Atto Di Transazione Fiscale: Come Funziona

Hai deciso di risolvere i tuoi debiti con l’Agenzia delle Entrate o con l’INPS attraverso una transazione fiscale, ma non sai come si formalizza l’accordo?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa e trattative fiscali – è pensata per aiutarti a capire cos’è un atto di transazione fiscale, a cosa serve e come redigerlo in modo corretto per ottenere l’approvazione del piano.

Scopri quando si può proporre un atto di transazione fiscale, quali elementi deve contenere, quali debiti possono essere inclusi, come si calcolano le riduzioni e quale procedura seguire per renderlo efficace all’interno di un concordato, di un piano di ristrutturazione o di una procedura da sovraindebitamento.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, far redigere il tuo atto da un avvocato esperto e gestire la trattativa con il Fisco in modo sicuro, professionale e vantaggioso per la tua impresa.

Introduzione:

La transazione fiscale è uno strumento negoziale che consente all’imprenditore in crisi o insolvenza di concordare con l’Amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate e enti di riscossione) un piano di pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari e contributivi, con estinzione delle rimanenze (le cosiddette falcidie). Introdotto in via sperimentale con l’art. 182-ter della legge fallimentare (L. 267/1942) e poi ripreso e ampliato dal Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019, CCII), l’istituto mira a favorire il risanamento aziendale assicurando ai creditori pubblici un trattamento almeno pari a quello in liquidazione (criterio di convenienza). La transazione fiscale si applica esclusivamente all’interno di procedure di regolazione della crisi o di definizione agevolata: le principali fattispecie sono il concordato preventivo (in continuità o liquidazione), gli accordi di ristrutturazione dei debiti, la composizione negoziata della crisi (CNC), nonché le procedure di definizione agevolata del contenzioso tributario (cd. “pace fiscale”). Vi rientrano tutti i tributi erariali e i contributi previdenziali/assistenziali gestiti dallo Stato (IVA, IRPEF, IRES, IRAP, addizionali, imposte indirette, bolli, etc.), con qualche eccezione: per legge non si possono farsi scontare l’IVA (in pratica per vincoli UE) e le ritenute sui redditi (tipicamente non transigibili); al contrario, sono compresi gli oneri INPS/INAIL (art.88 CCII). Invece tributi locali come IMU, TARI, addizionali comunali e altre entrate proprie di Regioni/Comuni sono attualmente esclusi (la delega fiscale 2023 prevede una prossima estensione).

Sintesi operativa: in pratica, l’impresa in crisi elabora, in coordinamento con i professionisti attestatori, un piano di concordato o di ristrutturazione che comprenda anche la transazione fiscale. Viene predisposto un atto di transazione che fissa percentuali di pagamento ridotte (per esempio 50% del debito residuo) e una dilazione pluriennale. Il tribunale valuta la convenienza di tale piano rispetto all’alternativa liquidatoria e, se soddisfa i requisiti (percentuali minime, quorum di voti, attestazione favorevole, ecc.), omologa il piano vincolando tutte le parti; i debiti falcidati si estinguono. Se l’Agenzia non aderisce all’accordo ma sussistono particolari condizioni (cram-down fiscale), il tribunale può comunque omologare il piano imponendolo all’Agenzia. In sostanza, la transazione fiscale “accantona” eventuali contestazioni fiscali pendenti (il tributo contestato resta sospeso e dovrà essere definito successivamente in sede tributaria) e calcola l’accordo sui soli debiti certi, azzerando le sanzioni e gli interessi eccedenti il piano di pagamento. Il risultato finale è che il contribuente paga solo le somme concordate, con significativi benefici economici.

Normativa di riferimento

Le disposizioni base sulla transazione fiscale sono oggi confluite nel Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, CCII), titolo IV, capo III (concordato) e titolo I (strumenti di risoluzione della crisi). In particolare:

  • Art. 88 CCII – Concordato preventivo. Riprende l’ex art. 182-ter L. Fall. e disciplina il trattamento dei crediti tributari e contributivi nel concordato (continuità o liquidatorio). Prevede che il piano possa ridurre e dilazionare i debiti tributari, con obbligo di rispetto dell’ordine di prelazione (art. 84-85 CCII) e condizione di “convenienza” rispetto all’alternativa liquidatoria (l’attestatore deve verificare che il trattamento riservato al Fisco sia almeno pari a quanto darebbe la liquidazione). È introdotto il cd. cram down fiscale: anche in assenza di adesione dell’Agenzia o degli enti previdenziali, il tribunale può omologare forzatamente il concordato se (i) la mancanza di voto del Fisco è determinante per le maggioranze (art. 109 L.F.) e (ii) il piano proposto è conveniente o non peggiore della liquidazione. In pratica il tribunale controlla due condizioni: assenza adesione determinante + convenienza (o non inferiorità). Se queste ricorrono, il concordato può essere approvato anche senza il placet del Fisco (cd. homologa con cram-down). Resta fermo che l’IVA e le ritenute sui redditi sono generalmente intangibili.
  • Art. 63 CCII – Accordi di ristrutturazione dei debiti. Nei piani di risanamento firmati dai creditori (artt. 57-60 CCII) è ammessa la transazione fiscale per definire i debiti tributari e contributivi (mediante proposta concordata con Agenzia/INPS/INAIL). Recentemente l’art.1-bis del D.L. 13/06/2023, n.69 (conv. L.103/2023) ha introdotto regole speciali per i “piani con transazione fiscale e contributiva”, impostando condizioni minime per l’omologa forzosa: in sintesi almeno il 30% dei crediti di Fisco/INPS deve essere soddisfatto (o 40% se gli altri creditori aderiscono per meno del 25% del debito). Inoltre è previsto che i creditori pubblici debbano rispondere entro 90 giorni dalla proposta. Lo stesso DL 69/2023 stabilisce, in caso di adesione negativa, che l’accordo possa essere approvato se soddisfa gli stessi requisiti di convenienza. Tali misure (poi integrate dall’art.4-quinquies del D.L. 145/2023 conv. L.191/2023) mirano a scoraggiare proposte con falcidie troppo elevate.
  • Art. 23 CCII – Composizione negoziata della crisi. È la procedura extragiudiziale introdotta dal CCII per le imprese in stato di crisi (D.Lgs. 14/2019, art. 23). La transazione fiscale è ammessa facoltativamente: l’impresa può depositare in Tribunale un piano di risanamento con allegata proposta di transazione fiscale (per Agenzia delle Entrate e enti di riscossione) accompagnata da relazioni tecniche di professionisti (che attestano la convenienza del piano al Fisco). Il D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo) ha introdotto l’art.23, comma 2-bis, che autorizza esplicitamente la transazione fiscale anche in questa sede. Di fatto, l’accordo viene valutato dal tribunale insieme al piano globale, senza obbligo di quorum minimo. Rispetto a concordato/accordi, in CNC non esistono vincoli percentuali minimi di pagamento e non si potrà esercitare cram-down sui tributi perché l’accordo non richiede il voto dei creditori pubblici. Attenzione: lo stesso comma 2-bis esclude espressamente i contributi previdenziali dall’ambito di transazione in CNC.
  • Altri strumenti CCII: il Codice prevede poi art. 64-bis CCII (piano di risanamento omologato simile all’accordo, per crisi più gravi) nel quale è ammessa la transazione fiscale; e l’art. 245 CCII, che disciplina la fattispecie di transazione nell’ambito del concordato liquidatorio (precedentemente “in liquidazione controllata” della legge fallimentare). Di fatto l’art.245 estende le regole dell’art.88 anche al concordato in liquidazione, consentendo di rateizzare i debiti fiscali, con i medesimi vincoli di convenienza.
  • Definizione agevolata del contenzioso: fuori dalle procedure concorsuali, esistono disposizioni di legge che consentono una “transazione” a carattere straordinario delle controversie tributarie pendenti. L’art.6 del D.L. 119/2018 (conv. L.197/2019) ha introdotto la definizione agevolata delle liti pendenti, che consente al contribuente di chiudere le cause tributarie (innanzi a tutte le Commissioni tributarie) pagando percentuali agevolate del valore della lite. Le aliquote previste sono, in sintesi: 40% del valore della lite se l’Agenzia è soccombente in primo grado; 15% se soccombente in secondo grado; in caso di reciproca soccombenza si applica la percentuale ridotta sulla parte di lite vinta dall’Agenzia e il 100% sulla parte persa dal contribuente. Normativa simile è stata prevista anche per i debiti contributivi (L.160/2019) e per gli omessi versamenti ai fini delle misure di pace fiscale successive. Queste procedure agevolate sono alternative alla transazione nei concordati, ma possono essere utilizzate congiuntamente per ridurre il contenzioso pregresso (sempre restando nei termini di presentazione e ai sensi delle apposite leggi).

Oltre a queste norme, rilevano il principio costituzionale di legalità tributaria (art.23 Cost.) e i principi generali di diritto fallimentare (artt. 180, 182-bis, 182-ter L.F., oggi art.88 CCII) nonché le regole di diritto amministrativo (ad es. DPR 602/1973, art.90, che demanda al giudice ordinario l’accertamento dei tributi nel concordato). Il quadro normativo è stato ulteriormente aggiornato dalle recenti leggi di bilancio e decreti collegati: per esempio, la Legge 30 dicembre 2022, n.197 (Bilancio 2023) ha rimodulato alcune scadenze ma non ha modificato i principi fondamentali della transazione fiscale; il D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo) ha esteso l’omologazione anche alla liquidazione (art.245) e la composizione negoziata (art.23); il D.L. 69/2023 (conv. L.103/2023) ha posto limiti al cram-down negli accordi (30% minimo); infine il D.L. 145/2023 (conv. L.191/2023) ha previsto (art.4-quinquies) criteri aggiuntivi di valutazione (soglie percentuali di falcidia >70% o debito >30 milioni, con approvazione centrale per grandi riduzioni).

Transazione fiscale nelle procedure concorsuali

Concordato preventivo (continuità)

Nel concordato preventivo in continuità l’impresa presenta un piano attestato da un professionista che può includere una transazione fiscale separata con l’Agenzia delle Entrate/INPS. Formalmente, il piano concordatario (art. 87 ss. CCII) può prevedere il pagamento parziale e dilazionato dei crediti tributari, imponendo l’imprenditore al pagamento in base a un apposito accordo. La transazione deve essere motivata da una relazione indipendente che ne attesti la convenienza per i creditori pubblici (rispetto all’alternativa liquidatoria). Durante l’istruttoria il commissario giudiziale richiede infatti le certificazioni di consistenza dei debiti fiscali e la delibera di un professionista incaricato di confrontare i flussi di pagamento con l’ipotesi liquidatoria.

Nelle fasi di omologa valgono le regole seguenti:

  • Convenienza al liquidatorio: il piano deve garantire ai creditori fiscali (Erario e INPS/INAIL) una percentuale non inferiore a quella che si avrebbe liquidando l’azienda (art.112-bis co.2, in attuazione dell’art.182-ter L.F.). L’attestatore deve confermare questa condizione, assicurando che l’Agenzia riceverebbe almeno lo stesso ammontare previsto dalla liquidazione. Tale criterio protegge gli altri creditori: i debiti pubblici falcidati non possono essere trattati in misura inferiore a quanto toccerebbe ai creditori di pari grado.
  • Cram-down fiscale: se l’adesione del Fisco (e degli enti previdenziali) è determinante per raggiungere le maggioranze richieste (art.109 L.F.), il tribunale può omologare comunque il concordato anche senza il consenso dei creditori pubblici, purché sia dimostrato il rispetto della convenienza di cui sopra. In concreto il tribunale verifica due condizioni cumulate: a) l’assenza del voto del Fisco è stata determinante per ottenere l’approvazione (ad esempio, senza il Fisco il quorum cadeva sotto la soglia minima del 50%); b) l’offerta al Fisco è conveniente (o comunque non inferiore) rispetto alla liquidazione. Questo è il cosiddetto cram-down fiscale. Nel corso del 2017 la giurisprudenza aveva ammesso un simile meccanismo (anche se all’epoca con art.182-ter L.F. si poneva un limite per i concordati semplificati); la nuova disciplina lo conferma e precisa che ai fini del confronto con la liquidazione si applicano l’attestazione e i criteri di cui all’art. 112 CCII.
  • Intangibilità di alcuni tributi: per prassi consolidata, l’IVA dovuta (che in larga parte alimenta risorse UE) non viene falcidiata (va sempre pagata integralmente o solo dilazionata). Analogamente, le ritenute alla fonte (IRPEF su lavoro dipendente e assimilati) sono considerate intangibili: se il concordato prevede il pagamento parziale dell’IRPEF, devono comunque essere corrisposte per intero le somme trattenute ai lavoratori. Questi limiti derivano dal principio di legalità tributaria e dal divieto di incidere su risorse vincolate. Gli altri tributi erariali (IRES, IRAP, addizionali, bollo, registro, ecc.) sono invece normalmente falcidabili: possono essere ridotti o rateizzati nel piano concordatario.
  • Esempio pratico: supponiamo un’azienda con debiti IRPEF di 100.000€ (oltre sanzioni/interessi) e contributi INPS di 50.000€. Propone al concordato di pagare il 40% di IRPEF (40.000€) dilazionati in 5 anni, idem il 40% dei contributi (20.000€). Un professionista calcola che in liquidazione l’Agenzia riceverebbe 30.000€, quindi l’offerta è conveniente. In assemblea i creditori passivi (privilegiati e chirografari) approvano. Se l’Agenzia non aderisce (ad es. contesta i termini), il tribunale può omologare comunque il concordato con cram-down, imponendo il piano. Gli interessi e sanzioni ridotti (60%) si estinguono e restano a carico dello Stato; l’imprenditore pagherà solo 60.000€ totali secondo il piano concordato.

Concordato preventivo (liquidazione)

Nel concordato preventivo in liquidazione il debitore predispone un piano di liquidazione giudiziale anziché proseguire l’attività. Il CCII non contiene norme dedicate esplicitamente alla transazione in questa forma di concordato. Di fatto, poiché in liquidazione i crediti fiscali vengono soddisfatti secondo le regole civili di prelazione (art. 2746 c.c. e seguenti) anziché con la procedura speciale del concordato, l’impresa raramente utilizza un accordo formale di transazione. In ogni caso l’imprenditore può proporre dilazioni o riduzioni concordate anche in questo scenario, purché sussista l’attestazione professionale di convenienza e si rispetti l’ordine di prelazione. In pratica, non esistono divieti di principio: un piano di liquidazione potrebbe prevedere pagamenti dilazionati per i tributi (con rinuncia a interessi di mora, ad esempio), ma il controllo normativo resta quello civile (art.84-85 CCII). Si tratta tuttavia di fattispecie più complesse, gestite di solito con modalità individualizzate.

Accordi di ristrutturazione dei debiti

Nell’accordo di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-67 CCII), l’imprenditore sottoscrive con i creditori un piano di rientro gestito privatamente (ma depositato in Tribunale). Anche qui la transazione fiscale può essere inserita nell’accordo generale. Il debitore, sentiti consulenti, offre alle Entrate/INPS un piano concordato per i debiti fiscali. La legislazione prevede che l’accordo vada accompagnato da una perizia che ne attesti la convenienza complessiva; in più, con le novità del 2023, se i creditori pubblici rifiutano e la loro quota è rilevante, il tribunale può approvare lo stesso l’accordo (omologa forzosa o cram-down) a patto che rimangano soddisfatte determinate condizioni (inclusa la percentuale minima del 30%-40%). In concreto, per i piani di ristrutturazione omologati il D.L. 69/2023 fissa condizioni ridotte: almeno il 30% dei crediti fiscali deve essere liquidato, elevabili al 40% se la partecipazione degli altri creditori è debole. Se questi requisiti non sono rispettati (ad es. troppa falcidia o ritardo nei pagamenti), l’omologa non potrà essere concessa. In ogni caso l’atto formale di transazione deve essere siglato con l’Agenzia (o l’ente di riscossione) e depositato insieme al progetto d’accordo.

Composizione negoziata della crisi (CNC)

La composizione negoziata della crisi è una procedura “stragiudiziale” in cui l’imprenditore dialoga con i creditori sotto la supervisione del tribunale. Grazie all’art.23 CCII – comma 2-bis (novellato dal D.Lgs. 136/2024) – è possibile includere una proposta di transazione fiscale nel piano di risanamento depositato. In pratica, l’imprenditore presenta al tribunale un piano con allegata offerta di definizione dei debiti tributari. Il procedimento richiede relazioni tecniche: un professionista indipendente attesta la congruità dell’accordo per il Fisco (confrontando con lo scenario liquidatorio) e un revisore legge contabile certifica i dati. I creditori pubblici (Agenzia, INPS) non hanno quote di voto decisive, poiché il giudizio finale spetta al tribunale che valuta la congruità globale. Non sono previsti quorum minimi obbligatori né importi minimi di soddisfazione. Il piano può includere qualsiasi tributo statale (IVA compresa). Come detto, viene escluso esplicitamente il versamento dei contributi previdenziali (non rientrano nella formulazione “Agenzie fiscali” di legge). Se il tribunale autorizza l’accordo, esso vincola l’Agenzia; se invece scatta la crisi giudiziaria (per esempio apertura del fallimento), l’accordo decade dopo 60 giorni di inadempienza.

Piani di ristrutturazione (ex art. 64-bis CCII)

Introdotto anch’esso dal D.Lgs. 136/2024, l’art. 64-bis CCII istituisce il piano di ristrutturazione omologato. Si tratta di uno strumento simile all’accordo di ristrutturazione ma con omologa giudiziale, per grandi casi di insolvenza. Anche qui è ammessa la transazione fiscale: il piano può comprendere un’offerta transattiva per i debiti fiscali, con le stesse garanzie (attestazione di convenienza, rispetto dei parametri di legge, ecc.). Le logiche di convenienza e (eventuale) cram-down sono analoghe a quelle del concordato in continuità. Di fatto, l’art.64-bis ribadisce che la transazione fiscale è compatibile con tutti gli istituti di regolazione concorsuale previsti dal Codice.

Transazione fiscale nel contenzioso tributario

Fuori dalle procedure concorsuali si parla invece di “definizione agevolata delle controversie”, un meccanismo introdotto dall’art.6 del D.L. 119/2018 (convertito L.197/2019) e successive norme (Legge di Bilancio 2020, 2022, ecc.). Questa definizione consente al contribuente di chiudere le cause tributarie pendenti pagando una percentuale ridotta del valore della lite, senza alcuna procedura concorsuale. Le modalità di adesione sono stabilite dall’Agenzia delle Entrate con provvedimenti amministrativi. In estrema sintesi:

  • Se l’Agenzia è soccombente in primo grado, il contribuente paga il 40% del valore della controversia. Se lo è in secondo grado (ma prima grado vinto), paga il 15%.
  • Se la soccombenza è parziale (cioè in una sentenza ciascuna parte vince su aspetti diversi), si applicano le aliquote corrispondenti su ciascuna parte del valore. Ad esempio, se in primo grado l’Agenzia perde per 60.000€ e il contribuente perde per 40.000€, si pagheranno 40% di 60.000 (cioè 24.000€) e 100% di 40.000 (40.000€), per un totale di 64.000€.
  • Se invece la controversia pendente è esclusivamente su sanzioni non collegate al tributo, si prevedono aliquote differenziate (15% o 40%) in funzione di chi ha avuto soccombenza. In ogni caso, non si pagano sanzioni inerenti se i tributi corrispondenti sono stati versati.
  • La definizione agevolata deve essere richieste entro i termini di legge (di regola entro maggio dell’anno successivo o di conversione del DL) e il pagamento si effettua con F24, utilizzando appositi codici tributo.

Esempio numerico: si ipotizzi un contenzioso per 50.000€ di imposte, in cui in primo grado il contribuente è soccombente. Aderendo alla definizione agevolata, dovrà pagare il 40% di 50.000, cioè 20.000€ (oltre interessi e sanzioni sul residuo se previsto dalla norma). Tutto ciò senza avviare un concordato, ma pagando una somma definita di tasca propria.

Va sottolineato che questa definizione agevolata è concettualmente diversa dalla transazione concordataria: si tratta di una procedura amministrativa a domanda finalizzata a chiudere liti civili, mentre la transazione fiscale concorsuale è un accordo all’interno di un percorso di crisi. In alcuni casi, tuttavia, i due strumenti possono concorrere: per esempio, un’impresa in concordato può contemporaneamente aderire alla definizione agevolata delle liti (per contestazioni pregresse) e definire i nuovi debiti con la transazione del concordato, estendendo così i benefici.

Trattamento di tributi locali, INPS e INAIL

È importante distinguere i tributi erariali (gestiti dallo Stato) dai tributi locali e dai contributi previdenziali.

  • Tributi statali (IVA, IRPEF, IRES, IRAP, addizionali regionali/comunali dell’IRPEF, bollo, registro, accise, etc.): tutti questi rientrano in linea di massima nella transazione fiscale, come illustrato sopra. L’art.88 CCII cita espressamente “crediti tributari” senza escludere le addizionali IRPEF (che seguono il tributo base). Anche le imposte di impresa come bollo e registro, pur non citate testualmente, sono considerate falcidabili se ricadono nell’ambito delle imposte amministrate dall’Agenzia.
  • Tributi locali (IMU, TARI, addizionali IRPEF comunali, tributi minori regionali, etc.): non rientrano nella transazione fiscale statale. La legge originaria (art.63 CCII) si riferisce solo a entrate erariali e esclude espressamente le entrate proprie degli enti locali/regionali. Pertanto, questi tributi vanno gestiti con le normali regole: in un concordato diventeranno crediti chirografari o privilegiati come ogni altro credito civle, non partecipando allo “sconto” concessi dallo Stato. La stessa esclusione vale per accordi e composizione negoziata: finché la legge non cambierà, non è possibile ridurre gli importi di IMU, TARI, tributi comunali, ecc.. A partire dal 2025 è previsto di estendere anche ai tributi locali gli istituti di rimessione agevolata (questo risulta da bozze di riforma in via di approvazione, ma per il momento è da considerare che rimarranno pagati integralmente o con le consuete dilazioni, non in transazione).
  • Contributi previdenziali (INPS) e assicurativi (INAIL): benché non siano tributi, essi svolgono un ruolo simile. L’art.88 CCII include espressamente i contributi previdenziali tra i crediti che possono essere trattati nel concordato. Quindi, nei concordati (sia continuità che liquidatorio) i debiti INPS/INAIL possono essere falcidati e rateizzati secondo il piano concordatario, alle stesse condizioni dei tributi. Anche negli accordi di ristrutturazione i contributi possono essere trattati analogamente. Invece nella composizione negoziata (art.23), la norma menziona solo le Agenzie fiscali: di conseguenza oggi i debiti previdenziali non rientrano nella transazione in CNC. In futuro, come per i tributi locali, la prassi legislativa potrà allargare l’ambito anche a INPS/INAIL.

Riassumendo, la tabella seguente schematizza la trattabilità delle varie categorie di tributi e contributi nelle diverse procedure di crisi:

Tipo di tributo/contributoConcordato (cont.)Accordo di ristrutturazioneComposizione negoziataAnnotazioni
IVANon falcidabile (va pagata per intero)Non falcidabileFalcidabile (teoricamente riducibile)Solo lo 0,30% dell’IVA alimenta risorse UE
IRPEF (imposta)Falcidabile (escluse le ritenute)FalcidabileFalcidabile (escluse ritenute)Le ritenute sui redditi (dip., ecc.) restano intangibili
IRES, IRAP, addizionaliFalcidabili (rateizzabili/reduce)FalcidabiliFalcidabili
Tributi locali (IMU, TARI, ecc.)Esclusi (pagamento integrale ordinario)EsclusiEsclusiSolo dal 2025 possibili modifiche legislative
Contributi INPS/INAILFalcidabili (art.88 prevede inclusione)Falcidabili (analoghi a tributi)Esclusi (non menzionati)Nella CNC esclusi, in concordato/accordi si falcidano
Altri tributi stataliFalcidabili (come da accordo)FalcidabiliFalcidabiliEs.: bollo, registro, gabelle statali

Tabella 1 – Trattabilità dei diversi tributi e contributi nelle procedure di crisi. “Falcidabile” indica che l’imposta può essere ridotta o rateizzata nel piano; “Intangibile/Escluso” significa pagamento integrale obbligatorio. Le regole di omologa (quorum, convenienza, ecc.) seguono i criteri di cui al Codice della crisi e alla giurisprudenza citata.

Effetti della transazione fiscale

Una volta omologata dal tribunale, l’accordo transattivo ha efficacia vincolante come parte integrante della procedura concorsuale: significa che il debitore è tenuto a pagare le somme pattuite nei termini stabiliti, e i crediti fiscali oggetto di riduzione si estinguono. Le somme non pagate (sanzioni e interessi “tagliati”) restano a carico dell’Erario. In pratica, lo Stato rinuncia a recuperare il residuo dei tributi e contributi abbattuti dall’accordo; talvolta, l’accordo può prevedere un tasso di interesse agevolato per il piano (ad es. Euribor + 1%), invece degli interessi legali ordinari.

È fondamentale che la transazione soddisfi l’obbligo di convenienza: i creditori pubblici devono ricevere un trattamento non peggiorativo rispetto alla liquidazione fallimentare. Questo implica che, dopo l’omologa, i creditori civili (privilegiati e chirografari) saranno soddisfatti come se l’impresa fosse fallita, mentre i debiti ficali/fiscali rimanenti dopo la transazione sono stati compensati. Se l’accordo violasse la condizione di convenienza (ossia lesiona eccessivamente i diritti di altri creditori), il tribunale sarebbe tenuto a respingerlo.

Rispetto agli altri creditori: la transazione colpisce solo i crediti pubblici, ma indirettamente protegge anche gli altri creditori: infatti, la legge impone che i tributi siano trattati in modo non svantaggioso rispetto a eventuali creditori di pari grado. Inoltre, l’omologazione è subordinata all’attestazione di un professionista che esamina la congruità del piano complessivo (anche dal punto di vista dei creditori privati). In sostanza, la regola del “pari trattamento” garantisce che gli altri creditori ottengano almeno quanto riceverebbero in liquidazione (salvo diversa disposizione legale, come nel concordato in continuità).

Giurisprudenza recente

La dottrina della transazione fiscale è stata ripresa e chiarita da diverse sentenze, soprattutto di Cassazione. Tra le pronunce più significative (fino al 2024) ricordiamo:

  • Cass. SS.UU. 25 marzo 2021, n. 8504 (rel. Manzon). Le Sezioni Unite hanno stabilito che i giudizi sul diniego di adesione dell’Agenzia alla transazione fiscale rientrano nella giurisdizione ordinaria fallimentare e non nel processo tributario, anche per i casi anteriori al Codice della crisi. Hanno qualificato la transazione fiscale come procedimento “concorsuale” accessorio al concordato o accordo di ristrutturazione, subordinando l’azione al Tribunale fallimentare. In pratica, hanno sancito che in caso di contestazione del diniego da parte dell’Amministrazione finanziaria, il ricorso deve essere proposto davanti al Tribunale fallimentare e non alla Commissione tributaria.
  • Cass. SS.UU. 22 novembre 2021, n. 35954 (pronuncia definitiva). Confermando l’orientamento precedente (ordinanza n.8504/2021), le Sezioni Unite hanno ribadito che le controversie relative al mancato assenso dell’Agenzia ad una proposta di transazione fiscale inserita in un concordato preventivo spettano alla giurisdizione del tribunale fallimentare. Hanno sottolineato la prevalenza dell’interesse concorsuale su quello tributario e il criterio di obbligatorietà delle proposte di transazione nell’ambito delle procedure concorsuali. L’ordinanza enuncia: “Sono devolute alla giurisdizione ordinaria del tribunale fallimentare le controversie relative al mancato assenso dell’agenzia fiscale ad una proposta di trattamento dei crediti tributari ex art. 182-ter l.fall. inserita in una domanda di concordato preventivo”.
  • Cass. civ. sez. V, 19 ottobre 2020, n. 22456. Prima dell’entrata in vigore del Codice della crisi, questa sentenza ha affrontato la questione dell’obbligatorietà della transazione fiscale. La Corte ha affermato che, nella vecchia disciplina, la transazione fiscale “si configura come istituto meramente facoltativo e accessorio”, poiché il debitore ha comunque la possibilità di proporre la falcidia o dilazione dei tributi direttamente nella proposta di concordato. Ha inoltre dichiarato che il principio di indisponibilità del credito tributario non ha copertura costituzionale e non impedisce la transazione in ambito concorsuale. Il pronunciamento rilevante afferma che il concordato, una volta omologato, spiega effetti su tutti i creditori senza esenzioni per l’Erario, e che l’art.184 L.F. prevede già il pagamento percentuale anche dei crediti privilegiati (fra cui l’Erario) senza violare l’ordine di prelazione.
  • Cass. 13 dicembre 2023, n. 34865 (ordinanza). Più recentemente, la suprema Corte ha confermato i principi di diritto già enunciati, chiarendo che l’eventuale impugnazione del diniego di transazione fiscale spetta al giudice ordinario. Nello specifico, con questa sentenza (uscita su FiscoOggi nel 2024) la Cassazione ha ribadito che, anche con riferimento al regime anteriore al CCII, le liti sul diniego di adesione alle proposte di concordato/fiscal transaction rientrano nel tribunale fallimentare e non in quello tributario.

Oltre a queste, la giurisprudenza di merito (Tribunali fallimentari e Commissioni Tributarie) ha affrontato temi secondari, come la non applicabilità del concordato semplificato alle transazioni fiscali (Cass. 760/2017) o la presunzione di convenienza. In generale, la tendenza è quella di inquadrare la transazione fiscale come un’iniziativa connaturata alla procedura concorsuale, con prevalenza delle regole civili (fallimentari) sulle pure questioni tributarie.

Esempi pratici e simulazioni

  • Esempio 1 – Concordato con transazione fiscale. L’azienda Alfa SRL ha debiti tributari consistenti: IVA 50.000€, IRPEF 40.000€ e contributi INPS 30.000€. Prepara un concordato continuativo proponendo di pagare il 50% di IRPEF e contributi in 6 anni e il 30% di IVA (pari a 15.000€). Un tecnico calcola che in liquidazione l’Agenzia incasserebbe solo 10.000€ di IRPEF e 5.000€ di contributi (totale 15.000€). Poiché l’offerta (20.000€ su IRPEF + 15.000€ su contributi = 35.000€) è superiore, il piano è conveniente. I creditori approvano il piano, l’Agenzia non aderisce (ritiene l’IVA non falcidabile). Il tribunale omologa comunque il concordato con cram-down: Alfa pagherà 35.000€ in totale, con riduzione delle sanzioni e degli interessi sul residuo.
  • Esempio 2 – Accordo di ristrutturazione con condizioni. Beta Srl concorda con un pool di creditori un accordo ex art.63 depositato in tribunale, includendo nella transazione 80.000€ di debiti IRPEF e 20.000€ di contributi. Con le regole post-DL 69/2023 deve soddisfare almeno il 30% di questi crediti (da confermare). Se non ottiene il voto dell’Agenzia (che chiede condizioni più onerose), potrà tentare di omologare forzatamente l’accordo; in tal caso, il tribunale verificherà le percentuali di pagamento (ad esempio almeno 30.000€ sui tributi e 6.000€ sui contributi) e gli altri requisiti (relazione di convenienza). Se tutto è regolare, l’accordo viene omologato e Beta Srl esegue il piano.
  • Esempio 3 – Definizione agevolata contenzioso. Gamma Spa ha una lite tributaria pendente per 100.000€ di IRPEF. In primo grado l’Agenzia aveva perso la causa (quota di controversia decisa 100% in favore del contribuente). Ad aprile 2019 Gamma aderisce alla definizione agevolata delle liti e paga il 40% di 100.000€, ovvero 40.000€. Con questo pagamento chiude la controversia senza bisogno di ricorrere in tribunale.
  • Esempio 4 – Composizione negoziata. Delta Srl sta per presentare un piano di risanamento in CNC. Decide di includere anche i tributi. Allegando alle relazioni un’offerta transattiva, propone di pagare il 60% dell’IRES maturato e un 50% dei debiti INPS entro 5 anni. Il tribunale esamina le relazioni e valuta che in liquidazione andrebbe in media il 40%. Il piano è pertanto omologabile. Se non si verificano eventi di inadempimento, l’Agenzia dovrà accettare l’accordo, diversamente il tribunale potrà dichiararne l’inefficacia.

Domande frequenti (FAQ)

D: Chi può proporre una transazione fiscale?
R: Soltanto l’imprenditore (o la società imprenditoriale) in crisi che aderisce a una procedura concorsuale ammessa dal Codice della crisi (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, composizione negoziata, piano di risanamento omologato, ecc.) può offrire una transazione fiscale. L’atto transattivo nasce sempre all’interno di una procedura di risanamento aziendale (endoprocedimentalità). Non è una possibilità aperta al di fuori di questi contesti (ad esempio non è ammessa in piani individuali di sovraindebitamento).

D: Quali debiti si possono transare?
R: In generale si possono includere tutte le imposte statali e i contributi previdenziali dovuti al momento della proposta. In particolare: imposte dirette (IRES, IRPEF, addizionali), indirette (bollo, registro, accise, ecc.), IRAP e tributi minori; contributi INPS/INAIL (che l’art.88 CCII equipara ai tributi). Esulano dalla transazione i tributi locali (IMU, TARI, addizionali comunali IRPEF, ecc.), che restano regolati con le normali modalità; e l’IVA nella stragrande maggioranza dei casi, che per prassi non viene abbattuta (va sempre pagata integralmente o solo differita). Anche le ritenute sui redditi (dipendenti o assimilati) sono intoccabili e devono essere versate interamente.

D: Quando si considera conclusa la transazione fiscale?
R: La transazione si conclude con l’omologa del Tribunale che autorizza l’accordo. A quel punto il debitore è tenuto a versare le somme convenute secondo il piano stabilito, e i debiti falcidati si estinguono. Ciò significa che l’Agenzia (o l’ente previdenziale) rinuncia a riscuotere la parte rimasta dovuta: le sanzioni e gli interessi eccedenti il pagamento concordato vengono annullati e restano a carico dello Stato. Se il debitore rispetta il piano, il rapporto si estingue. Se invece si verifica un grave inadempimento (o, ad es., interviene il fallimento dell’azienda), la transazione decade automaticamente e l’Agenzia recupera i crediti con le ordinarie procedure esecutive (con riserva di riproporre eventualmente un nuovo accordo o procedere giudizialmente).

D: Che succede se un tributo è già oggetto di contenzioso?
R: La legge considera solo i debiti tributari già nati al momento della proposta. Se una pretesa fiscale è in giudizio, la Cassazione indica che il giudice concorsuale (Tribunale fallimentare) sospende il contenzioso ai sensi dell’art.90 DPR 602/1973. In pratica, nella quantificazione del debito su cui calcolare la transazione si tiene conto solo della parte certa (ossia quanto già accertato dalle decisioni passate in giudicato), accantonando quella ancora contestata. Il processo tributario prosegue regolarmente e, una volta definita la controversia, si adegua l’accordo di transazione (se necessario con un conguaglio). Insomma, si rinegoziano solo i crediti certi e si “congelano” quelli in disputa fino alla loro definizione.

D: La transazione fiscale consente di annullare sanzioni e interessi?
R: Sì, tipicamente nell’accordo transattivo l’Agenzia rinuncia alle sanzioni e agli interessi di mora eccedenti quanto pattuito nel piano. Ciò significa che il debitore paga solo le somme concordate (capitali residui più eventuali interessi agevolati), mentre la parte rimanente di interessi e sanzioni viene abbandonata. Alcuni accordi prevedono addirittura un tasso d’interesse agevolato (es. Euribor+1%) anziché quello legale. In pratica, con la transazione il contribuente ottiene lo sconto delle sanzioni e degli interessi di mora, che si estinguono insieme al tributo.

D: Quali termini ci sono per l’adesione dell’Agenzia?
R: Nelle procedure concorsuali il debitore invia all’Agenzia la proposta di transazione. A partire dal DL 69/2023, per gli accordi di ristrutturazione è previsto un termine di 90 giorni dalla ricezione della domanda, entro il quale l’Agenzia deve comunicare l’accoglimento o il diniego della proposta. Se non risponde entro il termine, si applica la disciplina del silenzio-assenso potenziato del codice della crisi. Nella pratica, analogamente, l’Agenzia adotta circolari e provvedimenti per regolare i termini e i codici di pagamento (ad es. la Direttiva AE 21447/2024 fissa le competenze interne e i termini per l’art.63 CCII). In ogni caso, una volta depositato l’accordo in tribunale, l’iter di omologa procede secondo i termini ordinari del procedimento concordatario o di ristrutturazione.

D: Che ruolo hanno i curatori e l’attestatore?
R: I professionisti che collaborano alla procedura hanno compiti chiave. L’attestatore (o il professionista incaricato nel piano) deve garantire che il trattamento offerto al Fisco sia conveniente; il commissario o curatore raccoglie le certificazioni dei debiti verso il fisco per individuare i crediti transagibili. Inoltre, nelle transazioni tributarie il consulente deve compilare l’atto transattivo (seguendo il modello previsto, p.es. sentenza n. 22456/2020) e predisporre il piano di pagamento dettagliato. Il Tribunale verifica in sede di omologa che i pareri siano favorevoli e che l’accordo rispetti le norme di legge.

D: Esiste un importo minimo di debito per proporre la transazione?
R: La legge non fissa alcun minimo soglia di ammontare. In teoria anche debiti modesti possono essere transati. Tuttavia, la transazione comporta costi (periti, avvocati, tribunale, eventuali assicurazioni) e quindi viene utilizzata soprattutto per posizioni rilevanti. Di solito si attua quando le somme risparmiate (riduzione delle pene pecuniarie) sono considerevoli rispetto agli oneri da sostenere.

D: Qual è la differenza tra transazione fiscale e rottamazione/definizione agevolata?
R: La transazione fiscale è uno strumento giudiziale/concorsuale che richiede l’apertura di una procedura (concordato, accordo, ecc.) e il via libera del tribunale. La rottamazione/definizione agevolata (es. L.197/2019, L.197/2022) è una procedura amministrativa a domanda che consente di chiudere autonomamente debiti o controversie pagando percentuali forfettarie. Con la transazione si negozia l’intero debito nell’ambito di un concordato; con la definizione agevolata ci si accorda con l’Agenzia pagando di tasca propria la somma ridotta, senza alcuna procedura concorsuale. In alcuni casi, si possono combinare: ad esempio, definire in via agevolata le controversie pregresse e contestualmente prevedere nel concordato la dilazione dei residui.

Conclusioni

La transazione fiscale rappresenta oggi uno strumento fondamentale per le imprese in crisi in Italia, integrando normative tecniche (CCII) con prassi fiscali. La sua corretta applicazione richiede attenzione a numerosi dettagli: convenienza economica, adempimenti procedurali, valutazione degli effetti concorsuali e tributari. Avvocati, commercialisti e imprenditori devono pertanto analizzare caso per caso la fattibilità di un accordo transattivo, avvalendosi di consulenti specializzati. La normativa aggiornata a maggio 2025 offre molte opportunità di rinegoziazione dei debiti tributari e contributivi, a patto di rispettare le regole di legge, gli orientamenti giurisprudenziali e le prassi dell’Agenzia delle Entrate.

Fonti normative e giurisprudenziali: Legge Fallimentare (L. 267/1942, art. 182-ter, ss.); D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi, artt. 23, 63, 64-bis, 88, 245); D.Lgs. 136/2024 (correttivo CCII, modifiche art.23, 88, 245); D.L. 69/2023 conv. L.103/2023 (art.1-bis sulle ristrutturazioni con transazione fiscale); D.L. 145/2023 conv. L.191/2023 (art.4-quinquies sulla delega Agenzia); Legge 197/2022 (Bilancio 2023, varie modifiche al CCII); Legge 232/2016 (novellato ante-ccii art.182-ter L.F.); D.L. 119/2018 conv. L.197/2019 (definizione agevolata controversie tributarie); Legge 160/2019 (Bilancio 2020, definizione agevolata contributiva); DPR 602/1973 (art. 90, competenza giurisdizionale); Cass. SS.UU. 8504/2021, 35954/2021 (giurisdizione fallimentare sulle transazioni fiscali); Cass. 22456/2020 (sez. V, indisponibilità del credito tributario); Cass. 34865/2023 (diniego di transazione). Circolari ed elementi di prassi: Agenzia Entrate circ. 6/E del 1/4/2019 (definizione agevolata liti), circ. 10/E del 15/5/2019; Provv. Agenzia 18/2/2019 (liti pendenti); Direttiva Agenzia Entrate 29/1/2024 prot.21447 (competenze interne transazione art.63 CCII); D.Lgs. 546/1992 (giust. trib., art.2-19).

Atto di Transazione Fiscale: Perché Affidarti a Studio Monardo

La tua azienda ha debiti fiscali con Agenzia delle Entrate, AdER o INPS e stai cercando una soluzione concreta per evitarne l’aggravamento?

L’atto di transazione fiscale è lo strumento legale previsto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza per trattare con il Fisco, proporre un pagamento parziale e sostenibile, e fermare azioni esecutive e fallimentari.

⚠️ Ma non basta inviare una proposta: l’atto di transazione fiscale deve essere redatto con rigore tecnico, fondato su documenti certi e presentato nei tempi previsti dalla procedura. Solo un professionista esperto può garantirne l’efficacia.

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🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
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