Hai avviato un concordato preventivo e vuoi cedere un ramo d’azienda per salvare il valore residuo e garantire la continuità? Ti chiedi se è possibile farlo durante la procedura e quali sono i rischi per l’imprenditore, i creditori e il cessionario?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in concordati preventivi, crisi d’impresa e operazioni straordinarie – ti spiega in modo chiaro quando è consentito il trasferimento di un ramo d’azienda durante il concordato preventivo, quali sono le regole da seguire, quali autorizzazioni servono e come strutturare l’operazione in modo legittimo e tutelato.
Scopri come integrare la cessione nel piano concordatario, in che modo il commissario giudiziale e il tribunale valutano l’operazione, quali sono i vantaggi per il debitore e per i creditori, e cosa fare per evitare future contestazioni, responsabilità solidali o revocatorie.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, analizzare la tua strategia di continuità e costruire un’operazione di cessione del ramo d’azienda efficace, conforme alla legge e in grado di salvare l’attività aziendale e ridurre i debiti.
Introduzione:
Il concordato preventivo è uno degli istituti centrali dell’ordinamento concorsuale italiano, disciplinato oggi dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, art. 84 ss.) e, in parte residua, dalla Legge Fallimentare (L. 267/1942). La sua finalità è quella di consentire all’imprenditore in stato di crisi o insolvenza di proporre un piano concordatario volto al soddisfacimento dei creditori, evitando il fallimento. Nel concordato si distinguono due tipi principali: il concordato in continuità aziendale (diretta o indiretta) e il concordato liquidatorio. In particolare, nel primo caso l’impresa continua ad operare, tutelando i lavoratori e i creditori attraverso la prosecuzione dell’attività o la cessione di un ramo d’azienda, mentre nel secondo caso si procede alla liquidazione del patrimonio dell’impresa. L’istituto del trasferimento del ramo d’azienda si inserisce soprattutto nella fattispecie del concordato con continuità, indiretta o mista, e coinvolge aspetti civilistici (cessione di azienda), lavoristici (art. 2112 c.c.), fiscali e concorsuali specifici.
Questa guida intende fornire agli avvocati e agli imprenditori un quadro aggiornato a maggio 2025 sul concordato preventivo e sul trasferimento del ramo d’azienda in tale procedura, integrando le novità legislative e la giurisprudenza più recente. Si analizzeranno gli aspetti civilistici, tributari, lavoristici e procedurali, con particolare attenzione agli effetti sulle parti (impresa concordataria, creditori, lavoratori), agli obblighi e alle responsabilità (anche penali e amministrative) e alle possibili invalidità o revocatorie. Inoltre, saranno forniti esempi pratici e Q&A di chiarimento, oltre a tabelle riepilogative sui punti chiave di ciascun capitolo. Al termine verrà fornito un elenco delle fonti normative e giurisprudenziali più rilevanti.
1. Quadro normativo e concettuale del concordato preventivo
1.1. Fonti legislative fondamentali
Il concordato preventivo è oggi regolato principalmente dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019). In particolare, l’articolo 84 del Codice stabilisce che l’imprenditore in stato di crisi può proporre un concordato che realizzi, tramite un piano dettagliato, il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella in caso di liquidazione giudiziale, perseguendo la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio. La legge prevede che, in entrambi i tipi di piano concordatario, il trattamento dei creditori sia in linea con le cause legittime di prelazione, e che ciascun creditore riceva un’utilità economica specifica e valutabile.
Inoltre, l’articolo 84 comma 2 del Codice sottolinea che la continuità aziendale (cioè il mantenimento dell’attività produttiva) tutela l’interesse dei creditori e preserva, “nella misura possibile, i posti di lavoro”. La norma distingue poi tra continuità diretta (l’imprenditore continua personalmente l’attività) e continuità indiretta (un soggetto terzo assume la gestione dell’azienda o di un ramo, attraverso vendita, affitto, conferimento ecc.). Questa distinzione – introdotta dal D.Lgs. 83/2022 (c.d. decreto correttivo) – è fondamentale per inquadrare il trasferimento del ramo d’azienda nel concordato.
Il concordato preventivo “in bianco” (senza piano allegato) e altre forme semplificate sono state introdotte in passato (legge 3/2012, art. 17) ma non rilevano più con l’entrata in vigore del Codice della crisi, che ha uniformato la procedura. Resta rilevante la Legge Fallimentare (L. 267/1942) là dove non derogata, ad esempio in termini di definizioni generali (ad es. art. 105 L.F. su cessione dell’azienda, oggi recepito e integrato nel CCII).
1.2. Definizioni chiave
- Concordato preventivo: procedura concorsuale alternativa al fallimento, nella quale l’imprenditore propone ai creditori un piano di ristrutturazione (con possibile riduzione o dilazione dei debiti) da sottoporre all’omologazione del tribunale. Se accettato dalla maggioranza qualificata dei creditori e omologato dal giudice, produce effetti vincolanti (esdebitazione residua) a fronte del rispetto del piano. L’art. 84 CCII prevede che la proposta sia supportata da una relazione di un professionista attestante fattibilità e attendibilità economico-finanziaria.
- Stato di crisi/insolvenza: condizione dell’impresa in cui sussistono squilibri finanziari tali da mettere a rischio la continuità aziendale. L’assenza di un preciso bilancio in crisi attesa spinge l’imprenditore, sotto pena di responsabilità, a presentare istanza di concordato o altra composizione della crisi (art. 2086 c.c. e art. 15 CCII).
- Ramo d’azienda: secondo l’art. 2560 c.c. (norma civilistica complementare), per «azienda» si intende un complesso di beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, e un ramo d’azienda è un’unità produttiva autonoma di tale complesso. In pratica, è una parte funzionalmente distinta dell’azienda (ad es. una linea di produzione, una sede, un ramo immobiliare). Nel contesto del concordato, si parla di cessione o affitto di ramo d’azienda quando una porzione significativa di attività viene trasferita a un terzo acquirente o gestore, mantenendo però i livelli occupazionali e le relazioni giuridiche principali (art. 2112 c.c.). La cessione di ramo d’azienda nel concordato viene inquadrata come continuità indiretta (vedi infra).
FAQ – Cos’è il concordato preventivo?
- Domanda: Quando un’impresa può accedere al concordato preventivo?
Risposta: L’impresa in stato di crisi o insolvenza può chiedere il concordato preventivo. Lo scopo è soddisfare i creditori secondo un piano concordatario accettato dalla maggioranza (per classi) e omologato dal tribunale. Va depositato un piano e una relazione del professionista. - Domanda: Quali sono gli obiettivi principali del concordato con continuità aziendale?
Risposta: Secondo l’art. 84 CCII, il concordato in continuità deve tutelare gli interessi dei creditori, salvaguardare i posti di lavoro “nella misura possibile” e garantire a ciascun creditore un’utilità economica individuata e valutabile. Esso mira a ripristinare l’equilibrio economico-finanziario dell’impresa mantenendo l’operatività (diretta o indiretta).
2. Procedura e tipologie di concordato preventivo
2.1. Passaggi procedurali essenziali
L’impresa in crisi avvia la procedura presentando al tribunale una domanda di concordato preventivo corredata dal piano, dall’attestazione di fattibilità di un professionista (ad es. commercialista o avvocato specialista) e dai documenti contabili richiesti (bilanci, scritture contabili). Il tribunale valuta preliminarmente la regolarità formale e può ammettere la procedura “in bianco” (all’inizio senza piano, con riserva di depositarlo entro termine stabilito). Superata la fase iniziale, il tribunale pubblica l’istanza nel registro delle imprese e convoca l’udienza per l’ammissione o rigetto (si verifica, fra l’altro, se il debitore sia in buona fede e abbia interesse). Viene nominato un giudice delegato e, generalmente, un commissario giudiziale; in alcuni casi, un curatore (per concordati liquidatori).
Nella fase di negoziazione, il debitore e i creditori trattano sui termini del piano. Se necessario, si possono avviare aste per la cessione dell’azienda o di rami di azienda. In corso di procedura, sono sospese le azioni esecutive promosse sui beni dell’impresa. Successivamente il giudice convoca i creditori, formati in classi omogenee, che votano sul piano. Per essere approvato, il piano deve ottenere il voto favorevole del 60% (o di altra soglia stabilita) dei creditori ammessi di ciascuna classe, espresso secondo le regole del concorso. Se il piano e la proposta soddisfano i requisiti di legge (concordato in continuità, proporzione, parametri legali), il tribunale omologa il concordato.
Con l’omologazione ha luogo l’effetto liberatorio parziale dei debiti residui («esdebitazione» dei crediti), nei limiti previsti dal piano. I creditori non soddisfatti tempestivamente non possono più agire contro l’impresa in concordato, a meno che non falliscano successivamente le previsioni del piano. Se il piano fallisce, il tribunale dichiara fallimento (ex art. 163 CCII) e possono essere riprese le azioni esecutive.
2.2. Tipologie di piano concordatario
Il piano può prevedere differenti soluzioni di adempimento:
- Continuità diretta: l’imprenditore continua a gestire l’azienda e usa i flussi finanziari futuri per pagare i creditori. Richiede che l’impresa sia effettivamente in grado di operare con utili futuri.
- Continuità indiretta (cedimento o affitto): un soggetto terzo subentra nella gestione di tutto o di parte dell’azienda, dietro pagamento di un corrispettivo. Rientrano qui la vendita di ramo d’azienda o l’affitto ramo d’azienda stipulato prima della procedura (purché a fini concordatari). L’impresa concordataria incamera il prezzo della cessione e impiega tali risorse per pagare i creditori.
- Concordato liquidatorio: propone la vendita del patrimonio (in blocco o separatamente) e la distribuzione del ricavato. In questo caso l’impresa si avvia verso la cessazione dell’attività. Anche in questa ipotesi la procedura si chiama concordato, ma somiglia a un fallimento con piano di riparto.
Il Codice prevede che anche in caso di continuità i creditori “vengono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità diretta o indiretta”. Inoltre ogni creditore deve ricevere un vantaggio economico valutabile (ad es. rimborso di una percentuale del credito, perpetuo o rateale, o continuazione di un rapporto contrattuale).
Segue una tabella esemplificativa che confronta le caratteristiche principali delle due forme di concordato:
Elemento | Continuità diretta | Continuità indiretta (ramo d’azienda) |
---|---|---|
Gestione aziendale | Resta affidata all’imprenditore (o ai suoi organi aziendali) con possibile commissario. | Passa a un terzo (cessionario o affittuario) che assume l’azienda o un ramo autonomo. |
Intervento sull’azienda | Nessuna cessione di asset: l’azienda prosegue nella sua integrità originaria. | Cessione o affitto in blocco di tutto o parte dell’azienda (ramo d’azienda). |
Dipendenti | Continuano ad essere occupati dall’impresa stessa. | I lavoratori del ramo ceduto passano al cessionario (art. 2112 c.c.). |
Trattamento creditori | Ricavi futuri (flussi di cassa) destinati al pagamento concordatario. | Prezzo di vendita/affitto destinato al pagamento concordatario; creditori del ramo d’azienda si immettono nella procedura. |
Vantaggi e rischi | Mantiene relazione debito-credito, ma richiede robustezza operativa futura. | Consente immediata liquidità, ma l’impresa perde parte dell’attività; occorre compratore serio. |
FAQ – Domande comuni sulla procedura
- Chi può richiedere il concordato preventivo? L’imprenditore (persona fisica o giuridica) che si trova in crisi aziendale può chiedere il concordato preventivo. La legge richiede che sia ammessa alla procedura solo l’imprenditore commerciale (artigiani, agricoltori, etc.). Deve dimostrare la capacità di soddisfare almeno in parte i creditori.
- Quali documenti servono per la domanda? Oltre all’istanza al tribunale, servono il piano concordatario con allegati (relazione tecnica, bilanci, elenchi creditori, proposta di pagamento), l’attestazione di un professionista indipendente sulla veridicità dei dati e la fattibilità economica, e le forme di pubblicità legali (deposito nel registro imprese).
- Quanto tempo dura la procedura? Dipende dalla complessità, ma la prima fase (ammissione) può richiedere qualche mese. Una volta depositato il piano e votato dai creditori, il tribunale ha solitamente 180 giorni per omologare. Il piano concordatario stesso può prevedere pagamenti rateali anche pluriennali.
3. Il trasferimento del ramo d’azienda nel concordato
3.1. Cessione del ramo d’azienda: quadro giuridico
Il trasferimento di un ramo d’azienda nell’ambito di un concordato preventivo è realizzazione tipica della continuità indiretta. L’acquirente del ramo d’azienda subentra nell’esercizio dell’attività ceduta e, per legge, assume di norma gli stessi diritti e obblighi dell’impresa cedente nei rapporti con i dipendenti. L’art. 2112 c.c. stabilisce infatti che “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. Inoltre, cedente e cessionario sono responsabili in solido per le retribuzioni maturate fino alla data di trasferimento. Il cessionario deve applicare i medesimi contratti e livelli retributivi vigenti presso il cedente. Questo assetto tutela i lavoratori (garantendone la prosecuzione del rapporto) anche nel contesto concorsuale.
Dal punto di vista civilistico, la cessione del ramo d’azienda nel concordato avviene mediante un contratto di trasferimento (compravendita, affitto o conferimento) stipulato dal debitore concordatario con un acquirente. Poiché si tratta di una cessione straordinaria, normalmente approvata dal tribunale nel piano, essa è soggetta a particolari regole di pubblicità (registrazione e trascrizione nei pubblici registri) per efficacia verso i creditori. L’art. 105 L.Fall (ora incorporato nel CCII) ammette esplicitamente la cessione in blocco dell’azienda o di un suo ramo nell’ambito concordatario, applicando le stesse disposizioni sulla pubblicità e il concorso dei creditori previste per la vendita fallimentare.
Chi risponde dei debiti pregressi? Un aspetto cruciale è la responsabilità dei debiti anteriori al trasferimento. La giurisprudenza ha chiarito che, di norma, il cessionario non risponde per i debiti sorti prima dell’acquisto, purché ciò emerga dai documenti contabili dell’azienda. In particolare, l’art. 105, comma 4, L.Fall (ora art. 105 c.c.i.i.) esclude la responsabilità del cessionario per i debiti aziendali “sorti prima del trasferimento”, salvo che venditore e compratore non abbiano convenuto diversamente. Ciò significa che i creditori pregressi potranno essere soddisfatti solo con quanto già accantonato nel piano concordatario, non andando a gravare sull’acquirente del ramo. È però da notare che questa esonero non si estende ai crediti dei lavoratori (per i quali vige l’art. 2112 c.c., che grava solidarmente cedente e cessionario per i debiti di lavoro).
3.2. Impatti sui lavoratori
L’art. 2112 c.c. garantisce la continuità occupazionale dei lavoratori del ramo ceduto. Essi passano automaticamente al cessionario con gli stessi diritti normativi ed economici, come se nulla fosse mutato, fatta salva l’eventuale liberazione del cedente tramite procedure speciali (come la conciliazione sindacale prevista dal codice di procedura civile citata nel testo normativo). Questo meccanismo vale anche in concordato: il cessionario subentra nei contratti di lavoro esistenti e deve onorare gli obblighi retributivi e previdenziali. In caso di licenziamenti collettivi effettuati nel periodo concordatario, si applicano le norme ordinarie (licenziamenti economici) ma l’affidamento di un ramo a terzi rende più difficile motivare licenziamenti per cessazione dell’attività del ramo, dato che l’acquirente intende proseguire l’attività.
D’altra parte, il cedente continua a essere responsabile verso i lavoratori per i debiti accumulati fino al trasferimento (congiuntamente al cessionario). Ciò impone all’impresa concordataria di liquidare nel piano gli emolumenti e i contributi maturati fino alla cessione; in alternativa, i lavoratori possono autorizzare (per via amministrativa) la liberazione del cedente dalle obbligazioni pregresse.
3.3. Obblighi contrattuali e autonomia del cessionario
Il cessionario acquisisce il ramo d’azienda “in blocco”, con tutti i rapporti contrattuali e giuridici afferenti. Egli diventa così socio di fatto in seno alle controversie e agli accordi del ramo: ad esempio, prosegue i contratti di fornitura, beneficia di eventuali licenze, ma non assume i debiti di gestione pregressi (salva diversa pattuizione contrattuale). I rapporti con i terzi possono essere gestiti dall’acquirente fin dalla data del contratto di cessione (incluso prima dell’omologazione concordataria), a condizione di rispettare le formalità di legge e gli effetti automatici della procedura (ad es., i privilegi restano fermi fino al passaggio formale del ramo).
FAQ – Cedendo un ramo d’azienda
- Domanda: Il cessionario deve continuare i contratti in essere?
Risposta: Sì. L’art. 2112 c.c. impone al cessionario di applicare gli stessi trattamenti economici e normativi esistenti al momento del trasferimento. Ciò significa che i contratti collettivi e individuali in corso continuano a vincolare il nuovo gestore del ramo. - Domanda: Cosa succede ai debiti verso i fornitori contratti dal cedente prima della vendita?
Risposta: In generale il compratore del ramo d’azienda non risponde di tali debiti pregressi. I creditori non possono escutere il cessionario per gli obblighi del cedente anteriori alla cessione. I debiti pregressi devono essere soddisfatti nel piano concordatario con le risorse del concordato stesso. - Domanda: È possibile cedere il ramo d’azienda prima dell’omologazione del concordato?
Risposta: Sì, l’impresa può stipulare un preliminare o un contratto di affitto del ramo anche prima che il tribunale omologhi il concordato, purché ciò avvenga “in funzione” della procedura. In tal caso il contratto vincola le parti e il relativo valore rientra nel patrimonio oggetto di piano. Tuttavia, il trasferimento effettivo dei beni avviene di regola dopo l’omologazione, con le formalità di legge (trascrizione) per efficacia contro terzi.
4. Aspetti civilistici e organizzativi
4.1. Doveri dell’imprenditore in crisi
L’imprenditore è tenuto a vigilare sullo stato di salute dell’impresa. Il Codice della crisi richiede un tempestivo ricorso alla composizione concordataria in caso di squilibri che rischino di compromettere l’equilibrio economico-finanziario aziendale. La riforma del 2019 ha introdotto misure di allerta e obblighi informativi verso gli organi societari (revisori, sindaci) in vista della crisi. Ad esempio, il Codice civile obbliga gli amministratori a riferire all’assemblea quando emergono perdite tali da ridurre il capitale sociale sotto i limiti di legge o quando la continuità aziendale è compromessa (art. 2447 c.c.). In caso di inosservanza di tali doveri, l’organo amministrativo rischia sanzioni civili o penali per bancarotta.
Inoltre, l’ordinamento richiede la redazione di un’inventariazione veritiera dei patrimoni e debiti dell’impresa. Una falsa rappresentazione o occultamento di attivi/passivi per ottenere l’accesso al concordato o approvare un piano iniquo può dar luogo a responsabilità penali (v. infra §7). Dal punto di vista organizzativo, l’impresa in concordato deve comunque conservare l’assetto societario e aziendale vigente; un concordato non è compatibile con lo scioglimento anticipato della società, né con operazioni straordinarie che cambino la natura giuridica dell’impresa (fusione, trasformazione) senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria o nel rispetto dell’interesse dei creditori.
4.2. Responsabilità dei professionisti
Nel concordato il professionista (revisore, consulente, attestatore) ha l’onere di fornire pareri e relazioni autentiche e documentate. La Corte di Cassazione penale ha recentemente ribadito che la falsità nelle attestazioni di fattibilità è reato (art. 236-bis L.Fall). In particolare, con la sentenza n. 13016/2024 la Corte ha chiarito che il nuovo art. 342 del Codice della crisi (che definisce il reato di falso in attestazioni) non ha abrogato la norma penale precedente (art. 236-bis L.F.) relativa alla valutazione di fattibilità economica. Pertanto, se il professionista esagera artificialmente i dati dell’azienda per approvare il piano, può essere perseguibile penalmente per falso.
Analogamente, il professionista può incorrere in responsabilità civile verso il debitore, se la relazione di fattibilità rivelasse gravi errori o omissioni. L’attestatore infatti garantisce la veridicità dei dati e la ragionevolezza delle previsioni: l’inadempimento doloso o colposo di questo obbligo può comportare danni al debitore o ai creditori. Per evitare rischi, l’attestatore solitamente effettua approfondimenti contabili, studi settoriali e analisi di mercato, documentando i presupposti del piano.
Tabella: Doveri e responsabilità
Parte coinvolta | Dovere principale | Responsabilità in caso di inadempimento |
---|---|---|
Imprenditore | Presentare la domanda di concordato in tempi utili e veritieri bilanci | Responsabilità civile e penale per bancarotta fraudolenta o per false comunicazioni sociali se omette o falsifica dati patrimoniali. |
Amministratore/Organi | Informare adeguatamente soci o sindaci dello stato di crisi | Responsabilità verso la società e terzi (incluse azioni revocatorie verso gli amministratori). |
Professionista | Veridicità e completezza dell’attestazione di fattibilità | Reato penale di falso in attestazioni (art. 236-bis L.F., art. 342 CCII); responsabilità civile per danni. |
Giudice/Commissario | Cura della regolarità del procedimento e salvaguardia dei creditori | Funzionari pubblici soggetti a responsabilità disciplinare in caso di gravi violazioni procedurali. |
5. Aspetti tributari
5.1. Gestione dei debiti tributari nel concordato
La disciplina fiscale del concordato considera i debiti tributari come crediti da includere nel piano. Il concordato non scrimina i reati tributari pregressi: ciò significa che l’accesso al concordato non estingue automaticamente le responsabilità penali per omesso versamento di imposte o contributi maturati prima. La Cassazione penale (sent. 13628/2020) ha infatti stabilito che “la mera presentazione della domanda [di concordato] non assume rilevanza” penale, a meno che non esista un provvedimento giudiziario che vieti il pagamento dei debiti passati. In pratica, senza un’esplicita «delega» del tribunale, il debitore non può ritenersi liberato dal dovere di versare i tributi scaduti; l’omesso pagamento rimane in linea di principio perseguibile come delitto (art. 10-ter D.Lgs. 74/2000 e art. 2 L. 26/1983). Allo stesso tempo, il concordato congela le azioni esecutive dei creditori (ex art. 168 L.Fall), però non impedisce all’Amministrazione finanziaria di continuare gli accertamenti e prevede accordi (verbali) specifici per definire i piani di pagamento dei debiti fiscali residui. Spesso nel piano concordatario si propone il pagamento dilazionato dei tributi o una rimodulazione delle cartelle esattoriali, secondo le possibilità di liquidità del piano.
Dal punto di vista tributario pure, l’adesione al concordato non costituisce una sanatoria automatica: i debiti iscritti a ruolo e le sanzioni restano dovute, salvo la ristrutturazione prevista dal piano. Tuttavia, in alcuni casi particolari il legislatore ha introdotto misure agevolative. Un esempio recente è il Concordato Preventivo Biennale (CPB), strumento introdotto con il D.Lgs. 13/2024 per partite IVA ISA. Esso consente di concordare in anticipo i redditi e le imposte dovute per il biennio, riconoscendo vantaggi fiscali ai contribuenti che aderiscano (detta “flat tax concordataria” sui maggiori redditi concordati). Per il periodo 2025-2026 il CPB si applica alle partite IVA che utilizzano gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), escludendo i forfettari. Chi aderisce blocca le imposte su determinate soglie e ottiene benefici premiali. Occorre evidenziare però che il CPB è uno strumento di compliance fiscale integrato nel sistema, distinto dal concordato tradizionale, pur portando il medesimo nome.
5.2. Effetti fiscali della cessione del ramo
La vendita del ramo d’azienda concordatario genera generalmente una plusvalenza o minusvalenza fiscale per il cedente, calcolata sulla differenza tra corrispettivo e valori contabili dei beni venduti. Tale plusvalenza viene tassata in base alle regole ordinarie: la normativa fiscale prevede in genere l’esenzione o la tassazione separata del 50% della plusvalenza su cessione di azienda, purché il venditore reinvesta in altra impresa entro termini previsti (art. 86 TUIR). Tuttavia, in sede concordataria l’applicazione di tali agevolazioni può essere complicata dalla necessità di provare il reinvestimento nei limiti del piano. In ogni caso, l’imposta sostanziale diventa parte del debito trattato nel concordato; l’impresa concordataria dovrà versare l’imposta dovuta o includerla nella proposta ai creditori.
Un ulteriore profilo fiscale attuale riguarda il già citato CPB: le imposte concordate per il biennio 2025-26 sono bloccate per le partite IVA ISA che aderiscono. Inoltre, beneficiare del CPB prevede una tassazione agevolata dei maggiori ricavi concordati (a titolo di flat tax) e l’accesso a ulteriori bonus fiscali premiali. Ciò crea un forte incentivo per le PMI a verificare la propria eligibility entro le scadenze stabilite dalla norma (ad es. domanda entro 30 settembre 2025 per l’adesione).
FAQ – Aspetti fiscali nel concordato
- Domanda: Il concordato sanifica automaticamente i debiti tributari pregressi?
Risposta: No. La procedura non ha effetto sanante sul piano penale o amministrativo per i tributi non versati. Come ha precisato la Cassazione, l’ammissione al concordato non cancella in sé l’obbligo tributario; l’eventuale omissione può costituire reato a meno di un provvedimento giudiziario specifico. - Domanda: Quali benefici fiscali offre il Concordato Preventivo Biennale?
Risposta: Il CPB permette alle partite IVA ISA di concordare in anticipo le imposte per il biennio 2025-2026, bloccando gli importi dovuti e applicando sui maggiori redditi concordati un’aliquota agevolata (flat tax). Chi aderisce ottiene anche altri vantaggi premiali (es. minori accertamenti fiscali).
6. Aspetti occupazionali e sindacali
6.1. Diritti dei lavoratori
Il concordato preventivo deve preservare i livelli occupazionali “nella misura possibile”. Questo principio è tanto normativo (art. 84 CCII) quanto pratico: i piani concordatari in continuità spesso prevedono misure di solidarietà difensiva (cig, cigs) e piani di riorganizzazione per garantire la sopravvivenza dell’azienda o del ramo. Durante la procedura, le forme di ammortizzatore sociale possono continuare, previa autorizzazione ministeriale, con eventuale proroga.
In caso di trasferimento del ramo d’azienda, come detto, i rapporti di lavoro proseguono con il cessionario (art. 2112 c.c.). Questo significa che il personale afferente al ramo venduto perde il vincolo con la vecchia impresa e acquisisce quello con il nuovo soggetto. Dal punto di vista sindacale, il trasferimento di ramo impone al cessionario di avviare la consultazione sindacale prevista dalla L. 428/1990 (oggi art. 47 D.L. 14/2019 e art. 47 L. 428/90), prima della cessione, informando le rappresentanze sindacali sul trasferimento e sui livelli occupazionali. Questa procedura di informativa e consultazione deve essere svolta anche nell’ambito del concordato, qualora rilevante.
L’assenza di un accordo sindacale non impedisce di per sé la cessione del ramo, ma gli accordi con i sindacati (accordi di ristrutturazione) possono offrire condizioni agevolate a lavoratori (erogazione di incentivi all’esodo volontario, mobilità agevolata, etc.). Importante è che il piano concordatario (come ogni accordo di ristrutturazione) tuteli in primis gli interessi dell’ammasso creditorio complessivo, sebbene vi siano obblighi inderogabili verso i dipendenti (art. 47 L. 428/90 prevede la tutela del complesso previdenziale).
6.2. Impatto sul rapporto di lavoro
Da un punto di vista pratico, il passaggio di ramo d’azienda in concordato può essere visto come un vero e proprio trasferimento “di massa” dei rapporti di lavoro. I dipendenti del ramo ceduto hanno diritto alla conservazione del posto e alla continuità dei loro diritti (anzianità, ferie, TFR maturato). Eventuali accordi di ristrutturazione concordatari non possono disdettare i contratti collettivi già applicati, né modificare le condizioni economiche senza accordo sindacale (art. 47 L. 428/90).
Se il piano concordatario prevede una riduzione complessiva di personale (ad esempio, nel ramo ceduto non c’è sufficiente lavoro per tutti), i criteri di selezione e le procedure di licenziamento collettivo si applicano come da normativa lavoristica ordinaria. Tuttavia, la clausola di tutela continua (non licenziare i dipendenti trasferiti) è spesso inserita nei contratti di cessione di ramo ad azienda terza, in modo da garantire un minimo di stabilità occupazionale.
Tabella: Diritti dei lavoratori nel trasferimento
Fatto | Diritto dei lavoratori |
---|---|
Trasferimento ramo d’azienda concordato | Rapporto continua con il cessionario; conservazione di anzianità, TFR, trattamento normativo (art. 2112 c.c.). |
Licenziamenti motivi economici | Anche nel concordato valgono le norme ordinarie (Licenziamenti collettivi o individuali per giustificato motivo). |
Ammortizzatori sociali | Possibilità di richiesta di cassa integrazione (anche in deroga) fino alla data dell’omologazione. |
7. Responsabilità penali e amministrative
7.1. Reati in materia fallimentare e concordataria
La procedura di concordato, pur essendo “privativa” (l’imprenditore conserva la gestione), può configurare delitti tipici del diritto fallimentare. In particolare:
- Bancarotta fraudolenta (artt. 216-223 L.Fall): Se il concordato fallisce per colpa del debitore (es. distrazione di beni prima della procedura, falsa dimostrazione dei crediti, frode ai creditori) si parla di bancarotta fraudolenta per distrazione o preference. Analoga responsabilità si applica se il piano concordatario omologato è basato su dati falsi o occultamenti di beni.
- Falso in bilancio o in concordato: Gli art. 216 n.3 e 223 L.Fall puniscono chi falsifica documentazione contabile o mantiene scritture criptiche. Ad esempio, se l’imprenditore omette di iscrivere passività (crediti) o sopravvaluta i crediti nel bilancio per accedere al concordato, può rispondere penalmente.
- False attestazioni o relazioni (art. 236-bis L.Fall, ora art. 342 CCII): come visto, il professionista che rilascia un’attestazione falsa commette reato. L’importante sentenza Cass. 13016/2024 ha confermato che la riformulazione codicistica non ha eliminato la punibilità della falsa attestazione nella valutazione di fattibilità.
- Reati tributari: Omessi versamenti di ritenute, IVA, contributi o imposte maturati in corso di concordato non sono scriminati dalla procedura (a meno che un provvedimento giudiziario non li autorizzi). L’imprenditore deve dunque versare i tributi di competenza; l’assenza di tali pagamenti può integrare i reati di cui agli artt. 10-ter e 5 D.Lgs. 74/2000.
7.2. Responsabilità amministrative d’impresa
Gli amministratori (e il legale rappresentante) dell’impresa concordataria possono rispondere, secondo il d.lgs. 231/2001, dei reati commessi nell’interesse o vantaggio della società. Se l’azienda viene condotta in concordato a causa di comportamenti illeciti (es. bancarotta per distrazione), gli amministratori e i dirigenti possono essere chiamati in causa dall’ente stesso. In particolare, nel concordato assume rilievo la responsabilità per reati ambientali, antiriciclaggio o tributari commessi in azienda: se tali reati arrecano danno all’ente, la società può essere sanzionata (artt. 25-novies, 25-octies D.Lgs. 231/2001).
Inoltre, permangono eventuali conseguenze sanzionatorie in capo ai professionisti e ai sindaci di società non completamente cessate: se nel concordato partecipano cooperative o holding, i soggetti che gestiscono il gruppo possono subire sanzioni professionali o amministrative per non avere individuato tempestivamente la crisi (obblighi di vigilanza).
FAQ – Profili penali
- Domanda: Il concordato impedisce la denuncia per bancarotta?
Risposta: No. Il fallimento concordatario non esclude la commissione di reati fallimentari. Se emergono violazioni penali (ad es. distrazione di beni, dichiarazioni mendaci), il PM può procedere anche se l’impresa era in concordato. Anzi, il concordato non azzera la responsabilità per bancarotta fraudolenta o civile. - Domanda: Un imprenditore può evitare il reato di omesso versamento contributi ricorrendo al concordato?
Risposta: No. Come detto, la Cassazione ha stabilito che la semplice istanza di concordato non autorizza automaticamente l’impresa a non pagare contributi o imposte. Solo un provvedimento del tribunale che vieti espressamente il pagamento dei debiti pregressi può scriminare tale omissione. In assenza di ciò, l’omissione resta penalmente rilevante.
8. Invalidità del piano e azioni revocatorie
8.1. Invalidità del concordato
Un concordato può essere annullato o riformato se emergono vizi della procedura o del piano. Ad esempio, può essere dichiarato inammissibile o revocato se:
- Il piano è stato basato su presupposti falsi o ingannevoli (art. 169 CCII riproduce art. 172 L.Fall).
- I requisiti di legge non erano soddisfatti (ad es. utilità creditizia fittizia, come previsto dagli artt. 84 e 102 CCII).
- Si verifica un grave inadempimento del piano dopo l’omologazione (ad es. mancato deposito delle somme dovute ai creditori, ex art. 170 CCII).
- Si accerta che alcune clausole del piano siano simulate o collegate a patti collusori (ad es. attribuzione ingiustificata di privilegio a un creditore per screditare altri).
Se il tribunale rileva tali vizi, può negare l’omologazione o, se già omologato, sciogliere il concordato e dichiarare fallimento (ex art. 173 L.Fall).
8.2. Azioni revocatorie
Le azioni revocatorie sono strumenti del curatore o del commissario per recuperare risorse del patrimonio dell’insolvente distratte prima del fallimento/concordato. Nel codice della crisi sono disciplinate agli artt. 169-170 (aziende ordinarie e straordinarie). In sintesi:
- Azioni revocatorie ordinarie (art. 169 CCII): con termine di decadenza generale di 3 anni dalla data di omologazione del concordato o del fallimento, il curatore può agire per far annullare atti considerati fraudolenti (es. pagamenti preferenziali, cessioni sottoprezzo, garanzie reali a creditori secchi). Le azioni si concentrano sulla volontà dolosa di ledere i creditori, ovvero in presenza di simulazione o frode.
- Azioni fallimentari (art. 170 CCII): abolisce la divisione tra revocatoria ordinaria e fallimentare, ma in pratica fissa termini ordinari e straordinari (1 anno e 3 anni) entro i quali il curatore agisce per situazioni particolari (es. mancato esercizio dell’azione ordinaria).
Nel concordato in continuità “di norma” non opera la revocatoria ordinaria sugli atti compiuti dopo l’omologazione, poiché l’azienda continua a operare. Tuttavia, ogni atto compiuto prima dell’omologazione può essere sindacato se posto in essere in frode ai creditori. Ad esempio, pagamenti effettuati poco prima del deposito dell’istanza possono essere revocati se il tribunale accerta uno “spossessamento” ingiustificato (cfr. principio Cass., in vigenza L. fall., sulla natura straordinaria del pagamento tributario).
Tabella: Azioni revocatorie nel concordato
Tipo di atto | Revocabilità (sempl.) | Termine di decadenza |
---|---|---|
Pagamenti a creditori (ante concordato) | Azione revocatoria ordinaria se fraudolento (ex art. 169 CCII) | Entro 3 anni dall’omologazione |
Trasferimenti asset a terzi (ante) | Azione revocatoria ordinaria in presenza di simulazione o di annullabilità (art. 169) | Entro 3 anni dall’omologazione |
Atto compiuto dopo omologazione | In genere no (azienda continua l’attività); eccezioni per concorso successivo di bancarotta | – |
9. Esempi pratici e simulazioni
Esempio 1 – Concordato con cessione di ramo: L’impresa “Alfa S.r.l.” produce componenti meccanici ed è indebitata per €5M verso fornitori e banca. Il piano concordatario prevede la cessione di un ramo d’azienda (la linea produttiva minore), per €1M di corrispettivo, destinato a parzialmente soddisfare i creditori privilegiati. Il ramo ceduto è costituito da impianti, magazzino e personale dedicato.
- Fase istruttoria: Alfa S.r.l. deposita domanda di concordato allegando bilanci e relazione di un perito attestante che, dopo la cessione, il flusso di cassa residuo consentirà di pagare almeno il 30% dei crediti.
- Cessione e pianificazione: In attesa dell’omologazione, Alfa stipula un contratto preliminare di cessione del ramo con Gamma S.p.A. (cessionaria), che assume tutti i lavoratori del ramo. Il corrispettivo di €1M va nella massa passiva del concordato.
- Voto dei creditori: Il piano viene votato. I creditori privilegiati (ad es. istitutori di pegno sull’impianto) sono soddisfatti in parte con il ricavato. I creditori chirografari (fornitori, esclusi pegni) ottengono una percentuale stabilita dal piano sul flusso futuro dell’attività principale (oltre il prezzo della cessione).
- Omologazione: Il tribunale omologa il concordato, riconoscendo la validità della cessione interinale. Alfa incassa il milione di euro e riprende l’attività sgravata dei costi del ramo ceduto. I dipendenti del ramo passano a Gamma S.p.A. con gli stessi trattamenti contrattuali, come previsto dall’art. 2112 c.c.
- Esecuzione del piano: Nei mesi seguenti, Alfa versa le somme concordate ai creditori (grazie al miglioramento di redditività). Gamma S.p.A., nel frattempo, avvia l’attività del ramo con successo. Al termine del piano (ad es. 3 anni), Alfa ottiene l’esdebitazione residuale e può cessare pacificamente l’esperienza concordataria.
Esempio 2 – Concordato preventivo biennale (CPB): Il commercialista Boschi & Figli S.n.c., titolare di partita IVA (compilatore di ISA), aderisce al CPB per il 2025-26. L’Agenzia Entrate comunica un reddito presunto di €100.000 per il biennio. Accettando il concordato biennale, Boschi & Figli verserà imposte su tale importo – ben inferiori ai redditi effettivi che prevedibilmente riuscirà a incassare nei due anni – ottenendo così un risparmio fiscale. Inoltre, potrà contare sulla “flat tax” prevista (aliquota sostitutiva agevolata sui maggiori redditi concordati) e su benefici premiali (minori controlli fiscali nel periodo). Entro il 30 settembre 2025 Boschi formalizza l’adesione e ottiene certificazione del proprio piano fiscale. Questo esempio illustra come il CPB sia una forma speciale di concordato che agisce da adesione volontaria con il Fisco per pagare meno imposte in cambio di onestà fiscale complessiva.
10. Domande frequenti (FAQ)
- Il concordato preventivo fa decadere azioni esecutive già promosse? Sì. Dal deposito dell’istanza nel registro delle imprese scatta un congelamento delle azioni esecutive (art. 168 L.Fall), che sospende il diritto dei creditori di agire direttamente sui beni del debitore. Le cause civili sui rapporti di credito restano sospese fino all’omologazione (o al fallimento). Una volta omologato il concordato, il debitore è definitivamente liberato dei crediti residui previsti nel piano (esdebitazione), e i creditori non possono più rivalersi su di lui o sui suoi beni.
- Che differenza c’è tra concordato e fallimento? Nel fallimento, il tribunale dichiara lo stato di insolvenza e nomina un curatore che gestisce la liquidazione coatta dei beni; l’imprenditore perde la gestione (per quanto limitata) e la polverizzazione del patrimonio può comportare licenziamenti di massa e perdite profonde per i creditori. Nel concordato, invece, l’imprenditore conserva la gestione (spossessamento attenuato) e mira a ristrutturare i debiti senza distruggere l’azienda. Il concordato offre più flessibilità (possibilità di continuare l’attività o cedere rami) e tende a salvare almeno una parte del business. Tuttavia, richiede comunque l’approvazione dei creditori e non garantisce il recupero integrale dei debiti.
- Cosa succede se il piano concordatario non viene rispettato? Se il debitore non adempie alle obbligazioni concordate (ad esempio, non versa le somme promesse entro i termini), i creditori possono chiedere al tribunale di revocare il concordato (art. 173 L.Fall). In tal caso il tribunale dichiara il fallimento dell’impresa e i creditori saranno soddisfatti secondo le regole del fallimento. Questa clausola di revoca è un deterrente a garanzia del rispetto del piano: di norma si omologano solo proposte realizzabili.
- È obbligatorio coinvolgere i sindacati nel concordato? Formalmente no, tranne che per le materie specifiche (informativa sindacale nel trasferimento di ramo, accordi di ristrutturazione e licenziamenti). Tuttavia, la legge favorisce le intese sindacali nei piani di crisi: per esempio, l’accesso agli ammortizzatori sociali in concordato (cassa integrazione) è più agevole se esiste un accordo con le rappresentanze sindacali. Inoltre, qualora sia coinvolto un ramo d’azienda, prima della cessione si deve svolgere la consultazione sindacale ex art. 47 L. 428/90.
11. Conclusioni
Il concordato preventivo con trasferimento di ramo d’azienda rappresenta uno strumento avanzato di ristrutturazione aziendale in Italia, che richiede un’analisi integrata degli aspetti civilistici, fiscali, lavoristici e procedurali. La normativa del Codice della crisi (entrato pienamente in vigore nel 2022) ha modernizzato l’istituto, enfatizzando il salvataggio dell’attività economica e dei posti di lavoro e inquadrando chiaramente il ruolo dei creditori e dei nuovi acquirenti. La giurisprudenza di legittimità (Cassazione) fornisce orientamenti fondamentali, ad esempio sul regime di responsabilità dei cessionari (art. 105 L.Fall) e sulla responsabilità penale in concordato.
Tuttavia, resta imprescindibile che imprenditori, consulenti e sindacati operino con trasparenza e buona fede. Ogni abuso (falsificazione di dati, omissione di crediti, favoritismo verso un creditore) può vanificare i vantaggi del concordato e far scattare revocatorie o reati fallimentari. Al contrario, una pianificazione attenta – comprensiva di relazioni tecniche, coinvolgimento sindacale e accordi creditori – può rivelarsi vincente per il risanamento aziendale. Infine, le recenti novità fiscali (come il Concordato Preventivo Biennale) invitano ad affiancare agli istituti tradizionali meccanismi di compliance fiscale e contabile, sempre nell’ottica di ristabilire l’equilibrio finanziario dell’impresa senza penalizzare ulteriormente i soggetti coinvolti.
12. Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali
- Normativa: D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), art. 84 e ss. (concordato preventivo); art. 2112 c.c. (trasferimento ramo d’azienda); Legge Fallimentare (L. 267/1942), artt. 105, 182 ter, 236-bis; D.Lgs. 13/2024 (disciplina del concordato preventivo biennale); D.Lgs. 122/1998, L. 428/1990; D.Lgs. 231/2001.
- Giurisprudenza: Cassazione civile, Sez. I, 29/05/2019 n.14713 (criteri di ammissibilità e interesse dei creditori nel concordato); Cassazione penale, Sez. III, 20/02/2020 n.13628 (concordato e omesso versamento contributi); Cassazione penale, Sez. V, 23/02/2024 n.13016 (falso in attestazioni e relazioni); Cassazione civile, Sez. Lav., 06/06/2024 n.15862 (effetti di successione concordato/fallimento). (Si considerino inoltre le massime dei tribunali e corti d’appello più recenti sul trasferimento aziendale e concordato).
Concordato Preventivo e Trasferimento del Ramo d’Azienda: Perché Affidarti a Studio Monard
La tua azienda è in crisi, ma vuoi salvaguardare un ramo ancora operativo, redditizio o strategico?
Stai valutando di proporre un concordato preventivo con cessione di un ramo d’azienda, ma non sai come strutturarlo nel rispetto della legge?
⚠️ Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza consente all’imprenditore, in fase di concordato preventivo, di trasferire rami d’azienda, asset o contratti in blocco per garantire:
✅ Continuità produttiva su parte dell’attività
✅ Salvaguardia di posti di lavoro e contratti in essere
✅ Entrata immediata di risorse economiche da destinare al pagamento dei creditori
✅ Massimizzazione della convenienza del piano rispetto alla liquidazione giudiziale
Ma attenzione: qualsiasi trasferimento aziendale nel concordato deve essere pianificato, valutato e autorizzato secondo regole precise e sotto vigilanza giudiziale.
Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo
✅ Verifica la fattibilità del trasferimento di un ramo d’azienda nell’ambito di un piano di concordato preventivo
✅ Ti assiste nella redazione del piano concordatario, con proposta di continuità diretta o indiretta mediante cessione
✅ Coordina perizie, stime e relazioni tecniche con professionisti qualificati, a supporto della convenienza dell’operazione
✅ Redige e presenta tutta la documentazione necessaria per ottenere l’autorizzazione del tribunale e la successiva omologazione
✅ Ti rappresenta nella fase di trattativa con il cessionario e nelle opposizioni eventualmente mosse dai creditori o dal commissario giudiziale
Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
🔹 Avvocato esperto in crisi d’impresa, concordati e operazioni straordinarie
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
🔹 Coordinatore nazionale di esperti in ristrutturazioni aziendali, salvataggi industriali e tutela del patrimonio imprenditoriale
Perché agire subito
⏳ Il trasferimento di un ramo d’azienda all’interno di un concordato deve essere autorizzato dal giudice in tempi rapidi e accompagnato da documentazione tecnica completa
⚠️ Se non strutturato correttamente, rischi la revoca dell’operazione, la mancata omologazione del piano o responsabilità dirette
📉 Rischi concreti: perdita dell’opportunità di vendita, svendita degli asset, fallimento del piano concordatario
🔐 Solo un avvocato esperto può governare tutte le fasi: legali, strategiche e processuali, difendendo gli interessi dell’imprenditore
Conclusione
Il concordato con cessione del ramo d’azienda è una soluzione concreta e potente per salvare valore e rilanciare ciò che funziona, anche in uno scenario di crisi.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere accanto una guida tecnica e legale riconosciuta, capace di trasformare la crisi in una strategia di salvataggio reale e sostenibile.
Qui sotto trovi tutti i riferimenti per richiedere una consulenza riservata e immediata.
Se stai valutando un concordato con trasferimento d’azienda, il momento per agire è adesso.