Cram Down E Codice Della Crisi: Cosa Sapere

La tua impresa è sommersa dai debiti e i creditori pubblici – come l’Agenzia delle Entrate o l’INPS – non accettano il piano di ristrutturazione? Conosci il cram down previsto dal Codice della Crisi?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa e procedure di risanamento – è pensata per spiegarti come funziona il cram down e come può aiutarti a superare il dissenso del Fisco e salvare la tua azienda.

Scopri cosa prevede il Codice della Crisi d’Impresa sul cram down fiscale e contributivo, in quali casi è applicabile, come il tribunale può approvare un piano anche senza il consenso dell’Erario, e quali vantaggi può offrire per imprese in difficoltà che vogliono continuare a operare.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare il tuo caso con un avvocato specializzato e valutare subito una strategia concreta per risanare l’impresa e gestire i debiti con efficacia.

Introduzione al cram-down nel Codice della Crisi

Il cram-down è un istituto originario del diritto anglosassone, introdotto in Italia dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche) per favorire la ristrutturazione delle imprese. In sintesi, esso consente al giudice di omologare un piano di risanamento o un accordo vincolante anche se vi è dissenso di una o più classi di creditori, a condizione che siano rispettati precisi presupposti di equità economica. Nella prassi italiana il cram-down si applica tipicamente nel concordato preventivo (in continuità), nei piani di ristrutturazione (compresi gli strumenti attivati fuori fallimento), negli accordi di ristrutturazione agevolati e nelle transazioni fiscali o contributive. Le condizioni di omologazione forzata variano a seconda dello strumento utilizzato, ma riflettono sempre il principio che i creditori dissenzienti non ricevano meno di quanto avrebbero in ipotesi liquidatoria. In altre parole, il piano deve garantire il “valore di liquidazione” minimo (generalmente determinato da una perizia indipendente) e il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione (absolute e relative priority). L’obiettivo è evitare che una minoranza bloccante possa mandare l’impresa al fallimento, quando invece esista una proposta complessiva più conveniente per i creditori nel loro insieme.

Concordato preventivo e cram-down

Nel concordato preventivo in continuità aziendale (art. 84 e segg. CCII), il cram-down è oggi disciplinato dall’art. 112 CCII, comma 2. L’art. 112 stabilisce che il tribunale può omologare il concordato anche senza il consenso di tutte le classi di creditori, purché congiuntamente ricorrano condizioni di equità tra classi. In particolare, devono essere soddisfatte almeno le seguenti condizioni:

  • Classe favorevole non subordinata: il piano deve essere approvato da almeno una classe di creditori non subordinati.
  • Valore di liquidazione: i creditori dissenzienti devono ottenere almeno quanto avrebbero in sede fallimentare. In pratica nessuna classe può essere soddisfatta in misura inferiore al proprio “valore di liquidazione” (c.d. best interest test). Ad esempio, i creditori garantiti ottengono almeno il valore delle garanzie; i chirografari almeno la percentuale di realizzo del loro credito in fallimento.
  • Parità di trattamento interno: all’interno di ciascuna classe i creditori devono essere trattati uniformemente, senza favoritismi.
  • Priorità relativa: sui proventi eccedenti il valore di liquidazione (il “surplus” derivante dalla continuità) è possibile distribuire in deroga all’ordine legale, ma in modo che ogni creditore dissenziente riceva almeno quanto i consenzienti del suo pari grado e più dei creditori di grado inferiore.
  • Condizione di voto: deve aver espresso voto favorevole almeno la maggioranza delle classi e deve esserci almeno una classe “pregiudicata” (impaired) che ha approvato. In pratica: o almeno un creditore privilegiato aderente, oppure (se tutti i privilegiati sono integralmente pagati nel piano) una classe di chirografari con ammissione a voto. In altri termini non basta che votino solo classi “vuote” di creditori pienamente soddisfatti; serve il consenso di una classe effettivamente interessata al piano.

Se tutte queste condizioni sono verificate, il tribunale omologa comunque il concordato, vincolando i creditori dissenzienti al piano. In tal modo anche una minoranza che avesse votato contro viene costretta a rientrare nel riparto concordatario, purché il suo trattamento non peggiori rispetto al fallimento. L’operatività del cram-down nel concordato è stata più volte confermata in dottrina: ad esempio, un commento evidenzia come, nell’esempio con tre classi – A (banca privilegiata), B (fornitori chirografari), C (soci subordinati) – con A e C favorevoli e B no, “se ai chirografari B viene dato ≥ quanto in liquidazione, B non è trattato peggio dei pari grado e supera i subordinati C, nessuno supera il 100% del credito, e A o almeno una classe “impaired” ha votato sì, allora il tribunale può omologare comunque”. Come risulta da questo esempio, la riforma evita il blocco del concordato causato da una minoranza di B in dissenso, purché il piano sia complessivamente equo e rispetti le priorità.

Invece il concordato in liquidazione pura non può fruire del cram-down: in tal caso l’opposizione di classi di creditori che non concordano manda la procedura al fallimento, perché la continuità aziendale non è più contemplata. In sintesi, il cram-down è ammesso soltanto nei concordati in continuità.

Oltre ai requisiti economici, l’omologazione soggiace anche a profili formali (correttezza della procedura, attestazione, ecc.), ma quest’aspetto non differisce sostanzialmente dall’omologazione convenzionale. Dopo l’omologazione, i creditori dissenzienti potranno tuttavia proporre reclamo (ex art. 53 CCII) chiedendo l’annullamento del decreto. Tuttavia la legge (art. 53) tutela l’esecuzione del piano: durante l’appello il piano resta in esecuzione se prevale l’interesse generale alla continuità. In pratica, come spiega un commento, anche se un creditore impugna, l’esecuzione del concordato non è automaticamente sospesa: «nel bilanciamento degli interessi, se il piano sta producendo benefici diffusi, non lo si arresta per la mera contestazione di un dissenziente».

Esempio applicativo: una recente analisi giuridica propone il caso di un concordato con tre classi di creditori (A, B, C). Supponiamo che la classe A (banca parzialmente chirografa) e la classe C (soci postergati) approvino il piano, mentre la classe B (fornitori chirografari) vota contro. Con le norme pre-correttivo, quel dissenso B bloccherebbe l’omologazione. Con le nuove regole, tuttavia, se il piano offre alla classe B quanto avrebbe in liquidazione (rispettando il valore minimo) e se i dissenzienti B non sono trattati peggio dei pari grado consenzienti (la C), ecco che il tribunale omologa lo stesso. Ciò significa che anche i fornitori B saranno vincolati al piano, pur avendo votato no, salvando così il concordato che altrimenti fallirebbe.

Tabella riepilogativa – Concordato Preventivo (continuità):

StrumentoRequisiti per cram-downEffetti dell’omologa forzataPossibili opposizioni
Concordato preventivo (continuità)– Piano approvato da ≥1 classe non subordinata.- Creditori dissenzienti ottengono ≥ valore liquidazione (priorità assoluta e relativa rispettate).- Parità di trattamento intra-classe.- Maggioranza delle classi vota sì, con ≥1 classe “pregiudicata” favorevole.Il piano viene omologato e vincola erga omnes tutte le classi, compresa quella dissenziente (con decreto del tribunale). L’impresa prosegue in continuità aziendale secondo il piano concordatario.Creditori non soddisfatti possono proporre reclamo (art. 53 CCII) contro il decreto di omologa. Tuttavia, l’esecuzione del piano non viene sospesa automaticamente in appello se prevale l’interesse generale alla continuità; al più il creditore vittorioso sarà solo risarcito successivamente.

Piani di ristrutturazione soggetti a omologazione (PRO)

I piani di ristrutturazione soggetti a omologazione (PRO) sono uno strumento innovativo, introdotto dal Correttivo al Codice (d.lgs. 118/2021 e successive modifiche) e volto ad ampliare la negoziazione della crisi. Il PRO è definito come un nuovo “strumento per la regolazione della crisi e dell’insolvenza” (art.2, lett. mbis CCII). Si tratta essenzialmente di una procedura volontaria in cui l’imprenditore presenta un piano simile a un concordato, ma da negoziarsi e sottoporre all’omologazione senza i vincoli tradizionali di parità e prelazione civilistica. In pratica, il PRO consente di derogare agli artt. 2740, 2741 e segg. c.c.: l’imprenditore può prevedere soddisfazioni anche a soci o classi altrimenti postergate, dilazioni e riduzioni non canoniche, purché il piano complessivamente sia affrontabile senza nuove risorse esterne.

Tuttavia, a differenza del concordato, il cram-down non è necessario né previsto nel PRO: il piano deve essere approvato da tutte le classi di creditori formate. In particolare, il legislatore ha stabilito due requisiti inderogabili:

  1. Classificazione obbligatoria – Tutti i creditori devono essere raggruppati in classi secondo il criterio della doppia omogeneità (natura del credito e interessi giuridici comuni).
  2. Unanimità di classi – Il piano deve ottenere il consenso di ogni classe. In concreto, all’interno di ciascuna classe basta la maggioranza dei votanti, ma tutte le classi devono di fatto approvare. Ciò significa che il piano PRO simula l’unanimità di tutte le classi, riservando la vera forza coercitiva all’omologa (per questo ci si riferisce al PRO anche come “concordato in un’unica classe” estesa). Ad esempio, in un recente commento si osserva che il PRO può essere approvato con appena il 33,3% dei crediti totali, purché quel 33,3% copra metà dei votanti ammessi e includa almeno una classe di creditori con dentità economica omogenea.

In sostanza, il PRO garantisce ampia autonomia negoziale al debitore, ma vincola comunque i creditori dissenzienti solo se hanno aderito al piano (tramite l’omologazione finale). Non sussistono meccanismi di “superamento” del dissenso come nel cram-down: se una classe vota contro, il piano PRO non può essere omologato se non ricomposto con consenso unanime. Una volta omologato (art.64-bis e ss. CCII), tuttavia, il piano PRO ha efficacia vincolante simile al concordato: può essere impugnato, ma in mancanza di conversione si applicano le regole ordinarie di un concordato (compresa l’assenza di spossessamento, art.106 CCII).

Tabella riepilogativa – Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO):

StrumentoRequisiti principaliEffettiOpposizioni possibili
Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO)– Imprenditore commerciale non “minore” e crisi/insolvenza.- Formazione obbligatoria di classi omogenee (art.64-bis CCII).- Piano negoziato senza obblighi di parità/par condicio; possibili deroghe su partecipazioni di soci e garanzie.- Approvazione mediante maggioranza all’interno di tutte le classi (effettivo consenso unanime tra classi).Se omologato, il piano PRO vincola tutti i creditori partecipanti. Dal punto di vista pratico si traduce in un concordato (senza spossessamento) con condizioni ampie di ristrutturazione. Al contrario delle altre procedure, il PRO non prevede un vero cram-down: il dissenso di una classe bloccherebbe l’omologa se non rimosso.Reclamo/impugnazione contro il decreto di omologa secondo le normali regole (art. 53 CCII). Non sono previste tutele speciali oltre a quelle del concordato (art. 64-bis e ss.).

Accordi di ristrutturazione agevolati

Gli accordi di ristrutturazione agevolati (ART) sono previsti dagli artt. 57–63 CCII (già 182-bis e ss. legge fall.). Si tratta di procedure stragiudiziali seguite da omologa giudiziale: l’imprenditore negozia un piano con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei suoi debiti (soglia ridotta al 50% in alcune ipotesi), quindi deposita l’accordo in tribunale per ottenere efficacia vincolante erga omnes. Sono strumenti estremamente flessibili, con vincoli formali minimi (profilo economico-patrimoniale dell’impresa, perizia indipendente ecc.), ma tuttora nel CCII un accordo agevolato può essere reso esecutivo solo tramite l’omologazione giudiziale.

Per quanto riguarda il cram-down, l’accordo agevolato assume una connotazione particolare se sono coinvolti crediti tributari o contributivi. Infatti, l’art. 63 CCII disciplina la transazione fiscale e contributiva nell’ambito degli accordi: il debitore può proporre un piano di pagamento parziale e dilazionato dei tributi e contributi (comprese ritenute e IVA) e un perito deve attestare la convenienza per lo Stato. Se l’Agenzia delle Entrate o l’INPS non aderiscono, il tribunale può comunque omologare l’accordo (cioè operare un vero cram-down fiscale) a condizione che: l’adesione degli altri creditori permetta comunque di raggiungere le soglie di voto (il 60% per valore) e il piano risulti più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. In altre parole, i crediti pubblici si “trasformano” in creditori aderenti e possono essere vincolati se il piano soddisfa certi parametri di sostenibilità.

Il Decreto-legge 69/2023 (conv. in L.103/2023) ha inoltre aggiunto paletti quantitativi per limitare il cram-down negli accordi agevolati: è richiesto che la massa complessiva degli altri creditori aderenti sia almeno ¼ dei crediti totali e che i crediti pubblici trovino soddisfazione minima del 30% (compresi sanzioni). Se la massa degli aderenti è inferiore al 25%, il piano deve garantire almeno il 40% ai creditori pubblici e una dilazione non superiore a 10 anni (interessi al tasso legale). Tali condizioni sono analoghe a quelle introdotte nel concordato (art.112) e puntano a evitare eccessive dilazioni fiscale senza un’adeguata adesione dei privati.

In ogni caso, se l’accordo viene omologato dal tribunale, anche i creditori che non hanno sottoscritto sono vincolati alle pattuizioni (efficacia erga omnes). Gli accordi agevolati possono essere impugnati con reclamo (art. 58 CCII), ma in linea di massima i criteri di verifica (convenienza e non-deteriorità rispetto al fallimento) sono analoghi a quelli del concordato.

Tabella riepilogativa – Accordi di ristrutturazione agevolati (ADR):

StrumentoRequisiti di accesso ed omologazioneEffettiPossibili opposizioni
Accordi di ristrutturazione agevolati– Adesione di creditori rappresentanti ≥60% del passivo (anche non soli chirografari); documento completo con piano economico-finanziario e perizia indipendente. – In caso di inclusione di debiti pubblici, attestazione di convenienza del trattamento proposto (art.63 CCII). – Se l’Agenzia/INPS non aderiscono, è necessario che l’adesione al piano consenta di raggiungere le soglie legali e che il piano sia più conveniente del fallimento. – Dal 2023: se aderenti ≥25%, devono percepire ≥30% sul tributo (quota minima); se <25%, almeno 40% e max 10 anni di dilazione.L’accordo, una volta omologato, è vincolante erga omnes: i creditori dissenzienti (anche non sottoscrittori) sono tenuti a rispettarlo. L’imprenditore ottiene l’esdebitazione parziale concordata (riduzione e rinvio dei debiti).Reclamo contro il decreto di omologa (art. 58 CCII). In sede di opposizione il giudice verificherà che la convenienza dell’accordo sia maggiore dell’alternativa liquidatoria. Se i requisiti di omologazione (art.63 e s.m.i.) sono soddisfatti, l’omologa tiene comunque.

Transazioni fiscali e contributive

Il Codice della crisi ha integrato strumenti specifici per i debiti tributari e previdenziali, spesso detti transazioni fiscali e contributive. Questi meccanismi consentono alle imprese in crisi di proporre all’Agenzia delle Entrate e/o all’INPS un piano di pagamento parziale e dilazionato dei debiti fiscali e contributivi. Nel concordato preventivo (art. 88 CCII) e nell’accordo agevolato (art. 63 CCII) sono previste norme speciali che permettono di coinvolgere il fisco nell’accordo di ristrutturazione.

  • Nel concordato preventivo (art. 88 CCII) è prevista la transazione fiscale e previdenziale: il debitore può proporre la riduzione di tributi e contributi inclusa IVA e ritenute. Per essere approvata, tale proposta deve essere giudicata conveniente rispetto alla liquidazione fallimentare. Se l’Agenzia o l’INPS non votano favorevolmente ma ricevono comunque dall’accordo una quota almeno pari a quella del fallimento, il tribunale può omologare il concordato anche senza il loro consenso (c.d. cram-down fiscale). Ciò significa che in un concordato in continuità anche i creditori pubblici possono subire riduzioni del debito e dilazioni nel pagamento, purché il piano sia economicamente vantaggioso per il fisco rispetto al fallimento. Come spiega un commento, «l’art. 88 CCII richiede che la proposta al Fisco sia conveniente rispetto alla liquidazione. Se il Fisco vota no ma la proposta gli dava comunque almeno quanto in fallimento, il tribunale può omologare lo stesso». In pratica il trattamento fiscale/contributivo non deve risultare deteriore rispetto all’ipotesi liquidatoria, garantendo così il meno possibile di perdita per l’erario.
  • Negli accordi di ristrutturazione agevolati (art. 63 CCII) il meccanismo è analogo: il debitore può offrire il pagamento ridotto e dilazionato di tributi e contributi entro il proprio accordo con i creditori. L’attestazione della perizia deve confermare la convenienza di tale piano per l’ente pubblico. Anche qui, se l’Agenzia/INPS non aderiscono, il tribunale può omologare l’accordo in assenza del loro voto qualora, congiuntamente, siano rispettate le condizioni di cui all’art. 63: in particolare l’adesione degli altri creditori deve consentire di raggiungere le soglie di valore richieste dall’art. 57-60 CCII e l’offerta di pagamento deve risultare più conveniente dell’alternativa liquidatoria. A ciò si aggiungono le stesse percentuali minime previste dal correttivo 2023: i creditori pubblici devono ottenere almeno il 30% del loro credito, elevato al 40% se i creditori privati aderenti sono meno del 25% del totale, con termine max di dilazione dieci anni. Anche in questo caso quindi il fisco può subire un vero cram-down: se la proposta è abbastanza buona da superare la liquidazione, l’accordo può essere omologato nonostante l’opposizione dell’erario.

Tabella riepilogativa – Transazioni fiscali e contributive:

StrumentoNormativa di riferimentoCondizioni principaliEffettiOpposizioni possibili
Transazione fiscale (concordato)Art. 88 CCII (anche art. 84, 94-bis).– Proposta di pagamento parziale/dilazione dei tributi e contributi (anche IVA/ritenute). – Attestazione di convenienza per l’Erario rispetto alla liquidazione. – Per l’omologa forzata: il piano deve dare all’Agenzia/INPS almeno il trattamento della liquidazione fallimentare.Il debitore può falcidiare IVA, IRPEF, INPS, ecc. (riduzione di tributi e contributi) e dilazionarli nel tempo. In caso di omologa, tali riduzioni sono vincolanti anche senza adesione dell’Erario/INPS (cram-down fiscale).Il fisco può opporsi alla proposta in sede di adunanza; tuttavia il tribunale valuta la convenienza economica. In reclamo può contestare i calcoli, ma se è dimostrata la non inferiorità al recupero fallimentare, l’omologa è confermata.
Transazione fiscale (accordi ADR)Art. 63 CCII (v. anche art. 57 e 60).– Proposta di pagamento parziale/dilazione di debiti erariali/contributivi nell’accordo agevolato. – Attestazione della convenienza rispetto alla liquidazione (art. 63 co.1). – Anche senza adesione del fisco: adesione degli altri creditori determinante per le soglie legali, e piano più conveniente del fallimento. – Condizioni 2023: come nella colonna precedente, con soglie minime 25% e 30/40%.Anche qui i debiti tributari e contributivi possono essere ridotti e dilazionati nel piano, inclusi tributi finora “intoccabili” (es. IVA). L’accordo omologato vincola tutti i creditori e impegna l’Agenzia/INPS alle riduzioni (c.d. cram-down fiscale nei ADR).Reclamo da parte dell’Agenzia/INPS; in sede di opposizione il tribunale verifica le soglie e la convenienza. Se gli step di art. 63 e d.l.69/2023 sono rispettati, l’accordo resta omologato.

Altri strumenti stragiudiziali (composizione negoziata)

Il Codice della crisi introduce anche procedure stragiudiziali (composizione negoziata della crisi, convenzione di moratoria, concordato semplificato) finalizzate alla ristrutturazione fuori dal fallimento. Tali strumenti – gestiti da un esperto indipendente – facilitano l’accordo con i creditori, ma non prevedono un vero cram-down: l’intesa deve essere volontaria e vincola solo chi vi aderisce. Ad esempio, la convenzione di moratoria (art. 62 CCII) consente di concordare una sospensione dei pagamenti fino a 18 mesi, ma tutti i creditori devono accettarla; non è possibile imporre la moratoria a chi dissente. Analogamente, la composizione negoziata (DL 118/2021) è un procedimento protetto ma consensuale. In breve, questi strumenti ampliano le opzioni di risanamento extragiudiziale, ma senza meccanismi di omologazione forzata.

Domande frequenti (FAQ)

  • Cos’è il cram-down nel diritto italiano?
    È il potere del tribunale di omologare un piano di ristrutturazione anche in presenza di classi di creditori dissenzienti, vincolandoli al piano nonostante il loro voto contrario. In pratica il piano “stritola” (cram) i creditori down, impedendo che rimangano fuori dal riparto. Lo scopo è tutelare la continuità aziendale evitando che una minoranza blocchi la soluzione più vantaggiosa per i creditori complessivi.
  • Quali requisiti formali richiede il codice per il cram-down nel concordato?
    Il debitore (o il suo proponente) deve presentare l’istanza di concordato nella forma ordinaria (con memoria, piano e allegati contabili) e il tribunale verifica la regolarità formale prima di procedere al voto. Una volta ottenuto il piano dai creditori consenzienti, il tribunale, su richiesta del debitore, accerta il rispetto dei requisiti di cui all’art.112 CCII (valore di liquidazione, parità, quorum) e omologa anche in caso di dissenso. In pratica non serve un ulteriore atto formale specifico per il cram-down: la stessa procedura di omologa del concordato integra la verifica dei paletti economici.
  • In cosa consiste esattamente la “parità di trattamento” nei cram-down?
    Significa che all’interno di ogni classe tutti i creditori devono essere soddisfatti alla stessa percentuale e condizioni. Inoltre i creditori dissenzienti non possono essere trattati peggio dei consenzienti del loro stesso grado (c.d. no-creditor-worse-off). Ad esempio, se un chirografario dissenziente riceve il 50%, non può esistere un altro chirografario consenziente che riceve il 60% (ci sarebbe disparità ingiustificata). Questo vincolo (insieme all’obbligo di garantire il loro incasso rispetto alla liquidazione) è uno dei limiti essenziali imposti dalle norme sul cram-down.
  • Che differenza c’è fra il cram-down fiscale e il cram-down normale?
    Il cram-down fiscale è un caso particolare previsto dagli artt. 88 e 63 CCII: riguarda i debiti tributari e previdenziali. In sostanza, anche se l’Agenzia delle Entrate o l’INPS votano contro il piano, il tribunale può omologarlo ugualmente se la proposta assicura a tali enti un rientro non peggiore della liquidazione fallimentare. La differenza col cram-down “ordinario” è che qui ci si focalizza sul trattamento dei crediti pubblici: la legge richiede espressamente che il piano fiscale sia conveniente (art.88) o non-deteriore (art.63) per l’Erario. Se il piano soddisfa questi requisiti, anche i tributi e contributi possono essere ridotti forzosamente nel concordato o nell’accordo agevolato.
  • Se il tribunale omologa con cram-down, i creditori dissenzienti possono impugnare l’omologa?
    Sì: come nel concordato ordinario, i creditori non soddisfatti possono proporre reclamo contro il decreto di omologa (art.53 CCII). Tuttavia, la riforma del 2024 ha previsto che il piano resti in esecuzione durante il reclamo se prevale l’interesse generale di salvare l’azienda. In pratica, anche se un creditore dissenziente impugna, l’esecuzione del piano non è automaticamente sospesa come accadeva in passato; ciò garantisce che la procedura non fallisca per il blocco di un impugnante. L’unico rischio per il dissenziente è poi il risarcimento in denaro se la Corte di merito conferma l’omologa.
  • Cosa cambia con le ultime modifiche (2023-2024) negli accordi agevolati?
    Il decreto correttivo di luglio 2023 (art.1-bis DL 69/2023, L.103/2023) ha introdotto soglie minime per i crediti pubblici negli accordi di ristrutturazione. In particolare, per omologare un accordo che coinvolge tributi/contributi senza adesione del fisco, è necessario che i crediti pubblici abbiano soddisfazione almeno pari al 30% del loro importo (40% se la massa degli aderenti è <25% del totale) e che la durata della dilazione non superi 10 anni. Questo rafforza il requisito di “non deteriore” già previsto, evitando piani con riduzioni troppo elevate a danno della fiscalità. Tali percentuali si applicano sia al concordato sia agli accordi agevolati secondo schemi analoghi.
  • Quando si verifica l’unanimità nelle classi del PRO?
    Nel PRO (piano con omologazione), l’unanimità si intende per classi: all’interno di ogni classe (costituita per omogeneità di credito) il piano va approvato a maggioranza e tutte le classi devono complessivamente avere dato il consenso. Di fatto ciò equivale all’approvazione da parte di ogni classe di creditori. Se anche una sola classe vota in blocco contro, il PRO non può essere omologato. In altri termini, il PRO replica le regole di un concordato approvato all’unanimità di classi, senza alcun meccanismo di cross-class cram-down.
  • Un creditore può rinunciare al proprio credito nel piano?
    Sì. Nel concordato e negli accordi agevolati è ammessa la rinuncia a quota di credito (falcidia) se previsto dal piano. I creditori subordinati, ad esempio, possono anche dichiarare la “chance” di ricevere qualcosa senza obbligo di minimo. Tuttavia, per rispettare i requisiti del cram-down, ogni classe dissenziente deve comunque ricevere almeno ciò che avrebbe in liquidazione. Per i crediti pubblici, la legge (art.88/63 CCII) consente anche la falcidia di debiti fino a condizioni di convenienza.
  • Come si fa a convertire il PRO in concordato?
    Se un piano PRO non ottiene l’unanimità necessaria, il debitore può chiedere al tribunale di convertirlo in concordato preventivo. La conversione è ammessa in ogni fase prima dell’omologa: il debitore deposita nuova domanda di concordato (e sospende i termini di decadenza) e il piano PRO può continuare a essere discusso nell’ambito del nuovo concordato. Ciò permette di passare dalla forma negoziata a quella concorsuale ordinaria se serve il cram-down, senza dover ricominciare da zero.

Fonti

  1. D. Lgs. 14/2019, “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (Roma, 12 gennaio 2019).
  2. Decreto-legge 118/2021 (conv. L. 147/2021) – Novità su procedure concorsuali e strumenti negoziali della crisi.
  3. Decreto-legge 13/06/2023, n. 69 (conv. L. 103/2023) – Modifiche alle soglie di omologa negli accordi di ristrutturazione.
  4. Cass. Civ., sez. I, 12 apr. 2018, n. 9087 – Conferma la natura concorsuale dell’accordo di ristrutturazione (effetti erga omnes).
  5. Trib. Vicenza, 17 feb. 2023 – Primo caso di applicazione del “Piano di Ristrutturazione soggetto a Omologazione” (PRO).
  6. Cass. Civ., sez. I, 5 lug. 2016, n. 13719 – Principio “no credit worse off” nei piani attestati (richiamato in dottrina).
  7. Cass. Civ., sez. I, 24 dic. 2013, n. 24359 – Delibere assembleari e dissenso dei creditori nell’esame del concordato.

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Conclusione

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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