La tua impresa è in difficoltà ma vuoi evitare una procedura giudiziale? Cerchi una soluzione flessibile e veloce per trattare con i creditori prima che la situazione precipiti?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in gestione della crisi d’impresa, composizioni stragiudiziali e risanamento aziendale – ti spiega in modo chiaro e pratico quali sono le soluzioni negoziali previste dal nuovo Codice della Crisi, come funzionano le convenzioni di moratoria e quando possono rappresentare la svolta per salvare l’azienda senza ricorrere al tribunale.
Scopri cosa sono le soluzioni negoziali della crisi, quali vantaggi offrono rispetto alle procedure formali, come funziona una convenzione di moratoria, quali creditori possono aderire, quali effetti produce sui pignoramenti e sulle azioni esecutive, e come formalizzare l’accordo in modo sicuro e protetto dalla legge.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la situazione della tua impresa e costruire una strategia negoziale concreta per gestire i debiti, trattare con i creditori e rilanciare l’attività prima che sia troppo tardi.
Introduzione:
La riforma del Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 12/01/2019, n. 14 e ss.mm., in vigore dal 15 luglio 2022) ha introdotto nel nostro ordinamento nuovi strumenti negoziali per affrontare tempestivamente le situazioni di difficoltà finanziaria, privilegiando la prevenzione e la conservazione del valore aziendale rispetto alla liquidazione giudiziale. In particolare, tra le “soluzioni negoziali” figurano istituti come la composizione negoziata, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, i piani attestati di risanamento e, appunto, le convenzioni di moratoria. Questa guida, aggiornata a maggio 2025 e rivolta ad avvocati e imprenditori, esamina in dettaglio questi strumenti in chiave pratica, con un’attenzione particolare alle convenzioni di moratoria, ponendo in rilievo aspetti operativi, requisiti, vantaggi e criticità emersi dalla normativa più recente, dalla giurisprudenza e dalla dottrina specializzata.
Le convenzioni di moratoria sono uno strumento negoziale rivolto a concedere all’imprenditore un “tempo di respiro” durante la crisi, bloccando temporaneamente le iniziative esecutive dei creditori e differendo le scadenze dei pagamenti. Pur essendo provvisorie per natura (non si propongono come soluzioni definitive della crisi), possono assurgere anche a ruolo risolutivo se accompagnate da un piano di risanamento serio ed efficace. Il Codice della Crisi definisce la «crisi d’impresa» come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni dei successivi dodici mesi”: tale definizione, incentrata su criteri di bilancio e flussi finanziari, ha ridefinito i tempi dell’emersione delle difficoltà e l’intervento delle controparti finanziarie. Oggi l’attenzione è posta sulla prevenzione della crisi (obblighi di assetti organizzativi e di controllo aziendale, nomina del revisore legale per le S.r.l. medio-grandi, ecc.) e su soluzioni negoziali guidate, per evitare il ricorso immediato alla procedura liquidatoria.
Di seguito esamineremo gli strumenti negoziali introdotti dal Codice (composizione negoziata, accordi di ristrutturazione, piani di risanamento, concordati preventivi, ecc.), con particolare riguardo alle convenzioni di moratoria: ne analizzeremo i requisiti soggettivi e oggettivi, la procedura di adozione, gli effetti (incluse le condizioni di efficacia ed estensione ai creditori non aderenti), nonché le implicazioni pratiche e giurisprudenziali. La trattazione sarà arricchita da tabelle di confronto tra le diverse soluzioni, simulazioni operative ed esempi concreti, oltre che da una sezione di Domande e Risposte volte a chiarire i dubbi più comuni. Tutte le disposizioni normative, le pronunce giurisprudenziali rilevanti e i contributi dottrinali recenti sono debitamente citati e commentati secondo l’aggiornamento maggio 2025.
1. Quadro normativo e principi generali
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) disciplina le situazioni di crisi e insolvenza dell’imprenditore (commerciale e non commerciale), sostituendo gradualmente la vecchia legge fallimentare. Tra i principi generali vi è l’accento sulla continuità aziendale e la prevenzione, anche attraverso l’obbligo per l’imprenditore di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati (art. 208, 376-bis c.c.) e di segnalare tempestivamente lo stato di crisi agli organismi di composizione. Il legislatore ha integrato strumenti negoziali di natura assistita (ad es. composizione negoziata, accordi con creditori, convenzioni di moratoria) accanto a procedure giurisdizionali classiche (fallimento, concordato, liquidazione coatta). In particolare, la composizione negoziata della crisi (artt. 11-13 CCII) e le convenzioni di moratoria (art. 62 CCII) sono stati introdotti per affiancare gli accordi di ristrutturazione (già previsti dalla L. 3/2012 e dall’art. 182-bis l.fall.) e i piani di risanamento attestati (art. 67 CCII) come strumenti extragiudiziali o “protetti” dall’autorità giudiziaria solo su richiesta di una parte.
Tra le definizioni cardine del CCII si segnala quella di crisi (art. 2, lett. b) e lett. o)): “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza” qualora siano inadeguati i flussi di cassa prospettici rispetto agli impegni nei 12 mesi successivi. La crisi si differenzia dallo stato di insolvenza, che il CCII equipara al fallimento (art. 5 e 213 c.c. e ss.) o all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (L. 3/2012) nel quale il debitore non imprenditore si trova. L’obiettivo normativo è individuare tempestivamente gli squilibri, anticipare l’insorgere dell’insolvenza e coinvolgere i creditori in una soluzione concordata, evitando “conseguenze negative a cascata sull’intero sistema” (fornitori, banche, erario).
In tale ottica, il CCII incentiva la ricerca di accordi stragiudiziali tra debitore e creditori. Gli istituti negoziali di interesse includono:
- Composizione negoziata della crisi (CNC): percorso di risoluzione coordinato da un esperto indipendente (iscritto negli albi camerali), su impulso volontario del debitore o di creditori qualificati, con protezione legale da esecuzioni forzate e cautelari. Durante la composizione negoziata l’imprenditore mantiene la gestione dell’azienda. Esiti possibili: esito positivo con accordo finale (affidamento a un piano di risanamento, oppure domanda di concordato preventivo con accordo), prosecuzione autonoma senza accordo o dichiarazione di fallimento se decade sostenibilità.
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 67 e ss. CCII, e art. 182-bis l.fall. previgente): intese, omologabili dal tribunale, in base alle quali il debitore propone un piano di ristrutturazione ai propri creditori oppure restruttura i debiti con soggetti qualificati (banche, fornitori, ecc.) entro accordi stragiudiziali. Condizione necessaria per l’omologazione (dalla L. 3/2012 e 83/2015) è l’adesione di creditori rappresentanti almeno il 60% (o 75%) dei crediti coinvolti, suddivisi in classi omogenee per interessi giuridici ed economici.
- Piani attestati di risanamento extragiudiziali (art. 67 CCII): il debitore elabora un piano di risanamento aziendale che viene attestato da un professionista indipendente e presentato a una o più categorie di creditori. Diversamente dagli accordi formalizzati, questi piani non prevedono omologazione giudiziale, ma il vincolo si fonda sull’attestazione di fattibilità e sul consenso espresso dei creditori interessati.
- Concordato preventivo con accordo (artt. 19-21 CCII): procedura giudiziale sostanzialmente rimodulata rispetto alla legge fallimentare, con la quale il debitore propone un piano di concordato (di ristrutturazione o liquidazione) ai creditori. L’accordo è approvato dai creditori nelle percentuali di legge (60% o 75% a seconda dei casi) e sottoposto al tribunale per l’omologa. Il concordato può includere una convenzione di moratoria, come vedremo nei casi del sovraindebitamento minore.
- Accordi in composizione da sovraindebitamento (L. 3/2012): per debitori privati e imprese di ridotte dimensioni, la legge sul sovraindebitamento consente la conclusione di accordi e piani (anche con moratoria sui privilegiati) di fronte ad un Organismo di composizione della crisi (OC).
- Piani e moratorie nel piano del consumatore (art. 67 CCII co.4 e legge 3/2012 art.8): piani dei consumatori che prevedono una moratoria fino a un anno o due anni per i crediti privilegiati. (Si veda, ad esempio, Cass. 26/2/2025 n. 9549 sui termini di moratoria nel piano consumatore).
In sintesi, il legislatore intende offrire vie negoziali alternative alla semplice rottura dei rapporti economici. Accordi e piani negoziati possono essere più rapidi e meno costosi di un fallimento e soprattutto consentono all’imprenditore di continuare l’attività, tutelando i posti di lavoro e il patrimonio aziendale. Allo stesso tempo però richiedono corretta informazione e collaborazione tra le parti: per questo il Codice richiede (ad esempio) una dovuta “coinvolgimento” dei creditori e la presenza di professionisti qualificati che attestino i dati economico-finanziari e la fattibilità delle soluzioni. Le sezioni che seguono approfondiscono questi strumenti, con particolare riguardo alle convenzioni di moratoria.
2. Composizione negoziata della crisi
La composizione negoziata è un percorso istituito dal Codice (artt. 11-13 CCII e ss.), rivolto a imprese di ogni dimensione (anche PMI) e finalizzato a anticipare l’emersione della crisi attraverso trattative protette con i creditori. L’imprenditore (o talvolta alcuni creditori) domanda al tribunale competente la nomina di un esperto indipendente (iscritto negli appositi albi regionali presso le Camere di Commercio), che assiste e media le trattative tra il debitore e i suoi creditori, nonché con eventuali investitori o controparti di ristrutturazione. Durante l’intera fase di negoziazione l’imprenditore conserva la gestione della propria azienda, anche nelle decisioni di straordinaria amministrazione.
Le caratteristiche salienti della composizione negoziata sono:
- Flessibilità procedurale. Non sono previste rigide formalità: il ruolo centrale è quello dell’esperto, che ascolta le parti, verifica la situazione aziendale, valuta i flussi di cassa e guida le trattative. L’imprenditore può continuare ad amministrare liberamente, compiendo anche pagamenti preferenziali concordati, purché comunque non pregiudichi la sostenibilità complessiva.
- Misure protettive. Con l’istanza di composizione negoziata, il tribunale può disporre misure protettive a favore dell’impresa (art. 18 CCII), analoghe a un “freeze” parziale: ad esempio la sospensione di azioni esecutive e cautelari per un certo periodo (di solito fino a 180 giorni rinnovabili) e l’imposizione di un vincolo di destinazione su parte dei proventi futuri (ad esempio il 5% dei ricavi confluisce in un conto vincolato). Queste misure consentono all’imprenditore di negoziare senza il timore di protesti o pignoramenti improrogabili, rendendo la procedura più efficiente. Va precisato che, secondo alcune pronunce di legittimità, tali misure non sospendono ex se una successiva dichiarazione di fallimento richiesta dai creditori, ma operano fino al varo di un eventuale fallimento. Inoltre sono richieste garanzie finanziarie (fideiussioni) in favore dei creditori per il valore delle somme sospese.
- Esiti multipli. Se le trattative hanno esito positivo, il debitore potrà attuare direttamente le soluzioni concordate (ad es. rimborsi rateali ai creditori), oppure – più frequentemente – depositare un progetto di concordato preventivo con accordo o un accordo di ristrutturazione sulla base di quanto pattuito. Se invece la trattativa si conclude senza intese, l’imprenditore può ancora provare a chiedere il concordato, oppure i creditori possono chiedere il fallimento.
- Obiettivi di continuità. L’esperto verifica la sostenibilità economico-finanziaria dell’impresa. Se emerge che l’impresa è già tecnicamente insolvente ma esistono prospettive di recupero, l’imprenditore è tenuto a gestire l’attività nell’interesse dei creditori.
Dal punto di vista operativo, la procedura si avvia con la nomina dell’esperto da parte del tribunale (previa domanda motivata del debitore o di creditori qualificati con almeno il 10% del passivo). L’esperto, entro 90 giorni (prorogabili), redige una relazione sullo stato dell’azienda, proponendo possibili soluzioni. Egli convoca poi incontri negoziali con i creditori chiave e gli altri stakeholders. Al termine delle trattative può redigere un verbale di accordo se le parti hanno trovato convergenze. In assenza di accordo, l’esperto presenta al tribunale un rapporto finale, dopo di che le parti restano libere di agire autonomamente (fallimento compreso).
In pratica, la composizione negoziata rappresenta un tentativo protetto di accordo globale sulle misure di ristrutturazione. Essa richiede la volontà di co-partecipazione di debitori e creditori ed è particolarmente indicata quando l’impresa ha un numero limitato di partner finanziari o è ancora relativamente sana da un punto di vista patrimoniale, ma soffre di squilibri temporanei di cassa. L’assenza di obblighi formali rigidi la rende adatta anche per imprese di medie dimensioni. Si noti, tuttavia, che non produce immediatamente effetti vincolanti verso i creditori esterni (solo gli accordi derivanti da essa, omologati in procedura concordataria o aventi forza esecutiva, avranno efficacia legale). Le parti possono comunque mettere per iscritto le intese raggiunte e farcele omologare successivamente.
3. Accordi di ristrutturazione dei debiti extragiudiziali
Gli accordi di ristrutturazione disciplinati dal Codice (artt. 67 ss.) costituiscono un altro importante strumento negoziale. Originati dalla L. 3/2012 e dalla L. 83/2015 (c.d. “legge salva Italia”), sono stati confermati nel CCII e ulteriormente agevolati. L’accordo di ristrutturazione consente all’imprenditore commerciale in stato di crisi o quasi-insolvenza di stipulare un accordo con i suoi creditori (banche, fornitori, erario, ecc.) volto alla ristrutturazione dei debiti, spesso tramite dilazioni, riduzioni o conversioni del debito stesso. Tale accordo, se approvato da creditori che rappresentino almeno il 60% (o 75%) di ciascuna categoria di creditori raccolta ai fini dell’accordo, è sottoposto a omologazione da parte del tribunale, il quale verifica la regolarità della procedura e la congruità delle condizioni, tutelando così anche i creditori dissenzienti. L’omologazione rende l’accordo vincolante anche per i creditori non intervenuti, a condizione che le norme di legge (tra cui la par condicio creditorum) siano rispettate.
Le categorie di creditori sono definite con criteri di omogeneità di rango giuridico ed economico: per esempio, gli istituti di credito costituiscono di solito una classe propria, i fornitori possono essere suddivisi tra crediti con garanzia e senza, e così via. È fondamentale rispettare tali categorie sin dall’inizio della negoziazione, altrimenti l’accordo potrebbe essere viziato. Ulteriori requisiti oggettivi includono l’attestazione, da parte di un professionista indipendente, della veridicità dei dati aziendali e del fatto che, nell’ipotesi di adesione da parte di almeno il 75% dei creditori di ogni categoria, i creditori “non aderenti” saranno comunque soddisfatti almeno quanto avrebbero ottenuto in un’eventuale liquidazione giudiziale.
Dal punto di vista pratico, l’accordo di ristrutturazione richiede all’imprenditore di predisporre un piano (di dilazione, conversione dei debiti in equity o altre forme) e di negoziarlo con i creditori. L’accordo deve essere notificato a tutti i creditori rientranti nelle categorie coinvolte, anche se si prevede estenderne gli effetti legalmente solo ai partecipanti. Una volta raggiunto il quorum, il piano viene depositato in tribunale per la richiesta di omologazione (entro 30 giorni). Il tribunale valuta in camera di consiglio se i requisiti sono rispettati (percentuali di adesione, trasparenza, congruità) e omologa con decreto.
Gli vantaggi degli accordi di ristrutturazione sono la certezza procedurale (grazie all’omologazione giudiziale) e la possibilità di coinvolgere un numero esteso di creditori, anche non bancari, dilazionando i pagamenti o ristrutturando i debiti in modo sostanziale. Gli svantaggi possono essere la complessità procedurale e il fatto che l’apertura delle trattative deve essere comunicata ai creditori (obbligo previsto dall’art. 61 CCII), i quali possono fare opposizione o presentare piani concorrenti. Inoltre, il ricorso agli accordi di ristrutturazione richiede spesso dati contabili e perizie solide, con costi professionali elevati.
4. Piani attestati di risanamento aziendale
L’art. 67 del CCII (modificato dal correttivo 2024) prevede che l’imprenditore in crisi possa sottoporre a uno o più creditori piani di risanamento attestati da un professionista indipendente. Tali piani, pur privi di omologazione, possono includere misure come la rinegoziazione dei debiti, nuove fonti di finanziamento o la ristrutturazione organizzativa. L’attestatore verifica la fattibilità economica dei piani e accerta la sostenibilità del debito residuo rispetto alle prospettive di recupero. Se i creditori coinvolti (es. banche e fornitori) approvano il piano collegandovi l’impegno all’adesione, l’imprenditore può attuare le misure concordate.
Un aspetto chiave di questi piani è che non sono imposti ai creditori non aderenti: di fatto, non prevedono estensione automatica come nel caso degli accordi omologati o delle convenzioni di moratoria. Il loro successo dipende quindi dall’effettiva negoziazione e dall’accordo fra le parti. L’approccio del piano attestato è particolarmente utile per imprese di media dimensione in cui si può contare sul buon rapporto con alcune banche o investitori, e che preferiscono una soluzione confidenziale e rapida rispetto ai processi giudiziali. Ovviamente mancano le tutele tipiche dei procedimenti concorsuali (non c’è la sospensione automatica di tutte le azioni esecutive, sebbene l’imprenditore potrà chiedere misure protettive analoghe all’art. 18 CCII nel contesto di una procedura di composizione negoziata o concordataria).
5. Concordato preventivo e altre procedure concorsuali
Il concordato preventivo (Capo I del Titolo IV CCII) resta lo strumento giudiziale principale per la soluzione consensuale della crisi. Sebbene richieda comunque il voto dei creditori e l’intervento del tribunale, esso è spesso raggiunto mediante intensi negoziati con le principali categorie creditorie (banche, fornitori strategici) e gli stakeholder aziendali. Il piano di concordato può essere di due tipi: liquidatorio o di tipo ‘ristutturazione’ (per la continuità dell’impresa). Con la riforma del 2021, sono stati introdotti anche il concordato semplificato (veloce liquidazione senza continuità) e il concordato con riserva (permesso di anticipare la presentazione del piano).
Nel concordato preventivo, al pari degli accordi di ristrutturazione, è prevista una classificazione dei creditori in classi omogenee. Il piano deve ottenere l’approvazione di almeno il 60% degli ammessi al voto (in valore) e di almeno 2/3 delle classi dei creditori. Se omologato, il piano vincola tutti i creditori della stessa classe, fatte salve eventuali impugnazioni. Il procedimento concorsuale garantisce altresì il blocco delle azioni esecutive (si vedano le “misure protettive” degli artt. 16 e 54 CCII) finché il tribunale non decide diversamente, e offre la tutela di un giudice, ma può essere complesso e lungo.
Particolare rilievo ha il concordato minore nel regime di sovraindebitamento (artt. 15-19 L. 3/2012): anche qui si possono inserire piani di pagamento e persino moratorie sui crediti privilegiati. Recenti pronunce hanno chiarito che anche nel concordato da sovraindebitamento i creditori privilegiati possono concordare dilazioni o sospensioni, purché rimangano tutelati (ad es. versamento di un tantundem dei beni sottratti alla liquidazione), richiamandosi, tra gli altri, al principio affermato dalla Cassazione n. 34150/2024 (che ha legittimato la moratoria dei crediti prelatizi nei piani di risanamento dei privati).
6. Convenzioni di moratoria: natura e funzione
La convenzione di moratoria (art. 62 CCII) è uno strumento negoziale introdotto dal legislatore negli anni recenti (decreto “Salva Italia” 2015, art. 182-septies l.fall., ora ribadito nel CCII) per consentire all’imprenditore di ottenere temporanee sospensioni delle azioni esecutive e cautelari e la dilazione dei crediti, senza bisogno di omologazione preventiva. In altre parole, si tratta di un vero e proprio accordo tra debitore e creditori finalizzato a «disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi». La funzione principale è dunque di creare un “cuscinetto di tempo” per l’imprenditore: come osserva la dottrina, la convenzione di moratoria mira a una risoluzione anticipata della crisi, garantendo all’imprenditore un periodo durante il quale elaborare un piano di risanamento e negoziare soluzioni definitive senza il rischio immediato di espropriazioni.
Dal punto di vista operativo, la convenzione di moratoria è un contratto stragiudiziale tra l’imprenditore e i suoi creditori (o una categoria di creditori). In esso i creditori accordano di non aggredire temporaneamente il patrimonio del debitore (ad esempio sospendendo pignoramenti e ipoteche giudiziali) e/o di dilazionare le scadenze dei crediti. Va sottolineato che, per definizione, la moratoria non comporta la cancellazione del debito né nuovi finanziamenti: le prestazioni dei creditori si limitano a non esercitare le azioni esecutive o cautelari per un certo periodo. Ciò equivale in pratica a un automatic stay parziale: la dilazione può derivare anche dalla rinuncia a imporre rimborsi e interessi durante la durata dell’accordo.
Dal Codice della Crisi si evince che la convenzione di moratoria ha natura provvisoria e stragiudiziale: essa non necessita di omologazione a meno che uno o più creditori contrari non vi si oppongano nei termini di legge. La moratoria rientra nell’ambito degli strumenti negoziali alternativi alla liquidazione giudiziale, collocandosi, come sottolinea la dottrina, “a metà strada” tra gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa e gli accordi privi di efficacia estesa (come i piani di risanamento). In pratica, se l’accordo soddisfa tutti i requisiti, esso vincola anche i creditori non aderenti della stessa categoria (come negli accordi estesi), ma, come i piani stragiudiziali, non richiede omologazione (salvo opposizione).
6.1 Soggetti ammessi alla convenzione
Possono stipulare una convenzione di moratoria: da un lato, qualsiasi imprenditore (commerciale o non commerciale) nel senso del codice civile (anche società di persone, imprese familiari, liberi professionisti organizzati); dall’altro, in linea di principio tutti i creditori del debitore divisi in categorie omogenee. Originariamente la moratoria era pensata per i rapporti con banche e finanziarie, ma è stata estesa a qualsiasi categoria di creditori. Il CCII precisa che può essere definita fra l’imprenditore e i creditori di una data categoria (per esempio, la categoria delle banche, o la categoria dei fornitori di materie prime) e che il suo effetto “è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria”.
Per convenzione “categoria” si intende un insieme di creditori che abbiano posizione giuridica ed economica omogenea, secondo criteri similmente a quelli previsti per gli accordi di ristrutturazione (ad es. le banche costituite in unica classe, i fornitori con garanzia ipotecaria in un’altra, ecc.). All’imprenditore spetta dunque individuare correttamente le categorie di creditori e informarle delle trattative, come vedremo. Non esiste un limite quantitativo minimo di debiti per accedere, ma l’intervento è ragionevole soprattutto quando il portafoglio creditorio è gestibile e si può contare sulla buona fede dei creditori partecipanti.
6.2 Requisiti oggettivi della convenzione
Il legislatore stabilisce condizioni stringenti perché la moratoria possa produrre effetti protettivi anche sui creditori che non la firmino, allo scopo di salvaguardare questi ultimi. Tali requisiti oggettivi, previsti dal comma 2 dell’art. 62 CCII, sono i seguenti:
- Informazione e partecipazione “in buona fede”: tutti i creditori appartenenti alla categoria interessata devono essere stati informati dell’avvio delle trattative, o messi in condizione di parteciparvi in buona fede. In particolare, la convenzione deve essere presentata a tutti i creditori della categoria con lettera raccomandata o PEC (art. 62 c.4). La nozione di “in buona fede” implica che l’imprenditore fornisca completa trasparenza sulla sua situazione patrimoniale, economica e finanziaria, in modo che anche i creditori non formalmente convocati possano essere consapevoli delle ragioni e degli effetti dell’accordo. Non è richiesta una vera e propria assemblea o voto formale: bastano comunicazioni e incontri che garantiscano una reale possibilità di negoziazione per tutti.
- Quorum di adesione: i creditori aderenti (ovvero quelli che firmano la convenzione) devono rappresentare almeno il 75% in valore di tutti i creditori della categoria. In altre parole, per estendere gli effetti dell’accordo, serve l’adesione di una solida maggioranza di creditori nella categoria di riferimento. Se, ad esempio, le banche sono la categoria in trattativa, occorre che quelle firmatarie detengano il 75% dei crediti bancari. Un singolo creditore può essere titolare di crediti in più categorie, ma si calcolano indipendentemente in ciascuna classe. Questo requisito sottolinea che la convenzione non è possibile se solo una parte limitata dei creditori accetta di sospendere le azioni; serve un consenso di massa.
- Prospettive di soddisfazione almeno equivalenti alla liquidazione: deve emergere che i creditori non aderenti (ai quali vengono estesi gli effetti) avranno prospettive concrete di essere soddisfatti, al termine della moratoria, in misura non inferiore a quella che avrebbero ottenuto in caso di liquidazione giudiziale. In pratica il professionista attestatore (vedi oltre) dovrà valutare che, anche rinviando i pagamenti, il valore complessivo recuperato sarà almeno pari a quello che si ipotizzerebbe distribuire in un fallimento o concordato. Dal 2024 il legislatore ha esplicitato che tale comparazione tiene conto della data di conclusione della convenzione, per evitare che l’allungamento del tempo favorisca indebitamente l’imprenditore.
- Attestazione professionale: infine, un professionista indipendente deve attestare (comma 2 lett. d) del c.62) la veridicità dei dati aziendali del debitore, l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi e, soprattutto, la sussistenza delle concrete possibilità di soddisfazione dei creditori non aderenti. Tradotto in termini pratici: l’imprenditore incarica un consulente (normalmente uno degli esperti iscritti all’albo dei gestori della crisi) che redige una relazione di accompagnamento. Questa relazione non va depositata in tribunale (come avviene negli accordi di ristrutturazione), ma va trasmessa ai creditori che non aderiranno, insieme alla convenzione stessa. L’attestatore quindi fa le verifiche contabili e finanziarie che confermano la fattibilità del ritardo di pagamento concordato, ma – come noto nel nuovo CCII – non esprime più giudizi legali sulla similitudine delle posizioni creditorie (compito lasciato al tribunale in caso di opposizione).
Riassumendo: perché la convenzione sia valida anche per i non firmatari occorre (a) informare e coinvolgere tutti i creditori della categoria; (b) ottenere l’adesione dei creditori che rappresentino almeno il 75% del valore dei loro crediti; (c) garantire che i rimanenti avranno un soddisfacimento almeno pari all’alternativa liquidatoria; (d) predisporre una solida attestazione professionale che certifichi i punti precedenti. L’inosservanza di una di queste condizioni (specialmente la (a) o la (b)) può rendere inefficace l’estensione degli effetti ai non aderenti, limitando l’accordo ai soli firmatari.
6.3 Contenuto e limiti della convenzione
La convenzione di moratoria può contenere diverse clausole, purché tutte mirino a rinviare obblighi già esistenti senza far decadere i crediti né creare nuovi debiti per l’imprenditore. In pratica, gli aspetti che si possono includere sono:
- Dilazione dei termini di pagamento: lo strumento principale consiste nel posticipare le scadenze delle rate o dei termini di pagamento dei debiti. Ad esempio, si può concordare che i debiti scadenti nei prossimi 6 mesi siano spostati in blocco a fine anno, o rateizzati su un nuovo calendario. È fondamentale però che tali dilazioni riguardino debiti già esistenti, senza coniugare riduzioni di capitale o di interessi (per queste ci sono altri strumenti come gli accordi di ristrutturazione).
- Sospensione delle azioni esecutive o cautelari: i creditori firmatari si impegnano a non esercitare i diritti di prelazione (ad es. non presentare istanze di pignoramento o non procedere con ipoteche giudiziali) e a sospendere le cause già in corso. Questo può essere qualificato come un automatic stay temporaneo, paragonabile a quanto previsto dall’art. 54 CCII per le misure protettive in altre procedure. Attenzione: la sospensione è consensuale (contrattuale) e non è assoluta come in un fallimento, ma sufficiente a garantire tregua al debitore.
- Rinuncia a interessi di mora o penali: i creditori possono concordare di non applicare interessi moratori sulle somme dovute durante la durata della moratoria. Non è però ammessa, per i non aderenti, una sospensione degli interessi in maniera che riduca il capitale residuo (questo tipo di sacrificio è permesso solo nei piani omologati con cautele).
- Prosecuzione di finanziamenti esistenti: il codice specifica che restano leciti i cd. “contratti pendenti” di leasing o finanziamento già attivi. In altre parole, non costituisce una nuova prestazione il mero proseguimento di un contratto di locazione finanziaria già in essere.
- Durata: la durata della convenzione è libera ma deve essere congrua rispetto alle esigenze di risanamento. Non è fissato un termine massimo per legge; tuttavia il professionista attestatore dovrà motivare che il periodo convenuto è adeguato per realizzare le azioni di risanamento programmate. Nella prassi, spesso le convenzioni vanno da alcuni mesi a uno-due anni, a seconda dell’operazione.
- Limitazioni ai contenuti: è chiaramente vietato inserire clausole che riducano l’importo dei crediti (sconto sul debito) o sospendano il pagamento degli interessi maturati, pena l’immediata nullità di tali patti nei confronti dei non aderenti. In sintesi, la moratoria serve solo a rimandare gli esiti della crisi, non a modificarne i termini sostanziali.
6.4 Procedura di adozione e opposizione
La stipula della convenzione di moratoria si svolge in gran parte “in via privata”, fuori dalle aule giudiziarie. Una volta redatto l’accordo (di solito attraverso trattative tra le controparti interessate), l’imprenditore ha l’obbligo di comunicare la convenzione e la relazione di attestazione a tutti i creditori non aderenti. Questa comunicazione deve avvenire tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC (art. 62 c.4). Dal momento della ricezione della comunicazione decorre un termine di 30 giorni per l’opposizione. I creditori non aderenti, ovvero quelli informati ma non firmatari, possono opporsi alla convenzione chiedendo che essa non produca effetti nei loro confronti. In pratica, un oppositore contesta il patto, sostenendo ad esempio che i requisiti non sono stati rispettati o che il suo debito non sia stato trattato correttamente.
Se nessuno si oppone entro 30 giorni, la moratoria diventa efficace tra le parti, e (soggetta alle condizioni già viste) ha effetti anche sui non aderenti della categoria. Non è necessario alcun provvedimento giudiziale di omologazione in questo caso. Se invece viene proposta opposizione, subentra il tribunale (art. 62 c.5) che esamina le motivazioni. Il giudice, in camera di consiglio con sentenza (art. 62 c.6-7), valuta se la convenzione soddisfa le condizioni di cui sopra in modo analogo a un omologazione di accordi di ristrutturazione: controllo delle percentuali (75%), omogeneità di posizioni e interessi, buona fede delle trattative, completezza delle informazioni.
Se il tribunale conferma i requisiti, dichiara valido l’accordo anche verso gli opponenti; altrimenti può annullarlo in tutto o in parte, escludendo l’applicazione ai non aderenti o addirittura dichiarandolo inefficace. Contro la sentenza di rigetto o accoglimento parziale dell’opposizione è ammesso reclamo in appello (art. 62 c.7). In sostanza, l’eventuale intervento giudiziario avviene solo su istanza delle parti: non esiste un coinvolgimento del giudice se la moratoria procede concordata. Questo aspetto rende la moratoria uno strumento molto più rapido ed economico degli accordi omologati.
Va annotato che il CCII non prevede misure speciali di pubblicità (diverse da quelle usuali delle convenzioni): la convenzione non deve essere depositata in tribunale né iscritta nel registro delle imprese. Ciò implica che, in teoria, altri creditori o terzi estranei (non informati) non apprendono dell’accordo fino a un eventuale impulso. Tuttavia, poiché i creditori della categoria devono essere informati, nella prassi diventano inevitabilmente consapevoli dell’iniziativa (cfr. ultimo comma art. 62, e [22†L94-L101]). Altra conseguenza pratica: in base a quanto chiarito dall’Ordine degli Avvocati, il termine di opposizione (30 giorni) non viene sospeso durante il periodo feriale (contrariamente a quanto previsto per altre istanze del Codice), poiché scatta da una comunicazione diretta del debitore.
6.5 Effetti della convenzione sui non aderenti
Nel momento in cui scadono i 30 giorni senza opposizione, gli effetti della moratoria si estendono automaticamente (ex lege) ai creditori della stessa categoria che non hanno firmato l’accordo. Ciò significa che, nei loro confronti, il debitore avrà adempiuto comunque all’obbligo di sospendere le azioni esecutive e di differire i pagamenti secondo i termini convenuti. Tuttavia, è importante sottolineare alcuni limiti:
- Crisi irrisolta e rischio di insolvenza. Anche se esiste una moratoria in corso, ciò non fa venire meno lo stato di crisi o eventuale insolvenza dell’impresa. In particolare, la convenzione non impedisce che un creditore non aderente impugni la situazione e chieda il fallimento o il concordato preventivo. In tal caso, come ricorda la giurisprudenza ante-riforma, la convenzione di moratoria diventa un «contratto pendente» nel fallimento (art. 172 CCII, succeduto ad art. 72 l.fall.). In pratica, spetta al curatore decidere se proseguire l’accordo o scioglierlo: fino a tale scelta la convenzione resta in sospeso. Analogamente in un concordato, la convenzione si considererà continuativa a meno di richiesta di scioglimento da parte di debitore o creditore.
- Vincoli qualitativi. Anche i creditori non aderenti, se successivamente raggiunti da misure di espropriazione altrui, possono opporre la moratoria come eccezione (già insorta tra le parti nel contratto) e chiedere la risoluzione del negozio che viola la moratoria stessa. In pratica, l’effetto protettivo può essere invocato in giudizio per difesa se il patto non viene rispettato.
- Divieto di nuove obbligazioni. Come già detto, i creditori (anche quelli non aderenti) non possono essere costretti ad accordare al debitore affidamenti ulteriori o a trattenere attivi in uso (ad eccezione dei beni in leasing già contrattualizzati). Ciò assicura che la moratoria non si trasformi in una ristrutturazione occulta (p.es. l’obbligo di erogare nuova finanza).
- Efficacia temporale. La convenzione vincola i non aderenti solo finché dura l’accordo. Se questo decade, cessano anche gli effetti speciali della moratoria, e i creditori tornano liberi di agire secondo la legge. Peraltro, essendo la moratoria di natura provvisoria, essa è pensata proprio fino a che i creditori (o il debitore) trovino una soluzione definitiva alternativa (accordo più ampio, piano di concordato, etc.).
- Garanzie di protezione. Se la convenzione viene omologata (in caso di opposizione), il giudice può imporre garanzie, come l’obbligo di versare una somma vincolata in deposito ai creditori dissenzienti, oppure chiedere fideiussioni sui flussi futuri, per tutelare i non aderenti. Ciò ricalca i meccanismi degli accordi omologati, pena annullabilità della sentenza.
Sintetizzando, finché la moratoria è in vigore essa sospende l’azione isolata dei creditori partecipanti e tende a sospendere analogamente per i non partecipanti (salvo contrarie decisioni del tribunale in caso di opposizione). Passato il periodo concordato, se non si è trovato un accordo definitivo, il debitore riprenderà i pagamenti o potrà attivarsi per concordato/fallimento. La moratoria, da sola, non risolve la crisi: essa «non è finalizzata ad una soluzione definitiva della crisi, quanto a poter disporre del tempo necessario per individuare le iniziative di risanamento da intraprendere».
7. Tabella comparativa degli istituti negoziali
Di seguito una sintesi tabellare delle principali caratteristiche degli strumenti negoziali descritti, per facilitarne il confronto:
Strumento | Ambito applicativo | Requisiti chiave | Effetto vs creditori non aderenti | Giurisdizione / Necessità procedimento |
---|---|---|---|---|
Composizione negoziata | Imprese di ogni tipo in stato di crisi | Domanda al tribunale e nomina esperto | Nessuna estensione automatica (si negozia di persona) | No omologazione; si svolge fuori rito, con relazioni esperto |
Accordo di ristrutturazione | Imprese commerciali in situazione di insolvenza imminente o conclamata | Adesione ≥ 60% (o 75%) dei crediti divisi in classi; attestazione; deposito in tribunale | Sì, a condizione di omologazione (il tribunale vincola tutti); altrimenti effetti solo verso firmatari | Omologazione in tribunale (consenso giudiziale) |
Piano attestato di risanamento | Imprese in difficoltà (anche prima dell’insolvenza) | Attestazione professionale; accordo volontario con creditori | Nessuna efficacia legale se i non aderenti non firmano | Nessuna omologazione; accordo privato |
Concordato preventivo | Imprese in insolvenza (anche grandi, ecc.) | Approvazione creditori (60% valore; 50% numero classi), attestazione, pubblicazione rapporto gestionale | Sì, con omologazione (vincola i voti contrari nelle stesse classi) | Procedimento giudiziale (decreto di omologazione) |
Composizione da sovraindebitamento (L.3/2012) | Debitori privati / imprese di piccole dimensioni in eccessivo debito | Adesione creditori; versamenti a garanti (concordato minore) | Sì, se omologato: piano vincola i creditori partecipanti; in concordato minore non aderenti li tutela con tantundem | Procedura presso Organismo di Composizione della Crisi (deposito piano) |
Convenzione di moratoria | Imprese di ogni tipo in crisi / insolvenza da affrontare | Adesione ≥ 75% dei crediti di categoria; informazione/partecipazione; attestazione veridicità dati e fattibilità | Sì, solo per i non aderenti della stessa categoria (estensione legale) | Procedura extragiudiziale; opposizione in tribunale facoltativa (30 gg) |
(N.B.: Le tabelle forniscono una panoramica di massima. Per dettagli specifici, si consultino le norme indicate e la dottrina specializzata citata nelle sezioni precedenti.)
8. Simulazioni pratiche (casi esemplari)
Per comprendere meglio l’applicazione operativa delle soluzioni negoziali, si propongono alcuni scenari realistici tratti dalla pratica aziendale.
Caso 1 – Azienda manifatturiera in crisi di liquidità:
La “Alfa S.r.l.”, operante nel settore metalmeccanico, ha accumulato perdite pluriennali e si trova temporaneamente a corto di liquidità per far fronte ai pagamenti bancari e ai fornitori. L’imprenditore decide di tentare una convenzione di moratoria con le proprie banche. In particolare, esistono tre banche creditrici: Banca A (50% del debito finanziario), Banca B (30%) e Banca C (20%).
L’impresa informa le banche dell’iniziativa, nominando un professionista che attesta i dati economici. Negozia con Banca A e Banca B (che hanno insieme l’80% del debito) un rinvio del pagamento di capitale e interessi di 12 mesi. Queste due banche aderiscono firmando l’accordo. Banca C, meno colpita, decide di non aderire.
Requisiti: le banche aderenti rappresentano l’80% (>75%), e tutte e tre le banche sono state informate. Il professionista attesta che nel 12 mesi di rinvio Alfa S.r.l. potrà ristrutturarsi e che Banca C otterrà almeno quanto avrebbe in liquidazione. La moratoria si sottoscrive.
Effetti: dal momento della comunicazione, Banca C (non aderente) ha 30 giorni per opporsi. Se non fa opposizione, l’accordo è valido anche per Banca C (non può far valere azioni esecutive fino a scadenza). Se Banca C obietta, il tribunale valuta le condizioni (l’80% di adesione e la trasparenza degli elementi dovrebbero portare a confermare la validità).
Risultato operativo: Alfa S.r.l. ottiene respiro per un anno (i crediti bancari sono congelati) e utilizza il tempo per ridurre costi e aumentare ricavi. Allo scadere della moratoria, l’azienda può valutare di aderire a un piano di concordato o concordare un ulteriore accordo di ristrutturazione con gli stessi creditori, avendo intanto ricompattato la propria situazione debitoria. Nel corso del primo anno, i fornitori potrebbero mantenere l’affidamento o accettare dilazioni analoghe (formando una seconda “categoria” di moratoria).
Caso 2 – Piccola impresa artigiana e composizione negoziata:
La “Beta S.a.s.”, impresa artigiana nel settore abbigliamento, ha visto calare gli ordini e fatica a far fronte ai fornitori di materie prime (debito di 100k) e al pagamento di due finanziamenti bancari (80k totali). Il titolare avvia una composizione negoziata: il tribunale nomina un esperto. Nel frattempo, Beta S.a.s. continua a lavorare, ma rispetta il principio di non aggravare la situazione (evita di contrarre nuovi debiti onerosi).
Durante i colloqui, emerge un piano: il proprietario trova un investitore disposto a iniettare 50k in cambio di una partecipazione del 20%. Grazie a tali fondi, l’esperto conviene con le banche una dilazione sui finanziamenti (pagherà gli interessi e capitale in 3 anni anziché 2) e ottiene dai fornitori il 50% di sconto sulle merci non ancora consegnate purché si mantengano rapporti commerciali.
Esito: in 60 giorni l’accordo è perfezionato su indicazione dell’esperto. Beta S.a.s. si impegna a pagare i fornitori scontati e a onorare i finanziamenti ridotti, mettendo in atto il piano di rilancio con l’investimento. Non essendo stato richiesto il concordato, l’esito è stragiudiziale. Il tribunale, al termine, liquida l’incarico. Beta S.a.s. continua l’attività in equilibrio, avendo coinvolto creditori chiave in una soluzione condivisa.
Caso 3 – Concordato liquidatorio minore con moratoria:
La “Gamma S.n.c.”, composto da una coppia di soci, presenta un concordato preventivo minore liquidatorio ex L. 3/2012 per un debito complessivo di 200k verso 5 fornitori (crediti privilegiati sui macchinari) e 4 creditori ordinarî. Nel piano di concordato, la società propone la vendita di alcuni macchinari per 100k, utilizzati per rimborsare il 50% dei crediti privilegiati. Gli autori del concordato chiedono anche l’applicazione di una moratoria: i creditori privilegiati concordano di ricevere il pagamento rateale sul 100% del tantundem del valore di macchinari non liquidati, posticipando l’ulteriore 50% rimanente al termine della liquidazione. I creditori finanziari accettano una dilazione di 12 mesi sul 40% residuo dei loro crediti.
Il tribunale omologa il concordato. Grazie alla giurisprudenza (Cass. 2024 e T. Modena 2025) è stato ammesso che anche i crediti prelatizi possano subire dilazioni all’interno del concordato minore. Nel piano si stabiliscono specifiche garanzie (il versamento di 50k immediati a titolo di anticipo). La società rimane così protetta dalla procedura, ma ha tempo per ultimare le vendite e saldare i debiti. Questo esempio illustra come, anche al di fuori del CCII, la logica negoziale della moratoria (fruibile anche in ambito di sovraindebitamento) possa facilitare accordi soddisfacenti per tutte le parti.
(Gli esempi sopra riportati sono illustrativi; ogni caso concreto richiede analisi personalizzata delle condizioni di bilancio, dei tempi di trattativa e della legislazione applicabile.)
9. Domande e risposte (FAQ pratiche)
D: Che differenza c’è tra la moratoria negoziale e l’automatic stay del fallimento?
R: La moratoria negoziale è un accordo contratto tra debitore e creditori per sospendere temporaneamente le azioni esecutive, mentre l’automatic stay nell’ordinamento fallimentare (ante-CCII) era una sospensione legale immediata di tutte le azioni al momento della dichiarazione di fallimento. Con il nuovo CCII l’automatic stay “puro” è stato superato: esistono misure protettive (art. 54 CCII) e, nei negoziati, la convenzione di moratoria ottiene effetti analoghi per accordo delle parti.
D: Quali creditori includere in una convenzione di moratoria?
R: La convenzione viene negoziata tra l’impresa e una specifica categoria di creditori, individuata ex ante. Ad esempio, si possono mettere assieme le banche, o i fornitori di un certo settore. Tutti i creditori di quella categoria devono essere informati. Gli effetti dell’accordo (sospensione o dilazione) si estendono ai non aderenti solo se appartengono alla stessa categoria del creditore che ha sottoscritto. In altri termini, ciascuna categoria negozia a sé: se si vuole coinvolgere più categorie, bisogna stipulare distinte convenzioni.
D: Che succede se non raggiungo la percentuale del 75%?
R: Se le firme dei creditori aderenti non raggiungono il 75% del valore dei loro crediti in categoria, la convenzione non può essere efficace per estendersi ai non firmatari. L’accordo sarà vincolante solo tra le parti firmatarie e dovrà intendersi concluso al di fuori di ogni presupposto di estensione automatica. Questo comporta che i creditori non aderenti potranno trattare come se nulla fosse: potranno rilanciare esecuzioni, chiedere il fallimento, ecc. In pratica, senza il quorum del 75% non si ottiene “ombrello” protettivo per la categoria.
D: Il professionista attestatore può certificare anche la “omogeneità” dei creditori, come un tempo?
R: No. A differenza della vecchia legge fallimentare (art. 182-septies l.fall. previg.), il nuovo CCII affida al professionista solo compiti di natura contabile e previsiva (veridicità dei dati, fattibilità economica). Non gli si chiede di valutare la giuridicità delle classi creditorie. La classificazione dei creditori deve dunque essere concordata dalle parti secondo i criteri di legge e comunicata esaustivamente, ma non certificata in senso giuridico dall’attestatore.
D: Ci sono limiti di durata alla convenzione?
R: Il CCII non fissa termini massimi predeterminati. La durata è libera, ma il professionista indipendente deve asseverarne la congruità rispetto agli interventi di risanamento previsti. In pratica, il periodo concordato deve essere giustificato (ad es. 6 mesi, 1 anno, ecc. a seconda del piano). Importante: la moratoria, essendo di natura provvisoria, non può essere prolungata indefinitamente: i creditori attendono piani reali entro tempi ragionevoli.
D: Posso includere nella convenzione nuovi obblighi o prestazioni?
R: No. Nella moratoria le controparti devono astenersi dall’esigere nuovi pagamenti o garanzie dal debitore. Non è possibile, ad esempio, imporre all’imprenditore di aprire nuovi conti o di contrarre mutui aggiuntivi all’interno della convenzione. L’accordo deve limitarsi ai debiti esistenti, con i soli effetti di sospensione/dilazione già dovuti.
D: La moratoria risolve la crisi?
R: No. Come già detto, la convenzione non è una soluzione definitiva, ma serve a guadagnare tempo. Il vero obiettivo resta trovare un piano di ristrutturazione o concordato più ampio che possa uscire la società dalla crisi. La moratoria tutela l’imprenditore dalle iniziative immediate dei creditori, ma la crisi socio-economica deve comunque essere affrontata dopo, pena la continuità della crisi.
D: Che succede se l’impresa fallisce durante la moratoria?
R: Se si apre una procedura concorsuale (es. fallimento), la convenzione di moratoria viene inquadrata come un contratto pendente (come avveniva nel vecchio art. 72 l.fall.). In tal caso, ai sensi degli artt. 172 e 97 CCII, la convenzione rimane in sospeso finché il curatore non sceglie se proseguirne l’esecuzione o chiederne la risoluzione. In sostanza, il curatore deciderà se mantenere il patto (e incassare le rate sospese) o invece scioglierlo (liberando l’imprenditore da quegli impegni). L’imprenditore non conserva più gestione in proprio, ma gli eventuali pagamenti concordati andranno valutati nell’interesse della massa fallimentare.
D: La moratoria vale anche nel concordato in bianco o semplificato?
R: Nel concordato semplificato (liquidatorio) la riforma 2021 ha vietato la continuità aziendale, quindi non ha senso moratoria a favore del debitore; tuttavia nel piano stesso possono essere previsti differimenti di pagamento. Nel concordato con riserva (ovvero il “concordato in bianco” con deposito preventivo), la convenzione di moratoria può in teoria essere oggetto del piano finale, vincolando i creditori che hanno sottoscritto l’accordo, se le percentuali del concordato vengono raggiunte. Più in generale, come visto nel caso 3, le moratorie sono ammesse anche in soluzioni destinate al sistema da sovraindebitamento (concordati minori), purché salvaguardino i garanti dei finanziamenti sostitutivi.
D: Quali figure professionali occorrono?
R: Per la convenzione di moratoria non vi è obbligo di ricorrere agli organismi di composizione della crisi (OCRI, ora trasformati in composizione negoziata). È sufficiente che l’attestazione sia redatta da un professionista iscritto nell’albo dei gestori della crisi (art. 38 CCII). Spesso si tratta dello stesso esperto che segue la composizione negoziata se avviata, oppure di un consulente finanziario indipendente. Non serve un commissario giudiziale né un tribunale, salvo l’ipotesi (opzionale) di opposizione che attiva la giurisdizione.
10. Conclusioni
Le soluzioni negoziali introdotte nel nuovo Codice della Crisi offrono all’imprenditore strumenti più flessibili e rapidi rispetto alle procedure liquidatorie. Tra queste, le convenzioni di moratoria si segnalano per la loro capacità di garantire protezione immediata (sospensione delle esecuzioni) in via consensuale. Se utilizzate correttamente, permettono di svolgere trattative e trovare accordi con creditori strategici senza incorrere nelle formalità giudiziali, pur richiedendo una rigida osservanza delle condizioni di efficacia. Il legislatore ha bilanciato la libertà negoziale con garanzie procedurali: l’attestazione professionale e la possibilità di opposizione assicurano che i non partecipanti non siano danneggiati ingiustamente. In scenari economici incerti, queste convenzioni possono rappresentare il “ponte” verso piani di risanamento più completi o un concordato di successo, tutelando sia i debitori sia i creditori nell’attesa di una soluzione definitiva.
Gli altri strumenti negoziali – composizione negoziata, accordi di ristrutturazione, piani attestati, ecc. – devono essere valutati caso per caso, tenendo conto di fattori come la dimensione dell’impresa, il profilo dei creditori, la capacità di pianificazione economico-finanziaria e la volontà di consenso delle parti. Il supporto di professionisti esperti e l’attenzione a rispettare i requisiti legali sono essenziali per utilizzare efficacemente questi istituti. Nel complesso, una strategia negoziale ben studiata può consentire a imprese in affanno di evitare la liquidazione giudiziale e di recuperare la continuità, con benefici diffusi per l’economia reale.
Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali
- D.Lgs. 12/01/2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: art. 2 (definizioni), art. 62 (convenzione di moratoria), artt. 54, 61, 67 e ss., 172, 97 (contratti pendenti).
- D.Lgs. 13/09/2024, n. 136 (“correttivo-ter” CCII), che ha modificato vari aspetti del CCII (p.es. specificazione comparazione Liquidazione e moratoria, allungamento termini per Piano consumatore).
- L. 3/2012 (sovraindebitamento), art. 15-19 (accordi e concordati minori).
- Cass. civ., Sez. I, 26/02/2025, n. 9549 – Interpretazione art. 8, co. 4 L.3/2012 e art. 67 co.4 CCII su termini di moratoria nel piano del consumatore.
- Trib. Modena, 07/04/2025 – “La moratoria è ammissibile anche nel concordato minore liquidatorio” (giud. Rimini).
- Guide e linee operative di collegi professionali e Camere di Commercio (es. linee guida CNC Livorno 2022).
- Giurisprudenza della Cassazione, sez. lavoro e civile, sul sovraindebitamento (Cass. 34150/2024 in materia di crediti prelatizi, citata in).
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