Cosa Succede Se Non Si Paga Il Prestito Covid E Come Difendersi

Hai ricevuto un finanziamento garantito dallo Stato durante l’emergenza Covid ma oggi non riesci più a restituirlo? Hai paura di subire segnalazioni, pignoramenti o il blocco del conto?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in finanziamenti emergenziali e difesa legale contro le azioni di recupero – è pensata per aiutarti a capire cosa succede in caso di mancato pagamento del prestito Covid e come difenderti.

Scopri quando scatta l’escussione della garanzia statale, quali sono i reali rischi per l’imprenditore, cosa può fare la banca o l’Agenzia delle Entrate Riscossione, e quali soluzioni legali esistono per rinegoziare, sospendere o ridurre il debito.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, esaminare il tuo caso con un avvocato esperto e valutare una strategia concreta per proteggere te, la tua impresa e il tuo futuro.

Introduzione:

Durante la crisi pandemica molte imprese hanno ottenuto finanziamenti straordinari (garantiti dallo Stato o a tasso agevolato) per far fronte all’emergenza. Ma che succede se si incorre in insolvenza su questi prestiti? La guida affronta in modo completo gli scenari possibili – civilistici, penali e fiscali – analizzando i principali strumenti di tutela. Vengono esaminate le diverse forme di prestito Covid (Fondo di Garanzia PMI, SACE, microcredito, misure regionali, ecc.) e si illustrano le conseguenze del mancato pagamento: dall’escussione della garanzia statale e dall’ingiunzione di pagamento, fino alle possibili accuse penali (indebita percezione di erogazioni pubbliche) e alle implicazioni tributarie. Infine, vengono presentate le strategie difensive applicabili (rinnegoziazione, saldo e stralcio, strumenti di composizione della crisi) e una esaustiva sezione Domande & Risposte sui dubbi più comuni.

Tipologie di finanziamenti Covid

Il sistema di sostegno alle imprese in emergenza Covid prevedeva diversi strumenti di credito. Di seguito i principali:

  • Fondo di Garanzia PMI (“Decreto Liquidità” e seguenti) – Grazie al D.L. 23/2020 (convertito L. 40/2020, “Decreto Liquidità”) e a successivi provvedimenti (Cura Italia, Rilancio, Sostegni, ecc.), il Fondo di Garanzia gestito da Mediocredito Centrale ha esteso la sua copertura alle imprese in difficoltà Covid. Con le norme emergenziali è stato spesso prevista copertura totale (100%) per finanziamenti fino a €30.000 e percentuali pari all’80-90% per importi maggiori. La garanzia è inoltre gratuita (zero commissioni o al massimo 25 pb il primo anno, 50 pb dopo) e “a prima richiesta, esplicita e irrevocabile”. Ciò significa che, in caso di default, la banca può richiedere subito la prestazione (escutere la garanzia) senza dover indagare sulle ragioni dell’inadempimento. Grazie a questo meccanismo lo Stato ha incoraggiato le banche a erogare credito a imprese altrimenti considerate troppo rischiose. 
  • Garanzia SACE (“Garanzia Italia”) – Contemporaneamente al Fondo PMI, il Governo ha introdotto una garanzia a carico di SACE S.p.A. (ex SIMEST) per grandi imprese e per l’export, nell’ambito del D.L. “Cura Italia” e succ., nota come “Garanzia Italia”. Anche qui lo Stato si fa carico di una buona parte del rischio: in genere la quota garantita è tra l’80% e il 90%, con durata fino a 6-8 anni e opzione di preammortamento iniziale fino a 36 mesi (art.13 D.L. 23/2020, come modificato). Le condizioni precise (copertura percentuale, commissioni, durata) sono disciplinate da linee guida MISE e da convenzioni con le banche, ma il meccanismo è analogo a quello del Fondo PMI.
  • Microcredito agevolato – Sono stati attivati anche interventi di microcredito per sostenere piccolissime imprese, artigiani e professionisti autonomi. Questi prestiti, gestiti da Confidi o da Fondi appositi, garantiscono importi più contenuti (tipicamente fino a 25.000–30.000 €) con tassi bassi o nulli. Spesso sono rivolti a start-up o a soggetti in difficoltà reddituale. Anche regioni e province hanno erogato prestiti a tasso agevolato o a fondo perduto per settori specifici (ad es. turismo, commercio) colpiti dalle restrizioni. Poiché gli interventi regionali variano localmente, l’imprenditore dovrà verificare i bandi territoriali (ad es. prestiti “POR” o “AIUTI LIQUIDITÀ” regionali).
  • Altri aiuti – Si ricordano anche i contributi a fondo perduto (non rimborsabili) e i crediti d’imposta Covid istituiti dai vari Decreti Ristori/Sostegni (es. Decreto-Legge 137/2020, 149/2020, 41/2021, ecc.), ma essi non costituiscono finanziamenti con restituzione di capitale. Tali misure però impattano indirettamente sul bilancio aziendale e sul rating: in sede fiscale e di controllo, l’ottenimento illecito di queste agevolazioni è anch’esso sanzionabile (cfr. art. 25 D.L. 34/2020 in materia di contributi a fondo perduto). Il focus qui resta però sui prestiti da rimborsare.

In sintesi, ogni prestito Covid può avere caratteristiche proprie (garanzia pubblica, tassi agevolati, durata più lunga). In molti casi l’impresa ha beneficiato di moratorie e proroghe automatiche: ad esempio il Milleproroghe 2022 ha esteso di 6 mesi la fase di solo pagamento interessi sui prestiti fino a €30.000. Ma queste misure differiscono dalle obbligazioni di rimborso: alla fine di ogni moratoria restano ferme le scadenze e gli obblighi contrattuali. In assenza di nuovo accordo scritto, il debitore dovrà rimborsare l’intero capitale. Vediamo ora cosa accade se questo impegno non viene rispettato.

Conseguenze del mancato pagamento

Le conseguenze per l’impresa insolvente variano a seconda dell’ottica:

  • Sul piano civile, la banca può agire legalmente per recuperare il credito (con decreti ingiuntivi, pignoramenti, segnalazioni creditizie, ecc.). Se il prestito era garantito dal Fondo PMI o da SACE, scatta l’escussione della garanzia e il soggetto pubblico pagatore (MCC o SACE) subentra al creditore privato. In pratica, la banca notifica al Fondo la morosità e ottiene il pagamento (totale o parziale) del proprio credito garantito. Subito dopo, il Fondo o la SACE diventano essi stessi creditori dell’azienda per la quota liquidata. Il debitore si trova quindi a dover corrispondere non più alla banca, ma allo Stato (attraverso l’ente gestore).
  • Esecuzione forzata e pignoramenti: se la banca aveva già avviato un’esecuzione (pignoramento di immobili, terzi pignorati, deleghe stipendiali, ecc.) prima di incassare dal Fondo, il Tribunale vede comparire due creditori: la banca per la parte non garantita e il Fondo per la parte garantita. Se invece nessuna azione esecutiva è in corso, sia la banca che il Fondo possono iniziare nuove procedure (ad es. decreto ingiuntivo e pignoramento). Se l’azienda è insolvente senza beni aggredibili, l’azione si traduce in “pignoramento infruttuoso”: resta comunque la posizione di debitore cattivo pagatore.
  • Segnalazione alla Centrale Rischi e protesti: il mancato pagamento viene segnalato da banche e intermediari alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. Inoltre, pur non essendo titoli cambiari tradizionali, l’impresa insolvente è spesso inserita negli elenchi “cattivi pagatori” delle Camere di Commercio o presso altri organismi di informativa commerciale. Questa segnalazione pregiudica gravemente l’affidabilità creditizia: avviare nuovi finanziamenti o rinnovare linee di credito diventa molto difficile. Ad esempio, come specificato da dottrina specialistica, l’inserimento nella Centrale Rischi “indica il superamento di soglie critiche di esposizione” e scoraggia qualsiasi banca dal concedere ulteriore credito all’azienda. Parallelamente, gli altri affidamenti già concessi (linee di scoperto, carte di credito, fidi di cassa) vengono di norma revocati immediatamente: la banca richiederà il rientro forzoso dei conti scoperti e il blocco delle garanzie in essere.
  • Revoca di finanziamenti e rapporto di fiducia: in aggiunta alla segnalazione, la crisi di solvibilità può determinare la revoca di finanziamenti agevolati o futuri affidamenti, compresi quelli concessi dalle controparti commerciali. Un fornitore o un partner finanziario che apprenda del default potrebbe sospendere linee di credito o negoziati, contribuendo così a un effetto domino negativo sulla liquidità aziendale.
  • Solidarietà dei garanti personali: se a garanzia del prestito Covid erano stati prestati fidi personali (fideiussioni) da soci o terzi, anche questi soggetti possono essere escussi. In pratica, sia la banca che poi il Fondo di Garanzia possono rivalersi sui patrimoni dei garanti nelle stesse percentuali del credito pagato.

In sintesi, dal punto di vista civile l’insolvenza su un prestito Covid garantito non differisce granché da un qualunque default creditizio: la banca ottiene l’istruttoria esecutiva e recupera dal Fondo la quota garantita; in seguito il Fondo esecuta sul patrimonio aziendale (e dei garanti) per la propria parte. L’esito spesso è un pignoramento immobiliare o mobiliare (es. fatture, crediti) che può sfociare in asta fallimentare. Il debitore, intanto, perde accesso al credito: già durante la procedura l’azienda finisce segnalata come cattivo pagatore, con effetti permanenti sul rating interno della banca e l’impossibilità di ottenere nuovi prestiti a breve.

Figura 2: Nel processo di recupero crediti, il simbolo del martello del giudice e la facciata di una banca evocano l’esecuzione forzata del credito garantito. Anche lo Stato (attraverso il Fondo di Garanzia) può intervenire come creditore.

Aspetti penali

Il mancato pagamento di un prestito Covid non costituisce di per sé un reato; tuttavia, se l’impresa ha ottenuto il prestito indebitamente (ad esempio dichiarando falsamente i requisiti di accesso o presentando documenti mendaci), può incorrere in conseguenze penali. I principali profili penali sono:

  • Indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.) – Secondo la giurisprudenza prevalente, la falsità o la reticenza nei documenti presentati per ottenere finanziamenti agevolati Covid configura spesso il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.). La Corte di Cassazione (Sez. VI) ha confermato che l’ottenimento illegittimo di un finanziamento garantito dallo Stato, a fronte di un’infedele dichiarazione del richiedente, integra questo reato. In particolare, la Cassazione ha precisato che la garanzia statale sul prestito è “un’altra erogazione” tutelata dal 316-ter, e che l’elemento di truffa (induzione in errore) manca se la banca ha semplicemente acquisito una dichiarazione formale senza compiere accertamenti sulla veridicità. Le Sezioni Unite penali (sent. n. 11969/2025) hanno ancor più chiarito il quadro applicativo: il reato di 316-ter c.p. si configura anche in caso di omissione di informazioni rilevanti, non necessariamente con dolo diretto, purché dall’omissione derivi un indebito conseguimento di un beneficio pubblico. In altri termini, non occorre un inganno attivo: è sufficiente che il beneficiario ometta di comunicare circostanze che gli avrebbero impedito di accedere all’agevolazione. Questa pronuncia di marzo 2025 rafforza il rischio penale per chi presenta autocertificazioni parziali o false per ottenere vantaggi Covid (sostegni, contributi o garanzie).
  • Frode nelle erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.) – In passato alcuni hanno tentato di inquadrare i finanziamenti Covid indebitamente percepiti come “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” (art. 640-bis). Tuttavia, la giurisprudenza più recente tende a far rientrare tali condotte nel più generale art. 316-ter c.p. Un caso istruttivo è la sentenza “Pressiani” (Cass. pen. n. 11246/2022): la Cassazione, esaminando un’ipotesi di falsità documentale per avere garanzia Covid, ha ribadito che non si configura truffa quando non c’è stata una induzione in errore dell’erogatore. Nel meccanismo dei prestiti garantiti, le banche non compiono approfondite verifiche preventive ma si basano sull’autocertificazione; perciò, una dichiarazione mendace non induce un errore attivo nella banca (il controllo viene rinviato a posteriori). Così, pur riconoscendo l’illecito, i giudici hanno ritenuto applicabile il reato di 316-ter, escludendo la truffa.
  • Falsità documentali e false dichiarazioni – Oltre all’art.316-ter, possono trovare applicazione anche altri reati di falsità: ad esempio, se l’imprenditore presta false dichiarazioni sostitutive di atto notorio o certificati, potrebbe essere perseguito ai sensi degli artt. 483-485 c.p. (falsità in atti pubblici o amministrativi). In genere, questi reati si aggiungono come concorso a quello di indebita percezione. Ad es., la recente Cass. n. 16979/2024 (con riferimento a contributi a fondo perduto Covid) ha ribadito che falsità nella documentazione comporta la fattispecie di 316-ter, oltre alle conseguenze amministrative.
  • Altri reati – In casi estremi di grave malafede possono scattare accuse più gravi, come la bancarotta fraudolenta (se l’impresa dichiara fallimento sperando di eludere il debito con lo Stato) o reati societari. Tuttavia, tali ipotesi sono da considerarsi su scenari specifici (es. società distrugge i documenti contabili prima del fallimento).

In sintesi, dal punto di vista penale l’elemento chiave è la dichiarazione ingannevole all’origine del prestito. Il solo fatto di non pagare non è sanzionato penalmente, ma mentire o omettere informazioni per ottenere la garanzia statale lo è. Chi commette queste condotte rischia fino a 4 anni di reclusione per indebita percezione di erogazioni (con sequestro del finanziamento stesso come profitto del reato). I tribunali penali sono particolarmente attenti ai casi di falsi in bilancio, dichiarazioni fiscali mendaci, autocertificazioni false su danni Covid o fatturati gonfiati: tutte queste condotte possono integrare il reato di art. 316-ter c.p. (e, a seconda dei casi, anche la sanzione fiscale e quella amministrativa).

Aspetti fiscali

Sul piano tributario, i prestiti Covid hanno effetti in sede di bilancio e dichiarazioni. Ecco i punti principali:

  • Deducibilità dei costi finanziari: in linea generale gli interessi passivi pagati sul finanziamento sono deducibili come oneri finanziari d’esercizio (art. 109 TUIR) alle condizioni ordinarie. Se l’azienda non paga le rate, resta comunque debito e l’interesse maturato può essere contabilizzato come costo, benché non versato. In sede di verifica, l’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare solo anomalie relative al tasso (ad es. se fosse applicato un tasso sospetto o non convenuto) o l’eventuale abuso di strumenti contabili. Da notare che l’erogazione della garanzia pubblica non altera il trattamento fiscale del prestito (non è un contributo a fondo perduto né un beneficio fiscale).
  • Rilevazione del debito in bilancio: nei bilanci d’esercizio il prestito Covid figura tra i debiti a medio-lungo termine. Se scatta l’insolvenza ed è probabile che non si rimborsi per intero il capitale, gli amministratori devono considerare una perdita probabile (fondo svalutazione crediti o perdite su crediti). In caso di surroga dallo Stato, il Fondo di Garanzia diventa creditore al posto della banca, ma il debito rimane nella consistenza patrimoniale della società.
  • Recupero e sanzioni per indebita percezione: qualora risultasse che il prestito (o altro aiuto statale) era stato percepito indebitamente, l’Agenzia delle Entrate intima la restituzione delle somme con sanzioni amministrative. Ad esempio, per i contributi a fondo perduto Covid (ma per analogia applicabile anche a finanziamenti) il D.L. 34/2020 (art. 25) prevede il recupero dell’importo non spettante con multe fino al 200%. Viene inoltre espressamente richiamato l’art. 316-ter c.p. come fattispecie legata alla “percezione di contributi non spettanti”. In pratica, se un controllo fiscale accerta che il prestito è indebito (es. perché l’attività non era nemmeno operativa), l’azienda dovrà versare tutto il capitale ricevuto più un’ammenda proporzionale (sanzione fino a doppia). Per i mutui agevolati o i crediti d’imposta analoghi vale lo stesso principio: la disciplina di recupero segue quella dei crediti di imposta (D.Lgs. 471/97) e di norma non sono previste rateazioni agevolate.
  • Effetti sul bilancio e sulla dichiarazione: l’eventuale riconoscimento di indebito in sede tributaria può comportare un ricalcolo del reddito imponibile. Ad esempio, se l’azienda aveva dedotto come costo gli interessi di un prestito successivamente revocato, dovrà rettificare l’Irpef/Ires e l’Irap. Al contrario, il capitale erogato, se erroneamente qualificato come ricavo (caso raro), verrebbe rettificato in diminuzione. Comunque, la fattispecie principale è il recupero di somme non spettanti.

In conclusione, il profilo fiscale si traduce soprattutto in sanzioni e recupero somme in caso di indebito percepimento. Non ci sono imposte aggiuntive specifiche sui prestiti Covid, ma la mancata corretta restituzione comporta il rigetto dei benefici e multe tributarie rilevanti.

Strategie difensive se non riesci a pagare il Prestito Covid

Di fronte all’insolvenza, ci sono diverse strade che imprenditori e consulenti possono adottare prima di arrivare alla sanzione esecutiva o penale. Ecco le principali:

  • Rinegoziazione del debito: il primo passo è cercare un accordo con la banca. Anche in assenza di una legge specifica, le banche sono spesso disposte a rivedere il piano di rimborso quando percepiscono un’alternativa all’insolvenza. Ad esempio, si possono richiedere allungamenti di durata, riduzione temporanea delle rate, prolungamento della moratoria o inserimento nel piano di ammortamento di un periodo di grazia più lungo. In alcuni casi si utilizza il meccanismo del “rinvio” previsto per i prestiti ordinari (art. 38 TUB e circ. Banca d’Italia), adattandolo per il prestito garantito. È consigliabile formalizzare ogni accordo in scrittura e, se possibile, farlo registrare dal Fondo di Garanzia (che richiede sul suo portale la visione di eventuali modifiche contrattuali per non far decadere la copertura). Una lettera raccomandata o PEC alla banca che propone un piano di rientro o chiede la modifica dei tassi può evitare azioni legali immediate. In sostanza, occorre documentare che si sta cercando la composizione bonaria della crisi.
  • Saldo e stralcio: in via transattiva, l’azienda può proporre alla banca una riduzione del debito in cambio di un pagamento immediato (saldo) e della rinuncia della parte eccedente (stralcio). Questa soluzione è prevista per gli enti pubblici (anche per debiti fiscali) ma nei rapporti banca-impresa è una pratica extra-giudiziale. Spesso si applica a cause civili, ma nulla vieta di negoziare con la banca: ad esempio si può offrire il 50-70% del debito residuo in unica soluzione, lasciando cadere il resto. La banca potrebbe accettare se valuta che la vendita coatta dei beni aziendali frutterebbe meno. Se il prestito è garantito, va informato anche il Fondo di Garanzia, il quale potrebbe applicare il concetto di “cobertura parziale” e partecipare al perdono. In pratica, la banca trasmette al Fondo l’accordo di transazione e ottiene l’escussione parziale della garanzia (vedi FAQ MCC). Un saldo-stralcio necessita comunque di valutazione attenta (il Fondo deve essere d’accordo, e può pretendere di recuperare la sua quota sul pagamento effettuato).
  • Composizione della crisi/sovraindebitamento (Legge 3/2012) – Se l’impresa è piccola o il debitore è privato/professionista senza partita IVA, esiste la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (introdotta dalla L. 3/2012). Con l’aiuto di un Organismo di Composizione (OCC) si può proporre un accordo ai creditori – inclusa la banca e lo Stato – prevedendo magari il pagamento dilazionato di una parte del debito o la ristrutturazione dei pagamenti. Se approvato, l’accordo vincola tutti i creditori aderenti; può anche prevedere l’eliminazione dei debiti residui. La procedura è pensata appositamente per soggetti “non fallibili” (persone fisiche ed eventualmente micro-imprese), offrendo il cosiddetto “esdebitazione” (cancellazione) dei debiti eccedenti. Può essere uno strumento molto utile per i piccoli imprenditori in serie difficoltà, anche laddove ci siano prestiti Covid.
  • Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione (Legge Fallimentare) – Per imprese di dimensioni medie e grandi, il codice della crisi (ex Legge Fall.) prevede il concordato preventivo in tribunale (art. 160 LF) o l’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis LF. Tali procedure permettono di pignorare e proporre piani di rientro ai creditori (banche, inclusa MCC come fondo, e fornitori). Ad es. nel concordato è possibile ottenere il congelamento dei pagamenti per anni in cambio di un piano dettagliato di rientro. Se approvate dal Tribunale, bloccano (fino a certa fase) i procedimenti esecutivi in corso. Anche in questi casi, i crediti garantiti dallo Stato sono gestiti come tutti gli altri crediti: il Fondo è tra i creditori privilegiati per la quota garantita. In alcuni concordati Covid-19 si è applicato l’art. 67-bis Legge Fallimentare (che agevola ristrutturazioni per imprese strategiche o in stato di crisi post-emergenza).
  • Liquidazione del patrimonio semplificata (“liquidazione controllata” ex art. 48 legge 3/2012) – In alternativa, una formula di liquidazione dei beni volontaria (prevista sempre dalla L. 3/2012) permette all’imprenditore in sovraindebitamento di liquidare i propri beni sotto il controllo di un organo nominato (delegato). Anche in questo caso si trova un accordo con i creditori per estinguere i debiti con il ricavato delle vendite, fino a concorrenza del valore realizzato. Per i prestiti Covid garantiti, il Fondo partecipa alla ripartizione dei proventi secondo le sue quote (come descritto nella sentenza Pressiani e seg.).
  • Amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa (grandi imprese) – Nel caso di imprese di grandi dimensioni, non esclusivamente finanziarie, si può valutare l’amministrazione straordinaria (legge 3/2012 e s.m.i.) o, in assenza di prospettive di risanamento, la liquidazione giudiziale (fallimento). In tali ipotesi i finanziamenti Covid garantiti vengono trattati tra i creditori privi di prelazione (il Fondo subentra proporzionalmente dopo la realizzazione dell’attivo).
  • Revoca in autotutela delle agevolazioni – In alcuni casi può convenire richiedere all’Ente erogatore (banca o MCC) la revoca formale del prestito prima di un atto esecutivo, magari per riallacciare un dialogo. Ad esempio, si può proporre alla banca di chiudere tutto con una transazione nella quale si versa subito una somma più contenuta del debito residuo (un “saldo e stralcio all’Italiana” fuori da qualsiasi tribunale). Questo può evitare il decreto ingiuntivo e dare respiro temporaneo. Naturalmente, si tratta di un accordo extragiudiziale che va negoziato con cura (e, se si coinvolge il Fondo, va verbalizzato nelle modalità operative del Fondo stesso).

In ogni caso, la tempestività è cruciale: avviare subito trattative, presentare istanze di allungamento o transazione può sospendere i termini per l’escussione. Una volta formalizzate le trattative presso il portale del Fondo, la banca può attendere il completamento della nuova proposta senza sollecitare l’indennizzo immediato.

Domande & Risposte

D: Posso chiedere una moratoria aggiuntiva sulla scadenza del prestito Covid?
R: In genere no: le moratorie eccezionali concesse all’inizio (ad esempio con il D.L. Cura Italia o Sostegni) avevano scadenze prefissate. Salvo ulteriori proroghe legislative, l’impresa deve iniziare a pagare capitale e interessi secondo il piano originario. Tuttavia, nulla vieta di negoziare con la banca un ulteriore rinvio delle rate. Ad es. molti istituti hanno aderito a iniziative ABI di sospensione extra o hanno rinegoziato in sede privata (spesso su garanzie diverse). L’importante è farlo prima che la banca dichiari il default: una volta partita l’escussione, la negoziazione avviene in un quadro di diritto debole per il debitore.

D: Cosa succede se la banca escute la garanzia e il Fondo paga al posto mio?
R: Se la garanzia viene escussa, il Fondo (o SACE) paga alla banca la parte di credito garantita. Poi il Fondo subentra come creditore del tuo prestito. In pratica: la tua esposizione verso la banca si riduce a quota scoperta (non garantita), che dovrai comunque pagare, mentre sul restante subentra il Fondo. Se sono state aperte procedure esecutive (es. pignoramento immobiliare), il Tribunale accoglie la riduzione del credito della banca e ammette il Fondo nell’esecuzione. Se non c’è stata esecuzione, il Fondo può iniziarne una propria (utilizzando il decreto ingiuntivo della banca o chiedendone uno nuovo). In ogni caso, rimani obbligato al rimborso per l’intera somma: la differenza è che ora c’è anche un secondo creditore (lo Stato) più solido con cui hai a che fare. In sostanza il debito non “sparisce” a seguito della garanzia: si sposta sul Fondo che intensificherà il recupero.

D: Rischio di fallimento o di pignoramento dei soci?
R: Se la società va in crisi, potrà essere dichiarato fallimento o liquidazione coatta da un Tribunale, come per qualsiasi debito insoluto (non solo Covid). In caso di ditta individuale o SRL con unico socio, si apre fallimento di impresa con conseguenze sul patrimonio. I soci di una S.p.A. non rispondono di solito con i beni personali. Tuttavia se ci sono fideiussioni firmate da soci o terzi, questi ultimi possono essere pignorati (stipendi, immobili) al pari dell’imprenditore. I creditori privilegiati (es. erario, dipendenti) saranno soddisfatti prima del Fondo, che poi riscuote il residuo proporzionale. Se il patrimonio non basta, rimangono insoluti. È quindi vero che si rischia il fallimento, ma la procedura ed i tempi sono analoghi a quelli di ogni crisi aziendale. In alternativa, un ampio trattamento negoziale (concordato) può evitare il fallimento coinvolgendo tutti i creditori (incluso il Fondo di Garanzia).

D: Cosa succede dal punto di vista tributario se non pago?
R: Dal punto di vista fiscale, il mancato pagamento in sé non comporta un’incriminate fiscale; tuttavia se l’importo percepito risulta “non dovuto” (per difetto dei requisiti o frode), l’Agenzia delle Entrate può recuperare l’importo erogato e applicare sanzioni. Ad esempio, per i contributi a fondo perduto Covid la legge (D.L. 34/2020) prevede l’ammenda fino al 200% e la punibilità ai sensi dell’art. 316-ter c.p.. Analogamente, se un prestito Covid è stato richiesto sulla base di dati falsi (es. fatturato inventato), l’Agenzia può rettificare le dichiarazioni fiscali o penalizzare l’impresa con sanzioni extra (art. 13, comma 5, D.Lgs. 471/97). In pratica, prepararsi a dover restituire il prestito con gli interessi legali e affrontare sanzioni salate (potenzialmente oltre il 100% del beneficio).

D: Dopo quanto tempo vengo segnalato come cattivo pagatore?
R: In genere entro pochi mesi di ritardo. Le banche segnalano la morosità alla Centrale Rischi quando il ritardo supera 90 giorni o a seconda delle policy interne. La segnalazione potrebbe avvenire già alla prima richiesta di escussione della garanzia, inserendo l’ente beneficiario nel CRIF e simili. Allo stesso modo, se scatta un decreto ingiuntivo o un pignoramento, verrà annotato come “evento negativo” nei registri pubblici. È bene ricordare che la segnalazione è automatica e irrevocabile: una volta che il debitore onorerà il debito, potrà richiedere l’annotazione di chiusura, ma i tempi di pulizia del nominativo possono essere lunghi.

D: Si può definire il debito con una procedura semplificata?
R: Oltre alle opzioni sopra indicate, si può tentare il credito in bonis (quasi inesistente in Italia) o impostare un piano di rientro stragiudiziale che preveda anche l’intervento di un organismo di mediazione commerciale. L’adesione a procedure di composizione della crisi (legge 3/2012 o concordato) rappresenta invece la via giudiziale ordinaria. Ricordiamo infine che talvolta lo Stato o le associazioni di categoria rilasciano aiuti (contributi integrativi o proroghe di ammortamento) per il settore, ma non esistono più sospensioni di legge dopo il 2022.

D: Se non ho beni da pignorare, cosa accade?
R: Se il debitore è effettivamente privo di beni aggredibili (es. insolvente in senso tecnico), l’azione esecutiva si esaurisce, ma il credito rimane vivo. Banca e Fondo possono continuare a eseguire in futuro su qualsiasi nuovo bene o provento (es. eventuale vendita di nuovi immobili, conti correnti attivati successivamente). L’atto di pignoramento infruttuoso non pregiudica ulteriormente il debitore, ma conferma la sua condizione di moroso. In tal caso, oltre al declassamento creditizio, è consigliabile valutare subito una soluzione negoziale (conciliativa) o una procedura di composizione della crisi, poiché la banca intanto vanta un credito scaduto e può comunque richiedere la revoca degli affidamenti.

D: Cosa può fare il garante personale?
R: Se avete garantito personalmente il prestito (fideiussore o coobbligato), subite in solido le conseguenze: in caso di mancato pagamento anche voi entrerete in mora. Nella pratica, la banca e poi il Fondo potranno escutere gli stipendi o i patrimoni personali dei garanti. Consigliabile, nel caso, avvertire il garante e magari coinvolgerlo nel tentativo di rinegoziazione: a volte un garante con disponibilità patrimoniale può convincere la banca a mantenere aperta la trattativa.

Tabelle riepilogative

AspettoConseguenze in caso di defaultStrumenti difensiviNormativa di riferimento
Garanzia stataleBanca escute la garanzia (Fg o SACE paga quota garantita); MCC subentra e può procedere in esecuzione. Debito residuo rimane a carico dell’azienda.Rinegoziazione contrattuale (allungamento rate, ecc.); saldo e stralcio concordato; accordi con il Fondo.D.L. 23/2020, art.13 ss. (garanzie PMI e SACE); D.M. 593/2020 (Disposizioni operative MCC).
Ingiunzione e pignoramentiDecreti ingiuntivi e pignoramenti (mobiliare/immobiliare) a carico del debitore. Fondo e banca escutano beni proporzionalmente. Lista cattivi pagatori e centrali rischi (rating creditizio compromesso).Tentativo di conciliazione in corso d’esecuzione; proposte di transazione (sospensione rate, transazione in mediazione); procedure di accordo con creditori.Codice di Procedura Civile (artt. 633 ss. – decreto ingiuntivo; artt. 549 ss. – pignoramenti); Norme D.L. 23/2020 e circolari MCC sulla gestione escussione.
Responsabilità penaleIndebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), se ottenuto indebitamente il prestito. False dichiarazioni rese all’atto di domanda: analoghi reati di falsità (artt. 483 ss. c.p.).Mantenere sempre documentazione e autocertificazioni corrette; se si sospetta errore, segnalare immediatamente all’ente erogatore per chiarimenti. Assistenza legale per negoziare con Procura se aperto fascicolo.C.p. art. 316-ter (indebita percep. erogaz. pubbliche); art. 640-bis (truffa contributi, vedi norma di legge); art. 483-484-73 (falsità dichiarative). Cassazione, sez. VI, sent. 13/1/2022 n.11246. Cass. SS.UU. 26/3/2025 n.11969.
Responsabilità fiscaleSomme indebitamente agevolate e costi dedotti possono essere recuperati: inserto di somme non spettanti nel reddito d’impresa. Sanzioni tributarie fino al 200% per contributi Covid. Maggiorazioni di interessi e potenziali aggiuntive.Eventuale ravvedimento operoso entro termini brevi; predisposizione corretta di istanze di autotutela per eventuali bonus non spettanti; assistenza di commercialista nella presentazione di dichiarazioni integrative.Art. 25 D.L. 34/2020 (sanzioni su contributi Covid); D.Lgs. 471/1997 (sanzioni amministrative tributarie); D.Lgs. 74/2000 (reati tributari, applicabili in caso di frode fiscale collegata).
Strumento difensivoDescrizioneQuando usarloRiferimenti normativi
Rinegoziazione (stragiud.)Accordo con banca per modificare piano di rientro (allungamento scadenze, riduzione rate, cambio tasso). Deve essere formalizzato (spesso con visione del Fondo).Quando c’è possibile sostenibilità ridotta (ad es. se cambiano temporaneamente i flussi di cassa). Prima che scadano 90gg di ritardo.Abituale prassi negoziale; art. 38 TUB (sospensioni standard, anche se qui non c’è moratoria automatica prevista); disposizioni operative MCC (es. FAQ fondo sulla transazione).
Saldo e stralcioOfferta di pagamento una tantum di importo minore in cambio di cancellazione del resto del debito residuo. Richiede accordo scritto (eventualmente anche col Fondo).Quando l’impresa dispone di una somma limitata (es. da cessione di un asset) e non può onorare tutto. Utile se busta paga di altri soggetti coprirebbe solo parziale.No norma specifica, ma rientra nella trattativa transattiva (art. 1322 c.c. sul contratto). Commissione ABI su tematiche emergenza Covid può riconoscere validità. Compliance MCC su modifica contratti (le “lettere d’esito” del fondo).
Sovraindebitamento (L.3/2012)Procedura di composizione della crisi per soggetti non fallibili (privati, piccoli imprenditori). Consente piano di rientro omogeneo con riduzione e rateizzazione debiti. In caso di accordo approvato, condona residui.Se l’impresa/privato è in crisi conclamata e non è equiparabile a società fallibili, e ha bisogno di scongiurare il pignoramento di tutti i beni. Permette anche l’esdebitazione (estinzione dei debiti non pagati).Legge 3/2012 (riforma cod. consumo e Fallimentare); art. 15 ss. (accordo negoziato); artt. 14-18 (liquidazione del patrimonio). Decreto attuativo n. 40/2018.
Concordato preventivoProcedura giudiziaria (Tribunale Fall.) con piano di ristrutturazione approvato dai creditori. Blocca i pignoramenti (fino all’omologazione). Può prevedere soddisfazione parziale o dilazionata.Se l’impresa è un soggetto fallibile (generalmente >2 milioni di debiti e struttura complessa) e servono misure straordinarie. Utile per rinegoziare tutti i debiti inclusi i prestiti garantiti.Legge Fallimentare art. 160 ss.; Codice della crisi (DLgs. 14/2019) articoli sulla ristrutturazione. D.Lgs. 118/2021 (adeguamenti post-pandemia).
Liquidazione coatta / Amministraz. straord.Procedure straordinarie per imprese strategiche o insolventi. L’azienda cessa l’attività e viene liquidato il patrimonio. I proventi servono a pagare i creditori secondo l’ordine legale (lo Stato con crediti prededucibili prioritari, poi fondo e altri creditori).Per grandi imprese o enti insolventi (es. imprese di rilevanza pubblica o addirittura statali) dove non c’è piano di rilancio credibile.Liquidazione coatta amministrativa: L. 270/1999, L. 134/2012; Amministraz. straord. (ex art. 1-bis L. 3/2012) per aziende di interesse strategico.

Conclusioni

Il mancato pagamento di un prestito Covid può essere superato con successo solo anticipando il problema e scegliendo la difesa più opportuna. È fondamentale coinvolgere presto i consulenti (commercialista, avvocato, organismo di composizione) non appena insorgono i primi ritardi. I costi di un contenzioso (azioni esecutive, spese legali, sanzioni) superano di gran lunga quelli di una rinegoziazione onesta. Ricordiamo inoltre che ogni misura di sostegno Covid ha precise condizioni: violarle (per es. usando il prestito per scopi non consentiti) può non solo far decadere la garanzia, ma anche esporre a sanzioni penali e tributarie.

In pratica, il debitore deve operare su due fronti: gestione finanziaria della crisi (riduzione dei costi, alternative di capitale, ricontrattazione con banche e fornitori) e adeguato inquadramento legale (piano legale che tuteli dai rischi di esecuzione o incriminazioni). Solo così si può affrontare il debito Covid con maggiori chance di contenimento dei danni.

Fonti normative, giurisprudenza e documenti ufficiali

  • Decreti-legge e Leggi: Decreto-Legge 8 aprile 2020, n.23 (c.d. “Cura Italia”), convertito con L. 5 giugno 2020, n.40 (art.13 ss. su Fondo PMI); D.L. 25/2020, n.19 (c.d. “Agosto”); D.L. 34/2020 (c.d. “Rilancio”); D.L. 104/2020 (“Agosto”), convertito con L. 126/2020; D.L. 137/2020 e 149/2020 (“Ristori”); D.L. 23/2020 (“Liquidità”) e D.L. 41/2021 (“Sostegni”), convertiti con L. 69/2021; D.L. 73/2021 (“Sostegni-bis”), L. 106/2021; D.L. 4/2022 (“Aiuti bis”), L. 87/2022; Legge 3/2012 (procedura di sovraindebitamento); Codice Civile, artt. 1218, 2741; Codice Penale, artt. 316-ter, 640, 640-bis; D.Lgs. 74/2000; D.Lgs. 471/1997.
  • Disposizioni operative: Decreto Ministeriale MISE 12 novembre 2020, n.593 (Disposizioni operative Fondo PMI); Circolari e FAQ MCC (Mediocredito Centrale) su esecuzione garanzie e requisiti ammissibilità.
  • Giurisprudenza Penale: Cass. Pen., Sez. VI, 13 gennaio 2022, n.11246 (“Pressiani”); Cass. Pen., Sez. VI, ordinanza 24 novembre 2021 (indebita percezione c.d. “Covid”); Cass. SS.UU., 26 marzo 2025, n.11969 (clarificazione art. 316-ter c.p.); Cass. Pen., 28 marzo 2024, n.16979 (indebita percezione contributi Covid).
  • Fonti ufficiali: Sito Fondo di Garanzia PMI (MEF/MCC) – dati, note operative e chiarimenti; documenti ministeriali e relazioni Banca d’Italia sulle misure Covid; prassi ABI su moratorie.

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