Esperto nella Composizione Negoziata della Crisi: Tutte le Responsabilità

La tua impresa è in difficoltà e ti hanno parlato della composizione negoziata? Hai sentito dire che serve un “esperto” nominato dalla Camera di Commercio ma non sai esattamente chi sia, cosa faccia o se può davvero aiutarti a evitare il fallimento?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati specializzati in crisi d’impresa, diritto fallimentare e risanamento aziendale – è pensata per spiegarti in modo chiaro e concreto chi è l’esperto nella composizione negoziata, quali sono le sue funzioni, come viene nominato e in quali casi può fare la differenza per salvare la tua attività.

Scopri cosa fa l’esperto nella fase di analisi, nella gestione dei creditori, nella proposta di accordi e nella ristrutturazione dei debiti, quali poteri ha e quali limiti, in che modo può aiutarti a sospendere le azioni esecutive, e come lavora insieme all’imprenditore per individuare un percorso di continuità aziendale.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo, che collabora con esperti qualificati e iscritti negli elenchi ufficiali, per valutare se la tua azienda può accedere alla composizione negoziata e costruire un piano di salvataggio concreto, sostenibile e protetto dalla legge.

Introduzione:

La composizione negoziata della crisi d’impresa è un istituto introdotto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) – in attuazione della direttiva UE sul risanamento – che permette all’imprenditore commerciale o agricolo in difficoltà di negoziare soluzioni con i creditori fuori dal fallimento. Un professionista terzo, definito esperto, assiste il debitore e facilita le trattative. L’istituto, operante dal 15 novembre 2021 (per imprese sotto e sovra‐soglia), è stato di recente corretto dal D.Lgs. 136/2024, che ha chiarito vari aspetti procedurali (ad es. accesso anche in caso di mera “crisi” o di squilibrio patrimoniale, requisiti dell’esperto, documentazione necessaria e tutela di banche e creditori).

Questa guida – aggiornata a maggio 2025 – esplora in dettaglio il ruolo dell’esperto e di tutti i soggetti coinvolti nella composizione negoziata della crisi, analizzando le responsabilità (civili, penali, amministrative e professionali) che ne derivano per ciascuno. In particolare si approfondiranno: il quadro normativo vigente, i doveri e il profilo di responsabilità dell’esperto; le responsabilità del debitore e dei professionisti (advisors, attestatori, organi di controllo societario) e dei creditori; la giurisprudenza più recente (Cassazione e tribunali) in materia; nonché tabelle riepilogative, domande‐risposte sui dubbi più comuni e simulazioni pratiche di casi ipotetici. Tutte le fonti (norme, sentenze, dottrina) sono raccolte in calce.

Quadro normativo e istituti di riferimento

  • Legislazione principale: La composizione negoziata è disciplinata dal Titolo II, Capo I del D.Lgs. 14/2019 (“Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” – CCII). Ai fini dell’accesso all’istituto l’impresa deve trovarsi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico‐finanziario tali da renderne probabile la crisi o l’insolvenza. Diversamente dagli strumenti giudiziali (fallimento, concordato), la composizione negoziata può essere tentata anche in una semplice fase di pre‐insolvenza.
  • Legge 118/2021: Il D.L. n.118/2021 (convertito dalla L. 147/2021) ha introdotto nell’ordinamento italiano la nuova procedura di composizione negoziata (c.d. “Decreto Insolvenza”), demandandone attuazione al ministero e prevedendo requisiti, funzione e compiti dell’esperto, nonché incentivi (agevolazioni fiscali, sospensioni di adempimenti).
  • Decreto correttivo 136/2024: Di recente, il D.Lgs. 136/2024 (entrato in vigore il 28.9.2024) ha apportato modifiche integrative e correttive al CCII, molti su input delle Camere di Commercio. In particolare:
    • Art. 12 CCII è stato precisato: l’accesso è ammesso non solo in ipotesi di insolvenza ma anche in mera crisi o squilibrio patrimoniale.
    • Art. 13 CCII (nomina dell’esperto): ora si richiede agli enti camerali di tenere conto, nella scelta dell’esperto, degli “esiti” delle precedenti composizioni gestite dal professionista; l’esperto è tenuto ad aggiornare il proprio curriculum con gli esiti delle CNC da lui seguite.
    • Art. 16 CCII (requisiti e indipendenza): si chiarisce che le incompatibilità in capo all’esperto (sopratutto il divieto di rapporti professionali con l’imprenditore nei 2 anni successivi alla chiusura) NON si estendono alle attività svolte nelle negoziazioni già concluse. Viene inoltre ribadito il dovere di riservatezza e di obiettività dell’esperto.
    • Art. 17 CCII (accesso e funzionamento): sono elencati i documenti da allegare alla domanda (ultimi 3 bilanci approvati o progetti di bilancio anche non approvati, piano di risanamento, elenchi dei creditori con specifiche categorie, certificati di debiti tributari/contributivi); l’imprenditore deve inoltre dichiarare di non aver richiesto altri strumenti concorsuali (per eliminare dubbi interpretativi). Durante le trattative è precisato che l’imprenditore deve partecipare di persona e informare l’esperto di eventuali trattative parallele. La sostituzione dell’esperto ora può essere chiesta non solo dall’imprenditore ma anche da due o più creditori (anziché “tutte” le parti); la proroga di incarico (ulteriore 180 gg) si può concedere anche se richiesta dalle parti con cui si è in trattativa, previo consenso dell’esperto. All’atto della conclusione delle trattative l’esperto redige una relazione finale con l’indicazione dell’esito e delle condizioni concordate.
    • Art. 18 CCII (misure protettive): sono le misure cautelari (sospensione azioni esecutive, altri poteri cautelari) che il tribunale può concedere su istanza dell’imprenditore. La Cassazione ha recentemente chiarito che né le misure protettive né la CNC sospendono automaticamente la procedura fallimentare: se viene già fissata udienza per il fallimento, il giudice NON è obbligato a rinviare l’udienza solo perché è pendente un tentativo di composizione negoziata. In pratica, misure protettive e CNC non sono alternative automatica al fallimento (v. anche Trib. Milano 2023, infra).

In sintesi, il quadro normativo vigente attuale prevede un percorso telematico gestito dalle Camere di commercio, in cui il professionista‐esperto affianca il debitore nello svolgimento di trattative con i creditori, nel rispetto di precisi oneri informativi. L’ordinamento impone doveri specifici all’imprenditore (fornire documentazione trasparente e aggiornata) e all’esperto (indipendenza, riservatezza, diligenza). Le violazioni di tali doveri possono generare responsabilità risarcitorie o disciplinari (nonché, in alcuni casi, penali, come vedremo).

Ruolo e responsabilità dell’Esperto

L’esperto è un professionista indipendente (di norma commercialista, avvocato o consulente) iscritto in apposito albo camerale. Il decreto lo definisce “ausilio” all’imprenditore in crisi, che deve facilitare le trattative e garantire la correttezza formale del percorso. Rispetto alle altre procedure concorsuali, l’esperto non interviene come organo giudiziario: non è un pubblico ufficiale né un incaricato di pubblico servizio, ma figura tecnica privata nominata dall’imprenditore tramite l’autorità camerale (Commissione regionale o Segretario Gen. CCIAA).

Doveri dell’esperto

In base al Codice e alla prassi, l’esperto deve osservare:

  • Diligenza professionale: analizzare con cura bilanci, prospetti di piano, posizione debitoria e attiva dell’impresa; verificare coerenza dei dati contabili e finanziari presentati. Ha il dovere di consigliabilità e di avvertimento: se ad esempio ritiene che un progetto aziendale sia irrealistico può opporsi.
  • Indipendenza e terzietà: deve non avere rapporti che compromettano l’autonomia di giudizio (divieti di rapporto professionale con il debitore nei 2 anni successivi, ecc.). La legge prevede espressamente l’incompatibilità del soggetto che intrattenga tali rapporti, e un regime di separazione che lo tenga estraneo da eventuali consigli del management (diversi da quelli autorizzati dal CCII).
  • Riservatezza: tutta la documentazione e le informazioni acquisite sono riservate. La violazione di questo dovere – ad es. divulgare segreti aziendali – espone l’esperto a responsabilità (in particolare civile per danni).
  • Allineamento agli scopi della composizione: l’esperto deve perseguire i fini della procedura (salvare l’azienda nell’interesse di tutti) e non favorire unilateralmente né il debitore né singoli creditori. In pratica, deve contribuire a trovare soluzioni sostenibili, senza causare pregiudizio ai creditori. Come sottolinea la dottrina, “l’esperto non deve allarmarsi se l’impresa arriva alla CNC in crisi, ma deve assicurare che la continuità imprenditoriale persegua (o almeno non danneggi) l’interesse dei creditori”.
  • Dovere di segnalazione: nell’ambito delle trattative, il Codice permette all’esperto di chiedere pareri al tribunale su ipotesi di operazioni, autorizzazioni particolari, proroghe di misure, ecc. In tali pareri deve riferire il contesto e le attività svolte. Se sospetti irregolarità gravi può infine segnalare la cosa al giudice. Tuttavia, come vedremo, non ha l’obbligo formale di denuncia come un pubblico ufficiale.

Responsabilità civile

L’esperto, come qualsiasi professionista, è soggetto alla responsabilità civile contrattuale o extracontrattuale (artt. 1176-1177 c.c.). In base alle linee guida dell’esperto e agli obblighi statutari, egli può essere ritenuto responsabile per negligenza, imprudenza o imperizia nell’esercizio della sua funzione, se tale condotta causa un danno al debitore stesso o, più spesso, ai creditori. Ad es. se ritiene che l’imprenditore nasconda crediti o compia atti di straordinaria amministrazione rischiosi, ha il dovere di esprimere dissenso entro il termine consentito (60 gg) e di inserirlo nella relazione. L’omissione di questo compito, quando la sua mancata obiezione renda “inalterabile” un atto pregiudizievole (come la vendita di un ramo d’azienda), può comportare la sua responsabilità verso i creditori che subiscano il danno. In linea generale, la dottrina osserva che il nesso causale tra condotta dell’esperto e danno è difficile da provare (l’esperto è mero facilitatore), ma ciò non lo esclude del tutto.

Esempio: se l’esperto è messo a parte di un progetto di fusione o vendita che svilisce l’attivo dell’impresa e non lo segnala né nel verbale né nella relazione finale, e ciò pregiudica i creditori, egli risponde civilmente per negligenza nella sua funzione di verifica. Analogamente, se divulga dati riservati (incontrando concorrenti o facendo trapelare informazioni) e danneggia l’azienda o i creditori, risponde per violazione della riservatezza.

Responsabilità penale

L’esperto non è soggetto a specifiche sanzioni penali nel CCII: la legge non prevede reati autonomi per questo incarico. Essendo figura non pubblica, non può essere imputato per i reati contro la PA (corruzione, concussione, peculato, ecc.). Neanche gli vengono applicati i reati di falso tipici dei pubblici ufficiali: le sue dichiarazioni e relazioni non hanno la garanzia di pubblica fede, quindi l’art. 476 c.p. (falso in atto pubblico) non si applica. Non ricorrono nemmeno i reati di violazione di segreto di ufficio o di omissione di atti d’ufficio (artt. 326, 328 c.p.), che richiedono la qualifica di pubblico ufficiale.

In pratica, l’esperto può incorrere in responsabilità penali solo in circostanze particolari:

  • Falsa attestazione nel formulario di iscrizione: L’art. 3 D.L. 118/2021 impone che l’aspirante esperto dichiari sotto la propria responsabilità di possedere i requisiti (iscrizione all’albo curatori, assenza di condanne, ecc.). Tali dichiarazioni, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR 445/2000, sono validate dall’art. 71 DPR 445: la loro falsità è punita ex art. 495 c.p. (falsa attestazione del privato a pubblico ufficiale). In pratica, se il professionista mentisse sulla propria iscrizione o sui titoli necessari e ciò emerga dopo la nomina, potrebbe subire denuncia per dichiarazioni mendaci.
  • Reati fallimentari: l’esperto risponde penalmente solo se collabora volontariamente ad illeciti commessi dal debitore. Poiché non ha un “dovere di vigilanza” sugli atti quotidiani dell’azienda (non è garante come sindaco o curatore), la sua inerzia di fronte a condotte fraudolente dell’imprenditore di per sé non lo incrimina. Tuttavia, se l’esperto consiglia, agevola o partecipa consapevolmente a comportamenti di bancarotta fraudolenta (art. 216-223 L.F.) – per esempio suggerisce come occultare l’attivo o garantisce il silenzio su distrazioni di denaro – potrà essere chiamato a risponderne in concorso. Un profilo particolare riguarda l’attestazione di piani di pagamento ai creditori pubblici: se l’esperto firma una relazione in cui attesta la veridicità di proposte palesemente false (ad esempio, dichiarare che sarà possibile pagare il 50% di debiti erariali quando sa che il piano è insostenibile), rischia, su tale specifica valutazione, di essere considerato concorso morale nell’inganno ai danni dei creditori pubblici.

In sintesi: l’esperto non è penalmente responsabile per omissioni o menzogne tipiche del pubblico ufficiale. I suoi unici potenziali reati riguardano le false attestazioni sul possesso dei requisiti (art. 495 c.p.) e la partecipazione ad atti fallimentari fraudolenti (bancarotta) con l’imprenditore. In assenza di tali elementi, ogni illecito resta nell’ambito della responsabilità civile o eventualmente disciplinare (vedi oltre).

Responsabilità disciplinare/professionale

L’esperto, essendo in genere iscritto ad un albo professionale (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro), è soggetto alle norme deontologiche del proprio ordine. Ad esempio, deve attenersi ai Principi di attestazione del CNDCEC nell’elaborare verifiche e relazioni, anche se non è formalmente “attestatore” dell’informativa contabile come nel concordato. Se violasse tali principi (falsità della relazione, grave negligenza), rischia sanzioni dal consiglio di disciplina (avvertimenti, sospensioni). Inoltre, alcuni compiti dell’esperto – come la redazione di piani e l’analisi contabile – sono assimilabili a quelli degli ausiliari fallimentari; per analogia la dottrina sostiene che potrebbe applicarsi all’esperto la sanzione “189-bis C.C.” (d’interesse) o norme simili. Infine, benché il D.Lgs. 118/2021 non abbia qualificato l’esperto come “attestatore”, la pratica può prevedere che egli firmi la relazione finale con valore attestativo della coerenza dell’accordo. Ciò implica che l’esperto firma un documento che – pur non essendo un “atto pubblico” – attesta fatti economico-finanziari; qualora queste attestazioni fossero mendaci, potrebbe essere chiamato in sede civile a riparare (o in penale ex DPR 445 come visto).

In sintesi, l’esperto è responsabile professionalmente come qualunque professionista: se omette doveri di riservatezza, perizia o indipendenza, può ricevere censure deontologiche o disciplinari. A livello civilistico, i ruoli di avvocato, commercialista e revisore al servizio del debitore (gli advisors nell’ipotesi di composizione) sono trattati analogamente all’esperto per le questioni di responsabilità generale (vedi oltre).

Responsabilità del debitore e degli altri soggetti coinvolti

Oltre all’esperto, altri attori giocano ruoli chiave nella composizione negoziata. Di seguito si analizzano le responsabilità (civili, penali, amministrative, professionali) gravanti sul debitore, sui professionisti da lui incaricati (advisors e attestatori) e sugli organi di controllo societari, nonché – per completezza – la posizione dei creditori.

Debitore – responsabilità civile e contrattuale

Il debitore (imprenditore o società) porta in sé in primo luogo l’obbligo di collaborazione e trasparenza. Deve fornire all’esperto tutta la documentazione contabile e fiscale aggiornata (bilanci, listini debitori/creditori) e partecipare attivamente alle trattative. Se l’imprenditore fornisce dati falsi o omette debiti, e ciò fuorvia l’esperto o i creditori provocando un danno (ad es. proponendo un piano irrealistico che induce i creditori a concludere un accordo inefficace), può essere citato in giudizio per inganno contrattuale (art. 1429 c.c. e ss.) o illecita concorrenza sleale (art. 2598 c.c.). In sintesi, l’imprenditore risponde civilmente verso l’esperto e soprattutto verso i creditori per l’inadempimento degli obblighi d’informazione (responsabilità precontrattuale/art. 2043 c.c. per inadempimento di obblighi di buona fede nella trattativa).

Esempio: se l’imprenditore in crisi omette di citare alcuni fornitori importanti nella lista dei creditori e l’esperto stipula un accordo che ignora tali debiti, i fornitori non citati potranno agire risarcitoriamente contro il debitore per averli esclusi dal piano, sostenendo di essere stati lesi nei loro diritti.

Debitore – responsabilità penale

L’imprenditore può commettere i classici reati fallimentari: se il tentativo di composizione negoziata fallisce e si apre la procedura concorsuale, l’ente (o l’imprenditore in proprio) potrebbe subire azioni penali di bancarotta fraudolenta (art. 216 ss. L.F.) se vi è distrazione di beni, false comunicazioni sociali, fatti simulatori durante la CNC o nel percorso successivo. In particolare, attenzione alle seguenti ipotesi:

  • False comunicazioni sociali e bancarotta in pendenza di negoziazione: l’art. 4 comma 5 del D.L. 118/2021 impone all’imprenditore un dovere di veridicità: “il debitore deve rappresentare la propria situazione all’esperto e ai creditori in modo completo e trasparente”. Se l’imprenditore mente su cause di insolvenza (ad es. nasconde crediti o debiti), potrebbe essere contestata una bancarotta fraudolenta per false comunicazioni (art. 2621 c.c. e 218 L.F.). Tuttavia, poiché la composizione negoziata si svolge in via extragiudiziale, il legislatore non ha previsto reati specifici in questa fase: ogni illecito ricade nell’ambito delle norme generali di fallimento o di truffa.
  • Omissione dolosa di segnalazioni: se, scaduto inutilmente il termine per la composizione (360 gg), l’imprenditore non deposita alcuna domanda concorsuale al tribunale ma dichiara falsamente di aver tentato la CNC, potrebbe configurarsi il reato di bancarotta (240 L.F. per patto leonino simulato).
  • Usura e reati tributari: l’imprenditore in difficoltà talvolta si rivolge a fonti di credito illecite o evade imposte: reati come usura (art. 644 c.p.) o insolvenza fraudolenta (art. 5 L. 3/2012) restano perseguibili anche in corso di composizione negoziata, salvo accondiscendenza dell’esperto.

Inoltre, se l’impresa è società di capitali, si applicano anche le norme sulla responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001): per esempio, un amministratore che omette di attivare in tempo la procedura (violando gli artt. 2086 c.c. e 25‐25‐ter CCII sugli adeguati assetti) potrebbe essere chiamato a rispondere dell’ente per reati commessi al suo danno (corruzione, bancarotta), poiché l’ente sarebbe privo del modello organizzativo ex D.Lgs. 231 che avrebbe potuto prevenire il reato.

Consulenti e professionisti incaricati dal debitore (advisors)

Nel percorso di composizione negoziata il debitore può avvalersi di consulenti (avvocati, commercialisti, broker finanziari) per assisterlo. Anche questi consulenti hanno responsabilità analoghe a quelle professionali ordinarie: devono operare con diligenza e lealtà, attenendosi alle norme deontologiche della loro categoria. Se un consulente fornisce pareri errati o omette di segnalare rischi, potrà essere citato in giudizio per colpa professionale (ad es. avere predisposto un piano di risanamento irrealizzabile). Dal punto di vista penale, valgono le considerazioni già fatte per l’esperto: un professionista privato che cospira con l’imprenditore per frodare i creditori (ad es. attraverso attestazioni false in piani di ristrutturazione) potrà rispondere come concorrente in bancarotta fraudolenta. Viceversa, la mera contrattazione di onorari con il debitore – non essendo un atto pubblico – non configura reati contro la pubblica amministrazione.

Un caso particolare è quello del “professionista indipendente” o attestatore previsto dall’art. 25‑undecies CCII: si tratta di un professionista terzo che l’imprenditore può incaricare quando propone di rateizzare debiti con la Pubblica Amministrazione. Questa figura è molto simile all’attestatore del concordato: deve elaborare due relazioni – una sulla convenienza della proposta e una di due diligence sui dati aziendali – e depositarle in camera di commercio. Anche l’attestatore in composizione negoziata è tenuto al segreto e all’obbligo di diligenza. I rischi di responsabilità sono paragonabili a quelli dell’esperto: civilmente (risarcimento danni se la sua relazione è gravemente errata) e penalmente qualora rilasci certificazioni false ai sensi del DPR 445/2000. Infatti, il comma 5 dell’art. 3 D.L. 118/2021 dispone che le dichiarazioni di indipendenza del professionista sono rese secondo il DPR 445/2000 e ne segue che la loro falsità può essere punita ai sensi dell’art. 495 c.p. con l’aumento di pena previsto per dichiarazioni mendaci. Inoltre, per analogia con la L.Fall., l’attestatore che mente sul proprio titolo o indipendenza rischia la sanzione dell’art. 236-bis L.F. (che punisce con la reclusione fino a 3 anni la falsa attestazione dei liquidatori o attestatori fallimentari).

Organi di controllo societario (collegio sindacale, revisore)

Gli organi di controllo della società (collegio sindacale, revisore legale, in S.r.l. anche il sindaco unico) hanno un ruolo indiretto. Il Codice della crisi (art. 25-octies e ss.) ha assegnato loro il compito di attivare tempestivamente procedure di allerta interna: per es., se riscontrano segnali di squilibrio (passività intorno o superiori all’attivo, ecc.), possono convocare l’assemblea o proporre la composizione negoziata. Sul piano della responsabilità, tali organi rispondono civilmente per violazione dei doveri di vigilanza (art. 2409‐bis c.c. per S.r.l., art. 2392 c.c. per S.p.A.), in quanto partecipanti alle perdite oltre i limiti o alla bancarotta. Ad esempio, se i sindaci non denunciano al tribunale la crisi imminente o approvano consuntivi falsi, potranno essere citati dai creditori o dalla società per aver cagionato il dissesto. Penalmente, i membri degli organi di controllo che partecipano a fatti illeciti dell’organo amministrativo possono rispondere di bancarotta (artt. 239 e 240 L.F.). Occorre osservare che l’informativa nel CCII (artt. 25‐25decies) prevede che banche e creditori pubblici qualificati inviino “campanelli d’allarme” sulla salute dell’impresa direttamente agli organi di controllo. Se questi li trascurassero, potrebbero essere ritenuti negligenti. In conclusione, gli organi di controllo hanno unicamente responsabilità di diritto societario/fallimentare ordinario (oltre alle conseguenze previste da 231 se inadempienti), ma non hanno compiti né responsabilità specifici all’interno della procedura di composizione negoziata in sé.

Creditori – responsabilità e obblighi

I creditori (privati, finanziari, erariali) partecipano come controparti nelle trattative. In linea generale, non gravano su di essi particolari responsabilità per l’accesso del debitore alla composizione negoziata: l’esperimento della procedura rimane facoltativo e non comporta impegni diretti ai creditori (che restano liberi di aderire o meno alle proposte). Tuttavia, il legislatore ha voluto incentivare la collaborazione dei creditori qualificati (banche, Fisco, INPS) introducendo un obbligo di risposta a determinate richieste: per esempio, l’imprenditore può allegare alla domanda una dichiarazione resa ai sensi del DPR 445/2000 in cui dichiara di aver chiesto ai creditori pubblici (Agenzia Entrate‐Riscossione, INPS) il certificato unico dei debiti tributari e contributivi. Da parte loro, le PA hanno 15 giorni per fornirlo. In passato non esistevano sanzioni specifiche per il ritardo, ma l’interpretazione corrente è che la mancata risposta o il rilascio di dati falsi possa integrare illecito di malversazione o autoriciclaggio (D.Lgs. 231/01) da parte dei funzionari responsabili, nonché inadempimento della PA.

Di particolare rilievo è la posizione delle banche creditrici. Prima della riforma 2024, alcuni istituti tendevano a sospendere le linee di credito alla mera accesso alla composizione, come se si trattasse di insolvenza conclamata. Il nuovo art. 16, co.5 CCII stabilisce che l’accesso alla composizione negoziata di per sé non comporta la classificazione a sofferenza del credito. In altre parole, i crediti restano in bonis finché la situazione è oggetto di trattativa, e la banca valuta la rischiosità in base al progetto di risanamento presentato. L’art. 16 prevede inoltre che ogni eventuale sospensione o revoca dei fidi vada comunicata agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa con le relative motivazioni. Nel nuovo comma 8 dell’art. 16 CCII (introdotto dal correttivo) si chiarisce infine che le banche non saranno responsabili per aver concesso nuova liquidità durante la composizione negoziata, né per aver proseguito i rapporti di credito semplicemente perché l’imprenditore è in crisi. In sintesi: ai creditori non si riconoscono oneri eccezionali o poteri ulteriori nella procedura di composizione negoziata; essi devono comunque comportarsi secondo correttezza commerciale e legale, ma restano liberi di accettare o rifiutare l’accordo. Se dovessero agire con dolo (ad es. negoziando clausole vessatorie o rifiutando senza motivo accordi validi per trarre profitto dalla crisi dell’impresa) potrebbero rispondere civilmente dei danni arrecati. Tuttavia, non esistono casi giurisprudenziali comuni di creditori “colpevoli” nel contesto della CNC.

Giurisprudenza aggiornata

Di seguito si richiamano alcuni orientamenti giurisprudenziali rilevanti sulla composizione negoziata, utili per chiarire temi chiave:

  • Cass. Civ. 12 febbraio 2025, n. 3634 (Ord.): ha sancito che la mera pendenza di misure protettive o della procedura di composizione negoziata non obbliga il giudice fallimentare a rinviare l’udienza per la dichiarazione di fallimento. In altri termini, il debitore non ha un diritto assoluto di “sospendere” il fallimento chiedendo CNC: se un procedimento concorsuale (p.es. fallimento) è già avviato, il tribunale può proseguire anche se il debitore sta trattando con i creditori fuori giudizio. La Corte ha quindi evidenziato che eventuali nullità di processo per mancato rinvio devono essere sollevate tempestivamente e richiedono dimostrazione di pregiudizio concreto. In pratica, una composizione negoziata non blocca automaticamente il fallimento. Questo principio è fondamentale: non confondere le misure protettive (art. 18 CCII) con i provvedimenti “cautelari” del codice fallimentare; essi restano separati.
  • Trib. Milano, 22.11.2023: ha affermato che le misure cautelari richieste in composizione negoziata (art. 17 CCII) non possono riprodurre gli effetti delle misure protettive (art. 19 CCII). Nel caso in esame la società aveva chiesto una sospensione coattiva di effetti esecutivi per un anno, ma il tribunale ha rigettato l’istanza come inammissibile. Il giudice ha ricordato che le misure protettive ordinarie hanno durata massima di 240 giorni e scopi ben definiti, mentre le misure cautelari in negoziato non possono sovrapporvisi. Principio: “Le misure cautelari, nella composizione negoziata, non possono avere un contenuto e degli effetti sovrapponibili a quelli, tipici, delle misure protettive.”. Questo orientamento evidenzia che il legislatore non ha voluto trasformare la CNC in un surrogato fallimentare: i mezzi giurisdizionali concessi restano limitati e distinti.
  • Trib. Parma, 26.9.2023: ha preso posizione sul compenso degli advisors del debitore. Nel caso analizzato, l’imprenditore aveva pattuito una parcella per i propri legali e consulenti superiore a quella riconosciuta all’esperto nominato. Il tribunale ha stabilito che tale eccedenza non è legittima, perché l’imprenditore ha un dovere di tutela degli interessi dei creditori: non si può considerare onere legittimo che gli advisors guadagnino più dell’esperto, altrimenti verrebbe violato il principio di eguaglianza di trattamento dei creditori. Conseguentemente, il compenso degli advisors va ridotto affinché non superi quello spettante all’esperto. Questo precedente sottolinea la natura “paritaria” della CNC: tutte le spese (comprese quelle professionali) devono essere ragionevoli e proporzionate all’andamento della procedura.
  • (Altri orientamenti): si citano brevemente alcune pronunce di merito e massime utili: la Cass. Civ. 30.7.2024 n. 21344 – pur riguardando l’anatocismo bancario – ha osservato che l’art. 120 TUB (vietando la capitalizzazione degli interessi) si applica anche alle esposizioni in composizione negoziata, legittimando il creditore a sospendere anatocismi. Il Tribunale di Milano 8.11.2023 ha sottolineato (in altra vicenda concorsuale) che la composizione negoziata non equivale a concordato, ribadendo l’assenza di efficacia estesa delle moratorie civili (comma 6 art. 7 CCII) sulle azioni dei creditori pubblici. Infine, alcuni tribunali minor dimostrano cautela sull’uso delle misure protezionistiche; ad es. il Trib. Roma 2024 ha rilevato che le misure protettive non sospendono obblighi di legge verso certi creditori (Trib. Milano 2023, su crediti contributivi).

In generale, la giurisprudenza di legittimità e di merito conferma che la composizione negoziata è una procedura flessibile ma non destabilizzante: non crea diritti speciali se non quelli espressamente previsti, e non può diventare strumento di abuso. Viceversa, gli inadempimenti processuali (non comparire alle trattative, non presentare ricorsi in tribunale se necessario) si valutano con il metro del pregiudizio concreto per le parti.

Tabelle riepilogative delle responsabilità

Per chiarezza, si riportano di seguito tabelle che sintetizzano, per ciascun soggetto coinvolto, le possibili responsabilità di natura civile, penale, amministrativa e professionale nell’ambito della composizione negoziata.

Tabella 1. Responsabilità dell’esperto, del debitore e degli altri soggetti (tipologie).

SoggettoResponsabilità civileResponsabilità penaleResponsabilità amministrativa/legaleResponsabilità professionale/deontologica
Esperto– Diligenza nell’esame dei documenti, riservatezza – Se grave negligenza o concorso con debitore: risarcimento danni verso creditori (es.: non opporsi a operazioni lesive).Non è P.U., quindi no reati contro PA. – Non risponde di falso in atto pubblico (atti non a P.U.). – Esclusa violazione segreto P.U. (art. 326 c.p.) e omissione P.U. (art. 328 c.p.). – Rischi reali: bancarotta fraudolenta in concorso con debitore (se partecipa a distrazioni, false comunicazioni). – Falsa attestazione sui requisiti (DPR445): reato ex art. 495 c.p..– Nessuna sanzione amministrativa specifica per l’esperto in CCII. – Come privato, non soggetto alla L. 231.– Deontologia propria (es.: Principi di attestazione CNDC). – Può subire sanzioni del proprio ordine (CNDCEC, Cassazione, ODCEC) per violazione di doveri di diligenza o veridicità. – Se iscritto albo curatori, applicazione art. 189‐bis (interessi nel processo).
Debitore/Imprenditore– Buona fede e correttezza: se inganna (dati falsi, omissione di debiti) può essere onerato a risarcire i creditori danneggiati (contratto/illecito).– False comunicazioni in bilancio (art. 2621 c.c.) e bancarotta fraudolenta (se procedura fall. dopo CNC) se distrugge o sottrae asset. – Reati tributari (evasione) e usura resta perseguibile anche in CNC. – Se società: eventuali reati per i suoi amministratori ricadono sulla società (D.Lgs. 231/2001).– Se società: 231/01 – obbligo di modelli organizzativi; omissione grave può costituire illecito 231. – Sanzioni eventuali per inadempimento di norme speciali (es.: non deposito bilanci, non trasmissione dati fiscali).– L’imprenditore non ha «deontologia», ma se è professionista (es. commercialista) risponde anche disciplinarmente per la sua condotta. – Se legale rappresentante, risponde disciplinarmente per illeciti societari (ex art. 2392 c.c.).
Professionisti del debitore (consulenti/advisors)– Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: devono operare con diligenza. Esempio: piano errato = risarcimento per colpa professionale.– Se forniscono consulenza fraudolenta (incoraggiano azioni penalmente rilevanti con debito‐silver), possono rispondere in concorso di eventuali reati commessi (es. bancarotta). – Falsa attestazione del debitore non li riguarda penalmente, a meno che partecipino attivamente alla frode.– Normalmente non soggetti a sanzioni “amministrative” particolari. – Se organizzazioni complesse: possibile 231/01 se reati commessi nell’interesse della società (ad. es. tra i consulenti dell’impresa).– Disciplinare: soggetti a codici deontologici del proprio ordine (avvocati, commercialisti). – Se in possesso di requisiti fallimentari (es. è anche curatore in altre procedure): non può fungere da attestatore (art. 4 c.1 D.L. 118/21).
Professionista attestatore– Opera su incarico del debitore per piani di pagamento ai creditori pubblici: risponde civilmente se relazioni ingannevoli procurano danno (analogo attestatore fallimentare).– Dichiarazioni dell’attestatore rese a P.U. ex DPR 445/2000: se false, reato ex art. 495 c.p. (con aggravante art. 76 DPR). – Per analogia art. 236-bis L.F.: falsa attestazione a terzi (creditori/tribunale) può configurare bancarotta.– Nessuna normativa amministrativa specifica. – L’attestatore fallimentare “storico” aveva obbligo di modello 231/01: similmente, può ricadere su di lui, se commette reati nell’esercizio dell’attività certificatrice.– Deve attenersi strettamente ai Principi di attestazione del CNDCEC. – Violazioni possono essere sanzionate dal Consiglio dell’Ordine (sospensione, radiazione).
Organi di controllo– Se omettono gravi obblighi (non denunciare crisi, approvare bilanci falsi): responsabilità verso la società e i creditori (art. 2392/2409bis c.c.).– Se partecipano a fatti illeciti (false relazioni, occultamento di attività): bancarotta (artt. 239-240 L.F.). – Se firmano bilanci falsi: eventuali reati tributari (frode IVA, ecc.).– Sono soggetti a norme societarie (ad es. segnalazione degli “allarmi” art. 25‑25decies CCII): omissione grave può incidere su eventuale responsabilità amministrativa dell’ente (231/01) se ne beneficiano reati.– Devono seguire i doveri deontologici (se sindaci revisori iscritti all’albo). – Sanzionati dall’ODCEC o OMCL se violano norme di legge (es. partecipano a pratiche illegali).
Creditori (banche, PA, privati)– In generale, ciascun creditore tutela i propri interessi: non ha responsabilità verso terzi per aver rifiutato o accettato proposte. Tuttavia, se abuso di posizione: possibile responsabilità per concorrenza sleale (art. 2598 c.c.).– Nessun reato specifico inerente alla procedura CNC. Rischiano responsabilità penali ordinarie se commettono reati propri (ad es. false attestazioni fideiussorie, appropriazione indebita, usura).– Banche: normative prudenziali (CICR) non impediscono misure cautelari CNC. – Creditori PA: eventuale illecito D.Lgs. 231/01 se forniscono dati falsi o agevolano truffe a danno dell’erario.– Non si applica deontologia (salvo professionisti creditori). – Le banche e PA non seguono codici deontologici specifici in relazione alla CNC.

(Nelle tabelle: CCII = Codice crisi; L.F. = Legge Fallimentare; C.C. = Codice civile)

FAQ – Domande e risposte sui dubbi più comuni

1. Chi può richiedere la composizione negoziata e quando?
La CNC è aperta a ogni imprenditore commerciale o agricolo, anche società di persone, che versi in probabile stato di crisi o insolvenza. Non è necessario che l’impresa sia formalmente insolvente: basta un forte squilibrio economico/patrimoniale. Generalmente si attiva quando i segnali d’allarme sono evidenti (perdite ingenti, impossibilità di pagare scadenze, diniego di finanziamenti). Gli organi di controllo societario hanno persino il dovere di segnalare al management le situazioni critiche (art. 25-octies CCII), potendo suggerire la CNC come soluzione preventiva.

2. Chi nomina l’esperto e con quale procedura?
L’imprenditore stesso sceglie l’esperto (dall’albo camerale regionale) presentando domanda telematica. La Commissione regionale (o il segretario generale della CCIAA) verifica i requisiti e nomina formalmente il professionista. L’esperto può rifiutare l’incarico entro 2 giorni se rileva incompatibilità. Alla nomina fa seguito una nota che innesca la procedura (la controparte dei creditori viene invitata, e l’esperto convoca l’imprenditore e definisce il piano lavori).

3. Le misure protettive bloccano i pignoramenti?
Sì, ma con limiti. L’imprenditore può chiedere al tribunale misure protettive (art. 18 CCII: sospensione esecuzioni, divieto di dichiarare fallimento, interventi giudiziali in sua difesa) fino al termine dell’istruttoria. Tuttavia, come ribadito da Cassazione e tribunali, tali misure valgono 240 giorni max. Esse non garantiscono automaticamente che il giudice rinvii una causa già avviata: il CNC è stragiudiziale e le misure sono accessorie. Dopo la loro scadenza (o revoca), gli esecutati possono riprendere corso. In ogni caso, le misure protettive non sospendono né escludono gli obblighi fiscali/neutrali del debitore: questi resta tenuto ai versamenti e agli adempimenti obbligatori.

4. Quali documenti deve produrre l’imprenditore?
La domanda di accesso deve contenere: bilanci degli ultimi 3 esercizi (o progetti anche non approvati); piano di risanamento che illustri strategie aziendali e previsioni finanziarie; l’elenco completo dei creditori (suddivisi per tipologia: dipendenti, fornitori, banche, erario, INPS ecc.); il certificato unico dei debiti tributari e il prospetto dei debiti previdenziali (ADE, DURC); estratto banca d’Italia centrale rischi. In caso di gruppo di imprese, vanno dati dati sul gruppo (bilancio consolidato, collegamenti societari). Inoltre l’imprenditore dichiara sotto responsabilità di non aver già avviato altra procedura (es. concordato o liquidazione) prima di chiedere la CNC. Questi documenti servono all’esperto per inquadrare la situazione e agli organi competenti per valutare l’ammissione.

5. Quali poteri ha l’esperto durante le trattative?
L’esperto convoca le parti (debitore e creditori che vorranno intervenire) e conduce colloqui riservati. Può chiedere ogni chiarimento al debitore e documenti integrativi. Egli “verifica la coerenza” delle informazioni contabili ricevute. L’esperto non può imporre decisioni, ma può presentare ai creditori proposte d’accordo (piani di rimborso, dilazioni, ristrutturazioni); allo stesso modo, assiste il debitore nella formulazione delle offerte. Se necessario, svolge interrogatori tra le parti per appianare conflitti. Al termine, se creditori e debitore trovano intesa, l’esperto redige l’accordo/convenzione finale (eventualmente su più documenti contrattuali) e ne attesta il contenuto: deve “dare atto” che l’accordo consente la continuità per almeno 2 anni. La sottoscrizione finale dell’accordo comprende l’impronta dell’esperto, ma egli non certifica la veridicità dei dati (come farebbe un attestatore): si limita a validare, in base alla verifica di massima, che il contratto è coerente e funzionale alla soluzione della crisi. In ogni momento l’esperto può presentare al tribunale istanze di misure protettive o chiedere autorizzazioni speciali (art. 22 CCII).

6. Cosa succede se la procedura non riesce?
Se entro 360 giorni (prorogabili di altri 180) non si conclude con un accordo valido, la domanda di composizione negoziata viene archiviata. A quel punto l’imprenditore può bussare al tribunale per concordato o liquidazione fallimentare. Tuttavia, come evidenziato, l’avvio della CNC non preclude la successiva scelta del concordato (anzi, ne viene quasi inevitabile: o si trova un patto o si passa all’insolvenza giudiziale). Importante: se il processo fallimentare è già in corso, l’esito dell’istanza CNC (positiva o negativa) non annulla il fallimento già dichiarato. La Cassazione 3634/2025 ha confermato che l’insuccesso negoziale non inficia la sentenza di fallimento: il debitore deve procedere normalmente con la procedura concorsuale. Ciò significa che la composizione negoziata non esonera da successivi obblighi di legge (es. deposito della dichiarazione di fallimento) e non produce automaticamente effetti esdebitativi o ratificativi.

7. L’esperto può essere sostituito?
Sì. L’imprenditore (o almeno due soggetti coinvolti nelle trattative) può chiedere la revoca dell’esperto in caso di gravi inadempienze (mancato svolgimento dell’incarico, conflitti non dichiarati, ecc.). La sostituzione deve però essere motivata e approvata dalla commissione nominante. Fino a che l’esperto non viene formalmente sostituito, gli spetta piena competenza. Durante la fase di sospensione per sopravvenienza di fallimento, il creditore può segnalare eventuali comportamenti irregolari dell’esperto al tribunale fallimentare (che può decidere se confermare o meno l’operato dell’esperto stesso nell’ambito della nuova procedura).

8. Quali garanzie hanno i creditori?
Nella CNC non esiste l’omologa giudiziale del piano come nel concordato: l’accordo finale tra debitore e creditori si realizza privatamente e ha efficacia solo tra le parti sottoscritte. Le garanzie legali sono dunque più limitate. Tuttavia:

  • Ogni creditore può valutare liberamente la proposta; i creditori esclusi possono agire separatamente in giudizio.
  • Se il debitore non rispetta un accordo raggiunto (ad es. non paga le rate concordate), la volontà concordata non produce effetti erga omnes (contrariamente all’omologazione). I creditori dovranno rivalersi individualmente e potenzialmente aprire procedura fallimentare.
  • Se l’accordo prevedeva atti traslativi (es. cessione di ramo d’azienda) e questi sono stati compiuti in buona fede, gli effetti si compiono (non è più possibile “tornare indietro” poiché l’atto è valido). I creditori che subissero un danno possono cercare ristoro in base a quelle obbligazioni contrattuali sottoscritte dai partecipanti.
  • In caso di concordato inviato al tribunale (es. un concordato semplificato che nasce da un’intesa negoziata), tali accordi divengono efficaci solo con l’omologa del giudice. Fine del gioco privato, in quel caso i vincoli diventano pubblici.

9. Le banche sono obbligate a concedere nuovi finanziamenti?
No. La banca creditrice resta libera di rifiutare nuove linee di credito anche durante la CNC. Tuttavia, la prassi bancaria prudenziale è mitigata: come detto, l’accesso alla CNC non cambia la classe di credito esistente, e la banca deve valutare il credito sulla base delle prospettive del piano presentato. Il decreto correttivo ha voluto favorire il flusso di liquidità, statuendo che la semplice prosecuzione dei rapporti di fido non costituisce di per sé illecito. In altre parole, una banca che, pur consapevole della crisi, decide di sostenere l’impresa non rischia di essere considerata responsabile verso gli altri creditori. D’altro canto, se la banca concesse prestiti pregiudizievoli (es. con interessi usurari o senza garanzie) e ciò aggravasse la crisi, potrebbe essere citata in giudizio dai liquidatori successivi, ma con onere probatorio difficoltoso.

10. Il debito fiscale può essere dilazionato?
Sì, l’imprenditore può proporre ai creditori (in particolare Agenzia Entrate, INPS) di pagare solo una parte dei debiti tributari/previdenziali in scadenza, allegando due certificazioni indipendenti: una che attesti la convenienza della proposta rispetto al fallimento e una di completezza dei dati. Queste sono redatte dall’attestatore indipendente e da un revisore nominato. Se i creditori pubblici accettano la proposta (che è negoziata consensualmente, non omologata dal giudice), l’accordo si conclude come con qualsiasi altro creditore. In mancanza di accordo, il debitore può comunque proporre successivamente un concordato al tribunale, per definire i debiti residui secondo le norme codicistiche (accompagnato da attestazione apposita). In ogni caso, l’adesione del Fisco ai piani concordati in negoziazione resta legata al principio di ragionevolezza e valutazione del piano presentato. Non esistono sanzioni aggiuntive immediate per il debitore che negozi col Fisco, ma i pagamenti agevolati durante la composizione negoziata possono godere di benefici fiscali (riduzione interessi di mora, abbattimento sanzioni, ecc., artt. 25‑bis e segg. CCII).

Casi pratici e simulazioni

Per rendere concrete le implicazioni operative, si propongono due simulazioni ipotetiche:

Caso 1: Piccola impresa artigiana in difficoltà

Mario Rossi è titolare di una S.R.L. artigiana con 5 dipendenti, attiva da 10 anni. A causa della crisi di mercato, negli ultimi due esercizi l’azienda ha registrato perdite crescenti, e i creditori – in particolare una banca locale – hanno iniziato a ridurre gli affidamenti. I fornitori faticano ad essere pagati. In aprile 2024, Mario decide di attivare la composizione negoziata: affida l’incarico a un commercialista esperto in crisi d’impresa (CNC) che aggiorna il proprio CV sull’esito di precedenti mediations.

Percorso procedurale: il commercialista viene nominato esperto entro pochi giorni dalla domanda sulla piattaforma, dove Mario deposita: bilanci degli ultimi 3 anni (due approvati, il terzo in bozza), il piano di risanamento (basato su un nuovo macchinario che migliorerebbe produttività), elenco creditori (banche, fornitori, INPS, fisco). Man mano che il CNC procede, l’esperto convoca Mario e i fornitori principali (incontri riservati), assembla documenti aggiuntivi e tiene aggiornati i registri camerali.

Problema emergente: dopo 6 mesi di trattative, appare chiaro che il piano non sarà sufficiente: il solo macchinario non salverà i conti. L’esperto avverte Mario che l’attuale proposta di ristrutturazione (ripagare i fornitori dilazionando in 5 anni) è poco credibile. Mario insiste però che bisogna continuare. L’esperto invita allora i creditori a una nuova conferenza: spiegando le reali previsioni negative, e propone due alternative ai fornitori (ad es. un piano diverso con un socio finanziatore esterno).

  • Se i creditori acconsentono: si raggiunge un accordo formale (es. doc. di ristrutturazione debiti) che viene sottoscritto da tutte le parti; l’esperto redige la relazione finale attestandone i contenuti (che «l’accordo garantisce continuità per almeno 2 anni»). Il compenso dell’esperto, fissato al 2% dell’attivo, è pienamente legittimo e copre anche quello del commercialista aziendale che ha collaborato.
  • Se il problema resta insolubile: i creditori rifiutano di seguire Mario; il CNC termina dopo 360 giorni senza esito. La domanda viene archiviata. Da quel momento Mario, scaduto invano il termine, può presentare istante di fallimento o concordato. Il ricorso bancario al tribunale non viene bloccato dalla composizione: il giudice può procedere al fallimento, come indicato dalla Cassazione (Cass. 3634/2025).

In questo caso Mario ha l’obbligo di riferire in modo completo all’esperto: se avesse nascosto, ad esempio, una fideiussione personale non iscritta a libro soci, potrebbe essere poi citato in giudizio dai suoi creditori per omessa comunicazione. L’esperto, dal canto suo, deve aver rispettato la diligenza (richiedendo tutte le info) e aver segnalato formalmente le incongruenze in assemblea. Se, per esempio, Mario non avesse consegnato all’esperto i conti correnti bancari con annotazioni di fidi revocati e l’esperto non lo rilevasse, quest’ultimo rischierebbe una contestazione di imperizia. Tuttavia, se l’esperto ha fatto notare in primo incontro il rischio di ulteriori perdite e Mario ha scelto di ignorarlo, l’esito negativo si riflette esclusivamente su Mario. L’esperto in alcun caso risponde della decisione finale del debitore di non proseguire trattative diverse: la responsabilità rimane in capo all’imprenditore che ha la gestione della crisi.

Caso 2: Media impresa industriale con pianificazione negativa

La società Alfa S.p.A., con 50 dipendenti e fatturato medio-annuo di 5 milioni, accusa nel 2023 una perdita di 800.000 euro a causa del crollo di un cliente principale. Il 1° gennaio 2024 l’organo di controllo interno segnala la situazione anomala (art. 25-octies CCII) e convoca l’Assemblea, la quale decide di tentare la composizione negoziata. Viene nominato come esperto un avvocato specializzato in ristrutturazioni aziendali.

L’esperto si muove subito: chiede ad Alfa di predisporre un progetto di piano ai sensi dell’art. 17 CCII, corredato da relazione finanziaria di un revisore, e raccoglie dati su debiti (banche, dipendenti, fisco). Presenta istanza alla Camera di Commercio e ottiene in 10 giorni le misure protettive (sospensione pignoramenti, definito “blocco UE” di 240 giorni). Durante le trattative, si evidenzia che il debito bancario è eccessivo: il Piano prevede tagli di costi e aumento margini, ma servirà altro capitale.

  • Fase negoziale: l’esperto convoca la capogruppo bancaria, l’Agenzia Entrate e gli altri creditori. Propone un piano d’insieme: i soci versano 500.000 €, i dipendenti acconsentono a un minore stipendio temporaneo (legato a un premio finale), le banche concordano di posticipare rimborsi a 5 anni. Viene redatta convenzione di ristrutturazione debiti che contiene clausole vincolanti tra le parti. L’esperto nel verbale nota espressamente che tutti i creditori “hanno ritenuto congrua la soluzione”. I consulenti di Alfa (team finanziario interno e legali) sottoscrivono un mandato per la procedura: il loro compenso viene ricalcolato in modo tale da non superare quello riconosciuto all’esperto, in conformità con la giurisprudenza. La trattativa si conclude con successo.
  • Responsabilità nella fase operativa:
    • Se l’esperto avesse proposto un piano fraudolento (ad. es. ingannando i creditori sullo stato dei conti), egli potrebbe risponderne civilmente e penalmente per concorso in bancarotta (ma in un percorso riuscito questo non si dà). Nel caso andato a buon fine, l’esperto deve solo confermare per iscritto la sua relazione finale al tribunale (tale comunicazione non si estende agli organi giurisdizionali perché in CNC non serve omologa).
    • Se in corso di trattative emergessero reati (es. scoperta di ammanchi di cassa), l’esperto non è obbligato a denunciare (non è P.U.); tuttavia, la società e i suoi amministratori sì (art. 2400 c.c. sul dissesto). Un imprenditore, trovandosi con debiti elevati e condizioni cattive, potrebbe pensare di abusare della procedura per coprire illegittimità, ma in tal caso ne risponde penalmente (non l’esperto).
  • Successo della procedura: l’accordo raggiunto è completo e – benché non omologato – vincola le parti sottoscritte. Alfa si impegna a realizzare il piano. Nel caso simulato, se Alfa e i creditori applicassero poi quei patti (pagamenti dilazionati, riduzioni salariali) gli effetti si compiono. Se una banca ad esempio dovesse revocare ingiustamente il credito, Alfa potrebbe impugnare tale revoca denunciandola come atto contrario a good faith (anche se successivamente dovrà comunque rispettare il piano concordato). In fase successiva, il buon adempimento di Alfa alle condizioni accordate creerà certezza tra le parti.
  • Ripercussioni post-procedura: Dal punto di vista della responsabilità, Alfa avrà adempiuto agli obblighi civili assunti. Se invece in corso di esecuzione paga in ritardo i fornitori, questi conservano il diritto di escutere le garanzie (o chiedere interessi di mora). Se Alfa rispettò il piano e poi fallisce per eventi sopravvenuti, non si contestano responsabilità all’esperto (che ha semplicemente facilitato un accordo) né agli amministratori (che avranno agito secondo l’accordo); in quel caso si procede normalmente come da codice fallimentare.

Questi esempi illustrano come, in pratica, non vi sono responsabilità aggiuntive misteriose: il debitore e i professionisti devono semplicemente adempiere diligentemente ai doveri normati. Le responsabilità emergeranno solo in caso di negligenza o frodi palesi – casi che, da un lato, i tentativi di composizione vogliono prevenire, dall’altro ricadono nelle fattispecie di diritto comune (fallimentare e civile).

Fonti e approfondimenti

  • Normativa: D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), con particolare riferimento agli artt. 12‑25 CCII; Legge 118/2021 (convertito in L. 147/2021); D.Lgs. 136/2024 recante disposizioni integrative/correttive al CCII.
  • Giurisprudenza: Cass. Civ. Ord. 12.2.2025 n. 3634; Trib. Milano 22.11.2023; Trib. Parma 26.9.2023; Cass. Civ. 30.7.2024 n. 21344 (anatocismo bancario).

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