. V n. 29490/2019 (14/11/2019): interessi su rimborsi fiscali – questione diversa (tasso base ridotto legittimo).
  • Cass. Sez. V n. 363/2021 (12/01/2021): conferma su imposte decennale, sanzioni 5.

Giurisprudenza di merito (Commissioni/Corti tributarie):

  • C.T.R. Lombardia n. 186/2023 (30/05/2023): (CGT Umbria) interessi di mora non dovuti durante sospensione giudiziale.
  • C.T.P. (CGT primo grado) vari 2018-2022: numerose decisioni hanno accolto eccezioni di prescrizione su cartelle notificate da oltre 5 anni per sanzioni/interessi (es. CTP Napoli n. 4444/2018; CTP Roma n. 1697/2019, etc.).
  • C.T.R. Lazio n. 25/2020: sospensione Covid – ha ritenuto che i mesi di sospensione non contano per la prescrizione (interpretazione favorevole all’Erario).
  • C.T.R. Toscana n. 772/2022: ravvisando decadenza vs prescrizione, ecc – (focalizzata su decadenze di art.25).

Documenti di Prassi e altri riferimenti:

  • Circolare Agenzia Entrate n. 13/E del 11/03/2016: chiarimenti su interessi in accertamento e su ravvedimento (interessi legali).
  • Risoluzione Agenzia Entrate n. 77/E del 16/07/2011: interessi di dilazione delle imposte – deducibilità (confermava deducibilità come oneri finanziari).
  • Circolare INPS n. 140/2016: sui termini prescrizione contributi dopo SU 2016 (INPS ha recepito 5 anni generalizzato).
  • Circolare Agenzia Riscossione 1/2018: (Equitalia) interne su come calcolare interessi in caso di pagamenti tardivi e comunicazioni.
  • Relazioni parlamentari: es. Dossier Senato n. 62/2013 su cartelle e prescrizioni.

Gli Interessi nella Cartella Esattoriale: Perché Affidarti a Studio Monard

Hai ricevuto una cartella esattoriale e l’importo ti sembra molto più alto del debito iniziale?
Hai notato voci come interessi di mora, interessi legali o somme aggiuntive, ma non sai da dove arrivano?

⚠️ Gli interessi applicati in una cartella esattoriale possono far raddoppiare o triplicare l’importo dovuto, soprattutto se il debito è risalente e mai contestato.

✅ Si applicano interessi legali sul debito a partire dalla scadenza originaria
✅ Dopo l’iscrizione a ruolo, l’Agenzia delle Entrate Riscossione applica interessi di mora che aumentano ogni semestre
✅ Sono previsti interessi sulle sanzioni e sulle somme non pagate, anche se rateizzate
✅ In caso di sospensione o impugnazione, gli interessi si calcolano comunque, salvo blocco giudiziale

Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo

✅ Verifica la corretta applicazione degli interessi nella cartella esattoriale: importi, decorrenze, tassi usati

✅ Ti difende in caso di errori di calcolo, prescrizioni non rispettate o interessi non dovuti

✅ Presenta ricorsi per l’annullamento totale o parziale della cartella, anche in via stragiudiziale

✅ Valuta l’accesso a transazione fiscale o procedure di composizione della crisi, per ridurre il debito e congelare gli interessi

✅ Ti assiste in caso di rateizzazioni già in corso o decadute, proponendo soluzioni legali per rientrare in modo sostenibile

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

🔹 Avvocato esperto in diritto tributario e contenzioso con Agenzia Entrate Riscossione
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
🔹 Coordinatore nazionale di esperti in verifica cartelle esattoriali e ristrutturazione del debito tributario

Perché agire subito

⏳ Gli interessi continuano a maturare ogni giorno: più aspetti, più il debito cresce

⚠️ Una cartella con interessi non contestati può trasformarsi in fermi auto, ipoteche o pignoramenti

📉 Rischi concreti: perdita di liquidità, danni patrimoniali, danni alla reputazione fiscale

🔐 Solo un intervento legale esperto può bloccare gli effetti della cartella e ricalcolare quanto è realmente dovuto

Conclusione

Gli interessi nella cartella esattoriale non sono intoccabili: vanno verificati, contestati se sbagliati e possono essere abbattuti con gli strumenti giusti.

Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere una guida legale esperta nella tutela del contribuente, capace di leggere tra le righe della cartella, ridurre l’importo e proteggere il tuo patrimonio.

Qui sotto trovi tutti i riferimenti per richiedere una consulenza riservata e immediata.
Se hai ricevuto una cartella esattoriale con interessi elevati, il momento per agire è adesso.

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!