Hai debiti con il Comune o altri enti locali per IMU, TARI, multe o tributi non pagati? Sai che con la transazione fiscale puoi trattare anche questi debiti e ridurli legalmente?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in transazioni fiscali e gestione del contenzioso con enti locali – è pensata per aiutarti a capire quando e come puoi includere i tributi locali in un piano di risanamento del debito.
Scopri quali tributi locali possono essere inseriti nella proposta di transazione fiscale, cosa succede se l’ente locale non aderisce, come funziona il cram down anche nei confronti dei Comuni e quali vantaggi puoi ottenere per la tua impresa o per la tua posizione personale.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, far analizzare la tua posizione da un avvocato esperto e costruire una strategia efficace per ridurre il peso dei debiti locali e ripartire senza il timore di nuove ingiunzioni o pignoramenti.
Introduzione
Il contesto di crisi d’impresa comporta spesso debiti tributari e contributivi rilevanti, che si aggiungono ai debiti verso fornitori e banche. Per le imprese in crisi (in “sovraindebitamento” o in procedure concorsuali), la legge consente oggi di negoziare con le Amministrazioni finanziarie piani di pagamento parziali o dilazionati dei tributi, chiamati transazione fiscale. Tale istituto – originario dell’art. 182-ter della Legge Fallimentare e oggi codificato nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – mira a preservare più risorse per l’impresa in difficoltà, garantendo però all’Erario (e più in generale al Fisco) un trattamento almeno pari a quanto ricavabile da una liquidazione giudiziale. La recente riforma del Codice (D.Lgs. 14/2019 e correttivi successivi) ha gradualmente esteso la transazione fiscale a nuovi strumenti (ad es. la composizione negoziata introdotta dal 2021) e, dal 2025, anche ai tributi di regioni e comuni.
Questa guida, aggiornata a maggio 2025 e rivolta agli imprenditori, illustra in dettaglio come funzionano i meccanismi di transazione fiscale con riguardo ai tributi locali (IMU, TARI, TASI, COSAP/CANONE, imposta di soggiorno, canoni idrici, etc.) e, per completezza, ai tributi erariali e contributivi (IRPEF, IRES, IVA, IRAP, INPS, INAIL, ecc.). Si dà ampio spazio al taglio operativo: casi concreti, simulazioni, tabelle riepilogative (requisiti, percentuali di falcidia, termini, documentazione) e FAQ pratiche. Vengono inoltre richiamate la prassi degli enti locali e dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, nonché i principali orientamenti della giurisprudenza (Cassazione e Corte dei Conti). Tutte le fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali aggiornate sono riportate in calce alla guida, per consentire approfondimenti specialistici.
Quadro normativo essenziale
- Art. 182-ter L.F. e art. 88 CCII (Codice della crisi) – Disciplina la transazione fiscale nel concordato preventivo. Il nuovo art. 88 del Codice (in vigore dal 16.5.2022) riprende l’antica norma sull’art. 182-ter L.F. e consente all’imprenditore di proporre, nel piano di concordato, il pagamento parziale o dilazionato dei tributi (e contributi previdenziali) dovuti. La condizione è che il piano garantisca ai creditori almeno la soddisfazione equivalente a quella ottenibile in liquidazione giudiziale; in particolare, l’attestazione del professionista indipendente deve motivare la convenienza per il Fisco rispetto all’alternativa liquidatoria. Le modifiche introdotte dal 2022 hanno inoltre chiarito le modalità di voto dell’Amministrazione finanziaria e di competenza degli uffici.
- Art. 63 CCII (accordi di ristrutturazione) – All’interno delle trattative che precedono gli accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57, 60 e 61 CCII), l’art. 63 prevede che l’imprenditore possa proporre una transazione fiscale presso l’Erario (Agenzia Entrate-Agenzia Dogane) e presso gli enti previdenziali (INPS/INAIL), con pagamento parziale/dilazionato dei debiti tributari e contributivi. Anche qui l’attestazione del professionista deve riguardare la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione.
- Art. 23 CCII (composizione negoziata) – Da ottobre 2024 un comma 2-bis dell’art. 23 (introdotto dal D.Lgs. 136/2024) estende la transazione fiscale anche alla procedura di composizione negoziata. Ciò permette all’imprenditore, durante la composizione negoziata della crisi, di inoltrare all’Erario una proposta di pagamento parziale o dilazionato dei tributi e contributi. Prima del 28.9.2024 questo non era possibile. L’impresa deve comunque avvalersi di un professionista indipendente (experto) che ne valuti il piano, così come nella composizione negoziata gli accordi conclusi richiedono condizioni analoghe a quelli concorsuali (sentenze del Trib. di Roma e Corte dei Conti).
- Altre procedure concorsuali – Con la riforma del 2019 i tributi possono essere oggetto di transazione fiscale anche in altri strumenti: nel concordato in liquidazione (art. 245 CCII) e nell’accordo di ristrutturazione del gruppo (artt. 62-64 CCII). Secondo la bozza di decreto attuativo della delega fiscale (aprile 2025), tali estensioni saranno formalizzate anche per i tributi locali.
- Esclusione formale dei tributi locali – Va subito chiarito che, allo stato attuale, la disciplina della transazione fiscale non include espressamente i tributi di competenza di regioni, province e comuni. In base al testo normativo vigente, infatti, la transazione fiscale riguarda solo i tributi “amministrati dalle agenzie fiscali”, ossia quelli erariali (Entrate/Dogane) e, per estensione, i tributi non statali amministrati da tali agenzie (convenzioni o legge). Poiché normalmente i tributi locali sono riscossi direttamente dagli enti locali e non gestiti dall’Agenzia, essi risultano attualmente esclusi dall’ambito oggettivo della transazione fiscale. Questo significa che – per la legge vigente – i Comuni, le Regioni e gli altri enti locali non possono utilizzare le regole specifiche del Codice della crisi per ridurre o dilazionare in via formale i propri crediti tributari. È questa lacuna normativa che le pronunce della Corte dei Conti hanno criticato e che le nuove norme di riforma intendono colmare.
I tributi locali: elenco e caratteristiche principali
I tributi locali sono imposte, tasse e canoni di competenza di Comuni, Province, Regioni e altri enti territoriali. In ottica di crisi d’impresa è utile conoscere almeno i principali:
- IMU (Imposta Municipale Propria) – Tassa sugli immobili (escluse prime case non di lusso e alcuni altri immobili); gestita dal Comune e dallo Stato su alcune categorie (es. edifici statali). È un credito privilegiato di terza categoria (D.Lgs. 446/1997; v. art. 2752 c.c.), con prelazione sui beni immobili.
- TARI (Tassa sui Rifiuti) e TASI (Tributo sui Servizi Indivisibili) – Rispettivamente tassa comunale sul servizio di raccolta rifiuti e tributo per i servizi indivisibili (ad es. illuminazione, strade). Dal 2020 la TASI è generalmente inglobata nella TARI o soppressa; entrambe sono di competenza comunale. Di regola la TARI non gode di privilegio (art. 2752 c.c. non la include espressamente), mentre la TASI, quando era in vigore separatamente, era assimilata all’IMU (prelazione sugli immobili).
- Imposte sulla pubblicità e occupazione di suolo pubblico (TOSAP/COSAP) – Canoni comunali per occupazione di suolo pubblico (COSAP) e imposte per affissioni pubblicitarie. Non godono di privilegio preferenziale perché afferenti a diritti d’uso o attività economiche (solitamente classificate come credito chirografario, art. 2753 c.c.).
- Imposta di soggiorno, addizionali regionali/comunali IRPEF, altri oneri – Ad es. imposta di soggiorno (tax di soggiorno turistica, di norma chirografaria), addizionali comunali IRPEF, regionale TASI residua, canoni idrici (versamenti alle gestioni idriche locali). In generale, quasi tutti questi tributi locali non hanno status privilegiato (salvo particolari norme).
- Tributi regionali (es. addizionale regionale IRPEF, IRAP) – Sono tecnicamente “tributi di competenza regionale” (seconda categoria di privilegio: i crediti di regione hanno prelazione sugli immobili di reg. normativi es. art. 2752 c.c.). L’IRAP è imposta regionale sul valore aggiunto, gestita dall’Agenzia Entrate ma erogata alle regioni (e dunque è regione-enabler). Essa può rientrare nella transazione fiscale in quanto riscossa con gli stessi codici erariali (gestita da Agenzia). Con la riforma si parla anche di “tributi delle regioni” nei decreti delegati.
Riassumendo: Tributi locali come IMU, TARI, COSAP ecc. sono crediti di enti territoriali, spesso con prelazione inferiore a quella statale. Attualmente non sono inclusi nella disciplina della transazione fiscale (esclusi perché “non amministrati da Agenzia fiscale”), ma la riforma normativa li sta rendendo accessibili (cfr. infra).
L’istituto della transazione fiscale: principi generali
La transazione fiscale è il meccanismo giuridico previsto dall’art. 182-ter L.F. (oggi art. 88 CCII) e art. 63 CCII per definire in via “negoziale” i debiti fiscali e contributivi dell’impresa in crisi. In pratica l’imprenditore insolvente propone al Fisco (Agenzia delle Entrate e Inps/Inail) di pagare solo una parte dei propri debiti tributari, dilazionando l’importo residuo, in cambio della rinuncia agli strumenti di riscossione coattiva. Il piano proposto deve però risultare conveniente per l’Erario, ovvero garantire un incasso almeno non inferiore a quello che lo Stato/INPS avrebbe ottenuto liquidando il patrimonio aziendale. Tale convenienza viene certificata da un professionista indipendente (commercialista, avvocato o ODCEC) che redige una relazione critica. Per potersi configurare come vera transazione fiscale, il piano di concordato (o il progetto di accordo) deve essere allegato alle procedure concorsuali (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione o comp. negoziata) e sottoposto all’approvazione, con voto favorevole, dell’Amministrazione finanziaria (Agenzia Entrate – ora Agenzia Entrate-Riscossione, Ader).
Requisiti e condizioni della transazione
- Accordo proposto dal debitore: l’iniziativa spetta sempre all’impresa in crisi (o al suo professionista), che include la proposta di pagamento parziale/dilazionato nel proprio piano di risanamento (concordato, accordo, etc.). Non esiste una “richiesta” formale obbligatoria dell’Amministrazione; la decisione sul merito spetta al giudice o, nelle negoziazioni private, all’esperto e agli organi di controllo.
- Attestazione di un professionista indipendente: la nuova disciplina richiede che un professionista iscritto (commercialista, avvocato, o ODCEC) attesti la fattibilità del piano e specificamente la convenienza della transazione rispetto alla liquidazione giudiziale. Questo significa che la relazione deve stimare il patrimonio liquidabile dell’impresa (somme ricavabili dalla vendita di immobili e beni) e dimostrare che il pagamento proposto copre almeno quella quota di attivo che spetterebbe allo Stato per i crediti privilegiati di pari rango.
- Soddisfazione dei creditori privilegiati: se al piano partecipano crediti privilegiati (es. tributi con privilegio ipotecario o pegno), la legge impone che le condizioni di pagamento non siano meno favorevoli di quelle concordate per creditori di pari o inferiore grado. Ciò implica che non si può fare “peggio” con i tributi erariali rispetto a quelli locali, ad esempio; in presenza di crediti pubblici privilegiati non si deve trattarli con falcidia più alta rispetto ai crediti chirografari.
- Documentazione da depositare: la proposta di transazione deve essere allegata alla procedura in cui si inserisce il piano (p.es. nel concordato preventivo, è parte integrante del piano concordatario). Occorre produrre tutte le dichiarazioni fiscali (fino alla data di presentazione) e le dichiarazioni integrative, oltre ad estratti debitori dei ruoli e certificazioni fornite dagli uffici tributi. Per il concordato, ad esempio, la copia del piano con la proposta transattiva va depositata in tribunale e contestualmente trasmessa all’agente della riscossione (Ader) e all’ufficio locale competente, i quali hanno 30 giorni per fornire certificazioni dei debiti iscritti.
- Percentuali di falcidia: la legge non indica più un limite massimo fisso alla falcidia (quota di debito non pagata). Fino al 2017 era previsto un tetto del 40% per i tributi statali, ma questo limite è stato abolito. Oggi la riduzione può essere anche molto elevata (in dottrina sono citati casi con oltre il 70% di sconto sui tributi), purché l’accordo risulti più remunerativo del fallimento. In pratica, si studia caso per caso: si calcola il possibile gettito in liquidazione e si offre un’incidenza superiore come condizione per ottenere l’assenso della PA.
- Cram down fiscale: nelle ristrutturazioni o concordati omologati, la legge consente da 2022 un cram down fiscale: se alcuni creditori (tra cui lo Stato) dissentono, il piano può comunque essere omologato dal tribunale se rispetta le maggioranze specifiche. In tal caso l’opposizione della PA non blocca il concordato, ma l’Amministrazione titolare del credito aderente potrà far valere il proprio dissenso limitatamente alle somme transate. L’applicazione del cram down al fisco segue regole simili a quelle dei crediti privati, come confermato dal D.Lgs. 83/2022 di recepimento UE.
L’esclusione dei tributi locali (stato attuale)
Situazione corrente (maggio 2025): i tributi locali non rientrano tra quelli che possono essere oggetto di transazione fiscale. Ufficialmente, l’art. 88 CCII e l’art. 63 CCII stabiliscono che nell’accordo si possono includere solo tributi amministrati dalle Agenzie fiscali. Ne consegue che i Comuni e altri enti territoriali non possono aderire agli accordi di transazione fiscale basati sulle norme del Codice. La Corte dei Conti (Sez. Lombardia) ha infatti recentemente confermato che, ai sensi del vigente art. 23 CCII, i Comuni non possono partecipare a una composizione negoziata con pagamenti ridotti delle imposte locali. In dottrina si sottolinea che l’assenza di una norma non proibisce la trattativa (“salva la convenienza economica”), ma formalmente finora le PA locali avevano paura di violare il dogma dell’indisponibilità tributaria e hanno rifiutato proposte transattive.
Prospettive legislative: la bozza del decreto delegato sulla riforma dei tributi locali (aprile 2025) stabilisce che dal 2025 in poi anche gli enti locali potranno adottare le regole della transazione fiscale di cui all’art. 63 CCII: ossia, potranno aderire alle proposte di pagamento parziale dei tributi locali nelle procedure di crisi. Il Consiglio dei Ministri di aprile 2025 ha approvato un DdL che rende applicabile ai tributi di regioni ed enti locali le stesse norme del Codice della crisi su transazione e accordi tributari. Fino all’entrata in vigore di tali decreti, tuttavia, l’iter pratico deve tenere conto che i tributi locali non sono formalmente trattabili con la transazione fiscale ex Codice (sebbene le Corti di Conti e le Cassazioni spingano verso un indirizzo più flessibile). Nell’elaborare i piani di risanamento, l’imprenditore dovrà pertanto valutare alternative di liquidazione parziale (p.es. mediazione tributaria, rateizzazioni agevolate, dilazioni volontarie) in attesa delle nuove norme.
Tributi erariali e contributivi (contesto di completezza)
Per un quadro complessivo, si riepilogano i tributi erariali e contributivi che attualmente possono essere oggetto di transazione:
- Imposte dirette (IRPEF, IRES, IRAP, IVA) – Crediti statali di prima (IRPEF, IVA) o seconda categoria (IRAP) di privilegio. Amministrati dall’Agenzia Entrate. Possono essere ridotti o rateizzati nel piano concordatario o negli accordi di ristrutturazione. L’agenzia statale esprime il proprio voto in assemblea secondo specifiche regole (dal 2022 molte competenze sono state de-centralizzate alle Direzioni provinciali di AdER).
- Accise e tributi doganali – Imposte statali (benzine, sigarette, dazi di importazione). Anch’esse erariali e gestite da Agenzia Dogane (ora dentro Entrate). Possono rientrare nella transazione, seguendo le stesse regole.
- Contributi previdenziali (INPS, INAIL, casse professionali) – Crediti gestiti da enti previdenziali ed assistenziali obbligatori. L’art. 88 e 63 CCII consentono di includerli anch’essi nella transazione. In pratica, oltre ai tributi l’impresa può proporre di pagare solo una parte anche dei debiti previdenziali, sempre previa attestazione di convenienza. Ad esempio, contributi INPS/INAIL in ritardo possono essere trattati come crediti privilegiati di prima categoria (il legislatore li ha equiparati ai tributi dello Stato).
Importante: i tributi erariali e contributivi contavano finora come attivo per il Creditore pubblico, mentre per i privati costituiscono un debito. Nelle transazioni fiscali non esistono limiti di falcidia (ad eccezione di alcune normative settoriali non rilevanti) e nemmeno tutela di alcuni tributi privilegiati speciali (ad esempio non vale limitare la falcidia solo alle ritenute d’acconto, come era accaduto in passato). La circolare 16/E dell’Agenzia Entrate (2018) ha esplicitato che il Fisco accetta qualunque percentuale di riduzione superiore a quella ragionevolmente percorribile in liquidazione. Il criterio prevalente resta dunque l’economicità del risultato finale.
La transazione fiscale nelle singole procedure
1. Composizione negoziata della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019 art. 23 e succ.)
La composizione negoziata della crisi è una procedura non concorsuale introdotta dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) e organizzata dagli artt. 22-25 CCII. Consiste in trattative preliminari con creditori e istituzioni, guidate da un esperto indipendente, mirate a risanare l’impresa senza aprire una formale procedura fallimentare. Fino al 2024, nell’ambito della composizione negoziata non era possibile chiudere un accordo fiscalmente vincolante: l’imprenditore doveva ricorrere poi a un concordato preventivo o accordo di ristrutturazione omologato per beneficiare di falcidie sui tributi (c.d. “piano ne richiedeva la soddisfazione integrale”).
Novità 2024: il D.Lgs. 136/2024 ha aggiunto art. 23, comma 2-bis, CCII, consentendo esplicitamente la transazione fiscale in composizione negoziata. Ora l’imprenditore può presentare una proposta di pagamento parziale dei tributi e contributi allo Stato durante le trattative. La procedura operativa è la seguente: l’imprenditore definisce con l’esperto un piano che includa un accordo transattivo con il Fisco (in genere si redige una bozza di transazione fiscale contenente percentuali e dilazioni per ciascun tributo). Tale proposta viene illustrata dall’esperto a tutti i potenziali creditori (compresi Ader e INPS). In caso di successiva approvazione (p. es. tramite omologa di un accordo di ristrutturazione ai sensi degli artt. 57-61 CCII), l’offerta transattiva si inserisce nel programma di ristrutturazione. L’agevolazione premiale dell’art. 25-bis CCII può inoltre ridurre ulteriormente alcune sanzioni o interessi sui tributi se la composizione negoziata ha esito positivo.
Contributi dei tribunali e Corte dei Conti: è utile segnalare che, fino all’introduzione di art. 23(2-bis), alcune Corti dei Conti territoriali avevano approvato delibere che invitavano i comuni a partecipare alle composizioni negoziate, considerata la “convenienza economica”. Tuttavia la più recente delibera n. 256/2024 (Corte Conti Lombardia) ha confermato che, ad oggi, i Comuni non possono formalmente aderire a tali accordi sui tributi locali. Ciò non riguarda però l’impegno dell’imprenditore: l’accordo sul pagamento sarà comunque calcolato per la quota di erario; l’assenza dei tributi locali nel piano non blocca la procedura (se necessario, resta l’opzione di omologazione forzosa su crediti statali tramite cram down).
Esempio pratico (composizione negoziata): supponiamo che l’“Impresa Alfa” in composizione negoziata debba 100.000 € di tributi erariali (da versare all’Agenzia Entrate) e 20.000 € di IMU al Comune. Con le modifiche del 2024 l’impresa può formulare un’offerta transattiva di, ad esempio, pagare l’IRPEF al 50% (50.000 €) e la TARI al 50% (se ricade tra i tributi “amministrati dall’Agenzia”), ma non può oggi inserire formalmente l’IMU nel piano di transazione (il Comune resta estraneo). Pertanto il Comune potrebbe richiedere il pagamento integrale dell’IMU (come se non fosse presente alcun accordo). Se però il Comune decidesse volontariamente di partecipare (come proposto dalla bozza normativa), l’accordo potrebbe prevedere, ad esempio, di pagare l’IMU al 20% (4.000 €), con una falcidia del 80%. La decisione finale dipenderà dal confronto “convenienza vs liquidazione”. Se l’attivo liquidatorio dell’impresa fosse talmente scarso da non garantire nemmeno i 20.000 € integrali, anche il Comune sarebbe teoricamente meglio con il piano proposto. Finché la legge non cambia, però, questo accordo locale ha valore solo come patto extra-giudiziario (es. una moratoria volontaria), non come transazione fiscale codificata.
2. Concordato preventivo (D.Lgs. 14/2019 art. 84-105, con art. 88)
Il concordato preventivo è la procedura concorsuale di maggiore rilievo per la ristrutturazione del debito d’impresa. L’impresa propone un piano di pagamento (concordato) ai creditori, vincolando poi tutti dopo l’omologa del tribunale. Nell’ambito del concordato è possibile includere la transazione fiscale per i tributi dello Stato e i contributi, ai sensi dell’art. 88 CCII.
- Art. 88 CCII (trattamento crediti tributari e contributivi): come visto, il debitore può nel piano proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei contributi previdenziali. È imprescindibile che il piano stesso preveda un soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella liquidatoria – calcolata tenendo conto del “valore di mercato” dei beni con prelazione. In pratica, si stima quanto incasserebbe lo Stato in caso di fallimento; se, ad esempio, dagli immobili ipotecati si ricaverebbero €30.000, nel piano si può proporre di pagare fino a €30.000 (eventualmente anche in più rate). Il comma 2 di art. 88 dispone che il professionista valuti la convenienza del piano rispetto alla liquidazione.
- Privilegi e par condicio: il comma 1 di art. 88 prevede che, se i crediti tributari sono privilegiati, il trattamento (falcidia, tempi di pagamento, garanzie) non possa essere meno favorevole di quello accordato ai creditori di grado inferiore. In sostanza, se nell’elenco dei crediti del concordato figurano tributi locali privilegiati di grado superiore rispetto ai tributi statali, una rigida applicazione del comma 1 vieterebbe al debitore di abbattere i crediti erariali (poiché paradossalmente sarebbero di grado inferiore). Da qui l’interpretazione diffusa in dottrina di estendere analogicamente la norma anche ai tributi locali, onde evitare un “cortocircuito giuridico” che renderebbe inapplicabile la transazione.
- Formalità pratiche: la proposta di concordato con transazione fiscale va depositata insieme alla relazione del professionista e alla documentazione contabile. Come dice l’art. 88, comma 3, deve essere contestualmente inviata all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e all’ufficio tributi competente, con le dichiarazioni fiscali arretrate. L’ufficio riscossione ha quindi 30 giorni per attestare l’ammontare dei debiti iscritti a ruolo. L’assemblea dei creditori (o il tribunale in caso di concordato in continuità) vota il piano, e l’amministrazione finanziaria esprime il proprio parere con voto in assemblea. Non è necessario un accordo scritto separato con lo Stato; il voto favorevole dei creditori pubblici in assemblea vale come adesione alla transazione. Dopo l’omologa, il piano diventa vincolante anche per i creditori dissenzienti, inclusa l’Agenzia se è stato raggiunto il quorum o adottato il cram down.
- Tributi locali e concordato: attualmente i Comuni non sono soggetti obbligati in assemblea per il concordato preventivo ordinario (cfr. art. 160 L.F. trasformato in art. 184 CCII). Tuttavia, in caso di concordato in continuità l’art. 88 non vieta esplicitamente l’inclusione dei tributi locali nell’accordo con i Comuni, e la Cassazione ha affermato che l’assenza di divieto espressamente scritto rende lecita una trattativa parziale anche con gli enti locali. In altre parole, se il piano di concordato prevede una falcidia anche sui tributi comunali, il Comune potrebbe tecnicamente aderire volontariamente all’accordo (per importi non pagati come IMU, ecc.), consentendo al piano di uscire con più risorse per l’impresa. In attesa delle nuove norme, questa rimane un’area grigia: da un lato il Codice non contempla il Comune come obbligato ad adeguarsi, dall’altro la giurisprudenza valorizza il principio di economicità e invita la PA a non pregiudicare con rigidità i piani di risanamento.
Caso di esempio (concordato): l’“Impresa Beta” presenta un concordato in continuità. Dal bilancio risultano debiti tributari totali verso Stato e Comuni pari a 100.000 € (60k IRPEF e IVA; 40k IMU e TARI). Il valore di liquidazione degli immobili espropriabili è stimato in 80.000 €. Il piano concordatario propone di pagare 60% dei tributi statali (36.000 €) e 10% dei tributi locali (4.000 €), dilazionando il saldo residuo in 5 anni. Il professionista attesta che in fallimento lo Stato incasserebbe circa 48.000 € (60% di 80k, posizione ipotecaria), dunque l’offerta di 36k è comunque superiore a quello che avverrebbe in liquidazione (40% vs 36%). Se il Comune aderisse (non obbligato), riceverebbe 4.000 € invece di nulla, ricavando un maggiore gettito rispetto al fallimento (dove le spese di liquidazione difficilmente lascerebbero fondi residui). In questo scenario convenienza e proportionalità sono rispettate. Tuttavia, se il Comune rimanesse estraneo, i 4.000 € di IMU pagati non vincolerebbero l’esecuzione coattiva, che potrebbe comunque essere interrotta per la parte del piano omologata (in pratica il Comune accetterebbe volontariamente un minor incasso).
3. Accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-61 CCII e art. 63)
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono strumenti di ristrutturazione bilaterale tra impresa in difficoltà e i suoi creditori (anche in assenza di fallimento), con omologazione eventuale in tribunale. Anche in tali accordi è prevista la possibilità di transazione fiscale ai sensi dell’art. 63 CCII. In sostanza, durante le trattative (purché sia coinvolto un professionista e vi sia attestazione), l’impresa può sottoporre allo Stato un progetto di pagamento parziale dei tributi e contributi, integrandolo nell’accordo di ristrutturazione. Le regole sono analoghe a quelle del concordato: l’Agenzia Entrate/INPS valutano la congruità e danno il loro assenso in sede di assemblea dei creditori. In caso di adesione di creditori privilegiati e del mancato consenso dello Stato, si applicano le medesime norme sul cram down introdotte dal 2022 (artt. 57 e 61 CCII).
Nota sulla liquidazione giudiziale: in ipotesi di concordato in liquidazione o fallimento trasformato, l’art. 263-bis CCII consente di concordare transazioni sui debiti tributari nel piano liquidatorio (c.d. concordato fallimentare). Similmente, l’attività degli agenti della riscossione può essere temporaneamente sospesa durante la fase di negoziazione preventivamente richiesta dall’imprenditore (moratoria ex art. 62 CCII). Anche queste sono situazioni in cui la transazione fiscale potrebbe trovare applicazione, sempre a beneficio del debitore. In pratica, ogni qualvolta il professionista elabori un programma di liquidazione (ad es. nel fallimento con concordato, o nella fase di composizione negoziata sfociata in fallimento), si può valutare un accordo parziale sui tributi per massimizzare le risorse distribuite.
4. Crediti erariali e previdenziali (riassunto)
In tutti gli strumenti sopra descritti, i crediti tributari e contributivi che si prestano alla transazione sono quelli verso lo Stato (Agenzia Entrate/Dogane) e gli enti di previdenza obbligatoria (INPS, INAIL, ecc.). Dal punto di vista operativo, nella pratica il soggetto che vota l’accordo nei piani concordatari è oggi l’Agenzia Entrate-Riscossione (Ader): una volta fallita l’Agenzia Riscossione, dall’ottobre 2022 le sue funzioni sono gestite da una nuova struttura organizzativa nazionale (Direzioni regionali di Ader). In assemblea dei creditori, l’Ader esprime il proprio voto con le nuove regole (per importi fino a un certo limite decentrate alle direzioni provinciali). La partecipazione formale del Fisco avviene con il voto favorevole dell’Agenzia in assemblea; non è necessario che i funzionari firmino accordi separati, come spiegato dalla dottrina. Per l’imprenditore, il dialogo con i funzionari Ader è fondamentale: spesso gli uffici partecipano a incontri con il debitore ed esperto per chiarire l’ammontare esatto dei tributi dovuti (posizione debitoria, eventuali atti di accertamento) e per programmare il termine del pignoramento (sospeso con la domanda di concordato).
Prassi amministrativa e orientamenti giurisprudenziali
Ente locale e adesione alla transazione fiscale
In mancanza di una norma positiva, gli Enti locali (Comuni, Province, Regioni) hanno storicamente evitato di impegnarsi in transazioni sul pagamento ridotto dei tributi. In molti casi hanno respinto le proposte dell’impresa in concordato o ristrutturazione per pagamento parziale dei tributi comunali, richiamando il “canone dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria” e temendo di precludere la riscossione integrale. Tuttavia la giurisprudenza contabile e di legittimità ha più volte ribadito il principio di economicità dell’azione erariale: cioè, nel contesto concorsuale conseguire anche un pagamento parziale è preferibile a non incassare nulla, purché risulti complessivamente più vantaggioso rispetto allo stato di liquidazione. La Corte Costituzionale ha anche richiamato la necessità di contemperare l’indisponibilità del credito tributario con i criteri di economicità della spesa pubblica.
Recentemente, come visto, le sezioni regionali di Corte dei Conti hanno preso posizioni su specifici casi. La delibera 256/2024 della Corte dei Conti della Lombardia ha “bocciato” due tentativi di accordo in composizione negoziata che prevedevano una falcidia del 30% sull’IMU. Secondo i giudici contabili, la normativa non consente la transazione sugli “crediti tributarî auto-amministrati come quelli relativi alle imposte locali” e pertanto il Comune non può aderire. Questo pronunciamento, seppure limitato al caso concreto, chiarisce gli attuali limiti giuridici: gli enti locali non sono vincolati dalle norme sulla transazione, a differenza dell’Erario. D’altro canto, il Consiglio di Stato e la Cassazione, in altre occasioni, hanno mostrato una posizione più aperta: se un accordo concorsuale (concordato o accordo di ristrutturazione) copre integralmente le pretese statali e previdenziali, l’eventuale concessione di sconti ai tributi locali non comporta alcun “peggioramento” per il Fisco.
Interpelli e prassi dell’Agenzia Entrate e degli enti locali
- Agenzia delle Entrate (e Ader): finora non esistono circolari specifiche del Fisco dedicate alla transazione tributaria dei tributi locali (essendo stata in passato premessa la loro esclusione). Tuttavia, l’Agenzia ha emanato circolari generali sulla transazione fiscale (cfr. circ. 16/E/2018 e circ. 37/E/2019) che illustrano procedure e documenti per concordati e accordi su tributi erariali. In pratica, l’ufficio Ader coinvolto verifica la completezza della documentazione (bilancio, dichiarazioni, estratti contabili) e rilascia le certificazioni debitorie. In caso di adesione alla transazione, l’Agenzia esprime parere favorevole (o negativo) in assemblea dei creditori, ma non firma separatamente.
- Comuni e Regioni: non esistono finora linee guida unitarie né modulistica standard su come gestire le richieste di sconto sui tributi locali. Ogni ente decide autonomamente. Alcuni Comuni hanno adottato (o stanno predisponendo) delibere di Giunta o tavoli di conciliazione tributi in crisi d’impresa, in vista della riforma. In attesa, qualche ente eroga agevolazioni fiscali “fuori giurisprudenza”, ad es. concedendo moratorie straordinarie o sconti simbolici per imprese in crisi conclamata. Gli studi professionali consigliano di richiedere comunque al Comune l’attestazione della posizione debitoria completa (analogamente al certificato dei ruoli dell’Agenzia) per calcolare con precisione il piano di riduzione.
- Principi di cooperazione: ancor prima delle norme, Cassazione e Consiglio di Stato hanno ricordato che l’azione di esazione dell’erario deve rispettare i principi di efficienza ed economicità (art. 97 Cost.). In linea con ciò, nei precedenti contratti di concordato si è ritenuto legittimo che il Fisco “accetti il pagamento anche parziale” dei tributi, se ciò garantisce comunque un incasso maggiore rispetto alla liquidazione. Allo stesso modo, la Corte dei Conti (Sez. Un.) ha più volte auspicato che il legislatore superi il dogma dell’indisponibilità assoluta dei tributi negli strumenti di crisi, proprio per favorire il risanamento delle aziende e tutelare il pubblico interesse generale.
Giurisprudenza di legittimità
- Cassazione civile – Alcune pronunce sul concordato hanno affermato che il principio dell’indisponibilità del credito erariale non può precludere automaticamente ogni soluzione negoziata nel contesto concorsuale. In particolare, la Cassazione (cfr. sez. I 10 dicembre 2024, n. 31790) ha ribadito che l’art. 182-ter L.F. (oggi art. 88 CCII) consente di pagare il fisco in misura percentuale quando ciò è l’unica soluzione praticabile. La Corte suprema ha inoltre ammonito che, interpretando rigidamente l’art. 182-ter in modo letterale (escludendo i tributi locali), si finirebbe per neutralizzare l’istituto stesso, vietando alla fine qualsiasi stralcio dei debiti erariali.
- Constitutionale – La Corte Costituzionale, con sentenze come la n. 177/2012, ha sottolineato la necessità di contemperare l’indisponibilità tributaria con i criteri di economicità della pubblica azione. In concreto, ciò implica che in un fallimento una quota di tributi (anche se di rango superiore o minore) può ritenersi legittimamente ridotta, se il risultato complessivo è più vantaggioso per le finanze pubbliche.
Delibere della Corte dei Conti
La giurisprudenza contabile è stata particolarmente attiva sul tema: oltre alla citata delibera Lombardia 256/2024, numerose pronunce regionali hanno invitato gli enti locali a non esigere sempre l’integrale soddisfacimento dei tributi in presenza di contropartite vantaggiose per l’erario. In tali atti (ad esempio n. 1213/2021 della Sez. Piemonte, o n. 547/2023 della Sez. Lazio) si è ribadito che “riconoscere ai tributi locali una forza tale da richiederne sempre l’integrale soddisfacimento frustrerebbe le finalità della normativa concorsuale”. Queste deliberazioni non hanno valore di legge, ma hanno convinto il legislatore delegato a correggere la disciplina.
Tabelle riepilogative
Tributo | Ente gestore | Categoria di privilegio (c.c.) | Stato attuale in transazione fiscale | Nuove prospettive | Commenti principali |
---|---|---|---|---|---|
IMU | Comune | 3ª (privilegio su immobili) | Non transigibile | In futuro transazione possibile | Se ceduto, Comune attualmente può solo rateizzare ordinariamente. Elevata prelazione; importante valutare omologazione. |
TARI | Comune | Non privilegiato (chirograf.) | Non transigibile | Idem come IMU | Tassa rifiuti, senza privilegio. Seppure in piano locale normale, sconti formali al momento non possibili. |
TASI | Comune | 3ª (privilegio su immobili) | – | Transazione possibile | Se residua, regolata come IMU. Risolta come sopra. |
COSAP/TOSAP | Comune | Chirografario (diritti d’uso) | Non transigibile | Transazione possibile | Canone occupazione suolo pubblico; solitamente chirografo. Senza privilegio, il Comune giuridicamente può “trattare” ma ufficialmente non ancora. |
Imposta di soggiorno | Comune | Chirografario (diritti d’uso) | Non transigibile | Transazione possibile | Tassa comunale di soggiorno; debitamente riscossa come canone (chirografo). Appena la norma lo consentirà, si potrà includere. |
Addiz. IRPEF comunali | Comune | 3ª (prelazione locale) | Non transigibile | Transazione possibile | Parte dell’IRPEF riscossa dal Comune come anticipazione statale; privilegio analogo all’IMU. |
Canone idrico | Azienda idrica (AL, ATO, concessionaria) | Chirografo. | Non transigibile | Transazione possibile | Contenuto nei tributi locali, soggetto a Tariffe AEEGSI. Attualmente non incluso; in futuro potrebbe aderire ai piani di transazione locale. |
Addizionali comunali | Comune | Chirografo. | Non transigibile | Transazione possibile | Varie imposte locali di modesta entità. Giuridicamente non previste in transazione, ma risulta più agevole trattarle informalmente (se il Comune acconsente). |
Esempi concreti e simulazioni pratiche
Per chiarire l’applicazione dei concetti sopra illustrati, si propongono di seguito due casi esemplificativi, seguiti da brevi spiegazioni operative.
Esempio 1: Transazione in composizione negoziata (tributi erariali vs locali)
Scenario: la “Srl Gamma” è in composizione negoziata. Deve €150.000 di imposte erariali (comprensive di IVA, IRPEF e addizionali, scadute) e €30.000 di IMU comunale. Non ha altri crediti privilegiati. La relazione dell’esperto stima che, in caso di fallimento/liquidazione, i beni aziendali realizzerebbero circa €50.000. Lo Stato (categoria 1) avrebbe diritto a gran parte di quei 50.000 (es. se esistono garanzie ipotecarie, ecc.).
Proposta transattiva: il piano proposto prevede di pagare l’Agenzia Entrate 80.000 € in 5 anni (pari al 53% dei tributi erariali totali) e di negoziare con il Comune la riduzione dell’IMU al 30% (9.000 €). L’azienda sostiene che in liquidazione lo Stato incasserebbe forse solo 40.000 € (dato che le preferenze cancellerebbero gran parte del debito erariale), per cui l’offerta di 80.000 € risulterebbe più alta del montante liquidatorio (40K vs 80K). L’ente locale invece, in fallimento, difficilmente recupererebbe qualcosa (IMU senza garanzia, ottenibile solo dopo spese di procedura). Quindi, se fosse consentito, un’offerta di 9.000 € all’IMU sarebbe pur sempre preferibile al nulla.
- Attestazione: il professionista calcola il patrimonio liquidabile (50K) e ripartisce ipoteticamente 40K allo Stato e 10K ai creditori chirografari, dimostrando che l’offerta complessiva di 89.000 € è superiore a quanto incassato in fallimento (40K).
- Deposito e comunicazioni: “Srl Gamma” deposita la proposta di transazione con il piano presso il tribunale; invia Ader e Comune le certificazioni dei debiti (per erariali in 30 gg; per IMU, da acquisire con modalità analoghe, anche se non formalmente richieste).
- Esito: allo stato corrente (marzo 2025), l’Agenzia delle Entrate può deliberare sulla propria posizione (tipicamente positivamente, se conviene), mentre il Comune non è tenuto ad aderire alla transazione fiscale (anche se potrebbe farlo come atto di liberalità). Pertanto, in mancanza di un intervento legislativo, la posizione IMU di €30.000 resterebbe separata. Se il Comune non accetta, l’accordo approvato prevederà solo la riduzione dell’erario. Tuttavia, l’impresa potrebbe proporre al Comune una “transazione volontaria” (accordo extra-giudiziario) pagando €9.000; se accettata dal Comune, in pratica quest’ultimo rinuncerebbe a €21.000 di credito. Nel piano ufficiale, però, solo l’Agenzia scende a 80K sui 150K. Alla fine, Srl Gamma paga 80K su 150K erariali e (eventualmente) 9K su 30K IMU, risanando parzialmente la propria posizione.
Considerazioni pratiche: senza modifiche di legge, conviene alle imprese focalizzarsi sulla transazione dei tributi erariali (oggi pienamente ammessi) e utilizzare strumenti alternativi per i tributi locali (rateizzazioni ordinarie, mediazioni e trattative dirette con i Comuni). Con la riforma attesa, lo stesso schema dei conti sarà legalmente sostenuto e l’accordo conferito.
Esempio 2: Transazione in concordato preventivo (piano di riduzione tributi)
Scenario: la “Spa Delta” presenta un concordato preventivo in continuità con risorse proprie. Dal bilancio emerge un debito erariale di €500.000 (IVA 300k + IRES/IRPEF 200k) e debiti contributivi di €100.000 (INPS+INAIL). Inoltre, ha un debito impositivo locale di €50.000 (IMU e TARI consolidate). I suoi beni ipotecati valgono ca. €200.000 in liquidazione; i creditori chirografari (fornitori, ecc.) dovrebbero ricevere presuntivamente solo €20.000.
Proposta nel piano di concordato:
- Tributi erariali e contributivi: la proposta prevede di pagare al Fisco €250.000 in tre anni, con rate semestrali; ossia il 50% del debito erariale. Ciò garantirebbe allo Stato la metà di quanto vanta, ma l’esperto calcola che in liquidazione avrebbe ricevuto forse solo €100.000 (data l’insufficienza di beni ipotecati). Quindi il Fisco riceverebbe più col piano (50% vs 20%).
- Tributi locali (IMU/TARI): con legislazione vigente, questi non possono entrare formalmente nel concordato (il Comune non è obbligato a votare). Tuttavia il piano contiene una proposta di pagamento volontario di €10.000 (20%) sul totale di €50.000 dovuti. Si prospetta che il Comune potrebbe decidere di “cessare gli interessi e rateizzare” per questa minorazione, indipendentemente dalle norme sulla transazione fiscale.
- Attestazione: il professionista allega la relazione di convenienza che illustra gli scenari con e senza il piano. Evidenzia che i crediti statali sono privilegiati e in caso di fallimento coperti solo per circa il 20% (la stima realizzata in liquidazione); ritiene dunque corretto proporre una falcidia al 50%. Sottolinea che i crediti contributivi rientrano nello stesso trattamento e che gli altri creditori potranno ricevere una quota chirografaria (sino a €20.000) diluita nel piano, il che risulta comunque più che in fallimento.
- Iter procedurale: la proposta viene presentata in tribunale come parte del concordato (art. 88 CCII). Come richiesto, la copia del piano e delle tabelle transattive viene inviata ad Ader e Inps, con le dichiarazioni fiscali pregresse. L’Ader emette entro 30 gg. la certificazione di debito di €600.000 complessivi (500 erariali +100 contributivi) e relaziona favorevolmente.
- Voto in assemblea: alla riunione dei creditori, il piano ottiene il necessario quorum. Ader vota a favore (il piano è conveniente). I fornitori (chirografari) votano sulla base delle quote % che riceveranno, e i privati sono d’accordo sulla rimodulazione. Il Comune, benché convocato come creditore (se il concordato prevede l’intervenuta ratifica del Comune stesso), non riceve alcun voto obbligatorio per i tributi locali. In questo esempio, supponiamo che il Comune non partecipi (non essendo obbligatorio).
- Esito finale: il tribunale omologa il concordato. Effetti: Spa Delta dovrà versare 250.000 € su 500.000 all’Agenzia Entrate+Inps, saldando ufficialmente il 50% dei debiti erariali; gli altri 250.000 € rimanenti vengono estinti senza pagamento. Il Comune non ottiene esecutivamente gli ulteriori 40.000 € di IMU/TARI, ma gli interessi matureranno comunque in attesa di definizione successiva (la pendenza del concordato sospende l’esazione). Dopo l’omologa, la Spa prosegue l’attività e viene esclusa dalla procedura con il debito pubblico ridotto.
Tabella di riepilogo (Simulazione Delta):
- Debito trib. erariali+contrib.: 600.000 € totali (pari ad esempio IVA 300k + IRES 100k + INPS 100k + INAIL 100k).
- Debito trib. locali: 50.000 € (IMU/TARI).
- Attivo liquidabile stimato: 200.000 € (garanzie ipotecarie, beni).
- Quota liquidazione prevista per Stato: ~100.000 € (meno le spese).
- Offerta Ader: 250.000 € (corrisponde al 50% del debito).
- Offerta Comune: 10.000 € (20% di riduzione, non vincolante).
- Vantaggio Fisco: +150.000 € rispetto all’alternativa (250 vs 100).
Questo esempio mostra come, anche in un concordato, la presenza di crediti locali possa creare una situazione di rischio se il Comune non collabora: in teoria, dopo il concordato il Comune potrebbe riprendere le esazioni sui 40.000 € residui non versati. In pratica, molti tributaristi suggeriscono di trattare comunque il Comune “off-record” per ottenere una forma di buonuscita (come una rateizzazione extra-piano), sia per motivi di immagine sia per valorizzare la continuità aziendale. In ogni caso, la piena regolarizzazione del debito statale e contributivo da parte della Spa avviene come da piano omologato, soddisfacendo gli obblighi verso il Fisco.
FAQ – Domande frequenti
D1: Che cos’è la transazione fiscale?
È un istituto di diritto concorsuale che consente al debitore di proporre il pagamento ridotto o rateale di tributi e contributi nell’ambito di concordato, accordi di ristrutturazione o composizione negoziata. Deve essere approvata dall’Amministrazione finanziaria se assicura maggiore incasso rispetto alla liquidazione giudiziale. In sintesi, l’impresa insolvente “sconta” il proprio debito verso il fisco, compensando la minor riscossione con una convenienza di piano comprovata.
D2: Quali debiti fiscali possono essere transati?
Ad oggi solo i tributi e contributi gestiti dalle Agenzie fiscali: cioè imposte statali (IRPEF, IVA, accise, ecc.) e contributi INPS/INAIL. Formalmente sono esclusi i tributi amministrati direttamente da Regioni/Enti Locali (IMU, TARI, COSAP, ecc.), perché l’art. 88 CCII definisce l’oggetto della transazione nei limiti di quanto gestito dall’Agenzia. In futuro la disciplina si estenderà anche ai tributi locali e regionali, ma fino ad allora l’accordo transattivo può includere solo i debiti statali/contributivi (mentre i debiti locali restano regolati con strumenti ordinari).
D3: Chi propone e chi decide la transazione?
A proporre è l’impresa in crisi (con la propria relazione del professionista indipendente). Decidono poi i creditori in assemblea: in particolare, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione esprime il voto dell’Amministrazione finanziaria (secondo le regole parlamentari/omologative), mentre INPS/INAIL votano per i contributi. I creditori privati (banche, fornitori) votano secondo la loro quota nel piano. Affinché l’accordo sia valido, è necessario che ottenga il sì delle maggioranze previste dal Codice (eventualmente anche in cram down).
D4: Perché la transazione fiscale è “conveniente” per lo Stato?
L’Erario valuta se il piano proposto è più remunerativo della liquidazione fallimentare. Se la stima del patrimonio da liquidare è bassa, pagare subito anche una quota risparmia costi di procedura e tempi lunghi di riscossione. Le normative successive (anche la Corte dei Conti) insistono sull’“economicità” dell’azione erariale: meglio incassare di più pagando meno tardivamente, che veder sfumare tutto in fallimento. Questo principio legittima – secondo i giudici – anche la riduzione parziale dell’obbligazione fiscale.
D5: Quali tributi NON posso includere in transazione?
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.) al momento non possono far parte della transazione fiscale ex art. 182-ter/88. Allo stesso modo, non è possibile transare tributi tributi scolastici comunali, multe, oneri accessori (interessi di mora e sanzioni tributarie già intimati potrebbero essere ridotti, se autorizzato ad es. dall’art. 23 comma 4 CCII per sanzioni ridotte al minimo). Non rientrano nemmeno le ritenute non versate alla fonte (quelle restano sospese solo se il piano è approvato, ma non soggette a transazione fisica).
D6: Quali garanzie ottengo se faccio un accordo con Ader?
Dopo l’omologa del piano con transazione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione deve considerare estinte (nella misura concordata) le posizioni debitorie e sollevare tutti i pignoramenti già notificati. In pratica, sul fronte erariale vige la “sanatoria” del debito rimanente entro i limiti del piano omologato. Ciò significa che l’impresa non rischia più escussioni coattive sul residuo concordato. Tuttavia, si deve comunque pagare con diligenza quanto previsto (rate, interessi) secondo il piano; il mancato adempimento può riattivare le procedure esecutive.
D7: Cosa succede se una transazione fiscale viene respinta?
Se l’Amministrazione non aderisce (voto contrario in assemblea), il piano di concordato o di ristrutturazione potrebbe fallire o essere ricusato. Nel concordato, il tribunale non può omologare un piano se l’Erario vota contro ed esso non rientra nella situazione di cram down. Nell’accordo di ristrutturazione, se l’Erario è contrario e non si raggiunge il 75% dei crediti erariali, l’accordo non può essere omologato. L’impresa dovrebbe allora cercare alternative: aumentare l’offerta (magari accreditando più liquidità ai creditori), o ricorrere a una procedura di composizione negoziata con diversa strategia, o sospendere i pagamenti fino all’adozione di nuove norme.
D8: L’omologazione ha effetto nei confronti di tutti?
Sì, una volta omologato il concordato o l’accordo di ristrutturazione, l’effetto surrogatorio si estende a tutti i creditori compresi quelli pubblici. Ciò significa che tutti i debiti coperti dall’accordo omologato risultano estinti e non più gestibili dai creditori (anche se dissenzienti), mentre le obbligazioni rateali concordate diventano vincolanti. In assemblea, l’Agenzia del Fisco esprime voto positivo se ritiene conveniente l’accordo. Nei concordati autorizzati dal 2024 in avanti, il solo voto favorevole dell’Agenzia (Direzione territoriale) è sufficiente a rappresentare l’adesione formale senza necessità che i funzionari sottoscrivano il piano.
D9: Si pagano interessi o sanzioni?
Se non diversamente concordato, gli interessi di mora rimangono dovuti sui debiti rateizzati, salvo che non vengano ridotti da accordi specifici. Tuttavia l’art. 23, comma 4 CCII (composizione negoziata) e l’art. 182-ter originario prevedevano che, al verificarsi dell’accordo transattivo, gli interessi di mora cessano. Nella prassi del concordato, spesso si utilizza l’istituto dell’“azzera interessi” se il debitore rispetta i piani (il Codice prevede la c.d. “sospensione” dell’esazione con successiva sanatoria). In ogni caso, riduzioni di sanzioni/penali e condoni parziali possono essere esplicitamente previsti dal piano, sottoposti però all’approvazione del giudice e dell’Agenzia (in sede di concordato, ogni sgravio supplementare oltre il mero pagamento può richiedere apposita istanza).
D10: Posso proporre transazioni anche in presenza di tributi locali non pagati?
Sì, nulla vieta all’impresa di presentare un piano di transazione fiscale anche se ha debiti locali pendenti. Tuttavia i tributi locali non rientrano nell’ambito dell’accordo omologabile ai sensi dell’art. 88 CCII. Ciò significa che l’omologa del piano non comprime i debiti verso il Comune: questi dovranno essere gestiti separatamente (ad esempio con una rateazione ordinaria). La prassi suggerisce comunque di “trascurare” formalmente i tributi locali nei conteggi della transazione, e se possibile discutere un piano di rientro flessibile informale con l’ente locale.
Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali
- Normativa principale: D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) – art. 23(2-bis), 57, 60-64, 63, 88, 245; D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo); R.D. 267/1942 (L.F., art. 182-ter previgente); D.Lgs. 83/2022 (correttivo-bis); L. 147/2021.
- Ulteriore normativa: D.Lgs. 300/1999 (convenzioni riscossione); art. 2752-2753 c.c. (classificazione crediti privilegiati/chirografari); circolari Agenzia Entrate n. 16/E/2018 e n. 37/E/2019 (istruzioni transazione fiscale).
- Giurisprudenza penale e civile: Cass. civ. sez. I 10.12.2024, n. 31790 (valori legittimità principio indisponibilità); Cass. civ. sez. un. 22506/2020 (princ. indisponibilità tributi); Cass. civ. sez. III 21.2.2018, n. 4480 (transazione fiscale e cram-down).
- Delibere Corte dei Conti: Sez. Corte Conti Lombardia, 24.12.2024, n. 256/2024 (sul rifiuto di composizione negoziata ridotta IMU); altre delibere regionali (es. n. 1213/2021 Piemonte, n. 547/2023 Lazio, tutte in materia di concertazione sui tributi locali in crisi).
- Prassi Amministrativa: Agenzia Entrate-Riscossione, Circolare sulle modalità di deposito e certificazione debiti in sede di concordato; Interpelli Ministero Finanze (es. n. 318/2023 su concordato e tributi comunali); Linee guida ANCI-confcommercio (in preparazione per la riforma dei tributi locali).
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🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
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