Hai una SNC in difficoltà con debiti fiscali non pagati e continui solleciti da parte dell’Agenzia delle Entrate? Ti stai chiedendo se esistono soluzioni legali per ridurre il carico fiscale e salvare la tua attività, senza compromettere anche il patrimonio personale dei soci?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, diritto tributario e responsabilità dei soci nelle società di persone – ti spiega in modo semplice e pratico come una società in nome collettivo può pagare meno tasse e sistemare i debiti con il Fisco, sfruttando strumenti legali previsti dal Codice della Crisi d’Impresa.
Scopri come funziona la transazione fiscale per società con difficoltà economiche, quali sono le opportunità offerte dalla composizione negoziata, quando è possibile ristrutturare il debito fiscale e commerciale, e come tutelare i soci da azioni personali grazie a una strategia coordinata e tempestiva.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la posizione fiscale della tua SNC e costruire un piano concreto per ridurre i debiti, evitare pignoramenti e salvare l’impresa con strumenti perfettamente legali e su misura.
Introduzione
La presente guida giuridico-fiscale, aggiornata a maggio 2025, si basa sulla normativa e giurisprudenza italiana vigente. Ha l’obiettivo di illustrare strategie avanzate e strumenti legali per ridurre il carico fiscale di una Società in Nome Collettivo (SNC) che si trovi con debiti verso il Fisco. Il taglio è tecnico ma accessibile: il linguaggio utilizzato, pur rigoroso dal punto di vista giuridico, è pensato per risultare comprensibile sia agli avvocati sia agli imprenditori interessati a gestire e alleggerire la pressione fiscale sulla propria attività.
Nella guida affronteremo inizialmente le caratteristiche fiscali della SNC e le responsabilità dei soci rispetto ai debiti tributari. Passeremo poi in rassegna i principali settori economici italiani (commercio, edilizia, ristorazione, servizi, trasporti, agricoltura, tecnologia, ecc.), evidenziando per ciascuno eventuali peculiarità fiscali e le problematiche più comuni. Analizzeremo la natura dei debiti fiscali e contributivi verso l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, i Comuni e altri enti creditori, nonché le conseguenze del mancato pagamento (sanzioni, interessi, azioni esecutive, ecc.).
Il cuore della guida è dedicato agli strumenti legali per la gestione e la riduzione del debito fiscale. Verranno approfonditi istituti come la transazione fiscale, il piano del consumatore, il concordato preventivo, la ristrutturazione del debito, il saldo e stralcio, l’adesione agevolata e la rottamazione delle cartelle. Per ciascuno di questi strumenti descriveremo il funzionamento, la normativa di riferimento aggiornata al 2025, i requisiti di accesso, i vantaggi e gli eventuali limiti, con particolare attenzione alle novità normative e giurisprudenziali più recenti (ad esempio le modifiche introdotte dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e le “tregue fiscali” previste dalle ultime leggi di bilancio).
Oltre alle soluzioni “riparative” per gestire debiti già esistenti, presenteremo anche strategie preventive utili a ridurre la pressione fiscale in una SNC. In questa parte troveranno spazio consigli su una corretta pianificazione fiscale, sull’uso della compensazione di crediti tributari, sulla gestione ottimale del reddito d’impresa e sulla pianificazione societaria (ad esempio valutando quando conviene trasformare la SNC in un’altra forma societaria per beneficiare di un regime fiscale più vantaggioso).
La guida offrirà anche simulazioni pratiche e casi di studio realistici, ispirati a situazioni tipiche di aziende italiane nei diversi settori (dal ristorante indebitato col fisco, all’impresa edile che ricorre al concordato preventivo, fino all’azienda agricola che sfrutta regimi fiscali speciali). Attraverso questi esempi concreti vedremo come applicare gli strumenti descritti e quali risultati si possono ottenere in termini di riduzione delle tasse dovute.
Non mancherà una sezione di Domande e Risposte frequenti (FAQ), per chiarire i dubbi più comuni: ad esempio sulla responsabilità personale dei soci, sulle modalità di cancellazione dei debiti fiscali, sui tempi di prescrizione, ecc. Infine, saranno presentate tabelle riepilogative e comparative che condensano le principali opzioni a disposizione dell’imprenditore per gestire i debiti fiscali, confrontandone requisiti e benefici.
Al termine del documento è riportata una sezione con fonti normative e giurisprudenziali complete, incluse le leggi, i decreti e le sentenze citate, nonché link a siti ufficiali (Agenzia delle Entrate, Agenzia Entrate-Riscossione, portali normativi) per approfondimenti. In questo modo il lettore potrà verificare i riferimenti e approfondire ulteriormente gli argomenti di interesse.
La SNC e il Regime Fiscale: Caratteristiche Generali
Società di persone e responsabilità illimitata. La società in nome collettivo (SNC) è una società di persone priva di personalità giuridica. Di conseguenza, per legge tutti i soci rispondono in modo illimitato e solidale delle obbligazioni sociali, incluse quelle di natura tributaria. In altre parole, un debito fiscale contratto dalla società è considerato a tutti gli effetti anche un debito personale di ciascun socio. L’Amministrazione finanziaria, quindi, può rivalersi sui patrimoni personali dei singoli soci per ottenere il pagamento di imposte non versate dalla SNC. Va sottolineato che la responsabilità dei soci è sussidiaria rispetto a quella della società: i creditori sociali, Fisco compreso, devono prima escutere il patrimonio della società e solo in caso di incapienza possono agire sui soci (beneficio di preventiva escussione ex art. 2304 c.c.). Questo principio trova applicazione anche in materia tributaria, con la precisazione che vale soprattutto nella fase di esecuzione forzata: l’ente impositore può notificare al socio una cartella di pagamento (titolo esecutivo) ottenuta a seguito dell’accertamento del debito verso la società, ma non potrà procedere al pignoramento dei beni del socio senza aver tentato (anche infruttuosamente) l’esecuzione nei confronti della società debitrice.
I soci della SNC non possono sottrarsi facilmente a tale responsabilità. Anche nel caso di scioglimento o cancellazione della società dal Registro imprese, i debiti fiscali non si estinguono: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione potrà iscrivere a ruolo i tributi non versati a nome della società estinta e poi agire nei confronti dei soci, considerati obbligati in solido nonché successori ex lege della società. Allo stesso modo, un socio che cede la propria quota o recede dalla SNC continua ad essere responsabile per tutti i debiti (fiscali e non) sorti durante il periodo in cui faceva parte della compagine sociale. Il Codice Civile (art. 2290) prevede infatti che il socio uscente, così come gli eredi del socio defunto, restino obbligati per le obbligazioni sociali già esistenti fino a 5 anni dopo l’annotazione dell’uscita. Chi entra in una SNC già avviata, dal canto suo, risponde anche dei debiti pregressi della società (salvo patto contrario efficace solo tra le parti).
Tassazione “per trasparenza” e imposte dovute. Sotto il profilo fiscale, la SNC è assoggettata al regime di tassazione per trasparenza. Ciò significa che la società in quanto tale non paga l’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) sui propri utili; invece, sono direttamente i soci i soggetti passivi d’imposta. In pratica gli utili prodotti dalla SNC vengono imputati pro-quota ai soci e da questi dichiarati e tassati con la propria Irpef personale. Le aliquote IRPEF applicabili sono progressive per scaglioni: al 2025 sono previste tre aliquote del 23%, 35% e 43% (rispettivamente per redditi fino a 28.000 €, da 28.001 a 50.000 €, e oltre 50.000 €). Dunque, i soci persone fisiche scontano IRPEF (più eventuale addizionale regionale e comunale) sul reddito di partecipazione attribuito loro, in misura proporzionale alla quota di utili di competenza. Questa modalità impositiva evita la doppia tassazione economica dei redditi societari (a differenza di quanto accade nelle società di capitali), ma può risultare onerosa se gli utili sono elevati, perché finiscono negli scaglioni IRPEF più alti. Da notare che la legge consente alle società di persone di imputare ai soci anche perdite fiscali, crediti d’imposta e ritenute d’acconto maturate in capo alla società, sempre secondo il criterio di proporzionalità.
Oltre all’IRPEF in capo ai soci, la SNC è soggetta a una serie di altri obblighi e imposte tipici delle attività d’impresa. In particolare, deve versare l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate, con obbligo di liquidazioni periodiche (mensili o trimestrali a seconda del volume d’affari) e dichiarazione annuale IVA. Deve inoltre operare e versare le ritenute fiscali alla fonte sui redditi di lavoro dipendente eventualmente corrisposti ai dipendenti (come sostituto d’imposta) e sui compensi di lavoro autonomo pagati a professionisti esterni, se applicabili. La SNC, in quanto impresa commerciale, è generalmente soggetta anche all’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), un tributo locale calcolato sul valore della produzione netta dell’azienda (con aliquota ordinaria del 3,9-4% salvo variazioni regionali). Tra gli altri oneri possono esservi l’imposta di registro su atti societari, i contributi camerali annuali dovuti alla Camera di Commercio, nonché – se proprietaria di immobili – le imposte locali come IMU (sugli immobili) e TARI (sui rifiuti) dovute al Comune. La SNC ha l’obbligo di presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi (modello Redditi SP) per comunicare il reddito d’impresa prodotto, e ciascun socio includerà la propria quota di tale reddito (o perdita) nella propria dichiarazione personale.
Nota: È in discussione a livello legislativo la reintroduzione di un regime opzionale di “tassazione separata” del reddito d’impresa delle società di persone (la cosiddetta “IRI” – Imposta sul Reddito dell’Imprenditore, con aliquota fissa pari all’aliquota IRES). La delega fiscale 2023 ha previsto la possibilità di uniformare la tassazione delle imprese individuali e società di persone a quella delle società di capitali, in modo da tassare gli utili non prelevati con aliquota proporzionale (es. 24%) anziché con le aliquote IRPEF progressive. Tuttavia, al maggio 2025, questa misura non è ancora operativa: eventuali decreti attuativi sono attesi nei prossimi anni e andranno valutati per capire la convenienza di tale regime rispetto alla trasparenza classica.
Debiti Fiscali e Contributivi: Tipologie e Soggetti Creditori
Una SNC può accumulare debiti di diversa natura nei confronti di vari enti pubblici. In questa sezione distinguiamo le principali categorie di debito fiscale/contributivo e i relativi creditori istituzionali, evidenziando le caratteristiche di ciascuna tipologia.
Debiti verso l’Agenzia delle Entrate (Erario). Comprendono tutte le somme dovute a titolo di imposte statali non versate. Rientrano in questa categoria, ad esempio, gli importi di IVA dovuta sulle vendite e non versata, le ritenute IRPEF operate su stipendi o compensi a terzi e non versate, l’IRAP non pagata, eventuali imposte sui redditi (come saldo o acconto IRPEF dovuto dai soci) rimaste impagate, oltre a interessi e sanzioni legati a tali tributi. Spesso l’insorgenza di questi debiti avviene quando la società omette un pagamento in autoliquidazione (ad es. non versa un F24 contenente IVA o ritenute) oppure a seguito di un controllo fiscale con emissione di un avviso di accertamento: se la società non paga quanto richiesto nei termini, l’imposta accertata diviene definitiva e viene iscritta a ruolo per la riscossione coattiva. L’ente creditore formale per le imposte erariali è l’Agenzia delle Entrate, ma la riscossione materiale è affidata all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), il concessionario pubblico che emette le cartelle di pagamento per recuperare coattivamente i tributi dovuti. In sintesi, i debiti tributari verso lo Stato includono IVA, imposte dirette e indirette, addizionali, interessi e sanzioni amministrative irrogate dall’Amministrazione finanziaria.
Debiti verso enti previdenziali (INPS) e assicurativi (INAIL). Un’altra categoria rilevante sono i debiti contributivi. La INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) esige il pagamento dei contributi previdenziali obbligatori relativi ai lavoratori e agli stessi soci. In particolare, se la SNC ha dipendenti o collaboratori, deve versare mensilmente i contributi previdenziali a suo carico e trattenere dalla retribuzione del lavoratore la quota di contributi a carico di quest’ultimo, per poi versarla all’INPS. Se la società omette tali versamenti, l’INPS iscrive a debito gli importi non pagati (con aggravio di sanzioni civili) ed emette un Avviso di Addebito INPS, titolo esecutivo che viene poi passato all’Agente della Riscossione per il recupero coattivo. Inoltre, per i soci lavoratori di una SNC commerciale o artigiana, sono dovuti contributi previdenziali nella Gestione artigiani e commercianti: la mancata contribuzione genera debito personale del socio verso l’INPS, ma quest’ultimo può rivalersi anche sulla società in solido se la contribuzione doveva essere versata per il socio in quanto tale. Analogamente, la INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) può vantare crediti per premi assicurativi obbligatori non pagati (relativi alla copertura infortuni dei dipendenti e, in certi casi, dei soci stessi): anche tali premi vengono iscritti a ruolo per la riscossione forzata. Va segnalato che, a differenza dei tributi erariali, i crediti di natura contributiva hanno di regola una prescrizione breve (5 anni salvo atti interruttivi) e godono di una tutela privilegiata: ad esempio, in caso di procedure concorsuali, i contributi INPS e i premi INAIL rientrano tra i crediti prededucibili o privilegiati.
Debiti verso enti locali (Comuni e altri). Le SNC possono dover pagare imposte e tasse locali: un tipico esempio è l’IMU, l’imposta municipale sugli immobili di proprietà (terreni, fabbricati) utilizzati dall’azienda. Se la società possiede immobili (es. capannoni, negozi) e non versa l’IMU dovuta al Comune, maturerà un debito verso il Comune stesso. Altre entrate locali includono la TARI (tassa rifiuti) dovuta per i locali aziendali, l’eventuale TOSAP/COSAP (tassa o canone per l’occupazione di suolo pubblico) se l’impresa utilizza spazi pubblici, l’imposta sulla pubblicità per insegne oltre una certa dimensione, diritti per permessi edilizi o oneri urbanistici nel caso di imprese edili, ecc. I Comuni e le Regioni possono riscuotere tali entrate tramite ingiunzioni fiscali proprie oppure, spesso, affidarle in carico all’Agenzia Entrate-Riscossione (o ad altri concessionari locali) per l’emissione di cartelle di pagamento. Ad esempio, le somme dovute per IMU non pagata possono essere iscritte a ruolo ed affidate all’AER, che notificherà una cartella ai sensi del DPR 602/1973 per recuperare il credito comunale. I debiti verso enti locali tendono anch’essi a generare sanzioni e interessi moratori secondo le norme del TUEL (Testo Unico Enti Locali) e regolamenti comunali.
Altri enti creditori e tipologie di debito. In ultimo, esistono ulteriori possibili debiti di una SNC verso enti pubblici. Tra questi possiamo citare i diritti camerali annuali non versati alla Camera di Commercio di iscrizione, le sanzioni amministrative irrogate da varie autorità (ad es. sanzioni per violazioni in materia di lavoro, sicurezza sul lavoro, violazioni del Codice della Strada commesse con veicoli aziendali, ecc.), nonché eventuali dazi doganali o IVA all’importazione dovuti all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (relevant in settori come il commercio internazionale di beni). Questi debiti, se non pagati spontaneamente, vengono anch’essi affidati agli agenti della riscossione per il recupero coattivo. Ad esempio, i dazi e l’IVA import non pagati diventano un carico iscritto a ruolo dall’Agenzia delle Dogane (spesso congiuntamente all’Agenzia Entrate per l’IVA) e sono riscossi tramite cartella esattoriale.
In sintesi, Agenzia Entrate-Riscossione funge da raccoglitore della gran parte dei crediti pubblici impagati di un’impresa: tributi erariali, contributi previdenziali (per conto di INPS), premi assicurativi (per conto di INAIL), entrate di Comuni, Regione o altri enti convenzionati. Tutti questi debiti, una volta affidati a ruolo al concessionario, seguono procedure di riscossione analoghe (notifica di cartella o avviso, applicazione di interessi di mora, possibilità di rateazione, ecc.), di cui parleremo nelle sezioni successive.
Conseguenze del Mancato Pagamento: Sanzioni, Interessi ed Esecuzione forzata
Sanzioni amministrative per omessi versamenti. Il primo effetto di un debito fiscale non pagato sono le sanzioni tributarie per il tardivo o omesso versamento. La sanzione base prevista dal D.Lgs. 471/1997 (art. 13) è tradizionalmente pari al 30% dell’importo non versato. Tuttavia, a seguito della riforma introdotta nel 2024, per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024 la sanzione è stata ridotta al 25% (resta invece al 30% per i mancati pagamenti avvenuti prima di tale data). È inoltre prevista una riduzione alla metà (quindi 15% o 12,5% a seconda del periodo) se il contribuente effettua il pagamento entro 90 giorni dalla scadenza. In altre parole, se la SNC o i soci regolarizzano spontaneamente un omesso versamento con un breve ritardo, la sanzione è parziale (e ulteriormente riducibile tramite ravvedimento operoso). Le sanzioni si applicano a ogni tipologia di imposta non versata (IVA, ritenute, imposte sui redditi, IMU, ecc.), salvo specifiche misure di clemenza o definizione agevolata introdotte di volta in volta dal legislatore. Oltre alla sanzione, maturano gli interessi moratori sul tributo non pagato, calcolati dal giorno successivo alla scadenza fino al pagamento. Il tasso di interesse varia per legge (ad esempio, il tasso di mora sulle cartelle esattoriali per ritardato pagamento è fissato annualmente: nel 2025 era pari a circa l’11,15% annuo).
Cartelle di pagamento e avvisi esecutivi. Se il debitore non paga volontariamente, il credito fiscale o contributivo viene affidato all’agente della riscossione, che procede con la notifica di una cartella di pagamento (per i tributi erariali e la maggior parte delle entrate locali) oppure di un avviso di addebito immediatamente esecutivo (nel caso dei contributi INPS). Questi atti contengono l’intimazione a pagare le somme dovute (imposta o contributo, interessi e sanzioni) entro 60 giorni. All’importo debitorio si aggiungono gli oneri di riscossione a favore dell’Agente (una sorta di aggio, pari al 3% dell’importo se si paga entro 60 giorni, o 6% oltre i 60 giorni) e le spese di notifica della cartella. Trascorsi 60 giorni senza pagamento né ricorso, la cartella diventa definitiva ed esecutiva: dal 61° giorno in poi l’Agente della Riscossione può avviare misure cautelari ed esecutive per recuperare il credito.
Misure cautelari: fermi e ipoteche. Prima di procedere al pignoramento, l’Agente può tutelarsi iscrivendo ipoteca sui beni immobili del debitore o disponendo il fermo amministrativo dei suoi veicoli. L’ipoteca esattoriale è ammessa per legge solo se il debito complessivo supera € 20.000; viene preceduta da una comunicazione al contribuente (preavviso di ipoteca) e, una volta iscritta, vincola l’immobile fungendo da garanzia del credito (pur non privando il proprietario dell’uso del bene). Il fermo amministrativo (o “ganascia fiscale”) può invece essere applicato sui veicoli registrati (automezzi, moto) per debiti anche inferiori – di regola sopra € 1.000 di cartelle scadute. Il fermo viene iscritto al PRA dopo un preavviso di 30 giorni e impedisce di utilizzare e vendere il veicolo finché il debito non sia estinto (o rateizzato, ottenendo la sospensione del fermo). Queste misure cautelari servono a mettere pressione al contribuente e assicurare che vi siano beni a garanzia del credito prima di passare all’esecuzione forzata vera e propria.
Esecuzione forzata: pignoramenti ed espropriazioni. In mancanza di accordo o pagamento, si procede con gli atti esecutivi veri e propri. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può disporre il pignoramento dei conti correnti bancari della SNC o dei soci debitore (bloccando le somme fino a concorrenza del debito), il pignoramento di crediti verso terzi (ad esempio crediti che la SNC vanta verso i clienti, i quali vengono obbligati a pagare direttamente al Fisco), nonché il pignoramento di beni mobili o immobili. In caso di pignoramento immobiliare, la legge oggi tutela in parte il contribuente: ad esempio, non è consentita l’espropriazione della prima casa se è l’unico immobile di proprietà del debitore (e non di lusso); per altri immobili, l’esecuzione immobiliare può avvenire solo per debiti tributari sopra una certa soglia (attualmente € 120.000) e previa iscrizione di ipoteca da almeno sei mesi. Durante la procedura esecutiva, l’agente della riscossione può procedere alla vendita all’asta dei beni pignorati (ad esempio l’immobile ipotecato o i macchinari sequestrati) al fine di soddisfare il credito con il ricavato. È importante sottolineare che, data la responsabilità solidale nelle SNC, queste azioni possono colpire sia i beni sociali (es. conto corrente aziendale, immobili intestati alla società) sia, in caso di escussione infruttuosa di questi, i beni personali dei soci.
Altri effetti e rischi correlati. L’insolvenza fiscale prolungata può avere ulteriori conseguenze negative per l’impresa. Ad esempio, la presenza di debiti contributivi impagati comporta il rilascio di un DURC irregolare (Documento Unico di Regolarità Contributiva negativo), impedendo di partecipare ad appalti pubblici o di ottenere certi benefici o agevolazioni finché la posizione non viene regolarizzata. Ancora, debiti ingenti verso l’Erario possono portare l’Amministrazione finanziaria o l’Agente della Riscossione a presentare istanza di fallimento (oggi liquidazione giudiziale) della società: l’ordinamento consente infatti ai creditori, incluso il Fisco, di provocare l’apertura di una procedura concorsuale se il debitore versa in stato d’insolvenza. Inoltre, occorre ricordare i profili penali: il legislatore punisce come reato tributario l’omesso versamento di taluni tributi oltre soglie rilevanti. In particolare, l’omesso versamento dell’IVA per importi superiori a € 250.000 per periodo d’imposta, e l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate per importi oltre € 150.000, costituiscono reato tributario (punito con la reclusione, ai sensi degli artt. 10-bis e 10-ter D.Lgs. 74/2000). Tali reati sono a carico degli amministratori e rappresentanti della società (trattandosi di società di persone, i soci amministratori ne rispondono personalmente) e possono essere evitati solo tramite il pagamento integrale del dovuto prima dell’apertura del dibattimento penale.
Da evidenziare: come contropartita a questo rigore, la normativa recente ha introdotto un meccanismo di “discarico automatico” dei debiti non riscossi: a partire dal 2025, i carichi affidati all’Agente della Riscossione che rimangono inesigibili per oltre 5 anni (senza che siano in corso procedure esecutive, concorsuali o rateizzazioni) devono essere automaticamente cancellati dalle liste di carico dell’Agente. Ciò significa che, se il Fisco non riesce a escutere il debitore entro cinque anni, il ruolo viene restituito all’ente creditore e l’attività di riscossione coattiva da parte di Agenzia Riscossione cessa. Attenzione: questo stralcio automatico dopo 5 anni non estingue il debito tributario in sé (che può essere nuovamente affidato al riscossore se emergono nuovi beni o redditi del debitore), ma in pratica il decorso del tempo senza esito può congelare il recupero, salvo ripresa in caso di novità patrimoniali. In ogni caso, affidarsi a questo fattore temporale è rischioso: molto prima che trascorrano i 5 anni, è probabile che il Fisco attivi le azioni esecutive sopra descritte. Nelle prossime sezioni vedremo quali strumenti sono disponibili per intervenire prima che si giunga a queste conseguenze estreme.
5.1 Rateizzazione ordinaria dei debiti tributari
Il metodo più semplice per attenuare l’impatto di un debito fiscale è chiedere una rateizzazione del pagamento. La legge consente ai contribuenti in difficoltà di dilazionare l’importo dovuto in un piano di rate mensili, evitando così l’azione esecutiva immediata. La rateazione ordinaria delle cartelle esattoriali, disciplinata dal DPR 602/1973, tradizionalmente prevedeva un massimo di 72 rate (6 anni). Tuttavia, dal 2025 sono entrate in vigore norme più favorevoli: per i debiti fino a € 120.000, il numero massimo di rate ottenibili è esteso progressivamente da 72 fino a 120 rate (10 anni). In particolare, per le richieste di dilazione presentate nel 2025-2026 si possono ottenere fino a 84 rate mensili, salendo a 96 rate per le domande nel 2027-2028 e arrivando a 108 rate dal 2029 in poi. In casi di comprovata e grave difficoltà economica, l’Agente della Riscossione può spingersi a concedere il piano straordinario di 120 rate mensili già ora (10 anni) anche prima del 2029. Inoltre, è prevista la possibilità di una proroga: se durante la dilazione le condizioni economiche del debitore peggiorano, si può richiedere un’ulteriore proroga della rateizzazione, per una sola volta, fino a un periodo di pari durata.
Le soglie sopra indicate si applicano per debitore e non per singola cartella: in generale, se il totale dei debiti iscritti a ruolo è entro 120 mila euro, la rateazione sarà concessa senza necessità di produrre documentazione sullo stato di difficoltà economica (basta una semplice istanza). Al di sopra di tale importo, o per ottenere piani straordinari più lunghi, l’Agente può richiedere la prova che il carico delle rate ecceda certe percentuali del reddito del contribuente. La domanda di rateizzazione va presentata all’Agenzia Entrate-Riscossione (anche online, tramite area riservata o PEC), indicando il numero di rate desiderate. Una volta accolta l’istanza, il debitore è tenuto a pagare puntualmente le rate: il mancato pagamento di 5 rate (anche non consecutive) fa decadere il beneficio della dilazione, rendendo immediatamente esigibile l’intero importo residuo. In caso di decadenza, per poter ottenere una nuova rateizzazione il contribuente deve pagare almeno il 50% delle rate scadute. Durante il periodo di rateazione, sono sospese le azioni esecutive: l’Agente della riscossione non potrà iscrivere nuovi fermi o ipoteche né avviare pignoramenti, e gli eventuali pignoramenti in corso sono congelati (fermo restando che restano in essere eventuali ipoteche già iscritte come garanzia).
La rateizzazione non comporta uno sconto sull’importo dovuto (interessi e sanzioni restano dovuti per intero), ma permette di distribuire nel tempo l’esborso, rendendolo più sostenibile per la società o i soci. Inoltre consente di evitare le misure esecutive e, per chi è in regola con il piano, ottenere il Durc regolare (nel caso di debiti contributivi rateizzati). È spesso il primo strumento da utilizzare per gestire un debito fiscale: anche in presenza di altre procedure di definizione agevolata o concordataria di cui diremo oltre, la dilazione può essere un complemento (ad esempio, dilazione delle somme residualmente dovute dopo uno sgravio parziale).
5.2 “Tregua Fiscale” 2023: Definizioni agevolate e rottamazione delle cartelle
Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto varie misure agevolative per definire i debiti fiscali in modo vantaggioso, spesso note come “pace fiscale” o “tregua fiscale”. La più recente è quella prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), che ha offerto due importanti opportunità:
- Stralcio dei mini-debiti: annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a 1.000 € affidati all’agente della riscossione dal 2000 al 2015 (relativi a carichi di Stato ed enti previdenziali). In pratica, le cosiddette “cartelle mini” fino a 1000 euro (comprensive di capitale, interessi e sanzioni) sono state cancellate d’ufficio al 31 marzo 2023, senza bisogno di domanda, liberando molti contribuenti da vecchi ruoli di piccolo importo. Nota: per le multe stradali e altri debiti locali sotto 1000 €, lo stralcio automatico era applicabile limitatamente agli interessi, poiché i Comuni potevano deliberare di non aderire alla cancellazione del capitale – e molti enti locali hanno effettivamente escluso lo stralcio, richiedendo ancora la quota base di tali debiti.
- Definizione agevolata delle cartelle (“Rottamazione-quater”): possibilità di estinguere i debiti iscritti a ruolo dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 pagando solo l’imposta (o contributo) residua, con l’azzeramento di sanzioni, interessi di mora e aggi di riscossione. In caso di multe e sanzioni amministrative, si paga solo la sanzione originaria senza gli interessi accumulati. Questa definizione agevolata – la quarta di una serie iniziata nel 2016 – ha richiesto la presentazione di un’istanza telematica entro il 30 giugno 2023. Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione (entro il 31 ottobre 2023) oppure in 18 rate spalmate su 5 anni (con scadenze prefissate fino al 2027). Chi paga a rate beneficia comunque del condono di sanzioni e interessi, purché rispetti le scadenze: un lieve ritardo (max 5 giorni) è tollerato per legge, ma oltre tale tolleranza si decade dai benefici. La Rottamazione-quater ha avuto enorme adesione da parte di imprese e persone fisiche, poiché consente un risparmio consistente (riducendo il debito al solo capitale). Va evidenziato che la misura include anche cartelle relative a precedenti rottamazioni non perfezionate: ad esempio, se la SNC era decaduta da una “rottamazione-ter” per mancato pagamento, il debito residuo è rientrato d’ufficio nella rottamazione-quater. Inoltre, a febbraio 2025 il legislatore ha riaperto i termini per i contribuenti decaduti dalla rottamazione-quater (per mancato versamento di qualche rata del 2023): costoro hanno potuto chiedere la riammissione alla definizione entro il 30 aprile 2025, evitando di perdere i benefici.
Oltre a queste due misure cardine, la “tregua fiscale” del 2023 ha compreso una serie di definizioni agevolate ad ampio spettro:
- Definizione degli avvisi di accertamento in adesione/acquiescenza: per gli atti impositivi non ancora definitivi al 1° gennaio 2023 (avvisi di accertamento, avvisi di rettifica e liquidazione), il contribuente poteva evitare il contenzioso accettando l’esito entro i termini, con una sanzione ridotta al 1/18 (circa 5,56%) del tributo accertato invece del consueto 1/3. In pratica, pagando l’imposta dovuta e una sanzione simbolica (5% circa) – in unica soluzione o fino a 20 rate trimestrali – l’atto veniva definito e le ulteriori sanzioni/interessi annullate.
- Definizione agevolata degli avvisi bonari: per le comunicazioni di irregolarità derivanti da controlli automatizzati già inviate, la legge ha previsto la possibilità di sanare pagando le imposte indicate con sanzioni ridotte al 3% (in luogo del 10% normalmente previsto negli avvisi bonari). Anche in questo caso era ammessa la rateazione fino a 20 rate trimestrali.
- Definizione agevolata delle liti pendenti: per le controversie tributarie in corso (ricorsi pendenti al 1/1/2023), era consentito definire la lite pagando una percentuale dell’importo in contestazione, percentuale variabile a seconda del grado di giudizio e dell’esito (ad esempio, 90% del valore se il Fisco aveva vinto in primo grado, 40% se il contribuente aveva vinto in primo grado, solo 15% se aveva già vinto in secondo grado, e 5% nei casi di soccombenza totale dell’Agenzia in tutti i gradi precedenti; le liti già in Cassazione potevano chiudersi con il 5% o 15% a seconda dei casi). Questa misura ha permesso di chiudere molti contenziosi con un forte sconto sulle pretese iniziali.
- Conciliazione agevolata e rinuncia agli atti: sempre nell’ambito delle liti tributarie, era prevista la possibilità di definire transattivamente le cause in secondo grado con sanzioni ridotte a 1/18 e interessi annullati, mediante accordo conciliativo col Fisco in udienza (cd. conciliazione agevolata). In alternativa, se il contribuente rinunciava al ricorso in Cassazione, poteva chiudere pagando un importo pari al valore del giudizio ridotto (simile alle percentuali della definizione liti).
- “Ravvedimento speciale” e sanatorie delle violazioni formali: la tregua fiscale includeva infine la chance di regolarizzare errori e omissioni commessi fino al 2021. Con il ravvedimento speciale si potevano correggere dichiarazioni fiscali presentate entro il 2021 versando le maggiori imposte dovute con sanzioni ridotte a 1/18 (oltre interessi), in otto rate trimestrali. Per le violazioni formali (irregolarità che non incidono sul calcolo delle imposte, es. dimenticare un dato nel modello), si poteva versare una somma forfettaria di 200 euro per anno per ottenere la sanatoria di tali violazioni.
Tutte queste misure straordinarie hanno carattere temporaneo e, salvo proroghe, non sono più accessibili dopo le rispettive scadenze (tutte cadute nel 2023). Tuttavia, rappresentano un importante precedente e mostrano l’orientamento del legislatore a concedere, periodicamente, delle “finestre” di sollievo per i contribuenti con debiti fiscali. Un imprenditore informato potrà quindi attendersi che, anche in futuro, vengano eventualmente riproposte simili definizioni agevolate e, qualora ne ricorrano le condizioni, valutare l’adesione per ridurre il carico fiscale arretrato.
5.3 “Saldo e stralcio” dei debiti per contribuenti in difficoltà
Un’altra misura di rilievo, distinta dalle rottamazioni ordinarie, è stato il cosiddetto “Saldo e Stralcio” introdotto dalla Legge n. 145/2018 (Bilancio 2019). Si trattava di una definizione agevolata riservata alle persone fisiche in comprovata difficoltà economica, misurata tramite l’ISEE. Diversamente dalla rottamazione – che richiede il pagamento integrale del tributo – il saldo e stralcio permetteva di pagare solo una parte del debito fiscale. In particolare, per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 2000 al 2017 derivanti da omessi versamenti (dichiarati e non pagati) o contributi previdenziali di casse professionali:
- con ISEE fino a € 8.500, si pagava il 16% delle somme dovute (capitale e interessi);
- con ISEE tra € 8.500 e € 12.500, si pagava il 20%;
- con ISEE tra € 12.500 e € 20.000, si pagava il 35%;
- per contribuenti con ISEE superiore a € 20.000, il saldo e stralcio non era accessibile (restavano le rottamazioni ordinarie). Era prevista inoltre un’aliquota ancora più favorevole (10%) nei casi di grave invalidità o carico familiare pesante a prescindere dall’ISEE.
Questa misura “una tantum” richiedeva la presentazione di domanda entro il 30 aprile 2019. Chi vi ha aderito, versando la percentuale agevolata (anche in 5 rate fino al 2021), ha ottenuto l’cancellazione del restante debito. Il saldo e stralcio ha quindi consentito a contribuenti in difficoltà (ad esempio piccoli imprenditori persone fisiche soci della SNC) di azzerare cartelle esattoriali pregresse pagando solo una frazione dell’importo.
È importante notare che il saldo e stralcio 2019 era cumulabile con la rottamazione-ter: chi presentava istanza di saldo e stralcio, per i carichi e le somme eventualmente escluse da tale misura (ad esempio debiti di altra natura o di importo eccedente le condizioni) poteva contestualmente aderire alla rottamazione per il resto. Questa misura è stata straordinaria e ad oggi non replicata nelle manovre successive (nel 2023 non ve n’è stata una analoga specifica per ISEE). Tuttavia, rimane un precedente significativo di come, in situazioni eccezionali, il legislatore abbia riconosciuto l’opportunità di abbattere il debito fiscale per chi versa in condizioni economiche disagiate, al fine di offrire un “fresh start”. Non si esclude che in future crisi economiche possano essere riproposti strumenti simili di saldo e stralcio.
5.4 Transazione fiscale e procedure concorsuali (concordato, accordi di ristrutturazione)
Quando l’entità dei debiti fiscali è tale da mettere a rischio la sopravvivenza dell’impresa, si può ricorrere agli strumenti concorsuali previsti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e s.m.i.) – in particolare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti – all’interno dei quali è possibile negoziare una transazione fiscale con l’Erario. La transazione fiscale è l’accordo, inserito nel piano di concordato o nell’accordo di ristrutturazione, che stabilisce il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari (e contributivi) dell’azienda, con il consenso (o la forza) dell’Amministrazione finanziaria. In altri termini, tramite la transazione fiscale la SNC debitrice può proporre al Fisco di stralciare una parte dei tributi dovuti e di pagare solo una certa percentuale (oltre ad eventuali garanzie, equity dei soci, ecc.), nell’ottica di ristrutturare l’azienda ed evitare il fallimento.
Nel concordato preventivo in continuità aziendale (cioè con prosecuzione dell’attività) la transazione fiscale è uno strumento fondamentale: il piano concordatario può prevedere il pagamento parziale dei debiti tributari e previdenziali, e tale proposta vincola l’Agenzia delle Entrate se il tribunale la omologa. La normativa vigente (art. 88 CCII) prevede che il tribunale possa omologare il concordato preventivo anche senza il voto favorevole dell’Agenzia Entrate e dell’INPS (cram-down fiscale), purché la proposta di pagamento che li riguarda sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. In pratica, se la società dimostra – tramite un’apposita relazione di un esperto indipendente – che, ad esempio, offrendo ai crediti fiscali il 30% di soddisfazione questi riceveranno più di quanto otterrebbero liquidando la SNC (magari nulla), il giudice può approvare il piano anche in assenza di adesione formale del Fisco. Questo consente un taglio significativo del debito fiscale in concordato, subordinato però a un rigoroso controllo di fattibilità e convenienza. Dal 2024, il cram-down fiscale è stato esteso anche al concordato preventivo liquidatorio (ossia con cessazione e liquidazione dei beni): il decreto correttivo ter (D.Lgs. 83/2022 e 136/2024) ha introdotto l’art. 245 CCII che consente l’omologazione forzata del concordato liquidatorio nonostante il dissenso del Fisco, a patto che l’offerta ai creditori pubblici sia almeno pari al ricavato in caso di liquidazione fallimentare.
Anche negli accordi di ristrutturazione dei debiti (procedura ex art. 63 CCII), che sono accordi extragiudiziali con percentuale di adesione del 60% dei creditori, è possibile inserire una transazione fiscale. In passato era necessaria l’adesione esplicita dell’Agenzia delle Entrate all’accordo; oggi la legge consente il cram-down fiscale anche sugli accordi: il D.L. 69/2023 (convertito con L. 103/2023) ha stabilito condizioni stringenti per l’omologazione forzata dell’accordo di ristrutturazione nonostante il dissenso del Fisco, fissando una soglia minima di soddisfacimento dei crediti tributari (cosiddetto falcidio non inferiore a una certa percentuale, indicata tra il 30% e il 40% in base alla tipologia di tributo) e richiedendo una relazione di un professionista attestatore sulla convenienza della proposta. In sostanza, se la SNC offre al Fisco almeno la misura minima stabilita e dimostra che quella è la migliore opzione rispetto alla liquidazione, il tribunale può omologare l’accordo anche senza il consenso formale dell’Erario.
Un’ulteriore novità è la possibilità di accordarsi col Fisco anche nell’ambito della procedura di composizione negoziata della crisi (strumento di allerta introdotto nel 2021 e ora regolato dall’art. 23 CCII). Dal settembre 2024, infatti, la legge consente che la SNC e l’Agenzia delle Entrate (nonché Agenzia della Riscossione) stipulino, con l’ausilio dell’esperto della composizione negoziata, un accordo di transazione fiscale per la risoluzione stragiudiziale della crisi. Questo accordo, che può prevedere il pagamento parziale o dilazionato di imposte iscritte a ruolo, dev’essere poi depositato in tribunale per ottenere l’omologazione e acquistare efficacia verso tutti gli enti coinvolti. Va notato che tale facoltà riguarda i debiti tributari (e IVA) ma non i debiti per contributi previdenziali, i quali nella composizione negoziata non possono essere falcidiati (l’INPS resta esclusa dall’accordo). Ciò detto, la composizione negoziata con transazione fiscale è uno strumento molto nuovo e richiede comunque il rispetto dei paletti di legge (relazione di un professionista indipendente sulla convenienza del piano per il Fisco, ecc.).
In procedure minori come il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII) o il concordato minore e il concordato del consumatore (destinati ai debitori non fallibili e ai consumatori sovraindebitati), la normativa non consente di applicare la transazione fiscale. In tali procedure “snellite”, il debitore può al più proporre la dilazione dei debiti fiscali, ma non la loro falcidia: le imposte devono essere pagate integralmente (salvo diversa disposizione legislativa). Questa scelta legislativa mira a riservare la falcidia fiscale alle procedure di crisi di maggior rilievo e con maggiori controlli.
In definitiva, la transazione fiscale rappresenta uno strumento potente per ridurre drasticamente i debiti tributari di una SNC, ma è accessibile solo all’interno di percorsi formali di ristrutturazione della crisi d’impresa. Essa richiede un serio impegno: occorre predisporre un piano di risanamento credibile, sottoposto al vaglio di professionisti e del tribunale, e spesso comporta anche sacrifici per gli altri creditori (banche, fornitori) e per i soci stessi (ad esempio in termini di apporti di capitali freschi). Se ben utilizzata, però, la transazione fiscale può consentire a un’impresa sovraindebitata col Fisco di evitare il fallimento e ripartire alleggerita da una parte consistente del carico fiscale pregresso.
5.5 Concordato preventivo e liquidazione giudiziale della SNC
Il concordato preventivo è la procedura concorsuale attraverso cui una società in crisi può cercare di evitare il fallimento presentando ai creditori un piano di ristrutturazione con pagamento, anche parziale, dei debiti. Come visto sopra, nell’ambito del concordato la SNC può proporre il pagamento parziale dei debiti fiscali tramite transazione fiscale, insieme a trattamenti diversificati per gli altri creditori (banche, fornitori, ecc.). Il vantaggio del concordato è che, se la maggioranza dei creditori (per valore) approva il piano – o anche senza il voto favorevole del Fisco, in presenza delle condizioni di cram-down – e il tribunale lo omologa, la società può ridurre e dilazionare sensibilmente il proprio indebitamento, tornando in bonis. Al termine dell’esecuzione del concordato, la SNC ottiene l’esdebitazione per le obbligazioni anteriori (viene liberata dai debiti residui non soddisfatti nel piano omologato). Ciò include i debiti tributari: ad esempio, se il concordato prevede che la SNC paghi il 40% dell’importo dovuto al Fisco e ciò avviene regolarmente, il restante 60% viene definitivamente annullato per la società.
Va evidenziato però che, trattandosi di una società di persone, il concordato preventivo non coinvolge automaticamente il patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili. A differenza della liquidazione coatta (fallimento), in cui i soci di SNC vengono dichiarati falliti insieme alla società e i loro beni personali concorrono al pagamento dei debiti sociali, nel concordato i soci rimangono “fuori” dalla procedura. Questo significa che l’eventuale falcidia dei debiti fiscali ottenuta dalla società non impedisce all’Erario di rivalersi sui soci per la parte di debito non pagata nel concordato (salvo che i soci stessi abbiano ottenuto una tutela tramite accordi personali). In pratica, se la SNC si libera di un debito tributario pagando ad esempio metà del dovuto in concordato, l’Agenzia delle Entrate potrebbe tecnicamente pretendere l’altra metà dai soci in quanto coobbligati solidali. Nella prassi, tuttavia, l’Amministrazione finanziaria tende a accettare la transazione fiscale anche come soddisfacimento definitivo, soprattutto se i soci non dispongono di capacità patrimoniale significativa o se hanno anch’essi avviato procedure personali di esdebitazione.
Se la ristrutturazione concordataria non è percorribile, l’epilogo sarà la liquidazione giudiziale (il “fallimento”). In tal caso, tutti i beni della SNC vengono liquidati e il ricavato ripartito tra i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (lo Stato avrà soddisfazione solo parziale, spesso minima, in quanto creditore chirografario per la maggior parte dei tributi). La società viene estinta e i soci illimitatamente responsabili sono coinvolti: il tribunale può estendere la procedura ai soci, dichiarandone la liquidazione personale (analogamente al vecchio art. 147 L.Fall.). Anche in sede di liquidazione fallimentare, comunque, l’Erario finisce per “pagare meno tasse” nel senso che incasserà solo una quota dei suoi crediti (in proporzione all’attivo disponibile), ma in questo scenario involontario il beneficio per l’imprenditore è nullo, poiché egli perde l’azienda e rimane comunque obbligato personalmente per gli eventuali debiti erariali non soddisfatti dalla procedura.
In sintesi, il concordato preventivo è uno strumento complesso ma potente per gestire in modo organizzato tutti i debiti di una SNC, inclusi quelli fiscali, consentendo la continuazione dell’attività (nel caso di concordato in continuità) oppure una chiusura meno traumatica (concordato liquidatorio) rispetto al fallimento. Esso permette di raggiungere risultati simili alle definizioni agevolate statali, ma con una portata più ampia e sotto controllo giudiziario. Tuttavia, vista la complessità tecnica e i costi (onorari di professionisti, ecc.), il concordato va intrapreso solo quando vi sia un’effettiva possibilità di risanamento o quando il dissesto è tale che il fallimento sarebbe altrimenti inevitabile.
5.6 Sovraindebitamento del socio o della piccola impresa: piano del consumatore e concordato minore
Per completezza, va ricordata l’esistenza di procedure di composizione della crisi destinate ai debitori “minori” non fallibili (introdotte originariamente dalla Legge 3/2012 sul sovraindebitamento, oggi confluite nel Codice della crisi). Si tratta di strumenti pensati per persone fisiche e piccole imprese che non superano le soglie di fallibilità. Nel contesto di una SNC, queste procedure possono rilevare principalmente per i soci a titolo personale o per la società stessa se di dimensioni talmente ridotte da non essere soggetta a liquidazione giudiziale.
- Il concordato minore (artt. 74-80 CCII) è analogo a un concordato preventivo ma riservato ai debitori di minori dimensioni. Può essere utilizzato, ad esempio, dalla SNC che, pur esercitando attività commerciale, rientri nei limiti per cui non sarebbe assoggettabile a fallimento (o da un ex socio imprenditore individuale). Attraverso il concordato minore, il debitore propone ai creditori un piano di pagamento parziale, da omologare dal tribunale. Tuttavia, per scelta legislativa, in questo procedimento non è ammessa la transazione fiscale con falcidia dei tributi: i debiti verso Erario e INPS devono essere previsti in pagamento integrale (salvo differenti disposizioni di legge). In pratica, il concordato minore può dilazionare i debiti fiscali ma non ridurli, a meno che l’ente impositore non vi acconsenta spontaneamente. Ciò rende questo strumento meno efficace nel “tagliare” le tasse dovute, ma resta utile per congelare le azioni esecutive e ottenere tempo per pagare.
- Il piano del consumatore (artt. 67-73 CCII) è una procedura riservata alla persona fisica consumatore, cioè che ha contratto debiti estranei all’attività d’impresa. Un socio di SNC che sia fortemente indebitato sul piano personale (ad esempio per fideiussioni o altre obbligazioni private) potrebbe ricorrere a questo strumento per ristrutturare i propri debiti, inclusi eventuali debiti fiscali personali. Il piano del consumatore non richiede l’accordo dei creditori: è il giudice a omologarlo se ritiene che il debitore meriti l’esdebitazione e che il piano sia fattibile e conveniente. Anche qui, però, i debiti tributari ricevono un trattamento di favore dalla legge: l’Erario conserva un diritto di voto e, in assenza di consenso, le imposte non possono essere falcidiate sotto una certa soglia (in pratica il giudice non può imporre d’ufficio un taglio drastico alle tasse senza l’accordo del Fisco). Il piano può comunque prevedere moratorie e dilazioni dei debiti fiscali, ed è spesso accompagnato dalla liquidazione controllata del patrimonio del debitore (analoga ad un piccolo fallimento personale) se una parte dei beni deve essere venduta per pagare i creditori.
In sostanza, le procedure di sovraindebitamento offrono un’ultima spiaggia per esdebitare il socio o la piccola impresa quando non vi sono i presupposti per un concordato preventivo classico. Il loro beneficio in termini di riduzione delle tasse dovute è però limitato dal quadro normativo, che – come visto – tende a tutelare maggiormente il credito erariale in questi ambiti semplificati. Rimane comunque la possibilità di ottenere la cancellazione totale dei debiti residui a fine procedura (anche dei debiti fiscali, se inclusi e non soddisfatti integralmente, purché si sia adempiuto al piano possibile): ad esempio, un ex socio sovraindebitato, dopo aver messo a disposizione il proprio patrimonio liquidabile e pagato quanto stabilito nel concordato minore o piano del consumatore, può essere liberato dai debiti restanti, voltando definitivamente pagina anche nei confronti del Fisco.
Strategie Preventive per Ridurre la Pressione Fiscale in una SNC
Fin qui abbiamo esaminato strumenti “a valle”, da utilizzare quando i debiti fiscali sono già sorti. Ma è altrettanto importante adottare strategie “a monte” per prevenire o minimizzare l’insorgere di grossi debiti tributari. Di seguito alcune best practice di pianificazione fiscale e gestionale per una SNC:
1. Corretta stima e accantonamento delle imposte. La prima regola è banale ma spesso disattesa: l’impresa deve programmare i pagamenti fiscali. Significa stimare in anticipo l’ammontare di IVA, ritenute, contributi e imposte sul reddito che matureranno e accantonare gradualmente tali somme durante l’anno. Ad esempio, può essere utile depositare su un conto dedicato l’IVA incassata sulle vendite, così da non utilizzarla per le spese correnti. In questo modo, alle scadenze periodiche l’azienda dispone della liquidità necessaria per versare le imposte, evitando di dover scegliere tra pagare il Fisco o pagare fornitori/dipendenti. Una buona pianificazione finanziaria – magari tramite un budget di cassa che includa le uscite fiscali previste – aiuta a prevenire situazioni di stress di liquidità che portano poi all’omesso versamento di tributi.
2. Scelta della forma giuridica e struttura societaria ottimale. La pianificazione societaria è parte integrante della pianificazione fiscale. Una SNC potrebbe non essere sempre la forma più efficiente sul piano fiscale: ad esempio, se l’attività genera utili elevati che non vengono prelevati interamente dai soci, la tassazione per trasparenza all’IRPEF (con aliquote progressive fino al 43% o più considerando le addizionali) può risultare più pesante rispetto a quella di una SRL soggetta a IRES al 24%. Valutare una trasformazione della SNC in società di capitali (SRL o SRLS) può essere una strategia per “congelare” una parte degli utili ad aliquota fissa, rinviando la tassazione integrale solo al momento della distribuzione dei dividendi (che scontano un’imposta del 26%) – soluzione vantaggiosa soprattutto se gli utili vengono reinvestiti in azienda invece di essere immediatamente distribuiti. Al contrario, se l’attività genera utili modesti e interamente prelevati ogni anno, mantenere la trasparenza (quindi la tassazione IRPEF in capo ai soci) può risultare conveniente, specie distribuendo le quote tra più soci familiari in modo da sfruttare gli scaglioni IRPEF più bassi di ciascuno. Coinvolgere un familiare come piccolo socio lavoratore, ove appropriato, può abbassare il carico fiscale complessivo spalmando il reddito su due soggetti (fermo restando l’effettivo apporto di lavoro o capitale del nuovo socio). Inoltre, nella SRL esistono margini di pianificazione dei compensi: ad esempio, i soci possono decidere di remunerarsi in parte come amministratori (incidendo sul reddito d’impresa e generando costi deducibili) e in parte tramite utili o interessi su finanziamenti soci, scegliendo di anno in anno la combinazione più efficiente fiscalmente.
3. Sfruttamento di agevolazioni, crediti d’imposta e regimi fiscali opzionali. Il sistema fiscale italiano è ricco di incentivi che, se conosciuti e sfruttati, possono ridurre il carico fiscale di una SNC in modo legale. Ad esempio:
- Investimenti in beni strumentali 4.0 o in Ricerca & Sviluppo possono generare crediti d’imposta significativi, da utilizzare in compensazione per pagare meno imposte dovute negli anni successivi.
- L’implementazione di brevetti, software o marchi agevolabili può permettere l’accesso al regime di Patent Box (parziale detassazione dei redditi derivanti da beni immateriali) o ad altre deduzioni analoghe.
- La scelta del regime fiscale opzionale più adatto: ad esempio, valutare l’applicazione dell’IRI (imposta sul reddito imprenditoriale) quando sarà reintrodotta – un regime che, come visto, tasserebbe gli utili reinvestiti al 24% al pari delle società di capitali – oppure, per attività marginali, optare per il regime forfettario (flat tax 15%) qualora si preferisse operare come ditta individuale o società di persone entro i limiti previsti. In agricoltura, sfruttare il regime fiscale speciale agricolo (reddito agrario catastale) può abbattere la base imponibile rispetto a una contabilità ordinaria.
- Zone geografiche incentivanti: se l’impresa opera in zone economicamente svantaggiate o ZES, informarsi sulle esenzioni o riduzioni d’imposta (es. crediti d’imposta per investimenti al Sud, esoneri contributivi per nuove assunzioni, ecc.).
4. Ottimizzazione del reddito d’impresa e delle deduzioni. Una gestione oculata dell’azienda può ridurre il carico fiscale a parità di fatturato. Ad esempio, è opportuno sfruttare tutte le deduzioni e detrazioni consentite: accantonamenti a fondi rischi nei limiti deducibili, maxi-ammortamenti o ammortamenti anticipati se disponibili, deducibilità integrale dei costi auto aziendali (se strumentali) invece che sopportare costi indeducibili su auto intestate ai soci, utilizzo dei fringe benefit esentasse per i dipendenti (che da un lato fidelizzano il personale e dall’altro riducono il reddito imponibile IRAP). Ancora, curare la documentazione delle spese (affinché siano deducibili) ed evitare l’indetraibilità dell’IVA per carenze formali. Un’altra leva è la gestione del magazzino e delle rimanenze: valutazioni di magazzino prudenti (nei limiti dei principi contabili) contengono l’utile fiscale; cessioni di beni obsoleti possono generare perdite deducibili; al contrario, evitare di lasciare costi inespressi (es. mancata svalutazione di crediti inesigibili) che potrebbero ridurre il reddito tassabile. Si tratta, in sintesi, di adottare tutte le scelte gestionali ed extracontabili che la legge consente per abbassare l’utile imponibile senza falsare il bilancio.
5. Compensazione di crediti e monitoraggio del cassetto fiscale. Se la SNC vanta crediti verso la Pubblica Amministrazione o crediti d’imposta a proprio favore, è fondamentale utilizzarli per compensare i debiti fiscali. Ad esempio, un credito IVA annuale può essere rapidamente utilizzato in compensazione orizzontale per pagare altri tributi (IRAP, ritenute, contributi) mediante il modello F24, riducendo esborsi di cassa. È bene tenere sotto controllo il proprio cassetto fiscale presso l’Agenzia delle Entrate per verificare eventuali crediti disponibili (da agevolazioni, da versamenti in eccedenza, da sentenze favorevoli) e attivarne la compensazione prima che scadano (molti crediti hanno termine di utilizzo). Attenzione anche ai crediti verso clienti pubblici: la legge consente, tramite apposita certificazione, di compensare crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili vantati verso Enti pubblici con somme dovute dall’impresa al Fisco o all’INPS, evitando così di attendere i tempi di pagamento della PA e al contempo saldare i propri debiti tributari. Sfruttare al massimo le compensazioni significa pagare meno a saldo con denaro fresco, ottimizzando le risorse già spettanti all’azienda.
6. Regolarità e dialogo con il Fisco. Infine, una strategia preventiva fondamentale è mantenere un approccio proattivo nei rapporti con il Fisco. Ciò include:
- Rispetto delle scadenze: versare puntualmente imposte e contributi evita sanzioni e interessi; se si prevede un ritardo, ricorrere subito al ravvedimento operoso (pagamento spontaneo con piccola sanzione ridotta) è preferibile rispetto all’attendere un accertamento.
- Controllo di gestione fiscale: simulare durante l’anno l’andamento fiscale (utile d’esercizio, liquidazioni IVA, ritenute su dipendenti) consente di evitare brutte sorprese a fine anno e di adottare correttivi in corso d’opera (ad esempio, intensificare investimenti deducibili se si prevede un utile oltre le attese).
- Utilizzo degli istituti deflattivi: in caso di contestazioni o avvisi bonari, valutare di avvalersi di strumenti come l’accertamento con adesione o l’acquiescenza agevolata (dove prevista) per chiudere la pendenza con sanzioni ridotte, evitando l’accumulo di ulteriori interessi e rischi di iscrizione a ruolo.
- Assistenza di professionisti qualificati: un commercialista esperto può suggerire soluzioni di pianificazione fiscale lecite e opportunità normative di risparmio che non sono di immediata conoscenza dell’imprenditore. Il costo della consulenza viene spesso ripagato dal risparmio fiscale ottenuto legalmente.
- Dialogo e trasparenza: se l’azienda attraversa una crisi temporanea di liquidità, comunicare con l’ente creditore (Agenzia Entrate, INPS, Comune) e magari richiedere una dilazione prima che la situazione degeneri può salvaguardare il rating fiscale dell’impresa. Ad esempio, chiedere una rateazione appena ci si rende conto di non poter saldare un’imposta è preferibile rispetto all’omissione totale del pagamento.
In sintesi, pagare meno tasse in una SNC non significa solo trovare escamotage a posteriori, ma costruire un percorso fiscale efficiente sin dall’inizio: scegliere la struttura societaria più adatta, sfruttare gli strumenti legali di ottimizzazione ed essere diligenti nella gestione tributaria quotidiana sono le chiavi per ridurre sul lungo periodo l’incidenza del Fisco sul business, senza incorrere in situazioni patologiche di debito.
Simulazioni pratiche (Case Study)
Per concretizzare le strategie illustrate, presentiamo alcune simulazioni di casi reali (con nomi di fantasia) in cui una SNC italiana si trova ad affrontare debiti fiscali, e come viene gestita la situazione attraverso gli strumenti descritti:
Caso 1: “Rossi SNC” – Ristorazione in crisi e definizione agevolata dei debiti.
La Rossi SNC gestisce un ristorante a conduzione familiare. Negli anni 2020-2021, a causa della pandemia, accumula debiti con il Fisco: circa 50.000 € di IVA non versata e 10.000 € di ritenute dipendenti arretrate, sfociati in cartelle esattoriali nel 2022. L’attività però nel 2022-2023 si riprende e torna in utile. La società, assistita dal suo consulente, decide di aderire alla Rottamazione-quater 2023: presenta domanda entro i termini e ottiene il prospetto dall’Agenzia Riscossione. Grazie a questa misura, il debito di 60.000 € viene “scontato” di sanzioni e interessi, riducendosi a circa 45.000 € (solo imposte e contributi). La Rossi SNC opta per il pagamento rateale in 18 tranche: nel 2024 e 2025 versa le prime 5 rate regolarmente, mantenendosi in regola. Contestualmente, per evitare futuri problemi, adotta strategie preventive: installa un software gestionale che calcola e accantona l’IVA incassata giornalmente su un conto dedicato; ridiscute i turni del personale per ottimizzare i costi contributivi; e sfrutta un credito d’imposta per la sanificazione dei locali (maturato nel 2020) in compensazione, riducendo l’IRAP dovuta nel 2024. Grazie a questi accorgimenti, il ristorante onora tutte le rate della rottamazione fino al 2027 e ritorna in bonis, avendo pagato meno tasse (risparmiando circa 15.000 € di sanzioni) e imparato a gestire meglio i flussi finanziari fiscali.
Caso 2: “Bianchi Costruzioni SNC” – Concordato preventivo con transazione fiscale.
La Bianchi Costruzioni SNC è un’impresa edile con 12 dipendenti, attiva soprattutto in subappalti. Nel 2019-2020 soffre diversi mancati pagamenti da clienti e accumula debiti per oltre 300.000 € – di cui 120.000 € verso l’Erario (IVA non versata per crisi di liquidità e ritenute non pagate) e 50.000 € verso l’INPS (contributi dipendenti arretrati). Riceve varie cartelle esattoriali e pignoramenti su conti. Nel 2021, la società si ritrova insolvente ma con un portafoglio ordini ancora buono. Decide di tentare un concordato preventivo in continuità: con l’aiuto di un professionista, predispone un piano dove i debiti fiscali e contributivi vengono soddisfatti al 30% mediante una transazione fiscale, mentre ai creditori chirografari (fornitori) offre il 20%. Il piano prevede che la società, continuando l’attività, completi alcuni cantieri profittevoli e ceda un capannone non strategico, ricavando risorse per ~200.000 € da distribuire ai creditori. Agenzia delle Entrate ed INPS inizialmente non approvano la proposta (vorrebbero almeno il 50%). Tuttavia, il perito attestatore inserisce nel piano una relazione dettagliata che dimostra come, in caso di fallimento, il Fisco ricaverebbe zero (poiché il capannone è ipotecato dalla banca e il valore di realizzo coprirebbe a malapena i crediti privilegiati bancari). Il tribunale, valutata la convenienza, omologa d’ufficio il concordato e impone il cram-down: così l’azienda paga 36.000 € a fronte dei 120.000 € di tributi dovuti e 15.000 € su 50.000 € di contributi INPS, estinguendo per legge il resto. La Bianchi SNC prosegue l’attività, ripianando anche parte dei debiti verso fornitori, e dopo 2 anni esce dalla procedura. I soci hanno perso il capannone e parte delle quote (diluite dall’ingresso di un investitore nel concordato), ma l’impresa è salva e i debiti fiscali pesanti sono stati abbattuti del 70%. Nota: l’INPS, essendo creditore privilegiato, ha successivamente notificato ai soci una richiesta per il 50% dei contributi non pagati nel concordato (circa 17.500 € rimasti insoluti), ma i soci hanno negoziato a loro volta una transazione personale con l’ente, chiudendo anche quel capitolo. Questo caso mostra come, attraverso il concordato preventivo, sia possibile ridurre drasticamente le tasse dovute in situazione di grave crisi, a patto di fornire garanzie sul miglior soddisfacimento rispetto all’alternativa liquidatoria.
Caso 3: “Gamma Tech SNC” – Pianificazione fiscale e trasformazione societaria.
La Gamma Tech SNC è una start-up nel settore software, fondata da due ingegneri. Nel triennio iniziale reinveste tutti gli utili in sviluppo, mantenendo bassa l’imposizione grazie a crediti d’imposta R&S e al regime innovative start-up (esonero da alcune imposte). Arrivata al 4° anno, la società inizia a generare utili significativi (150.000 € annui) e prevede di non distribuirli integralmente per finanziare la crescita. I soci, che finora hanno pagato IRPEF sui profitti (già nel 3° anno sono andati negli scaglioni al 43%), consultano un fiscalista per ottimizzare la struttura. Decidono così nel 2025 la trasformazione della SNC in SRL. Da quel momento, gli utili aziendali sono tassati al 24% IRES in capo alla SRL. I soci percepiscono ciascuno un moderato stipendio da amministratore (deducibile e tassato al loro IRPEF, ma nei primi scaglioni) e lasciano il resto degli utili in azienda per nuovi investimenti. Questo comporta che, sul 2025, a parità di utile (150k), la tassazione complessiva si riduce di circa 15 punti percentuali rispetto allo scenario SNC precedente. Inoltre, la SRL beneficia dell’ACE (Aiuto alla Crescita Economica) maturata reinvestendo gli utili: ciò riduce ancora di qualche migliaio di euro la base imponibile. Nel 2026 la società comincia a pagare dividendi ai soci; questi, grazie alla nuova forma, scontano sul dividendo la flat tax del 26%, evitandosi gli scaglioni IRPEF più alti. Complessivamente, in 3 anni la scelta societaria consente ai due imprenditori di risparmiare decine di migliaia di euro di tasse, che vengono reinvestite in nuovi prodotti. Il caso Gamma Tech evidenzia come la pianificazione fiscale preventiva – qui attuata tramite la modifica della forma giuridica e una gestione efficiente tra stipendio e utili – permetta di ridurre il carico fiscale legalmente e di evitare accumulo di debiti tributari, pur continuando a far crescere il business.
Caso 4: “Delta Agro SNC” – Tra regime fiscale agevolato e gestione del debito locale.
La Delta Agro SNC è un’azienda agricola a conduzione familiare che coltiva cereali e alleva bovini in Toscana. Grazie al regime fiscale agricolo, dichiara ogni anno un reddito agrario catastale di molto inferiore al reddito effettivo, pagando IRPEF solo su quella base (agevolazione strutturale per il settore). Tuttavia, l’azienda ha accumulato dal 2018 al 2021 debiti con il Consorzio di Bonifica locale e con il Comune (per IMU su terreni divenuti edificabili): circa 8.000 € in totale, aggravati da sanzioni e interessi. Nel 2023, la SNC approfitta dello “stralcio” dei mini-debiti fino a 1.000 € previsto dalla legge di bilancio: molte delle cartelle riguardanti vecchie annualità di contributi di bonifica sotto tale soglia vengono automaticamente annullate. Restano però 5 cartelle di importo maggiore (IMU e contributi consortili) per circa 5.500 €. La Delta Agro presenta allora istanza di definizione agevolata al Consorzio e al Comune: il Consorzio aderisce all’invito normativo e concede la rottamazione quater sulle sue cartelle (tagliando sanzioni e interessi), il Comune invece – avendo deliberato di non aderire allo stralcio automatico – richiede il pagamento integrale dell’IMU arretrata. La SNC decide di rateizzare con Agenzia Riscossione l’importo IMU (3.000 €) in 18 rate mensili da ~170 € l’una, sostenibili col flusso di cassa agricolo, mentre paga in unica soluzione le somme dovute al Consorzio bonificate dagli interessi. Nel frattempo, i soci pianificano il futuro: avendo ampliato l’agriturismo con piscina, sanno che dal 2024 dovranno applicare IVA 10% sui servizi turistici e imposta di soggiorno comunale. Per evitare problemi, incaricano il loro consulente di impostare un calendario fiscale preciso e di verificare la possibilità di costituire una società semplice parallela per le attività agricole pure (fiscalmente più vantaggiosa e fuori campo IVA) mantenendo la SNC solo per l’agriturismo. Così facendo, la Delta Agro SNC “pulirà” la sua posizione debitoria entro un anno e, con la nuova organizzazione, pagherà meno tasse sulle componenti agricole separandole in una forma giuridica più conveniente, evitando il ripetersi di situazioni debitorie con gli enti locali.
I casi sopra descritti, pur semplificati, riflettono situazioni tipiche in cui si possono trovare le SNC operanti in diversi settori dell’economia italiana e come l’applicazione attenta degli strumenti giuridico-fiscali possa fare la differenza tra il soccombere sotto il peso del debito tributario e il recupero di un equilibrio finanziario.
FAQ – Domande frequenti
D: I soci di una SNC rispondono con il proprio patrimonio dei debiti fiscali della società?
R: Sì. Nelle SNC vige la responsabilità illimitata e solidale dei soci per i debiti sociali (tributari compresi), ai sensi dell’art. 2291 c.c.. Ciò significa che il Fisco può rivalersi sia sugli asset della società sia sui beni personali di ciascun socio, senza limiti di quota. Tuttavia, la responsabilità è sussidiaria: l’Agenzia delle Entrate Riscossione deve prima escutere la società e solo in caso di incapienza può agire sui soci (art. 2304 c.c., beneficio di escussione).
D: Cosa succede se sciolgo o cancello la SNC avendo debiti col Fisco?
R: Lo scioglimento della società non estingue i debiti tributari. Con la cancellazione dal Registro Imprese, la SNC perde soggettività, ma i crediti fiscali possono essere iscritti a ruolo a nome della società estinta, ai sensi dell’art. 2495 c.c., e poi azionati nei confronti dei soci, che ne rispondono quale successori ex lege. In pratica, l’Erario continuerà a richiedere le somme ai soci anche dopo la chiusura della società. Inoltre, i soci che intendano in futuro avviare nuove attività potrebbero incontrare ostacoli (es. diniego di nuove partite IVA) finché non regolarizzano le pendenze precedenti.
D: Dopo quanti anni il Fisco non può più riscuotere un debito? (Prescrizione)
R: Dipende dal tipo di tributo. In generale, una volta notificata la cartella di pagamento, i debiti fiscali si prescrivono in 10 anni (la Cassazione ha equiparato molti tributi al termine decennale ordinario). Fanno eccezione alcuni contributi previdenziali (INPS) che si prescrivono in 5 anni salvo atti interruttivi. Anche i tributi locali (es. IMU, TARI) hanno termine di 5 anni. Atti interruttivi come solleciti, intimazioni o pignoramenti fanno decorrere un nuovo termine da capo. Va segnalato che dal 2025 è introdotto il discarico automatico delle cartelle dopo 5 anni di infruttuosa giacenza: trascorso quinquennio senza riuscire a riscuotere (e in assenza di azioni in corso), l’Agente della riscossione deve togliere dai propri ruoli il carico, che viene “restituito” all’ente creditore (pur restando teoricamente dovuto finché non prescrive). Di fatto, quindi, dopo 5 anni di inesigibilità può scattare una sorta di congelamento del debito, ma formalmente la prescrizione – intesa come perdita definitiva del diritto di riscuotere – è più lunga (5 o 10 anni come detto, decorrenti dall’ultimo atto interruttivo).
D: Quali sanzioni si applicano se pago in ritardo le imposte? Posso evitarle?
R: La sanzione ordinaria per omesso o tardivo pagamento è, attualmente, il 30% dell’imposta non pagata (25% per violazioni post-settembre 2024). Questa sanzione è ridotta alla metà (12,50%) se il versamento è effettuato con un ritardo non superiore a 90 giorni. Per evitare di subire la sanzione piena, il contribuente può attivare il ravvedimento operoso: pagando spontaneamente il dovuto, anche con breve ritardo, si applica una sanzione ridotta in proporzione al ritardo (ad esempio ~1,5% se si paga entro 30 giorni). Se invece è già arrivata una cartella o un avviso con sanzioni, si può cercare di rientrare in qualche definizione agevolata (quando prevista, come la rottamazione) per ottenere lo sconto sulle sanzioni. Altrimenti, la sanzione una volta irrogata è dovuta per intero (salvo chiedere eventualmente la disciplina del cumulo o la riduzione in sede di adesione). In sintesi: meglio prevenire versando nei termini o ravvedendosi subito, perché dopo l’iscrizione a ruolo le sanzioni diventano definitive.
D: Non riesco a pagare una cartella entro 60 giorni. Cosa mi conviene fare?
R: In tal caso è fortemente consigliato chiedere una rateizzazione prima della scadenza dei 60 giorni (o anche dopo, purché prima di eventuali atti esecutivi). Ottenendo la dilazione, si evitano le azioni di recupero immediate (fermi, ipoteche, pignoramenti) e si ha più tempo per pagare. In alternativa, se la cartella rientra in una finestra di rottamazione o definizione agevolata, valutare l’adesione a quella procedura straordinaria può ridurre l’importo dovuto. Se proprio non si fa nulla entro i 60 giorni, l’Agenzia Riscossione inizierà le procedure cautelari/esecutive: a quel punto, oltre a subire misure come il fermo auto o il pignoramento, dovrà comunque pagare il debito integrale più le spese. Quindi, mai ignorare una cartella: meglio attivarsi per dilazionare o definire il debito.
D: L’omesso versamento di imposte può costituire reato?
R: Sì, in due casi specifici previsti dal D.Lgs. 74/2000:
- Omesso versamento IVA per importi superiori a € 250.000 annui – costituisce reato punito con la reclusione (art. 10-ter).
- Omesso versamento di ritenute certificate (es. ritenute IRPEF su dipendenti o autonomi) per importi superiori a € 150.000 annui – anch’esso reato penale (art. 10-bis).
Sotto tali soglie, l’omissione rimane un illecito amministrativo (sanzioni pecuniarie, come detto prima). Va chiarito che il reato scatta solo se le imposte erano regolarmente dichiarate e poi non versate entro la scadenza prevista (in caso di evasione da mancata dichiarazione si configurano altri reati). Inoltre, la legge consente l’estinzione del reato se il contribuente paga interamente il dovuto (imposta, sanzioni e interessi) prima dell’apertura del dibattimento: da qui l’importanza, se si è oltre soglia, di attivarsi tempestivamente per evitare guai penali oltre che tributari.
D: Cos’è esattamente la “rottamazione delle cartelle”? Ce ne sarà un’altra in futuro?
R: La “rottamazione” (definizione agevolata) è una misura straordinaria con cui lo Stato permette ai contribuenti di saldare i carichi esattoriali pendenti pagando solo il capitale e pochi oneri, azzerando invece sanzioni e interessi di mora. Ne sono state varate quattro edizioni (2016, 2017, 2018 e l’ultima nel 2023 denominata rottamazione-quater). Nell’ultima, ad esempio, si potevano definire i debiti affidati fino al 30/6/2022 presentando domanda entro giugno 2023 e pagando il dovuto (senza sanzioni) entro 5 anni. Non è garantito che in futuro ve ne saranno altre, anche se negli ultimi anni queste sanatorie sono state proposte con una certa frequenza. Attualmente (maggio 2025) non è attiva alcuna finestra di rottamazione per nuovi debiti, ma il Parlamento potrebbe introdurne un’altra in occasione di prossime manovre finanziarie. Chi ha aderito alla rottamazione-quater deve invece proseguire i pagamenti rateali previsti fino al 2027 per conservare i benefici.
D: Un ex socio di SNC con debiti tributari personali può liberarsene?
R: Sì, anche se non tramite l’estinzione automatica. Un ex socio che abbia debiti fiscali (ad esempio derivanti dalla responsabilità sui debiti di una SNC sciolta) può valutare le procedure di sovraindebitamento previste per le persone fisiche. In particolare, potrebbe proporre un concordato del consumatore (se la sua esposizione debitoria è principalmente verso il Fisco e non legata ad attività d’impresa attuale) oppure una liquidazione controllata del proprio patrimonio. Queste procedure, omologate dal tribunale, gli consentirebbero di pagare quanto sostenibile con il suo patrimonio/reddito e ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui). Da notare che l’erario in queste procedure mantiene un trattamento di riguardo (è difficilmente falcidiabile senza consenso); tuttavia, in esito positivo, anche i debiti tributari non soddisfatti interamente vengono scaricati. In ogni caso, per un ex socio indebitato è consigliabile farsi assistere da un esperto in crisi da sovraindebitamento per valutare la fattibilità di tali soluzioni.
D: Qual è la differenza tra rateizzare una cartella e fare un concordato preventivo?
R: Sono due approcci molto diversi. La rateizzazione è un accordo amministrativo con l’Agente della Riscossione che permette di pagare integralmente il debito, ma in più comode rate (fino a 10 anni nelle nuove norme). Il concordato preventivo è invece una procedura giudiziaria concorsuale in cui si propone ai creditori di pagare solo una parte dei debiti (es. il 30-50%) e di stralciare la quota restante. La rateizzazione è indicata quando l’azienda è fondamentalmente solvibile e necessita solo di tempo; il concordato si adotta quando l’insolvenza è tale che l’azienda non potrebbe mai pagare l’intero debito e occorre una decurtazione per risanarla. Ovviamente, il concordato è più complesso e costoso, richiede l’intervento del tribunale e dei creditori, ma consente di ridurre legalmente il debito (tasse incluse) oltre che dilazionarlo. La scelta dipende dalla gravità della crisi: per una tensione finanziaria temporanea, meglio la semplice dilazione; per evitare il fallimento in situazione di dissesto, il concordato può essere la soluzione estrema ma risolutiva.
D: In caso di verifica fiscale o accertamento, come posso contenere il potenziale debito?
R: Se la SNC subisce un controllo fiscale (dall’Agenzia delle Entrate o Guardia di Finanza) che sfocia in un processo verbale di constatazione o in un avviso di accertamento, è fondamentale reagire per tempo. Diverse opzioni aiutano a deflazionare sul nascere il debito contestato: ad esempio, presentare osservazioni e memorie in sede di contraddittorio endo-procedimentale può portare l’ufficio a ridurre le pretese iniziali. Qualora venga emesso l’avviso, si può ricorrere all’accertamento con adesione: sedendosi a tavolino con l’Agenzia, spesso si ottiene un abbattimento delle sanzioni (ridotte ad 1/3) e talvolta anche della base imponibile con uno sconto concordato. Se si aderisce, si può pagare anche in 8 rate trimestrali. In alternativa, se si ritiene l’accertamento errato, si può presentare ricorso: in pendenza di giudizio, valutare se rientra nella definizione agevolata delle liti (come quella del 2023) o se conviene tentare una conciliazione giudiziale con l’ufficio. L’obiettivo in queste fasi è evitare che la pretesa diventi definitiva e cartolarizzata: più si riesce a ridurre prima (tramite adesione o conciliazione), meno si avrà da pagare poi. Inoltre, definire bonariamente un accertamento con sanzioni ridotte evita l’iscrizione a ruolo delle somme accessorie e quindi impedisce la formazione di nuovi debiti con Agenzia Riscossione.
Fonti e Riferimenti Normativi
- Codice Civile – Artt. 2291, 2298-2304 c.c.: responsabilità illimitata e solidale dei soci di SNC per le obbligazioni sociali; art. 2495 c.c.: effetti della cancellazione della società (responsabilità dei soci).
- D.P.R. 29/09/1973 n.602 – Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito: disciplina di cartelle di pagamento, ruoli e termini di notifica; art. 19 (rateazione delle cartelle) e succ. modifiche.
- D.Lgs. 18/12/1997 n.471 – Sanzioni tributarie: art. 13 (sanzione 30% per omesso versamento, ridotta al 15% entro 90 gg); D.Lgs. 30/07/2020 n. 100 (riduzione sanzione a 15%/30% e a 25%/50% dal 2024).
- D.Lgs. 10/03/2000 n.74 – Reati tributari: art. 10-bis (omesso versamento ritenute > €150.000) e art. 10-ter (omesso versamento IVA > €250.000).
- Legge 27/01/2012 n.3 – Composizione delle crisi da sovraindebitamento (ormai integrata nel Codice della Crisi): introdotti piano del consumatore, accordo debitori e liquidazione del patrimonio per debitori civili (oggi concordato del consumatore, concordato minore e liquidazione controllata nel D.Lgs.14/2019).
- D.Lgs. 12/01/2019 n.14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII): disciplina del concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e sovraindebitamento. Art. 88 (transazione fiscale nel concordato); art. 54-ter e 63 (accordi ristrutturazione con transazione fiscale); art. 23 (composizione negoziata, transazione fiscale ammessa dal 2024); artt. 74-80 (concordato minore); artt. 67-73 (concordato del consumatore).
- Decreto-Legge 13/08/2011 n.138, art. 2 commi 36-decies e segg. – (convertito L.148/2011) Soglie di fallibilità: parametri per escludere dall’ambito fallimentare le piccole imprese (ricavi < €200k, attivo < €300k, debiti < €500k). NB: Abrogati dal 2022, oggi il CCI estende le procedure concorsuali a tutti gli imprenditori commerciali, riservando però il “concordato minore” ai debitori sotto certe soglie.
- Legge 30/12/2018 n.145 (Bilancio 2019) – commi 184-199: “Saldo e Stralcio” dei debiti fiscali e contributivi per persone fisiche in difficoltà (ISEE ≤ €20.000) – aliquote 16%-35%.
- Legge 29/12/2022 n.197 (Bilancio 2023) – “Tregua fiscale 2023”: commi 222-230 (Stralcio automatico dei debiti ≤ €1000 affidati dal 2000-2015); commi 231-252 (Definizione agevolata – “Rottamazione-quater” – dei ruoli 2000-2022); commi 153-159 (Definizione avvisi bonari al 3%); commi 166-174 (Definizione agevolata degli accertamenti con sanzioni 1/18); commi 186-205 (Definizione liti pendenti e conciliazione agevolata); commi 206-212 (Ravvedimento speciale); commi 213-221 (Sanatoria violazioni formali).
- D.L. 16/06/2023 n.69 (conv. L.103/2023) – art. 1-bis: transazione fiscale negli accordi di ristrutturazione ex art. 63 CCII; fissati limiti minimi di soddisfacimento (30-40%) e modalità di cram-down.
- D.Lgs. 17/06/2022 n.83 e D.Lgs. 15/09/2023 n.136 – Decreti correttivi del CCII: estesa la transazione fiscale al concordato liquidatorio (cram-down fiscale); introdotto art. 23 co.2-bis CCII (transazione fiscale nella composizione negoziata); varie modifiche a soglie e procedure minori.
- D.Lgs. 29/07/2024 n.110 – Riordino del sistema nazionale della riscossione (attuazione delega fiscale): introdotto discarico automatico dei ruoli decorsi 5 anni; ampliato numero rate da 72 a 120; norme su sospensione e controlli in riscossione. (G.U. n.184 del 07/08/2024).
Fonti Giurisprudenziali
- Cassazione Civile, sez. VI-5, ord. 15/03/2021 n.7236: confermata responsabilità illimitata e solidale dei soci di SNC per debiti tributari sociali, anche dopo estinzione della società (notifica presso ultima sede valida).
- Cassazione Civile, sez. Unite, sent. 18/09/2020 n.19597: principio della prescrizione decennale per cartelle relative a tributi erariali (equiparazione all’obbligazione civile ordinaria ex art.2946 c.c.).
- Cassazione Civile, sez. Unite, sent. 17/09/2018 n.23832: termine di prescrizione quinquennale per contributi previdenziali (art.3, co.9 L.335/1995) applicabile anche dopo cartella esattoriale.
- Cassazione Penale, sez. III, sent. 28/10/2013 n.37424: l’omesso versamento IVA è reato soltanto se l’importo dovuto (al netto di interessi) supera la soglia di punibilità (all’epoca €50.000, ora elevata a €250.000) e purché il debito risulti dalla dichiarazione annuale.
- Corte di Giustizia UE, sent. 2/05/2018 (C-574/15): legittima la differenziazione nazionale tra soglia di punibilità penale IVA e quella per imposte dirette, purché sussistano sanzioni effettive e dissuasive nel loro complesso (principio di effettività). (Riferimento al dibattito sulle soglie 250k vs 150k.)
Risorse e Siti di riferimento
- Agenzia delle Entrate – FiscoOggi (Rivista online):
- “Le tasse non pagate dalla Snc diventano debiti anche per i soci”, 26/03/2021.
- “Sanzione per omesso versamento di imposte”, 03/01/2025.
- “Omessi versamenti Iva e ritenute: ok a soglie diverse per le sanzioni”, 02/05/2018.
- Agenzia Entrate-Riscossione: Portale web con guide su Definizione agevolata 2023 e Stralcio dei debiti fino €1000, sezione “Tregua fiscale” (incl. modulistica e FAQ).
- Normative di riferimento in Gazzetta Ufficiale:
- Decreto Legislativo 29/07/2024 n.110 (riordino riscossione) – [G.U. 07/08/2024, n.184].
- Legge 29/12/2022 n.197 (Bilancio 2023) – [G.U. 29/12/2022, n.303]; v. art.1, commi 153-252 (Tregua Fiscale).
- Legge 30/12/2018 n.145 (Bilancio 2019) – [G.U. 31/12/2018] art.1, commi 184-199 (Saldo e stralcio)
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