Quali Sono Le Differenze Tra La Transazione Fiscale Ordinaria E Quella Semplificata?

Hai debiti con il Fisco e stai valutando la transazione fiscale per risolverli? Non sai se puoi accedere alla procedura ordinaria o a quella semplificata? Ti aiutiamo a capire qual è la strada giusta per te.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in trattative fiscali e risanamento del debito tributario – è pensata per spiegarti le differenze tra transazione fiscale ordinaria e semplificata, e come sfruttare al meglio queste opportunità per ridurre il debito e ripartire.

Scopri quando puoi accedere alla transazione semplificata (per i soggetti sovraindebitati o non fallibili), quali sono i vantaggi della procedura ordinaria (nelle crisi d’impresa), che tipo di debiti puoi includere e cosa cambia in termini di documenti, approvazione e risultati.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, far analizzare la tua posizione con un avvocato esperto e costruire una strategia efficace per trattare il debito fiscale in modo sicuro e sostenibile.

Introduzione

La transazione fiscale è uno strumento concorsuale che consente all’impresa in crisi di concordare con l’Amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate e, in certi casi, enti previdenziali) il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari maturati, nell’ambito di procedure di risanamento concordato (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, ecc.). A seguito delle recenti riforme del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e correttivi), sono emerse due “forme” pratiche di transazione: una «ordinaria» (occorrente nei concordati e accordi omologati) e una cosiddetta «semplificata», applicata nella composizione negoziata della crisi. Pur basandosi sullo stesso principio di fondo – il sacrificio del credito tributario in cambio di un vantaggio collettivo – le due forme differiscono notevolmente sotto il profilo procedurale, organizzativo e sostanziale.

Questa guida, aggiornata a maggio 2025, analizza in modo comparativo e approfondito transazione fiscale ordinaria e semplificata in Italia, ricorrendo alle norme vigenti, alle più recenti modifiche legislative (inclusi il Codice della Crisi D.Lgs. 14/2019 e i correttivi più recenti) e alla giurisprudenza attuale (Cassazione, Tribunali e Corti d’Appello). Si descrivono presupposti, soggetti coinvolti, iter procedurali, effetti giuridici, vantaggi, criticità, impatto sui creditori, trattamento dei debiti fiscali e contributivi, tempi di attuazione, revocabilità e impugnabilità. Sono incluse tavole comparative sintetiche, casi esemplificativi numerici e una sezione “Domande e Risposte” su quesiti frequenti, seguite da un elenco completo delle fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali consultate.

Quadro normativo di base

La transazione fiscale è stata introdotta in Italia con la Legge 178/2020 (Finanziaria 2021) che aggiunse all’ordinamento fallimentare l’art. 182-ter, estendendo il concordato preventivo a crediti tributari e contributivi. Con il Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs. 14/2019), entrato in vigore nel 2022, l’istituto è confluito nell’art. 88 CCII, comma 2‑bis (conservando i limiti dell’art. 112, co.2, L.Fall. originaria). Tale norma disciplina la transazione fiscale nei concordati con continuità, integrando nel piano di risanamento la possibilità di ridurre i debiti erariali e contributivi. Parallelamente, la riforma ha previsto l’inclusione della transazione negli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 63 CCII).

Negli anni seguenti, ulteriori interventi legislativi hanno ampliato il perimetro dell’istituto. La Legge 147/2022 (bilancio 2023) ha ridefinito il concordato straordinario semplificato (art. 25‑sexies CCII) e richiamato espressamente la transazione fiscale come strumento per soddisfare crediti tributari nel concordato semplificato. Il decreto correttivo D.Lgs. 136/2024 ha precisato che la transazione fiscale nel concordato semplificato resta applicabile soltanto in ambito liquidatorio (non nel concordato in continuità). Infine, la Legge 111/2023 (delega fiscale) ha previsto una revisione futura della materia, con l’intenzione di estendere la transazione anche ai tributi locali e alle procedure di liquidazione straordinaria dell’imprenditore.

Per quanto riguarda invece la composizione negoziata della crisi, istituita dal D.L. 118/2021 (art. 23 CCII) e successive modifiche, essa non includeva originariamente la transazione fiscale tra gli strumenti possibili. Tale lacuna è stata colmata dal terzo decreto correttivo: con il D.Lgs. 136/2024 è stato aggiunto all’art. 23 CCII, comma 2‑bis il principio che “anche nel corso della composizione negoziata può essere concluso un accordo transattivo tra il debitore e le agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Riscossione)”. In tal modo, dall’autunno 2024 anche l’accordo concluso in sede di composizione negoziata può integrare una transazione fiscale, secondo regole semplificate rispetto ai procedimenti formali concorsuali.

Transazione fiscale ordinaria

Definizione e presupposti

La transazione fiscale ordinaria si applica all’interno di procedure concorsuali giudiziali, quali il concordato preventivo (in continuità o liquidazione) e l’accordo di ristrutturazione dei debiti. Il presupposto fondamentale è la presentazione di un piano di risanamento che include, a corredo degli obblighi verso i creditori commerciali, una proposta di composizione transattiva dei debiti tributari (e contributivi concorsuali) maturati dal debitore. Possono proporre la transazione fiscale solo il debitore stesso (impresa commerciale iscritta nel Registro delle imprese) che si trovi in una delle procedure abilitanti (concordato o accordo di ristrutturazione). I creditori (inclusa l’Amministrazione finanziaria) non possono in proprio avviare un tavolo negoziale per attivare la transazione: essa è parte integrante del piano di risanamento dell’imprenditore.

Per accedere, il debitore deve essere in una situazione di crisi o insolvenza (di norma con due esercizi in perdita e superamento di certe soglie di fatturato/attivo). Deve altresì predisporre tutti gli allegati richiesti dalla legge (relazione dell’esperto attestatore, piano economico, certificazione fiscale, ecc.) e depositare il piano contenente l’offerta di pagamento ai creditori tributarî presso il tribunale fallimentare competente.

Normativa di riferimento

  • Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019), art. 88, comma 2‑bis: disciplina la transazione fiscale nel concordato preventivo.
  • Codice della Crisi, art. 63: prevede la clausola transattiva nei piani di ristrutturazione di debiti.
  • L. 178/2020 (art. 182-ter L.Fall. in vigore fino al 14/7/2022): originariamente aveva introdotto l’istituto.
  • Normativa contribuzioni: la transazione «fiscale e contributiva» include debiti previdenziali INPS e INAIL (entro i limiti del codice).

Debiti inclusi

Nella transazione fiscale ordinaria si considerano esclusivamente i debiti tributari amministrati dallo Stato (Agenzia delle Entrate) e i debiti contributivi verso INPS/INAIL in quanto inseriti nel passivo concorsuale. In generale, il piano può prevedere la riduzione (falcidia) di tutti i tributi erariali maturati fino al giorno precedente il deposito della proposta, inclusi IVA, imposte dirette, accise, bollo, ecc., comprensivi di sanzioni e interessi accessori. Non sono invece soggetti a transazione i crediti di natura diversa (ad es. crediti privilegiati o chirografari di terzi, che seguono il piano concordatario ordinario) né i tributi locali (IMU, TARI, addizionali comunali/regionali). La somma complessiva dei debiti fiscali da assoggettare a transazione si determina secondo le constatazioni già definitive entro la data di deposito della proposta (determinando così il “debito originario” su cui calcolare la percentuale di pagamento). In caso di accertamenti pendenti, l’art. 88 CCII impone all’Agenzia di completarli entro il termine del piano, al fine di dare certezza al calcolo della convenienza comparativa.

Organi e soggetti coinvolti

Gli attori principali dell’iter ordinario sono:

  • Il debitore (imprenditore/società), che propone il piano con la transazione;
  • L’Agenzia delle Entrate (e gli enti previdenziali INPS/INAIL), come creditori pubblici coinvolti;
  • Il tribunale fallimentare e il giudice delegato, che sovrintendono all’istruttoria, convocano l’assemblea dei creditori e omologano il piano;
  • Eventualmente collegio sindacale/consiglio di sorveglianza e revisore legale, con funzioni di controllo (per verificare la regolarità contabile e fiscale del piano);
  • Creditori chirografari e privilegiati (bancari, commerciali, ecc.), che partecipano all’assemblea e alle votazioni secondo il rango di prelazione del credito.

In sede di concordato preventivo in continuità, ad esempio, la proposta di transazione è allegata al piano di continuità aziendale e sottoposta all’omologazione del tribunale. Il giudice delegato convoca l’assemblea dei creditori presso la quale si tengono votazioni (anche separate per classi di creditori). L’Agenzia delle Entrate e gli altri creditori pubblici ricevono normalmente invito all’assemblea e possono votare o rifiutare la proposta. Con l’introduzione del “cram-down fiscale”, il parere dell’Amministrazione non è più vincolante: il tribunale può omologare il piano anche senza adesione del Fisco, purché abbia accertato la convenienza della proposta per l’Erario. In linea generale, la transazione fiscale ordinaria richiede quindi un percorso formale nell’ambito concorsuale tradizionale, con udienze, assemblee creditori e votazioni o decisione giudiziaria finale.

Procedura

Il percorso tipico prevede: (i) depósito della proposta di concordato/accordo all’ufficio del tribunale competente, corredata da relazione dell’esperto attestatore che certifica la veridicità dei dati e la convenienza per l’Erario; (ii) audizione del debitore e degli eventuali commissari nominati, e istruttoria condotta dal giudice delegato; (iii) assemblea dei creditori (in concordato/accordo omologato) con votazioni dei creditori chirografari e privilegiati; (iv) omologazione giudiziale del piano con transazione annessa, se la maggioranza dei creditori (o il giudice, in cram-down) approva.

Secondo la prassi, la transazione va considerata parte integrante del piano di risanamento: essa acquista efficacia solo con l’omologazione finale. Se il piano viene bocciato o revocato, la transazione decade. In fase istruttoria, l’Agenzia delle Entrate esamina la proposta e può sollevare eccezioni, chiedere integrazioni o proporre modifiche. L’art. 88 CCII impone all’Amministrazione di impegnarsi tempestivamente, ma non prevede un termine rigido per la sua risposta (in genere si considerano fino a 90 giorni dalla ricezione).

Efficacia e effetti giuridici

Gli effetti della transazione fiscale ordinaria sono soprattutto il consolidamento del debito tributario nella misura pattuita e il divieto di nuovi atti impositivi sui debiti compresi nella transazione. In pratica, una volta omologato il piano, il debito residuo così determinato diventa definitivo. La giurisprudenza ha ribadito che «la presentazione di una proposta di transazione fiscale in sede concordataria impone all’Amministrazione finanziaria un immediato onere di attivazione di tutti i propri poteri di accertamento relativi ai debiti inclusi nel perimetro del concordato, assegnando alla transazione fiscale una naturale funzione di consolidamento fiscale». In altri termini, finché il piano è efficace l’erario non può agire per recuperare ulteriori somme oggetto della transazione (questa diventa giuridicamente il nuovo debito).

Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la transazione fiscale omologata determina la cessazione della materia del contendere in eventuali giudizi tributari pendenti sui debiti transatti, rendendo inefficaci gli atti impositivi o le sentenze impugnate relative a quelle somme. Il potere impositivo riprende efficacia solo in caso di inadempimento del contribuente che comporti la risoluzione del concordato. In questo modo, con la transazione si ottiene di fatto una «cristallizzazione» del debito fiscale: nessuna pretesa successiva può essere fatta valere sui crediti già transatti, se non dopo aver restituito i vantaggi conseguiti dal debitore. Il Tribunale di Piacenza ha confermato che la transazione, nello spirito dell’art. 88 CCII, ha «una squisitamente acceleratoria funzione finalizzata alla piena attuazione del rapporto tributario già in sede di procedura concordataria».

Dal punto di vista pratico, l’omologazione del piano con transazione congela il debito: l’Amministrazione ha l’obbligo di “consolidare” il debito al livello concordato e deve astenersi dall’emissione di nuove cartelle per gli anni coperti dalla transazione. Soltanto in seguito a un eventuale fallimento del piano (es. inadempimento del debitore) il Fisco potrà rivalersi sulle somme dovute originariamente, ma comunque dopo aver compensato quanto già pagato secondo l’accordo.

Convenienza e criterio di valutazione

Il presupposto fondamentale perché la transazione venga omologata è la convenienza per l’Erario rispetto all’alternativa liquidatoria. Ciò significa che l’ammontare offerto al Fisco nel piano deve essere almeno pari a quanto lo Stato incasserebbe in un’ipotetica liquidazione fallimentare del patrimonio aziendale. L’esperto attestatore e il tribunale devono valutare i flussi di cassa o l’attivo liquido di realizzo e stimare l’incasso che deriverebbe dal fallimento; se l’offerta negoziata è più favorevole (o almeno uguale) l’accordo è «conveniente» e può essere approvato. La dottrina consiglia di basare il confronto su valori esistenti al momento della procedura, evitando di considerare proiezioni future di reddito che potrebbero alterare il raffronto.

In pratica, per non ostacolare artificiosamente la transazione, si ritiene corretto non conteggiare eventuali flussi di cassa futuri dell’impresa, poiché questi non sarebbero liberamente a disposizione dei creditori in caso di liquidazione giudiziale. Viceversa, è determinante esaminare con attenzione le poste realizzabili su beni attualmente esistenti e sui crediti, tassando il debito fiscale per quegli anni con i criteri ordinari (auto-certificazione del contribuente se mancano gli accertamenti definitivi).

Le percentuali di pagamento offerte variano caso per caso. In assenza di disciplina specifica, la prassi suggerisce di proporre almeno il 30-40% del debito originario, sulla base di parametri suggeriti dalla giurisprudenza bancaria e fallimentare per le aggregazioni interbancarie. Dal 2023, alcune linee guida addizionali (DL 69/2023, art.1-bis) hanno indicato in termini generali «minimi» di offerta il 30% per l’IVA e il 40% per le imposte dirette, come riferimento per il cram-down fiscale (cioè l’omologazione coattiva senza adesione del Fisco). Tuttavia, tali soglie sono indicative e occorre sempre dimostrare la convenienza complessiva calcolando il somma da pagare nel piano rispetto a quella incassabile in liquidazione. Il tribunale dovrà, in sede di omologazione, accertare che il compromesso risulti complessivamente migliore per l’Erario.

Effetti su creditori e piano di ristrutturazione

Nel concordato preventivo, l’inclusione di una transazione fiscale può avere effetti rilevanti sul piano complessivo di risanamento. Per consentire nuovi investimenti o l’acquisizione di capitale, il debitore può proporre di «tagliare» i debiti fiscali negoziandoli. Ciò però impatta sui creditori finanziari e commerciali: questi vedono ridotte le risorse disponibili e potrebbero chiedere un aumento della restituzione dei loro crediti in cambio, oppure partecipare in equity. Spesso si tratta di un accordo d’insieme negoziato fra tutte le parti (imprenditore, Fisco, creditori).

Dal punto di vista di Agenzia delle Entrate e INPS/INAIL, la transazione comporta che ricevono in pagamento solo una frazione del credito prima iscritto. Se aderiscono, la loro quota di insolvenza diminuisce; se rifiutano ed è comunque omologato (cram-down), sono tenuti a subire la “falcidia” in nome del principio di par condicio creditorum e del beneficio complessivo dell’impresa. I creditori privilegiati o garantiti del concordato non sono direttamente toccati dalla transazione fiscale, perché i pagamenti delle loro obbligazioni seguono le norme ordinarie del concordato (ad es. pieno soddisfacimento o altri criteri di riparto previsti nel piano). Tuttavia, essendo la riduzione fiscale tendenzialmente compensativa del maggiore valore prospettato per il business continuativo, l’intero piano deve risultare equo anche nei loro confronti.

In definitiva, la transazione fiscale ordinaria altera i piani di riparto: richiede di calcolare separatamente quanto incasserebbero i creditori fiscali rispetto al fallimento, e garantire loro almeno questa somma tramite il piano. I creditori chirografari (banche, fornitori, ecc.) partecipano comunque al voto e ai rimborsi secondo quanto stabilito nel piano concordatario globale.

Tempi e scadenze

Le procedure giudiziarie di concordato prevedono tempi piuttosto rigidi. L’Agenzia delle Entrate, ricevuta la richiesta di transazione nell’istanza, ha tipicamente 90 giorni per esprimersi. Successivamente si tengono udienze di ammissione e di voto, con eventuali opposizioni degli interessati nei 15-30 giorni successivi all’omologazione. L’omologa finale del piano, con inclusione della transazione fiscale, può richiedere complessivamente alcuni mesi dall’avvio, a seconda del Tribunale e delle opposizioni.

Va ricordato che la transazione fiscale, nel concordato, è efficace a partire dalla data di omologazione finale. Ciò significa che prima di tale data il Fisco può proseguire con i suoi ordinarî poteri accertativi; dopo l’omologa, invece, la transazione diventa vincolante e consolidante. Di conseguenza, l’effetto sostanziale di “congelamento” degli atti impositivi si produce con la pronuncia giudiziale finale, come evidenziato dalla giurisprudenza.

Benefici e criticità (effetti concreti)

Benefici: per l’impresa e i creditori, la transazione consente un concreto abbattimento del debito tributario, alleggerendo il carico finanziario complessivo e rendendo potenzialmente sostenibile il piano di risanamento. L’Amministrazione finanziaria è incentivata a collaborare (fidelmente) per ridurre i crediti dell’erario, dal momento che diversamente incasserebbe meno con una liquidazione coatta. In un’ottica di salvataggio aziendale, la transazione favorisce la continuità dell’attività economica e la copertura di maggiori rate di credito con risorse future (posti di lavoro, economia reale).

Criticità: richiede una complessa procedura autorizzativa, con costi legali e notarili elevati (stesura del piano, incarico dell’esperto, ecc.). Il debitore deve allegare documenti contabili certi e spesso risulterà obbligatorio farsi assistere da professionisti abilitati (commercialisti, avvocati fallimentari). L’esito della trattativa è incerto: se l’Agenzia ritiene troppo bassa la proposta, potrebbe opporsi, protrando l’istruttoria. Non bisogna nemmeno escludere rischi di impugnazione post-omologa, anche se la giurisprudenza tende a riconoscere la legittimità della misura una volta approvata (salvo violazioni procedurali). Infine, l’esclusione dei tributi locali e le strette condizioni di convenienza possono rappresentare un limite per le imprese con debiti verso vari enti impositori.

In sintesi, la transazione fiscale ordinaria è uno strumento potente ma impegnativo: potenzialmente risolutivo in ottica salvaguardia aziendale, se ben pianificato; complesso e gravato da rigori procedurali, per il rispetto dell’interesse pubblico e la par condicio creditorum.

Transazione fiscale semplificata (composizione negoziata)

Definizione e contesto

La “transazione fiscale semplificata” non è un’istituto a sé stante formalmente nominato, bensì la modalità con cui la transazione fiscale viene attuata nel contesto della composizione negoziata della crisi d’impresa. Questa procedura stragiudiziale (introdotta dal D.L. 118/2021) consente all’imprenditore in crisi di avviare trattative con i creditori (incluso il Fisco) sotto la supervisione di un esperto indipendente nominato dal tribunale, senza ricorrere immediatamente a un concordato o fallimento. Fino al 2024, la composizione negoziata non prevedeva la transazione fiscale, ma con il D.Lgs. 136/2024 è stato inserito all’art. 23 CCII il comma 2‑bis, che estende allo strumento la possibilità di definire in via negoziale i debiti tributari.

In pratica, nel corso di una composizione negoziata il debitore può concludere autonomamente un accordo con l’Agenzia delle Entrate (e, eventualmente, Dogane e Riscossione) per pagare in modo ridotto o rateizzato i debiti erariali. Tale accordo è redatto con un iter semplificato: la proposta viene depositata in tribunale unitamente al verbale finale dell’esperto, e l’autorità giudiziaria verifica solo la regolarità formale (non c’è una vera e propria assemblea di votazione). Dal punto di vista sostanziale, la “transazione semplificata” ripropone gli stessi criteri di convenienza rispetto alla liquidazione fallimentare, ma la negoziazione è privata e caratterizzata da maggiore flessibilità procedurale.

Normativa di riferimento

  • Codice della Crisi, art. 23, comma 2‑bis (introdotto con D.Lgs. 136/2024): disciplina l’accordo transattivo con le Agenzie fiscali in sede di composizione negoziata.
  • Legge 147/2022 (art. 25-sexies CCII): pur riguardando il concordato semplificato, ha richiamato il ricorso alla transazione fiscale; il correttivo 2024 ne ha comunque limitato l’uso al concordato liquidatorio.
  • Altri articoli CCII: l’accordo finale, una volta sottoscritto, va depositato come “accordo di ristrutturazione dei debiti” ex art. 63 CCII (se omologato dal tribunale).

Presupposti e soggetti ammessi

La transazione semplificata si pone alla fine della composizione negoziata, senza sostituirla: il debitore può negoziare un patto fiscale durante il negoziato, da attuare all’esito con successiva concordataria (di solito un accordo di ristrutturazione). Possono avvalersene le stesse categorie imprenditoriali ammesse alla composizione negoziata (imprese in crisi o insolventi di medie dimensioni, con almeno due esercizi in perdita e superamento di soglie dimensionali). Coinvolti sono:

  • Il debitore (imprenditore) che ha chiesto la composizione negoziata;
  • L’esperto della composizione, che assiste alle trattative e riferisce nel verbale;
  • L’Agenzia delle Entrate (e Dogane/Riscossione), controparti negoziali;
  • I creditori “ospiti” (chirografari o privilegiati) che eventualmente partecipano o sono informati dell’accordo finale.
    Durante la trattativa non intervengono formalmente né assemblee né giurisdizione concorsuale: l’autorità giudiziaria (giudice delegato) è coinvolta in fase finale, quando il verbale con esiti positivi viene depositato per la verifica e l’eventuale omologazione dell’accordo.

In pratica, la composizione negoziata è guidata dall’esperto che media tra imprenditore e creditori, incluso il Fisco. A differenza dell’ordinario, non c’è una figura di giudice delegato “impegnata” nell’istruttoria: esso compare solo in un ruolo di controllo finale al momento del deposito dell’accordo.

Procedura semplificata

  1. Trattativa privata. Il debitore negozia con il personale dell’Agenzia delle Entrate (ed eventualmente Dogane/Riscossione) la misura della riduzione del debito fiscale. L’obiettivo è concordare un piano di pagamento che sia soddisfacente sia per l’Erario sia per il prosieguo del risanamento aziendale. Non ci sono votazioni o assemblee, ma l’accordo finale è un atto negoziale privato che disciplina scadenze e importi.
  2. Relazione dell’esperto. Al termine della composizione, l’esperto redige il verbale finale, che indica se le trattative hanno avuto esito positivo e contiene copia degli accordi conclusi, compreso quello fiscale. Il verbale è depositato in tribunale, senza passare da un’assemblea.
  3. Controllo giudiziario. Il tribunale fallimentare riceve il deposito e verifica la regolarità formale. Non c’è una procedura di voto come nel concordato: il giudice delegato può semplicemente omologare l’accordo (di ristrutturazione dei debiti, ora completo della clausola fiscale) se non vi sono vizi formali. Il termine per le opposizioni è breve (circa 60 giorni totali) rispetto all’ordinario.

Dal punto di vista organizzativo, l’assenza di assemblee e votazioni formali semplifica e velocizza l’iter. Tuttavia, l’accordo finale – sebbene «privato» – produce effetti equipollenti all’omologa: in sostanza, il verbale con l’accordo vincola le parti come se fosse stato omologato da un’assemblea.

Debiti trattati

Anche nell’ambito semplificato si possono transare i debiti fiscali erariali maturati fino a quel momento. In base al nuovo art. 23, comma 2-bis CCII, l’accordo transattivo in composizione negoziata ha ad oggetto il pagamento parziale e/o dilazionato di tutti i debiti tributari (le imposte, IVA inclusa, non solo sanzioni/interessi) finora non saldati. In pratica, l’accordo fiscale negoziato può coprire tutte le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate relative agli anni della crisi, come IVA, IRPEF, imposte patrimoniali, ecc.

Limiti ed esclusioni: in linea con la disciplina ordinaria, i contributi previdenziali (INPS/INAIL) rimangono esclusi e non possono essere transatti in composizione. Inoltre, i tributi locali (IMU, TARI, addizionali regionali) non sono nel perimetro e restano dovuti a sé stanti. Infine, la norma esclude esplicitamente i tributi costituenti risorse proprie UE (alcuni proventi IVA), benché il dibattito su questo punto sia stato ampio; in ogni caso si ritiene ammissibile la falcidia anche dell’IVA ordinaria ai sensi del comma 2-bis.

In sintesi, la platea dei debiti transabili in fase semplificata coincide con quella ordinaria dello Stato erariale, ma essendo negoziati privatamente spesso può avvenire una maggiore flessibilità sui dettagli (per esempio sull’IVA). Ciò nonostante, il presupposto della convenienza resta identico: anche in negoziazione si valuta se gli importi concordati siano più vantaggiosi per il Fisco rispetto a quelli liquidati.

Convenienza e criteri di valutazione

Gli stessi criteri generali valgono nel percorso semplificato: l’esperto, nella relazione finale, deve attestare la convenienza dell’accordo complessivo (incluso quello fiscale) per i creditori rispetto alla liquidazione. In pratica, la convenienza si dimostra confrontando le somme che lo Stato incasserebbe fallendo l’impresa con quelle risultanti dall’accordo concordato. Non essendoci un’assemblea di votazione, è l’esperto a valutare se l’accordo va incontro alle ragioni di priorità del credito tributario.

Non esistono soglie minime legali come nel concordato (30-40%), ma in dottrina si ritiene che l’attestatore effettui un’analisi analoga e richieda comunque un’offerta congrua. L’assenza di votazioni formali non significa arbitrio: il giudice, in caso di richiesta di omologazione dell’accordo finale, potrà verificare ex post che le condizioni economiche richieste dalla legge (convenienza) siano state rispettate.

Effetti giuridici

L’efficacia sostanziale del compromesso fiscale concluso in composizione negoziata è assimilabile a quella ordinaria: l’accordo, una volta depositato e omologato (anche implicitamente) produce il consolidamento dei debiti tributari pattuiti. In dottrina si afferma che, analogamente al concordato, la negoziazione porta “congelamento” delle pretese fiscali comprese nell’accordo. Poiché si tratta di un atto negoziale corredato da dichiarazioni rese dalle parti, si presume che la sua omologa (anche solo formale) abbia effetto di certezza sui debiti inclusi. In sostanza, né l’Agenzia né alcun creditore può più agire successivamente sulle somme per cui è intervenuto l’accordo, finché esso rimane in vigore.

Non esistono in senso stretto “cram-down” negoziali in composizione negoziata: se le trattative falliscono, l’impresa può scegliere di avanzare comunque un piano di concordato liquidatorio o altro strumento successivo. Ma una volta che l’accordo transattivo negoziato viene sottoscritto e omologato, i suoi effetti tassativi sono gli stessi di una transazione ordinaria: nessun ricorso tributario ammesso sulle somme transatte, se non a seguito di risoluzione per mancato rispetto del piano.

Vantaggi e limiti

Vantaggi: la modalità semplificata non richiede assemblee o votazioni, abbrevia i termini procedurali (termine unico di circa 60 giorni per i controlli finali) e riduce la formalità complessiva. L’imprenditore può trattare in via riservata con l’Agenzia, personalizzando i tempi di pagamento. Dal punto di vista del Fisco, anche qui vale lo stesso principio del cram-down: per mantenere il pareggio concorsuale, l’accordo deve comunque risultare conveniente, ma di norma vi è maggiore velocità e flessibilità negoziale.

Limiti: l’accordo in composizione negoziata resta comunque sottoposto al vaglio del tribunale, e deve rispettare le condizioni di legge. Trattandosi di un accordo privato, in teoria potrebbe mancare la “sicurezza pubblica” di un omologazione tipica, ma il sistema lo considera pienamente valido. Resta il rischio che l’Agenzia non collabori o pretenda condizioni più stringenti, protraendo le trattative. Inoltre, fino all’introduzione del comma 2-bis, l’assenza di regolamentazione chiara aveva creato dubbi (oggi risolti) su aspetti come il ruolo dell’IVA. Infine, avendo un impatto immediato sui flussi di cassa, un accordo transattivo in composizione negoziata deve essere attentamente coordinato con il resto del piano di ristrutturazione finale.

Esempio di contrasto terminologico: il «concordato semplificato»

Si segnala una potenziale fonte di confusione: la legge 147/2022 introdusse il cosiddetto concordato semplificato (art. 25-sexies CCII), evocando la transazione fiscale come mezzo possibile nel suo contesto. In sede di correzione normativa, tuttavia, si è chiarito che la disciplina della transazione fiscale non si applica al concordato “semplificato” (ex art.25-sexies) che segue una procedura liquidatoria diversa. Pertanto, per i nostri fini si deve intendere che la transazione semplificata operi soltanto in composizione negoziata o in concordati liquidatori tradizionali, non nel “concordato semplificato” autonomo introdotto nel 2023.

Tabelle comparative

AspettoTransazione Ordinaria (concordato/accordi)Transazione “Semplificata” (composizione negoziata)
Base normativaArt. 88 CCII (concordato preventivo), art. 63 CCII (accordi).Art. 23 CCII, comma 2‑bis (introdotto da D.Lgs. 136/2024).
Iter proceduraleInserita nel piano concordatario o negli accordi; omologata con procedimento giudiziale formale dopo votazioni dei creditori.Accordo negoziale depositato privatamente; nessuna votazione formale. Giudice delegato verifica e omologa solo l’accordo (verbale) finale.
Debiti inclusiTributi statali (Entrate) e contributivi (INPS, INAIL) concorsuali.Tributi statali (Entrate) inclusi (anche IVA); contributi previdenziali esclusi. Tributi locali esclusi.
ConvenienzaRelazione attestante obbligatoria: l’offerta dev’essere conveniente per l’Erario rispetto alla liquidazione.Relazione dell’esperto obbligatoria: anche qui si valuta la convenienza ai fini dell’accordo. Non esistono soglie prestabilite (si usa analogo criterio).
Voti e approvazioneAssemblea dei creditori con voto (o clausola di cram‑down in assenza di maggioranza). L’omologa finale richiede il rispetto dei quorum di legge.Nessuna assemblea o voto: l’accordo si considera valido se depositato con verbale conclusivo. Solo verifica giurisdizionale finale sui requisiti formali.
TempisticheDeposito del piano, udienze, 90 giorni per risposta del Fisco, opposizioni (15-30 gg), omologa (diversi mesi complessivi).Procedure chiuse privatamente; deposito finale con accordo. L’autorità verifica entro ca. 60 giorni in totale. Nessun passaggio assembleare.
Effetti sul debitoCongelamento del debito concordato (cristallizzazione fiscale); il Fisco non procede con altri atti.Effetto analogo: accordo negoziale “fissa” il debito residuo e congela gli atti del Fisco sui tributi transatti (tanto quanto nel concordato).
Soggetti coinvoltiDebitore, Agenzia delle Entrate, INPS/INAIL, Tribunale (giudice delegato), commissari/revisori, creditori vari.Debitore, Agenzia delle Entrate (anche Dogane), esperto della composizione, creditori ospiti; giudice delegato solo in fase finale.
Benefici/criticitàVantaggio: riduce i debiti fiscali in un contesto giuridicamente garantito. Criticità: costi procedurali alti, tempi lunghi e complessi, possibilità di opposizione del Fisco.Vantaggio: più snella, veloce e flessibile (no assemblee). Criticità: dipendenza dalla collaborazione privata del Fisco, regolamento normativo più recente e meno collaudato.

(Le tabelle riassumono i principali elementi differenziali; per dettagli si rinvia ai paragrafi dedicati del testo.)

Simulazioni pratiche

Simulazione 1: Transazione fiscale ordinaria nel concordato preventivo

Situazione ipotetica: un’azienda in crisi presenta un concordato in continuità. I debiti risultano: 1.000.000 € di imposte (IVA e imposte dirette) e 200.000 € di contributi previdenziali verso INPS; crediti di fornitori chirografari per 500.000 €; prestiti bancari garantiti per 300.000 €. Il patrimonio aziendale è scarso, ipotizziamo che in liquidazione fallimentare si stimerebbero incassi complessivi di 700.000 € (tutti confluenti nella massa passiva).

Piano di risanamento: il debitore propone di continuare l’attività con un nuovo investimento. Per coprire i crediti pubblici, offre all’Agenzia e all’INPS di pagare 600.000 € sul debito originario di 1.200.000 €, e di rateizzare il pagamento nei successivi 3 anni (es. 200.000 € annui). Gli altri creditori (fornitori, banche) riceveranno percentuali inferiori: ad esempio, il 70% dei loro crediti, con un piano di rimborso triennale, fino a che l’investitore non diventerà socio dell’azienda.

Valutazione di convenienza: il tribunale, su base attestata, calcola che in liquidazione il Fisco incasserebbe circa 400.000 € (IVA + imposte residue), mentre l’INPS 50.000 €. L’offerta di 600.000 € (500k allo Stato, 100k all’INPS) è quindi conveniente per entrambi rispetto allo scenario liquidatorio (600k > 450k). Questo conferma la validità dell’accordo. L’esperto certifica che il piano è verosimile e conveniente.

Iter procedurale: il piano viene depositato al tribunale con allegata certificazione fiscale. L’assemblea dei creditori approva il piano (con maggioranze richieste). L’Agenzia delle Entrate vota favorevolmente (adegua il creditore chirografario per la sua %), gli altri creditori privati approvano, anche con un eventuale “cram-down” per eventuali dissenzienti.

Esito finale: il tribunale omologa il concordato. Effetti giuridici: i debiti fiscali transatti (1.200.000 originari) si riducono e cristallizzano a 600.000 €; l’Erario accetta di ricevere questa somma definitiva e rimanda il pagamento secondo il piano. L’INPS rinuncia agli interessi sul saldo. Tutti gli atti di riscossione relativi ai debiti transatti vengono sospesi. L’impresa continua l’attività senza perdere la proprietà, avendo ridotto drasticamente il fardello fiscale. In caso di inadempimento del piano concordatario (e conseguente fallimento), l’Agenzia riprenderà le riscossioni solo fino a coprire 600.000 €, non l’intero milione.

Nota: i numeri sono puramente illustrativi. In ogni caso, la percentuale di pagamento offerta (qui 50% del debito originario) deve risultare a favore dell’Erario rispetto alla liquidazione.

Simulazione 2: Transazione fiscale semplificata nella composizione negoziata

Situazione ipotetica: un’imprenditrice presenta istanza di composizione negoziata presso il tribunale, cercando nuovi soci e piani di risanamento. Dai bilanci emerge un debito di 300.000 € verso l’Agenzia delle Entrate (IVA e imposte varie) e 100.000 € verso altri fornitori. L’azienda ha pochi beni liquidi, e si teme che in caso di fallimento il Fisco recupererebbe solo 120.000 €. I fornitori accettano di concordare il 50% del loro credito purché il piano generale preveda continuità.

Negoziazione: l’imprenditrice e l’esperto avviano trattative con l’Agenzia. Dopo alcuni scambi, si propone di pagare 200.000 € complessivamente sul debito fiscale, dilazionandoli in 4 anni (50.000 € all’anno). L’Agenzia avvia verifiche: l’esperto calcola che in liquidazione lo Stato avrebbe incassato circa 120.000 €. L’offerta di 200.000 € è quindi conveniente (più alta) e viene accettata dall’Agenzia.

Accordo finale: l’accordo transattivo negoziato viene verbalizzato dall’esperto nel verbale conclusivo. Si tratta quindi di un accordo di ristrutturazione dei debiti che include la transazione fiscale pattuita. Tale verbale viene depositato in tribunale con la relazione dell’esperto. Il giudice delegato verifica che il verbale sia completo e ammette la richiesta di omologazione. Non essendoci opposizioni rilevanti, l’accordo viene omologato in pochi mesi.

Esito pratico: il debito fiscale dell’imprenditrice (300.000 € originari) viene ridotto a 200.000 € secondo l’accordo (66,7% del totale), con pagamento rateale. Il Fisco riceve complessivamente più di quanto avrebbe riscosso in liquidazione; in cambio rinuncia agli ulteriori 100.000 € di imposte. L’INPS/INAIL non sono coinvolti (debiti esclusi) e devono comunque essere saldati separatamente. Gli altri creditori (fornitori) si adeguano al piano complessivo (50% del loro credito) nell’accordo di ristrutturazione. L’imprenditrice ottiene così una definizione del debito fiscale a condizioni sostenibili, accelerando il percorso di risanamento fuori dal contesto fallimentare.

Nota: anche in composizione negoziata, la transazione fiscale si basa su un confronto tra offerta e valore di liquidazione. In questo esempio, l’offerta al Fisco (200.000 €) supera il valore liquidatorio stimato (120.000 €), garantendo la «convenienza» richiesta. L’accordo con l’Agenzia viene quindi formalmente finalizzato nel verbale e produce gli effetti concreti di esdebitazione parziale dell’impresa nei confronti dello Stato, analoga a quanto avverrebbe in un concordato.

Domande e Risposte (FAQ)

  1. Chi può presentare la proposta di transazione fiscale? Solo il debitore (l’imprenditore o la società in crisi) all’interno di una procedura concorsuale abilitante (concordato preventivo in continuità o liquidazione, accordo di ristrutturazione dei debiti). La transazione fiscale fa parte del piano di risanamento del debitore e non può essere promossa autonomamente dai creditori. I creditori pubblici (fisco e INPS) non possono da soli avviare un negoziato tributi per conto del debitore: la proposta deve essere depositata dal soggetto insolvente.
  2. Quali tributi possono essere oggetto di transazione? In linea di principio tutti i tributi erariali che l’Agenzia delle Entrate amministra possono essere inclusi (imposte dirette, IVA, accise, imposte di bollo, registro, ecc.), insieme ai relativi interessi e sanzioni. Non rientrano invece i tributi locali (come IMU, TARI, addizionali regionali/comunali). Nella transazione ordinaria sono inclusi anche i debiti contributivi concorsuali (INPS/INAIL), mentre nella trattativa semplificata tali contributi restano esclusi. In ogni caso, si considerano le imposte maturate fino al giorno precedente al deposito della proposta: l’Agenzia deve calcolare il debito originario sulla base degli accertamenti definitivi noti.
  3. Come si calcola il “debito originario” su cui operare la riduzione? Si prendono in considerazione tutti i debiti tributari maturati fino al giorno anteriore al deposito della proposta di concordato. Quindi si sommano le imposte dovute nei periodi coinvolti (secondo eventuali avvisi accertativi già definitivi) senza includere interessi futuri o accertamenti ancora in corso dopo tale data. Se l’Agenzia non ha ancora emesso accertamenti definitivi per tutte le posizioni, il contribuente può allegare autocertificazioni o verbali di constatazione provvisori, e l’Agenzia deve completare gli accertamenti sui tributi interessati entro il termine di vigenza del piano. Il debito così determinato costituisce base di calcolo per la percentuale di pagamento offerta nella transazione.
  4. Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate non aderisce alla transazione? In sede ordinaria (concordato/accordi) l’aderenza del Fisco non è più condizione vincolante: grazie alla regola del cram-down fiscale, il tribunale può comunque omologare il piano senza il voto favorevole dell’Agenzia, purché sia dimostrata la convenienza. Se invece l’Agenzia si opponeva, il giudice delegato può omologare lo stesso il piano, a condizione che la proposta sia conveniente e non ostacoli i diritti degli altri creditori. Nella transazione negoziata (composizione) non si parla di voto: se l’Agenzia non vuole negoziare, l’imprenditore può eventualmente convertire la situazione in un concordato liquidatorio o altro strumento (entro i termini di legge) senza aver concluso la transazione.
  5. Quali sono gli effetti sulla riscossione dopo l’omologazione? Una volta che la transazione fiscale è stata omologata (concordato) o depositata/omologata (accordo finale in composizione), l’Erario è tenuto ad applicare la riduzione concordata come debito definitivo. Non può emettere nuove cartelle o avvisi per gli anni e gli importi ricompresi nell’accordo. In pratica, il debito “bloccato” alla cifra stabilita dalla transazione è l’unico dovuto. Eventuali atti di riscossione già avviati vengono compresi nell’accordo o annullati. Solo in caso di grave inadempimento del debitore (che risolva il concordato) l’Amministrazione potrà nuovamente esercitare il proprio potere impositivo sulle somme rimanenti, come confermato dalla Cassazione.
  6. Che differenza c’è sul piano della certezza giuridica? Nel concordato ordinario la cristallizzazione del debito per i tributi transatti è sancita dalla legge e dalla giurisprudenza: il Tribunale di Piacenza ha ribadito che «deve ritenersi preclusa all’Amministrazione l’emissione di atti impositivi» sulle obbligazioni transatte, e che l’art. 88 CCII attribuisce alla transazione una «naturale funzione di consolidamento fiscale». Nella composizione negoziata, pur essendo l’accordo raggiunto in via privata, l’effetto pratico è analogo: con l’omologa del verbale finale si acquisisce uguale certezza delle condizioni pattuite. In entrambi i casi, gli effetti sostanziali sul debito sono i medesimi (fino a inadempimento del debitore).

(Le risposte si basano su norme e prassi correnti, ma ogni situazione concreta può presentare peculiarità che suggeriscono di consultare uno specialista.)

Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali

  • Fonti normative: D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, in particolare artt. 23, 63, 88); Legge Fallimentare (R.D. 267/1942), art. 182‑ter (previgente); Legge 178/2020, 147/2022, 111/2023; D.Lgs. 118/2021; D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo); Provv. Agenzia Entrate su procedimento coordinamento debiti.
  • Giurisprudenza: Cass. SS.UU., ord. 25/3/2021 n. 8504 (competenza giurisdizionale sulle impugnazioni di diniego transazione); Cass. 13/12/2023 n. 34865 (ribadisce competenza tribunale fallimentare anche in precedenza); Cass. 27/4/2022 n. 13090 (transazione fiscale – cessazione materia del contendere); Cass. 6/8/2020 n. 16755 (transazione nel concordato – effeti di cessazione controversia e congelamento debito); Trib. Piacenza 26/11/2024 (concordato – funzione di cristallizzazione fiscale della transazione); altre pronunce di merito (Tribunali/Corti d’appello) su casi analoghi.

Transazione Fiscale Ordinaria e Semplificata: Perché Affidarti a Studio Monardo

Hai debiti con l’Agenzia delle Entrate o con l’Agenzia Riscossione (ex Equitalia)?
Hai ricevuto cartelle, pignoramenti o ipoteche fiscali che non riesci più a gestire?

⚠️ Oggi puoi accedere alla transazione fiscale ordinaria o semplificata, due strumenti legali previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), che ti permettono di:

✅ Pagare solo una parte dei debiti fiscali e previdenziali
✅ Bloccare ogni procedura di riscossione in corso
✅ Rateizzare il residuo con un piano sostenibile e approvato dal tribunale
✅ Riavere il controllo della tua situazione economica

Ma attenzione: non basta chiedere uno sconto al Fisco. Serve un piano preciso, sostenibile e motivato, redatto da un professionista abilitato, da presentare in sede di composizione negoziata o liquidazione controllata.

Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo

✅ Analizza la tua posizione fiscale e debitoria, comprese cartelle, ruoli, avvisi bonari e debiti INPS/INAIL

✅ Verifica i requisiti di accesso alla transazione fiscale ordinaria (ex art. 63) o semplificata (ex art. 74)

✅ Costruisce un piano di pagamento ridotto e sostenibile da sottoporre all’Agenzia delle Entrate, anche con falcidia del debito

✅ Attiva la procedura giudiziale presso il tribunale per ottenere la sospensione immediata delle azioni esecutive

✅ Ti assiste fino all’omologazione del piano, anche in caso di opposizione da parte dell’Erario o dell’INPS

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

🔹 Avvocato esperto in diritto tributario e crisi da sovraindebitamento
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
🔹 Coordinatore nazionale di esperti in transazione fiscale, stralcio debiti e tutela contro il Fisco

Perché agire subito

⏳ Le proposte di transazione vanno inserite in una procedura legalmente attivata e valutate dall’amministrazione finanziaria entro termini precisi

⚠️ Se non presenti il piano, l’Agenzia può procedere con pignoramenti, fermi, ipoteche o fallimento personale

📉 Rischi concreti: perdita dei beni, revoca dei fidi bancari, blocco della continuità aziendale o della vita familiare

🔐 Solo una transazione fiscale corretta, strategica e supportata da documenti può ottenere l’approvazione del Fisco

Conclusione

La transazione fiscale non è un favore, è un tuo diritto se sei in crisi economica o sovraindebitamento.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere una guida esperta che tratta direttamente con l’Agenzia delle Entrate, conosce le regole del Codice della Crisi e costruisce un piano efficace e legalmente riconosciuto.

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