Il Nuovo Concordato Nella Liquidazione Giudiziale: Cosa Sapere

Hai aperto una procedura di liquidazione giudiziale (ex fallimento) e vuoi capire se puoi ancora proporre un concordato per chiuderla prima del tempo? Ti chiedi quali vantaggi offre il nuovo concordato nella liquidazione e in quali casi puoi presentarlo anche se sei già stato dichiarato insolvente?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa, concordati e liquidazioni giudiziali – ti spiega in modo semplice e concreto come funziona il nuovo concordato nella liquidazione giudiziale previsto dal Codice della Crisi, a chi è rivolto, quali sono le condizioni per accedervi e come può aiutarti a chiudere la procedura salvando parte del patrimonio.

Scopri chi può presentare la proposta (debitore, terzi, creditori), come si struttura il piano, quali sono le regole per la votazione e l’omologazione, quali beni puoi tenere e in che modo si distribuisce l’attivo ai creditori in modo più vantaggioso rispetto alla liquidazione pura.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la tua posizione attuale e valutare se il concordato nella liquidazione può essere la strada giusta per chiudere la crisi, difendere i tuoi beni e voltare finalmente pagina.

Normativa vigente e contesto legislativo

Il concordato nella liquidazione giudiziale è disciplinato dagli artt. 240-247 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), Capo VII del Titolo V, come modificato da vari interventi (D.Lgs. 147/2020, D.L. 118/2021, D.Lgs. 193/2021, D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024, c.d. «Correttivo ter»). Lo strumento è stato concepito per coniugare una chiusura più rapida della liquidazione con la tutela degli interessi dei creditori, offrendo al contempo possibilità di salvaguardia del valore d’impresa. In particolare, la recente novella del D.Lgs. 136/2024 ha voluto potenziare il concordato come mezzo di “ripresa dell’attività” e di “fresh start” in tempi contenuti, anche attraverso interventi su debiti pubblici/privati e operazioni di gruppo. La legge delega 155/2017 (art. 7 co.10 lett. d) aveva già indicato di “disciplinare e incentivare le proposte di concordato… da parte di creditori e di terzi, nonché dello stesso debitore, ove questi apporti risorse che incrementino in modo apprezzabile l’attivo”. Tali indicazioni si riflettono oggi nelle modifiche normative recepite.

Presupposti e soggetti proponenti

Soggetti ammessi: Fin dall’apertura della liquidazione giudiziale, creditori e terzi estranei possono proporre un concordato, purché sia stata tenuta la contabilità del debitore e siano disponibili dati utili al curatore per compilare un elenco provvisorio dei creditori. Il curatore svolge in tal senso un ruolo chiave, predisponendo tale elenco da sottoporre all’approvazione del giudice delegato. Invece il debitore (e le società collegate – partecipate, controllate, o soggette a comune controllo) non possono proporre subito: il legislatore esclude espressamente la proposta del debitore prima del decorso di un anno dall’apertura della procedura di liquidazione e, comunque, entro due anni dall’esecutività dello stato passivo.

Vincolo di apporto finanziario: Se il debitore (o società collegate) propone il concordato, deve garantire un incremento del valore dell’attivo minimo del 10%, ossia apportare risorse aggiuntive non previste dalla liquidazione iniziale. Tale vincolo – introdotto proprio per migliorare la soddisfazione dei creditori – è oggetto di dibattito interpretativo (sul metodo di calcolo e sul criterio di misurazione).

Tabella 1: Soggetti e requisiti di accesso al concordato nella liquidazione

Soggetto proponenteTermini di presentazioneObbligo apporto
Creditori o terzi (estranei)Fin dall’apertura della procedura (anche prima dello stato passivo), se contabilità disponibile per elenco creditori.No obbligo aggiuntivo
Debitore (e società collegate)Solo dopo 1 anno dall’apertura e non oltre 2 anni dall’esecutività dello stato passivo.Sì, +10% del valore attivo

I requisiti essenziali (contabilità, elenco provvisorio, etc.) sono dettati dall’art. 240 co.1 CCII. In mancanza di tali requisiti, la proposta non è ammissibile.

Contenuto della proposta di concordato

La proposta di concordato nella liquidazione giudiziale può essere estremamente flessibile. Normativamente (art. 240 cc.2-5 CCII) è previsto che la proposta possa includere:

  • Classi di creditori: suddivisione dei creditori in classi omogenee per posizione giuridica o interesse economico. La formazione delle classi è in generale facoltativa, ma diventa necessaria in casi particolari (ad esempio se vi sono bond emessi, ex co.3; o se si vuole far votare soggetti in potenziale conflitto, come il proponente). La ragione e il criterio di ogni classe devono essere esplicitati nella proposta.
  • Trattamenti differenziati: all’interno di classi diverse è ammessa la definizione di differenti percentuali o modalità di soddisfazione, purché le motivazioni siano chiare. In ogni caso, non si può alterare l’ordine delle cause di prelazione (l’art. 240 co.4 CCII chiarisce che i creditori privilegiati possono anche non essere soddisfatti integralmente, purché non ricevano meno di quanto otterrebbero dal realizzo in liquidazione).
  • Modalità di soddisfazione: la ristrutturazione dei debiti e il soddisfacimento dei crediti possono avvenire attraverso qualsiasi forma, per esempio cessione di beni, accollo, affitto o vendita di rami d’azienda, ecc. È altresì ammessa (come avveniva anche con la previgente disciplina) la cessione dei beni ai creditori. In tal caso i beni acquisiti nell’attivo vengono trasferiti ai creditori (o ai creditori di una classe) con realizzo diretto, semplificando la procedura. Può inoltre essere prevista la cessione di titoli o partecipazioni appartenenti alla massa, previa autorizzazione del giudice delegato.

La proposta deve infine contenere i dati quantitativi e la percentuale di rimborso offerta, in modo certo e determinabile (la giurisprudenza richiede che la percentuale di soddisfazione sia chiara e non lasci spazi di incertezza). La riforma non ha imposto una soglia minima obbligatoria, ma è prassi indicare con precisione quanto si propone di corrispondere. La proposta stessa può essere revocata o migliorata fino all’omologazione (le modifiche in pejus sono ammesse con vincoli più stringenti).

Organi della procedura concorsuale

Nell’ambito della liquidazione giudiziale, i principali organi coinvolti nel concordato sono il curatore, il comitato dei creditori (se nominato) e il giudice delegato.

  • Curatore: vigilante sull’adempimento della liquidazione, il curatore predispone l’elenco provvisorio dei creditori (sulla base della contabilità) necessario per la proposta. Su richiesta del giudice delegato formula un parere sui “presumibili risultati della liquidazione” e sulle garanzie offerte dal concordato (art. 241 CCII). Anche in caso di voto, il curatore può consigliare od opporsi alla proposta se motivi ostativi emergono.
  • Comitato dei creditori: se costituito, deve esprimere un parere favorevole o contrario alla proposta (analoga funzione all’art. 128 L.Fall.). In mancanza del comitato, il giudice delegato può adottare direttamente il provvedimento sostitutivo.
  • Giudice delegato: riceve la domanda di concordato (depositata tramite ricorso). Se il curatore e il comitato hanno formulato pareri (positivi o negativi), il giudice valuta preliminarmente l’ammissibilità della proposta. In caso affermativo, ordina al curatore di trasmettere la proposta a tutti i creditori con i relativi pareri. Al termine del procedimento di voto, il giudice delegato decide sull’omologazione in base alle maggioranze raccolte (co.5 CCII); esamina eventuali opposizioni e, se del caso, valuta la convenienza del piano rispetto all’esito della liquidazione ordinaria. Egli emette infine il decreto motivato di omologazione o di rigetto.

Un aspetto rilevante introdotto dalla riforma è l’esclusione dal voto dei creditori in conflitto di interessi (art. 243 co.5 CCII): ad esempio, il creditore proponente o società controllanti/controllate non votano sulle decisioni che li riguardano. Tali soggetti potranno però votare validamente solo se inseriti in una classe apposita nella proposta (art. 243 co.6 CCII). Questo meccanismo tutela l’imparzialità del voto e segue orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati.

Procedura della proposta e voto

La procedura concordataria segue diverse fasi parallele a quelle del precedente concordato fallimentare, con alcune specificità:

  1. Domanda al giudice delegato: il proponente (creditore, terzo o debitore) deposita ricorso al tribunale indicando gli estremi della proposta concordataria e allegando il progetto di piano o schema di liquidazione.
  2. Pareri preliminari: il giudice delegato acquisisce il parere del curatore sui “risultati della liquidazione” e quello del comitato (se presente). In sede di ammissibilità, valuta i requisiti formali e sostanziali (lista dei creditori, appartenenza del proponente, ecc.).
  3. Convocazione e comunicazione: se la domanda è ritenuta ammissibile, il giudice ordina al curatore di comunicare la proposta a tutti i creditori iscritti nello stato passivo esecutivo (o nell’elenco provvisorio, se la proposta è antecedente allo stato passivo). Tale comunicazione avviene unitamente ai pareri espressi e con invito a far pervenire l’eventuale dissenso entro 20-30 giorni (il silenzio vale come voto favorevole).
  4. Votazione: intervengono al voto tutti i creditori ammessi al passivo (anche ammessi provvisoriamente). La proposta è approvata se ottiene il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto; se sono costituite più classi, è richiesta la maggioranza dei crediti in ciascuna classe (o nel maggior numero di classi). Come visto, creditori in conflitto non partecipano, a meno che non siano stati separati in classe dedicata.
  5. Omologazione: se non vi sono opposizioni, o a seguito di eventuali opposizioni esaminate, il giudice delegato delibera sulla convenienza del concordato rispetto alla liquidazione ordinaria (ex art. 245 CCII). Quindi emette il decreto di omologazione con cui chiude la liquidazione giudiziale e dispone la chiusura della procedura fallimentare. Il decreto è impugnabile in appello solo se era stata proposta opposizione (art. 245 co.4-5 CCII). Decorrono i termini per il reclamo in Cassazione (30 giorni, se si consideri rilevante l’opposizione). Una volta che il decreto diventa definitivo (in assenza di reclamo), il curatore presenta il conto finale e il tribunale dichiara formalmente la chiusura della liquidazione.

La fase di voto e omologazione è in linea di massima simile a quella del concordato preventivo: spiccano il silenzio-assenso dei non votanti e il criterio della maggioranza creditoria. Le regole specifiche del CCII (artt. 241-247) si limitano a recepire la struttura storica, con novità limitate (conflitti di interessi e tempi di reclamo).

Effetti e adempimenti dopo l’omologazione

Una volta omologato, il concordato produce effetti vincolanti per tutti i creditori anteriori alla dichiarazione d’insolvenza, indipendentemente dalla loro partecipazione al voto (art. 248 CCII). Ciò significa che il piano concordatario diventa obbligatorio anche per i creditori che non abbiano neppure presentato domanda di insinuazione. L’esecuzione del concordato è sorvegliata dal giudice delegato, dal curatore e dal comitato dei creditori (art. 249 CCII).

Il concordato può naturalmente essere risolto o annullato se falliscono le condizioni pattuite (artt. 250-251 CCII). In particolare:

  • Risoluzione (art. 250 CCII): se il debitore non adempie regolarmente agli obblighi concordatari, ogni creditore può richiedere la risoluzione entro 1 anno dalla scadenza dell’ultimo adempimento previsto.
  • Annullamento (art. 251 CCII): in caso di dolo (passivo fraudolentemente aumentato o beni sottratti), curatore o qualsiasi creditore può chiedere l’annullamento entro 6 mesi dalla scoperta del dolo (comunque non oltre 2 anni dalla scadenza dell’ultimo adempimento).
    In entrambi i casi viene pronunciata la riapertura della liquidazione giudiziale (con decreto provvisoriamente esecutivo).

In sintesi, il concordato nella liquidazione giudiziale estingue le liti in corso, determina la cessazione delle azioni individuali contro il debitore (salvo i casi residuali) e delinea un nuovo piano di pagamenti/consegne definitivo per i creditori. Se il piano viene rispettato, i creditori ricevono i benefici previsti (anche percentuali inferiori rispetto alla liquidazione), in cambio dell’estinzione dei debiti residui. Altrimenti si torna in liquidazione per distribuire il patrimonio residuo.

Tabelle riepilogative

Tabella 2: Confronto tra concordato in liquidazione e altri concordati

CaratteristicaConcordato liquidazioneConcordato preventivoConcordato semplificato
Soggetti proponentiCreditori/terzi (da subito); debitore/collegate (dopo 1 anno).In genere solo debitore o soci (il legislatore non prevede proposte da creditori/terzi).Solo debitore o soci; assume chiusura liquidazione patrimoniale.
Termini di presentazioneFino a 2 anni dall’esecutività stato passivo (per debitore); creditori/terzi senza limiti particolari.In ogni momento dopo lo stato passivo, prima dell’omologazione.Subito dopo apertura, secondo regole semplificate; entro un anno dall’apertura.
Apporto obbligatorio (10%)Sì, se proposto da debitore o collegata.No, il nuovo Codice non impone il 10% nel concordato preventivo.Non previsto; piano molto semplificato, senza vincoli aggiuntivi.
Elenco creditori e pareri preliminariRichiesto elenco provvisorio da curatore (art. 240); pareri di curatore e comitato (art. 241).Elenco creditori già formato con stato passivo; pareri simili (art. 242 CCII).In parte come preventivo, ma con iter più snello ex art. 250-263 CCII.
Classi di creditoriFacoltative (obbligatorie solo in casi specifici).Facoltative, ma spesso utilizzate per ristrutturazioni complesse.Obbligatorie e semplificate, con minor soglia di ammissibilità (50% chirografari).
Votazioni e maggioranzeMaggioranza dei crediti ammessi (e maggioranza in classi se presenti). Voto silenzio-assenso.Maggioranza crediti in ciascuna classe; soglia (solitamente 50%+ in ogni classe) simile.Maggioranza assoluta dei crediti ammessi, con soglie ridotte.
Esdebitazione del debitorePrevista (art. 262-263 CCII) come per gli altri concordati (salvo diverso accordo).Prevista con regole analoghe (artt. 262-263 CCII).Prevista, ma più rapida per chiusura velocizzata (art. 251 CCII).

(Le regole del concordato semplificato sono contenute negli artt. 250-263 CCII e non sono oggetto principale di questa guida; si riportano solo le differenze salienti.)

Simulazioni pratiche di applicazione

  • Caso 1 – Concordato proposto da creditori: La società Alfa S.r.l. è in liquidazione giudiziale. I creditori (bancari, fornitori, fisco, erario) ritengono vantaggioso proporre un concordato per massimizzare l’incasso e chiudere la procedura senza aspettare gli esiti incerti della liquidazione. I creditori si avvalgono della contabilità tenuta e convocano il curatore: questi, esaminati i dati, redige un elenco provvisorio dei creditori. Redatta una proposta (ad es. con cessione di alcuni beni strumentali e pagamento scaglionato delle rimanenti somme), viene depositato ricorso al giudice delegato. Il giudice, ricevuti i pareri del curatore e (se presente) del comitato, dispone la comunicazione della proposta ai creditori. I creditori votano (silenzio-assenso), per cui se la maggioranza accetta, il giudice omologa il concordato senza alcun apporto aggiuntivo di Alfa. Al termine, tutti i creditori (anche quelli che non avevano partecipato) devono conformarsi al piano concordatario ex art. 248 CCII.
  • Caso 2 – Concordato proposto dal debitore con apporto di risorse: L’imprenditore Rossi, debitore in liquidazione, vuole rilanciare l’attività. Entro un anno dall’apertura della liquidazione, Rossi (o la sua newco) deposita una proposta concordataria «finale», allegando la prova di reperimento di fondi esterni pari almeno al 10% dell’attivo già acquisito dalla procedura. La proposta suddivide i creditori in classi (privilegiati, chirografari, obbligazionisti) e stabilisce piani di pagamento differenti. Rossi sollecita il giudice delegato a convocare l’udienza, presenta il piano e gli accordi finanziari. Il giudice acquisisce il parere del curatore sull’incremento dell’attivo (garantito dai nuovi fondi) e sul programma di liquidazione «alternativo» e pone in votazione fra i creditori. Data la comparsa di una opposizione da parte di un fornitore preferito (privilegiato), l’iter prosegue con analisi di convenienza: in tal caso il tribunale valuta se la proposta è migliore del prevedibile realizzo della liquidazione. Se positiva, omologa comunque il concordato “ponendo termine” alla procedura. In questo scenario, il debitore ottiene il benefit di un possibile fresh start garantendo al contempo ai creditori un valore dell’attivo incrementato (il 10%) rispetto al semplice prosieguo della liquidazione.

In entrambi i casi va ricordato che dopo l’omologazione i creditori soddisfatti dal concordato non possono rivalersi ulteriormente sui beni del debitore (fermo restando il rispetto delle percentuali concordate), mentre in caso di fallimento del piano la liquidazione riprenderà sotto nuova gestione (nuovo curatore e termini ridotti per le nuove insinuazioni).

Domande frequenti (FAQ)

  • D: Chi può proporre il concordato nella liquidazione giudiziale?
    R: I creditori e i terzi possono presentare subito una proposta concordataria, già dopo l’avvio della liquidazione. Il debitore (e le sue controllate o collegate) può proporre solo dopo 1 anno dall’apertura della procedura e comunque non oltre 2 anni dall’esecutività dello stato passivo. L’esclusione del debitore iniziale mira a garantire una maggiore certezza per i creditori e li obbliga a predisporre proposte più credibili (d’altronde è ammesso se accompagnato dal vincolo del 10% di apporto).
  • D: Quali contenuti deve avere la proposta di concordato?
    R: Deve contenere uno schema di soddisfacimento dei creditori: ad esempio può prevedere suddivisione in classi, trattamenti differenziati, cessione di beni ai creditori, accollo di debiti, emissione di azioni o obbligazioni. È essenziale specificare con precisione la percentuale di pagamento offerta in ciascuna classe, senza lacune determinative. Se i creditori privilegiati non verranno integralmente soddisfatti, bisogna comunque garantir loro almeno l’ammontare che avrebbero ottenuto liquidando il bene ipotecato o pignorato.
  • D: Chi decide sull’accoglimento della proposta e con quali maggioranze?
    R: I creditori votano il piano: è necessaria la maggioranza in valore dei crediti ammessi al voto. Se il piano prevede più classi, occorre la maggioranza in valore in ognuna (o nel maggior numero) delle classi. Importante: i creditori in conflitto di interessi (es. il proponente o le controllate) non votano a meno che non siano separati in classe apposita. Il silenzio dei creditori equivale a voto favorevole (silenzio-assenso). Con maggioranza raggiunta e in mancanza di opposizioni, il giudice delegato omologa il concordato con decreto motivato.
  • D: Cosa succede se un creditore privilegiato non è soddisfatto integralmente?
    R: Il piano può non pagare per intero crediti privilegiati (es. ipotecari) solo se prevede una soddisfazione almeno pari a quella che tali crediti otterrebbero dalla liquidazione del bene garantito. In pratica, va certificato da un professionista indipendente che il piano onora il privilegio in misura equivalente al realizzo netto che l’ipoteca frutterebbe in liquidazione. Se manca questa garanzia, i privilegiati possono votare contro e chiedere maggior tutela.
  • D: Il concordato può essere revocato o modificato?
    R: Sì. In generale, fino all’omologazione il proponente può revocare la domanda o migliorare la proposta. Se si considerasse il concordato di natura contrattuale, la revoca sarebbe possibile finché non è iniziato il voto (al più entro il termine di convocazione dell’assemblea), mentre se di natura pubblicistica fino al giudizio di omologazione. La prassi accoglie tali revoche e modifiche, distinguendo però fra modifiche migliorative (ampiamente consentite fino all’omologazione) e peggiorative (soggette a limiti, simili alla revoca). Non è richiesta una procedura formale aggiuntiva: la revoca o modifica vengono depositate in cancelleria e comunicate ai creditori se necessario.
  • D: Quali sono i tempi complessivi di un concordato in liquidazione?
    R: Il Codice stabilisce termini minimi per il preavviso e il voto (la comunicazione ai creditori deve avvenire con almeno 20 giorni di anticipo). Il termine finale per l’ultima prestazione concordataria deve essere stabilito nella proposta (in genere qualche mese/anno). L’art. 250 CCII fissa un termine massimo di 1 anno dalla scadenza di tale adempimento per chiedere la risoluzione, mentre l’annullamento per dolo va richiesto entro 6 mesi dalla scoperta e al più 2 anni dall’ultimo pagamento. In pratica, dall’apertura della liquidazione all’omologazione possono passare anche alcuni mesi (circa 3-6 mesi se non vi sono opposizioni), cui seguono i periodi di adorabili nel concordato (ammesso dal piano stesso). Se il piano si conclude positivamente, la chiusura definitiva della procedura segue la presentazione del conto finale del curatore.

Fonti

  • D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, aggiornato) – Capo VII, Titolo V (concordato nella liquidazione giudiziale).
  • D.Lgs. 136/2024 (c.d. “Correttivo-ter”) – Modifiche al CCII in tema di concordato in liquidazione giudiziale.
  • Varie modifiche d’urgenza (ad es. D.Lgs. 147/2020, D.L. 118/2021 conv. L.147/2021, D.Lgs. 193/2021, D.Lgs. 83/2022).

Nuovo Concordato nella Liquidazione Giudiziale: Perché Affidarti a Studio Monardo

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Ma attenzione: si tratta di una procedura complessa e altamente tecnica, che richiede assistenza qualificata sin dal primo momento.

Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo

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Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

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🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
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Perché agire subito

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📉 Rischi reali: svendita degli asset, chiusura irreversibile dell’attività, danni ai soci, agli amministratori e ai creditori privilegiati

🔐 Solo un avvocato esperto può gestire correttamente la procedura, trattare con curatore e tribunale e salvare ciò che può essere ancora salvato

Conclusione

Il nuovo Concordato nella Liquidazione Giudiziale è l’ultima vera occasione per proporre un piano di chiusura intelligente, ridurre i danni e uscire in modo ordinato da una procedura concorsuale.

Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere una guida tecnica e legale esperta, capace di muoversi con precisione nella fase più delicata della crisi aziendale.

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Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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