Sei un imprenditore, un professionista o un lavoratore autonomo in grave difficoltà economica? Hai debiti che non riesci più a pagare e vuoi evitarne il recupero forzoso? Il concordato minore può offrirti una via d’uscita legale, sostenibile e concreta.
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in sovraindebitamento e procedure di composizione della crisi – è pensata per spiegarti come funziona il concordato minore e quando puoi accedervi per risolvere i tuoi debiti, proteggere i tuoi beni e salvare la tua attività.
Scopri chi può richiedere il concordato minore, come presentare una proposta ai creditori, quali debiti possono essere inclusi, cosa valuta il giudice per l’approvazione e come funziona la sospensione delle azioni esecutive durante la procedura.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, esporre il tuo caso a un avvocato esperto e valutare una strategia efficace per rientrare nei debiti senza chiudere la tua impresa o compromettere il tuo patrimonio.
Introduzione:
Il concordato minore del sovraindebitato è una procedura concorsuale introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) per risolvere la crisi del debitore che non rientra nelle procedure “maggiori”. Si tratta di un’alternativa al fallimento o al concordato preventivo delle imprese, concepita per persone fisiche imprenditori, professionisti, agricoltori e start-up innovative che versano in stato di sovraindebitamento. Il consumatore puro non vi può accedere. Con l’accesso al concordato minore il debitore propone ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti, consentendo pagamenti – anche parziali – in varie forme (rate, cessione di beni, etc.), soggetto poi all’approvazione della maggioranza dei creditori (per importo) e all’omologazione giudiziale. L’obiettivo è superare lo stato di crisi evitando il fallimento, salvaguardando la continuità aziendale quando possibile.
Ambito e presupposti normativi
L’art. 2 CCII definisce lo stato di sovraindebitamento come la situazione in cui i flussi di cassa prospettici del debitore (persona fisica) sono insufficienti a far fronte regolarmente alle obbligazioni nei successivi 12 mesi. Possono ricorrervi imprenditori minori, professionisti, agricoltori, start-up, ecc., escludendo il consumatore «puro». Il concordato minore è disciplinato dal Titolo IV, Capo II, Sezione III del Codice della Crisi (artt. 74–83 CCII). La procedura è negoziale, non liquidatoria: a differenza della liquidazione controllata, il debitore resta titolare della gestione (salvo provvedimenti giudiziali) e propone un piano di soddisfacimento dei creditori.
Dal profilo soggettivo, il debutore (anche società di persone) decide autonomamente di accedere al concordato minore. Nel caso di società il ricorso deve essere deliberato dagli amministratori (art. 120-bis CCII) con verbale notarile depositato nel Registro delle imprese. Tale formalità attesta che la decisione è presa da chi rappresenta la società. Una volta adottata la decisione, il debitore – con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) autorizzato – deposita al Tribunale competente il ricorso per l’apertura della procedura, comprensivo del piano e della proposta di concordato. Con il medesimo atto può richiedere l’applicazione delle misure protettive di sospensione delle azioni esecutive. Il ricorso è inoltre pubblicato dal Tribunale nel Registro delle imprese.
Il legislatore ha recentemente aggiornato la disciplina: il D.Lgs. 136/2024 (c.d. correttivo-ter, in vigore dal 29/9/2024) ha introdotto l’art. 75, comma II-bis, CCII, estendendo al concordato minore la possibilità, già prevista per altri strumenti, di mantenere il piano di ammortamento di un mutuo sulla casa principale. In base alla nuova norma, se il debitore persona fisica ha già pagato tutte le rate scadute o il giudice lo autorizza a regolarizzare i pagamenti, il concordato può prevedere il rimborso delle rate residue del mutuo senza estinguere l’ipoteca. L’OCC deve attestare che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con la vendita dell’immobile al valore di mercato e che il proseguimento del mutuo non danneggia gli altri creditori. Questa modifica offre un’ulteriore flessibilità al debitore in concordato minore.
Fasi della procedura
La procedura segue queste tappe fondamentali:
- Apertura – Il Tribunale, verificata la completezza documentale e l’ammissibilità formale, pronuncia decreto di apertura. Se richieste, vengono applicate fino all’omologa le misure protettive (sospensione delle azioni esecutive individuali) in favore del debitore. Il decreto di apertura è pubblicato nel Registro delle imprese; se il piano prevede cessione di beni immobili/registrati, ne viene disposta anche la trascrizione.
- Adesioni dei creditori – Con il decreto di apertura il giudice fissa un termine (≤30 giorni) entro cui i creditori devono inviare all’OCC la dichiarazione di adesione o il diniego e ogni contestazione al piano. A differenza del concordato preventivo, qui i creditori non sono convocati a un’udienza: rispondono per iscritto al gestore della crisi. L’OCC raccoglie le adesioni e prepara l’elenco dei creditori ammessi al voto (con relativa percentuale di credito).
- Voto dei creditori – Il concordato minore si approva se ottiene la maggioranza dei crediti ammessi al voto (art. 79 CCII), senza necessità di superare quote particolari per singola categoria. Ciò significa che è sufficiente il consenso dei creditori che rappresentano oltre il 50% del totale dei crediti ammessi. In sede di omologa il Tribunale, verificati la regolarità procedurale e la fattibilità economica del piano, accerta inoltre che tale maggioranza sia effettivamente raggiunta.
- Omologa o rigetto – Se tutti i requisiti formali e sostanziali (art. 80 CCII: correttezza formale, fattibilità del piano, affidabilità del debitore) risultano rispettati e i creditori approvano la maggioranza dei crediti, il giudice emette la sentenza di omologazione. L’omologa ha effetti costitutivi: dichiara chiusa la procedura, fa maturare gli effetti promessi dal piano e autorizza l’esdebitazione (se il concordato è soddisfacente e il debitore ha cooperato onestamente). Con la sentenza l’omologa diventa esecutiva e vengono disposte le forme di pubblicità necessarie. Al contrario, se manca la maggioranza o se il piano non è sostenibile, il Tribunale rigetta la domanda. In tal caso decade automaticamente la protezione accordata e, su istanza del debitore (o, in caso di frode, anche di creditore/P.M.), il Tribunale dichiara aperta liquidazione controllata del patrimonio del debitore.
- Cram-down e soci illimitatamente responsabili – Anche nel concordato minore opera l’istituto del cram-down (art. 80, comma 3 CCII): se l’Agenzia delle Entrate o l’INPS esprimono un voto negativo determinante per l’esito della votazione e risultano ragionevolmente ostili (ad esempio il piano prevede il taglio dei loro crediti ma verosimilmente una liquidazione consentirebbe salvezza maggiore), il giudice può “forzare” il piano omologando il concordato anche contro il loro dissenso. In concreto, il Tribunale confronta il trattamento offertogli nel concordato con ciò che otterrebbero in liquidazione controllata; se il piano è più conveniente (anche pagando integralmente i loro debiti residuali) l’opposizione può essere superata. Da ricordare, inoltre, che l’art. 82 CCII stabilisce che, salvo diverso accordo, il concordato di società di persone travolge anche la responsabilità personale dei soci illimitatamente responsabili, liberandoli dai debiti solo se previsto espressamente.
Confronto con altri strumenti di crisi
Di seguito una tabella riassuntiva (schematica) delle principali differenze tra il concordato minore e altri strumenti previsti dal Codice per la crisi da sovraindebitamento:
Strumento | Debitore ammesso | Contenuto e gestione | Effetti salienti |
---|---|---|---|
Concordato minore | Professionista, imprenditore minore, impr. agricolo, start-up; non consumatore | Piano libero proposto dal debitore (continuazione o cessione impresa, o pagamenti in più anni). Il debitore resta titolare dell’attività. Il gestore (OCC) attesta fattibilità e veridicità dei dati. | Omologa se maggioranza crediti approva (art.79 CCII); sospensione esecuzioni; possibile cram-down per crediti pubblici; esdebitazione al termine se piano eseguito. |
Piano del consumatore | Persona fisica non imprenditore (o cessata attività), con debiti non professionali. | Piano negoziato con creditori per liquidare debiti (sostanzialmente come “accordo” senza espropriazione). Gestito da OCC con attestazione. Non prevede continuità aziendale. | Approvazione tramite voto creditori (simplice maggioranza come art. 79 CCII). Effetti simili (sospende esecuzioni, spazza via debiti residui). È molto flessibile sui tempi (fino a 6 anni) e non richiede pagamenti proporzionali. |
Accordo di composizione | Qualsiasi debitore sovraindebitato (imprenditore o persona fisica). | L.OCC concerta un piano con i creditori; più strutturato del consumatore. Può essere anche in continuità aziendale. | Simile al concordato minore, con voto creditori e omologa del tribunale; prevede anch’esso maggioranza crediti; altrimenti si apre liquidazione. |
Liquidazione controllata | Debitori (persone fisiche o imprese) che non possono proporre piano fattibile; i creditori (anche un solo creditore) possono anche richiederla. | Procedura esecutiva: un organo (curatore) vende i beni del debitore e ripartisce il ricavato tra i creditori. Il debitore perde la disponibilità del patrimonio. | Nessun voto dei creditori (è crisi “forzata”). Al termine, il debitore può chiedere esdebitazione per i debiti residui. Raggiunge la soluzione con la par condicio creditorum. |
Fonte: normativa vigente (artt. 74‑83, 102‑112 CCII; art. 67 CCII) e dottrina.
Casi pratici (esempi di applicazione)
- Esempio 1 – Professionista con debiti fiscali: Mario, architetto, ha accumulato 100.000€ di debiti, in massima parte verso l’Agenzia delle Entrate, gestendo un piccolo studio. Si rivolge a un OCC e decide di presentare un concordato minore di tipo «in continuità» (continua l’attività). Il piano prevede di pagare gli enti pubblici con rate quinquennali finanziate dai ricavi futuri. Al deposito del ricorso con il piano, i creditori vengono invitati a esprimersi. L’Agenzia e l’INPS votano contro (forte componente pubblica); gli altri creditori professionali votano a favore. Dato che la maggioranza dei crediti è favorevole, il Tribunale deve valutare il cram-down. Se il piano risulta più conveniente per l’Erario rispetto alla liquidazione (ad es. paga almeno quanto darebbe la vendita dell’immobile del professionista), l’omologa può essere concessa anche senza il loro consenso. In caso contrario, il piano sarebbe respinto, e scattarebbe la liquidazione controllata.
- Esempio 2 – Impresa di famiglia in dissesto: La società “Alfa & Co.” di tipo SAS ha debiti tributari per 300.000€ (IVA e imposte arretrate) e pochissimi creditori privilegiati. Presenta concordato minore con piano triennale di pagamenti parziali (50% sui debiti fiscali). Il Tribunale, esaminando la proposta, nota che il piano non contiene analisi realistica dei flussi e che la gestione pregressa è stata negligente (debiti accumulati senza contromisure). Inoltre manca una dichiarazione di costi/ricavi dell’attività futura. Sulla base del principio di affidabilità del debitore (art. 80 CCII) – analogamente al concordato preventivo – l’organo giudicante respinge la domanda di omologazione. In pratica, il piano è giudicato inammissibile per mancata sostenibilità economica e scarsa diligenza del debitore. Alfa & Co. resta pertanto in liquidazione controllata.
- Esempio 3 – Soci e revoca dell’omologa: Il signor Bianchi presenta concordato minore con piano decennale che ottiene l’omologa. Durante l’esecuzione il tribunale scopre che Bianchi ha occultato un credito al fisco. Un creditore (o il PM) chiede la revoca dell’omologa ex art. 82 CCII per frode. Il tribunale, rilevando l’inganno, revoca il concordato e apre liquidazione controllata. Il debitore potrà poi chiedere l’esdebitazione in liquidazione se richiesto al giudice.
Approfondimenti operativi
- Ruolo dell’OCC – L’Organismo di Composizione della Crisi controlla la correttezza della proposta. Deve redigere una relazione tecnica che attesti la veridicità dei dati contabili e la fattibilità del piano. In particolare, al gestore compete attestare che il piano (p.e. triennale in continuità) è equilibrato: deve dettagliare costi e ricavi previsti, così da permettere ai creditori di esprimere un voto informato. Se la relazione evidenzia carenze, il debitore può integrare il piano su sollecito del giudice; viceversa rischia il rigetto.
- Proposta di piano – Non esistono modelli prefissati, ma la proposta deve indicare tempi, modalità e percentuali di pagamento per ciascun credito. È buona prassi includere una tabella riepilogativa dei creditori e delle eventuali garanzie offerte. I debiti fiscali e previdenziali vanno sempre indicati con trasparenza (tenendo conto del principio di indisponibilità del credito tributario). Il debitore può presentare un piano anche in continuità aziendale (con conservazione o cessione concordata dell’azienda) oppure solo liquidatorio, in base al proprio business model. In caso di continuità, la mancanza di dettaglio sui flussi di cassa futuri è spesso motivo di inammissibilità (come evidenziato dalla giurisprudenza).
- Adempimenti formali – Ricordare sempre che il ricorso deve essere firmato dall’avvocato e accompagnato da copie conformi dei documenti (situazione patrimoniale, elenco creditori, rapporto analitico debiti, prospetti finanziari). Gli amministratori di società devono allegare anche il verbale notarile di delibera (art. 120-bis CCII). Il deposito al Registro delle imprese (a cura della cancelleria del Tribunale) segue l’iscrizione del ricorso, che diventa pubblico.
- Durata massima – Il Codice non pone un limite temporale per il piano nel concordato minore, purché rispetti la fattibilità e l’obiettivo di risanamento. Nella pratica, i piani oscillano tipicamente fra 3 e 7 anni. Negli strumenti correlati, il piano del consumatore non può superare i 6 anni, salvo casi eccezionali di ulteriore dilazione.
- Esdebitazione – Come nell’altro sovraindebitamento, anche nel concordato minore l’omologa estingue o riduce i debiti residui non soddisfatti dalla procedura, consentendo al debitore di chiederne l’esdebitazione (cancellazione) al termine dell’esecuzione del piano. In caso di conversione o revoca per mala fede, il Tribunale può limitare o negare l’esdebitazione, in parte o del tutto.
Domande frequenti (FAQ)
- Chi può accedere al concordato minore? Solo i debitori sovraindebitati esclusi i consumatori (persone fisiche che non esercitano attività economica). Rientrano imprenditori individuali, commercialisti, medici, piccoli artigiani, agricoltori ecc., non fallibili e non sottoposti ad altre procedure concorsuali. Chi esercita un’attività imprenditoriale può richiedere anche il concordato preventivo (titolo I CCII) se soddisfa i requisiti più stringenti; il concordato minore è pensato invece per casi più contenuti e privi di complessità aziendali rilevanti.
- Cosa succede se il concordato fallisce? Se il piano non ottiene l’omologa, si apre automaticamente la liquidazione controllata. Quest’ultima si svolge come una sorte di liquidazione coatta ‘soft’: un curatore liquida i beni vendibili e distribuisce il ricavato secondo par condicio. Il debitore può comunque chiedere l’esdebitazione per i debiti residui, a patto di aver agito con buona fede. Se il rigetto è dovuto a frodi del debitore, tali crediti possono essere esclusi dall’esdebitazione.
- Come si manifesta il requisito di “affidabilità del debitore”? Il giudice valuta la storia gestionale del debitore per proiettare la sostenibilità futura del piano. Comportamenti negligenti (es. accumulare debiti senza tentare di ristrutturare) o frodi pregresse inficiano l’“affidabilità”. In base all’art. 80 CCII, analogamente al concordato preventivo, il piano va rigettato se manca il fondamento di credibilità del debitore. Tuttavia, alcuni giudici consentono una correzione: l’art. 80 CCII permette di concedere termini per integrare il piano prima del rigetto finale.
- I crediti pubblici sono falcidiabili? Sì. Nel concordato minore (come nel piano consumatore) lo Stato e gli enti previdenziali possono vedersi tagliare i loro crediti, a differenza che nel fallimento tradizionale dove il credito tributario è ordinariamente indisponibile. Tuttavia, al momento dell’omologa il giudice deve valutare con scrupolo il criterio di convenienza (c.d. cram-down). L’Amministrazione non è obbligata ad astenersi: il concordato è omologabile comunque se la proposta risulta più conveniente rispetto all’alternativa della liquidazione.
- Quando si applica il patto di non concorrenza? L’OCC deve verificare che il piano comprenda le clausole necessarie per evitare che il debitore continui a contrarre debiti. Ad esempio, il giudice può esigere che l’impresa non si espanda oltre certe soglie o che ceda attività non indispensabili al risanamento, per garantirne la sostenibilità.
- L’imprenditore cessato (cancellato dai registri) può accedere? L’art. 33 CCII limita certi strumenti (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione) all’imprenditore iscritto o cancellato da meno di un anno. Il concordato minore non è espressamente richiamato in art.33; tuttavia, per interpretazione estensiva i tribunali ammettono anche l’ex imprenditore* (ad es. nel caso di professionista). In ogni caso è ammessa anche la conversione in liquidazione controllata su richiesta del creditore, qualora la cancellazione sia stata illegittima.
- Quali sono i costi della procedura? Oltre alle spese legali, il debitore deve sostenere l’onorario dell’OCC (il quale varia a seconda della complessità del piano) e gli oneri di pubblicazione al Registro delle imprese. Non vi è alcuna spesa per i creditori aderenti, a meno che non sia previsto un contributo unico sul passivo.
- Cosa accade ai soci di società di persone? Se il concordato è presentato dalla società di persone, salva patti contrari approvati nel piano, gli effetti si estendono anche ai soci illimitatamente responsabili, liberandoli dai debiti sociali nella misura concordata. I soci tuttavia non partecipano formalmente al voto, a meno che non siano creditori o titolari di altri rapporti.
Conclusioni
Negli ultimi anni il concordato minore si è affermato come strumento cruciale per affrontare crisi di debitori “sovraindebitati leggeri”. L’intervento del legislatore (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche) e i primi orientamenti giurisprudenziali hanno evidenziato l’equilibrio da mantenere tra rigore nella verifica (affidabilità del piano, correttezza del debitore) e flessibilità nell’aiuto alle imprese in difficoltà. Le decisioni dei tribunali (cfr. Trib. Ferrara 27 dic. 2024, Corte App. Venezia 10 ott. 2024) mostrano un’applicazione rigorosa delle regole del CCII, in particolare riguardo alla necessità di un piano fondato su elementi concreti e al corretto esercizio del potere di cram-down. Allo stesso tempo, gli operatori sottolineano l’importanza di favorire soluzioni di continuità aziendale quando ragionevolmente possibili, come richiesto dalla filosofia “favor debitoris” del Codice. Gli sviluppi normativi (quali il decreto correttivo-ter 136/2024) e l’approfondimento delle prassi applicative (es. protocolli giudiziari) mirano a uniformare i criteri di valutazione e a chiarire i dubbi operativi.
In definitiva, una proposta di concordato minore deve essere redatta con estrema cura tecnica e dovizia informativa (in particolare sui piani finanziari), poiché il giudice esaminerà con attenzione la solidità del progetto di risanamento e la condotta del debitore. Il supporto di professionisti esperti (avvocati e OCC qualificati) è fondamentale per preparare un piano credibile e per accompagnare il debitore lungo l’intero iter procedurale.
Fonti
- Normativa vigente: Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (Legge sul sovraindebitamento) e soprattutto Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, in vigore dal 15/7/2022), artt. 74–83, 120-bis, 79, 80, 82, 102–112 CCII. Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136 (c.d. correttivo-ter), art. 20 (nuovo comma II-bis art. 75 CCII).
- Giurisprudenza: Trib. Ferrara, ord. 27 dicembre 2024 (Ghedini) – rigetto di concordato minore per inadeguatezza del piano. Corte d’App. Venezia, sent. 10 ottobre 2024 – rigetto concordato (esame cram-down contro debito erariale). Cass. civ. sez. I, 27 novembre 2024, n. 2963 – rilevanza della diligenza del debitore nella fattibilità del piano (richiamata in Ferrara).
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