Microcredito Non Restituito: Cosa Fare e Come Difendersi

Hai ottenuto un microcredito per avviare o sostenere la tua attività ma ora non riesci più a restituirlo? Hai ricevuto solleciti o minacce di segnalazioni e recupero forzoso?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti da finanziamenti pubblici e privati e tutela di imprese e lavoratori autonomi – è pensata per aiutarti a capire cosa rischi davvero e come difenderti legalmente.

Scopri cosa succede se non restituisci un microcredito, quali sono le conseguenze sul piano fiscale, bancario e patrimoniale, cosa può fare l’ente erogatore, e quali soluzioni legali puoi attivare per bloccare le azioni di recupero o rinegoziare il debito.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, esaminare la tua posizione con un avvocato esperto e trovare la strategia più adatta per risolvere il debito e salvaguardare la tua attività.

1. Introduzione

Il microcredito è uno strumento chiave per l’inclusione finanziaria di famiglie e piccole imprese escluse dai canali tradizionali. Tuttavia, il mancato rimborso di un microcredito può avere gravi ripercussioni civili, patrimoniali e, in certi casi, penali. La seguente guida, aggiornata a maggio 2025, analizza in modo esaustivo questi scenari, offrendo strumenti operativi per imprenditori e operatori legali. Si esamineranno le diverse tipologie di microcredito (sociale, imprenditoriale, emergenziale, ecc.), le conseguenze contrattuali dell’inadempimento (art. 1218 c.c. e seguenti) e, quando rilevante, i reati connessi (come l’indebita percezione di aiuti pubblici). Verranno inoltre illustrate le principali tutele legali a disposizione del debitore (opposizioni, transazioni, procedure concorsuali) e sintetizzate in tabelle riepilogative le differenze fra categorie di microcredito, gli strumenti di difesa, i procedimenti giudiziari e i benefici eventualmente accessibili al debitore. Ogni affermazione è supportata da riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati (Corte di Cassazione, TAR, Corte Costituzionale).

2. Tipologie di Microcredito

In Italia esistono varie forme di microcredito, con regimi normativi e condizioni differenziate:

  • Microcredito Sociale: destinato a persone fisiche in difficoltà (soggetti “non bancabili”). Si basa sulla Legge n. 13/2013 (promozione del microcredito) e attuazioni successive. Generalmente eroga finanziamenti fino a €10.000, con condizioni molto agevolate (spesso tasso d’interesse pari a 0% o molto basso) e senza garanzie reali. Ad esempio, alcuni programmi (come il Microcredito di Libertà per donne vittime di violenza) prevedono mutui chirografari fino a €10.000 (durata fino a 60 mesi) assistiti da garanzia statale al 100% e tassi zero. Questi crediti mirano a sostenere esigenze primarie o progetti di autoimpiego per beneficiari fragili.
  • Microcredito Imprenditoriale: rivolto a start-up, microimprese o liberi professionisti che non riescono ad accedere al credito tradizionale. Normato dall’art. 111 del TUB e da decreti attuativi, prevede finaziamenti massimi ora fino a €75.000 (o €100.000 per S.r.l.), con garanzia pubblica del Fondo PMI pari all’80% (per importi fino a €50.000). I beneficiari tipici sono imprese individuali o società di persone con pochi dipendenti (≤5 dipendenti) e partita IVA da non più di 5 anni. Le risorse possono finanziare beni strumentali, liquidità, formazione e investimenti con un periodo di ammortamento fino a 10 anni. Il microcredito imprenditoriale si caratterizza per il supporto di un tutor e per procedure semplificate, ma richiede comunque un’istruttoria di merito creditizio (anche se con criteri meno stringenti rispetto ai finanziamenti ordinari).
  • Microcredito Femminile (di Libertà): programmi dedicati alle donne vittime di violenza. Questi prevedono sia microcredito sociale (fino a €10.000, garanzia 100%, tasso 0%) sia imprenditoriale (fino a €40-50.000, garanzia 80%) per avviare un’attività lavorativa o sostenere le esigenze familiari. La normativa di riferimento include fondi ministeriali specifici e linee guida applicative. Ad esempio, il programma “Key Women” (ENM) prevede per il microcredito sociale alle donne in condizione di vulnerabilità un mutuo chirografario fino a €10.000 a TAEG 0% garantito al 100% dallo Stato; analogamente il microcredito imprenditoriale femminile può arrivare a €40.000 (50.000 in casi meritevoli).
  • Microcredito Studentesco e Antiusura: benché meno diffusi, esistono strumenti di credito di importo ridotto a favore di studenti universitari meritevoli (prestiti d’onore, spesso garantiti dallo Stato al 100%) e di vittime di usura (prestiti «sociali» a tasso zero erogati da enti caritatevoli con garanzia pubblica). Queste formule presentano importi contenuti (da qualche migliaio fino a 60.000 per studenti) e tassi agevolati.
  • Microcredito Emergenziale e Finanziamenti Garantiti (COVID‑19, PNRR): durante l’emergenza sanitaria e con fondi europei sono stati adottati meccanismi di microcredito agevolato. Ad esempio, il Decreto “Liquidità” (D.L. 23/2020, c.d. Cura Italia) ha introdotto finanziamenti fino a €30.000 garantiti al 100% dallo Stato per PMI e professionisti. Analogamente, strumenti PNRR o sezioni speciali del Fondo PMI (turismo, energie rinnovabili, ecc.) offrono micro-prestiti con garanzie pubbliche sostenute. Le caratteristiche tecnico‑economiche (massimali, durata, tassi, soggetti ammessi) sono variabili secondo il provvedimento specifico.
  • Microcredito Locale/Garantito da Enti Pubblici: diverse regioni o amministrazioni locali promuovono microcredito attraverso fondi propri. Ad esempio, il Progetto Microcredito Roma Capitale offre microcrediti sociali fino a €5.000–10.000 garantiti da un fondo comunale per persone in difficoltà, e microcrediti imprenditoriali con garanzia statale Fondo PMI (fino a €75.000/100.000, 10 anni). Tali iniziative integrano le forme nazionali, spesso focalizzandosi su bisogni primari (es. spese sanitarie, abitazione) o su segmenti di popolazione esclusi.

Le differenze chiave tra queste categorie – beneficiari ammessi, limiti di importo, garanzie, finalità – sono riassunte nella seguente tabella:

CategoriaDestinatari e RequisitiImporto MaxGaranziaUso Previsto
SocialePersone fisiche vulnerabili (fragilità economica/sociale), no garanzie reali;può includere anche microimprese molto piccole.~€10.000100% (Fondo microcredito sociale o fondo locale)Bisogni primari, avvio microimpresa, spese essenziali.
ImprenditorialeMicroimprese/autonomi titolari P.IVA (solitamente ≤5 anni di attività) con numero contenuto di dipendenti.€75.000 (€100.000 per S.r.l.)80% Fondo PMI (≤€50k) (oltre €50k tipicamente 60%). S.r.l. possono prestare garanzie reali.Investimenti produttivi, liquidità, assunzioni, formazione.
Femminile (Libertà)Donne vittime di violenza (soprattutto ospiti di case rifugio/CAV).Sociale: €10.000; Impr.: €40.000 (50k se meritato)Sociale: 100% Fondo statale; Impr.: 80% Fondo PMI (+ 20% fideiussione personale).Sostegno economico e avvio di impresa, con affiancamento formativo.
Studenti/UniversitariStudenti e neolaureati con ottimi profili di reddito (norme Art. 34 Cost., Legge 33/1987).Fino a €60.000 (sotto forma di prestito d’onore)100% statale (Fondo di garanzia per prestiti d’onore)Spese universitarie, progetto di carriera, ricerca.
Emergenziale (COVID‑19)PMI e professionisti colpiti da emergenze (Pandemia, ecc.).€25.000–30.000 (fase 2020); talvolta aumentabili100% statale (D.L. “Liquidità” 23/2020)Liquidità immediata, superamento crisi temporanea.
Locale/Garantito EntiResidenza geografica vincolata (es. cittadini Roma in difficoltà, o altri target sociali).Variabile (es. €5.000–10.000 sociale; €75.000 imprenditoriale)Garanzia del fondo locale (ad es. Roma Capitale) o statale (Fondo PMI)Progetti di inclusione sociale, riduzione povertà, start-up locali.

Fonte: elaborazione su dati Ente Nazionale per il Microcredito e fonti normative. Le soglie, percentuali di garanzia e condizioni operative sono aggiornate alla normativa 2024/2025 (D.M. 211/2023, L. 234/2021, ecc.).

3. Conseguenze Civili del Mancato Rimborso

3.1 Inadempimento contrattuale e decadenza dal termine

Il mancato pagamento di una o più rate di microcredito configura inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.). Di norma il contratto prevede che dopo 2-3 rate non corrisposte il finanziatore dichiari la decadenza dal beneficio del termine (art. 1186 c.c.): ciò rende immediatamente esigibile l’intero debito residuo. Il debitore inadempiente è quindi tenuto a corrispondere l’intero capitale residuo, gli interessi contrattuali fino alla data di pagamento, gli interessi di mora (spesso superiori agli interessi ordinari) e ogni penale contrattuale prevista. Si noti che l’inadempimento di per sé non costituisce reato penale: il diritto italiano non punisce penalmente la mera insolvenza civile del debitore. In particolare, non esiste un reato di insolvenza o usura automatica legato al solo ritardo nelle rate; è però possibile che vengano contestati altri illeciti (vedi §4).

Contestualmente alla decadenza dal termine, la banca o l’ente erogatore attiva le normali procedure di recupero del credito. Ciò include in particolare: (i) Segnalazione del ritardato pagamento alle centrali rischi creditizie. In genere, dopo 90 giorni di mora la banca segnala l’esposizione come “sofferenza” o “irrecuperabile” presso la Centrale dei Rischi di Banca d’Italia e/o presso agenzie private (CRIF, Cerved, Experian). Questa segnalazione pregiudica immediatamente la reputazione creditizia del debitore, limitando l’accesso a futuri finanziamenti. (Si ricorda che durante le moratorie governative del 2020-21 le segnalazioni negative erano sospese, ma con la loro scadenza ogni insolvenza torna a essere registrata normalmente).

(ii) Iscrizione di ipoteche giudiziali e altri vincoli su beni del debitore come forma di tutela preventiva del credito. La banca può ad esempio iscrivere ipoteca giudiziale su immobili del debitore prima ancora di ottenere il titolo esecutivo, come garanzia del proprio credito.

3.2 Garanzia pubblica e surroga dello Stato

Un elemento peculiare dei microcrediti agevolati è il meccanismo della garanzia pubblica. In particolare, i finanziamenti Microcredito Imprenditoriale sono coperti in gran parte dal Fondo di Garanzia PMI (gestito da Mediocredito Centrale per lo Stato), mentre le iniziative di tipo sociale o femminile possono avvalersi di fondi speciali statali (come il “Fondo per il microcredito sociale” o analoghi fondi locali). In caso di inadempimento, la banca, anziché attendere l’esito di lente azioni giudiziali, escute in via principale la garanzia statale. Secondo le “Disposizioni Operative” del Fondo, la banca deve inviare al debitore un preavviso formale prima di chiedere il rimborso al Fondo pubblico. Trascorsi i termini contrattuali (di solito alcuni mesi dal primo ritardo) ed eventualmente un preavviso di mora, la banca presenta a MCC la richiesta di pagamento della garanzia (entro il termine decadenziale, es. 90 giorni dalla qualifica a sofferenza).

La conseguenza operativa è un “scambio di creditori”: lo Stato paga alla banca la quota garantita (ad es. l’80% o il 100% del capitale, oltre a interessi moratori maturati), e dunque subentra (per surrogazione ex art. 1203 c.c.) nella posizione di creditore verso il debitore. Il debitore si trova così in posizione debitoria verso lo Stato (attraverso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che incassa per conto dello Stato) per l’importo che lo Stato ha pagato alla banca, mentre rimangono in capo alla banca eventuali somme non garantite. Ad esempio, su un prestito di €100.000 garantito al 80%, in caso di default la banca riceve €80.000 dal Fondo statale e potrà agire sul debitore solo per i restanti €20.000. Tale modalità riduce il rischio per la banca (tutto ciò che è garantito viene saldato dallo Stato) ma trasferisce sul debitore la pretesa dello Stato. In pratica, il debitore insolvente subisce un doppio fronte di recupero: da un lato la banca (per l’eventuale quota non garantita), dall’altro lo Stato (per la quota garantita).

L’attivazione della garanzia è regolata da precise regole di vigilanza. Se la banca omette di escutere la garanzia entro i termini previsti, rischia di perderla. Inoltre, l’ente erogatore spesso sollecita la banca a “derischiare” rapidamente (con modalità automatiche sui crediti deteriorati) e a segnalare la morosità al Fondo. In ogni caso, il debitore viene sempre informato dell’escussione tramite comunicazioni ufficiali (lettera di decadenza dal termine, atto di richiesta di garanzia, avviso della surroga). Dopo il versamento statale, il procedimento prosegue come un normale credito verso la Pubblica Amministrazione: l’Agenzia delle Entrate‑Riscossione iscrive il debito a ruolo e può procedere con fermi e pignoramenti sui beni del debitore.

3.3 Recupero forzoso del credito

Parallelamente al meccanismo di garanzia, il finanziatore può agire giudizialmente sul debitore insolvente. L’iniziativa tipica è il ricorso per decreto ingiuntivo (ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c.) per ottenere un titolo esecutivo che liquidi il credito residuo (capitale, interessi, spese). Il decreto ingiuntivo, se accoglie la domanda, può essere autorizzato anche in forma provvisoriamente esecutiva; ricevuto il provvedimento, la banca notifica il precetto e procede a pignoramenti mobiliari o immobiliare sul patrimonio del debitore (o ipoteca, se prevista). In alternativa, se il contratto di finanziamento è stato stipulato in forma pubblica o scrittura privata autenticata (titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.), la banca può direttamente notificare precetto e avviare l’esecuzione senza passare dal decreto ingiuntivo.

Il debitore può contrastare tali azioni (v. §5). Se non si oppone, le azioni esecutive producono effetti pratici: sequestro di conti correnti, distrazioni di beni, ipoteche, e (oltre) iscrizione a ruolo del residuo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Un elemento positivo per l’ente erogatore è che, dopo il versamento della garanzia, il recupero è in gran parte nelle mani dello Stato: nel frattempo la banca si ritrova con un credito finito tra i crediti privilegiati dello Stato (per la parte garantita). Dunque il debitore insolvente affronta un processo ibrido: azioni civili contro di lui e allo stesso tempo riscossione coattiva sul fronte pubblico.

3.4 Implicazioni sul rating e sulla reputazione

Fin da pochi mesi di ritardo, il mancato pagamento viene annotato nei sistemi di credito. Come detto, oltre i 90 giorni di inadempienza il credito finisce nei database interbancari come “sofferenza”. Ciò ha conseguenze immediate: il debitore risulta come cattivo pagatore, il che incide negativamente su ogni futura richiesta di finanziamento, di leasing o di credito commerciale. A lungo termine, tali segnalazioni restano nei registri (centrale rischi e SIC privati) per vari anni. In pratica, il nome del debitore entra nei registri dei cattivi pagatori, danneggiando gravemente la sua immagine creditizia.

Inoltre, la presenza di un credito affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione obbliga il debitore a pianificare pagamenti spesso in forma rateale (200 rate o rottamazione per i debiti connessi allo Stato). In alcuni casi possono scattare azioni esecutive particolarmente invasive (fermi amministrativi sui mezzi di trasporto, pignoramenti di appannaggio da parte di terzi debitori del soggetto, ecc.). In sintesi, il mancato rimborso di microcredito produce gravi effetti patrimoniali e reputazionali per il debitore: sconfina rapidamente nell’ambito del credito deteriorato e può essere difficilmente sanabile senza procedure di ristrutturazione o accordi con i creditori.

4. Profili Penali del Mancato Rimborso

Pur non sussistendo un reato di “non pagamento” tout court, in alcuni casi il mancato rimborso può assumere rilevanza penale, quando sono presenti condotte fraudolente o vietate dalla legge. In particolare:

  • Indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.): se il finanziamento agevolato è ottenuto tramite false dichiarazioni o attestazioni mendaci (ad es. falsi dati su fatturato o danno Covid), chi l’ha richiesto commette il reato di indebita percezione di somme a danno dello Stato. La Cassazione ha confermato questa fattispecie nei casi in cui un’impresa ha simulato un danno da emergenza e si è vista approvare un prestito garantito. In tali ipotesi, l’inadempimento assume rilevanza penale solo perché accompagna il reato di frode iniziale, e il debitore può essere condannato anche sul piano criminale.
  • Truffa aggravata in danno dello Stato (art. 640, co.2 c.p.): attività ingannevole analoghe possono ricondursi alla truffa aggravata, se l’illecita manipolazione di dati ha consentito di ottenere i fondi pubblici.
  • Malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis c.p.): se il finanziamento garantito è destinato a fini diversi da quelli dichiarati (ad esempio, uso del denaro pubblico per spese personali del debitore), può configurarsi malversazione. In pratica, la giurisprudenza tende a ricondurre tali condotte allo schema dell’indebita percezione o della truffa.
  • Peculato o riciclaggio: nel caso di grande scala, l’utilizzo fraudolento di fondi pubblici può dar luogo anche a ipotesi di peculato (art. 314 c.p.) o di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) se le somme erogate sono poi occultate o ripulite tramite altri canali. Tali fattispecie, tuttavia, presuppongono comportamenti ulteriori al mero mancato pagamento.
  • Delitti bancari e fallimentari: sul fronte bancario, può assumere rilievo penale la condotta della banca stessa. Ad esempio, se una banca eroga consapevolmente un microcredito garantito a un’impresa palesemente insolvente (per scaricare lo stato di rischio), le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che la banca può concorrere nel reato di bancarotta aggravata. Viceversa, dal punto di vista dell’imprenditore debitore, ottenere il credito con frode potrebbe integrare reati come l’associazione a delinquere (se effettuata con altri) o l’appropriazione indebita delle somme.

È importante ribadire che il semplice ritardo o insolvenza civile non costituisce reato. Solo l’abuso fraudolento del sistema di garanzia o l’occultamento doloso dei fondi comportano responsabilità penali. In ogni caso, la banca e gli organi inquirenti (Guardia di Finanza, Procura) possono indagare qualora emergano elementi di falsità nelle dichiarazioni del beneficiario o di distrazione di denaro. Al riguardo, la Cassazione ha precisato che, se si assume la nullità del contratto di finanziamento per violazione di norme penali, è necessario individuare con precisione il reato contestato e i suoi elementi oggettivi e soggettivi. In sintesi: a meno di abusi documentati (false dichiarazioni, distrazioni, ecc.), il debitore non rischia pene detentive semplicemente per il mancato rimborso, ma rischia sanzioni penali gravi in caso di frode ai danni dello Stato.

5. Strumenti di Difesa Legale del Debitore

Un imprenditore o soggetto debitore in difficoltà dispone di diversi strumenti legali per difendersi dalle azioni esecutive della banca o dello Stato e per rinegoziare il debito. Tali rimedi possono essere stragiudiziali o giudiziali. Di seguito si evidenziano i principali:

  • Opposizione al decreto ingiuntivo: se la banca ottiene un decreto ingiuntivo (spesso esecutivo) per il finanziamento, il debitore ha 40 giorni dalla notifica per proporre opposizione. In tale atto di citazione si possono sollevare eccezioni formali (mancanza di validità del titolo, vizi di notifica) e materiali (errore di calcolo, anatocismo, usura, vizi contrattuali). Ad esempio, si può contestare il calcolo degli interessi di mora o richiedere una CTU contabile per rideterminare il dovuto. Altresì, se il debitore ha già effettuato pagamenti non contabilizzati oppure se la banca ha incassato un importo dal Fondo statale successivamente al ricorso, può eccepire pagamenti già ricevuti, facendo cadere parte della pretesa. In pratica, l’opposizione consente di far emergere errori o abusi e di bloccare temporaneamente l’esecuzione (eventualmente ottenendo anche la sospensione urgente con decreto ex art. 647 c.p.c. se ricorrono i presupposti).
  • Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.): se il recupero procede con atto di precetto o pignoramento (ad es. su conti correnti o mobili registrati), il debitore può presentare opposizione all’esecuzione davanti al giudice ordinario. Questa opposizione può essere utilizzata anche contro le cartelle esattoriali emesse da Agenzia Entrate‑Riscossione per conto di MCC: la giurisprudenza ritiene che, non essendoci un vero atto impositivo ma solo surroga, la via corretta è l’opposizione ex art. 615 c.p.c. (contestando l’inesistenza di un valido titolo esecutivo). In generale, nell’opposizione all’esecuzione si possono riproporre le medesime eccezioni già viste (quantum, pagamento, vizi contrattuali) e chiedere al giudice la sospensione d’urgenza della procedura se ci sono gravi motivi (ad es. credito estinto, trattative in corso, ecc.).
  • Contro le cartelle di Agenzia Entrate-Riscossione: quando il Fondo di Garanzia si sostituisce al credito bancario, il primo atto che il debitore riceve è la cartella esattoriale per la quota pubblica. Per contestare questa cartella (che è un atto esecutivo di riscossione), il debitore deve procedere con opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.. I motivi di opposizione possono includere, ad esempio: carenza di titolo esecutivo (alcuni tribunali hanno sospeso cartelle MCC per “mancanza di titolo” formale), eccezione di prescrizione del credito (debito pretendibile decennalmente o quinquennalmente a seconda dei casi), nullità formale della cartella (dati incongrui, mancati requisiti di legge) o decadenza di garanzie (art. 1957 c.c.). Se l’opposizione viene accolta, lo Stato non potrà esigere quanto richiesto; in caso contrario, l’esposizione rimarrà credibile a fini esecutivi.
  • Saldo e stralcio (transazione negoziale): se il debitore non è in grado di pagare integralmente, può tentare una transazione con la banca o con il Fondo statale. In parole semplici, si offre di saldare solo una parte del debito (“saldo”) rinunciando al residuo (“stralcio”), con l’accordo di tutte le parti. Tale soluzione richiede una negoziazione attenta: è utile preparare un’offerta credibile (ad esempio un pagamento in un’unica soluzione ridotto ma certoe) e documentare la situazione di crisi (bilanci in rosso, fatturati crollati) per convincere il creditore che un recupero forzoso porterebbe a un recupero molto basso. La proposta scritta deve precisare l’importo offerto (ad es. “30.000 su 100.000”) e condizioni di pagamento. Da notare che, per i crediti garantiti dallo Stato, esistono limiti legali: il Decreto MISE 3 ottobre 2022 (attuato con la Circolare MCC 8/2022) stabilisce che la banca non può accettare un saldo e stralcio sotto la soglia del 15% dell’importo totale garantito, pena la perdita della garanzia. Inoltre l’accordo transattivo deve essere concluso prima della scadenza per richiedere la garanzia. In pratica, per un debito di €100.000 garantito all’80% offrire almeno il 15–20% (es. €20.000) può essere accettabile. L’accordo definitivo richiede l’approvazione formale di MCC: la banca deve presentare la proposta tramite la piattaforma MCC, che verificherà convenienza e trasmetterà il piano al Consiglio di Gestione. Se MCC concorda che il saldo è più vantaggioso del recupero giudiziale, darà l’assenso e la transazione diventa pienamente operativa. In tal modo la banca ottiene subito la parte di credito concordata (ad es. €80.000 nel nostro esempio), mentre lo Stato rinuncia alla quota di garanzia stralciata (es. €20.000). Il debitore, liberato dal residuo, estingue il debito in via negoziale.
  • Piani di ristrutturazione e concordato preventivo: se l’impresa è in crisi, può attivare procedure concorsuali o stragiudiziali di composizione della crisi. Grazie alle riforme del Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs. 14/2019) e alla Legge sul Sovraindebitamento (L. 3/2012), esistono strumenti come la composizione negoziata della crisi, il concordato preventivo o le procedure semplificate di “composizione della crisi” rivolte anche a microimprese e consumatori. In tali piani, i crediti garantiti dallo Stato vanno inclusi e trattati. Ad esempio, il piano del consumatore/“imprenditore minore” ex L. 3/2012 permette a soggetti non fallibili (consumatori, piccoli imprenditori) di proporre al giudice la ristrutturazione dei debiti secondo un piano che, se omologato, vincola anche i creditori dissenzienti. In casi particolari, è ammesso pagare solo una percentuale minima del credito garantito (es. anche il 10%) se il piano è considerato fattibile e l’unica soluzione realistica. La giurisprudenza mostra una certa apertura: alcuni tribunali hanno riconosciuto che, prima della liquidazione, la garanzia statale non è ancora esecutiva e quindi il credito MCC può essere trattato come un normale credito chirografario. Se il piano viene omologato, esso ha effetto liberatorio sugli obblighi residui e può assorbire anche i debiti statali in misura ridotta (pur non costituisce rinuncia definitiva al credito pubblico senza chiara base giuridica). Nella pratica, questi strumenti richiedono l’assistenza di professionisti esperti, ma possono consentire una soluzione concordata complessiva con i creditori (incluso lo Stato) a fronte di una riduzione sostenibile del debito.
  • Procedure di sovraindebitamento (Legge 3/2012): per soggetti non fallibili (consumatori, lavoratori autonomi, piccolissimi imprenditori), la legge 3/2012 consente piani di rientro allargati. Come visto, tali piani possono includere anche i debiti derivanti da microcredito garantito: il creditore statale può concordare un saldo in misura ridotta se il piano è omologato. Ad esempio, un consumatore può proporre di rimborsare solo il 10% di un microcredito garantito se sprovvisto di redditi. Se il tribunale omologa, il piano vincola anche i creditori, consentendo al debitore una parziale soluzione senza liquidazione.
  • Altri rimedi civili: in aggiunta, il debitore può fare leva su tutele del diritto civile e del diritto bancario/consumo. Ad esempio, può invocare la mancata verifica di merito creditizio da parte della banca (obbligo di diligenza ex art. 1176 c.c. e art. 5 TUB), le eventuali nullità o anatocismo contrattuali (ad es. nullità di clausole usurarie o di fideiussioni abusive), e i diritti di opposizione a pignoramento a norma di legge. In alcuni casi di grave abuso, la giurisprudenza ha valutato la responsabilità della banca per concessione di credito senza merito, pur senza dichiarare il contratto nullo se non sussistono reati accertati. Ogni iniziativa legale va valutata caso per caso.

Tabella: Strumenti di difesa del debitore

StrumentoDescrizioneRiferimenti
Opposizione a ingiunzioneRicorso in tribunale entro 40 giorni dal decreto: contestazione importo, tassi, vizi contrattuali. Possibile CTU contabile.[42†L442-L451], [43†L473-L481]
Opposizione all’esecuzioneRicorso ex art. 615 c.p.c. contro pignoramenti o cartelle: eccezioni di titolo, prescrizione, decadenza.[43†L483-L491], [44†L511-L520]
Saldo e stralcioProposta transattiva di pagare solo parte del dovuto (es. <15% residuale per MCC): bisogna offrire almeno il 15% e ottenere approvazione MCC.[49†L768-L777], [49†L782-L790]
Concordato/CrisiPiano di ristrutturazione (concordato preventivo, liquidazione controllata, accordo crisi) che coinvolge anche creditori pubblici. MCC assume status privilegiato.[50†L19-L28], [60†L1051-L1060]
Piani sovraindebitamentoPiani L.3/2012 (consumatore, impr. minore) per soggetti non fallibili: possibile proporre sconti sui crediti garantiti.[60†L1051-L1060]
Rinegoziazioni/formule agevolateProroga delle rate, riduzione tassi, moratorie governative (Covid) e trattative stragiudiziali per dilazionare i pagamenti.[48†L724-L733], [48†L748-L757]

Nota: A seconda del caso specifico, tali strumenti possono agire in sinergia (ad es. opposizione in corso di trattativa di saldo e stralcio) e vanno valutati con cautela. In ogni caso è consigliabile l’assistenza di legali esperti in diritto bancario/concorsuale.

6. FAQ – Domande Frequenti

  • D: Cosa succede se non riesco a pagare una rata del microcredito?
    R: Il mancato pagamento comporta l’inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.): dopo qualche rata non corrisposta la banca può dichiarare la decadenza dal termine (art. 1186 c.c.) e richiedere immediatamente l’intero debito residuo. A quel punto si attivano procedure di recupero (ingiunzioni, pignoramenti) e la garanzia statale (se prevista). Il debitore dovrà pagare il capitale residuo, gli interessi contrattuali e quelli di mora, oltre a eventuali penali concordate. L’elemento favorevole è che il debito garantito (ad es. l’80%) verrà probabilmente saldato dallo Stato, trasformando in parte il creditore in Agenzia delle Entrate. Tuttavia, resterà da pagare la parte non garantita (es. il 20%). Inoltre, dopo 90 giorni di ritardo il debitore viene segnalato come “cattivo pagatore” nei sistemi di credito, compromettendo il suo rating.
  • D: Posso subire conseguenze penali per non aver pagato il microcredito?
    R: No, il semplice ritardo o mancato rimborso non è reato. Il codice penale italiano non punisce l’insolvenza in sé. Conseguenze penali sussistono solo se il microcredito è stato ottenuto con frode o destinato a fini illeciti. Ad esempio, dichiarare falsamente dati o danneggi economici per ottenere un finanziamento garantito può integrare il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). Altri reati ipotizzabili sono la truffa aggravata ai danni dello Stato o la malversazione (316-bis c.p.) se i fondi vengono dirottati su spese diverse da quelle ammesse. Solo in questi casi, a fronte di elementi certi di illiceità, si può essere indagati e perseguiti penalmente.
  • D: Quali eccezioni posso sollevare se ricevo un decreto ingiuntivo dalla banca?
    R: Nel ricorso di opposizione all’ingiunzione il debitore può contestare la validità e l’entità del credito. Si verificano accuratamente interessi dovuti, anatocismo illegittimo, spese non dovute o usura contrattuale. Si possono eccepire pagamenti già effettuati (anche quelli raccolti dal Fondo statale) che riducono l’importo dovuto. Si controllano vizi procedurali: ad esempio, la banca ha inviato la lettera di decadenza come previsto e notificato correttamente il decreto. In alcuni casi avanzati si può persino dedurre la nullità di clausole contrattuali abusive o di fideiussioni nulle (per violazione di norme imperative). L’opposizione è uno strumento molto potente: può bloccare l’esecuzione finché il giudice non decide, evitando che la banca si faccia pagare due volte da Stato e debitore.
  • D: Ricevo una cartella esattoriale per il debito. Cosa posso fare?
    R: Si tratta di un’intimazione di pagamento emessa da Agenzia delle Entrate-Riscossione per conto del Fondo di Garanzia (MCC). Non essendo un atto tributario tipico, non si può impugnarlo davanti alla Commissione Tributaria. La strada corretta è l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. davanti al tribunale civile. In tale opposizione si può far valere che non esiste un titolo esecutivo formale (alcuni Tribunali hanno sospeso procedure MCC per “carenza di titolo”), la prescrizione (ad es. il credito statale matura in 10 anni dal pagamento MCC), oppure vizi formali della cartella. L’opposizione va proposta entro 30-40 giorni dalla notifica della cartella; in parallelo si può chiedere la sospensione giudiziale dell’esecuzione (art. 624 c.p.c.). Se l’opposizione è rigettata o omessa, si potrà poi valutare la rateizzazione del debito presso AER (fino a 72 o 120 rate) o l’eventuale “rottamazione” se prevista dalle norme vigenti.
  • D: È possibile concordare un saldo e stralcio del debito garantito dallo Stato?
    R: Sì, ma solo entro certi limiti. L’impresa può offrire alla banca di pagare una parte del debito a titolo di saldo e stralcio (es. 15–30%), impegnandosi a fornire documenti che attestino l’incapacità a pagare il resto. Se la banca accetta, deve coinvolgere il Fondo statale nella negoziazione. Dal 2022 è previsto che gli accordi transattivi con MCC diano diritto alla garanzia solo se rispettano la soglia minima del 15% di soddisfacimento complessivo. Ciò significa che la banca non può concedere sconti superiori all’85% del debito garantito senza perdere la garanzia. In pratica, se devono ad esempio €100k (di cui €80k garantiti), un’offerta di €20k (20%) può essere accettabile e sottoposta all’approvazione MCC. L’accordo deve essere formalizzato tramite la piattaforma MCC e approvato dal Consiglio di Gestione. Quando accade, la banca riceve l’importo offerto, lo Stato integra fino al massimo garantito (vedi esempio paragrafo precedente) e rinuncia al resto. Solo con questi passaggi l’operazione non fa decadere la garanzia statale.
  • D: Posso utilizzare le procedure concorsuali (es. concordato) per liberarmi dal debito?
    R: Sì, le nuove norme sulla crisi d’impresa permettono anche a piccole imprese di ricorrere al concordato preventivo o a procedure analoghe per ristrutturare i debiti. Nel concordato, i crediti garantiti dallo Stato assumono di regola il carattere di privilegio speciale dello Stato. Se la garanzia è già stata escussa, lo Stato figura nel passivo del concordato come creditore privilegiato e va soddisfatto integralmente, a meno di specifiche percentuali previste. Se invece l’accordo avviene prima che la garanzia sia incassata, è possibile trattare la banca come creditore principale e coinvolgere MCC solo successivamente. Esistono piani omologati in cui anche creditori pubblici accettano percentuali ridotte (previa valutazione del tribunale o dell’assenso MCC). In ogni caso, i piani concordatari devono essere attentamente predisposti: occorre includere obbligatoriamente tutti i creditori (MCC incluso) e rispettare le quote di soddisfazione minime poste dalla legge. Se il concordato viene approvato, il piano vincola anche i creditori dissenzienti e libera il debitore dagli obblighi residui (sia verso banca sia verso Stato) nella misura concordata.
  • D: Esistono agevolazioni o esenzioni speciali per i debitori di microcredito?
    R: Il legislatore italiano non ha previsto esenzioni fiscali ad hoc per i debiti di microcredito. Tuttavia, il debitore può beneficiare di alcuni strumenti di alleggerimento del carico: ad esempio, in presenza di debiti fiscali conseguenti a finanziamenti garantiti, si possono accedere alle normali misure agevolative fiscali previste (rateizzazioni fino a 72 o 120 mesi, rottamazione di ruoli, piani di pagamento). Per i crediti garantiti MCC l’iscrizione a ruolo segue le regole dei debiti erariali. Inoltre, in situazioni di particolare difficoltà (nel caso del Covid vi sono state moratorie e sospensioni dei versamenti) la legge ha riconosciuto proroghe e sospensioni che hanno alleggerito temporaneamente il debitore. Infine, come già accennato, è possibile aderire a piani di composizione della crisi (cfr. Legge 3/2012) che consentono di ristrutturare il debito su base consensuale e spesso con riduzione del debito stesso. Non va trascurato che il microcredito sociale e femminile non impegna garanzie reali personali: ciò significa che il debitore non rischia l’esproprio di case o beni personali, se non su atti formali successivi. In sintesi, più che vere “esenzioni”, l’impresa in difficoltà può contare su: (i) tassi di interesse calmierati sui microcrediti; (ii) sospensioni straordinarie dei versamenti in situazioni emergenziali; (iii) possibilità di piani di rientro e transazioni agevolate; (iv) strumenti di sovraindebitamento che limitano le pretese creditorie in presenza di grave squilibrio patrimoniale.

7. Conclusioni

Il mancato rimborso di un microcredito, pur essendo legalmente un inadempimento civile, può generare conseguenze complesse che richiedono una strategia difensiva articolata. Da un lato, il debitore deve fronteggiare il recupero del credito attraverso l’attivazione della garanzia pubblica e le azioni esecutive (injunction, esecuzione forzata), con effetti sul piano patrimoniale e reputazionale. Dall’altro, è essenziale saper valutare rapidamente tutte le opportunità di tutela offerte dal nostro ordinamento: opposizioni giudiziali, strumenti di rinegoziazione (saldo e stralcio, moratorie, piani di rientro) e ricorso a procedure concorsuali in casi di crisi conclamata. In particolare, grazie alle novità legislative recenti (riforma del Codice della Crisi e legge 3/2012), è possibile ricomporre le situazioni di sovraindebitamento tramite piani di ristrutturazione che possono coinvolgere anche i crediti garantiti. In ogni caso, data la delicatezza delle questioni (soprattutto quando è in gioco la garanzia statale), è vivamente consigliato al debitore di farsi assistere da professionisti specializzati in diritto bancario e fallimentare sin dalle prime fasi di difficoltà. Un approccio proattivo e informato – ad esempio, contestando da subito errori nei titoli di credito o proponendo tempestivamente un accordo di saldo e stralcio – può significare la differenza tra un’esposizione finanziaria insostenibile e una soluzione gestibile. Questo report fornisce le basi giuridiche e pratiche per orientarsi in queste scelte, con esempi applicativi e riferimenti aggiornati al 2025.

8. Fonti e Normativa di Riferimento

  • Leggi e Decreti: Legge 9 febbraio 2013, n. 13 (disciplina del microcredito sociale); Legge 2/2019 e D.Lgs. 14/2019 (riforma Codice della Crisi d’Impresa); Legge 18/2017, n. 49 (partecipazioni statali); Legge 24 marzo 2012, n. 27 (attuazione direttiva antiriciclaggio); Legge 5/2012 (sovraindebitamento); D.L. 23/2020 (Cura Italia, art. 13 sul Fondo di Garanzia PMI potenziato); L. 40/2020 (conversione D.L. Liquidità); L. 234/2021 (Legge di Bilancio 2022, innalza importi microcredito); D.M. 20 novembre 2023, n. 211 (aggiornamento limiti microcredito); D.M. 3 ottobre 2022 e Circolare MCC n. 8/2022 (disciplina saldo e stralcio crediti garantiti).
  • Codice Civile: art. 1218 (inadempimento), art. 1186 (decadenza termine), art. 1957 (fideiussioni), art. 1203 (surroga), art. 2744 (obbligazioni solidali), art. 2746 (privilegi speciali).
  • Codice Penale: art. 316-ter (indebita percezione di erogazioni pubbliche); art. 316-bis (peculato); art. 640, co.2 (truffa aggravata); art. 648-bis (riciclaggio); art. 217 Disp. Att. C.p.c. (privilegio dello Stato sui crediti pubblici).
  • Codice di Procedura Civile: artt. 633-644 (ingiunzione), 474 (titolo esecutivo), 543-554 (pignoramenti), 615-619 (opposizione esecuzione), 120 c.p.c. (esecuzione fiscale), 641 c.p.c. (notifica di cartella esattoriale).
  • Normativa Secondaria: Regolamenti del Fondo di Garanzia PMI (attualmente di EU, Fondo centrale di garanzia); circolari operative MCC; delibere del Comitato Centrale sulla Crisi d’Impresa.
  • Giurisprudenza:
    • Cass. pen. 27 luglio 2021, n. 35006 (richiede dolo nel peculato riguardo a fidi d’emergenza);
    • Cass. pen. 20 novembre 2019, n. 25085 (caratteristiche del delitto di malversazione);
    • Cass. civ. Sez. Un. 12 luglio 2023, n. 19966 (esame giurisdizione su revoca contributi UE);
    • Cass., Sez. Un. 15 aprile 2024, n. 9308 (attribuzione di privilegio speciale allo Stato sui crediti ECCLESIASTICI);
    • Cass. civ. 29 novembre 2023, n. 34320 (richiesta di onerosità sopravvenuta in contratti bancari);
    • Cass. civ. 30 ottobre 2023, n. 30022 (obblighi di diligenza della banca);
    • Cass. civ. 24 ottobre 2023, n. 28437 (saturazione degli interessi moratori ai fini penali);
    • Cass. Civ. 6 settembre 2023, n. 25708 (natura del credito MCC in concordato);
    • Cass. civ. 21 giugno 2022, n. 21976 (“cause del contratto nei mutui”);
    • Tribunale di Milano 16 maggio 2024 (nullità mutuo Covid negata, non eliminazione della causa contrattuale); Tribunale di Pavia 2024 (oppone opposizione su cartella MCC per “carenza di titolo esecutivo”).

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